Newsletter Anra numero 13

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C ari lettori, a partire da questo numero ci presentiamo a voi con una newsletter più ricca e sofisticata; il nuovo format risponde all’esigenza di rendere più piacevole la lettura, stimolando il lettore; i contenuti saranno arricchiti, per rispondere all’esigenza di un maggiore approfondimento dei temi trattati. In ogni numero, che avrà carattere prevalentemente monografico, affronteremo da diverse prospettive un tema di particolare interesse per la comunità dei professionisti del Risk management. Traendo spunto da un fatto di cronaca “nera” (come definirlo diversamente …) - il gravissimo inquinamento del fiume Lambro dello scorso febbraio - abbiamo dedicato al rischio ambientale il recente convegno organizzato da ANRA in occasione della propria Assemblea annuale, tenutosi a Milano il 29 aprile scorso. Da tale convegno cogliamo spunto in questo numero, per approfondire le tematiche ambientali da differenti punti di vista: esperti con competenze e ruoli differenti sono stati chiamati a trattare il tema dell’aggravamento del rischio ambientale, che deriva non solo da fattori esogeni, legati alla tecnologia o al mutato contesto sociale, ma anche dagli oneri posti a carico delle imprese dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”. Credo che i risk manager italiani trarranno da questi contributi informazioni molto importanti. In questo numero abbiamo anche aperto una finestra sul Risk management all’estero, proponendovi un articolo di Strategic Risk di aprile; un’iniziativa che contiamo di reiterare nel tempo. Vorrei anche darvi rapidamente conto dell’Assemblea di ANRA cui facevo riferimento prima. E’ stato confermato il consiglio direttivo della nostra associazione, che ha subito alcuni avvicendamenti e che risulta oggi composto da: Marco Terzago, di SKF, vice presidente Gianni Angelo Bonera, di SEA Aeroporti di Milano Roberto Bosco, di Mediaset Paolo Dalla Cà, di Sogefi Paolo Lionetti, di Autostrade Adriana Motta, consulente Michele Strani, del gruppo Angelini …e ovviamente da chi vi sta scrivendo. Il collegio dei revisori, anch’esso confermato, è composto da: Alberino Battagliola, di Fater Piero Cerutti, di TNT Paolo D’Agnone, di Amiat Concludo informandovi che, fra le diverse iniziative di ANRA, nel corso del 2010 è stata definito con alcune società, tradizionalmente sponsor dell’evento ANRA di novembre, e con un’importante società di consulenza, un rapporto di partnership di durata annuale, in virtù del quale ANRA concederà loro spazi promozionali nei propri convegni e sulle proprie pubblicazioni, organizzando congiuntamente eventi volti a promuovere una maggiore diffusione della cultura del Risk Management in Italia. Vogliamo quindi ringraziare i nostri nuovi parters, KPMG, HDI Gerling, Generali e Zurich che hanno già fornito il loro contributo in questo numero della newsletter, nonché il gruppo AXA. Ed ora, buona lettura! Perioico d’informazione a cura di Novità e conferme per il 2010

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Cari lettori,a partire da questo numero ci

presentiamo a voi con una newsletter più ricca e sofisticata; il nuovo format risponde all’esigenza di rendere più piacevole la lettura, stimolando il lettore; i contenuti saranno arricchiti, per rispondere all’esigenza di un maggiore approfondimento dei temi trattati.In ogni numero, che avrà carattere prevalentemente monografico, affronteremo da diverse prospettive un tema di particolare interesse per la comunità dei professionisti del Risk management. Traendo spunto da un fatto di cronaca “nera” (come definirlo diversamente …) - il gravissimo inquinamento del fiume Lambro dello scorso febbraio - abbiamo dedicato al rischio ambientale il recente convegno organizzato da ANRA in occasione della propria Assemblea annuale, tenutosi a Milano il 29 aprile scorso. Da tale convegno cogliamo spunto in questo numero, per approfondire le tematiche ambientali da differenti punti di vista: esperti con competenze e ruoli differenti sono stati chiamati a trattare il tema dell’aggravamento del rischio ambientale, che deriva non solo da fattori esogeni, legati alla tecnologia o al mutato contesto sociale, ma anche dagli oneri posti a carico delle imprese dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”. Credo che i risk manager italiani trarranno da questi contributi informazioni molto importanti.In questo numero abbiamo anche aperto una finestra sul Risk management all’estero, proponendovi un articolo di Strategic Risk di aprile; un’iniziativa che contiamo di reiterare nel tempo.Vorrei anche darvi rapidamente conto dell’Assemblea di ANRA cui facevo riferimento prima. E’ stato confermato

il consiglio direttivo della nostra associazione, che ha subito alcuni avvicendamenti e che risulta oggi composto da:

Marco Terzago, di SKF, vice presidenteGianni Angelo Bonera, di SEA Aeroporti di MilanoRoberto Bosco, di MediasetPaolo Dalla Cà, di SogefiPaolo Lionetti, di AutostradeAdriana Motta, consulenteMichele Strani, del gruppo Angelini…e ovviamente da chi vi sta scrivendo.Il collegio dei revisori, anch’esso confermato, è composto da:Alberino Battagliola, di FaterPiero Cerutti, di TNTPaolo D’Agnone, di Amiat

Concludo informandovi che, fra le diverse iniziative di ANRA, nel corso del 2010 è stata definito con alcune società, tradizionalmente sponsor dell’evento ANRA di novembre, e con un’importante società di consulenza, un rapporto di partnership di durata annuale, in virtù del quale ANRA concederà loro spazi promozionali nei propri convegni e sulle proprie pubblicazioni, organizzando congiuntamente eventi volti a promuovere una maggiore diffusione della cultura del Risk Management in Italia. Vogliamo quindi ringraziare i nostri nuovi parters, KPMG, HDI Gerling, Generali e Zurich che hanno già fornito il loro contributo in questo numero della newsletter, nonché il gruppo AXA.Ed ora, buona lettura!

Perioico d’informazione a cura di

Novità e conferme per il 2010

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Chi è ANRAANRA è l’associazione che dal 1972 raggruppa i Risk Manager e i Responsabili delle Assicurazioni Aziendali. Ad oggi l’associazione conta oltre 150 soci e svolge un importante ruolo per la creazione in Italia di una cultura della gestione dei rischi e delle forme più adeguate per assicurarli. In ANRA sono rappresentati i Risk Manager e i Responsabili Assicurativi Aziendali: i primi monitorano ed esaminano tutti i rischi, ordinari e straordinari, correlati all’attività aziendale, li condividono con il top management e formulano, con il loro accordo, un piano operativo per la gestione dei rischi; i secondi, invece, impostano, realizzano e gestiscono il piano assicurativo dell’azienda.

