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IL CONTROLLO CHIMICO DEL CERVELLO E DEL COMPORTAMENTO L’ipotalamo L’ipotalamo si trova sotto il talamo, lungo le pareti del terzo ventricolo e integra le risposte viscerali e somatiche conformemente alle necessità del cervello, in pratica garantisce l’omeostasi , cioè il mantenimento di un ambiente interno nell’ambito di una stretta gamma di valori fisiologici (una sorta di equilibrio interno dovuto alle necessità fisiologiche dell’organismo). Esempi di omeostasi sono la regolazione della temperatura delle cellule, il volume del sangue, la pressione, la concentrazione salina e del glucosio. L’ipotalamo è formato da 2 lati divisi in 3 zone : 1. La zona periventricolare, che giace a fianco della parete del terzo ventricolo. 2. La zona mediale, che sta nel mezzo. 3. La zona laterale. Nella zona periventricolare esistono diversi gruppi di neuroni, un gruppo che sta sopra il chiasma ottico e chiamato nucleo sopra chiasmatico (NSC) sincronizza i ritmi circadiani con il ciclo luce-buio, un secondo gruppo controlla il SNA, un terzo gruppo chiamato di cellule, chiamate neuroni neurosecretori, inviano i loro assoni all’ipofisi. Le vie ipofisarie L’ipofisi presenta 2 lobi, uno posteriore e uno anteriore. I neuroni neurosecretori magnocellulari dell’ipotalamo innervano il lobo posteriore. Alcuni neuroni rilasciano sostanze nel sangue o NT così come fanno le ghiandole con gli ormoni e queste sostanze sono chiamate neurormoni . Le cellule neurosecretici magnocellulari rilasciano 2 tipi di ormoni nel sangue, entrambi peptidi : 1. l’ ossitocina : rilasciata durante le fasi del parto, che provoca le contrazioni uterine e facilità l’espulsione del nascituro, nonché stimola l’eiezione di latte dalle ghiandole mammarie. Quando uno stimolo sensoriale appropriato raggiunge la corteccia, arriva al talamo e infine all’ipotalamo che induce il rilascio di ossitocina. 2. la vasopressina : chiamata anche ormone antidiuretico (ADH) , che regola il corretto volume e la concentrazione salina del sangue. Quando si è privati d’acqua, il volume del sangue diminuisce e la concentrazione di sale aumenta, i neuroni che contengono vasopressina ricevono l’informazione dei cambiamenti e rilasciano vasopressina che agisce sui reni portando ad una ritenzione idrica e riducendo la produzione di urina. La comunicazione tra cervello e reni è però bidirezionale. In condizioni di volume e pressione del sangue ridotti, i reni secernono nel sangue un enzima chiamato renina. Quantità alte di questo enzima fanno si che l’ angiotensinogeno, una proteina rilasciata dal fegato, si converta in angiotensina I, che si scompone a formare l’ angiotensina II che ha effetti diretti sui reni e sui vasi sanguigni facendo aumentare la pressione. Il lobo anteriore dell’ipofisi è una ghiandola. La vera ghiandola principale del sistema endocrino è però l’ipotalamo. Il lobo anteriore è sotto il controllo di cellule della zona periventricolare dell’ipotalamo chiamate neuroni neurosecretori 1

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IL CONTROLLO CHIMICO DEL CERVELLO E DEL COMPORTAMENTO

L’ipotalamo

L’ipotalamo si trova sotto il talamo, lungo le pareti del terzo ventricolo e integra le risposte viscerali e somatiche conformemente alle necessità del cervello, in pratica garantisce l’omeostasi, cioè il mantenimento di un ambiente interno nell’ambito di una stretta gamma di valori fisiologici (una sorta di equilibrio interno dovuto alle necessità fisiologiche dell’organismo). Esempi di omeostasi sono la regolazione della temperatura delle cellule, il volume del sangue, la pressione, la concentrazione salina e del glucosio.L’ipotalamo è formato da 2 lati divisi in 3 zone :

1. La zona periventricolare, che giace a fianco della parete del terzo ventricolo.2. La zona mediale, che sta nel mezzo.3. La zona laterale.

Nella zona periventricolare esistono diversi gruppi di neuroni, un gruppo che sta sopra il chiasma ottico e chiamato nucleo sopra chiasmatico (NSC) sincronizza i ritmi circadiani con il ciclo luce-buio, un secondo gruppo controlla il SNA, un terzo gruppo chiamato di cellule, chiamate neuroni neurosecretori, inviano i loro assoni all’ipofisi.

Le vie ipofisarie

L’ipofisi presenta 2 lobi, uno posteriore e uno anteriore. I neuroni neurosecretori magnocellulari dell’ipotalamo innervano il lobo posteriore. Alcuni neuroni rilasciano sostanze nel sangue o NT così come fanno le ghiandole con gli ormoni e queste sostanze sono chiamate neurormoni. Le cellule neurosecretici magnocellulari rilasciano 2 tipi di ormoni nel sangue, entrambi peptidi :

1. l’ossitocina : rilasciata durante le fasi del parto, che provoca le contrazioni uterine e facilità l’espulsione del nascituro, nonché stimola l’eiezione di latte dalle ghiandole mammarie. Quando uno stimolo sensoriale appropriato raggiunge la corteccia, arriva al talamo e infine all’ipotalamo che induce il rilascio di ossitocina.

2. la vasopressina : chiamata anche ormone antidiuretico (ADH), che regola il corretto volume e la concentrazione salina del sangue. Quando si è privati d’acqua, il volume del sangue diminuisce e la concentrazione di sale aumenta, i neuroni che contengono vasopressina ricevono l’informazione dei cambiamenti e rilasciano vasopressina che agisce sui reni portando ad una ritenzione idrica e riducendo la produzione di urina. La comunicazione tra cervello e reni è però bidirezionale. In condizioni di volume e pressione del sangue ridotti, i reni secernono nel sangue un enzima chiamato renina. Quantità alte di questo enzima fanno si che l’angiotensinogeno, una proteina rilasciata dal fegato, si converta in angiotensina I, che si scompone a formare l’angiotensina II che ha effetti diretti sui reni e sui vasi sanguigni facendo aumentare la pressione.

Il lobo anteriore dell’ipofisi è una ghiandola. La vera ghiandola principale del sistema endocrino è però l’ipotalamo. Il lobo anteriore è sotto il controllo di cellule della zona periventricolare dell’ipotalamo chiamate neuroni neurosecretori parvocellulari, che però non inviano assoni dell’ipofisi, ma comunicano con il lobo anteriore attraverso il flusso sanguigno. Questi neuroni secernono ormoni ipofisotropici all’interno di una rete di vasi sanguigni chiamata circolazione portale ipotalamo-ipofisaria, che stimolano l’ipofisi a secernere particolari ormoni. Le surreni, ad esempio, situate sopra i reni, sono costituite da 2 parti, una periferica chiamata corticale e una centrale detta midollare. I neuroni neurosecretori parvocellulari, stabiliscono se una stimolo sia più o meno stressante e rilasciano un ormone chiamato ormone rilasciante della corticotropina (CRH), che stimola la liberazione da parte dell’ipofisi anteriore di corticotropina (ATCH) che entra in circolazione stimolando il rilascio di cortisolo da parte della zona corticale delle surreni. Il cortisolo regola la mobilitazione delle riserve energetiche e il sistema immunitario ed è grazie a questo che si riesce a sopportare lo stress.

Il sistema nervoso autonomo (SNA)

La zona periventricolare dell’ipotalamo controlla anche il SNA che esegue funzioni autonome automatiche, senza un controllo cosciente. Uno studente che viene sorpreso, ad esempio, a leggere un fumetto in classe durante la lezione avrà tutta una serie di risposte (aumento del battito cardiaco, etc.) dovute alla divisione simpatica del SNA. Immaginando che nel mentre suoni la campanella salvandolo, l’attività della sua divisione simpatica diminuisce e si rimettono in modo le funzioni della sua divisione parasimpatica del SNA (il battito cardiaco diminuisce, le funzioni digestive tornano ad operare, etc.). Diversamente dal sistema

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motorio somatico le azione del SNA sono multiple, diffuso e relativamente lente, il SNA crea un equilibrio tra eccitazione e inibizione sinaptica, in modo tale da esercitare un controllo coordinato e graduale.

I circuiti del SNA

Il sistema motorio somatico innerva e fornisce comandi alle fibre dei muscoli scheletrici, il SNA ha il compito di governare ogni altro tessuto del corpo da esso innervato. I corpi cellulari dei motoneuroni del SNA, a differenza del sistema motorio somatico, giacciono al di fuori del SNC, entro gruppi di cellule chiamati gangli autonomi. I neuroni di questi gangli sono chiamati neuroni postgangliari che sono attivati dai neuroni pregangliari posti nel SNC, pertanto il SNA utilizza una via disinaptica.

La divisione simpatica e parasimpatica

Gli assoni pregangliari della divisione simpatica emergono dai segmenti toracico e lombare del midollo spinale, quelli della divisione parasimpatica dai segmenti sacrali. I neuroni pregangliari della divisione simpatica giacciono nella sostanza grigia intermedia laterale del midollo spinale e inviano i loro assoni attraverso le radici ventrali alla sinapsi del ganglio della catena simpatica localizzata in prossimità della colonna vertebrale o all’interno della cavità addominale. I neuroni pregangliari della divisione parasimpatica si trovano sia nel tronco encefalico e nel midollo spinale della zona sacrale.

Il SNA: Innerva le ghiandole secretorie per il sudore, saliva, muco. Innerva il cuore e i vasi sanguigni per la pressione e il flusso sanguigno. Innerva i bronchi dei polmoni per soddisfare le richieste energetiche. Regola le funzioni digestive e metaboliche del fegato, del tratto gastrointestinale e del pancreas. Controlla i reni, la vescica, l’intestino crasso e il retto. E’ essenziale per le risposte sessuali dei genitali e degli organi riproduttivi. Interagisce con il sistema immunitario.

La divisione simpatica mobilità freneticamente il corpo per un’emergenza di breve durata (ad esempio una crisi), quella parasimpatica lavora pacatamente per il benessere a lungo termine. E’ bene sapere che non tutti i tessuti sono però innervati da entrambe le divisioni anche se i processi delle due sono reciproci.

La divisione enterica

E’ un unico sistema neurale inserito del rivestimento dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino e della cistifellea. E’ formata da due complesse reti :

1. il plesso mioentrico o di Auerbach.2. il plesso submucoso o di Meissner.

Queste reti controllano molti processi fisiologici coinvolti nel trasporto e nella digestione del cibo, dall’orifizio orale a quello anale. I suoi neuroni controllano la tensione e il grado di stiramento delle pareti gastrointestinali, lo stato chimico dei contenuti dello stomaco e dell’intestino e i livelli ormonali nel sangue. La divisione enterica è in parte autonoma e in parte riceve efferenze indirette dal cervello per mezzo di assoni della divisione simpatica e parasimpatica.

Il controllo centrale del SNA

L’ipotalamo è il principale elemento di regolazione dei neuroni autonomi pregangliari. Il nucleo del tratto solitario è un altro importante centro di controllo autonomo che integra le informazioni sensitive provenienti dagli organi interni e coordina le efferenze ai nuclei autonomi del tronco encefalico.

I NT pregangliari

Il principale NT dei neuroni autonomi periferici è l’acetilcolina (ACh) che si lega ai recettori nicotinici (AChRn) per l’ACh. L’ACh gangliari è più potente dell’ACh neuromuscolare, esso può attivare anche i recettori muscarinici (AChRm) per l’ACh (recettori metabotropici, accoppiati alla proteina G). Oltre all’ACh alcuni terminali pregangliari rilasciano molti piccoli peptidi come il neuro peptide Y (NPY) e il polipeptide intestinale vasoattivo (PIV), che hanno anche effetti di tipo modulatorio, rendono i neuroni postsinaptici più reattivi ai potenziali nicotinici in arrivo.

I NT postgangliari

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Utilizzano NT differenti per la divisione simpatica (1) e parasimpatica (2) :1. Rilasciano noradrenalina (NA) e si diffondono lontano.2. Rilasciano ACh che agisce interamente per mezzo di AChRm ed hanno un effetto locale.

I farmaci che promuovono l’attività della NA o inibiscono l’azione muscarinica dell’ACh sono detti simpaticomimetici e mimano l’attivazione della divisione simpatica (es. l’atropina).I farmaci che promuovono l’attivazione muscarinica dell’ACh o inibiscono l’azione della NA sono detti parasimpaticomimetici e producono effetti che mimano la divisione parasimpatica (es. il propanolo).

I sistemi modulatori del cervello

Ci sono gruppi di neuroni nel cervello che anziché portare informazioni sensoriali dettagliate, presiedono invece spesso funzioni regolatrici, modulando vasti assembramenti di neuroni postsinaptici così da renderli più o meno eccitabili o attivi in maniera più o meno sincrona. Esistono diversi sistemi modulatori diffusi che pur differendo per struttura hanno alcune cose in comune :

Il nucleo di ciascun sistema è dotato di un piccolo gruppo di neuroni. I neuroni dei sistemi diffusi originano dalla parte centrale del cervello. Ogni neurone innerva molti altri neuroni (anche più di 100.000). Le sinapsi create da questi neuroni sembrano progettate per diffondere molte molecole di NT del

fluido extracellulare così da diffondere su numerosi neuroni.

Vedremo 4 tipi di sistemi modulatori :1. Il locus coeruleus noradrenergico : la NA viene utilizzata dai neuroni del locus coeruleus del

ponte (ne abbiamo due e contengono circa 12.000 neuroni) e ognuno dei suoi neuroni contrae più di 250.000 sinapsi. I neuroni del locus coeruleus sembrano coinvolti nella regolazione dell’attenzione, dell’attivazione e dei cicli sonno-veglia, così come nell’apprendimento e nella memoria, nell’ansietà e nel dolore, nell’umore e nel metabolismo cerebrale. Grazie alla sua larga diffusione, il locus coeruleus può in teoria influenzare tutte le parti del cervello, la massima attivazione dei suoi neuroni è stata riscontrata, nelle scimmie, nel momento in cui si presentano stimoli nuovi, inaspettati e non dolorosi, mentre sono attivati in misura minima quando l’animale è vigile. La funzione di questi neuroni può essere quella di incrementare la reattività cerebrale e la rapidità di elaborazione delle informazioni.

2. I nuclei del rafe serotoninergici : c’è ne sono 9 e giacciono sui lati della linea mediale del tronco encefalico, i loro neuroni contengono serotonina. I nuclei più caudali, quelli nel bulbo, innervano il midollo spinale e modulano i segnali del dolore; quelli più rostrali, nel ponte e nel mesencefalo, innervano la maggior parte del cervello in maniera diffusa. I nuclei del rafe sono più quieti durante il sonno e sembrano essere implicati nel controllo dei cicli sonno-veglia così come nei diversi stadi del sonno. Prendono parte anche al controllo dell’umore e di certi comportamenti di tipo emotivo.

3. La substantia nigra dopaminergica e l’area tegmentale ventrale : un sistema modulatore è nella substantia nigra del mesencefalo, e la degenerazione delle cellule di questa zona è ciò che serve per produrre il morbo di Parkinson. Un altro sistema modulatorio che utilizza dopamina è un insieme di cellule chiamato area tegmentale ventrale. I neuroni di quest’area innervano una regione circoscritta del telencefalo e questa proiezione dopaminergica viene anche chiamata sistema dopaminergico mesocorticolimbico che fa parte del sistema di “ricompensa”, che in qualche modo da valore o rinforza determinati comportamenti adattativi.

