Newsletter vedogiovane - N. 5/09

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N. 05/settembre-ottobre '09 1 Il centro estivo 2009 all'oratorio Don Bosco e non solo: l'impegno di Vedogiovane a L'Aquila Quest'estate Vedogiovane ha contribuito, insieme a decine di altri volontari da tutta Italia, a ragazze e ragazzi aquilani e a giovani salesiani, ad animare la rinascita dell'oratorio Don Bosco de L'Aquila. Da fine giugno a fine luglio, per cinque settimane una decina di soci e socie di Vedogiovane si sono alternati nelle attività sul campo all'estate ragazzi 2009. Perché Vedogiovane ha deciso di prendere parte a questa iniziativa? Anzitutto, perché si tratta della "rifondazione” di un oratorio, in collaborazione con i salesiani, che a L'Aquila prima del terremoto si occupavano essenzialmente di scuola; poi, perché si collabora -ed è molto bello!- con gruppi di animatori provenienti da varie regioni d'Italia, principalmente da ambienti salesiani. Infine, perché fare un centro estivo fuori dai campi e dalle tendopoli significa dare futuro agli oltre 70 ragazzi e bambini che quotidianamente arrivavano all'oratorio, con la sensazione di partecipare non ad un'attività provvisoria, ma ad un segnale concreto di futuro. Vedogiovane ha inoltre lanciato anche una raccolta di fondi interna, permettendo a tutti i lavoratori, per i mesi di giugno e luglio, di donare alcune ore a sostegno di queste attività; la raccolta fondi è stata aperta anche "oltre Vedogiovane", coinvolgendo cooperative e associazioni amiche, come ad esempio l'associazione Andrea Valentini di Oleggio, che ha donato tutto il materiale di cancelleria necessario al centro estivo. Altra importante iniziativa è stata la costruzione di un filo diretto tra l'estate ragazzi aquilana e tutti i centri estivi animati nel corso dell'estate da Vedogiovane. In particolare, l'acquisto dei diritti d'autore della canzone “domani”, dedicata dagli artisti italiani proprio alle popolazioni colpite dal sisma, ha permesso sia di devolvere direttamente dei fondi, ma soprattutto di regalare un pensiero quotidiano ai bambini e ai ragazzi d'Abruzzo, attraverso una colonna sonora lunga un'intera estate. Tra le varie iniziative dedicate alle zone dell''Abruzzo colpite dal terremoto alle quali molti soci e molte socie di Vedogiovane hanno contribuito e collaborato in questi mesi, abbiamo deciso di affiancare anche la redazione di questa newsletter, attraverso la quale dare spazio al racconto di coloro che questa estate hanno vissuto direttamente una settimana di attività a L'Aquila, animando l'estate ragazzi 2009 dell'oratorio Don Bosco. In questo numero troverete i primi quattro racconti, ai quali faranno seguito nelle prossime settimane anche quelli di altri soci e di altre socie (e non solo) che hanno vissuto questa esperienza di volontariato nella zona colpita dal sisma del 6 aprile.

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N. 05/settembre-ottobre '09

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Il centro estivo 2009 all'oratorio Don Bosco e non solo: l'impegno di Vedogiovane a L'Aquila

