Diritto Degli Intermediari Finanziari Nuovo
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Diritto degli Intermediari Finanziari Dispensa del manuale di diritto degli intermediari finanziari di Sfameni. Andrea Bruschi, Umberto Durelli, Edoardo Leggio, Elena Maioli, Nicola Malta, Liana Montone, Desideria Pollak
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ELENA MAIOLI
Capitolo I L'ordinamento interno
A un accentuato policentrismo istituzionale fa seguito una moltiplicazione delle fonti normative e
conseguenti problematiche relative ai criteri i classificazione.
La riforma del titolo V della Costituzione ha prodotto inevitabili ricadute sotto il profilo della
moltiplicazione delle fonti di produzione normativa. La rivisitazione delle garanzie costituzionali,
alla luce dei principi di diritto comunitario, e il fallimento dell'azione politica nel regolare
efficientemente taluni settori dell'economia hanno preparato la strada all'amministrazione
regolatrice.
Il criterio gerarchico di ricostruzione del sistema delle fonti normative non pi sufficiente. A esso
si affianca e si sovrappone il criterio di competenza, capace di alimentare nuove problematiche
ricostruttive, in funzione del fatto che la competenza della singola istituzione si riveli esclusiva o
concorrente rispetto a quella di altre istituzioni del medesimo ordinamento.
La dimensione comunitaria
Il policentrismo istituzionale coinvolge anche la dimensione esterna al singolo ordinamento. Il
criterio di competenza esclusiva e/o concorrente, caratterizza i rapporti tra ordinamento italiano e
ordinamento comunitario che sempre pi si risolvono in una europeizzazione del diritto nazionale.
La creazione di autorit di regolazione e vigilanza europea con poteri sempre pi accentuati
colloca, anche a livello comunitario, il procedimento di regolamentazione di ampi settori
dell'economia al di fuori del circuito istituzionale di rappresentanza politica: da un lato offrendo
maggiori garanzie di efficienza e terziet, dall'altro accentuando il deficit democratico e
imponendo meccanismi correttivi volti a circoscrivere la potest normativa e a garantire la
responsabilit di tali istituzioni.
La dimensione internazionale
L'evidente incapacit dei singoli ordinamenti di far fronte a fenomeni che travalicano, nei loro
effetti, i confini nazionali, ha portato nel tempo alla formazione di modelli organizzativi di
regolazione e supervisione globale.
La risposta, sul piano internazionale, alle crisi e agli scandali finanziari stata la formazione di:
Reti transnazionali di regolatori
Organizzazioni private
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Organizzazioni intergovernative
Forme ibride composte da reti transnazionali di regolatori, organizzazioni internazionali
intergovernative e autorit europee e nazionali.
Istituzioni che svolgono ciascuna funzioni differenti, tra le quali l'elaborazione di regole standard e
la verifica della loro attuazione da parte degli Stati aderenti.
Le autorit nazionali partecipano al processo di elaborazione delle regole globali e ne verificano in
ambito domestico l'attuazione. Le regole oggetto di elaborazione da parte di tali istituzioni non
possiedono valore vincolante. La loro penetrazione negli ordinamenti nazionali avviene a opera
delle autorit nazionali nell'esercizio dei poteri normativi a esse conferiti. In numerosi casi le
disposizioni sono state recepite in atti normativi con valore vincolante solo all'esito di un processo
che in larga parte ne ha visto l'applicazione di fatto in via anticipata nei singoli ordinamenti (soft
law): atti di natura non vincolante sul piano della fonte di produzione ma vincolanti in via di fatto,
con riguardo ai quali il legislatore formale interviene con disposizioni di ratifica.
Le fonti comunitarie
Fonti convenzionali (o primarie):
I Trattati (trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunit economica europea (TCE), ha
l'obiettivo fondamentale la creazione di un mercato interno attraverso la progressiva abolizione
delle restrizioni alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali)
Per il raggiungimento di tali obiettivi L'unione europea ha competenza concorrente con quella
degli Stati membri (art. 4 TFUE) secondo il principio di attribuzione. Nell'esercizio delle proprie
competenze l'Unione si conforma al principio di competenza e proporzionalit.
L'art5 co.3 TUE prevede che, l dove l'Unione abbia competenza concorrente con quella degli Stati
membri, in virt del principio di sussidiariet la stessa potr intervenire soltanto se e in quanto gli
obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti meglio a livello di Unione.
Fonti secondarie (o di diritto comunitario derivato):
Di carattere vincolante (regolamenti, direttive e decisioni);
o atti legislativi (regolamenti, direttive e decisioni);
o atti non legislativi (regolamenti, direttive e decisioni delegati e regolamenti,
direttive e decisioni di esecuzione);
Di carattere non vincolante.
Regolamenti:
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Portata generale e astratta
Obbligatoriet in tutti gli elementi
Diretta applicabilit all'interno degli Stati membri, sia nei rapporti cittadini-Paese membro
(effetto diretto verticale), sia nei rapporti tra cittadini (effetto diretto orizzontale).
Decisioni:
Obbligatoria in tutti gli elementi.
Esplica i propri effetti solo nei confronti dei soggetti che ne sono destinatari espressamente
nominati (manca di portata generale e astratta).
Il nuovo Trattato prevede la possibilit che le decisioni omettano la designazione dei
destinatari, assumendo portata generale.
Direttive:
Nata con l'obiettivo di vincolare solo gli Stati, senza far sorgere situazioni soggettive in capo ai
singoli; essa vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, restando salva la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai
mezzi.
tuttavia ormai riconosciuta la diretta applicabilit all'interno degli Stati membri (effetto
diretto verticale) di quelle direttive, il cui termine di attuazione da parte del singolo Stato
membro gi scaduto, che contengono disposizioni dettagliate e immediatamente precettive
(self executing).
Atti non legislativi giuridicamente vincolanti:
Art. 290 TFUE: si tratta di direttive o regolamenti delegati alla Commissione dal Consiglio o dal
Parlamento europeo e aventi lo scopo di integrare, attuare o dare esecuzione alle misure
legislative approvate con procedura ordinaria. Possono ricadere anche le norme tecniche
elaborate dalle autorit di vigilanza europee.
L'adozione degli atti normativi comunitari:
Alla Commissione spetta un potere di iniziativa legislativa che si esplica nella formulazione di
proposte di atti normativi, le quali vengono successivamente sottoposte all'approvazione da parte
del Consiglio dell'Unione europea, organo delegato a svolgere la maggior parte delle funzioni
legislative in ambito europeo.
Al Parlamento spetta, a seconda della procedura legislativa adottata, il potere di proporre
emendamenti ovvero anche quello di approvare gli atti.
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Procedura legislativa ordinaria (co-decisione):
Riduce il c.d. deficit democratico delle istituzioni europee, ponendo per talune materie il
Parlamento europeo e il Consiglio in posizione paritaria rispetto al processo di formazione degli
atti legislativi europei.
Si articola in 3 fasi:
1. La prima trae impulso da una proposta della Commissione rivolta al Consiglio e al
Parlamento, il quale chiamato a esprimere il proprio parere con facolt di proporre
emendamenti. Qualora non vi siano emendamenti o gli stessi siano accolti dal Consiglio,
quest'ultimo pu provvedere direttamente all'adozione dell'atto.
2. In caso contrario il Consiglio adotter una posizione comune che dovr essere sottoposta
all'esame del Parlamento, aprendo cos la seconda fase. Nei successivi tre mesi, il
Parlamento potr:
a. approvare o non pronunciarsi sulla posizione comune e l'atto normativo si
intender automaticamente adottato.
b. Rinviare emendata la posizione comune al Consiglio, il quale nei successivi tre
mesi- potr accogliere le proposte di modifica e adottare l'atto normativo o
richiedere l'intervento del Comitato di Conciliazione (composto dai membri del
Consiglio e del Parlamento europeo, adottando la procedura di conciliazione.
c. Aprire direttamente la procedura di conciliazione.
3. Nella terza fase della procedura interviene nuovamente la Commissione che, in funzione di
mediatore, presta il proprio contributo al tentativo di stesura di un possibile testo di
compromesso.
Ove il tentativo di formulazione fallisca ovvero non si riesca entro sei settimane a
raggiungere un accordi tra Parlamento e Consiglio sul testo definito, questo sar
definitivamente accantonato.
Comitatologia:
Procedimento volto a dare una corretta esecuzione degli atti legislativi.
La Commissione gode di un potere generale di esecuzione degli atti legislativi europei. Il Consiglio
pu delegare il potere di emanare regolamentazione secondaria di dettaglio alla Commissione, in
relazione ad atti normativi approvati dal Consiglio stesso.
Il Consiglio pu costituire dei comitati formati da rappresentanti degli Stati membri, i quali
cooperano con la Commissione nel formulare i testi della regolamentazione secondaria. Gli atti di
normazione secondaria emanati dalla Commissione sono regolamenti.
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Attraverso tale procedura, la Commissione, prima di poter adottare tali atti, deve consultare i
comitati e, se questi esprimono un parere negativo, la Commissione pu adottare solo atti aventi
carattere d'urgenza, che restano revocabili e/o modificabili dal Consiglio nel termine di tre mesi
dalla loro adozione.
Procedura funzionale nei settori tecnici nei quali la grande mole di regolamentazione esige
speditezza e rapido adattamento all'evoluzione del mercato.
Procedura Lamfalussy e rapporti col trattato di Lisbona
Nel luglio del 2000 un Comitato di esperti indipendenti, presieduto da Alexander Lamfalussy fu
nominato dalla Commissione per studiare misure volte ad accelerare il processo normativo
europeo nel settore dei servizi finanziari, per raggiungere gli obiettivi del Piano di azione dei servizi
finanziari del 1999.
Tale procedura, fino al 2001, si articolava in 4 fasi e prevedeva la combinazione della procedura di
co-decisione (livello1), ai fini dell'adozione di direttive quadro, e della procedura di comitatologia
(livello 2), al fine dell'attuazione di regolamenti attuativi dei principi della direttiva. Tali prime due
fasi erano seguite da una procedura di cooperazione tra autorit di vigilanza nazionali, al fine di
garantire un'attuazione uniforme dei regolamenti (livello 3), e da un'attivit di controllo della
Commissione sull'effettiva attuazione della regolamentazione (livello4).