4. Il proencefalo basale colinergico e i complessi del tronco encefalico : 2 principali sistemi colinergici, uno è il complesso del proencefalo basale, e i suoi neuroni sono sparpagliati in diversi nuclei tra essi correlati nel cuore del telencefalo. I più conosciuto sono i nuclei del setto mediale, che forniscono innervazione colinergica all’ippocampo e il nucleo basale di Meynert che fornisce alla corteccia la maggior parte dell’innervazione colinergica. Le cellule del complesso del proencefalo basale sono le prime a morire nel decorso del morbo di Alzheimer. Anche il sistema colinergico è coinvolto nella regolazione dell’eccitabilità generale del cervello e nel controllo dei cicli sonno-veglia. Il secondo sistema colinergico è il complesso colinergico pontomesencefalotegmentale e le sue cellule utilizzano ACh. Questo sistema agisce principalmente sul talamo dorsale dove, insieme ai sistemi noradrenergici e serotoninergici, regola l’eccitabilità dei nuclei di ritrasmissione.

Le droghe e i sistemi modulatori diffusi

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Gli allucinogeni : l’LSD, la cui struttura chimica è molto simile alla serotonina, che agisce come potente agonista a livello dei recettori di serotonina nelle terminazioni presinaptiche dei neuroni dei nuclei del rafe. Un effetto conosciuto dell’LSD è una riduzione del flusso del sistema modulatorio diffuso serotoninergico del cervello.Gli stimolanti : potenti stimolanti sono cocaina e anfetamina che esercitano i loro effetti sulle sinapsi dei sistemi dopaminergici e noradrenergici. Entrambe provocano effetti che mimano la divisione simpatica del SNA. Gli NT dopamina e noradrenalina sono catecolamine e queste droghe bloccano il riassorbimento delle catecolamine. La cocaina blocca il riassorbimento di DA mentre l’anfetamina blocca il riassorbimento di DA e NA e stimola la liberazione di DA. Si pensa che la dipendenza a queste droghe sia dovuta all’intensificata trasmissione nel sistema dopaminergico mesocorticolimbico durante l’uso della droga.

LA MOTIVAZIONE

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L’ipotalamo, l’omeostasi e il comportamento motivato

La regolazione ipotalamica dell’omeostasi inizia dalla traduzione sensoriale : un parametro regolato (es. temperatura) viene misurato da neuroni specializzati e le deviazioni dai valori ottimali sono rilevate da neuroni della zona periventricolare dell’ipotalamo che dirigono tre risposte :

1. risposta umorale : i neuroni ipotalamici stimolano o inibiscono il rilascio di ormoni ipofisari nel sangue.

2. risposta motoria viscerale : i neuroni ipotalamici regolano l’equilibrio dell’attività simpatica o di quella parasimpatica.

3. risposta motoria somatica : i neuroni ipotalamici inducono una risposta motoria somatica appropriata.

Esempi di comportamenti motivati sono la ricerca di caldo quando si ha freddo, sono generati dal sistema motorio somatico e la loro messa in atto è innescata dall’attività dell’ipotalamo laterale.

La regolazione a lungo termine del comportamento alimentare

I magazzini d’energia sono riempiti dopo e durante un pasto, in questo momento il sangue è ricco di nutrienti e questa condizione è chiamata stato prandiale. L’energia è immagazzinata sottoforma di glicogeno e trigliceridi e la costruzione di queste macromolecole prende il nome di anabolismo o metabolismo anabolico. Durante il digiuno (stato di postassorbimento), le macromolecole di glicogeno e trigliceridi immagazzinate vengono frammentate attraverso un processo chiamato catabolismo o metabolismo catabolico, per far in modo che il corpo non rimanga senza energie. Se l’assunzione di energia supera il suo utilizzo si ha obesità, se invece non riesce a soddisfare il fabbisogno corporeo si ha inedia.

Gordon Kennedy ipotizzò (ipotesi lipostatica) che il cervello tiene sotto controllo le quantità di grasso corporeo e agisca per “difendere” dalle perturbazioni le riserve energetiche. In seguito si scoprì che un gene ob codifica una proteina chiamata leptina che viene rilasciata dalle cellule grasse e regola la massa corporea agendo direttamente sui neuroni dell’ipotalamo.Si scoprì anche che lesioni bilaterali dell’ipotalamo laterale causavano anoressia (sindrome ipotalamica laterale), lesioni bilaterali dell’ipotalamo ventromediale causavano obesità (sindrome ipotalamica ventromediale).

Le molecole di leptina in circolo attivano i recettori di leptina dei neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo, vicino al terzo ventricolo, che utilizzano come NT un peptide chiamato ormone alfa-melanocita-stimolante (alfaMSH) o un altro peptide chiamato trascritto regolato da anfetamina e cocaina (CART). Quando i livelli di leptina dell’organismo sono alti, le risposte sono :

1. la risposta umorale consiste nell’aumento di secrezioni di ormone tireo-stimolante (TSH) e ormone adrenocorticotropico (ACTH) che incrementano l’attività metabolica delle cellule in tutto il corpo. E’ innescata dall’attivazione dei neuroni nel nucleo paraventricolare che a sua volta causa il rilascio di ormoni ipofisari che regolano i livelli di TSH e ACTH.

2. La risposta motoria viscerale aumenta il tono della divisione simpatica del SNA che contribuisce all’aumento dell’attività metabolica. Il nucleo paraventricolare controlla anche l’attività della divisione simpatica.

3. La risposta motoria somatica riduce il comportamento alimentare. Questa inibizione è dovuta a connessioni del nucleo arcuato con cellule dell’ipotalamo laterale.

L’iniezione di alfaMSH e CART mima la risposta a livelli alti di leptina, per questo vengono chiamati peptidi anoressizanti, che diminuiscono l’appetito.Una caduta dei livelli di leptina stimola anche un altro tipo di neuroni del nucleo arcuato che contengono una miscela di peptidi : neuropeptide Y (NPY) e peptide associato all’agouti (AgRP). Gli effetti di questi peptidi sul bilancio energetico sono opposti a quelli del alfaMSH e CART. NPY e AgRP inibiscono le secrezioni di TSH e ACTH, attivano la divisione parasimpatica e aumentano l’appetito, per questo sono chiamati peptidi oressigenici. AgRP e alfaMSH sono antagonisti e si legano entrambi al recettore MC4, l’attivazione di questo recettore inibisce il comportamento alimentare.

Se avviene una lesione all’area ipotalamica laterale, l’organismo smette di nutrirsi, mentre la sua stimolazione elettrica evoca un comportamento alimentare anche in animali sazi. Un gruppo di neuroni dell’ipotalamo laterale che riceve afferenze dirette dalle cellule sensibili alla leptina del nucleo arcuato contiene un ulteriore NT chiamato ormone melanina-concentratore (MCH) che stimola il comportamento alimentare. Questi neuroni proiettano diffusamente in tutto il cervello. Recentemente sono stati identificati un

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altro tipo di neuroni dell’ipotalamo laterale che contengono un altro peptide oressigenico chiamato oressina. I livelli di MCH e oressina crescono al diminuire dei livelli di leptina :

Aumento dei livelli di leptina incremento di alfaMSH e CART inibizione del comportamento alimentare e aumento dell’attività metabolica.

Diminuzione dei livelli di leptina incremento di NPY e AgRP nel nucleo arcuato e MCH e oressina nell’area ipotalamica laterale aumento del comportamento alimentare e diminuzione dell’attività metabolica.

La regolazione a breve termina del comportamento alimentare

La motivazione a mangiare è inibita da segnali di sazietà che si manifestano quando mangiamo e inizia il ciclo digestivo. Durante il periodo di postassorbimento i segnali di sazietà scemano lentamente fino a quando la spinta a mangiare ha di nuovo il sopravvento. Tre fasi avvengono nel momento della fame prima del pasto :

1. fase cefalica : la vista e l’odore del cibo scatena numerosi processi fisiologici che anticipano il pasto, le divisioni parasimpatica ed enterica si attivano causando salivazione e aumento dei succhi gastrici.

2. fase gastrica : queste riposte aumentano quando si inizia a mangiare.3. fase del substrato : quando lo stomaco e pieno e il cibo parzialmente digerito si muove verso

l’intestino, i nutrienti iniziano ad essere assorbiti nel circolo sanguigno.

Il pasto termina per l’azione coordinata di molti segnali di sazietà, tre sono :1. distensione gastrica : ovvero lo stiramento delle pareti dello stomaco. Le pareti sono innervate da

assoni meccanosensori che salgono al cervello attraverso il nervo vago ed arrivano al nucleo del tratto solitario nel bulbo, un importante centro di controllo del SNA.

2. rilascio di colecistochinina : il peptide colecistochinina (CCK) riduce la frequenza e l’entità dei pasti senza causare deperimento. La CCK è presente in alcuni neuroni del sistema nervoso enterico e viene rilasciata in risposta alla stimolazione degli intestini da parte di particolari cibi, in particolare quelli ricchi di grassi. La CCK agisce insieme alla distensione gastrica per inibire il comportamento alimentare.

3. rilascio di insulina : l’insulina è un ormone che viene rilasciato dalla cellule beta del pancreas e serve per il trasporto di glucosio all’interno delle cellule. L’insulina è importante per il metabolismo anabolico e necessaria per quello catabolico. I livelli ematici di glucosio sono regolati dall’insulina; quando il suo livello basso, il livello di glucosio si alza e viceversa. Durante la fase cefalica, l’innervazione parasimpatica del pancreas stimola il rilascio di insulina, i livelli di glucosio nel sangue si abbassano leggermente e questo aumenta il nostro impulso a mangiare. Durante la fase gastrica il rilascio di insulina aumenta anche per l’azione degli ormoni gastrointestinali come la CCK. Il rilascio d’insulina è massimo nella fase del substrato. Lo stimolo principale per il rilascio di insulina è l’aumento dei livelli di glucosio che ci fa smettere di mangiare.

Perché mangiamo?

La stimolazione elettrica dell’ipotalamo laterale attiva anche gli assoni dopaminergici del sistema dopaminergico mesocorticolimbico che motiva il comportamento alimentare. Gli animali privati di dopamina si comportano come se a loro piacesse il cibo ma non lo volessero, si genera il desiderio di cibo ma si inibisce l’effetto edonistico.L’umore e il cibo sono connessi e la serotonina costituisce uno di questi legami. I suoi livelli sono bassi durante il periodo di postassorbimento, crescono durante la fase cefalica e raggiungono il culmine durante il pasto, soprattutto in presenza di carboidrati. La serotonina infatti deriva dall’aminoacido triptofano e i suoi livelli variano al variare dei carboidrati assunti. L’aumento del triptofano ematico e della serotonina cerebrale sono una delle spiegazioni possibili al miglioramento dell’umore in vista di un cibo particolarmente gustoso.L’anoressia nervosa, cioè il mantenimento volontario del peso corporeo a livelli eccessivamente bassi e la bulimia nervosa, frequenti abbuffate seguite da vomito forzato, sono entrambe associate a depressione, caratterizzata a diminuiti livelli di serotonina nel cervello. Diminuiti livelli di serotonina infatti riducono il senso di sazietà.

Eroina, cocaina e nicotina causano dipendenza perché tutte agiscono sui circuiti cerebrali che motivano il comportamento. Nel caso di eroina e nicotina la dipendenza è dovuta a siti nell’area tegmentale ventrale e stimolano il rilascio di dopamina, nel caso della cocaina si amplifica l’attività della dopamina nel nucleus accumbens.

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Altri comportamenti motivati

Il comportamento volto all’assunzione di liquidi è stimolato da 2 meccanismi fisiologici :1. ipovolemia : la diminuzione del livello ematico. La sete stimolata da ipovolemia è detta sete

volumetrica. La vasopressina agisce direttamente sui reni aumentando la ritenzione idrica e inibendo la produzione di urina. Il rilascio di vasopressina associato alla sete volumetrica è innescato da due tipi di stimoli :

a. Si determina un aumento a livello ematico di angiotensina II che agisce sui neuroni dell’organo subfornicale nel telencefalo che a sua volta stimola le cellule neurosecretici magnocellulari a rilasciare vasopressina.

b. I meccanocettori sui vasi sanguigno segnalano all’ipotalamo la diminuzione di pressione del sangue dovuta alla diminuzione del volume ematico. Questa riduzione stimola la divisione simpatica che genera negli animali una forte motivazione a consumare acqua.

2. ipertonicità : l’aumento della concentrazione di sostanza disciolte nel sangue (soluti). Lo stimolo della sete dovuta all’ipertonicità e dovuto dai neuroni dell’organo vascolare della lamina terminale (OVLT), una regione del telencefalo. I neuroni del OVLT stimolano direttamente i neuroni neurosecretori magnocellulari che secernono vasopressina e stimolano la sete osmotica, cioè la motivazione a bere in condizioni di disidratazione.

La perdita selettiva dei neuroni ipotalamici che producono vasopressina genera diabete insipido, caratterizzato da estrema sete associata a frequente escrezione di urina pallida e diluita.

Le cellule del corpo sono tarate per funzionare a una temperatura costante di 37° e qualsiasi deviazione di questo valore interferisce con le funzioni cellulari. I neuroni più importanti per l’omeostasi della temperatura sono raggruppati nell’ipotalamo anteriore. Deviazioni dalla costante di 37° generano diverse frequenza di scarica di questi neuroni e successivamente l’area preottica mediale dell’ipotalamo genera le risposte umorali e motorio viscerali, mentre i neuroni dell’area ipotalamica laterale generano le risposte motorio somatiche (comportamentali). Sotto i 37° rilevato dai neuroni sensibili al freddo nell’ipotalamo anteriore rilascio di TSH dall’ipofisi anteriore.Sopra i 37° rilevato dai neuroni sensibili al caldo nell’ipotalamo anteriore rallentamento del metabolismo e riduzione del rilascio di TSH.

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IL SESSO E IL CERVELLO

I fattori genetici del sesso

Il DNA è organizzato in 46 cromosomi : 23 dal padre e 23 dalla madre. Esistono 44 autosomi (22 coppie di cromosomi appaiati) e 2 cromosomi sessuali, le femmine posseggono due cromosomi X, e i maschi un cromosoma X dalla madre e uno Y dal padre :

genotipo femminile XX genotipo maschile XY

Questi genotipi specificano il sesso genetico. Il genere è determinato dal padre che può fornire un cromosoma X o uno Y.Se un gene X è difettoso in una femmina, potrebbe non evidenziarsi alcuna conseguenza negativa se l’altro gene X è normale, mentre nel maschio può portare a difetti dello sviluppo noti come malattie legate al cromosoma X.Il cromosoma Y è più piccolo di quello X e contiene un gene chiamato regione del cromosoma Y per la determinazione del sesso (RYS) che è responsabile della produzione di una proteina chiamata fattore per la determinazione dei testicoli (FDT). Il RYS, con altri geni su altri cromosomi regolati da quest’ultimo, genererà un individuo maschio.

La riproduzione sessuale

2 tipi di riproduzione:1. asessuata consente una diffusione della specie molto più rapida.2. sessuata conferisce significativi vantaggi in termini di sopravvivenza. Il suo grande vantaggio è

nella possibilità di mescolare i geni dando vita ad una popolazione diversificata. Una grave mutazione genetica in un genitore potrebbe non costituire problemi per il figlio se l’altro genitore è sano.

