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Il recupero delle opere d’arte disperse durante il secondo conflitto mon-diale, la riorganizzazione delle soprintendenze e dei musei, i restauri del patrimonio storico-artistico ferito o trascurato, l’apertura di impor-tanti mostre, la pubblicazione in lingua italiana di saggi stranieri e il

rinnovamento del dibattito, la fondazione di nuovi periodici specializzati: gli Atti del Convegno del X anniversario della Società Italiana di Storia della Critica d’Arte (SISCA) raccolgono 43 relazioni di altrettanti studiosi chiamati a far luce su un periodo cruciale per la storia del patrimonio artistico ita-liano, per la sua tutela e il suo inquadramento critico e interpretativo. Anni di «straordinario fervore», attraversati dal lavoro di storici e critici come Longhi, Ragghianti, Gioseffi, Maltese, Arslan, De Micheli, Sinisgalli, Baroni, De Logu, Scarpellini, Gnudi, Brugnoli, Zeri, Argan, spesso in dialogo – talvol-ta in polemica – con colleghi stranieri quali Berenson, Panofsky, Wittkower, Middeldorf, Baxandall, Chastel.

Il volume è dedicato a Gianni Carlo Sciolla (1940-2017), fondatore e pri-mo presidente della SISCA, insigne studioso di fama internazionale e ricono-sciuto maestro di più generazioni.

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CritiCa d’artee tutela in italia:figure e protagonistinel seCondo dopoguerra

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atti del Convegno del X anniversariodella soCietà italiana di storia della CritiCa d’arte (sisCa)perugia, 17-19 novembre 2015

a Cura di Cristina galassi

aguaplano

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RedazioneAdalgisa Crisanti, Raffaele Marciano,Maria Vanessa Semeraro

© 2017 by Aguaplano, Passignano s.T. (Pg).Tutti i diritti riservati. All rights reserved.

Progetto graficoRaffaele Marciano

Ufficio stampa AguaplanoDavide Walter Pairone

iSbn: 978-88-97738-96-1

CritiCa d’arte e tutela in italia:figure e protagonisti nel seCondo dopoguerra

17-19 novembre 2015fondazione orintia Carletti bonuCCi

perugia, palazzo baldesChi

CoordinamentoCristina Galassi

Segreteria del convegnoSara CavatortiSusanna MariniGemma Zaganelli

Comitato scientificoFranco bernabeiEnzo borsellinoCristina Galassi

Pierfrancesco PalazzottoMassimiliano Rossi

Gianni Carlo Sciolla †Stefania Zuliani

La SiSCA – Società italiana di Storia della Critica d’Arterivolge un pensiero di gratitudine alla Fondazione Orintia Carletti Bonucci

per il contributo offerto all’organizzazione del Convegno.

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La Società italiana di storia della critica d’arte  ricorda con profonda commozione e infinita ri- conoscenza il suo fondatore e primo presidente

Gianni Carlo Sciolla, docente appassionato e genero-so, insigne studioso di fama internazionale, entusiasta e indefesso organizzatore di iniziative accademiche e culturali, riconosciuto maestro di più generazioni.

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indice-Sommario

Premessa, di Cristina Galassi 11

riflessioni e orientamentisul metodo della storia artistiCa

 gianni Carlo sCiolla  Critica d’arte nell’italia della Ricostruzione. Alcune riflessioni 17

 franCo bernabei  Motivazioni estetiche nella critica d’arte italiana all’uscita dall’idealismo 33

 angelo trimarCo  Storicismo, strutturalismo, teoria e critica d’arte 53

 riCCardo lattuada  il conoscitore sciamano 67

riCerChe sulle arti dal medioevo al noveCento

 antonino CaleCa  Dal Saper Vedere di Matteo Marangoni alla Critica della Forma di Carlo Ludovico Ragghianti. Lineamenti di un percorso critico 83

 niColetta Zanni  Gli studi di storia dell’architettura medievale e rinascimentale di Decio Gioseffi: tra architettura e arte visiva 95

 mauriZio lorber  il dibattito sulla rappresentazione spaziale in Decio Gioseffi e Erwin Panofsky. Prospettiva come forma simbolica e “perspectiva artificialis” 107

 maria Clelia galassi, simona rinaldi  Corrado Maltese e «la storia dell’arte come scienza». il ruolo della tecnica esecutiva 133

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 alessandra Casati  Arslan, Longhi e la mostra di Caravaggio del 1951 149

 gianpaolo angelini  Wart Arslan e la riscoperta dell’architettura e della decorazione tardobarocca in Europa 159

 giuliana tomasella  «Palatina» fra letteratura e arte. Una rivista a Parma nel secondo dopoguerra 169

 gaia salvatori  Mario De Micheli fra “le parole e le cose” 183

 elisa aCanfora  La lunga malinconia dell’esistenza. Attilio Bertolucci e Roberto Longhi 197

 franCesCa gallo  A lezione dagli artisti. La specificità del contemporaneo, tra cronaca e storia 211

 stefania Zuliani  «È la vita che fa crepare le forme». Leonardo Sinisgalli interprete delle poetiche dell’informale 225

 tommaso Casini  Ragghianti e la paleostoria: intuizione e attualità di pensiero 235

 marta neZZo  Carlo Ludovico Ragghianti: l’alterità come esperienza inclusiva 249

inChieste ed esploraZionisulle arti del territorio italiano

 alessandro rovetta  Costantino Baroni (1905-1956) tra storiografia, docenza e museo 265

 paola venturelli  Fernanda Wittgens / Winifred (Ginevra) Terni de Gregory. Milano-Crema, 4 marzo 1948 281

 alberto Cottino  Giuseppe De Logu e la natura morta italiana (1962) 295

 Cristina galassi  Storia e critica d’arte a Perugia nel secondo dopoguerra: la figura di Pietro Scarpellini 305

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l’impegno per la salvaguardia,la tutela e la ConservaZione

 luCa CianCabilla  Cesare Gnudi e la salvaguardia degli affreschi: “stacchi e strappi” a Bologna fra allestimenti permanenti, restauri e mostre temporanee 323

 elena Corradini  Museo e Medagliere Estense nel secondo dopoguerra: Roberto Salvini, Augusta Ghidiglia Quintavalle e Amalia Mezzetti 339

 Cristina giannini  Procacci e Baldini. Critica d’arte come critica della materia 353

 emanuele pellegrini  Old Masters per impressionisti: gli scambi di Göring e le restituzioni del secondo dopoguerra 367

 federiCa papi  Giorgio Castelfranco e la salvaguardia nel secondo dopoguerra: la spinosa questione della donazione Contini Bonacossi a Firenze 399

 enZo borsellino  Maria Vittoria Brugnoli e l’azione di salvaguardia nel Lazio: la valorizzazione dei musei 417

 moniCa minati  Maria Vittoria Brugnoli e l’azione di salvaguardia nel Lazio tra tutela e restauro 429

 ivana bruno  Musei a confronto negli anni Cinquanta. Sul convegno nazionale in Sicilia nel 1954 441

 patriZia dragoni  Storia dell’arte e museo: il confronto internazionale nel convegno di museologia del 1955 a Perugia 453

 pierfranCesCo palaZZotto  Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale (1942-1949): tutela e restauro a Palermo nel secondo dopoguerra 467

 giuseppe Cipolla  Leonardo Sciascia e la difesa dei beni culturali in Sicilia 487

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gli studiosi stranieri e l’arte italiana

