Newsletter Fiscale maggio 2010

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Circolari fiscali e giurdiche a cura dello Studio Cassinis. Maggio 2010

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Milano, 5 maggio 2010

ENTRO IL 7 MAGGIO L’INVIO DELLE ISCRIZIONI PER BENEFICIARE DEL 5 PER MILLE PER L’ANNO 2010

Mancano pochi giorni ad enti e associazioni che potranno richiedere ai contribuenti la destinazione di

una quota pari al 5 per mille della propria Irpef dovuta per l’anno 2010.

Le modalità di iscrizione e i criteri di ammissione al riparto per le diverse tipologie di soggetti sono

stabilite con il DPCM datato 23 aprile 2010, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il contribuente può destinare la quota del 5 per mille della sua imposta sul reddito delle persone fisiche

(Irpef), firmando in uno degli appositi riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione (Modello

Unico PF, Modello 730, ovvero apposita scheda allegata al CUD per tutti coloro che sono dispensati

dall’obbligo di presentare la dichiarazione).

È consentita una sola scelta di destinazione.

Oltre alla firma, il contribuente può indicare il codice fiscale del singolo soggetto cui intende destinare

direttamente la quota del 5 per mille. I codici fiscali dei soggetti ammessi al beneficio sono consultabili

negli elenchi pubblicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Per destinare la quota del cinque per mille al comune di residenza è sufficiente apporre la firma

nell'apposito riquadro.

IMPORTANTE

� L’iscrizione deve essere inviata, a pena di decadenza, entro il 7 maggio 2010. Non saranno

accolte le domande pervenute oltre tale data o con modalità diversa da quella telematica

� Sono tenuti a presentare domanda per il 2010 anche enti e associazioni che hanno inviato la

domanda per gli anni precedenti

Si riportano di seguito i soggetti interessati all’assegnazione del beneficio.

a) Enti del volontariato: � Onlus - Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (art.10, D.Lgs. n.460/97)

� associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali (art.7,

commi 1 2 3 e 4, L. n.383/00);

� associazioni riconosciute che, senza finalità di lucro, operano nei settori indicati dall’art.10, co.1,

lett.a), D.Lgs. n.460/97;

� fondazioni riconosciute che operano nei settori indicati dall’art.10, co.1, lett.a) del D.Lgs. n.460

del 4/12/1997;

b) Enti della ricerca scientifica e dell’università;

c) Enti della ricerca sanitaria;

d) Attività sociali svolte dal Comune di residenza del contribuente;

e) Associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni a norma di legge (art.90, L. n.289 del

27/12/2002,) che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

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ENTI DI VOLONTARIATO I soggetti di cui alla precedente lett.a) possono presentare - esclusivamente in via telematica - la

domanda di iscrizione all’Agenzia delle Entrate, direttamente tramite apposito software ovvero tramite

gli intermediari abilitati utilizzando il relativo modulo scaricabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate.

Sono tenuti a presentare domanda anche coloro che hanno inviato la domanda per gli anni precedenti.

Qualora emergano errori di iscrizione nell’elenco del volontariato, il legale rappresentante dell’ente

interessato può rivolgersi – direttamente ovvero mediante un proprio delegato – alla Direzione

Regionale dell’Agenzia nel cui ambito si trova la sede legale dell’ente.

Per le tempistiche si veda la tabella successiva.

ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE Possono partecipare al riparto del 5 per mille esclusivamente le associazioni sportive dilettantistiche

che svolgono una rilevante attività sociale.

In particolare, possono accedere al beneficio le associazioni nella cui organizzazione è presente il

settore giovanile, che sono affiliate ad uno degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni e che

svolgono prevalentemente una delle seguenti attività:

� avviamento e formazione allo sport dei giovani di età inferiore a 18 anni;

� avviamento alla pratica sportiva in favore di persone di età non inferiore a 60 anni;

� avviamento alla pratica sportiva nei confronti di soggetti svantaggiati in ragione delle condizioni

fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.

La presentazione della domanda di iscrizione all’Agenzia delle Entrate e la correzione di errori nell’iscrizione nell’elenco seguono le stesse regole degli enti di volontariato. Sono tenuti a proporre domanda per il 2010 anche coloro che hanno inviato la domanda per gli anni

2006, 2007 e 2009 ovvero che erano presenti nell’elenco trasmesso dal Coni per l’anno 2008.

Per le tempistiche si veda la tabella successiva.

PREDISPOSIZIONE DEGLI ELENCHI Il citato DPCM prevede la redazione di quattro distinti elenchi per ciascuna delle tipologie di soggetti

aventi diritto, disciplinandone le relative modalità di formazione:

� enti di cui alla lettera a) (enti del volontariato) l’Agenzia delle Entrate predisporrà l’elenco sulla

base delle iscrizioni pervenute telematicamente;

� enti di cui alla lettera b) (enti della ricerca scientifica e dell’università) il Ministero dell’Università

e della ricerca scientifica predisporrà l’elenco degli enti sulla base delle domande di iscrizione che i

soggetti interessati faranno pervenire esclusivamente per via telematica al citato Ministero. Notizie

e dettagli in merito alla procedura da seguire ed agli adempimenti previsti per coloro che intendono

iscriversi possono essere acquisiti consultando il sito internet del Ministero dell’Università e della

ricerca (www.miur.it);

� enti di cui alla lettera c) (enti della ricerca sanitaria), il Ministero del lavoro, della salute e delle

politiche sociali cura la predisposizione del relativo elenco e la trasmissione dello stesso, in via

telematica, all’Agenzia;

� per i Comuni di cui alla lettera d) non viene predisposto alcun elenco in quanto i contribuenti

possono esprimere la preferenza esclusivamente per il proprio comune di residenza;

� per gli enti di cui alla lettera e) (associazioni sportive dilettantistiche) l’Agenzia delle Entrate

predisporrà l’elenco sulla base delle iscrizioni pervenute telematicamente.

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RENDICONTAZIONE Gli enti che riceveranno il contributo del 5 per mille dovranno redigere un apposito e separato

rendiconto – corredato da una relazione illustrativa – nel quale devono indicare in modo chiaro e

trasparente quale sia stata la destinazione delle somme percepite. La redazione di questo documento

dovrà essere effettuata entro un anno dalla ricezione del contributo.