L'attuazione degli emendamenti al TFUE, approvati con il trattato di Lisbona, ha modificato il
procedimento di delega alla Commissione dell'emanazione di atti generali.
Il nuovo assetto prevede la possibilit per il Parlamento e il Consiglio di delegare alla Commissione
due tipologie di atti di natura non legislativa, per quanto vincolanti:
Atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi
non essenziali di un atto legislativo (atti delegati ex art. 290 TFUE) atti quasi-legislativi
attraverso i quali la Commissione integra l'attivit del legislatore.
Atti non legislativi di portata generale che prevedono condizioni uniformi di esecuzione
degli atti giuridicamente vincolanti dell'UE (atti di esecuzione ex art.291 TFUE). la
Commissione esercita un potere meramente esecutivo.
Gli atti delegati non sono pi soggetti alla procedura di comitatologia; la competenza a emanare
tali atti resta della Commissione, sotto il controllo diretto del Consiglio e del Parlamento che
devono precisare l'ambito della delega e possono revocare la delega o opporsi all'entrata in vigore
di tali atti.
Gli atti di esecuzione dovranno essere emanati secondo le procedure di comitatologia previste dal
nuovo Regolamento UE 182/2011:
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Procedura consultiva: il comitato esprime il proprio parere a maggioranza semplice dei suoi
membri e l'eventuale parere negativo non impedisce l'adozione della misura;
Procedura d'esame, la quale prevede che il comitato si pronunci a maggioranza qualificata,
con parere vincolante.
Le autorit di vigilanza europea spetta il compito di elaborare la proposta di norme tecniche che la
Commissione, entro tre mesi dal ricevimento, pu adottare oppure respingere con richiesta
motivata di modifiche.
Possono essere emanati orientamenti interpretativi, linee guida e raccomandazioni ai quali le
autorit nazionali sono tenute il pi possibile a uniformarsi.
Il nuovo volto della procedura Lamfalussy:
Livello 1: adozione secondo procedura ordinaria da parte del Parlamento e del Consiglio di atti
legislativi vincolanti contenenti principi della disciplina. Gli atti legislativi devono descrivere i limiti
dei poteri delegati alla Commissione ai sensi dell'art. 291 TFUE.
Livello 2: adozione da parte della Commissione dei provvedimenti delegati attuativi o esecutivi
degli atti normativi di cui al precedente punto. Redazione da parte delle autorit europee di
vigilanza di standard normativi di regolamentazione vincolanti sulla base della previsione di delega
alla Commissione per la redazione dei medesimi ai sensi dell'art. 290 TFUE, adozione da parte della
Commissione degli standard in questione.
Livello 3: le autorit europee possono anche emettere linee guida e raccomandazioni dirette ad
autorit di vigilanza nazionali o ai soggetti vigilati.
Livello 4: rimane sostanzialmente invariato con riguardo ai poteri di controllo della Commissione,
sebbene in questa fase siano riconosciuti anche poteri sanzionatori delle autorit di vigilanza
europee a fronte di episodi di violazione delle disposizioni comunitarie.
Ravvicinamento delle legislazioni dei Paesi membri
Con il Trattato di Roma, il legislatore comunitario originalmente aveva individuato nel processo di
uniformazione delle legislazioni (art.3TCE)lo strumento per il raggiungimento degli obiettivi
indicati dal Trattato stesso. Ci in un contesto istituzionale in cui i procedimento normativi
richiedevano, nella maggior parte delle materie, l'unanimit dei consensi degli Stati membri.
Nel 1985, nel contesto del Libro bianco della Commissione enuncia sostanzialmente l'abbandono
dell'obiettivo di uniformazione delle legislazioni ribadendo definitivamente il principio del mutuo
riconoscimento, affiancato da altri due principi: quello della competenza di vigilanza del Paese
d'origine e quello dell'armonizzazione minima.
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Principio del mutuo riconoscimento:
Il principio di mutuo riconoscimento comporta che un servizio legittimamente erogato nel
territorio di uno Stato membro pu essere offerto alle medesime condizioni negli altri Stati
membri, nei confronti dei quali esiste un divieto di imporre ulteriori condizioni alla prestazione del
servizio stesso.
Unica eccezione ammessa al principio del mutuo riconoscimento, secondo l'elaborazione della
Corte di Giustizia quella del cd interesse generale (general exception rule) dello Stato ospitante.
Il principio del mutuo riconoscimento, applicato ad un settore come quello finanziario. Il principio
del mutuo riconoscimento richiedeva per di definire quale fosse l'autorit competente per le
istituzioni a cui veniva fornito il cd passaporto europeo e quale fosse il livello minimo di regole da
osservare.
Armonizzazione minima:
Per evitare una possibile corsa al ribasso nella regolamentazione, la Commissione si fece
promotrice di un approccio volto all'armonizzazione di condizioni giudicate minimali ed essenziali
ai fini della protezione degli interessi ritenuti meritevoli di tutela. In tal modo l'armonizzazione
minima consentiva di incorporare nelle direttive i principi condivisi dagli Stati in relazione alla
protezione degli interessi generali degli stessi.
A differenza dell'iniziale metodologia adottata dal legislatore, nella quale l'armonizzazione minima
si rinveniva nei principi fondamentali dettati dalla normativa comunitaria, ma veniva lasciata
ampia discrezionalit ai legislatori, nell'attuazione concreta di tali principi, nella fase successiva si
punta a una pi pervasiva e completa regolamentazione, che abbracci aree di disciplina pi ampie
di quelle sinora interessate dall'armonizzazione minima e finalizzate a eliminare, per quanto
possibile, le potenziali distorsioni dovute alla trasposizione della disciplina negli ordinamenti dei
Paesi membri.
Massima armonizzazione e procedura Lamfalussy:
Il principale strumento tecnico per la realizzazione di tale nuova strategia stato individuato nella
procedura Lamfalussy, inaugurata in materia di abusi di mercato e utilizzata per l'introduzione
della direttiva 2004/39/CE (MIFID), con la quale stato compiuto un deciso rinnovamento della
disciplina applicabile agli intermediari, agli investitori e ai mercati di tutta l'Unione.
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La crisi finanziaria e il nuovo corso
Una nuova fase si apre di fronte allo scenario della crisi finanziaria in atto, caratterizzata non solo
dalla riprogettazione dell'architettura della vigilanza sui mercati finanziari in Europa, ma anche
dall'attribuzione di poteri normativi, di controllo e sanzionatori forti in capo alle istituzioni
europee, tali da garantire, tra l'altro, quel processo di uniformazione normativa, vero pilastro per
la creazione del mercato interno dei servizi finanziari.
Rapporto tra ordinamento comunitario e ordinamento interno:
Fino alla riforma del 2001, l'unica disposizione che ha permesso di inquadrare il rapporto tra
ordinamento comunitario e ordinamento interno era rappresentato dall'art. 11 della Costituzione.
grazie alla elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia Europea, poi recepita dalla
Corte Costituzionale Italiana, che si in grado di ricostruire i principi che governano la materia.
La Corte Costituzionale ha aderito (sent. Granital 170/1984) alla cd. Teoria dualistica degli
ordinamenti in questione. L'ordinamento comunitario e quello italiano sarebbero due ordinamenti
autonomi e separati, ognuno dotato di un sistema giuridico delle fonti. Non sarebbe quindi
raffigurabile un conflitto tra fonti interne e comunitarie in quanto i trattati comunitari ratificati
dall'Italia fissano la ripartizione di competenze tra i due ordinamenti. Gli apparenti conflitti si
risolvono in base al principio di competenza. L dove la competenza a regolare spetti all'UE la
fonte interna difforme non invalida bens non applicabile cd. Primato del diritto comunitario sul
diritto interno.
L'adattamento alle fonti comunitarie e derivate. La legge comunitaria.
L'attuazione nel nostro ordinamento delle fonti derivate di diritto comunitario salvo decisioni e
regolamenti che sono immediatamente applicabili passa attraverso l'adozione, su base annuale
della legge comunitaria che ha quale obiettivo il garantire l'adattamento tempestivo del diritto
interno al quadro normativo comunitario. A tal fine, essa pu recare disposizioni modificative o
abrogative di norme interne incompatibili con l'ordinamento comunitario, stabilire direttamente
una disciplina di dettaglio ovvero obbligare il governo a emanare decreti legislativi in materia.
La legge 11/2005 impone l'obbligo di tempestivo adeguamento al diritto comunitario anche a
livello regionale. Le norme comunitarie aventi effetto diretto saranno direttamente applicabili
nell'ordinamento dei Paesi membri anche in assenza di norme di recepimento. In virt del
principio del primato del diritto comunitario, i giudici nazionali dovranno interpretare le
disposizioni interne in modo conforme alle disposizioni comunitarie.
Potest regolativa delle autorit di vigilanza e principio di armonia con il diritto comunitario.
Il primato del diritto comunitario sul diritto interno esplica i propri effetti anche con riferimento
all'esercizio dei poteri regolativi delle autorit di vigilanza del settore creditizio e finanziario: ex
art.6 TUB e art. 2 TUF le autorit di vigilanza (Banca d'Italia e Consob) esercitano i poteri loro
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attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie, applicano i regolamenti e le decisioni della
Comunit Europea e provvedono in merito alle raccomandazioni concernenti la materia creditizia
e finanziaria. L dove esistono norme primarie contenenti principi generali e la previsione di un
ampio potere regolamentare all'autorit di vigilanza, il recepimento di direttive attraverso
provvedimenti regolamentari delle autorit doveroso.
Qualora il termine di recepimento degli atti comunitari sia scaduto, il principio di immediata
efficacia della direttiva nell'ordinamento interno consente di riconoscere alle autorit il potere di
dare applicazione ai principi contenuti nelle stesse.
Le fonti interne, i principi costituzionali:
Art. 41 Cost., co. 1: fissa il principio di libert economica.
Art. 41 Cost co. 3: la legge determina i programmi e i controlli opportuni perch l'attivit
economica pubblica e privata possa essere coordinata a fini sociali.