 Jennifer Cooke  Prospettive critiche tra italia e Stati Uniti attraversola corrispondenza epistolare tra Millard Meiss e Roberto Longhi 503

 antonella trotta  Bernard Berenson e la mostra su Lorenzo Lotto, Venezia 1953 519

 simone ferrari  Anthony Blunt e Leonardo 533

 Claudia Cieri via  Giulio Carlo Argan e Rudolf Wittkower. Una mostra sui monumenti distrutti dalla guerra 541

 alfredo bellandi  La scultura fiorentina del Quattrocento nell’archivio di Ulrich Middeldorf al Getty Research for the History of Art di Los Angeles 555

 ariana de luCa Piero della Francesca o dell’arte eloquente. Piero della Francesca’s Eloquence: Asyndeton, Apocope, Hendiadys –Un testo inedito di Michael Baxandall 565

altri Contributi

 giulia Calanna  Da Antonio Muñoz a Federico Zeri: un’eredità culturale svelata dalle fotografie 599

 annamaria duCCi  Traversata di un trentennio. il carteggio Ragghianti / Chastel (1947-1977) 613

 paolo san martino  La riscoperta artistica delle arti decorative in Piemonte: Vittorio Viale e il catalogo del mobile della mostra del barocco del 1963 629

 sandra siColi  Un “Omaggio a Brera”. “La Settimana del Fiore”, 29 aprile - 6 maggio 1956 641

 stefano valeri  Lionello Venturi. Critica e politica per la libertà della cultura 655

indice analitico 669

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Pierfrancesco Palazzotto

Mario Guiotto Soprintendente ai Monumentiin Sicilia occidentale (1942-1949):

tutela e restauro a Palermonel secondo dopoguerra

Mario Guiotto è una di quelle illustri e colte personali-tà presenti nelle soprintendenze italiane dell’Otto-Novecento che caddero spesso in un non meritato cono d’ombra. Basti tenere conto che a fronte di oltre una

cinquantina di suoi contributi a stampa, fra il 1940 e il 1990, la bi-bliografia a lui riferita comprende meno di dieci testi1.

Solo di recente l’architetto è stato riscoperto in occasione del-le commemorazioni relative ai settant’anni dai bombardamenti che colpirono il capoluogo siciliano con quattordici incursioni, dal 7 gennaio al 30 giugno del 1943, devastando il delicatissimo tessuto urbano e monumentale dell’attuale centro storico2. Per dirla con lo

1. Tra gli ultimi si segnalano i saggi in Memoria del 9 maggio 1943, catalogo della mostra fotografica (Palermo, Biblioteca Comunale, chiesa di San Michele, 9-25 maggio 2003) a cura di A. Chirco, Palermo 2008, in particolare quello di Renata Pre-scia, La ricostruzione monumentale post-bellica a Palermo nel dibattito nazionale, pp. 19-24.

2. Sugli eventi cfr. F. Renda, Il 9 maggio 1943, in Memoria…, cit., pp. 13-17; A. Al-bergoni, V. Crisafulli, Palermo immagini della memoria 1937-1947. Antologia di un decennio, Palermo 2013. Sulle conseguenze dei bombardamenti e sulle politiche di abbandono e poi di recupero nel centro storico di Palermo si confronti R. Prescia, Restauri a Palermo. Architettura e città come stratificazione, Palermo 2012 (con bibliografia precedente); P. Palazzotto, Il difficile percorso nel recupero del Centro Storico di Palermo dal dopoguerra ad oggi, in La piel de los edificios. Técnicas ar-tísticas y formas de intervención sobre el patrimonio cultural: la Historia del Arte como reflexión y compromiso, a cura di D. Benito Goerlich, Universitat de València,

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468 Pierfrancesco Palazzotto

stesso Soprintendente: «Palermo […] nei quartieri più sinistrati pre-sentava le sembianze di una città morta»3.

In questa sede è mia intenzione riassumere una parte dell’attività del valente funzionario a cavallo della Seconda Guerra Mondiale a Palermo che, come vedremo, fu determinante in tre diversi ambiti correlati: la messa in sicurezza dei monumenti, gli interventi urgenti dopo le esplosioni e i successivi restauri.

Percorriamo molto velocemente la ricca biografia di Guiotto, che nacque a Campodàrsego, in provincia di Padova, nel 1903. Nel 1928 si laureò all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e, tra il 1930 e il 1934, si dedicò ad attività libero-professionale a Padova, nel campo residenziale e sacro, all’interno dello studio dell’architetto Gino Miozzo (1898-1969), che sarebbe stato uno degli alfieri dell’architettura razionalista in area padovana. Tra i progetti di Guiotto in quel contesto ricordiamo qui la chiesa par-rocchiale di Sant’Antonio a Noventana Padovana, di stile neoro-manico4, di certo gusto da sempre privilegiato per le architetture religiose, che lascia forse già presagire il cuore dei suoi interessi in campo medievale5.

Nel 1937, superato il concorso di architetto presso la Direzione delle Antichità e Belle Arti del Ministero dell’Educazione Nazionale, fu preposto alla Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia, con sede a Palermo, dove rimase fino al 19396.

In quel periodo operò a fianco del soprintendente Francesco Va-lenti (1868-1953), di cui si è parlato nello scorso convegno a Bolo-gna, in quanto autore dello spregiudicato restauro di Palazzo Alliata

Departament d’Història de l’Art, Cuadernos Ars Longa, n. 4, Valencia 2014, pp. 215-228, con bibliografia precedente.

3. M. Guiotto, I monumenti della Sicilia Occidentale danneggiati dalla guerra. Protezioni, danni, opere di pronto intervento, a cura della Soprintendenza ai Monu-menti di Palermo, Palermo 1946 [nuova edizione Palermo 2003], p. 52.

4. A. Chiarelli, Mario Guiotto, in Dizionario biografico dei Soprintendenti Ar-chitetti (1904-1974), coordinamento scientifico M. Costantini, Bologna 2011, p. 333.

5. Sulla cultura neostilistica per l’architettura sacra nella prima metà del Nove-cento in Italia si confronti il recente volume di G. Meduri, Quarant’anni di architet-tura sacra in Italia, 1900-1940. Le questioni, il dibattito, le polemiche, Roma 2016.

6. Calandra, Premessa, in Guiotto, I monumenti…, cit., p. 7; Chiarelli, Mario…, cit., p. 333.

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469Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale

di Pietratagliata (1927-30)7 con l’invenzione di una cornice marca davanzale spezzata8.

La conoscenza dell’operato di Guiotto in quel periodo è resa pos-sibile da una documentazione di notevole rilevanza, consistente in una serie di album fotografici corredati da didascalie e talora anche da relazioni autografe, dono della famiglia alla Soprintendenza di Palermo nel 2011, insieme a disegni progettuali e a rilievi delle fab-briche in cui l’architetto fu impegnato9.

Si tratta di materiale in gran parte inedito, che si è consultato e si è iniziato a studiare appositamente per questo breve ragguaglio10, essendo evidente fin da subito quali scenari potesse aprire sull’ope-rato del professionista veneto.

Le annotazioni, connesse alle immagini selezionate per gli al-bum, sono molto interessanti, proprio perché rendono più chiari i percorsi intellettuali del loro autore e traducono talora l’animo con cui questi condusse i primi restauri, nel triennio 1937-39, e i vastis-simi lavori di recupero del patrimonio monumentale danneggiato dopo il 1943. In questo senso, dobbiamo tener presente, come prima osservazione preliminare, che la raccolta aveva una probabile finali-tà privata, senza che ciò ovviamente potesse escluderne un resocon-to pubblico, ma la collazione sembra mirare innanzitutto verso uno scopo memorialistico, personale e forse familiare.

