NEUROFISIOLOGIA Sir John Eccles - Piergiorgio...

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NEUROFISIOLOGIA “S ono stato un vagabondo per gli oltre cinquanta anni della mia vita scientifica. A eccezione del primo periodo trascorso a Oxford, non ho mai affrontato un solo esperimento scientifico come ospite di qualche laboratorio. Dal 1928 ho sempre avuto il mio laboratorio […]. Non sono mai approdato in un nuovo Istituto che fosse già attrezzato almeno in maniera primitiva con strumentazioni che servissero ai miei esperimenti […]. A ogni trasferimento portavo con me i miei strumenti come una lumaca che porta la sua casa sul dorso […]. Ma in ciascuno dei cinque porti ai quali sono approdato sono sempre stato fortunato e ho sempre trovato un’assistenza tecnica straordinaria […]. L’evoluzione dell’elettronica sorpassava le mie capacità di comprensione, ma ho sempre lavorato con strumenti d’avanguardia”. Così Sir John Eccles inizia a raccontare la sua Odissea scientifica nel 1977, due anni dopo la decisione di cessare l’attività sperimentale per dedicarsi a elaborare teorie affrontando il tema che fin dai tempi del liceo gli era caro: il problema delle relazioni fra mente e cervello. Questa breve introduzione delinea a grandi tratti la sua personalità, sempre autorevole, dominante, rivolta a dare il meglio di sé, sempre alla ricerca di un posto migliore per soddisfare l’istinto di conoscenza, straripante d’energia. Ebbe una prima moglie che gli diede nove figli, e poi una seconda. Giuseppe Moruzzi, l’altro mio grande Maestro, così si esprimeva in una lettera del 1966 quando seppe del suo nuovo pellegrinaggio verso gli USA: “Mentre scrivo, il mio pensiero va agli anni Trenta, quando ho cominciato a leggere i tuoi lavori. Oxford, Australia, Nuova Zelanda e ora Chicago. Ammiro lo spirito della tua vita non meno delle tue conquiste scientifiche” (Lettera del 24 febbraio 1966). Molto attivo nel periodo pre-universitario, appassionato di Darwin, da cui scaturisce il desiderio di studiare medicina per comprendere il mistero dell’emergere della mente, sportivo e campione di salto con l’asta, vincitore di numerosi riconoscimenti, si laurea nel 1925 a Melbourne, dove era nato ventidue anni prima. Vince la più prestigiosa borsa di studio per iniziare la sua attività di ricerca a Oxford, con “l’unico uomo al mondo che avrei voluto come maestro”, Sir Charles Sherrington, il pioniere della fisiologia integrativa del sistema nervoso, che nel 1952 otterrà il Nobel con E.D. Adrian. “Ma dopo due anni ebbi la possibilità di lavorare in piena autonomia”. Qui la scoperta di due tipi di motoneuroni, in seguito nominati alfa e gamma. Poi lo studio dei meccanismi dell’eccitazione e dell’inibizione sui motoneuroni. Infine, lo studio delle sinapsi nel ganglio cervicale superiore nel quale operava l’acetilcolina come trasmettitore. Accettò che nel sistema nervoso autonomo e nella giunzione neuromuscolare la trasmissione fosse chimica, concetto che sviluppò anche nel successivo periodo di Dunedin, ma senza ammetterla per il sistema nervoso centrale, dove sarebbe stata troppo lenta. Tenne questa posizione nonostante il suo maestro suggerisse, pur senza prove sperimentali, che senza trasmissione chimica sarebbe stato difficile trovare una spiegazione plausibile dell’inibizione così ben dimostrata sui motoneuroni. L’atmosfera a Oxford era eccitante: una concentrazione unica al mondo di neuroscienziati, da D.E. Denny-Brown a R.S. Creed, da R. Granit e J.Z. Young a E.G.T. Liddell, oltre al maestro naturalmente. Non si parlava soltanto di sistema nervoso, ma anche di letteratura, storia e arte. Fu in questo periodo che il giovane Eccles venne reclutato per collaborare alla stesura del libro firmato nel 1932 da quei magnifici cinque che gettarono le basi della fisiologia integrativa del sistema nervoso ispirata da Sherrington (Creed et al., 1932). Non mancavano i contatti e le discussioni con altri colleghi, come E.D. Adrian, e le ricche interazioni, come quella epistolare, con H. Dale. Sir John ha sempre considerato questo periodo formativo come essenziale per lo sviluppo della sua futura personalità. Gli anni d’oro Nel 1935 Sir Charles Sherrington andò in pensione e il nuovo ambiente di Oxford, insieme alla minacciosa ascesa di Hitler, indusse Eccles ad abbandonare l’Europa e ritornare in Australia, a Sydney. Disse: “Errore fatale non aver rischiato di rimanere in Inghilterra, nella quale non tornai più”. Ma qui arrivarono altre persone fuggite dall’Europa: S.W. Kuffler, scappato dall’Ungheria in una notte dopo aver ricevuto l’ingiunzione di presentarsi alla polizia la mattina seguente; B. Katz, nato a Lipsia ma proveniente dall’Inghilterra; e altri ancora. In breve tempo, in un ambiente relativamente povero e desertico si creò un formidabile gruppo che portò contributi fondamentali al ruolo dell’acetilcolina nella trasmissione neuromuscolare. Tuttavia, le condizioni di lavoro erano difficili, con scarse risorse e la Sir John Eccles John Carew Eccles ha consegnato ai posteri un patrimonio scientifico enorme per la storia delle neuroscienze, e la testimonianza di una personalità versatile e aperta a diverse discipline, non solo a quella scientifica. Una grande figura di uomo e di professore. Per usare una definizione di Teofrasto, insegnare per lui non fu come versare acqua in un vaso, ma come accendere un fuoco 20 di Piergiorgio Strata*

