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Newsletter periodica d’informazione Newsletter ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL Anno XV n. 24 del 30 ottobre 2017 Consultate www.uil.it/immigrazione Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri Riforma della cittadinanza: a novembre c’è ancora tempo per l’approvazione Una finestra dopo l’approvazione della legge di bilancio Il Senato stenta a trovare il tempo per portare in aula la legge di riforma della cittadinanza (Ius soli e Ius culturae). Il provvedimento è stato approvato alla Camera esattamente due anni fa, ma Palazzo Madama non ha mai trovato il tempo (o la volontà) per parlarne in Commissione, calendarizzare il provvedimento o dibattere in aula. Molte sono state le iniziative di pressione per dare il via alla riforma che riguarda 800 mila ragazzi figli di stranieri: dai sit in davanti al Parlamento e al Panheon, dibattiti nelle scuole, incontri con il Presidente Grasso e molti senatori. Da ultimo, grazie al Sen. Luigi Manconi ed il mondo della scuola, si è avviato uno sciopero della fame “a staffetta” che SOMMARIO Appuntamenti pag. 2 Una finestra per la cittadinanza: pag. 2 Idos, dossier immigrazione 2017 pag. 2 Cittadinanza: tre considerazioni pag. 3 Dal 2002 un milione di neo cittadini pag. 5 Minniti/Orlando, intervista a Guglielmo Loy pag. 5 UE, proteggere la fortezza Europa pag. 7 Successo per la campagna “ero A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

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Newsletter periodica d’informazione

Newsletter ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agliiscritti UIL

Anno XV n. 24 del 30 ottobre 2017

Consultate www.uil.it/immigrazioneAggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

Riforma della cittadinanza: a novembre c’è ancora tempo per l’approvazione

Una finestra dopo l’approvazione della legge di bilancioIl Senato stenta a trovare il tempo per portare in aula la legge di riforma della cittadinanza (Ius soli e Ius culturae). Il provvedimento è stato approvato alla Camera esattamente due anni fa, ma Palazzo Madama non ha mai trovato il tempo (o la volontà) per parlarne in Commissione, calendarizzare il provvedimento o dibattere in aula. Molte sono state le iniziative di pressione per dare il via alla riforma che riguarda 800 mila ragazzi figli di stranieri: dai sit in davanti al Parlamento e al Panheon, dibattiti nelle scuole, incontri con il Presidente Grasso e molti senatori. Da ultimo, grazie al Sen. Luigi Manconi ed il mondo della scuola, si è avviato uno sciopero della fame “a staffetta” che ha coinvolto quasi cento parlamentari. C’è il rischio che l’urgenza di approvare la legge di bilancio consumi il poco spazio temporale rimasto al Senato per un dibattito e voto in aula. A metà novembre si potrebbe aprire una finestra per approvare la riforma. La UIL invita alla mobilitazione per “sensibilizzare” i senatori e dare una risposta ai nuovi italiani.

SOMMARIO

Appuntamenti pag. 2

Una finestra per la cittadinanza: pag. 2

Idos, dossier immigrazione 2017 pag. 2

Cittadinanza: tre considerazioni pag. 3

Dal 2002 un milione di neo cittadini pag. 5

Minniti/Orlando, intervista a Guglielmo Loy pag. 5

UE, proteggere la fortezza Europa pag. 7

Successo per la campagna “ero straniero” pag. 8

Lotta al caporalato pag. 8A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche MigratorieTel. 064753292 - 4744753 - Fax: 064744751Email:[email protected]

Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti

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Prato, 27 ottobre 2017, ore 17.00 – Incontro: “quali Politiche per la nuova immigrazione?”(Guglielmo Loy) Roma, 02 novembre 2017, ore 11, sede Cisl nazionale Riunione uffici immigrazione Cgil, Cisl, Uil(Giuseppe Casucci)Bruxelles, 15 novembre 2017, 09.30 – 13.00CESE: civil society hearing on the Fitness Check on legal migration(Giuseppe Casucci)

Prima paginaRiforma della cittadinanza: una finestra dopo l’approvazione della legge di bilancio?

Lo leggo d o (di Giuseppe Casucci)- Roma, 27 ottobre 2017- Il Senato sembra non trovare il tempo per portare in aula e al voto la

legge di riforma della cittadinanza (Ius soli e Ius culturae). Il provvedimento è stato approvato alla Camera esattamente due anni fa, ma Palazzo Madama non ha mai trovato l’occasione (o la volontà) per parlarne in Commissione o portare il provvedimento al dibattito dell’aula. Si è solo riusciti ad “incardinare” la legge per possibile calendarizzazione a luglio, provocando la reazione scomposta (e volgare) della Lega in aula e di Forza Nuova in piazza, con un sincronismo quanto meno sospetto. Per quanto riguarda il M5S, l’opportunismo e l’ipocrisia dei suoi senatori propone

l’astensione, che però al Senato equivale al voto contrario unificando la loro posizione a quella dei fascisti e dei leghisti: complimenti. Da parte della società civile, in primo piano i ragazzi di #italianisenzacittadinanza e le associazioni e sindacati di #italiasonoanch’io. Molte sono state le iniziative di pressione per dare il via alla riforma che riguarda 800 mila ragazzi figli di stranieri: dai sit in davanti al Parlamento e al Pantheon, dibattiti nelle scuole, incontri con il Presidente Grasso e molti senatori. Iniziative in molte altre città italiane. Da ultimo, grazie al Sen. Luigi Manconi ed il mondo della scuola, si è avviato uno sciopero della fame “a staffetta” che ha coinvolto quasi cento parlamentari. Molti altri hanno aderito all’esterno, tra cui professori, uomini di cultura, sindacalisti e religiosi. Ora, a legislatura agli sgoccioli, c’è il rischio che l’urgenza di approvare la legge di bilancio consumi il poco spazio temporale rimasto al Senato per un dibattito e voto in aula della legge <Ius soli e Ius culturae>. A metà novembre, se tutto va bene sul fronte finanziaria, si potrebbe aprire una finestra per approvare la riforma. Dipende ora dai senatori e (forse) dalla volontà dell’Esecutivo di correre il rischio di un possibile voto di fiducia. Naturalmente il rischio è che l’approvazione della nuova legge elettorale accorci la vita di questa legislatura. Associazioni e giovani figli di stranieri, assieme al Presidente della Commissione diritti umani del Senato, promuoveranno altre iniziative. La UIL invita alla mobilitazione per “sensibilizzare” i senatori e dare una risposta ai nuovi italiani.