Quest'estate Vedogiovane ha contribuito, insieme a decine di altri volontari da tutta Italia, a ragazze eragazzi aquilani e a giovani salesiani, ad animare la rinascita dell'oratorio Don Bosco de L'Aquila.Da fine giugno a fine luglio, per cinque settimane una decina di soci e socie di Vedogiovane si sonoalternati nelle attività sul campo all'estate ragazzi 2009.Perché Vedogiovane ha deciso di prendere parte a questa iniziativa?Anzitutto, perché si tratta della "rifondazione” di un oratorio, in collaborazione con i salesiani, che a L'Aquilaprima del terremoto si occupavano essenzialmente di scuola; poi, perché si collabora -ed è molto bello!-con gruppi di animatori provenienti da varie regioni d'Italia, principalmente da ambienti salesiani. Infine,perché fare un centro estivo fuori dai campi e dalle tendopoli significa dare futuro agli oltre 70 ragazzi ebambini che quotidianamente arrivavano all'oratorio, con la sensazione di partecipare non ad un'attivitàprovvisoria, ma ad un segnale concreto di futuro.Vedogiovane ha inoltre lanciato anche una raccolta di fondi interna, permettendo a tutti i lavoratori, per imesi di giugno e luglio, di donare alcune ore a sostegno di queste attività; la raccolta fondi è stata apertaanche "oltre Vedogiovane", coinvolgendo cooperative e associazioni amiche, come ad esempiol'associazione Andrea Valentini di Oleggio, che ha donato tutto il materiale di cancelleria necessario alcentro estivo.Altra importante iniziativa è stata la costruzione di un filo diretto tra l'estate ragazzi aquilana e tutti i centriestivi animati nel corso dell'estate da Vedogiovane.In particolare, l'acquisto dei diritti d'autore della canzone “domani”, dedicata dagli artisti italiani proprio allepopolazioni colpite dal sisma, ha permesso sia di devolvere direttamente dei fondi, ma soprattutto diregalare un pensiero quotidiano ai bambini e ai ragazzi d'Abruzzo, attraverso una colonna sonora lungaun'intera estate.

Tra le varie iniziative dedicate alle zone dell''Abruzzo colpite dal terremoto alle quali molti soci e molte sociedi Vedogiovane hanno contribuito e collaborato in questi mesi, abbiamo deciso di affiancare anche laredazione di questa newsletter, attraverso la quale dare spazio al racconto di coloro che questa estatehanno vissuto direttamente una settimana di attività a L'Aquila, animando l'estate ragazzi 2009 dell'oratorioDon Bosco.In questo numero troverete i primi quattro racconti, ai quali faranno seguito nelle prossime settimane anchequelli di altri soci e di altre socie (e non solo) che hanno vissuto questa esperienza di volontariato nellazona colpita dal sisma del 6 aprile.

