Newsletter n.24 Febbraio 2018 · svolgimento dell’attività di controllo sugli intermediari a cui...

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Newsletter n.24 A cura del Prof. Avv. Emanuele FISICARO Febbraio 2018 CONTENUTI DI QUESTO NUMERO: ANTIRICICLAGGIO Comunicazione della Banca d’Italia del 9 febbraio 2018: chiarimenti in tema di adempimento degli obblighi antiriciclaggio. Delibera n. 28/2018 della Banca d’Italia: buone prassi da adottare per i soggetti obbligati ad applicare le misure rafforzate di adeguata verifica sulle Persone Politicamente Esposte (PEPs). Si è tenuto a Shenzen il secondo workshop organizzato dal GAFI sul ruolo dei giudici e dei procuratori nel contrasto al riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. Il GAFI ha rilevato l’efficacia media delle misure di prevenzione al riciclaggio. ANTICORRUZIONE Transparency International pubblica l’Indice di Percezione della Corruzione 2017. Corruzione negli Stati Uniti: le differenze tra il 2016 e il 2017. Transparency International ha pubblicato una ricerca che individua i potenziali benefici dell’utilizzo della “blockchain technology”, la tecnologia che sta alla base dei Bitcoin, per il contrasto alla corruzione. Disponibile online, a partire dal 08/02/2018, la piattaforma A.N.AC. di gestione delle segnalazioni di condotte illecite da parte del whistleblower. RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI Raccolta delle modifiche normative al d.lgs. 231/2001 intervenute negli ultimi mesi del 2017. Obbligatorietà della nomina dell’amministratore giudiziario in caso di confisca ex art. 53 del d.lgs. 231/2001. Centro Studi Europeo Antiriciclaggio & Anticorruzione Via Vittorio Veneto 84, 00187 Roma – Viale Piave 6, 20129 Milano [email protected] www.csac.it

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Newsletter n.24

2424

A cura del Prof. Avv. Emanuele FISICARO

Febbraio 2018

CONTENUTI DI QUESTO NUMERO:

ANTIRICICLAGGIO

Comunicazione della Banca d’Italia del 9 febbraio 2018: chiarimenti in tema di

adempimento degli obblighi antiriciclaggio.

Delibera n. 28/2018 della Banca d’Italia: buone prassi da adottare per i soggetti

obbligati ad applicare le misure rafforzate di adeguata verifica sulle Persone

Politicamente Esposte (PEPs).

Si è tenuto a Shenzen il secondo workshop organizzato dal GAFI sul ruolo dei

giudici e dei procuratori nel contrasto al riciclaggio di denaro e finanziamento

del terrorismo.

Il GAFI ha rilevato l’efficacia media delle misure di prevenzione al riciclaggio.

ANTICORRUZIONE

Transparency International pubblica l’Indice di Percezione della Corruzione 2017.

Corruzione negli Stati Uniti: le differenze tra il 2016 e il 2017.

Transparency International ha pubblicato una ricerca che individua i potenziali

benefici dell’utilizzo della “blockchain technology”, la tecnologia che sta alla

base dei Bitcoin, per il contrasto alla corruzione.

Disponibile online, a partire dal 08/02/2018, la piattaforma A.N.AC. di gestione

delle segnalazioni di condotte illecite da parte del whistleblower.

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

Raccolta delle modifiche normative al d.lgs. 231/2001 intervenute negli ultimi mesi

del 2017.

Obbligatorietà della nomina dell’amministratore giudiziario in caso di confisca ex

art. 53 del d.lgs. 231/2001.

Centro Studi Europeo Antiriciclaggio & Anticorruzione Via Vittorio Veneto 84, 00187 Roma – Viale Piave 6, 20129 Milano

[email protected] www.csac.it

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ANTIRICICLAGGIO

Comunicazione della Banca d’Italia del 9 febbraio 2018: chiarimenti in tema di

adempimento degli obblighi antiriciclaggio.

La Banca d’Italia, in data

9/02/2018, ha pubblicato una

Comunicazione il cui obiettivo è fornire

agli intermediari bancari e finanziari

indicazioni circa le modalità di

adempimento degli obblighi

antiriciclaggio previsti dal D. Lgs. 231/2007,

come modificato dal D. Lgs. 90/2017. Le

indicazioni riguardano sia il periodo

transitorio di cui all’articolo 9 del D. Lgs.

231/2007, che scadrà il 31/03/2018 – nel

quale continuano a trovare applicazione

le norme abrogate –, sia il periodo

successivo, fino all’entrata in vigore delle

nuove disposizioni di attuazione della

Banca d’Italia. Gli intermediari finanziari e

bancari sono quindi chiamati a rispettare

il contenuto della comunicazione (anche

a seguito della scadenza del periodo

transitorio) così da assicurare conformità

tra il loro operato e il nuovo quadro

legislativo, in attesa di una nuova

normativa di attuazione.

