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Corso di SISTEMI ORGANIZZATIVI COMPLESSI NELLA SOCIETA’ DELL’INNOVAZIONE --- Laboratorio sui processi e la cultura organizzativa d’impresa A.A. 2019-2020 9 CFU – 72 ore Francesca Colella [email protected] Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale

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Corso di SISTEMI ORGANIZZATIVI COMPLESSI NELLA SOCIETA’ DELL’INNOVAZIONE

--- Laboratorio sui processi e la cultura organizzativa d’impresa

A.A. 2019-2020 9 CFU – 72 ore

Francesca Colella [email protected]

Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale

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PREMESSA

• Le presenti dispense fornite dalla docente NON sostituiscono i testi d’esame ma rappresentano uno strumento utile per una migliore comprensione degli stessi.

• Solo il CAPITOLO 3 (L’approccio istituzionalista) del testo G. Bonazzi, Come studiare le organizzazioni, può essere studiato unicamente su queste dispense.

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Informazioni generali

LEZIONI: LUNEDI’: dalle ore 14.00-18.00, Aula Blu4; VENERDI’: dalle ore 12.00-14.00, Aula II - Facoltà di Statistica Ed. CU002 - Piazzale A. Moro 5. RICEVIMENTO: Vedi Web-Cattedra Dove: stanza B13, Via Salaria 113 Registrarsi alla Web-Cattedra: necessario per i motivi spiegati in classe N.B. Verificare sempre eventuali AVVISI sulla Web- Cattedra.

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Prerequisiti ed eventuali propedeuticità

Padronanza delle conoscenze teoriche e metodologiche di base della sociologia e buone capacità di apprendimento, di scrittura e di comunicazione orale.

A chi è rivolto il corso: Studenti e studentesse (canale P-Z) iscritti/e al secondo anno del corso di laurea magistrale «Organizzazione e marketing per la comunicazione d’impresa».

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Contenuti e articolazioni del corso

Il programma dell’insegnamento prevede la costruzione di un percorso di conoscenza critica della società dell’innovazione, fornendo agli studenti e alle studentesse strumenti di analisi sociologica idonei alla comprensione dell’agire sociale e dell’agire organizzativo. In particolare, il corso sarà articolato a partire dai seguenti nodi tematici: 1. Innovazione sociale: categorie concettuali necessarie alla comprensione e all’analisi dei processi sociali e culturali alla base delle dinamiche contemporanee di innovazione e di mutamento sociale in diversi contesti. 2. Studiare le organizzazioni. Cosa sono le organizzazioni. La burocrazia come organizzazione razionale. Le organizzazioni come sistemi cooperativi. L’approccio istituzionalista. Economia dei costi di transazione e popolazioni organizzative. Gli approcci "morbidi". 3. Attualità degli studi organizzativi: valorizzazione della diversità generazionale, di genere ed etnico/culturale nelle organizzazioni contemporanee.

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Laboratorio sui processi e la cultura organizzativa d’impresa

La docente fornirà agli studenti e alle studentesse (divisi in gruppi da circa 5 membri) una filmografia all’interno della quale individuare uno specifico film da prendere in analisi per il lavoro di gruppo (tesina) e per approfondire in modo critico i temi di rilievo manageriale, indicati sempre dalla docente (tutti i materiali sono pubblicati sulla web-cattedra).

I grandi temi del management attraverso il cinema.

Il corso, in particolare la parte laboratoriale, si avvarrà di materiale cinematografico per affrontare una serie di argomenti di rilievo aziendale e manageriale.

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a. Un esame scritto con domande aperte, una per libro, in riferimento al programma per frequentanti del corso Sistemi organizzativi complessi nella società dell’innovazione. 3 libri, 3 domande, 15 minuti ciascuna, max. una facciata. Alla prova scritta verrà naturalmente attribuita una valutazione in 30esimi. b. La realizzazione di un lavoro di gruppo da presentare oralmente e collegialmente - in una delle lezioni finali del corso - alla docente e alla classe (Laboratorio sui processi e la cultura organizzativa d’impresa). Ogni lavoro di gruppo, con la realizzazione di un elaborato scritto di almeno 3 pagine per ogni membro, da consegnare alla docente via e-mail una settimana prima della presentazione in classe, sarà valutato con l’attribuzione di un punteggio in 30esimi. Il contributo di ogni studente/studentessa dovrà essere ben identificabile per la valutazione (divisione in paragrafi nominativi). VOTO FINALE: Media tra la valutazione individuale ottenuta per il lavoro di gruppo e la prova scritta.

La prova d’esame degli studenti frequentanti prevede:

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a. Un esame scritto con domande aperte, una per libro, in riferimento al programma per non frequentanti del corso Sistemi organizzativi complessi nella società dell’innovazione (prof.ssa Francesca Colella). 4 libri, 4 domande aperte, 15 minuti per rispondere a ciascuna domanda in max. una facciata di foglio protocollo (fornito dalla docente in sede d’esame). Alla prova scritta verrà naturalmente attribuita una valutazione in 30esimi. b. La realizzazione di un elaborato scritto INDIVIDUALE (tesina di almeno 12 pagine, Times 12, interlinea 1,5) le cui caratteristiche saranno del tutto simili al lavoro dei frequentanti. Gli studenti non frequentanti dovranno scegliere un film nella lista fornita dalla docente (vedi web-cattedra) e 3 temi da approfondire tra quelli indicati per ogni film (e rintracciabili nella mappa concettuale in queste stesse dispense). Suggerimenti per la stesura della tesina sono stati pubblicati sulla web-cattedra. La tesina dovrà essere inviata via e-mail alla docente almeno 2 settimane prima dell’appello scelto per sostenere l’esame scritto. Alla tesina verrà attribuito un punteggio in 30esimi che verrà comunicato (tramite pubblicazione su web-cattedra, con numero di matricola) prima della prova scritta per la quale ci si è prenotati. VOTO FINALE ESAME: Media tra la valutazione individuale ottenuta per la tesina e la prova scritta.

La prova d’esame degli studenti non frequentanti prevede:

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La frequenza è consigliata. Rilevazione tramite firma in entrata e in uscita con orario. Per essere considerati/e frequentanti, gli studenti e le studentesse potranno assentarsi senza giustificazione per un massimo di 12 ore di lezione, escluse OPEN CLASS. Casi particolari verranno valutati singolarmente.

Modalità di rilevazione della frequenza

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I testi d’esame: frequentanti

3 TESTI

1) Robin Murray, Julie Caulier Grice, Geoff Mulgan, Il libro bianco sull’innovazione sociale, edizione italiana a cura di Alex Giordano e Adam Arvidsson (2011), Gratuito.

NOTA: Il testo sopra indicato può essere scaricato in formato PDF al link: http://www.felicitapubblica.it/wp-content/uploads/2016/01/Libro_bianco_i... (vedi Web cattedra).

2) Giuseppe Bonazzi, Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, Bologna, Ed. 2006 - Euro 20,00

3) Valentina Dolciotti, Diversità e inclusione. Dieci dialoghi con Diversity manager, Guerini NEXT, Milano, 2017 - Euro 18,00

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I testi d’esame: NON frequentanti

4 TESTI (oltre ai 3 della slide precedente)

4) Un testo aggiuntivo a scelta tra:

A. Mats Alvesson, André Spicer, Il paradosso della stupidità. Il potere e le trappole della stupidità nel mondo del lavoro, Cortina Raffaello, 2017 - Euro 19,00

B. Renato Fontana, Andrea Rocchi (a cura di), Innovare nella società delle reti. Sistemi organizzativi, processi produttivi e project management, Franco Angeli, Milano, 2019 - Euro 30,00

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Film e temi di rilievo manageriale Introduzione.1

L’utilizzo dell’opera cinematografica nella formazione rimanda certamente al cambiamento in atto nei contesti socio-organizzativi contemporanei.

Noi studiamo le organizzazioni ma siamo noi stessi un’organizzazione.

Le donne e gli uomini che operano nelle organizzazioni hanno interiorizzato e agiscono modelli di pensiero diversi fra loro.

Nella direzione dell’accoglimento di tale diversità dei modelli di pensiero e dei bisogni complessi degli attori organizzativi si è sviluppato il tema della narrazione, soprattutto come nuova metodologia di ricerca organizzativa.

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Film e temi di rilievo manageriale Introduzione.2 – Narrazione e strutture simboliche

La narrazione riveste un’importanza basilare all’interno della vita organizzativa poiché permette di mantenere, preservare e trasmettere i risultati delle azioni organizzative (delle donne e degli uomini che sono nelle organizzazioni) attraverso le strutture simboliche.

L’azione organizzativa, come ogni altro agire umano, una volta conclusa tende a dissolversi e la sua conservazione nella memoria e la sua trasmissibilità sono affidate alla simbolizzazione in generale e, in particolare, alle pratiche narrative.

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Film e temi di rilievo manageriale Introduzione.3 - Linguaggio

La struttura simbolica ha ovviamente a che fare con il linguaggio, infatti:

Il linguaggio, in generale, può essere definito come un

sistema simbolico di comunicazione, ossia come un sistema complesso in cui l’informazione che passa tra l’emittente e il destinatario è codificata in modo simbolico.

Il linguaggio può essere inteso, dunque, come la facoltà di comunicare simbolicamente, poiché contiene in sé un insieme di codici simbolici (di natura verbale o non verbale) che permettono di trasmettere, conservare, elaborare informazioni.

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Film e temi di rilievo manageriale Introduzione.4 – Cultura organizzativa

Ciò significa che l’azione in sé non è sufficiente: è l’elaborazione simbolica che fa transitare le prassi dalla «insignificante» ripetitività a valori culturali, fondamento della cultura specifica di una organizzazione.

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Film e temi di rilievo manageriale Introduzione.5 – Cultura organizzativa

La cultura è nella mente e nel cuore delle persone: un complesso di tradizioni trasmesse da una generazione all’altra che prescrive tutto ciò che il singolo deve sapere, pensare e sentire per poter far parte di un’organizzazione (Goodenough, 1981).

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Il cinema è un evento, è rappresentazione, è concentrazione di accadimenti e trasmissione di esperienze allo stesso tempo.

Il film è un «testo culturale» nei cui fotogrammi è inserito l’intero ventaglio dei comportamenti umani, individuali e di gruppo.

Non si tratta di una rappresentazione oggettiva della realtà: esso richiama piuttosto la facoltà di immaginare.

Il film non è uno strumento di comunicazione neutro: nella relazione binaria emittente-ricevente si inseriscono innumerevoli codici. Infatti, non vi è solamente la visione del registra ma anche di tutti coloro che hanno collaborato con lui, del produttore e dello sceneggiatore e i loro collaboratori, fino ad arrivare agli attori che reinterpretano il significato del regista aggiungendo significati propri e soggettivi.

Film e temi di rilievo manageriale

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A questo punto, quando il formatore propone in aula il film sul quale dibattere e lavorare, avviene un ribaltamento quasi totale del rapporto regista-spettatore a favore di quello formatore-formando.

Vediamo ora la lista dei film scelti e, successivamente, i temi di rilievo manageriale.

Film e temi di rilievo manageriale

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I temi di rilievo manageriale: la mappa concettuale

PERSONA

ORGANIZZAZIONE

HARD SOFT

Quadrante A Quadrante B

Quadrante C Quadrante D

Voci afferenti all’individuo ma di origine tipicamente strutturale

Voci afferenti all’individuo ma legati a elementi sovrastrutturali,

tipicamente culturali, emotivi, socio-psicologici.

Voci socio-organizzative legate a elementi socio-culturali

Voci organizzative legate a elementi strutturali e formali

Fonte: D’Incerti, Santoro, Varchetta, 2016

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La mappa concettuale

Fonte: D’Incerti, Santoro, Varchetta, 2016

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Gli step del Laboratorio

VEN 27.9 Formazione

gruppi Max. 5

membri -Nome gruppo

-Portavoce

-Asseg. FILM

VEN 22.11

Laboratorio - CRITICITA’

Lavori di gruppo

- Esempi

LUN 28.10

OPEN CLASS

Il linguaggio del CINEMA

A partire dal 2.12 oppure

dal 6.12

PRESENTAZIONI

LAVORI DI

GRUPPO

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Le 3 aree tematiche del corso +

Prova scritta

INNOVAZIONE SOCIALE

Il libro bianco sull’innovazione

sociale A. Giordano + A. Arvidsson

Come studiare le organizzazioni

G. Bonazzi

ORGANIZZAZIONE DIVERSITY

MANAGEMENT PROVA SCRITTA

Diversità e inclusione

V. Dolciotti

3

domande aperte

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INNOVAZIONE SOCIALE Contenuti tratti dal testo: Robin Murray, Julie Caulier Grice, Geoff Mulgan, «Il libro bianco sull’innovazione sociale»,

versione italiana. Rielaborazione di Francesca Colella

Innovare Fare la differenza

NB. Problema dell’ideologia Gran parte delle innovazioni più recenti sono state innovazioni sociali; alcuni esempi: - media sociali come Facebook che permettono nuovi modi di relazionarsi,

organizzare progetti e stare insieme; - piattaforme come I-phone che aggregano una pluralità di servizi e li integrano

in uno strumento unico diventando così parte integrata della vita quotidiana. Molte di queste innovazioni sociali, e anche importanti innovazioni tecniche, specialmente nel campo del software, non sono più il prodotto esclusivo di grandi società e centri di ricerca, ma incorporano la quotidiana creatività di piccole imprese, comunità produttive auto-organizzate e persino individui che adesso più facilmente riescono a mettersi in contatto con altri e collaborare; basti pensare, per esempio, alle molte comunità di sviluppatori di Free Open Source Software. Le grandi società multinazionali hanno scoperto il potenziale di questa nuova innovazione «socializzata» e cercano di catturarlo in schemi di open innovation.

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INNOVAZIONE SOCIALE

Il mondo dell’innovazione è assai vasto.

L'innovazione sociale non ha confini fissi: essa agisce in ogni settore, il pubblico, il non-profit e il privato.

Molte azioni creative si svolgono al confine tra un settore e un altro, e in settori completamente diversi tra loro, come il commercio equo, l’apprendimento a distanza, gli ospizi, l’agricoltura urbana, lo smaltimento dei rifiuti e la giustizia retributiva.

Si definiscono innovazioni sociali le nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che vanno incontro ai bisogni sociali e che, allo stesso tempo, creano nuove relazioni sociali e nuove collaborazioni. In altre parole, innovazioni che hanno delle ricadute positive sia per la società che in relazione all’accrescimento delle possibilità di azione per la società stessa.

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Molte di queste innovazioni puntano verso un nuovo tipo di economia che combina alcuni elementi passati con altri innovativi.

È possibile definire questo tipo di economia come «economia sociale» perché presenta delle caratteristiche molto distanti dalle economie basate sulla produzione e sul consumo di beni.

Una economia sociale emergente

Le sue caratteristiche basilari includono: - il grande uso di networks ramificati per sostenere e

gestire le relazioni, aiutati da ogni forma possibile di comunicazione;

- dei confini sfuocati tra produzione e consumo; - l’enfasi che viene data alla collaborazione, alla cura

e alla manutenzione piuttosto che ad un irresponsabile consumo «usa e getta»;

- grande rilievo riservato ai valori e agli obiettivi.

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In questo contesto, risultano fondamentali la cultura e i valori dell’economia sociale, ovvero la crescente enfasi sulla dimensione umana e sul mettere democraticamente al primo posto gli individui, cosa che ha delle ricadute anche su sistemi e strutture.

