Nella tela del tempo, B. Nalin e T. Recchia

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Il tempo che sconvolge, che unisce, divide e poi riunisce. Un libro di Barbara Nalin e Tiziana Recchia. In tutte le librerie online.

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1.

La sedia di plastica nell’anticamera dell’ufficio di JoBest, direttrice di «Magic in Action», era scomoda. Melitasi asciugò le mani sudate sui jeans, cercando di calmare ibattiti accelerati. «Vieni subito nel mio ufficio» le aveva sibilato Jo al

telefono mezz’ora prima. Il tono di voce era stato gelido,per nulla amichevole come lo era di solito. Voleva licen-ziarla? Dopo cinque anni, si era forse stancata di lei?Aveva trovato un fotografo più bravo? Ipotesi, soltantoipotesi, che si disfacevano l’una dopo l’altra come cartabagnata.Mentre guardava per l’ennesima volta l’orologio, la

porta dell’ufficio si aprì e Melita scorse due sandali doratitacco dieci e il volto tirato di Jo Best. Josephine Best, Joper gli amici, era una donna di quarantacinque anni gra-devole ed esuberante. Lei e Melita erano amiche da cinqueanni, proprio da quando Jo aveva cominciato a lavorarecome direttrice di «Magic in Action», una rivista specializ-zata in esoterismo. «Mel, accomodati». Melita guardò Jo appoggiarsi allo schienale e congiun-

gere le punte delle dita davanti alla bocca. Lo sguardovagava per l’ufficio, come se non fosse del tutto consape-vole della sua presenza seduta di fronte a lei.

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«Jo?» disse Melita, sporgendosi in avanti per incrociareil suo sguardo. Jo batté le palpebre e si concentrò su di lei. «Mel, perché non mi hai detto di possedere un Mulino

nell’Isola di Malta?» la interrogò. Melita rimase a boccaaperta. «Mulino?» ripetè «Il Mulino appartiene a mia nonna,

alla nostra famiglia e non pensavo fosse pertinente con lamia… la tua professione».«E allora cosa mi dici di questo?» chiese Jo, lanciandole

un giornale sotto il naso.Melita lo prese, era il «Lost Treasures», il loro più tena-

ce concorrente. Quel titolo la fece sobbalzare:

IL SEGRETO DEI CAVALIERI DI MALTA, COSA CUSTODISCE IL TA’ KOLA

DELL’ISOLA DI COMINO?

Cominciò a leggere. Nell’articolo si diceva che ilMulino apparteneva a Velata dalle Tele, che aveva unafiglia, Eliza dalle Tele e due nipoti, Sara dalle Tele, medicochirurgo all’ospedale di La Valletta di Malta e lei, Melitadalle Tele, che lavorava come fotografa per «Magic inAction».Continuava: la leggenda narra che in un lontano passato

i Cavalieri di Malta avessero poteri tali per cui erano ingrado di inventare, cambiare e modellare la realtà a loro pia-cimento. Ricchi e invincibili, il loro commercio era fiorente. L’articolo si soffermava poi sulla descrizione del

Mulino e delle sue otto tele, tavole che custodirebbero ilsegreto millenario: viaggio nel tempo o cos’altro? «Fandonie!» esclamò Melita, ripiegando il giornale.

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«Come puoi dirlo?» la incalzò l’altra.«Viaggio nel tempo? Ma ci credi veramente, Jo?»«Ho fatto qualche controllo anch’io e ho saputo che tua

nonna, insieme a due uomini, sta organizzando il corso LaFattoria del Vento con l’intento, secondo quanto scritto inquell’articolo, di ritrovare le tele.»«Assurdo! E la fonte di questo articolo?» Melita provò

una rabbia irrazionale al pensiero che qualcuno avessepotuto indagare sulla sua vita e su quella della sua famiglia. «Anonima» puntualizzò Jo.«Anonima!» saltò su Melita. «Adesso mi vieni a dire che

dai credito a una fonte anonima? Non posso crederci».«Non mi interessa cosa credi, Mel» disse Jo, con tono

annoiato. «E dunque?» aggiunse Melita, sorpresa. «Dunque, voglio che tu te ne torni a casa e investighi,,

scatti foto sulla questione e…».«No» la interruppe Melita. «Non ho nessuna intenzio-

ne di tornare a casa e investigare, come lo chiami tu. Nonsono una giornalista, sono una fotografa.»«Infatti» ribattè Jo «ho già pensato a chi ti affiancherà

per redigere l’articolo, mentre tu farai le foto.»Melita accennò un sorrisetto. «Perché dovrei farlo?»Jo le lanciò un’occhiata penetrante. Gli occhi delle due

donne si incontrarono. «Se fosse vero, potresti vincerel’International Photography Awards. Pensaci Mel.»Il viso di Melita si ammorbidì un attimo. «Sono passati

quattro anni, undici mesi e ventotto giorni da quando mene sono andata da casa e l’ultima cosa che ho fatto è statatirare la mia preziosa macchina fotografica contro miamadre».