7. P. Palazzotto, Tutela e restauro dei monumenti nella Palermo post-unitaria: un esempio tra teoria e pratica, «Annali di Critica d’Arte», 2013 (IX), pp. 189-204. Sull’edificio cfr. M. Marafon Pecoraro, P. Palazzotto, M. Vesco, Palazzo Termine Pie-tratagliata tra tardogotico e neostili. Archivi, cantieri, protagonisti a Palermo, pre-sentazione di M.C. Di Natale, Palermo 2013.

8. Sul Valenti Soprintendente e disinvolto restauratore di monumenti medievali in Sicilia cfr. C. Genovese, Francesco Valenti. Restauro dei monumenti nella Sicilia del primo Novecento, Napoli 2010.

9. Per la prima volta si fa riferimento alla donazione in L. Bellanca, L’Archivio dell’Architetto Mario Guiotto, in Archivi di Architettura a Palermo. Memorie della città (XVII-XX secolo), a cura di M. Marafon Pecoraro e P. Palazzotto, presentazione di M. Fagiolo, Palermo 2012 [La Lucertola, collana di Arti, Lettere e Scienze, 2], p. 109.

10. Desidero ringraziare in questa sede la Soprintendente ai BB.CC.AA. di Pa-lermo, dott.ssa Maria Elena Volpes, e l’arch. Lina Bellanca per avere concesso la consultazione del materiale, l’arch. Salvatore Greco per la gentile e fattiva disponi-bilità dimostratami, insieme all’arch. Silvana Lo Giudice, l’arch. Luigi Albanese, il dott. Leopoldo Biasin e la signora Giuliana Guiotto.

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470 Pierfrancesco Palazzotto

Il materiale chiarisce l’atteggiamento di Guiotto propenso, fin dal primo periodo palermitano (1937-39), a liberazioni – come nella Cap-pella Calvello della chiesa di San Francesco D’Assisi – e a restituzioni anche drastiche, con inserti tendenzialmente mimetici ma distingui-bili, quindi trattate con un approccio da restauro scientifico. Questi, infatti, nella relazione per la Cappella scriveva che la pietra utilizzata per la ricostruzione era «armonizzante in colore ma differente strut-turalmente all’antica»11, mentre per la facciata del Palazzo Reale pre-cisava che «le reintegrazioni, datate, sono state eseguite con pietra dell’Aspra e di Carini, in modo che, pur armonizzando nel colore, si differenziassero dai tratti originali»12. Inoltre, ancora per la Calvel-lo, dichiarava esplicitamente che non era stato aggiunto architetto-nicamente «elemento alcuno qualsiasi, di dubbia esistenza e forma riconosciuta»13. Diciamo che dalle note trapelano le riflessioni della Carta di Atene del 1931 ma non l’avvertimento relativo alla conserva-zione di tutti gli elementi storici sovrapposti «senza che il desiderio dell’unità stilistica e del ritorno alla primitiva forma, intervenga ad escluderne alcuni a vantaggio di altri»14. Soprattutto sembrano segui-te le considerazioni di Giovannoni sui restauri di ricomposizione15.

Nel 1939, in seguito alla riforma legislativa, Guiotto fu richiama-to a Venezia come funzionario e unico architetto per le sei province di competenza, dove rimase fino al 1942 operando recuperi princi-palmente in quella città, tra cui cito lo smontaggio del portale rina-scimentale della chiesa di Sant’Aponal insieme al rimontaggio nella sede originaria di Sant’Elena e i restauri nei prospetti dei palazzi Donà sul Canal Grande, Boldù e Venier16. Pure interessante per noi è lo studio condotto nel 1942 sulla chiesa di San Nicolò al Lido di

11. Relazione sul restauro della Cappella Calvello nella chiesa di S. Francesco d’Assisi, in Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo, Archivio Storico, Archivio Guiotto (da ora in poi SBCPA, AS, AG), busta Restauri eseguiti in Sicilia 1937-1939, n. 19273, s.p.

12. Relazione sul restauro della facciata normanna ad ovest del Palazzo Reale, in SBCPA, AS, AG, busta Restauri eseguiti in Sicilia 1937-1939, n. 19273, s.p.

13. Relazione sul restauro della Cappella Calvello nella chiesa di S. Francesco d’Assisi, in SBCPA, AS, AG, busta Restauri eseguiti in Sicilia 1937-1939, n. 19273, s.p.

14. C. Ceschi, Teoria e storia del restauro, Roma 1970, p. 136.15. G. Giovannoni, Restauro di monumenti, «Bollettino d’Arte», 1-2, 1913

(s. I/a. VII), p. 20.16. Chiarelli, Mario…, cit., p. 334.

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471Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale

Venezia, con cui il Nostro suggeriva due tipologie di provvedimenti, che sono ricorrenti nelle modalità di approccio precedenti e succes-sive: un restauro di liberazione e lo stacco degli affreschi al fine di preservarli in altra sede più idonea17.

Ancora più pregnante fu l’esperienza maturata nell’organizzazio-ne dei dispositivi per salvaguardia antiaerea dei monumenti a Vene-zia, Treviso e Padova. A Venezia, per esempio, si occupò della pre-servazione della facciata di San Marco e del Palazzo Ducale, nonché della rimozione e ricovero dei monumenti equestri del Colleoni e, a Padova, del Gattamelata, con evidenti riconoscimenti, visto che fu in-viato a Genova nell’ottobre del 1942 per coadiuvare il soprintendente Carlo Ceschi nell’opera di prevenzione, prima, e di pronto intervento, poi, dei monumenti bombardati18. La frequentazione di Ceschi è un momento indubbiamente importante per la sua formazione.

Alla fine del mese di novembre dello stesso anno fu finalmente incaricato quale reggente della Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Occidentale con sede a Palermo19, che comprendeva anche le province di Trapani, Agrigento e Caltanissetta.

In quella veste si rese conto che, per quanto fino ad allora il patri-monio monumentale non avesse subìto particolari danni, non erano state ancora previste sufficienti misure di sicurezza preventiva, di cui, come abbiamo visto, aveva appena maturato una buona pratica e per le quali si adoperò immediatamente, recuperando finanzia-menti statali e agendo con due precise misure: il trasferimento delle principali opere d’arte mobile in luoghi sicuri, soprattutto presso il vasto monastero di San Martino delle Scale fuori città20, e la creazio-ne di incastellature e ponteggi lignei a rinforzo degli edifici, insieme alla collocazione di sacchi pieni di sabbia a ridosso degli interni e degli esterni21 e al bendaggio applicato alle pareti con mosaici.

17. Ibid.18. Ibid.19. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 19; Calandra, Premessa, in Guiotto, I monu-

menti…, cit., p. 7.20. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 20. La programmazione per il trasferimento

aveva già preso corpo almeno dal 1938 coinvolgendo le Soprintendenze alle Antichità, ai Monumenti e alle Gallerie.

21. Calandra, Premessa…, cit., p. 8. Le operazioni di protezione sembra fossero già in atto con il soprintendente Ettore Martini; cfr. Prescia, Restauri…, cit., pp. 13-14. Sugli accorgimenti consigliati cfr. M. Lazzari, La protezione del patrimonio ar-

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472 Pierfrancesco Palazzotto

Delle rapide manovre Guiotto si sarebbe però dichiarato insod-disfatto, per quantità e qualità, perché, come egli stesso scrisse, «al-quanto modeste erano […] le provvidenze attuate», «ben s’intende al solo possibile scopo di difendere i monumenti dalle proiezioni di schegge, di evitarne possibili incendi od impedire ancora la caduta di tratti di tessuto musivo»22.