Questa economia si è in gran parte formata attorno a dei sistemi diffusi piuttosto che a strutture centralizzate. Essa si occupa della complessità non attraverso semplificazioni e standardizzazioni imposte dal centro, ma distribuendo la complessità verso i margini, ovvero verso i manager locali, i lavoratori, nonché verso gli stessi consumatori.

Studiosi di riferimento: Amartya Sen, Joseph Stiglitz, Jean Paul Fitoussi e, piè recentemente, Thomas Piketty.

Una economia sociale emergente - 2

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Tratti distintivi e critici dell’innovazione sociale

L’innovazione sociale presenta dunque delle caratteristiche distintive sia nei risultati che nelle relazioni e nelle nuove forme di cooperazione e collaborazione che essa produce.

Inoltre, i processi, le metriche, i modelli, i metodi usati per l’innovazione in campo commerciale o tecnologico, per esempio, non sono sempre direttamente applicabili all’economia sociale.

Elementi problematici che distinguono l’innovazione sociale dalle altre tipologie: La misurazione del successo: contestabile (es. È un bene o un male ridurre drasticamente l’uso che facciamo dell’auto?) Forme di organizzazione: importanti per innovazioni di natura

effettivamente sistemica. L’innovazione sociale riguarda più che un nuovo servizio o modello: si crea infatti un cambiamento nelle relazioni di potere e un cambiamento nel modo di vedere e di pensare gli individui. Va ricordato che i sistemi estendono il cambiamento molto al di là di ogni singola organizzazione.

Coalizioni e networks più vasti e complessi

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Innovazione sociale: una questione anche di Metodo

L’innovazione non è solo una questione di fortuna, di scoperte fulminee o di alchimia; nemmeno appartiene esclusivamente alle menti più brillanti.

L’innovazione può anche essere gestita, supportata e coltivata. E ogni persona, se lo vuole, può far parte di questo processo.

Si tratta dunque anche di una questione di Metodo.

L’innovazione sociale è un processo di cambiamento basato su strategie e idee che portano a soddisfare lo sviluppo economico e sociale di una determinata comunità di riferimento.

Gli ambiti di azione prediletti da questi processi sono istruzione e

formazione, diminuzione dell'inquinamento, riuso ed economia circolare, sharing economy e social housing, miglioramento delle condizioni di lavoro, valorizzazione culturale, creativa e artistica delle competenze, delle identità e dei territori.

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I processi dell’innovazione sociale L’idea dal nascere al suo effettivo diffondersi

Fonte: Murray, Grice, Mulgan, 2011.

Non sempre sequenziali

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Step 1. Suggerimenti, ispirazioni e diagnosi

In questo primo step sono inclusi tutti quei fattori che evidenziano il bisogno di innovazione come le crisi, il taglio alla spesa pubblica, ecc.

Questo momento implica una diagnosi del problema e una stesura delle domande che indirizzeranno la ricerca, in modo da evidenziare non solo le questioni più superficiali, ma anche le cause profonde della criticità.

Porre la giusta domanda significa essere a metà del cammino verso la soluzione.

QUINDI: Identificare le cause prime della criticità.

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Step 2. Proposte e idee

Questo è il momento in cui si generano le idee, supportate dai giusti metodi.

Molti metodi facilitano l’identificazione delle corrette risposte e soluzioni, incentivando le intuizioni e facendo tesoro delle esperienze provenienti dalle varie fonti.

Le idee possono arrivare da varie fonti: cittadini, comunità, altri settori oppure altri paesi, ecc.

Le nuove soluzioni derivano da risorse differenti per esempio adattando un’idea da un campo ad un altro, o unendo elementi apparentemente distanti tra loro in un nuovo modo.

È molto difficile che un’idea nasca dal nulla; più spesso nuove idee nascono da altre idee oppure si sviluppano da una riflessione creativa su una certa esperienza realizzata.

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Step 3. Prototipi ed esperimenti

Questo è la fase della sperimentazione. L’idea viene verificata, provando se

funziona nella pratica, oppure attraverso esperimenti più formali, prototipi e test controllati.

Si tratta di un momento particolarmente importante poiché è attraverso l’iterazione, il processo conoscitivo per prova ed errore, che le sinergie si rinforzano (per esempio coordinando gli users e i professionisti) e i conflitti trovano una soluzione (e ciò vale anche per quei contrasti in cui gli interessi delle diverse parti).

Questa terza fase assume anche una valenza valutativa riguardo al possibile successo dell’innovazione o meno.

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Step 4. Conferme

In questa fase, l’idea innovativa entra a far parte dell’uso comune, permettendo una definizione del quadro e la sua ottimizzazione.

È importante a questo punto definire il flusso delle entrate economiche per assicurare la sostenibilità finanziaria a lungo termine dell’azienda, dell’impresa sociale o dell’associazione di beneficenza, cosicché il processo di innovazione possa essere portato avanti.

Questo significa, soprattutto nel settore pubblico, identificare i budget, le equipe di lavoro e le altre risorse strategiche, oltre al piano normativo.

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Step 5. Organizzazione e diffusione

Giunti a questo punto vi è un vasto range di strategie per accrescere e diffondere un’innovazione.

L’emulazione e l’ispirazione giocano anch’esse un ruolo fondamentale per diffondere un’idea o una pratica.

In inglese questo processo viene definito “scaling”, un concetto che deriva dal lessico della produzione di massa, mentre, come sappiamo, le innovazioni penetrano nell’economia sociale in molti altri modi, sia attraverso l’emulazione sia attraverso la fornitura di supporti e uno scambio di know how secondo un andamento di crescita più organico e adattivo.

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Step 6. Cambiamento del sistema di riferimento

Si tratta del fine ultimo dell’innovazione sociale.

Un cambiamento del sistema di riferimento di solito comporta l’interazione tra diversi elementi: i movimenti sociali, i modelli economici, le leggi e le regolamentazioni, i dati e le infrastrutture, fino ai modi di pensare e di agire nuovi.

Il cambiamento di paradigma implica generalmente nuove cornici e strutture messe insieme da molte innovazioni più piccole.

Molto spesso le innovazioni sociali emergono per far fronte ad alcune barriere del paradigma precedente; alcuni pionieri possono riuscire a superare tali barriere ma l’entità della possibilità di crescita dipende spesso dalla creazione di nuove condizioni per rendere le innovazioni economicamente sostenibili.

Queste condizioni includono nuove tecnologie, catene di supporto, forme istituzionali, abilità e strutture fiscali e normative. Lo slittamento di sistema porta anche a cambiamenti nel settore pubblico come in quello privato, nell'economia di sostegno, cambiamenti che di solito avvengono nel lungo periodo di tempo.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

Intermediari:

Gli intermediari sono individui, organizzazioni, network o spazi che connettono persone, idee e risorse. • Essi possono avere diverse forme: alcune funzionano da

incubatori per le innovazioni offrendo uno spazio 'sicuro' per la collaborazione e la sperimentazione, alcune connettono gli imprenditori con i supporti di cui hanno bisogno per accrescere la loro innovazione, altri aiutano a diffondere l’innovazione sviluppando network e collaborazioni.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

• Una lezione importante per l’innovazione in altri settori è che la domanda e l’offerta di idee non sempre coincidono.

• Ad esempio, nel settore tecnologico esiste una grande varietà di istituzioni per connetterle meglio; si pensi agli specialisti nel trasferimento di tecnologie, conferenze, riviste accademiche e così via.

• La storia della tecnologia ha confermato quanto siano importanti questi connettori sociali poiché essi rappresentano la ragione per cui l’Economia si è accorta di non poter prescindere dalla Sociologia.

• Nel campo sociale in genere mancano degli intermediari di questo tipo.

• Di certo non mancano network in discipline accademiche e professionali; inoltre alcune fondazioni si impegnano molto nel connettere le idee emergenti con possibili buyers e users, ma questi tendono a restare soluzioni ad hoc. Questa è una delle ragioni per cui le idee possono svilupparsi e avere un impatto sociale solo dopo molto tempo.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

• Non appena un’innovazione sociale si diffonde in modo più consistente, nascono nuove istituzioni per colmare questo divario: dai fondi per l’innovazione agli innovatori in sede, ad enti per l’innovazione, ecc.

• I progetti nel campo dell’edilizia sono stati i più veloci a partire poiché i loro modelli di business si basano sul fatto che ogni nuova impresa ha bisogno di essere collocata da qualche parte e le persone tendono ad unirsi coi loro simili.

• Sicuramente ci si aspetta che gli intermediari nell’economia sociale si focalizzino di più sulle loro conoscenze e relazioni: infatti, uno dei loro ruoli è quello di accrescere i campi di applicazione e i mercati, supportando le imprese sociali affinché diventino più efficaci nel fronteggiare i problemi sociali.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

• Gli intermediari possono aiutare nell’unire le parti, ma per essere efficaci devono oltrepassare i confini che dividono i vari settori, le varie discipline e i vari campi.

• Essi hanno bisogno di attrarre persone innovative ed operative: il lavoro di intermediario necessita così di essere altamente creativo.

• Inoltre gli intermediari devono saper parlare con tutti, usare il linguaggio di tutti i giorni, ma anche quello degli investitori, dei politici e così via.

• Gli intermediari inoltre giocano un ruolo fondamentale nella fase della crescita e della diffusione delle pratiche innovative. Essi sono infatti spesso direttamente coinvolti nel progettare, testare e valutare i progetti, per poi cercare di farli adottare dalle varie organizzazioni sociali e non.

• Inoltre aiutano a definire nuovi mercati per i progetti e i servizi che sono stati creati e a sviluppare network che evidenzino e promuovano la pratica migliore, anche se questo – talvolta - è il ruolo dei finanziatori.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

Centri per l’innovazione:

I centri per l’innovazione sono spazi e luoghi che riuniscono le persone per imparare, condividere e collaborare, ma sono più che meri spazi di lavoro. Sono infatti luoghi dove imprenditori sociali, attivisti, organizzazioni no profit possono riunirsi per condividere idee, esperienze ed intuizioni. Così facendo questi centri funzionano da mutuo supporto.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

• I centri per l’innovazione sono spazi condivisi di lavoro specificatamente progettati per promuovere la collaborazione e l’innovazione.

• Un esempio è l’HUB: una comunità globale di persone di ogni professione, cultura e background che lavorano cercando modi innovativi per rispondere alle più difficili sfide in campo sociale, culturale ed ambientale.

• Hub è basato sull’idea che non esiste la mancanza di buone idee, ma che è tutta una questione di risorse, impatto e così via.

• Così i fondatori di Hub hanno deciso di creare dei luoghi nel mondo per permettere alle persone di accedere a spazi, supporti, connessioni, saperi, esperienze ed investimenti, creando un ambiente diverso per l’innovazione: luoghi forniti con tutti gli strumenti possibili per accrescere e sviluppare nuove imprese, spazi per accedere ad esperienza, sapere, mercati e finanziamenti, ma soprattutto luoghi per creare connessioni.

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Innovazione sociale: connettere persone, idee e risorse

Istituzioni per guidare l’innovazione: • L’assenza di istituzioni che mirano

all’innovazione sociale indica che è troppo spesso una questione di fortuna se le idee vengono messe in pratica.

• Le istituzioni giocano infatti un ruolo

fondamentale nella mobilitazione di energie e nell'organizzazione di cambiamenti più sistematici attraverso l’unione di piccole imprese e progetti a grandi istituzioni, leggi e regolamentazioni.

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Innovazione sociale: Istituzioni

Dipartimenti, Agenzie ed uffici per l’innovazione - Essi si occupano dell'innovazione pubblica, di quella sociale e di quella economica. Finanziamenti per l’innovazione Incubatori di innovazioni Giornali e riviste Centri di ricerca Università e Dipartimenti che promuovono l’innovazione Innovation Learning Lab Acceleratori di innovazioni

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Innovazione sociale: Network e Piattaforme

Comunità di pratica

Network collaborativo

Gli action learning sets Gruppi composti da 4-7 persone che si riuniscono regolarmente per riflettere sul loro lavoro, supportarsi a vicenda e imparare da evidenze formali per innovarsi e migliorare. Questo approccio viene impiegato in alcune scuole americane per imprenditori dove gli studenti sono divisi in vari action learning sets per tutta la durata del corso.

Membership organisations

Laboratori on-line Piattaforme di co-produzione Piattaforme peer-to-peer

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Modi per supportare l’innovazione sociale

Caratteristiche di una nuova economia sociale: - L’uso di network fittamente distribuiti per sostenere e gestire le connessioni, con l'aiuto della banda larga, il mobile, e gli altri mezzi di comunicazione. - Confini non più netti tra produzione e consumo. - Enfasi non più su una modalità di consumo “usa e getta”, ma collaborativo, caratterizzato dall’interazione ripetuta, dalla cura e dal mantenimento. - Un ruolo importante giocato dai valori e dalla mission.

Questo tipo di economia sociale è l’unica risorsa per l’innovazione sociale.

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Modi per supportare l’innovazione sociale: l’economia sociale

L’economia sociale, in quanto risorsa per l’innovazione e la produzione, può presentarsi alla stregua di quell’economia basata sul mercato privato. Ma l’economia sociale non è ancora compresa appieno.

Con economia sociale intendiamo un ibrido. Essa infatti percorre le quattro sub-economie del mercato, dello stato, delle sovvenzioni e della famiglia. Ognuno di questi settori presenta le proprie logiche, i propri ritmi, i propri mezzi per ottenere risorse, le proprie strutture di controllo e di allocazione, le proprie regole per la distribuzione dei risultati.

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Modi per supportare l’innovazione sociale: l’economia sociale

Ma le frazioni di queste sub-economie, che noi abbiamo chiamato “economia sociale”, sono racchiuse sotto il comun denominatore degli obiettivi sociali, dell’importanza che viene data all’etica e alla reciprocità. Tali frazioni vanno ad operare sia all’interno della micro-realtà famigliare, quanto influenzano i servizi universali dello stato. Sebbene analiticamente distinta dal mercato privato, l’economia sociale fa riferimento alle imprese sociali chiamate in causa dal mercato, come all’attività di alcune aziende private che operano principalmente per raggiungere obiettivi sociali.

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I confini tra una economia e l’altra

• Se l’economia sociale è un ibrido, lo sono anche le imprese, le aziende, le società e tutti gli organismi che operano in essa.

• Essi si basano sulla propria sub-

economia di riferimento e, allo stesso tempo, operano travalicando i confini tra un’economia e l’altra.

• Nel mercato, per esempio, le aziende private ricevono sovvenzioni dallo stato. Alla stessa stregua, alcune associazioni di beneficienza e altre organizzazioni basate sulle sovvenzioni, offrono servizi allo stato.

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Nel diagramma, l’area colorata rappresenta quelle parti delle quattro sub-economie che insieme vanno a costituire l’economia sociale. Il diagramma mostra inoltre che nessuna delle quattro sub-economie è totalmente incentrata sulla economia sociale.

Le 4 sub-economie

Stato Mercato Famiglia Economia delle sovvenzioni

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Le 4 sub-economie

Formalmente, se esistono quattro sub-economie, vi saranno sei interfacce. La finanza oltrepassa tutti i confini.

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Strutture ed incentivi per l’innovazione

• Tradizionalmente, il mercato privato è stato visto come la risorsa primaria per l'innovazione. Questo perché esso presenta le strutture, i meccanismi e gli incentivi che «guidano» l’innovazione.