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Sono solo le 8 e 30, ma la giornata è iniziata già da un po’: più o meno un paio d’ore.Si incomincia a sentire il primo vociare dei bambini: saranno circa una dozzina, di varie età, che stannomettendo in scena i classici riti pre-partita di pallone, sotto il classico sole estivo che pian piano scaldal’aria, in un classico campetto da calcio, con poca erba e molta polvere, come se ne vedono tanti d’estatenegli oratori.All’apparenza tutto “classico” e “normale”; ma la cosa straordinaria è che siamo a L’Aquila, precisamentenel quartiere di Pettino, dove più di 80 mila vite sono state “resettate” – così ci ha detto ieri sera Fabio, ilprincipe, un giovane volontario aquilano del servizio civile – dal terremoto del 6 aprile.Siamo arrivati qui all’oratorio “Don Bosco - un parco giochi comunale dismesso e rimesso a nuovodall’infaticabile lavoro di ragazzi, volontari e giovani salesiani, che già da un mese, e fino alla primasettimana di settembre, ospita l’estate ragazzi 2009 – sabato nel tardo pomeriggio.Qui non manca davvero nulla: all’ingresso c’è un container dell’esercito con attrezzature e strumenti utili;due casette in legno ospitano la cambusa e la segreteria. C’è uno spazio giochi per i bambini; i moduli delgenio civile con bagni e docce e tre tende blu della protezione civile per i volontari. Altre due tende,posizionate una accanto all’altra, sono invece adibite a casa salesiana e a chiesa. Al centro dell’oratorio,cuore pulsante di tutte le attività, c’è una grossa tensostruttura bianca, con anche il pavimento in legno, cheospita panche e tavoli, ping-pong e calciobalilla; tutto attorno: il palco coperto per gli spettacoli nei momentidi festa, il campetto da calcio e quello da calcetto, due campetti per giocare a pallavolo e l’”area 51”, latenda della protezione civile di Scandicci per le attività dei ragazzi delle medie.Dopo le attività di preparazione e conoscenza di domenica, questo è il mio primo giorno “vero” qui.Così, per superare l’emozione, mi lancio in campo insieme ad Anto’, un giovane salesiano di Frascati; unoda una parte e l’altro dall’altra.A mettermi subito a mio agio sono i sorrisi (inaspettati) dei bambini, che con grande affetto ci danno ilbenvenuto in squadra… e a L’Aquila.Mi guardo intorno cercando punti di riferimento e provando a non fare figuracce in campo.Dopo poco mi sento chiamare alle spalle: «Matteo! Matteo! Tocca a te stare in porta», così Andrea mispiega che “si fa a giro” e si cambia il portiere ad ogni goal, “fatto” o “subito”, perché stare in porta è noiosoe starci per troppo tempo non piace a nessuno.Giusto il tempo di distrarmi a guardare un bambino minuto e ricciolino che gioca a lato del campo verso larete esterna e subisco goal; faccio subito ammenda e, vista la disattenzione, mi offro volontario per un altroturno tra i noiosissimi pali. Così recupero ancora un po’ di fiato e posso continuare ad osservare la scena:vedo la chioma riccioluta abbassarsi verso terra ad osservare con attenzione qualcosa; raccoglierlo concura e infilarlo nel taschino del camiciotto a quadretti bianchi e blu.Un altro goal, questa volta a nostro favore, mette fine al mio turno supplementare da portiere volontario…Curioso mi avvicino subito e mi presento: «ciao!, io sono Matteo…»; «ciao…io sono Giulio…». Un attimo disilenzio e poi: «hai visto che cosa ho trovato?»; «cosa?» dico io. Giulio apre il suo taschino e mi dice: «hotrovato un dente di squalo», mostrandomi un sasso dalla forma perfetta per essere un dente di squalo; «ese c’è il dente, ci deve essere anche lo squalo…».Credo che la mia settimana qui a L’Aquila non potesse incominciare in maniera più sorprendente…Bans, laboratori, pranzo, giochi, merenda: molte e varie le attività della giornata; le classiche di un’estateragazzi in piena regola.Così, ho rivisto Giulio solo a fine pomeriggio, seduto su una panchina, nella zona merenda vicino allealtalene, intento ad addentarsi una fetta di pane, modello “orecchio di elefante”, stra-carica di nutella; misono seduto accanto a lui e gli ho chiesto com’era andata la giornata alla ricerca dello squalo. E lui: «nonl’ho trovato…»; pausa. «Ma ho capito perché!!!»; «perché?», gli faccio io, pronto a gustarmi un’altramirabolante risposta come quella del mattino. «Perché qui non c’è il mare e allora non può essercinemmeno lo squalo»; giusto: niente mare e quindi niente squalo…Ma il “dente “era ancora lì nel suo taschino, più reale che mai; Giulio me lo mostra di nuovo e, ancora unavolta con aria convinta, mi dice: «mi sono sbagliato, non è il dente di uno squalo, ma di un tirannosaurus-rex!!!».In effetti potrebbe essere, visto che il tirannosaurus-rex non ha bisogno del mare per vivere…Mille sono le storie che mi viene voglia di raccontare ogni volta che parlo con qualcuno della settimanapassata a L’Aquila all’estate ragazzi dell’oratorio Don Bosco, ma quella di “Giulio e il dente di squalo” è lamia preferita.La storia di “Giulio e il dente di squalo” racconta di un luogo,L’Aquila, dove la quotidianità ha ceduto ilpasso allo straordinario - che ancora a fine luglio, era emergenza vera-; dove la capacità di dare vitaall’incredibile è ciò che a tutte le età e per tutti, volontari compresi, permette di intravedere il senso,riappropriandosi faticosamente della propria vita e di quella della propria comunità, lentamente, passo dopopasso.La vita ricomincia anche da qui: “Voci nel sole,/bambini sorridono./Cuore d’Aquila”.