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Jo rise. «Peccato per la macchina, e per le tue tasche».«Era assicurata. Ma non sono assicurati i miei nervi. Ti

ho parlato della mia vita con le donne della mia famiglia,Jo, ti ho spiegato quanto instabile sia mia madre, quantapoca considerazione abbia di se stessa. Sono molto tentata,se non altro per il premio, ma so che impazzirò».«Stronzate. Tu sei troppo forte perché qualcosa ti scal-

fisca. Forza, prenota il biglietto e rendici famose».Melita si alzò, con la camicetta arancio che le faceva

risaltare l’abbronzatura mentre con un tintinnio dei sottilicerchietti d’oro che aveva al polso, sfilava dalla spallieradella sedia una sacca di tela e se la metteva a tracolla. «Titerrò informata sugli sviluppi».Jo sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori e le augurò

buona fortuna.

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2.

Spalancò la bocca in uno sbadiglio, ricomponendosisulla sedia. Aveva fatto uno splendido sogno. Aveva sogna-to di essere ritornato a casa tra le braccia della sua innamo-rata. Murad aveva ventotto anni ed era alto, la carnagione del

viso. Un uomo curato, attento, a cui piaceva farsi notare.Guardò il cursore del mouse che lampeggiava sul com-

puter e si rimise al lavoro. Doveva consegnare l’articoloentro quella sera, l’indomani se ne sarebbe andato. «Ciao Murad» dissero due voci passando accanto alla

sua scrivania. Murad alzò gli occhi e guardò con disprezzo due giova-

ni donne truccate alla perfezione, senza ombra di dubbiobelle, e vestite con minigonna vertiginosamente corta e t-shirt vertiginosamente attillata. Fece un cenno di salutocon il capo e riportò gli occhi all’articolo, per niente inte-ressato alle belle ragazze che assomigliavano a tutte le altrebelle ragazze. A lui interessava una donna “diversa”. Melita prese posto sulla sedia al lato opposto della scri-

vania, catturando la sua attenzione. Lei era “diversa”. E gliricordava un’altra donna. Stessi capelli lunghi corvini, stessiocchi grigi, stesso naso delicatamente, leggermente all’insù.Melita aveva in mano il palmare, ma non lo guardava.Guardava Murad, e con un’espressione decisamente delusa.

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«Devo annullare il nostro appuntamento di questasera».Murad la studiò un attimo, prima di rispondere. «Già

stanca di me?» disse, abbozzando un sorriso.Melita sorrise a sua volta. «Affatto» rispose «Jo mi

manda a fare un servizio fotografico sull’isola di Malta».Gli occhi di Murad lampeggiarono. «Malta» ripeté. Poi

la guardò dritto negli occhi e disse: «Quando parti?».«Domani, ma prima devo studiarmi tutto il materiale».«Buon viaggio, allora».Melita restò senza parole. «Ma… e noi due?».Murad si alzò in piedi e si avviò verso l’ufficio di Jo.

«Abbi fede, Melita, ci rivedremo prima di quanto ti aspet-ti» e così dicendo scomparve al di là della porta.

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3.

Debra-Céline Folchart entrò nella grande cucina del-l’albergo di proprietà di Velata dalle Tele. Secondo unaspecie di sacro rito, doveva preparare il tè per la signora.Un tè speciale, che arrivava dall’Inghilterra, con un’acquadinamizzata altrettanto speciale. Attraversò con andatura regale la cucina, consapevole

del suo fascino, dove lo chef Albert stava sfornando deibiscotti. «Oh, buongiorno, Debra» la apostrofò lui. «Buongiorno a te, Albert. È tutto pronto?» rispose con

la sua cadenza melodiosa.Lui le indicò il vassoio con l’acqua bollente e le foglie

di tè appoggiate su un piattino. Debra ne prese un pizzicoe le fece cadere lentamente, quasi una a una, nel bricco difine porcellana bianca. Poi, reggendo il vassoio come fosseun’offerta rituale, salì le scale che portavano alla cameradella signora Velata e bussò con garbo. «Avanti». Debra abbassò la maniglia ed entrò nella penombra

della stanza. Appoggiò il vassoio sul tavolino di fianco alletto, fece scorrere gli anelli delle tende e aprì le imposte dilegno. La luce di una bella giornata estiva invase la stanza.«Buongiorno, Velata» disse. «Oggi è il gran giorno».Con un improvviso gesto di energia, Velata dalle Tele

