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Nuotare nella poesia Tecniche di scrittura creativa con prove di composizione di Maria Rosa Pantè

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Nuotare nella poesiaTecniche di scrittura creativa con prove di composizione

di

Maria Rosa Pantè

Che cos’è la poesia?Il paradosso di una non risposta che ci risponde

Ad alcuni-cioè non a tutti.E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.senza contare le scuole, dove è un obbligo,e i poeti stessi,ce ne saranno forse due su mille.

Piace-mi piace anche la pasta in brodo,piacciono i complimenti e il colore azzurro,piace una vecchia sciarpa,piace averla vinta,piace accarezzare un cane.

La poesia -ma cos'e' mai la poesia?Piu' d'una risposta incertae' stata gia' data in proposito.Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questocome alla salvezza di un corrimano.

Wislawa Szymborska, potessa polacca vivente, premio Nobel per la letteratura

Per iniziare un piccolo manifesto sulla poesia:

La poesia è POTENTE

(rivela a Paolo e Francesca la verità sul loro amore; si uccidono pur sempre i poeti)

La poesia è MISTERIOSA, MISTERICA

(polisemia del linguaggio poetico, vicino al linguaggio religioso)

La poesia è TRASCENDENTE

(va aldilà di chi la scrive)

La poesia è MUSICA/RITMO

(il metro non è una prigione, dà armonia al caos, è canto; canto che raggiunge anche chi non sa nulla di metrica)

La poesia è TERAPEUTICA E VISIONARIA

La poesia non dà risposte, ma vede e descrive il mondo in modo alternativo

Addirittura crea mondi aldilà dell’impossibile…

Lo scrittore argentino Borges in un libro dedicato alla “Divina Commedia” dice: “Fin da allora notai che i versi, soprattutto i grandi versi di Dante, sono molto di più di ciò che significano. Il verso è, tra le molte altre cose, un’intonazione, un accento spesso intraducibile. (…) Un buon verso non si lascia leggere a bassa voce o in silenzio. (…) Il verso esige di essere declamato. Il verso non dimentica di essere stato un’arte orale prima di essere un’arte scritta, non dimentica di essere stato un canto”.

Questa frase mi è sembrata molto adatta a far sentire come il legame tra musica e poesia sia veramente tra i più stretti. Forse è addirittura più stretto del legame poesia/prosa…

Infatti alla domanda fatidica e terribile: ”Cos’è la poesia?

Cosa la caratterizza?”, la prima risposta che mi sale alle labbra

(a me come a fior di studiosi) è

Caratteristica essenziale, necessaria e distintiva della poesia sono

ritmo, musicalità, misura e cantabilità.

Per il poeta francese Valéry: “La poesia è una lunga esitazione tra senso e suono”

La poesia è ritmo semantizzato, non si dà poesia senza ritmo! Cioènella poesia tutto comunica anche un certo ritmo o un certo suono. Per cui fare poesia è far suonare la parola, la lingua, certo sempre considerando il contenuto.

Il poeta è necessitato dal proprio canto interno, è prigioniero del suo verso.

Importante conseguenza di tutto questo è che spesso il non detto esce dalla partitura fonosimbolica e ritmica. In sostanza il suono

della poesia

COMUNICA

oltre il contenuto apparente.

Concretamente nella poesia come avviene tutto ciò? Nella musica ci sono suoni, pause, timbri di strumenti ecc., nella poesia?

A mio avviso fondamentali sono tre elementi:

· struttura metrica (numero di sillabe, accenti, pause, lunghezza o brevità delle parole…)

· struttura fonica (uso di certi suoni consonantici e vocalici piuttosto che altri; ripetizione di tali suoni, il caso più lampante è la rima…)

· altre figure retoriche (ad esempio la posizione delle parole, parole dal significato diverso, ma dal suono simile ecc.)

Climax, anticlimax; parole più o meno lunghe o brevi

Piano, forte; lento, veloce

Suoni (vocali, consonanti…)Timbro (voci, strumenti)

CesurePause

ParoleNote

Ritmo (accenti, numero sillabe,enjambement)

Tempo (2/4; 4/4 ecc.)

Partitura fonosimbolicaSpartito musicale

Strutture metriche della poesia italiana.Versi parisillabi:Senario: accenti su 2° e 5°

Ottonario: accenti su 3° o 4° e 7°

Decasillabo: accenti su 3° 6° e 9°

Versi imparisillabi:Quinario: accenti su 1° o 2° e 4°

Settenario: accenti su una della prime quattro sillabe e sulla 6°

Novenario: accenti su 2° o 3°, 5° e 8°

Endecasillabo: accenti su 6° e 10°

accenti su 4° e 7° o 8° e 10°

Strutture metriche della poesia italiana.Per contare le sillabe ci sono però degli accorgimenti importanti:

Elisione: vocale finale di una parola e vocale iniziale della seguente formano un’unica sillaba.

