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Semestrale d’informazione e cultura valtortiana c/o CEV – Viale Piscicelli 89-91 03036 Isola del Liri (FR) Italia Luglio-Dicembre 2018 (n.2/2018) 96 Si pubblica dal 1970. Redattore e direttore responsabile: Emilio Pisani. Autorizzazione del Tribunale di Cassino n. 374 del 18/11/1970. Spedizione in abbonamento postale 70%, filiale di Frosinone. Fotocomposto e stampato in proprio. Nella sua opera Maria Valtorta dimostra una cultura storica, geografica, archeologica, etnologica, filosofica, biblica e teologica inspiegabili. O era un ‘mostro’ di sapienza, come non ce ne sono mai stati, o bisogna credere a ciò che ha sempre sostenuto e cioè che il suo libro non ha origine umana . Sono parole testuali dell’editore Emilio Pisani in un vistoso servizio giornalistico, apparso sul n. 34 della rivista GENTE del 26 agosto 1978: quarant’anni fa. Non si tratta di un editore dalla cultura eclettica, in grado di esaminare uno scritto passandolo al vaglio delle più svariate branche dello scibile. Semplicemente egli aveva sotto mano gli attestati di veri uomini di cultura, accreditati nei vari rami della scienza, i quali avevano riscontrato nelle parti descrittive dell’opera di Maria Valtorta, nei dialoghi dei suoi personaggi, perfino nei dettagli trascurabili in apparenza, la realtà storico-scientifica di quel tempo, cioè del tempo della vita terrena di Gesù di Nazareth. È come se la scrittrice, senza conoscere alcunché, ma con la capacità di sapere osservare e con il talento di saper scrivere, stesse vivendo in quel tempo e in quelle situazioni ambientali, sociali, culturali. Lo hanno confermato anche studi recenti, condotti con più ricchezza di dati e ampliando il raggio delle ricerche, fino a sconfinare nei campi della botanica, della climatologia, dell’astronomia. Eppure l’opera di Maria Valtorta non è un’opera scientifica. “Nessuno si permetta mai — è il monito di Gesù riferito dalla scrittrice l’8 febbraio 1949 — di camuffare da ‘scientifica’ l’opera che io ti ho data”. Camuffare significa falsificare, fare apparire quello che non è. L’opera della Valtorta non è scientifica perché lei non era una mente tanto geniale da poter assorbire tutto lo scibile riferito ad un tempo remoto: il che sarebbe mostruoso perché supererebbe l’estremo limite delle capacità umane. Quello che di lei apprendiamo dalle memorie autobiografiche e dagli altri scritti personali è anche fuori dell’ordinario, ma è ancora umanamente possibile: vincere se stessi e offrirsi totalmente per amore. L’opera di Maria Valtorta non è un capolavoro (letterario) di Scienza. È il capolavoro (letterario) dell’Amore, che ci è venuto per mezzo del sublime e totalizzante sacrificio di una creatura. Lo sanno e lo attestano migliaia di lettori (forse milioni, da sessant’anni ad oggi) sparsi in tutto il mondo. Alcuni di loro si sono mostrati perfino infastiditi da quello che essi ritengono un superfluo accanimento scientifico sull’opera valtortiana. Vorremmo invece convincerli che i dati scientificamente certi di una rivelazione, se vengono dimostrati come tali da studiosi dall’animo retto, possono indurre le menti imbevute di sola Scienza a riconoscere l’Amore. Il primo esempio lo abbiamo nell’apostolo Tommaso, il quale non credette semplicemente al fatto di cui i compagni erano stati testimoni. Solo quando ottenne la prova certa e tangibile dell’avvenuta Resurrezione, che nel contempo confermava la veridicità della Passione e Morte, espressioni estreme dell’Amore, solo allora riuscì ad esclamare: “Mio Signore e mio Dio!”.

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Semestrale d’informazione e cultura valtortianac/o CEV – Viale Piscicelli 89-91

03036 Isola del Liri (fr) Italia

Luglio-Dicembre 2018 (n.2/2018)

96Si pubblica dal 1970. Redattore e direttore responsabile: Emilio Pisani.