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saltò giù dal letto e si affacciò alla finestra, respirando l’ariadel mattino. «Oggi lo rivedrò, finalmente» disse.Debra la osservò, il viso era attraversato da un’espressio-

ne di impazienza adolescenziale, come se quel giorno lariportasse agli anni della sua giovinezza. La vecchia sisedette sulla poltroncina vicino al comodino e Debra, congesti lenti, le versò il tè. «Bene» disse Velata «ormai siamo come due vecchie

amiche e non ci sono segreti tra noi.» Un sorriso le incre-spò le labbra. Debra la fissò negli occhi. C’era qualcosa nella sua voce,

un’inflessione seria e convinta, che non le aveva mai senti-to prima. «Certo che siamo amiche» confermò.«Tra di noi c’è stata subito una gran simpatia, fin dal-

l’inizio» disse Velata, riflessiva. «Lei è stata molto buona con me, mi ha dato fiducia fin

da subito…».«E avevo ragione, no?» fece lei, levando un indice «Ma

ora, veniamo al punto. Già…» concluse meditabonda.«Che cosa c’è? È successo qualcosa?» chiese Debra. Velata la guardò con aria afflitta. «Ah, se potessi…»

mormorò. «Ho fatto qualcosa di male? È arrabbiata con me?».Velata si pulì la bocca con il tovagliolo in seta e borbot-

tò: «Arrabbiata? E perché mai? Dimmi, cosa ne pensi del-l’articolo del «Lost Treasures», lo hai letto, vero?». Debra annuì. «L’hotrovato originale e molto interes-

sante» disse la ragazza con calore «lei lo sapeva? Del segre-to, intendo».Velata sospirò. «Avevo sentito delle voci, ma non è que-

sto il punto». Si alzò, accese una sigaretta e riprese, sorri-

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dendo. «Come ben sai il corso della Fattoria del Vento ini-zierà dopodomani e…» fece una pausa d’effetto «…quientri in gioco tu».«Non capisco…» fece Debra.Lei la interruppe. «Parteciperai al corso. Ti ho già iscritta».«Perché?».«Ho settant’anni, mia cara, se potessi lo farei io, ma

non credo sia il caso… comunque, voglio che tu diventi imiei occhi e le mie orecchie. Dopo ogni lezione, mi rag-giungerai nella mia stanza e mi informerai su quello cheavete scoperto.»Debra la guardò un po’ incerta.«Su non fare quella faccia, sono sicura ti divertirai e poi

hai bisogno di conoscere gente della tua età, socializzare,mia cara figliuola. Fai una vita troppo morigerata per imiei gusti» Debra la vide dirigersi verso il bagno e infilarsisotto la doccia, lasciandola lì a sedere e riflettere.

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Il tempo è la parola chiave di tutta la vicenda. Il tempo chesconvolge, che unisce, divide e poi riunisce. Il tempo checambia anche gli affetti.

Nel 2012 a Los Angeles Melita, una giovane fotografa,viene inviata a Malta, sua terra d'origine, per fare unreportage di un corso che si terrà nel mulino appartenentealla sua famiglia, nell'isola di Comino. La missione ha unfine tanto velato quanto allettante: pare che il vecchiomulino custodisca un segreto legato ai Cavalieri di Malta,in particolare a delle tele che avrebbero il potere di cam-biare la realtà a piacimento di che le utilizza. Tra continuiincursioni temporali tra passato e presente, romantichestorie d'amore e d'avventura si intrecciano in tempi lonta-ni e si riscoprono autentici e inalterati a distanza di secoli.E misteri, enigmi, patimenti e sofferenze disumane.

Come una mosca può intrappolarsi nella tela di un ragno,così, così l'uomo può rimanere schiavo della tela deltempo, di un tempo non suo, estraniante e sconvolgente,che può condurlo alla definitiva scomparsa o alla sua rige-nerazione.