È possibile continuare ad utilizzare

l’Archivio Unico Informatico (AUI) e le

disposizioni del Provvedimento in materia

di adeguata verifica del 3 aprile 2013,

poiché la Banca d’Italia ritiene la parte

relativa all’ambito applicativo di tale

Provvedimento ancora in vigore (sino

all’entrata in vigore delle nuove norme

attuative e salvo le modifiche indicate

nella comunicazione stessa).

L’Autorità ha indicato i criteri

interpretativi cui si atterrà nello

svolgimento dell’attività di controllo sugli

intermediari a cui è demandata. In

particolare, per quanto riguarda gli

intermediari, la Banca d’Italia specifica

che, in caso di contrasto tra la vecchia

normativa di attuazione e le disposizioni

contenute nel nuovo D. Lgs. 90/2017,

queste ultime prevarranno, secondo il

principio generale della successione delle

leggi nel tempo e quello di gerarchia delle

fonti. Di conseguenza gli intermediari fino

al 31/03/2018 dovranno attenersi alle

previsioni contenute nei vecchi

provvedimenti dell’Autorità, emanati in

attuazione delle precedenti misure di

legge, soltanto nella misura in cui esse

siano compatibili con la nuova disciplina.

In ossequio a tale principio deve

ritenersi ancora applicabile il

Provvedimento del 10/03/2011 in materia

di organizzazione, procedure e controlli

interni. Potrà inoltre essere utilizzato, sino

all’emanazione delle nuove norme

attuative in materia di conservazione e su

base volontaria, l’Archivio Unico

Informatico (AUI), ritenuto idoneo ad

assolvere gli obblighi previsti dalla

normativa primaria, sebbene il

provvedimento con il quale era stato

istituito non sia più in vigore per effetto

dell’abrogazione delle disposizioni di

legge che imponevano l’obbligo di

registrare i dati nell’AUI.

Viene inoltre specificato che le

disposizioni in materia di adeguata

verifica possono ancora ritenersi

applicabili. Gli intermediari sono tenuti ad

applicare direttamente gli obblighi di

adeguata verifica come previsti dalle

nuove norme di legge e continuano ad

applicarsi le previsioni contenute nel

Provvedimento della Banca d’Italia del

3/04/2013 soltanto se volte a specificare

aspetti per i quali c’è continuità tra il

contenuto delle nuove norme e quelle

abrogate. Altre parti dello stesso

provvedimento vengono invece

dichiarate interamente inapplicabili, in

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ANTIRICICLAGGIO

quanto incompatibili con le nuove

disposizioni di legge.

Infine, la Banca d’Italia ritiene che

per il corretto adempimento degli

obblighi in materia di antiriciclaggio, gli

intermediari possano prendere in

considerazione anche gli “Orientamenti

Congiunti delle Autorità di Vigilanza

europee sulle misure semplificate e

rafforzate di adeguata verifica della

clientela e sui fattori di rischio” del

04/01/2018.

Delibera n. 28/2018 della Banca d’Italia: buone prassi da adottare per i soggetti obbligati

ad applicare le misure rafforzate di adeguata verifica sulle Persone Politicamente Esposte

(PEPs).

La Banca d’Italia, in seguito ad

ispezioni condotte presso gli intermediari

bancari nel I semestre del 2017, ha

riscontrato delle carenze sotto il profilo

organizzativo e dei controlli riguardanti gli

obblighi previsti dalla normativa

antiriciclaggio nei confronti delle c.d.

Persone Politicamente Esposte (PEPs).

L’Autorità, con Delibera n. 28/2018

pubblicata in data 23/01/2018, ha

conseguentemente suggerito una serie di

buone prassi per le banche in cinque

principali aree tematiche.

Innanzitutto, per il governo della

gestione dei rapporti con le PEPs, è

suggerita la predisposizione di una policy

di gestione dei rischi di riciclaggio e di

finanziamento del terrorismo al cui interno

il tema delle PEPs sia specificatamente

individuato e adeguatamente trattato.

Per quanto riguarda

l’individuazione delle PEPs, si sottolinea

l’importanza di un utilizzo accorto dei

database, per sfruttare al massimo i

risultati e successivamente arricchire

l’analisi con ulteriori approfondimenti. Si

ritiene altresì essere un valore aggiunto la

collaborazione del cliente stesso nel

fornire dati utili nella fase di accensione

del rapporto. Nel monitoraggio dei

rapporti esistenti, le informazioni relative

all’assunzione o modifiche allo status di

PEPs possono derivare dallo sfruttamento

del patrimonio informativo dell’azienda. È

inoltre importante l’adozione, nella

classificazione del rischio, di sistemi di

attribuzione automatica dei punteggi di

rischio per assegnare le PEPs e i soggetti

collegati alle classi di rischio più elevate.

In tema di adeguata verifica

rafforzata delle PEPs, sono da prevedere:

a) normative interne in cui viene

attribuita evidenza ai ruoli e alle

responsabilità delle singole funzioni

aziendali interessate e le

tempistiche d’intervento;

b) per quanto riguarda

l’instaurazione del rapporto con le

PEPs, la predisposizione di schede

dettagliate di raccolta delle

informazioni;

c) un monitoraggio nel continuo e il

rinnovo dell’adeguata verifica,

sfruttando sia i dati presenti in

azienda che quelli desunti da fonti

esterne aperte.

