Naturalia 22

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NATURALIA 22 Inverno 2010 Naturalia - Iscritto al n° 962 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 23/03/2007 -Trimestrale Numero 22 - Inverno 2010 - € 2,50 Ambienti, Flora e Fauna del Salento LUPO EDITORE www.lupoeditore.it

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Ambienti, Flora e Fauna del Salento

Transcript of Naturalia 22

Naturalia

22 Inverno 2010

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2,50

Ambienti, Flora e Fauna del Salento

LUPOEDITORE

www.lupoeditore.it

Rivista di Ambienti, Flora e Fauna del Salento e Notiziario del Museo Civico di Storia Naturale del Salento e dell’Osservatorio Faunistico Provinciale

Iscritto al n° 962 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 23/03/2007

Una copia € 2,50

Direttore Responsabile Fernando DuranteDirettore Editoriale Antonio Durante

Vicedirettore Editoriale Sandro Panzera

Gli articoli firmati possono contenere pareri diversi non del tutto condivisi dalla redazione.

Hanno collaborato a questo numero Rita Accogli, Paolo Aprile, Claudia Cacciatore,

Chiara Caputo, Antonio Durante, Gino Giachino, Cristiano Liuzzi, Piero Medagli, Cristoforo Micheli, Enrico Panzera, Sandro Panzera, Simona Potenza,

Paolo Pennacchini, Giuseppe Raho, Matteo Trevisani .

Abbonamenti e ArretratiTel. 0832.875301

[email protected]

Museo di Storia Naturale del SalentoOsservatorio Faunistico Provinciale

Via Europa, 95 - Calimera (Le)Tel. 0832.875301

[email protected]

Impaginazione e graficaAndrea Baccassino

AbacDigitalStudio - Nardò[email protected]

LUPO EDITORE73043 Copertino (Le)

Tel. 0832.931743www.lupoeditore.it - [email protected]

Stampa: PUBLIGRAFIC srlTREPUZZI (Le) - Tel. 0832 760066

Numero 22 - Inverno 2010

NaturaliaMuseo Civico

di Storia NaturaleOsservatorio Faunistico

ProvincialeAssociazione Salentina

di Scienze Naturali

Sommario

Caccia sostenibile?a cura dell’Associazione Beccacciai d’Italia

12

Un altro pianetadi P. Aprile

14

Etologia del cavallo domesticodi C. Cacciatore

20

A cura di P. MedagliDal Meraviglioso Mondo delle Piante

Un orto botanico a Lecce

In copertina: Paolo Aprile “Crinoide e Castagnole Rosse (Pseudanthias Squamipinnis) - Marsa Alam - Luglio 2010”

25di E. Panzera

Il Beccamoschino23

Naturalia News

Tarta News

CRAS News

Notizie dal mondo della naturaA cura di S. Panzera e C. Liuzzi

Notizie dal mondo delle tartarugheA cura di S. Panzera e C. Caputo

Notizie da tutta Italia... e oltreA cura di S. Panzera

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04

06

01 EditorialeLa parola al direttore

ARTICOLI

RUBRICHE

NOTIZIE

Questo numero di Naturalia

è stato realizzato

con il contributo della

Camera di Commercio

Industria Artigianato

e Agricoltura di Lecce

Naturalia Inverno 2010

1

EditorialeG

di Antonio Durante

entili lettrici, cari lettori,

olti di voi mi chiedono (spesso con vero accora-mento) quando avverrà il trasferimento di Museo e Osservatorio nella nuova sede sulla s.p. per Borga-gne, per cui, facendo un uso improprio di NATURA-LIA, vi risponderò da qui. Chiunque abbia a che fare con le amministrazioni pubbliche sa bene che ogni scadenza è destinata a essere delusa. Lo straordina-rio è che ciò avviene anche quando uomini politici, dirigenti e personale impiegatizio vario compiono il proprio dovere! Straordinario davvero! Eviden-temente è proprio un intero meccanismo che non funziona, al di là dei buoni propositi di chiunque! E la destra e la sinistra non c’entrano proprio nul-la! Tutto questo solo per dire che non ne so niente e fare un po’ di qualunquismo? No no, la sorpresa c’è! Volendo potrei ancora tediarvi con le opere non concluse, con i ritardi di tutto e di tutti, con i soldi che finiscono, con altri che arriveranno, ma che an-cora non ci sono… la verità è che è colpa delle olive!

M Ecco: l’ente Provincia di Lecce ha diligentemente fatto richiesta di allaccio all’Enel a ottobre e… be’, dopotutto poco tempo fa!… ma no, ottobre 2009! E da allora tutti in attesa: non ci vorrà molto; og-gigiorno si è piuttosto celeri; anzi, speriamo che tardino ancora un po’ per poter arredare il Museo; si deve allora già pensare a… e anche a… e poi… Insomma, alla fine di tutti questi bei parlari ci sia-mo ritrovati dopo oltre un anno a sapere finalmen-te il perché di tanto ritardo.Le olive!L’Enel, nota a tutti non proprio per la sua celerità (verità o leggenda che sia!), per poter impiantare una nuova linea elettrica ha la necessità di acqui-sire i diritti di passaggio sulle proprietà private, così da istallare i pali o per scavare il cavidotto. Avviata la pratica per il Museo, è stata bloccata dalla signora Eleonora Gomez y Montoya de Gome-ra, proprietaria terriera in Calimera, che dalla sua lontana dimora in Castiglia si è dichiarata disposta

a rilasciare il proprio consenso per il cavidotto non prima di aver raccolto le olive, appunto!Ognuno ha i suoi diritti e la signora ha ben ragio-ne di voler raccogliere anche l’ultima delle sue

piccole olive, solo speriamo che poi non ven-gano fuori le arance e poi le fave e poi le ci-liegie e le angurie e i fichi e poi... le olive! Sempre le olive, magari per il terzo anno! Perché tutti abbiamo il diritto di rac-

cogliere le nostre olive come la signo-ra Eleonora Gomez y Mon-

toya de Gomera dalla lontana Casti-

glia!

Antonio Durante

Naturalia News a cura di Sandro Panzerae Cristiano Liuzzi

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Due importanti eventi nazionali el mese di Settembre 2010 si sono svolti due importanti eventi nazionali: il I Workshop sul fratino a Bracciano (RM) e l’ VIII Con-gresso Nazionale della Societas Herpetologica Italica a Chieti. In entrambi gli appuntamenti, la Riserva Naturale dello Stato Le Cesine – Oasi WWF ha presentato i dati degli studi e le ricerche faunistiche svolte nel biennio 2009-2010.