Le operazioni, in effetti, si limitarono, nella prima fase, a pochi edifici e solo medievali: la Zisa, la Cattedrale di Palermo, la Marto-rana, il Duomo di Monreale, la cappella Palatina e la Sala di Re Rug-gero, le chiese di San Francesco d’Assisi e di San Giovanni degli Ere-miti, con l’eccezione, ancora una volta, degli oratori di Serpotta di San Lorenzo e del SS. Rosario in San Domenico23. Ciò pone Serpotta nuovamente in una luce singolare, come nel 1878, all’epoca dell’In-ventario dei Monumenti Nazionali, di cui si è trattato al convegno di Bologna, allorché sempre l’oratorio di San Domenico fu una delle sole sei architetture sei-settecentesche ivi contemplate, anche se for-se in ragione della preziosa quadreria comprendente il van Dyck24. L’indirizzo del Soprintendente, dunque, non pare molto dissimile da quello dei suoi predecessori, Giuseppe Patricolo (1833-1905) e il ci-tato Valenti, autori di importanti restauri di ripristino di monumenti medievali in città. Sintomatico, per esempio, che quest’ultimo nel 1938, approntando progetti di protezione antiaerea, avesse previsto per la chiesa della Martorana strutture di supporto solo per le parti

tistico nazionale dalle offese della guerra aerea, Firenze 1942. Sull’argomento si ci-tano alcuni tra gli studi più recenti: In difesa dell’arte. La protezione del patrimonio artistico delle Marche e dell’Umbria durante la seconda guerra mondiale, a cura di P. Dragoni e C. Paparello, Firenze 2015; A. Carlesi, La protezione del patrimonio artistico italiano nella RSI (1943-1945), Milano 2012; Protezione e recupero del pa-trimonio culturale durante i conflitti, a cura di M.G. Fadiga, Perugia 2011; M. Nezzo, The Defense of Works of Art from Bombing in Italy During the Second World War, in Bombing, States and Peoples in Western Europe 1940-1945, a cura di C. Bandoli, A. Knapp e R. Overy, London 2011, pp. 101-120.

22. Guiotto, I monumenti…, cit., pp. 19-20. Le procedure di messa in sicurezza si sarebbero susseguite anche durante i primi bombardamenti per cercare di proteggere ciò che era scampato ai crolli. Per esempio a San Francesco d’Assisi Guiotto fotografa le protezioni dell’arco marmoreo della Cappella Mastrantonio con la seguente dida-scalia «Il portale del Laurana rimasto incolume è stato nuovamente protetto»; SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949, n. 19265, p. 9.

23. Guiotto, I monumenti…, cit., pp. 19-20.24. Palazzotto, Tutela…, cit., p. 190.

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473Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale

normanne, ignorando del tutto l’ampliamento cinquecentesco con gli affreschi barocchi di Guglielmo Borremans25.

In seguito Guiotto riuscì a provvedere ad altri monumenti archi-tettonici e scultorei medievali e rinascimentali, protetti o smontati e ricoverati in luoghi più sicuri, di cui fece redigere con lungimiranza rilievi dello stato di fatto, sempre nell’ottica di un’indispensabile se-lezione degli obiettivi più ragguardevoli, o ritenuti tali dai soprinten-denti in carica, in assenza di risorse e di tempo.

Per quegli strani scherzi del destino, del tutto casualmente, il tes-suto medievale fu in gran parte risparmiato dalla distruzione, tranne la chiesa della Magione, mentre furono fatte strame proprio di molti edifici rinascimentali e barocchi26 che, come avrebbe scritto lo stes-so Guiotto (inevitabilmente contraddicendosi nei fatti rispetto alla sua preponderante passione), erano «quelli che oggi conferiscono la principale fisionomia alla parte vecchia della città»27. D’altronde una selezione degli edifici era inevitabile e, con ogni probabilità, si partì dall’ottocentesco Inventario dei Monumenti Nazionali.

La citazione, come altre, è tratta da un piccolo e preziosissimo volume pubblicato dall’architetto nel 1946 e dal titolo I monumen-ti della Sicilia Occidentale danneggiati dalla guerra. Protezioni, danni, opere di pronto intervento. Si tratta di uno scritto emblema-tico rispetto a un traumatico periodo, vissuto in prima linea dall’au-tore, che osservò giorno dopo giorno la distruzione e la devasta-zione immane di opere d’arte secolari. L’incartamento fotografico conservato negli archivi della Soprintendenza si lega strettamente al volume di memorie, probabilmente in parte precedendolo, an-che se non si possono escludere un’integrazione e completamento successivi, ma è certo che l’autore avesse fin da subito un evidente progetto archivistico, funzionale allo studio, alla ricerca, al suppor-to per le scelte progettuali con evidenze documentali delle varie fasi di manovra.

25. Il progetto, conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato in Roma, è pre-sente senza alcun commento in R. Priori, Scritti d’arte in Sicilia tra le due guerre. Teoria, pratica e divulgazione della tutela dal 1920 al 1939, tesi del dottorato di ricerca in Storia dell’arte medievale, moderna e contemporanea in Sicilia, tutor S. La Barbera, XXIV ciclo, 2015, p. 107.

26. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 51.27. Ibidem.

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Guiotto fu molto metodico e preciso, annotando passo passo le conseguenze dei bombardamenti, fotografando lo stato momenta-neo, raccogliendo le fotografie precedenti e quelle posteriori dei lavo-ri in corso e dei restauri ultimati, anche in questo del tutto aderente alle prime raccomandazioni di Gustavo Giovannoni sull’importanza di «documentare sistematicamente, mediante note, rilievi e special-mente fotografie, le condizioni di fatto delle opere monumentali»28. Le sequenze offrivano chiarimenti visibili, vere e proprie illustrazio-ni evidenti del suo operato, e tendevano a fissare la memoria dello stato di fatto, cioè delle rovine, nonché a porre in rilievo gli elementi architettonico-scultorei più antichi tornati alla luce in seguito alle devastazioni, a mostrare la correttezza del metodo intrapreso e a giustificare le possibili difficili scelte, come trapela dal senso impli-cito di molte didascalie da lui redatte in calce alle fotografie e dalla presenza di alcuni resoconti ufficiali di restauro.

A San Francesco d’Assisi, rispetto all’anteriore prevalente mor-fologia interna settecentesca, l’autore pose l’accento su tutti questi aspetti e presentò immagini con gli «elementi cinquecenteschi di una finestra e di una volta a crociera nella navata nord», gli «ele-menti di crociere cinquecentesche nella navata sud», «una bifora della prima epoca della chiesa liberata dalla muratura che la occlu-deva» e, ancora, «la stessa bifora, l’unica rinvenuta integra nella parte superiore, restaurata e completata alla base con gli elementi sicuri del sito», «la base antica della colonna crollata nella 2a parte della chiesa. In secondo piano vedonsi alcuni elementi della colon-na, recuperati tra le macerie»29.

Il pieno riutilizzo dei materiali originari, ove possibile, è rimar-cato anche dalla fotografia di San Francesco d’Assisi con l’annota-zione secondo cui «si stanno ricostruendo le due arcate crollate. La colonna è stata ricostruita con molti elementi recuperati»30; mentre le rovine e il loro restauro come cantiere di disvelamento dell’antico sito traspare dalla nota appena precedente: «Sotto le decorazioni di malta si è trovato il nascimento dell’arco di trionfo originale»31. E lo

28. Giovannoni, Restauro…, cit., p. 41.29. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949,

n. 19265, pp. 6, 12, 14.30. Ivi, p. 17.31. Ibidem.