Infine, per quanto riguarda il

sistema dei controlli interni, la Banca

d’Italia pone l’accento su tre diversi piani:

rafforzamento dei controlli di primo livello

che impediscano il passaggio a una fase

successiva se non risulta completata la

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ANTIRICICLAGGIO

procedura precedente, incoraggiamento

di un ruolo proattivo della Funzione

antiriciclaggio nel condurre periodiche

valutazioni di carattere sostanziale mirate

sulla funzionalità di adeguata verifica sulle

PEPs e previsione di controlli dell’Internal

Audit che prendano espressamente in

considerazione le PEPs.

Si è tenuto a Shenzen il secondo workshop organizzato dal GAFI sul ruolo dei giudici e dei

procuratori nel contrasto al riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo

Gli scorsi 11 e 12 gennaio si è tenuto

a Shenzen il secondo workshop

organizzato dal GAFI, in collaborazione

con gli organismi regionali APG

(Asia/Pacific Group on Money

Laundering) e EAG (Eurasian group on

combating money laundering and

financing of terrorism), sul ruolo dei giudici

e dei procuratori nel contrasto al

riciclaggio di denaro e finanziamento del

terrorismo. Al workshop hanno

partecipato circa 90 rappresentanti di 32

delegazioni, tra cui procuratori e giudici

esperti in materia.

II workshop sarà seguito da altri due

eventi sul tema, a Strasburgo e Busan, che

si concluderanno nel mese di maggio

2018. I risultati emersi al termine degli

incontri confluiranno in un documento

volto ad evidenziare le sfide affrontate da

procuratori e giudici nella lotta al

riciclaggio e al finanziamento del

terrorismo, con l’aggiunta di alcuni

suggerimenti per aumentare l’efficacia

del sistema di giustizia.

Il GAFI ha rilevato l’efficacia media delle misure di prevenzione al riciclaggio

Il Gruppo d’Azione Finanziaria

Internazionale (GAFI), a partire dal 2014,

ha analizzato la reale efficacia delle

misure di contrasto al riciclaggio di denaro

presente nelle normative nazionali di 46

paesi.

Il sistema di rating adottato dal

GAFI si basa sulla valutazione di 11 risultati

immediati, rappresentanti gli obiettivi

chiave che un sistema efficace di

contrasto al riciclaggio di denaro

dovrebbe raggiungere.

Ad oggi, il GAFI ha rilevato che

l’efficacia media delle misure di

prevenzione al riciclaggio di denaro si

aggira intorno al 32%. Solamente 7 paesi,

tra i 46 esaminati, si sono posizionati al di

sopra del 50%: USA, Spagna, Italia,

Svizzera, Australia, Portogallo e Svezia.

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ANTICORRUZIONE

Transparency International pubblica l’Indice di Percezione della Corruzione 2017

Il 21 febbraio 2018 è stato

pubblicato da Transparency International

l’Indice di Percezione della Corruzione

(Corruption Perceptions Index – CPI) per

l’anno trascorso. Siamo ormai giunti alla

23esima edizione: Transparency

International, la più grande

organizzazione internazionale impegnata

nel contrasto alla corruzione, aggiorna

con cadenza annuale questo indicatore

statistico, creando una graduatoria in cui

i paesi del mondo sono ordinati sulla base

del livello di corruzione percepita, come

determinato da esperti attraverso

sondaggi di opinione.

Nel report relativo al 2017 vengono

analizzati 180 paesi e territori, i quali sono

poi classificati assegnando a ciascuno un

punteggio che va da 0 (altamente

corrotto) a 100 (molto pulito). L’ultimo

report pubblicato evidenzia che la

maggior parte dei paesi non sta facendo

progressi, se non minimi, nel contrastare la

corruzione. Infatti, come ogni anno, la

grande maggioranza dei paesi ha

ottenuto un risultato inferiore a 50, con un

punteggio medio di 43. A tal proposito si

segnala che, in base alle ultime rilevazioni,

l’Italia ha ottenuto un punteggio di 50, al

di sopra della media globale. Nonostante

la tendenza dei paesi analizzati a

rimanere inerti di fronte ai fenomeni

corruttivi, analisi più approfondite

segnalano la presenza, anche nei paesi

più corrotti, di giornalisti ed attivisti che

mettono a repentaglio la loro vita pur di

denunciare apertamente fatti di

corruzione.

Da un’analisi aggregata dei dati

pubblicati, l’Europa occidentale spicca

come la regione con prestazioni migliori

(punteggio medio di 66), mentre la

peggiore è l'Africa subsahariana con un

risultato medio di 32. Entrando più nel

dettaglio, la Nuova Zelanda si colloca al

primo posto, con un punteggio finale di

89, seguita da Danimarca, Finlandia,

Norvegia e Svizzera. Per trovare l’Italia

bisogna scendere invece al 54esimo

posto. “Ultima della classe” risulta essere la

Somalia, con appena 9 punti.

