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"nelle curve" La moto, fantastico mezzo per farsi “trasportare” Da cosa è dato questo infinito piacere di andare in moto? Probabilmente è il contrapporsi continuo del controllo e dell’instabilità del mezzo che fa crescere all’infinito il piacere di portare una moto. Due elementi, controllo e instabilità, affascinanti e pericolosi, che tengono costantemente in bilico, in una perenne sfida con se stessi, nella consapevolezza di controllare sempre la situazione ed allo tempo stesso contrapporsi al pericolo dell'instabilità. E’ unalternanza di sensazioni, un mix di potenza e paura, come in una vita differente, romantica e sfrontata allo stesso tempo e che temiamo vivere. Sensazioni che solo un motociclista può vivere e percepire facendo scorrere le ruote sulla strada. Troppo comodo imparare a guidare la motocicletta leggendo un manuale. Impossibile. Per altro, la sola pratica non sempre è sufficiente ed in particolare per chi si avvicina alla motocicletta da adulto. Col passare degli anni, è un classico, perdere sicurezza e spontaneità, quindi provare e osare diventa più difficile. Guidare una motocicletta è una abilità che migliora con la pratica e si affina col tempo, a patto di volere, appunto, osare e sperimentare. Prevalentemente chi usa la moto per spostarsi non ha un buon controllo del mezzo; sale in sella senza considerare il proprio peso e le condizioni stradali e troppo spesso confonde la velocità con l’abilità. Essere abili guidatori non obbliga alla velocità, per contro, in situazioni pericolose un buon guidatore sa reagire prontamente, minimizzare il rischio nel superare il pericolo.

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"nelle curve"

La moto, fantastico mezzo per farsi “trasportare” Da cosa è dato questo infinito piacere di andare in moto? Probabilmente è il contrapporsi continuo del controllo e dell’instabilità del mezzo che fa crescere all’infinito il piacere di portare una moto. Due elementi, controllo e instabilità, affascinanti e pericolosi, che tengono costantemente in bilico, in una perenne sfida con se stessi, nella consapevolezza di controllare sempre la situazione ed allo tempo stesso contrapporsi al pericolo dell'instabilità. E’ un’ alternanza di sensazioni, un mix di potenza e paura, come in una vita differente, romantica e sfrontata allo stesso tempo e che temiamo vivere. Sensazioni che solo un motociclista può vivere e percepire facendo scorrere le ruote sulla strada. Troppo comodo imparare a guidare la motocicletta leggendo un manuale. Impossibile. Per altro, la sola pratica non sempre è sufficiente ed in particolare per chi si avvicina alla motocicletta da adulto. Col passare degli anni, è un classico, perdere sicurezza e spontaneità, quindi provare e osare diventa più difficile. Guidare una motocicletta è una abilità che migliora con la pratica e si affina col tempo, a patto di volere, appunto, osare e sperimentare. Prevalentemente chi usa la moto per spostarsi non ha un buon controllo del mezzo; sale in sella senza considerare il proprio peso e le condizioni stradali e troppo spesso confonde la velocità con l’abilità. Essere abili guidatori non obbliga alla velocità, per contro, in situazioni pericolose un buon guidatore sa reagire prontamente, minimizzare il rischio nel superare il pericolo.

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Il concetto di velocità è sempre molto relativo, mentre soggettiva è la percezione della velocità. Quella che potrebbe sembrare una velocità elevatissima, per un pilota, non è altro che la velocità di riscaldamento. Per ora limitiamoci a considerare che la velocità è quella massima consentita dalla nostra abilità e dalla capacità del nostro mezzo. Mentre parlando di strada, la velocità sarà sempre condizionata e limitata dalla sicurezza. In strada, non si deve mai superare la velocità ideale per affrontare qualsiasi situazione di emergenza, sfruttando esclusivamente le nostre capacità di guida. Volendo formalizzare un consiglio: "Guidate stando in difesa". Lo scopo di questo elaborato – a parte il piacere di redigerlo - è di mettere, nero su bianco, una breve traccia per la formazione alla guida. Ribadendo che non é possibile imparare a guidare leggendo, si può tuttavia seguire un percorso capace di confrontare una serie di personali esperienze, di cui alcune anti-istintive, con l’auspicio di ridurre i tempi di apprendimento delle potenzialità esprimibili della moto e lo sviluppo dell’ abilità nel guidarla. Alcuni aspetti della guida si possono imparare solo sperimentando o se qualcuno ce li insegna. Molti motociclisti ultra stagionati, con centinaia di migliaia di chilometri di esperienza, non sono ancora in grado di fare una curva senza sbagliare almeno una delle fasi di cui si compone la guida "non rettilinea". E questo per i più svariati motivi ma fondamentalmente perché non hanno mai curato il controllo della moto come base fondamentale per una guida efficace e sicura. Conoscendo i modi corretti e con un pò di buona volontà si può migliorare. Tre principi basilari Di seguito, alcune nozioni generali per capire come funziona una moto e perché le cose avvengono in un modo piuttosto che in un altro, banalizzando al massimo alcuni concetti tecnici anche se di notevole complessità. In primis dobbiamo conoscere i tre perché di base:

- perché una moto sta in equilibrio quando si muove, - perché gira, - perché scivola.

Le ruote che girano creano un effetto che viene definito equilibrio dinamico.

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Il peso delle ruote e la velocità con cui ruotano sull’asfalto creano un effetto giroscopico che tende a mantenere la moto dritta. Per contro al decrescere della velocità tutte le altre forze che agiscono sulla moto, tendono a farla cadere. La possibilità di inclinarsi girando è generata dal fatto che le gomme sono paragonabili a due semi coni uniti alla base. Se con un foglio di carta si costruisce un cono, imprimendo una spinta, si muoverà su una traiettoria curva girando dalla parte più stretta. Si avrà il medesimo effetto sulla gomma che gira sul minor diametro; per cui, una moto inclinata, gira perché insiste su un semi cono dal diametro crescente.

E’ come utilizzare una ruota con diametro inferiore via via che aumenta l'inclinazione. L'aderenza è un argomento estremamente complesso poiché le forze che agiscono contemporaneamente sono veramente tante. Attraverso lo studio della fisica si può apprendere e capire scientificamente i concetti sopra esposti, ma in questa sede sarebbe un “mattone scientifico” che intendo evitare e lascio ai più volenterosi la libertà di cimentarsi con tali studi della fisica moderna.

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si tenga a mente che la superficie d’attrito non è altro che l’impronta della gomma sull’asfalto ed una moto con gomme da strada ha una superficie d'appoggio grande quanto un pacchetto di sigarette.

A differenza delle gomme delle auto si consumano molto prima perché lavorano molto di più e su una superficie di rotolamento di molto inferiore.

Assodato che la superficie d’attrito misura quanto una scatola sigarette, vediamo come viene utilizzata.

In rettilineo, sfruttando la sua massima superficie, grazie alla spinta impressa dal motore, fa semplicemente muovere la moto in avanti. In curva, oltre ad avanzare deve permettere di controllare e contrastare la forza centrifuga.

Non a caso i pneumatici sportivi hanno un profilo appuntito, ideale per una maggiore aderenza nella curva, dato appunto, quando la moto è in piega, dalla maggiore superficie di contatto.

L’aderenza, quindi la superficie d’attrito, viene gestita con l’uso dell’acceleratore e dei freni; con l’acceleratore si riceve una spinta in avanti, scaricando al suolo la potenza espressa dal motore, coi freni la forza di spostamento si trasforma in calore diminuendo così la velocità.

Questo rapporto tra le forze in gioco non può essere considerato costante, varia al variare delle condizioni di guida e dell’asfalto. Sul bagnato l’aderenza diminuisce, a parità di accelerazione avremo meno spinta e minor possibilità di inclinazione in curva.

Il pneumatico è costantemente sollecitato, particolarmente in curva, dove le forze in gioco entrano in azione, la spinta del motore, la gravità e la forza centrifuga. I moderni pneumatici hanno dei limiti significativamente elevati ed anche una tourer può assicurare una guida divertente. Equilibrio, svolta, scivolamento sono le nozioni elementari per la giuda, ma non è tutto.

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Anche il trasferimento di carico ha la sua importanza, accelerando il peso si sposta indietro, frenando va avanti. Nella guida sportiva si sta rannicchiati in rettilineo, eretti in staccata e poi si avanza verso il serbatoio, il tutto con movimenti dall'ampiezza contenuta.

Senza lasciarsi troppo intimorire, ogni esperienza di guida va affrontata con grinta, determinazione, voglia di sperimentare e migliorare e divertirsi. Utilizzare un abbigliamento adeguato, un pizzico di umiltà e via. Un errore piuttosto comune è quello di cambiare traiettoria per lasciare spazio a chi segue. E’ sbagliato perché in un sorpasso la tendenza è di controllare la linea impostata da chi precede e quindi si comporta di conseguenza: si mette dietro, aspetta il momento giusto e poi passa. Chi viaggia sempre "a cannone" lo si può sempre - non bisogna farsene un cruccio. Quello che capita più frequentemente è il "dritto" arrivando veloci in ingresso di curva e non saper gestire il trasferimento di carico e l'inserimento della moto. Una volta comprese le traiettorie si può pensare anche di aumentare il ritmo. Arriviamo quindi al punto essenziale della guida della motocicletta: la curva.

