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35 STANDARD OF PRACTICE GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA SETTEMBRE 2016 L a frequenza con cui viene fatta diagnosi di neoplasia cistica del pancreas (NCP) è drammaticamente aumentata nel corso delle ultime due decadi. Generalmente si tratta di un riscontro incidentale in pazienti per lo più anziani e asintomatici, sottoposti a TAC o RMN dell’addome per patologie non correlate al pancreas (1). Identificare e classificare correttamente le NCP è di fondamentale importanza, in quanto alcune di esse sono considerate lesioni precancerose con va- riabile potenziale degenerativo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce fra le NCP quat- tro principali categorie: cistoadenomi sierosi, ne- oplasie cistiche mucinose, neoplasie mucinose in- traduttali papillari o IPMN (fra cui si distinguono le varianti morfologiche main-duct, branch-duct e mixed type, a seconda del tipo di dotto interes- sato) e tumori pseudopapillari. L’identificazione di un tipo specifico di NCP defi- nisce in modo univoco il percorso terapeutico da intraprendere nella maggior parte dei casi: il ci- stoadenoma sieroso ha un potenziale degenerativo trascurabile, riconducibile a casi aneddotici, e non necessita di un intervento resettivo se non in casi sintomatici. La chirurgia resettiva è trattamento di prima scelta invece nel tumore pseudopapillare e nell’IPMN di tipo main-duct o mixed-type, in ragione del loro consistente potenziale di degene- razione. La strategia terapeutica indicata per l’IPMN di tipo branch-duct e, in misura minore, della neo- plasia cistica mucinosa è decisamente controver- sa dato che queste neoplasie cistiche nonostante siano considerate precursori dell’adenocarcinoma duttale del pancreas, dimostrano frequentemente un comportamento indolente e un tasso di dege- nerazione relativamente basso, obbligando il cli- nico a scegliere fra una politica resettiva aggres- siva, gravata da tassi di morbilità e mortalità non trascurabili, e un atteggiamento attendista con follow-up intensivo a lungo termine. Ciò assume ancora maggior rilievo di fronte al seguente dato epidemiologico: le NCP sono oggi diagnosticate in circa il 10% dei soggetti con età pari o superio- re ai 70 anni, e la maggior parte di queste lesioni sono IPMN dei dotti secondari del pancreas (BD- IPMN) (2). La storia naturale di queste lesioni ri- mane per lo più sconosciuta, rendendo il manage- ment di questi pazienti tuttora controverso. Attualmente il management dei pazienti con BD- IPMN si basa sull’associazione di caratteristiche epidemiologiche, cliniche e morfologiche, que- ste ultime rilevate da diverse tecniche di imaging (TAC, RMN, MRCP, EUS). L’ecoendoscopia, a fronte di una maggiore inva- sività, permette di studiare con maggiore accu- ratezza rispetto alle altre metodiche sia il sistema duttale che il parenchima pancreatico rilevando alterazioni morfologiche predittive di malignità (3). L’ecoendoscopia inoltre permette di effettua- re una biopsia mirata con ago sottile delle irrego- larità di parete e di aspirare il liquido contenuto nella cisti per eseguire il dosaggio dei marcatori tumorali. Tra questi il dosaggio dell’antigene car- cinoembrionario (CEA), ha un ruolo nella dia- gnosi differenziale tra lesioni mucinose e lesioni non mucinose (4). L’utilizzo combinato di queste metodiche, per quanto gravato da una sensibili- tà relativamente bassa (non superiore al 50% per quanto riguarda l’esame citologico), consente in caso di un campione adeguato rappresentativo di discriminare con alta specificità il tipo di lesione cistica in esame e valutando la presenza di atipie cellulare di diverso grado di indirizzare la strategia terapeutica. Pietro MAGNONI, Maria Chiara PETRONE Pancreato-Biliary Endoscopy and Endosonography Division, Pancreas Translational & Clinical Research Center San Raffaele Scientific Institute IRCCS Vita-Salute San Raffaele University - Milan, Italy Neoplasie cistiche del pancreas: revisione critica delle linee guida standard of practice