Matteo Miglio

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Andare a L'Aquila a fare animazione al centro estivo salesiano significa andare a fare animazione in uncontesto dove diresti tutto fuorché di essere in una zona colpita da un terremoto.O meglio, di primo impatto non te ne accorgi. Tutto è normale, tutto funziona come da copione. C’è l’accoglienza dei bambini, un bel bans iniziale, un po’di giochi per energizzare le creature (non ho mai capito a cosa servisse energizzare contenitori diadrenalina, comunque…). Ci sono laboratori, ci sono cacce al tesoro, ci sono giochi a stand, ci sono le urlaper iniziare a pranzare e l’immancabile “fame-fame-sete-fame-fame-fame-sete-fame-fame-fame-sete-fame”seguita dal “clap”-“clap”. Insomma un centro estivo come ce ne sono a migliaia in Italia. Solo piùorganizzato, più bello, gestito meravigliosamente, dove tutto è ben calcolato e programmato, dato l’altonumero di animatori e la buona competenza media e motivazione degli stessi.Tutto è normale, tutto funziona da copione. A partire dalle 17 circa il centro estivo si svuotaprogressivamente, i bambini si allontanano da quel luogo ricchissimo di significato, di energia, eprogressivamente tornano alle loro tende o abitazioni. Ed è proprio in questo momento della giornata chequalcosa inizia a non quadrare. Innanzitutto perché fare ritorno ad una tenda è una semi-esclusiva diquesta zona geografica, caratterizzata in primis dal trovarsi ad un’altitudine rara per un capoluogo diregione. Inoltre, L'Aquila sorge in una zona sismica classificata con un livello di rischio strano separagonato a quello che è successo. Ma la cosa che non quadra affatto, ciò che stupisce, è il silenzio che circonda il centro estivo e quel luogoquando i bambini se ne vanno. Il parco giochi nel quale ci trovavamo era in mezzo a condomini, case ed inuna zona periferica residenziale. Il silenzio in un luogo così è strano. Niente piatti e posate cheapparecchiano tavoli in lontananza, niente telegiornali che blaterano in sottofondo, niente madri\padri chestrillano ai figli e niente figli che strillano ai genitori, niente auto che parcheggiano dopo il lavoro, niente. Ilsilenzio. A questo punto della giornata, all’oratorio salesiano “Don Bosco” de L'Aquila, ti accorgi chequalcosa di strano effettivamente c’è.Andare a L’Aquila a fare volontariato significa andare ad aggiungersi ad un mare di volontari che prestano illoro servizio per una comunità, anzi per qualcosa di più di una comunità… per alcune migliaia di personeche vivono un momento di forte difficoltà. Fermo restando che, ne sono convinto, quest’inverno sarà tuttopiù difficile. L’impressione che ho avuto relativamente a questo, è legata al fatto che quelle comunità si debbano conurgenza riappropriare del loro presente, della loro condizione. Ci sono volontari che svolgono mansioni chepotrebbero benissimo essere soddisfatte dai residenti. Soprattutto, ci sono residenti che non svolgonomansioni, non hanno un impiego, un’occupazione. Questo secondo me rende il tanto citato e discusso“orgoglio Aquilano” un po’ inerte, lascia tutto un po’ sottotono rispetto alla ricostruzione. Fuggire l'indolenzagià non è facile nei contesti quotidiani, figuriamoci quando si è in una condizione di simile crisi.Propongo di agire per rendere gli abitanti della zona coloro che dovranno, sin da ora e per il futuro, essere iricostruttori diretti o quasi della loro vita. Chiaro, servono aiuti in denaro, strumenti, mezzi di ogni sorta.Però basta assistere. Iniziamo a operare in un’ottica di autonomia dei destinatari e non di dipendenza. Lastessa cosa vale per il nostro caro oratorio: ci sono un sacco di ragazzi aquilani in gamba, c’è un “gruppodelle medie” che ha scritto e cantato una canzone in cui dice di volersi dare da fare. Loro sono il futurodell’oratorio, loro sono gli animatori di domani, come spesso succede. Le circostanze li hanno portati adover passare un po’ prima dall’altra parte. Il prossimo anno spero che il centro estivo sia autogestito, e lasoddisfazione più grande è sapere che anche chi ora lo sta coordinando vuole la stessa cosa. Però questoobiettivo deve uscire dall'oratorio, diffondersi anche tra chi ha gestito i campi, gli aiuti. Ridiamo alla genteciò che gli abbiamo gentilmente aiutato a gestire mentre loro erano tristemente impegnati a piangere i mortied i danni.Andare a L'Aquila per una settimana significa incontrare parecchie persone e condividere con loroun'esperienza molto forte. Ne cito due, o meglio uno + un gruppo. Non sono ovviamente né gli unici né i piùeclatanti, sono quelli che ho voglia di condividere con voi.Ho conosciuto un volontario che viveva a Roma e si è trasferito a vivere in un campo all’Aquila per aiutarechi ha bisogno. Ha mollato il suo lavoro e la sua vita perché “tanto adesso che qui partirà la ricostruzione,cercheranno un sacco di manovalanza”. E' appagato, si sente utile anche se ha qualcosa da fare un giornosu tre. Non aggiungo altro. Chiamiamolo “butterfly effect”.Ho conosciuto un gruppo di ragazzi, che da qualche giorno hanno ufficialmente intrapreso il camminosalesiano ed ho avuto il piacere di parlare con loro di Dio (scena tratta dal mix di “Pierino contro tutti” e“Fight club”), dei vari sensi che ognuno di noi può dare alla sua vita. Una bella chiacchierata per esserepersone sino ad allora sconosciute. La cosa mi ha fatto pensare che nelle situazioni di difficoltà, e tutti loeravamo anche se forse non lo volevamo ammettere a noi stessi, si è ben più disposti a farsi conoscererispetto alla quotidianità. Un po' come quando vai in ospedale e diventi molto amico del tuo compagno distanza. Ripensando a questo in termini di effetto terremoto, ciò che la natura ha distrutto può essererestituito dalle nuove relazioni che mi auguro si creeranno. Questo è l'unico vero augurio, la speranza più grande che ho per quel luogo ora che sono tornato a casa.