Focalizzandosi sulle performance

italiane e comparando i dati più recenti

con quelli degli anni precedenti, il nostro

paese ha registrato un miglioramento di 8

punti dal 2012 ad oggi. Alla luce della già

menzionata scarsa attenzione per il

contrasto della corruzione da parte di

molti dei paesi analizzati, il progresso

italiano può essere giudicato

positivamente, anche se c’è ancora

molto da fare, soprattutto se si considera il

divario di 16 punti tra il risultato del nostro

paese e quello medio dell’Europa

Occidentale.

Ulteriori analisi dei risultati

sviluppate da Transparency International

segnalano una correlazione tra la tutela

delle libertà fondamentali e il tasso di

corruzione: i paesi in cui vi sono minori

garanzie di libertà di stampa e di

espressione e scarsi livelli di protezione

delle Organizzazioni non Governative

(ONG) tendono a registrare alti livelli di

corruzione. Nei paesi altamente corrotti

viene ucciso almeno un giornalista a

settimana e, proprio perché la libertà di

parola e di stampa sono fondamentali per

il contrasto alla corruzione, Transparency

International ha suggerito una serie di

misure da intraprendere per frenare la

corruzione:

I governi e la grande impresa

dovrebbero impegnarsi per

garantire la libertà di parola,

l’indipendenza dei media e il

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ANTICORRUZIONE

dissenso politico per creare una

società civile aperta ed

impegnata;

I governi dovrebbero ridurre il più

possibile le limitazioni normative

alla libertà dei media e assicurare

che i giornalisti possano lavorare

senza timori, minacce, repressioni o

violenze;

La tutela della libertà di stampa

dovrebbe essere un fattore da

tenere in considerazione nel

momento in cui vengono valutate

richieste di adesione alle

organizzazioni internazionali

oppure domande di concessione

di aiuti economici;

Dovrebbero essere proposte ed

attuate leggi che favoriscano

l’accesso alle informazioni, così da

incrementare la trasparenza e la

responsabilità, riducendo le

opportunità di corruzione;

Nel tentativo di realizzare gli

Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

(SDG) proposti dalle Nazioni Unite, i

governi e gli attivisti dovrebbero

promuovere riforme sia a livello

nazionale che internazionale,

allineando le forme di tutela delle

libertà fondamentali agli obiettivi

internazionale;

I governi e le imprese dovrebbero

divulgare, sotto forma di dati

aperti, le informazioni rilevanti e di

interesse pubblico.

Corruzione negli Stati Uniti: le differenze tra il 2016 e il 2017.

A dicembre 2017 Transparency

International ha effettuato un’analisi delle

sfide legate abuso di potere da parte dei

funzionari pubblici per la realizzazione di

profitti privati che gli USA si sono trovati ad

affrontare nel corso dell’ultimo anno. Tra i

problemi di maggior rilevanza sono stati

segnalati da un lato l'alto tasso di influenza

esercitato da parte di individui facoltosi sul

governo e le sue decisioni, dall’altro la c.d.

politica del "pay to play" e il legame

eccessivamente stretto che lega gli uffici

del governo, le società a scopo di lucro e

le associazioni professionali, spesso

accentuato dalla rotazione del personale

tra i vari enti.

Tra le varie promesse fatte

dall’attuale presidente durante la

campagna elettorale vi era proprio quella

di ridurre il tasso di corruzione e risollevare

la fiducia dei cittadini nei confronti del

corretto funzionamento degli uffici

governativi, focalizzandosi in particolare

su quelle classi sociali che negli ultimi anni

avevano lamentato trascuratezza dei

propri interessi e una loro subordinazione

rispetto a quelli delle élite dominanti.

Transparency International ha quindi

deciso di effettuare dei sondaggi di

opinione tra ottobre e novembre 2017 per

monitorare lo stato di realizzazione di

questi obiettivi (c.d. Barometro della

corruzione degli Stati Uniti per il 2017).

Secondo quanto riportato, una

netta maggioranza degli intervistati

dichiara che la situazione è peggiorata

nell’ultimo anno: l’indice di percezione

della corruzione è aumentato invece di

diminuire. Ad oggi almeno 6 persone su 10

sostengono che il livello di corruzione è

aumentato negli ultimi 12 mesi, mentre un

anno fa soltanto un terzo degli intervistati

era della stessa opinione.

Dati alla mano, a novembre 2017 il

44% degli americani considera la

corruzione una prassi diffusa nella Casa

Bianca (circa l’8% in più rispetto all’anno

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ANTICORRUZIONE

precedente), mentre quasi 7 persone su

10 sostengono che il governo stia fallendo

nel contrastare la corruzione. Tenendo

conto delle differenze sociali, circa un

terzo degli afroamericani crede che la

polizia sia altamente corrotta e il 55% degli

intervistati complessivi dichiara di temere

ritorsioni nel caso in cui si trovino a

denunciare fatti di corruzione. La società

americana risulta però consapevole

dell’importante ruolo che i cittadini

possono svolgere per contrastare questo

tipo di condotte, poiché almeno il 74%

ammette che le persone comuni possano

fare la differenza nella lotta alla

corruzione.

