Oggi, grazie al progresso delle neuroscienze, · hanno speculato sull’origine dei sogni, tentando...

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Per secoli scienziati ed artisti hanno speculato sull’origine dei sogni, tentando di comprenderne il significato. Molte teorie hanno ascritto i sogni a forze esterne misteriose. Oggi, grazie al progresso delle neuroscienze, è possibile costruire un modello del sogno e degli altri stati di coscienza basato sul cervello. Osservando le rappresentazioni dei sogni nell’arte occidentale, possiamo finalmente cominciare a costruire una visione realistica della creativa mente umana. Allan J. Hobson Harvard Medical School, Boston

Transcript of Oggi, grazie al progresso delle neuroscienze, · hanno speculato sull’origine dei sogni, tentando...

Per secoli scienziati ed artisti hanno speculato sull’origine dei sogni,

tentando di comprenderne il significato. Molte teorie hanno ascritto i sogni

a forze esterne misteriose.

Oggi, grazie al progresso delle neuroscienze, è possibile costruire un modello del sogno

e degli altri stati di coscienza basato sul cervello.

Osservando le rappresentazioni dei sogni nell’arte occidentale,

possiamo finalmente cominciare a costruire una visione realistica

della creativa mente umana.

Allan J. Hobson

Harvard Medical School, Boston

In gran spolvero, stasera, un repertorio che vede protagonisti personaggi come Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Ray Charles, Duke Ellington, Louis Armstrong, Glenn Miller e altre grandi icone del jazz. Il piccolo ensemble estratto dalla Federico II Jazz Orchestra darà una scossa alla propria scaletta, per la gioia di chi ascolta, e soprattutto del prof. Hobson, il quale ha chiesto espressamente una serie di brani ai quali è evidentemente affezionato. Guai, adesso, a vederlo distratto mentre i nostri prodi (ma si può dire, in periodo di par condicio?) musicisti suonano. Tra le “hits” – pare strano chiamarle così dopo sessant’anni, ma se a suonarle è ancora buona parte del pianeta, tant’è – in programma, “Dream When You’re Feeling Blue”, conosciuta anche col più semplice “Dream”: un brano scritto da Johnny Mercer e cantato da quelli che sono stati i più grandi interpreti della musica moderna, da Sinatra alla Fitzgerald, fino ad arrivare a Ray Charles. “Did You See a Dream Walking?” accompagnava, nel 1933, il film “Sitting Pretty”. Composta da Herry Revel e Mack Gordon, ugual sorte ha avuto in tempi recenti: inserita nella colonna sonora di “The Green Mile” (a noi noto come “Il miglio verde”) la canzone ha goduto nuovamente di una certa popolarità anche al di fuori degli States. Anche per questo brano, la lista di interpreti illustri è considerevole, annoverando Bing Crosby, Gene Austin, il Fats Domino coinvolto di recente nel disastro di New Orleans, e molti altri artisti. “Laura” è uno standard tra i più suonati finanche in territorio nostrano, scritto dal grande compositore di musiche per film David Raksin, e rivisitato da buona parte dei jazzisti internazionali nei modi più disparati. L’orchestra di Glenn Miller, poi, aveva tra i suoi cavalli di battaglia un brano che ora, addirittura, si può scaricare come suoneria per il telefono cellulare (e questo è tristemente un buon indice di successo per una composizione): “In The Mood”. Accade spesso che, a furia di ascoltare lo stesso brano suonato dallo stesso artista, si finisca col commettere degli errori di attribuzione. “In The Mood” non è stato scritto da Miller, come molti, erroneamente, pensano. Il padre di questo spartito è il molto meno famoso Joe Garland, Miller la registrò per la prima volta nel ’39, con la propria, celeberrima, compagine di jazzmen. “Take The A Train” è certamente il più noto tra i brani in scaletta, e anche in questo caso le attribuzioni errate sono in agguato. Non è Duke Ellington il compositore di questo evergreen, bensì Billy “Sweet Pea” Strayhorn, uno dei più geniali creatori di musica jazz mai esistiti (che fu membro dell’ellingtoniana orchestra dai ventidue anni d’età, e ne rimase il primo arrangiatore per tutta la vita). Il brano, connotato da un forte valore metaforico per la comunità nera d’America, è stato proposto nel corso degli anni in tutte le salse: dalle sigle degli spot cinematografici alle già menzionate suonerie per telefonini. Più o meno la stessa sorte – in quanto ad attribuzioni - è toccata a ”Blueberry Hill”, portato alla ribalta da Louis Armstrong (anche conosciuto come “Satchel Mouth”, e da qui “Satchmo” a causa delle dimensioni che il suo sorriso riusciva a raggiungere) ma scritto da Al Lewis, Larry Stock, e Vincent Rose. Buon ascolto a tutti.

Stefano Piedimonte

PROGRAMMA MUSICALE

Dream when you're feeling blue (J. Mercer) You tell me your dream (G.Kahn, P. Weirick)Did You see a dream walking? (J. Mc Hugh, D. Fields)Laura (D. Raskin) In the mood (J. Garland)Blueberry Hill (Al Lewis, L. Stock, V. Rose)Five foot two, eyes of blue (S. Lewis, J. Young, R. Henderson)Take the A train (Duke Ellington)

ENSEMBLE FEDERICO II JAZZ ORCHESTRA

CARMEN VITIELLO voce GIULIO MARTINO sax BRUNO ROTOLI sax FLAVIO GUIDOTTI pianoforte GIOVANNI ROMEO batteria MICHELE FIORE contrabbasso

Allan J. Hobson

J. Allan Hobson è professore ordinario di Psichiatria presso la Harvard Medical School di Boston, nel Massachusetts. Nato il 3 giugno 1933 ad Hartford, Connecticut, consegue il bachelor degree presso la Wesleyan University nel 1955, seguito nel 1959 dalla laurea in Medicina e Chirurgia presso la Harvard Medical School. Tra il 1959 e il 1960 svolge l’internato presso il Bellevue Hospital di New York; dal 1960 al 1961 e dal 1964 al 1966 è interno in Psichiatria al Centro di Sanità Mentale del Massachusetts General Hospital di Boston. Durante l’anno accademico 1963-64, il dott. Hobson è membro straordinario dell’Istituto Nazionale di Sanità Mentale, presso il Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Lione, in Francia. Tra i suoi incarichi clinici e accademici:

1964-67: Ricercatore associato presso il Dipartimento di Fisiologia 1965-66: Assistente di Psichiatria presso la HMS

della Harvard Medical School (HMS)

Sanità Mentale del Massachusetts (MMHC) di

universitario di Psichiatria presso la HMS

la HMS

sso la HMS University di Providence, RI

i Scienze Comportamentali

Professor Hobson ha ottenuto numerosi incarichi presso università straniere, nel 1988 come Lettore

uoi principali interessi nel campo della ricerca sono: le basi neurofisiologiche della mente e del

i particolare rilievo nell’ambito di tale progetto è il suo ruolo di ideatore, regista e produttore di

1965-67: “Psichiatra Senior” presso il Centro di Boston. 1966-67: Assistente1967-69: Professore Associato in Psichiatria presso la HMS 1967 ad oggi: Direttore del Laboratorio di Neurofisiologia presso 1967 ad oggi: Preside di Psichiatria presso la HMS 1969-74: Assistant Professor di Psichiatria pre1972-74: Professore incaricato di Psichiatria presso la Brown1972: Direttore del Programma di Training per il Gruppo di Psicoterapia 1974: Professore Associato di Psichiatria presso la HMS 1978 ad oggi: Professore Ordinario di Psichiatria presso la HMS 1980-86: Direttore del Programma HMS di Insegnamento d

Ilpresso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna in occasione del novecentesimo anniversario di tale Ateneo. Grazie alla sua brillante carriera il dott. Hobson ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti, tra cui l’ammissione alla Boylston Medical Society e la medaglia d’oro “Benjamin Rush” per il miglior esperimento scientifico, conferitagli dalla American Psychiatric Association nel 1978. Ha conseguito il Premio della Sleep Research Society come Insigne Scienziato nel 1998. Oltre a molteplici incarichi nel collegio della Harvard Medical School, il prof. Hobson ha preso parte a svariati collegi medici nazionali e regionali, e ha collaborato al quadro editoriale di varie riviste mediche. Ha ottenuto numerosi incarichi di consulenza tra cui Consulente Esperto di Psichiatria per la Commissione di Riabilitazione del Massachusetts nel 1965.

I scomportamento; il sonno e il sogno; la storia della neurologia e della psichiatria. Ha scritto numerosi articoli per riviste scientifiche, e vari capitoli per diversi libri di medicina, tra cui: The Dreaming Brain,pubblicato da Basic Books nel 1988, e Sleep, pubblicato dalla Scientific American Library nel 1989. I lavori più recenti del dott. Hobson sono incentrati sugli aspetti cognitivi del sonno e i suoi benefici. I concetti e i risultati di questo nuovo lavoro sono riportati in The Chemistry of Conscious States (Little Brown, 1994) e Consciousness (Scientific American Library, 1998), Dreaming as Delirium (The MIT Press, 1999), The Dream Drugstore (MIT Press, 2001), Out of Its Mind: Psychiatry in Crisis (Persus Books, 2001), e Dreaming, an Introduction to Sleep Science (Oxford, 2002), From Angels to Neurones: Art and the New Science of Dreaming (Mattioli 1885, 2005).

DDreamstage, An Experimental Portrait of the Dreaming Brain, presentato al Carpenter Center for the Visual Arts nel maggio del 1977, allestito su territorio nazionale dal 1980 all’82, e a Bordeaux, in Francia, nel 1984. Il prof. Hobson è stato consulente di alcuni musei scientifici con la Società di Neuroscienze ed è stato particolarmente influente per la progettazione e il finanziamento dello Human Brain Exhibit al Boston’s Museum of Science del 1986. In occasione del cinquantesimo anniversario della ricerca sul sonno da quando, Aserinsky scoprì l’attività REM nel 1953, ha prodotto il DVD Dreamstage 2003, di cui 5000 copie sono state distribuite ai colleghi durante il meeting della Sleep Research Society nel giugno 2003.

Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo:

www.comeallacorte.unina.it

COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

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DAGLI ANGELI AI NEURONI L'ARTE E LA NUOVA SCIENZA DEI SOGNI

Allan J. Hobson

Professore di Psichiatria Harvard Medical School di Boston

Those dreams that on the silent night intrude,

And with false flitting shapes our minds delude,

Jove never sends us downward from the skies,

Nor can they from infernal mansions rise;

But all are mere productions of the brain,

And fools consult interpreters in vain.

Quei sogni che si insinuano nella notte silenziosa,

E che con forme ingannevoli illudono le nostre menti,

Non ce le manda Giove dai cieli,

Né possono sorgere dalle residenze degli inferi;

Bensì non sono altro che prodotti del cervello,

E stolti son coloro che invano consultano gli

interpreti.

Jonathan Swift, On Dreams, 1727

L'angelo dei cristiani è solo l'ultima

di una lunga serie di agenzie effimere a cui

venga affidata la responsabilità di spiegare

le meravigliose visioni notturne

rappresentate dai nostri sogni. Gli angeli

sono i discendenti degli dei alati pagani,

portatori delle "forme ingannevoli" di Swift.

Nel corso degli ultimi due millenni, molti

sognatori e pensatori occidentali hanno

attribuito le esperienze oniriche a dei

messaggeri alati provenienti dall'aldilà, non

essendo a conoscenza dei meccanismi di

auto-creazione insiti nelle loro teste.

Ora, all'alba del terzo millennio del

calendario cristiano, ci stiamo rendendo

conto che il sogno è uno stato di coscienza

le cui caratteristiche uniche e la cui stessa

esistenza sono generate da trasformazioni

fisiche e chimiche nel cervello che la

neuroscienza moderna ha iniziato a mettere

in chiaro. Pur non essendo affatto giunto a

completamento, questo passaggio

paradigmatico - dallo spirituale angelo al

fisico neurone in quanto principale artefice

del sogno - ha implicazioni di vasta portata

per l'umanità, in generale, e per le teorie

sulla produzione e sulla fruizione dell'arte,

in particolare.