Christian Zegna

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L'Aquila,luglio 2009

«…Apprendete ciò che vi sembra degno di essere appreso, ma sopra tutto amateli. Tale amore penetrerà la trama della vostra vita, quale uno dei fili più importanti fra tutti i fili della vostreesperienze, delusioni, gioie …».

Nel mese di luglio mi si è presentata questa grande “opportunità” (ma ancora non lo sapevo che sarebbestata così grande) di partire per L’Aquila.

Là aspettavano un campo recintato, cinque tende, un tendone, due container (bagni e docce), alcunigiochi, tanti bambini e ragazzi che andavano animati, “ri-animati”, due sacerdoti, servi ogni giorno per dareinizio ad una nuova vita.

Di quando in quando, venivamo da loro richiamati all’orazione comune, alla mensa, al riposo notturno, peressere pronti a scendere in campo.

Posso dire oggi di non essere partita per fare una nuova esperienza.

Era lì che volevo essere, con gli abitanti dell’Abruzzo, per condividere con loro i disagi, una speranza diun’attesa fatta di pazienza, il coraggio di resistere anche se sopraffatti e caduti.

Non sono servite parole speciali in quei giorni o grandi azioni, così come non sono servite le comodità ditutti i giorni, le sicurezze delle nostre cose, poiché i rapporti umani hanno saputo compensare e arricchire ilnostro mondo spesso ancora troppo pigro e dimentico del gusto dell’essenziale, del sapore delle cosesemplici, della gioia del dialogo, del piacere della collaborazione.