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“Sono stato un vagabondo per glioltre cinquanta anni della mia vita scientifica.A eccezione del primo periodo trascorso aOxford, non ho mai affrontato un soloesperimento scientifico come ospite di qualchelaboratorio. Dal 1928 ho sempre avuto il miolaboratorio […]. Non sono mai approdato inun nuovo Istituto che fosse già attrezzatoalmeno in maniera primitiva construmentazioni che servissero ai mieiesperimenti […]. A ogni trasferimentoportavo con me i miei strumenti come unalumaca che porta la sua casa sul dorso […].Ma in ciascuno dei cinque porti ai quali sonoapprodato sono sempre stato fortunato e hosempre trovato un’assistenza tecnicastraordinaria […]. L’evoluzionedell’elettronica sorpassava le mie capacità dicomprensione, ma ho sempre lavorato construmenti d’avanguardia”.Così Sir John Eccles inizia a raccontare la suaOdissea scientifica nel 1977, due anni dopo ladecisione di cessare l’attività sperimentale perdedicarsi a elaborare teorie affrontando iltema che fin dai tempi del liceo gli era caro: ilproblema delle relazioni fra mente e cervello.Questa breve introduzione delinea a granditratti la sua personalità, sempre autorevole,dominante, rivolta a dare il meglio di sé,sempre alla ricerca di un posto migliore persoddisfare l’istinto di conoscenza, straripanted’energia. Ebbe una prima moglie che glidiede nove figli, e poi una seconda. GiuseppeMoruzzi, l’altro mio grande Maestro, così siesprimeva in una lettera del 1966 quandoseppe del suo nuovo pellegrinaggio verso gliUSA: “Mentre scrivo, il mio pensiero va aglianni Trenta, quando ho cominciato a leggere ituoi lavori. Oxford, Australia, Nuova Zelanda

e ora Chicago. Ammiro lo spirito della tua vitanon meno delle tue conquiste scientifiche”(Lettera del 24 febbraio 1966).Molto attivo nel periodo pre-universitario,appassionato di Darwin, da cui scaturisce ildesiderio di studiare medicina percomprendere il mistero dell’emergere dellamente, sportivo e campione di salto con l’asta,vincitore di numerosi riconoscimenti, si laureanel 1925 a Melbourne, dove era nato ventidueanni prima. Vince la più prestigiosa borsa distudio per iniziare la sua attività di ricerca aOxford, con “l’unico uomo al mondo che avreivoluto come maestro”, Sir CharlesSherrington, il pioniere della fisiologiaintegrativa del sistema nervoso, che nel 1952otterrà il Nobel con E.D. Adrian. “Ma dopodue anni ebbi la possibilità di lavorare inpiena autonomia”. Qui la scoperta di due tipidi motoneuroni, in seguito nominati alfa egamma. Poi lo studio dei meccanismidell’eccitazione e dell’inibizione suimotoneuroni. Infine, lo studio delle sinapsi nelganglio cervicale superiore nel quale operaval’acetilcolina come trasmettitore. Accettò chenel sistema nervoso autonomo e nellagiunzione neuromuscolare la trasmissionefosse chimica, concetto che sviluppò anche nelsuccessivo periodo di Dunedin, ma senzaammetterla per il sistema nervoso centrale,dove sarebbe stata troppo lenta. Tenne questaposizione nonostante il suo maestrosuggerisse, pur senza prove sperimentali, chesenza trasmissione chimica sarebbe statodifficile trovare una spiegazione plausibiledell’inibizione così ben dimostrata suimotoneuroni.L’atmosfera a Oxford era eccitante: unaconcentrazione unica al mondo di