• Nella teoria di Joseph Schumpeter, al mercato appartiene il potere per una “distruzione creativa”, ovvero la distruzione di un ordine obsoleto per aprire la strada ad uno nuovo.

• Né lo stato, né l’economia delle sovvenzioni hanno la struttura o la forza per innovare in questo modo.

• D’altra parte, l’ambiente domestico - il più connesso al sistema economico - genera sì idee ma manca del capitale, del tempo e della capacità organizzativa per svilupparle.

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1) I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

L’innovazione nel settore pubblico presenta sempre il rischio di essere marginale, di non ottenere abbastanza fondi e di non essere supportata in modo adeguato sia in termini di persone impegnate per essa, sia in termini economici, fino a ciò che riguarda il capitale politico. Ma l’innovazione è strettamente connessa alla strategia, la quale permette il raggiungimento degli obiettivi in modo più efficace, indirizzando gli sforzi verso le questioni davvero rilevanti.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Innovazione e strategia Le considerazioni strategiche dovrebbero guidare una porzione significativa dei fondi per l’innovazione pubblica, specialmente attraverso: l’identificazione delle questioni prioritarie, i costi, gli interessi e le preoccupazioni pubbliche (settore in cui vi sono i gap più grossi tra la performance attuale e ciò a cui si tende). L’identificazione per ogni settore quale obiettivo strategico può essere raggiunto attraverso l’adozione di innovazioni già testate o sviluppando nuove soluzioni.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Leadership visibile Risulta assai rilevante se i leader segnalano che l'innovazione riveste un ruolo fondamentale. Esempio: il presidente Roosevelt è stato esemplare in questo, affermando pubblicamente la necessità di esperimenti, con gli annessi fallimenti, per risolvere i problemi di ordine pubblico.

L’innovazione ha bisogno di essere supportata dagli incentivi o, per lo meno, di non essere bloccata dai disincentivi. Questo fatto assumerà forme diverse a seconda dei settori. La sistematica identificazione dei disincentivi chiave e la percorribilità di alternative, deve essere una priorità per qualsiasi ente pubblico. Le ricompense possono essere sotto forma di riconoscimenti, promozioni oppure ricompense finanziarie.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Gestione appropriata dei rischi Gli enti pubblici tendono a essere frenati dal «rischio». La sfida consiste nella capacità di gestire il rischio, non di eliminarlo. Il rischio può essere gestito attraverso progetti che costruiscono un ponte tra un grande successo e l’alto rischio. Una visione bilanciata del rischio è fondamentale: in tal senso, un impegno nella valutazione e sviluppi controllati dei nuovi approcci aiuta a ridurre il rischio.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

La formazione e il training per integrare le innovazioni nello sviluppo personale, nella personale formazione e cultura. Alcuni hanno bisogno di diventare specialisti nel trovare, sviluppare e diffondere nuove idee. Altri, in particolare i gatekeeper, necessitano di saper riconoscere le condizioni per l'innovazione. Più in generale, l'innovazione, inclusa la licenza di prendersi rischi appropriati, dovrebbe far parte dei propri piani di sviluppo personale.

Circuiti di informazioni tra gli user, lo staff e i manager Il flusso informativo dalla periferia al centro è fondamentale per l’apprendimento, la revisione e il miglioramento. Questo processo include piattaforme online per assicurare una rapida circolazione delle informazioni.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

La partecipazione degli user è stata aiutata sia dagli user stessi che da organizzazioni professionali che offrono metodi per coinvolgere i cittadini. Gli user giocano un ruolo importantissimo nell’offrire nuovi insight sui bisogni reali della gente, arrivando ad avere un ruolo diretto nella riconfigurazione dei servizi.

Learning cultures La più grande barriera all’innovazione è la mancanza di una cultura dell’apprendimento che ricompensi le agenzie pubbliche e gli impiegati statali per imparare dai propri errori, imparando da altri settori e paesi.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Finanze pubbliche: metodi per generare l’innovazione interna La generazione e l’adozione dell’innovazione all’interno del settore pubblico dipende da come vengono organizzate le risorse monetarie e le responsabilità; inoltre, dipendono da come vengono organizzati e sviluppati i budget pubblici e da quali siano le strutture di tassazione e di finanziamento che promuovono l’innovazione piuttosto che rallentarla.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Responsabilità distribuita e innovazione democratica I modelli odierni sembrano inadeguati per comprendere la sempre più crescente complessità del governo e la democrazia rappresentativa è sempre più supportata da strumenti per coinvolgere sempre e di nuovo il pubblico nei dibattiti e nelle decisioni. Forme aperte di consultazione e partecipazione Nuove forme di tassazione e di raccolta delle entrate pubbliche Legislazione e regolamentazione I governi plasmano le condizioni in cui operano le imprese sociali, le organizzazioni no profit e gli altri enti. In troppi casi, ottime idee collassano di fronte alle regolamentazioni esistenti. Comunque, nuove regolamentazioni e cornici legali, possono liberare le forze creative e supportare l'innovazione sociale.

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I metodi nel settore pubblico per l’innovazione

Raccogliere incentivi per innovare Report sulle innovazioni Premi per l’innovazione Innovazione della forza lavoro Il forte coinvolgimento della forza lavoro nei processi di innovazioni è stato da sempre l’emblema del Toyotismo negli ultimi 30 anni. Pratiche simili sono oggi introdotte anche in alcune sfere dei servizi pubblici. Collaborazioni Inside-Outside Un’area importante dell’innovazione per il settore pubblico è quella di incoraggiare la collaborazione tra i lavoratori del servizio pubblico e la società civile, al fine di rendere più fluidi i confini tra le due sfere.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

La società civile e l’economia delle sovvenzioni sono i luoghi più comuni dove l’innovazione sociale si sviluppa, anche grazie alle campagne, ai movimenti sociali, alle organizzazioni e associazioni non governative. Per sua natura questo settore tende ad essere frammentato e di piccole dimensioni. Ma proprio per la sua missione esso risulta migliore di altri settori per quanto riguarda un'azione olistica che sia capace di connettere l’azione sociale con la pressione sociale.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Molti nuovi metodi e strumenti sono stati sviluppati per supportare quelle idee che risultavano promettenti. Tuttavia, questo settore è generalmente più efficace nel creare idee piuttosto che nel cambiare effettivamente il sistema. Le più recenti ondate di interesse nell’imprenditoria sociale e nelle iniziative filantropiche hanno permesso di supportare in maniera efficace i progetti individuali. Definiamo questo settore come economia delle sovvenzioni in quanto le sovvenzioni giocano un ruolo fondamentale, anche se gran parte delle entrate in questo settore provengono da altre risorse, come i contratti con i governi e altri tipi di entrate commerciali.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Nonostante la larghezza di risorse, le sfide principali di questo settore sono la crescita e la sicurezza dei fondi. I donatori individuali possono essere spesso molto incerti. I donatori istituzionali tendono a evitare gli impegni a lungo termine e preferiscono offrire fondi alle start-up. Molti enti che offrono le sovvenzioni hanno una chiara idea dei progetti e dei programmi che intendono finanziare ma sono riluttanti ad offrire dei fondi stabili. Le organizzazioni che offrono sovvenzioni sono di solito le prime a soffrire dei tagli di budget statali e delle recessioni economiche.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Finanziamenti Le sovvenzioni filantropiche dovrebbero rappresentare i fondi ideali per l’innovazione sociale. I donatori possono gestire alti livelli di rischio e non hanno bisogno della certezza di ricompense nel settore privato. Sorprendentemente, fino ad oggi è stata data una scarsissima attenzione a come il finanziamento possa essere il miglior supporto per l’innovazione, quale mix tra fondi per individui, team ed imprese sia maggiormente utile, o quale programmazione dei fondi possa portare al massimo effetto. In questo frangente prenderà il via una rapida evoluzione, in quanto i filantropi tendono sempre più a sviluppare dei mezzi ibridi altamente sofisticati che sono in grado di combinare sovvenzioni, prestiti ed investimenti.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Migliorare la relazione di sovvenzione Esiste tutto un mondo di intermediari e piattaforme online che hanno come obiettivo quello di migliorare la relazione tra chi offre le sovvenzioni e chi le riceve, spesso connettendo le due parti in modo più efficiente ed effettivo. Per questo scopo, il web offre nuovi modi per tagliare i costi e ampliare le connessioni. Siti web come Kiva, che connettono i donatori con gli imprenditori sociali, operano già in questo senso. Esperimenti di «crowdfunding» arricchiscono questa relazione e democratizzano il settore.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Formazione e Training Alcuni studi hanno evidenziato il bisogno di formazione all’interno dell’economia delle sovvenzioni e identificato la mancanza di training ed esperienze come la principale barriera che impedisce il successo di questo settore. I leader delle organizzazioni no profit, degli enti di beneficenza, delle associazioni e delle fondazioni devono saper assumere la sfida della sostenibilità finanziaria e del managment degli stakeholders, senza però dimenticare la missione e i valori di partenza.

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2) Supporto nella economia delle sovvenzioni

Legislazione e regolamentazione Le organizzazioni basate sui fondi operano all’interno di leggi e regolamentazioni che minano la loro capacità di crescita e di essere finanziariamente indipendenti. Network La società civile è diventata sempre più effettiva nel creare i suoi propri network per condividere nuove idee e supportare l’innovazione.

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3) Supporto nella economia di mercato

I confini tra il settore privato e quello sociale si stanno sempre più sfaldando e questo avviene per molte ragioni. Le «industrie sociali» - come la sanità e l’educazione - sono infatti sempre più in crescita. Ormai l’innovazione sociale appare come un campo per creare nuove opportunità di business: per far crescere la brand equity (attraverso associazioni riconosciute nell’ambito della beneficienza o imprese sociali), per attrarre talenti (persone giovani che credono che chi li assume abbia una coscienza sociale), per stimolare la cultura dell’innovazione nel business mainstream attraverso il coinvolgimento con diversi tipi di organizzazioni.

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3) Supporto nella economia di mercato

Lo sviluppo più significativo è stato quello relativo alla crescita delle imprese sociali: imprese che fanno profitti ma che presentano degli scopi sociali. La sfida principale per le imprese sociali è quella di mantenere la loro posizione commerciale nel mercato e, allo stesso tempo, essere fedeli ai propri impegni sociali. Quando il loro apporto innovativo ha successo, organizzazioni commerciali più grandi tendono ad entrare nel loro mercato per sommergerle. Per la crescita e il mantenimento del settore, sono fondamentali degli esempi che sappiano ispirare, diffondendo dei modelli di business di successo.

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3) Supporto nella economia di mercato

Fondi: una delle più grandi sfide per le imprese sociali è la crescita. Fondi sociali Investimenti etici Investimenti mission-connected Fondi per imprese pubbliche Fondi per imprese sociali Microcredito per la microproduzione Prestiti peer-to-peer Bond di beneficenza Investimenti filantropici

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3) Supporto nella economia di mercato

Istituzioni di finanza sociale Banche etiche Banche cooperative Cooperative finanziarie garantite Fondi per imprese sociali Informazione Migliorare l’informazione riguardo al mercato può aiutare i consumatori a distinguere tra le aziende e i prodotti che causano danni sociali ed ambientali e quelli che non ne causano. Questo genera pressione sulle imprese e le fa comportare in modo più responsabile sia dal punto di vista etico che da quello ambientale.

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3) Supporto nella economia di mercato

Addestramento e formazione In aumento l’interesse e gli investimenti nello sviluppo di risorse finanziare per l’impresa sociale. Attualmente, vengono dedicate risorse molto esigue al miglioramento del mercato del lavoro. Comunque, aumentare le capacità nel campo dell’impresa sociale risulta essere assai importante per la crescita e lo sviluppo del settore.

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4) Supporto nella economia informale o della famiglia

Molte innovazioni partono dalla vita informale della famiglia. Le associazioni informali sviluppano movimenti sociali che mettono pressione sugli affari più grandi. Col tempo possono diventare maggiormente formalizzati e spostarsi nell’economia delle sovvenzioni e quindi nel mercato pubblico o economico. L’economia informale è generalmente sottovalutata nel suo essere una risorsa per l’innovazione. Ma ha giocato un ruolo fondamentale in campi come l’ambiente e la salute.

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4) Supporto nella economia informale o della famiglia

All’interno dell’economia informale, è possibile evidenziare un numero di trend emergenti. Uno di questi è il nuovo modello di azione reciproca tra gli individui e i software open-source, o social networking basato su internet, concernenti particolari questioni. In questi casi l’innovazione avviene al di fuori del Mercato e dello Stato, producendo così protocolli e codici specifici. Solo oggi si iniziano ad esplorare le implicazioni di una collaborazione di questo tipo per le problematiche economiche e sociali e la sfida è quella di capire come incoraggiare l'innovazione e il mutuo supporto. Come essi sono connessi allo Stato e al Mercato? Chi fornirà le piattaforme e gli strumenti necessari? Serviranno degli intermediari?

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4) Supporto nella economia informale o della famiglia

In ogni caso non stiamo parlando di una economia soltanto virtuale. Si tratta anche della complessa questione di come gestire lo spazio, superando la distinzione tra spazio pubblico/spazio privato, strada/casa, fino ai gradi di socialità e di come lo spazio pubblico sia suddiviso ed amministrato. Questa questione è centrale nelle discussioni odierne sulle politiche urbanistiche. Ma per diffondere i benefici dell’economia sociale, dobbiamo ripensare la complessità in cui l’economia domestica si incontra con Mercato e Stato. Le questioni circa la distribuzione del tempo di lavoro, la valorizzazione del lavoro volontario, il ruolo di molti servizi sociali ed educativi, le questioni circa l'assunzione e il pensionamento, le dimensioni e la location dei centri di pubblico servizio come scuole ed ospedali e l'organizzazione della sicurezza pubblica: tutti questi settori hanno bisogno di un cambiamento.

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4) Supporto nella economia informale o della famiglia

Valorizzare il volontariato Altri metodi hanno provato a dare un valore formale al tempo domestico. Questo è stato ottenuto attraverso mezzi quasi-finanziari di pagamento, incoraggiando il volontariato attraverso i vari settori e liberando il tempo delle persone per permettere loro di prendersi cura dei familiari o di fare volontariato, incoraggiando anche l’uso creativo del tempo. Sistemi di commercio e valute informali: baratto di tempo o lo sviluppo di valute informali.

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4) Supporto nella economia informale o della famiglia

Spazi pubblici per l'innovazione sociale Il poter usufruire di spazi messi a disposizione dalla pubblica amministrazione aumenta la capacità dell'economia informale di produrre innovazione. Movimenti sociali I movimenti sociali sono stati la risorsa per le maggiori ondate di innovazione sociale per oltre 40 anni. Essi sono stati generati in gran parte all’interno dell’ambiente domestico e hanno sviluppato forme innovative di network, organizzazioni ed azioni, poi facilitate dall’avvento di internet.

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Studiare le organizzazioni Contenuti tratti dal testo d’esame Bonazzi «Come studiare le organizzazioni»

Rielaborazione e integrazione di Francesca Colella

5 filoni di pensiero: ognuno nasce da autori che propongono in modo originale e influente una particolare concezione delle organizzazioni.

Ogni filone aggiunge qualcosa di nuovo qualitativamente e viene ripreso, ampliato e criticato, discusso e modificato da altri autori.