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STANDARD OF PRACTICE

GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ SETTEMBRE 2016

La frequenza con cui viene fatta diagnosi di neoplasia cistica del pancreas (NCP) è drammaticamente aumentata nel corso delle ultime due decadi. Generalmente si

tratta di un riscontro incidentale in pazienti per lo più anziani e asintomatici, sottoposti a TAC o RMN dell’addome per patologie non correlate al pancreas (1).Identificare e classificare correttamente le NCP è di fondamentale importanza, in quanto alcune di esse sono considerate lesioni precancerose con va-riabile potenziale degenerativo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce fra le NCP quat-tro principali categorie: cistoadenomi sierosi, ne-oplasie cistiche mucinose, neoplasie mucinose in-traduttali papillari o IPMN (fra cui si distinguono le varianti morfologiche main-duct, branch-duct e mixed type, a seconda del tipo di dotto interes-sato) e tumori pseudopapillari. L’identificazione di un tipo specifico di NCP defi-nisce in modo univoco il percorso terapeutico da intraprendere nella maggior parte dei casi: il ci-stoadenoma sieroso ha un potenziale degenerativo trascurabile, riconducibile a casi aneddotici, e non necessita di un intervento resettivo se non in casi sintomatici. La chirurgia resettiva è trattamento di prima scelta invece nel tumore pseudopapillare e nell’IPMN di tipo main-duct o mixed-type, in ragione del loro consistente potenziale di degene-razione. La strategia terapeutica indicata per l’IPMN di tipo branch-duct e, in misura minore, della neo-plasia cistica mucinosa è decisamente controver-sa dato che queste neoplasie cistiche nonostante siano considerate precursori dell’adenocarcinoma duttale del pancreas, dimostrano frequentemente un comportamento indolente e un tasso di dege-nerazione relativamente basso, obbligando il cli-nico a scegliere fra una politica resettiva aggres-

siva, gravata da tassi di morbilità e mortalità non trascurabili, e un atteggiamento attendista con follow-up intensivo a lungo termine. Ciò assume ancora maggior rilievo di fronte al seguente dato epidemiologico: le NCP sono oggi diagnosticate in circa il 10% dei soggetti con età pari o superio-re ai 70 anni, e la maggior parte di queste lesioni sono IPMN dei dotti secondari del pancreas (BD-IPMN) (2). La storia naturale di queste lesioni ri-mane per lo più sconosciuta, rendendo il manage-ment di questi pazienti tuttora controverso.Attualmente il management dei pazienti con BD-IPMN si basa sull’associazione di caratteristiche epidemiologiche, cliniche e morfologiche, que-ste ultime rilevate da diverse tecniche di imaging (TAC, RMN, MRCP, EUS). L’ecoendoscopia, a fronte di una maggiore inva-sività, permette di studiare con maggiore accu-ratezza rispetto alle altre metodiche sia il sistema duttale che il parenchima pancreatico rilevando alterazioni morfologiche predittive di malignità (3). L’ecoendoscopia inoltre permette di effettua-re una biopsia mirata con ago sottile delle irrego-larità di parete e di aspirare il liquido contenuto nella cisti per eseguire il dosaggio dei marcatori tumorali. Tra questi il dosaggio dell’antigene car-cinoembrionario (CEA), ha un ruolo nella dia-gnosi differenziale tra lesioni mucinose e lesioni non mucinose (4). L’utilizzo combinato di queste metodiche, per quanto gravato da una sensibili-tà relativamente bassa (non superiore al 50% per quanto riguarda l’esame citologico), consente in caso di un campione adeguato rappresentativo di discriminare con alta specificità il tipo di lesione cistica in esame e valutando la presenza di atipie cellulare di diverso grado di indirizzare la strategia terapeutica.