Iato: opposto dell’elisione

Dieresi: sdoppiamento i due sillabe delle vocali di un dittongo

Sineresi: opposto della dieresi

Inoltre se il verso finisce con una parola sdrucciola, si conta una sillaba in meno; se con una parola tronca si conta una sillaba in più.

Importante è anche l’enjambement…

Struttura fonica

Le rime:

“Perché chi è amato è così sciocco e greve?

L’errore è nella causa o nell’effetto?

Voglio un posto di viole e bucaneve…

Di biancospini… il mio posto segreto…

Vattene adesso!…prendi il vaporetto…

non fingiamoci Ofelia con Amleto” (Patrizia Valduga)

Struttura fonica

Le allitterazioni di suoni:

“dentro il fitto/ franto frastuono”(Maria Luisa Spaziani)

Le consonanze:

“che fasto sarebbe serbarsi intatti per”(Amelia Rosselli)

Le assonanze:

“se è misto di timore, di pudore, di onore”(Cristina Campo)

Figure retoriche

Metafore:

“io ti chiedo solo di essere te

non quegli altri che ti innamorano

tanti vestiti appesi

tanti colletti flosci”(Dacia Maraini)

Figure retoriche

Similitudini:

“e ti debbo parole come l’ape

deve miele al suo fiore. Perché t’amo”(Alda Merini)

Sinestesie:

“Come piangeva il vento di mattina!”(Anna Maria Ortese)

Per meglio evidenziare l’importanza della metrica e del ritmo, ecco un esempio famosissimo: l’ultimo verso dell’Infinito di Giacomo Leopardi:

E il naufragar m’è dolce in questo mare

Endecasillabo (11 versi); possibilità:

- accento su 6° e penultima sillaba

- accento su 4°, 7/8° e penultima sillaba

e m’è dolce il naufragar in questo mare

Gli accenti diversi, insieme alla diversa disposizione delle parole, danno ovviamente un ritmo diverso, quindi se il senso apparente è lo stesso, pure non c’è la stessa profondità di sensazione, non c’èsovrasenso!!!

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo; ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così fra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Per sentire l’intera musica dell’ Infinito ecco la lettura di Vittorio Gassman

Sempre caro mi fù quest’ermo còlle,

e questa siépe, che da tànta parte

dell’ultimo orizzònte il guardo esclùde.

Ma sedendo e miràndo interminàti

spazi di là da quélla, e sovrumàni

silenzi e profondìssima quiéte

io nel pensier mi fìngo; ove per pòco

il cor non si spaùra. E come il vènto

odo stormir tra quèste piante, io quèllo

infinito silènzio a questa vòce

vo comparàndo: e mi sovvièn l’etèrno,

e le morte stagiòni, e la presènte

e viva, e il suon di lèi. Così fra quèsta

immensità s’annèga il pensier mìo:

e il naufragàr m’è dolce in quèsto màre.

Il foglio che ho distribuito è una sorta di partitura e vi parràstrano, trattare così una poesia.

In realtà ho seguito le indicazioni di Leopardi stesso, che la lettura di Gassman ha in parte evidenziato.

Ho segnalato:

• gli accentiaccenti che danno il ritmo fondamentale;

• le freccefrecce indicano il fatto che il verso non contiene tutto il senso logico d’una frase, che quindi oltrepassa il verso ed èqui un procedimento voluto dal poeta proprio per indicare l’infinito, ovviamente poco adatto a dei confini (enjambementenjambement);

• alcuni suoni particolarmente evidenti sia consonanti che vocali.

Le consonanti difficilmente esprimono suoni duri come invece accade in questi versi di Eugenio Montale, tratti dalla lirica “Spesso il male di vivere”

Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

Tornando all’”Infinito”

nelle vocali, secondo alcuni studiosi, importante è l’uso delle atoniche (cioè con l’accento) che danno l’impressione di infinitàspaziale.

Lo sgomento, invece, è reso da suoni cupi: la o e soprattutto l’accento sulla u di spaura centrale.

Oltre ai suoni importante è l’uso di parole brevi o lunghe.

Nella prima parte della poesia vi sono parole molto lunghe, quattro, cinque sillabe che fanno sentire l’immensità spaziale chespaura!