Idos/Dossier Statistico ImmigrazioneMigranti: 5,3 milioni i regolari in Italia, fra 50 anni saranno 20 milioni, un terzo della popolazione

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Lo leggo d o (ANSA) - ROMA, 26 OTT - I migranti regolari in Italia sono 5.047.028. Sono aumentati di appena 20.875 nel 2016 rispetto all'anno precedente, nonostante gli sbarchi e nonostante i movimenti migratori abbiano interessato quasi un milione di persone. Un dato che risente, quindi, del "gran numero di acquisizioni di cittadinanza italiana". Lo rileva il Dossier Statistico Immigrazione 2017, a cura di Idos - realizzato insieme al centro studi Confronti e in collaborazione con l'Unar - presentato oggi, che fissa il fenomeno migratorio al 31 dicembre 2016. Circa 3.5 milioni dei residenti stranieri sono non comunitari. La stima dei regolari nel nostro paese, per i ricercatori, è tuttavia di 5.359.000 presenze, un numero più basso degli italiani all'estero che sono 5.383.199 (secondo le anagrafi consolari), aumentati di 150 mila rispetto al 2015. Fra circa 50 anni, si stima inoltre che ci saranno 14,1 milioni di residenti stranieri e 7,6 milioni i cittadini italiani di origine straniera, nell'insieme un terzo della popolazione. Roma è la città metropolitana con più residenti stranieri (544.956), segue Milano (446.923). Lo scorso anno, nel Lazio gli stranieri sono aumentati del 2,8%, mentre si sono ridotti dello 0,8% in Lombardia. In Italia sono 2.470.000 le famiglie con almeno un componente straniero (in 7 casi su 10 con solo stranieri). Tra il 2007 e il 2016 la popolazione straniera residente è aumentata di 2.023.317 unità; 262.929 nel 2016. Il maggior numero dei visti è stato rilasciato per motivi familiari (49.013), per studio (44.114), lavoro subordinato (17.611), motivi religiosi (4.066), adozioni (1.640). Intanto, gli arrivi in Italia via mare sono passati dai 153.842 del 2015 ai 181.436 del 2016 (+17,9%) e le richieste di asilo, secondo Eurostat, da 84.085 a 122.960 (+46,2%). L'Italia si colloca a livello mondiale subito dopo la Germania, gli Usa, la Turchia e il Sudafrica per domande di asilo ricevute. Fra gli sbarcati, i minori non accompagnati sono stati 25.842, mentre sono 6.561 quelli che, censiti, si sono poi resi irreperibili. Sono quasi 200 le nazionalità degli stranieri residenti in Italia. I cittadini comunitari sono il 30,5% (1.537.223; di cui 1.168.552 romeni); mentre 1,1 milioni provengono dall'Europa non comunitaria. Africani e asiatici sono, rispettivamente, poco più che un milione. Fra le altre nazionalità presenti in modo significativo, cittadini provenienti da Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine,

India, Moldavia, Bangladesh. Nel 2016, è diminuita in Italia la popolazione, -76.106 persone, seppure - sottolinea il Dossier - in maniera più contenuta grazie alla compensazione assicurata dai nuovi arrivi e alle nascite da genitori stranieri (69.379, il 14,7% del totale). Sulla base delle stime dell'Istat, il rapporto segnala che nel corso di 50 anni, la dinamica naturale sarà negativa per 11,5 milioni e quella migratoria sarà positiva per 12 milioni. La popolazione si assesterà sui 61,3 milioni: 14,1 milioni saranno i residenti stranieri e 7,6 milioni i cittadini italiani di origine straniera, nell'insieme un terzo della popolazione. Gli italiani espatriati nel 2016 sono almeno 285mila. Fra l'altro, secondo indagini internazionali (Gallup), dall'Italia vorrebbe emigrare quasi 1/3 dei residenti (10 punti in più rispetto alle percentuali riscontrate in media negli altri paesi europei. In effetti - rileva ancora l'Idos - negli ultimi anni sono incrementati i flussi in uscita, che per quattro decenni erano andanti continuamente riducendosi. Gli stranieri producono in Italia l'8,8% della ricchezza complessiva, circa 127 miliardi di euro. Gli stranieri in media hanno dichiarato redditi per 11.752 euro annui a testa, pari a 27,3 miliardi di euro; hanno versato Irpef per 3,2 miliardi di euro, in media 2.265 ciascuno. Nel 2016, gli occupati con cittadinanza straniera sono aumentati a 2.401.00 (+42mila unita'), con un'incidenza del 10,5% sul totale. Due terzi (66,4%) sono impegnati nei servizi. Appena il 6,7% svolge professioni qualificate; spesso sono sovra istruiti rispetto alle mansioni svolte (il 37,4% contro il 22,2% degli italiani); la loro retribuzione (in media 999 euro netti mensili) è inferiore del 27,2%. I disoccupati stranieri sono leggermente diminuiti: sono 437.000, 19mila in meno in un anno. I tre quarti degli stranieri lavorano nelle case degli italiani, sono 739 mila persone; nell'ultimo biennio, mentre gli stranieri sono diminuiti di 54 mila unità, vi è stato un aumento del personale italiano (12mila). Nel settore turistico, gli occupati nati all'estero hanno inciso del 23,2%. Nell'agricoltura, i 345.015 lavoratori stranieri hanno svolto il 25% di tutte le giornate lavorative del 2016. Tra gli occupati stranieri, il 13,4% svolge un lavoro autonomo-imprenditoriale (il 50,4% tra i cinesi); alla fine del 2016 sono 571.255 le