Pietro MAGNONI, Maria Chiara PETRONEPancreato-Biliary Endoscopy and Endosonography Division, Pancreas Translational & Clinical Research Center San Raffaele Scientific Institute IRCCS Vita-Salute San Raffaele University - Milan, Italy

Neoplasie cistiche del pancreas: revisione critica delle linee guida

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LINEE GUIDA STORICHENel corso dell’ultima decade sono state pubbli-cate diverse linee guida allo scopo di fornire rac-comandazioni riguardo al work-up diagnostico e al management dei pazienti con NCP. Di queste, una recente analisi di Falconi et al. (5) eseguita mediante l’uso dell’AGREE instrument (uno strumento ampiamente convalidato ed utilizzato per valutare la qualità metodologica delle linee guida sviluppate), evidenzia le tre che trovano piena applicabilità nella pratica clinica: le Inter-national Consensus Guidelines (ICG), stilate originariamente nel 2006 a seguito dell’incontro della International Association of Pancreatology a Sendai (6) e poi rivisitate nel 2012 in occasione di un ulteriore incontro dell’associazione a Fukuoka, in Giappone (7); l’European experts consensus statement dello European Study Group on Cystic Tumours of the Pancreas (8); infine, le Italian Consensus Guidelines del 2014 stilate dall’Asso-ciazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri - AIGO - congiuntamente all’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas - AISP (9). I principali temi trattati sono tre: le indicazioni per il trattamento chirurgico, la sorveglianza post-operatoria, e le strategie di follow-up nei pazienti candidati ad un management di tipo conservativo. Considerando quest’ultimo punto, non sussistono eclatanti discordanze riguardo al timing, general-mente stratificato in base alle dimensioni della cisti (Tabella 1), quanto piuttosto alla metodica da pri-vilegiare. Le linee guida italiane non riservano un ruolo di primo piano all’ecoendoscopia in ragio-ne della sua maggior invasività rispetto alla RMN con MRCP, mentre nelle raccomandazioni inter-

nazionali ed europee le due metodiche sono varia-bilmente integrate anche in funzione del quesito clinico: la MRCP è dedicata preferenzialmente alla misurazione del diametro della cisti e del Wirsung, l’ecoendoscopia alla valutazione di eventuali no-duli murali. Quanto al follow-up post-operatorio, la sorveglianza dell’IPMN invasivo segue il proto-collo riservato all’adenocarcinoma duttale conven-zionale, mentre gli IPMN non invasivi prevedono tendenzialmente controlli a scadenza semestrale-annuale in ragione del grado di atipia riscontrato sul pezzo chirurgico e dell’interessamento o meno dei margini di resezione. Le maggiori criticità ri-guardano l’identificazione dei criteri per definire la necessità o meno dell’intervento chirurgico.Le ICG di Sendai indicavano il trattamento chi-rurgico come prima scelta nelle neoplasie cistiche mucinose, nei IPMN main-duct, e nei IPMN-BD sintomatici o in presenza di una qualsiasi delle tre variabili morfologiche definite “ad alto rischio” (dimensioni superiori a 3 cm, dilatazione del dotto principale maggiore di 6 mm, presenza di noduli murali) o in presenza di campione cito-logico positivo per malignità (6). Nella revisione del 2012 venivano distinti due gruppi di criteri clinico-radiologici a cui corrispondono diverse strategie diagnostico-terapeutiche: le “high-risk stigmata”, che richiedono trattamento chirurgico (ittero ostruttivo, presenza di componente solida con enhancement, diametro del dotto principa-le superiore a 10 mm), e le “worrisome features”, che giustificano un ulteriore approfondimento diagnostico con ecoendoscopia ed ago-aspirato (pancreatite acuta, diametro della cisti superiore a 3 cm, ispessimento o enhancement delle pareti, nodulo murale privo di evidente enhancement,

Tabella 1 - Tempistiche per il follow-up dell’IPMN di tipo branch-duct. Le linee guida AGA 2015 si riferiscono alle NCP in generale

ICG 2006 ICG 2012 EECS 2013 AIGO-AISP 2014 AGA 2015

< 1 cm Ogni 12 ms Ogni 24-36 ms Tutte le cisti < 4 cmsenza fattori di rischioOgni 6 ms per 1 aa à Ogni 12 ms per 5 aa Se incremento dimensione à Ogni 6 ms

Ogni 12 ms per 2 aa à Ogni 24 ms

A 12 ms à Ogni 24 ms per 2 aa à Stop

1-2 cm Ogni 6-12 ms per 2 aa*

Ogni 12 ms per 2 aa*

Ogni 6-12 ms per 2 aa à Ogni 18 ms

2-3 cm Ogni 3-6 ms A 3-6 ms* Ogni 3-6 ms per 2 aa à Ogni 12 ms3-4 cm - Ogni 3-6 ms

> 4 cm -

* Oltre questa scadenza è possibile allungare l’intervallo in modo non chiaramente definito dalle linee guida.