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Oltre una certa velocità, la moto tende ad andare dritta, per cambiare traiettoria sono necessarie manovre precise. Guidando veloci, ad esempio in autostrada, è praticamente impossibile cambiare improvvisamente traiettoria, quindi è bene mantenere la distanza di sicurezza perché potrebbe essere necessario dover cambiare traiettoria, per cui sarà necessario più spazio (e più tempo); questa manovra sarà più complessa se bisogna farla frenando. A cosa serve riuscire a entrare in curva dopo una frenata? Per esempio, a evitare di arrivare contromano in curva. A chi non è mai capitato di valutare male il raggio di una curva e istintivamente frenare in ingresso, allargando fino (e oltre) la mezzeria? E se fosse sopraggiunta una macchina? In questo caso sarà l’effetto giroscopico, che tiene la moto in piedi quando guidiamo, responsabile dell'inerzia crescente con la velocità. Anche le automobili subiscono le stesse leggi fisiche, ma hanno quattro ruote, le cui masse sono assai meno significative rispetto al totale. Quella piacevole sensazione di stabilità offerta dalle potenti tourer che "percorrono senza sbavature i veloci curvoni autostradali" giocherà contro di noi quando dovremo scartare un ostacolo. Quindi, bisogna cercare una guida fluida e pulita, fatta di traiettorie perfette e di impartire i comandi con leggerezza e precisione. Poi si potrà forzare un poco alla ricerca della migliore velocità. La tecnica per affrontare una curva è sempre la stessa, in qualunque circostanza. La curva Ed eccoci al punto cruciale: come si affronta la curva. La guida in piega è come poesia, impossibile sfuggire, ma la piega non è tutto, è solo una delle manovre che compongono la curva. Schematicamente le varie fasi della curva sono:

- avvicinamento, - inserimento, - percorrenza - uscita.

Le prime due fasi sono velocemente consecutive dove l’abilità sta nel fare le cose giuste molto velocemente e ben coordinate. Avvicinamento La fase di avvicinamento consiste nel mettere la moto in assetto, sollevando il corpo se inclinato in avanti e portando il sedere più indietro, si è così pronti alla giusta frenata ed a scalare le marce tanto da scendere alla velocità più adatta a percorrere il primo tratto di curva.

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Inserimento Qui bisogna mollare i freni e inserire la moto nella traiettoria giusta, è sempre il punto critico. In questa fase si avverte in maniera decisa il trasferimento di carico.

I Arrivando da un rettilineo, la moto è in assetto stabile, col peso uniformemente distribuito sulle due ruote. Staccando (chiudere il gas, frenare e cambiare marcia) tutto il peso tende a spostarsi sulla ruota anteriore. Portando il peso del corpo indietro si compensa parzialmente il trasferimento di carico, favorendo l’ equilibrio della moto ed in particolare si evita di gravare troppo sui manubri, che devono sempre restare leggeri. Rilasciando dei freni il peso si trasferisce al il retrotreno e la sospensione anteriore comincia a distendersi. E’un vantaggio entrare in curva con la sospensione anteriore ancora compressa riduce l'avancorsa della moto, rendendola più agile. La distensione della sospensione anteriore ed il trasferimento del carico verso il retrotreno permettono maggiore aderenza alla ruota posteriore, che deve scaricare a terra la potenza evitando slittamenti. Per questo motivo i trasferimenti di carico sono utili, anche se danno una strana sensazione. Percorrenza E’ una fase delicata, è il momento di tornare a dare il gas e bisogna trovare l’equilibrio fra aderenza e spinta. Con la moto inclinata l'aderenza del pneumatico serve di certo ad avanzare ma, soprattutto, a non scivolare di lato. La sensibilità del pilota si crea ed aumenta con l'esperienza e sarà sempre più facile capire il limite a cui spingersi nell'anticipare l'apertura del gas. Va anche detto che la moto necessita comunque della spinta motore, quindi non bisogna lasciare troppo a lungo la moto senza il sostegno della ruota motrice. Da cui:

- gas chiuso in entrata, - apertura graduale fino all'uscita, quando si accelera decisamente.

Idealmente, il gas chiuso è bene che stia il più breve tempo possibile, altrimenti il carico non potrà essere trasferito sulla ruota posteriore, guadagnando in stabilità. Percependo una sensazione di instabilità dell'avantreno significa che "il peso è rimasto sulla ruota anteriore" e generalmente si finisce col ritardare ulteriormente l'apertura del gas o aprendo e chiudendo il gas con movimenti brevi, scomponendo ulteriormente l'assetto. Uscita Uscendo dalla curva la moto si rimette dritta, la spinta laterale diminuisce permettendo di sfruttare a pieno l'aderenza nell'accelerazione.

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Nelle quattro fasi della curva è bene usare le pedane per meglio coordinare ed amplificare i comandi impartiti alla moto. Una leggera pressione su una sola pedana è sufficiente a far deviare la moto verso la parte dalla quale si spinge. Premendo la pedana interna alla curva si agevola la direzione della la moto. Agendo sulla pedana interna mentre si frena e portando il corpo in avanti e verso l'interno della curva, la pressione contribuisce a portare il peso verso il basso, a tutto vantaggio della velocità e della precisione dell'inserimento in curva. Nel susseguirsi delle fasi 1 e 2, l’avvicinamento e l'inserimento, il corpo era spostato indietro, ora va spostato lateralmente e in avanti. Percorrendo una curva a destra, si dovrebbe avanzare un poco verso il serbatoio e spostarsi di lato abbastanza da poggiare sulla sella la sola natica (o addirittura la coscia) sinistra e viceversa. Con questa manovra si controlla il baricentro dell’insieme moto-pilota, che in fase di inserimento in curva è in basso, di lato e un poco avanzato. Ne deriva il vantaggio che a parità di velocità, se il corpo è molto in basso, si dovrà inclinare di meno la moto. Oppure, a parità di inclinazione, con il peso in basso si potrà andare più veloci. Con questa manovra si agevola il carico della pedana interna e spostandosi di lato, si imprime una leggera spinta al manubrio internamente alla curva, innescando un minimo di controsterzo che agevola ulteriormente la svolta. Portando il peso sulla pedana interna si percorre la prima parte della curva, poi quando arriva il momento di accelerare e raddrizzare la moto intervengono altri fattori. Dando gas la moto tende a mettersi dritta per l'effetto giroscopico. Rimettendoci al centro della sella, il peso sarà sulla pedana esterna e questo manovra concorre a raddrizzare la moto e a tenere il peso in basso. Dato che la spinta sulla pedana arriva quando l'accelerazione tende naturalmente a spostare il peso all'indietro ecco che l'appoggio sulla pedana esterna facilita il lavoro della gomma posteriore. Più sono elevate le potenze in gioco, più importante diventa il lavoro sulle pedane per avere sempre la massima trazione. Nell’esposizione dei singoli dettagli si è data un'immagine frammentata della curva ma in effetti deve essere sentita come una unica manovra scorrevole e fluida quanto più possibile. Il percorrere di una curva deve essere un movimento armonioso della moto, dove ogni fase completandosi diluisce in quella successiva, senza soluzione di continuità. Entusiasma affrontare una serie di curve con un numero ridotto di movimenti. Traiettorie Come detto, la traiettoria è molto importante. Una guida pulita è sempre piacevole da vedere, gratificante da fare tendenzialmente più efficace di una guida spigolosa. In linea generale la traiettoria più redditizia è quella che ci consente di entrare

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abbastanza larghi in curva, per poi cercare la corda e quindi riallargare in uscita. Anche in questo caso, un disegno spiega meglio di mille parole.

