NEL CAMMINO DI QUEST’ANNO CI ACCOMPAGNERÀ IL VANGELO DI MARCO

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2005 Ottobre 327 PERIODICO MENSILE - Anno XXXI Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo NEL CAMMINO DI QUEST’ANNO CI ACCOMPAGNERÀ IL VANGELO DI MARCO

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2005 Ottobre 327

PERIODICO MENSILE - Anno XXXIPoste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo

NEL CAMMINODI QUEST’ANNO

CI ACCOMPAGNERÀIL VANGELO DI

MARCO

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E’ il riunirsi di una Chiesa attorno al suo Vescovo per valutare il cammino che stafacendo e mettersi d’accordo su alcune strade da prendere. E’ un momento fortedi Chiesa: da vivere in un clima di preghiera e di invocazione dello Spirito, in unatteggiamento di fede e di conversione; mettendo in gioco tutta l’intelligenza etutto il coraggio di cui siamo capaci per comprendere il momento storico che stavivendo la nostra testimonianza cristiana.

La Chiesa di Bergamo si riunisce in Sinodo al termine della visita pastorale delsuo Vescovo e di un Piano pastorale durato dieci anni con il quale si è cercato di“dare un volto conciliare” alla nostra Chiesa: si è cioè provato a raccogliere i frut-ti di tutto il lavoro fatto a Bergamo in questi quarant’anni dopo il Concilio. Il Si-nodo concentra tutta la sua attenzione sulla parrocchia, che è la forma più consi-stente e significativa della Chiesa che si è impiantata a Bergamo, ma che ormaimostra chiaramente i limiti dell’impostazione del passato e non riesce ancora adelineare i tratti della sua nuova identità. Essa va ripensata e in qualche modoreimmaginata perché sia in grado di attuare una nuova evangelizzazione dellapopolazione e del territorio bergamasco. Tale rinnovamento ha come punti di ri-ferimento il Concilio Vaticano II e un atteggiamento di lucido dialogo con la cul-tura moderna.

Il Sinodo dura quattro anni e siamo già a metà percorso. Il primo anno è statodedicato a comporre il “Quaderno” che costituisce la base di questo complessodiscernimento. Il secondo anno ha visto le parrocchie, i vicariati e le altre compo-nenti della Chiesa di Bergamo leggere e assimilare il Quaderno. Il terzo anno, che

Cos’è il Sinodo?

Versoil SinodoNell’assemblea parrocchiale didomenica 25 settembre si è par-lato, tra l’altro, del Sinodo che lanostra Chiesa di Bergamo stavivendo. Se ne riportano qui, informa di domande e risposte, ipassaggi principali che cercano diriprendere i “ragionamenti” che ilSinodo sta facendo.

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è quello che parte adesso, vedrà ogni singola parrocchia elaborare, con l’aiuto diquestionari, le sue valutazioni e le sue proposte in vista del Sinodo. La quarta eultima fase sarà quella che l’anno venturo vedrà un’assemblea sinodale riunita at-torno al Vescovo discutere e proporre un documento finale alla diocesi.

Perché la parrocchia è l’istituzione centrale del cristianesimo bergamasco; e la sicrede ancora in grado ai nostri giorni di garantire una presenza efficace dellatestimonianza cristiana, anche se presenta vistosi segni di stanchezza e di ina-deguatezza. La parrocchia, nata per realizzare la missione vicino alle case e allavita quotidiana della gente, viene da una storia secolare efficace di evangelizza-zione e di impiantazione del cristianesimo nella terra di Bergamo. E’ in gradooggi di attraversare le sfide di un mondo in profondo cambiamento e di pro-porre un cristianesimo praticabile dal credente comune nelle condizioni ordina-rie della vita che si svolge in una cultura completamente nuova? E’ in grado, apartire dalla sua tradizione, di garantire un’iniziazione cristiana dell’uomo diqueste società “post-moderne”? Alle sorti della parrocchia è legato il destino diun cristianesimo popolare vicino alla vita di tutta la gente, in grado di esserepraticato nelle condizioni comuni del vivere.

Quali sono le possibilità e quali le sfide del cristianesimo parrocchiale?Le nostre parrocchie intercettano ancora largamente una diffusa domanda reli-giosa che la gente si pone confusamente in rapporto a situazioni decisive dellasua esistenza, dei suoi rapporti con gli altri e del senso complessivo della suavita. Ma tale domanda religiosa è alquanto confusa; e la coscienza dei fedeli èincerta quanto al sapere in che cosa consista effettivamente l’essere cristiano, aquali condizioni la sua esistenza di ogni giorno si possa dire cristiana, che rap-porto ci sia tra l’essere cristiano e l’appartenere a una comunità parrocchiale.Occorre che le nostre parrocchie predispongano un ministero efficace in vistadel riconoscimento della qualità cristiana di tale domanda religiosa.

Si potrebbe riassumere così la sfida fondamentale di fronte alla quale si tro-vano le nostre parrocchie: come coordinare l’accoglienza nei confronti di tutti eil discernimento di ciò che è propriamente cristiano? La condizione diffusa delnostro cristianesimo è quella per cui molti si dichiarano ancora cristiani e,insieme, fanno difficoltà a riconoscersi in un’appartenenza e in una pratica pre-cisa. Sono molti i “cristiani” che non frequentano con regolarità la Messa, nonaderiscono alle proposte della comunità, non seguono le indicazioni dellaChiesa in campo morale, ma si rivolgono alla Chiesa ogni volta che la loro vitagiunge a momenti importanti, a passaggi decisivi e particolarmente misteriosiche mettono in gioco il senso della vita e dei legami fondamentali come lanascita, la crescita e l’educazione, il matrimonio, la socialità e la costruzionedella città, la malattia, la morte e il lutto. E’ come se la nuova cultura – che tendea isolare l’individuo dai legami e dai grandi significati ad essi legati e a separareil senso secolare e il senso religioso di questi eventi – non riuscisse del tutto adeliminare queste esperienze profonde che l’uomo continua in qualche modo afare e a riferire alla religione e alla Chiesa. E’ questa per la Chiesa una situa-zione di grande opportunità e di grande responsabilità: perché queste evidenzeetiche e simboliche, che la nuova cultura tende ad occultare, parlino più chiara-mente alla coscienza delle persone; e perché queste esperienze umane nellequali si rivelano i significati e le responsabilità decisivi dell’avventura umana –e il loro carattere di promessa e di fede – diventino il luogo in cui il vangelo e lapromessa cristiana vengono efficacemente proposti. Ora, questo compito lenostre parrocchie fanno fatica a svolgerlo. Il modo con cui rispondevano a que-

Perché si è scelto il tema della parrocchia?

Quali sono le possibilità e quali le sfide del cristianesimo parrocchiale?

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sta domanda non funziona più tanto bene. Questo incontro tra la domandadell’uomo e la proposta della Chiesa ha bisogno di essere rinnovato, di trovarealtre modalità. E’ cambiato – come si dice tra gli addetti ai lavori – il modellopastorale.

Un nuovo “modello pastorale”?La nostra società è sempre più caratterizzata dal sopravvenire di una nuovacultura e da nuovi modi di vivere che scombussolano la cultura tradizionaleomogenea e religiosa e rischiano di dar luogo a un cristianesimo che soprav-vive quasi solo come un dato sociologico, non più motivato da convinzionipersonali che ormai attingono a una diversa cultura secolarizzata. In risposta aquesta situazione sta avvenendo un cambiamento di paradigma: da un cristia-nesimo di tradizione a un cristianesimo di convinzione. Contestualmente si èandato affermando un correlativo cambiamento di modello pastorale.

Il modello tradizionale si basa su una pastorale della trasmissione edell’inquadramento, affidata fondamentalmente al clero e all’istituzione. In untempo di società omogenea esso mira a trasmettere la fede come un’ereditàricevuta, di generazione in generazione, quasi per osmosi. E’ una pastorale diinquadramento, nel senso del territorio (ogni villaggio la sua chiesa) e nelsenso esistenziale di un inquadramento religioso della vita, dalla nascita allamorte. La rottura dell’omogeneità culturale, a motivo del sopravvenire di unacultura del soggetto e della complessità, relativizza l’istituzione e la sua forzadi trasmissione e di inquadramento. Emerge la pluralità dei soggetti e deisignificati: non basta trasmettere la dottrina e inquadrare la vita in un’istitu-zione forte; bisogna prendere in conto le persone, i loro desideri, le loro attese,le esigenze delle persone e della cultura in cui vivono. Bisogna quindi pensarela Chiesa come una pluralità di soggetti da costruire come comunità. Nasconodi conseguenza nuovi modi di far pastorale, caratterizzati dall’accoglienza edall’accompagnamento attraverso cammini e itinerari e da un’attenzione aporre la proposta del vangelo dentro le domande e le attese più profonde chea stento si fanno largo attraverso la cultura e lo scambio sociale ordinario.