I Workshop sul fratino18 Settembre 2010

Bracciano (RM)

Il Workshop, organizzato dal GAROL e patrocinato anche dal WWF Oasi e ISPRA, ha trattato diverse tematiche, tra le quali: lo status, la distribuzione, la biologia e la conservazione del fratino (Charadrius alexandrinus).Il programma degli interventi è stato ricco e molto interessan-te, con relatori provenienti da tutte le regioni italiane. Erano previste numerose relazioni orali ed esposizione di poster. L’Oa-si WWF Le Cesine è stata rappresentata nelle sessione poster attraverso il contributo:“Il Fratino nella Riserva Naturale dello Stato Le Cesine- Oasi WWF- (Puglia): svernamento e nidificazione” di Liuzzi C. & Mar-cone F.Anche a fronte di quanto emerso nelle diverse realtà nazionali, la nostra riserva è risultata essere uno dei siti PRIORITARI per la conservazione di questa specie, ospitando un numero di coppie nidificanti superiore anche a intere realtà regionali. Il quadro delineato per la specie non è assolutamente positivo e in molti prevedono un’ imminente scomparsa ed estinzione locale da diverse aree del territorio nazionale. Sicuramente l’Oasi Le Cesine rappresenta oggi uno degli hot spot di assoluta valen-za e questo, oltre a inorgoglirci, deve spronarci a fare sempre di più, a eliminare, per quanto possibile, le cause di disturbo (soprattutto in periodo riproduttivo), mettendo in campo tut-te le nostre forze (almeno a livello locale) per perseguire gli obiettivi e agire attuando concrete misure conservazionistiche. Il Workshop è stata l’occasione per una prima costituzione di un gruppo di lavoro nazionale sul fratino, che nei prossimi mesi andrà a realizzare un importante documento alla base del Piano di Azione.Tutti i contributi presentati in questa occasione saranno pub-blicati su un Volume degli Atti (Ed. Belvedere) entro il mese di dicembre.

VIII Congresso Nazionale SHI22-26 Settembre 2010

Chieti

Il Congresso Nazionale della Societas Herpetologica Italica quest’anno ha fatto tappa in Abruzzo e ha visto la partecipa-zione di numerosi professori, ricercatori, tecnici, ma anche stu-denti e appassionati. Moltissimi interessanti interventi, tra cui alcuni provenienti dall’Asia, dall’Africa e dall’America. Le ses-sioni previste sono state: Faunistica e Atlanti, Fauna extraeuro-pea, Ecologia ed Etologia, Alloctoni, Morfometria e Morfologia, Conservazione, Paleontologia e Museologia, Tartarughe marine e Medicina veterinaria. È stato presentato in questa occasione un contributo inerente Le Cesine, anche al fine di colmare al-cuni “vuoti” bibliografici e dare un segno di quanto di positivo si sta realizzando nella nostra oasi. Il punto di partenza per realizzare seriamente qualsiasi programma e progetto di con-

servazione è la conoscenza e pertanto abbiamo iniziato con un articolo di faunistica: “Contributo alla conoscenza degli Anfibi dell’Oasi WWF Le Cesine (Puglia)” di Liuzzi C. & Marcone F.La presentazione di questo contributo ha suscitato interesse e curiosità nella folta platea di erpetologi, tanto da scaturire in un interessante e costruttivo dibattito. Nella stessa occasione sono stati presentati altri interessanti contributi dalla Puglia, tra i quali: “L’Erpetofauna della Puglia; aggiornamenti e inte-grazioni” di Liuzzi C. & Scillitani G., “Differenze dimensionali tra neometamorfosati di Bufo balearicus nella Riserva Naturale dei Laghi di Conversano (Puglia)” di Todisco S., Liuzzi C. & Lo-russo L.

Cristiano Liuzzi

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Naturalia Inverno 2010

Un’interessante iniziativaS egnaliamo un’interessante iniziativa che si sta svolgendo presso l’Oasi WWF Bosco di Vanzago e prevede una serie di corsi per guida naturalistica WWF. Per chi non ne sia stato a conoscenza e avesse perso le opportunità di novembre e dicembre, può sempre prenotarsi per i corsi di aprile 2011.

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Tarta News a cura di Sandro Panzerae Chiara Caputo

Sos Caretta caretta. Le salva TartaSalento

TartaSalento: la Rete a tutela delle tartarughe marine

pochi giorni dalla nascita della rete “TartaSalento”, network creato per rendere più capillari e tempestivi gli interventi di soccorso su tartarughe marine in difficoltà, alla quale colla-bora anche la Stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, si è registrato già un importante risultato. A circa 16 miglia dalla costa, il signor Claudio Pezzuto ha recuperato un esem-plare di Caretta caretta in difficoltà, di circa 4 kg e 30 cm di carapace. L’animale non riusciva a immergersi e si presen-tava spossato. Il signor Pezzuto, socio della Lega Navale di Casalabate, memore delle nuove dispozioni della Lega (che è uno degli Enti fondatori di TartaSalento) in merito al recu-pero di fauna ferita o in difficoltà, ha immediatamente con-tattato il presidente Franco Sarinelli e affidato l’esemplare alle sue cure. Presso la Lega, infatti, secondo le direttive del nuovo progetto, era già stato attrezzato uno spazio idoneo ad accogliere l’animale in attesa dell’arrivo degli agenti di Polizia Provinciale o dei tecnici dell’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce (Calimera). Inevitabile la gioia dei fondatori della rete di soccorso faunistico. Sandro Panzera (responsabile dell’Osservatorio faunistico provinciale di Lec-ce) e Andrea Retucci (responsabile della Lega navale Italiana per Puglia sud e Basilicata Ionica) hanno espresso subito la loro soddisfazione. Salvatore Perrone, assessore alle attivi-

tà produttive e venatorie della Provincia di Lecce, non appena appresa la notizia, ha sottolineato come la collaborazione tra enti pubblici e privati non solo sia possibile, ma produca senza dubbio ottimi risultati. La giovane tartaru-ga ha avuto l’onore di ben due nomi: Cosimina e Orazia. Il primo affidatole dal suo soccoritore, il secondo dagli amici del “Museo di Calimera - Naturalia”, che seguono le attività del centro sulle pagine di Facebook. Una spiacevole coinci-denza ha voluto che, nel medesimo giorno, sia giunta, sem-pre presso la Lega navale di Casalabate, un’altra tartaruga marina appartenente alla specie Caretta caretta, purtroppo già morta. Si trattava di un esemplare adulto, che misurava circa 80 cm di carapace e mostrava una profonda ferita sulla testa causata verosimilmente dall’impatto con le eliche di un natante. “TartaSalento” si avvale della collaborazione di enti che quotidianamente svolgono la fondamentale attività di tutela della fauna e dell’ambiente salentini.