Modalità particolari sono previste per le associazioni sportive dilettantistiche.

LA TEMPISTICA

ENTI DEL VOLONTARIATO ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE

Presentazione domanda d’iscrizione 7 maggio 2010 7 maggio 2010

Pubblicazione elenco provvisorio 14 maggio 2010 14 maggio 2010

Richiesta correzione domande 20 maggio 2010 20 maggio 2010

Pubblicazione elenco aggiornato 25 maggio 2010 25 maggio 2010

Invio dichiarazione sostitutiva

(raccomandata R.R.)

30 giugno 2010*

alle Direzioni Regionali

dell’Agenzia

30 giugno 2010*

agli Uffici territoriali del Coni

* Il mancato rispetto del termine del 30 giugno 2010 e la mancata allegazione del documento di identità alla dichiarazione sostitutiva costituiscono causa di decadenza dal beneficio.

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IL REGIME FISCALE NEL SETTORE FOTOVOLTAICO IN BASE ALL’INVESTITORE

I soggetti che possono beneficiare delle agevolazioni L’evidente appeal per gli investitori che hanno dimostrato in questi ultimissimi anni le iniziative tese alla realizzazione di parchi fotovoltaici ed eolici (con una progressiva focalizzazione sui primi per verosimili ragioni tecnologiche e di redditività) è sicuramente almeno in parte legato all’affidabilità dei business plan che ruota intorno alla spettanza di contributi da parte del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE Spa), originariamente definiti dal D.Lgs. n.387/03, “tariffa incentivante” e successivamente alle modifiche recate dal D.M. del 19 febbraio 2007, ribattezzati come “Conto Energia”. Di contro, come di sovente accade nel nostro Paese, le incertezze in merito al regime fiscale hanno costituito un freno che, quando non ha fatto rinunciare gli investitori (in particolare, quelli stranieri meno adusi ai nostri bizantinismi), ha quanto meno ritardato significativamente le decisioni finali sulla fattibilità dell’investimento. È significativo, al riguardo, che le insidie fiscali siano venute da un tema inizialmente (a nostro avviso giustamente) rubricato nella categoria dei temi marginali, vale a dire l’Ici gravante sui parchi fotovoltaici una volta a regime e che, viceversa, seguendo il filo sotteso (v’è da chiedersi con quanta consapevolezza delle conseguenze) ad un certo orientamento dell’Agenzia del Territorio, potrebbe incidere in misura rilevante sull’economicità attesa dell’intero investimento. Il presente contributo intende, quindi, fornire una prima mappa per orientarsi su tali temi che, naturalmente, per quanto attiene il Conto Energia, presentano diverse sfaccettature in relazione alle caratteristiche soggettive dell’investitore. Ai fini dell’analisi del regime fiscale dell’attività di produzione e cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di impianti fotovoltaici, occorre preliminarmente menzionare le norme contenute nel D.Lgs. n.387/03, che hanno previsto l’istituzione del meccanismo agevolativo di sostegno ai soggetti che effettuano investimenti nel settore delle energie rinnovabili mediante la realizzazione di impianti, così come modificato dal citato decreto del 19 febbraio 2007. Con riferimento agli impianti fotovoltaici, i soggetti che possono beneficiare di detto meccanismo agevolativo sono: - le persone fisiche; - le persone giuridiche, compresi i soggetti pubblici; - e i condomini di edifici responsabili dell’impianto. L’Agenzia delle Entrate, nella C.M. n.46/E/07 e nella R.M. n.13/E/09, ha fornito chiarimenti in merito al regime fiscale applicabile alla tariffa incentivante ed agli eventuali ricavi derivanti dalla cessione dell’energia, individuando, la disciplina specifica in funzione dei soggetti, dell’attività da questi svolta e della destinazione dell’energia prodotta. Prima di entrare nel dettaglio di tale analisi, occorre premettere che la tariffa incentivante, in quanto qualificabile come un contributo a fondo perduto, non è mai soggetta ad Iva, anche nel caso in cui il soggetto realizzi l’impianto fotovoltaico nell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione. L’art.2, co.3, lett.a), del DPR n.633/72, infatti, esclude espressamente dal campo di applicazione dell’Iva, in quanto non costituenti cessioni di beni, le cessioni che hanno ad oggetto denaro o crediti in denaro, configurabili allorquando non vi sia una controprestazione da parte del percettore della somma o credito in denaro, in rapporto sinallagmatico rispetto a detta cessione. Il contributo in questione, infatti, viene riconosciuto dal GSE sulla base dell’applicazione della legge, senza che sia ravvisabile alcuna controprestazione nei suoi confronti da parte del soggetto che realizza l’impianto. In secondo luogo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le operazioni di realizzazione e di acquisto degli impianti sono soggette ad Iva con applicazione dell’aliquota ridotta del 10%, prevista dal n. 127-quinquies della Tabella A – parte terza allegata al DPR n. 633/72, che enumera tra i beni e servizi soggetti all’aliquota del 10% gli “impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia elettrica da fonte solare-

fotovoltaica ed eolica”.

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Imposte dirette ed Iva Premesso quanto sopra in termini generali, l’erogazione del contributo previsto dal citato D.Lgs.

n.387/03 e dalle relative norme d’attuazione (tariffa incentivante-conto energia) è compresa tra le

fattispecie previste dall’art.28, co.2, del DPR n.600/73 e, pertanto, è ad essa applicabile dall’ente

erogatore la ritenuta ivi prevista:

“Le regioni, le province, i comuni, gli altri enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del

quattro per cento a titolo di acconto delle imposte indicate nel comma precedente (Irpef ed Ires, n.d.a.)

e con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi corrisposti ad imprese, esclusi quelli per

l’acquisto di beni strumentali”.