Lo sviluppo e la differenziazione sessuale

Durante le prime 6 settimane di gravidanza le gonadi sono ad uno stadio indifferenziato e hanno 2 strutture chiave :

1. dotto di Muller2. dotto di Wolff

Se il feto ha il cromosoma Y e il gene RYS viene prodotto testosterone e il dotto di Wolff si svilupperà nell’organo riproduttivo maschile e il dotto di Muller sarà inibito da un ormone chiamato mulleriano-inibitore. Al contrario di svilupperà il dotto di Muller nell’organo riproduttivo femminile e il dotto di Wolff si inibirà.

Il controllo ormonale del sesso

Gli ormoni sessuali sono steroidi (come il testosterone e l’estrogeno) e sono cruciali per lo sviluppo e le funzioni dell’apparato riproduttivo e per il comportamento sessuale.Nell’uomo sono presenti in maggior quantità gli androgeni (ormoni maschili) come il testosterone, mentre la donna possiede più estrogeni (ormoni femminili) come l’estradiolo, che viene però sintetizzato dal testosterone con l’ausilio di un enzima chiamato aromatasi.Gli steroidi sono lipidici e quindi possono attraversare facilmente la membrana cellulare e legarsi a recettori presenti nel citoplasma.Il testosterone è prodotto dai testicoli (e in piccola parte anche dalle ghiandole surrenali) e i suoi livelli variano durante il giorno in seguito a innumerevoli fattori come lo stress, lo sforzo e l’aggressività. Non è chiaro se il testosterone sia la causa o l’effetto ma è correlato con la competizione sociale, la rabbia e il conflitto.L’estradiolo e il progesterone sono prodotti dalle ovaie. L’estradiolo è un estrogeno mentre il progesterone fa parte degli ormoni steroidei chiamati progestinici. Nelle donne i livelli ormonali seguono un ciclo di 28 giorni.

L’ipofisi anteriore produce 2 ormoni importanti per lo sviluppo sessuale :1. l’ormone luteinizzante (LH)2. l’ormone follicolo-stimolante (FSH)

Questi ormoni sono anche chiamati gonadotropine e l’ormone rilasciante gonadotropine (GnRH) dell’ipotalamo provvede al rilascio di LH e FSH.

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Nel maschio l’ormone LH stimola i testicoli a produrre testosterone mentre il FSH è implicato nella maturazione degli spermatozoi all’interno dei testicoli. La luce inibisce la produzione dell’ormone melatonina nella ghiandola pineale, ormone che causa invece l’effetto inibitorio di gonadotropine. Per questo, l’attività riproduttiva può essere influenzata dalla durata della luce diurna nel corso dell’anno.

Nelle femmine LH e FSH determinano la secrezione di estrogeni dalle ovaie e le loro variazioni cicliche in una donna adulta sono la responsabili del ciclo mestruale. Il ciclo mestruale è diviso in 6 stadi :

1. all’inizio del ciclo si verifica un aumento di LH e FSH da parte dell’ipofisi anteriore. Questi due ormoni, e in particolare il FSH, incrementano la crescita di un piccolo numero di follicoli, le cavità ovariche che racchiudono e mantengono gli ovuli.

2. Le cellule dei follicoli producono un fluido che contiene estrogeni, e l’aumento di estrogeni in circolo invia segnali di ritorno all’ipotalamo e all’ipofisi. Effetto di questa retroazione è la diminuzione del rilascio di LH e l’aumento di LH immagazzinato nell’ipofisi anteriore.

3. Un follicolo poi cresce più degli altri e producendo estradiolo inibisce gli altri follicoli e causa un aumento di GnRH e gonadotropine.

4. Il nuovo incremento di LH da parte dell’ipofisi accelera la maturazione del follicolo e lo modifica in modo tale che la produzione di estrogeno diminuisce. A questo punto, dopo circa 14 giorni, la secrezione di LH dall’ipofisi anteriore dà l’avvio all’ovulazione.

5. Dopo l’espulsione dell’ovulo, le cellule che lo circondano si modificano durante la fase luteinica e l’estrogeno e il progesterone secreti da queste cellule inviano al ipotalamo un segnale per la diminuzione del rilascio di LH e FSH.

6. In assenza di fecondazione, le cellule luteiniche degenerano dopo circa 11 giorni mettendo fine alla retroazione negativa sull’ipotalamo, aumenta la secrezione di gonadotropine e inizia un nuovo ciclo.

Molti animali hanno un solo ciclo estrale all’anno, solitamente in primavera.

Le basi neurali del comportamento sessuale

Un ciclo completo della risposta sessuale comprende le fasi : 1. eccitazione: alcune parti degli organi genitali esterni vengono congestionare dal sangue e si

rigonfiano, nell’uomo il pene, nella donna il clitoride e le labbra della vagina. Le vie meccanosensoriali che partono dai genitali fanno parte del sistema somatosensoriale. La congestione e l’erezione sono controllate principalmente da assoni che fanno parte della divisione parasimpatica e dipendono da cambiamenti eccezionali del flusso sanguigno. Si pensa che le terminazioni nervose della divisione parasimpatica rilascino una combinazioni di NT come acetilcolina, peptide intestinale vasoattivo (VIP) e ossido d’azoto (NO) che causano il rilasciamento della muscolatura liscia delle arterie e del tessuto spugnoso nel clitoride e nel pene.

2. fase di plateau: durante la copulazione, sempre l’attività parasimpatica stimola anche la secrezione di lubrificanti.

3. orgasmo: per l’orgasmo interviene invece la divisione simpatica. Nell’uomo, la maggiore attività degli assoni sensoriali del pene eccita neuroni simpatici all’interno dei segmenti toracico e lombare del midollo spinale che innescano il processo di emissione. Le contrazioni muscolari fanno muovere gli spermatozoi e infine, durante l’eiaculazione, una serie di contrazione muscolari coordinata espelle lo sperma dall’uretra. Nella donna l’attività simpatica determina un ispessimento della parete vaginale esterna e, durante l’orgasmo, scatena una serie di energiche contrazioni muscolari.

4. fase di risoluzione: comprende il drenaggio del sangue dagli organi genitali e la perdita di erezione ed altre sensazioni di eccitazione sessuale.

Le strategie di accoppiamento nei mammiferi

Le femmine di alcune specie tendono ad essere molto selettive nella scelta del compagno, vogliono che lo sperma lasciato nei loro ovuli sia della migliore qualità possibile (urca!). Molto comune tra i mammiferi è la poliginia, un maschio si accoppia con molte femmine, ma ciascuna di queste si accoppia solo con quel maschio. Questo perché il maschio, di solito dominante, può aumentare la frequenza dei suoi geni nelle generazioni future. La poliandria invece è il sistema per cui una femmina si accoppia con molti maschi e questi con una femmina soltanto, molto raro nei mammiferi. Nella monogamia un maschio si accoppia solo con una femmina e questa solo con quest’ultimo.

La neurochimica del comportamento riproduttivo

Il maschio dell’arvicola delle praterie fortemente monogamo.Il maschio dell’arvicola delle montagne fortemente asociale e promiscuo.

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La vasopressina e l’ossitocina sono rilasciate anche al livello del SNC, le mappe dei lori recettori sono molto diverse tra le due specie di arvicole ma possiedono un certo grado di plasticità. Quando due arvicole delle praterie si accoppiano si alzano bruscamente i livelli di vasopressina (nel maschio) e ossitocina (nella femmina) che sembrino fare in modo di mantenere un rapporto più monogamo. La loro somministrazione nelle arvicole di montagna non evocherà un comportamento monogamo, forse perché non possiedono i recettori nei punti giusti del cervello.

Come e perché i cervelli dei maschi e delle femmine sono diversi

Poiché certi comportamenti dei maschi e delle femmine sono per natura differenti e siccome i comportamenti sono regolati dal sistema nervoso possiamo sostenere che il cervello dei maschi sia in qualche modo differente da quello delle femmine, mostrerà cioè un certo dimorfismo sessuale. Nel cervello umano i dimorfismi sessuali sono pochi, piccoli, ambigui e dalla funzione sconosciuta. Una cosa interessante è però il fatti che i comportamenti sessuali cambiano in funzione del tempo per una certa plasticità delle mappe somatosensoriale.

I dimorfismi sessuali nel SNC

Esistono poche strutture cerebrali correlate alle funzioni sessuali in modo evidente. Una di queste è l’insieme di motoneuroni spinali che innervano i muscoli bulbocavernosi (BC) alla base del pene e all’apertura della vagina. Negli esseri umani questo gruppo è chiamato nucleo di Onuf, è localizzato nel midollo spinale sacrale e possiede un maggior numero di motoneuroni negli uomini rispetto alle donne. I dimorfismi sessuali più evidenti sono raggruppati intorno al terzo ventricolo, all’interno dell’area preottica dell’ipotalamo anteriore. Il nucleo sessualmente dimorfico (NSD) dei ratti maschi è 5-8 volte più grosso di quello delle femmine. Nell’uomo esistono 4 raggruppamenti di neuroni denominati nuclei interstiziali dell’ipotalamo anteriore (NIIA). NIIA-1 è il NSD degli uomini e non sembra propriamente dimorfico, mentre NIIA-2 e NIIA-3 sembrano quasi il doppio nel cervello degli uomini rispetto a quello delle donne.Alcune ricerche hanno portato a credere che le dimensioni del corpo calloso siano dimorfiche. Sembra che lo splenio sia sensibilmente più grande nelle donne che negli uomini, e la commessura anteriore ha riscontrato una differenza in favore delle donne (e degli omosessuali) del 12%.

Gli aspetti sessualmente dimorfici dei processi cognitivi

Numerose ricerche indicano che le donne riescono meglio degli uomini nei compiti verbali ma se si scegliessero un uomo e una donna a caso, e si scommettesse che la donna supera l’uomo in compiti verbali, si azzeccherebbe la previsione soltanto in metà dei casi. Uomini e donne, di solito, hanno esperienze diverse e ciò potrebbero, in media, sviluppare abilità leggermente differenti.

Gli ormoni sessuali, il cervello e il comportamento

Anche se grossi dimorfismi all’interno anatomici non esistono, i circuiti all’interno del cervello devono essere diversi per forza in qualche aspetto per spiegare quei comportamenti che sono specifici per il sesso.Un aspetto importante per lo sviluppo del cervello maschio è la produzione di androgeni da parte dei testicoli, la quale induce la mascolinizzazione del sistema nervoso regolando a sua volta l’espressione di un certo numero di geni sessuali. Questo potere del testosterone può essere visto come gli effetti di organizzazione dell’ormone. L’ormone deve comunque circolare costantemente nel sangue per favorire comportamenti sessuali maschili ed esercitare quelli che si definiscono effetti di attivazione dell’ormone. Un trattamento a base di testosterone durante le prime fasi dello sviluppo porta alla riduzione di alcune caratteristiche del comportamento femminile durante l’età adulta. Individui geneticamente maschi che sono portatori di un recettore per gli androgeni difettoso possono soffrire di una profonda insensibilità agli androgeni. Queste persone sviluppano testicolo che producono testosterone nella norma ma tuttavia hanno vagina, clitoride, labbra e alla pubertà cominciano a sviluppare il seno e un corpo di aspetto femminile.Altri individui, di sesso geneticamente femminile, possono andare incontro a iperplasia congenita delle surrenali (ICS), cioè una crescita smisurata delle ghiandole surrenali che causano durante le prime fasi dello sviluppo un tasso ematico di androgeni molto superiore alla norma. I loro genitali interni sono di misure intermedie tra quelle di un clitoride e quelle di un pene e presentano un comportamento aggressivo e selvaggio, nonché hanno una percentuale maggiore di orientamento omosessuale.

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Gli effetti di attivazione degli estrogeni sulle spine dendritiche

E stato scoperto che durante i primi 5 giorni del ciclo estrale, e quindi livelli maggiori di estradiolo, le spine dendritiche sui neuroni dell’ippocampo aumentano di numero considerevolmente, e quindi l’eccitabilità dell’ippocampo risente del ciclo. I recettori ippocampali per l’estradiolo si trovano soprattutto sugli interneuroni inibitori e l’estradiolo fa si che queste cellule producano GABA riducendo la loro capacità inibitoria. Una minore inibizione significa una maggiore eccitazione neuronali che fa si che si creino più spine e sinapsi con le cellule piramidali. Donne affette da alcune forme di epilessia riferiscono che la frequenza dei loro attacca varia con il ciclo mestruale. Il picco di spine coincide con il picco di fertilità della femmina e studi hanno riscontrato che il cervello del ratto femmina sembra modellarsi finemente sulla base di un ciclo di 5 giorni per far fronte alla necessità del periodo riproduttivo.

L’orientamento sessuale

I cervelli delle persone omosessuali sono diversi da quelle eterosessuali?Levay scoprì il nucleo NNIA-3 dell’ipotalamo negli omosessuali è circa la metà di quello degli eterosessuali ed è di dimensioni comparabili a quello delle donne.

Una base genetica dell’orientamento sessuale?

Hamer porta a ritenere che la probabilità per un uomo di diventare omosessuale aumenta se anche altri maschi della famiglia sono omosessuali, ciò suggerisce che potrebbe esserci qualcosa sul cromosoma X legato all’orientamento sessuale. L’implicazione di questa scoperta era che il DNA individuato da Hamer potrebbe codificare delle proteine che, in qualche modo, sarebbero capaci di spingere il cervello a comportarsi in maniera omosessuale.

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I MECCANISMI CEREBRALI DELLE EMOZIONI

Le teorie dell’emozione

Teoria di James-Lange: dice che noi sperimentiamo un’emozione in risposta a cambiamenti fisiologici del nostro corpo. Quindi non piangiamo perché siamo tristi, ma siamo tristi perché piangiamo. Secondo James e Lange, i cambiamenti fisiologici sono l’emozione.

Teoria di Cannon-Bard: ipotizza che l’esperienza emotiva può verificarsi indipendentemente dall’espressione emotiva, cioè si può fare esperienza di un emozione anche se non si avvertono cambiamenti fisiologici. Cannon osservò casi di uomini in cui la capacità di provare emozioni non diminuiva affatto dopo la resezione spinale (che provocava insensibilità in parti del corpo). La nuova teoria di Cannon fu imperniata dell’idea che il talamo giocasse un ruolo speciale nelle sensazioni emotive : le emozioni vengono prodotte quando i segnali raggiungono il talamo.Studi successivi hanno però rilevato che talvolta le emozioni sono influenzata anche da un danno al midollo spinale.

Il concetto di sistema limbico

Il lobo limbico di Broca: Broca ha rilevato che sulla superficie corticale del cervello di tutti i mammiferi esiste un gruppo di aree diverse dalla corteccia circostante e denominò quest’area lobo limbico perché esse formavano un anello od orlo intorno al tronco encefalico.

Il circuito di Papez: Papez ipotizzò che esistesse un sistema emozionale giacente sulla parete mediale del cervello che fungeva da punto di congiunzione tra la corteccia e l’ipotalamo ed era convinto che la corteccia fosse implicata nell’esperienza delle emozioni. La corteccia cingolata, sede dell’esperienza emozionale, raggiungeva l’ippocampo e, attraverso il fornice, l’ipotalamo, che regolava l’espressione emozionale. Questo a sua volta mandava segnali retroattivi alla corteccia cingolata passando dai nuclei anteriori del talamo. Uno dei motivi che fecero pensare a Papez che l’ippocampo fosse implicato nell’emozione è che esso può venire colpito dal virus della rabbia.

Comunque, anche se non si conoscono esattamente le parti del cervello implicate nelle emozioni, il gruppo di strutture ipoteticamente responsabile della percezione e dell’espressione delle emozioni va spesso sotto il nome di sistema limbico.