Si cercherà di superare la vecchia concezione dell’organizzazione vista come strutture formali distinte da quelle informali.

Si sottolinea l’importanza dei processi di organizzazione in affinità con il concetto di strutturazione proposto dal sociologo inglese Anthony Giddens.

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Organizzazione e senso comune

Grande multinazionale, ospedale, banca, gesuiti, esercito, ONU…

Cosa hanno in comune tutte queste organizzazioni? 1. Burocrazia 2. Gerarchia

Non è sempre così… Es. La giornata di Laura

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Cosa è una organizzazione?

Non è sufficiente una visione puramente strumentale delle organizzazioni: non basta osservare che esistono organizzazioni più o meno importanti, più o meno grandi, più o meno efficienti…

È necessario aggiungere che ci sono organizzazioni più o

meno amate, per le quali siamo disposti a impegnate il nostro tempo e le nostre energie anche gratuitamente.

Incentivi materiali Vs Incentivi morali, ideali, simbolici.

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Cosa è una organizzazione? - II

Non è sufficiente un approccio puramente oggettivistico dell’organizzazione. Gli aspetti «oggettivi» (tabelle, dati, grafici) possono offrire una visione solo parziale della realtà.

Esistono anche aspetti impalpabili e immateriali, tra i quali i sentimenti e l’immaginario che una certa organizzazione evoca.

Esistono differenti capacità delle persone di modificare le organizzazioni con cui entrano in rapporto.

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Strutture e processi

Il nostro oggetto di analisi può essere dunque qualunque fenomeno organizzativo, purché appaia rilevante agli occhi del ricercatore per spiegare un qualche aspetto della realtà sociale.

Dire che oggetto di analisi può essere un qualunque fenomeno organizzativo ha una conseguenza importante: vuol dire che gli oggetti di analisi possono essere tanto strutture organizzative quanto processi organizzativi.

Le strutture sono realtà date, con una loro persistenza nel tempo. Es. gerarchia, normativa, procedura, rituali, sistemi comunicativi.

I processi sono tanto più visibili quanto più l’organizzazione è piccola. Riguarda l’interazione con le persone e l’attivazione di una dinamica che può portare a modificare l’assetto esistente.

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Strutture e processi - II

Struttura e processo vanno visti come 2 aspetti della stessa realtà: la struttura è l’aspetto statico di una organizzazione mentre il processo è il suo aspetto dinamico.

Tale ambivalenza può anche sssere espressa dicendo che al sostantivo ORGANIZZAZIONE (struttura) si affianca il verbo ORGANIZZARE (processo).

Abbandonare l’idea che le organizzazioni siano delle realtà preesistenti e indipendenti dalle persone: i soggetti contribuiscono a plasmare le organizzazioni giorno per giorno.

In che modo? ->

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Strutture e processi - III

Da un lato le organizzazioni in quanto strutture condizionano l’azione dei soggetti attraverso vincoli normativi, tecnici, economici e culturali; dall’altro lato i soggetti nel modo in cui interpretano e modificano quei vincoli mettono in atto un processo che giorno per giorno riproduce (e modifica) quelle organizzazioni.

Questo incessante processo di costruzione è denominato STRUTTURAZIONE (Giddens).

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Innovatività del testo di Bonazzi

Equiparazione, in linea di principio, tra studiare le organizzazioni formali e studiare la micro-organizzazione della vita quotidiana, ossia le organizzazioni come strutture e come processi, è una acquisizione RECENTE, INNOVATIVA e INFLUENTE nelle correnti di studio organizzative e nelle comunità scientifiche.

Sono cambiati gli interessi di ricerca, gli schemi teorici, i metodi di analisi, il modo stesso di concepire le organizzazioni e di parlarne.

Il cambiamento non è solamente mentale: è cambiato

l’oggetto stesso di analisi, nel senso che sono cambiate le organizzazioni e il modo di progettarle e di gestirle.

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Come è possibile la società?

• Prima degli sconvolgimenti della rivoluzione scientifica (fine del XVIII secolo), della rivoluzione francese (1789) e della rivoluzione industriale (metà XIX secolo), l’ordine sociale appariva assicurato dalla credenza in una qualche identità trascendente dalla quale emanavano le leggi che governavano sia il mondo della natura sia il mondo dell’umano, in una dimensione essenzialmente religiosa.

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Il contesto storico-sociale

• La nascita della Sociologia avviene in un particolare momento storico, cioè quello della rivoluzione industriale (metà del XIX secolo): un periodo ricco di trasformazioni strutturali della società.

• Il periodo in cui si è affermato lo stato nazione moderno: il riferimento principale è, dunque, alla società compresa nel territorio di uno stato.

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Il contesto storico-sociale - II

• Quando si parla di rivoluzione industriale si fa solitamente riferimento ad un processo di evoluzione economica, avvenuto dapprima in Inghilterra, Germania, Francia e Stati Uniti, che da un sistema agricolo-artigianale-commerciale porta ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche come il carbone.

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Il contesto storico-sociale - III

• Lo sviluppo delle modalità di produzione e l’apertura di nuovi mercati furono tra i fattori più rilevanti che portarono ad un sistema in cui i rapporti sociali, prima diretti e personali, divengono industriali, cioè indiretti e impersonali.

• La produzione si svolge interamente all’interno della fabbrica e si basa su una sempre crescente divisione del lavoro.

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Il contesto storico-sociale - IV • Se infatti una produzione di tipo artigianale

consente un forte sistema di rapporti di carattere personale, questo non può avvenire con una produzione di tipo industriale, cioè su vasta scala, poiché essa implica un sempre più ampio e complesso sistema di rapporti, forse anche più vincolante rispetto al precedente perché più “oggettivo”, a cui gli individui difficilmente possono sottrarsi.

• La rivoluzione industriale conduce dunque ad una profonda quanto irreversibile trasformazione che parte dal sistema produttivo fino ad arrivare al sistema economico nel suo insieme, coinvolgendo l’intero sistema sociale.

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Il contesto storico-sociale - V

• A questi mutamenti corrispondono altresì trasformazioni nell’organizzazione politica e religiosa: da un lato viene a costituirsi un sistema politico basato sugli stati nazionali, dall’altro, si fa strada una nuova situazione culturale caratterizzata dalla fine dell’egemonia del clero e quindi dalla rottura della concezione oggettivistica del mondo che aveva visto nella Chiesa il suo presidio nel medioevo.

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Stato e Mercato

• Dunque, il fondamento dell’ordine sociale veniva ricercato altrove:

• Thomas Hobbes (1588-1679) postula un patto di soggezione mediante il quale gli uomini, sottoponendosi all’autorità coercitiva dello STATO, erano riusciti a controllare la loro natura egoistica e violenta, che altrimenti avrebbe condotto alla disgregazione della società.

• Adam Smith (1723-1790) aveva invece visto nel MERCATO, e nella «mano invisibile» che regola gli scambi economici, un elemento connettivo capace di tenere assieme individui e gruppi i quali, anch’essi egoisticamente, perseguono interessi diversi.

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Stato e Mercato

• Stato e Mercato appaiono, dunque, come due risposte al problema dell’ordine sociale.

• Ma per i primi sociologi queste due risposte non sono sufficienti: al di là della coercizione e dello scambio, l’ordine sociale deve trovare fondamento in qualche meccanismo o processo che operi nella struttura interna dell’«organismo» sociale.

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1. Max Weber (1864-1920)

Larga parte del lavoro di pensatore e studioso di Weber riguardò la sociologia della religione e la sociologia politica, ma i suoi studi diedero un contributo importante anche nel campo dell'economia.

La sua opera più famosa è il saggio L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, con il quale cominciò le sue riflessioni sulla sociologia della religione.

Weber sosteneva che la religione fosse una delle ragioni non esclusive per cui le culture dell’Occidente e dell’Oriente si sono sviluppate in maniera diversa, e sottolineava l'importanza di alcune particolari caratteristiche del Protestantesimo ascetico che portarono alla nascita del capitalismo, della burocrazia e dello Stato razionale e legale nei paesi occidentali.

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ISPIRATORE della tradizione analitica del conflittualismo

• I teorici analitici considerano il conflitto come un aspetto inevitabile e permanente della vita sociale e respingono l’idea che le affermazioni delle scienze sociali siano necessariamente giudizi di valore.

• A questa tradizione appartengono Ralph Dahrendorf, Lewis Coser e Randall Collins.

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Max Weber (1864-1920)

L’approccio comprendente e istituzionale di Weber

COMPRENDERE (azione dotata di senso)

ISTITUZIONALE: studiare condizioni e vincoli

Il concetto di TIPO IDEALE: principale strumento di ricerca di Weber, il tipo ideale è un modello che esiste solo nella mente del ricercatore. È una FORMA PURA.

Si tratta di un costrutto teorico: per costruire il tipo ideale, il ricercatore osserva la realtà sociale e seleziona tutti gli elementi che appaiono più significativi, collegandoli tra loro, li accentua e coordina in un quadro che deve essere coerente.

Si tratta di un concetto limite poiché è una forma che non si trova nella realtà: il ricercatore osserva una realtà e valuta in che misura essa si avvicina o discosta da un certo tipo ideale.

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Il tipo ideale di Weber

Dunque, il tipo ideale si caratterizza come: • un concetto qualitativo costruito selezionando e aspetti della realtà osservata. La sua capacità euristica dipende dalla bravura del ricercatore. • non indica qualcosa di desiderabile: per Weber un tipo ideale non ha nulla a che fare con una perfezione che non sia puramente logica.

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Agire umano e potere

Weber è interessato allo studio della politica intesa come studio dell’agire umano: gli interessa sapere che cosa spinge l’individuo a interessarsi della politica.

La politica è scontro, non è morale: chi si vuole occupare di politica, secondo Weber, deve mettere in preventivo che essa è competizione. È sconfiggere l’avversario.

La potenza in politica è responsabilità di compiere le

scelte più opportune.

La politica si compie attraverso il potere che necessita di essere legittimato.

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Il potere: definizione e proprietà fondamentali

Definizione di potere: «la possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di persone». Non si tratta di una qualità intrinseca di una persona

ma ha una natura relazionale e specifica. 1) È relazionale poiché nasce e si esplica nel rapporto tra

chi comanda e chi accetta di obbedire; 2) È specifica poiché si tratta di un elemento che va

contestualizzato nelle circostanze, nelle condizioni e nei limiti nei quali il rapporto di potere si instaura.

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Il potere: definizione e proprietà fondamentali

Proprietà fondamentali: 1) Quando viene esercitato in modo continuativo

richiede di essere legittimato agli occhi dei sottoposti.

2) Per essere esercitato ogni potere legittimo ha bisogno di un apparato amministrativo che faccia da tramite tra capo e sottoposti.

Esistono tre forme di legittimazione del potere, le prime due classiche, la terza introdotta dallo stesso Max Weber.

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- Così chiamato poiché fonda la sua legittimità sull’assunto che chi comanda eserciti la carica in virtù di una nomina legale, che sia competente e che i suoi comandi siano conformi a un ordinamento razionalmente orientato a ottenere determinati scopi.

- Si presume che l’ordinamento sia ispirato a criteri astratti e universali, applicabili in modo equo a tutti i casi simili.

- L’autorità della legalità: i doveri sono normativizzati, riconosciamo che esistono delle leggi e vi obbediamo.

- Anche chi comanda deve obbedire a questi ordinamenti.

Potere legale (o razionale)

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- Fonda la sua legittimità su ordinamenti antichi e percepiti come «esistenti da sempre»: è una legittimazione che viene dal passato.

- L’autorità tradizionale: esiste una dinastia e i sudditi, per tradizione, sono abituati ad obbedirvi.

- Il detentore del potere può non avere doti personali, ma i suoi sottoposti sono tenuti a obbedirgli.

Potere tradizionale

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- Si fonda sulle qualità (ritenute) eccezionali che i seguaci attribuiscono al capo.

- L’autorità del carisma: peculiarità individuale di natura «straordinaria», che appartiene solo ad alcuni e che porta a una dedizione di fede e di entusiasmo in un clima altamente emotivo.

- Non è detto che si tratti di un potere durevole poiché necessita di continue conferme.

- Per Weber, si tratta di un potere irrazionale e può essere rivoluzionario, in grado di rovesciare il passato.

- Sebbene manifesti la sua forma più pura nella sfera religiosa, il potere carismatico trova espressione anche nella sfera politica (grandi capi rivoluzionari) e in quella economica (grandi imprenditori).

Potere carismatico

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- L’apparato amministrativo tipico del potere legale è la burocrazia.

- Essa assume la sua forma più completa nelle società moderne.

- Weber crede fermamente nella superiorità tecnica della burocrazia rispetto a qualunque altra forma di gestione amministrativa:

«la precisione, la rapidità, l’univocità degli atti, la continuità, la discrezione, la coesione, la rigida subordinazione, la riduzione dei contrasti, le spese oggettive e personali sono recati in misura migliore rispetto a tutte le forme collegiali o di uffici onorari o assolti come professione secondaria».

Burocrazia - 1

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Per comprendere il punto di vista di Weber, è utile chiarire due punti:

1) La distinzione che l’autore traccia tra razionalità rispetto al valore e razionalità rispetto allo scopo.

Il valore è qualcosa di eticamente buono, desiderabile in quanto tale; lo scopo è qualcosa che uno o più individui si prefiggono di raggiungere indipendentemente dal suo valore etico.

Burocrazia - 2

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2) Weber compie un confronto storico con la burocrazia e gli apparati amministrativi precedenti (feudali, patriarcali, ecc.). Le sue riflessioni risalgono agli inizi del ‘900 e tali confronti sono stati fatti in termini di modello ideale.

Weber ha il merito di intuire che la burocratizzazione rappresenta la novità destinata ad affermarsi nel mondo: un processo universale che accompagna la realizzazione di qualsiasi progetto politico-sociale nel mondo contemporaneo.

Burocrazia - 3

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Il potere burocratico è acefalo, nel senso che non ha dentro di sé le direttive supreme, di natura politica, che guidano le scelte generali di un paese o di una organizzazione.

La burocrazia è sempre un apparato al servizio di un potere politico e questo può basarsi su varie forme di legittimazione: carismatica, tradizionale o razionale, nel senso che è conforme ai principi di uno stato di diritto.

Burocrazia - 4

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La tesi di Weber è che le maggiori probabilità di successo nel controllo dell’apparato burocratico si hanno in presenza di 2 condizioni:

1. nei paesi in cui esiste libertà di stampa e di denuncia;

2. nei paesi in cui si è formata una classe politica non dilettante, cioè professionalizzata e dunque dotata di sufficienti conoscenze tecniche e amministrative per il controllo della macchina burocratica.

Burocrazia - 5

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1. Fedeltà di ufficio: obbedienza ai superiori (ruolo)

2. Competenza disciplinata: compiti secondo norme

3. Gerarchia degli uffici: sistema di subordinazione

4. Preparazione specializzata: formazione

5. Concorsi pubblici: valutazione del merito

Modello ideale di burocrazia: princìpi (1)

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6. Sviluppo di una carriera: merito e anzianità

7. Attività a tempo pieno: no ad altre attività

8. Segreto di ufficio: separazione tra vita di ufficio e vita privata

9. Stipendio monetario fisso

10. Non possesso degli strumenti del proprio lavoro

Modello ideale di burocrazia: princìpi (2)

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I 10 punti elencati delineano un modello ideale di burocrazia che NON esiste in realtà nella sua forma più pura.