neuroscienziati, da D.E. Denny-Brown a R.S.Creed, da R. Granit e J.Z. Young a E.G.T.Liddell, oltre al maestro naturalmente. Non siparlava soltanto di sistema nervoso, ma anchedi letteratura, storia e arte. Fu in questoperiodo che il giovane Eccles venne reclutatoper collaborare alla stesura del libro firmatonel 1932 da quei magnifici cinque chegettarono le basi della fisiologia integrativadel sistema nervoso ispirata da Sherrington(Creed et al., 1932). Non mancavano icontatti e le discussioni con altri colleghi,come E.D. Adrian, e le ricche interazioni,come quella epistolare, con H. Dale. Sir Johnha sempre considerato questo periodoformativo come essenziale per lo sviluppodella sua futura personalità.

Gli anni d’oro

Nel 1935 Sir Charles Sherrington andò inpensione e il nuovo ambiente di Oxford,insieme alla minacciosa ascesa di Hitler,indusse Eccles ad abbandonare l’Europa eritornare in Australia, a Sydney. Disse:“Errore fatale non aver rischiato di rimanerein Inghilterra, nella quale non tornai più”. Ma qui arrivarono altre persone fuggitedall’Europa: S.W. Kuffler, scappatodall’Ungheria in una notte dopo aver ricevutol’ingiunzione di presentarsi alla polizia lamattina seguente; B. Katz, nato a Lipsia maproveniente dall’Inghilterra; e altri ancora. Inbreve tempo, in un ambiente relativamentepovero e desertico si creò un formidabilegruppo che portò contributi fondamentali alruolo dell’acetilcolina nella trasmissioneneuromuscolare. Tuttavia, le condizioni dilavoro erano difficili, con scarse risorse e la

Sir John Eccles

John Carew Eccles ha consegnato ai posteri un patrimonio scientifico enorme per la storia delle neuroscienze, e la testimonianza di una personalità versatile e aperta a diverse discipline, non solo a quella scientifica.

Una grande figura di uomo e di professore. Per usare una definizione di Teofrasto, insegnare per lui non fu come versare acqua in un vaso, ma come accendere un fuoco

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di Piergiorgio Strata*

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situazione generale sfavorevole per l’iniziodella nuova guerra.È del 1943 un ulteriore trasferimento diEccles a Dunedin, in Nuova Zelanda, dovecercò di creare un ambiente di culturamultisciplinare simile a quello vissuto aOxford. Fu qui che invitò Karl Popper atenere cinque lezioni. L’incontro segnò l’iniziodi un rapporto che incise profondamente sullavita di Sir John, con la nuova visione che ilgiovane filosofo profilava alla scienzaattraverso la teoria della falsificazione. Fu inquesta occasione che Sir John formulòl’ipotesi elettrica della trasmissione sinapticanel sistema nervoso centrale. E fu proprio aDunedin che nel marzo 1951 lo stesso SirJohn fornì la prova cruciale per falsificare lapropria teoria della trasmissione elettrica afavore di quella chimica. Quando egli

comunicò la nuova scoperta al Congressodella Physiological Society, H. Dale disse:“Viene in mente quasi inevitabilmente Saulsulla via di Damasco, quando le squamecaddero dai suoi occhi”. Le scoperte, con ilprezioso contributo di un fisico, J.S. Coombs,e di L.G. Brock, erano dovute anche in parteallo sviluppo della tecnica all’epocapionieristica di registrazione intracellulare,per la prima volta applicata al sistemanervoso dei vertebrati (Brock et al., 1952). Poi venne il periodo più fecondo, quando nel1954 si trasferì a Canberra, che divenne ilcentro d’eccellenza mondiale per lo studiodella trasmissione sinaptica. Nel dipartimentolavorarono per 13 anni ben 74 ricercatori di20 nazionalità. Di questi, 41 ricercatori di 14nazioni pubblicarono con Eccles e quasi tuttisono stati o sono ancora ricercatori di grande