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imprese a gestione immigrata (+3,7% contro lo -0,1% di quelle gestite da italiani). In Italia le rimesse nel 2016 risultano pari a 5,6 miliardo di euro; in diminuzione da 6 anni (erano stati 7 miliardi nel 2011). (ANSA). Link alla scheda di sintesi del Dossier

Tre considerazioni al margine del dibattito sulla riforma della cittadinanzaStefano Molina www.neodemos.info

Lo leggo do Come avviene nei seminari, chi parla di un tema – in questo caso ne scrive – già trattato in precedenti autorevoli interventi può sentirsi esonerato da una ricostruzione del quadro complessivo, se non altro per evitare inutili sovrapposizioni. Più utile, forse, individuare alcune questioni rimaste ai margini dei ragionamenti già sviluppati, anche a costo di affrontare argomenti eterogenei e non facilmente collegabili tra loro. Ne segnaliamo tre.

Cronologia di una paralisi

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Il 13 ottobre 2015 viene approvato alla Camera e trasmesso al Senato il DDL 2092 in materia di cittadinanza. La strada pare in discesa. Su Neodemos registriamo l’importanza del passaggio normativo¹, dando per scontato che in tempi brevi l’iter parlamentare possa concludersi positivamente. Il tutto in un clima di generale consenso e persino di soddisfazione per l’equilibrato compromesso raggiunto: si mette mano alla legge 91 del 1992 senza stravolgerne l’impianto e tenendo conto dei giri dell’orologio delle generazioni. Ma l’attacco terroristico al teatro Bataclan di Parigi del 13 novembre 2015 modifica radicalmente in tutta Europa la percezione delle minacce associabili alle migrazioni². Se oggi, a distanza di due anni, il provvedimento si trova ancora spiaggiato al Senato, almeno in parte lo si deve a quel cambio di clima che ha trovato sulla scena nazionale numerosi professionisti della politica pronti a intercettarne i possibili benefici. E’ però triste pensare che anche il DDL 2092 possa essere da annoverare tra le vittime del Bataclan. Questioni di etichetta: ius soli o ius scholae? Per motivi non del tutto chiari, il provvedimento viene etichettato dai suoi stessi sostenitori come ius soli. E’ questa, ad esempio, la dizione usata dal quotidiano la Repubblica per il suo inserimento nella lista delle sei leggi “da non tradire” in questa legislatura. Ma è proprio la terminologia scelta a tradire il senso della riforma, dal momento che la vera novità non consiste nello ius soli, già previsto dalla legge del 1992, bensì nello ius culturae o – meglio – ius scholae. A differenza dei criteri automatici per l’attribuzione della cittadinanza (“nascere da un determinato genitore” o “nascere in un determinato luogo” o ancora “risiedere da un determinato numero di anni”) lo ius scholae subordina l’acquisizione al possesso di requisiti culturali che si presume siano una garanzia di comprensione e quindi di rispetto delle regole del gioco socialmente condivise: una buona padronanza della lingua italiana, innanzitutto, ma anche la conoscenza della storia, della geografia, delle scienze, delle istituzioni ecc. su cui si fonda l’appartenenza all’Italia. E delega – aspetto importante che anche il dibattito su Neodemos non ha sottolineato a sufficienza – alle istituzioni scolastiche, e non a improbabili commissioni costituite ad hoc, il compito di verificare e certificare l’effettivo possesso di tali requisiti. Implicitamente riconosce alle Indicazioni

nazionali per il curricolo (la moderna versione dei programmi ministeriali, che non consistono più in lunghe liste di argomenti da svolgere ma in istruzioni verso traguardi di apprendimento rispettose dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche) la capacità di definire quali siano i comuni denominatori fondativi della vita collettiva italiana. La riforma attribuisce pure ai professionisti dell’insegnamento, maestri e maestre, professori e professoresse, la facoltà di valutare il conseguimento o meno degli obiettivi di integrazione per i figli dell’immigrazione: conseguimento al quale, forse più di chiunque altro, hanno quotidianamente contribuito. Con lo ius scholae l’Italia sperimenta quindi una via di accesso alla cittadinanza non basato su automatismi burocratici, ma sul riconoscimento dell’impegno reciproco assunto da un giovane straniero e dalla scuola italiana lungo un percorso formativo della durata minima di 5.000 ore – tanto dura il ciclo più breve, quello secondario. Premio dello sforzo individuale, garanzia elevata di comprensione del sistema di diritti e di doveri condivisi che proprio in virtù della cittadinanza un cittadino si vede conferire dallo Stato, riconoscimento del ruolo insostituibile dell’integrazione scolastica, nessun costo aggiuntivo per le finanze pubbliche: c’è proprio da chiedersi perché mai il marketing politico abbia masochisticamente scelto la ben più arida etichetta del suolo.E se il problema fosse almeno parzialmente aggirabile?Un aspetto quasi surreale di questa fase finale e dall’esito incertissimo dell’iter legislativo è la prevalenza dell’ideologia sul ragionamento. Seppur non sempre condivisibili, le considerazioni di Gian Carlo Blangiardo hanno il merito di riportare una disputa dominata dai pregiudizi nell’alveo della riflessione sui possibili effetti della legge: ad esempio, con la messa a fuoco del caso dei minori “scompagnati”³ Da questo punto di vista, può essere utile comprendere quali siano i rischi insiti nella mancata approvazione della riforma e nel suo possibile rinvio alla XVIII legislatura. A ben vedere, essendo ormai ben oliati i meccanismi di acquisizione previsti dalla legge 91[4], nella maggior parte dei casi la mancata riforma si tradurrebbe in un ritardo di alcuni anni, in genere quelli dell’adolescenza, nell’attesa che pigramente maturino i requisiti richiesti dalla normativa vigente. Un problema concreto, dal punto di