Come puntualmente rilevato nella C.M. n.46/E/07, tra i soggetti incaricati di operare tale ritenuta

debbono considerarsi compresi anche gli enti pubblici successivamente trasformati in enti privati

(come nel caso del GSE Spa, incaricato della gestione ed erogazione di un contributo pubblico) e -

considerato che, ai fini dell’applicazione della ritenuta, la tariffa incentivante va considerata un

contributo in conto esercizio in quanto diretta a ristorare il soggetto dei costi ed oneri sostenuti per

l’acquisto o realizzazione dell’impianto - il GSE deve effettuare detta ritenuta sui contributi erogati ad

imprese o ad enti non commerciali se gli impianti attengono ad un’attività commerciale, mentre - come

meglio dettagliato nel prosieguo - le persone fisiche non esercenti attività d’impresa sono

espressamente escluse dalla norma dal novero dei soggetti passivi.

Ai fini dell’imposizione diretta, quindi, l’Agenzia delle Entrate ha distinto la disciplina fiscale del

contributo ricevuto a titolo di tariffa incentivante a seconda della qualificazione soggettiva del soggetto

percettore:

a) persona fisica, ente non commerciale o condominio che non esercita attività di impresa, arte o

professione; b) persona fisica o giuridica che realizza l’impianto nell’ambito di un’attività commerciale; c) persona fisica od associazione professionale che esercita attività di lavoro autonomo (con ulteriori specificazioni di cui infra).

a) Persona fisica, ente non commerciale o condominio che non esercita attività d’impresa, arte o

professione

Nel caso sub (a) per la persona fisica, ente non commerciale o condominio che non utilizza l’impianto

nell’ambito di un’attività d’impresa, arte o professione, la tariffa incentivante assume rilievo ai fini

delle imposte dirette nella sola ipotesi in cui tale soggetto venda alla rete l’energia prodotta

dall’impianto in misura esuberante rispetto ai propri consumi. A tale fine: - Per gli impianti di potenza minore o uguale a 20 kilowatt, che per collocazione sono posti al servizio

dell’abitazione dell’utente o della sede dell’ente, l’energia prodotta in esubero rispetto ai propri

consumi - sempre che il soggetto non opti per il servizio di “scambio sul posto” (acquisendo un

“credito” corrispondente al prezzo dell’energia immessa nella rete) - si considera ceduta nell’ambito di

un’attività commerciale occasionale e gli eventuali proventi sono coerentemente qualificati come

redditi diversi, a norma dell’art.67, co.1, lett.i), fuori dal campo di applicazione dell’Iva, in quanto

derivanti dall’esercizio di un’attività commerciale non abituale, con conseguente indeducibilità dei

connessi componenti negativi di reddito.

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Coerentemente, non è detraibile l’Iva assolta al momento dell’acquisto e/o della realizzazione

dell’impianto, in quanto destinato al soddisfacimento di esigenze private, personali e non

all’effettuazione di operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

- Nelle ipotesi di impianti di potenza minore o uguale a 20 kilowatt non posti a servizio

dell’abitazione dell’utente o della sede dell’ente, con riferimento all’energia prodotta in esubero

rispetto a quella utilizzata, si configura l’esercizio di un'attività imprenditoriale, con i conseguenti

obblighi fiscali ed amministrativi. Di conseguenza la tariffa incentivante, per la parte corrispondente

all’energia ceduta, così come gli eventuali proventi realizzati dalla vendita dell’energia prodotta in

esubero, costituiscono componenti positivi di reddito d’impresa ai sensi dell’art.85, co.1, lett.h) del

Tuir, soggetti all’applicazione dell’Irpef od Ires - a seconda che si tratti di persona fisica od ente non

commerciale - nonché ad Irap, ai sensi dell’art.5 del D.Lgs. n.446/97, ed alla ritenuta a titolo

d’acconto del 4%, come previsto dal menzionato art.28, co.2, del DPR n.600/73. Detti ricavi, inoltre

sono soggetti all’applicazione dell’Iva con diritto alla detrazione limitato: * per le persone fisiche, ai sensi dell’art.19, co.4, sulla base di criteri oggettivi connessi al rapporto tra l’ammontare dell’energia venduta e quella prodotta; * per gli enti non commerciali, ai sensi dell’art.19-ter, co.2, a condizione che venga tenuta un’apposita contabilità separata.

- Per gli impianti di potenza superiore a 20 kilowatt, l’energia prodotta in eccesso e venduta realizza

l’esercizio d’impresa commerciale, indipendentemente dalla destinazione dell’impianto ai bisogni

energetici dell’abitazione o della sede dell’ente, dal momento che per tali impianti non è possibile

optare per il servizio di “scambio sul posto”.

Anche in tale ipotesi, l’esercizio d’impresa commerciale si realizza per la sola parte relativa alla

cessione dell’energia; pertanto, come nel precedente caso, la tariffa incentivante relativa all’energia in

esubero, così come gli eventuali proventi realizzati tramite la vendita dell’energia, concorrono a

formare il reddito d’impresa e la base imponibile anche ai fini Irap per la sola parte corrispondente al

rapporto tra energia venduta ed energia prodotta, con applicazione dell’Iva alle condizioni di cui al

paragrafo precedente.

b) Persona fisica o giuridica che realizza l’impianto nell’ambito di un'attività commerciale

Nell’ipotesi sub (b), per le persone fisiche e giuridiche che realizzano ed utilizzano un impianto

fotovoltaico nell’ambito di un’attività commerciale, la tariffa incentivante assume natura di contributo

in conto esercizio sempre rilevante ai fini fiscali; a tale proposito vale, pertanto, quanto segnalato con

riferimento al precedente punto (a) (i.e., pieno concorso alla determinazione del reddito d’impresa, sia

dal lato dei componenti negativi - attraverso le quote di ammortamento ed i costi di manutenzione -

sia da quello dei componenti positivi, tra i quali vanno inclusi sia la tariffa incentivante - anche

qualora l’energia prodotta sia per intero consumata internamente - sia i ricavi di vendita dell’energia),

con l’unica differenza che l’Iva è detraibile per intero, ai sensi dell’art.19 del DPR n.633/72, in quanto

relativa ad operazioni svolte nell’ambito di attività commerciale da soggetti passivi dell’imposta.