Il passaggio paradigmatico

dall'Angelo al Neurone, che svilupperò in

questa presentazione, venne concepito un

secolo fa da Sigmund Freud. L'influenza di

Freud sul nostro modo di pensare a

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proposito della produzione e della fruizione

dell'arte è stato profondo. Secondo Freud,

dobbiamo la nostra sensibilizzazione

all'impatto di molte forze biografiche

individuali e culturali collettive che

contribuiscono a dare forma alle opere

d'arte e a determinarne il loro contenuto.

Ma, dal momento che la teoria estetica di

Freud fu formulata in assenza di specifici

dettagli neurofisiologici, essa non solo ha

bisogno di rettifiche bensì persino di essere

riformulata.

Freud era convinto che l'adulto

desideri inconsciamente fare ritorno al

mondo perduto dell'infanzia. Il sogno è uno

dei modi in cui si esprime questo desiderio,

l'arte è un altro. Secondo Freud, gli artisti

possiedono il dono esclusivo di restare in

contatto con le prime esperienze della loro

vita e di manifestarle attraverso il proprio

lavoro; e l'ispirazione creativa dipende dalla

capacità dell'artista di distillare le immagini,

le emozioni e le aspirazioni perdute della

propria infanzia.

Io suggerirò che le idee di Freud

hanno inconsapevolmente perpetuato gli

aspetti dell'agenzia angelica, come la

preordinazione, la profezia e

l'interpretazione, che invece avrebbero

dovuto rimpiazzare. Inoltre, suggerirò che

la psicoanalisi di Freud, che riguarda i

prodotti della mente, tra cui le opere d'arte,

in quanto compromessi tra impulsi

biologicamente imperativi e proibizioni

socialmente condizionate, è socialmente

discutibile. In maniera simile a quella in cui

lo scolasticismo medievale ha portato a

secoli di esegesi testuale e decodificazione

di simboli, la moderna psicanalisi ha

vincolato grandi segmenti del pensiero

accademico e popolare a uno sforzo volto a

ridurre la creatività a una prova di un

conflitto psicopatologico.

In questa presentazione, suggerirò il

fatto che il sistema autoattivante e

caoticamente aperto del cervello sognante

fornisce la base per mettere insieme arte e

scienza attraverso una sintesi nuova ed

emancipante. Pertanto, uno dei miei

obiettivi sarà indicare che la neurofisiologia

del sogno è in grado di offrire una nuova

comprensione della creatività e del processo

creativo, accettando il vincolo

dell'imprevedibilità. La mia posizione e la

sua critica della psicanalisi possono essere

illustrate dal quadro di Paul Delvaux,

L'École des Savants. Delvaux e i Surrealisti

puntavano a esplorare l'imprevedibilità

creativa della mente sognante, in quanto

fonte di ispirazione artistica, e a

descriverla, come ha fatto Delvaux nel

paesaggio onirico che sta al centro del suo

dipinto e di cui sia lo psicanalista che parla

con la persona che sta sognando davanti a

lui, sulla destra, che il neurobiologo* (* Il

neurobiologo è il Professor Lindenbrock,

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ispirato o copiato da un'incisione di Edouard

Rion che illustra l'edizione Hertzel,

pubblicata nel 1864, di Viaggio al centro

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

della terra di Jules Verne) che esamina un

cervello senza vita, sul lato sinistro, sono

inconsapevoli.

Paul Delvaux (1897-1994)L'école des savants (1958), Museum des XX. Jahrhunderts, Vienna (Austria)

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ECCO COSA SOGNANO GLI ANIMALI

Giancarlo Vesce

Professore di Anestesiologia Veterinaria Università degli Studi di Napoli Federico II

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

Gli elementi misteriosi del sogno

hanno accresciuto per secoli l’ipotesi,

alquanto egocentrica, secondo cui l’attività

onirica costituisse una prerogativa dei

cervelli superiori e che fosse quindi un

privilegio dell’uomo. A vantaggio dei fautori

di tale ipotesi giocava l’impossibilità di

interrogare gli animali riguardo il contenuto

dei loro sogni, unica prova tangibile

dell’attività onirica.

Che gli animali sognino o meno è

una questione da ricondurre alla natura

della loro coscienza, la quale potrebbe

compromettere la consapevolezza del

sogno. Tuttavia, anche la coscienza è una

dote fortemente dibattuta negli animali,

cosa che incrementa i dubbi sulla loro

facoltà di sogno.

Il sogno è uno stato della coscienza

caratterizzato da percezioni basate

sull’esperienza (memoria), che generano

emozioni (sentimenti): personalmente non

ho difficoltà a riconoscere agli animali le

doti di percezione, memoria e

sentimenti. Si tratta infatti di un fenomeno

comune a molte specie animali, che svolge

funzioni vitali quali archiviare le

informazioni, consolidare la memoria e

favorire l’apprendimento di nuove

procedure (memoria procedurale). Durante

il sogno, stato particolare della coscienza in

cui si verificano dei cambiamenti nel livello

di attivazione cerebrale, tutti i mammiferi

manifestano lo stesso tipo di attività

cerebrale, ovvero uno stato di massima

attivazione. Inoltre le loro manifestazioni

comportamentali, i fenomeni elettrici, gli

eventi neuro-umorali e l’effetto dei farmaci

risultano identici a quelli riscontrati

nell’uomo.

Ma andiamo per gradi. La scienza dei

sogni, come molte altre discipline mediche,

ha fondato i propri passi sull’osservazione

del comportamento degli animali. La

scoperta del sonno REM e la sua

correlazione con il sogno (Aserinsky e

Kleitman, 1953) fu seguita da una lunga

serie di indagini che ne confermarono

l’esistenza in molte specie animali; era

evidente tuttavia un’ampia variabilità tra le

specie, che non consentiva facili illazioni.