Redazione

Paolo Rubini - ANRA

Annita Pappagallo - [email protected]

Ecomunicare

Marco [email protected] [email protected]

link consigliati:

www.aiba.itwww.ania.itwww.andaf.itwww.ferma.euwww.rims.org/ifrimawww.isvap.it

iFRiMA

ANRA fa parte dell’IFRIMA (International Federation of Risk and Insurance Management Associations), l’organizzazione, la cui attività può essere fatta risalire al 1930, che raccoglie sotto di sé le associazioni internazionali di gestione del rischio, in rappresentanza di 23 organizzazioni e 30 Paesi di tutto il mondo. L’obiettivo primario di IFRIMA, è quello di fornire un forum per l’interazione e il confronto tra le varie associazioni di categoria e i membri che ne fanno parte.

FERMA

ANRA è iscritta al FERMA (Federation of European Risk Managemnt Associations), l’organizzazione che attualmente riunisce le associazioni nazionali di risk management di 20 nazioni europee. Essa rappresenta oltre 4800 professionisti che operano nei più svariati campi, dall’industria alla finanza passando per la sanità, presso organismi statali, privati o enti benefici.Scopo del FERMA è promuovere la cultura della prevenzione rischio e favorire il networking tra i propri associati.

ANRA LiNKPer maggiori informazioni:

Anra, Via del Gonfalone 3 - 20123 Milano T +39 02.58.10.33.00 F +39 02.58.10.32.33 - www.anra.it

www.axa-corporatesolutions.comwww.generali.itwww.hdi-gerling.dewww.kpmg.itwww.ugari.itwww.zurich.it

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R isk Management News

In questo numero1 Il punto: novità e conferme per il 2010

di Paolo Rubini - Presidente ANRA4 Inquinamento: le soluzioni assicurative del mercato Italiano

di Giovanni Faglia- Responsabile Pool Inquinamento

8 L’alchimia dell’ERM e la sua formula segreta di Rosa Donno, Manager KPMG Risk & Compliance, Internal Audit services

10 Chi rompe pagain collaborazione con Strategic Risk

14 Diritto alla questione Profili giuridici del rischio di responsabilità ambientale di Alberto Monti - professore di Diritto privato comparato Università Bocconi – Studio Legale Monti

17 Le molte facce del rischio inquinamento e le nostre rispostedi Paolo Volpi - Responsabile Liability di HDI-Gerling Italia

18 Commercial Crime Insurance contro le frodi aziendalidi Paolo Tagliabue - Financial Lines Zurich Global Corporate Italy, Zurich Insurance

19 Apotropaico20 Post-it

Inquinamento:le soluzioni assicurative del mercato Italiano

L’alchimia dell’ERM e la sua formula segreta

Chi rompe paga APOTROPAICO

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4 R i s k Management News

Inquinamento:le soluzioni assicurative del mercato Italiano

La nostra opinione è che l’inquinamento

sia un rischio specifico,

con caratteristiche ben definite,

che richieda un approccio specializzato

e una copertura assicurativa dedicata

di Giovanni Faglia, Responsabile Pool Inquinamento

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Eventi come l’inquinamento del fiu-me Lambro verificatosi lo scorso feb-braio ci forniscono importanti spun-ti di riflessione sul rischio ambientale e ci ricordano la possibile catastrofali-tà di questa tipologia di eventi: infatti, anche incidenti all’apparenza quasi in-significanti possono provocare danni di enorme rilievo o essere difficilmente so-stenibili in funzione della capacità eco-nomica, spesso modesta, dell’impresa responsabile.

Nonostante il rischio ambientale sia uno degli argomenti di maggiore attua-lità già da alcuni anni, la consapevolez-za del rischio da parte delle imprese in-dustriali in questo settore sembra non essersi ancora sviluppata pienamente. La scarsissima diffusione della copertu-ra assicurativa per i danni da inquina-mento sembrerebbe, infatti, dimostrar-lo in maniera inequivocabile.

Attualmente in Italia sono assicurate non più di 5.000 imprese con una spe-cifica polizza inquinamento : di queste quasi il 50% sono aziende che svolgo-no attività connesse al trattamento dei rifiuti.

Quali sono i motivi di questa sottoas-sicurazione ? Le ragioni possono essere così sintetizzate:

• difficoltà nella valutazione del rischio inquinamento da parte dell’impresa;

• sopravvalutazione delle proprie misu-re di prevenzione;

• scarsa conoscenza degli obblighi di leg-ge in caso di danno da inquinamento;

• scarsa frequenza dei danni inquinamento;

• difficoltà nella proposta e vendita dei prodotti assicurativi dedicati da par-te della rete degli agenti e dei broker;

• modesta spinta commerciale da parte delle compagnie di assicurazione.

A queste ragioni va poi aggiunta una delle principali problematiche: l’esten-sione all’inquinamento accidentale su polizza RCG, che avrebbe dovuto es-sere concessa solo in casi eccezionali e che in realtà negli ultimi anni ha so-stanzialmente “invaso” il mercato, cre-ando notevoli dubbi interpretativi in caso di sinistro.Infatti gli Assicurati attribuiscono al termine accidentale il significato di in-volontario, fortuito, non voluto (dando

Inquinamento:le soluzioni assicurative del mercato Italiano

➜ Inquinamento:Le soluzioni assicuratice del mercato italiano

Chi rompe paga Diritto alla questione ➜ ApotropaicoPost-it

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quindi un’interpretazione estremamente ampia della copertura) mentre nella tecnica assicurativa questo termine ha ben altro significato. La nostra opinione è che l’inquinamento sia un rischio spe-cifico, con caratteristiche ben definite, che richie-da un approccio specializzato e una copertura as-sicurativa dedicata. L’estensione all’inquinamento accidentale può essere un’integrazione a una po-lizza dedicata ma non può di fatto sostituirla, co-

me avvenuto in questi anni. Gli stessi sinistri inquinamento hanno peculiari-tà del tutto differenti dai sinistri incendio o RC, primo fra tutti l’assoluta necessità da parte dell’as-sicurato di attivarsi per effettuare le operazioni di bonifica anche sul terreno di terzi e di gestire di-rettamente, insieme ai suoi consulenti legali e tec-nici, la lunga procedura prevista dalla legge, che spesso dura anni. E proprio un’adeguata copertura

Come si assicurano le imprese italiane - Dati Pool Inquinamento

Distribuzione percentuale delle Polizze Inquinamento per settore - Dati Pool Inquinamento

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e l’assistenza che la Compagnia può fornire con i suoi periti e avvocati rappresenta un punto di for-za per un’impresa.

Gli assicuratori hanno creato negli ultimi quat-tro anni prodotti molto completi dal punto di vi-sta delle garanzie offerte e molto competitivi sotto il profilo economico, con garanzie assolutamente innovative, fra cui citia-mo: le spese di bonifica interne al sito, le spese di decontaminazione beni e la copertura del danno ambientale.

Per diffondere la cultura assicurativa e migliora-re il processo di gestione del rischio, il Pool In-quinamento ha messo a disposizione di Compa-gnie, Broker e Risk Manager la propria esperienza e professionalità attraverso:

• Rassegna stampa quotidiana di tutti gli even-ti inquinanti;

• Newsletter trimestrale sul rischio inquinamento con contributi dei massimi esperti della materia;

• Corsi gratuiti e personalizzabili per Compagnie,

Intermediari e Risk Manager (maggiori infor-mazioni sul sito www.poolinquinamento.it)

Il lavoro che ci aspetta nei prossimi anni è quello di continuare a diffondere, con sempre maggiore ef-ficacia, la formazione e l’informazione sul rischio inquinamento, continuando a lavorare insieme ad ANRA, AIBA, CINEAS e Confindustria.