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c) Persona fisica od associazione professionale che esercita attività di lavoro autonomo

Nella presente ipotesi occorre distinguere se l’impianto viene utilizzato per produrre energia

impiegata: - esclusivamente per le esigenze dell’attività professionale esercitata: in considerazione della circostanza che l’attività di produzione di energia da fonte fotovoltaica non

rientra nella elencazione esaustiva, contenuta agli artt.53 e 54 Tuir, delle fattispecie di attività

professionali od artistiche da cui deriva la produzione di reddito di lavoro autonomo, nonché atteso

che i contributi oggetto della tariffa incentivante non sono riconducibili ad alcuna delle categorie

reddituali di cui all’art.6 del Tuir, i contributi erogati dal GSE in questo caso non sono assoggettabili

ad Irpef; non ricorrono, inoltre, i requisiti per l’applicazione dell’Iva, attesa la natura non

sinallagmatica del rapporto con il GSE erogatore del contributi, mentre è detraibile l’Iva sull’acquisto

o realizzazione dell’impianto.

- anche ai fini delle esigenze personali: in questo caso vale quanto rilevato sub (i), ma l’Iva

sull’acquisto o realizzazione dell’impianto, ai sensi dell’art.19, co.4, è detraibile sulla base di criteri

oggettivi connessi al rapporto tra l’ammontare dell’energia utilizzata per le esigenze della propria

attività e quella utilizzata per le esigenze personali.

- per le esigenze dell’attività e per la vendita dell’energia prodotta in misura esuberante rispetto a quella necessaria a tali esigenze: in tale ultima ipotesi, la tariffa incentivante assume rilevanza ai

fini Irpef quale componente positivo di reddito d’impresa, ai fini Irap ed ai fini dell’applicazione della

ritenuta a titolo di acconto di cui al citato art.28 del DPR n.600/73, mentre rimane esclusa dal campo

di applicazione dell’Iva. Per quanto riguarda, invece, gli eventuali proventi della vendita dell’energia

prodotta vale quanto indicato sub (b), con la differenza che i componenti negativi (i.e. le quote di

ammortamento) dovranno essere calcolati ed imputati proporzionalmente all’attività d’impresa ed a

quella principale di lavoro autonomo, seguendo le rispettive regole specifiche. L’Iva relativa

all’acquisto o realizzazione dell’impianto, inoltre, è detraibile per intero in relazione

proporzionalmente alle due attività esercitate e a condizione che venga tenuta contabilità separata.

Ici Uno dei temi centrali, nel dibattito tecnico-economico che si è generato intorno alla crescita (esponenziale) degli investimenti in parchi fotovoltaici in Italia, riguarda l’assoggettabilità ad Ici degli impianti di produzione di energia elettrica generata da irradiazione solare. Tale dibattito prende le mosse da una pronuncia rilasciata sul tema dall’Agenzia del Territorio (Risoluzione n.3/T del 6 novembre 2008), in apparente contrasto con altre due pronunce in materia di imposte dirette emanate dall’Agenzia delle Entrate, ed alla quale non sono seguiti ulteriori chiarimenti di fonte ministeriale. Nonostante la strenua opposizione portata avanti nel corso dell’ultimo anno da parte degli operatori e delle associazioni di categoria, i quali hanno contestato in radice la qualificazione degli impianti come “unità immobiliari”, contenuta nella citata pronuncia, e la richiesta avanzata da più parti di ricondurre - in subordine -gli impianti fotovoltaici tra gli impianti a destinazione speciale (categoria E), esenti da imposta, l’approccio formalistico dell’Amministrazione Finanziaria sembra tuttavia lontano dall’essere abbandonato. Ci sembra pertanto opportuno fare rapidamente il punto sull’attuale quadro normativo e prospettare le criticità di alcune posizioni assunte in materia dall’Amministrazione Finanziaria, che ci si augura possano essere oggetto di revisione nel prossimo futuro.

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La Risoluzione n.3/T del 6 novembre 2008 La Risoluzione ha affrontato: - il tema relativo all’iscrizione in catasto degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica;

- i criteri da seguire nella determinazione della rendita catastale da attribuire a tali impianti, con particolare riferimento all’inclusione o meno dei pannelli fotovoltaici nella stima del valore dell’immobile, in considerazione degli elementi di unione dei pannelli stessi alla struttura portante che ne caratterizzano la facile amovibilità. La richiesta di chiarimento sottoposta all’Agenzia del Territorio derivava da un disallineamento tra il concetto di: “immobili” adottato ai fini civilistici; e quello di: “unità immobiliari” adottato dal Legislatore relativamente al regime catastale. L’iter logico seguito dall’Agenzia si dipana da una norma di interpretazione autentica, emanata per porre fine ad un dibattito durato svariati anni relativamente ai criteri di determinazione della base imponibile ai fini Ici della rendita catastale delle centrali termoelettriche ed, in particolare, all’inclusione in tale calcolo del valore delle turbine, i.e. l’art.1-quinquies del D.L. n.44/05. Ai sensi di tale disposizione, ai soli fini della determinazione della rendita catastale (con relativo impatto sulla determinazione dell’Ici) e limitatamente alle centrali elettriche: “i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente

connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti

mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione

della rendita catastale (…) gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le

speciali esigenze dell’attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non

incorporati al suolo”. L’articolo in esame è stato oggetto di applicazione in prima battuta per le centrali termoelettriche ed idroelettriche, che ne giustificavano la genesi normativa. Successivamente, lo stesso è stato tuttavia applicato (indiscriminatamente) a qualsiasi impianto di produzione di energia elettrica (centrali

elettriche), che avesse un qualche elemento di connessione con il suolo, i.e. ai parchi eolici e, da ultimo, ai parchi fotovoltaici. Nella risoluzione citata, in particolare, l’Agenzia afferma che: “i pannelli fotovoltaici posizionati permanentemente al suolo possono essere assimilati, per evidente

analogia funzionale, alle turbine delle centrali idroelettriche, utilizzate per trasformare l’energia

meccanica dell’acqua in energia elettrica, per il tramite dell’alternatore” e che pertanto anche le centrali elettriche a fonte solare-fotovoltaica sono considerate unità immobiliari ai fini del loro accatastamento ed in quanto tali sono soggette ad Ici. L’Agenzia del Territorio specifica, infine, che: “le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accertate nella categoria D/1-opifici, e

nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in

analogia con la prassi, ormai consolidata, adottata in merito alle turbine delle centrali elettriche”. Secondo il pensiero dell’Agenzia del Territorio, gli impianti fotovoltaici sono, quindi, soggetti ad Ici, essendo considerati unità immobiliari

. La questione relativa all’accatastamento e la conseguente soggezione ad Ici degli impianti fotovoltaici Ai sensi del D.Lgs. n.504 del 30 dicembre 1992, “presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati

(…) siti nel territorio dello Stato”. L’art.2 dello stesso decreto dispone che ai fini dell’imposta comunale sugli immobili: “per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio

urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che

ne costituisce pertinenza (…)”.