Paura e ansia

Kluver e Bucy, dopo aver eseguito una lobotomia temporale ad alcune scimmie, riscontrarono una seria di comportamenti bizzarri che riunirono sotto 2 categorie che insieme causavano appunto la sindrome di Kluver-Blucy:

1. cecità psichica: le scimmie non sembravano riconoscere oggetti comuni ne comprendere il loro significato, una forte tendenza all’oralità, un forte istinto ad esaminare le cose toccandole e mettendole in bocca (ipermetamorfosia) e cambiamenti del comportamento sessuale (un aumentato e forzato interesse per il sesso).

2. cambiamenti emotivi: le scimmie dimostravano un’apparente diminuzione della paura.Questi sintomi nelle scimmie sono stati osservati anche negli essere umani con sindrome di Kluver-Bucy.

Tuttavia la rimozione dei lobi temporali coinvolge non solo la corteccia ma anche le strutture subcorticali come l’amigdala e l’ippocampo.

L’amigdala è situata nel polo del lobo temporale, proprio sotto la corteccia sul lato mediale ed è un complesso di nuclei ripartiti in 3 gruppi:

1. nuclei basolaterali.2. nuclei corticomediali.3. il nucleo centrale.

Le informazioni provenienti da tutti i sistemi sensoriali convergono sull’amigdala, in particolare sui nuclei basolaterali. Le due maggiori vie che congiungono l’amigdala con l’ipotalamo sono la via amigdalafuga ventrale e la stria terminale. Lesioni all’amigdala hanno come conseguenza di smorzare l’emozione in modo analogo a quanto si verifica nella sindrome di Kluver-Bucy. Si ritiene che l’assenza di paura sia dovuta alla distruzione dei nuclei basolaterali dell’amigdala.

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S.M., una donna con una distruzione bilaterale dell’amigdala a causa di un morbo, aveva un’intelligenza normale ed era perfettamente capace di identificare persone vendendone le fotografica. Tuttavia aveva difficoltà a riconoscere determinate emozioni espresse sul viso della gente ritratta in fotografia, era meno abile nel descrivere un’espressione di rabbia e ancor meno riusciva a descrivere la paura.Negli uomini si è visto che una stimolazione dell’amigdala porta ad ansia e paura. L’amigdala sembra coinvolta anche nell’arricchimento di contenuto emozionale dei ricordi. Esperimenti hanno portato che i neuroni dell’amigdala possono imparare a rispondere a stimoli associati al dolore, e dopo l’apprendimento questi stimoli evocherebbero una risposta di paura (esperimenti dei toni associati allo stimolo elettrico nei conigli : lo stimolo raggiunge i nuclei basolaterali e il suo segnale è ritrasmesso al nucleo centrale. Le efferenze proiettano poi verso la sostanza grigia periacquedottale del tronco encefalico per la reazione comportamentale e l’ipotalamo per la risposta autonoma del SNA).

Rabbia e aggressività

Esiste una qualche evidenza che diversi tipi di aggressività siano regolati in modo differente dal sistema nervoso. Un fattore che influenza l’aggressività nei maschi è il livello di androgeni nel sangue, livelli alti di testosterone possono aumentare l’aggressività e la castrazione diminuirla.Esiste una distinzione dell’aggressività :

aggressività predatoria: che comprende attacchi scatenati contro un membro di specie differente con l’intento di procurare cibo. Attacchi di questo tipo si accompagnano tipicamente a scarse vocalizzazioni. L’aggressività predatoria non è associata ad alti livelli di attività della divisione simpatica del SNA.

aggressività affettiva: è volta più a spaventare che ad uccidere per cibo e chiama in causa alti livelli di attività simpatica del SNA.

Una delle prime strutture ad essere connesse al comportamento aggressivo fu l’ipotalamo. Esperimenti negli anni ’20 dimostrarono che animali a cui erano stati rimossi entrambi gli emisferi del telencefalo dimostravano un falsa rabbia, cioè dimostravano tutte le manifestazioni tipiche dell’ira anche in situazioni che normalmente non avrebbero dovuto provocarla. Se si estendeva la parte di cervello rimosso anche all’ipotalamo anteriore la falsa rabbia si manifestava comunque, ma si comprendeva anche l’ipotalamo posteriore l’animale non mostrava segni di rabbia. Si pensò quindi che l’ipotalamo posteriore fosse particolarmente importante per l’espressione di rabbia e aggressività e che normalmente fosse inibito dal telencefalo.

Studi più recenti hanno osservato che la stimolazione elettrica di alcune parti dell’ipotalamo suscita un comportamento di paura e di rabbia, e quindi che sia coinvolto nell’espressione di queste emozioni. Flynn notò poi che l’aggressione affettiva veniva osservata quando veniva stimolato l’ipotalamo mediale, mentre quella predatoria veniva evocata dalla stimolazione dell’ipotalamo laterale.Alcuni assoni dell’ipotalamo laterale proiettano verso l’area tegmentale ventrale del mesencefalo attraverso il fascio proencefalico mediale. La stimolazione dell’area tegmentale ventrale può suscitare comportamenti caratteristici dell’aggressione predatoria e lesioni a quest’area possono sopprimere comportamenti aggressivi offensivi.Alcuni assoni dell’ipotalamo mediale proiettano invece verso la sostanza grigia periacquedottale attraverso il fascicolo longitudinale dorsale. La stimolazione elettrica della sostanza grigia può provocare comportamenti di aggressione affettiva e lesioni possono sopprimere questi comportamenti.

Un esperimento messo a punto da Pribram dimostrò che l’amigdala è importante anche per l’aggressività, in particolare per quella implicata nel mantenimento di una posizione entro la gerarchia sociale. La stimolazione elettrica dei nuclei basolaterali produce aggressività affettiva ma lesioni di questi nuclei riducono invece quella predatoria. Questo perché i nuclei corticomediali hanno un influenza di tipo inibitorio sull’aggressività, lesioni a carico dei nuclei corticomediali o della stria terminale incrementano considerevolmente l’aggressività predatoria.Tempo fa, per ridurre l’aggressività in un uomo si faceva un’ operazione psicochirurgica, come lobotomia o amigdalectomie che riducevano il comportamento aggressivo e deprimevano l’iperattività riducendo gli attacchi epilettici.

Studi recenti indicano che il NT serotonina può essere coinvolto nell’aggressività. I neuroni contenenti serotonina sono localizzati nei nuclei del rafe del tronco encefalico che proiettano anche sull’ipotalamo e su altra strutture limbiche. L’evidenza indica che farmaci che bloccano la sintesi o il rilascio di serotonina potenziano il comportamento aggressivo. Tuttavia è stato anche trovato che la dominanza gerarchica in una colonia di scimmie ververt non era correlata con l’aggressività, se il maschio dominante era rimosso, il ruolo di capo veniva assunto da un animale con attività serotoninergica aumentata.

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Esperimenti sui topi knock out (modificati geneticamente), hanno portato a considerare che ai topi a cui mancava il recettore serotoninergico 5-HT(1A) mostravano un comportamento esplorativo ridotto; mentre a quelli a cui mancava il recettore serotoninergico 5-HT(1B) dimostrava un’aggressività particolarmente accentuata se veniva messo in una situazione stressante.

Rinforzo e ricompensa

In un esperimento in cui uno stimolatore elettrico è stato impiantato nel cervello di un ratto, si è notato che il ratto, dopo aver premuto accidentalmente la leva che provocava la stimolazione, ha imparato a premerla ripetutamente, quella che venne chiamata autostimolazione. Un’interpretazione fu quella che il ratto provava una sensazione positiva dalla stimolazione e pertanto cercava di riottenerla. I centri cerebrali che inducevano ad una stimolazione di rinforzo sono stati pertanto chiamati centri del piacere. Può anche darsi però cha la stimolazione induca invece il ratto ad un’altra successiva, senza che però questa sia piacevole.Sono stati trovati numerosi siti di autostimolazione, come l’area settale, l’ipotalamo laterale, il fascio proencefalico mediale, l’area tegmentale ventrale e il ponte dorsale. Un piccolo numero di siti produce però l’effetto contrario e sono le porzioni più mediali dell’ipotalamo e le parti laterali dell’area tegmentale del mesencefalo.

In alcuni casi di uomini però è stato scoperto che l’autostimolazione non provocava necessariamente piacere. Nel caso di un paziente che soffriva di narcolessia, la stimolazione dell’ippocampo provocò una sensazione dolcemente piacevole e quella del tegmento mesencefalico lo fece invece sentire sveglio, anche se era associata alla percezione di qualcosa di spiacevole. Il paziente scelse di stimolare più volte l’area settale del proencefalo che gli procurava una sensazione che egli descrisse come simile all’orgasmo.Nel caso di un secondo paziente però, la stimolazione che scelse di ricevere più volte fu quella del talamo mediale nonostante gli induceva un senso d’irritabilità. Il paziente si giustificò con il fatto che questa produceva sensazioni che con maggior facilità gli portavano alla mente ricordi.L’autostimolazione del cervello non sempre è associata al piacere ma spesso è invece associata a qualche forma di ricompensa.

Iniettando in un ratto un farmaco che blocca i recettori di DA si è notato che l’autostimolazione diminuiva. Si pensò quindi in un qualche ruolo della dopamina (come il ruolo che ha nella dipendenza da alcune droghe), tuttavia essa può essere importante in alcune situazioni, ma non può essere ridotta semplicemente al NT cerebrale della ricompensa.

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I RITMI DEL CERVELLO

L’elettroencefalogramma (EEG)

L’EEG è una misura che permette di avere un’idea dell’attività generalizzata della corteccia cerebrale. La sua registrazione è un insieme di scarabocchi simultanei che indicano i cambiamenti di voltaggio tra le coppia di elettrodi. Per lo più misura la corrente che scorre nella corteccia cerebrale durante l’eccitazione sinaptica dei dendriti di molti neuroni piramidali (l’80% della massa cerebrale). Sono necessari migliaia di neuroni attivati contemporaneamente per generare un segnale EEG abbastanza grande da poter essere rilevato. L’ampiezza del segnale EEG dipende in grande misura da quanto sincronizzata sia l’attività dei neuroni implicati.

I ritmi EEG sono categorizzati sulla base dell’intervallo di frequenza entro cui variano e ciascun intervallo viene identificato con una lettera greca :

i ritmi beta sono i più veloci e indicativi di una corteccia attiva (14Hz). i ritmi alfa sono associati con stati di veglia rilassati (8-13Hz). i ritmi teta si registrano durante alcune fasi del sonno (4-7Hz). i ritmi delta sono piuttosto lenti e spesso di grande ampiezza e sono un elemento caratteristico del

sonno profondo (- di 4Hz).

Ci sono 2 modi principali in cui l’attività di un grande numero di neuroni può produrre oscillazioni sincronizzate:

1. possono seguire le indicazioni di un orologio centrale (stimolatore).2. possono dividere o distribuire tra lo loro stessi la funzione temporale eccitandosi o inibendosi a

vicenda.Nei mammiferi l’attività ritmica e sincrona è solitamente coordinata da un insieme di sincronizzatori e di metodi collettivi, il talamo, ad esempio, può agire come potente sincronizzatore. Le cellule del talamo presentano un particolare insieme di canali ionici voltaggio-dipendenti che permettono una ritmicità anche in assenza di input esterni. Le connessioni sinaptiche tra i neuroni del talamo costringono ogni suo neurone a conformarsi al ritmo del gruppo e questi ritmi coordinati vengono trasmessi attraverso gli assoni talamocorticali alla corteccia.

Perché esistono molti ritmi e qual è il loro scopo? Un’ipotesi sui ritmi del sonno è che questi siano degli stratagemmi a cui è ricorso il cervello per disconnettere la corteccia dalle afferenza sensoriali. Questa intuizione però non spiega il motivo per cui i ritmi si rendano necessari. Più recentemente è stata proposta una funzione dei ritmi veloci nella corteccia sveglia per cui, attraverso la sincronizzazione momentanea delle veloci oscillazioni generate dalle diverse regioni della corteccia per i sistemi sensoriali, il cervello leghi assieme le varie componenti neurali in una singola costruzione percettiva.

Le crisi epilettiche

2 tipi di crisi:1. generalizzata: coinvolge l’intera corteccia cerebrale di entrambi gli emisferi.2. parziale: coinvolge solo un’area circoscritta della corteccia.

In entrambi i casi i neuroni scaricano con una sincronia che mai accade durante il comportamento normale.Se una persona è colpita da crisi ripetute, tale condizione è conosciuta come epilessia.Farmaci anticonvulsivi possono prolungare l’effetto inibitorio del GABA o ridurre la tendenza di certi neuroni a scaricare potenziali d’azione ad alta frequenza.Le crisi di assenza avvengono durante l’adolescenza e consistono in almeno 30 sec. di onde generalizzate di EEG a 3Hz, accompagnate da perdita di coscienza. Stranamente i segnali motori di una crisi di assenza sono sottili, come il tremolio di una palpebra o una contrazione involontaria della bocca.

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Il sonno

Il sonno è uno stato prontamente reversibile di ridotta reattività a, e ridotta interazione con, l’ambiente.

Quando ci addormentiamo passiamo in uno stadio chiamato sonno non-REM, privo di sogni, che sembra essere stato progettato apposta per il riposo. Il corpo è in grado di muoversi durante il sonno non-REM, ma solo raramente il cervello gli ordina di farlo. La temperatura ed il consumo di energia del corpo diminuiscono. A causa di un’aumentata attività della divisione parasimpatica del SNA, la frequenza cardiaca, la respirazione e il funzionamento dei reni rallentano mentre vengono incrementati i processi digestivi. I ritmi EEG sono lenti e di grande ampiezza e i processi mentali raggiungono il minimo giornaliero durante lo stato non-REM.La successiva fase vede lo stato del sonno REM (o sonno con movimenti rapidi degli occhi), che è il momento in cui si sogna. L’EEG non è quasi distinguibile da quello di un cervello attivo sveglio, con fluttuazioni veloci e a basso voltaggio. Il corpo non è in grado di muoversi, fatta eccezione che per gli occhi che continuano a invece a muoversi, e le parali che avvengono durante lo stato REM sono determinate da una perdita di quasi totale del tono muscolare e sono dette atonia. Durante il sonno REM, i sistemi di carattere fisiologico sono dominati dalla divisione simpatica del SNA e inspiegabilmente il sistema di controllo della temperatura cessa di lavorare e così questa inizia a diminuire. La respirazione e la frequenza cardiaca invece aumentano ma diventano irregolari.

Circa il 75% del sonno viene passato in fase non-REM e il restante 25% in fase REM con cicli periodici di 90 minuti. Questi cicli sono esempi di ritmi ultradiani, che hanno periodi più veloci di quelli circadiani.La fase non-REM del sonno è divisa in 4 stadi:

1. lo stadio 1 è un sonno di transizione, i ritmi alfa di veglia rilassata si riducono e dura solo poco minuti.

2. lo stadio 2 è leggermente più profondo e può durare 5-15 minuti, le sue caratteristica includono oscillazioni occasionali di 8-14Hz chiamate fusi del sonno che sono generati dal talamo e si osservano onde appuntite di grande ampiezza chiamate complessi K.

3. lo stadio 3 è un sonno che inizia a produrre ritmi delta lenti e di grande ampiezza.4. lo stadio 4 è lo stadio del sonno profondo con ritmi delta di circa 2Hz. Durante il primo ciclo del

sonno questo stadio dura circa 20-40 min. che si riduce nei cicli seguenti.Con l’avanzare del sonno la durata dello stato non-REM si riduce e aumenta quella dello stato REM, che però si divide da un'altra fase REM da un periodo refrattario obbligatorio di almeno 30 minuti.