Il Pool Inquinamento è un consorzio di coriassicurazione fondato nel 1979 per volontà di ANIA e Confindustria per offrire una polizza dedicata per i danni da inquinamento

➜ Inquinamento:Le soluzioni assicuratice del mercato italiano

Chi rompe paga Diritto alla questione ApotropaicoPost-it

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L’alchimia dell’ERM e la sua formula segreta

Se accettiamo l’assunto, teorizzato per la prima volta da Frank Knight nel 1921, che l’economia di mercato si basa sull’accettazione del profitto come equa ricompensa del rischio, ne deriva che non c’è business senza rischio. Non sorprende allora che il management dedichi sempre maggiore attenzione alla gestione dei rischi strategici ricercando quegli strumenti che meglio permettono di coniugare l’esigenza del profitto con la salvaguardia del patrimonio e la continuità aziendale. Con questo articolo intraprendiamo un ciclo di approfondimenti sull’Enterprise Risk Management (ERM) che, sviluppatosi a livello internazionale, inizia a trovare anche in Italia le prime applicazioni.

Iniziamo sfatando possibili credenze riguardo ai benefici dell’ERM: non è la panacea per risolvere tutte le problematiche aziendali o il prodigioso rimedio per non correre più alcun rischio. Non di meno il “Chief Risk Officer” (CRO) non è l’alchimista dotato di singolari poteri e capacità in grado di trasformare le perdite in utili.Invece, il processo ERM, inteso come il processo di

Corporate Governance, trasversale alle funzioni aziendali e rivolto all’identificazione e gestione degli eventi che possono minacciare il raggiungimento degli obiettivi strategici, e che coinvolge attori quali il Consiglio di Amministrazione, il Presidente, l’Amministratore Delegato, il Dirigente Preposto agli adempimenti contabili societari, nonché, il Collegio Sindacale e l’intero management, può consentire, già nel medio termine, di generare valore attraverso una minore variabilità dei risultati, una riduzione dei costi (es. oneri finanziari, compliance, ecc.), una maggiore tutela della reputazione sul mercato, un miglioramento dei processi decisionali e della capacità di risposta.

A sua volta, il CRO è la figura chiave che permette, tra l’altro, di identificare i cosiddetti effetti “cross-function”. Infatti, tipicamente i rischi sono gestiti da diversi “risk manager” all’interno di ciascuna funzione aziendale. Esemplificando la finanza monitora i rischi di credito o di tasso, la comunicazione e le relazioni esterne monitorano i rischi reputazionali, il marketing monitora i rischi provenienti dalla concorrenza o dai cambiamenti di gusto dei consumatori e così via. Sebbene

(1° puntata)di Rosa Donno, Manager KPMG

Risk & Compliance, Internal Audit services

Riduzione della volatilità dei risultati

Riduzione dei costi di assicurazione con una più chiara identificazione

dell’esposizione al rischio

Miglioramento della reputazione e dell’immagine aziendale

Rafforzamento del controllo dei rischi anche attraverso la razionalizzazione

delle attività e dei presidi dedicati

Miglioramento del merito di credito da agenzie di rating

Benefici

Valorizzazione delle opportunità di investimento con un approccio

“risk opportunity” e “risk mitigation”

Contenimento delle perdite con mappatura degli eventi che le hanno determinate e miglioramento della capacità di risposta

Ottimizzazione dei costi di compliance mediante la riduzione

di sovrapposizioni e/o duplicazioni

un’elevata specializzazione nella gestione di tali rischi sia essenziale, segregare i rischi all’interno di “silos” produce una visione ristretta che non permette al top management di comprendere quali sono i maggiori rischi cui l’intera organizzazione è esposta. Poiché i rischi non seguono le barriere funzionali ma si propagano in maniera trasversale, il CRO ha il compito di aiutare l’organizzazione nella condivisione e nella costruzione di un quadro integrato e completo sull’informativa sui rischi e sulle loro interrelazioni.Nel complesso scenario aziendale ora tratteggiato, quale formula segreta deve essere impiegata per implementare

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correttamente un processo ERM? Non c’è alcuna formula segreta, ma si tratta di iniziare costruendo le giuste fondamenta.Questo vuol dire identificare un “framework” che in maniera chiara e misurabile definisca cosa significhi il processo ERM per la specifica organizzazione.Non c’è infatti una risposta universalmente valida, ci sono piuttosto le risposte che ogni società deve dare per sé stessa in

funzione delle sue aspettative sul livello di maturità del processo ERM.

Il disegno e l’implementazione del processo ERM richiedono un giusto equilibrio tra “contenuti” e “processi” e necessitano di un forte “committent” da parte dei vertici aziendali. (BOX)Sviluppare i contenuti e le informazioni sui rischi a un livello utile per la gestione significa definire il “Corporate Risk Profile” dell’organizzazione, ossia individuare e valutare i principali rischi correlati agli obiettivi strategici e ai processi aziendali e analizzare le relative cause (Risk Identification and Assessment).

Contestualmente, per implementare i relativi processi, si definisce:• l’approccio al rischio dell’organizzazione (c.d. “risk policy”)

e le responsabilità di governo, monitoraggio e reporting dei rischi (c.d.“risk ownership”) al fine di ridurre sovrapposizioni o aree prive di responsabilità e garantire un maggiore “empowerment” sul raggiungimento degli obiettivi (Risk Governance and Oversight);

• il flusso periodico di informazioni che permette di monitorare lo stato e l’evoluzione dei rischi esistenti ed emergenti (Risk Reporting and Monitoring);

• il modello di quantificazione e aggregazione dei rischi nonchè la “risk tolerance” e il “risk appetite” per esplicitare gli impatti che l’organizzazione è disposta ad accettare (Risk Quantification and Aggregation);

• le misure di mitigazione dei principali rischi e gli eventuali piani d’azione per ridurre i rischi ad un livello considerato accettabile (Risk and Control Optimization).

Questi in sintesi gli ingredienti della “pozione magica” del processo ERM; nei prossimi numeri: dosi e consigli per amalgamarli correttamente insieme.