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Il R.D.L. n.652/39, convertito in L. n.1249/39, e modificato con D.Lgs. n.514/48, recante Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo

catasto edilizio urbano definisce l’unità immobiliare urbana come “ogni parte di immobile che, nello

stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. È sulla base di questa definizione che si è potuto, nel tempo, addivenire all’inclusione delle centrali di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nell’elencazione delle unità immobiliari censite o da censire in catasto, grazie in primo luogo al riferimento all’autonoma capacità reddituale innegabile per un impianto di produzione di energia, a maggior ragione laddove si consideri il funzionamento pratico delle centrali fotovoltaiche. La “rendita catastale” degli immobili censiti in catasto è determinata secondo criteri diversi, a seconda della natura dell’immobile oggetto di stima. Per le unità immobiliari inserite nelle categorie speciali, in particolare, si procede mediante stima diretta. La stima diretta comporta l’inclusione nel valore del bene oggetto di valutazione di tutti gli elementi costitutivi dello stesso, ossia di tutte le parti che compongono l’unità immobiliare. In questo senso, la rendita catastale dell’impianto di produzione di energia da fonte solare-fotovoltaica sarà calcolata - secondo l’interpretazione dell’Agenzia del Territorio includendo nel valore dello stesso tutte le sue componenti, siano o meno le stesse incorporate al fabbricato (rectius: all’immobile), infisse al suolo o facilmente amovibili senza alterarne sensibilmente la funzione economica. La stima non comprenderà, quindi, solo il valore dei terreni e dei fabbricati gravanti sugli stessi, ma anche i pannelli o moduli fotovoltaici, nonostante gli stessi possano essere facilmente rimossi e siano, in alcuni casi, posizionati sul terreno senza alcun elemento di connessione, nonché ogni altro elemento che - anche contabilmente - vada a costituire il costo di acquisizione dell’impianto. L’impostazione in esame è stata vivamente contestata in dottrina, principalmente sulla base delle considerazioni che seguono.

- La norma di riferimento, dalla quale prende le mosse il ragionamento dell’Agenzia del Territorio, si riferisce ad una determinata fattispecie di impianto di produzione di energia, ossia la centrale idroelettrica, nella quale le turbine acquisiscono una loro funzionalità “produttiva” solo in quanto incorporate (anche transitoriamente) all’intero impianto, ed assolvono alla loro funzione solo se ancorate al suolo. La turbina, in quanto tale, non assumerebbe alcun rilievo se autonomamente considerata, né l’impianto sarebbe atto all’uso al quale è destinato e, pertanto, produttivo di un reddito in via autonoma (come richiede il R.D.L. n.652/39), senza la turbina.

- Diversamente, nel caso degli impianti fotovoltaici, sono i pannelli stessi (che non possono di certo definirsi come immobili) a costituire “la centrale” elettrica, ossia l’impianto di produzione di energia, grazie all’irradiazione solare. Questo è dimostrato dal fatto che il modulo, o pannello, in quanto tale, potrebbe produrre energia anche se posto su superfici diverse dal suolo, o soltanto adagiato a terra o su altri supporti. Il suolo costituisce non una parte essenziale ed integrante dell’impianto ma solo un elemento accessorio, che può esserci, ma può non esserci senza per questo alterare la funzionalità e l’autonoma capacità di reddito dell’impianto di produzione di energia elettrica. E’ stato pertanto osservato che, a differenza di quanto accade per la determinazione della rendita catastale delle centrali idroelettriche, le centrali elettriche da fonte solare-fotovoltaica dovrebbero essere stimate ai fini catastali (e pertanto soggette ad Ici solo in questa misura) includendo nel valore le sole porzioni immobiliari, quali ad esempio le cabine elettriche e gli altri fabbricati, rimanendone, invece, esclusi i moduli. Salvo un ripensamento “tardivo” da parte dell’Agenzia del Territorio, tuttavia, non si può non considerare l’interpretazione ufficiale fornita con la Risoluzione n.3/T del 2008, includendo - prudenzialmente - nella stima diretta dell’impianto ai fini catastali tutti i componenti dello stesso. La base imponibile Ici sarà conseguentemente più alta, in quanto includerà anche i beni che costituiscono la maggior parte del valore economico dell’impianto.

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Il classamento degli impianti ai fini Ici Anche a voler soprassedere sui metodi di calcolo della rendita catastale enucleati nella più volte citata Risoluzione n.3/T, resta da risolvere un ulteriore aspetto della questione, relativo al corretto classamento delle centrali: - in categoria D secondo l’Agenzia del Territorio; - in categoria E (che ne comporterebbe l’esenzione ai fini Ici) secondo gli operatori. Rileviamo subito che al riguardo si cominciano a registrare pronunce di merito in giurisprudenza - relative ad impianti eolici, ma le cui conclusioni si ritiene, visto il metodo “analogico” applicato dall’Agenzia del Territorio nella Risoluzione n.3/T, si possano estendere alle centrali fotovoltaiche - favorevoli alle istanze mosse dai contribuenti. La diatriba riguarda la possibilità di procedere al classamento degli impianti in questione non, come afferma l’Agenzia, in categoria D/1, ma in categoria E/3 (“Costruzioni e fabbricati per speciali