Si tratta di una norma posta a garanzia della libera iniziativa di impresa, un valore condizionato
dall'ingresso nel nostro ordinamento dei principi comunitari di una economia di mercato aperta e
in libera concorrenza che ha avviato il processo di privatizzazione formale e sostanziale
provocando l'allontanamento dal modello di economia mista che ha caratterizzato il nostro paese
per oltre met del secolo scorso. Parte della dottrina ha cos proposto un'interpretazione evolutiva
dell'art. 41 alla luce dei principi comunitari tanto da ritenere valore costituzionale non solo la
libert di concorrenza ma anche la libert del mercato (intesa come residualit necessaria
dell'intervento pubblico dell'economia).
Art. 47 Cost. co.1: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.
Tra le disposizioni, nate in un momento storico in cui l'unico sistema finanziario era quello
creditizio, successivamente valsa a giustificare la regolamentazione bancaria prodottasi fino a
quel momento ed estesa in seguito a tutto il panorama dell'industria del risparmio, dall'attivit
bancaria all'intermediazione finanziaria, fino all'attivit assicurativa, vale a dire al risparmio in
tutte le sue forme. L'Art. 41 giustifica il controllo pubblico dei mercati finanziari e, secondo
opinione prevalente, le imprese bancarie sono soggette alle garanzie costituzionali di cui all'art. 41
per i profili relativi all'iniziativa economica e alla concorrenza mentre l'art. 47 si applica per la
tutela di risparmio. Privatizzazione del settore del credito e del mercato immobiliare: si assistito
al mutamento del ruolo dello stato (dallo stato imprenditore allo stato regolatore) come al
mutamento delle finalit dell'intervento (dalla vigilanza strutturale a quella prudenziale) e delle
istituzioni deputate a tale intervento (le autorit amministrative indipendenti).
Art. 117 co.2 let E) riserva al legislatore nazionale di emanare disposizioni in tema di
moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari.
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Crisi della legge
Il settore che ci occupa testimonia la crisi della legge, indebolimento del ruolo della legge ordinaria
a favore di altre fonti normative, tipicamente di emanazione governativa.
I corpi normativi che assumono particolare rilevanza ai fini della disciplina in esame siano proprio
rappresentati da decreti legislativi al contempo qualificati come testi unici della materia.
Decreto legislativo n 385/1993 TUB contiene la disciplina delle banche, dell'attivit bancaria e
finanziaria e degli intermediari finanziari non bancari.
Decreto legislativo n58/1998 TUF contiene la disciplina delle imprese di investimento, dei
servizi e delle attivit di investimento e dei mercati di strumenti finanziari.
Delegificazione
Essi hanno rappresentato il consolidamento del modello di intervento legislativo improntato sul
processo di delegificazione, quella tecnica normativa alla luce della quale il legislatore affida la
regolamentazione della materia a norme di secondo grado, abrogando le norme primarie che si
occupano della medesima.
Il legislatore aveva fatto ampio ricorso a leggi ordinarie speciali, volte a disciplinare fattispecie
normative sconosciute al nostro ordinamento, che sminuivano la centralit della disciplina
codicistica, dando luogo ad un quadro legislativo frammentato.
Agli inizi degli anni '90 del secolo scorso il legislatore provvede a delegificare ampie aree della
disciplina prima affidate a norme primarie.
Il legislatore primario fissa principi generali e detta i criteri e le finalit dell'intervento
regolamentare da parte delle autorit di vigilanza.
Scopo della delegificazione rendere pi celere il processo di regolamentazione di discipline che
presentano alto tasso di obsolescenza e affidare a organi competenti la disciplina di materie ad
alto contenuto specialistico.
Il potere normativo delle autorit di vigilanza
La normativa secondaria affidata alla competenza delle autorit cd indipendenti preposte alla
vigilanza del settore, al Ministro dell'Economia e delle Finanze e al CICR (Comitato
Interministeriale per il Credito e il Risparmio). Le diverse categorie di atti che devono essere
emanati dalle autorit di vigilanza del settore non possiedono medesimo valore.
Si possono individuare 4 categorie di atti:
Provvedimenti di carattere generale
Regolamenti della Banca d'Italia e della Consob
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Regolamenti del CICR
Regolamenti del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Provvedimenti a carattere generale e regolamenti
Mentre i provvedimenti sono atti amministrativi interni, e in quanto tali inidonei a creare (o a
modificare) situazioni giuridiche soggettive, i regolamenti possono contenere previsioni generali e
astratte che possono incidere sull'ordinamento giuridico vigente, modificando e abrogando norme
di pari grado.
Il provvedimento possiede natura normativa e quindi pu essere qualificato come regolamento
quando rispetta le seguenti caratteristiche:
Generalit
Astrattezza
soggetto a pubblicit
La legittimit dei regolamenti emanati dalle autorit indipendenti deve ritenersi sottostante a
condizioni precise quali non solo l'espressa previsione legislativa, ma anche l'indicazione dei criteri
e dei limiti atti a ricondurne le limitazioni in un ambito compatibile con il principio di legalit
stabilito dalla Costituzione. Il processo di delegificazione si riferisce solo agli atti avente valore
normativo (regolamenti).
Rapporti tra le norme emanate dalle autorit di vigilanza e quelle, di pari rango, di fonte
governativa
Tra esse vige non un rapporto di gerarchia quanto una suddivisione per competenza, fondata
sull'attribuzione di potere regolamentare su materie distinte, in modo da evitare possibili
sovrapposizioni.
Per evitare contrasti o antinomie normative, il legislatore ha spesso previsto i regolamenti
ministeriali vengano adottati dopo aver assunto il parere dell'autorit di controllo competente nel
settore.
Qualora si manifesti un contrasto in una materia in cui sussiste un potere regolamentare sia di
fonte ministeriale sia in capo all'autorit di vigilanza competente, spetta a quest'ultima disporre in
modo conforme alla regolamentazione di fonte ministeriale.
Consuetudine:
Usi normativi, si collocano al gradino pi basso della scala gerarchica, fonte normativa
consuetudinaria fondata sull'opinio iuris ac necessitatis.
Diversi dagli usi contrattuali che hanno valenza solo tra i contraenti.
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Diversi dalla prassi che priva della convinzione della natura giuridicamente vincolante del
comportamento.
Norme bancarie uniformi
Condizioni contrattuali elaborate dall'Associazione Bancaria Italiana (ABI) con l'obiettivo di
integrare, modificare o sostituire le previsioni dei contratti bancari previste dalla legge, al fine di
garantire l'uniformit delle operazioni che le banche compiono con i propri clienti.
A esse non pu riconoscersi la qualifica di fonte del diritto ma piuttosto di condizioni generali di
contratto in quanto non si sono formate spontaneamente ma sono state elaborate da un
organismo privo di qualsivoglia potere normativo.
Le istituzioni della regolamentazione globale
Ci si riferisce al Comitato di Basilea costituito nel 1974 su iniziativa dei governatori delle Banche
centrali dei Paesi appartenenti al G10 e al quale si deve l'elaborazione delle linee guida adottate
sul fronte comunitario in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e al Financial Stability
Forum (ora FSBoard), fondato nel 1999 per iniziativa dei ministri delle finanze del G7 con lo scopo
di incrementare lo scambio di informazioni tra le istituzioni responsabili della stabilit finanziaria
nei principali Paesi. La loro attivit si concretizza in standard tecnici la cui adesione volontaria da
parte dei Paesi rappresentati dalle istituzioni che li hanno elaborati, e il cui rispetto non pu essere
fatto valere in sede giurisdizionale.
Il valore giuridico delle regole globali
A dette fonti stato attribuita la definizione di soft law, proprio per denotarne l'assenza di
vincolativit ma non di rilevanza giuridica, posto che esse possono essere anticipate nei singoli
ordinamenti per via del potere regolamentare delle autorit di vigilanza e possono evolvere in
vere e proprie regole, ovvero essere recepite in trattati internazionali e/o in ordinamenti
internazionali.
Ordinamento interno e validazione dell'autorit di vigilanza
Le fonti autoregolamentari sono costituite in massima parte da codici di autodisciplina, emanati su
iniziativa delle associazioni di categoria, con l'obiettivo di assicurare che tutti i partecipanti
condividano e rispettino una piattaforma di standard comuni. La violazione di tali codici non
comporta la violazione di norme di legge o di regolamento e provoca conseguenze interne al solo
ambito associativo, costituite da sanzioni pecuniarie ovvero dall'eventuale esclusione dal consesso
in cui il codice stato elaborato. La Consob ha avviato iniziative di validazione delle linee guida
elaborate dalle associazioni degli intermediari con le finalit di supporto alla corretta applicazione
della disciplina di settore. La Consob effettua un controllo di compatibilit delle linee guida
adottate dalle associazioni con la normativa secondari di riferimento. L'atto di validazione non
fonte del diritto, ma indiscutibile il valore interpretativo dello stesso. La stessa autorit pu
esercitare un potere conformativo sui comportamenti dei soggetti vigilati.
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EDOARDO LEGGIO
Capitolo II Regolamentazione e vigilanza
2.1 INTRODUZIONE
l'intervento dello stato in campo economico si giustifica in ragione dell'esigenza di correggere
imperfezioni del mercato (market failures) e rimediare a problemi riguardanti la distribuzione
ottimale delle risorse disponibili. Sul piano giuridico si osservato che una libert economica
riconosciuta da una norma di rango costituzionale pu realizzarsi solo se esistono determinati
presupposti giuridici strutturali che prendono il nome di mercato. Poich l'autonomia negoziale
non sufficiente a garantire l'esercizio delle libert economiche, occorre l'intervento dello stato
volto a:
1. definire i presupposti di un mercato, integrando o modificando i presupposti strutturali
esistenti;
2. accertare la violazione di norme poste a tutela dell'esercizio di libert economica;
3. sostituire in tutto o in parte atti negoziali dei privati che partecipano, o dovrebbero
partecipare, al contraddittorio concorrenziali quando questi non si manifestino
spontaneamente
l'intervento dello stato si dispiega secondo due modelli distinti: quello dello stato imprenditore e
quello dello stato regolatore.