Il solo scopo del modello weberiano è di valutare in che modo e in che misura specifiche burocrazie comparse nella storia umana si avvicinano o si discostano dalla forma pura.

Modello ideale di burocrazia: princìpi (3)

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Il Burocrate puro è legittimato a dare ordini dal suo ruolo formale: non ha bisogno di essere amato o temuto per i suoi tratti caratteriali, bensì trae la sua autorevolezza dalla legge.

Non sono previsti né tradizione, né carisma poiché nella burocrazia pura vige solo la fedeltà di ufficio.

Max Weber sa di definire un tipo ideale puro e privo di spessore umano: non esiste un uomo con tali perfette fattezze.

Weber è interessato, in termini di analisi sociologica, alle conseguenze che derivano dal riconoscere che in un’organizzazione burocratica si può obbedire e per quali ragioni.

La leadership nella burocrazia

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La burocrazia pura è: 1. una struttura centralizzata, poiché le decisioni critiche sono materia esclusiva del vertice, mentre quelle di routine sono delegate a livelli inferiori e periferici. 2. una struttura standardizzata o formalizzata, perché i dipendenti sono tenuti a rispettare tali procedure che si presume siano le più adatte a raggiungere gli scopi, perché l’uniformità dei comportamenti permette la sostituibilità degli addetti. 3. una struttura rigida, poiché non prevede cambiamenti; la burocrazia è uno strumento razionale per raggiungere determinati scopi, è essa stessa la fonte di cambiamento che può avvenire negli ambienti lavorativi. NOTE CRITICHE

Note riassuntive sulla burocrazia pura di Max Weber

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Il lascito di Weber (ma anche di Taylor) all’interno della scuola imprenditoriale classica è che le organizzazioni vanno considerate come strumenti razionali per raggiungere scopi specifici.

Ogni iniziativa dei soggetti non conforme a quella razionalità provoca, per gli autori, un calo dell’efficienza e appare quindi come un atto deviante da reprimere.

Razionalità

Devianza

Razionalità e Devianza

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Lo sviluppo delle scienze sociali avviene con la critica di un impianto teorico e la discussione di problemi da esso non contemplati, come il ruolo dei soggetti, le conseguenze inattese delle loro strategie, i limiti della razionalità organizzativa e le dinamiche di potere.

Chester Barnard (1886-1961)

Americano, alto dirigente della Bell Telephone Company, scrive: Le funzioni del dirigente (1938)

2. Le organizzazioni come sistemi cooperativi: il ruolo dei soggetti

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Barnard scrive in un periodo storico sociale in cui il modello capitalista conosceva un grande cambiamento nel «governo» dell’impresa.

Da «padrone» a «manager».

La comparsa della figura del manager rende più complessi i giochi strategici nell’impresa:

Si passa dallo schema dicotomico «proprietà-dipendenti» a quello tricotomico «proprietà-management-dipendenti».

Chester Barnard

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In questo nuovo schema, i manager svolgono una funzione autonoma che non sempre coincide con il volere della proprietà.

I manager sono tenuti a identificarsi con gli interessi dell’impresa tanto da apparire come uomini dell’organizzazione.

Ma questo impegno non porta all’annullamento della loro personalità: al contrario, avere una personalità forte e indipendente è un requisito importante per essere un «manager di successo».

Il ruolo del manager

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Tra gli anni ‘20 e ‘30 si diffonde la scuola delle Relazioni Umane.

Vengono realizzate una serie di ricerche e di esperimenti dal gruppo di Elton Mayo all’interno dell’impresa di Chicago Western Electric.

Produttività

Fattore Umano (sistema di elementi psico-sociologici)

Critica all’impostazione taylorista

L’antefatto: la scuola delle Relazioni umane

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Sistema di elementi psico-sociologici:

- Armonia nel gruppo

- Morale del gruppo

- Supervisione cordiale e amichevole del gruppo

- Comprensione

- Dialogo

- Interessamento diretto alle persone

- Comprensione dei problemi personali

MOTIVAZIONE e RAPPORTI INFORMALI

L’antefatto: la scuola delle Relazioni umane (2)

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Tale modello è antitetico a quello di Weber e di Taylor:

- Organizzazioni non come macchine razionali ma come sistemi naturali, spontanei, adattivi, influenzati dai soggetti che vi operano e dall’ambiente circostante.

- Si sostituisce dunque una visione dell’organizzazione come un organismo le cui cellule sono le persone e i gruppi che esse formano.

La scuola delle Relazioni umane

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Barnard si domanda: come è possibile che persone con una loro vita, degli interessi privati, che non si conoscono e che non hanno a che fare con gli scopi di una data organizzazione, decidano ad un certo punto di impegnare il loro tempo e le loro energie per il raggiungimento di tali scopi? Come può l’organizzazione ottenere il loro consenso?

Retribuzione

Organizzazioni e soggetti

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Parliamo di ogni tipo di organizzazione:

- Politica - Culturale - Ricreativa - Religiosa - Militare - … Barnard aspira a fornire un modello capace di riferirsi a qualunque categoria di membri che collaborano con una data organizzazione.

Tipi di organizzazioni

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Un uomo che viaggia su una strada solitaria incontra un masso che non gli permette di passare. Da solo non riesce a spostarlo, dunque aspetta che arrivi qualcun’altro che debba passare come lui in modo che gli sforzi di tutti riescano nell’intento. Insieme riescono a spostare il masso: là dove i limiti di una persona impediscono di raggiungere uno scopo, la cooperazione tra più persone riesce nell’intento. Se 4 persone non bastano, supponiamo arrivi un contadino con un trattore che deve passare per un’altra strada: egli non ha interessi comuni alle 4 persone fino a quando riceve una somma di denaro. A questo punto, spostare il masso diventa anche il suo scopo.

La parabola del masso (1)

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Riflessioni:

1. Il gruppo è riuscito a spostare il masso perché si è organizzato. Elementi formali e informali. Organizzarsi equivale a formare un sistema cooperativo.

2. È errato pensare che l’organizzazione si basi sull’adesione unilaterale degli individui al suo sistema di valori poiché gli individui hanno una loro personalità irriducibile che va soddisfatta. Distinguere tra scopi dell’organizzazione (soggetti) e moventi personali (contadino con trattore).

La parabola del masso (2)

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Riflessioni:

3. Distinzione tra elementi informali e formali in un’organizzazione. Le persone potevano già conoscersi prima di trovarsi davanti al masso. Da un livello si passa all’altro: il successo del primo diviene la premessa per portare al successo il secondo e viceversa.

La parabola del masso (3)

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L’autore rifiuta tanto la completa interiorizzazione da parte del soggetto del sistema di valori prevalenti quanto l’adesione del soggetto stesso basata sul mero calcolo utilitaristico.

Formula una III via capace di conciliare le esigenze dell’organizzazione con quelle dei soggetti:

Ogni soggetto è dotato di una doppia personalità

Personalità organizzativa Personalità individuale

La terza via di Chester Barnard

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Personalità organizzativa:

Riguarda il modo in cui un individuo svolge le sue prestazioni e queste, in linea di principio, vanno considerate come attinenti ad un ruolo impersonale e sostituibile.

La terza via di Barnard (2)

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Personalità individuale:

Riguarda i moventi dell’individuo, il delicato e spesso mutevole equilibrio che si instaura tra il suo contributo all’organizzazione e i benefici che egli ne ricava.

La terza via di Barnard (3)

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Il rapporto tra le due personalità varia da soggetto a soggetto.

1. Personalità individuale che si identifica con la personalità organizzativa.

2. Personalità individuale profondamente diversa da quella organizzativa, addirittura opposta.

Si tratta comunque di un rapporto problematico.

La terza via di Barnard (4)

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La distinzione tra i fini dell’organizzazione e i moventi personali porta Barnard a individuare due diverse dimensioni dell’azione organizzativa:

Efficacia: misura il grado di in cui l’organizzazione raggiunge i suoi obiettivi.

Efficienza: misura il grado in cui i moventi personali di far parte di una organizzazione sono soddisfatti.

Efficacia ed Efficienza

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Efficacia ed Efficienza non sono necessariamente connesse ma il loro incrocio può dar luogo a 4 diverse possibilità. Una organizzazione può essere:

1. Efficace ed efficiente, situazione ottimale;

2. Efficace ma non efficiente, quando raggiunge i suoi obiettivi ma non soddisfa i suoi membri;

3. Efficiente ma non efficace, quando non raggiunge i suoi obiettivi ma soddisfa i suoi membri;

4. Né efficiente né efficace, situazione peggiore.

Efficacia ed Efficienza (2)

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Nel modello di Barnard vanno sottolineati tre aspetti:

1. Il calcolo del rapporto tra costi e benefici non è mai puramente razionalistico: «solo occasionalmente la determinazione di soddisfazioni o meno è materia di ragionamento logico». Esiste molta soggettività nel rapporto contributi/incentivi: dipende dalle propensioni delle persone. Le situazioni «oggettive» della realtà esterna, come ad esempio l’opportunità di trovare altri impieghi sul mercato del lavoro, sono sempre filtrate dalla percezione soggettiva che ne hanno gli individui.

Valore e solvibilità delle organizzazioni

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2. Il modello di Barnard non ha solo validità economica e materiale: egli sostiene che a volte il denaro è inefficace e la soddisfazione morale a impegnarsi per il prossimo rappresenta un incentivo di talune organizzazioni (es. volontariato). 3. La solvibilità del sistema cooperativo nei confronti dei membri di un’organizzazione: la disponibilità complessiva di un’organizzazione non è la somma dei contenuti dei singoli membri, ma quella somma moltiplicata per un certo coefficiente dovuto al fatto che l’organizzazione è un sistema cooperativo. Inoltre, vi è la fondazione soggettiva del valore attribuito ai contributi dati e agli incentivi ricevuti. L’enfasi di Barnard sugli incentivi non materiali gli permette di affrontare il problema della solvibilità dell’organizzazione in termini non strettamente economici ma simbolici e morali.

Valore e solvibilità delle organizzazioni (2)

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1. Assicurare un efficiente sistema di comunicazioni (requisito preliminare per l’esistenza di un gruppo sociale).

2. Garantire il regolare afflusso delle risorse necessarie al funzionamento dell’organizzazione: le risorse più importanti sono quelle umane, cioè i membri in rapporto cooperativo con l’organizzazione; non solo soggetti nell’organizzazione ma qualunque persona abbia rapporti con essa (fornitori, clienti, azionisti, etc.).

3. Stabilire i fini dell’organizzazione: per Barnard i fini sono l’insieme delle azioni in cui si verifica l’efficacia del sistema cooperativo; fine come processo che coinvolge tutti i membri dell’organizzazione e fine come processo diffuso al fatto che nella funzione del dirigente Barnard dà più importanza agli aspetti comunicativi che a quelli decisionali.

Le 3 funzioni del dirigente

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Premio Nobel per l’economia, sociologo, uno dei fondatori della psicologia cognitiva e dell’analisi dei processi decisionali.

Simon riconosce il suo debito a Barnard riguardo alla visione delle organizzazione come strumenti cooperativi e rispetto all’equilibrio tra i contributi e gli incentivi, ma sposta il suo oggetto di analisi ad un livello più astratto: lo individua nei processi decisionali che avvengono all’interno delle organizzazioni. Le decisioni sono prese in base a criteri di razionalità limitata.

Tale concetto sancisce la continuità della condizione umana dalle organizzazioni più complesse e formali alla sfera più intima e privata: a seconda delle situazioni cambiano gli strumenti di supporto e le procedure per prendere decisioni ma non cambia il fatto che qualunque decisione sia pubblica che privata è presa scontando l'impossibilità di una razionalità assoluta, accettando sia pure un margine minimo di rischio, congettura e soggettività.

Herbert Simon (1916-2001)

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Per esaminare ciò che avviene all’interno delle organizzazioni si deve partire dall’azione dei soggetti.

Non basta vedere i moventi dei soggetti a partecipare ad un’organizzazione ma va considerato che sono i soggetti a costruire le organizzazioni: le organizzazioni, per quanto grandi e complesse, sono sempre il frutto dell’iniziativa umana e a questa bisogna risalire per comprendere successi, difetti e fallimenti delle organizzazioni stesse.

Simon critica le letteratura manageriale che concepiva l’organizzazione come una struttura composta da un insieme di ruoli collegati da canali formali di comunicazione e controllo.

Per Simon, il concetto di ruolo è troppo generico per offrire indicazioni sui comportamenti effettivi dei soggetti. L’oggetto dell'analisi organizzativa per eccellenza non è il ruolo ma la decisione, che è un'unità di analisi molto più piccola e sottile di quella di ruolo e dipende da numerose premesse.

Herbert Simon (1916-2001) - 2

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Simon distingue due categorie di giudizi:

1. Giudizi di fatto: riguardano eventi avvenuti o previsti nel mondo sensibile ed è sempre possibile verificare se sono veri o falsi. Le decisioni sono quelle riguardanti i mezzi per raggiungere un determinato fine.

2. Giudizi di valore: esprimono la preferenza per un certo stato di cose, può essere di natura etica, estetica, ideologica, emotiva; non è possibile verificare empiricamente se sono veri o falsi tali giudizi. Le decisioni sono quelle riguardanti i mezzi per raggiungere il fine.

Giudizi di fatto, giudizi di valore

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All’interno dei processi decisionali, la distinzione tra questi due giudizi non è semplice, poiché per Simon esiste sempre un continuum tra mezzi e fini, nel senso che un dato fine raggiunto in base a una decisione di valore si trasforma in un mezzo per raggiungere un fine successivo.

Ogni azione ha sempre due facce: è al contempo fine di una azione e mezzo per l’azione successiva, in una catena tendenzialmente infinita (es. tram…)

Continuum tra mezzi e fini

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Considerazioni:

Non si può valutare uno scopo disgiungendolo dai mezzi necessari per raggiungerlo: il fine non giustifica i mezzi ma la desiderabilità degli scopi non può essere stabilita prescindendo dai mezzi che si sceglie di usare per raggiungere gli scopi.

L’agire in una catena di decisioni, dove quelle precedenti sono strumentali alle successive, garantisce la coerenza del comportamento umano e consente di affermare che questo è orientato da criteri di razionalità.

Razionalità: la selezione di alternative di comportamenti preferiti in rapporto a un sistema di valori in base al quale sia possibile valutare le conseguenze del comportamento.

Continuum tra mezzi e fini (2)

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Ma la coerenza tra mezzi e fini non è solo espressione di razionalità: in essa si forma la stessa identità sociale di un soggetto, il suo carattere e la sua immagine.

Secondo Simon «ciò che la persona vuole e ama influenza ciò che la persona vede, e ciò che vede influenza ciò che vuole e ama».

Infine, la razionalità umana è limitata: la catena mezzi-fini è sempre vaga e incompleta; può essere precisa su un arco di tempo breve e se il fine è remoto il concatenamento tra azioni diventa debole e sfuggente.

La coerenza tra mezzi e fini

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Per Simon, l’organizzazione è un sistema cooperativo che non si limita a coordinare i compiti dei membri per raggiungere certi obiettivi, ma conserva e accumula nel tempo la memoria di quei coordinamenti, con le decisioni prese, i risultati acquisiti, le esperienze fatte, gli errori commessi, etc.