esigenze pubbliche”), consentendo in tal modo di applicare agli impianti fotovoltaici l’esenzione Ici prevista dall’art.7 del D.Lgs. n.504/92 per questo genere di fabbricati. Le “speciali esigenze pubbliche” sarebbero individuabili nella funzione di utilità sociale dei parchi fotovoltaici, i quali concorrono alla creazione di energia pulita e rinnovabile. La funzione di utilità pubblica troverebbe, peraltro, supporto “legislativo” nell’art.1 della L. n.10/91, ai sensi del cui co.5: “l’utilizzazione delle fonti di energia di cui al 3° comma(n.d.r. si tratta di sole, vento, energia idraulica, risorse geotermiche, maree, moto ondoso e trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali, nonché delle tecnologie di cogenerazione) è considerata di pubblico interesse e di

pubblica utilità, e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili ed urgenti ai fini

dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche”. La tesi in esame è stata (ovviamente) rigettata dall’Amministrazione Finanziaria, la quale tende ad escludere che beni strumentali ad un’attività d’impresa, quindi produttivi di reddito e relativi ad un’attività commerciale, esercitata cioè con fini di lucro, possano qualificarsi come beni “costruiti per

speciali esigenze pubbliche”.

Di fatto, tuttavia, l’impostazione più favorevole al contribuente sembra in linea con la tendenza, sempre più accentuata e condivisa a livello comunitario ed internazionale, di considerare la tutela dell’ambiente come una priorità assoluta nella gerarchia degli interessi da perseguire, che assume pertanto carattere pubblico, e sembra essere confermata dalle più recenti sentenze delle corti di merito, tra le quali CTP di Bologna, sentenza n.11/09 e CTP di Foggia, sentenza n.127/07. Si consideri, peraltro, che con Atto di sindacato ispettivo del Senato della Repubblica n.4-01343, pubblicato il 31 marzo 2009, Seduta n.184, è stato chiesto al Ministro dell’Economia e delle Finanze di pronunciarsi sull’opportunità di “annullare la risoluzione n.3/08 e conseguentemente intervenire affinché gli impianti fotovoltaici siano

dichiarati esenti dal pagamento dell’Ici”, atteso che “la diffusione sul territorio nazionale di impianti

solari fotovoltaici è parte rilevante e indispensabile dello sforzo per ridurre le emissioni di anidride

carbonica proveniente dall’uso di combustibili fossili”. Determinazione della base imponibile degli impianti iscritti in catasto Assumendo che, almeno fino ad un’eventuale modifica normativa o ad un revirement interpretativo da parte dell’Agenzia del Territorio, le centrali fotovoltaiche siano censite in catasto nel gruppo D/1 (opifici), la base imponibile ai fini Ici sarà determinata in base al prodotto della: ` rendita catastale (determinata per stima diretta); ` rivalutata al 5%;

` moltiplicata per il coefficiente moltiplicatore applicabile a questa categoria di immobili, attualmente stabilito nella misura di 50.

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La formula di calcolo del valore imponibile dell’impianto dovrebbe essere la seguente:

VC = RC x 105/100 x M

dove: VC = Valore Catastale RC = Rendita Catastale M = Moltiplicatore applicabile agli immobili in categoria D, i.e. 50. Quanto alla determinazione della rendita, in assenza di indicazioni specifiche, si ritiene di poter fare utile riferimento (sempre considerata l’analogia cui si sono ispirati i funzionari dell’Agenzia del Territorio nel definire il trattamento applicabile alle centrali fotovoltaiche) alla Circolare n.14/T/07, relativa alle centrali eoliche. Detta Circolare individua il metodo di stima partendo dalla ricerca “del

valore medio ordinario che ha l’immobile, riferito all'epoca censuaria e in condizioni di permanenza

della destinazione per la quale è costruito”. Si rileva che, attualmente, l’epoca censuaria cui fa riferimento la Circolare n.14/T è quella risalente al biennio 1988/89. Dal valore venale si procede poi per determinare la rendita catastale, mediante l'applicazione del “saggio di interesse che compete ad analoghi investimenti di capitali”, il c.d. “saggio di fruttuosità”, individuato, per le centrali eoliche, nel 2%. Fino a quando l’impianto non risulti iscritto in catasto con attribuzione di rendita, al contrario, la base imponibile dei fabbricati classificabili nel gruppo D sarebbe determinata applicando al costo risultante dalle scritture contabili appositi coefficienti ministeriali, definiti di anno in anno con apposito decreto. I moltiplicatori sono applicati sui costi distinti per anno di contabilizzazione ed al lordo delle quote di ammortamento.

PREVENZIONE E CONTRASTO ALL’EVASIONE 2010 – GLI INDIRIZZI OPERATIVI DELLA CIRCOLARE N. 20/E Premessa Sulla scorta degli ottimi risultativi ottenuti nel corso del 2009 dall’azione di contrasto e lotta all’evasione tributaria, l’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n.20/E del 16 aprile 2010, ha individuato le linee strategiche e gli obiettivi da sviluppare su tale fronte per l’anno 2010. Obiettivo prioritario sarà consolidare i buoni risultati ottenuti nel 2009 migliorando ulteriormente l’efficacia sia in termini di recupero dell’evasione pregressa che di prevenzione e contrasto di quella in atto e futura. Dal punto di vista quantitativo, gli obiettivi fissati dall’Agenzia delle Entrate sono calibrati su quelli dello scorso anno e sono stati fissati puntando al miglioramento dei risultati ottenibili dalle singole verifiche piuttosto che dall’aumento del numero delle stesse. Miglioramento che si traduce, nei fatti, in un aumento delle maggiori imposte mediamente accertate e soprattutto definite. Per la formulazione delle principali linee strategiche valevoli per l’anno 2010, la circolare suddivide le attività degli uffici in “specifiche” e “trasversali”. Le “attività specifiche” sono quelle destinate alle diverse macrotipologie di contribuenti e sono state definite e calibrate proprio sulla base dei soggetti destinatari delle stesse e del diverso grado e tipologia di rischiosità fiscale che caratterizza ognuna di esse. Accanto alle attività specifiche sono state altresì individuate una serie di “attività trasversali” che proprio per la loro intrinseca natura non sono suscettibili di riferirsi ad una particolare tipologia di contribuenti bensì a tutte in maniera trasversale. Chiudono il citato documento di prassi amministrativa i criteri per la pianificazione e la consuntivazione delle attività strategiche sopra individuate e l’individuazione dell’obiettivo monetario 2010.