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Un quarto di secolo dopo, Allison e Cicchetti

(1976) condussero, su 39 specie di

mammiferi, una ricognizione statistica

sistematica sulle variabili del sonno,

dimostrando che il sonno REM ha una

durata inversamente proporzionale al

rischio di predazione: chi non dorme

tranquillo sogna poco! Le analogie tra uomo

e animali riguardano l’intero repertorio del

sonno, dal numero delle sue fasi alla loro

sequenza e caratteri, dal metabolismo

cerebrale all’imaging funzionale, fino alla

patologia del sonno che non risparmia agli

animali sindromi quali la narcolessia e

l’apnea ostruttiva. Molto di quanto

sappiamo sul sogno è stato osservato sul

gatto, un modello prezioso per la fisiologia

della vita di relazione; studi cui hanno

contribuito scienziati italiani quali Valentino

Moruzzi e Ottavio Pompeiano. Alla loro

scuola si è formato Adrian Morrison , autore

di studi sulla paralisi che interviene in

concomitanza della fenomenale attività

onirica (1982). L’immagine riportata

accanto dimostra il comportamento di un

gatto che, in seguito a precise lesioni del

tronco cerebrale, entrando nella fase REM

interpreta il “sogno” con un’azione disinibita

dall’assenza della paralisi: il soggetto

insegue una preda immaginaria mimando

una classica tattica di caccia. Tale “sogno”,

che dopo la lesione si ripete ad ogni nuovo

episodio di sonno REM, risulta molto

frequente negli animali predatori,

avvalorando l’ipotesi, formulata per l’uomo,

che i sogni siano piuttosto stereotipati tra

individui della medesima specie. Una più

recente evidenza dell’attività onirica degli

animali (Louie e Wilson, 2000) è stata

conseguita registrando nel ratto l’attività di

diversi neuroni dell’ippocampo, una

struttura cruciale per la formazione della

memoria. L’attività di tali neuroni veniva

registrata prima sui soggetti svegli, durante

l’apprendimento di un percorso (rinforzato

da una ricompensa), quindi durante le

successive fasi di sonno REM. Grazie alle

diverse registrazioni contemporanee

impiegate da tali autori, è stato possibile

dimostrare che durante il sogno i soggetti

ripercorrevano fedelmente il labirinto

esplorato da svegli, e persino individuare in

quale preciso punto del percorso si

trovavano in un determinato momento del

sogno. Testimonianze e rapporti dettagliati

su sogni di animali sono abbondanti e

spaziano dagli elefanti alle scimmie,

fornendo una innegabile evidenza etologica

della loro attività onirica, non di rado

segnata da manifestazioni di paura. Le

argomentazioni riferite in questa sede non

risulteranno nuove a coloro che hanno

familiarità con gli animali e con il loro

comportamento durante il sonno, e sanno

che in alcuni momenti esso è identico a

quello dell’uomo che sogna.

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SOGNI E ARTE

Antonio Giuditta

Professore di Fisiologia Direttore del Centro Interdipartimentale per le Neuroscienze Università degli Studi di Napoli Federico II

Sulla natura e sull’origine dei sogni è

plausibile che l’uomo si sia interrogato sin

dai primi barlumi della sua coscienza, molto

prima di quanto non dicano i documenti

giunti fino a noi. E’ quindi più che

comprensibile che in quelle epoche i sogni

venissero considerati messaggi degli dei,

poi divenuti gli angeli della tradizione

cristiana. Dovevano essere convinzioni ben

radicate se ci sono poi voluti secoli e secoli

di ripensamenti per sostituire ad una genesi

del tutto estranea all’uomo, processi e

attività presenti all’interno dell’uomo.

Questo è l’affascinante cammino che viene

descritto con grande maestria da Allan

Hobson e Hellmut Wohl nel volume “Dagli

angeli ai neuroni”.

La storia di questo radicale

mutamento è tuttavia solo una parte del

libro, riconoscibile nel robusto filo di

Arianna che si intreccia ad una spendida

ricchezza di immagini pittoriche per

dimostrare che la bizzarria e la creatività

del sogno sono da sempre figlie della stessa

profonda sostanza dell’arte e della creatività

artistica. Il sottotitolo che sottolinea “Arte e

la nuova scienza del sogno” ricorda tra

l’altro che alla fine dell’affascinante

cammino si raggiunge un traguardo

ambizioso, la scienza del sogno identificata

nell’attuale visione fisiologica di Hobson. Si

entra così in un territorio controverso,

solcato da opinioni discordanti non solo

sulla natura dei sogni ma anche su quella

dell’uomo. Non sono infatti pochi quelli che

ancora sostengono che l’uomo sia fatto

della stessa sostanza dei sogni!

Ed è appunto questo convincimento

poetico, adulatorio e indimostrato, che ha

fatto lievitare le obiezioni ad una scienza

del sogno basata sulle sofisticate

conoscenze fisiologiche del cervello che

dorme di sonno attivo, quando i sogni si

fanno più numerosi, più vividi e più bizzarri.

Si propone infatti che sotto la spinta di

stimoli casuali il cervello riesca a tessere

storie oniriche variopinte e imprevedibili

che ne riflettono la straordinaria potenza

creativa, la stessa che prende forma nei

prodotti dell’arte. Ritorna così il confronto

mai sopito con l’eterogenea schiera dei

fautori dell’anima, della mente, dello spirito

considerate entità distinte dagli oggetti

materiali di cui il cervello è composto.

Parrrebbe quindi, ancora una volta, che non

riesca a farsi strada nessuna via di mezzo,

nessuna concezione unitaria capace di

superare gli opposti estremismi.

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IL SOGNO IN LETTERATURA

Antonio Saccone

Professore di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea Università degli Studi di Napoli Federico II

Hanno congruenza i sogni di carta,

ovvero i sogni di cui è gremito l’universo

della finzione letteraria, con l’universo dei

sogni ‘veri’ che - via regia dell’inconscio,

secondo la parola di Freud - occupano parte

del nostro sonno? Senza dubbio sì, se si

riflette sul fatto che il sogno, quello che si

sogna ‘realmente’ fuori del testo letterario,

è strutturato come un linguaggio:

figurazione del carattere non univoco della

verità esso è, dunque, al pari del sogno

raccontato, suscettibile di commento e di

interpretazione. D’altro canto si può

concepire un sogno che non sia un sogno

raccontato? Se ciò non è possibile, ne

consegue che la scena onirica si può mirare

solo attraverso la mediazione linguistica. In

questo quadro, se narrare, dentro e fuori la

letteratura, è sempre mentire, il somnium

fictum costituisce una doppia menzogna.