Trattasi sicuramente di risultati

preoccupanti che, a meno di un anno di

distanza dall’elezione del nuovo

presidente, sottolineano come il governo

e le altre istituzioni chiave degli Stati Uniti

abbiano ancora molto lavoro da fare per

riconquistare la fiducia dei cittadini.

Entrando più nel dettaglio,

Transparency International ha chiesto agli

intervistati informazioni sul grado di

corruzione percepito in nove diversi

gruppi influenti, tra i quali il governo

nazionale (comprendente l'ufficio del

presidente, i membri del congresso e i

funzionari governativi), i funzionari pubblici

a servizio dello Stato e quelli che, pur non

svolgendo incarichi governativi, possono

comunque esercitare una forte influenza

(quali dirigenti aziendali o leader religiosi).

Tra le varie categorie, il presidente, le

istituzioni governative e i funzionari di

questi uffici sono considerati come i più

corrotti. Si segnala inoltre un notevole

sfavore della società civile nei confronti

della grande impresa: gli uomini d’affari si

collocano al quarto posto nella lista delle

categorie maggiormente corrotte. Come

già segnalato, i risultati rivelano anche

che la popolazione è ad oggi più critica

nei confronti degli sforzi compiuti dal

governo per contrastare la corruzione.

Nonostante i dati risultino

complessivamente negativi, si deve

segnalare una nota positiva: il sondaggio

rivela che la grande maggioranza degli

intervistati, circa il 74%, si dichiara

consapevole che i cittadini hanno il

potere di affrontare il problema e fare la

differenza, soprattutto attraverso un

corretto esercizio del diritto di voto. Il 28%

ha infatti affermato che la misura più

efficace nelle mani dei cittadini per il

contrasto alla corruzione consiste nel

votare per un candidato pulito o un

partito impegnato nella lotta a questo

reato. Tra gli altri strumenti segnalati dagli

intervistati si segnalano i social media, le

manifestazioni e le organizzazioni anti-

corruzione. Soltanto il 21 per cento ha

indicato le segnalazioni di corruzione

come soluzione più efficaci. Questo dato

è particolarmente preoccupante: la

grande maggioranza deli americani non

denuncia gli episodi di corruzione ai quali

assiste o di cui subisce gli effetti. Alla luce

delle dichiarazioni rese dagli intervistati, la

causa principale di questa scarsa

collaborazione della società civile è la

paura di ritorsioni: oltre la metà (55%) ha

indicato questo timore come la ragione

principale per cui più persone non si fanno

avanti. Si registra un aumento sostanziale

del dato rispetto al 2016, quando solo il

31% affermava lo stesso.

Visti i risultati particolarmente

negativi del sondaggio, Trasparency

International ha cercato di individuare

una serie di misure che potrebbero essere

attuate dal governo e dagli uffici

competenti per riconquistare la fiducia

dei cittadini, cercando di contrastare la

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ANTICORRUZIONE

corruzione e di riallineare gli interventi alle

aspettative e ai bisogni sociali.

Tra le misure proposte si segnalano:

Assicurare una maggior

trasparenza nella spesa pubblica,

cercando di rendere disponibili e

facilmente accessibili le

informazioni riguardanti le spese

per la politica (anche relative alle

spese per le società quotate in

borsa e per le campagne

pubblicitarie);

Prevenire fenomeni di c.d.

Pantouflage, impedendo la

rotazione incontrollata di personale

tra le associazioni professionali, le

grandi imprese e gli uffici di

governo e di alta amministrazione;

Interrompere l'uso di società

anonime di copertura, che

possono essere fonte di conflitto di

interessi e/o veicoli per attività

illecite;

Rafforzare la c.d. infrastruttura

etica, ampliando i poteri e le

capacità di indipendenza e

supervisione dell'Office of

Government Ethics (OGE), agenzia

indipendente del Governo

Federale che cerca di prevenire e

gestire situazioni di conflitto di

interesse dei funzionari e dei

dipendenti degli organi esecutivi

federali;

Garantire maggior protezione per i

c.d. Whistleblowers, attuando leggi

e regolamenti che tutelino gli

informatori che denunciano

episodi di corruzione e altri

comportamenti scorretti da parte

del governo, dei suoi funzionari e

appaltatori;

Fornire un accesso di base alle

informazioni sul governo,

aumentandone la disponibilità per

i cittadini in un’ottica di

responsabilizzazione e maggior

partecipazione del pubblico nella

lotta alla corruzione.

Transparency International ha pubblicato una ricerca che individua i potenziali benefici

dell’utilizzo della “blockchain technology”, la tecnologia che sta alla base dei Bitcoin, per

il contrasto alla corruzione.