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Vediamo brevemente in cosa consistono le principali attività di contrasto e di lotta all’evasione

tributaria individuata sia per singola tipologia di contribuente che per la generalità degli stessi.

ATTIVITÀ SPECIFICHE

Grandi contribuenti

Per l’anno 2010 le attività di contrasto all’evasione tributaria nei confronti delle grandi imprese (volumi d’affari non inferiore ai 200 milioni di euro) si concentrano essenzialmente su tre direttrici: tutoraggio, attività istruttorie esterne e attività di accertamento. • Tutoraggio: nel corso del 2010 l’attività di tutoraggio si concentrerà sulle imprese che nel 2008 hanno conseguito ricavi per importi non inferiori ai 200 milioni di euro. Grazie ad essa, infatti, l’Amministrazione Finanziaria potrà maggiormente affiancarsi a dette realtà prevenendo all’origine comportamenti potenzialmente evasivi o elusivi che, data la dimensione delle imprese, potrebbero apportare gravi danni per le casse dell’Erario. Grazie al tutoraggio esteso, il Fisco potrà realizzare controlli serrati sulle dichiarazioni dei redditi e Iva presentate dalle imprese di grandi dimensioni. Tali dichiarazioni saranno infatti controllate entro l’anno successivo alla loro presentazione in modo da aumentare, di molto, le possibilità di azione rapida e preventiva da parte del fisco contro eventuali anomalie che dalle stesse potrebbero emergere. L’attività di tutoraggio dovrà inoltre consentire di attribuire a ciascuna impresa un livello di rischio fiscale graduato e tipizzato in funzione delle singole caratteristiche dell’impresa stessa. • Attività istruttorie esterne: si tratta di tutte quelle attività di selezione preventiva che verranno mese in atto al fine di individuare all’interno della platea delle grandi imprese i soggetti da sottoporre ad accertamento. Elemento fondamentale di questa selezione sarà ovviamente costituito dal grado di rischio assegnato da ogni azienda. In questo senso la circolare individua quali elementi segnaletici di specifica rilevanza i seguenti: arbitraggi internazionali, operazioni di riorganizzazione transnazionale che presentano elementi di anomalia, prezzi di trasferimento, significative variazioni o anomalie nei risultati d’esercizio dell’impresa, ed infine la generazione di perdite fiscali. • Accertamenti: attingendo dalle banche dati disponibili e facendo riferimento alle selezioni dei rischi, gli uffici dovranno procedere con le attività di accertamento nei confronti delle imprese appartenenti al campione dei grandi contribuenti. Ci saranno alcune priorità che gli uffici dovranno considerare nella selezione delle posizioni da accertare. Si tratta in particolare di valutare prioritariamente i periodi d’imposta a rischio di decadenza dell’attività di accertamento, gli imponibili non dichiarati per importi superiori ai 50 milioni di euro e le posizioni che presentano un rischio per la tutela dei crediti erariali (es. rimborsi erogati con fideiussioni in scadenza etc.).

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Imprese di medie dimensioni

Per questa categoria di contribuenti nell’anno 2010 è prevista una particolare intensificazione dell’attività di controllo. Le analisi di rischio svolte a livello centrale hanno infatti evidenziato che in questo segmento la tendenza al sottodimensionato delle basi imponibili è fenomeno piuttosto diffuso. Anche in questo caso, elemento fondamentale per il successo delle attività di contrasto sarà rappresentato da un’attenta analisi del rischio di evasione da effettuare ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre ad accertamento. La C.M. n.20/E individua per le imprese di medie dimensioni alcuni elementi di pericolosità fiscale che gli uffici dovranno tenere in debita considerazione nella selezione delle posizioni. Si tratta, in particolare, dei seguenti elementi: • rapporti con soggetti non residenti; • operazioni infragruppo; • utilizzo anomalo di crediti Iva in compensazione; • presenza di ingenti oneri finanziari; • presenza di oneri straordinari o di costi per servizi particolarmente elevati; • anomale oscillazioni del fatturato nel breve periodo; • assenza di controlli negli ultimi quattro anni.

Imprese di minori dimensioni e lavoratori autonomi

Anche nel 2010 l’azione del Fisco per queste categorie di soggetti passivi si concentrerà principalmente sugli accertamenti attraverso l’utilizzo degli studi di settore. Nessuna flessione, dunque, nell’utilizzo di questo strumento che, per adesso, continua ad essere il più affidabile per misurare la fedeltà fiscale delle Pmi e dei lavoratori autonomi. I controlli sui soggetti non congrui agli Studi di settore dovranno comunque essere attivati con l’obiettivo di ottenere nell’anno 2010 un miglioramento dell’ammontare medio delle maggiori imposte accertate e di quelle definite, prendendo a riferimento i dati del 2009. Si prevede inoltre che una quota del 5% degli accertamenti previsti venga destinata nei confronti dei soggetti che, seppur astrattamente tenuti alla presentazione del modello dati degli Studi di settore, hanno indicato cause di

esclusione o inapplicabilità nel modello di dichiarazione dei redditi. Verranno inoltre messe in atto campagne di controlli per verificare la veridicità dei dati dichiarati ai fini degli Studi di settore tramite i c.d. accessi brevi. Grazie a tali attività, il Fisco spera di poter individuare situazioni di falsa congruità ovvero di tranquillità fiscale raggiunta dai contribuenti attraverso alterazioni dei dati immessi nel software Gerico. Una quota pari al 5% dei controlli 2010 dovrà inoltre essere indirizzata anche nei confronti dei soggetti ai quali non si applicano gli Studi di settore, fra i quali la C.M. n.20 indica espressamente anche i c.d. contribuenti minimi. Per quanto attiene, invece, agli esercenti arti e professioni, nel corso del 2010 è previsto un numero di controlli superiore a quello del 2009 da effettuarsi privilegiando il ricorso alle indagini finanziarie.