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stesso procedimento avviene per Abatellis: «Lo stato interno di una trifora deturpata dai rimaneggiamenti e danneggiata dalle deflagra-zioni / Un’antica finestra ritrovata mutilata nel muro perimetrale est del palazzo. […] Una portina originale rinvenuta nel muro ovest del-la torre ad est / L’esterno di una finestra antica rinvenuta nel muro perimetrale est presso l’angolo sud-est. […] Un portone originale ri-trovato con una spalla mutilata nel muro perimetrale est / La spalla del portone è stata ricostruita»32.

Egualmente il Soprintendente procede rimarcando spesso le dif-ficoltà tecniche incontrate e felicemente risolte, pur con innesti di cemento armato, consueto per l’epoca, a San Francesco33, alla Ma-gione34, come a Palazzo Abatellis35.

Spesso sono affiancate le immagini precedenti e successive al re-stauro, al fine di dare risalto al complesso lavoro di ricomposizione o ricostruzione degli apparati decorativi, che compresero anche le cappelle a commesso marmoreo “mischio e tramischio”, unanime-mente riconosciute di grande interesse36. Il principio storico di uni-formità dell’insieme fu rispettato, ad esempio, estrapolando i «sar-cofagi liberati» di età classica (ma anche quello cinquecentesco), rinvenuti a causa dei danni all’interno del setto murario della zona basamentale della cappella barocca dell’Immacolata, e ricomponen-do la superficie marmorea37.

Consideriamo che, nella prima fase, Guiotto operò quasi isola-to dal resto d’Italia per circa un anno38 e in stretta collaborazione con gli Alleati, sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943, che, a dire il vero,

32. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Palazzo Abatelli 1943-1949, n. 19269, pp. 22, 24, 27.

33. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949, n. 19265, pp. 16, 22, 24-26.

34. «Si esegue un cordolo in cemento armato durante la ricostruzione dell’ab-side»; SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica della Magione 1943-1949, n. 19275, c. 32.

35. «Si costruiscono nelle dimensioni e nel sito dei fori ritrovati delle antiche travi di legno le travi in cemento armato del nuovo tetto a terrazzo»; SBCPA, AS, AG, busta Palermo Palazzo Abatelli 1943-1949, n. 19269, p. 20.

36. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949, n. 19265, pp. 27-33, in particolare pp. 32 e 33.

37. Ivi, pp. 28-30.38. Il primo Governo post-fascista si insediò a Salerno nella primavera del 1944;

Calandra, Premessa…, cit., p. 9.

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furono celeri nell’approvare e finanziare gli interventi più urgenti, proposti dal Soprintendente già un mese dopo l’insediamento del Governo39. Che l’attenzione degli Alleati non si potesse ritenere scontata fu sottolineato dallo stesso architetto, il quale, nel ricorda-re quei frangenti, evidenziò proprio l’ascolto e la sensibilità mostrata da alcuni ufficiali dell’AMGOT nel comprendere il valore anche mo-rale di quei monumenti40.

In seguito ai bombardamenti, con molta pragmatica il Soprin-tendente dovette prendere repentine ed efficaci decisioni in uno stato di enorme tensione, il che fa apparire la sua azione davvero eroica, come quella di altri valenti funzionari pubblici italiani nel-le medesime condizioni. Esse previdero l’individuazione dei beni colpiti, la valutazione della gravità, le disposizioni di vigilanza per evitare o almeno limitare trafugamenti, la messa in sicurezza delle costruzioni cadenti, la selezione delle strutture rilevanti e delle or-namentazioni artistiche frammentarie da potersi ricollocare, fino a una visione complessiva nell’ambito dei piani di ricostruzione ge-nerali. Dunque, ogni considerazione filologico-scientifica sulla sua attività deve essere senz’altro ponderata anche sulla base di questi fattori sfavorevoli decisivi. Così, nel giro di un anno, dopo le prime iniziative, Guiotto redasse nel maggio del 1944 un elenco commen-tato di cinquantotto edifici ritenuti di maggiore importanza e, un mese dopo, un secondo indice con altri cinquantuno immobili pur rilevanti di Palermo e significativi di Agrigento, Caltanissetta, Tra-pani, Marsala e Mazara41.

Si può dire che Guiotto apparve molto lucido nella sua azione ed enunciò nel volume del 1946 con estrema chiarezza i criteri che furono da lui adottati per agire in quelle complicate circostanze. Essi previdero innanzitutto un giudizio di valore sui beni colpiti al fine di elaborare una scala di iniziative, e non possiamo negare che ciò presupponeva un’inevitabile discrezionalità in tempi molto stretti e possibili errori di valutazione che sarebbero stati evitabili in altri contesti. Scrisse, infatti, l’architetto, sempre molto consapevole del suo operato, «...non pochi erano i casi che presentavano difficilis-

39. Chiarelli, Mario…, cit. p. 335.40. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 52; Calandra, Premessa…, cit., p. 11 nota 4.41. Calandra, Premessa…, cit., p. 9.

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simi problemi da risolvere e di gravissima responsabilità di fronte all’importanza del monumento, da restituire senza compromissioni, di fronte al giudizio degli amatori, degli studiosi e dei critici d’arte»42. Emblematica, tra le altre, una didascalia per la chiesa di San Ignazio all’Olivella, la cui cupola crollò al suolo: «Si apre una breccia per entrare nella cripta sfondata e recuperare dipinti e paliotti rimasti semisepolti dalle macerie»43.

Stabilì, quindi, di procedere innanzitutto con opere conservative solo ove fosse stato possibile un effettivo recupero; dispose inoltre di limitarsi a riportare in salvo i frammenti «di maggior pregio» dalle fabbriche irrecuperabili e di cui si sarebbe decisa la rinuncia; decise di abbandonare al proprio destino le fabbriche semidistrutte, ma di intervenire anche in episodi di edilizia «aventi un determinato ca-rattere ed un interesse nell’ambito dell’architettura minore e dell’ar-te locale». Anche in quest’ultimo caso si rileva la conoscenza delle teorie di Giovannoni44.

Centrali furono i punti 6 e 2 del suo testo, che annunciavano ri-spettivamente la non ricostruzione di corpi postumi aggregati a edi-fici più antichi e «di liberare e di restituire alla vita le strutture e gli elementi di insigne origine che risultavano sepolti in superfetazio-ni od avvolti in involucri posteriori privi di significato e facilmente dissolubili»45. Ecco la chiave con cui il Nostro poté attuare alcuni suoi obiettivi46. Difatti le distruzioni belliche, in alcuni casi, dettero la stura ai restauri post-bellici del Soprintendente, aprendo la stra-da ai ripristini ma evitando quel lavoro di sventramento che l’ar-chitetto Giuseppe Patricolo aveva attuato nelle chiese normanne di Palermo vari decenni prima, a scapito delle incrostazioni marmoree barocche.

C’è da dire che nel 1909, a proposito della chiesa della Marto-rana, dove aveva operato proprio il soprintendente Patricolo, Vin-cenzo Pitini, docente di Storia dell’arte presso il R. Istituto di Belle

42. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 53.43. SBCPA, AS, AG, busta Palermo S. Ignazio Martire all’Olivella 1944-1949,

n. 19268, p. 15.44. Cfr. Ceschi, Teoria…, cit., p. 113; M.P. Sette, Profilo storico, in Trattato di

restauro architettonico, diretto da G. Carbonara, I, Torino 1996, pp. 230-236.45. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 53.46. Ivi, p. 54.