Vi sono tracciate tre traiettorie, una gialla, una blu e una verde. Sono un poco estremizzate, ma credo rendano l'idea. Quella blu è molto fluida e facile, consente di uscire abbondantemente dentro lo spazio della carreggiata ed è da preferire per strada, poiché la si può percorrere anche ad andatura brillante senza correre il rischio di trovarsi troppo all'esterno, anzi, conservando un margine tale per cui anche un eventuale errore di chi dovesse sopraggiungere in senso opposto non creerebbe problemi. Quella gialla è più indicata in pista, la parte che immette alla curva vera e propria è più dritta e consente di frenare più tardi, poi richiede un inserimento assai deciso in curva, praticamente a filo di cordoli, e un'uscita in piena accelerazione, occupando tutto lo spazio disponibile. Come si vede, sono traiettorie simili, tuttavia le differenze fra le due linee consentono di tenere velocità di percorrenza e di uscita molto diverse. Una cosa brutta da vedere e dannosa per la fluidità è l'abitudine di allargare la traiettoria poco prima della curva per poi chiuderla. Nel disegno è evidenziata in verde. È inutile, nociva e, soprattutto in pista, estremamente pericolosa. Da bocciare senza pietà. La domanda che mi sono sentito fare più spesso relativamente alla traiettoria è "come fai a sapere qual è la traiettoria giusta?". Non lo so. O meglio, non so se esiste una sola traiettoria giusta, ho la sensazione che ce ne siano sempre diverse. Anche guardando i piloti più bravi, noto sempre delle diversità, segno che non c'è una sorta di determinismo tecnico per cui la linea, da un certo livello in su, è obbligata. Di sicuro, più ci si avvicina al limite tecnico del mezzo, più le differenze diventano sottili, ma persistono, il che mi fa pensare che ci siano più linee "buone". Mi conforta in questa sensazione anche la teoria per cui la traiettoria la fa il gas. Nel senso che la traiettoria giusta è quella che consente di tenere il gas chiuso il meno possibile e di eseguire una percorrenza quasi tutta in leggera, ma costante accelerazione. Tutte le linee che non consentono di utilizzare correttamente l'acceleratore devono essere considerate sbagliate. È evidente, quindi, che ci saranno sempre delle piccole differenze generate da messa a punto, stile di guida, profilo dei pneumatici eccetera. Più ci si avvicina alla perfezione, più si noterà una omogeneizzazione delle traiettorie, ma non credo che si possa arrivare all'obbligatorietà di una sola linea. Vale la pena di aggiungere che la tecnica dell'accelerazione costante non può essere considerata universale, ci sono almeno un paio di occasioni in cui non è possibile accelerare sempre, ma bisogna parzializzare rinunciando alla fluidità e alla velocità di percorrenza.

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Si tratta delle curve a doppio apice e delle curve con raggio particolarmente tormentato. La curva a doppio apice necessita di essere percorsa su una linea quanto più possibile omogenea. Nella realtà, capita di dover parzializzare a metà fra due apici per tenere la moto in traiettoria. L'altra occasione in cui la tecnica non vale è data dal cambiamento di raggio di una curva. Può capitare, infatti, che la curva che si sta percorrendo abbia un raggio tale per cui la linea vada stretta con decisione trattandosi di una curva che va "a chiudere". Scegliere il giusto punto di svolta Osservando i piloti si imparano molte cose, ma bisogna imparare anche a rubare con gli occhi. Soprattutto i principianti tendono a entrare in curva il più presto possibile, scegliendo un punto di svolta che li tolga quanto prima dall'imbarazzo di dover inclinare la moto e girare. Può andare bene in strada a bassa velocità, ma - manco a dirlo - un errore a velocità sostenuta. Nel disegno delle due traiettorie (pagina seguente) ci sono indicati i punti di svolta. Quella blu è la traiettoria che si sceglie per paura di entrare troppo larghi o troppo forte o chissà cos'altro. La differenza fra il pilota e il principiante è che il pilota sceglierà un punto di svolta ben più avanzato, inclinerà velocemente la moto, la inserirà in traiettoria e la rimetterà dritta più in fretta possibile. Passerà quindi assai meno tempo con la moto inclinata e farà tutto più velocemente. Nel caso della traiettoria gialla i segreti sono due: inserimento rapido e inclinazione breve. Entrando da un punto avanzato e svoltando in maniera decisa si ottengono due effetti importanti: si perde meno tempo e ci si trova con più spazio all'esterno per assecondare la forza centrifuga dell'accelerazione.

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La traiettoria blu, al contrario, se affrontata in velocità, spinge subito verso l'esterno della curva. Si potrebbe porre rimedio correggendo la linea e inclinando di più la moto, ma sarebbe comunque un intervento di notevole complessità, di sicuro fuori portata per un principiante. La conseguenza tipica del contemporaneo verificarsi di velocità elevata e punto di svolta precoce è il dritto in uscita, oppure un clamoroso ritardo all'apertura del gas in percorrenza. Scegliendo un punto di svolta precoce ci si concede la possibilità di svoltare in maniera più dolce e lenta, ma ci si costringe anche a percorrere molta più strada con la moto inclinata, con le solite conseguenze: timore nell'accelerare, sensazione di instabilità della moto. Quindi il punto della questione è imparare a far svoltare la moto con un gesto deciso e quanto più rapido è possibile, scegliendo il punto di svolta più avanzato in maniera da dover restare a moto inclinata per poco tempo. Aderenza Mi spingo ancora più lontano introducendo alcuni concetti relativi alla perdita di aderenza utilizzata in ingresso e in uscita di curva. Qualche anno fa si inaugurò la stagione dei "mostri" americani. Si trattava della generazione dei Lawson, Spencer, Schwanz, Roberts e compagnia bellissima. Questi piloti avevano in comune la formazione, che, negli Stati Uniti, prevede grandi quantità di fuoristrada e dirt track. Quest'ultima disciplina, che in Europa non ha mai preso piede, si pratica su tracciati derivati dagli ippodromi, quindi quasi ovali. La superficie è di terra battuta e le curve si percorrono quasi interamente in derapata. Ebbene, questi piloti, abituati a guidare di traverso, introdussero anche nella guida su asfalto la derapata in inserimento e in uscita. Pur senza raggiungere le vette di spettacolarità attualmente patrimonio del supermotard, gli americani utilizzavano la perdita d'aderenza per entrare più forte in curva, far girare la moto in una leggera scivolata laterale e poi indirizzarsi verso il successivo rettilineo con una ripresa di aderenza graduale per evitare l'effetto catapulta che tante volte si vede in televisione sbalzare di sella i piloti. La tecnica richiede sensibilità e pratica e diventa più difficile al crescere della velocità e del peso della moto, però, utilizzata con oculatezza, è davvero efficace.

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Attenzione perché si tende a confondere la guida in derapata con le scodate fatte bloccando la ruota posteriore. Non è la stessa cosa. Ebbene, la digressione serve a dire che perdere aderenza può essere un vantaggio, se si è in grado di gestire la situazione. Come dicevo, praticare fuoristrada consente di sperimentare la derapata poiché non sono necessarie velocità troppo elevate per ottenerla. Una volta fatta l'abitudine alla sensazione della ruota posteriore che scivola di lato, diventa assai meno problematico gestire l'improvvisa scodata sulle strisce pedonali, ma diventa possibile anche considerare l'eventualità di far crescere ulteriormente la propria abilità di guida imparando a indurre una leggera perdita di aderenza in ingresso e in uscita di curva guidando in pista. Il sistema più facile per passare dalla terra battuta all'asfalto è la pratica del supermotard. "Derapare" con una supermotard è più difficile e meno istintivo rispetto a quanto accade con una fuoristrada, ma meno che con una supersportiva. La tecnica prevede una base già molto buona, quindi vi consiglio caldamente di considerare la guida di traverso come un punto d'arrivo e non di partenza. Quando riuscirete a guidare abbastanza bene in circuito, vi potrete cimentare nella derapata. Si tratta di arrivare in curva ben più veloci di quanto si farebbe se si dovesse girare con la tecnica prevista dalla guida in aderenza. Con la moto ancora dritta si tira una gran staccata trasferendo quanto più peso è possibile davanti, quindi si preme leggermente il freno posteriore senza mai bloccare la ruota e si inclina in maniera assai decisa la moto. La moto perde aderenza al posteriore e tende a mettersi di traverso, pur continuando a ricevere una spinta in avanti perché la ruota posteriore, come detto, non è ferma. Questa parte è quella meno istintiva, ma non è quella tecnicamente più difficile. La parte complicata, che richiede sensibilità, viene adesso: si tratta di percorrere e uscire dalla curva senza innescare il già citato effetto catapulta. Nel momento in cui la moto si inserisce in traiettoria bisogna lasciare i freni e cominciare a dare gas evitando che la gomma posteriore "attacchi" di colpo, ma cercando di restituirle l'aderenza in maniera graduale. La pedana esterna deve essere ben carica e la gamba interna tesa in avanti, come nel fuoristrada quando si affrontano le curve con appoggio. Guidando una stradale in pista la cosa è molto meno spettacolare, tuttavia può capitare di sentire la ruota posteriore che scivola, soprattutto in uscita di curva. Ebbene, se possibile, nervi saldi, evitare di chiudere il gas, ma limitarsi - se proprio serve - a smettere di accelerare per qualche istante e pigiare sulle pedane (in uscita di curva si dovrebbe fare sempre e comunque). Se la perdita di aderenza è leggera e progressiva non è spaventosa nemmeno le prime volte e quindi, se si è fortunati, può capitare di non esserne traumatizzati e di cercarla volontariamente fino a farla diventare un buon ausilio per chiudere la traiettoria in pista. Se ci prende alla