Un interessante quesito riguardante

il nesso tra la blockchain technology, alla

base del funzionamento dei Bitcoin, e la

corruzione è stato recentemente

sottoposto a Transparency International,

la più grande organizzazione a livello

globale contro la corruzione. La questione

si colloca nel contesto del recente

dibattito tra chi propone la blockchain

technology come potenziale strumento

anti-corruzione e chi invece sostiene che

le criptovalute facilitino il riciclaggio di

denaro e altre attività di corruzione.

I Bitcoin sono, come ben noto, una

delle grandi e controverse innovazioni

digitali degli ultimi anni. Il tema dei Bitcoin

ha creato notevoli dibattiti riguardanti il

potenziale utilizzo di questa criptovaluta

per fini criminali, in modo particolare per

quanto riguarda il riciclaggio di denaro e

il finanziamento del terrorismo.

Alcune delle caratteristiche dei

Bitcoin contribuiscono infatti ad

accrescerne il rischio di abuso, come la

possibilità di compiere le transazioni in

anonimato (non essendo un requisito

necessario collegare l’account attraverso

cui si svolgono le operazioni in bitcoin con

la propria identità) e la mancanza di un

organo centrale di monitoraggio. Inoltre,

contribuiscono alla possibilità di utilizzo

illecito dei bitcoin anche la loro facilità di

dispersione per evitare la riconducibilità

ad operazioni illegali e l’immediatezza

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ANTICORRUZIONE

delle transazioni, che rendono

estremamente complicata la tracciabilità

dei flussi di denaro.

Tuttavia, come evidenziato da

Transparency International, non il Bitcoin

stesso ma la tecnologia su cui esso si basa

potrebbe, se adeguatamente progettata

e adattata a specifiche esigenze, offrire

notevoli benefici dal punto di vista di una

trasparente gestione di dati e del

contrasto alla corruzione.

L’architettura dei bitcoin si regge

infatti su un sistema decentralizzato di

raccolta e deposito di dati, la c.d.

blockchain technology, ovvero una

sequenza di “blocchi” contenenti dati

che vengono sigillati crittograficamente e

che sono collegati l’uno all’altro, creando

così una vera e propria catena di

informazioni. La blockchain technology è

il tipo più comune di Distributed Ledger

Technology (DLT), un sistema di “libri

mastro” (ledgers) decentralizzato e

sottoposto al controllo diffuso dell’intera

rete.

Senza entrare nello specifico nelle

caratteristiche dei diversi tipi di DLT, è

possibile individuare alcuni elementi che

potenzialmente rendono questo sistema

uno strumento particolarmente adatto ad

essere utilizzato per contrastare i fenomeni

corruttivi:

Trasparenza: i sistemi DLT registrano

tutte le modifiche apportate ai dati

immagazzinati, che potranno

successivamente essere verificate

da chiunque abbia accesso alla

catena;

Immutabilità: una volta che il dato

è introdotto nella blockchain, non

può più essere alterato ed è quindi

al sicuro da manipolazioni

illegittime;

Sicurezza: il fatto che i dati siano

contenuti in “libri mastro” diffusi li

assicura contro eventuali frodi e

attacchi rivolti a un singolo server;

Disintermediazione: i sistemi DLT

eliminano la necessità di avere

terze parti che verifichino le

transazioni, riducendo i costi

transattivi e rendendo le transazioni

meno vulnerabili a manipolazioni

da parte di soggetti corrotti;

Disponibilità al pubblico:

caratteristica di una tipologia

specifica di DLT, le c.d. public

blockchain, che sono fonti aperte

e accessibili da chiunque.

Come sottolinea Transparency

International, l’utilizzo di questo sistema ha

un elevato potenziale per migliorare la

gestione dei dati, in particolare nel settore

pubblico, e accrescere il livello di fiducia

dei cittadini nei confronti dello Stato.

Sono già stati effettuati degli

esperimenti di utilizzo di sistemi DLT nella

gestione di informazioni pubbliche, nello

specifico con riguardo ai dati catastali. In

Honduras, a partire dal 2015 si è iniziato a

sviluppare un progetto per la creazione di

un database del catasto basato

sull’utilizzo delle blockchains che

supportasse il cittadino nel difendere i suoi

titoli immobiliari davanti al giudice. In

Svezia, si sta esplorando la possibilità di

costruire un sistema di vendite immobiliari

basato su DLT e smart contracts. Ancora,

in Ghana, anche se ancora non

completamente implementato, il sistema

Bitland svolge la funzione di proteggere i

titoli immobiliari attraverso il deposito dei

dati in una blockchain. In Georgia infine, il

governo ha lanciato un progetto nel 2017

per trasferire il sistema catastale su una

blockchain, con l’obiettivo futuro di

gestire interamente con lo stesso sistema

tutte le transazioni immobiliari.