All’interno di questo cambiamento sostanziale non tutto avviene organica-mente, ma matura per tentativi che costruiscono modelli diversi eppure coesi-stenti. S’intravedono già, a seconda dei diversi contesti e dei diversi gradi rag-giunti dal processo di “cristianizzazione”, ulteriori passaggi: da una pastoraledi accoglienza, che si propone di prendere seriamente in considerazione ladomanda, a una pastorale della proposta, nella quale si prende l’iniziativa diannunciare pubblicamente la fede in una società da cui è praticamente scom-parsa, a una pastorale della germinazione della fede da far sorgere dentro lacondivisione della vita della gente.

Il nuovo modello è evidentemente in relazione con il cambiamento culturale,denominato in sigla “modernità”. Il termine che sintetizza i rapporti tramodernità e religione è “secolarizzazione”. La secolarizzazione può essereintesa come movimento di emancipazione della società dalla religione; maanche come movimento interno alla religione stessa, per il quale il significatoreligioso dell’essere al mondo si esprime nei moduli dell’interiorità e della sog-gettività. I tratti della situazione religiosa che vengono a configurarsi in societàdi questo tipo sono: la deistituzionalizzazione del religioso in un clima di plu-ralismo culturale; e un nuovo rapporto del soggetto con la verità che non passapiù attraverso la “conformità” (crisi della trasmissione), ma attraversol’”autenticità” e l’esperienza. Si tratta di veri e propri spostamenti dell’”antro-pologia del credere” che passa dal polo verità-autorità al polo autenticità-testi-monianza; spostamenti che sconvolgono il modello della trasmissione e richie-dono di passare da una logica dell’inculcazione a una logica dell’accoglienza edella proposta.

Un nuovo “modello pastorale”?

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Dalla “parrocchia” alla “comi?tà” Il profondo cambiamento del volto delle nostre parrocchie è stato in questi anniriassunto nella parola “comunità”. Nel modello tradizionale l’appartenenza èstabilita soprattutto dall’istituzione che definisce in maniera autoritaria e ogget-tiva i criteri che permettono di definire i confini (chi è dentro e chi è fuori) delgruppo religioso e l’appartenenza alla verità. Nel nuovo modello l’identità ègarantita dalla scelta, dall’atto di fede; e la verità è il frutto di una ricerca doveil dialogo, l’autenticità, la gratificazione diventano i criteri di accesso alla fede.E’ questo un risvolto del cambiamento del modello di Chiesa introdotto dalConcilio Vaticano II che succede al modello tridentino. Per usare una semplifi-cazione, il mutamento insieme civile e pastorale delle nostre parrocchie e lapriorità pastorale che emerge dal Concilio Vaticano II rispetto al Concilio diTrento possono essere così espressi: dalla cristianità alla moderna società com-plessa; dalla “cura animarum” alla cura della comunità di adulti convinti. Datale mutamento emergono i due obiettivi del rinnovamento pastorale dellenostre parrocchie: primo, risignificare la fede, facendo incontrare la novità delvangelo con le domande fondamentali dell’uomo; secondo, ridisegnare il voltodelle comunità come comunità di credenti convinti che costruiscono insieme leforme della comunione.

La svolta “comunitaria” delle nostre parrocchie ha prodotto innegabilmentealcuni risultati significativi. Dove si sono rinnovati con serietà la predicazione,la liturgia, il discernimento morale e la pratica caritativa, si è andato costituendoun volto significativo di comunità cristiana e molti fedeli hanno trovato nellapastorale rinnovata un sostegno efficace della loro fede. Molti cristiani di par-rocchia nutrono con una rinnovata devozione la loro concezione e la loro pra-tica credente grazie all’ascolto della Parola, alla celebrazione dell’eucaristia, allapratica della carità e alla formazione comunitaria della coscienza. E’ questa cer-chia di parrocchiani che si intende indicare con il termine suggerito dagli“Orientamenti pastorali” della CEI come “comunità eucaristica”: essa è costi-tuita da quei fedeli che frequentano abitualmente e fruttuosamente l’assembleaeucaristica della domenica, tra i quali un certo numero di “impegnati” si ren-dono disponibili a diversi servizi nella comunità e comunque partecipano atti-vamente alle iniziative della comunità, di cui si sentono veri interpreti.

Questo aspetto comunitario che hanno assunto le nostre parrocchie rivelaanche dei limiti e presenta addirittura dei pericoli. Il pericolo più evidente pareessere quello di un rinnovato “clericalismo”. A partire dall’immagine di Chiesacome comunità, viene chiesto ad ogni cristiano non solo di partecipare allaMessa della domenica, ma anche di praticare con assiduità le iniziative e glispazi ecclesiastici. Inoltre la predicazione e, in genere, la proposta pastorale pri-vilegiano gli aspetti della vita cristiana che si riferiscono all’ambito ecclesiastico,mentre vengono trascurati gli aspetti che si riferiscono al discernimento dellaqualità cristiana dei comportamenti secolari. Ne risulta una connotazionealquanto clericale dell’immagine della vita cristiana; e la comunità rischia diidentificarsi con la rete fitta di rapporti tra pochi addetti ai lavori presenti adogni iniziativa, con un loro gergo, e rischia di apparire chiusa e diffidente neiconfronti dei “non impegnati”. Lo sforzo dovrebbe essere quello di aprire que-sta cerchia ristretta degli “impegnati” a quella più larga dei partecipanti allaMessa della domenica (comunità eucaristica) e a quella ancora più larga di chisi accosta alla Chiesa in alcuni momenti significativi della sua vita (comunitàbattesimale). L’autenticità della pratica e dell’appartenenza andrebbe misuratanon sulla propria sintonia con i preti o con la disponibilità a compiti di anima-zione della comunità, ma sulla capacità della pratica comunitaria di propiziareun’autentica esperienza cristiana.

Le chances della parrocchia sono legate alla sua capacità di destinare il cri-stianesimo ai “molti”, di proporre la pratica del vangelo nelle condizioni ordi-

Dalla “parrocchia” alla “comunità”

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narie della vita. Il suo compito è anzitutto quello dell’ospitalità ecclesiale: quellodi accogliere tutti. L’accoglienza è, in genere, accoglienza di un bisogno; e ilbisogno viene in fondo da una ricerca di trovare senso a un’esperienza che si stavivendo, di cui si cerca di cogliere il carattere di verità e di promessa. L’acco-glienza di coloro che chiedono o che si accostano alla vita della comunità nonha quindi lo scopo immediato di renderli partecipi attivi della comunità, di ren-derli operatori pastorali, ma di aiutare il discernimento della qualità di fede chepossono avere tutte le esperienze e le relazioni umane; lo scopo quindi di pro-piziare il carattere cristiano di quel cammino e l’invito a diventare discepoli diGesù. Compito quindi qualificante del ministero della Chiesa è quello di favo-rire il riconoscimento cristiano: il riconoscimento cioè della qualità cristiana diquella domanda che essa ha accolto e ospitato e a cui essa propone un camminodi conversione. Un tale lavoro di discernimento e di riconoscimento si realizzagrazie alle pratiche pastorali della comunità: nella rinnovata memoria del van-gelo, nella celebrazione dell’eucaristia e dei sacramenti, nell’istruzione cristianadella coscienza attraverso la catechesi, nell’elaborazione di una sapienza cri-stiana che permetta di intravedere le vie di una praticabilità del vangelo nellecomplesse forme della vita e della relazione umana. Solo sullo sfondo di questolavoro di discernimento cristiano dell’esistenza personale dei singoli da partedella comunità è possibile riconoscere l’attitudine dell’individuo a essere inve-stito di questo o di quell’altro ministero; riconoscere un’eventuale vocazione delsingolo a realizzare tale ministero così prezioso per la vitalità della comunità.

In quali direzioni muoversi?E’ importante individuare alcuni atteggiamenti che permettono di articolare lavita della parrocchia secondo il nuovo modello proposto. Sembra si possanoindividuare due poli della pastorale parrocchiale.