Il ritmo è dunque più lento.

Nella seconda parte le parole più brevi preparano all’immagine positiva del naufragar dolce.

Il ritmo è più veloce.

Anche in questo caso un esempio può render meglio l’idea e far capire che la poesia non è frutto solo del genio e del caso, ma di un lungo e faticoso lavoro.

Gli esempi sono tratti dal poeta più grande mai esistito (naturalmente secondo me, ma non solo), naturalmente Dante Alighieri.

Esempio di ritmo lento: Purg. I, 13

“Dolce color d’oriental zaffiro”Esempio di ritmo veloce: Purg. II, 51 (l’immagine è quella dell’angelo nocchiero)

“ed el s’en gì, come venne, veloce”

Per capire cosa accade quando si fa poesia, il poeta Giuseppe Conte si rivolge al linguista Roman Jakobson che ha individuato nel linguaggio sei funzioni, eccole:

“ quando comunico qualcosa, posso sottolineare, enfatizzare la mia emotività soggettiva (funzione emotiva);

o posso cercare di orientare e dirigere chi ascolta (funzione conativa);

o posso enunciare con il massimo di chiarezza il contenuto di ciò che voglio comunicare (funzione referenziale);

o posso soffermarmi a verificare che il canale tra me e chi devericevere la comunicazione sia aperto (funzione fatica);

o posso riflettere sulle regole comuni accettate che rendono possibile la comprensione (funzione metalinguistica): in tutti questi casi, userò le altre funzioni del linguaggio, e non quella poetica”.

Nel linguaggio prende corpo la funzione poetica quando comunico qualcosa e mi interessa innanzi tutto questo qualcosa, mettere apunto il messaggio in sé e per sé, la forma autonoma, particolare che assume, quella di uno spettacolo, di un sorprendente teatro di parole.

Ecco un esempio.

C'è un ragazzo che una notte di domenica torna a casa amareggiato perché la ragazza amata non gli ha rivolto neppure uno sguardo, che si comincia a tormentare pensando di non avere nessuna speranza con lei e immaginando che lei nel frattempo stia vedendo in sogno altri ragazzi: questo ragazzo allora telefona a un suo amico, e gli riversa addosso la sua delusione, la sua rabbia, la sua disperazione: esprimerà certo una emotività soggettiva, fatta di esclamazioni, di gridi (funzione emotiva), e si rivolgerà imperioso al suo interlocutore, come per intimargli di aiutarlo (funzione conativa); poi più calmo metterà a punto le parole precise, il contenuto preciso di ciò che direbbe alla ragazza (funzione referenziale), e ipotizzerà attraverso quale canale farle passare: il telefono? o una lettera? o una scritta con lo spray sul muro della scuola? (funzione fàtica), e rifletterà insieme al suo amico su quelle parole, se vanno bene, se no (funzione metalinguistica). In sostanza, avrà usato alla fine tutte le funzioni del linguaggio messe a fuoco da Jakobson, fuorché quella poetica.

A lui - e possiamo capirlo - della forma autonoma di ciò che sta comunicando non imporla niente: gli imporla l’effetto pratico, sfogarsi, dar corso al tumulto che lo agita.

Ma se il ragazzo si chiama Giacomo Leopardi, quegli urli, quei pensieri, quelle sensazioni, quegli stati di alterazione dcll'anima diventano

« La sera del dì di festa »:Dolce e chiara è la notte e senza vento,

c queta sovra i tetti e in mezzo agli orti

posa la luna, e di lontan rivela

serena ogni montagna. O donna mia,

già tace ogni sentiero, e pei balconi

rara traluce la notturna lampa:

tu dormi, che f accolse agevol sonno

nelle tue chete stanze; e non ti morde

cura nessuna; e già non sai nè pensi

quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.

Tu dormi: io questo ciel che sì benigno

appare in vista a salutar m’affaccio,

e l’antica natura onnipossente,

che mi fece all’affanno. A te la speme

Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro

non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.

Questo dì fu solenne: or da’ trastulli

prendi riposo; e forse ti rimembra

in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti

piacquero a te: non io, non già; ch’io speri,

al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo

quanto a viver mi resti; e qui per terra

mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi

In così verde etate!…

Precisazioni:

Spero che questo breve discorso su un aspetto della poesia non lasci troppo perplessi.

“Ma come, dov’è finito il genio creativo?” oppure “Ma allora il contenuto non ha più importanza?”…

Rispondo semplicemente dicendo che:

Il labor limae è ciò che segue, viene dopo il cosiddetto “guizzo creativo”.