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vista del diretto interessato, è però rappresentato da un insieme di norme e regolamenti anacronistici che si ostinano a pretendere come pre-requisito la cittadinanza italiana e dunque trasformano la sua quotidianità di giovane straniero in un vero e proprio slalom speciale: che si tratti di prendere parte a una manifestazione sportiva o di concorrere per una borsa di studio, spesso il figlio o la figlia di immigrati deve sopportare quella che ai suoi occhi appare come un’ingiusta esclusione. Ma per partecipare a un torneo di calcio o ricevere un modesto contributo da una banca privata basterebbe una semplice modifica di buon senso ai regolamenti o ai bandi, tale da allargare la platea da chi ha il passaporto italiano a chi, ad esempio, frequenta una scuola italiana. Sia ben chiaro: non vogliamo sottostimare gli effetti negativi, sul piano psicologico e pure nella sostanza, derivanti dal ritardato o persino mancato approdo alla cittadinanza italiana[5]: si pensi ad esempio al frequente caso di impossibilità di seguire la propria classe impegnata in periodi di studio all’estero. Riteniamo però utile ricordare che molte delle conseguenze percepite come negative da chi si vede oggi preclusa la possibilità di diventare subito cittadino italiano potrebbero essere agevolmente rimosse senza aspettare il benestare di chi, anche in malafede (per citare Massimo Livi Bacci), continuerà a opporsi a tale prospettiva.

Un milione di nuovi cittadini dal 2002, più di quanti arrivati via mareMILANO, 23 ottobre 2017 - Sono più numerosi gli immigrati che ogni anno diventano cittadini italiani rispetto a quelli che sbarcano. È così dal 2002. Anche se gli sbarchi attirano l'attenzione costante dei media e rappresentano uno degli aspetti più drammatici del fenomeno migratorio, la realtà italiana è più complessa ed è caratterizzata anche da una crescente e costante integrazione. Perché diventare italiani rappresenta, per questi (ex) migranti, un passaggio, spesso atteso da anni, che corona un percorso di integrazione. Secondo i dati rielaborati dalla Fondazione Ismu, dal 2002 al 2016 i nuovi cittadini sono stati oltre un milione (per l'esattezza 1.068.654), mentre i profughi giunti via mare sulle nostre coste

792.287. Solo negli anni 2002, 2011 e 2014 si è registrato l'opposto. Persino nel 2015 e nel 2016, quando in Italia e in Europa infuriava il dibattito sull'accoglienza dei profughi, il numero di nuove cittadinanze ha superato di 24 mila e 20 mila il numero di coloro che arrivavano con i gommoni.L’Italia è al primo posto in Europa per numero di acquisizioni di cittadinanza, durante il 2015 (ultimo anno disponibile in cui è possibile un confronto internazionale secondo Eurostat). Seguono Regno Unito con 118mila cittadinanze concesse, Spagna e Francia con 114 mila, Germania con 110 mila, Svezia con 49mila, Belgio e Paesi Bassi con 27-28 mila. Dal 2013 in Italia le concessioni di cittadinanza sono fortemente aumentate: un trend in controtendenza nell’area dell’Unione Europea dove invece stanno diminuendo. Tra le principali nazionalità extracomunitarie di origine degli acquisiti alla cittadinanza italiana durante il 2016 si confermano ai primi posti in senso assoluto albanesi e marocchini, rispettivamente con 37 mila e 35 mila neo-italiani. "Si nota invece come non siano presenti tra i principali dieci gruppi extracomunitari per acquisizioni di cittadinanza in Italia durante il 2016 i collettivi asiatici cinesi e filippini -sottolinea l'Ismu-, pur essendo molto numerosi dal punto di vista della popolazione residente (sono più restii a tale passaggio di status anche perché non è per loro giuridicamente ammessa la possibilità della doppia cittadinanza). Così come non è tra i primi dieci il gruppo ucraino, molto connotato al femminile, spesso composto da single e da persone in età più avanzata, giunte da poco in Italia per lavorare nel campo dell’assistenza domiciliare e legate all’idea di tornare presto in patria".Il 51% dei nuovi cittadini è di sesso maschile e la fascia di età più numerosa è quella degli under 20. Nel 2016 il maggior numero di acquisizioni di cittadinanza è avvenuto in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. (dp)© Copyright Redattore Socialehttp://www.ismu.org/2017/10/numero-delle-acquisizioni-cittadinanza-supera-quello-degli-sbarcati/

IntervistaLegge 13 aprile 2017, n. 46

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I provvedimenti Minniti Orlando in materia di protezione internazionale e lotta alla migrazione irregolareIntervista di Guglielmo Loy, Segr. Confederale UIL, alla rivista “Officina Civile”