Mi chiedo cosa abbiamo lasciato, ma, soprattutto, come restare presenti nonostante le distanze che non ciconsentono di essere più vicini.

“Non siamo così soli” dice la canzone, ma intanto noi siamo qui e chissà se tutti gli amici che abbiamoincontrato, oggi hanno un alloggio sicuro o stanno ancora in tenda. Non uso di proposito il termine “abitano”che è un’altra cosa.

Dal campo, al termine della settimana, due per i più fortunati, si ripartiva per lasciare altri a proseguire illavoro, ma come spiegare che con tutto il cuore lì saremmo rimasti, che quando si vivono momenti cosìforti di condivisione le distanze sono abbattute e che perfettamente abbiamo capito cosa significa perderetutto, in molti casi non solo cose ma anche persone?

I momenti di condivisione al termine di ogni giornata, seppur durissimi per la stanchezza, sono statiindispensabili.

Un amico diceva che da soli non si va da nessuna parte, per don Flaviano questa era una certezza.I fili sono stati intrecciati: immagino una grande coperta, molto grande, sufficientemente grande dove tuttipossano starci comodamente e nessuno abbia un piede fuori che possa congelarsi, ché arriva l’inverno.

Anna Barbaglia

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canzone scritta dal gruppo di ragazzi delle scuole medie

Una mattina appena sveglio, la tua vita è finitabruciata, cacciata via; nel profondo del tuo cuore c’è una scintilla, la voglia di rinascere ti prende dentro,quelle giornate felici passate in cortile che prima sembravano monotone, scontateora sono diventate una meta lontana, irraggiungibile.Il terremoto, che prima non era normale,adesso è diventato una situazione abituale;quello che pensavi non potesse accadertiti ha colto di sorpresa e adesso con gli occhi apertiguardi la realtà, pensi a quello che accadrà, al tuo futuro in questa città. Sei diventato una preda e per questo scappi dalla tua vita.La forza della natura ti distrugge e per questo c’è chi fugge. Bisogna guardare in faccia la realtà.Quando sta città si ricostruirà?

RITORNELLO

Adesso l’Aquila è crepatae la dobbiamo ricostruireecco qui noi cari aquilanisiamo pronti per ricominciaresta città morire non potràieri, oggi, il tempo che verràperché non può più crollareuna città che invece sa volare…

Una scossa dopo l’altra e la paura che sia scomparsaQuesta notte mi entra dentro per l’angoscia ed il tormento.Ma quello che farò, come mi comporterò,nel mio futuro che farò non lo so.E questo vuoto che mi sento dentro è l’immagine del nostro amore spento, questo amore che non può continuare e l’averti perso che mi fa morire.E quella luce nei tuoi occhi che ormai sarà sbiaditae la mancanza di te… di non averti tra le dita. E mi mancano le tue mani che mi sfioravano il viso. il tuo sorriso, che nel tuo corpo freddo non è più inciso.Tutti dicono l’amore, lo senti veramente… ma soltanto quando non è più presente.La casa dello studente non è servita a niente, mezza è caduta e mezza sarà abbattuta.L’ospedale, l’ospedale si è fatto male, si è rotto un’ala e non può più volare.La prefettura a guardarla fa paura,era insicura già da prima, non lo diciamo per far rima.Chissà dove andremo a finire o anche a studiare. Perché oramai nelle scuole non ci si può più andare

RITORNELLO

Tv, radio e giornali dalla sera alla mattina parlavano di una città distrutta e amareggiata.Città prima sconosciuta ma la sua fama solo grazie a quella scossa è cresciuta.Quello che è successo non lo so cos’è io non so perché proprio a me.Tutte le mie cose, tutte queste case sono ormai ricordi di una vita passata.Ingiustizia, dolore e rabbia e tutto ciò che ho, ma non mi fermo qua, io ripartirò.

RITORNELLO

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