Chiunque avvistasse una tartaruga marina o qualsiasi al-tro animale selvatico o esotico in difficoltà può contatta-re il Museo di Calimera ai seguenti numeri: 320-6586551, 320-6586558 e 0832-875301

A

trascorso solo qualche mese da quando alcuni importanti Enti pubblici e privati si sono riuniti in un protocollo di collabora-zione a favore della tutela dell’ambiente marino e della sua fauna, che già sono evidenti i primi risultati. Giovedì 22 set-tembre scorso è stato, infatti, presentato presso la sala con-ferenze della Provincia di Lecce il primo progetto di monito-raggio per le tartarughe marine. Tale progetto, denominato TartaSalento, si pone l’obiettivo di realizzare una fitta rete di osservatori e di punti di riferimento lungo le coste salen-tine al fine di monitorare la presenza di tartarughe marine, rilevare e recuperare gli esemplari feriti o in difficoltà, che possono essere ospitati presso i TartaPoint realizzati in loca-lità strategiche, dove attendono l’intervento degli agenti di polizia provinciale o dei tecnici del Centro recupero dell’os-servatorio Faunistico, i quali trasportano l’esemplare presso il centro di Calimera.

S.P.

È

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, è proprio vero! Ben 15 esemplari di Caretta caretta hanno ripreso la loro vita naturale tornando al mare nella splendida baia di Torre dell’Orso – Me-lendugno.Hanno passato parte degli ultimi mesi, dopo essere stati rinvenuti fe-riti sulle spiagge salentine, in cura e riabilitazione presso il Centro Recu-pero dell’Osservatorio Faunistico del-la Provincia di Lecce e della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Al-cune sono state ricoverate nel 2009 e hanno dovuto attendere un bel po’, altre, più fortunate, hanno avuto bi-sogno solo di pochi mesi per rimetter-si in forma.Ami in gola, ferite sul carapace da urto con imbarcazioni, ingestione di corpi estranei e altre menomazioni le ave-vano rese deboli e fatte spiaggiare. Grazie al continuo monitoraggio delle coste e alle numerose collaborazioni realizzatesi in questi anni attorno al Centro di Recupero dell’Osservatorio Faunistico, tutti questi animali sono stati prontamente avvistati, recupe-rati e tratti in salvo. Per far ciò sono state tante le volte in cui agenti del Corpo Forestale o di Polizia Provin-ciale hanno fatto la spola dalle sedi della guardia costiera dove erano sta-te consegnate al centro recupero di Calimera per consegnare questi sfor-tunati animali. Finalmente il 19 set-tembre ultimo scorso alcune di queste sono potute ritornare al mare. Si trat-ta di Ursula, Gargamela e Anacleto, ricoverati nel lontano febbraio 2009; di Ginny, Hermione, Denny e Niccolò, ricoverate tra marzo e aprile sempre dello stesso anno; poi c’è Lelia, rico-verata in luglio e Ciopin e Liquirizia, che l’hanno seguita in agosto sempre del 2009; un po’ più in là, nel 2010, hanno fatto il loro ingresso Alberta, Jumba, Avatar, Grosse e Minerva.È stato uno spettacolo meraviglioso vedere una a una tutte le tartarughe raggiungere il mare tra la gioia dei numerosi curiosi accorsi per godere di questo entusiasmante spettacolo. Si sono scomodati in tanti per assistere all’evento e tra questi numerosi rap-presentanti del mondo politico locale come l’Assessore Provinciale alle po-litiche agricole e venatorie Salvatore Perrone e l’Assessore Anna Elisa Pre-te, in rappresentanza del comune di Melendugno. Il rilascio si è svolto sot-to lo sguardo attento del Comandante della Guardia Costiera di Otranto Do-nato Ostuni, che ne ha seguito tutte le fasi.

C.C.

L’assessore Salvatore Perrone della Provincia di Lecce rimira soddisfatto l’ingresso in acqua di una tartaruga.

15 tartarughe marine tornano al mare

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C.R.A.S. News a cura di Sandro Panzera

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ari amici,è da più di un anno che con alcuni di voi si discute sulle problematiche inerenti la gestione dei centri di recupero fauna. Problematiche che investono più settori e che spa-ziano dalle necessità primarie di benessere degli animali alle carenze strutturali ed economiche nelle quali ver-sano molti centri, alle normative più o meno chiare che regolano tali attività. Le differenti condizioni ambientali in cui operiamo e che comportano ricoveri di esemplari con caratteristiche ecologiche, etologiche e dimensionali diverse fanno sì che chi legifera spesso non tenga con-to, non per incuria o incapacità, ma forse piuttosto per poca conoscenza settoriale, di alcune fondamentali prio-rità, senza le quali è notevolmente complicato gestire un centro. Realizzare, quindi, un’Associazione Nazionale che accomuni tutti i Centri di recupero italiani diviene qua-si una necessità. L’Associazione deve avere l’importante scopo di acquisire le difficoltà espresse da ognuno di noi, amalgamarle, fonderle in poche ma essenziali richieste e farsene portavoce presso gli organi competenti. È nostro interesse, quindi, che ciò avvenga e per questo è neces-

sario che ognuno di noi dia il suo importante contributo e soprattutto aderisca all’iniziativa. La continua evoluzione e globalizzazione in atto sta determinando anche nuovi e più complicati problemi come, per esempio, il notevole fenomeno del randagismo di molteplici specie aliene. Ac-cogliere questi animali è estremamente complicato, non fosse altro che per le diverse caratteristiche ecologiche e comportamentali. Il semplice fatto che l’iniziativa di riu-nire tutti i centri sia partita da due realtà così distanti tra loro, come Cuneo e Lecce, sta a indicare che le criticità sono avvertite sia al nord che al sud come anche al centro della nostra penisola, isole comprese. Solo con l’unione, la compattezza e lo scambio di opinioni, pareri ed espe-rienze si può tentare di affrontare tali criticità. Già molto si è fatto in questo senso con la realizzazione di un forum (vedi Naturalia n. 21 autunno 2010) e con l’istituzione di una rubrica specifica sulla rivista Naturalia, ma questo è ancora poco e quindi vi prego di valutare attentamente questa proposta e soprattutto di aderirvi tutti.

Sandro Panzera

C

Via Alpi 25 – 12010 Bernezzo (CN) Tel /Fax 017182305 – Cell. 3285325296 – C.F. 96068440047

www.centrorecuperoselvatici.it e-mail: [email protected]

Autorizzazione Provincia Cuneo N° 395 del18/05/2001Idoneità Min. Amb. Animali pericolosi Lex 150/92 N°SNC/99/2D/2772

Iscritta al Registro Regionale delle Org. Del Volontariato con delibera N° 177 del 12/05/05

MODULO PER ADESIONE UNIONE NAZIONALE C.R.A.S. - C.R.A.S.E.

Denominazione Ente :

……………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………..