Uno è il polo kerigmatico-liturgico. Alla base di una nuova evangelizzazionesta la capacità di rinnovare nelle nostre parrocchie l’annuncio e la celebrazionedell’eucaristia: per ravvivare la memoria di Gesù e rendere possibile la testimo-nianza della fede, la possibilità per l’uomo d’oggi di fare della sua vita e dellasua libertà un rendimento di grazie e un’obbedienza. La cura della Parola edella liturgia, capaci di dar vita a una devozione o a una spiritualità vivaci, èsempre stata la priorità della vita della Chiesa. Ma oggi la condizione culturaleattuale impone una rilettura di questa urgenza in chiave più consapevolmentecapace di rispondere alla questione antropologica che l’individualismo e il plu-ralismo in cui vivono gli uomini pongono con particolare acutezza. Al centrodell’impegno missionario e pastorale delle nostre comunità sta la questioneantropologica: la difficile ricerca delle condizioni di verità del desiderio e l’espe-rienza complicata di legami in cui incontrare la dimensione della grazia che staal fondamento della libertà. L’uomo d’oggi, disincantato dalle illusionidell’ideologia razionalistica e tecnicistica, vive nella debolezza del desiderio,nella paura del futuro e della violenza; ha sempre più bisogno di un forteappello alla libertà, di autenticità di rapporti di prossimità e di gratuità chenella fede in Cristo possono trovare il loro fondamento e la loro risposta. Recu-perare la centralità di Cristo per l’uomo è la condizione necessaria per ridaresperanza all’uomo d’oggi, deluso e solo. Questa è dunque la prima direzionedella pastorale parrocchiale: ritrovare la forza dell’annuncio del vangelo e darvita a una comunità che riunendosi nella memoria di Gesù rende grazie con unavita che realizza le attese dell’uomo.

Il secondo polo della pastorale parrocchiale è costituito dal nodo antropolo-gico-etico: l’individuazione cioè dei luoghi dell’esistenza dell’uomo capaci dievocare l’istanza fondamentale della fede. La testimonianza cristiana è invitataad esprimersi nei luoghi in cui si giocano i significati e le responsabilità umanepiù profonde, là dove si dà a sperimentare la grazia della prossimità che suscita

In quali direzioni muoversi?

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la libertà e la dedizione. La famiglia, la scuola, l’educazione, la sanità, la politica,il lavoro, la giustizia sociale, l’integrazione culturale designano ambitidell’impegno etico che la comunità cristiana non può ignorare, né a livello diindividui, né a livello di gruppi, né a livello di società nel suo insieme. In que-sti spazi di senso si possono incontrare la ricerca dell’uomo e la testimonianzacristiana; ed è in questi spazi che la pastorale parrocchiale è chiamata a muo-versi trovando forme di animazione e di collaborazione nella vita civile configure significative di testimonianza della carità animata dalla fede. Tra lediverse possibilità di questa azione pastorale sembra che i luoghi che hanno unaparticolare densità etica e simbolica (capace cioè di evocare il trascendere dellafede nell’agire etico) siano tre: la scelta preferenziale dei poveri, l’esperienzaeducativa, l’esperienza politica.

Quali priorità?Si può schematizzare la strategia pastorale della parrocchia in cinque punti.Primo: la Messa della domenica, o l’assemblea eucaristica del giorno delSignore. E’ il momento capace di guidare il cammino di fede dei singoli, diidentificare la comunità cristiana e di qualificare tutta la proposta pastorale.Secondo: la cura per gli itinerari sacramentali, per i cammini di fede che accom-pagnano le tappe fondamentali della vita. Terzo: l’attenzione all’accompagna-mento personale della fede. Un solo esempio: sempre più in queste nostresocietà complesse e labili l’iniziazione cristiana ricevuta nell’infanzia ha bisognodi essere ripresa e rinnovata in diverse successive fasi della vita; coloro che siriaccostano alla comunità e alla pratica cristiana dovrebbero trovare nella comu-nità attenzioni e competenze specifiche. Quarto: una cultura missionaria. E’ quiracchiuso tutto il senso del cambiamento avvenuto che invita le nostre parroc-chie a riacquistare il gusto dell’annuncio cristiano e a confrontarlo a una nuova,inedita cultura. Quinto: il legame con il territorio. Il legame della comunità cri-stiana con un luogo e con un tempo dà alla testimonianza cristiana il suodestino di condivisione con la storia degli uomini. Il territorio è l’ambito in cuil’annuncio incontra le attese degli uomini, in cui si incrociano “il polo kerigma-tico-liturgico e il polo antropologico-etico”.

Un protocollo delle pratiche pastoraliCerto, avere un protocollo che guida le pratiche pastorali della parrocchia e imodi di fare dei suoi operatori è un’esigenza fondamentale. Perché se non si tro-vano i modi concreti di rispondere a queste esigenze e se non si individuano lecompetenze e i mezzi richiesti per realizzarle, tutto questo progetto resta teo-rico. Semplificando, possiamo dire che occorre riqualificare: le pratiche pastoraliin cui si esprime l’iniziativa della comunità parrocchiale; le competenze dellepersone, laici, preti e religiosi; le strutture di cui è dotata una parrocchia, strut-ture direttamente pastorali, ma anche strutture amministrative, economiche eambientali.

Quali sono le pratiche pastorali della parrocchia?Una comunità cristiana vive anzitutto delle pratiche della “Parola”. E’ la Parolache tiene viva la memoria di Gesù, grazie alla quale agisce la potenza dellaParola che Dio rivolge all’uomo rispondendo alle sue attese. Questo comportal’impegno che la parrocchia deve mettere per favorire la conoscenza della Scrit-tura che è l’attestazione autorevole della Parola di Dio e la via più efficace perconoscere Cristo. L’altra forma che in una comunità assume la Parola è quelladella predicazione: la Parola profetica della Chiesa che proclama l’attualità delvangelo e suscita l’atto di fede. Infine, soprattutto in un’epoca complessa come

Quali priorità?

Un protocollo delle pratiche pastorali?

Quali sono le pratiche pastorali della parrocchia?

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la nostra in cui è necessaria una continua formazione, la Parola deve sostenereuna sistematica attività di formazione della coscienza mediante la catechesi cheaiuta a dar ragione della propria fede di fronte alle richieste e alle obiezionidella vita e di una cultura critica.

La comunità parrocchiale vive poi delle pratiche liturgiche, grazie alle qualil’assemblea viene riunita attorno alla memoria e al mistero della Pasqua di Cri-sto. Questo comporta uno sforzo di qualificare i momenti liturgici più significa-tivi della vita della comunità: l’assemblea eucaristica della domenica e l’annoliturgico come cammino di fede di tutta la comunità; l’iniziazione cristiana deiragazzi mediante il battesimo e l’eucaristia; il sacramento del matrimonio alcentro della formazione dell’alleanza matrimoniale; l’unzione degli infermi e laprova della malattia; i funerali e la celebrazione della morte.

In terzo luogo, la comunità parrocchiale deve garantire con le sue pratiche laformazione morale della coscienza: l’acquisizione da parte dei fedeli di unasapienza cristiana che permetta di intravedere le vie di una praticabilità delvangelo nelle complesse forme della vita e della relazione umana. La pratica deldiscernimento comunitario dovrebbe educare il discernimento personale nelvalutare le richieste e le scelte di una vita cristiana e nel cogliere le dimensionietiche delle esperienze quotidiane.

Infine la parrocchia esprime tutta una serie di pratiche sociali, non solo per-ché è un elemento rilevante della società e del territorio in cui vive e con le cuidiverse componenti collabora, ma anche perché deve diventare sempre più con-sapevole di quanto la società e la cultura siano importanti nel formare lacoscienza e i comportamenti delle persone e quindi la pratica della fede. In unasocietà per molti versi inedita e complessa come la nostra, poi, la capacità delcredente e delle comunità cristiane di comprendere il proprio tempo e di discer-nerne “i segni” diventa un’urgenza imprescindibile.

Riqualificare queste attività vuol dire fare un’analisi di ciò che si fa e reimpo-starlo sui criteri che il Sinodo va suggerendo; cercando di dare alle diverse pra-tiche pastorali la capacità di rendere presente e viva la proposta evangelica e dirivolgerla all’uomo d’oggi e alle domande di fondo che egli continua a porsinella sua vita e nelle condizioni complesse di questa cultura. Il Piano pastoraledi questi dieci anni della Chiesa di Bergamo ha preso analiticamente in consi-derazione le pratiche pastorali ed è ricco di suggerimenti che si spera che ilSinodo riprenda e riprecisi ancora maggiormente.

Nuovi adattamenti e competenze impegnativiIl Sinodo infatti prenderà in considerazione i soggetti che compongono lacomunità parrocchiale e che sono i protagonisti della sua vivacità; e cercherà disuggerire le nuove “competenze” che ad essi sono richieste. I soggetti nellaChiesa sono tradizionalmente i laici, i preti, i cristiani di vita consacrata.

I preti hanno, per ragioni strutturali e per motivi storici, un ruolo centralenelle nostre parrocchie; e saranno decisivi in questo rinnovamento impegnativoche alle parrocchie viene richiesto. D’altra parte una chiarificazione del progettopastorale della parrocchia aiuterà i preti a chiarificare meglio il loro ministeroche in questa situazione di transizione si trova alquanto confuso e tirato tra esi-genze diverse e non facilmente componibili; e aiuterà la loro spiritualità o ilfatto di vivere la loro vocazione cristiana nella forma del ministero. Certo, que-sti cambiamenti richiederanno soprattutto a loro una competenza pastorale rin-novata. Il prete sarà sempre più nelle nostre comunità parrocchiali uomo dicomunione, costruttore di comunità, animatore di carismi, suscitatore di unospirito “sinodale” tipico di un popolo che deve “camminare insieme”, forma-tore ed educatore di coscienze libere e lucide. D’altra parte sarà importante ilsuo contributo nel discernimento comunitario che deve guidare il camminodella comunità. Tutto questo esigerà ancora di più un impegnativo lavoro

Nuovi adattamenti e competenze impegnative

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“intellettuale”, di intelligenza teologica e pastorale, di conoscenze bibliche, disensibilità liturgica, di saggezza morale. E richiederà uno stile di vita più comu-nitario e collegiale in forme nuove di collaborazione tra preti e in esperienze divita comune.