successo. È di questo periodo lo studio deimeccanismi ionici dell’eccitazione suimotoneuroni e il coinvolgimento di potassio ecloro nell’inibizione postsinaptica. Poi venne la prima identificazione di unneurotrasmettitore, l’acetilcolina, nel sistemanervoso centrale. Questa scoperta s’ispirò alconcetto di Dale, elevato a principio da SirJohn, dell’unità biochimica di un neurone: se un neurone liberava acetilcolina a unaterminazione sinaptica, la stessa acetilcolinaavrebbe dovuto essere liberata a tutte le altreterminazioni. Quindi, se il motoneurone liberaacetilcolina sul muscolo, lo stessotrasmettitore doveva operare anche alleterminazioni assoniche che le collaterali

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Bizantino, op. 582, olio su tela, cm 80x100, 2004.

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ricorrenti del motoneurone stabilivano con lecellule di Renshaw. E così fu. Interessantericordare che quando Sir John enunciò il“principio di Dale” disse che ogni neuroneaveva un solo trasmettitore e tale concettodivenne di comune dominio e pubblicato sututti i trattati di neuroscienze. Quando neglianni Settanta si dimostrò la coesistenza di piùtrasmettitori in un singolo neurone, moltiaffermarono che il principio di Dale non erapiù valido. In realtà, Dale non sostenne mainei suoi lavori che un neurone aveva un solotrasmettitore, ma che un trasmettitore erapresente in tutte le terminazioni sinaptiche delneurone stesso. Negli scritti di Dale si trovatraccia del suggerimento che vi potesse esserepiù di un trasmettitore. Come Eccles ebbe aprecisare successivamente, il principio di Daleva inteso come unità biochimica del neuroneed è quindi sempre valido per l’insieme deitrasmettitori che esso è in grado di sintetizzaree quindi per la sua espressione genica. Sempre al periodo di Canberra appartiene ladimostrazione che l’inibizione era mediata daun interneurone che si interponeva lungo una

via eccitatoria invertendo in questo modo ilsegnale di trasmissione: “Senza dubbio ilperiodo più alto della mia carriera […]. 14anni d’oro, scientificamente parlando”,scriveva nel 1989.Ricordo un altro fatto significativo cheavvenne nel 1965. In quel periodo, con alcunicollaboratori tra i quali P. Andersen e R.Llinás, Eccles aveva iniziato lo studio delleconnessioni neuronali della cortecciacerebellare identificando i neuroni eccitatori einibitori. Nel giro di 2-3 anni, il cervellettodivenne la struttura architettonicamentemeglio conosciuta del sistema nervosocentrale. Sir John, come sua abitudine,tentava di formulare ipotesi su ogniosservazione. Quando, alcuni anni prima,aveva dimostrato che l’inibizione era mediatada un interneurone, gli piacque l’ipotesi chenel sistema nervoso centrale la trasmissionedell’informazione a distanza avvenisse tramiteneuroni ad assone lungo di tipo eccitatorio,mentre l’inibizione servisse a invertire lapolarità di trasmissione e fosse mediatalocalmente da interneuroni con assone breve.Nel 1965 M. Ito, suo ex collaboratore, fornivala prova sperimentale che le cellule diPurkinje del cervelletto, che erano ad assonelungo, erano di natura inibitoria. Sir Johnmanifestò entusiasmo per la nuova scoperta,nonostante questa falsificasse la sua ipotesi, eda lì nacque il libro, scritto nel 1967 con lostesso M. Ito e J. Szentágothai,

The Cerebellum as a Neuronal Machine, permolti anni un testo impareggiabile. Il Nobelnel 1963 gli fu assegnato, insieme a A.L.Hodgkin e A.F. Huxley, per il contributofondamentale sui meccanismi ionici dellatrasmissione sinaptica nel cervello.