A partire dagli anni 90 si dato avvio ad un processo di privatizzazione delle imprese pubbliche e
di liberalizzazione dei servizi. Ad una iniziale forma di vigilanza e di regolamentazione di tipo
strutturale ha fatto seguito un approccio pi liberista, volto a regolare il mercato piuttosto che a
guidarlo. Bench tale processo non abbia interessato in modo evidente il nostro paese
opportuno sottolineare che in numerose nazioni il ruolo dell'autorit statale in campo economico
nuovamente mutato dopo la crisi del 2008. le operazioni di salvataggio degli intermediari in crisi,
la nazionalizzazione di alcune banche... Per restare solo in ambito comunitario, basti ricordare la
comunicazione della commissione europea 2009/C83/01 l dove si prevede il quadro di
riferimento temporaneo per le misure di stato a sostegno dell'accesso al finanziamento
nell'attuale crisi finanziari; quadro la cui efficacia sarebbe dovuta cessare il 31 dicembre 2010 e
che stato prorogato. D'altro canto gli studi che si sono susseguiti dal dilagare della crisi hanno
messo in evidenza come tra le cause del fenomeno si possano annoverare anche momenti di
inefficienza regolativa (regulatory failure).
Non solo la frammentazione dell'attivit di vigilanza macro prudenziale a livello internazionale ed
europeo non ha consentito di accertare con anticipo i segnali di allarme proveniente dal sistema,
ovvero non ha consentito un'azione coordinata tempestiva, ma alcuni modelli di vigilanza e
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regolamentazione adottati dai singoli stati hanno mostrato debolezze. La funzione di regolazione
stata affidata, seguendo un modello fortemente indicato dal legislatore comunitario, ad autorit
amministrative indipendenti istituite per legge. Il requisito dell'indipendenza dal governo, di
neutralit nei confronti degli interessi regolati, unitamente al possesso di competenze
specialistiche di alto livello, ha portato a riconoscere in capo a queste nuove istituzioni un ruolo
sempre pi rilevante ai fini della garanzia dei valori costituzionalmente protetti e di protezione
degli interessi diffusi nei settori del credito e del risparmio.
2.1.1 NOZIONE E OBIETTIVI DELLA REGOLAMENTAZIONE E DELLA VIGILANZA: L'AMBITO
OGGETTIVO DI INTERVENTO
I mercati finanziari si distinguono in mercato bancario, mobiliare (imprese di investimento e
Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, OICR) e assicurativo. Sebbene esistono profili
di disciplina distinti i confini tra essi sono andati erodendosi. Sul versante dei prodotti finanziari si
assiste con crescente frequenza alla creazione di prodotti misti, caratterizzati da una componente
sia assicurativa che finanziaria, collocati dalle banche anche tramite reti di promotori o attraverso
reti di agenti assicurativi. Sul versante dei soggetti e delle attivit si registra un processo di
despecializzazione degli intermediari. Da un lato, le banche assumono una vocazione universale
potendo esercitare ogni forma di attivit di intermediazione finanziaria e mobiliare.
Dall'altro, alcuni intermediari finanziari non bancari (societ di gestione del risparmio,
nell'esercitare attivit di raccolta del risparmio tra il pubblico svolgono un'attivit vicina alla
raccolta del risparmio con obbligo di rimborso, riservata alle banche. Quali sono dunque gli
obiettivi della regolamentazione nel settore? Secondo una determinata prospettiva economica,
l'intervento regolativo necessario a prevenire i cosiddetti fallimenti del mercato. Nel contesto
specifico, obiettivo fondamentale sarebbe quello di a) risolvere problemi di asimmetrie
informative e conflitti di interesse tra protagonisti del mercato, nell'ottica di tutela degli investitori
e quindi di protezione del risparmio, e b) prevenire esternalit negative in termini di difetti
destabilizzanti sul mercato e sul sistema economico che possono conseguire alla crisi di uno o pi
intermediari. In modo da salvaguardare il risparmio, la stabilit dei prezzi e garantire il buon
funzionamento dei mercati e un'allocazione efficiente delle risorse.
Gli obiettivi generali della regolamentazione si traducono nel contesto specifico, da un lato, in
obiettivi di a) stabilit macroeconomica del sistema e b) stabilit microeconomica e solidit degli
intermediari, allo scopo di ridurre le esternalit negative; dall'altro, in obiettivi c) di trasparenza e
correttezza dei comportamenti degli intermediari, volti a risolvere problemi di asimmetria
informativa e di costi di transazione eccessivi ai fini della protezione dell'investitore. A quelli
ricordati si aggiunge d) la definizione dell'assetto competitivo ottimale del mercato, motore
necessario per raggiungere l'efficienza del mercato stesso e la realizzazione dei principi e valori di
rango costituzionale. Tali finalit individuate dall'analisi economica trovano larga parte confronto
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nell'ambito degli obiettivi del TFUE e del dettato costituzionale (artt. 41 e 47). gli obiettivi sopra
citati si pongono tuttavia su piani che sono assai diversi tra lor. In particolare occorre distinguere il
profilo macroprudenziale della regolamentazione (sub a) da quello microprudenziale (sub b): il
primo attiene al perseguimento della stabilit complessiva del sistema finanziario attraverso il
controllo di elementi macroeconomici, come gli aggregati monetari. Un ulteriore aspetto
ricompreso nell'ambito della regolamentazione macroprudenziale attiene al contenimento del
rischio sistemico, ossia il rischio che il fallimento di un soggetto produca effetti negativi a catena
suglia ltri intermediari (problema avvertito in particolare per le banche). La regolamentazione
microprudenziale ha ad oggetto la stabilit e il contenimento dei rischi dei singoli intermediari, allo
scopo principale di tutelare i depositanti o gli investitori destinatari di determinare sevizi di
investimento. La supervisione macroprudenziale si concretizza in un'analisi volta a verificare il
grado di rischio sistemico e gli effetti dell'andamento dei dati macroeconomici sulla stabilit del
sistema bancario e finanziario. La vigilanza microprudenziale consiste nel controllo circa la
correttezza ed effettiva applicazione da parte dei soggetti vigilati delle norme volte a garantire la
stabilit degli stessi.
2.1.2 LE PROBLEMATICHE SOLLEVATE DALLA CRISI FINANZIARIA DEL 2008
In primo luogo emersa una scarsa attenzione agli aspetti macroprudenziale sia sotto il profilo
regolamentare che di vigilanza. Quanto al profilo regolamentare si rilevato come la deregulation
del sistema bancario americano abbia propiziato lo sviluppo di intermediari caratterizzati
dall'enorme operativit e da una vastissima despecializzazione funzionale. Per quanto attiene il
profilo della vigilanza, invece, si rilevata la sostanziale debolezza degli attuali sistemi di analisi
macroprudenziale, i quali non hanno permesso di identificare e valutare tempestivamente gli
squilibri macroeconomici che hanno preceduto la crisi e i rischi ad essa connessi.
Tale debolezza deriva dall'eccessiva frammentariet delle analisi macroprudenziali, poste in essere
da diverse autorit a diversi livelli, che ne limita la capacit di cogliere segnali sistemici di rischio.
Inoltre non esiste alcun meccanismo volto a garantire che venga dato seguito agli allarmi per rischi
macroprudenziali i quali si traducono in mere comunicazioni al mercato piuttosto che in concreti
interventi di policy.
In secondo luogo, si riscontrata l'inadeguatezza del modello di regolamentazione e di vigilanza
microprudenziale esistente rispetto alla realt fortemente integrata degli attuali mercati finanziari.
Un ulteriore aspetto di criticit riguarda la disomogeneit delle regole di vigilanza
microprudenziale e delle prassi applicative che invece, almeno a livello europeo, dovrebbero avere
un ben pi ampio alto grado di uniformit. La scarsa armonizzazione dell'assetto normativo
europeo, derivante dal fatto che le direttive di primo livello lasciano agli stati membri rilevanti
margini di discrezionalit nell'attuazione problematica. Le problematiche sollevate dalla crisi
hanno imposto un profondo ripensamento dei contenuti della regolamentazione la cui iniziativa
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principale costituita dalla revisione del framework della regolamentazione prudenziale
applicabile alle banche.
Le nuove regole, note come Accordo di Basilea III, in quanto sostituisce Basilea II, sono state
pubblicate il 16 dicembre 2010 e prevedono una entrata in vigore graduale a partire del 2013.
Sotto il profilo della vigilanza stata profondamente ridisegnata l'architettura della vigilanza
europea, sulla base delle indicazioni elaborate dal cosiddetto gruppo dei saggi presieduto da
Jacques Larosiere. Operativa dal gennaio 2011, la nuova struttura affronta sia l'esigenza di
rafforzare la sorveglianza macroprudenziale sia quella di omogeneizzare la regolamentazione
microprudenziale e le prassi di vigilanza (single rulebook) prevedendo che il nuovo sistema
europeo di vigilanza si basa su due pilastri:
a) l'european systemic risk board (ESRB) composto dai governatori delle banche centrali nazionali,
dal governatore BCE e dai presidenti delle nuove autorit di vigilanza europee. Compito principale
di questo organismo analizzare le informazioni rilevanti per monitorare i rischi per il sistema
finanziario europeo derivanti dagli andamenti macroeconomici e identificare glia spetti di
vulnerabilit. In esito a questa attivit, l'ESRB potr formulare raccomandazioni che, sebbene non
vincolanti, saranno assistite da un meccanismo di comply or explain, ai fini di una maggior tutela
della stabilit finanziaria
b) un sistema composta da tre nuove autorit europee, con competenze distinte per settore
dell'intermediazione da un organismo di coordinamento e dalle autorit di vigilanza nazionali.
2.2 LA STRUTTURA ISTITUZIONALE DELLA REGOLAMENTAZIONE E DELLA VIGILANZA
L'attivit di regolamentazione e di vigilanza nel settore dei mercati finanziari poggia sull'azione
delle autorit regolative e di vigilanza indipendenti, il cui modello ha origine nel mondo
anglosassone. Ad esse sono affidate la vigilanza (monitoring) sul rispetto della disciplina e la
supervisione del sistema finanziario. La circostanza che sia l'attivit normativa sia quella di
vigilanza siano demandate alle medesime autorit pone le stesse nella possibilit di orientare
l'interpretazione della disciplina attraverso comunicazioni, risposte a quesiti e altri atti di indirizzo.