Lo leggo do . Secondo lei con il decreto Minniti-Orlando ci sarà un miglioramento o un peggioramento di gestione dell'immigrazione? E soprattutto è una legge che aiuta a risolvere l’emergenza profughi senza violare i loro diritti umani? R. I decreti Minniti Orlando sono due, il primo riguarda l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale (legge 13 aprile 2017), il secondo riguarda misure in materia di sicurezza urbana. Per quanto riguarda l’immigrazione abbiamo criticato l’eliminazione del secondo grado di giudizio per chi si è visto rifiutare la richiesta d’asilo in primo grado (possibilità prevista anche per chi contesta una multa). Consideriamo un errore anche il non permettere al richiedente di presenziare all’udienza ed essere sentito dal giudice (infatti è previsto il rito camerale, senza presenza del richiedente asilo). Abbiamo il fondato sospetto che questo procedimento sia in contrasto con la direttiva europea 32/2013 sulle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato. Per quanto riguarda le misure per accelerare le procedure per l’asilo (istituzioni di sezioni specializzate, tempi più brevi) non abbiamo obiezioni, a patto che siano garantiti tutti i diritti alla difesa. Per quanto riguarda l’istituzione dei Cpr ci sembra una misura in sé molto propagandistica: l’espulsione di un irregolare non è così facile, è costosa e spesso ostacolata dall’assenza di accordi di riammissione con i paesi d’origine. E’ un fatto che di espulsioni se ne siano realizzate poche. Come UIL privilegiamo i ritorni volontari assistiti.• Gli operatori sociali all’interno dei

CPR (centri permanenti per il rimpatrio) saranno dei pubblici ufficiali. Non si rischia di minare il rapporto di fiducia tra operatore-migrante?

• R. Saranno pubblici ufficiali non tutti gli operatori, ma solo i responsabili dei centri (Cas CPA e SPRAR - responsabile centro/ CPR - direttore centro ) e solo nello svolgimento delle attività di notifica. Però è vero a mio avviso che esiste un margine di rischio di sovrapposizione di ruoli indipendentemente da chi farà cosa e perché. Poi c'è la questione della possibilità di delega dell'attività di notifica. In generale bisognerebbe evitare il rischio di doppie funzioni (tra loro incompatibili) per la stessa persona.

•  Verranno messe a disposizione maggiori risorse economiche nei prossimi due anni per lo stanziamento di forze armate presso le ambasciate e gli uffici consolari in cui vi è una particolare affluenza di migranti, questo significa che i cittadini stranieri sono diventati un pericolo di sicurezza nazionale? Questi fondi non è meglio destinarli ad altre attività costruttive?

R. E’ probabile che il rafforzamento della sicurezza presso i nostri uffici di rappresentanza all’estero abbiano più a che vedere con la prevenzione di azioni terroristiche, che nulla hanno a che vedere con il fenomeno migratorio. Naturalmente infiltrazioni sono sempre possibili. Ritengo che i fondi spesi per la sicurezza non siano mai uno spreco, vista la realtà in cui vive oggi il nostro mondo. • Il processo d’integrazione dei non

italiani è favorito dalle attuali leggi? R. Purtroppo si fa ancora poco per favorire l’integrazione dei cittadini di origine straniera, a cominciare con il trattamento degli stessi nei luoghi di lavoro e malgrado le lotte sindacali per la parità di trattamento e valorizzazione delle diversità. Ancora: a livello scolastico bisognerebbe dotare gli insegnanti di maggiori risorse ed expertise per qualificare l’insegnamento e dare maggiori risposte ai ragazzi che giungono dall’estero già in età scolastica. Ci sono poi aspetti relativi alle differenze culturali che andrebbero approfonditi. Ci aspettiamo comunque dagli stranieri il rispetto di leggi e doveri, assieme al godimento dei diritti.

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• Dopo la partecipazione del Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, alla sessione del Labour20 in Germania, si è affrontato anche il tema dei migranti nel mercato del lavoro e dei rifugiati per trovare soluzioni urgenti e coordinate mettendo in primo luogo i diritti fondamentali di cui hanno bisogno, dopo questo meeting quali saranno i passi successivi che la UIL intende intraprendere?

R. Il lavoro è uno strumento principale per assicurare processi veri di integrazione dei cittadini stranieri. Purtroppo questo è un problema che oggi riguarda tutti i cittadini (italiani e non) specialmente giovani. Il sindacato chiede alle istituzioni di avviare investimenti produttivi e politiche attive a favore di tutte le persone che cercano lavoro, assicurando la parità di trattamento e la valorizzazione delle capacità professionali individuali. Per quanto riguarda i richiedenti asilo abbiamo ottenuto che essi possano cercare un lavoro già dopo due mesi dall’avvio della domanda di asilo o protezione internazionale. Vista la loro condizione di fragilità rispetto agli altri (impossibilità dei veri rifugiati di ritornare nel Paese d’origine) chiediamo al Governo politiche attive per il lavoro particolarmente dedicate ed efficaci. Nel frattempo crediamo che il Sindacato debba porsi il tema della “promozione attiva” sul campo, in particolare, dei richiedenti asilo. La Uil di foggia, ad esempio. È impegnata con successo nella gestione di uno Sprar. Ad oggi i risultati sono buoni , nonostante le problematiche complesse, ma credo sia una esperienza da osservare con attenzione.• Ci sono diversi minori non

accompagnati che sono entrati nel girone dello sfruttamento minorile, della prostituzione e delle organizzazioni criminali, secondo lei qual è la causa?

R. Il problema della tratta per sfruttamento sessuale è una piaga che riguarda minori e giovani (specialmente donne). Esistono purtroppo racket internazionali molto potenti che approfittano della fragilità della condizione dei minori non accompagnati per sfruttarli sessualmente e sul lavoro. La tendenza di questi ragazzi soprattutto migranti a sottrarsi all’identificazione per non essere accompagnati nei centri o in case-famiglia, è una delle cause che li rende più in pericolo di finire nelle maglie dei racket.

• Perché tanta opposizione allo "ius soli" se è una legge che sarà destinata alle nuove generazioni che ormai sono italiani di nascita e di fatto?