Autorizzazione del Tribunale di Cassino n. 374 del 18/11/1970. Spedizione in abbonamento postale 70%, filiale di Frosinone.

Fotocomposto e stampato in proprio.

“Nella sua opera Maria Valtorta

dimostra una cultura storica, geografica, archeologica, etnologica, filosofica, biblica e teologica

inspiegabili. O era un ‘mostro’ di sapienza, come non ce ne sono mai stati, o bisogna credere a ciò che

ha sempre sostenuto e cioè che il suo libro non ha origine umana”.

Sono parole testuali dell’editore Emilio Pisani in un vistoso servizio giornalistico, apparso sul

n. 34 della rivista GENTE del 26 agosto 1978: quarant’anni fa. Non si tratta di un editore dalla cultura

eclettica, in grado di esaminare uno scritto passandolo al vaglio delle più svariate branche dello scibile.

Semplicemente egli aveva sotto mano gli attestati di veri uomini di cultura, accreditati nei vari

rami della scienza, i quali avevano riscontrato nelle parti descrittive dell’opera di Maria Valtorta, nei

dialoghi dei suoi personaggi, perfino nei dettagli trascurabili in apparenza, la realtà storico-scientifica

di quel tempo, cioè del tempo della vita terrena di Gesù di Nazareth. È come se la scrittrice, senza

conoscere alcunché, ma con la capacità di sapere osservare e con il talento di saper scrivere, stesse

vivendo in quel tempo e in quelle situazioni ambientali, sociali, culturali. Lo hanno confermato anche

studi recenti, condotti con più ricchezza di dati e ampliando il raggio delle ricerche, fino a sconfinare nei

campi della botanica, della climatologia, dell’astronomia.

Eppure l’opera di Maria Valtorta non è un’opera scientifica. “Nessuno si permetta mai — è il

monito di Gesù riferito dalla scrittrice l’8 febbraio 1949 — di camuffare da ‘scientifica’ l’opera che io

ti ho data”. Camuffare significa falsificare, fare apparire quello che non è. L’opera della Valtorta non

è scientifica perché lei non era una mente tanto geniale da poter assorbire tutto lo scibile riferito ad

un tempo remoto: il che sarebbe mostruoso perché supererebbe l’estremo limite delle capacità umane.

Quello che di lei apprendiamo dalle memorie autobiografiche e dagli altri scritti personali è anche fuori

dell’ordinario, ma è ancora umanamente possibile: vincere se stessi e offrirsi totalmente per amore.

L’opera di Maria Valtorta non è un capolavoro (letterario) di Scienza. È il capolavoro (letterario)

dell’Amore, che ci è venuto per mezzo del sublime e totalizzante sacrificio di una creatura. Lo sanno e

lo attestano migliaia di lettori (forse milioni, da sessant’anni ad oggi) sparsi in tutto il mondo. Alcuni di

loro si sono mostrati perfino infastiditi da quello che essi ritengono un superfluo accanimento scientifico

sull’opera valtortiana. Vorremmo invece convincerli che i dati scientificamente certi di una rivelazione,

se vengono dimostrati come tali da studiosi dall’animo retto, possono indurre le menti imbevute di sola

Scienza a riconoscere l’Amore.

Il primo esempio lo abbiamo nell’apostolo Tommaso, il quale non credette semplicemente al fatto

di cui i compagni erano stati testimoni. Solo quando ottenne la prova certa e tangibile dell’avvenuta

Resurrezione, che nel contempo confermava la veridicità della Passione e Morte, espressioni estreme

dell’Amore, solo allora riuscì ad esclamare: “Mio Signore e mio Dio!”. •

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Gabriele Virili è morto il 6 settembre a Terni, dove era nato 83 anni fa e dove ha esercitato la professio-ne di dottore commercialista. L’impegno professionale non gli ha impedito di coltivare anche altri interessi e di praticare attività sportive. Sposato e padre di famiglia, ha vissuto una vicenda umana che egli confidava così in uno scritto dell’anno 2007:

Cattolico come si ritengono tanti per il solo fatto di andare a Messa la domenica, ho passato i miei pri-mi cinquant’anni seguendo tranquillamente le normali attività consumistiche della nostra società. L’improvvi-sa irruzione del dolore e della tragedia nella mia vita, dopo un periodo di terribile depressione, aveva causato la perdita di quel poco di Fede che in passato mi sem-brava di avere, dando inizio ad un periodo di totale in-differenza religiosa. Poco più di dieci anni fa, una serie di circostanze, che l’uomo moderno chiama “caso”, mi ha fatto incontrare l’Opera di Maria Valtorta sulla Vita di Gesù. Ho divorato i suoi 10 volumi, che ho riletto più volte. Quindi sono passato agli scritti minori della mi-stica Valtorta, cominciando dai tre volumi dei “Quader-ni”. Finalmente ho capito cosa è la Religione Cattolica ed in me è tornata la Fede, ben diversa da quella della giovinezza. Ecco perché collaboro come posso alla diffu-sione degli scritti di Maria Valtorta.

La sua possibilità di collaborazione nel diffondere gli scritti di Maria Valtorta divenne tanto notevole da renderlo amico e confidente dell’editore che li pubblica-va.

Il Centro Editoriale Valtortiano (CEV) doveva costi-tuire una Fondazione a cui affidare i manoscritti origi-nali valtortiani e gli altri beni appartenuti a Maria Val-torta, ricevuti in eredità insieme con diritti ed obblighi. Il dott. Virili, che perfino aveva fatto spedire i libri della Valtorta alle biblioteche delle carceri d’Italia, voleva co-stituire una Fondazione che continuasse a propagandare e diffondere gli scritti valtortiani in quanto pubblicati. Fu pacifico l’accordo di unire i due intenti per fare una sola Fondazione con il patrimonio valtortiano detenuto dal CEV e con il patrimonio liquido che egli stava accan-tonando a tal fine. Con molto più tempo e fatica, invece, si raggiunse l’accordo sulle regole da sancire nello Sta-tuto. Disaccordo insormontabile, infine, sulla composi-zione del Consiglio di amministrazione. Ciascuna delle

due parti poteva ritenersi libera di proseguire per la sua strada.

Per prima fu costituita la Fondazione voluta da Viri-li e dal suo sostenitore. Portava il nome di Maria Valtor-ta, essendo stata disattesa la richiesta formale di voler lasciare l’uso di quel nome alla Fondazione che il CEV avrebbe dovuto costituire con l’apporto determinante dei conugi Emilio Pisani e Claudia Vecchiarelli, edito-ri e curatori delle opere valtiortiane, nonché detentori effettivi dell’eredità valtortiana. La Fondazione-erede, nata seconda, poteva distinguersi dall’altra per la si-gla CEV unita al nome di Maria Valtorta ed anche per avere ottenuto la qualifica di onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale). Essa persegue lo scopo sia di custodire e proporre ogni memoria della persona di Maria Valtorta, sia di tutelare, valorizzare, divulgare i suoi scritti a beneficio dell’umanità.

La dirittura morale di Gabriele Virili si distinse in un ravvedimento che lo spinse a proporre la fusione del-le due Fondazioni in una. La proposta ebbe accoglien-za immediata ed entusiastica, ma si arenò perché le due parti propendevano per due soluzioni opposte: fusione propria e fusione per incorporazione. Era segnato che dovessero coesistere due Fondazioni al servizio di Ma-ria Valtorta con finalità differenti. Se la differenza degli scopi fosse stata palese già nelle due intestazioni, avrem-mo evitato il disconoscimento reciproco e lo scandalo di una contrapposizione in nome di Maria Valtorta, che ha portato disorientamento tra i nostri lettori.

La memoria di Gabriele Virili va onorata per la co-stanza e la generosità con cui egli ha diffuso la cono-scenza dell’opera valtortiana e per la tenacia con cui ha voluto una istituzione che continuasse la sua azione con i mezzi da lui stesso elargiti, testimoniando con gesti tan-gibili la fede ritrovata. Ed anche lo ricordiamo per avere egli cercato di ricomporre ad unità una scissione causata da qualche incomprensione.