Le principali componenti di un framework

di risk management:

• Risk Identification and Assessment: identificazione e classificazione dei rischi all’interno di un processo strutturato

• Risk Governance and Oversight: implementazione di una struttura organizzativa a supporto della definizione ed attuazione delle politiche di risk management

• Risk Reporting and Monitoring: progettazione e realizzazione di un sistema di reporting per il monitoraggio continuo del rischio

• Risk Quantification and Aggregation: misurazione e quantificazione dei rischi

• Risk and Control Optimization: ottimizzazione dei controlli per il miglioramento delle performance

Fonte: KPMG

“COntent”Sviluppare

la qualità e la precisione delle

informazioni sulla gestione dei rischi

“PROCeSS”Implementare

processi per ottenere

un miglioramento sostenibile nella gestione

dei rischi

Inquinamento:Le soluzioni assicuratice del mercato italiano

Chi rompe paga Diritto alla questione ApotropaicoPost-it

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Nessuna società che operi in Europa, direttamente o attraverso consociate, può permettersi di ignorare la Diretti-va dell ‘Unione Europea (UE) riguardo la responsabilità ambientale (2004/35/CE), ratificata e incorporata nella legi-slazione propria dei 27 membri facen-ti parte dell’Unione. La direttiva sta-bilisce una cornice comune per i Paesi dell’Unione riguardo tale responsabi-lità e cerca di prevenire e porre rime-dio ai danni a scapito della biodiver-sità: animali, piante, habitat naturali, risorse idriche e ai danni che colpisco-no la terra. Se si provocano dei dan-ni all’ambiente, spesso, indipendente-mente dalla responsabilità effettiva, le aziende sono costrette a ripagare, non solo i costi dovuti al disinquinamento ma anche quelli per recuperare, ristabi-lire e monitorare il ripristino dello sta-tus precedente.

BackgroundLa UE ha sempre ricoperto seriamen-te il ruolo di protettrice ultima dei va-riegati ambienti naturali di cui è ricca l’Europa, adottando una serie di misu-re atte a migliorare la qualità dell’am-biente, educando ad uno standard di vita che puntasse ad essere più attento e consapevole dell’ambientale.La Commissione Europea ha lavora-to alacremente per garantire che le au-torità legali, quelle addette alla rego-lamentazione assieme alle associazioni ambientaliste di ogni singolo Stato svi-luppassero strutture più forti e pro-

cedure migliori e che la legislazione europea in tema di ambiente fosse im-plementata in maniera adeguata e nei tempi previsti. La Francia, ad esempio, è stata multata per i ritardi nella ratifi-ca di una direttiva sulla responsabilità ambientale.Spetta alle aziende assicurarsi di esse-re adeguatamente informate delle re-sponsabilità precise a cui sono soggette ovunque pratichino la propria attività. E’ stato evidenziato come siano ancora molte le società ignare della complessi-tà di queste responsabilità potenziali e delle responsabilità a cui sono sogget-te come operatori. La direttiva è stata disegnata come strumento di comple-mento delle legislazioni statali esisten-ti e delle convenzioni internazionali, con la possibilità di aggiustamenti. Di conseguenza, essa è andata ad influen-zare lo scenario legislativo di ogni Sta-to Membro in modo differente. In mol-te nazioni, in particolare quelle dell’Est Europa, si sono apportati il maggior nu-mero di cambiamenti. In Italia, al con-trario, l’impatto provocato non è stato così rilevante perché il Paese adottava già un sistema simile di leggi sull’am-biente. In Germania, molte delle rego-lamentazioni sull’ambiente sono appli-cate dagli Stati federali (Lander), e non direttamente da Berlino: si può quin-di intuire che differiscano l’una dall’al-tra. Di conseguenza, se la direttiva ha creato un approccio macro omogeneo in tutta Europa, differenze significative restano nelle sue applicazioni in ambito

Chi rompe paga

Comincia in questo numero della newsletter la collaborazione con StrategicRISK, una delle più prestigiose riviste internazionali che si occupano di risk management e di tematiche legate al rischio. La rivista festeggia in questi mesi i 10 anni di attività, nel corso dei quali si è distinta per l’autorevolezza dei contenuti e la varietà delle tematiche analizzate.Il nostro accordo prevede la presentazione sulle nostre pagine di uno degli articoli usciti più di recente e di maggior interesse o strettamente connesso con il tema portante della newsletter. A seconda dei casi, potrà essere un articolo tradotto in versione integrale oppure un suo abstract.Speriamo che l’ iniziativa possa essere apprezzata e trovare il favore dei lettori.

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locale. La direttiva non può essere applicata a fatti avvenu-ti prima del 30 aprile 2007. Però, qualsiasi danno provoca-to da quella data in poi, e che non sia stato immediatamen-te rilevato, sarà comunque punibile nei 30 anni successivi al misfatto.

Al di là del “chi rompe paga”Negli anni ’90, la UE prese ispirazione dai più recenti svi-luppi a riguardo negli Stati Uniti e fece proprio il principio del “chi rompe paga”, facendone il nucleo della propria diret-tiva. Ma decise di spingersi oltre, non limitandosi a stabili-re un prezzo per i danni ambientali. Sviluppò un approccio olistico fondato e sviluppato sulla filosofia del mantenere un equilibrio complessivo relativo all’ambiente in tutta Europa. Il principio alla base sarebbe stato quello di garantire che co-lui che causa il danno da inquinamento non solo avrebbe po-sto rimedio, ma si sarebbe impegnato a migliorare le misure per consentire il mantenimento della biodiversità esistente, rendendo il responsabile parte attiva e di fatto aumentando il campo delle propria responsabilità.Nel caso di gravi danni ambientali, a cui non si fosse potu-to porre rimedio (per esempio, un ecosistema locale che fos-se stato completamente compromesso, o specie animali pro-tette che si fossero estinte) il colpevole avrebbe dovuto pagare una spesa ritenuta equivalente per sanare e migliorare un ca-so di inquinamento avvenuto da un’altra parte. Uno dei pri-mi casi in cui questa direttiva è stata applicata riguarda una società che aveva iniziato i lavori per un nuovo golf club in Repubblica Ceca e per fare questo aveva prosciugato lo sta-gno in cui viveva una specie protetta di rana. Considerato che non si poteva in alcun modo porre rimedio a questa si-tuazione, la società è stata costretta ad indirizzare un contri-buto ritenuto equo verso un altro stagno: è stata quindi co-stretta a disinquinare le acque da un’altra parte.

Stabilire la responsabilitàSecondo la UE “Affinché la responsabilità sia effettiva, i re-sponsabili devono essere chiaramente identificati. Ciò signi-

fica che i potenziali responsabili devono sapere che essi pos-sono essere ritenuti tali dal punto di vista finanziario; solo questa misura li indurrà a fare attenzione” (Memo/07/157). Secondo la direttiva, basata sul principio del “chi rompe pa-ga”, deve potersi stabilire sempre un legame tra qualsiasi danno ambientale e chi l’ha provocato. Compito delle istitu-zioni ambientali locali è proprio quello di dimostrare il lega-me e dare informazioni all’azienda riguardo all’ammontare del danno e proporre azioni correttrici. Queste autorità pub-bliche svolgono un ruolo sempre più importante nell’attua-zione della direttiva. E’ loro compito identificare i responsa-bili e garantire che si assumano direttamente o finanzino i provvedimenti necessari e le misure per porre rimedio. Sog-getti pubblici, come le organizzazioni non-governative, pos-sono inoltre richiedere alle autorità pubbliche di agire e con-testare la decisione in tribunale e si spera che questi soggetti siano attivi nel rilevare situazioni che potrebbero essere valu-tate come danni ambientali.La direttiva contempla due regimi di responsabilità distinti e complementari. Il primo riguarda le società la cui attivi-tà sia ritenuta a rischio o potenzialmente a rischio nel causa-re un danno ambientale, come le attività industriali e agrico-le che richiedono permessi che vanno sotto la direttiva 1996 sulla prevenzione e il controllo integrato dell’inquinamen-to. Si tratta ad esempio di operazioni che riguardano la ge-stione dei rifiuti, il rilascio di sostanze inquinanti nell’acqua e nell’aria, la produzione, la conservazione l’uso e il rilascio di prodotti chimici pericolosi, e il,trasporto, l’uso e il rilascio di organismi geneticamente modificati. Per queste società, con rare e specifiche eccezioni, la variabile “guasti” gioca un ruolo minoritario: ogni organizzazione che si dimostra essere causa dell’inquinamento, è responsabile, indipendentemente dal fatto che le procedure di messa in sicurezza e protezione dal rischio prescritte dalla legge siano stati seguite. Le uniche difese ragionevoli che il colpevole può invocare includono i danni ambientali causati da forze maggiori, come un uraga-no o un conflitto bellico. Disastri petroliferi in mare e inci-denti nucleari restano coperti dai regimi di responsabilità in-