R. La proposta di legge sullo “Ius soli e Ius culturae” è una giusta rivendicazione di 800 mila minori stranieri nati in Italia o arrivati da piccoli. Purtroppo viene usata come pretesto da alcuni partiti per fare campagna elettorale sulla pelle dei diritti dei minori. Sono le stesse forze politiche che hanno votato la medesima legge alla Camera, quando si era ancora lontani dalla fine della Legislatura. Oggi che il voto è vicino, usare la propaganda anti straniero per guadagnare voti sulla disinformazione e sulla paura è solo un gioco cinico e volgare che non fa onore a nessuno. La UIL è a favore della riforma e confida nel buon senso della maggioranza del Parlamento perché essa diventi realtà nelle prossime settimane. • Segretario Loy,

lei che si interessa in prima linea anche del campo migranti e che ha partecipato anche a diverse iniziative, tra cui la manifestazione nazionale al Pantheon sulla riforma della legge sulla cittadinanza, può spiegare ai lettori perché è così importante, per le nuove generazioni, ottenere la cittadinanza italiana?

R. L’integrazione passa attraverso la condivisione dei valori e della cultura italiana. Ma non si può chiedere il rispetto delle leggi e dei doveri alle persone e nel contempo negare loro una parte importante dei diritti garantiti a tutti gli altri. Accanto a noi vivono 800 mila giovani che sono nati in Italia o vi sono arrivati da piccoli. Questi ragazzi vanno a scuola con i nostri figli e nipoti, condividono con loro doveri, speranze ed aspirazioni . Funzionano da mediatori culturali con le loro famiglie aiutando il processo di integrazione. Perché mai debbono essere obbligati a compiere i 18 anni prima di chiedere di diventare italiani? La riforma proposta non prevede automatismi e diventare italiani resta comunque una scelta di questi giovani e delle loro famiglie. Loro scommettono sul futuro dell’Italia quando molti dei nostri giovani sono costretti a cercare lavoro all’estero. Anche solo per

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questo hanno diritto alla parità di diritti e doveri, come tutti i cittadini del nostro paese. Va aggiunto comunque che il trend di acquisizione della cittadinanza “per naturalizzazione” è in forte accelerazione, se è vero che (recenti dati ISMU) tra il 2006 ed il 2016 oltre un milione di cittadini stranieri (1.068.000) hanno acquisito la cittadinanza italiana. In termini percentuali, siamo i primi in Europa nel 2015: segno che anche nel nostro Paese la procedura di verifica ed acquisizione delle pratiche è migliorata molto. Si tratta ora di renderla più breve, visto che le naturalizzazioni prevedono prima 10 anni di residenza e poi 2/3 anni almeno per sbrigare l’iter della domanda. Almeno per i minori. E’ questo il senso della riforma proposta.

MediterraneoHuffington PostIL BLOGMigranti: Ue, proteggere la “Fortezza Europa”, costi quel che costiElisa Bacciotti Direttrice dipartimento Campagne di Oxfam Italia

Lo leggo do 24 ottobre 2017 - I leader europei continuano indifferenti nella propria azione di chiusura ed esternalizzazione del controllo delle frontiere nei confronti di centinaia di migliaia di persone in fuga da guerra, persecuzioni e povertà estrema. Una riaffermazione della chiara volontà politica di impedirne, quanto più possibile, l'accesso nel territorio europeo, costi quel che costi. Puntando, almeno nelle intenzioni, al rimpatrio di migranti e rifugiati nei paesi di origine e là dove non sia possibile, a bloccarli nei paesi di transito.Sono questi alcuni dei punti chiave usciti dal Consiglio europeo di giovedì 19 e venerdì 20 ottobre: sullo sfondo il rafforzamento dell'accordo Ue-Turchia e dell'accordo Italia-Libia per il contenimento dei flussi, assieme a un rinnovato sostegno alle politiche di chiusura adottate dai paesi lungo la "rotta balcanica".Chiusura della rotta del Mediterraneo centrale: un successo?

Nel comunicato sulle conclusioni del summit, il Consiglio si dichiara pronto a vigilare su tutte le rotte migratorie, ma quel che si continua a ignorare è che le nuove rotte verso l'Europa potrebbero rivelarsi ancor più pericolose delle precedenti. Inoltre sembra non importare se nel frattempo, a farne le spese sono decine di migliaia di migranti, vittime di stupri, detenzioni illegali e abusi di ogni sorta nei lager libici. E che queste persone restino bloccate per periodi sempre più lunghi, preferendo spesso e volentieri a quell'inferno tornare nei paesi da cui erano stati costretti a fuggire. Al di là delle timide dichiarazioni di intenti uscite dal summit e del recente botta e risposta tra Commissione europea e Italia, le condizioni dei migranti in Libia, nei fatti, non accennano a migliorare. All'orizzonte nessuna chiara e immediata azione che abbia come obiettivo primario, metter fine a questo scandalo che svilisce, tradisce alla radice, i valori fondanti del progetto europeo e della nostra democrazia.La "vergogna" grecaTragicamente, non è solo in Libia che si violano diritti fondamentali. Alle soglie del terzo inverno consecutivo, nel cuore dell'Europa, decine di migliaia di uomini, bambini piccoli, donne, sono bloccati in condizioni disumane in cinque isole greche - Lesbo, Chios, Samos, Kos e Leros – diventate da paradisi per turisti europei, centri di "contenimento" per migranti.Qui, in molti casi, a essere negato è il basilare diritto di chiedere asilo. Sebbene proprio in questi giorni da Samos e Lesbo sia stato deciso il trasferimento d'emergenza di 2 mila migranti sul continente - dove in oltre 8.300 sopravvivono in centri "hotspot" concepiti per ospitarne 3 mila – appare altresì evidente, l'assoluta incapacità delle autorità greche di gestire in modo adeguato una situazione che si è aggravata ulteriormente con gli ultimi arrivi. Nasce da qui l'appello al Primo Ministro Tsipras e alla Ue al lavoro sull'emergenza greca – che abbiamo lanciato insieme ad altre organizzazioni umanitarie - per porre fine all'attuale politica di contenimento dei flussi sulle isole. A due anni dall'adozione dell'Agenda europea sulle migrazioni, abbiamo indicato una road map per un radicale cambio di rotta nella gestione della crisi migratoria a livello europeo. Un diverso approccio, che ciascun cittadino può chiedere, attraverso la campagna StandAsOne.