Il presente numero è l’ultimo del Bollettino Valtortiano ad essere spedito con il sistema dell’abbona-mento postale, riservato alle stampe periodiche. È un sistema diventato poco affidabile, perché ci ha fatto registrare disguidi e soprattutto carenze nei recapiti ai destinatari in molte località d’Italia. Sul numero precedente abbiamo già avvisato i nostri lettori che, a partire dal prossimo anno, spediremo in busta af-francata il Bollettino a coloro che ci avranno comunicato di voler continuare ad averlo in forma cartacea, mentre cresce il numero dei lettori che ci forniscono l’indirizzo di posta elettronica per ricevere il Bollet-tino in forma telematica.

È dal 1970 che pubblichiamo questo notiziario con periodicità semestrale. Siamo così arrivati al n. 96. Portavoce della casa editrice che pubblica esclusivamente le opere di Maria Valtorta, da alcuni anni ospita

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Emilio Biagini ha scritto un libro che il Cen-tro Editoriale Valtortiano ha pubblicato. Il titolo è: Maria Valtorta, la testimone della vita di Cristo. È un volume di 540 pagine. Prezzo di vendita: euro 22,00.

Genovese, Emilio Biagini è stato professore ordi-nario di Geografi a all’Università di Cagliari. Scritto-re fecondo, ha vinto prestigiosi premi per la narrativa cattolica, per la satira, per la narrativa storica. In col-laborazione con la scrittrice Maria Antonietta Nova-ra, che è sua moglie, ha già pubblicato un romanzo sui tempi ultimi, basato sulle rivelazioni a Maria Valtorta.

Il libro che stiamo presentando è un suo appassio-nato studio sulla vita e sugli scritti di Maria Valtorta, con il dichiarato intento di controbilanciare gli studi valtortiani che quasi sempre riguardano l’opera L’E-vangelo della scrittrice mistica e non la sua persona. Questo libro — scrive il Biagini stesso — traccia anzi-tutto la biografi a della Valtorta, ponendo in evidenza il sublime sacrifi cio di lei per la salvezza delle anime; passa poi in rassegna le schiaccianti prove di auten-ticità de L’Evangelo stesso e ne evidenzia alcuni dei principali temi teologici e storici. Il Tesoro valtortia-no è vitale in quest’epoca in cui l’anticristo avanza, tentando di distruggere la famiglia e la stessa natura dell’uomo, assai favorito dagli scandali e dall’accidia di troppi chierici, preoccupati solo d’esser graditi al mondo. Il Divino Maestro della Valtorta ci dà le armi per contrastarne l’avanzata, ed è essenziale prendere

atto seriamente del Suo messaggio.Vogliamo aggiungere una nostra considerazio-

ne. Anche se il dato della Rivelazione, ripreso dalla Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2,3-12), ci mostra l’Anticristo in un Personaggio, nulla ci vieta di defi ni-re “anticristo” una corrente di pensiero e un sistema di vita. Oggi più che mai sono di innegabile attuali-tà una latente ma diffusa apostasia dalla Fede e una manifesta e perfi no dirompente corruzione dei costu-mi. Non per nulla il “tesoro valtortiano”, capace di una rinnovata e radicale evangelizzazione, ci è stato dato in questa nostra epoca.

anche informazioni che riguardano la Fondazione costituita nel 2010. È bene che si faccia distinzione tra le due istituzioni.

Centro Editoriale Valtortiano (CEV)È la società editrice costituita appositamente per curare la pubblicazione e la diffusione degli scritti di

Maria Valtorta. Fu come un ramo, da coltivare perché diventasse albero, tratto dal ceppo della “Tipografi a Editrice M. Pisani”, alla quale Maria Valtorta aveva affi dato la pubblicazione della sua Opera.

Il CEV affronta tutti i costi di una ordinaria attività industriale e si sostiene con la vendita dei libri che produce. Non riceve sovvenzioni.