Città – Provincia -- Regione :

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………. Telefono – Fax – e-mail

………………………………………………………………………………. ………………………………………………………………………………

Responsabile ( Nome e Cognome )

………………………………………………………………………………. Firma per adesione

………………………………………………………………………………

In caso di rifiuto : Motivo per il quale non si intende aderire :

Grazie

C.R.A.S. News

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Il Festival Dei Gufi ei giorni 1 – 3 ottobre u.s. negli splendidi scenari della Rocca di Borgonovo Val Tidone e del Castel-lo di Corticelli a Nibbiano (Piacenza) si è svolto il “Festival dei Gufi”. Alla manifestazione, che pre-vedeva, oltre al reinserimento in natura di esemplari di rapaci notturni rinvenuti in difficoltà e curati pres-so i Centri Recupero, anche una tavola rotonda su un progetto di monitoraggio di due specie di Strigiformi organizzata dalla Dr.ssa Alessia Mariacher con la parte-cipazione del Dr. Riccado Gherardi, hanno partecipato numerosi rappresentanti di altrettanti centri recupero fauna.Anche il CRAS di Bernezzo è stato presente con alcuni volontari, con il Responsabile Luciano Remigio e con il sottoscritto, in quanto segretario.La sera del 2 ottobre i volontari hanno provveduto, nel Castello di Corticelli, a lasciar volare libere due civette seguite da un gufo comune, un barbagianni, un allocco e un’altra civetta.Molto interessante la tavola rotonda, specialmente per noi del CRAS di Bernezzo, che da tempo utiliz-ziamo strumentazione GIS su alcuni esemplari per la raccolta e l’analisi di dati spaziali a elevato dettaglio geografico. Nel corso della tavola rotonda, come rap-presentati del CRAS della Provincia di Cuneo, abbia-mo reputato interessante introdurre una discussione sulla necessità di formare un’Associazione Nazionale dei CRAS, al fine di utilizzare le esperienze di tutti in una migliore gestione dei Centri. Ci auguriamo che l’argomento desti l’interesse delle altre strutture e si possa finalmente iniziare il lungo processo che porterà alla realizzazione di una rete di Centri ben collegati tra loro e che insieme si confrontino con le istituzione e ne trasmettano le relative difficoltà incontrate.

Gino Giachino

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Naturalia Inverno 2010

a chiamata al centralino VerdeBlu Emergenze Faunisti-che è giunta alle 11,20 del 27 agosto. La Polizia provin-ciale di Verona richiedeva un intervento per recuperare un tasso in difficoltà, forse investito da un’auto, a Mal-cesine, una cittadina sulla sponda nord-est del lago di Garda. Samuele, l’addetto VerdeBlu in servizio di gior-nata, aveva appena terminato un intervento per recu-perare un balestruccio nella zona sud della provincia. Si è diretto subito verso il lago: doveva percorrere la statale 249, e, a causa della distanza e del forte traffico turistico, ci avrebbe messo più di un’ora per arrivare sul posto. Come spesso accade per i tassi, la cattura non è stata semplice: il soggetto alternava momenti di calma a furiose reazioni, ma grazie all’attrezzatura in dotazio-ne è stato catturato e caricato sull’ambulanza. Già all’arrivo in ambulatorio le condizioni del tasso sono sembrate subito serie. L’animale non era in gra-do di reggersi in piedi, rimaneva tutto raggomitolato su se stesso e presentava un’imponente scialorrea. Come spesso capita con gli animali selvatici, i nostri tentativi di approccio per valutare meglio le condizioni del sog-getto non venivano ricambiati con altrettanto “amiche-voli manifestazioni”. Il tasso infatti soffiava, ringhiava e tentava di morderci, rivelando un’inaspettata energia e rendendo pertanto necessaria un’ abbondante dose di sedativo per consentirci di visitarlo… Dall’esame clinico nulla lasciava presupporre che i sintomi rilevati fossero riferibili a traumi legati a un incidente automobilisti-co: l’animale non presentava infatti alcun ematoma né escoriazione, generalmente presenti in caso di impatti di questo tipo. Il sospetto era che il tasso potesse aver ingerito qualche sostanza tossica, di difficile identifica-zione, che però non aveva del tutto compromesso le condizioni del soggetto. Durante l’effetto della sedazio-ne, provvedevamo a somministrare abbondante fluido-terapia, copertura antibiotica e anti infiammatoria per via iniettabile, continuata poi per via orale durante il ricovero presso le strutture di convalescenza del Centro Recupero. Ai successivi controlli, l’animale si presenta-va ancora un po’ abbattuto per i primi due giorni. Al controllo del terzo giorno, il soggetto ci accoglieva con tutto il meglio del repertorio di “pubbliche relazioni” che un tasso in buona salute sa proporre a chi non gli è simpatico... Abbiamo proseguito il ricovero per un altro paio di giorni, per poi reintrodurre, con piena soddisfa-zione, il soggetto in natura.

Matteo Trevisani, medico veterinarioDirettore sanitario

C.R.S. VerdeBlu Castel d’Azzano (VR)

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Piccole storie a lieto fine.

Naturalia Inverno 2010

Cc postale n. 93073302Intestato a Cooperativa Naturalia a r.l.Via Europa, 9573021 Calimera (LE)

abboNati a Naturalia

Solo 10 €

d accoglierlo non potevano esserci che i genitori e due fratelli - o sorelle - che gli sono andati incontro e con i quali si è poco dopo allontanato dalla riva. Così, ieri mattina, sul lungolago di Garda, la liberazione di un esemplare giovane di cigno recuperato da VerdeBlu il primo agosto scorso, si è rapidamente trasformata in una felice «riunione di famiglia».“Non c’è dubbio che si sia trattato di questo perchéuno dei due adulti lo ha avvicinato immediatamente come per controllarlo”, spiega Fabrizio Croci, presiden-te dell’associazione che a livello provinciale si occupa del recupero della fauna selvatica.“D’altra parte - prosegue - si tratta di una famiglia che conosciamo bene e che teniamo sotto controllo. Nel senso che ogni volta che abbiamo occasione di essere da queste parti verifichiamo le loro condizioni. Cosa che facciamo con tutte le famiglie di cigni presenti anche perché attualmente sul Garda non ve ne sono moltissi-me ed essendo animali stanziali, una volta che scelgono un tratto di costa vi rimangono”. Il cigno liberato ieri mattina a Garda appartiene a unacovata nata quest’anno, in primavera. “Sono esemplari già autosufficienti ma comunque giova-ni e che per questo tendono a non allontanarsi troppo dalla riva. Perciò, in caso di maltempo, sono più esposti al rischio di finire sugli scogli e rimanere feriti. Quello che è accaduto a questo esemplare - ricorda Croci - che ci era stato segnalato dalla polizia locale di Garda. Una volta guarito lo abbiamo riportato dove lo avevamo pre-levato”.L’ambulanza di VerdeBlu è arrivata sul lungolago di Gar-da poco dopo le 9.30. “Abbiamo tardato un po’ rispetto all’orario previsto - spiega il presidente - perché prima di partire per il lagoabbiamo dovuto recuperare un giovane merlo. Dopo il rilascio del cigno abbiamo fatto un giro di perlustrazio-ne della zona di Garda approfittando della disponibilità di due volontari e del motoscafo della locale squadra di Protezione civile”.