Perché dormiamo? Ci sono buone ragioni per credere che il sonno serva solo al cervello. Sembra che alcuni animali, in base all’ambiente in cui vivono, abbiamo più ragione di altri per non dormire. I delfini tursiopi ad esempio dormono con un solo emisfero cerebrale alla volta e sembra che non abbiano fasi REM. I delfini indiani invece dormono carpendo microsonni di 4-6 secondi mentre continuano lentamente a nuotare.Ci sono due teorie principali della ragione per cui si dorme:

Teorie ristorative: noi dormiamo per riposare e ristabilirci e per prepararci ad essere nuovamente svegli.

Teorie dell’adattamento: noi dormiamo per tenerci lontani dai problemi, per nasconderci dai predatori o da altre caratteristiche dannose dell’ambiente quando siamo più vulnerabili, o ancora, per conservare energia.

Abbiamo bisogno di sognare? Nessuno lo sa ma sembra che il corpo abbia bisogno di sonno REM. In un esperimento in cui delle persone sono state fatte continuamente svegliare prima della fase REM, (così da dover rientrare in quella non-REM) è stato osservato che dopo alcuni giorni di questo fastidio, i soggetti tendono ad entrare nella fase REM molto più frequentemente e che queste fasi hanno una durata maggiore.Secondo Hobson e McCarley, i sogni sono dovuti a neuroni pontini che, attraverso il talamo, attivano varie aree della corteccia cerebrale producendo immagini o emozioni ben conosciute e la corteccia cerebrale tenta di sintetizzare queste immagini in un insieme sensato.Vi sono però interessanti suggerimenti che inducono a pensare che il sonno REM sia in qualche modo di ausilio al consolidamento o all’integrazione di ricordi. Alcuni studi mostrano un aumento della durata del sonno REM in seguito ad un’esperienza di intenso apprendimento.

I meccanismi neuronali del sonno

Il sonno è comunque un processo attivo e richiede la partecipazione di molte regioni cerebrali. Negli uomini, lesioni al tronco encefalico possono provocare sonno e coma, lesioni a strutture della linea mediana del tronco encefalico provocano stati simili al sonno non-REM. La stimolazione elettrica del tegmento, invece,

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provoca il passaggio dagli EEG corticali lenti e ritmici del sonno non-REM ad uno stato di maggiore vigilanza, con un EEG simile a quello della veglia (sistema reticolare ascendente attivatore).Con l’inizio del sonno e della fase non-REM si ha una generale diminuzione della frequenza di scarica della maggior parte dei neuroni modulatori del tronco encefalico (quelli che utilizzano NA, 5-HT e ACh), fatta eccezione per un sottoinsieme di neuroni colinergici del proencefalo basale che invece aumentano la loro frequenza di scarica. Sia i fusi del sonno che i successivi ritmi delta sembrano prodotti dal talamo e la sincronizzazione delle attività durante questi ritmi dalle interconnessioni neurali presenti nelle cellule del talamo.

Durante il sonno REM sono attive praticamente tutte le aree corticali che si attivano durante la veglia. I sogni elaborati hanno sicuramente bisogno della corteccia cerebrale, tuttavia, la corteccia non è necessaria per la produzione di sonno REM. Si è notato che le aree extrastriate e porzioni del sistema limbico sono significativamente più attive durante il sonno REM rispetto alla veglia, mentre la corteccia visiva primaria e alcune aree sono significativamente meno attive. La componente emozionale dei sogni può arrivare quindi da un aumento dell’attivazione limbica. La frequenza di scarica dei due principali sistemi del tronco encefalico, il locus coeruleus e i nuclei del rafe, diminuiscono sino a quasi a scomparire con l’inizio del sonno REM mentre vi è un rapido aumento delle frequenze di scarica dei neuroni ACh del ponte.Esistono rare persone che sembrano “agire i loro sogni”, cioè che presentano un disturbo del comportamento del sonno REM. La causa può sembra essere un danneggiamento dei sistemi tronco-encefalici che normalmente mediano l’atonia REM.

La molecola proteica adenosina agisce come neuromodulatore a livello delle sinapsi in tutto il cervello e per tenersi svegli, vengono usati antagonisti dei recettori dell’adenosina, come la caffeina e la teofillina. La sua somministrazione invece aumenta il sonno. L’adenosina ha un effetto inibitorio su quasi tutti i sistemi modulatori diffusi che utilizzano come NT l’ACh, la NA e la 5-HT, la cui attività è più alta durante la veglia. Nella prima fase del sonno i livelli di adenosina si diminuiscono leggermente e l’attività dei sistemi modulatori comincia ad aumentare fino al risveglio. Un’ipotesi è che l’adenosina abbia il ruolo di indicare quando il cervello ha bisogno di un periodo di recupero.

Ci sono geni che mostrano livelli di espressione genetica diversi mentre si dorme. 2 categorie :1. geni della fase precoce immediata: che codificano la trascrizione di fattori che influenzano

l’espressione di altri geni. La loro bassa espressione durante il sonno può essere dovuta al fatto che l’apprendimento e la formazione di memoria sono quasi assenti in questo stato.

2. geni che vengono dai mitocondri: che con la loro aumentata espressione possono giocare un ruolo importante nel soddisfare le alte richieste metaboliche del cervello sveglio.

I ritmi circadiani

La maggior parte degli animali regolano il loro comportamento sulla base dei ritmi circadiani, i cicli giornalieri di luce e buio che risultano dalla rotazione della Terra. Quando luce e buio sono rimossi dall’animale, i ritmi circadiani non cambiano perché sono regolati da fattori biologici nel cervello.

A lungo per molti popoli sembrava ovvio che la pianta mimosa reagisse alla luce del sole. Candolle mostrò invece che una pianta simile, messa al buio, muoveva le foglie su e giù ad intervalli di 22 ore invece che 24, in sintonia col movimento del sole. Questo implicava che la pianta non rispondeva al sole ma possedeva un orologio biologico interno.

Gli indizi temporali dell’ambiente (luce-buio, variazioni di temperatura, etc.) sono globalmente chiamati zeitgebers. In presenza di questa gli animali si adattano al ritmo giorno-notte. Quando ne sono privati, i mammiferi si regolano su un ritmo di alternanza tra attività e riposo che spesso ha un periodo di 24 ore, in tal caso i loro ritmi sono detti a corsa libera (nell’uomo è tra 24,5-25,5 ore).Se si isolano un gruppo di persone, esse regolano inizialmente i loro cicli intorno alle 25 ore, ma dopo alcune settimane la loro attività può iniziare a correre a ruota libera con periodi di anche 30-36 ore. In questi esperimenti di isolamento si è notato che i ritmi di temperatura e quelli di sonno-veglia, che normalmente tengono un periodo di 24 ore, diventano desincronizzati. Questo significa che il corpo ha più di un orologio biologico.

Un orologio biologico che produce ritmi circadiani è : sensore della luce orologio vie efferente.I mammiferi sono dotati di un piccolo paio di agglomerati neuronali dell’ipotalamo, che hanno la funzione di orologi biologici: i nuclei soprachiasmatici (NSC). Se il NSC viene stimolato elettricamente, i ritmi circadiani possono spostarsi in maniera imprevedibile e se vengono rimossi entrambi viene eliminata la ritmicità circadiana dell’attività fisica, del sonno-veglia e dell’assunzione di acqua e cibo. Il NSC funziona anche come

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meccanismo fotosensibile : gli assoni delle cellule gangliari della retina contraggono sinapsi direttamente sui dendriti del NSC.I neuroni del NSC possiedo campi recettivi molto ampi e non selettivi e rispondono alla luminanza degli stimoli luminosi piuttosto che al loro orientamento spaziale. I suoi assoni innervano l’ipotalamo ma anche il mesencefalo ed alcune parti del diencefalo e utilizzano il GABA come NT principale.Le frequenze di scarica dei neuroni del NSC, così come il consumo di glucosio, di produzione di vasopressina e di sintesi proteica continuano a variare con ritmi di 24 ore circa. Si è scoperto che l’orologio del NSC continua a funzionare anche in assenza di potenziali d’azione e sembra che anche la coordinazione dei ritmi tra le cellule non dipenda da quest’ultimi. La natura della comunicazione neurone a neurone nel NSC non è stata ancora compresa.

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IL LINGUAGGIO E L’ATTENZIONE

La scoperta delle aree cerebrali specializzate per il linguaggio

L’afasia è la perdita, parziale o completa, delle capacità linguistiche conseguentemente ad un danno cerebrale, spesso senza la perdita delle facoltà cognitive o della capacità di muovere i muscoli dell’eloquio.

Broca, nel 1864, si convinse che il linguaggio è controllato solo da un emisfero, e che è quasi sempre il sinistro. Con la tecnica di Wada (si inietta un barbiturico in una delle due carotidi che anestetizza l’emisfero omolaterale di dove è avvenuta l’iniezione) vide che anestetizzare l’emisfero sinistro in molti casi portava a disturbi del linguaggio (quando si ritiene che un emisfero sia più coinvolto dell’altro per un compito si dice che è dominante). La regione del lobo frontale sinistro dominante che Broca ritenne fondamentale per l’articolazione del linguaggio prese il nome di area di Broca.

Nel 1874, Wernicke, affermò che lesioni ad una regione dell’emisfero sinistro, situata sulla superficie superiore del lobo temporale, tra la corteccia uditiva e il giro angolare, portavano a disturbi del linguaggio parlato. Questa regione venne chiamata area di Wernicke.

Ora sappiamo però che i confini di queste due aree non sono chiaramente definiti e variano in maniera significativa da persona a persona.

I tipi di afasia e le loro cause

Afasia di Broca : viene anche chiamata afasia motoria o nonfluente perché la persona presenta difficoltà nel parlare, anche se capisce o se legge correttamente. Le persone che soffrono di questo disturbo fanno spesso pause, come per cercare la parola giusta (anomia). Un’altra caratteristica è lo stile telegrafico dei discordi in cui abbondano parole di contenuto (nomi, verbi, aggettivi che hanno un contenuto specifico per la frase) mentre molte parole funzionali (articoli, pronomi, congiunzioni) sono ignorate. Questo tipo di deficit è chiamato agrammatismo. Talvolta usano anche parole o suoni scorretti (errori parafasici, come “gasello” al posto di “casello”). Presentano comunque anche una difficoltà di comprensione delle domande difficili. Si ritiene che l’afasia di Broca si un disturbo del linguaggio riguardante l’aspetto motorio degli organi fonatori.

Afasia di Wernicke : in questo tipo di disturbo il linguaggio parlato è scorrevole ma la comprensione è compromessa. Le persone colpite da afasia di Wernicke non hanno problemi nell’uso delle parole, tuttavia il contenuto dei loro discorsi non ha senso. Riescono a produrre un discorso ma commetto anche molti errori parafasici in più rispetto ai pazienti affetti da afasia di Broca. Essi sono completamente incapaci di comprendere domande che sono invece alla portata di tutti. Questo portò a pensare che l’area di Wernicke potrebbe avere un ruolo fondamentale nel mettere in correlazione i suoni in arrivo con il loro significato. E’ stato anche detto che l’area di Wernicke può essere un’area di ordine superiore nel riconoscimento dei suoni.

Wernicke mise a punto un modello, chiamato modello di Wernicke-Geschwind, che serviva a spiegare l’elaborazione del linguaggio nel cervello. I punti chiave del sistema sono l’area di Broca, l’area di Wernicke, il fascicolo arcuato, un fascio di assoni che collega le due aree, e il giro angolare. Del modello fanno parte comunque anche alcune aree sensoriali e motorie specializzate nel ricevere e produrre il linguaggio.

Nella ripetizione del linguaggio parlato le parole una volta codificate passano dall’area di Wernicke a quella di Broca dove vengono trasformate in un codice dei movimenti muscolari richiesti dal linguaggio. Ciò che esce dall’area di Broca viene inviato alle aree motorie specifiche.

Nel leggere ad alta voce un testo scritto i segnali visivi vengono trasferiti al giro angolare, che ha la stessa funzione dell’area di Wernicke, solo che per le parole scritte invece che pronunciate. Poi passa all’era di Wernicke, quella di Broca e alla corteccia motrice.

Un lesione all’area di Broca interferisce seriamente con la produzione di un discorso perché la corteccia motrice non riceve più i segnali corretti. Una lesione all’era di Wernicke produce problemi di comprensione perché in quest’are avviene la trasformazioni dei suoni in parole.Questo modello tuttavia presenta molti errori e semplificazioni. Nell’elaborazione corticale del linguaggio, in realtà, non esistono forti distinzioni funzionali tra aree come era previsto dal modello. Esso viene comunque ancora utilizzato a livello clinico per la sua semplicità e validità approssimativa.

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Afasia di conduzione : lesioni che sottendono un danno alla corteccia parietale e al fascicolo arcuato, senza toccare però l’area di Broca e quella Wernicke producono questo tipo di afasia. Il deficit è che le persone hanno difficoltà nella ripetizione delle parole.

Afasia negli individui bilingui : in individui che parlano più di una lingua, la padronanza del linguaggio che si conserva di più in seguito ad un ictus o ad una lesione è nella lingua che si parla meglio e si è imparata prima.

Afasia negli individui non udenti : lo studio di questo disturbo in queste persone ha suggerito che ci debba essere una certa universalità nell’elaborazione del linguaggio nel cervello. Lesioni all’emisfero sinistro negli individui che usano il linguaggio dei gesti sembra causare deficit linguistici simili visti nei pazienti afasici con capacità verbali. Casi di afasia di Broca presentano una comprensione buona, ma difficoltà nell’impostare i gesti nonostante la capacità di muovere le mani rimanga normale.

Gli studi sui pazienti con cervello diviso

La comunicazione dei due emisferi è favorita da vari fasci d’assoni la più grande delle quali è la grande commissura cerebrale chiamata corpo calloso che contiene oltre 200 milioni di assoni. Negli individui con il cervello diviso il corpo calloso è stato reciso.Questi si presentano normali sotto quasi tutti i punti di vista ma c’è un incredibile assimetria nella loro capacità di verbalizzare riposte a domande poste separatamente ai due emisferi. Ad esempio oggetti manipolati con la mano destra possono essere descritti normalmente, mentre oggetti nella mano sinistra possono anche essere del tutto ignorati. Li risposta a questa assimetria è dovuta probabilmente al fatto che il linguaggio viene elaborato in un solo emisfero, di solito il sinistro. Tuttavia è stata riscontrata anche una capacità del linguaggio nell’emisfero destro, se questo non è complesso. Esistono anche prove che l’emisfero destro percepisca figure complesse, nonostante la sua incapacità di comunicarlo verbalmente.Comunque da questi studi è risultato che probabilmente il corpo calloso permette l’interazione sinergica tra i due emisferi per il linguaggio e altre funzioni.

L’assimetria anatomica e il linguaggio

Le maggiori differenze anatomiche riscontrate nei due emisferi sono in una regione chiamata piano temporale, situato sulla superficie superiore del lobo temporale (statistiche dicono che nel 65% dei casi il piano temporale sinistro è più grosso di quello destro, mentre il contrario si verifica solo nel 10% dei casi). Si è detto che il piano temporale sinistro sia più grande di quello destro perché l’emisfero sinistro è dominante nel linguaggio, anche se in realtà questa ipotesi non è stata ancora dimostrata.L’assimetria più evidente nell’uomo è dovuta ai destrimani (il 90%) con i mancini. Questo significa che in una certa misura l’emisfero sinistro è specializzato nel controllo motorio dei movimenti fini.