I laici o i cristiani battezzati che compongono la comunità dovrebbero trovarenella pratica comunitaria il riconoscimento della verità cristiana della loro vita, lacoerenza della loro esistenza con il loro battesimo. Il laico chiede alla comunità diessere aiutato a diventare cristiano, discepolo di Gesù. Egli dovrebbe trovare nel-le pratiche della comunità la possibilità di nutrire la sua fede di una “devozione”rinnovata da una maggior familiarità con la Parola, da una spiritualità nutrita al-la liturgia, da uno stile cristiano educato nell’esperienza comunitaria. D’altra par-te il laico dovrebbe trovar valorizzata nella sua vita di fede la sua laicità: il fattocioè di sperimentare una fede schiettamente “storica” e “mondana”, una fede davivere e verificare nella pratica quotidiana della vita e negli ambiti della famigliae della città umana. All’interno di questa formazione del cristiano, la comunitàsempre più deve favorire anche il discernimento di un’eventuale vocazione di al-cuni laici a un più esplicito servizio all’edificazione della comunità, come cate-chisti, come animatori della liturgia, come volontari della solidarietà, come edu-catori dei ragazzi, come esperti nell’attenzione al sociale…

Una presenza significativa nelle parrocchie – purtroppo sempre più rara – èquella dei cristiani di vita consacrata. La loro presenza è preziosa per testimo-niare in maniera evidente la trascendenza della vocazione cristiana, per realiz-zare forme suggestive di fraternità, per realizzare forme di servizio gratuito allacausa dell’uomo, soprattutto nel campo dell’educazione e della povertà.

Cambierà anche il volto esterno delle nostre parrocchie?E’ evidente che questi rinnovamenti profondi di impostazione, di stile e di prati-che comporteranno cambiamenti del volto delle nostre parrocchie, anche del lo-ro aspetto visibile e istituzionale. La prima caratteristica di questi cambiamentisarà il volto più “comunitario”, comunionale, dove l’aspetto più evidente sarà il“noi” dei fedeli di un luogo, di un paese o di un quartiere che si sentiranno unitial noi della Chiesa diocesana e della Chiesa universale diffusa in tutto il mondo.Espressione di questo carattere comunionale e sinodale della comunità parroc-chiale saranno alcuni organismi espressivi di questa dimensione: l’assemblea, iconsigli, i gruppi, le associazioni. Questa coscienza di essere una comunione do-vrà però, da parte della parrocchia, crescere insieme alla consapevolezza di esse-re popolo di Dio che cammina nella storia: e questo comporterà una capacità dimettersi in relazione alla storia, alla civiltà e alla cultura in cui i cristiani si trova-no a camminare. Nelle varie attività che svolge la parrocchia dovrà essere semprepiù attenta a distinguere e ad articolare i diversi livelli del suo essere istituzione:le attività propriamente religiose, quelle educative, caritative, sportive. Cresceràcosì l’esigenza di organizzare meglio anche gli spazi e gli immobili della parroc-chia che dovranno adeguarsi sempre più alle attività pastorali: la chiesa per l’as-semblea liturgica, la casa dei presbiteri, la casa della carità, l’oratorio per i giova-ni saranno le strutture che aiuteranno la leggibilità del progetto pastorale. Infineil ruolo sociale ancora rilevante che hanno le nostre parrocchie comporterà unostile di rispondere alle esigenze amministrative, legali ed economiche che siaadeguato alle esigenze della giustizia e della testimonianza e venga affidato nonsolo al prete, ma a una competenza più comunitaria.

Dopo il confronto su questo percorso di idee che il Sinodo invita a fare si è aperta inassemblea una riflessione su quello che si può fare nella nostra parrocchia nel prossimoanno pastorale per rispondere all’invito che è fatto a ogni comunità di dare il suo con-tributo al Sinodo stesso. Di questo lavoro avremo modo di riparlarne.

Cambierà anche il volto esterno delle nostre parrocchie?

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Il senso della vitaL’eucaristia è la rivelazione che Dio dona se stesso all’uomo in Gesù Cristo; e chel’uomo è chiamato ad unirsi a Cristo e a seguirlo nel dono di sé. L’eucaristia, comesi vede, contiene il nocciolo della questione cristiana: la decisione di Dio di essereun Dio per l’uomo e la decisione dell’uomo di convertirsi al dono della sua vita.Questa rivelazione arriva al mondo attraverso quel pane che rende viva la memo-ria di Gesù riunendo attorno a sé i cristiani. Quali possibilità ha questa rivelazionedi raggiungere l’uomo di queste nostre società alla faticosa ricerca del senso dellavita? Quali possibilità ha l’uomo d’oggi di scoprire nell’eucaristia la fonte e il sensodella sua vita, della grazia e della dedizione che stanno alla base della sua esi-stenza? Grande mistero: la fede nell’eucaristia, che si dichiara nelle assemblee cri-stiane, si gioca nelle profondità nelle quali l’uomo decide della sua vita. Le encicli-che dei Papi e i documenti dei Sinodi parlano di ciò che avviene segretamente traDio e l’uomo in ogni luogo e in ogni momento.

Eucaristia e caritàL’eucaristia prima di ogni discorso è la rivelazione evidente che il cristianesimo ècarità. E’ tenerezza di Dio per l’uomo e per la sua vita. E’ tenerezza dell’uomoverso l’uomo come fratello. L’eucaristia che riunisce e fa nascere la Chiesa, la fanascere nella carità. La carità è il cuore della Chiesa, la sua essenza. La Chiesa èamore, o non è niente. Celebrando l’eucaristia la comunità si impegna anzitutto adesercitare l’amore e l’amicizia tra i suoi membri: “guarda come si amano”. Si rendeattenta ai poveri, per primi, perché a loro il Signore guarda con predilezione epreoccupazione. Sente l’ansia dei fratelli lontani: di chi è diverso, di chi si presentacome nemico; e di tutti. Nella confusione delle nostre comunità spesso non si vedechiaramente quale sia il posto della carità.

La Messa della domenicaIl segno dell’eucaristia è affidato ai discepoli di Gesù che ancora oggi, dopo due-mila anni, compongono delle comunità cristiane dentro le moderne città secolariz-zate. Essi si riuniscono la domenica, il giorno della resurrezione del Signore, a cele-brare l’eucaristia. Molti di loro però non ci vanno più. Quelli che ci vanno stanno

Attorno all’eucaristia ci sono nella Chiesa diquesti tempi “grandi manovre”. Sta andandoverso la fine l’anno eucaristico voluto da Gio-vanni Paolo II che all’eucaristia aveva dedicatol’ultima sua enciclica. In ottobre si sta tenendoun Sinodo dei vescovi – momento importantedella collegialità e della comunione dellaChiesa – su questo argomento. I documenti chesi producono a questi livelli sono lunghi e com-plessi: essi devono riferirsi a una serie di testiche li hanno preceduti, a partire dai testi fon-datori della Scrittura; e non possono ignorarele delicate questioni teologiche suscitate da unariflessione profonda e completa. Succede cosìche a noi cristiani di parrocchia non arrivanomai. Eppure le questioni di cui trattano sono alcentro della vita delle nostre comunità. Perfavorire la partecipazione a un evento diChiesa così significativo, proviamo a indicarealcuni aspetti del grande tema dell’eucaristiache sono immediatamente comprensibili e spe-rimentabili anche da noi che viviamo in unapiccola parrocchia.

Nota sull’eucaristia

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facendo grossi sforzi per rinnovare la loro conversazione con il Signore, per tenervivo l’incontro, per convertire la loro vita alla Parola che il Risorto rivolge loro.Parlare dell’eucaristia è parlare di queste assemblee che si riuniscono nel giornodel Signore e delle comunità che lì nascono e si nutrono come corpo di Cristo. Riu-sciranno le nostre Messe della domenica a dar forma a comunità vive? A nutrire difede le donne e gli uomini di queste città che vivono senza Dio e sono ripiegate suun esasperato narcisismo? Saranno in grado le nostre Messe di dettare un cam-mino cristiano e di guidare le nostre coscienze disperse in una società complessa?