L'affidamento ad autorit indipendenti del potere regolamentare e di vigilanza ha fondamenti
razionali. Sul piano oggettivo, la normativa in questione presenta aspetti di tecnicit e richiede
specializzazione e alta competenza di difficile individuazione nel contesto istituzionale
dell'ordinario iter formativo delle leggi.
Inoltre la disciplina di settore presenta elementi di forte dinamicit e cambiamento in funzione
proprio delle caratteristiche dell'attivit regolata. Sul piano soggettivo, la scelta di affidare ampi
poteri regolamentari alle agenzie indipendenti si fonda sul fatto che queste possano svolgere in
modo pi efficiente od obiettivo la funzione regolativa e di vigilanza. Se sul versante delle scelte di
policy non si tarda a giustificare il modello delle autorit indipendenti, qualche problema sorge in
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relazione all'inquadramento costituzionale di queste istituzioni alle quali vengono affidate funzioni
regolative, amministrative e in parte giurisdizionali (con poteri sanzionatori) che in qualche modo
si sovrappongono al modello della divisione dei poteri e delle competenze chiaramente scolpito
nella costituzione.
2.3 I MODELLI DI VIGILANZA
2.3.1 LA VIGILANZA ISTITUZIONALE
Secondo il pi tradizionale approccio istituzionale la vigilanza viene esercitata su ciascuna
categoria di operatori finanziari, ovvero su ciascun mercato, e affidata ad un distinto organismo
per l'intero complesso delle attivit. In sostanza, in questo modello, seguendo la tradizionale
definizione di sistema finanziario e la sua segmentazione in tre mercati, si hanno tre autorit di
supervisione, a presidio delle banche degli intermediari mobiliari e degli organismi di investimento
collettivo del risparmio (OICR), e delle assicurazioni.
Le autorit controllano per competenza gli intermediari e i mercati attraverso meccanismo di
selezione all'entrata, monitoraggio costante dell'attivit. Il sistema istituzionale presenta il
vantaggio di agevolare il concreto esercizio dell'attivit di vigilanza, in quanto ogni categoria di
intermediario risulta sottoposta alla regolamentazione e alla vigilanza di un'unica autorit per tutti
gli aspetti della propria attivit.
Cos si eliminerebbero le duplicazioni nei controlli e ciascuna autorit di vigilanza godrebbe di
economie di specializzazione. Il modello istituzionale andato contro a diversi problemi; in primo
luogo si rilevato che il modello istituzionale pu determinare distorsioni nell'attivit di vigilanza,
in quanto operazioni analoghe verrebbero a essere regolate in maniera differente a seconda del
soggetto che le pone in essere.
In secondo luogo la limitazione delle competenze degli organismi di vigilanza a specifiche categorie
di soggetti o mercati accrescerebbe significativamente il rischio di cattura degli stessi organismi di
controllo, che rischierebbero di divenire espressone degli stessi interessi particolari del settore
vigilato.
Si osservato, inoltre, come appaia inopportuno affidare ad una medesima autorit il compito di
garantire contestualmente una serie di obiettivi tra loro potenzialmente configgenti. In
conclusione l'approccio istituzionale, sebbene determini una semplificazione dell'assetto
organizzativo e una riduzione dei costi di vigilanza, pu non risultare pienamente adeguato a
fronte della tendenza alla progressiva despecializzazione degli intermediari e della crescente
componente finanziaria di contratti che sfuggivano alla qualifica di strumenti finanziari ai fini di
regolazione.
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2.3.2 LA VIGILANZA PER FINALITA'
Tale sistema attribuisce a ciascuna autorit di controllo il perseguimento di un obiettivo
istituzionale specifico, prescindendo sia dalla forma giuridica dei soggetti vigilati, sia dalle funzioni
o attivit da essi svolte e dunque anche dai mercati in cui operano. Di conseguenza, gli
intermediari e i mercati sono sottoposti al controllo di pi autorit, ognuna competente per un
singolo obiettivo della regolamentazione. In pratica, il sistema in esame contempla un'autorit che
vigili sulle condizioni di stabilit del mercato e di ciascun intermediario, sia esso bancario,
mobiliare o assicurativo; un'autorit per la trasparenza del mercato finanziario che controlli i
comportamenti di banche, intermediari mobiliari e assicurazioni nei confronti de clienti e svolga le
medesime funzioni nei confronti del mercato; infine una terza autorit a garanzia della
concorrenza su tutto il mercato finanziario e tra tutti intermediari.
Il modello di vigilanza per finalit consente una regolamentazione omogenea dei soggetti che
svolgono la medesima attivit il rischio di arbitraggio normativo. Anche questo modella presenta
alcuni problemi; da ci deriva da un lato, una possibile duplicazione dei controlli con un
conseguente aggravio dei costi per i soggetti vigilati, e dall'altro, il rischio che alcune aree restino
scoperte, ove non siano identificabili le concrete aree di responsabilit delle diverse autorit. Il
modello per finalit inoltre non attenua il conflitto esistente tra i diversi obiettivi della vigilanza
che portato sul piano del rapporto istituzionale fra le authorities.
2.3.3 LA VIGILANZA PER ATTIVITA'
Per il modello in questione alle diverse attivit di intermediazione esercitate dagli operatori
corrispondono altrettante forme di supervisione. Pertanto, ciascuna categoria di attivit di
intermediazione soggetta ai controlli di una determinata autorit indipendentemente dalla
tipologia di intermediario che presta tale attivit. La vigilanza per attivit presenta pregi a difetti
analoghi al modello per finalit.
Anche questo approccio consente di sottoporre a regole uniformi intermediari che anche se
appartengono a categorie diverse, svolgono la medesima attivit di intermediazione finanziaria. Il
modello in esame pu determinare la sovrapposizione delle attivit di vigilanza svolte da autorit
diverse sul medesimo soggetto, con conseguente aumento dei costi di vigilanza per gli operatori.
In secondo luogo, la limitazione delle competenza di ciascuna autorit ad una specifica attivit
determina il rischio di un eccessivo frazionamento di competenze nonch l'assenza di una
supervisione unitaria sugli operatori polifunzionali.
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2.3.4 LA VIGILANZA INTEGRATA
Il modello di vigilanza integrata (o accentrata) si fonda su un'unica autorit di vigilanza
responsabile per i mercati e per tutti i soggetti operanti nel settore finanziario in senso lato. La
vigilanza accentrata ha caratterizzato fino ad epoca recente il modello inglese, dove le funzioni di
vigilanza erano svolti dalla FSA per tutti i settori, tranne per quanto riguarda le funzioni di banca
centrale.
L'accentramento delle funzioni di vigilanza reca indubbi vantaggi da coordinamento, eliminando i
rischi di sovrapposizione di competenze e di conflitto fra le autorit visti con riguardo ai modelli
precedenti. Esso dovrebbe consentire una riduzione degli oneri per i soggetti vigilati, che non
sarebbero sottoposti ad una duplicazione delle norme ovvero dei controlli, nonch lo
sfruttamento di economie di scala per il regolatore. Gli aspetti problematici riguardano in primo
luogo l'efficienza dell'autorit unica. L'ampio spettro di questioni delle quali tale autorit
chiamata ad occuparsi potrebbe determinare lo sviluppo di un apparato burocratico
estremamente complesso, dotato di diverse aree di specializzazione. In assenza di un perfetto
assetto organizzativo, siffatta struttura potrebbe compromettere l'efficienza della vigilanza
specialmente qualora si rendessero necessari interventi di emergenza. Infine, la concentrazione in
un unico organismo della tutela dei distinti obiettivi della vigilanza ripropone con accresciuta
intensit quel rischio di conflittualit tra obiettivi gi esaminato con riferimento agli altri modelli.
2.4 LE AUTORITA DI VIGILANZA DEL SETTORE BANCARIO E DELLINTERMEDIAZIONE
FINANZIARIA
Salvo per quanto riguarda il comitato interministeriale del credito e del risparmio e il ministero
delleconomia e delle finanze, le autorit di vigilanza del settore creditizio e mobiliare sono
caratterizzare da tratti comuni. Le stesso rispondono a requisiti di indipendenza dal governo, di
neutralit nellesercizio dei poteri e di alta specializzazione tecnica, secondo quanto gi riportato
in altra sede sul piano generale.
2.4.1 LE AUTORITA DI VIGILANZA DEL SETTORE CREDITIZIO
Lattuale assetto delle autorit di vigilanza del settore creditizio rappresenta il punto di arrivo di
una complessa evoluzione normativa. Le autorit di controllo del settore creditizio sono: a) il
Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR); b) il ministro delleconomia e delle
finanze; c) la Banca dItalia.
Il CICR un organo collegiale composto dai ministri delle politiche agricole, dello sviluppo
economico, delle infrastrutture e trasporti e delle politiche europee e presieduto dal ministero
delleconomia e delle finanze. Ad esso partecipa anche la Banca dItalia con funzioni consultive. Al
CICR spetta lalta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio. La sua capacit
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deliberativa di tipo normativo non va oltre i limiti delle materia ad esso attribuite dalla legge in
armonia con le finalit di cui allart. 5 del TUB. Lalta vigilanza del CICR esercitata nellarea del
credito e del risparmio bancario e non. Particolare rilevanza assume la competenza regolamentare
in materia di raccolta del risparmio tra il pubblico anche da parte di soggetti diversi dalle banche
(Art 11 TUB) e in materia di intermediari finanziari (artt. 106 e ss TUB). Per lesercizio delle proprie
funzioni il CICR si avvale della Banca dItalia.
Il CICR tenuto allosservanza dei principi di legalit, trasparenza e parit di trattamento che
caratterizzano lazione amministrativa. Inoltre le deliberazioni assunte dal CICR avranno natura di
atti amministrativi con la conseguenza di essere reclamabili in via amministrativa o giurisdizionale.