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ANTICORRUZIONE

Un ambito in cui l’utilizzo dei sistemi

DLT potrebbe risultare particolarmente

interessante è quello del voto, soprattutto

in quei paesi in cui si registrano frodi e

pratiche corruttive legate ai processi di

votazione. Un’applicazione chiamata

FollowMyVote propone un sistema di voto

digitale in cui le informazioni sono gestite

attraverso un sistema di blockchain, che

garantisce l’immutabilità e la trasparenza

dei dati pur mantenendo l’anonimato del

votante attraverso l’utilizzo di chiavi

crittografate.

Un ulteriore utilizzo delle blockchain

riguarda i sistemi di finanziamento da

parte di organizzazioni internazionali nei

confronti di determinati paesi, dove

queste transazioni sono spesso soggette a

manipolazioni corruttive. Il Programma

alimentare mondiale delle Nazioni Unite,

per esempio, ha adottato il sistema

blockchain Ethereum per la distribuzione

di voucher alimentari in un campo di

rifugiati in Giordania. Fino ad ora, il

Programma alimentare mondiale ha

distribuito più di 1.4 milioni di dollari in

voucher alimentari a 10.500 rifugiati, e visti

i risultati positivi intende estendere il

progetto nel 2018 a 100.000 rifugiati.

I sistemi di blockchain potrebbero

ottenere grandi vantaggi anche per

quanto riguarda la gestione globale della

supply chain, che coinvolge un vasto

numero di transazioni e un sistema di

documentazione complesso nel quale

partecipano moltissime persone e che si

presta facilmente a manipolazioni

corruttive. Al momento, la maggior parte

delle informazioni relative alla supply

chain è fornita e conservata su supporto

cartaceo, con un alto rischio di

alterazione e/o smarrimento. La possibilità

di conservare questi dati attraverso una

blockchain renderebbe i dati relativi alle

transazioni immediatamente disponibili e

tracciabili nel tempo, facendo sì che le

transazioni stesse siano più sicure e

trasparenti. IBM sta attualmente

lavorando a questo fine per la creazione

di sistemi di gestione della supply chain.

Una delle più spesso citate

possibilità applicative dei sistemi di

blockchain è, infine, quella dei c.d. “smart

contracts”, ovvero contratti creati

attraverso codici digitali, firmati

digitalmente e automaticamente

implementati nel caso le condizioni

contrattualmente previste si verifichino.

Questa procedura presenta i vantaggi di

eliminare la necessità dell’intervento di

terze parti e, con la codifica di controlli e

dispositivi di sicurezza, di rendere il

contenuto dei contratti trasparente e

inalterabile. Le caratteristiche appena

elencate renderebbero gli smart

contracts uno strumento di grande utilità

nel settore dei contratti pubblici.

Anche se molti considerano

l’avvento delle blockchains una vera e

propria rivoluzione, rimangono comunque

numerose sfide da affrontare per

garantire sicurezza nell’utilizzo di dati

pubblici, per formulare correttamente i

c.d. smart contracts e per gestire le

catene tenendo traccia dei flussi di

denaro transfrontalieri. Fino ad oggi ci

sono stati pochissimi casi in cui si è riusciti

ad utilizzare i DLT in questo contesto con

successo. Come sottolineato in molti

articoli sul tema, probabilmente ci

vorranno anni affinché la tecnologia

maturi ad un uso diffuso e le sfide da

affrontare sono ancora molte.

Si segnala innanzi tutto la

mancanza di un adeguato quadro

giuridico e normativo che disciplini

esaustivamente il fenomeno. Dal punto di

vista giuridico, alcune questioni irrisolte

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ANTICORRUZIONE

sono legate al fatto che le blockchains

sono pubbliche e i loro nodi e quindi

anche i dati in esse memorizzati possono

essere localizzati in qualsiasi paese. Alla

luce di ciò, non è chiaro quale

giurisdizione vada applicata alle

transazioni effettuate, chi sia responsabile

per eventuali malfunzionamenti del

sistema né quale sia il destino di dati

governativi che dal punto di vista giuridico

non potrebbero essere collocati al di fuori

del paese.

Anche l’applicazione della

legislazione sulla privacy solleva alcune

questioni, soprattutto in vista dell’entrata

in vigore della nuova normativa europea

in materia di protezione dei dati personali.

In particolare il funzionamento della

blockchain risulterebbe incompatibile

con il diritto all’oblio, in quanto i dati in

essa memorizzati non possono più essere

cancellati.

Rimanendo in tema di sfide

giuridiche ma spostandoci su profili

contrattuali, non è chiaro se e in che

misura gli smart contracts debbano

ritenersi legalmente esecutivi e se

debbano essere accettati dalle autorità

parti dell’operazione. Inoltre, in alcune

giurisdizioni, le forme più complesse di

contratto potrebbero necessitare di

verifica digitale di identità per poter

essere firmati e divenire legalmente

vincolanti.