Tuttavia la sua verosimiglianza non può non

essere presa sul serio, anche in accordo a

quella «sospensione dell’incredulità»

implicitamente pattuita da ogni atto di

lettura.

L’intercambiabilità tra sogno e

letteratura ha sollecitato Jorge Luis Borges

a formulare, nel Prologo dell’antologia Libro

de sueños, l’ipotesi, di inquietante fascino,

dei sogni come il più antico e non meno

complesso dei generi letterari, collaborando

a consolidare l’idea che lo statuto di un

sogno in un testo di invenzione letteraria

sia legittimamente apparentabile allo

statuto che un sogno ha al di fuori di

questo. Il discorso ha tanta più rilevanza se

riferito alle innumerevoli opere che nel

secolo scorso hanno assunto, all’interno

della loro configurazione narrativa, il sapere

freudiano come materiale da costruzione,

paradigma compositivo. Si prenda il caso

(canonico) della Coscienza di Zeno di Italo

Svevo in cui, se si discredita la legittimità

terapeutica della psicoanalisi, se ne

mutuano, a livello non solo tematico ma

anche retorico-espressivo, le modalità

comunicative e i fondamenti epistemologici.

In questo romanzo spicca per ampiezza e

significatività il cosiddetto “sogno di

Basedow”. Esso, raffigurando in termini

degradati l’istanza paterna, vale a dire

l’istanza del divieto, della Legge, di cui il

personaggio di Basedow dovrebbe essere

garante, conferma la singolare ambivalenza

che governa il desiderio inconscio del

protagonista, le sue continue

approssimazioni e fughe dinanzi all’oggetto

desiderato. Quel sogno soddisfa un

desiderio paradossale (che appare, in

realtà, tale solo a chi non abbia familiarità

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

con la dottrina freudiana): l’insoddisfazione

del desiderio di Zeno. Il desiderio inconscio

di quest’ultimo, infatti, non è fare all’amore

con Ada, la donna che gli si è rifiutata, ma

piuttosto che quel desiderio rimanga

interdetto. L’esito è un nevrotico

compromesso, destinato ad essere di

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continuo disdetto e a riproporre

indefinitivamente quello strategico

andirivieni tra ordine e avventura, norma e

trasgressione che costituisce la fisionomia

sospesa del personaggio sveviano, il suo

vivere in stato di permanente lapsus.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

LO SCHERMO ONIRICO

Ettore Massarese

Professore di Discipline dello Spettacolo Università degli Studi di Napoli Federico II

Nei suoi studi sullo sviluppo mentale

del bambino Jean Piaget ci dice come,

almeno sino all’età di cinque anni, tutti noi

siamo portati a considerare il materiale

onirico come qualcosa di esterno alla

mente, come uno scenario fatto di immagini

che veleggiano nel buio della stanza,

fantasmi che attivano ancestrali paure e

fantasmagoriche emozioni; solo dopo il

sesto anno di età cominciamo a collocare i

sogni “dentro la testa” e prendiamo

consapevolezza che hanno a che fare con la

nostra attività mentale, con la sfera del

nostro privato. Forse è proprio la memoria

di questa percezione-rappresentazione

‘esterna’ del sogno che spiega lo stupore e

la fascinazione ‘infantile’ che ancora oggi ci

prende all’interno di una sala buia sul cui

fondo danzano storie e ‘fantasmatiche’

rappresentazioni di corpi. Finiamo

insomma, all’interno di un cinema, per

ritrovarci in quella condizione di soglia, di

realtà sospesa, di ‘credulità’ innocente con

la quale accettavamo le avvenienze dei

sogni come finestre o porte su altri mondi.

Non a caso, a mio avviso, J. Allan Hobson e

Hellmut Whol nel loro volume Dagli angeli

ai neuroni: l’arte e la nuova scienza dei

sogni, nell’intrecciare i fili di connessione

tra l’arte cinematografica e le

problematiche oniriche, segnalano la

rilevanza dell’opera di Ingmar Bergman. Il

film preso in esame è Il posto delle fragole,

dove grazie alla tecnica del flashback, il

protagonista sovrappone, nella drammatica

incoerenza propria dei sogni, frammenti

della propria infanzia a distorsioni spazio

temporali che prefigurano lo scenario di una

disperata solitudine prossima alla morte:

come a dire lo sguardo di un bambino che

persiste nel corpo di un vecchio.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

E’ il classico esempio di un cinema

che si fa occhio della mente, che

consapevolmente allestisce uno scenario nel

quale la realtà quotidiana fa i conti con

l’oscuro territorio dell’inconscio, deposito

dei desideri e delle pulsioni non espresse. Il

cinema in questo caso allude, più che al

sogno, alla sua narrazione, alla funzione,

cara a Freud, di portare verso i gradi della

consapevolezza e di un equilibrio possibile i

frammenti dell’io. Ma dove, a mio parere,

Bergman esemplifica, con un impatto visivo

memorabile, la disponibilità infantile a

percepire i sogni come uno scenario

indistinguibile dal quotidiano è nel film

Fanny e Alexander.