Il tempo è fondamentale per lo sviluppo di un processo di apprendimento (learning process) che consenta di selezionare e codificare la somma dei saperi utili ad affrontare i vari tipi di problemi che l’organizzazione deve confrontarsi.

Uno dei modi efficaci per espandere la razionalità limitata è quello di trarre giovamento dalle esperienze passate. Affinché possano porsi obiettivi complessi occorre che i soggetti non debbano prendere decisioni nuove per ogni singolo atto che compiono e che possano ricorrere il più possibile a delle procedure, a sequenze di decisioni prestabilite in base a esperienze e a calcoli (e questo vale sia per attività di routine sia per le questioni più critiche).

L’importanza delle procedure

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Inoltre, le procedure non si limitano a fornire gli schemi per affrontare problemi che si pongono nella vita di un’organizzazione: esse servono anche ad assorbire l’incertezza di coloro che devono decidere, vi è incertezza quando mancano prove sicure sulla validità o attendibilità dei dati disponibili.

Anche se l’esplorazione completa non è possibile, si decide in base ad indicatori che stanno al posto di prove certe, ma ai quali i calcoli e le esperienze precedenti conferiscono un grado accettabile di probabilità.

Per capire il comportamento umano, si decide cercando una soluzione soddisfacente e non ottimale: si procede scegliendo tra programmi di azione già disponibili nel repertorio dell’organizzazione.

Si esegue il programma d’azione prescelto in semi-indipendenza da altri programmi. La limitata connessione tra le varie parti di un’organizzazione è un requisito indispensabile per il suo funzionamento.

L’importanza delle procedure (2)

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Barnard: funzionamento delle organizzazioni in base al rapporto tra contributi e incentivi.

Simon: limiti della razionalità umana, + prevalere dei criteri di sufficienza su quelli di ottimalità.

Barnard e Simon, a differenza di Weber, non propongono modelli tipico - ideali del funzionamento di un’organizzazione, ma riflettono sulle condizioni generali che rendono possibile l’esistenza di un’organizzazione.

Lo sviluppo di nuovi orientamenti teorici è dovuto alla ricerca empirica, il cui primo contributo arriva dalla sociologia industriale e riguarda i vari modi in cui gli operai rispondono agli incentivi economici per aumentare la produzione.

Donald Roy

Un contributo dalla sociologia industriale: Donald Roy (1911-1980)

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Donald Roy e la fabbrica

La sociologia industriale si sviluppa nella metà del XX secolo, durante la massima espansione del regime produttivo taylor - fordista.

Roy in fabbrica: una ricerca etnografica (con osservazione partecipante) grazie alla quale evidenzia una serie di elementi:

1. Il cottimo era fonte di continuo conflitto e profonda sfiducia tra operai e management: odiati dagli operai erano i cronometristi che misuravano i tempi di lavoro, si escogitavano strategie di difesa, si aggiungevano movimenti inutili durante il lavoro per allungare i tempi e far sembrare che i tempi reali fossero quelli in modo di riuscire a guadagnare e a non farsi sfruttare troppo, si nascondevano ai capi i tempi reali di lavoro per poter guadagnare il premio del cottimo.

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Donald Roy e la fabbrica (2)

2. La risposta operaia al cottimo era lontana da quanto la direzione si proponeva: infatti, il rendimento dell’operaio si concentrava in due punte, una al di sopra della soglia in cui scattava l'incentivo (accettavano il cottimo) e una al di sotto (rifiutavano il cottimo). Le ragioni delle differenze Roy le trova nell’imperfezione del sistema di cottimo e nel diverso atteggiamento degli operai. Per gli operai vi erano lavori «magri» in cui era difficile guadagnare a cottimo e lavori «grassi» dove era facile il cottimo. Giocava anche il fattore della soggettività degli operai, Roy li distingue in «acchiappa cottimo» (rate buster) che ottenevano lavori dove era facile ottenere cottimo, e i «fannulloni» (goldbrickers) ai quali andavano altri lavori.

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Donald Roy e la fabbrica (3)

3. Le «deviazioni» nell’uso di cottimo, oltre che dalla contrapposizione tra operai e cronometristi, nascevano anche da una rete di complicità che coinvolgevano altre figure professionali: manutentori carrellisti e capisquadra (che spesso mediavano tra le richieste del management e la preoccupazione di non perdere il consenso degli operai).

4. L’intero sistema di motivazioni che spinge gli operai a lavorare che non era solo economico, il lavoro era anche vissuto come una gara con se stesso in cui l’operaio sfidava se stesso nel superare i limiti dei ritmi che prima credeva irraggiungibili. Contavano anche i giochi di produzione, che inducono gli operai a fare il «making out», a raggiungere cioè le quote di produzione stabilite come se si trattasse di una corsa ad ostacoli da eseguire entro un certo tempo; gli operai si destreggiavano tra regole e vincoli in modo da avanzare il più presto possibile verso il risultato finale.

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Michel Crozier (1922-2013)

L’uomo non è soltanto un braccio e non è soltanto un cuore: l’uomo è una mente, un progetto, una libertà.

Egli sostiene che per capire il funzionamento di un’organizzazione, non basta l’approccio della scuola classica (dipendenti come semplici esecutori di comandi gerarchici) e non bastano le Relazioni Umane (limitano a sottolineare la psicologia e la sensibilità delle persone, il cuore).

Bisogna tener presente la mente delle persone, riconoscere la loro capacità di pensare e progettare: egli sostiene che i soggetti sono capaci di sviluppare delle strategie all’interno dell’organizzazione, negoziano la loro partecipazione cercano di tutelare i propri interessi.

Per Crozier, la razionalità non appartiene solo alle organizzazioni perché anche i soggetti hanno delle proprie razionalità private che non solo coincidono con quella dell’organizzazione ma che possono anche portare a condotte non previste dall’organizzazione stessa.

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Michel Crozier (2)

Per Crozier il potere è la capacità di controllare i margini di incertezza presenti nei rapporti con altri soggetti.

Nella realtà sociale vi sono sempre situazioni imprevedibili e non è possibile ricondurre i soggetti a comportamenti pre-derminati come si trattasse di api di un alveare.

Inoltre, le radici del potere si trovano in rapporti squilibrati di prevedibilità tra due o più soggetti: in tutte le situazioni dove un soggetto prevede le mosse altrui e nasconde le proprie si può dire che egli si trova in un rapporto di potere favorevole rispetto agli altri interlocutori.

Da tale definizione di potere deriva che il potere è cosa diversa dall’autorità formale che si connette al grado gerarchico ricoperto in un’organizzazione; non vi è necessariamente corrispondenza tra grado gerarchico e sfera di potere: se un «inferiore» gerarchico riesce a conservare dei margini di imprevedibilità nel modo in cui compie il suo lavoro, per Crozier proprio su quei margini egli esercita un potere che sfugge al controllo del suo superiore. Chi detiene un margine di incertezza nel suo comportamento agisce per conservarlo mentre coloro che lo subiscono tentano di eliminarlo o ridurlo il più possibile. Il risultato sistemico complessivo di tali strategie possono essere circoli viziosi.

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Michel Crozier (3)

Crozier ottenne fama internazionale con il libro «Il fenomeno burocratico» (1963) sulla ricerca sul funzionamento di due amministrazioni statali: un Istituto contabile presso il Ministero delle Finanze e il Monopolio dei Tabacchi.

Le due amministrazioni erano:

1. acefale, le decisioni fondamentali dipendevano da un potere politico esterno;

2. la dirigenza era nominata dal potere politico con criteri esclusivamente legali e burocratici;

3. struttura centralizzata piramidale e gerarchica;

4. tutto il funzionamento si ispirava a regole rigide precise, impersonali, a cui la dirigenza era tenuta ad uniformarsi senza libertà interpretative e senza iniziative autonome;

5. le retribuzioni e l’assegnazione dei compiti erano regolate secondo il criterio di anzianità e l’impiego era garantito a vita.

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Michel Crozier (4)

Ci offre una lettura della burocrazia lenta, pesante, poco efficiente, incapace di innovazione; il fattore di scarsa efficienza è da ricercare nel fatto che le burocrazie da lui studiate non operavano in condizioni di mercato, non si ispiravano a criteri di profitto, non dovevano competere con la concorrenza, non sentivano il bisogno di rinnovarsi.

Crozier studia i rapporti sociali all’interno di quelle organizzazioni e trova un microcosmo bloccato, stratificato, senza conflitti espliciti, con poche occasioni di comunicazione e di contatto sociale; i dipendenti svolgevano il lavoro strettamente previsto dal regolamento, i vari strati gerarchici tendevano ad isolarsi, rapporti formali e di cortesia, i contrasti aperti erano evitati. I dipendenti lavoravano in modo disciplinato e uniforme, ma l’insoddisfazione per una vita monotona, creava frustrazioni nei dirigenti per mancanza di responsabilità e riconoscimento che trovavano una rivalsa nella sicurezza dell’impiego.

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Michel Crozier (5)

Nonostante il diffuso individualismo, esistevano meccanismi di difesa collettiva che sfociava in un atteggiamento aggressivo, fatto di ostilità verso le nuove tecnologie e appello ideologico all’unità di classe di manutenzione per mantenere le cose come stavano: gli operai di manutenzione traevano il loro margine di potere dalle conoscenze tecniche e dall’imprevedibilità dei guasti che dovevano riparare.

I quadri intermedi erano la componente più frustrata, semplici guardiani di norme, privi di discrezionalità nel disporre dei propri dipendenti privi di competenze tecniche, reagivano costruendo nicchie di piccoli favori per i loro dipendenti.

Anche la direzione svolgeva un ruolo di basso profilo: gli obiettivi generali erano prefissati dal potere politico esterno, i metodi e processi di produzione erano stabili. Tutto converge nel direttore che detiene il potere legittimo: unica persona che abbia conservato nella fabbrica il diritto formale di prendere decisioni (impersonali) non può influenzare il comportamento dei suoi subordinati usando il potere di accordare ricompense perché privo di tale potere.

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Riflessioni conclusive: Crozier e Roy

Crozier e Roy studiano realtà antitetiche: Roy esplora l’industria privata, Crozier due burocrazie statali.

Il rapporto tra Roy e Crozier si presta alla considerazione che entrambi pongono come oggetto centrale della loro analisi i comportamenti dei soggetti in rapporto alle strutture e ai vincoli organizzativi in cui si trovano ad agire.

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3. L’approccio istituzionalista: mutamento sociale, potere, ambiente

- Sostituisce il capitolo 3 del testo di BONAZZI -

Questo approccio estende lo schema concettuale ad altre variabili e considerando fenomeni trascurati dagli autori precedenti.

L’istituzionalismo è una scuola di pensiero assai ramificata sia nelle scienze economiche che il quelle politico-sociali.

Essa si rifiuta di vedere la società come un insieme di individui orientati a massimizzare le proprie utilità secondo criteri di razionalità (sia pure limitata).

Pone al primo posto i condizionamenti di ordine materiale e simbolico che concrete istituzioni (come lo stato, la chiesa, l’esercito, l’università, il sistema economico, quello bancario, ecc.) esercitano sui comportamenti umani.

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L’ambiente sociale

Tutte queste istituzioni insieme costituiscono l’ambiente sociale e culturale di cui è necessario tener conto per la comprensione dei comportamenti individuali e collettivi.

Sono gli uomini a creare le istituzioni ma esse, a loro volta, retroagiscono ponendo vincoli e stabilendo prescrizioni.

Nelle scienze sociali, l’istituzionalismo ha avuto un particolare sviluppo nello studio delle organizzazioni.

Dove? Negli Stati Uniti.

L’istituzionalismo organizzativo ha visto 2 FASI: la prima tra gli anni ‘40 e ‘60, la seconda dagli anni ‘70 ad oggi.

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Philip Selznick (1919-2010)

Selznick individua le origini del processo degenerativo nell’azione di centri di potere esterno (a differenza di Crozier che le trova nelle strategie degli individui).

Definisce le organizzazioni formali come degli strumenti razionalmente orientati al raggiungimento di determinati scopi (come Barnard), dove ognuna di esse ha una sua catena di comando, competenze tecniche e manageriali e una divisione del lavoro.

Il carattere formale di un’organizzazione è garantito dalla possibilità di sostituire i soggetti nei vari ruoli senza che l’organizzazione entri in crisi.

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Philip Selznick - 2

Protagonista della I fase, fonda il suo pensiero su 3 aspetti principali:

1. Il funzionalismo, in base al quale le istituzioni sono concepite come sistemi sociali che, per sopravvivere, devono soddisfare alcuni bisogni fondamentali.

2. L’enfasi sulle influenze che centri di potere esterno, percepiti come istituzioni, esercitano sulle organizzazioni.

3. Il pessimismo dell’analisi che concepisce il mutamento come risultato di logiche degenerative presenti nelle organizzazioni, che accettando compromessi esterni si allontanano dai loro scopi originari.

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Philip Selznick - 3

Influenzato da Robert Michels (sociologo tedesco naturalizzato italiano) secondo cui il processo degenerativo nasceva dai meccanismi impersonali che portavano ad anteporre la difesa del partito inteso come strumento di azione al perseguimento degli scopi per cui il partito stesso era nato.

L’oggetto di studio di Selznick non sono le imprese private ma le organizzazioni pubbliche o semipubbliche che, per statuto, sono tenute a perseguire determinati obiettivi di interesse generale ma che poi si allontanano da quegli obiettivi.

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Philip Selznick - 4

Trascura il fatto che l’organizzazione formale è solo un aspetto di una struttura sociale concreta, formata da soggetti che agiscono come esseri umani totali; dunque gli aspetti formali e informali non sono considerati, inoltre l’organizzazione è inserita in un ambiente non neutro che esercita delle influenze e delle pressioni su di essa costringendola a continui cambiamenti.

Questi elementi portano l’autore a individuare ciò che lui chiama «l’inevitabile paradosso di ogni organizzazione», cioè: le persone e l’ambiente esterno sono indispensabili per l’esistenza dell’organizzazione stessa, ma sono anche continue fonti di dilemmi, tensioni e, a volte, di rovina.

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«Cricche interne e poteri esterni»

Per Selznick è importante dunque studiare i processi di perturbazione delle strutture formali a opera di «cricche interne e dei centri di potere esterno».

I soggetti tendono a fuoriuscire dai ruoli assegnati, a partecipare nella loro totalità di persone, a resistere alla spersonalizzazione.

L’istituzionalizzazione è un processo in base al quale componenti individuali o pratiche sociali che si ripetono in modo regolare e costante vengono percepiti come istituzioni, strutture relativamente stabili indipendente dal loro grado di legittimità formale.

Esistono comportamenti informali istituzionalizzati sia dentro che fuori le organizzazioni.

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Cosa è una «cricca»

Una «cricca», nelle scienze sociali, è un gruppo di individui che interagiscono tra loro e condividono interessi simili.

Le «cricche» obbediscono a logiche d’azione che superano la personalità dei membri che ne fanno parte.

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Istituzionalizzazione

Tra le istituzioni informali vi sono, appunto, le «cricche» basate su relazioni personali, attraverso cui alcuni membri interni alle organizzazioni cercano di controllare l’ambiente in cui si prendono decisioni organizzative.

Tra gli effetti dell’istituzionalizzazione vi è che essa porta a considerare le deviazioni dalle norme non più come l’espressione di semplici differenze personali, ma come aspetti strutturali delle organizzazioni formali.