G.B.

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GARDA. Era finito contro gli scogli per il maltempo ed è stato soccorso

Il piccolo cigno curatoritrova la sua famiglia

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di pochi giorni fa l’ennesima registrazione di un episodio di “randagismo” di esemplari esotici rinvenuti abbandonati. Chiaramente tali fenomeni non sono dovuti a fughe di anima-li dalla cattività, ma più verosimilmente ad abbandono degli stessi da parte di allevatori incivili che prima acquistano e successivamente si sbarazzano di quello che non è più un di-vertimento o non è più di moda. L’episodio attuale è ancora più grave perché le povere bestiole sono state abbandonate in pessime condizioni in un cassonetto di rifiuti. Si tratta di due iguane (Iguana iguana) di circa 50 e 80 cm. di lunghezza, rin-venute tra le immondizie a Taranto. Queste sono state scorte da un giovane passante e, dopo una serie di passamano, sono state consegnate alla locale stazione del Corpo Forestale del-lo Stato. I Forestali hanno subito contattato Piero Carlino del Centro di Recupero Fauna Esotica Abbandonata dell’Osser-vatorio Faunistico della Provincia di Lecce – Museo di Storia Naturale del Salento di Calimera. Senza perdere tempo, si è provveduto d’urgenza alla consegna e ricovero presso il Cen-tro. All’arrivo, le iguane sono state subito visitate dal vete-rinario dell’Osservatorio Faunistico, il dott. Gianluca Nocco, che ha constatato una frattura alla zampa posteriore sinistra e ferite lacerocontuse sulla coda nell’esemplare più giovane e più piccolo, mentre in quello più grande si sono riscontrati gravi problemi di tipo neurologico. Lo stesso veterinario ha provveduto subito alla somministrazione delle prime terapie. Dobbiamo ancora constatare come sia inaudito assistere a fenomeni di questo tipo soprattutto in una regione, la Puglia, dove è presente e agisce un Centro di Recupero specializzato per questi animali. Non è la prima volta, infatti, che il Corpo Forestale dello Stato assieme all’Osservatorio Faunistico del-la Provincia di Lecce riescono a intervenire per il recupero di animali abbandonati appartenenti a specie esotiche, che se lasciati nel NOSTRO ambiente naturale sarebbero condannati o a morte certa o a divenire elementi indesiderati di inquina-mento biologico. Speriamo che per queste due iguane si sia giunti in tempo e che si riescano a recuperare alle normali attività. Naturalmente rimarranno ospiti del Centro per tutta la loro esistenza, ospitate in ambienti adeguati al loro tenore di vita.

S.P.

È

Continua il fenomeno del randagismo di specie animali esotiche

Una delle iguane con problemi neurologici. Si noti l’innaturale colorazione arancio.

(Ph: S. Panzera)

La più piccola delle due iguane con frattura alla zampa anteriore destra ed

escoriazioni profonde sulla coda. (Ph: S. Panzera)

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Domenica 22 agosto ultimo scorso a conclusione del campo scuola per ragazzi organizzato dalla Coop. Omnia nel Parco Pineta di Torre dell’Orso, hanno fat-to ritorno in natura alcuni esemplari di fauna selvati-ca rinvenuti feriti e curati presso il Centro Recupero dell’Osservatorio Faunistico della Provincia di Lecce – Museo di Storia Naturale del Salento di Calimera. Più precisamente si trattava di 2 esemplari di civet-ta, un gheppio, una poiana e due bisce d’acqua.Questi erano stati rinvenuti feriti nei mesi preceden-ti e accolti presso il Centro di Recupero Fauna di Calimera. Qui sono stati sottoposti a cura e riabili-tazione e, una volta recuperati, hanno potuto fare ritorno in ambiente naturale.

S.P.

Alcune immagini delle liberazioni di Torre Dell’Orso. In alto: Piero Carlino, erpetolo-go dell’Osservatorio Faunistico della Pro-vincia di Lecce, con una biscia d’acqua. A sinistra: il pubblico attende di assistere alle liberazioni. In basso da Sx.: Simone Taranti-no, operatore del Museo di Storia Naturale di Calimera, mentre libera la poiana; San-dro Panzera, responsabile dell’Osservatorio Faunistico della Provincia di Lecce di Cali-mera; Nico Cucurachi, Presidente dell’As-sociazione Salentina di Scienze Naturali; il dott. Gianluca Nocco, veterinario del Cen-tro; G. Scognamillo, presidente dell’Ente Fiera di Galatina; Simona Potenza, opera-trice del Centro Recupero Fauna Selvatica.Nella pagina precedente in alto e in basso: S. Tarantino, S. Panzera e l’Assessore alla Cul-tura del Comune di Melendugno Anna Elisa Prete mentre liberano due gheppi. Al centro Piero Carlino libera una biscia d’acqua.

Falchi e civette ritornano liberi

Naturalia Inverno 2010

Naturalia Inverno 2010

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CHI SIETE?Il 1° Luglio 2004 nasce l’ASSOCIAZIONE BECCACCIAI d’ITALIA in nome della So-stenibilità della Caccia. Sostenibilità si-gnifica l’equilibrio fra prelievo e conser-vazione della specie. Condotta in questi termini moderni, seguendo una passione antica, la caccia assume un grande valore di monitoraggio degli habitat naturali e di risorsa economica generale. L’Europa sta avvertendo tutti i protagonisti della caccia: chi non ba-serà i prelievi delle specie cacciabili su dati scientifici reali e statisticamente validi, dovrà consi-derarsi escluso dalla caccia del futuro. Beccacciai d’Italia nasce proprio con l’intento di copri-re un “buco di dati scientifici” che af-fligge da sempre il nostro paese. Lo fa mettendo, al cen-tro della ricerca, la passione dei beccac-ciai, che con la loro caccia fatta di espe-rienza, osservazione e studio, diventano il primo anello della catena scientifica fi-nalizzata a una vera gestione del capitale beccaccia, in Italia e in Europa. Dimenti-chiamo i numeri e il carniere, oggi quel-la caccia è finita, quella cultura è finita.Beccacciai d’Italia è per la sostenibilità della Caccia: esiste e agisce solo dentro questo percorso.

PERCHÉ LA BECCACCIA?La beccaccia è veramente la specie più importante che abbiamo. C’è un motivo

concreto. È l’unica specie non riproduci-bile in cattività. Non è quindi allevabile, tantomeno detenibile. Chiusa e circo-scritta muore. Un inno alla Natura, alla rusticità, all’unicità. Come l’Albatros di Baudelaire è metafora di libertà. Libertà e dignità che l’uomo-cacciatore di oggi deve cogliere in pieno e rispettare.