Inquinamento:Le soluzioni assicuratice del mercato italiano

➜ Chi rompe paga Diritto alla questione ApotropaicoPost-it

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ternazionali, piuttosto che dalla direttiva in questione.Il secondo regime di responsabilità riguarda tutte le altre at-tività professionali. Un operatore sarà ritenuto responsabile esclusivamente se direttamente colpevole o negligente e ab-bia causato danni ad habitat naturali o specie protette secon-do le direttive 1992 sull’habitat e 1979 sugli uccelli.Un caso che illustra la severità del primo regime è accadu-to nel febbraio 2010, quando un’azione di sabotaggio ad una stazione petrolifera italiana causò un versamento di 2 milio-ni e mezzo di tonnellate di petrolio in uno degli affluenti del PO, il fiume più lungo d’Italia.Immediatamente gli ambientalisti dichiararono che le acque e diverse specie di uccelli erano a rischio e molti i danni pro-vocati a flora e fauna. I paesi sulla sponda del fiume richie-sero immediatamente i fondi dalla regione per contenere i danni. Gli effetti si protrassero anche una volta terminate le operazioni di disinquinamento, se si considera che le acque del Po sono utilizzate per l’irrigazione dei campi agricoli di tutti i territori che attraversa. Se gli organi preposti alla re-golamentazione dovessero concludere che il sabotaggio non era un’azione di terrorismo (cioè una causa di forza maggio-re) o il soggetto sotto inchiesta non avesse adottato le misu-re preventive e di messa in sicurezza della zona, sarà ritenuto responsabile e coinvolto nelle operazioni di ripianamento dei costi provocati anche dagli effetti di lungo periodo.

Quantificare i costiEsistono alcuni incidenti la cui potenziale esposizione e re-sponsabilità finanziaria che una società potrebbe dover af-frontare deve essere valutata. Il caso precedente illustra la potenziale portata di un disastro ambientale, capace di “az-zerare” una società che non avesse preso le misure assicurati-ve o finanziare adeguate. Nell’agosto del 2009 una condut-tura si ruppe all’interno di un’area naturale della Francia. Da allora i costi sono già arrivati a milioni di euro e il con-to per i danni continua a salire. E’ importante notare che la responsabilità non termina una volta concluse le operazioni di disinquinamento. Questo tipo di disastri ha effetti poten-

ziali di lungo periodo: il controllo dell’area danneggiata po-trebbe protrarsi a lungo, se gli organi competenti ritenessero che esista la possibilità una situazione pericolosa si ripresenti.La direttiva è stata realizzata come complemento alle leg-gi degli Stati e non prende in considerazione risarcimenti al-le persone. Anche se l’obiettivo principale è prevenire e porre rimedio ai danni ambientali, fornisce un apporto nella pro-tezione della salute umana grazie alla prevenzione di questo tipo di danni e alle operazioni di disinquinamento dei luo-ghi contaminati. Se sono colpite le persone, i propri beni o i propri possedimenti, esse possono intentare causa avvalen-dosi delle normali leggi di ogni Stato. Ciò significa che chi è accusato potrebbe dover affrontare due differenti richieste di risarcimento: dagli enti preposti al controllo sull’ambiente e dai tribunali ordinari.

Accantonare parte delle risorse finanziarieAlle aziende che possono avere a che fare con questo tipo di problematiche non è esplicitamente richiesto dalla direttiva di sottoscrivere assicurazioni.Alcuni degli Stati membri hanno riconosciuto che esistono strade alternative per creare delle riserve finanziarie e che i prodotti assicurativi adeguati erano scarsi prima che la diret-tiva cambiasse lo scenario della responsabilità. La commis-sione Europea realizzerà nel 2010 un rapporto riguardante la disponibilità ad assicurarsi da parte delle società e consiglie-rà modifiche alla direttiva.Nel frattempo gli Stati membri stanno rispondendo in modi differenti alle necessità delle aziende per accumulare scorte finanziarie. Il 1° gennaio 2010 il governo portoghese ha inca-ricato tutti i soggetti che seguono l’IPPC (Integrated Pollu-tion Prevention and Control) di realizzare fondi appropriati (ogni soggetto farà le proprie valutazioni a riguardo) entro il mese, o firmare coperture assicurative. In Spagna, gli appar-tenenti all’IPPC devono realizzare una disamina dei rischi riguardante la responsabilità ambientale a cui possono anda-re incontro entro aprile 2010.

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Cosa si può fare ora?Tutte le società che operano in Europa sono potenzialmen-te interessate. Un disastro ambientale può inoltre avere un impatto fortemente negativo sul brand. Prima di tutto ogni soggetto deve prendere coscienza di come la direttiva pos-sa essere applicata nei propri confronti e nei confronti del-le proprie attività, tenendo presente le differenze tra gli Sta-ti membri e all’interno degli stessi. Il consiglio è contattare gli organi preposti al controllo e fare ricerche sul territorio nel quale si esercita l’attività. Esistono database che fornisco-no informazioni sulla qualità dei suoli esistenti in Europa, sulle specie protette, un inventario degli habitat (ad esempio www.natura.org) e specifiche direttive sull’acqua che si colle-gano alla direttiva sull’ambiente. Altra cosa da fare è seguire le procedure migliori: assicurarsi di essere conformi alle re-golamentazioni ed effettuare una audit ambientale. Realiz-zare un sistema di gestione delle tematiche ambientali come l’ISO 14 001, un EMAS basato sul continuo miglioramento del processo di controllo che prevede quattro fasi: pianifica-zione, realizzazione, controllo e attuazione. Essere informati sulle migliori procedure riguardanti il settore di appartenen-za e sulle nuove tecnologie o i nuovi prodotti per ridurre al massimo l’impatto ambientale delle proprie operazioni. Es-sere consapevoli dei gruppi di interesse o gruppi ambienta-listi locali ed interagire con essi. Se si seguono le linee guida migliori segnalate per il proprio settore, una politica di tra-sparenza può dare enormi benefici.