Gli studi sul linguaggio attraverso la stimolazione cerebrale e le immagini PET

Si è notato che : La stimolazione della corteccia motrice nell’area che controlla la bocca e le labbra causava

immediatamente l’arresto del discorso. La stimolazione della corteccia motrice provocava occasionalmente urla o vocalizzazioni ritmiche. La stimolazione dell’area di Broca, solo nell’emisfero dominante, mentre un soggetto stava parlando

provocava esitazioni nel discorso o il completo arresto. La stimolazioni di siti sul lobo parietale superiore e sul lobo temporale (vicino al fascicolo arcuato e

all’area di Wernicke) provocava confusione delle parole e arresto del discorso.

Tramite l’utilizzo della PET si è trovato che aree attivate nella corteccia extrastriata e nella corteccia uditiva secondaria non rispondevano a stimoli visivi e uditivi che non fossero parole. Si pensa che tali aree siano specializzate nella codificazione delle parole viste o udite. In un compito di ripetizioni delle parole, la PET dimostrava che l’attività neuronale era bilaterale, ed era rilevata anche quando i soggetti erano istruiti a muovere la bocca e la lingua senza però parlare. In un altro compito era stato ordinato di pensare poco e la PET porto alla luce un ipotesi per cui l’attività della corteccia frontale e temporale sia correlata alla prestazione del compito di associazione delle parole, mentre l’attività della corteccia del cingolo è coinvolta, probabilmente, nell’attenzione.

L’attenzione

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La capacità di selezionare una conversazione nel mezzo di molte altre è un esempio di attenzione. L’atto di elaborare differenzialmente fonti simultanee di informazioni è chiamata attenzione selettiva. Perché siamo in grado di selezionare alcune informazioni ed ignorarne altre?

Una possibilità è che il cervello non possa elaborare simultaneamente tutte le informazioni sensoriali in arrivo. Se questo è vero, l’attenzione gioca un ruolo fondamentale nel selezionare quali informazioni possano essere ricevute nelle limitate risorse di elaborazione del cervello.

Un’altra possibilità è che, nonostante il cervello sia in grado di elaborare simultaneamente tutte le informazioni sensoriali, esista un vantaggio nella prestazione nel concentrarsi su una cosa alla volta.

Se vogliamo guardare qualcosa dobbiamo spostare i nostri occhi così che l’oggetto interessato sia raffigurato sulla fovea di ciascun occhio. Tuttavia, è possibile spostare l’attenzione su oggetti raffigurati su parti della retina che si trovano al di fuori della fovea. Lo spostamento dell’attenzione su alcune localizzazioni della retina migliora l’elaborazione visiva in molti modi :

L’attenzione migliora la detezione : sulla base di esperimenti di localizzazione di un bersaglio al di fuori della fovea e preceduto da indizi della sua posizione, la prima conclusione sugli effetti comportamentali dell’attenzione è che essa rende le cose più facilmente rilevabili.

L’attenzione accelera i tempi di reazione : altri esperimenti hanno dimostrato che i tempi di reazione di un osservatore erano influenzati da dove l’indizio centrale suggeriva di dirigere l’attenzione, l’ipotesi è che l’attenzione può velocizzare i tempi di elaborazione visiva o il tempo in cui viene presa una decisione circa un movimento (come la pressione di un pulsante).

La sindrome di neglect (o di negligenza spaziale) come disordine attentivo

Con la sindrome di neglect una persona sembra ignorare gli oggetti e le persone che si trovano a lato del centro di fissazione. E’ stata principalmente studiata la sindrome a carico di lesioni emisferiche destre perché più comune, anche se non se ne conosce il motivo. Alcune pazienti possono addirittura affermare che la loro mano sinistra non è veramente paralizzato o che il loro braccio sinistro non fa parte del loro corpo. La sindrome di neglect è generalmente associata a lesioni della corteccia parietale posteriore ed è stato proposto che questa si coinvolta nel prestare attenzione agli oggetti in diverse posizioni nello spazio extrapersonale. Se questo fosse vero, allora la sindrome di neglect rappresenterebbe un deficit della capacità di spostare l’attenzione. Non è chiaro perché la sindrome compaia maggiormente in correlazione con lesioni del emisfero destro, un’ipotesi è che l’emisfero sinistro sia coinvolto nel prestare attenzione agli oggetti del campo visivo destro, mentre l’emisfero destro ad entrambi i campi visivi.

Gli effetti fisiologici dell’attenzione

E stato osservato che sia il miglioramento delle capacità di rilevare la presenza di uno stimolo sia i tempi di reazioni in riposta ad esso sono selettivi per la posizione spaziale. Esperimenti recenti con la fRMI suggeriscono che ci possono essere cambiamenti selettivi nell’attività del cervello associati con gli spostamenti spaziali dell’attenzione.I risultati di fRMI sembrano coerenti con l’osservazione comportamentale che il sistema visivo può spostare l’attenzione indipendentemente dalla posizione degli occhi. Altri esperimenti con la PET hanno portato a considerare che aree corticali diverse erano maggiormente attivate quando venivano discriminati attributi differenti degli stimoli :

La corteccia occipitale ventromediale era influenzata dai comportamenti di discriminazione con attenzione rivolta verso il colore e la forma. Le aree di massime attivazione corrispondevano alle aree V4, IT e ad altre aree visive del lobo temporale.

Le aree della corteccia parietale erano influenzate dal compito di attenzione per il movimento. L’area più influenzata era in prossimità dell’area MT.

Da questo è stato riscontrato che numerose aree corticali sembrano essere influenzate dall’attenzione e che i massimi effetti attentivi si osservano nelle aree secondaria piuttosto che in quelle primarie del sistema visivo.

Alcuni esperimenti hanno fatto notare che l’attenzione cambia localizzazione prima del movimento oculare. Probabilmente l’attenzione favorisce l’incremento delle risposte neuronali della corteccia parietale posteriore. Un neurone della corteccia parietale posteriore rispondeva ad uno stimolo bersaglio presentato nel suo campo recettivo, la risposta era aumentata se la presentazione del bersaglio era seguita da una saccade verso il bersaglio. L’effetto d’incremento della risposta è spazialmente selettivo, e non viene osservato se la saccade viene eseguita su uno stimolo che non si trova all’interno del campo recettivo.Come viene diretta l’attenzione?

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Non c’è ancora una chiara risposta a questa domanda. Tuttavia, una struttura studiata per il possibile ruolo guida dell’attenzione è il nucleo del pulvinar del talamo. Questo ha connessioni reciproche con la maggior parte delle aree corticali dei lobi occipitale, parietale e temporale, ed ha in tal modo il potere di modulare l’attività corticale globale. Uomini con lesioni al pulvinar sembrano avere difficoltà nel focalizzare l’attenzione su oggetti posti nel lato controlaterale la lesione.Se viene iniettato il muscimolo, un agonista del GABA, nel pulvinar, l’attività neuronale è inibita e produce difficoltà nello spostamento dell’attenzione. Se viene iniettato invece bicucullina, un antagonista del GABA, sembra che si faciliti lo spostamento dell’attenzione.Il pulvinar, in realtà, non è più coinvolto nell’attenzione che del collicolo superiore o della corteccia parietale superiore. Forse queste strutture lavorano insieme per guidare l’attenzione o forse non c’è un controllo centrale dell’attenzione ma che sia dovuta all’interazione tra molte aree.

LA MALATTIA MENTALE

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L’approccio psicosociale alla malattia mentale

Freud, con la teoria della psicoanalisi, si basava su 2 principali assunzioni :1. la maggior parte della vita mentale è inconscia.2. l’esperienza passata, particolarmente durante l’infanzia, plasma il modo in cui una persona sente o

risponde agli eventi della vita.La malattia mentale arriva quando elementi consci e inconsci della psiche entrano in conflitto. Il modo per curare il paziente è cercare di portare alla luce i segreti dell’inconscio.

Skinner, con il comportamentismo, si basava sull’assunzione che molti comportamenti sono risposte apprese dall’ambiente. La probabilità che un dato comportamento accada aumenta in basa al numero di rinforzi positivi e diminuisce in base al numero di rinforzi negativi.I disturbi mentali possono rappresentare comportamenti disadattativi appresi. La terapia consiste in tentativi di disimparare tramite modificazioni comportamentali.

L’approccio biologico della malattia mentale

Un grave disturbo, la paresi progressiva, iniziava con sintomi maniacali, agitazione, euforia e illusioni e sviluppava un deterioramento cognitivo prima, paralisi poi e conseguentemente la morte. Inizialmente la responsabilità fu data a fattori psicologici, poi si scoprì che la causa era un’infezione del cervello causata dal Treoponema pallidum, il virus che causa la sifilide. Questo portò allo scoperto che molti disturbi mentali possono avere base biologica.

I disturbi d’ansia

La paura è una risposta adattativi alle situazioni minacciose, un’espressione non appropriata di paura è ciò che caratterizza il disturbo d’ansia.

Disturbo di panico : gli attacchi di panico sono sentimenti improvvisi di terrore che si verificano senza preavviso, la maggior parte delle persone riporta una paura insopportabile di morire o d’impazzire e fugge dal luogo dove l’attacco ha avuto inizio. Il disturbo di panico è caratterizzato da frequenti attacchi di panico senza causa apparente e dal terrore di averne altri. Metà degli individui che soffrono di attacchi di panico hanno anche una depressione maggiore.

Agorafobia : una grave ansia di trovarsi in situazioni nelle quali fuggire può essere difficile o imbarazzante è tipica di questo disturbo, l’ansia porta ad evitare le situazioni irrazionalmente percepite come minacciose.

Disturbo ossessivo-compulsivo : le ossessioni sono pensieri invadenti e ricorrenti o impulsi che sono percepiti come inappropriati o proibiti. Questi pensieri riconosciuto come estranei provocano una notevole ansia. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi o operazioni mentali che sono eseguite per ridurre l’ansia associata con le ossessioni. Il DOC si manifesta negli adulti giovani, e i sintomi fluttuano in risposta a livelli di stress.

Una persona sana è in grado di far fronte allo stress tramite l’apprendimento della risposta da stress. La risposta da stress è la relazione coordinata a stimoli minacciosi che ha le caratteristiche seguenti :

Comportamento d’evitamento. Aumento della vigilanza e dell’attivazione mentale. Attivazione della divisione simpatica del SNA. Rilascio di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali.

La riposta umorale della risposta da stress è mediata dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale. L’ormone cortisolo è rilasciato dalla corteccia surrenale da un aumento dei livelli di ACTH che è rilasciato dall’ipofisi anteriore in risposta al CRH. Il CRH è rilasciato nel sangue dai neuroni secretori parvocellulari dell’ipotalamo.I neuroni contenenti CRH sono regolati da 2 strutture :

1. L’amigdala : l’informazione sensoriale arriva ai nuclei basolaterali ed inviata al nucleo centrale. Quando il nucleo centrale si attiva da origine alla risposta da stress. Il gruppo di neuroni chiamato nucleo basale della stria terminale attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale e la risposta da stress.

2. L’ippocampo : l’attivazione dell’ippocampo sopprime il rilascio di CRH. L’ippocampo contiene numerosi recettori glucocorticodei che rispondono al rilascio di cortisolo dalle ghiandole surrenali; quando il livello di cortisolo si alza troppo, questi recettori inibiscono il rilascio di CRH. Tuttavia

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l’esposizione continua al cortisolo, come nello stress cronico, può causare la morte di neuroni ippocampali portando così ad un progressivo deterioramento.

I disturbi d’ansia sono correlati sia ad una iperattività dell’amigdala, sia ad una diminuita attività dell’ippocampo. Se deve comunque tener presente che entrambe le strutture ricevono informazioni elaborate dalla neocorteccia e che quindi i disturbi possono anche essere causati da un’elevata attivazione di quest’ultima.

Il trattamento dei disturbi d’ansia : Psicoterapia : lo psicoterapeuta rinforza il concetto che gli stimoli che provocano i disturbi non sono

pericolosi, facendo in modo di alterare le connessioni del cervello così che gli stimoli reali o immaginari non provochino la risposta da stress.

Farmaci ansiolitici : le benzodiazepine (come il Valium) rendono il GABA più efficace. Quasi tutti i farmaci che stimolano la formazione dl GABA sono ansiolitici, incluso l’alcol etilico.

Inibitori selettivi per il riassorbimento della serotonina (SSRI) : sono ampiamente utilizzati per i disturbi dell’umore ma sono anche efficaci per i disturbi d’ansia (ad esempio il Prozac). Il rilascio della serotonina ha origine dai nuclei del rafe del tronco encefalico, gli SSRI prolungano l’azione del rilascio di serotonina a livello dei recettori, inibendone il riassorbimento. L’azione ansiolitica dei SSRI non è però immediata, ma una loro risposta adattativa è l’aumento dei recettori glucocorticodei dell’ippocampo.

I disturbi dell’umore

Affetto è il termine medico che indica uno stato emozionale o l’umore, i disordini affettivi sono disturbi dell’umore.

Depressione : la malattia mentale conosciuta come depressione maggiore è il più comune disturbo dell’umore. I sintomi tipici sono :

Diminuzione dell’umore. Perdita d’interesse o del piacere delle attività quotidiane. Perdita o aumento di appetito. Insonnia o ipersonnia. Fatica. Sentimenti di preoccupazione o di colpa. Pensieri ricorrenti di morte.

Disturbo bipolare : consiste in episodi ripetuti di mania e depressione e quindi è anche chiamato disturbo maniaco-depressivo. La mania è un periodo limitato di umore anormale elevato, persistente o irritabile. Sintomi osservati sono :

Eccessiva autostima o grandiosità. Una ridotta necessità di sonno. Un aumento dell’eloquio. Fuga delle idee. Distraibilità. Aumento dell’attività diretta verso un obbiettivo.

Esistono poi due tipi di disturbi bipolari :1. disturbo bipolare I : caratterizzato anche da una ridotta capacità di giudizio.2. disturbo bipolare II : caratterizzato da ipomania, un aumento di efficienza, capacità o

creatività, associato però a depressione maggiore (ciclotimia).

Le basi biologiche dei disturbi dell’umore : Ipotesi delle monoamine : è l’ipotesi per cui l’umore è fortemente associato ai livelli dei NT

monoaminici rilasciati dal cervello, cioè NA e/o 5-HT. La depressione è la conseguenza di un deficit in uno di questi due sistemi modulatori diffusi. Non è stato però ancora possibile stabilire una relazione diretta tra umore e modulatore, l’azione antidepressiva di farmaci che aumentano la produzione di questi NT richiede molte settimane per svilupparsi; inoltre, la cocaina, ad esempio, che aumenta la produzione di NA, non ha effetti antidepressivi.

Ipotesi della diatesi da stress : il termine medico per la predisposizione genetica ad una certa malattia è chiamata diatesi. Secondo questa ipotesi l’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale è il sito principale dove influenza genetiche e ambientali convergono a causare disturbi dell’umore.E’ stato anche rilevato che iniezioni di CRH nei cervelli animali producono effetti comportamentali che ricordano quelli della depressione maggiore. Nei pazienti depressi, un minor numero di recettori

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glucocorticodei fa in modo che la retroazione ippocampale venga distrutta e la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale è iperattiva.I fattori che causano tutto questo sono : geni, monoamine ed esperienza nell’infanzia precoce.

Il trattamento dei disturbi dell’umore : Terapia elettroconvulsiva (ECT) : in questa terapia, scoperta per caso, viene fatta passare corrente

elettrica tra due elettrodi posti sullo scalpo. Un suo vantaggio è che può dare presto sollievo, ma un grave effetto collaterale è invece perdita della memoria.

Psicoterapia : l’obbiettivo è aiutare i pazienti depressi a superare una visione negativa di se stessi e del loro futuro.