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Le 5 Funzioni delle componenti interne

Selznick vede le organizzazioni come strutture adattive e come sistemi sociali che reagiscono alle influenze e le cui componenti interne svolgono delle funzioni necessarie per la vita dell’organizzazione:

1. La sicurezza dell’organizzazione in rapporto alle forze sociali che agiscono nell’ambiente.

2. La stabilità delle linee interne di autorità e di comunicazione.

3. La continuità della politica e delle fonti della sua definizione.

4. L’omogeneità dell’immagine con riferimento al significato e al ruolo dell’organizzazione.

5. Senza i primi quattro punti, l’organizzazione non può esistere.

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Criticità e compromessi

Secondo l’autore, le persone interessate a un dato scopo fondano un’organizzazione che si caratterizza come lo strumento per perseguire quello scopo.

Nel momento in cui nasce l’organizzazione, essa ha bisogno di risorse per vivere (criticità e compromessi).

A volte i centri di potere già sul territorio esercitano pressioni sull’organizzazione per condizionarne le azioni.

I dirigenti dell’organizzazione attenuano la purezza del programma originario e scendono a compromessi per permettere la sopravvivenza dell’organizzazione (dilemma).

Un concetto fondamentale è la recalcitranza dei mezzi, ossia: l’organizzazione va vista come uno strumento indispensabile per raggiungere un obiettivo, ma al contempo come uno strumento imperfetto che deforma l'obiettivo verso cui tende.

Oggetto dell’esame di Selznick, è il modo in cui in nome della sopravvivenza dell’organizzazione i suoi responsabili accettano progressivi spostamenti dagli scopi e dallo spirito originario dell’organizzazione stessa.

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La ricerca empirica di Selznick

Selznick trascorse vari mesi nel Tennessee, esplorò materiale disponibile negli archivi, fece interviste in profondità sia ai dirigenti che al personale della TVA ed ai maggiori enti locali.

Ma svolgeva la ricerca avendo già recepito il messaggio pessimistico di Michels.

Per questo, esaminare i processi degenerativi provocati dalla tirannia dei mezzi sui fini divenne il tema dominante della sua ricerca.

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Il concetto di cooptazione

Selznick definisce cooptazione «il processo di assorbimento di nuovi elementi nella direzione o nella struttura che determinano la politica di un’organizzazione, come mezzo per prevenire minacce alla sua stabilità e alla sua esistenza».

Se un’organizzazione si sente minacciata da pericoli esterni, un modo per difendersi è quello di cooptare dei rappresentanti dell’ambiente da cui provengono le minacce.

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Il rapporto tra cooptazione e potere

Vi sono 2 tipi di cooptazione:

Formale e Informale

Essi hanno un differente rapporto con l’ideologia ufficiale dell’organizzazione, che l’autore considera un importante strumento in mano all’organizzazione per legittimare la propria azione.

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COOPTAZIONE FORMALE: L’organizzazione assorbe ufficialmente nuovi elementi

attraverso l’allargamento degli organi direttivi o la creazione di nuovi ruoli.

Tale cooptazione è necessaria quando il carattere legittimo di un ente è contestato da gran parte della popolazione o se c’è il bisogno di promuovere la partecipazione di strati più larghi della società che portano a delle forme di autogoverno.

E’ la risposta che l’organizzazione fornisce in una situazione di difficoltà provocata dalla mancanza del consenso da parte della base; l’organizzazione decide in tal caso di allargare la base del consenso sulle decisioni da prendere.

Esempio: partecipazione alla direzione aziendale che la dirigenza d’impresa offre ai sindacati).

Cooptazione formale e informale

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COOPTAZIONE INFORMALE O SOSTANZIALE:

Il suo scopo è quello di fronteggiare delle minacce provenienti da centri di potere esterno.

Contraddice quasi sempre i valori e gli orientamenti ideologici dichiarati dall’organizzazione.

Può avvenire inserendo alcuni esponenti del potere esterno all’interno dei propri organi decisionali, o accettando le loro richieste.

Così è garantita la sopravvivenza dell’organizzazione ma al costo di alterare il «programma» originario.

Tale cooptazione rischia di rimanere informale perché le forze esterne sono interessate solo alla sostanza del potere.

Cooptazione formale e informale - 2

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La leadership

Decisioni critiche:

Rientrano nell’ordinaria amministrazione, riguardano le organizzazioni di servizio e possono essere giudicate in termini di efficienza tecnica.

Decisioni di routine:

Rientrano nella sfera della leadership perché riguardano la definizione dei valori e degli scopi.

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La leadership - 2

Non è mai un mero adattamento passivo alle spinte esterne: la leadership è sempre un’attività creativa che rende l’istituzione un soggetto capace di prendere iniziative.

La leadership, svolta da una persona sola oppure da un gruppo dirigente, si manifesta in quattro funzioni fondamentali.

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Le 4 funzioni fondamentali della leadership

1. Definisce il ruolo e la missione dell’istituzione, ossia indica una prospettiva generale di azione che ricomprende e subordina tutte le attività di routine.

2. Incorpora lo scopo nell’istituzione, cerca cioè di creare un’identità collettiva in modo che tutti i membri interiorizzino gli scopi dell’istituzione.

3. Difende l’integrità istituzionale, la leadership deve ridefinire continuamente l’azione svolta mediante bilanci, celebrazioni, analisi critiche; esaminando gli eventi passati può interpretare i problemi del presente. Deve svolgere una funzione simbolica e comunicativa.

4. Compone i conflitti interni: deve mediare e comporre i conflitti interni, i conflitti non possono essere risolti solo attraverso l’imposizione autoritaria di un esito, ma deve ottenere il consenso da entrambe le parti, ciò per aumentare il consenso di cui deve godere la leadership.

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I 3 principali rischi della leadership

1. Fuga nella tecnologia: se alla leadership mancano gli obiettivi strategici si concentra sull’acquisizione di mezzi come se fossero un surrogato dei fini.

2. L’opportunismo: si perseguono fini a breve termine senza visioni di largo respiro, con pericolo di perdita di identità dell’istituzione che rincorre obiettivi incoerenti con la cultura aziendale.

3. L’utopismo: quando si perseguono obiettivi non raggiungibili in base a considerazioni puramente ideologiche. L’utopismo può condurre all’opportunismo.

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La scuola neo-istituzionalista

Sul finire degli anni ‘70 le ricerche istituzionaliste conobbero un nuovo impulso grazie allo studio sui rapporti tra organizzazioni e ambiente ma in una prospettiva diversa. 1. Scompare il funzionalismo che portava a pensare alle organizzazioni come a sistemi organici. 2. Cade la centralità di un potere volto a dominare le organizzazioni esistenti e le nuove. 3. Scompare il pessimismo di principio che faceva vedere le organizzazioni come condannate a tradire i propri scopi. 4. Emerge una visione più articolata dei rapporti tra le organizzazioni. 5. Viene dato spazio ai processi cognitivi degli attori, viene riconosciuta l’importanza delle mappe mentali nella costruzione sociale della realtà.

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John Meyer (1948-) e Brian Rowan (1950-)

Meyer e Rowan distinguono due tipi di organizzazione:

1. quelle che recepiscono dall’esterno i criteri di razionalità, sono le organizzazioni prive di criteri intrinseci per valutare l’efficienza e si basano sulla capacità di adeguarsi alle aspettative e alle esigenze cerimoniali prescritte da istituzioni esterne.

2. quelle che hanno criteri propri che possono confliggere con quelli esterni, sono le organizzazioni con criteri autonomi percepiti come soggettivi nel valutare l’efficienza del loro processo produttivo. In queste si possono sviluppare due strutture parallele una formale e visibile per rispettare i criteri cerimoniali esterni e una informale e nascosta per seguire le proprie regole di efficienza.

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Powell e Di Maggio: Campo organizzativo

Oggetto di ricerca sono ancora le pressioni che le istituzioni esercitano sulle organizzazioni affinché si adeguino ai criteri di razionalità prevalenti.

Esiste un fitto reticolo di normative cui le organizzazioni devono adeguarsi se vogliono nascere ed avere riconoscimento e successo.

Elaborano il concetto di campo organizzativo con cui superano la distinzione tra organizzazioni che subiscono e istituzioni che esercitano pressioni all’isomorfismo.

Campo organizzativo come: “insieme di organizzazioni che, considerate complessivamente, costituiscono un’area riconosciuta di vita istituzionale (fornitori chiave, consumatori, agenzie di controllo, ecc.)

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Powell e Di Maggio: Isomorfismo

I criteri che governano lo sviluppo dei processi di isomorfismo sono potenti regole istituzionali che fungono da miti razionalizzati.

• Isomorfismo: crescente omogeneizzazione nei criteri e nelle prestazioni interne a un dato campo organizzativo; è dunque il risultato dell’azione incrociata di tutti gli attori presenti in un dato campo organizzativo (organizzazioni assai simili).

• Isomorfismo organizzativo: processo per cui le organizzazioni in un dato contesto tendono a somigliarsi (mode organizzative).

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Powell e Di Maggio: Isomorfismo -2

Non esiste un solo livello di isomorfismo ma 3:

- coercitivo, relativo alle leggi, al regime politico, non ci si può esimere dal subirlo;

- mimetico, si procede per imitazione, senza valutazioni approfondite;

- normativo, le regole proposte vengono ritenute giuste e assunte, per decisione.

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Il Mito razionalizzato

Il mito razionalizzato è una credenza resa plausibile da un discorso logico. Indica, dunque, delle credenze che non possono essere verificate sul piano empirico, ma che sono legittimate dalla convinzione che esse siano razionalmente efficaci o derivanti da un mandato legale.

L’affermarsi di un mito razionalizzato determina la corsa delle organizzazioni (vecchie e nuove) per soddisfare il business alimentato dal mito stesso.

Mito razionalizzato (mondo magico): affermazione di soluzioni che vengono dal contesto, valide non perché funzionali, ma perché condivise.

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4. Economia dei costi di transazione

Nei capitoli precedenti:

1. Il modello weberiano di organizzazione burocratica (e sue varianti);

2. Le organizzazioni esistono e funzionano soltanto se l’equilibrio tra contributi e incentivi è tale da indurre gli individui a partecipare;

3. Potenti forze esterne condizionano l’azione delle organizzazioni.

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Le organizzazioni sino ad ora

Organizzazioni come entità dai confini ben definiti.

Scopi istituzionali da perseguire.

Gerarchia e burocrazia ne sono le tipiche strutture di comando e funzionamento.

Si dà per scontato che le unità di analisi siano le singole organizzazioni (ospedali, scuole, impresa, giornale, ecc.)

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Superamento di questa visione

Due scuole di pensiero:

1. L’Economia dei Costi di Transizione (ECT).

2. Approccio ecologico (analisi delle popolazioni organizzative).

Si definisce organizzazione qualsiasi modello stabile di rapporti tra soggetti, siano essi individuali o collettivi.

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Superamento del vecchio modello teorico

Si definisce organizzazione qualsiasi modello stabile di rapporti tra soggetti, siano essi individuali o collettivi.

Superamento della raffigurazione mentale del tipo:

ORGANIZZAZIONE = BUROCRAZIA

Per passare alla raffigurazione:

ORGANIZZAZIONE BUROCRAZIA FORME IBRIDE o INTERMEDIE (Reti)

MERCATO

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Questo nuovo modello comporta…

Mercato e organizzazione non sono viste come realtà contrapposte: si suppone che il mercato abbia qualche forma di organizzazione e che le organizzazioni possono contenere forme di mercato.

Il concetto di confine diventa relativo e cangiante a seconda dell’intensità e della natura delle relazioni tra soggetti.

Le organizzazioni, compreso il mercato, non possono essere studiate prescindendo dal contesto istituzionale in cui sono inserite.

L’approccio ecologico offre gli strumenti concettuali per rispondere alla domanda sul perché nella società contemporanea esista una così grande varietà di forme organizzative.

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Evoluzione del concetto di impresa

L’impresa era considerata una funzione della produzione. Questa visione culminò del periodo taylor-fordista della produzione di massa, in cui vi era la percezione che i confini fisici dell’impresa coincidessero con i suoi confini economici, tecnici, finanziari e umani.

Concetto di verticalizzazione: esprime l’estensione delle fasi produttive direttamente compiute dall’impresa; le imprese tradizionali avevano una elevata verticalizzazione.

Nella realtà sociale non si sono quasi mai verificate verticalizzazioni totalmente integrali.

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Processi di deverticalizzazioni

A partire dagli anni ‘70 iniziano a diffondersi processi di deverticalizzazioni provocati dal fatto che alle grandi imprese conveniva affidare specifiche lavorazioni a imprese più piccole.

Creazione di reti di fornitori esterni

È in questa prospettiva che si comprende la nascita e la «fortuna» delle ECT (Economia dei Costi di Transazione): una scuola di pensiero che ha nell’americano Oliver Williamson il suo più prestigioso esponente.

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To Make or to Buy

L’ECT concepisce l’impresa come una struttura di governo (governance), la cui funzione principale è di stipulare e garantire contratti affidabili ed efficienti.

L’impresa, quindi, cambia radicalmente il quadro delle sue scelte strategiche.

Nel nuovo modello esse si allargano perché l’impresa si trova dinanzi all’alternativa tra produrre al suo interno oppure comprare sul mercato esterno.

To Make or to Buy

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2 conseguenze

1. L’unità elementare di analisi non è più il bene prodotto, ma è la transazione, vale a dire: qualsiasi forma di contratto che l’impresa può stipulare.

2. La tecnologia non è più un fattore primario nello stabilire i confini dell’impresa; cade l’idea che un impianto produttivo debba corrispondere ad un solo proprietario/fruitore.

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2 fonti di incertezza: razionalità limitata e opportunismo

L’agire economico delle imprese è orientato dalla scelta migliore: quali sono i criteri per individuarla?

Tendenzialmente, vi sono 2 fonti di incertezza, che riguardano la natura umana:

1. La razionalità limitata (Simon) stabilisce che, sebbene gli esseri umani si comportino in modo intenzionalmente razionale, nei fatti essi lo sono molto meno a causa dei limiti di conoscenza, di lungimiranza, di abilità tecniche e di tempo a disposizione per agire.

2. Il presupposto dell’opportunismo stabilisce, a sua volta, che gli essere umani possono perseguire i propri interessi con mezzi illeciti come l’inganno o la frode.

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2 tipi di costi nella teoria economica

1. Costi di produzione: riguardano i processi di trasformazione fisica di un dato materiale dallo stato A allo stato B (economia classica).

2. Costi di transazione: sono necessari per stipulare e gestire un contratto; un fattore che può essere ridotto ma mai azzerato.

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Approccio ecologico: analisi delle popolazioni organizzative

Teorico di riferimento: Arthur Stinchcombe (1929-2018), sociologo americano.

Assumere come oggetto di ricerca non singole organizzazioni ma insiemi omogenei o specie di organizzazioni, chiamate appunto popolazioni organizzative. Domande:

- quali effetti ha la struttura di una data società sul tasso di fondazione di nuove organizzazioni e, in particolare, sulla creazione di nuove specie organizzative?

- le organizzazioni conservano oggi alcune caratteristiche tipiche dell’epoca in cui la loro specie è comparsa?

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Novità e imprinting delle specie

Il livello di esperienza organizzativa di una popolazione di una popolazione è il maggiore determinante della loro capacità di formare nuove organizzazioni.