QUAL È ATTUALMENTE LO STATO DI SA-LUTE DELLA SPECIE “BECCACCIA”?

La beccaccia è specie in declino ed è evidente che l’acuirsi del prelievo ille-gale possa in tempi brevi compromet-tere completamente la sopravvivenza dei contingenti giunti in migrazione e in svernamento, che hanno i loro siti di nidificazione in Russia, Estonia, Lettonia e Paesi scandinavi, compromettendo le stesse possibilità di continuare la caccia sulla specie. Dai dati scientifici inter-nazionali e nazionali, la specie appare

attualmente minacciata dai mutamenti ambientali e climatici ma soprattutto dal prelievo illegale, effettuato attraverso la caccia da aspetto e appostamento. Si sti-ma (dati ottenuti da ricerche scientifiche su un campione di beccacce abbattute) che tale pratica agisca sull’80-90% degli abbattimenti effettuati sulla specie (per difetto) rispetto a quelli effettuati legal-mente con la tradizionale caccia con il cane da ferma.

PERCHÉ RACCO-GLIERE L’ALA DE-STRA?La lettura dell’ala destra della bec-caccia è oggi un grande strumento di monitoraggio della specie. Ci consente effettivamente di tracciare l’identi-kit della beccaccia transitante e sver-nante in Italia. Le sue piume sono sem-pre in costante mu-tazione. Questo pro-cesso si blocca nel periodo di migrazio-ne e ci consente di studiare l’ala come fosse un mazzo di carte aperto. Allu-

vioni, siccità, crisi ambientali, è possibile leggerle sulle sue penne e sulle sue piu-me. I colori, la forma, l’usura di piume remiganti e di grandi copritrici ci consen-te di classificare l’età della beccaccia. Questo è il metodo concepito e perfe-zionato dal suo autore il dott. Jean Paul Boidot del “Club National Bécassiers” e attuale presidente della Federazione Eu-ropea che racchiude tutte le associazioni di beccacciai, la F.A.N.B.P.O.

Caccia sostenibile? Provate a leggere!Si riassume di seguito un’intervista al Presidente, il De-legato Puglia e un socio dell’Associazione Beccacciai d’Italia, dalla quale emergono aspetti dell’attività ve-natoria completamente sconosciuti alla maggior parte della gente e anche a molti cacciatori. Al di là di ogni giudizio etico sulla caccia, che Naturalia non ha mai né appoggiato né apertamente avversato, rimettendo-si asetticamente alle norme previste per legge, credo che sia importante mettere al corrente i lettori che la frase: “il cacciatore tiene all’ambiente forse di più di tanti ambientalisti della domenica” non è sempli-cemente una boutade, almeno per quella minoranza rappresentata dagli autori dell’articolo.

La redazione.

Beccaccia (Ph: S. Panzera)

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CHE COSA È LA F.A.N.B.P.O.? La FANBPO è la Federazione delle Asso-ciazioni Nazionali dei Beccacciai del Pa-leartico Occidentale. Fondata nel 2004, l’attuale presidente è il dott. Jean Paul Boidoit, che è stato presidente del C.N.B. (Club National des Bécassiers ) dal 1996 al 2004 ed è attualmente presidente onorario. La F.A.N.B.P.O. ha lo scopo di mantenere in uno stato di conservazione favorevole le popolazioni della beccaccia (Scolopax rusticola) e preservare il suo habitat nel Paleartico Occidentale, par-ticolarmente in Europa, pur permetten-done un’utilizzazione razionale tramite una caccia durevole e controllata. Essa propone e porta una forza di riflessione e di proposte, con un appoggio scientifico e tecnico nel rispetto dell’etica della cac-cia alla Beccaccia, alle istituzioni nazio-nali e internazionali soprattutto a scala europea. A questo titolo è particolarmen-te vocata a contribuire all’applicazione dei testi normativi europei. Essa invita i club a promuovere un’etica rigorosa nell’esercizio della caccia e denunciare tutti i tipi di prelievi non conformi alla deontologia cinegetica e alle direttive comunitarie. Beccacciai d’Italia è mem-bro della F.A.N.B.P.O. dal maggio 2008.

È SUFFICIENTE RACCOGLIERE SOLTANTO L’ALA DESTRA DELLA BECCACCIA?È molto importante annotare anche altri dati relativi al prelievo della Beccaccia, è per questo motivo che su ogni busta per la raccolta dell’ala vi sono riporta-te le indicazioni per inserire altri dati. È, infatti, importante conoscere il peso di ogni beccaccia prelevata, la lunghezza del becco, il sesso (la cui determinazione è più semplice di quel che normalmente si pensi). Sono inoltre importanti i dati relativi alle condizioni meteo e allo stato dell’habitat. Il beccacciaio è una “senti-nella dell’ambiente”, per questo moti-vo è invitato anche a segnalare le aree inquinate da rifiuti e deturpate, magari supportando il tutto anche con docu-mentazione fotografica. Nel corso del convegno annuale che verrà organizzato porteremo le segnalazioni avvenute alle autorità competenti.

PERCHÉ LA BECCACCIA SI CACCIA SOLO CON IL CANE?Perché il beccacciaio non spara alle “ far-falle” da esibire al bar agli amici come un “glorioso carniere”, ma è colui che racconta le gesta del suo “fedele com-pagno”, il cane. Il cane del beccacciaio è un vero compagno di emozioni, non sarà mai abbandonato, non sarà mai randagio, lo accompagnerà finché vivrà.

CHE COS’È IL CSB?Il Centro Studi Beccaccia (CSB) è un nuo-vo strumento di gestione faunistica fina-lizzato al monitoraggio della specie bec-caccia, Scolopax rusticola. Il compito del Centro è quello di raccogliere, analizzare

e divulgare tutti i dati relativi al periodo di sosta e svernamento della specie sul territorio italiano. Lo studio analizzerà il fenomeno migratorio del passo autunna-le, la fase di svernamento e di ripasso pri-maverile, interfacciando i dati biometri-ci dei soggetti catturati e inanellati con quelli prelevati tramite il corretto eser-cizio venatorio, insieme all’analisi delle vie migratorie e degli habitat frequentati dalla specie, all’interno di un monito-raggio dei fenomeni climatici sempre più imprevedibili. Il Centro lavorerà su