Farmaci antidepressivi : i più popolari sono :o I composti tricicicli, come l’impramina, che bloccano il riassorbimento sia della NA che della

5-HT.o Gli SSRI, come la fluotexina, che agisce solo sui terminali serotoninergici.o Gli inibitori del riassorbimento selettivo della NA, come la reboxetina.o Gli inibitori della MAO, come la fenelzina, che riducono il degrado enzimatico della 5-HT e

della NA.Tuttavia le loro azioni terapeutiche si sviluppano dopo settimane.

Litio : sempre per caso si è scoperto che il litio è altamente efficace nel ristabilire l’umore dei pazienti con disturbo polare, impedisce le manie ed è in grado di prevenire episodi di depressione. Ma come i farmaci antidepressivi richiede un uso a lungo termine per effetti terapeutici.

La schizofrenia

La schizofrenia è caratterizzata da una perdita di contatto con la realtà e da una distribuzione del pensiero, della percezione, dell’umore e del movimento. I sintomi della schizofrenia si riferiscono a 2 categorie :

Sintomi positivi, che riflettono la presenza di pensieri e comportamenti anormali :o Illusioni.o Allucinazioni.o Eloquio disorganizzato.o Comportamento fortemente disorganizzato e caotico.

Sintomi negativi, che riflettono l’assenza di riposte normalmente presenti :o Espressione ridotta delle emozioni.o Povertà di linguaggio.o Difficoltà ad iniziare un comportamento finalizzato.

Esistono inoltre diversi tipi di schizofrenia : Schizofrenia paranoide : caratterizzata da preoccupazione associata ad illusioni organizzate intorno

a un tema, per esempio la credenza che nemici molto potenti stiano per attaccarci. I pazienti con schizofrenia di questo tipo sono i più facili da curare.

Schizofrenia disorganizzata : caratterizzata da mancanza di espressione emotiva associata ad un comportamento disorganizzato e ad un eloquio incoerente. Questo tipo di schizofrenia è soggetta a un progressivo peggioramento e non presenta possibilità di recupero.

Schizofrenia catatonica : caratterizzata da particolari movimenti volontari, come l’immobilità e lo stupore, da una postura bizzarra, da smorfie e spesso da una ripetizione di frasi e parole senza senso, a pappagallo.

Le basi biologiche della schizofrenia : I geni e l’ambiente : la schizofrenia sembra ereditaria. Geni difettosi sembrano rendere alcune

persone suscettibili a fattori ambientali che causano la schizofrenia. Infezioni virali durante lo sviluppo fetale e postatale sono state considerate cause possibili, come anche malnutrizione. La schizofrenia è comunque associata a cambiamenti fisici del cervello, una particolare attenzione è stata fatta sulle alterazioni nella trasmissione sinaptica chimica mediata dalla DA e dal glutammato.

Ipotesi dopaminergica : un aggancio tra il sistema dopaminergico mesocorticolimbico e la schizofrenia è stato fatto sulla base di due ragioni :1. l’overdose di anfetamina, che produceva episodi e sintomi identici a quelli della schizofrenia.

Questo suggeriva che la schizofrenia poteva essere in correlazione con l’eccesso di catecolamine nel cervello.

2. la cloripromazina, che è stato scoperto ridurre i sintomi positivi della schizofrenia, così come poi i farmaci neurolettici, sono potenti bloccanti dei recettori della DA, specialmente del recettore D2.

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Si ipotizza quindi che gli episodi psicotici nella schizofrenia sono scatenati specificatamente dall’attivazione dei recettori per la DA.

Ipotesi del glutammato : è stato osservato che l’intossicazione da feniciclidina (PCP) è accompagnata da molti sintomi di schizofrenia sia positivi che negativi. Il PCP non influenza sulla trasmissione dopaminergica, ma sulle sinapsi che usano il Glu con NT. Il PCP agisce come inibitore dei recettori NMDA così si ipotizza che la schizofrenia rifletta una diminuita attivazione di questi recettori.

Il trattamento della schizofrenia : consiste in una terapia farmacologia combinata con un sostegno sociale. I neurolettici utilizzati hanno sfortunatamente anche molti effetti collaterali e una loro terapia cronica può fa emergere anche una discinesia tardiva, caratterizzata da movimenti involontari delle labbra e della mascella. Molti di questi effetti possono essere evitati utilizzando neurolettici atipici, come la clozapina e il risperidone, che sono anche più efficaci contro i sintomi negativi della schizofrenia.

I SISTEMI DI MEMORIA

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I tipi di memoria e l’amnesia

L’apprendimento è l’acquisizione di nuove informazioni o conoscenze, la memoria è la ritenzione delle informazioni o conoscenza apprese.

La memoria dichiarativa e non dichiarativa

Memoria dichiarativa : è la memoria nell’uso quotidiano o memoria esplicita. Riguarda le memorie di fatti o eventi (come ricordare che la capitale della Svizzera è Berna) e i suoi dati sono recuperabili a livello conscio. Le memorie dichiarative si formano facilmente ma sono anche facili da dimenticare.

Memoria non dichiarativa : o memoria implicita, varie categorie per questa memoria, la più importante dei quali è la memoria procedurale che riguarda le abilità, le abitudini e i comportamenti (come quando si guida). Il recupero delle memorie non dichiarative avviene di solito a livello inconscio e sono molto stabili e difficili da dimenticare.

La memoria a lungo termine e a breve termine

Memoria a lungo termine : è caratterizzata da ricordi che possono persistere per giorni, mesi o anni dopo che sono stati immagazzinati. I ricordi, per entrare nella memoria a lungo termine hanno bisogno di un processo chiamato consolidazione mnemonica e possono arrivare dalla memoria a breve termine o direttamente dalle informazioni sensoriali.

Memoria a breve termine : è caratterizzata da ricordi che durano da alcuni secondi a ore e può essere cancellata da un trauma cranico o da elettroshock che possono però non influenzare la memoria a lungo termine. Individui che hanno subito lesioni corticali possono presentare una normale memoria a breve termine per un certo canale sensoriale (ad esempio una articolo letto sul giornale) ma avere un deficit per un altro canale sensoriale (una cosa udita poco prima).

L’amnesia

Quando determinate patologie o lesioni al cervello provocano una grave perdita della memoria e/o della capacità di apprendere si parla di amnesia. Se l’amnesia non è accompagnata da altri deficit cognitivi si dice dissociata. In seguito ad un trauma al cervello, la perdita di memoria può manifestarsi in 2 modi :

Amnesia retrograda : non si ricorda eventi precedenti al trauma, si dimentica cioè le cose conosciute.

Amnesia anterograda : è l’incapacità a formare nuovi ricordi in seguito al trauma.Un’altra forma di amnesia che di solito è dovuta al ridotto afflusso di sangue al cervello è l’amnesia globale transiente. Si ha un inizio di amnesia anterograda che dura solo un periodo e va da pochi minuti a qualche giorni, accompagnata da amnesia retrograda per eventi recenti che precedono il trauma.

Alla ricerca dell’engramma

La rappresentazione fisica o localizzazione di un ricordo è chiamata engramma o traccia mnemonica.Lashley, negli anni ’30, con degli studi sui ratti sperimentò che la gravità dei deficit provocati dalle lesioni (sia nell’apprendimento che nel ricordo) era correlata con le dimensioni delle lesioni, ma non sembrava correlata con la localizzazione della lesione della corteccia. Ciò lo portò a supporre che tutte le aree corticali contribuissero all’apprendimento e alla memoria in ugual misura. In realtà, ricerche successive, dimostrarono che non tutte le aree corticali contribuiscono alla memoria in ugual misura, tuttavia era esatto che le memorie sono distribuite.Hebb, allievo di Lashley, propose che la rappresentazione interna di un oggetto è costituita da tutte le cellule corticali connesse reciprocamente che sono attivate da quello stimolo e chiamò questo gruppo di neuroni simultaneamente attivi assemblamento cellulare. Ipotizzò inoltre che se l’attivazione di un assemblamento persisteva abbastanza a lungo, sarebbe dovuto avvenire un consolidamento e che se solo una frazione di cellule dell’assemblamento fosse in seguito attivata da uno stimolo, le connessioni reciproche causerebbero l’attivazione dell’intero sistema.Studi sui macachi, addestrati a fare discriminazioni visive, hanno infatti dimostrato che una lesione alla corteccia inferotemporale (area IT), portavano l’animale a non essere più capaci di eseguire il compito di discriminazione. La corteccia inferotemporale di è dimostrata quindi sia un area visiva, sia un area d’immagazzinamento della memoria.

La stimolazione elettrica dei lobi temporali umani

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Penfield, attraverso studi su pazienti epilettici, osservò che stimolazioni elettriche del lobo temporale portavano a volte a sensazioni più complesse rispetto alla stimolazione di altre regioni corticali, sensazioni come comportamenti e ricordi. In realtà non è stato ancora provato che la stimolazione del lobo parietale porti all’evocazione di ricordi, tuttavia, le risposte che si hanno da questo lobo sono notevolmente diverse da quelle della neocorteccia.

I lobi temporali e la memoria dichiarativa

Il lobo temporale è localizzato sotto l’osso temporale e contengono la neocorteccia temporale. La lobotomia temporale bilaterale nelle scimmie non sembrava aver alcuna conseguenza sulla memoria, ma più sul riconoscimento di oggetti. H.M., una persona affetta da gravi attacchi epilettici, operata chirurgicamente, gli erano stato rimossi 8 cm di lobo temporale mediale, l’amigdala e i due terzi anteriori dell’ippocampo. Conseguenza, un’amnesia retrograda parziale di alcuni anni precedenti all’operazione e una ben più seria amnesia anterograda. Egli soffre di una estrema incapacità a formare nuove memorie dichiarative, ma è in grado di imparare compiti nuovi (cioè memorie procedurali). Questo portò a pensare che l’anatomia ed i meccanismi neuronali della memoria dichiarativa e procedurale, così come per quella a breve termine ed a lungo termine, non sono identici.

I lobi temporali mediali e l’elaborazione della memoria

L’ippocampo è una struttura ripiegata situata medialmente al ventricolo laterale. Lateralmente all’ippocampo troviamo tre importanti regioni corticali che circondano il solco rinale : la corteccia entorinale, la corteccia peririnale e la corteccia paraippocampale. Le informazioni giungono per prime alla corteccia rinale e a quella paraippocampale per poi essere trasmesse all’ippocampo. Una delle vie efferenti più importanti dell’ippocampo è il fornice. Lo studio su H.M. suggerì che una o più strutture del lobo temporale mediale siano essenziali alla formazione della memoria dichiarativa. Altri studi vennero fatti sui macachi attraverso l’esperimento dei ritardati non appaiati al campione (RNAC) : viene posta davanti alla scimmia una tavola con diversi fori, uno dei quali contente cibo coperto da un oggetto (lo stimolo campione). La scimmia viene addestrata a manipolare l’oggetto in modo da raggiungere la ricompensa. Dopodiché viene posto uno schermo davanti alla scimmia per non permettergli di vedere la tavola (ritardo). La tavola viene poi riproposta alla scimmia con due oggetti, uno uguale a prima e l’atro diverso che nasconde il cibo. La memoria richiesta per il RNAC è chiamata memoria di riconoscimento, poiché implica la capacità di giudicare se uno stimolo è stato visto in precedenza. Dopo lesioni temporali mediali bilaterali, l’animale non era più in grado di ricordare qual’era lo stimolo campione. Lesioni solo all’ippocampo producono un’amnesia relativamente lieve, i deficit più gravi risultano in realtà da lesioni della corteccia peririnale. Un’ipotesi è che queste strutture operino per consolidare la memoria nella corteccia oppure per uno stadio intermedio. Un’altra ipotesi è che la corteccia dei lobi temporali mediali immagazzini temporaneamente i ricordi prima di trasferirli in qualche altra zona della neocorteccia.

Il diencefalo e l’elaborazione della memoria

Le tre regioni del diencefalo implicate nell’elaborazione della memoria sono i nuclei anteriore e dorsomediale del talamo ed i corpi mammillari dell’ipotalamo. La maggior parte degli assoni provenienti dal fornice proiettano verso i corpi mammillari che a sua volta proiettano verso il nucleo anteriore del talamo. Il nucleo dorsomediale riceve anche afferenze da strutture del lobo temporale. Ampie lesioni talamiche mediane causano deficit relativamente gravi nei RNAC. Lesioni limitate ai nuclei dorsomediali o ai nuclei anteriori causano deficit relativamente più lievi. Un incidente ad N.A. con un fioretto provocò una lesione al talamo dorsomediale con conseguenze di un’incapacità di formare nuove memorie dichiarative e un’amnesia retrograda di un paio d’anni.Come conseguenza dello scarso nutrimento, gli alcolisti possono andare incontro ad un deficienza di tiamina. Se non viene trattata, questa deficienza può portare ad un danno strutturale del cervello che produce la sindrome di Korsakoff caratterizzata da confusione, confabulazione, grave deterioramento della memoria (amnesia anterograda ed una grave amnesia retrograda) e apatia.

Le funzioni mnemoniche dell’ippocampo

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Un importante ruolo dei lobi temporali mediali consiste nell’elaborazione o nel consolidamento della memoria dichiarativa. Studi sui ratti con il labirinto a bracci radiali hanno portato a pensare che il tipo di memoria utilizzata per lo svolgimento del compito sia la memoria di lavoro, che si riferisce alla capacità di ricordare l’informazione necessaria a guidare il comportamento in atto. Se l’ippocampo viene distrutto prima che il ratto sia posto nel labirinto, questo non sembra più essere in grado di ricordare quali bracci abbiano già visitato.E’ stato anche rilevato che cellule dell’ippocampo rispondono maggiormente quando il ratto si trova in un certo punto spaziale dell’ambiente visitato. Il luogo in cui la risposta è massima è chiamato campo locazionale del neuroni e questi cellule sono chiamate cellule di luogo. La risposta di queste cellule è basata su stimoli visivi ma il neurone continua a rispondere anche dopo che il ratto è stato bendato. Questo perché probabilmente le risposte delle cellule di luogo sono anche in relazione a dove l’animale pensa di essere.Negli esseri umani è stato fatto uno studio in cui paziento all’interno del dispositivo PET vedevano un videogioco sul monitor del computer e dovevano muoversi all’interno di una città virtuale. Dopo che una persona ha navigato nell’ambiente, si rivela un’aumentata attivazione dell’ippocampo destro e della parte caudale sinistra del nucleo caudato. Questo ha dimostrato che l’ippocampo è particolarmente attivo nel compito di navigazione spaziale sia negli esseri umani che nei ratti.Cohen ed Eichenbaum sostengono che la funzione dell’ippocampo, insieme ad altre strutture del lobo temporale mediale, abbia attinenza con la memoria relazionale per cui le informazioni altamente elaborate in arrivo subiscano un ulteriore elaborazione che permette un immagazzinamento dei ricordi in modo tale che siano legate insieme o siano poste in relazione tutte le cose che sono avvenute nel momento in cui il ricordo è stato immagazzinato.L’interconnessionismo è comunque la caratteristica chiave dell’immagazzinamento della memoria dichiarativa.