Ed infine:• Creare dei fondi per il finanziamento. • Parlare con la propria compagnia assicurativa o col proprio

broker riguardo il modo migliore per strutturarlo, conside-rato l’alto ammontare potenziale e i limiti incerti riguardo questo tipo di responsabilità.

• Trasferire alcuni dei propri rischi sul mercato assicurativo. • Essere certi che la propria compagnia assicurativa sia re-

almente un partner in grado di coprire qualsiasi evenien-za, considerato la complessità della legislazione a riguardo.

Lo scenario è in continua evoluzione: nuovi disastri ambien-tali vengono registrati settimanalmente e una nuova diretti-va a riguardo è prevista per il 2014.

Riassumendo:Informazione• Costruire relazioni con gli enti preposti alla regolamenta-

zione ambientale• Controllare la legislazione locale• Informarsi sulle condizioni di suolo, delle acque e delle aree

protette nella zona nella quale si esercita la propria attività

Azione• Svolgere una audit ambientale• Seguire le procedure migliore indicate per il proprio settore• Comunicare il proprio essere a norma• Cercare assicuratori esperti in problematiche ambientali

Protezione• Parlare con broker e assicuratori• Trasferire alcuni rischi sul mercato assicurativo

www.strategicrisk.co.uk

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Profili giuridici del rischio di responsabilità ambientale

Dal punto di vista giuridico, nell’affron-tare il complesso tema del rischio di re-sponsabilità delle imprese in campo am-bientale vi è anzitutto da premettere che la locuzione “responsabilità” va articolata in questo ambito al plurale e non invece al singolare.Ed infatti, diversi sono i piani sui quali il risk manager dovrà costruire gli scena-ri di rischio, in quanto le responsabilità ambientali (al plurale, appunto) delle im-prese italiane e comunitarie si muovono oggi su diversi fronti, principalmente quelli civile, penale ed amministrativo.Ciascuna di queste tipologie di responsa-bilità persegue obiettivi e finalità diverse, si innesta su presupposti applicativi diffe-renziati, viene accertata in esito ad un iter procedimentale suo proprio e comporta conseguenze giuridiche disomogenee.Quanto agli obiettivi, se la componente sanzionatoria caratterizza, ad esempio, la responsabilità penale, quella civile si atteggia piuttosto a strumento di alloca-zione preventiva dei rischi, mentre quella amministrativa – tralasciando per il mo-mento la responsabilità amministrativa da reato degli enti prevista dal Decreto Legislativo n.231/2001, non ancora ap-plicabile in questo settore, ma di prossi-

ma introduzione - assume connotazioni ibride come testimoniato dalle disposi-zioni contenute nel Testo Unico dell’Am-biente (“TUA”).La responsabilità penale è poi caratteriz-zata da tipicità e frammentarietà, il che comporta che la tutela in questo ambi-to non riguarda ogni e qualsiasi forma di aggressione del bene ambiente, ma soltanto quelle determinate fattispecie considerate dalla legge come reato. Una simile impostazione, seppure con diversa gradazione di intensità, è seguita in ma-teria di responsabilità amministrativa, mentre la responsabilità civile viaggia, com’è noto, sui binari della “atipicità” dell’illecito, il che significa che qualsiasi “danno ingiusto” il quale si ponga in cor-relazione causale con la condotta dolosa o colposa di un soggetto agente determi-na l’insorgere della responsabilità risarci-toria di quest’ultimo, così in materia di inquinamento, come in qualsiasi altro settore interessato dall’attività d’impresa.In merito all’iter procedimentale, la re-sponsabilità penale è affermata dal giu-dice in esito ad un processo avviato su iniziativa del pubblico ministero – magi-strato inquirente che agisce nell’interes-se dello Stato –, quella amministrativa

può invece sorgere in campo ambientale in corrispondenza di un semplice ordine della pubblica amministrazione compe-tente, spesso impartito all’inquinatore dietro minaccia di sanzioni - basti pen-sare alle disposizioni di cui agli articoli 242, 304 e 305 del TUA rispettivamente in materia di bonifiche, azioni di preven-zione e ripristino ambientale -, mentre quella civile è accertata dalla magistratu-ra ordinaria nel corso di un procedimen-to giudiziale introdotto su impulso del terzo danneggiato, il quale lamenta un danno ingiusto a seguito dell’inquina-mento. A complicare il quadro, sovente accade poi che le conseguenze civilistiche dell’illecito in campo ambientale siano fatte valere nel corso del procedimento penale mediante la costituzione di “parte civile” nei confronti delle persone fisiche imputate e della società quale “responsa-bile civile” ad opera dei terzi danneggiati, degli enti locali e delle associazioni am-bientaliste.Quanto alle conseguenze, se l’afferma-zione di una responsabilità civile com-porta sempre e soltanto l’insorgere di un’obbligazione risarcitoria, ossia l’ob-bligo di compensare il danno sopportato dal terzo, l’accertamento di responsabili-

Alberto Monti - professore di Diritto privato comparato Università Bocconi – Studio Legale Monti

DIRITTO ALLA QUESTIONE

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tà penale e quella amministrativa com-portano conseguenze sanzionatorie ed obbligazioni di pagamento di varia na-tura. In ambito criminale, se in linea di principio la responsabilità è personale e le pene – a carattere detentivo, pecuniario o interdittivo - sono inflitte direttamente a carico delle persone fisiche che rivesto-no nella società determinati ruoli apicali, occorre tener conto del fatto che di fre-quente vengono imposte misure cautelari sui luoghi o sui beni interessati dall’ille-cito – ad esempio, il sequestro delle aree di produzione o di lavorazione –, le quali sono foriere di rilevanti conseguenze eco-nomiche pregiudizievoli in danno del patrimonio aziendale e della redditività d’impresa.In breve, lo scenario di rischio posto dal-le moderne responsabilità ambientali, anche alla luce delle norme di attuazione della Direttiva 2004/35/CE, appare oggi articolato e complesso e, nella prospetti-va del risk manager, la sfida si gioca su due fronti principali:• da un lato si tratta di comprendere ap-

pieno le mutate caratteristiche giuri-diche del rischio di responsabilità am-bientali;

• dall’altro di identificare gli strumen-

ti più appropriati per la sua corretta gestione.