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Arti di Palermo, aveva criticato quel traumatico restauro47, soffer-mandosi sul concetto boitiano di stratificazione48, che pure Guiotto conosceva, insieme al principio della riconoscibilità. Quattro anni dopo Gustavo Giovannoni avrebbe pubblicato sul «Bollettino d’Ar-te» il citato lungo articolo sui restauri dei monumenti49, anche se la sistematizzazione teorica a stampa dei suoi precetti sarebbe cadu-ta proprio intorno al 1945, a ridosso della pubblicazione del nostro Soprintendente50, quindi successivamente a gran parte dei cantieri palermitani.

Dunque, superata la prima fase molto concitata, in cui l’archi-tetto mostrò una tempra e un’energia invidiabili, la sua operosità proseguì fino al 1949 con il restauro degli edifici danneggiati o in ogni caso bisognosi di restauro, confermando innanzitutto le doti tecniche, forgiate molto probabilmente come geometra tra il 1934 e il 1937 nell’Ufficio del Genio Civile di Potenza51. A tale perizia si può ricondurre, per esempio, la scomposizione e ricomposizione del fianco settentrionale della chiesa di Santa Maria della Catena di Palermo dopo il 194352, portata ad esempio da Roberto Pane tra i “restauri di ricomposizione” del dopoguerra53, e quella egualmente applicata alle cappelle Calvello e del Beato Gerardo in San Francesco d’Assisi dopo la Guerra: «La cappella Calvello durante la scomposi-zione e ricomposizione della volta danneggiata», «si scompone e si ricompone la volta della cappella del Beato Gerardo»54.

Quando scrive, in seguito allo sfacelo nella chiesa di San Giusep-pe dei Teatini, «si sta tessendo il pauroso squarcio nella volta sulla nave di centro», lascia trapelare l’impegno certosino e quasi arti-

47. V. Pitini, Note sull’arte di Giacomo Serpotta, «Archivio Storico Siciliano», 1909 (XXXIII), p. 414.

48. Sulla questione cfr. Ceschi, Teoria…, cit., pp. 108-110; Sette, Profilo…, cit., pp. 202-212.

49. Giovannoni, Restauro…, cit., pp. 1-42.50. G. Giovannoni, Il restauro dei monumenti devastati dalla guerra, Roma s.d.

[sed 1945].51. Chiarelli, Mario…, cit., p. 333.52. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 58; Chiarelli, Mario…, cit., p. 336.53. R. Pane, Il restauro dei Monumenti, in La ricostruzione del patrimonio arti-

stico italiano, Roma 1950, p. 50.54. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949,

n. 19265, pp. 34, 35.

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gianale del progettista che ha anche piacere di mostrare come sia riuscito a risolvere progressivamente le ardite problematiche tec-nico-statiche pur con un budget molto limitato: «i tratti pericolanti di volta sono stati cautelati provvisoriamente con agganciamenti», e poi «si è chiusa la striscia di centro del tratto di volta crollata col solo ausilio di centine leggiere ed economiche», e ancora «i filari del tratto di volta in ricostruzione si incontrano con quelli della parte vecchia»55. Lo stesso approccio “illustrativo” si ritrova per le altre chiese pure molto gravemente colpite dalle bombe, tra le quali il SS. Salvatore: «Il ponte di servizio dovutosi costruire all’esterno. / Si scompongono le parti pericolanti della loggia, detta la vista. / Altra visione del pauroso squarcio. / I pochi anelli centrali rimasti un poco deformati ed in condizioni precarie reggono appena la vol-ta. / Un primo anello di ausilio, in cemento armato, viene eseguito accanto agli anelli centrali mediante un cassero sospeso. / Tra il groviglio di legname dei ponti di servizio si vede la centina sospesa con la quale si ricostruirà il tratto di volta rovinato. / I conci ven-gono sagomati con un piccolo dente che impedisce loro lo scivola-mento. / Ad uno ad uno si ricostituiscono gli anelli»56. Anche per la chiesa del Gesù a Casa Professa sintomatiche del metodo utilizzato sono, tra le altre, un paio di didascalie: «L’interno dopo lo sgombe-ro ed il selezionamento delle macerie» e «I danni alla incrostazione marmorea / Le fodere marmoree rinsaldate o riapplicate»57, che in-dicano il riutilizzo, già ampiamente annunciato, del materiale ori-ginale, ove possibile, e la ricollocazione in situ, come nella Cappella dell’Immacolata a San Francesco d’Assisi.

La vastità e pluralità di operazioni non consentono in questa sede una disamina analitica, che ci si ripromette di approfondire specifi-catamente altrove, ma si ritiene opportuno segnalare almeno alcuni aspetti che emergono dall’ampia documentazione, partendo da due nodi in una certa maniera divergenti, che dovranno in seguito essere meglio sciolti.

55. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Chiesa di S. Giuseppe, Chiesa del SS. Salvato-re, Chiesa di “Casa Professa”, 1943-1949, n. 19266, pp. 5-7.

56. Ivi, pp. 20-24.57. Ivi, pp. 32, 36.

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Da un lato è in Guiotto la consapevolezza dell’aver agito in uno stato di emergenza e spesso fuori dagli schemi e dalle norme teori-che sul restauro già invalsi58; dall’altro è la supposta mancanza di scrupolosa analisi scientifica a monte degli interventi, paventata in studi recenti. Perché, se in qualche modo la fretta a ridosso delle demolizioni non consentiva ovviamente esercizi teorici e approfon-dimenti storici, forse la maggiore serenità negli anni successivi della ricostruzione avrebbe potuto consentire un approccio più filologico; soprattutto dopo il 1946.

Certamente, ogni giudizio può essere avanzato solo storicizzan-do rispetto al coevo contesto nazionale; però, a un primo approccio, sembra evidente che Guiotto coltivasse in sé il principio di stampo ot-tocentesco volto a recuperare la natura originaria dell’opera a scapito delle cosiddette superfetazioni e, come scriveva, «a vantaggio per i monumenti»59. Questo era il medesimo spirito che aveva informato i drastici restauri di Patricolo e di Valenti, pur con risultati oggi esteti-camente molto gradevoli, ma scientificamente non più condivisibili.

Ciononostante, nel professionista era sicuramente un maggiore e più moderno rispetto per le opere del passato, forse anche per gli stimoli provenienti dai dibattiti nazionali seguiti alla Carta di Atene del 1931, di cui certo era a conoscenza60; ma, al netto della tragedia culturale e umana che il Soprintendente provò sulla sua pelle, le de-molizioni della guerra, come si è detto, furono pure un’occasione per liberare i monumenti e riportarli a una facies per lui consona alla loro fondazione. Non dimentichiamo che le linee guida del direttore generale alle Antichità e Belle Arti, Guglielmo De Angelis d’Ossat, per gli interventi postbellici, contemplavano anche «il ripristino di una precedente configurazione, messa a nudo dalle distruzioni e ri-tenuta di maggiore interesse»61.

58. Guiotto, I monumenti…, cit., pp. 53-54.59. Ivi, p. 54.60. Sui contenuti della Carta, cfr. Sette, Profilo…, cit., pp. 236-250. Guiotto

aveva letto sicuramente le riflessioni in tal senso di Argan e Calzecchi Onesti; cfr. G.C. Argan, Restauro delle opere d’arte progettata istituzione di un gabinetto cen-trale del restauro, «Bollettino d’Arte», 2, 1938-1939 (s. «Le Arti»/a. I), (Il Convegno dei Soprintendenti), pp. 133-137; C. Calzecchi Onesti, Il restauro dei monumenti, «Bollettino d’Arte», 2, 1938-1939 (s. «Le Arti»/a. I), pp. 137-143.