La Prima ComunioneDiventare cristiani è entrare nel mistero dell’eucaristia. L’iniziazione cristiana è ini-ziazione all’eucaristia. Da noi l’iniziazione è ancora rivolta ai ragazzi; e ha, ovviamente, al centro la “Prima Comunione”. Iniziare i ragazzi alla comunione è – indissociabilmente – introdurli nel cuore dell’educazione che è, al fondo, uno scambio del dono della vita e nel cuore della comunità cristiana che ha a fondamento la comunione con la Pasqua di Cristo. E’ una grande sfida quella dicontinuare a proporre l’iniziazione cristiana ai ragazzi in un’epoca in cui la tra-smissione tra le generazioni è in crisi e la fede si propone sempre più come una scelta di adulti. E’ una sfida anche la proposta del dono di sé e della comunione fraterna in un mondo esasperatamente individualistico ed utilitaristico. Comun-que, parlare di eucaristia è parlare della sfida lanciata alle nostre comunità del-l’iniziazione cristiana e, in particolare, dell’educazione cristiana dei nostri ragazzi.

Il viaticoL’eucaristia come viatico nel passaggio da questo mondo all’aldilà è il sigillo datoalla vita cristiana come esodo, come viaggio della speranza attraverso le provedella vita e come partecipazione alla Pasqua di Cristo. In realtà la celebrazione delviatico nelle nostre comunità è diventata sempre più rara e complicata. L’occulta-mento della morte, la sua medicalizzazione, il clima secolarizzato in cui viene vis-suta, rendono difficile la presenza della comunità cristiana nei momenti dellamorte e rischiano di nascondere il senso della fede. Parlare di eucaristia è ancheparlare del senso cristiano della morte, e della capacità della morte di riassumeretutto il senso della vita. E’ anche parlare di tutto il lavoro che una comunità devefare per essere vicina ai malati e ai moribondi.

L’eucaristia e “gli altri”Una cosa dolorosa di cui ci accorgiamo sempre più anche noi cresciuti in paesistrettamente cattolici è la divisione tra i discepoli, tra i cristiani anche quando par-tecipano all’eucaristia. Cattolici, protestanti e ortodossi non celebrano insiemel’eucaristia perché ci sono tra loro profonde differenze. Eppure Gesù, proprio con-segnando in testamento l’eucaristia, aveva raccomandato ai discepoli soprattuttol’unità. E’ il problema dell’ecumenismo che lacera la coscienza della Chiesa ognivolta che celebra l’eucaristia. La quale Chiesa ogni volta che celebra ha ancheun’altra grande nostalgia: quella che riguarda l’unità e la comunione tra tutti gliuomini: l’immensa fraternità che si riunirà attorno a Dio, di cui l’eucaristia è unaprefigurazione. Il cuore del cristiano trasale ogni volta che gli viene presentato “ilcorpo di Cristo”, dato “per voi e per tutti”.

L’eucaristia e la fameL’eucaristia è l’amore di Dio per l’uomo che assume la forma del pane. Perché ilbisogno e la povertà dell’uomo si esprimono radicalmente nella fame che occorresoddisfare per vivere e per restare uomini. Questa evidenza, per dei meccanismicomplessi che coinvolgono la nostra irresponsabilità e le fragilità di una “spiritua-lizzazione” equivoca delle cose della fede, rimane largamente nascosta. E così nonvediamo il rapporto profondo che c’è tra la pratica eucaristica e l’esperienza “eco-nomica” del nostro mangiare quotidiano in famiglia e nella società. E riusciamopure a tener divisi il senso dell’eucaristia e i grandi problemi mondiali dellapovertà e dell’ambiente.

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sciuto che, a differenza delle lunghe e oscure con-sultazioni che dapprima precedevano la formazionedei governi, questi escono già indicati dalle elezionipolitiche; inoltre, seppur in modo largamente imper-fetto, ha funzionato anche un’alternanza. Di con-verso, l’esperienza italiana del sistema maggioritarioha mostrato che i fenomeni di frammentazione parti-tica non erano indotti dal sistema proporzionale, mache, almeno in buona parte, erano endogeni al qua-dro politico, sicché si sono riproposti sotto forma dicoalizioni al loro interno litigiose e instabili. La con-flittualità non è cioè solo quella tra poli alternativi, maè anche interna alle coalizioni, con piccoli partiti chemantengono un forte potere ricattatorio. L’esitospesso non è una mediazione, seppur entro la coali-zione al governo, ma la giustapposizione di prioritàaffermate dai singoli partiti, spesso non condiviseneppure dagli alleati. La coerenza complessiva diindirizzo politico è tutt’altro che assicurata. In questoquadro, di coalizioni sempre sull’orlo della rottura, iprocessi mediativi in Parlamento, lungi dal guada-gnare spazi di autonomia, risultano duramente inibiti,perché qualsiasi intervento dell’opposizione, anchesu di una singola questione, minaccia di scompagi-nare il delicato sistema di equilibri e veti reciproci sucui si regge la coalizione di governo. Si è inoltre veri-ficata la temuta degenerazione carismatica, conl’identificazione della politica nell’azione o nellafigura dei leaders di coalizione.

In questo panorama, traendo un bilancio tutto suoda questa esperienza, la Casa delle Libertà, coali-zione attualmente al governo del Paese, ha presen-tato un disegno di legge volto a reintrodurre ilsistema proporzionale, appena corretto da una clau-sola di sbarramento del 4% e da un premio di mag-gioranza per garantire che dalle elezioni scaturiscacomunque una coalizione con una rappresentanzasufficiente ad esprimere un governo. Nell’ambitodella coalizione, il ritorno al proporzionale è datocome un desiderio in quota all’UDC, componentecattolica e moderata – così ama definirsi – del cen-tro-destra, sempre più vistosamente insofferenteverso la leadership berlusconiana e l’alleanza con laLega. Il proporzionale appare all’UDC lo strumentoper svincolarsi da un leader e da un alleato divenutiingombranti.

Per vie traverse ed inaspettate, si profila dunque

Si ritorna a parlare di legge elettorale. La prima rea-zione è che, dato il contesto nazionale ed internazio-nale, politico ed economico, a dir poco critico, impe-gnare il Parlamento e l’opinione pubblica su questitemi appare, nella migliore delle ipotesi, un diversivo,forse voluto per nascondere l’impossibilità o l’incapa-cità di affrontare problematiche decisamente piùcomplesse. La seconda reazione è di scoramentonei confronti dell’assenza di lucidità e di credibilitàdella nostra politica nazionale. Abbiamo ancora benvivo il ricordo dell’autentica ubriacatura di discorsisui vantaggi del sistema elettorale maggioritario,divenuto, negli anni ’90, quasi un dogma, compliceuna certa visione, non priva di semplificazioni, cheaveva attribuito i danni, inequivocabilmente emersi,della partitocrazia e del degrado della vita pubblica alsistema elettorale proporzionale puro, precedente-mente in vigore, che avrebbe favorito atteggiamenticollusivi e consociativi tra gli attori del sistema poli-tico. Per riattivare il circuito democratico dellaresponsabilità politica – si diceva allora – era neces-sario introdurre un sistema elettorale, quello maggio-ritario, che, per propria logica di funzionamento,favorisse la governabilità, la responsività di fronteagli eletti e, conseguentemente, la possibilitàdell’alternanza. Già allora, per la verità, anche sulnostro giornale avevamo messo in guardia da alcuneambiguità dell’esaltazione maggioritaria, eviden-ziando come tale sistema avrebbe potuto favorireuna politica conflittuale e non mediativa, con conse-guente emarginazione del Parlamento. Per atte-nuare i limiti del sistema elettorale proporzionale sipoteva apportare qualche correttivo, come l’introdu-zione della clausola di sbarramento volta a ridurre laframmentazione della rappresentanza, sul modellodel sistema elettorale tedesco, o, per stabilizzare igoverni, si sarebbe potuto sperimentare la sfiduciacostruttiva che conserva un ruolo centrale al Parla-mento, responsabilizzandolo però delle conse-guenze delle crisi politiche. Comunque sia, sull’ondadi quel clima, il sistema elettorale maggioritario perl’elezione del Parlamento (il 75% dei seggi) è statointrodotto a furor di popolo, a seguito di un referen-dum in cui il proporzionale non aveva raggiunto il20% dei consensi degli elettori.

A distanza di un decennio il sistema maggioritarioha mostrato benefici e limiti. Certamente, va ricono-

L’eterno ritorno della riforma elettorale

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pio, non si dovrebbero mai modificare le regole.L’obiezione è seria, ma certo il calcolo delle conse-guenze della riforma della legge elettorale è più facileed attendibile in prossimità delle elezioni, piuttostoche a qualche anno di distanza, situazione – quest’ul-tima – in cui l’effetto della legge elettorale risulterebbeattutito o assorbito dai successivi eventi. Si vuole cioèdire che una riforma elettorale non dovrebbe mai es-sere fatta così vicini alle elezioni proprio per ridurre ilgioco dei calcoli delle conseguenze.