Lo striato e la memoria procedurale

Due nuclei dei gangli della base, il nucleo caudato ed il putamen, insieme formano lo striato. Lo striato è critico per la memoria procedurale coinvolta nella formazione di abitudini comportamentali. Ci sono lesioni comparabili che distruggono la memoria procedurale senza influenzare la memoria dichiarativa? Nei roditori, le lesioni allo striato hanno questo effetto. Registrazioni dallo striato del ratto mostrano che la risposta neuronali cambia quando l’animale apprende una procedura associata con una ricompensa di cibo. Esiste attualmente solo un ipotesi e cioè che lo striato riceva informazioni sensoriali altamente elaborate e invii segnali per le risposte motorie.Nelle scimmie, durante il RNAC, quando lo striato è danneggiato l’animale non è più in grado di formare l’abitudine a recuperare il cibo associato con uno stimolo visivo rispetto all’altro.I pazienti affetti da sindrome di Huntington presentano una difficoltà nei compiti di apprendimento nei quali una risposta motoria è associata ad uno stimolo.Lo striato sembra quindi giocare negli umani un ruolo nella memoria procedurale come parte di un sistema distinto dal sistema temporale mediale usato nella memoria dichiarativa.

La neocorteccia e la memoria di lavoro

Ci sono 2 porzioni di neocorteccia coinvolte nella memoria di lavoro :1. la corteccia prefrontale : posta all’estremità rostrale del lobo frontale che sembra sia responsabile di

quelle caratteristiche quali l’autocoscienza, la capacità di pianificazioni complesse e la risoluzione dei problemi che ci distinguono dagli altri animali. Questa parte di neocorteccia è interconnessa con il lobo temporale mediale e le strutture di diencefaliche precedentemente descritte e sembra coinvolta nella memoria del lavoro per la risoluzione dei problemi e per la pianificazione del lavoro. Gage, una persona che aveva subito un grave danno al lobo frontale, nonostante fosse in grado di tenere comportamenti adeguati in situazioni differenti, egli aveva difficoltà nella pianificazione e nell’organizzazione di tali comportamenti, probabilmente a causa della lesione del lobo frontale.Persone con danni alla corteccia prefrontale sembrano avere difficoltà ad usare informazioni recenti (ovvero i dati della memoria di lavoro) per modificare il loro comportamento.

2. la corteccia intraparietale laterale (IPL) : nascosta nel solco intraparietale, si pensa sia coinvolta nel guidare i movimenti oculari. Le risposte di molti neuroni suggeriscono però che sia anche coinvolta in un tipo di memoria di lavoro, come osservato in studi sulle scimmie nel compito di saccade ritardata.

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I MECCANISMI MOLECOLARI DELL’APPRENDIMENTO E DELLA MEMORIA

L’apprendimento procedurale

L’apprendimento procedurale comprende l’apprendimento di una risposta motoria in reazione ad un input sensoriale. 2 tipi di apprendimento procedurale :

1. Apprendimento non associativo : che descrive il cambiamento della risposta comportamentale che si verifica nel tempo in risposta ad un singolo tipo di stimolo. 2 categorie :

a. Abituazione : dove s’impara ad ignorare uno stimolo che non si ritiene significativo.b. Sensibilizzazione : che intensifica la nostra risposta a tutti gli stimoli, anche quelli che in

precedenza non evocavano alcuna risposta.2. Apprendimento associativo : dove si formano associazioni di eventi. 2 tipi :

a. Condizionamento classico : (Pavlov) comporta l’associazione di uno stimolo che evoca una risposta misurabile con un secondo stimolo che normalmente non evoca la risposta. Il primo stimolo è detto stimolo incondizionato (SI), il secondo stimolo condizionato (SC). Il condizionamento consiste nell’appaiare lo SI con lo SC. La riposta appresa in relazione ad uno stimolo condizionato è denominata risposta condizionata (RC). In questo caso l’animale impara che uno stimolo SC predice il verificarsi di un altro stimolo SI.

b. Condizionamento strumentale : (Thorndike) dove un individuo apprende ad associare una risposta con uno stimolo significativo. Il condizionamento strumentale si verifica anche se una risposta, invece di evocare una ricompensa, impedisce il verificarsi di uno stimolo negativo o doloroso. In questo caso l’animale impara che ad un particolare comportamento è associata una particolare conseguenza.

I modelli di apprendimento negli invertebrati

Il sistema nervoso degli invertebrati offre alcuni vantaggi : Sistemi nervosi di piccole dimensioni. Neuroni di grandi dimensioni. Neuroni facilmente identificabili. Circuiti neurali facilmente identificabili. Struttura genetica semplice.

L’apprendimento non associativo dell’Aplysia

Se si spruzza un getto d’acqua sul sifone dell’Aplysia della California (una lumaca di mare), il sifone e la branchia si ritraggono (come quando ti soffiano aria nell’occhio e chiudi le palpebre) e questo riflesso è chiamato riflesso di retrazione della branchia. Questo riflesso subisce un processo di abituazione dopo successive presentazioni i spruzzi d’acqua.L’informazione dello spruzzo viaggia lungo il sifone attraverso un nervo e arriva nel ganglio addominale dove viene distribuita ai motoneuroni (L7) e interneuroni. I L7 innervano i muscoli che producono il riflesso.Si è scoperto che l’abituazione avveniva presso la sinapsi tra il neurone sensoriale e il L7. Le molecole di NT vengono rilasciate in pacchetti denominati quanti; quando avveniva l’abituazione, la cellula sensoriale rilasciava meno quanti per ogni potenziale d’azione; il terminale presinaptico quindi si modificava mentre quello postsinaptico rimaneva uguale.Dopo altri esperimenti si è notato che anche una stimolazione del capo dell’Aplysia stimolava il riflesso della branchia :

1. una cellula nervosa (L29) viene attivata dallo shock sulla testa e fa sinapsi sul terminale dell’assone del neurone sensoriale. La L29 rilascia serotonina.

2. Il recettore della serotonina del neurone sensoriale produce un secondo messaggero (AMPc) che attiva la protein-chinasi A e questo enzima fosforila alcune proteine.

3. Una di queste proteine è un canale per il potassio che si chiude causando un prolungamento del tempo del potenziale d’azione presinaptico.

4. La conseguenza è che entrano più ioni Ca2+ e aumenta il rilascio del NT.

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L’apprendimento associativo dell’Aplysia

Lo SI è uno shock elettrico sulla coda, lo SC è un delicato spruzzo d’acqua sul sifone non in grado da solo di generare il riflesso della branchia. Dopo il condizionamento classico si è notato che il riflesso veniva generato anche con il solo SC. E’ stato scoperto che in presenza di notevole quantità di Ca2+, l’adenilato ciclasi produceva più AMPc che a sua volta aumenta l’attivazione della protein-chinasi A. L’apprendimento si verifica quando l’aumento di Ca2+ favorisce la maggior produzione di AMPc, il processo mnestico si verifica quando i canali per il potassio vengono fosforilati e aumenta il rilascio di NT.

I modelli di apprendimento nei vertebrati : la plasticità sinaptica nel cervelletto

Il cervelletto è molto importante per l’apprendimento. La corteccia cerebellare è costituita da 2 strati di corpi neuronali :

1. lo strato delle cellule di Purkinje : i loro dendriti si estendono solo verso lo strato molecolare di cellule dove si dispongono a ventaglio, gli assoni fanno sinapsi con i neuroni dei nuclei cerebellari profondi e questi neuroni utilizzano il GABA come NT, quindi la loro influenza sull’output cerebellare è inibitoria. Gli assoni che partono dall’oliva inferiore del bulbo, denominati fibre ascendenti, salgono e fanno sinapsi con i dendriti delle cellule di Purkinje.

2. lo strato delle cellule granulari : gruppi cellulari del tronco encefalico, in particolari i nuclei pontini, mandano i loro assoni, chiamati fibre muscoidi, a far sinapsi con queste cellule. Le cellule granulari proiettano i loro assoni, chiamati fibre parallele, nello strato molecolare dove incontrano i dendriti delle cellule di Purkinje. Una sola fibra parallela incontra solo una volta i dendriti delle cellule di Purkinje.

Secondo la teoria di Marr-Albus sull’apprendimento motorio, la plasticità delle sinapsi delle fibre parallele è dovuta solo se sono attivi nello stesso tempo gli input delle fibre ascendenti delle cellule postsinaptiche di Purkinje.

Masao Ito e collaboratori appaiarono la stimolazione delle fibre ascendenti con la stimolazione delle fibre parallele e dopo questa procedura, l’attivazione delle fibre produceva una risposta postsinaptica inferiore nella cellula di Purkinje rispetto alla stimolazione delle sole fibre parallele. Questa modificazione dovuta alla plasticità delle sinapsi poteva durare anche un’ora e fu chiamate depressione a lungo termine (DLT). La DLT si verifica unicamente nelle sinapsi delle fibre parallele che sono attive nello stesso momento in cui si attivano le fibre ascendenti. Questa caratteristiche delle sole afferenze attive viene chiamata specificità di afferenza. A differenza dell’aplysia, che dopo il condizionamento classico la sinapsi sensomotoria diventa più efficace, nel cervelletto, appaiando l’attività delle fibre parallele ed ascendenti, la sinapsi tra fibra parallela e neurone di Purkinje diventa meno efficace.

Si è scoperto che la modificazione sinaptica nel cervelletto è di tipo postsinaptico. La DLT dipende da una diminuzione della riposta postsinaptica al glutammato rilasciato dalle fibre e dall’attivazione delle fibre ascendenti che provoca un aumento di Ca2+ nei dendriti del neurone di Purkinje. Oltre al recettore per il glutammato AMPA esiste un secondo tipo di recettore chiamato recettore metabotropico per il glutammato che è associato, tramite una proteina G, all’enzima fosfolipasi C. Questo enzima induce la produzione di un secondo messaggero che attiva la protein-chinasi C.

La DLT si verifica quindi se avvengono contemporaneamente 3 segnali intracellulari :1. un aumento di Ca2+ dovuto all’attivazione della fibra ascendente.2. un aumento di Na+ causato dall’attivazione del recettore AMPA.3. l’attivazione della protein-chinasi C.

L’apprendimento si verifica quando l’aumento di Ca2+ e di Na+ coincide con l’attivazione della protein-chinasi C. Il processo mnestico si verifica quando i canali AMPA sono modificati e le correnti eccitatorie postsinaptiche vengono depresse.

La plasticità sinaptica nell’ippocampo e nella neocorteccia

Stimolando la via eccitatoria verso l’ippocampo con una breve stimolazione elettrica ad alta frequenza, si verifica un consistente rinforzo delle sinapsi stimolate e tale rinforzo dura per un periodo piuttosto lungo. Questo effetto è conosciuto con il nome di potenziamento a lungo termine (PLT).

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L’ippocampo è costituito da 2 strati neuronali :1. il giro dentato.2. il corno di Ammone (CA), che è diviso in 4 parti (CA1, CA2, CA3 e CA4).

La corteccia entorinale invia informazioni all’ippocampo tramite un gruppo di assoni chiamati via perforante. La via perforante proietta sul giro dentato che a sua volta proietta sul CA3. I neuroni del CA3 danno origine ad assoni che si ramificano : un gruppo lascia l’ippocampo, l’atro, chiamato collaterale di Schaffer, fa sinapsi con i neuroni del CA1.

Come la DLT nel cervelletto, il PLT dell’ippocampo è caratterizzato da una specificità di afferenza. Per il verificarsi di un PLT c’è bisogno che le sinapsi siano attive nello stesso momento in cui il neurone postsinaptico del CA1 viene fortemente depolarizzato. Per ottenere questa depolarizzazione la sinapsi deve essere stimolata a frequenza talmente alte da provocare una sommazione temporale di PPSE e un numero significativo di sinapsi deve essere attivo simultaneamente per provocare una sommazione spaziale di PPSE (cooperatività). Un PLT provocato nel CA1 di un animale vigile è in grado di durare molto tempo, anche una vita intera.

A differenza del cervelletto, i neuroni del CA1 possiedono anche dei recettori NMDA postsinaptici. L’aumento del livello di Ca2+ attiva oltre alla protein-chinasi C anche la protein-chinasi II calcio-modulina dipendente (CaMKII) che causano il PLT.

L’informazione dell’uomo può essere immagazzinata quindi sia come una diminuzione dell’efficacia sinaptica (DLT cerebellare) sia come un aumento dell’efficacia sinaptica (PLT ippocampale).

Secondo la teoria BCM, le sinapsi, che sono attive quando la cellula postsinaptica è silo debolmente depolarizzato da altri input, sono soggette a DLT invece che a PLT. Ma la DLT, come il PLT, è scatenata dall’entrata di Ca2+ attraverso il recettore NMDA. Ma come può lo stesso segnale scatenare sia DLT che PLT? La differenza sta nel livello di attivazione del recettore NMDA.

Sembra che la plasticità sinaptica della neocorteccia funzioni nello stesso modo di quella dell’ippocampo. Con un esperimento, chiamato labirinto ad acqua di Morris, un ratto è stato messo all’interno di una piccola vasca contenente acqua e una piattaforma sommersa nascosta. Il ratto, nuotando nella vasca, trova per caso la piattaforma che gli permette di risalire. Ripetendo più volte, i ratti normali apprendono velocemente la posizione della vasca e anche spostando questa capiscono il loro compito. E’ stato poi iniettato un bloccante del recettore NMDA nell’ippocampo dei ratti addestrati e questi non imparavano più le regole del gioco e la posizione della piattaforma sommersa. Questo ha dimostrato che il recettore NMDA svolge un ruolo importante nel processo mnestico.Tsien, ha modificato geneticamente un topo che porta un numero extra di recettori NMDA. Questo animale ha dimostrato un aumento delle capacità di apprendere alcuni compiti.

Le basi molecolari della memoria a lungo termine

L’aggiunta di gruppi fosfato alla struttura proteica è in grado di modificare l’efficienza sinaptica e formare un ricordo, ma solo se i gruppi di fosfato rimangono poi uniti alla proteina. Il problema è che la fosforilazione di una proteina non è permanente e le stesse molecole proteiche non sono permanenti. La fosforilazione delle proteine sinaptiche potrebbe essere mantenuta solo se le chinasi (gli enzimi che uniscono i gruppi di fosfato alle proteine) lavorassero continuamente.

Si è scoperto che la CaMKII è essenziale per la formazione di PLT nel CA1 e che questa rimane attiva anche dopo che il Ca2+ è tornato ad livello basso. Questo perché la CaMKII è una protein-chinasi autofosforilante, cioè ogni subunità della CaMKII può essere fosforilata dalle sottounità vicine. L’idea generale che una chinasi fosforilizzante possa immagazzinare informazione a livello di sinapsi è chiamata ipotesi dell’accensione molecolare.

Vi è però la necessità di nuove sintesi proteiche durante il periodo del consolidamento della memoria : il primo stadio della sintesi proteica è la generazione di un mRNA trascritto di un gene. Questo processo è regolato dai fattori di trascrizione nel nucleo. Un fattore di trascrizione è una proteina che si lega agli elementi di risposta all’AMPc (CREB). Il CREB è una proteina che si lega a specifici segmenti del DNA, chiamati elementi riposta all’AMPc (CRE), e regola l’espressione dei geni vicini.Ci sono 2 tipi di CREB :

1. CREB-2 : che reprime l’espressione del gene quando si lega al CRE.2. CREB-1 : che attiva la trascrizione, ma solo quando è fosforilato dalla protein-chinasi.

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La modulazione dell’espressione del gene da parte di CREB offre un meccanismo molecolare che può controllare la forza della memoria.

Il ricordo a lungo termine è quindi associato con la formazione di nuove sinapsi, mentre l’oblio con la perdita di queste sinapsi. I cambiamenti strutturali dovuti all’apprendimento non sono comunque spiegabili solo tramite l’aumento del numero di sinapsi; ad esempio, nell’aplysia, l’abituazione a lungo termine del riflesso di retrazione della branchia è associata con il decremento del numero di sinapsi fatte dal neurone sensoriale.

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