progetti scientifici di alto valore tecnico-statistico, essenziali per fornire le basi per l’affermazione della Caccia Sosteni-bile, ovvero l’equilibrio fra il Prelievo e la Conservazione della Specie. A tal fine il Centro prevede ampia collaborazione con tutti gli Enti e Istituti di ricerca, nonché le realtà dell’associazionismo venatorio e ambientalista italiane, per aprire una nuova fase di impegno unitario a favore della Natura. Obiettivo del Progetto CSB è quello della crescita culturale del mon-do venatorio, specializzando la figura del cacciatore moderno quale componente attiva della ricerca scientifica applica-ta alla gestione della specie. Affermare una nuova cultura del prelievo della fauna selvatica, sottolinean-do l’importanza della beccaccia quale vera “specie laboratorio”, portatrice di dati e di informazioni strategi-che per la conservazio-ne della biodiversità . I CSB sono operativi su tre grandi aree della Penisola: CSB nord Ita-lia con sede a Como, CSB centro Italia con sede a Città di Castello (Pg), CSB sud Italia con

sede a Lecce. A questi tre si deve aggiun-gere un quarto, il CSB regione Toscana costituito all’interno del Parco di S. Ros-sore e della Tenuta Presidenziale, in pro-vincia di Pisa, che ha assunto un notevole valore strategico. L’areale di San Rossore è un importante luogo di svernamento, oggetto di studi importanti sull’avifauna, famoso e carismatico. Il Centro ha già ot-tenuto un’ampia collaborazione da parte di tutte le realtà dell’associazionismo ve-natorio e ambientalista toscano. La stes-sa composizione dei soggetti proponenti (una Provincia, un parco regionale, una associazione di cacciatori) rappresenta di fatto questo tipo di approccio. Il CSB Regione Toscana quindi oltre a funzionare quale strumento di monitoraggio su tutto il territorio regionale ha anche il fonda-mentale compito di coordinamento na-zionale del Progetto, nonché, attraverso l’interscambio internazionale con gli enti e le organizzazioni europee preposte, contribuire attivamente a una corretta gestione della gestione della specie bec-caccia.

DENUNCIA LA POSTA ALLA BECCACCIA (IMPORTANTE)Cliccando su www.centrostudibeccaccia.it farete conoscenza del nuovo strumento di gestione faunistica della specie bec-caccia Scolopax rusticola. Fra i tanti ser-vizi offerti riguardanti la ricerca scienti-fica applicata alla specie e le modalità di partecipazione, segnaliamo il pulsante di “Denuncia la Posta”. Ognuno potrà segnalare il luogo dove si effettua que-sta piaga indegna: la denuncia, in forma anonima, sarà inviata in automatico agli organi di polizia venatoria del territorio in questione. Il Progetto CSB è aperto al contributo e alla partecipazione di tutto il mondo venatorio e ambientalista che ha a cuore l’affermazione della Caccia Sostenibile.

Paolo Pennacchini (Presidente di Beccacciai d’Italia)

Giuseppe Raho (Delegato Beccacciai d’Italia Puglia)

Cristoforo Micheli (Socio e consulente cinofilo

Beccacciai d’Italia)

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14Speciale Foto Subacquee

UN ALTRO PIANETAdi Paolo Aprile

Chi non vorrebbe recarsi su un altro pianeta, sperimentare di persona e con grande stupore forme di vita diverse e bizzarre, dimensioni, colori, caratteri-stiche sorprendenti? Il successo enor-me del film “Avatar” è probabilmente basato su dinamiche psicologiche come quelle accennate e chi lo ha visto non può aver mancato di notare che moltis-simi degli spunti creativi dei realizza-tori di quell’opera sono venuti proprio dalla vita sottomarina. Ebbene, andar sott’acqua è proprio come recarsi su un altro pianeta e il Salento, con le sue coste e i suoi pa-esaggi sommersi, si presta bene a que-sta pratica al contempo naturalistica e sportiva. Certamente, però, l’habitat delle barriere coralline offre a tutti coloro che sanno indossare una sempli-ce maschera subacquea l’opportunità

di provare le sensazioni e le emozioni più forti e alcuni fra i siti più belli al mondo sono anche straordinariamente facili da raggiungere, come il Mar Rosso egiziano, ad esempio, con le sue loca-lità turistiche dalla ricettività illimita-ta, eppure ancora così integre nei loro incomparabili paesaggi sottomarini. Queste mete, dalla famosissima Sharm El Sheikh, alle non meno conosciute Marsa Alam e Hurgada, fino alle ultime arrivate e un po’ più pionieristiche Port Ghalib o Berenice, sono al contempo di agevole raggiungibilità e di grande con-venienza: praticamente alla portata di tutti. Il costo di un pacchetto da una settimana “all inclusive” in albergo, compreso il collegamento aereo, che frequentemente opera anche da Bari, non supera di molto i 500 € a persona e la barriera corallina è proprio lì, da-

vanti al mega resort, a 100 metri dalla nostra camera. Una maschera, un boccaglio, magari un paio di pinne e lo spettacolo di un altro pianeta è a nostra disposizione.Sono centinaia e centinaia di chilome-tri di un habitat brulicante di vita, ep-pure delicatissimo perché necessita di temperature dell’acqua costantemente comprese fra i 20 e i 30 gradi, un habi-tat straordinario che impone ai milioni di turisti un rispetto assoluto di poche semplici regole riassumibili come se-gue:- guardare e non toccare nulla, non disturbando gli esseri viventi in nes-sun modo (anche perché si può correre qualche rischio);- non inquinare;- non dare da mangiare a pesci e altri animali acquatici.

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Speciale Foto Subacquee15

Sono le stesse regole che, se applicate al nostro mare, ce lo avrebbero con-servato ben più ricco di come è oggi, ma che ce lo potrebbero ancora resti-tuire com’era. In Corsica, ad esem-pio, viene applicato il sistema della rotazione delle aree protette, per cui i tratti di costa, a turno, diventano interdetti a ogni intervento antropico invasivo per un periodo di tempo ido-neo a ripristinare le condizioni natura-li. Tornando all’habitat delle barriere coralline, alcuni degli organismi che lo popolano possono essere pericolosi per l’uomo. Non parliamo degli squali, dei barracuda o di altri grandi anima-li. Parliamo di animali relativamente piccoli, qualche volta addirittura in-vertebrati: il pesce pietra, il pesce scorpione, il corallo di fuoco, il conus, alcuni ricci e così via, possono costitu-

ire delle minacce anche serie, ma un comportamento responsabile e poche semplici precauzioni (le regole di cui sopra, per esempio), riducono questi rischi a livelli bassissimi. Ci si può, dunque, godere lo spettacolo in tut-ta sicurezza, spettatori rispettosi ed estasiati dei virtuosismi della natura e si può in questo modo acquisire o in-crementare una coscienza ambienta-le. In poche parole, da un’esperienza così si torna normalmente migliorati sul piano della sensibilità verso la tu-tela delle meraviglie che ci circonda-no. Molto spesso le cose più sorpren-denti sono nelle piccole dimensioni e se provassimo ad applicare questo spirito di osservazione anche ai nostri habitat terrestri e acquatici, come un prato o una scogliera affiorante, po-tremmo stupirci in modi analoghi a

quanto si può fare sulla barriera co-rallina, che, essendo un ambiente di superficie, impone un’ osservazione necessariamente ravvicinata. A corre-do di queste brevi riflessioni da profa-no appassionato, offro delle immagini digitali amatoriali realizzate con un’ attrezzatura assai semplice, frutto di alcune escursioni sulle barriere coral-line egiziane e di quelle, anch’esse meravigliose, ma molto meno a porta-ta di portafoglio, delle isole Maldive. L’invito implicito è a vivere di persona esperienze come queste e a sgranare gli occhi e la mente per la meraviglia del cammino che la Vita ha saputo compiere dai primordi precambriani a oggi, ben coscienti che noi stessi siamo un prodotto di quel faticoso e stupefacente cammino.