Si aggiunga, ad ulteriore motivo di diffidenza, chela legge elettorale proporzionale andrebbe adaggiungersi, nella volontà della maggioranza attual-mente al governo, alla modifica della Costituzione incorso di approvazione. Nel progetto di revisionecostituzionale, anch’esso portato avanti a strettamaggioranza, sta un fortissimo rafforzamento dellaposizione del Premier e cioè del capo del governo.Sommando i due effetti, rafforzamento del capo delgoverno e ritorno al sistema elettorale proporzionale,si rischia di ricadere in una situazione con un Parla-mento frammentato ed indebolito incapace di farfronte ad un governo rafforzato e verticalizzato. Que-sta situazione ha dei precedenti non rassicuranti inalcuni Paesi dell’America Latina.

In conclusione, di riforma elettorale si potrebbeanche tornare a parlare, ma nella prossima legisla-tura e cercando consensi trasversali, magari anchereintroducendo un sistema proporzionale, opportu-namente corretto per evitare il ritorno a situazioni eproblemi già vissuti. Ciò che anche questa vicendaha svelato è che comunque il bipolarismo su cui èattualmente strutturato il sistema politico italiano nonsoddisfa: nel centro-destra, l’ispirazione liberale esinanche conservatrice, tipica degli omologhi partitieuropei, appare soccombere rispetto all’oggettivaanomalia berlusconiana e, rispetto ad uno schemaeuropeo di bipolarismo, del fedele (a Berlusconi)alleato leghista; il centro-sinistra per fronteggiare unsimile centro-destra ha imbarcato anime tra lorotroppo diverse, da Mastella a Bertinotti, per non par-lare dei ricorrenti e francamente incomprensibiliapprocci con i radicali di Pannella, assommando sudi sé liberalismo e socialdemocrazia. Di fronte a que-ste coalizioni appare necessario favorire la ricostru-zione del Parlamento come luogo pubblico del con-fronto e della mediazione tra le politiche, ruolo cheoggi non esercita pressoché mai, paralizzato com’èda divisioni precostituite ed ingessate. L’unica dialet-tica democratica attualmente esistente è extraistitu-zionale e dunque priva di trasparenza, ed è quella,spesso poco ideale, dei giochi di potere, ricatti edinfluenza interna alle coalizioni. La ricetta non ci pareinvece la ricostruzione di un centro, idealmente inca-pace di definirsi se non come moderato e certa-mente candidato alla gestione e detenzione delpotere; una dinamica tendenzialmente, anche senon esclusivamente, bipolare pare un valore da pre-servare, purché guadagni in inclinazione mediativa esi stabilizzi attorno a regole costituzionali finalmentecondivise.

un possibile, ma ancora largamente incerto, ritornoal sistema proporzionale. Tutto bene allora? Ci paredi no e per più di un motivo.

Anzitutto, e potrebbe sembrare un problema tec-nico di poco conto, vi sono aspetti della legge eletto-rale proporzionale così come è stata originariamenteproposta che non convincono ed anzi destano qual-che legittimo sospetto (e su questi peraltro sembra visia un ripensamento). In particolare, il fatto che i votidati ai partiti che non ottengono il 4% (clausola disbarramento) dei consensi non vengano computatinemmeno per l’attribuzione del premio di maggio-ranza, oltre a vanificare del tutto una percentualesignificativa di voti, potrebbe produrre una conse-guenza paradossale. Ci potrebbe essere infatti unacoalizione di partiti, molti dei quali piccoli, a rischiocioè di restare sotto la soglia del 4%, che complessi-vamente ottiene la maggioranza dei consensi popo-lari, rispetto ad un’altra coalizione, formata da pochipartiti grossi: con la legge proposta è probabile chela coalizione minoritaria finirebbe con l’avere la mag-gioranza di seggi. L’effetto potrebbe apparire accet-tabile ed anzi uno stimolo verso una dinamica aggre-gativa tra piccoli partiti, ma diviene oggettivamentesospetto quando si pensi che la coalizione formatada piccoli partiti assomiglia molto all’attuale centro-sinistra italiano e che la legge è una proposta cheproviene dal centro-destra.

Questo sospetto si ricollega agli altri due grandimotivi di ambiguità di questa proposta di ritorno alproporzionale, relativi al modo e, soprattutto, ai tempidella sua formulazione. Il modo, e cioè una propostatutta interna alla maggioranza di governo, non con-vince perché una legge elettorale, pur formalmenteordinaria, investe una materia di rilevanza costituzio-nale, poiché inerisce a quell’insieme di regole che so-no la cornice in cui deve svolgersi lo scontro o il con-fronto democratico. Pertanto, la legge elettorale cosìcome la scrittura della Costituzione non dovrebberomai essere a stretta maggioranza politica. Circa i tem-pi, è oggettivamente scorretto modificare, a strettamaggioranza, una legge elettorale a 6 mesi dalle ele-zioni politiche. In questa imminenza manca il cosid-detto velo di ignoranza, quella situazione cioè di im-prevedibilità degli effetti che sola rende credibile lascrittura delle regole e riduce i calcoli di chi si accingead approvare una legge elettorale. Così a ridosso del-le elezioni viene quanto meno naturale pensare che cisia un interesse diretto del governo a modificare il si-stema elettorale per tentare di conservare un potereche i sondaggi danno in crisi di consensi. Ed infattil’opposizione ha prontamente lanciato un allarme,parlando di colpi di mano o di truffa elettorale. Tantopiù che, come si è detto, la proposta è portata avantia stretta maggioranza, nell’ambito del gioco di ricattireciproci che tiene unita la coalizione di centro-destra,e prevede quel meccanismo che pare penalizzare ilcentro-sinistra. Si potrebbe certo obiettare che,nell’epoca dei sondaggi continui, la condizione di in-nocenza, detta “velo di ignoranza”, è persa definitiva-mente e che pertanto, a volersi attenere a quel princi-

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La comunità sta ricominciando e uno deisegnali è l’avvio della catechesi, che coinvolgemoltissimi ragazzi e tante famiglie: sono circa350 i ragazzi che si sono iscritti e che chiedo-no di essere accompagnati in questa avventura.Fa piacere nel mese di settembre incontraregenitori o ricevere telefonate per chiedereinformazioni su questa dimensione dei ragazzi,che si inserisce all’interno di una settimana e diuna vita già molto intensa e piena.

E’ una scommessa che ogni anno deve essererinnovata senza mai sapere fino in fondo se siè vinto o perso: per un anno ci è data la possi-bilità di riascoltare le parole del vangelo, lastoria di speranza che Gesù ci ha portato par-lando di suo Padre, di un mondo diverso abi-tato da fratelli che imparano a rispettarsi esostenersi a vicenda. E’ una scommessa perchénon sappiamo cosa faremo di questa storia:noi per primi, che la proponiamo, perchè avolte siamo stanchi e non crediamo che siapossibile realizzare questo sogno, e poi per i

Con lla ffesta ddi iinizio aanno ccatechistico si èè aavviata lla ccatechesi, che vvede ccoinvolti ppiù ddi 3350 rragazzi e uuna ccinquantina ddi ccatechisti. Si ttroveranno iil vvenerdì aalle 116,45 o iil ssabato aalle 115.

Una scommessa da rinnovare

Gesù parlò loro di molte cose in parabole. E disse: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla stradae vennero gli uccelli e la divorarono.Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buonae diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda.(Mt. 13, 3-9)

Riparte la catechesi

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tato qualcosa della vita della comunità per letante attività che vengono proposte (il cortile, igiochi, il Redonestate…) senza forse intuire ilsenso e il motivo di tutto questo. La catechesisvela Colui che passa nella vita di tutti, attra-verso gli sguardi, i sorrisi, le carezze, l’amore ela cura dei genitori, della società e di tutti gliamici che abitano il mondo con noi. Perché ilnostro Dio è più vicino e presente a noi diquello che immaginiamo: per vederlo e ricono-scerlo occorre che qualcuno ci faccia coglierele tracce nascoste dentro la storia di tutti,grandi e piccoli. E, allora, piccola comunitàscommetti sul futuro, apri il tuo tesoro a qua-lunque uomo, perché ciò che possiedi non ètuo, ti è affidato soltanto in custodia, perchépreparato per tutti quelli che incontrerai.