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Far sentire la propria voce, oggi più che mai, è davvero fondamentale.

Migranti, Emma Bonino vicina al suo sogno: superare la Bossi-Fini e abolire il reato di clandestinitàSi chiude la campagna 'Ero straniero - L'umanità che fa bene' promossa da Bonino e altri. Venerdì Bonino e gli altri promotori consegneranno le firme alla Camera. REDAZIONE (ACM)

Lo leggo do (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO) ROMA, 23 ottobre 2017 - Emma Bonino è molto soddisfatta. Si chiude la campagna "Ero straniero - L'umanità che fa bene" e al termine dei sei mesi a disposizione sono oltre 70mila le firme raccolte a sostegno della legge di iniziativa popolare che propone di cambiare politiche sull'immigrazione e superare la Bossi-Fini, promossa da Radicali, Fondazione Casa della carità "Angelo Abriani", ACLI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto, CILD con il sostegno di centinaia di sindaci e di associazioni. Un traguardo che va ben oltre l'obiettivo delle 50mila sottoscrizioni necessarie, in base alla Costituzione, per portare la legge all'attenzione del Parlamento. Venerdì 27 ottobre le firme raccolte e certificate saranno depositate presso la Camera dei deputati. Prima della consegna, Emma Bonino, i rappresentanti delle organizzazioni del comitato promotore, i sindaci e le associazioni che hanno sostenuto la campagna si ritroveranno in piazza Montecitorio per incontrare la stampa e festeggiare insieme a coloro che in tutta Italia hanno contribuito a questo risultato. Interverranno, tra gli altri, anche il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi, il presidente della Casa della Carità don Virginio Colmegna, il vicepresidente dell'ARCI Filippo

Miraglia, il senatore Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto. 

Lotta al caporalatoQuesto prodotto è etico': così le aziende evitano i controlli e vendono i pomodori dei caporalidi CHIARA SPAGNOLO, http://www.repubblica.it/ 23 ottobre 2017

Lo leggo do Basta una croce nella casella giusta per dichiarare che non si utilizza manodopera irregolare. E far arrivare alle multinazionali delle conserve, e da qui - sotto forma di pelati o salsa - sulle tavole degli italiani, i pomodori raccolti nei campi del Salento da migranti spesso schiavizzati. Solo una X per attribuire eticità alla filiera agricola, e risparmiare quei controlli che porterebbero facilmente alla luce l'esistenza di caporalato diffuso e lavoro nero.Lo ha scoperto la Procura di Lecce nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Abdullah Mohamed, un bracciante sudanese di 47 anni, stroncato dal caldo nei campi di Nardò (Lecce) il 20 luglio 2015. Quel giorno il termometro segnava 40 gradi. Abdullah accoglieva pomodori, non aveva cappello né guanti, non una bottiglietta d'acqua, né una tettoia sotto alla quale ripararsi di tanto in tanto.Non aveva neppure un contratto e, della sua morte, la pm Paola Guglielmi ha chiamato a rispondere il titolare dell'azienda per cui lavorava, Giuseppe Mariano, e il caporale sudanese che l'aveva ingaggiato, Mohamed Elsalhil. Li accusa di omicidio colposo e caporalato, li vuole processare, dopo che a luglio di quest'anno la stessa Procura ha incassato tredici condanne, con pene tra i 4 e gli undici anni, per imprenditori pugliesi e caporali accusati di aver ridotto in schiavitù centinaia di braccianti.Oltre alla tragica morte di Abdullah, però,

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l'inchiesta salentina ha portato alla luce l'esistenza di una filiera fuori controllo, fatta di pezzi che autocertificano singolarmente la bontà del proprio operato. I carabinieri del Ros di Lecce hanno seguito il filo dei pomodori della ditta Mariano e scoperto che, per molti anni, sono stati venduti ad aziende di lavorazione tra le più importanti d'Italia: la Mutti Spa di Montechiarugolo (Parma), la Rosina di Angri (Salerno) e Conserve Italia società cooperative agricole di San Lazzaro in Savena (Bologna)."Nessuna delle ditte acquirenti è iscritta nel registro degli indagati", chiariscono dalla Procura di Lecce, ma dalle carte emerge prepotente il problema dei controlli: "Ne servono di più - aggiungono gli inquirenti - e anche più sanzioni". Le stesse che chiede l'associazione No Cap, fondata dal camerunense Yvan Sagnet, che proprio a Nardò nel 2011 guidò il primo sciopero dei braccianti e oggi si batte per la creazione di una filiera più corta e controllata. Sono proprio le ditte lambite dall'inchiesta di Lecce, del resto, a precisare che i controlli avvengono solo sui documenti forniti dai produttori locali, e non certo nei campi. Maurizio Gardini, presidente di Conserve Italia, spiega: "Le imprese dalle quali compriamo il prodotto firmano un protocollo di legalità. Si impegnano a osservare le norme in materia di sicurezza e salute sul lavoro, i contratti collettivi nazionali, la normativa previdenziale e quella in materia di lavoro degli immigrati. Non possiamo sostituirci all'Inps o alle forze dell'ordine". Stesse giustificazioni arrivano dagli altri due colossi del pomodoro.Tradotto, significa che la piccola impresa locale rassicura la grande ditta nazionale, come faceva appunto l'impresa Mariano (formalmente intestata alla moglie di Giuseppe, Rita De Rubertis). Nella scheda di adesione al piano di qualità di Conserve Italia si dichiara "di non utilizzare lavoro minorile o forzato, di garantire la salute e sicurezza dei lavoratori, di rispettare le norme in tema di orari e retribuzione". Un falso evidente, secondo la Procura salentina, considerato che Abdullah - e decine di altri come lui - non era stato sottoposto ad alcuna visita medica, lavorava 10-12 ore al giorno per pochi euro, in condizioni climatiche usuranti e senza diritto al riposo settimanale, alloggiando in casolari fatiscenti e in condizioni igieniche degradate. E che proprio questa condizione di sfruttamento consentiva al datore di lavoro di incrementare i profitti.