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sprovvista e si manifesta in maniera violenta, invece, è normale esserne spaventati e quindi sarà ben più difficile decidere di imparare la tecnica della derapata. Tuttavia, è bene sapere che una leggera e progressiva perdita di aderenza, soprattutto in uscita di curva, è un elemento positivo che bisognerebbe addirittura cercare e imparare a usare per sfruttare al massimo la velocità di percorrenza. Stiamo parlando, però, del perfezionamento del pilota sportivo, di un elemento della guida, cioè, che diventa bagaglio necessario se si vuole fare dell'agonismo. Dieci minuti di pioggia Torno alla guida su strada con una piccola digressione sui primi dieci minuti di pioggia. A pochissimi motociclisti piace guidare sotto la pioggia. La sensazione di instabilità della moto genera sempre un irrigidimento che complica ulteriormente le cose in caso di improvvisa perdita d'aderenza. In generale, la cosa migliore da fare è adottare una guida molto fluida e "di prevenzione": anticipare le manovre e renderle più dolci, non sollecitare freni e sospensioni e percorrere linee quanto più rotonde e pulite possibile. Da evitare accuratamente la segnaletica orizzontale, cioè le vernici con cui sono realizzati i limiti di corsia e le strisce pedonali. Purtroppo, negli ultimi anni, questo tipo di segnaletica viene impiegata con crescente diffusione, senza considerare minimamente i problemi che comporta trovarsi all'improvviso sotto le ruote una superficie dal coefficiente d'attrito assai basso quale può essere una striscia pedonale bagnata dalla pioggia. Nella maggior parte dei casi sarà sufficiente allentare un poco l'azione frenante all'avantreno e fingere di ignorare la leggera scodata perché la moto recuperi direzionalità in maniera autonoma. Al contrario, un intervento sconsiderato può facilmente trasformarsi in una scivolata. Asfalti drenanti e battistrada dalla scolpitura appositamente realizzata possono rendere la guida sul bagnato comunque soddisfacente, di contro pavimentazioni stradali vecchie e gomme usurate trasformano una passeggiata sotto una pioggerella primaverile in qualcosa di simile a una gara di speed-way. La situazione peggiore - in termini di scivolosità - è rappresentata dai primi dieci minuti di acquazzone estivo. Questa è la condizione che ogni motociclista deve temere più di ogni altra. A causa del caldo estivo l'asfalto cede parte del bitume di cui è composto in forma di una leggera umidità oleosa. Quest'ultima, tuttavia, si mescola alla polvere che si accumula per via della siccità e, di norma, non crea problemi. Il rischio si concretizza in caso di pioggia; infatti l'acqua piovana trasporta verso l'alto questa sostanza oleosa rendendo la superficie stradale estremamente scivolosa. Bastano però una decina di minuti perché la pioggia lavi la strada restituendo all'asfalto la sua capacità di tenuta. Quindi, se comincia a piovere, massima attenzione soprattutto all'inizio. Per quanti amano la guida sportiva e si trovassero in circuito con un pacco di turni già comprati e la pista bagnata, si aggiunga che, in caso di pioggia, le sospensioni vanno regolate riducendone la rigidità e le frenature. Difficilissimo indicare l'entità

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dell'ammorbidimento, si può dire che se si possiedono due regolazioni, una da strada e una da pista, in caso di pioggia è consigliabile utilizzare anche in circuito la regolazione stradale. Le cose non vanno sempre come dovrebbero Fin qui si è parlato di quanto è bello guidare e di quanto gratifichi la guida in piega. Affrontiamo l'inedito capitolo del perché le cose non sempre vanno come dovrebbero. Apro una parentesi per innalzare un canto di ringraziamento al signor Keith Code, direttore della California Superbike School, dove vanno a fare dei corsi di perfezionamento anche piloti di livello mondiale. Costui ha scritto alcuni volumi, tra i quali segnalo "A twist of the wrist" 1 e 2. Molte sensazioni che faticavo a decifrare sono state abilmente tradotte in parole e concetti, con il conforto delle testimonianze dei molti piloti che hanno avuto modo di migliorare il proprio stile di guida grazie ai consigli di Code. Avendo tempo e una buona conoscenza dell'inglese, potrete trarre sicuramente giovamento dalla lettura dei due volumi. Quante volte avete sentito dire la sbruffonata "Nel dubbio tieni aperto"? È la traduzione (errata) di una di quelle forme sintetiche che gli americani adorano: "When in doubt, gas it". Alla lettera andrebbe tradotto "Nel dubbio, accelera". La differenza non è da poco, vedrete. Altra frase storica: "Per chiudere la curva dai gas". Quanti la dicono, ma quanti sanno cosa stanno dicendo? Mi sono tormentato per molto tempo cercando di spiegarmi la ragione per cui dando gas la mia moto allargava invece di chiudere. Ho capito solo dopo che entrambe le frasi sono ulteriori manifestazioni della delega dell'attività di pensiero. E torniamo al dunque: per quale motivo capita che non si riesca a fare tutto alla perfezione? Centauri e scimmie. La maggior parte dei problemi, nel percorrere una curva, derivano dalle nostre reazioni all'imprevisto. Tipicamente, ci pare di essere troppo veloci e ral-lentiamo, scoprendo dopo che non ce ne era affatto bisogno. Questa è la situazione classica, che nella maggioranza dei casi non genera altro se non una certa inquietudine e una flessione dell'autostima. Tuttavia, è la manifestazione evidente di un collegamento diretto fra la sensazione di pericolo e la reazione istintiva di sopravvivenza, che ci spinge a ridurre la velocità. Se fossimo a piedi, nella foresta, forse questa reazione sarebbe perfetta. Rallentando abbiamo modo di sfruttare le modifiche che la paura apporta al funzionamento del nostro organismo: i muscoli si preparano a una contrazione violenta, lo sguardo diventa frenetico alla ricerca della fonte del pericolo, i sensi scattano analizzando a tutta velocità gli stimoli; inoltre, facendo meno rumore, si è meno individuabili e più sensibili al rumore di un eventuale aggressore. In sella a una motocicletta, invece, questa reazione istintiva è deleteria e vediamo perché. Staccata, inserimento e panico: "sono troppo veloce, chiudo il gas". Cosa accade? Il peso si trasferisce di colpo verso la ruota anteriore, la forcella si

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comprime, la moto si abbassa leggermente. La ruota anteriore ha una impronta a terra inferiore rispetto alla ruota posteriore, è fatta per sopportare un certo carico a una certa velocità. La curva ideale si deve percorrere in leggera, morbida e costante accelerazione per consentire alla moto di conservare il suo equilibrio e la sua trazione ideale; se invece si trasferisce il carico all'anteriore se ne altera l'equilibrio, facendo fare alla gomma anteriore più lavoro di quanto la sua stessa struttura possa reggere. Il rischio è quindi una perdita di aderenza (la classica chiusura di sterzo). Ma questa è la conseguenza più grave mentre, di solito, la sollecitazione viene digerita dalla gomma, che tiene botta. In ogni caso, però, il peso si scarica sull'avantreno comprimendo la forcella. Diminuisce l'avancorsa, l'anteriore diventa più sensibile mentre il peso del corpo grava sui manubri rendendo più pesante lo sterzo e difficili le piccole correzioni. A questo aggiungiamo che la paura ci ha fatto contrarre i muscoli e quindi siamo anche meno elastici e soffriamo di più le eventuali vibrazioni indotte dal fondo stradale, amplificandole per via della forza con cui siamo aggrappati alle manopole. Insomma, per paura di perdere il controllo, di fatto mettiamo in crisi la stabilità della moto, perdendo tempo, velocità di percorrenza, fluidità, ma soprattutto correndo seriamente il rischio di sbattere al suolo. Non solo, ma decelerando ci mettiamo in un'altra situazione a rischio poiché, superata la paura, tendiamo a fare come i pivelli in pista: gas chiuso in percorrenza e grossa accelerazione in uscita. In queste condizioni le probabilità di perdita di aderenza della ruota posteriore raggiungono il massimo. Dicevo che una conseguenza interessante della forma delle gomme è che, all'aumentare dell'inclinazione della moto, è come se usassimo dei pneumatici di sezione decrescente. Cosa accade se la ruota diventa più piccola? Che deve fare più giri per percorrere la stessa quantità di strada, cioè fa aumentare il regime del motore. Se teniamo il gas costante in curva deceleriamo comunque perché avremo l'effetto del freno motore indotto dalla sezione decrescente della gomma a far rallentare la moto. E noi non vogliamo assolutamente frenare in curva perché abbiamo visto che è male, molto male, addirittura pericoloso. Quindi la cosa migliore da fare, percorrendo una curva, è staccare, inserire e da qui in poi accelerare in maniera leggera, morbida e costante fino al momento in cui vediamo l'uscita della curva, quando l'accelerazione potrà diventare più robusta in quanto la moto si starà rimettendo dritta e quindi l'aumento del regime del motore verrà in minima parte compensato dal crescere del diametro della gomma e l'aderenza verrà spesa solo per avanzare e non più per contenere la spinta laterale. Bisogna lavorare molto e fare molta esperienza prima che l'istinto di sopravvivenza generi delle reazioni consone a un centauro e non più a una scimmia appiedata. E se l'intuizione iniziale era corretta? Allora, se lo spavento col quale abbiamo cominciato la curva era giustificato, la tecnica illustrata qui sopra è valida lo stesso