Certo non il solo Dante conosceva le regole metriche ecc., ma lui solo ha scritto la Commedia…

Anche l’etimologia del termine poesia, infatti, rimanda a una specifica “abilità”, poiché deriva dal verbo greco che significa “fare”, nel senso quasi artigianale

(e questa parola guarda caso deriva dal latino “ars”…)

Riguardo al contenuto si puòdire che:

La poesia è inutile come disse Montale quando gli assegnarono il premio Nobel per la Letteratura,

"Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo".

Quindi, capire chi è il poeta significa entrare in un mondo diverso, nel mondo del non produttivo, pochi poeti hanno scritto best seller.

· La poesia è in crisi come ha scritto con grande preveggenza già intorno agli anni ’70 Pasolini: per lui la societàdei consumi mette in pericolo ognuno di noi perché elimina dalla vita il senso del sacro e con esso il poetico.

Il linguaggio è infatti sempre piùomologato, razionalistico e strumentale, in questo ambito per la poesia non ci può essere posto:

“La comunicatività del mondo della scienza applicata, dell’eternitàindustriale, si presenta invece come strettamente pratica, e quindi mostruosa. Nessuna parola avrà senso che non sia funzionale entro l’ambito della necessità: sarà inconcepibile l’espressione autonoma di un sentimento “gratuito” (…)” che è il regno della poesia!

Paradossalmente, però, la poesia non sembra voler e poter morire come testimoniano, non solo i numerosissimi concorsi letterari (in Italia i poeti non si leggono, ma tutti omolti si sentono poeti e questo è comunque un bene).

Ma soprattutto la domanda perché mai si uccidono i poeti: ancora nel mondo contemporaneo si contano numerosissimi casi di poeti ammazzati in periodi di guerra o di dittatura, fino al caso del poeta kosovaro, ucciso dai Serbi nel 1999, a pochi passi dall'Italia!

Questo dovrebbe portare a riflettere sul ruolo guida che spesso i poeti hanno svolto e svolgono nella coscienza di un popolo e sulla paura che le parole fanno anche a chi detiene armi e potere.

La poesia deve essere considerata in tutta la sua potenzialità: non solo sfogo personale ed esistenziale, ma strumento per analizzare il mondo e per creare mondi nuovi e nuovi uomini .

Concluderei con due notazioni storiche.

Che musica e poesia fossero strettamente connesse è noto fin dagli albori della civiltà umana: il distacco tra musica e poesia èrelativamente recente, deriva dalla invenzione della scrittura.

Mi sembra però che tra i meriti e le caratteristiche del Novecento, anzi della corrente fondamentale del Novecento, cioè il decadentismo, ci sia, oltre all’aver liberato la poesia e l’averla, paradossalmente, ricondotta alle sue origini, l’averne evidenziato la profonda affinità con la musica e con le strutture fondamentali dell’inconscio. Famosissimi sono, infatti, i versi di Verlaine:

“Musica sovra ogni cosa!

E perciò preferisci il ritmo impari,

più vago e più solubile nell’aria”

Proviamo a citare tutte le poetesse che conosciamo: Saffo, forse Corinna, forse Gaspara Stampa, forse forse Vittoria Colonna, qualche monaca medievale, qualche mistica e poi?

Secoli di buio.

Un fatto importantissimo del ’900, almeno in alcune parti del mondo, è il fiorire di poetesse. Lo si vede dalle antologie scolastiche, dalle raccolte di poesie: dove finalmente un certo numero (pur sempre minoritario) di poeti sono donne e donne molto brave.

PatriziaValduga

Cristina Campo

Per far conoscere alcune di queste poetesse, come avrete notato, negli esempi di figure retoriche ho citato i loro versi.

Non c’è il tempo per indagare se c’è e qual è lo specifico della scrittura poetica femminile, mi basta per ora citare il positivo fenomeno e chiudere con una voce poetica femminile, quella della poetessa italiana oggi forse più famosa: Alda Merini.

Dacia Maraini

Anna Maria Ortese

Maria Luisa Spaziani

Alda MeriniVele del cantoHo abbandonato ogni donnacome un unico simulacro,un tonfo di duro destino,l'Arte è la migliore delle matriarche

l'Arte mi ha dato molti fratelli,i colori giovinetti gagliardi,con la clamide finta frescurae con questi giovani ho apertole vele del mio canto,e sono aprtito per mari azzurri

insieme al mio unico remoche è il mio ricordo

Buona poesia a tutti!