La visione di Eccles

Sempre a Canberra lo raggiunse l’età dellapensione. Nonostante gli fosse stata offerta lapossibilità di avere uno spazio per continuarele sue ricerche, preferì migrare a Chicago perpotersi dedicare senza limitazioni alla sua vitascientifica. Quindi nuova odissea nel 1966 einfine a Buffalo dal 1972 al 1975. Il soggiornonegli Stati Uniti fu l’ultimo periodo di vitasperimentale e vide la collaborazione con 20ricercatori di 11 paesi, tra i quali R. Nicoll,D.S. Faber, R. Schmidt e N. Tsukahara. Oltrea ulteriori studi sulla fisiologia del cervellettoescono gli ultimi studi sulla conduttanzaionica delle sinapsi inibitorie a livello deineuroni dell’ippocampo.Infine, il ritiro in Svizzera dove, assieme aun’intensa attività di lezioni e conferenzetenute in tutto il mondo, diventa centrale lostudio del problema mente-cervello, cui ha

dedicato non meno di18 delle sue 567pubblicazioni;

è del 1994l’ultimodei suoi

Selinunte, op. 595, olio su tela, cm 95x125, 2004,(particolare).

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numerosi libri, Come l’Io controlla il suocervello.La sua visione dualista era di tipo cartesiano.La mente è considerata come unitàindipendente dalla materia, ma le due entitàs’influenzano a vicenda. Sir John era unfervido credente in Dio e nel sovrannaturale eil suo tentativo era di ridurre l’interazionebidirezionale fra mente e cervello a un fattoneurobiologico (Strata, 2000). Compitoarduo: “Lo scienziato deve osare affrontareproblemi che sembrano non avere soluzione.In maniera simile un alpinista può tentare discalare una montagna considerataimpossibile. Egli, in ogni caso, scoprirà moltecose interessanti alla sua base e capirà perchéla montagna è al di là delle sue capacità eottimisticamente tentare una pianificazionecon successo”.L’ipotesi dualista di Sir John non è mai stataaccettata dalla maggior parte della comunitàscientifica e dai filosofi viventi, perché troppoimprecisa e sperimentalmente nondimostrabile. Comunque la si pensi, gli si devericonoscere lo sforzo di aver affrontatoattraverso ipotesi un terreno che rappresentatutt’oggi uno dei più grandi misteridell’Universo. Durante i miei studi universitari, negli anniCinquanta, frequentavo come allievo internol’Istituto diFisiologia umanadi Pisa. GiuseppeMoruzzi vi

aveva creato uno dei più prestigiosi centri diricerca mondiale. La presenza in questa cittàdel Collegio Medico-Giuridico, amministratodalla Scuola Normale, e oggi diventatoCollegio Sant’Anna, costituiva per Moruzziuna sorgente per il reclutamento di studenti,che per regolamento avevano l’obbligo difrequentare un laboratorio di ricerca. Fu lì, in quest’ambiente altamente qualificato efrequentato da un gran numero di prestigiosiricercatori italiani e stranieri, che fuiintrodotto da studente ai grandi temi dellaneurofisiologia. Il nome di Sir John era tra ipiù gettonati.

Un incontro eccezionale

Lo conobbi di persona nel 1961, a Pisa,quando Moruzzi organizzò il primo congressodella neonata International Brain ResearchOrganization (IBRO). Erano presenti tutti ipiù prestigiosi neuroscienziati, fra i quali F. Bremer, J. Brookhart, P. Dell, D. AlbeFessard, A. Fessard, H. Gastaut, R. Granit, H. Jasper, M. Jouvet, R. Jung e G. Walter. Mala mia ammirazione principale era per JohnEccles. Con alcuni miei colleghi giovanineolaureati (Giovanni Berlucchi, LambertoMaffei e altri) fummo onorati di partecipareall’organizzazione con ilcompito, fra l’altro,

di trasportare in macchina i prestigiosi relatoritra l’albergo e l’Istituto dove si svolgeva ilconvegno. Feci dunque “la corte” a Sir John,il quale apparve immediatamente disponibileal colloquio, con un atteggiamentoamichevole. In quei pochi giorni ebbi cosìmodo di gettare le basi di ciò che in futurocostituì una vita ricca di connessioni, non soltanto dal punto di vista scientifico ma anche umano.Moruzzi aveva come regola di far trascorre aisuoi allievi un anno in un prestigioso istitutostraniero. In quel periodo Giovanni Berlucchie io lavoravamo insieme in perfetta sintonia eamicizia e nel luglio 1963, prima che a SirJohn fosse attribuito il Nobel, maturammoinsieme il desiderio di andare a Canberra alavorare con lui: fummo accettati entrambi.Per evitare l’assenza simultanea di duepersone, Moruzzi decise che Giovanni andassea lavorare con R. Sperry a Pasadena nel 1964e io a Canberra nel 1965. Anche per Giovannila decisione fu felice. Sperry ebbe poi

il Nobel nel 1981.Per me questo fu unperiodo d’oro, durante il quale partecipai acostruire l’architetturadel cervelletto.