Il prete

Ci risiamo: in un pomeriggio di settembre ci ra-duniamo, bambini, ragazzi, famiglie e catechi-sti nel cortile dell’oratorio per l’apertura delnuovo anno catechistico. Sono tanti, sono ru-morosi e vivaci questi giovani che la comunitàe le famiglie ci affidano per percorrere insiemeil cammino dell’iniziazione cristiana. Abbiamogià l’impressione che l’essenziale non sarànelle cose che faremo e che diremo, ma nelcogliere che c’è qualcosa di grande che ci stacapitando e che ci interpella. Gesù ci viene in-contro, ci chiama a dare loro fiducia, a supe-rare eventuali stanchezze e delusioni, a testi-moniare il suo vangelo. La comunità ci educae ci sostiene in questo compito di trasmettere icontenuti della fede e di esserne testimoni vivie credibili. Ognuno di noi è guidato a porsi difronte a se stesso, prima che ad altri, a chie-dersi perché crede, chi è per lui Gesù Cristo eil Dio di cui Egli instancabilmente vuole mo-strare il vero volto. Le nostre concezioni e i no-stri cammini personali vanno continuamenteverificati con quelli della comunità, che in co-munione con la Chiesa universale continua atenere viva la memoria del Signore.Quest’anno saremo chiamati a lasciarci coin-volgere dal Sinodo che vedrà impegnata la dio-cesi di Bergamo nel compito impegnativo di ri-pensare il volto e il ruolo della parrocchianella società e nei nostri quartieri. Nel giocarcicome catechisti, così come siamo, “renderemoconto” della fede che ci ha portato ad accet-tare il compito che la comunità ci ha affidato.Compito che non può prescindere da un co-stante e benevolo sguardo sul mondo che cam-

ragazzi e le famiglie che a volte non riescono atrovarvi un senso o un’opportunità per vivere. Ealtre volte accade che qualcuno tocchi eincontri la bellezza di questa parola di spe-ranza, che da duemila anni sta abitando lanostra terra come risposta alle tante domandeche l’uomo si fa da sempre. Il risultato ècomunque celato nel segreto della vita di cia-scuno.

E’ un momento forte che coinvolge tutta lacomunità, attraverso l’oratorio e i catechisti acui viene affidato il compito di svelare ilsegreto della vita dell’uomo. I bambini e iragazzi portano tante domande e hanno giàvissuto molte esperienze anche dure e concuriosità vorrebbero capire la sorgente da cuitutto proviene e insieme hanno già sperimen-

Una comunità

Martinengo. SSacra FFamiglia.Il vviaggio ddella ccatechesi iinizia cconun ppellegrinaggio ee aalcuni ggesti ssimboliciin uun lluogo ssignificativodella vvita rreligiosa bbergamasca.

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gliamo porre un buon seme, consapevoli chequesto lavoro rimanda alla forza con cui la co-munità propone un serio cammino cristianoagli adulti, disposti a dare una mano alla so-cietà e al Creatore nella faticosa ed entusia-smante opera di educare i figli dell’uomo.

Una catechista

bia, ma che il Signore ci promette comebuono. Non siamo soli, siamo convinti che levie e le regole dell’educazione che gli uominiseguono nell’educare i figli sono le stesse cheha seguito la pedagogia divina nell’educare ilsuo popolo come figlio. La grazia del Signoreci precede: attraverso le nostre parole vo-

Un’esperienza di fraternitàMi chiamo Giulia e quest’anno affronteròinsieme ai miei compagni il secondo anno delpercorso che mi porterà a ricevere il sacra-mento della Cresima. Infatti la Cresima èl’ultimo passo di un cammino nella comunitàdi Redona che ho cominciato quando i mieigenitori hanno deciso di battezzarmi. Speroche questo anno serva a rendermi più consa-pevole nell’affrontare il mio essere cristiana daadulta. Perciò con l’aiuto di don Patrizio, deicatechisti, degli incontri particolari e dei ritiriche faremo, voglio arrivare a capire in profon-dità questo gesto della Cresima. Non vorreiche tutto si riducesse ad un avvenimento fe-stoso come un compleanno, ma desiderovivere questa esperienza su un altro livello. Miaspetto di riuscire a condividere questomomento così importante con i miei amici coni quali in tutti questi anni è stato bello incon-trarsi ogni sabato pomeriggio. So comunqueche, dopo la Cresima, vorrei continuare questocammino prendendo un piccolo impegno nellacomunità.

Giulia

Anche quest’anno ricomincia la catechesi edevo dire che a volte non ho proprio voglia diandare, perché in settimana ho già tanti impe-gni. Poi, però, quando incontro i miei compa-gni e la catechista mi accorgo che sbaglio eche quello che sto facendo è molto importantee mi aiuta a crescere. Forse dovrei impegnarmidi più e aiutare la mia catechista a tenere tran-quilli i miei compagni. Ma dopo alcune ore discuola faccio fatica a stare seduto e tranquillo:per fortuna abbiamo una catechista moltobrava che riesce a interessarci e a tenercibuoni. Vi assicuro, non è facile, ma quandoaccade sono momenti molto belli e imparotante cose. Poi finita l’estate in oratorio ripren-dono tutte le attività: il cinema, i tornei di cal-

Quest’anno dovrò ricevere la Cresima, una tap-pa difficile e impegnativa per ogni cristiano.Quando mi preparavo, qualche anno fa, a rice-vere la Prima Comunione, anche se ero più pic-colo il percorso mi pareva più facile, mentre oratrovo difficoltà a capire bene che cos’è la Con-fermazione. I miei genitori mi hanno raccontatoche, quando erano piccoli e stavano per riceve-re questo Sacramento, veniva detto loro che sa-rebbero diventati “soldati di Cristo”, perché daquel momento sarebbero stati “adulti”. Alla ca-techesi, invece, mi hanno annunciato che il Sa-

cetto e la Messa in chiesina che è un momentoa cui non manco.

Andrea

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Confermazione non cambi il carattere o le azio-ni, ma, forse, lo spirito e la fede, l’impegno indi-viduale, che gli altri non conoscono. Tra pochigiorni incomincerà la catechesi all’oratorio, eio, in questo ultimo anno, ho intenzione diascoltare e capire quello che mi verrà detto espiegato, fino a comprendere fino in fondoquello a cui sto andando incontro. Spero di riu-scire ad apprendere molto, quest’anno, e a im-pegnarmi al massimo.

Flavio

cramento che dovrò ricevere sarà uno dei piùdifficili e profondi, e che con questo si diventadei veri cristiani. Se poi leggo il Catechismodella Chiesa cattolica, apprendo che “l’effettodel Sacramento della Confermazione è la pienaeffusione dello Spirito Santo, come già fu con-cesso agli apostoli il giorno di Pentecoste”: mache parole difficili! Quando osservo le personepiù grandi di me, che hanno già ricevuto la Cre-sima, e quindi dovrebbero essere cristiani adul-ti, mi sembrano tutte normalissime, né troppobuone né troppo cattive, e allora penso che la

Sullo sfondo la famigliaQueste righe nascono da una domanda postasenza preamboli: quali sono le attese di ungenitore rispetto al percorso di catechesi di suofiglio? Ciascuno ha la sua storia, il suo vissuto,le sue fatiche di fede e quindi, credo, le sueattese. Sessanta coppie di genitori: altrettantimodi di aspettarsi qualcosa o di non aspettarsiniente da questa ora settimanale che si inseri-sce, di norma, nella vita già frenetica di bimbidi otto anni.

A me piacerebbe che questo fosse un tempodi pausa, uno spazio “dedicato a”. La storia diGesù e l’amore di un Dio, Padre di ogni uomo,che abbiamo raccontato ai nostri figli in questiprimi anni della loro vita, è così importante chesi rende necessario ricavare un tempo specialein cui ci si ferma per capire, pensare, pregare.Non bastano pochi minuti, un’ora, due, dieci…Ecco vorrei che al cuore dei nostri bambini arri-vasse questo messaggio, si iscrivesse nella piegadella vita, entrasse attraverso la pelle.

Per quanto in casa ci si possa impegnare aparlarne, corriamo sempre il rischio che la federientri tra le tante cose, che rimanga schiac-ciata come uno tra i mille impegni o addiritturache resti l’ultimo, il più trascurabile. Darle unospazio con regolarità settimanale mi sembrache aiuti molto. Abbiamo e abbiamo avutobimbi piccoli: possiamo a parole dir loro chegli vogliamo bene (ed è fondamentale!), masolo dedicando tempo, tanto tempo, e cura, epensiero, possiamo far sì che si sentano amati.Mi sembra un po’la stessa cosa.

Mi piace poi pensare che i miei figli incon-trino, attraverso la catechesi, la comunità.Questo Dio, per il quale la mamma e il papàvanno in chiesa, e in nome del quale li hannobattezzati, non è una faccenda privata. C’èqualcuno, tra i grandi, che spende del tempo

per parlarne con loro; la gioia e la fatica di cre-dere si intersecano in un cammino di cui pos-sono cominciare a far parte, sentendosi accom-pagnati.

La nostra bambina ha sette anni e, come tuttialla sua età, vive ogni cosa molto seriamente.Vorrà capire, per quanto è possibile, i signifi-cati; ci misurerà, come solo i bambini sannofare, attraverso domande semplici e dirette; siinterrogherà e ci interrogherà, nel tentativo dicostruire la sua fede. E’giusto, è così che sidiventa grandi; ma io già so che mi metterà incrisi, mi costringerà a ripensare… comunione,messa, preghiera, confessione, cresima,comandamenti, morte, Dio… a rimettermi indiscussione. Rientra, questa, tra le attese delpercorso di catechesi del proprio figlio? Forsepiù tra le paure. O tra le speranze.