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poiché se la caduta fosse inevitabile, ad esempio per via di una grande macchia d'olio, la differenza fra le due situazioni è che se la moto è in perfetto equilibrio tenderà a scivolare in maniera abbastanza composta, "sfilandosi da sotto" e facendoci cadere di fianco. Se invece chiude davanti di colpo, come avviene quando la moto "prende sotto" per una improvvida frenata o chiusura del gas su fondo sdrucciolevole, la caduta sarà più pericolosa in quanto il corpo verrà proiettato in avanti, sulla spalla interna alla curva. E se cado? Già che parliamo di disgrazie, aprirei il capitolo cadute così ci leviamo il pensiero. Ogni tanto si sente l'altra banalità: "Bisogna imparare a cadere". Spero e vi auguro con tutto il cuore di non abituarvi mai alle cadute. Chi va in moto sa che può cadere e sa che può farsi male, ma non è praticando arti marziali che si impara a cadere dalla moto. Ogni caduta è una storia a sé e sarebbe impossibile fare pratica delle mille sfumature dell'impatto con l'asfalto. Senza contare l'evidente follia in tutto questo. La scivolata in pista è una cosa, la caduta per impatto su strada è un altro paio di maniche. Se si scivola in pista, la cosa migliore da fare è non fare. La reazione istintiva è quella di proteggersi portando le mani avanti. Anche questo è il retaggio della scimmia appiedata. È ovvio che se inciampiamo in un prato e siamo in buone condizioni fisiche, le braccia possono reggere lo sforzo di sostenere il corpo. Se cadiamo dallo moto a una certa velocità le forze in gioco si moltiplicano e non c'è polso in grado di sopportare lo sforzo. Quindi bisognerebbe riuscire a dominare l'istinto di puntellarsi e rilassare i muscoli, lasciandosi scivolare sulla maggiore superficie corporea possibile. Una tuta in pelle può proteggere dalle abrasioni anche sfregando sull'asfalto per molti metri, quindi corpo rilassato, braccia e gambe distese ma non contratte e via a strofinare la tuta. Una cosa che ho sperimentato è l'incapacità di capire quando ci si ferma dopo che si è scivolato per un poco. Avrete visto in televisione i piloti che cadono, in scivolata si rimettono in piedi per poi inciampare e cadere nuovamente. Questo accade perché l'organo deputato alla gestione dell'equilibrio sta dentro l'orecchio in una situazione di pressione controllata. Quando il corpo sbatte la pressione dentro l'orecchio cambia repentinamente e il sensore dell'equilibrio si "stara" per qualche istante. Per recuperare funzionalità impiega qualche secondo e capita di non rendersi conto di essere ancora in rapido movimento. Quindi, regola vuole che, dopo una caduta, si fissi un punto (una tribuna, un albero) e ci si chieda se sta fermo o si muove. Un esercizio utile Detto della caduta, torniamo all'analisi delle motivazioni dell'insuccesso nell'eseguire le manovre corrette. Abbiamo detto che bisogna accelerare il più presto possibile, ma che questo è anti istintivo. Per imparare a percorrere le curve con un'accelerazione costante bisogna evitare la staccata. Cioè, bisogna fare pratica senza subire il trauma

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dei violenti trasferimenti di carico. Quindi, si arriva all'inserimento a una velocità più bassa del solito, si inserisce la moto dopo una frenata modesta e si accelera con delicatezza, ma in maniera costante e progressiva. Con la pratica sarà sempre più facile e si potrà cominciare a impostare le curve con più decisione. Un altro elemento critico è la posizione in sella. Quasi tutti tendono a guidare poggiando tutto il peso sulla sella. Va benissimo finché si passeggia, ma quando si guida in maniera sportiva, si fa sport e non relax: il peso lo devono sostenere le gambe. Se si riesce a far lavorare le gambe la guida migliora moltissimo. Il primo vantaggio è il fatto di non avere gli avambracci contratti. Un manubrio tenuto delicatamente consente una guida molto più precisa poiché qualunque sollecitazione arrivi dalla ruota anteriore, se le braccia sono rigide, viene trasferita al resto della moto. Non solo, ma se "ci si tiene di braccia" si commettono errori gravi soprattutto entrando e uscendo dalle curve. In ingresso di curva, infatti, il peso si sposta in avanti per effetto della staccata. Bisogna lavorare di gambe e cercare di evitare si poggiare troppo sui manubri. A questo punto ci si deve spostare all'interno e spesso ci si appende letteralmente ai manubri. Errore, si innescano delle oscillazioni che fanno scattare il panico il quale, a sua volta, impedisce di cominciare ad accelerare con le conseguenze che abbiamo visto prima. In percorrenza, stare appesi al manubrio fa allargare la traiettoria e invita a correggere la linea impostata, altro errore da evitare. In uscita si deve tornare al centro della sella spingendo sulle gambe il più possibile. Tirarsi su facendo forza sul solo manubrio interno porta la moto inesorabilmente fuori linea. Un contributo essenziale arriva dalla forma e dalla posizione delle pedane e del serbatoio delle moto sportive, fatti apposta per consentire appigli e appoggi alternativi ai manubri. Il primo corollario di tutto questo è che per andare forte in moto bisogna essere in buona forma fisica. Nuoto e bicicletta sono il compendio ideale perché sollecitano poco le articolazioni e consentono di sviluppare forza e resistenza. Ci sono molte altre cose che vale la pena di sapere e con il tempo e la pratica si possono imparare. La più importante è che la motocicletta è una grandiosa fonte di passione e di vitalità, mi piace pensare che queste note contribuiscano a farla scoprire.

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Corso di guida sicura – Nozioni di sicurezza – Posizione di guida

c'è da sapere

Questo corso di guida sicura su strada che, punto per punto, vi aiuterà a padroneggiare la vostra moto durante le varie situazioni che si possono presentare quando siete in sella. Magari certe cose le sapete già, ma… ripassare non fa mai male. Cominciamo dall’inizio.

1. Nozioni di sicurezza La strada è una miniera di informazioni. L’alto traffico, i pedoni, le pecore, ma anche le condizioni dell’asfalto, il meteo, gli avvallamenti, le curve, il vento, le sconnessioni e così via. Quando vi arrivano troppe informazioni tutte insieme, allora quello è il momento di rallentare. Non fidatevi di quello che non potete analizzare. Certe volte le informazioni saranno meno complicate da decifrare, il che, in teoria, vi permetterebbe di aumentare il ritmo. Le strade aperte di campagna, senza fossette laterali, le strade a scorrimento veloce a doppia corsia, le autostrade, sono tutti esempi calzanti. Ma non c’è nulla di statico sulla strada e le sue condizioni possono variare improvvisamente. Solo se sarete costantemente attenti, riuscirete a reagire in tempo.

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Essere vigili, ovviamente, significa essere coscienti di ciò che ci sta succedendo intorno, soprattutto in città. Questo significa scorgere la vecchietta sul marciapiede che sta per buttarsi in strada senza guardare, o avvistare il pallone che sta volando dritto davanti e verso di voi (mio nonno diceva sempre “occhio, che dietro al pallone arriva il bambino”), oltre che a vedere l’automobilista che sta per impegnare l’incrocio senza neppure avervi notato. Imparate a fare attenzione a particolari come le ombre tra le auto, le persone che guardano negli specchietti, le auto che hanno appena accostato (a breve si aprirà una portiera) e così via. La stessa cosa vale per le strade extraurbane dove le informazioni visive provengono dalle banchine erbose, dai tombini, dal cambiamento delle dimensioni delle righe bianche o dal fondo stradale. Durante i corsi di guida in pista si impara a sfruttare i punti di riferimento. Su strada, per ovvie ragioni, non è possibile usarne di fissi, quindi bisogna usare la testa e stabilire quale sia la distanza giusta per frenare e accelerare, e a quale velocità procedere per entrare in curva in sicurezza. Esercitatevi a “essere vigili” su un qualsiasi veicolo, guidate normalmente ma fate tesoro di quanto vedete. Guardate la strada attentamente, ma cercate allo stesso tempo di sfruttare la visione periferica. Quando siete in coda a un semaforo o arrivate dalla nonna per la merenda, prendetevi un minuto per riflettere su cosa avete visto durante il tragitto. Allenatevi, addestrerete la vostra mente e i vostri occhi a essere più ricettivi.