Enti non commerciali

Nel corso del 2010 viene assegnata rilevanza strategica alle attività finalizzate al contrasto delle pratiche di abuso di norme agevolative da parte degli enti non commerciali. Per la prima volta, infatti, a questo segmento di contribuenti l’Agenzia assegna una quota di verifiche e di accertamenti da eseguire. Fungerà da ausilio di questa attività il censimento degli enti non commerciali realizzato nel recente passato grazie alle disposizioni contenute nel D.L. n.185/08. Gli uffici, infatti, dovranno considerare le situazioni degli enti che hanno omesso tali comunicazioni obbligatorie e quelli non tenuti alle comunicazioni stesse.

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Persone fisiche

Il piano dei controlli 2010 per le persone fisiche si articola sostanzialmente su tre distinti livelli: 1. Controlli formali delle dichiarazioni dei redditi per il periodo d’imposta 2007; 2. Accertamenti parziali automatizzati; 3. Piano straordinario di controlli per la determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche (c.d. redditometro). Per quanto attiene, in particolare, ai controlli da redditometro, la C.M. n.20 sottolinea come gli stessi assumono rilevanza strategica e dagli stessi sia atteso un sensibile miglioramento dei risultati qualitativi rispetto all’anno 2009. In virtù di tali considerazioni, le attività di acceso diretto finalizzate all’acquisizione di elementi segnaletici utili alla ricostruzione sintetica del reddito avranno priorità assoluta nell’impiego delle risorse degli uffici periferici dell’Amministrazione.

ATTIVITÀ TRASVERSALI

Attività in materia di antifrode

Si tratta di un’attività di contrasto la cui valenza strategica deve considerarsi ormai consolidata. L’attenzione degli uffici regionali nel corso del 2010 dovrà focalizzarsi sui settori che presentano in questo contesto i maggiori profili di rischio quali il comparto immobiliare e i servizi ad alto valore aggiunto. Oltre al comparto Iva, le attività antifrode dovranno inoltre concentrarsi anche in materia di imposte sui redditi con riguardo al comparto delle operazioni immobiliari e finanziarie. Attenzione, inoltre, alle compensazioni di elevato ammontare effettuato allo scopo di evadere le imposte o creare fittizi crediti da chiedere a rimborso nonché alle ipotesi di trasferimento fittizio della sede legale all’estero in presenza di ingenti debiti d’imposta.

Attività di contrasto alla evasione internazionale

In questa specifica area di intervento è operativo, presso la direzione centrale accertamento dell’Agenzia delle Entrate, il nuovo ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali (U.C.I.F.I.). Grazie ad esso sono attesi miglioramenti qualitativi e quantitativi in questo particolare filone di attività. Nel corso del 2010 i controlli dovranno essere indirizzati prevalentemente nell’azione di contrasto ai fenomeni di illecito trasferimento e detenzione di attività economiche e finanziarie all’estero e di trasferimento all’estero della residenza finalizzato unicamente all’evasione fiscale.

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Attività a proiezione internazionale

In tale contesto la circolare raccomanda alle strutture periferiche di aumentare l’impegno in relazione alle attività di scambio di informazioni con gli altri Paesi per ottenere quei ritorni dall’estero che costituiscono spesso elementi utili anche ai fini del controllo interno. In particolare, in ambito Iva lo scambio e la cooperazione internazionale può favorire un monitoraggio più serrato rispetto alle differenze riscontrate a seguito degli incroci con i dati dei modelli INTRA, alle prestazioni di servizi che devono essere assoggettate all’imposta in Italia ed infine alle transazioni relative ai veicoli. Particolare riguardo dovrà inoltre essere posto nei confronti delle attività di notifica all’estero di atti di accertamento e di riscossione delle imposte. Per queste ultime la circolare raccomanda, inoltre, alle strutture periferiche, di dare specifico impulso alle attività di contrasto ai fenomeni di evasione da riscossione connotati da profili internazionali.

Attività relative ad altri tributi indiretti diversi dall’Iva

Per i comparti del tributo di registro, delle imposte ipotecarie e catastali e dell’imposta sulle donazioni e successioni, il piano dei controlli 2010 verte essenzialmente sui controlli formali e sostanziali degli atti e delle dichiarazioni presentate. Particolare attenzione dovrà essere prestata dagli uffici nell’esame degli atti di cessione e conferimento di aziende e di terreni edificabili soprattutto quando agli stessi possono essere affiancati specifici rischi di evasione. Da non sottovalutare anche la possibilità di ricorrere alle disposizioni contenute nell’art.20 del DPR n.131/86 relativo alla c.d. “riqualificazione degli atti” che potrebbe essere impiegato dagli uffici per disvelare la vera sostanza degli atti stessi rispetto alla forma assunta. Importante, in questo senso, anche la possibilità di ricorrere alle indagini finanziarie da utilizzare allorquando siano emersi specifici elementi di rischio.

Attività in materia di riscossione

In questo specifico ambito, nel corso del 2010 le direzioni provinciali assumeranno rilevanti responsabilità nel governo della riscossione. Esse dovranno sempre più affiancarsi ai concessionari della riscossione al preciso fine di intraprendere tute le opportune misure cautelari previste dalla legge a tutela dei crediti ed attivare, il più possibile, un costante monitoraggio della riscossione tramite ruolo. Il costante contatto con i concessionari della riscossione può consentire inoltre agli uffici di intercettare anche comportamenti sintomatici della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte che potrebbero far scattare, in chiave preventiva, attività specifiche quali: indagini finanziarie, apposite segnalazioni agli agenti della riscossione ed infine denuncie all’autorità giudiziaria. Nel corso del 2010 mantengono un ruolo strategico anche le attività di contrasto ai fenomeni di evasione da riscossione attraverso indebite compensazioni con crediti in tutto o in parte inesistenti. Per queste ultime è infatti previsto un implemento delle segnalazioni relative alle “compensazioni a rischio” effettuate nei periodi dal 2003 al 2007.

Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento ed assistenza.

Studio Cassinis