Buon anno ai miei figli e a chi camminerà in-sieme a loro. Buon anno anche a tutti i genitori.

due genitori

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sa minore e l’oratorio. La duplice fun-zione religiosa e civile del sagrato defi-nisce bene la situazione storica e ilprogetto pastorale della comunitàche, mentre cura i cammini della fedee l’iniziazione alla comunità, si senteparte della città e della sua comunecostruzione. Questo modo di concepi-re il sagrato si è tradotto anche in unosforzo di collaborazione tra la comu-nità cristiana e il Comune; tra loro c’èstato proprio a proposito dei due sa-grati una convenzione (CR n. 318,nov. 2004). Tutto questo però è in vi-sta di un senso vissuto, di una funzio-ne che questi spazi devono assumerenei nostri comportamenti e nella no-stra convivenza. A questo proposito ènecessaria un’educazione di tutti noi aun uso e a un godimento intelligentedi questi spazi. Vedere queste piccolepiazze abitate da tanti ragazzi e datanti giovani è una vera gioia; anchese comporta una fatica per la manu-tenzione e uno sforzo per abituarci tut-ti a comportamenti rispettosi ed edu-cati.Questi sono alcuni pensieri che muo-vono anche “Comunità Redona” adocumentare i recenti lavori di risi-stemazione della piazzetta prospi-ciente la chiesa minore e l’oratorio.

Il nostro quartiere sta profondamentecambiando in questi anni. Giunge acompimento la terza fase dell’evolu-zione che ha vissuto nei tempi moder-ni: da paese agricolo fino all’800 a pe-riferia industriale nel ’900, a quartierecittadino in questi anni. Nella sua ra-dicale riconversione urbanistica saràimportante riuscire a mantenere den-tro il quartiere alcuni punti di riferi-mento che favoriscano in qualchemodo un’identità comunitaria. Traquesti punti di riferimento ci sono cer-tamente gli spazi della chiesa, anzidelle due chiese che ci sono al “cen-tro” storico del paese. L’operazioneche la parrocchia in questi anni ha fat-to per riqualificare i due sagrati da-vanti alle chiese entra in questa atten-zione. Il “sagrato” è spazio particolar-mente delicato: importante e quasi sa-cro un tempo, era poi stato invaso dal-le macchine e da una secolarizzazionesuperficiale. Il suo recupero deve te-ner presente i nuovi spazi tra sacro eprofano, tra comunità cristiana e so-cietà civile; esso è uno spazio interme-dio che esprime la differenza e il lega-me tra i due ambiti. Anche i nostri duepiccoli sagrati hanno questa funzione,posti come sono l’uno tra la chiesamaggiore e il parco, l’altro tra la chie-

PIAZZE E SAGRATI

Situazione antecedente. Il piccolo sagrato su cui si affacciano, da sinistra, Le Piane, la chiesa minore, l’ingresso dell’oratorio, il Qoelet.

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Novembre 2004. Inizio lavori da parte del Comune per allargare il marciapiede e per le opere al rustico dei gradini.

Novembre 2004. Rimozione della pavimentazione anteriore daparte della Parrocchia e formazione del sottofondo in calcestruzzo armato per la nuova pavimentazione.

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Gennaio 2005. Inizio posa nuova pavimentazione.

Febbraio-marzo 2005. Due nevicate tra febbraio e marzohanno fermato i lavori.

Marzo 2005. Il Comune riveste i gradini e la fioriera. 21 marzo 2005. Fine dei lavori e ripulitura dopo che la Bas, aspese della Parrocchia, ha posato i lampioni.

Vista d’insieme del nuovosagrato.

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Uscita dall’oratorio sul nuovo sagrato.

La magia e il silenzio della notte.(Foto Nicola Gandolfi)

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Feste e Ricordi

Periodico mensile - Anno XXXI - Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo - N. 327 - Ottobre 2005 - Autorizz. deltribunale di Bergamo, N. 8 dell'8-6-1974 - Direzione: don Sergio Colombo (responsabile), Franco Pizzolato - Redazione: Roberto Alfieri, Marta Antoniolli, Arturo Bonomi, don Lino Casati, don Michele Chioda,don Sergio Colombo, Stefano Fojadelli, don Tino Galizzi, Sandro Lorenzi, don Patrizio Moioli, Andreina Paris, Serena Paris, Filippo Pizzolato, Franco Pizzolato, Stefania Ravasio, Claudio Salvetti, Proprietà:Parrocchia di S. Lorenzo Martire - Quartiere di Redona (Bg) - sede: via Leone XIII, 15 - Bergamo - Tel. 035/341545 - Fotocomposizione e stampa: ditta Quadrifolio (Azzano S. Paolo - Bergamo)

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FRANCATIRONIGALIMBERTI† 8-8-2003S. Messaalle ore 18.30del 5-11-2005

FRANCOVISCARDI† 2-11-1994S. Messaalle ore 8del 2-11-2005

EMMAROTA NODARIARNOLDI† 22-10-1998S. Messaalle ore 18.30del 22-10-2005

OSVALDOPIAZZALUNGA† 26-10-1987S. Messaalle ore 18.30del 26-10-2005

CLAUDIOANDREINI† 27-10-1992S. Messaalle ore 18.30del 29-10-2005

ELVIRAMUTTONITAIOCCHI† 31-10-1979S. Messaalle ore 18.30del 31-10-2005

ANGELOMARCHESI† 16-10-2002S. Messaalle ore 18.30del 17-10-2005

ANGELOMORETTI† 16-10-1998S. Messaalle ore 18.30del 15-10-2005

ELVIRAVITALI† 17-10-1998S. Messaalle ore 18.30del 17-10-2005

ANNAMANZONIPEZZOLI† 6-8-1984S. Messaalle ore 18.30del 19-10-2005

SILVIATRAVELLADI PAOLA† 3-10-1996

CESAREMAESTRINI† 11-10-1988S. Messaalle ore 18.30dell’11-10-2005

PASQUALEMANZONI† 14-10-1996S. Messaalle ore 8del 14-10-2005

ROSACONSONNITIRONI† 5-11-1980S. Messaalle ore 18.30del 5-11-2005

ALFREDOCHIESA(di anni 67)† 12-9-2005

SILVIABERTACCHILOVATO(di anni 89)† 13-9-2005

MARIOLEUZZI(di anni 92)† 20-9-2005

ANTONIAMUTTIIN SALVI(di anni 72)† 21-9-2005

LUIGIERMANNOCAPELLI(di anni 65)† 19-8-2005

Defunti

Anniversari

GIOVANNIBATTISTANODARI(di anni 89)† 1-9-2005

ERNESTOVANONCINI(di anni 69)† 4-9-2005

DOMENICA 6 NOVEMBRE

Commemorazione“Combattenti e Reduci”

nella Messa delle ore 10

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OTTOBRE MESE MISSIONARIO

Domenica 23 ottobre sarà la gior-nata missionaria: si terrà una pre-dicazione specifica e si farà unacolletta per le missioni. Al mesemissionario è legata anche la ras-segna “Il Lontano Presente”.

TRIDUO DEI SANTI E DEI MORTI

Il Triduo, oltre alle celebrazioniliturgiche della Festa dei Santi (1novembre) e degli Uffici funebri dimercoledì 2 novembre e giovedì 3novembre, prevede tre appunta-menti la sera alle 21: il giorno deiSanti si leggeranno dei testi di S.Giovanni della Croce; il mercoledìe il giovedì si terrà una predica-zione speciale.

ITINERARIO LITURGICO DEI RAGAZZI

Da domenica 9 ottobre fino alla Fe-sta di Tutti i Santi viene proposto unprimo itinerario liturgico per i ragaz-zi. La Messa delle 10 inizierà perloro in chiesa minore per conclu-dersi con l’eucaristia comunitaria inchiesa maggiore.

Saluto a don MicheleDopo cinque anni che è stato con noi donMichele ci lascia. Va a Roma per vivereun’esperienza comunitaria di studio e didiscernimento. Siamo ovviamente un po’dispiaciuti di perderlo e di dover cercaredi ricoprire il vuoto che la sua partenzalascia tra noi. Soprattutto gli dobbiamo undebito di riconoscenza per quanto ha fattotra noi. Lo ringraziano in particolare gliammalati che egli ha visitato e assistito, gliscout di cui ha accompagnato il cammino,i fedeli della Messa delle 8 che hanno cele-brato con lui ogni domenica, le tante per-sone che sono state da lui accolte e acco-state. Soprattutto lo ringraziano don Ser-gio e don Patrizio che con lui per cinqueanni hanno condiviso la casa, la vitacomune e il ministero pastorale.