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2. Posizione di guida Gran parte delle moto ha comandi e manubri regolabili: una moto è studiata per andar bene a un pilota di 160 cm come a uno di 2 metri, ed è chiaro che un minimo di personalizzazione ci vuole. Leva frizione e freno sono regolabili? Bene, regoliamole! Devono essere comode da azionare con due dita. Due dita avvolgono la manopola, le altre due sono pronte sui comandi. La leva del freno dà contatto con la ruota anteriore, la leva frizione con quella posteriore. Non è possibile avere un buon controllo guidando con tutte e 4 le dita sulle leve o sulla manopola: se dobbiamo sfiorare un comando in una situazione critica, sarà impossibile se le dita sono distanti. È molto importante sapere sempre dove la leva inizia il suo lavoro, il gioco e la risposta dei comandi, imparate a “giocare” ad avere sempre in mano questi comandi… in caso di pericolo la familiarità vi tornerà molto utile. Stessa cosa per il comando del freno posteriore, sapere esattamente dove sia è vitale! Non teniamo il piede costantemente sopra, ma di lato nelle turistiche e subito dietro nelle supersportive. Imparate a sentire il pedale con l’interno del piede, zona alluce. Le uova: fate sempre conto di avere due uova tra manopola e polsi… morbidi sulle mani, ogni posizione che andremo a fare da qui alla fine, sarà sempre con la minima pressione dei polsi sui manubri. Ricordate: uova, uova, uova!

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Con il caldo o con il freddo, in compagnia o da soli, un giro in moto è una bella abitudine per staccare dalla solita routine. Spesso però la velocità troppo alta e la poca esperienza portano inevitabilmente a cadere recando danni non solo alla nostra motocicletta ma anche alla nostra salute. Questa guida offre dei consigli per non cadere dalla propria motocicletta, dei semplici passi da seguire per migliorare il nostro stile di guida.

Assicurati di avere a portata di mano: Motocicletta, Abbigliamento adatto, Casco

Con la moto si può cadere anche da fermi, caduta tanto banale quanto frequente, quindi assicuratevi che il cavalletto sia aperto completamente e fate attenzione alla presenza di qualche avvallamento o imperfezione del manto stradale. Quando andate in moto, una cosa fondamentale è non guardare solo avanti la ruota anteriore per avere una visibilità completa. Fate attenzione alla eventuale presenza di olio o ghiaia sulla strada. Ricordatevi che le gomme fredde sono una delle cause delle cadute in curva, inoltre, evitate anche pieghe esagerate. Mantenete una velocità

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proporzionale al traffico presente, questo vi permetterà di non fare brusche frenate, e mantenete sempre una distanza di sicurezza

Le cadute più frequenti avvengono in curva. Un consiglio è non scaricare tutto il peso sul manubrio per non sbandare. Quindi presa leggera, anche sul rettilineo, braccia rilassate e gambe piegate leggermente. Prima di effettuare una curva valutatela, rallentate e scalate le marce. I freni devono essere azionati progressivamente per evitare il bloccaggio delle ruote ed evitate di cambiare la marcia in curva. Usate il casco e un abbigliamento consono alla guida, non solo per la vostra comodità ma anche per una maggiore sicurezza. Indossate giubbino, paraschiena, pantaloni, guanti e stivali.

Effettuate una manutenzione alla moto periodicamente. Controllate la pressione delle gomme che per questa operazione devono essere fredde.

Approfondimento Il valore da considerare è presente sul libretto di manutenzione o scritto su un adesivo attaccato sul telaio. Ogni mille chilometri controllate l'olio del motore, per farlo mantenete dritta la moto. Se il livello è minimo potete fare brevi spostamenti mantenendo il motore a bassi giri. Ogni cinquecento chilometri, invece, lubrificate la catena che non dovrà essere né troppo secca né troppo unta e quando piove lubrificatela più spesso. Non siate avari nel riparare la vostra moto, saranno sicuramente soldi ben spesi!.

Ostacoli improvvisi, frenare o sterzare

Quando si ha un ostacolo improvviso davanti a noi, si deve effettuare una valutazione molto rapida (il che è possibile solo con l'esperienza di guida e con un adeguata conoscenza del mezzo che si guida), che ci permetta di valutare se si riesce a fermarsi prima dell'ostacolo o se si debba per forza di cose schivarlo, infatti se non si riesce a garantire l'arresto del mezzo prima del pericolo e si ha una buona visuale dell'ambiente circostante è preferibile schivare da subito l'ostacolo per evitare di scomporre eccessivamente il mezzo, ma se l'ostacolo si presenta in una condizione di scarsi spazzi di fuga o non è possibile valutare correttamente cosa si presenta dopo di esso è preferibile iniziare la frenata per ridurre la velocità e poi schivare l'ostacolo.

E SE MENTRE SIAMO PIEGATI TROVIAMO UN PERICOLO A TERRA?

I pericoli che si incontrano per strada sono numerosissimi, ognuno diverso dall’ altro e la maggior parte di questi difficilmente prevedibili. Supponete di percorrere una bella curva tonda, improvvisamente vi trovate sopra un tombino/buca/piccola macchia di unto etc. come ti comporti? Ovviamente in questi casi la moto partirà leggermente al posteriore come una piccola sbacchettata, la cosa corretta e assolutamente indispensabile da fare è NN FARE NULLA, cioè continuare a fare la curva come non fosse successo nulla, senza irrigidirsi e soprattutto SENZA TOCCARE I FRENI. La ruota posteriore perderà aderenza passando sopra l’ ostacolo e la riprenderà subito dopo procurandovi un colore marrone nelle mutande ma senza conseguenze deleterie per il fisico! (Frate85)

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Frenata

Riguardo la frenata senza pericolo o ostacoli improvvisi, bisogna sempre agire con dolcezza sia sulla leva del freno anteriore, sia sul pedale del freno posteriore tirando la frizione poco prima di fermarsi. Nel caso di una FRENATA DI EMERGENZA (per un ostacolo improvviso etc) bisogna essere molto reattivi(e qui l’ utilità di tenere sempre 2 dita sulle leve freno e frizione) nel tirare freno anteriore e frizione insieme e con il piede piggiare sul pedale del freno posteriore. Molti diranno "è ma se tiri la frizione annulli l’ aiuto del motore nella frenata", si! ma in realtà nelle frenate di emergenza questo è più deleterio che di aiuto, perchè bisogna fermarsi in uno spazio molto breve, quindi il freno motore non farebbe nemmeno in tempo ad aiutarti e anzi ti spingerebbe in avanti la moto (provato sulla mia pelle al corso). Quindi RICAPITOLANDO; per affrontare nel modo migliore una frenata di emergenza tirare il freno anteriore, il freno posteriore e la frizione nello stesso momento! (Frate85) Un altro consiglio che può rivelarsi molto utile per la FRENATA SU FONDI VISCIDI è quello di utilizzare un dito invece di due nella frenata, questo darà meno potenza frenante alla ruota anteriore, riducendo significativamente la possibilità di bloccaggio della stessa, e di usare sempre in queste condizioni il freno posteriore. (Mancio1988) Molti non lo usano, e non conoscono l’ importanza del freno posteriore. A cosa serve? in frenata bilancia in modo da rendere omogenea la distribuzione dei carichi sul telaio e sulle sospensioni, e sul bagnato sopratutto rende la frenata ancora più dolce. Quindi non sottovalutate mai la sua efficacia e la sua importanza, tanto tenere un piede li sopra nella occorrenza non comporta troppi sacrifici.

La curva é rotonda

Un' affermazione che non mancherà di far sorridere per la sua banale ovvietà, eppure osservando le evoluzioni su strada degli utenti a due ruote motorizzate non è possibile fare a meno di pensare che le cose, alla fine, non sono poi così ovvie. Secondo il pensiero di buona parte dei motociclisti la curva rappresenta un ostacolo sulla strada al quale deve essere dedicato il minor tempo possibile per poi essere liberi di riaprire la manopola del gas sul veloce e finalmente ritrovato rettilineo. Cosa spinga molti motociclisti in sintonia con questo modo di pensare ad abbandonare la divertente A1 a favore di strade lente e noiosamente tortuose e’ un mistero che non affronteremo in questa sezione. La quasi totalità dei possessori di moto è autodidatta (le scuole di guida sicura su strada sono di recente formazione e non ancora affermate) e guida quindi secondo nozioni apprese dove capita o in base ad una propria sensibilità affinata con il passare del tempo e dei chilometri, rileviamo inoltre come gli input forniti dai media prendano purtroppo in considerazione solo il lato agonistico delle due ruote, appare quindi evidente come buona parte dei motociclisti soprattutto neofiti prenda ispirazione solo ed esclusivamente dal mondo dei circuiti adottando modalità di guida esasperate anche in funzione di un indotto confronto con gli amici o verso i componenti il gruppo in generale.

Purtroppo le caratteristiche della guida in circuito e quelle dalla guida su strada aperta al traffico si presentano assolutamente differenti, se non agli antipodi, in modo tale che

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l’applicazione delle une nel contesto opposto risultano tremendamente penalizzanti se non addirittura pericolose. Se è vero che solitamente le condotte di guida che garantiscono maggiore sicurezza non interessano buon parte degli “invincibili” centauri forse è possibile riscuotere un minimo di interesse andando ad analizzare modalità di guida che combinano sicurezza e ottima velocità media di percorrenza oltre ad una massiccia dose di sano divertimento.