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calibro del dotto principale compreso fra 5 e 9 mm o sua variazione improvvisa con atrofia pa-renchimale a valle, linfadenopatia) con la possibi-lità di un follow-up successivo. Le European Expert consensus statement distin-guono indicazioni assolute e relative per la chirur-gia. Le indicazioni assolute ricalcano gli originali criteri di Sendai, dando particolare risalto al cri-terio dimensionale, con cut-off fissato a 4 cm di diametro. Tra le indicazioni relative, viene inserita la rapida crescita della cisti (incremento annuo su-periore ai 2 mm) ed elevati livelli sierici di CA 19-9, criteri sicuramente utili benché inficiati dalla specificità dubbia del CA 19-9 come marcatore di malignità e dalla variabilità inter-osservatore e fra le diverse tecniche di imaging nella misura della variazioni dimensionali (8). Le linee guida AIGO-AISP tengono in considerazione le defini-zioni di Fukuoka di high-risk stigmata e worrisome features dando una diversa interpretazione, poiché propongono l’intervento chirurgico per qualsia-si cisti che, sottoposta ad ago-aspirato, riveli un contenuto mucinoso anche in presenza delle sole worrisome features (9). Le discordanze sulle esatte indicazioni per la chirurgia e sulla metodica da utilizzare per il follow-up fanno sì che il consenso

fra gli esperti del working group non sia superiore al 50%. Tuttavia vi è stato unanime accordo nel definire le seguenti direttive: l’identificazione di una caratteristica morfologica ad alto rischio im-pone la chirurgia, ed il follow-up dei pazienti non operati prosegue a tempo indeterminato.

LINEE GUIDA AMERICANELe linee guida dell’American Gastroenterological Association (AGA 2015) indicano il trattamento chirurgico solo nei pazienti sintomatici (10). La presenza di almeno due criteri di Sendai indica l’e-secuzione di ecoendoscopica con ago-aspirato, e nel caso in cui la citologia sia negativa o non adeguata, la chirurga è indicata solo in presenza di dilatazione del dotto principale associata alla presenza di una componente solida della cisti. Nei pazienti non operati, in caso di persistente stabilità della cisti, il follow-up si riduce a tre risonanze magnetiche ef-fettuate nell’arco di cinque anni e può esaurirsi con esse; la sorveglianza post-operatoria, a meno di una storia familiare di cancro del pancreas, è giustificata solo in caso di riscontro di displasia di alto grado o adenocarcinoma (Tabella 2).

Tabella 2 - Indicazioni all’intervento chirurgico per l’IPMN di tipo branch-duct. Le linee guida AGA 2015 si riferiscono alle NCP in generale

ICG 2006

ICG 2012

EECS 2013

AIGO-AISP 2014

AGA 2015

Sintomi CHIR • Ittero ostruttivo à CHIR• Pancreatite à EUS

CHIR (IA) CHIR -

Diametro > 3 cm CHIR EUS - EUS-FNA EUS*

Diametro > 4 cm CHIR (IA)

Crescita > 2 mm/aa - - CHIR (IA) - -

Wirsung 6-9 mm CHIR EUS CHIR (IA) EUS-FNA EUS*CHIR**

Wirsung >10 mm CHIR CHIR

Nodulo murale CHIR • Non enhancement in TAC/RMN à EUS• Enhancement in TAC/RMN o conferma EUS à CHIR

CHIR (IR) • Non enhancement in TAC/RMN à EUS-FNA• Enhancement in TAC/RMN à CHIR

EUS*CHIR**

CA 19-9 sierico - - CHIR (IR) CHIR° -

* Solo se almeno 2/3 presenti alla RMN ** Solo se entrambe confermate in ecoendoscopia° Considerare anche in assenza di altre caratteristiche di rischioCHIR = chirurgia, EUS = ecoendoscopia, FNA = fine-needle aspiration, IA = indicazione assoluta, IR = indicazione relativa