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In quest’opera Bergman dimostra,

con forza, come il cinema possa restituirci

lo sguardo incantato dell’infanzia. La

sequenza che qui vale la pena di segnalare

è quella nella quale lo zio “fanciullone” dei

due bambini protagonisti mette in funzione,

al buio della loro cameretta, una lanterna

magica: l’incanto di immagini fiorite, fate,

paesaggi fiabeschi inonda gli occhi dei

protagonisti, le pareti della loro camera

divengono membrane porose che assorbono

e rifrangono visioni d’altri mondi. E’ il

cinema nella sua semplicità istitutiva di

luce, buio colore, movimento, in uno con il

dono infantile di sospendere e alleggerire il

peso della percezione del vero. In questa

chiave inviterei a rileggere l’autobiografia

del regista svedese che nel titolo richiama

la sequenza descritta. Potrei chiudere

queste brevi considerazioni con una

riflessione intorno al titolo del volume di

Hobson e Whol: se è vero che la nuova

scienza dei sogni ci dimostra che le

immagini oniriche sono prodotte dall’attività

elettrochimica dei neuroni, il cinema e le

altre arti della rappresentazione,

soprattutto quando queste richiamano

quella parte di noi che possiamo chiamare

‘bambino’, ci restituiscono la capacità

‘angelica’ di avvertire il sogno come

fabbrica dell’invisibile, del non materiale,

del divino infine.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

MITO E SOGNO

Rossana Valenti

Professoressa di Letteratura Latina Università degli Studi di Napoli Federico II

È sterminato l’universo del sogno:

fantasmi cari all’immaginazione popolare,

allegorie letterarie, passioni e incubi abitano

questo territorio, in cui ogni oggetto, ogni

esperienza si moltiplica e si prolunga in

forme nuove, continuamente diverse: non a

caso si chiama Morfeo (dalla parola greca

morphe, che significa “forma”) il

personaggio mitologico incaricato di

assumere le figure degli esseri umani e di

mostrarle ai dormienti.

Morfeo non compare nei miti greci:

probabilmente è un’invenzione dei poeti

alessandrini, dai quali attinge il poeta latino

Ovidio, che così lo descrive: Morfeo è uno

dei mille figli del Sonno, e nessuno meglio

di lui riesce ad assumere la forma,

l’incedere, l’espressione e il timbro di voce

delle persone alle quali si sostituisce. Ma -

dice Ovidio - Morfeo imita solo le forme

umane, mentre uno dei suoi fratelli, Icelo,

imita gli animali, e un altro, Fantaso, si

trasforma nelle cose inanimate.

Il Sonno (in greco Hypnos) è figlio di

Nyx (la Notte) e dell’Erebo (la Tenebra

infernale), e fratello gemello di Thanatos (la

Morte): tutte le divinità del Sonno e dei

Sogni sono alate, e con le loro rapide ali,

che sbattono senza far rumore, si spostano

in un istante alle diverse estremità della

Terra.

Nel mondo antico, infatti, i sogni

sono dotati di una loro esistenza nel tempo,

non limitata al momento della visione del

dormiente; sono reclusi in un sito, il “luogo

dei sogni”, che è uno spazio lontano e

inaccessibile all’esperienza umana:

l’oltretomba per Omero e Virgilio, il paese

dei Cimmeri per Ovidio, un’isola nel cuore

dell’Oceano per Luciano. Così come altre

forze della sfera psicologica - la Paura, la

Vergogna, le Maledizioni - i sogni sono

attivati da impulsi esterni alla mente degli

uomini: per questo motivo i Greci, in ogni

epoca, quando descrivono esperienze

oniriche, non dicono di “avere” o “fare”, ma

solo di “vedere” un sogno: questo “visita” il

sognatore, e gli “sta sopra”, come attesta

anche il termine italiano “incubo” (da

incubare, giacere sopra). Lungo questa

linea, i Romani dicevano che il sonno

“abbraccia” i dormienti e il risveglio

“scioglie” dal sonno: mentre noi moderni

parliamo di un sonno “profondo”, con

un’espressione che rimanda ai diversi livelli

di veglia o di sospensione dell’attività

cosciente, gli antichi fanno riferimento a un

diverso sistema di rappresentazione, ancora

intriso di motivi mitologici.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

Un altro elemento di forte contrasto

tra l’idea moderna del sogno e quella

elaborata dalla cultura classica sta nella

prospettiva in cui si colloca l’attività onirica:

per noi, oggi, il sogno è sempre un evento

individuale, sia che lo si consideri sul piano

neurofisiologico, sia che lo si analizzi nella

storia psicologica della persona. Per gli

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antichi, invece, il sogno aveva una

dimensione collettiva, ed era considerato un

tramite tra il piano ultraterreno e la vita

sociale, un messaggio la cui decifrazione

riguardava tutti i membri della comunità: in

seguito a un sogno, venivano istituiti culti,

costruiti templi, fondate città.

Eufonio, cratere (510 a. C.), New York – Metropolitan Museum Il cratere raffigura Sonno e Morte, alati, che trasportano il corpo di Sarpedonte, mentre al centro è

rappresentato Hermes, che ha l’incarico di condurre le anime dei morti all’Ade.

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I SOGNI DEGLI ANTICHI: RELIGIONE, SCIENZA, MAGIA E ... POLITICA

Valeria Viparelli

Professoressa di Letteratura Latina Università degli Studi di Napoli Federico II

“La credenza degli antichi che il

sogno sia inviato dagli dei per dirigere le

azioni degli uomini era una teoria completa

del sogno e spiegava tutto ciò che è

necessario sapere dal sogno” (S. Freud): il

somnium, che gli antichi distinguevano

dall’immagine ipnica, riflesso e

manifestazione di uno stato psichico, ha

un’origine soprannaturale e, quando

riguarda il futuro, ha un significato e un

valore premonitore per il dormiente. Due

sono le misteriose porte dei sogni: “una ha

battenti di corno, l’altra d’avorio... quelli

che vengono fuori dal lucido corno, li

incorona la verità” (cosi parla la sapiente

Penelope nel diciannovesimo libro

dell’Odissea, 562 ss.). I sogni ‘veritieri’

nella maggior parte dei casi sono comunque

sogni simbolici, caratterizzati da un

linguaggio enigmatico. La loro

interpretazione, affidata a un indovino, si

poneva come una delle tante tecniche

divinatorie allora in uso. Artemidoro, nel II

sec. d.C., scrive un’opera

sull’interpretazione dei sogni basata

sull’osservazione e sull’esperienza:

l’oniromanzia si situava così al punto di

confluenza tra esperienza del sacro e

scienza naturale e risultava molto vicina a

quelle discipline empiriche che sono in

grado di prevedere che, dato un certo

segno o sintomo, accadrà il tale evento.