Passando invece a sfide di natura

infrastrutturale, non è detto che le

blockchains siano sempre in grado di

assicurare la velocità e l’efficienza delle

transazioni. Il funzionamento delle

blockchains pubbliche infatti potrebbe

essere rallentato dal processo di verifica

che potrebbe richiedere anche diversi

minuti: in base alla progettazione tutti i

nodi devono elaborare tutte le

transazione. Si ricorda inoltre che le tasse

per l’esecuzione di transazioni su bitcoins

sono recentemente aumentate,

rendendo questo strumento meno

attrattivo per il compimento di operazioni

di modico valore. Per ovviare il problema

si potrebbero utilizzare una blockchain

privata o altre applicazioni DLT ma anche

in questo caso si pongono alcuni problemi

di tipo infrastrutturale. In generale,

l’infrastruttura necessaria per un uso

diffuso dei bitcoins non è ancora stata

completata e questo fa sì che

permangano tutt’ora problemi di

scalabilità.

Disponibile online, a partire dal 08/02/2018, la piattaforma A.N.AC. di gestione delle

segnalazioni di condotte illecite da parte del whistleblower.

È online, a partire dal 08/02/2018,

l’applicazione informatica Whistleblowing

per l’acquisizione e la gestione, nel

rispetto delle garanzie di riservatezza

previste dalla normativa vigente, delle

segnalazioni di illeciti di interesse generale

da parte dei pubblici dipendenti per uno

svolgimento più efficace dell’attività di

vigilanza anticorruzione. Potranno

usufruire della piattaforma i dipendenti

pubblici e i lavoratori o collaboratori di

un’impresa fornitrice di beni o servizi o di

un’impresa che realizza opere in favore

dell’amministrazione pubblica. L’accesso

al sistema avviene tramite l’inserimento di

un key code, che il segnalatore ottiene in

fase di registrazione al servizio.

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RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

Raccolta delle modifiche normative al D. Lgs. 231/2001 intervenute negli ultimi mesi del

2017

Negli ultimi mesi del 2017, il D. Lgs.

231/2001 ha subito alcune modifiche

normative in seguito all’introduzione della

Legge 179/2017 e della Legge 167/2017.

La legge 30 Novembre 2017, n. 179

(c.d. Whistleblowing) ha ampliato al

settore privato la tutela del dipendente o

collaboratore che segnala illeciti o che

riconosca violazioni relative al Modello di

Organizzazione, Gestione e Controllo

(“MOG”) dell’ente, di cui sia venuto a

conoscenza per ragioni del suo ufficio.

Con l’aggiunta di tre commi all’art. 6 del

D. Lgs. 231/2001, si richiede che i MOG

adottati dalle società ai sensi del Decreto

prevedano:

adeguati canali informativi che,

garantendo la riservatezza

dell’identità del segnalante,

consentano ai soggetti in posizione

apicale e a quelli a loro subordinati

di presentare segnalazioni

circostanziate di condotte illecite o

di violazione del MOG;

almeno un canale alternativo di

segnalazione che garantisca la

riservatezza del segnalante;

il divieto di atti di ritorsione o

discriminatori nei confronti del

segnalante per motivi collegati alla

segnalazione;

adeguate sanzioni per chi viola le

suddette misure di tutela e per chi

effettua, con dolo o colpa grave,

segnalazioni che si rivelano

infondate.

L’adozione delle citate misure

discriminatorie può essere denunciato

all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sia

dal segnalante che dall’organizzazione

sindacale da lui indicata. Inoltre, il

licenziamento nonché il

dimensionamento ritorsivo o

discriminatorio sono nulli e grava sul

datore di lavoro l’onere di provare che le

misure adottate nei confronti del

segnalante siano fondate su ragioni

estranee alla segnalazione.

La Legge 20 Novembre 2017, n. 167

(Legge europea 2017) ha aggiunto l’art

25-terdecies al D. Lgs. 231/2001,

prevedendo che per la commissione dei

delitti in tema di discriminazione razziale

previsti all'art. 3 co. 3-bis della L. 654/1975

si applichi all’ente la sanzione pecuniaria

da 200 a 800 quote e le sanzioni

interdittive di cui all’art. 9 co. 2 del D. Lgs.

n. 231/2001 per una durata non inferiore a

1 anno. Qualora l’ente o una sua unità

organizzativa sia stabilmente utilizzata allo

scopo unico o prevalente di consentire o

agevolare la commissione dei predetti

delitti si applica la sanzione

dell’interdizione definitiva dell’esercizio

dell’attività.

Obbligatorietà della nomina dell’amministratore giudiziario in caso di confisca ex art. 53

del D. Lgs. 231/2001

Con la sentenza 6742/2018, la

Corte di Cassazione ha ripercorso la ratio

dell’istituto del sequestro finalizzato alla

confisca per equivalente dei beni

aziendali previsto dal Decreto 231/2001 e

le possibili modalità di attuazione della

misura, specificando anche i compiti

attribuiti al custode e amministratore

giudiziario. Proprio alla luce di queste

ragioni la Corte ha affermato che la

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RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

nomina dell’amministratore giudiziario

rappresenta un passaggio inevitabile

perché “presupposto imprescindibile per

l’esercizio dell’attività aziendale” e, nel

caso sia stata omessa, la parte interessata

deve rivolgersi all’autorità giudiziaria

affinché provveda.