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Seguite alla lettera, queste direttive potrebbero portare ad atteggiamenti decisamente contrastan-ti rispetto a quelli finora esposti: ad esempio, la decisione di sorvegliare con RMN senza una sin-gola ecoendoscopia di conferma un paziente che dimostri “soltanto” un nodulo murale, o di non operare una cisti maggiore di 3 cm con compo-nente solida confermata all’ecoendoscopia (ben due degli originali criteri di Sendai). Come si evince dalla Technical Review della stessa AGA, pubblicata in accompagnamento alle linee guida appena descritte, le scelte operate dagli au-tori americani sembrano essere il risultato di una politica volta al risparmio di risorse economiche ed umane, tutto sommato giustificata da alcune considerazioni di carattere epidemiologico: la probabilità che una cisti pancreatica riscontrata incidentalmente sia maligna al momento della diagnosi è circa 0,01%, e il tasso annuo di dege-nerazione maligna si attesta su un valore di 0,24% (11). Anche la mancata distinzione istotipica po-trebbe apparire ragionevole, considerando che un recente studio di Park et al ha riportato tassi di malattia invasiva non superiori al 5% anche per la neoplasia cistica mucinosa (12). Il presuppo-sto per la maggior parte delle scelte operate nella stesura delle linee guida americane deriva dalla considerazione che i dati presenti in letteratura originano per lo più da risultati istologici in pa-zienti sottoposti ad intervento chirurgico, ovvero pazienti la cui lesione era già stata giudicata me-ritevole di resezione, il che non rispecchia la con-dizione più frequentemente incontrata nella pra-tica clinica. Inoltre, anziché la prevenzione della mortalità per adenocarcinoma, viene considerata come outcome primario la rimozione di lesioni anche con displasia di alto grado, benché la storia naturale della progressione da questa condizione allo sviluppo di un carcinoma invasivo rimanga in larga parte sconosciuta (11).D’altra parte, le AGA fanno un punto di forza della mancata classificazione preliminare del tipo specifico di NCP: escludono l’IPMN main-duct ed il tumore pseudopapillare in ragione del loro aspetto caratteristico all’imaging, ma lasciano consapevolmente indefinito uno spettro che rac-chiude il cistadenoma sieroso, la neoplasia cistica mucinosa e l’IPMN-BD, proponendo un approc-cio universale in ragione della subottimale accu-ratezza diagnostica di tutte le metodiche ad oggi disponibili. Effettivamente, benché il riscontro di lesioni multifocali suggerisca fortemente un IPMN, le cisti solitarie in cui non venga dimo-strata una comunicazione con il wirsung, sono

difficilmente differenziabili (13). Si stima che diagnosi preoperatorie errate si verifichino in una percentuale di casi che arriva fino al 10% (14). Fortunatamente, soltanto l’8,5% di queste ha un impatto clinico che si traduce nel compimento di un’operazione chirurgica non necessaria (15).L’aspetto più discutibile delle line guida AGA ri-guarda la definizione di un limite temporale per il follow-up e la rinuncia sistematica all’utilizzo dell’ecoendoscopia. Vengono infatti offerte nor-me che si applicano alla singola lesione cistica, fine a se stessa, dimenticando che l’IPMN rap-presenta una predisposizione della ghiandola alla degenerazione neoplastica, con possibilità di svi-luppo di nuove cisti o carcinomi metacroni. Dati di letteratura riportano che il rischio cumulativo di degenerazione maligna dell’IPMN-BD (3% circa) è pari alla probabilità di sviluppo di un ade-nocarcinoma giudicato come distinto dall’IPMN, sia per diversa sede sia per l’assenza di un’area di transizione da adenoma a carcinoma all’interno della componente invasiva (16). Di controverso, gli autori giapponesi propongono follow-up in-tensivi a scadenze sempre più strette proprio in ragione della possibilità di sviluppo di adenocar-cinomi distinti piuttosto che per l’IPMN stesso (17). Creare un protocollo unico per tutte le NCP significherebbe compiere un passo indietro rispet-to all’orientamento globale ormai propenso ad identificare con sempre maggior sicurezza l’entità nosologica in questione e ad agire di conseguenza.