Il contatto quotidianocon Sir John

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mi permise di apprezzarne meglio le qualitàscientifiche e umane, il suo entusiasmo difronte a ogni nuovo risultato, la sua tendenzaa voler sempre fornire un’ipotesi per ogniseppur piccola osservazione. Il gruppocomprendeva anche K. Sasaki. Spesso,particolarmente dopo un esperimento diparticolare successo, ci invitava nel suo studiodove teneva una bottiglia di sherry e crackersper brindare. Ricordo anche i numerosi tennisparties del sabato pomeriggio nella sua villa,dove lo sport non impediva le discussioniscientifiche.Poi lo seguii a Chicago dove accettai l’invitodi un contratto di cinque anni come membrodel nuovo Institute for Biomedical Research efui anche nominato Honorary AssistantProfessor alla Northwestern University. Dopopoco più di un anno mi trovai di fronte a unadifficile scelta. A Pisa avevo ottenuto un postodi ruolo come assistente universitario eMoruzzi non ritenne onesto mantenere unaposizione in Italia, anche se in congedo senzaassegni, e contemporaneamente lavorareall’estero. Decisi di rientrare dopo poco più diun anno.

Maestro e amico

La fine della collaborazione, tuttavia, coincisecon l’inizio di una relazione che continuòattraverso lettere, contatti diretti in occasionedi congressi in varie parti del mondo, fino agliultimi colloqui telefonici poco prima della suascomparsa il 2 maggio 1997. Il suo ritiro nellasvizzera italiana nel 1975 ha facilitato i nostricontatti personali. La nostra relazione rimaseintensa e arricchì non soltanto me, ma i mieicollaboratori torinesi. Voglio ricordare leserate familiari con sua moglie Helena e lediscussioni che ormai volgevanoinsistentemente sul problema mente-cervello.Venne spesso a Torino, dove ricevette lalaurea honoris causa. Le sue conferenze eranosempre un successo e talvolta l’aula nonriusciva a contenere tutto il pubblico.Sir John ha consegnato ai posteri unpatrimonio scientifico enorme che rimarrànella storia delle neuroscienze. Ma ci ha anchelasciato in patrimonio un modello dipersonalità versatile e dotata di una culturagenerale mai chiusa o limitata alla solascienza. Alla figura del maestro che ti iniziaalla disciplina scientifica, si aggiunge quelladella persona che amichevolmente ti parla dievoluzione del cervello, dell’emergenza deidiritti umani, del limite all’uso del nucleareper scopi bellici, della creatività umana e

dell’evoluzione dell’arte e di chi si unisce alcoro per chiedere a papa Giovanni Paolo II lariabilitazione di Galileo. Parlava di questiproblemi con lo stesso entusiasmo che usavadi fronte alle nuove scoperte della scienza.Tutto era visto come frutto dell’intelligenzadell’uomo che lo ha guidato dai tempi remotiverso l’evoluzione culturale. Sotto questoprofilo, Sir John cercava di capire la naturaumana visitando le opere d’arte comeprodotto della mente. La creazione artisticaera la prova dell’intelligenza tipicamenteumana, con la sua creatività rivolta adarricchire la realtà in un quadro universale,per trasmettere le sue conquiste allegenerazioni future. Un vero grande maestro.Insegnare non è come versare acqua in unvaso, ma è come accendere un fuoco, dicevaTeofrasto. Questa era la sua grande dotecapace di trascinare un’immensa quantità dicolleghi verso la scienza e più in generaleverso la cultura e l’impegno nella società. Ilgrande numero di allievi che sono stati o sonoancora oggi autorevoli scienziati è la miglioredimostrazione che la sua fu veramente lafigura di un maestro. ●

*Rita Levi-Montalcini Center for Brain Repair,Department of Neuroscience, Torino

Bibliografia

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Strata P., Harvey R., “Dale’s Principle”, Brain Res Bull,50, 1999, pp. 349-350.

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Efeso, op. 585, olio su tela, cm 95x120, 2004.

Gerusalemme: L’attesa degli Etiopi, op. 621, olio su tela, cm 120x80, 2005.

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