Di tutte queste irregolarità, però, i giganti del pomodoro clienti della Mariano affermano di non sapere nulla. E solo dopo la morte del bracciante hanno rescisso i contratti con l'azienda, che per diversi anni ha percepito anche i contributi pubblici dell'Agea.

Con la riforma del Regolamento Dublino approvato dalla Commissione LIBE del Parlamento UE profondo cambio di paradigma24/10/2017 Asilo / Protezione internazionale, Regolamento Dublino

Lo leggo do ”Per la prima volta si opera un profondo cambio di paradigma rispetto all’impostazione fin qui seguita e che ha caratterizzato il sistema europeo d’asilo gli ultimi 17 anni (dalla Convenzione Dublino del 1990) ” afferma Gianfranco Schiavone (ASGI).ASGI esprime soddisfazione per l’avvenuta approvazione alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo di un testo che riforma profondamente il Regolamento n. 604/2013 (detto Regolamento Dublino III) che fissa i criteri per definire il Paese competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di Paese terzo. La proposta, che ha visto una maggioranza trasversale e un particolare meritorio impegno della deputata italiana Elly Schlein, recepisce gran parte delle proposte di riforma avanzate da ASGI e dagli enti ed associazioni di tutela dei rifugiati.In particolare nella riforma approvata dalla Commissione:1) viene eliminato il legame tra il Paese nel quale il richiedente ha fatto ingresso

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irregolare ed esame della sua domanda di protezione, sostituendo questo anacronistico approccio (che penalizzava grandemente i paesi con frontiere esterne, tra cui l’Italia) con una nuova concezione in base alla quale il richiedente fa ingresso nell’Unione, considerata nel suo complesso. La competenza all’esame della domanda di protezione verrebbe, pertanto, definita sulla base di quote che riguardano tutti i Paesi dell’Unione definite sulla base di criteri oggettivi, dando finalmente attuazione al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità di cui all’art. 80 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione), rimasto finora di fatto disatteso;2) viene ampliata la nozione di famiglia estesa ai fratelli e sorelle del richiedente ai figli maggiorenni, purchè a carico, consentendo così la riunificazione di famiglie disperse dalla guerra e che, a legislazione vigente, possono trovarsi e rimanere forzatamente a vivere in paesi diversi dell’Unione;3) assume rilievo giuridico nella individuazione del Paese UE competente ad esaminare la domanda l’esistenza di “fattori di collegamento” tra il richiedente e il Paese nel quale lo stesso chiede di recarsi, quali precedenti soggiorni, corsi di studio e formazione effettuati in precedenza e sponsorizzazione del richiedente da parte di un ente accreditato.Tuttavia permangono, anche nella nuova impostazione, alcuni aspetti critici.In particolare:

1. i”fattori di collegamento” tra il richiedente e il Paese dell’Unione nel quale lo stesso chiede di recarsi andrebbero ulteriormente rafforzati . In particolare appare irragionevole che la sponsorizzazione possa essere realizzata solo da enti e non anche da privati (tra i quali parenti del richiedente);

2. la procedura di assegnazione per quote-paese applicata anche ai minori non accompagnati, seppure temperata dalla valutazione del suo superiore interesse operata da una equipe multidisciplinare, apre la strada alla possibilità di un trasferimento coattivo del minore, evento indubbiamente fonte di trauma per il minore stesso, mentre, come affermato dalla Corte di Giustizia, in generale risponde al superiore interesse del

minore restare nello Stato dove questi si trova;

3. Seppure fortemente ridimensionato rispetto al quadro normativo attuale si continua a prevedere la possibilità di applicare misure di detenzione del richiedente protezione ai fini dell’esecuzione del trasferimento nel Paese competente all’esame della domanda;

4. l’introduzione di un filtro che attribuisce la competenza all’esame della domanda di protezione al paese in cui la stessa è stata formulata nel caso di domanda “manifestly unlikely” ovvero di domanda che appare priva di alcun contenuto in relazione alla nozione di protezione internazionale inserisce una procedura che si presta facilmente a serie distorsioni .

ASGI invita il Parlamento Europeo a rivedere questi aspetti e comunque a procedere senza indugio sulla strada di rinnovamento intrapresa.In particolare ASGI fa appello al Governo italiano e alle associazioni di tutela dei rifugiati affinché sostengano con forza il processo di riforma avviato dal Parlamento Europeo in vista del dialogo con il Consiglio Europeo e in particolare con gli Stati che si oppongono ad una effettiva riforma del Regolamento Dublino III cercando di evitare la doverosa assunzione di nuove e maggiori responsabilità nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Come associazione  abbiamo presentato una proposta, assieme ad altre associazioni e reti, come il Tavolo Asilo,  e seguito l’iter in Commissione LIBE. L’azione è partita con l’elaborazione di questa lista di emendamenti mirati, tesi a dimostrare che un diverso e più equo sistema Dublino è non solo desiderabile ed opportuno, ma anche tecnicamente fattibile, inviati alla relatrice e ai parlamentari a marzo 2017, invio che seguiva iniziative   poste in essere dai soci ASGI sia sul fronte della giurisprudenza che su quello della ricerca sul campo.

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