CONSIDERAZIONI FINALIIl maggior pregio delle ICG è stato quello di stan-dardizzare la pratica clinica a livello mondiale. Non mancano report di carcinomi insorti in cisti di mo-deste dimensioni o prive dei criteri di malignità pro-posti, ma, di fronte ad una specificità subottimale, la sensibilità rimane elevatissima, come testimonia-to da Goh et al in una recente revisione sistematica di oltre mille pazienti operati per IPMN (18). Le indicazioni europee ed italiane, per quanto meno validate, ne condividono largamente l’imposta-zione. L’approccio americano sembra muoversi in direzione diametralmente opposta, e difficilmente potrà essere parte di questo progetto integrato. È ancora presto per esprimere un giudizio su quale di queste linee si dimostrerà la più cost-effective. D’altro canto, di fronte ai risultati finora positivi dell’approccio “non-americano”, avere degli studi prospettici di validazione delle AGA appare al mo-mento una possibilità remota.

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iceIn definitiva, il management delle NCP in gene-

rale ed in particolare dell’IPMN-BD rimane con-troverso. La presenza di sintomatologia orienta fortemente verso la scelta chirurgica, ma la sem-pre crescente popolazione di soggetti con diagnosi incidentali richiede l’individuazione di una stra-tegia efficace. Da un lato, dilungare gli intervalli di follow-up e utilizzare tecniche meno invasive sembra allettante considerato il rischio di progres-sione intrinsecamente molto basso; dall’altro, per via della sempre presente possibilità di insorgenza di nuove lesioni, siano esse nuovamente prema-ligne o francamente maligne ab initio, intervalli brevi e tecniche che offrano la massima accuratez-za diagnostica ad un basso prezzo biologico, come appunto l’ecoendoscopia, appaiono indispensabi-li. Ad oggi, indipendentemente da quanto una le-sione cistica possa apparire stabile o innocua, non vi sono dati che giustifichino la sospensione del follow-up.In un gioco di equilibri fra la sempre presente possibilità di sviluppo di malignità, i rischi asso-ciati alla chirurgia, e i costi biologici ed economici di un follow-up intensivo che evidentemente può non risultare sostenibile per tutti, rimane neces-sario considerare una costellazione di fattori pro-pri non solo della neoplasia, ampiamente discussi finora, ma anche del paziente (età, comorbidità, compliance, maggior valore conferito alla qualità o alla quantità della vita) e della specifica realtà socio-assistenziale in cui ci si trova, cogliendo qui l’occasione per rimarcare l’importanza di indiriz-zare il paziente con NCP verso centri di riferi-mento e ad alto volume per la diagnosi e, laddove necessaria, la chirurgia. Da ultimo, il clinico non deve mai dimenticare quanto già affermato nelle ICG 2006: “la decisione se rimuovere o sorveglia-re una lesione cistica pancreatica è una questione di giudizio clinico”.

- Le NCP ed in particolare il BD-IPMN sono riscontri accidentali oggi sempre più frequenti.

- Le ICG 2012 propongono la resezione per BD-IPMN con high-risk stigmata ed in caso di worrisome features un approfondimento con ecoendoscopia ed agoaspirato che definisce la possibilità di avviare il paziente ad un follow-up intensivo a lungo termine.

- Le AGA 2015 propongono indicazioni chirurgiche e per il follow-up meno strette di cui mancano dati di validazione.

- L’approccio al BD-IPMN è tuttora controverso e deve considerare fattori propri della neoplasia, del paziente e della realtà socio-assistenziale specifica.

Take home message

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CORRISPONDENZADott.ssa MARIA CHIARA PETRONEPancreato-Biliary Endoscopy and Endosonography DivisionSan Raffaele Scientific Institute IRCCS, Vita Salute San Raffaele University, Milan, ItalyVia Olgettina 60, 20132 MilanoTel. +39 02 26435607Fax +39 02 26435609E-mail: [email protected]

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