Indirizzo postale: Viale Piscicelli 91 – 03036 Isola del Liri FRTelefono: 0776.807032 – Telefax: 0776.809789Indirizzo telematico: www.mariavaltortastore.comin sostituzione di: www.mariavaltorta.com

Fondazione Maria Valtorta CEV – onlusLa presiede Emilio Pisani ed ha la sua sede in Isola del Liri. Detiene e custodisce i manoscritti originali

di Maria Valtorta e tutto quanto è appartenuto a Lei. È titolare dei diritti d’autore sulle opere pubblicate. È proprietaria della casa Valtorta in Viareggio, già da tempo riaperta ai visitatori dopo essere stata boni-fi cata dall’umidità salmastra e radicalmente restaurata.

La Fondazione è regolata da uno Statuto secondo le direttive e gli ideali di Maria Valtorta e persegue scopi non lucrativi. Per i suoi scopi può ricevere offerte, che sono deducibili dal reddito, e può benefi ciare del “cinque per mille” (codice fi scale 91021740609) nelle dichiarazioni annuali dei redditi.

Il sito della Fondazione — www.mariavaltorta.com — è in fase di rinnovamento nella veste grafi ca, con più canali di informazione e di contatto, per poter essere il punto di riferimento per ogni ricerca sulla storia e sull’attualità valtortiane.

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Sessant’anni fa, nell’autunno del 1958, la “Tipografi a Editrice M. Pisani”, a cui Maria Valtorta aveva affi dato la pubblicazione della sua Opera, inviava una lettera circolare ai lettori che avevano ac-quistato il primo volume dell’Opera e non anche i successivi. È necessario fare una premessa.

La composizione tipografi ca di un libro avveniva con il si-stema meccanico della linotype, allora considerato il più mo-derno. L’operaio linotipista leggeva il testo sul foglio messo sul leggio e lo batteva sulla tastiera della macchina. Il mec-canismo della linotype, azionato con una leva ad ogni rigo composto, era complesso e affascinante per la perfetta con-catenazione delle sue fasi, fi no a quella di espellere, una die-tro l’altra, le righe fatte di piombo. Questo per far capire che la materia prima della linotype era il piombo, che fondeva in un crogiolo, alimentato di continuo dalle righe di piombo di libri già stampati e allestiti. Infatti, dopo la stampa di un li-bro per una tiratura di copie prestabilita, le pagine di piom-bo venivano conservate in vista di una eventuale ristampa; ma prima o poi dovevano essere disfatte e fuse perché non si esaurisse la materia prima che era necessaria a far lavorare la linotype.

L’Opera della Valtorta era alla sua prima edizione. Si pen-sava di poterla comporre e stampare in soli tre volumi, ma non si aveva la cognizione esatta della sua mole. Si era arri-vati a comporre 1200 pagine quando ci si avvide che mancava ancora molto per completare la materia prevista per il volu-me primo. Si dovette chiudere a quel punto il volume e ripen-sare l’edizione non più di tre ma di quattro volumi (i volumi dal secondo al quarto, di 900 pagine ciascuno).

Il volume primo dell’opera, pubblicato nel 1956, era un “mattone” di cm. 17x24 circa, dello spessore di quasi 7 cen-timetri. Sulla copertina di cartoncino grigio campeggiava il titolo senza alcun ornamento grafi co. Di fi tta stampa erano le pagine di testo. Il volume aveva tutte le caratteristiche di un prodotto librario destinato all’insuccesso, eppure fu segui-to dal volume secondo nel 1957 e dal volume terzo nel 1958. Era in corso di composizione il quarto ed ultimo volume (che sarebbe uscito nel 1959) quando le mille copie stampate del volume primo si esaurirono. La ristampa del volume non era possibile, essendo state disfatte le pagine di piombo non solo per esigenze di lavoro ma anche perché si pensava già di do-ver ricomporre per intero l’Opera in una nuova edizione ac-curatamente revisionata e suddivisa in un numero di volumi più maneggevoli.