Il CICR svolge anche la funzione giurisdizionale in quanto destinatario dei reclami contro i
provvedimenti della Banca dItalia. La difficolt di inquadrare il ruolo di indirizzo politico del CICR,
come i confini della funzione di alta vigilanza, rendono lesistenza di questo istituto anacronistica,
poich in contrasto con lopinione prevalente di affidare le funzioni di vigilanza ad autorit
indipendenti dal potere politico. Ultimamente si sta ipotizzando di rinunciare a tale comitato e
attribuire maggiore spazio ad altri istituti come per esempio la Banca dItalia. Il ministro
delleconomia e delle finanze (art. 3 TUB) ha competenza esclusive affidategli per legge. Convoca e
presiede il CICR ed esercita i propri poteri normativi attraverso lemanazione di regolamenti
ministeriali. Tra le competenze del ministero spiccano la determinazione dei requisiti di
onorabilit e professionalit degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale delle banche.
Il TUB ha affidato in modo univoco la funzione di vigilanza sul sistema bancario alla Banca dItalia.
La struttura organizzativa di questultima ricalca quella di una societ. Infatti prevede
unassemblea dei partecipanti al capitale, un consiglio e un organo di controllo. Gli organi sociali
non hanno alcuna competenza riguardo alle funzioni proprie dellistituto che sono affidate al
governatore e al direttorio per assicurare la natura pubblicistica dellente. La natura di ente
pubblico della Banca dItalia stata ribadita in sede legislativa con lart. 19 della legge di tutela del
risparmio e in via giurisprudenziale con una sentenza del 2006 della cassazione in sezioni unite. La
banca dItalia al contempo banca centrale e autorit di vigilanza. Ci significa che in Italia il
medesimo istituto svolge sia funzioni di politica monetaria sia di vigilanza sul sistema bancario.
Residuano quindi in capo ad essa funzioni di attuazione della politica monetaria in conformit alle
direttive della BCE.
Quanto alle funzioni di vigilanza, nellambito delle attivit riconducibili al settore bancario la Banca
dItalia svolge attivit di vigilanza regolamentare, ispettiva ed informatica sulle banche, sui gruppi
bancari e sugli intermediari di cui al titolo V del TUB. La Banca dItalia esplica la funzione di
vigilanza attraverso atti normativi e amministrativi; nelle materie di sua competenza emana
regolamenti aventi natura di disposizioni normative, l dove previsto dalla legge, impartisce
istruzioni e adotta provvedimenti di carattere generale e di natura amministrativa. Inoltre la Banca
dItalia competenti anche per lapplicazione delle sanzioni amministrative in materia di
abusivismo bancario e finanziario.
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2.4.2 LE AUTORITA DI VIGILANZA SUGLI INTERMEDIARI FINANZIARI E SUL MERCATO MOBILIARE
Il d.lgs n. 58/1998 del TUF individua le seguenti autorit preposte alla vigilanza sugli intermediari e
sul mercato mobiliare: a) il ministro delleconomia e delle finanze; b) la CONSOB e c) la banca
dItalia.
I poteri regolamentari del ministero delleconomia e delle finanze sono molto ampi; infatti oltre
alla disciplina dei requisiti di indipendenza professionalit e onorabilit degli esponenti aziendali
(art. 13 ) e dei partecipanti al capitale (art. 14 TUF) e in materia di crisi degli intermediari, il
ministero ha un potere regolamentare rilevante in materia di vigilanza sui mercati regolamentati e
sullindividuazione dei servizi di investimento e degli strumenti finanziari da assoggettare alla
disciplina del TUF. La competenza del ministero si estende anche allindividuazione della struttura
e delle caratteristiche dei fondi comuni di investimento.
La CONSOB (commissione nazionale per le societ e la borsa) un ente dotato di personalit
giuridica di diritto pubblico e piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge. La struttura di vertice
dellente composta da un presidente e da quattro membri nominati con decreto del presidente
della repubblica su proposta del CDM. Durano in carica 5 anni e possono essere confermati una
volta sola. Le deliberazioni della CONSOB sono adottate collegialmente. Il presidente sovraintende
allattivit istruttoria e cura lesecuzione delle deliberazioni; non ammessa delega permanente di
funzioni ai commissari. La commissione in oggetto si occupa della regolamentazione e della
vigilanza non solo sugli intermediari, ma anche sui mercati e sugli emittenti con strumenti
finanziari negoziati sui mercati regolamentati o diffusi tra il pubblico in modo rilevante, oltre che
sui soggetti che effettuano operazioni di sollecitazione allinvestimento e al disinvestimento. In
particolare la Consob competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei
comportamenti degli intermediari, con ci intendendo le imprese di investimento, le banche e gli
altri intermediari non bancari autorizzati allesercizio dei servizi e delle attivit di investimento.
Oltre ad essere autorit di regolamentazione e vigilanza sui mercati regolamentati, la consob
competente per la vigilanza in materia di correttezza e tutela degli investitori e sulle strutture di
supporto al funzionamento dei mercati finanziari. A seguito dellentrata in vigore della legge
262/2005 (tutela del risparmio) le competenze della Consob sono state ampliate in unarea di
solito di esclusiva competenza della banca dItalia, quella dei prodotti finanziari emessi dalle
banche. Ai sensi dellart. 25-bis del TUF lemissione di prodotti finanziari da parte delle banche
sottoposta a vigilanza regolamentare della consob. Lart 5 del TUF dispone che la banca dItalia nel
settore in esame sia competente per la vigilanza sui soggetti abilitati limitatamente agli aspetti di
stabilit e contenimento dei rischi. La banca dItalia autorizza allesercizio dei servizi e dellattivit
di investimento le banche, gli intermediari di cui allart. 107 del TUB e, per quanto riguarda il
servizio di gestione collettiva, le societ di gestione del risparmio (SGR) e le societ di investimento
a capitale variabile (SICAV). Alla banca dItalia sono state attribuite funzioni di vigilanza sui mercati
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allingrosso dei titoli di stato (art. 76 TUF), sui mercati dei fondi interbancari e per gli aspetti di
stabilit e di contenimento del rischio, sui sistemi e sulle strutture di supporto al funzionamento
dei mercati finanziari (compensazione, liquidazione e garanzia (art 76 TUF).
La legge di tutela del risparmio ha esteso i poteri attribuiti alla banca dItalia e alla consob; ad esse
ora riconosciuto il potere di erogare sanzioni nei confronti dei soggetti sottoposti a vigilanza, nei
limiti delle rispettive competenze, ai sensi dellart. 145 del TUB e 195 del TUF. Tali disposizioni
disciplinano in dettaglio il procedimento sanzionatorio, enunciando altres i principi cui lo stesso
deve conformarsi. previsto che la sanzione amministrativa sia adottata con provvedimento
motivato. Una precisazione con riferimento alla consob: le riforme legislative hanno conferito
poteri ulteriori rispetto a quelli attribuiti anche alla Banca dItalia. In primo luogo ci si riferisce ai
poteri attribuiti dallart. 187-octies del TUF finalizzati a contrastare l condotte integranti abusi di
mercato e consistenti nelle facolt della consob di chiedere informazioni e notizie, effettuare
ispezioni ma anche, con lautorizzazione del procuratore della repubblica, di compiere
perquisizioni e acquisire registrazioni e dati telefonici, bancari e tributari, nonch di procedere al
sequestro dei beni che possono formare oggetto di confisca. A ci si aggiunga il potere di gestire
specifiche procedure di conciliazione e arbitrato relative a controversie tra intermediari e
investitori.
2.5 LE FUNZIONI DELLA VIGILANZA
Gli artt. 5 del TUB e 5 del TUF individuano le finalit alle quali deve tendere lattivit di vigilanza. In
particolare lart. 5 del TUB individua per le autorit di vigilanza creditizie i seguenti obiettivi: a) la
sana e prudente gestione degli enti vigilati, b) la stabilit complessiva, c) lefficienza e la
competitivit del sistema finanziario e infine d) losservanza delle disposizioni in materia creditizia.
In primo luogo si nota come gli obiettivi elencati possano essere ricondotta ad un piano di
vigilanza microprudenziale da un lato; e dallaltro ad un piano macroprudenziale, cio volto alla
superi visone del sistema nel suo complesso.
In secondo luogo , si tratta di obiettivi potenzialmente in tensione fra di loro. lasciata quindi alla
discrezionalit della banca d'Italia la ricerca di un soddisfacente punto di equilibrio. Lart. 5 del TUF
ispirato alla formulazione dellart. 5 del TUB stato recentemente modificato in attuazione della
direttiva 2004/39/CE (MiFID, market in Financial Instruments Directive). La nuova formulazione
della norma contiene un elenco maggiormente articolato di obiettivi per la vigilanza finanziaria.
Tra questi merita di essere segnalato il riferimento alla competitivit e al buon funzionamento del
sistema finanziario, in quanto elementi che vanno ad aggiungersi a quelli pi tipicamente
riconducibili alle finalit dellintervento pubblico nei mercati finanziari. In secondo luogo, il
riferimento alla trasparenza e correttezza dei comportamenti, assente nel TUB consente di
sottolineare come la vigilanza creditizia e mobiliare abbiano finalit simili ma sensibilit diverse: la
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prima pi attenta ai profili di stabilit sia a livello di singola banca che di sistema; la vigilanza
mobiliare invece pone in rilievo la correttezza del rapporto intermediario-cliente.
2.6 LA RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE FRA BANCA DITALIA E CONSOB E GLI OBBLIGHI DI
COORDINAMENTO TRA LE AUTORITA
Il TUB affida alle autorit creditizie lesercizio dei poteri di vigilanza nei confronti delle banche, dei
gruppi bancari e degli intermediari di cui al titolo V del TUB. Tale individuazione per soggetti
dellambito della vigilanza si giustifica anche in relazione al fatto che lattivit bancaria soggetta
ad una stringente riserva che ne limita lesercizio esclusivamente alle banche.
Il TUF individua quale oggetto della vigilanza le attivit ivi disciplinate, cio essenzialmente la
prestazione di servizi di investimento e la gestione collettiva del risparmio. In tale quadro pi
articolato il TUF realizza una ripartizione funzionale delle competenze tra le autorit di vigilanza.