Quanto al primo profilo, è im-portante sottolineare come le im-prese europee siano oggi esposte non più soltanto al tradizionale rischio di RC verso terzi per danni conseguenti ad in-quinamento, ma anche – e soprattutto - al rischio di dover far fronte, su ordine dell’autorità competente, alle spese per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripri-stino ambientale sia on-site che off-site, nonché alle conseguenze sanzionatorie sul piano amministrativo e penale. Ecco dunque che il risk manager si tro-va oggi ad affrontare il compito di in-dividuare e selezionare i più moderni e sofisticati strumenti di gestione – ivi compresi quelli messi a disposizione dal mercato assicurativo e riassicurativo in-ternazionale – i quali consentano all’im-presa di adottare un approccio flessibile in risposta ai mutevoli scenari di rischio, consapevole del fatto che non è più possi-bile fare affidamento sulla sola copertura offerta dalla polizza di RC Generale, co-munque estesa.Il ricorso ad uno strumento assicurativo specializzato richiede però il prelimina-re compimento da parte dell’impresa di

una serie di passaggi fonda-mentali che dovranno essere sapientemente orchestrati dal risk ma-nager: anzitutto è necessario condurre una attenta analisi di rischio, così da in-dividuare e definire il grado di effettiva esposizione dell’impresa; si tratta poi di pianificare ed implementare una strate-gia per la gestione dei rischi ambientali, anche attraverso l’analisi delle coperture offerte dal mercato assicurativo specia-lizzato; in questa prospettiva, è inoltre necessario comprendere appieno il ruo-lo che l’assicuratore può essere chiama-to a svolgere nell’ambito di un’efficace strategia di gestione integrata dei rischi ambientali. Ed infatti, non si tratta più soltanto di una controparte contrattua-le alla quale trasferire una porzione del rischio di responsabilità in corrispettivo al pagamento di un premio, bensì di un partner strategico con il quale confron-tarsi al fine di ottimizzare tutte le fasi del processo, dalla valutazione del rischio, sino alla gestione della crisi.

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HDI Gerling Italia, filiale italiana del gruppo tedesco HDI Gerling Industrie Versicherung, che fa parte di Talanx, uno dei più importanti colossi assicu-rativi europei con una raccolta premi di oltre 18 miliardi di Euro, è un interlo-cutore privilegiato dei più grandi grup-pi industriali europei.HDI Gerling ha un consolidato know-how in ogni settore dei rischi di impre-sa e si è imposta sul mercato per la con-sulenza ed il servizio offerti in termini di identificazione e trattamento dei ri-schi e la capacità di fornire garanzie di contenuto innovativo e per l’unicità dei prodotti.Oggi la filiale Italiana, come tutto il gruppo, ha deciso di dedicarsi anche al-le coperture RC Inquinamento, tali co-perture in Italia vengono prestate tra-mite un consorzio di coriassicurazione gestito dal Pool Inquinamento.Il mercato assicurativo italiano in que-sto settore è ancora molto fertile se pen-

siamo che solo l’1% delle aziende as-sicurate ha copertura specifica per il rischio inquinamento, mentre il 70% ha copertura parziale con la cosiddet-ta estensione “RC Inquinamento Acci-dentale” sulla polizza di RC Generale.Questo tipo di garanzia, che quasi tut-te le compagnie del mercato italiano of-frono, da una copertura veramente li-mitata del rischio da inquinamento, infatti spesso:• Le esclusioni sono incomprensibili• La garanzia non è completa, ma limi-

tata ai soli eventi improvvisi• Non è possibile concedere retroattività• Non esiste clausola per la datazione

dell’evento.Con il Decreto Legislativo 152/2006 che recepisce la Direttiva 2004/35/CE per le aziende si è aperto un nuovo sce-nario di danno che può essere coper-to solo con polizza specifica in grado di garantire:• Il danno a terzi

• Le spese di messa in sicurezza• Le spese di bonifica interne• Le spese di bonifica esterne• Il così detto “Danno Ambientale”Insomma questo tipo di polizza può ve-ramente aiutare l’azienda ad affrontare l’art. 174 del Trattato CE che dice san-cisce il concetto che “chi inquina paga”.Inoltre compagnie come la nostra. In caso di danno si possono avvalere di una filiera di esperti (Periti, Avvocati, Società di Bonifica), incaricati dal Po-ol, in grado di affrontare velocemente e con competenza le situazioni di cri-si che dovessero verificarsi presso le no-stre clienti.

Le molte facce del rischio inquinamento e le nostre risposte

Paolo Volpi,Responsabile Liability di HDI-Gerling Italia

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Ad esposizioni globali si accompagnano rischi globaliOggi, a causa della globalizzazione e degli sviluppi tecnologici, le aziende sono più che mai esposte al rischio di frodi commerciali. In molti casi tali danni sono riconducibili a comportamenti colposi o fraudolenti commessi da dipendenti e/o da terzi al fine di conseguire un ingiusto profitto.L’esperienza dimostra che nei periodi di instabilità economica le frodi aumentano.I congelamenti salariali e gli esuberi possono spingere i dipendenti a cercare mezzi alternativi per integrare o aumentare le proprie entrate. I cibercriminali rubano l’identità di altre persone, commettono frodi su carte di credito, attaccano siti web e distruggono intenzionalmente sistemi online attraverso le frodi informatiche.I dispositivi tecnologicamente avanzati hanno potenziali guadagni molto elevati e si vendono senza difficoltà sul mercato nero, per questo motivo sono facile bersaglio di collaboratori interni ed esterni.Poiché le aziende operano a livello globale, criminali, truffatori e la criminalità organizzata sono in grado di agire su scala internazionale. Le attività illecite di questa portata sono più difficili da individuare.L’appropriazione indebita è il tipo di frode

più comune, anche se le frodi contabili sono più che triplicate dal 2003 ad oggi (PWC Crime Survey 2005-2009).Altre tipologie di frodi aziendali sono la corruzione e concussione, la violazione di diritti di proprietà intellettuale e il riciclaggio di denaro.Nessun settore è immune da frodi aziendali. I più colpiti sono (oltre al settore dei servizi finanziari ed assicurativi) quello delle telecomunicazioni e della grande distribuzione.

Come tutelarsi dalle Frodi AziendaliL’Assicurazione per Frodi Aziendali copre le frodi interne (atti dolosi o fraudolenti isolati, continuati o ripetuti, commessi da un dipendente che agisca da solo o in concorso con altri con l’intenzione di causare un danno alla società del gruppo ovvero di ottenere un ingiusto profitto a detrimento della società del gruppo) ed esterne (atti dolosi o fraudolenti isolati, continuati o ripetuti, commessi da terzi per furto, contraffazione, alterazione fraudolenta, falsificazione di titoli di credito e frode informatica).È importante individuare le aree di rischio per l’azienda. Si pensi al rischio reputazionale che un’infedeltà di un dipendente può causare all’immagine della società; oppure ai danni che una frode può causare al bilancio societario.La combinazione di una struttura organizzativa con maggiori controlli

interni e il trasferimento del rischio tramite una copertura assicurativa, permetterà al risk manager di affrontare con più tranquillità la comunicazione al CdA dell’avvenuta frode aziendale: la perdita finanziaria non inficerà il bilancio della società e questo evento straordinario non complicherà la gestione ordinaria della società.Le società non si possono permettere di fare affidamento soltanto sul sistema di controlli interni per scoprire e evitare frodi economiche. Le società devono costruire una organisation sana e leale, dare ai dipendenti la certezza di lavorare in maniera corretta ed infliggere chiare sanzioni a chi commetta le frodi.Le polizze Crime sono poco diffuse sul mercato italiano, non così in ambito europeo. In Germania ad esempio, le coperture Frodi Aziendali sono molto diffuse nonostante la minor frequenza dei sinistri infedeltà rispetto alla realtà italiana.L’offerta Commercial CRIME di Zurich Global Corporate rientra nel ramo Financial Lines, che comprende tra l’altro coperture D&O, RC Professionale, EPLI (coperture in caso di risarcimenti nell’ambito del lavoro subordinato, ad esempio a seguito di mobbing e ingiusto licenziamento), BBB (Polizze per Infedeltà, furto e rapina nelle banche), Polizze per responsabilità da Prospetto Informativo (POSI), Warranty and Indemnity e Litigation Buyout Insurance.