La tecnica di guida da pista

La guida da pista generalmente adottata e sponsorizzata da tanti centauri prevede inserimento, percorrenza ed uscita di curva mediante parametri ben stabiliti: si arriva larghi sull’ esterno della curva in violenta staccata, si infila la moto in curva cercando il punto di corda più interno possibile alla curva e si esce in accelerazione progressiva, utilizzando tutto l’asfalto a disposizione, molto larghi.

Questa tecnica decisamente valida in circuito evidenzia alcune forti penalizzazioni nell' utilizzo su strada oltre ad una estrema pericolosità.

La tecnica da pista per risultare efficace prevede il completo utilizzo dello spazio asfaltato a disposizione del pilota, normalmente sovradimensionato nei circuiti, se non addirittura del cordolo più esterno; il concetto di fondo si può riassumere nel maggiore “raddrizzamento” della curva ottenibile sfruttando appunto tutto lo spazio a disposizione.

Su strada l’adozione di questa tecnica risulta oltre che pericolosa anche penalizzante, innanzitutto lo spazio a disposizione e' decisamente ridotto rispetto a quello offerto da un circuito, lo spostamento esterno in fase di staccata ed il successivo raggiungimento del punto di corda non permettono di variare in modo eclatante il raggio della curva, di conseguenza la stessa velocità di percorrenza non risente in modo positivo della manovra, in uscita di curva ci troveremo costretti, se vogliamo mantenere una velocità decente, ad allargare pericolosamente la traiettoria verso il centro della carreggiata con il rischio di invadere la corsia opposta.

Per conservare una traiettoria sicura, dato che dobbiamo mantenere la moto inclinata anche oltre la fine della curva, saremo costretti a limitare l'accelerazione e ad effettuare continue correzioni di direzione per compensare la mancanza di una costante forza centripeta che contrasti quella centrifuga.

Questa tecnica infine risulta di difficile applicazione e di conseguente penalizzazione nei curvoni di lunga estensione e tornanti non accentuati, non esiste infatti in questo caso un solo punto di corda utilizzabile, ci troveremo inseriti all'interno di una curva che non permette di uscire come preventivato giocando con il gas per tentare di mantenere una comunque sporca traiettoria in attesa della liberatoria uscita di curva. Valutando la manovra dal punto di vista della sicurezza si evidenziano molti aspetti negativi: adottando come punto di corda la linea di mezzeria ci troveremo, una volta in piega, ad invadere con il nostro corpo la corsia opposta intralciando la marcia di chi proviene nella direzione opposta, situazione a volte letale come vedremo più avanti

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Nelle varianti di curva a destra ci troveremo pericolosamente vicini al ciglio della strada in potenziale rotta di collisione, soprattutto con testa e manubrio, contro cartelli, muretti, rocce, alberi e tutto quello che si può normalmente rilevare ai lati di una strada extraurbana, basta un piccolo urto con il manubrio per innescare pericolose reazioni, anche una improvvisa correzione di inclinazione può generare nuove e non molto apprezzabili traiettorie.

In entrambi i casi analizzati ci troveremo a percorrere una traiettoria quasi obbligata dalla quale non potremo uscire variando la direzione verso l'interno, che non risulta disponibile, frenando o chiudendo il gas.

Questa tecnica genera una delle situazioni più pericolose riscontrabili sulle strade più battute dai centauri e provoca frequenti incidenti spesso gravi per le velocità e gli assetti tenuti che non permettono di effettuare correzioni in tempo utile una volta in traiettorie convergenti.

Entrare cercando il punto di corda ed uscire larghi da una curva pone due ipotetici veicoli che procedono in direzione opposta in sicura rotta di collisione, come possiamo vedere nel montaggio qui sotto

La foto realizzata in studio, evidenzia la pericolosità di alcune traiettorie perseguite su strada (esasperate nella simulazione), come possiamo notare lo stesso pilota che segue le nozioni della guida su pista in entrambe le direzioni non potrebbe evitare la collisione.... con se stesso. Se pensate a quanti "colleghi" adottano la vostra stessa tecnica e che potrebbero procedere in senso opposto avrete una idea di cosa state rischiando

Si può osservare dalla simulazione su strada offerta dal nostro pilota, come adottando la linea di mezzeria come punto di corda si invada la opposta corsia con il nostro corpo, e questo nonostante l'angolo di piega sia decisamente ridotto a a causa appunto della simulazione in sicurezza. Immaginate la stessa cosa in situazione reale con piega accentuata

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La curva è rotonda; Per analizzare la corretta tecnica di guida su strada occorre ripartire dalla iniziale ovvietà.

La guida su strada

Dato che, come abbiamo visto, le possibili alternative si rivelano inefficaci oltre che pericolose, dobbiamo quindi pensare di percorrere la curva secondo il suo esatto raggio di curvatura. La fase di inizio della percorrenza di curva e il relativo inserimento in piega della moto rappresenta un momento molto importante che può condizionare in modo positivo o negativo la corretta esecuzione della manovra complessiva. Per fare questo correttamente è necessario innanzitutto approssimarsi alla curva mantenendo una posizione centrale sulla propria corsia decelerando progressivamente, senza esasperare la staccata e ritardando contemporaneamente l'inserimento, è importante sottolineare come sia fondamentale in questa fase di rallentamento l'utilizzo di entrambi i freni oltre al freno motore dato dalla scalata di almeno una marcia. Il freno posteriore in combinazione a quello veramente decelerante anteriore consente di mantenere la moto in perfetta traiettoria evitando scodinzolamenti del posteriore ed inoltre consente al pilota di mantenere un controllo sensoriale della moto, così come la riduzione di una marcia impone psicologicamente una percorrenza di curva in accelerazione progressiva. La fase di rallentamento progressivo continua anche per la primissima parte di inserimento in piega del mezzo, si alleggerisce la pressione sui freni in funzione dell'aumentare dell'angolo di piega per poi abbandonare del tutto l'anteriore al momento della progressione in accelerazione, in questo importante momento il nostro corpo deve mantenere una centralità rispetto alla nostra corsia mentre nello stesso istante si sposta la moto verso l'esterno accentuandone progressivamente la piega, manovra che può ricordare molto quella dello sciatore impegnato in slalom che mantiene il corpo centrale rispetto ai paletti mentre sposta all'esterno gli sci per affrontare la curva; questa tecnica risulta assolutamente determinante in situazioni che vedremo più avanti. Così facendo oltre ad impostare correttamente la curva si utilizza una parte della corsia stradale lontana da quella opposta, il nostro corpo resta all'interno della suddetta corsia senza andare ad intralciare la marcia nel senso contrario e contemporaneamente si utilizza una parte di asfalto normalmente più pulita grazie al passaggio delle ruote delle auto.

Corpo centrale,moto leggermente spostata verso l'esterno della curva, la proiezione dello spazio occupato totale e' perfettamente centrale, il massimo della sicurezza.

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Inserita la moto in curva ed eliminata la pressione sull'impianto frenante dobbiamo adesso seguire perfettamente il raggio della curva accelerando progressivamente in funzione appunto della percorrenza corretta, un riferimento molto importante quello della centralità che permette al neofita di imparare a gestire l'accelerazione senza pericolo, si può allargare o stringere senza rischi estremi e di ricercare la necessaria fluidità per l' esecuzione della curva stessa.

Progressivamente con la diminuzione del raggio di curvatura dovuto alla fine della curva, si raddrizza lentamente il mezzo aumentando parallelamente l'apertura del gas sempre mantenendo la centralità della corsia; grazie a questa condizione è possibile gestire al meglio l'accelerazione del nostro mezzo anche in funzione di possibili ostacoli o situazioni di emergenza.

La tecnica non richiede normalmente marcati movimenti del corpo: durante lo spostamento del mezzo verso l'esterno un appena percettibile alleggerimento sulle pedane e manopole seguito da un leggero movimento verso l'interno curva e verso il basso servono ad armonizzare la manovra ed a renderla più fluida, regalando al corpo il ruolo di attore principale.

Per cercare di essere più chiari in questa delicata fase esasperando la manovra: si arriva in curva iniziando la decelerazione a moto diritta si sposta la moto verso l'esterno alleggerendo la nostra pressione ed agevolando lo spostamento, (come se ci alzassimo da una posizione più rannicchiata) si sposta il mezzo restando centrali e si recupera il possesso della guida con l'aumentare dell'angolo di piega, per chi sa sciare ancora una volta il paragone è calzante, alleggerimento sugli sci durante lo spostamento laterale per poi ritrovare aderenza durante l'esecuzione della curva.

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Il pilota inizia la fase di frenata alleggerendo il peso sul mezzo, spostandolo verso l'esterno

comincia la fase di piega, mantenendo il corpo centrale rispetto alla propria corsia.