61. Citato in Prescia, Restauri…, cit., p. 43. Cfr. anche Sette, Profilo…, cit., pp. 274-282.

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Esemplificativi in questo senso ritengo siano ancora i restauri delle chiese di San Francesco d’Assisi, della SS. Trinità della Ma-gione e di Palazzo Abatellis, tutti restituiti con esiti legati all’istan-za estetica, per dirla con Brandi, eccezionali e ammirevoli ma con uno scarso rispetto di quella che, in seguito, sarebbe stata definita l’istanza storica. D’altronde, lo stesso Ceschi spiegò come estetica-mente e moralmente motivata la ricostruzione della Magione, unica alternativa alla condizione perenne di rudere62.

Intendiamoci, Guiotto problematizzava sufficientemente le sue scelte; tuttavia, al netto della conoscenza dei criteri teorici del re-stauro moderno, operava secondo il proprio gusto personale. Per esempio a proposito di San Francesco si chiedeva retoricamente: «conveniva ricostruire il sacro edificio nelle tozze, fredde, insigni-ficanti forme settecentesche […], ovvero conveniva […] rimettere in vista ed in onore le strutture di origine della chiesa […] secondo le antiche forme, servendosi in parte del materiale recuperato?»63. La risposta si basò su un enunciato di principio: «sarebbe stato secondo noi un vero errore quello di non rimettere in evidenza un edificio medievale, interessantissimo ed unico del tempo a Palermo»64.

Riguardo al trattamento delle strutture, nel dopoguerra adottò le medesime tecniche già collaudate, pur interrogandosi, per esempio nel caso della chiesa della Magione: «Ma come rifare la muratura crollata? Con materiali nettamente diversi: con mattoni, ad esem-pio, per essere ligi alle regole del restauro?». Nelle annotazioni in calce alle fotografie si era già espresso: «particolare dell’abside. Il vecchio è delimitato dal nuovo (che verrà datato) mediante liste di mattoni sottili»65. Nel volume del 1946 avrebbe meglio spiegato che «le nuove superfici molto ampie avrebbero gridato eccessivamente per forte contrasto di colore» e, quindi, risolveva la questione con il consueto utilizzo della «tanto bella pietra tufacea, la quale si sa-rebbe sempre distinta da quella originale per differenza di qualità e di lavorazione, profilando con una sottile lista di mattone rosso la

62. Ceschi, Teoria…, cit., p. 201.63. Guiotto, I monumenti…, cit., pp. 55-56.64. Ivi, p. 56.65. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica della Magione 1943-1949, n. 19275,

p. 33.

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parte antica da quella nuova ed apponendovi delle date»66. Alla Ma-gione ricostruì o, meglio, ricompose, ma solo ciò che ritenne utile e artisticamente valido, rimise in luce, ovvero liberò («Si rimargina la parete nord del presbiterio, mutilata da un rincasso. Si riapriranno poi i fori originali di finestra») e riportò ciò che poté al suo posto, cioè restituì («La colonna ottocentesca, inserita nel pilastro nord tra le navi ed il presbiterio, da sostituire con quella originale» e ancora «Nei pilastri tra il titolo e l’antititolo si sono ricollocate le colonne originali»)67. Le scelte di Guiotto ebbero poi l’imprimatur di Rober-to Pane che ne fece oggetto di citazione tra i restauri di reintegrazio-ne del dopoguerra68.

A Palazzo Abatellis, dopo il consolidamento indispensabile e il traumatico scartocciamento degli «intonaci moderni»69, ovvero così da lui definiti per mettere in evidenza le lesioni nelle strutture, si provvide al radicale ripristino dell’edificio tardo-quattrocentesco alienando ogni sovrapposizione successiva, pur nell’apparente ri-spetto delle parti e dei residui originali: «La torre d’angolo scom-posta e ricomposta in un tratto superiore e rinforzata con catene di ferro. Le merlature sono state svuotate. Nella trifora restaurata si devono ricollocare le colonnine». […] Le arcate dell’ordine inferiore ricomposte quasi integralmente con gli elementi recuperati. […] Si ricompongono le arcate inferiori. Sono ben visibili gli antichi ele-menti / Si ricostruisce il solaio al primo piano del loggiato sulla scor-ta di elementi originali rimasti in sito. […] I due ordini del loggiato rifatti nella quasi totalità con gli elementi originali recuperati. […] Si sta ricostituendo la merlatura crollata del lato sud della torre con quasi tutti gli elementi originali recuperati […]»70.

Le linee teoriche adottate, come si è detto, non sembrano tanto diverse da quelle contestualmente espresse da Giovannoni: conso-lidamento, liberazione, ricomposizione, completamento71. Diciamo

66. Guiotto, I monumenti…, cit., pp. 54-55.67. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica della Magione 1943-1949, n. 19275,

pp. 15, 39.68. Pane, Il restauro…, cit., p. 25.69. Guiotto, I monumenti…, cit., p. 57.70. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Palazzo Abatelli 1943-1949, n. 19269, pp. 3,

10, 11, 13, 21.71. Anche in questo caso il restauro, ancora in corso, fu portato ad esempio da

Roberto Pane; cfr. Pane, Il restauro…, cit., p. 50.

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483Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale

che, invece, della Carta di Atene del 1931 sembrerebbero piuttosto trascurati il rispetto verso le opere di epoche diverse e l’esortazione a evitare ampi ripristini. Tale atteggiamento era, però, ampiamente diffuso dopo la guerra in tutta Italia e nel resto d’Europa, e pure giu-stificato pragmaticamente dallo stesso Giovannoni72.

Libertà è, difatti, il sostantivo a cui sembra principalmente in-neggiare il restauratore più volte, ad esempio, plaudendo alla rina-scita dell’antica basilica francescana: «le due arcate crollate nella 2a metà della chiesa sono state ricostruite nella forma medievale delle arcate rimaste nascoste dalle superfetazioni», «il pilastro tra le due parti della chiesa viene ripulito dalle superfetazioni insignificanti», «si sta liberando l’arcata rimasta dal lato sud nella IIa metà della chiesa», «l’arcata medievale, decorata nel sec. XVII, già liberata», «le due arcate ricostruite e quella liberata…»73. Lo stesso si riscontra per l’Abatellis: «viene liberata una portina originale / Si restaura una porta che dà sul cortile e che era stata resa irriconoscibile dai rifacimenti. […] L’interno della chiesetta contigua al palazzo ingom-bro di brutte superfetazioni / Si sono demolite le brutte superfeta-zioni nella chiesetta»74.

In questa chiara direzione, apparentemente senza esitazioni, si muove Guiotto che espone i suoi proponimenti nella relazione al-legata al progetto di restauro della chiesa francescana datata 10 settembre 1946, in cui le ragioni delle soluzioni adottate sembrano incontestabilmente offerte dal monumento stesso disvelato dagli squarci, tornato alla luce, nel quale il restauro è anche cantiere di conoscenza (per esempio in relazione alla cronologia dell’edificazio-ne): «…Dall’esame che ho potuto fare finora alle strutture murarie e dal raffronto degli elementi architettonici risulterebbe, invece, che la Chiesa è stata costruita […] in due successivi periodi, ma fra loro piuttosto prossimi e comunque sempre entro il secolo XIII […]»75.