Accanto al somnium si pone, nelle

classificazioni degli antichi, anche il sogno

che chiamavano oraculum: in questo caso

l’intervento della divinità è diretto. E’ dal

campo della scienza medica, sviluppatasi in

parallelo alla laicizzazione di pratiche

divinatorie (quanto alla sintomatologia e

alla prognosi) e magiche (quanto alla cura),

che ci provengono attestazioni

sull’atteggiamento con cui si accedeva

all’esperienza di questo tipo di sogno; tale

atteggiamento poteva assumere aspetti

che lo avvicinavano più al mondo della

magia che a quello della religione. Comune

tra i Greci e nota anche ai Romani (Plaut.,

Curc. 266; Verg., Aen. VII 81-106) era una

pratica divinatoria che consisteva nel

recarsi a dormire in un tempio dedicato a

un dio che si rivelava nei sogni in seguito a

opportune sollecitazioni e richieste. Il sonno

doveva essere preceduto dall’osservazione

dei riti prescritti per purificarsi e assicurarsi

della buona disposizione del dio; la sua

volontà si poteva così conoscere attraverso

un sogno ‘provocato’. L’incubazione

(incubare = mettersi a giacere) era

praticata soprattutto a Epidauro nel tempio

del dio della medicina, Asclepio: gli ex voto

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

attestano guarigioni prodotte da rivelazioni

in sogno e lunghe iscrizioni descrivono

guarigioni miracolose operate dal dio.

Oniromanzia e magia si incontrano dunque

nel punto in cui prevale, sulla capacità di

farsi interpreti della voce degli dei, la

volontà di costringerli a rivelarsi per

ottenere qualcosa e/o per ricevere buoni

consigli, a beneficio di se stessi o del

proprio gruppo: ed è qui che il discorso

sull’oniromanzia e sui sogni ‘provocati’ si

intreccia persino con la politica. Racconta

Cicerone nel de divinatione (I 96): “I capi

degli Spartani, non contenti delle cure che

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di giorno, da svegli, davano al governo, per

procurarsi dei sogni andavano a dormire

fuori dalla città nel tempio di Pasifae:

consideravano infatti veritiere le profezie

avute nel sonno”. Addormentarsi in un

tempio per provocare l’apparizione degli dei

in sogno poteva dunque far parte

dell’attività politica degli uomini al potere,

che in questo modo anche nel sonno

riuscivano a compiere il loro dovere di

servitori della patria! Notizia interessante,

ma forse da non divulgare visto l’uso che

oggi si fa dei sogni in politica.

Rilievo votivo attico di marmo della prima metà del sec. IV a.C. Atene. Museo Archeologico Nazionale 3369 Un malato è guarito nel tempio mediante la incubatio

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IL FUOCO DEL SOGNO

Francesco Napolitano

Ricercatore di Neuroscienze Università degli Studi di Napoli Federico II

Nel De anima Aristotele afferma che

la psiche umana è presa tra due fuochi

complementari, sogno e percezione, e che

sogniamo sempre, anche di giorno, solo che

non possiamo accorgercene perché il fuoco

onirico è prevaricato dall’accecante bagliore

dell’incendio percettivo. L’affermazione

potrebbe essere sottoscritta senza

emendamenti da Freud, che convoca

proprio il vecchio Aristotele per fargli dire

che il sogno è l’attività psichica del

dormiente. E che si sogni sempre, anche di

giorno, è corollario di quella teoria

freudiana secondo cui esistono due regimi

integrati di funzionamento psichico,

processo primario e processo secondario, a

governo rispettivamente di inconscio e

preconscio/coscienza. Le dinamiche attive

nel processo primario sono condensazione e

spostamento (di affetti e rappresentazioni),

e sono appunto esse a caratterizzare il

lavoro onirico, prestazione psichica devoluta

a condurre dal sogno latente, depositario

del significato onirico, al sogno manifesto,

che quel significato distorce offrendolo a

rievocazione come filmato alieno,

incomprensibile e assurdo. La distorsione

persegue la salvaguardia dello stato di

sonno, vulnerabile all’irruzione di desideri,

mediante allucinazione di un loro

appagamento sostitutivo, sulla falsariga del

seguente sketch. L’ingresso nel sonno fa

implodere il fuoco percettivo a vantaggio di

quello onirico, che trova ora a valle campo

libero a causa dell’avvenuto mutamento

egoico, e a monte combustibile fornito dalla

persistenza di residui mnestici recalcitranti

al sonno. Questi ultimi, con classica

metafora freudiana, sono buoni imprenditori

del sogno, ma non posseggono il capitale

necessario per sollecitare la coscienza

onirica, capitale che può essere fornito solo

dal link con intensi desideri interdetti e che

resterebbe perciò sequestrato, se

l’interdizione non fosse revocabile

truccando le carte in tavola (mediante

condensazione/spostamento di rappre-

sentazioni). Il risultato del trucco è quasi

sempre vincente, riesce a forzare la dogana

censoria e a sollecitare la coscienza onirica

fornendole però un prodotto ultimo

all’apparenza bizzarro, non più tale se con

buon lavoro interpretativo si riesce a

percorrere a ritroso, dal sogno manifesto a

quello latente, il cammino del lavoro

onirico.

Per chiudere, poche parole di

filosofia della scienza. Uno dei fantasmi che

abitano il pensiero umano prende il nome di

riduzionismo eliminativo e si incarna nella

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dagli angeli ai neuroni: l’arte e la scienza dei sogni

tesi della cosiddetta mind-brain type

identity, secondo cui la psiche è il cervello

(equazione discutibile quanto quella

cartesiana, secondo cui la psiche è la

coscienza), e perciò gli eventi psichici sono

eventi cerebrali. Contro questa tesi militano

solidi argomenti, ma ciò che più conta è

sottolineare che essa appartenne anche a

Freud (un vigoroso materialista, a dispetto

di una vulgata che lo disconosce come

tale), ma solo fino alla definitiva messa a

punto di un dispositivo teorico derivante

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dalla combinazione di due approcci, l’uno

downward è di competenza psicoanalitica,

dai piani alti psichici costituiti da

rappresentazione/affetto verso quelli bassi

cerebrali costituiti da neuroni/sinapsi,

viceversa l’altro, bottom-up è di

competenza neurologica. Che vi possa

essere integrazione fra i due approcci, così

come diceva Freud nel 1909, è questione

che sarà in campo un secolo dopo di noi.