Organizzazioni che generano altre organizzazioni: grandi imperi industriali da cui proliferano nuove unità, siano esse economiche o extraeconomiche (fondazioni, scuole, ecc.).

Imprinting: ogni impresa appartenente a un dato settore presenta tratti che riflettono l’epoca storica in cui è comparso il settore a cui appartiene.

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La scuola di Stinchcombe

Le organizzazioni hanno una vita precaria; quelle esistenti sono solo sopravvissute a una selezione durissima, dunque l’analisi deve tenere conto anche delle unità scomparse.

Necessario studiare i processi di trasformazione di lungo periodo derivanti dalla reciproca influenza tra l’evoluzione delle popolazioni organizzative e i mutamenti dell’ambiente sociale circostante.

Individuare nella selezione e nella competizione sociale i fattori che spiegano tanto i processi di isomorfismo quanto la proliferazione di una pluralità di forme o specie organizzative.

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Isomorfismo (Powell/Di Maggio)

Isomorfismo: crescente omogeneizzazione nei criteri e nelle prestazioni interne a un dato campo organizzativo; è dunque il risultato dell’azione incrociata di tutti gli attori presenti in un dato campo organizzativo (organizzazioni assai simili).

Isomorfismo organizzativo: processo per cui le organizzazioni in un dato contesto tendono a somigliarsi (mode organizzative).

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5. Gli approcci «morbidi»

Corrente organizzativa estremamente variegata:

Si va da un polo «culturalista» rappresentato da Edgard Schein fino a un polo «cognitivista» rappresentato da Karl Weick.

Su posizioni intermedie è possibile individuare: Joanne Martin, Gideon Kunda, Stephen Barley.

Gli approcci morbidi privilegiano gli aspetti culturali, simbolici, riflessivi e i processi di conferimento di senso che i soggetti mettono in atto interagendo con le organizzazioni stesse.

Periodo: inizi anni ’70.

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Edgard Schein e il concetto di cultura organizzativa

Per Schein studiare un’organizzazione equivale a studiare la sua cultura.

Per Schein la cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò da poter essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi.

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I 3 livelli della cultura organizzativa

In tale definizione è possibile evidenziare tre livelli principali:

- Gli artefatti

- I valori espliciti

- Gli assunti di base

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Artefatti

I prodotti immediatamente osservabili di una data organizzazione: la sua architettura, l’arredamento, la tecnologia, ma anche il modo di comportarsi dei suoi membri come il gergo, l’abbigliamento, la mimica, i simboli, i rituali.

Per definizione tutti gli artefatti sono visibili, ma non per questo facilmente decifrabili.

L’arte di decifrare il senso degli artefatti costituisce il primo banco di prova di una analisi organizzativa.

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Valori espliciti

Si tratta della sfera dei discorsi manifesti e accettati che vengono spesso creati e fatti circolare dalla leadership con l’intento di rafforzare il senso di appartenenza e solidarietà, di individuare i pericoli e i nemici esterni, di chiarire e legittimare le scelte dell’organizzazione, di creare consenso tra i membri.

Spetta al ricercatore compiere un’attenta ricognizione di quei discorsi, sia scritti che orali (colloqui, interviste…) ed esaminare la loro evoluzione nel tempo e il grado di corrispondenza con gli artefatti.

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Assunti di base

Sono le convinzioni profonde e inespresse, date talmente per scontate da non attrarre l’attenzione e di cui spesso i membri non sono nemmeno del tutto consapevoli.

È proprio questo il livello più importante per capire l’anima dell’organizzazione, le motivazioni profonde delle azioni dei suoi membri e il modo in cui questi sono stati selezionati e plasmati.

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I 3 livelli della cultura organizzativa (2)

Qualizza, 2009

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Gli assunti di base:

Gli assunti di base possono combinarsi tra loro dando luogo a sistemi di convinzioni articolati e complessi.

A seconda di tali combinazioni varia profondamente il modo di lavorare, di comunicare, di valutare il proprio operato e quello degli altri.

I sistemi di convinzione devono però soddisfare il requisito della coerenza interna.

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Coerenza interna

La coerenza interna riguarda non solo la combinazione tra gli assunti tra loro ma anche il rapporto tra questi e gli altri livelli (valori espliciti e artefatti).

Incoerenza e contraddizioni portano a sfiducia, tensioni, scetticismo e cinismo, con crisi che possono provocare il declino e anche la fine dell’organizzazione.

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Ulteriori elementi di analisi organizzativa

L’analisi deve essere integrata da un approccio che metta a fuoco ulteriori 3 aspetti:

1. I processi di socializzazione dei nuovi membri, ossia come la cultura organizzativa viene trasmessa e interiorizzata;

2. Le risposte date a eventi critici nella storia dell’organizzazione (patrimonio di ricordi per la formazione dell’identità collettiva dell’organizzazione);

3. Le anomalie e i tratti sorprendenti (irregolarità, devianze, tensioni…

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Joanne Martin

Studiosa che modifica e implementa la visione di Schein (ritenuta assolutistica) affiancando tre prospettive di analisi: attraverso il continuo passaggio dall’una all’altra prospettiva è possibile pervenire a una conoscenza riflessiva delle organizzazioni che tiene presente che quelle prospettive generano discorsi incompatibili tra loro.

Le tre prospettive sono:

1. INTEGRATIVA

2. DIFFERENZIANTE

3. FRAMMENTARIA

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Le 3 prospettive di Martin

1. INTEGRATIVA: la cultura è fonte di armonia e consenso.

2. DIFFERENZIANTE: in un’organizzazione esistono diverse sub culture, talvolta in conflitto tra loro.

3. FRAMMENTARIA: in un’organizzazione non esistono culture ben definite ma una molteplicità di punti di vista fluttuanti e ambigui.

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3 principali questioni organizzative di Martin

1. L’egualitarismo di trattamento e opportunità di carriera offerto ai dipendenti;

2. L’atteggiamento del management verso l’introduzione di processi innovativi;

3. L’attenzione dell’impresa per il benessere fisico e mentale dei suoi dipendenti.

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Gideon Kunda

Tenta di approfondire ulteriormente l’approccio di Schein, studiando gli aspetti più manifesti dell’ambiente di lavoro e dell’organizzazione aziendale e poi scende a livelli sempre più profondi.

Sottolinea le ambiguità dei dipendenti le loro personalità plurime (multiple self) motivo postmoderno della sua analisi.

Si pone il problema di capire le ragioni per le quali alcuni discorsi contrastanti siano pronunciati dalle stesse persone e ci si chiede se proprio nella loro contraddittorietà esse non esprimano un faticoso equilibrio esistenziale.

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Gideon Kunda

Il riferimento teorico di Kunda è Barnard.

Quest’ultimo indicava nel rapporto tra organizzazione e soggetti il problema centrale tanto della pratica manageriale quanto dell’analisi organizzativa.

Un’organizzazione non può mai spingersi al punto da richiedere l’annullamento della personalità dei suoi membri: essi manterranno sempre un quid irriducibile che è alla base della loro personalità privata che non potrà mai identificarsi totalmente con la personalità organizzativa.

Barnard vedeva gli incentivi morali e culturali come fattore di coesione e di collaborazione tra individui e organizzazione.

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Gideon Kunda: la cultura aziendale come controllo

Rispetto ai tempi di Barnard il controllo delle imprese sui dipendenti è molto più sofisticato: c’è un controllo di terzo livello per distinguerlo dal controllo coercitivo (primo livello) e da quello gerarchico (secondo livello).

Tale controllo è detto concertato per indicare che i soggetti hanno interiorizzato talmente bene i codici aziendali da essere divenuti i più solerti controllori di se stessi e dei propri colleghi di lavoro (questo è il terzo livello).

È diventato dunque una sorta di controllo culturale dove l’impresa vuole plasmare la personalità dei suoi membri, nella convinzione che solo la totale e appassionata identificazione con i valori e voleri dell’impresa stessa può portare a interiorizzare disciplina e autocontrollo.

Si reinterpreta Barnard in modo da abolire il confine tra il sé e l’organizzazione in modo da far coincidere, secondo Kunda, gli interessi dell’azienda e quelli del singolo.

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Ideologia e rituali comunicativi della cultura aziendale

L’ideologia è un sistema autoritario di significati che chi detiene il potere presenta all’opinione pubblica come una mappa per leggere la realtà e comportarsi di conseguenza.

L’ideologia può essere considerata come il sottoinsieme di una più vasta cultura che ne comprende tutti gli aspetti che sono consapevolmente articolati in modo da proporre un’immagine schematica dell’ordine sociale ed esercitare un’autorità.

Kunda esamina nella Tech la presenza di un’ideologia aziendale: tale ideologia proclama che la Tech ha una cultura forte sottolinea che i dipendenti devono farla propria se vogliono contribuire al successo dell’impresa e raggiungere anche il proprio successo personale.

Alcuni princìpi di Tech:

1. siamo una grande famiglia;

2. le persone sono creative, lavorano sodo, sono in grado di autogestirsi ed imparare;

3. la verità e la qualità sono il risultato di una pluralità di punti di vista, della libertà di iniziativa.

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Prendere le distanze dal proprio ruolo

Kunda individua alla Tech tre modi di prendere le distanze dal proprio ruolo: 1. cinismo: demistificazione dell’ideologia aziendale

(«fai ciò che è giusto» significa: «fai ciò che piace al tuo manager»);

2. analisi fredda e distaccata della Tech: i membri della Tech diventano studiosi della propria organizzazione;

3. appellarsi al buon senso: corpo di conoscenze pratiche ritenute più utili della cultura aziendale.

RISCHIO DI BURNOUT (scoppiare)

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Karl Weick

Uno dei più importanti studiosi del pensiero organizzativo contemporaneo.

Approccio cognitivista per conferimento di senso (sensemaking).

Soggettività

Oggetto della sua analisi sono i processi cognitivi attraverso cui i soggetti conferiscono senso ai loro flussi di esperienza: la cultura prende senso solo attraverso tali processi.

Per Weick non esiste nulla al di fuori dei flussi di esperienza: le categorie interno/esterno, dentro/fuori hanno una natura puramente logica.

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Sensemaking

Il sensemaking è un processo continuo ma può subire stasi e sussulti persino collassi; ci sono anche degli shock che generano sensemaking e invitano a rivedere il nostro flusso di esperienza in modo diverso.

Il sensemaking però non offre alcuna garanzia di successo.

La creazione di senso può fallire e in tal caso possono sorgere nel soggetto stati d’ansia o di allerta che sollecita il processo di sensemaking.

La perdita prolungata di informazioni rende difficile il sensemaking, aumenta lo stato d’ansia e questa provoca ulteriore perdita di sensemaking.

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Centralità del linguaggio nei processi di sensemaking e di organizing.

Per Weick dare senso equivale a organizzare.

Il potere, nasce dalla capacità di un soggetto di far accettare ad altri la sua interpretazione della realtà ma il potere non è mai assoluto perché ognuno di noi conserva il suo sensemaking.

Sensemaking (2)

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Diversity Management Cenni riassuntivi

Il tema del Diversity management ha oramai conquistato la scena all’interno delle più grandi aziende nazionali e internazionali.

Si tratta di uno strumento, con trent’anni di storia alla spalle, volto alla valorizzazione delle diversità all’interno dei sistemi organizzativi complessi:

l’età, il genere, la provenienza etnico/culturale, le abilità ed altre diversità rappresentano, di fatto, una ricchezza immensa per le aziende, non solo dal punto di vista economico ma anche, e soprattutto, culturale.

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Valorizzare le diversità

Il Diversity Management rappresenta una strategia di valorizzazione delle diversità ormai abbastanza conosciuta agli addetti ai lavori, meno alle giovani generazioni e all’opinione pubblica.

Tale approccio non è solamente volto al miglioramento della comunicazione tra le parti, bensì si configura come una strategia, complessa e trasversale, di costruzione del benessere organizzativo, essendo in grado di generare energiche spinte verso l’empowerment delle singole specificità delle persone e verso l’innovazione sociale.

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Diversity management e bricolage culturale

Per la comprensione di questo strumento organizzativo (DM), è necessario tenere in conto gli orientamenti concettuali di base, in particolare i concetti di identità, cultura e intercultura, intesa come possibile articolazione delle diversità.

La socializzazione come nodo critico della formazione dell’identità culturale.

I percorsi biografici assumono così caratteri progressivamente più complessi, a fronte di un sempre più evidente bricolage culturale.

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Immaginari delle alterità

È importante focalizzare l’attenzione sugli immaginari delle alterità (etniche, di provenienza, di genere, generazionali, di abilità, ecc.) in una società come quella contemporanea che sembra essere caratterizzata sempre più da una pungente quanto (forse più spesso) dissimile consapevolezza della diversità, della differenza, dell’alterità.

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Alter

Il tema dell’altro è un tema al centro della riflessione in molteplici discipline sociali e umanistiche poiché l’essere umano ha l’esigenza di essere ascoltato e di sentirsi accettato, di relazionarsi con gli altri e di condividere pensieri, percorsi biografici, punti di vista sul mondo, di entrare in empatia con le altre persone altri e di affrontare scelte, difficoltà e conquiste.

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L’Io è un altro

Il concetto di alterità chiama in causa quello di identità, con il quale intrattiene un rapporto dialogico e dialettico.

L’Io è un altro, si potrebbe dire, richiamando le parole del poeta francese Arthur Rimbaud.

Questa formula può essere compresa unicamente se collocata in un contesto in permanente divenire: l’identità non è un dato, un monolite, bensì un processo che presuppone e ha bisogno dell’alterità.

“Non si dà Io che non rimandi, inevitabilmente, a un Tu, a un contatto, a un rapporto” (Ferrarotti, 2007, p. 33).

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Io e Alter

L’identità corrisponde alla comprensione ermeneutica di sé che il soggetto sviluppa nel contesto del proprio agire e che implica, senza indugio, la dimensione linguistica (Gadamer, 1973; Taylor, 1983).

Si tratta, notoriamente, di un dialogo in primo luogo interiore che, tuttavia, si genera e si nutre grazie al discorso con Alter. Per questo motivo si fa riferimento alla dimensione dialogica e dialettica del rapporto tra Io e Alter.

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Socializzazione

Il riferimento è alla socializzazione, inteso come processo, continuo e persistente, di trasmissione e interiorizzazione dell’universo culturale di valori e di simboli propri del gruppo e del contesto nel quale l’individuo è immerso.

Attraverso tale processo il soggetto fa proprie le informazioni sulla realtà e sull’immaginario sociale e quell’insieme di valori, ruoli, norme, aspettative e credenze che costituiscono la cultura.

L’individuo è predisposto alla socialità sin dalla nascita ed entra a far parte della società, essendone condizionato e condizionandola allo stesso tempo.

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Cenni storici sul DM

In Italia, la diversità rappresenta un tema di ricerca di recente interesse nell’ambito della letteratura organizzativa.

I primi studi sull’argomento sono stati realizzati alla fine degli anni ‘80 negli Stati Uniti.

L’orientamento manageriale era, ed è, prevalentemente caratterizzato da un taglio economico.

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Diversità, stereotipi, inclusione

Cosa stanno facendo le aziende italiane per creare un ambiente di lavoro in cui le diversità siano rispettate e i dipendenti valorizzati solo in base al loro talento, senza subire discriminazioni.

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Casi di studio: la figura del diversity manager

- Telecom - IBM

- Philips - Ferrovie dello Stato

- UniCredit - AXA

- General Electric

- Abb

- Costa Crociere