Commercial Crime Insurance contro le frodi aziendali

Paolo Tagliabue, Financial Lines Zurich Global Corporate Italy, Zurich Insurance PLC

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(dal Greco “apotrépein”=”allontanare”) è un aggettivo che viene attribuito ad una persona o oggetto atto a scongiurare o annullare gli influssi maligni. Letteralmente ha il significato di una azione di allontanamento, ma nel mondo letterario ha assunto il carattere di rito che allontana il male, dunque esorcizzante.E l’Italia, come ben noto, è la terra degli scongiuri e delle scaramanzie. In questa pagina andiamo quindi a scoprire le diverse storie di scaramanzie, riti e scongiuri atti a evitare ogni tipo di malasorte.

il cappello sul letto

Appoggiare il cappello sul letto, specialmente se vi giace un ammalato, è di cattivo augurio: si crede in-

fatti che questo gesto possa essere foriero di un lutto. Non sono ancora chiare le origini di questa superstizione. Secon-

do alcuni questa credenza deriva probabilmente dal fatto che spesso i cappotti e i cappelli di

ospiti inattesi o numerosi vengono appoggiati sul letto per mancanza di

altro spazio e per comodità. Ciò può accadere proprio in occasione di un fu-

nerale. Secondo altri invece questa su-perstizione deriva dal fatto che un

tempo ad appoggiare il cap-pello sul letto erano so-

prattutto i preti che si recavano in visi-ta a un ammalato o al capezzale di un moribondo per portare l’estrema unzione.

Toccare ferro Toccare legno

Perché, come gesto scaramantico, si dice “toccare ferro”?Le spiegazio-ni plausibili sono due: secondo una scuola di pensie-ro il “ferro” era un modo in cui anti-camente s’indicava la spada. Era chia-ro quindi che si trattasse di un ge-sto di chi si prepa-rava al peggio, alla difesa e p rotegger-si da qualcosa.Per altri invece “toccare ferro” deriva dal “toccare il ferro di cavallo”. Si narra che il diavolo chiese a San Dunstano di fer-rare il suo cavallo; il santo inchiodò il ferro agli zoccoli del diavolo. Il dolore fu così forte che il diavolo stesso supplicò San Dunstano di liberarlo; San Dunstano accettò a patto che il diavolo avesse promesso di non entrare nella casa in cui vi fosse un ferro di cavallo appeso. Questo evento sta all’ori-gine della credenza che il ferro di cavallo porti fortuna.La natura stessa del ferro, che viene estratto dalle viscere del-la terra, lo ha portato ad essere un elemento caricato di una grande valenza magica La sua durezza gli permette poi di essere un elemento di scudo contro i pericoli e il male: in Valsassina, nell’antichità, borchie battenti di ferro venivano poste sulle porte per scacciare gli orsi, simbolo del male.In inglese si dice “toccare legno” (“knocking on wood”). L espressione, usata anche nella tradizione nordica, proviene da credenze pagane. Deriverebbe dalla presenza di spiriti che abitano negli alberi. Bussare sul legno serviva per cercare la protezione dello spirito in questione. Fu adottato poi dalla tradizione cristiana, in quanto il legno in questo caso simbo-lizzerebbe il legno della croce, o il legno del rosario. Alcuni ritengono invece che l usanza non sia riscontrabile in periodi precedenti al Diciannovesimo secolo.

apotropaico

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CORSi ANRAMilano, Politecnico – Campus LeonardoCorso di 1° livello 9 e 10 giugno 2010

Da anni ANRA rea-lizza corsi sui temi le-gati al risk manage-ment ed assicurazioni, destinati alle azien-de, privilegiando gli aspetti di gestione dei

rischi nell’ambito di una corretta gestione aziendale e del ruolo del responsabile assicurativo o del risk manager all’in-terno e all’esterno dell’organizzazione aziendale.I nuovi corsi ANRA, realizzati in collaborazione con il CI-NEAS, Consorzio specializzato sulle tematiche relative al-la cultura del rischio, sono destinati a chi ha necessità di disporre di nozioni di assicurazione, di loss prevention, di business continuity e di enterprise risk management.A chi si rivolge: i corsi son rivolti a tutti coloro che affron-tano per la prima volta tematiche di risk management. Ed inoltre:• Alle imprese: risk manager ed altri ruoli con funzioni ri-

volte al controllo e alla riduzione dei rischi aziendali.• Al mondo assicurativo: ispettori tecnici, underwriter,

claim handler, ruoli con funzioni di risk engineering e surveyor, intermediari assicurativi.

• Alle società di consulenza operanti nell’area dei rischi aziendali.

La formazione è svolta da una faculty qualificata di docenti con esperienza in termini di executive education, provenien-ti dal mondo universitario, dalla consulenza e dalle aziende.

Risk Management 1° livelloGli obiettivi di business di un’azienda passano anche dal-la salvaguardia del suo patrimonio, dei suoi asset intangi-bili, delle sue risorse umane e della sua continuità opera-tiva. Prerequisito fondamentale la conoscenza dei rischi affinché le strategie siano sempre allineate agli obiettivi di business.Tra gli argomenti oggetto di approfondimento dei corsi ci saranno le metodologie di analisi unitamente alle modalità di finanziamento e controllo dei rischi.• Sede e organizzazione del corso: il corso si svolgerà presso

il politecnico di Milano, Campus Leonardo, il 9 e 10 giu-gno 2010, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00.

i WORKShOP ANRARoma e Milanomaggio 2010

Si svolgeranno nel mese di maggio 2010, presso le città di Milano e Roma, i nuovi workshop di approfondimento, organizzati da ANRA, sul tema “Rischi aziendali e Assicurazione”.

Il primo, nello specifico, riguarderà la polizza della respon-sabilità civile vs terzi (RCT) e prestatori d’opera (RCO) e si svolgerà il 13 maggio a Milano (h 14-18) e il 14 maggio a Roma (h 14–18).Il secondo verterà sui rischi del trasporto delle merci: pre-venzione ed assicurazione e si svolgerà il 19 maggio a Mi-lano (h 14-18) e il 20 maggio a Roma (h 14-18).

WORKShOP ANRA/XLMilano, Palazzo delle Stelline8 giugno 2010

Si terrà nella mattinata dell’8 giugno 2010 la IV edizione del Workshop realizzato da XL in collaborazione con An-ra. Il titolo dell’edizione di quest’anno sarà “Soluzioni as-sicurative alle sfide delle imprese italiane nella gestione dei rischi complessi” e vedrà la realizzazione di tre differen-ti seminari:1) “Dall’impresa familiare alla multinazionale tascabile: in-

ternazionalizzazione della media impresa ed implicazio-ni di Risk Management”

2) “Logistica e Supply Chain Risks”3) “Behind the scenes: il processo di sottoscrizione dei

rischi”

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