Cioè adesso.

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IL SOGNO COME SCOPERTA

Stefano Pisani Allievo Master in Comunicazione e Divulgazione Scientifica Università degli Studi di Napoli Federico II

La scienza è in debito con il sogno:

non ha compreso del tutto le sue funzioni,

ma alcuni scienziati hanno sognato le loro

scoperte. Otto Loewi nel 1921 sognò per

due volte l’esperimento decisivo per

scoprire il meccanismo di trasmissione

dell’impulso nervoso che gli valse il Nobel.

Friedrich August Kekulè vide in un sogno di

una notte di mezzo ‘800 un serpente che si

mordeva la coda, da qui la struttura ad

anello degli atomi del benzene. Il geniale

matematico indiano Srinivasa Ramanujan

sognò una mano che tracciava su uno

schermo insanguinato decisivi risultati sugli

integrali ellittici, che trascrisse, stavolta

senza spargimenti di sangue, al suo

risveglio. Louis Agassiz, naturalista svizzero

emigrato nel 1846 negli USA (dove divenne

uno dei fondatori della tradizione

scientifica), mentre compilava la Poissons

Fossiles, l’elenco di tutti i pesci fossili

conosciuti, rinvenne in una lastra un

campione dai contorni incerti. Incidere in

modo avventato avrebbe potuto distruggere

il reperto. Per tre notti di fila sognò il profilo

esatto del pesce custodito dalla roccia. Le

prime due notti furono vane, ma la terza lo

trovò pronto. Si svegliò di soprassalto e

ancora al buio annotò la visione. Il giorno

dopo riuscì a estrarre senza danni il fossile.

Sogni di scienziati e sogni di artisti:

Stevenson sognò, dopo vani sforzi da

sveglio, la trama del Dottor Jekill e Mr.

Hyde; il plot di Misery venne a trovare

Stephen King mentre dormiva in aereo. Ma

anche sogni di ognuno di noi perché, come

diceva Marguerite Yourcenar, “i sogni degli

uomini nascono gli uni dagli altri”.

IL SOGNO

Stefania Santoro Allieva Master in Comunicazione e Divulgazione Scientifica Università degli Studi di Napoli Federico II

Vividi, bizzarri, emozionanti, illogici,

drammatici, i sogni hanno talvolta trame

degne dei migliori registi, talvolta prendono

forme simili a quelle della pazzia. Per la loro

natura misteriosa sono stati a lungo

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considerati manifestazione di una

dimensione misticamente preconscia.

Quello onirico, prediletto dalle

rappresentazioni artistiche dei pittori

surrealisti, è anche il linguaggio con cui il

divino si rivela all’uomo; è, insomma, il

luogo di incontro con l’aldilà.

Sigmund Freud nel 1900, ha

costruito attorno al sogno il concetto di

inconscio, nella sua teoria della mente che

vede l’allucinazione del sogno come

l’espressione della soddisfazione di un

desiderio rimosso. Da allora e per

cinquant’anni il sogno è restato dominio

esclusivo della psicoanalisi; solo nel 1953,

la scoperta della fase del sonno REM, ha

permesso l’indagine a livello neuro-

biologico.

La fase REM del sonno,

caratterizzata da rapidi movimenti oculari, è

la fase in cui si ha la massima creazione

onirica. L’intensa attività cerebrale

registrata in questa fase ha sfatato

definitivamente la visione del sogno come

sospensione delle funzioni mentali.

Il sogno consiste nell’attivazione di

strutture responsabili di emozioni e

percezioni e nell’inibizione del ragionamento

logico. Le rappresentazioni bizzarre

emotivamente intense che al risveglio

spariscono sono strategie messe in scena

dal nostro cervello.

Un regista attivo che teatralizza

sentimenti ed affetti radicati nella storia

personale di ogni sognatore, sempre al

centro di quel vortice che è il suo sogno,

che può essere psicoanaliticamente

scomposto, pittoricamente rappresentato, e

dal quale ci si può magicamente lasciare

trasportare, rapiti dalla affascinante

grandiosità della psiche umana.

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Apertura edizione 2005-06: The Terrorist Regia: Santosh Sivan03/11/05

Rassegna cinema comico: Hollywood Party Regia: Blake Edwards 10/11/05

Rassegna Wim Wenders: Lo stato delle cose 24/11/05

Rassegna cinema del Mediterraneo: Intervento Divino Regia:Elia Suleiman 08/12/05

Rassegna cinema comico: Invito a Cena con Delitto Regia:Robert Moore 21/12/05

Rassegna joseph Losey: Il Servo 12/01/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Kadosh di Amos Gitai Regia: Amos Gitai 26/01/06

Rassegna cinema comico: Questo pazzo, pazzo mondo Regia: Stanley Kramer 02/02/06

Mahabharata I Regia: Ravi Chopra 16/02/06

Mahabharata II Regia: Ravi Chopra 23/02/06

Rassegna Wim Wenders: Buena Vista Social Club 02/03/06

Rassegna joseph Losey: Messaggero d'amore 16/03/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Arsenico e Vecchi Merletti Regia:F. Capra 30/03/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Private Regia: Saverio Costanzo 13/04/06

Rassegna joseph Losey: Don Giovanni 20/04/06

Rassegna Wim Wenders: Paris, Texas 27/04/06

Rassegna cinema comico: La Strana Coppia Regia: Gene Saks 04/05/06

Rassegna Wim Wenders: La Terra dell'Abbondanza 18/05/06

Rassegna joseph Losey: Per il Re e per la Patria | L'incidente 25/05/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Film Parlato Regia: Emanuel De Olivera 01/06/06

Rassegna cinema comico: Mon Oncle Regia: Jacques Tati 08/06/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Yol Regia: Serif Goren 15/06/06

Rassegna cinema del Mediterraneo: Le Grand Voyage Regia: Ismael Ferrukhi 22/06/06