72. Prescia, Restauri…, cit., pp. 43, 56 nota 88.73. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949,

n. 19265, pp. 18, 19, 20.74. SBCPA, AS, AG, busta Palermo Palazzo Abatelli 1943-1949, n. 19269, pp. 25,

28. Il corsivo è mio.75. Soprintendenza di Monumenti della Sicilia Occidentale in Palermo, Palermo

– Basilica di S. Francesco d’Assisi. Progetto di restauro-Relazione del 10/9/1946,

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Ma sono le successive considerazioni, indubbiamente antisto-riche, quelle determinanti: «Nel 1723 un terremoto causò il crollo delle volte e dissesti alla ossatura muraria, dopo di che le strutture antiche vennero avvolte in grosse superfetazioni che ne trasforma-rono completamente il carattere; e di un bello edificio medioevale ne fecero uno di scarso interesse. Nel tardo Ottocento questa fredda e nuova architettura venne ricoperta da una decorazione pittorica che completò l’aspetto volgare del tempio», e ancora, «in seguito al crollo affiorarono, sotto le murature settecentesche, le membrature architettoniche antiche. Ne sorse, quindi, il problema del come si sa-rebbe potuto ricostruire il sacro edificio. La pregevole architettura del Medio Evo s’impone indirizzando alla demolizione delle super-fetazioni tardive, prive di valore estetico, e alla sua valorizzazione mediante restauro. Si fecero i dovuti rilievi, saggi e altre ricerche in modo da formarsi una precisa conoscenza dell’antica struttura e delle opere da compiere. Nel progetto di restauro il concetto pre-dominante è stato quello di rimettere in luce e in evidenza tutti gli elementi dalla origine fino al secolo XVI, evitando nel maggior gra-do possibile di eseguire delle false riproduzioni stilistiche, limitando strettamente le ricostruzioni alle indispensabili necessità strutturali, ripetendo, solo dove vi erano gli elementi sicuri, le forme, nelle loro linee d’insieme, degli elementi originali. Con tale criterio le arcate crollate sono state e saranno ricostruite sulla base di quelle rima-ste, opportunamente messe in evidenza, dopo essere state liberate. Sulle navatine, laterali, dove sono rimasti tutti i nascimenti delle crociere verrebbero rifatti i soffitti a volta con appropriati materiali leggeri innestandosi alle parti di volta rimaste. Sulla nave centrale, dove vi è qualche traccia della volta cinquecentesca, ma dove man-cano elementi precisi e certi, verrà eseguito il tetto ligneo misto a cassettoni ispirato a forme medioevali, ma con lo spirito del nostro tempo e tale da inserirsi armonicamente nell’architettura dell’edifi-cio. Tutte le finestrine cinquecentesche, mutilate e murate, verranno riaperte e completate nelle parti mutilate avendo cura che le parti aggiunte si distinguano, sebbene in modo non troppo appariscente, dalle parti originali, sì da non fuorviare la conoscenza degli studiosi

in SBCPA, AS, AG, busta Palermo Basilica di S. Francesco d’Assisi, 1943-1949, n. 19265, s.c.

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485Mario Guiotto Soprintendente ai Monumenti in Sicilia occidentale

d’arte. Si avrà cura – cioè – che le aggiunte, nelle quali possano es-ser sagome o elementi decorativi, vengano eseguite nella loro forma schematica senza finitura di particolari e vengano datate. Una par-ticolare cura e una larga serie di opere saranno svolte per rinsaldare – usando tutte le cautele e gli accorgimenti della tecnica – le strut-ture delle Cappelle Medioevali e delle altre barocche che subirono forti lesioni e trovansi in condizioni pericolanti, senza alterarne la fisionomia e il carattere. Con tali intendimenti, riteniamo di pote-re rimettere in onore e nella sua giusta luce un importante edificio artistico-storico e che, sebbene non risulti stilisticamente unitario, tuttavia resti un edificio vivo a rappresentare, pur nella varietà ar-chitettonica dall’origine fino al cinquecento e nella eterogeneità dei particolari decorativi, barocchi-settecenteschi, importanti epoche di indiscutibile interesse ed il processo evolutivo del tempio stesso»76.

La passione, ma anche l’orgoglio, con cui Guiotto sembra per-correre gli anni della sua attività palermitana traspaiono anche da una breve lettera inviata a un giornale plausibilmente nel 1962 dal soprintendente Giuseppe Giaccone, volta a ristabilire puntualmen-te i ruoli di Carlo Scarpa e di chi l’aveva preceduto nel cantiere di Palazzo Abatellis, in seguito al premio ricevuto da quest’ultimo in quell’anno: «è noto infatti che nell’immediato dopoguerra fu l’archi-tetto Mario Guiotto, Soprintendente ai Monumenti del tempo, che salvò il monumentale palazzo dagli “sciacalli” e iniziò la sua rico-struzione tra le mille difficoltà degli scarsissimi finanziamenti e delle umane incomprensioni»77.

Dal 1943 Guiotto insegnò Rilievo e Restauro dei Monumenti al corso di specializzazione in Architettura presso la Facoltà di Inge-gneria dell’Università di Palermo e, dal 1946 al 1949, Restauro dei Monumenti nella nuova Facoltà di Architettura, avendo acquisito la libera docenza nel 1948. L’attività didattica sarebbe proseguita al Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio

76. Ibidem.77. La nota precisava anche che dal 1949 al 1955 «il completo restauro del pa-

lazzo fu tra le opere più impegnative concluse dall’architetto Armando Dillon che in quel periodo diresse la Soprintendenza» e che dunque il premio a Scarpa riguarda-va l’«adattamento a Museo e del suo arredamento ma non quello del “restauro”»; SBCPA, AS, AG, busta Palermo Palazzo Abatelli 1943-1949, n. 19269, s.p.

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di Vicenza e nell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia78, anche producendo testi frutto dei suoi studi e delle sue ricerche, che devono ancora essere oggetto di analisi per meglio delineare la per-sonalità di colui che è stato giustamente definito il «primo artefice del salvataggio e della rinascita di tanti monumenti di Palermo»79.

78. Calandra, Premessa..., cit., p. 10.79. Ibidem.

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Il recupero delle opere d’arte disperse durante il secondo conflitto mon-diale, la riorganizzazione delle soprintendenze e dei musei, i restauri del patrimonio storico-artistico ferito o trascurato, l’apertura di impor-tanti mostre, la pubblicazione in lingua italiana di saggi stranieri e il

rinnovamento del dibattito, la fondazione di nuovi periodici specializzati: gli Atti del Convegno del X anniversario della Società Italiana di Storia della Critica d’Arte (SISCA) raccolgono 43 relazioni di altrettanti studiosi chiamati a far luce su un periodo cruciale per la storia del patrimonio artistico ita-liano, per la sua tutela e il suo inquadramento critico e interpretativo. Anni di «straordinario fervore», attraversati dal lavoro di storici e critici come Longhi, Ragghianti, Gioseffi, Maltese, Arslan, De Micheli, Sinisgalli, Baroni, De Logu, Scarpellini, Gnudi, Brugnoli, Zeri, Argan, spesso in dialogo – talvol-ta in polemica – con colleghi stranieri quali Berenson, Panofsky, Wittkower, Middeldorf, Baxandall, Chastel.

Il volume è dedicato a Gianni Carlo Sciolla (1940-2017), fondatore e pri-mo presidente della SISCA, insigne studioso di fama internazionale e ricono-sciuto maestro di più generazioni.

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