La lettera circolare predisposta dall’Editore denunciava una situazione anomala che doveva essere sanata, quella di potenziali lettori che venivano a conoscenza dell’esistenza dell’Ope-ra quando l’edizione era disponibile a partire dal volume secondo. Si trattava di una lette-ra singolare e di una richiesta assolutamente inconsueta da parte di un editore, il quale era disposto a riacquistare il volume primo, purché in buone condizioni, da quei letto-ri che, non avendo ordinato i volumi secon-do e terzo, potevano non essere interessati all’Opera. Non mancarono coloro che rispe-dirono il volume alla casa editrice riceven-done il corrispettivo del prezzo di copertina,

che era di Lire 3.750. I lettori che invece non intendevano pri-varsi del volume, lo comunicarono per telefono o non rispose-ro affatto, oppure lo fecero per iscritto con una motivazione. Qualche esempio:

Francesca Quiriconi da Viareggio: Il primo volume lo ac-quistai da lei, il secondo e il terzo dal Maestro Tomei. Io sono contentissima di questi libri e aspetto con ansia il quarto (se fossero persone di Viareggio che hanno da leggere il primo volume, glielo presterei volentieri, ma il fatto di spedirlo no, nemmeno di venderlo, sono gelosa di quei libri).

Alessandro Pianigiani da Todi: Fin dal 1956 sono in pos-sesso del volume “Il Poema di Gesù” e l’ho trovato interes-sante e unico nel suo genere; per questo motivo non intendo disfarmene. Nel momento però non ho intenzione di acqui-stare gli altri volumi che si sono susseguiti.

Vincenzo Impronta da Roma: Ho ricevuto la Vostra riser-vata e vi confermo che sono in possesso del primo volume dell’opera Il Poema di Gesù ma non sono disposto a cederlo. Per ora non intendo però acquistare i volumi successivi da Voi pubblicati di detta Opera per le mie attuali condizioni, che non me lo permettono.

Giuseppina Alvani Murara da Genova: Sono lieta di preci-sarvi che sono in possesso anche del II° e del III° volume, dei quali mi è stato fatto un graditissimo dono dalla Signora Vet-torazzi Maria di Roncegno (Trento). Come potrete rilevare, la Signora Vettorazzi ha infatti ordinato 2 copie di ciascun volume. Mi spiace non potervi favorire, poiché tengo ben pre-ziosa tutta l’Opera che giudico di eccezionale interesse.

Giulio Dell’Omodarme da Pisa: Per me è il più grande e meraviglioso Poema che possa esistere tant’è vero che ho cercato di propagandarlo attraverso quegli opuscoli di pub-blicazione ricevuti, nonché prestando come saggio il I° vo-lume. Poiché sono emerse in casa mia ragioni varie, non ho potuto, con dispiacere, acquistare i successivi Volumi.

Don Clemente Bozzi, Seminario di Biella: Non dovete cre-dere che io sia solo in possesso del I° vol. Il Poema dell’Uo-mo-Dio, perché solo questo vi ho ordinato col mio vero nome, mentre gli altri ve li ho ordinati collo pseudonimo D. Arturo Milani, richiedendovene anzi almeno tre o quattro copie, per far contenti altri. Tutti, come il sottoscritto, li hanno trovati un vero capolavoro che getta fasci di luce sui Santi Vangeli, facendone meglio apprezzare la divina bellezza.

Sac. Angelo Lanna, Parrocchia Ss. Salvatore, Foligno: ten-go a signifi carvi che il primo volume dell’Opera IL POEMA DELL’UOMO-DIO mi fu donato dall’On. Zaccaria Negroni,

dietro suggerimento, mi pare, dell’On. Cor-sanego, l’ho letto in piccola parte perché è ancora in giro presso degli amici e che non

ho intenzione di disfarmene.Adelina Savini da Firenze-Rifredi: La in-

formo che dopo avere acquistato il I° volume mi sono stati ceduti da persona amica gli altri due volumi. L’opera mi ha interessato moltis-

simo e sono anzi in attesa della pubblicazione dell’ultimo volume.

Ing. Alessandro Fenochio da Firenze: … non vorrei privarmi del volume che è già in

mio possesso e che costituisce pur sempre un nu-trimento spirituale di altissimo interesse e di pro-

fonda spiritualità.