Alla banca d'Italia spetta la vigilanza c.d prudenziale, volta a garantire il contenimento del
rischio, la stabilit patrimoniale e la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati; la consob
competente per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti. Il tentativo di delineare un
sistema di vigilanza basato su una competenza per finalit non privo di aspetti problematici.
Infatti lart. 5 del TUF individuando in termini generali le finalit di vigilanza affidate alla banca
dItalia e alla consob, non sufficiente a determinare in concreto tutti gli aspetti che ricadono nei
rispettivi ambiti di competenza. Per ovviare a possibili problemi di sovrapposizione il TUF offre una
soluzione articolata. In primo luogo specifica i poteri in concreto spettanti alle autorit nellambito
delle norme disciplinanti la vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva; in secondo luogo
individua alcune materia nelle quali lesercizio della vigilanza spetta congiuntamente alla banca
d'Italia e alla consob; infine impone la collaborazione tra le autorit. La collaborazione fra tutte le
autorit di vigilanza stabilita come principio generale dallart. 4 del TUF e dellanalogo art. 5
comma 5 del TUB. Lart. 5 del TUF ribadisce e puntualizza lobbligo di collaborazione fra consob e
banca d'Italia prevedendo che agiscano in modo coordinato anche al fine di ridurre al minimo gli
oneri gravanti sui soggetti abilitati.
2.7 CONCLUSIONI SUL MODELLO DI VIGILANZA ITALIANO E LA RIFORMA DI VIGILANZA EUROPEA
Il modello di vigilanza per soggetti (o istituzionale) non trova pi applicazione nel nostro
ordinamento in virt delle modifiche apportate dalla legge di tutela del risparmio che ha attribuito
in via definitiva allautorit garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) la competenza in
materia di concorrenza bancaria. In seguito a tale spostamento di competenza, lo schema che
combina lapproccio istituzionale a quello per finalit diviene il modello prevalente di vigilanza
sulle banche per quanto concerne lesercizio dellattivit bancaria.
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Per quanto riguarda lemissione di prodotti finanziari da parte delle banche la stessa consob che
nel perseguimento degli obiettivi di trasparenza e correttezza dei comportamenti, a esercitare
vigilanza regolamentare ispettiva e informativa. Al medesimo sistema misto riconducibile
lassetto della vigilanza sulle assicurazioni e sui fondi pensione; anche per questi lAGCM
competente in materia di concorrenza mentre allautorit di settore sono affidati gli obiettivi di
stabilit e correttezza. Bisogna sottolineare che lIVASS il quale ha sostituito lISVAP a partire dal 1
gennaio 2013 presieduto dal direttore generale della banca d'Italia e ha come organo di indirizzo
strategico il direttorio allargato. Per quanto concerne la prestazione dei servizi e la gestione
collettiva del risparmio il TUF realizza un modello di vigilanza per finalit. Nelle prestazione di
queste attivit tutti i soggetti abilitati sono sottoposti alla vigilanza della banca d'Italia per quanto
attiene alla stabilit e al contenimento del rischio; alla vigilanza della consob per la trasparenza e
la correttezza dei comportamenti e dellAGCM per quanto riguarda lobiettivo della concorrenza
nel settore del mercato mobiliare.
La crisi ha messo in evidenza i limiti del processo di armonizzazione previsto dal financial services
action plan, basato sul metodo Lamfalussy e ha sottolineato come i problemi generati dalle
difficolt economico finanziarie di intermediari caratterizzati da operativit transfrontaliera
debbano essere gestiti da un sistema integrato di vigilanza a livello europeo. In questo quadro si
colloca la riforma del sistema di vigilanza europeo che, accanto al rafforzamento della vigilanza
macroprudenziale ha istituito tre autorit di vigilanza di settore europee, con un organismo di
coordinamento (joint committee) per le materie che interessano pi settori. Questo sistema di
vigilanza segue la ripartizione per soggetti ed caratterizzato da un approccio di rete, in cui
lesercizio della vigilanza rimane a livello nazionale, ma la presenza di organismi di livello europeo
dotati di poteri rilevanti dovrebbe garantire una maggiore uniformit tra gli stati membri. Le tre
autorit di settore europee derivano dalla trasformazione dei tre comitati di terzo livello: in
particolare il CEBS (committee of european banking supervisors) stato sostituito dalla european
banking authority (EBA), il CEIOPS (Committee od european insurance and occupational pensions
superivisors) dalla EIOPA (european insurance and occupational pensions authority) r il CESR
(Committee of european Securities regulators) della ESMA (european Securities and markets
authority).
Al fine di garantire un quadro unico esse possono:
a) elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione da sottoporre
allapprovazione della commissione; b) elaborare standard tecnici in settori specifici e redigere
orientamenti interpretativi per le autorit nazionali. Inoltre, allo scopo di assicurare lapplicazione
uniforme della normativa comunitaria, devono favorire il dialogo fra le autorit nazionali, in caso
di interpretazioni divergenti, e potranno intervenire per chiarire lincertezza normativa con una
decisione vincolante (binding mediation). Ogni autorit pu adottare decisioni vincolanti
indirizzate alle autorit di vigilanza nazionali o a singole istituzioni finanziarie che possono essere
oggetto di ricorso. Sono stati esclusi poteri di vigilanza diretta delle autorit europee sulle
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istituzioni finanziarie, eccezion fatta per le agenzie di rating che sono state poste sotto il controllo
dellESMA.
2.7.1 L'ULTERIORE EVOLUZIONE DELLA VIGILANZA BANCARIA: VERSO L'UNIONE BANCARIA
l'idea di una vera e propria unione bancaria a livello europeo si fonda su diverse ragioni;
innanzitutto la necessit di spezzare il legame tra il rischio bancario e il rischio sovrano, legame
che bidirezionale, da un lato le difficolt del sistema bancario e la necessit di intervento diretto
da parte di alcuni stati aggravano le condizioni di finanza pubblica degli stati coinvolti innescando
tensioni sul debito sovrano; dall'altro lato attraverso diversi canali, il peggioramento del rischio
sovrano di un paese si ripercuote negativamente sulle condizioni di accesso ai finanziamenti e al
mercato del capitale per le banche insediate. Vi l'esigenza inoltre di superare due contraddizioni,
quella tra l'esistenza di un'area finanziaria integrata e la permanenza di politiche e sistemi di
vigilanza nazionali che tendono a proteggere il sistema interno. In secondo luogo quella relativa
ad una trasmissione non omogenea nei vari paesi della politica monetaria della BCE. Il progetto di
unione bancaria si basa innanzitutto sulla creazione di un sistema di supervisione unico (SSM) al
quale si affiancherebbe un sistema europeo di risoluzione delle crisi e l'istituzione di uno schema
accentrato di garanzia dei depositi.
Concentrando l'attenzione sul Ssm i tratti fondamentali sono quello di affidare alla BCE per
esempio in materia di a) rilascio e revoca dell'autorizzazione all'attivit bancaria; B) autorizzazione
all'acquisto e alla dismissione di partecipazioni nel capitale delle banche; c) verifica del rispetto dei
requisiti prudenziali minimi in materia di fondi propri, concentrazione dei rischi, liquidit, leverage;
d) fissazione di requisiti prudenziali pi elevati rispetto a quelli minimi e dei buffers di capitale; e)
verifica dell'adeguatezza del governo societario dell'organizzazione e dei controlli interni delle
banche; f) conduzione del processo di revisione e valutazione prudenziale e definizione del
contenuto dell'informativa al pubblico; g) conduzione degli esercizi di stress test; h) vigilanza
consolidata sulle societ capogruppo e vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari; i)
interventi tempestivi in presenza di violazioni, anche potenziali, dei requisiti prudenziali, inclusa la
predisposizione dei piani di risanamento e degli accordi di sostegno finanziario di gruppo.
In ambito bancario viene individuata un'autorit centrale, la BCE con ampi compiti di vigilanza
diretta e dotata dei relativi poteri di controllo. La BCE disporr dei poteri tipicamente attribuiti alle
autorit nazionali potendo anche chiedere tutte le informazioni necessarie. Anche il potere
sanzionatorio verrebbe in parte trasferito alla BCE secondo un meccanismo di ripartizione con le
autorit nazionali, in base al quale a queste ultime resterebbe la competenza sanzionatoria per le
violazioni di norme nazionali, mentre la BCE sarebbe competente nei confronti delle sole persone
giuridiche per le violazioni delle norme UE direttamente applicabili. La vigilanza regolamentare
della BCE sar limitata, resteranno appannaggio dell?EBA i poteri e compiti finalizzati allo
sviluppo ulteriore del corpus unico di norme e alla convergenza e coerenza delle pratiche di
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vigilanza. L'EBA rester l'autorit competente ad assicurare l'uniformit delle regole di vigilanza,
mentre la BCE potr emanare provvedimenti normativi qualora la disciplina europea e le
raccomandazioni dell'EBA non siano sufficientemente dettagliate. evidente che la vigilanza
unitaria da parte della BC rafforzer la valenza cogente delle regole del single rulebook affidato
all'EBA e occorrer interrogarsi sui riflessi che esso potr avere sul sistema delle fonti delle
regolamentazioni. Il sistema di supervisione unico vede al suo vertice la BCE alla quale
resterebbero subordinate le autorit di vigilanza nazionali. La ripartizione dei compiti fra queste
ultime e la BCE dipender dall'esito della proposta della commissione. Alle autorit nazionali
resteranno i compiti non espressamente trasferiti alla BCE. Anche in relazione ai compiti attribuiti
alla BCE la maggior parte delle attivit istruttorie e preparatorie degli atti della BCE, nonch la
vigilanza cosiddetta day-to-day, saranno svolte dalle autorit nazionali.
Per quanto attiene alla governance l'affidamento della vigilanza prudenziale alla BCE che anche
la autorit responsabile della politica monetaria segue i seguenti principi:
a) separazione delle funzioni di politica monetaria, le funzioni di vigilanza saranno affidate a
strutture completamente separate all'interno della BCE, sottoposte ad un supervisory board. La
responsabilit ultima delle decisioni di vigilanza non potr che essere affidata al consiglio direttivo
della BCE
b) indipendenza da altri soggetti pubblici.