Con l'accentuarsi dell'angolo di piega aumenta il controllo sul mezzo recuperando la presa dopo il

precedente alleggerimento

Mentalmente potremmo anche pensare ad un' ipotetica situazione in cui affrontiamo una curva con pendenza esterna da parabolica nella quale dovremo mantenere una velocità tale da impedirci di cadere inutilmente verso l'interno e il punto di corda.

Questa tecnica di guida basa la sua efficacia sulla fluidità e sulla scorrevolezza generate da una guida essenzialmente pulita e non inquinata da continue correzioni che ne penalizzano l'esecuzione, la sensazione di una perfetta esecuzione tecnica non sarà data da una marcata sensazione di velocità ma da una consapevolezza di assoluta fluidità e "rotondità" della curva, per tornare all'esempio della parabolica sarà come se l' avessimo percorsa perfettamente mantenendo la corretta velocità non cadendo verso l'interno per mancanza di gas o allargando troppo per eccessiva smania di velocità.

Ruolo fondamentale spesso sottovalutato nel mantenimento della fluidità necessaria è svolto dal freno posteriore, in grado di correggere velocità troppo elevate senza sconvolgere la traiettoria come invece l' apri e chiudi del gas potrebbe fare, è inoltre possibile modulando la pressione modificare la nostra traiettoria senza gli effetti poco gestibili di una chiusura del gas.

L' accelerazione garantisce tenuta e direzionalità , contrastando la forza centrifuga che ci spingerebbe all'esterno secondo la tangente alla curva, il suo mantenimento in combinazione con l'utilizzo del freno posteriore permette di mantenere un perfetto controllo del mezzo.

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La maggiore efficacia sarà quindi raggiunta quando ogni movimento risulterà perfettamente sincrono ed in sintonia con tutti gli altri, uomo e macchina in perfetta armonia simbiotica. La tecnica sopra ampiamente descritta non e' pensata, come la tecnica da pista, per permettere la percorrenza di una sola curva per volta ma è mirata a consentire la migliore sequenza in un percorso ad alta tortuosità con sequenze di curva senza soluzione di continuità.

La centralità del corpo e del mezzo durante la fase di percorrenza di curva e lo spostamento laterale esterno della moto in fase di approccio risultano infatti estremamente efficaci nell' esecuzione di sequenze continue sempre per il già espresso parallelismo tra motociclismo e sci, in slalom infatti e' il corpo in posizione centrale e lo spostamento degli sci a destra e sinistra esterni al paletto a dare la corretta esecuzione tecnica, nella ricerca appunto della fluidità e della scorrevolezza.

Innumerevoli vantaggi dimostrabili in termini di velocità di percorrenza: in ingresso di curva si risulta più veloci, la moto entra in piega in modo progressivo con angoli inferiori negli stessi spazi di chi "prende la corda" e si rallenta in modo meno violento, in uscita si raddrizza prima e quindi si può aprire il gas in anticipo e con minor rischio rispetto a chi è ancora piegato.

Avendo inoltre una traiettoria centrale possiamo in caso di necessità anticipare l'accelerazione gestendo il conseguente allargamento di traiettoria. Se nel piccolo istante del punto di corda la guida potrebbe risultare più veloce è invece vero che nelle altre situazioni risulta più lenta realizzando una velocità media di percorrenza della curva inferiore.

Da evidenziare inoltre l'assoluta importanza della individualità del gesto tecnico, occorre guidare cioè senza prendere riferimento da chi ci precede ma restando concentrati sulla strada da percorrere, il nostro sguardo infine non dovrà essere attento a quello che accade immediatamente sotto le nostre ruote ma rivolto invece al tratto di strada che ci troveremo ad affrontare successivamente in modo da trasmettere eventuali correzioni di assetto o situazioni di pericolo in tempo per essere affrontate oltre ovviamente alla impostazione del percorso in modo armonico.

Percorrenza di una sequenza continua di curve. Il corpo mantiene la centralità della corsia mentre sposta la moto verso l'esterno in approccio di curva,

preparando durante la stessa curva la esecuzione della successiva.

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Ma sono i termini di sicurezza che rendono questo stile di guida sicuramente preferibile: si può infatti evidenziare come l'ingresso e l'uscita di curva siano gestiti in modo progressivo utilizzando per frenata e accelerazione angoli di piega meno accentuati, mantenendo il centro della nostra corsia non andiamo ad invadere con il corpo la carreggiata opposta e siamo in grado di correggere la traiettoria in ogni momento, sia allargando che stringendo in caso di pericolo o di manifesta scarsa aderenza.

E' comunque ovvio che resta compito di ognuno di noi trovare il modo migliore per interagire con l'ambiente circostante durante la guida nel tentativo di coniugare la massima fluidità e il divertimento con la maggior sicurezza possibile.

Non è nostra intenzione promuovere un qualsiasi tipo di guida veloce o esasperata ma è sicuramente aspirazione di qualsiasi mototurista il godere al meglio della tortuosità che molte strade percorse ci regalano ed è importante quindi riuscire a farlo con la massima sicurezza possibile lasciando spazio solo alle emozioni positive, importante bagaglio in qualsiasi viaggio.

IMPORTANTE

Quello che troverete all'interno del l’elaborato é solo una descrizione delle nostre esperienze e non vuole essere di insegnamento o di stimolo a nessuno, pertanto gli autori non si assumono responsabilità alcuna per eventuali danni o problematiche derivate dall'osservanza di quanto scritto.

Amici, soci, membri, lettori… per cominciare a valutare le tecniche di guida, cominciamo a valutare quei comportamenti che, se osservati, consentiranno anche alla nostra scopa di essere finalmente a rischio autovelox e ai rimanenti membri del club di ridurre i tempi di attesa.

Attenzione!!! L’argomento da trattare non è cosa semplice. Il dilemma è: addentrarci negli aspetti prettamente tecnici con alcune considerazioni sulla fisica dei veicoli o trattare l’argomento “come se parlassi a un bambino di 4 anni”?

Considerando che, Fa=Pa*f… no, non ci siamo.

Allora bambini, riproviamo! Prima di inserirci nei meandri del punto di corda, dello spostamento del peso, e di chi più ne ha più ne metta, sono a mio avviso importanti alcuni semplici ragionamenti. La guida deve essere la giusta combinazione di istinto, tecnica ed intelligenza. L’una senza le altre creano un motociclista ad alto rischio.

Possiamo anche essere a perfetta conoscenza delle tecniche che hanno consentito a Valentino Rossi di primeggiare, ma se non dovessimo riuscire ad abbinarle ad una buona dose di materia grigia… sono cacchi amari! A questo punto cominciamo.

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Raider! Per poter correttamente inclinare la moto ed inserirci nel modo ideale nella nostra adorata curva dobbiamo imparare a guardare nella direzione giusta. A parte l’ovvia considerazione che in questo modo riusciamo ad individuare con un maggior anticipo gli ostacoli posti sulla carreggiata, proiettando lo sguardo alla maggior distanza possibile, più facilmente riusciremo ad inclinare la nostra 2 ruote. Spesso si tende ad impostare la curva osservando lungo la linea del corpo moto (linea rossa). ANATEMA!!!

Potrà risultare cosa scontata ma vi garantisco che non è così! Forse dovrei cominciare a citare qualcosa sulla psicologia del conducente, ma mi limito a dire che è cosa naturale, in particolare quando il panico fa capolino, prepararci all’urto guardando l’ostacolo contro cui rischiamo di accartocciare la nostra unica vera ragione di vita (forse ho un po’ esagerato?) ossia il punto A del bellissimo disegno e a irrigidire la nostra muscolatura. Cosa da considerarsi assolutamente controproducente.

La corretta direzione dell’area in cui osservare deve essere nel punto più avanzato alla nostra portata (linea verde). Solo in questo modo possiamo riuscire ad anticipare l’inclinazione della moto in funzione del raggio della curva. Non è cosa semplice … se dovessimo avere problemi di vista poi, non ne parliamo (ogni riferimento è puramente casuale). Prevedere la traiettoria, le variazioni di raggio (tipiche della parte iniziale e terminale) della curva sono l’elemento base per riuscire a tenere il nostro mostro inclinato per tutta il raggio della stessa, per poterlo raddrizzare progressivamente e senza brusche manovre, e per poter cominciare ad aprire la manetta sempre in modo dolce, evitando spostamenti di carico improvvisi che metterebbero a dura prova l’efficienza delle nostre costosissime Harley. D’altra parte provate a pensare come potremmo riuscire a dirigere la nostra motocicletta verso il punto B fissando il punto A. Chiaramente, tenendo in considerazione che il nostro mezzo procede nella curva, dovremo mano a mano che avanziamo, spostare il nostro sguardo sempre più in avanti in modo tale da mantenere il nostro punto di osservazione nella parte più avanzata della visuale. Ragazzi questa è una cosa importante!