Responsabilit a livello europeo della BCE attraverso periodica rendicontazione al parlamento, al
consiglio e alla commissione
2.8 LE MODALITA' DI ESERCIZIO E GLIS TRUMENTI DELLA VIGILANZA NEL SETTORE BANCARIO,
DELL'INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA E MOBILIARE
Sia la banca d'Italia che la consob sono dotate di poteri di intervento sull'attivit dei soggetti
vigilati, infatti possono a) convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti al fine di acquisire
informazione e impartire indicazioni; b) ordinare la convocazione degli organi sociali dei soggetti
vigilati, fissandone l'ordine del giorno e procedendo direttamente alla convocazione in caso di
inottemperanza da parte degli organi completi.
2.8.1 LA VIGILANZA REGOLAMENTARE
Con l'espressione vigilanza regolamentare si definisce il potere attribuito alle autorit di vigilanza
di emanare disposizioni di carattere generale attuative dei principi stabiliti dal TUF e dal TUB.
L'impianto della vigilanza regolamentare chiaro: i testi normativi di riferimento (TUF e TUB)
individuano le finalit e i principi generali demandando alle autorit di vigilanza il compito di
emanare le norme di attuazione e di predisporre gli strumenti idonei al perseguimento di quei fini.
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Le norme di riferimento sono l'art. 53 del Tub che in materia di vigilanza bancaria attribuisce alla
banca d'Italia il potere di emanare disposizioni di carattere generale, in conformit alle
deliberazioni del CICR; l'art. 6 del TUF che attribuisce un potere regolamentare alla consob e alla
banca d'Italia.
L'esercizio del potere regolamentare da parte delle autorit di vigilanza deve conformarsi a
principi di ordine generale. Per quanto concerne le materie regolate dal TUF, l'art. 6 comma 1
stabilisce che la banca d'Italia e la consob debbano osservare alcuni principi come: a)
valorizzazione dell'autonomia decisionale dei soggetti abilitati; b) proporzionalit ; c)
riconoscimento del carattere internazionale del mercato finanziario e salvaguardia della posizione
competitiva dell'industria italiana; d) agevolazione dell'innovazione e delle concorrenza.
La legge di tutela del risparmio detta alcuni principi volti a regolare la produzione normativa in
tutti gli ambiti della vigilanza regolamentare da parte di tutte le authorities competenti: a) la
trasparente motivazione delle scelte regolamentari; l'illustrazione delle conseguenze delle scelte
normative sulla regolamentazione, sugli operatori e sui risparmiatori; b) la proporzionalit intesa
come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio
degli interessi dei destinatari; c) la consultazione dei destinatari delle norme e degli organismi
rappresentativi dei consumatori; d) la revisione periodica delle normative emanate, per adeguarle
all'evoluzione del mercato e degli interessi protetti. Questi principi hanno una valenza prescrittiva
per indirizzare l'esercizio del potere regolamentare delle autorit.
La banca d'Italia e la consob esercitano la propria competenza regolamentare in armonia con i
principi stabiliti a livello europeo. L'art. 6 del TUF comma 2, stabilisce che solo in casi eccezionali la
banca d'Italia e la consob possono imporre obblighi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla
direttiva 2006/73/CE in materia di organizzazione e condizioni di esercizio dell'attivit delle
imprese di investimento. (limitazione operante solo per le materie disciplinate dalla direttiva
citata).
Per quanto attiene alla vigilanza nel settore creditizio, la banca d'Italia ha competenza normativa
relativamente a: a) l'adeguatezza patrimoniale; b) il contenimento del rischio nelle sue diverse
configurazioni; c) le partecipazioni detenibili; d) l'organizzazione amministrativa e contabile e i
controlli interni; e) l'informativa da dare al pubblico in relazione alle materia da a) a d).
la banca d'Italia sentita la Consob disciplina:
a) gli obblighi delle SIM e delle SGR in materia di adeguatezza patrimoniale, contenimento del
rischio nelle sue diverse configurazioni e le partecipazioni detenibili
b) gli obblighi dei soggetti abilitati in materia di modalit di deposito e di subdeposito degli
strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela.
c) le regole applicabili agli OICR aventi ad oggetto: 1) i criteri e i divieti relativi all'attivit di
investimento, avuto riguardo anche ai rapporti di gruppo; 2) le norme prudenziali di contenimento
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e frazionamento del rischio; 3) gli schemi tipi e le modalit di redazione dei prospetti contabili che
le SGR e le SICAV devono redigere periodicamente; 4) i metodi di calcolo del valore delle quote o
azioni di OICR; 5) i criteri e le modalit da adottare per la valutazione dei beni e dei valori in cui
investito il patrimonio e la periodicit della valutazione
la consob chiamata a disciplinare, sentita la banca d'Italia, gli obblighi di comportamento dei
soggetti abilitati. Tale potest normativa si esplica per mezzo della regolamentazione degli
obblighi di trasparenza e di correttezza dei comportamenti nella prestazione dei servizi di
investimento.
L'art. 6 comma 2-bis TUF individua le materia di competenza congiunta della banca d'Italia e della
consob. Tra le materie:
a) i requisiti generali di organizzazione; b) le procedura per la corretta e trasparente prestazione
dei servizi di investimento e delle attivit di investimento nonch della gestione collettiva del
risparmio; c) il trattamento dei reclami; d) la gestione dei conflitti di interesse, potenzialmente
pregiudizievoli per i clienti. (prima b e d erano di competenza esclusiva della consob.
I PRINCIPALI ISTITUTI DI VIGILANZA PRUDENZIALE PER LE BANCHE
L'esercizio dell'attivit di vigilanza regolamentare non si caratterizza pi per un approccio di natura
strutturale bens per una impostazione di natura prudenziale. Alla luce dei principi di vigilanza
prudenziale si limitata la discrezionalit dell'intervento regolativo e si sono ridotti in modo
sostanziale gli ambiti di intervento autorizzativo incidenti sugli atti di organizzazione o di gestione
delle imprese vigilate.
Il primo e fondamentale presidio a salvaguardia della stabilit delle banche costituito dal
patrimonio. Si stabilisce una relazione tra operativit delle banche ed entit dei loro fondi propri:
all'aumentare delle attivit ovvero della loro rischiosit deve corrispondere un adeguamento dei
mezzi patrimoniali. L'articolata regolamentazione relativa alla valutazione dell'adeguatezza
patrimoniale delle banche contenuta nelle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le
banche. In tale quadro rilevanza assume il concetto di patrimonio di vigilanza, un aggregato
convenzionale definito come la somma algebrica di una serie di elementi positivi e negativi che, in
relazione alla qualit patrimoniale riconosciuta a ciascuno di essi, possono entrare nel calcolo con
alcune limitazioni.
L'adeguatezza patrimoniale verificata tramite il rispetto di determinati requisiti patrimoniale
previsti a copertura dei rischi compresi nel c.d primo pilastro di Basilea II e cio il rischio di credito,
mercato ed operativo. La logica la medesima per tutte le tipologie di rischio e si basa sulla
ponderazione delle attivit per la tipologia di rischio che viene considerata di volta in volta. Il
rispetto dei requisiti patrimoniali non esaurisce il novero di regole poste a presidio
dell'adeguatezza patrimoniale. Con l'attuazione di Basilea II stato previsto a carico delle banche
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anche l'obbligo di stabilire un processo interno di determinazione dell'adeguatezza patrimoniale in
relazione a tutti i rischi aziendali. A tali fini non rilevano esclusivamente delle valutazioni di tipo
quantitativo: ciascuna banca chiamata a definire un adeguato sistema di controllo interno e una
gestione dei rischi che giustifichino i livelli patrimoniali ritenuti sufficienti dalla stessa banca. Il
processo di controllo prudenziali si completa con una periodica revisione dell'ICAAP da parte della
banca d'Italia.
In seguito alla crisi si provveduto ad una ridefinizione di un concetto armonizzato di capitale
bancario di primaria qualit, il common equity tier one (CET 1). inoltre sono state inserite diverse
misure dirette a contrastare gli effetti prociclici dei requisiti patrimoniali sopra citati. stato
previsto un livello massimo di leva finanziaria (leverage ratio) con cui le banche potranno operare
in modo da contenere l'indebitamento complessivo. Infine sono state introdotte regole
armonizzate in materia di liquidit, dirette ad assicurare un maggior equilibrio sotto questo
profilo, che era stato sottovalutato.
Il secondo aspetto costituito dal contenimento del rischio. Con tale formula ci si riferisce alle
misure volte a limitare i rischi di instabilit delle banche connessi alla concessione di finanziamenti
di importo rilevante rispetto al patrimonio di vigilanza. Anche tali misure sono contenute nelle
nuove disposizione di vigilanza per le banche, che prevedono una serie di limiti quantitativi
correlati al patrimonio di vigilanza. Al quadro dei presidi prudenziali deve aggiungersi la disciplina
dettata in tema di partecipazione detenibili, per tali intendendosi le partecipazioni caratterizzate
dall'esistenza di un legame durevole tra la banca partecipante e a societ partecipata, con
l'esclusione delle azioni possedute temporaneamente dalla banca a fini di investimenti.
La disciplina superata a partire dal 30 giungo 2012 con l'entrata in vigore della nuova disciplina
emanata dalla banca d'Italia in attuazione della delibera del CICR 29 luglio 2008, n. 276.
tale disciplina rafforza l'orientamento della normativa di vigilanza verso finalit esclusivamente
prudenziali, ossia di controllo e contenimento dei rischi, eliminando residui aspetti di vigilanza
strutturale. Si apprezza un sostanziale ampliamento della possibilit per le banche di assumere
partecipazioni in imprese non finanziarie. Allineandosi alla disciplina comunitaria la nuova
regolamentazione, con riferimento alle partecipazioni in imprese non finanziarie, prevede due tetti
partecipativi: a) non pu essere detenuta una partecipazione qualificata superiore al 15% del
patrimonio di vigilanza della banca partecipante; b) i