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Castagnola rossa (Pseudanthias Squamipinnis) e Corallo di fuoco (Millepora Dichotoma)

Marsa Alam Nada Resort - Ottobre 2009 (Ph: P. Aprile)

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Cernia maculata (Epinephelus Tauvina) Marsa Alam Nada Resort - Ottobre 2009 (Ph: P. Aprile)

Gamberetto pulitore (Periclimenes Longicarpus)Marsa Alam Nada Resort - Luglio 2010 (Ph: P. Aprile)

Paesaggio subacqueo Abo Nawas - Ottobre 2008 (Ph: P. Aprile)

Paesaggio subacqueo Marsa Aalam Nada Resort - Ottobre 2009 (Ph: P. Aprile)

Giovane Pesce Napoleone (Cheilinus Undulatus)Marsa Alam Nada Resort - Luglio 2009 (Ph: P. Aprile)

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Murena gigante (Gymnothorax Javanicus)Marsa Alam Nada Resort - Luglio 2010 (Ph: P. Aprile)

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Pesce Napoleone (Cheilinus Undulatus)Marsa Alam Nada Resort - Luglio 2009 (Ph: P. Aprile)

Pesce Pagliaccio (Amphiprion Bicintus) Marsa Alam - Luglio 2010

(Ph: P. Aprile)

Pesce Farfalla Auriga (Chaetodon Auriga) Marsa Alam - Luglio 2010(Ph: P. Aprile)

Pesce Angelo Imperatore Isole Maldive - Atollo di Ari Sud - Dicembre 2007(Ph: P. Aprile)

Pesce Balestra PicassoIsole Maldive, Atollo di Ari Sud - Dicembre 2007(Ph: P. Aprile)

Pesce Leone (Pterois Miles) Marsa Shuna - Ottobre 2009(Ph: P. Aprile)

18Speciale Foto Subacquee

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Pesce Trombetta (Fistularia Commersonii)Marsa Alam Nada Resort - Ottobre 2009 (Ph: P. Aprile)

Riccio Matita (Heterocentrotus Mammillatus) Marsa Alam Nada Resort - Luglio 2010 (Ph: P. Aprile)

Tartaruga Embricata (Eretmochelys Imbricata) Marsa Alam Nada Resort - Ottobre 2009(Ph: P. Aprile)

Tartaruga Verde (Chelonia Mydas) al pascolo Abo Dababb - Ottobre 2008(Ph: P. Aprile)

Squalo Chitarra Abo Dababb - Ottobre 2008(Ph: P. Aprile)

Piccoli Pesci Pagliaccio (Amphiprion Bicintus) su Attinia (Actiniaria) Abo Dababb - Ottobre 2008(Ph: P. Aprile)

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Speciale Foto Subacquee19

Tordo dalla coda festonataMarsa Alam - Luglio 2010

(Ph: P. Aprile)

Torpedine Festonata (Torpedo Panthera) Ras Mohammed - Luglio 2010(Ph: P. Aprile)

Triglie Gialle (Parupeneus Cyclostomus) Abo Nawas - Ottobre 2008(Ph: P. Aprile)

Corallo e Castagnole Azzurre (Chromis Coerulea) Isole Maldive - Atollo di Ari Sud - Dicembre 2007(Ph: P. Aprile)

Giannino(Ph: P. Aprile)

Tridacna (Particolare) Isole Maldive - Atollo di Ari Sud - Dicembre 2007(Ph: P. Aprile)

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Cavallo da tiro

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Etologia del cavallo domestico

di Claudia Cacciatore

Il cavallo (Equus caballus) è originario dell’Asia centrale e dell’Africa; appar-tiene agli Equidi, come le zebre e gli asini, ma se ne distingue per alcune pe-culiarità, come l’assenza di rigature nel mantello e per alcune caratteristiche morfologiche, come lo zoccolo cilindri-co e la forcella, che non sporge verso la parte posteriore. Inoltre il cavallo pre-senta castagne su tutti e quattro gli arti, le orecchie sono corte e la coda ricca di crini, ma soprattutto la capacità cranica è maggiore di quella degli asini. Quello che invece accomuna tutti gli equidi è la

caratteristica andatura del galoppo. Nel corso della storia i cavalli hanno con-tribuito al successo delle civiltà che ne hanno fatto uso: hanno permesso all’uo-mo di trasportare, cacciare, coltivare, combattere, fare sport e, più recente-mente, si sono dimostrati un valido sup-porto nella riabilitazione dei soggetti diversamente abili e dei detenuti nelle carceri. Ancora oggi il 75% della forza motrice nei paesi in via di sviluppo è ga-rantita dalla trazione animale, inclusi gli equini che vengono impiegati anche in molti lavori agricoli. Nel patrimonio zo-otecnico italiano, l’allevamento equino rappresenta un settore importante per consistenza e per qualità. L’interesse per l’utilizzo sportivo, ricreativo e so-ciale del cavallo rendono opportuno ap-profondire le ricerche per individuare le condizioni gestionali più adeguate, per migliorarne il livello di benessere e au-mentarne le performance. Il principale problema nell’avvicinamento a qualsiasi cavallo è superare la differenza tra i no-

stri comportamenti istintivi, che svela-no subito la nostra natura di predatori, e le difese del cavallo, che davanti ad un predatore si dà alla fuga. Quest’osta-colo era stato capito sin dai tempi più antichi: sono stati rinvenuti testi che risalgono al IV sec. a.C. in cui Senofon-te accenna all’addestramento naturale, ma forse l’esempio più lampante è quel-lo degli indiani d’America che, pur co-noscendo i cavalli da pochissimo tempo, riuscirono a domarli magistralmente solo attraverso un’attenta osservazione della loro vita in libertà. Il cavallo domestico attuale è molto lontano dal suo antena-to selvatico; esso è infatti il risultato di numerosi anni di manipolazioni geneti-che ottenute tramite incroci volti a mi-gliorare questa o quella caratteristica dell’animale. Pertanto si sono differen-ziate varie razze di cavalli: da tiro, pe-sante o leggero, cavalli da salto, da cor-sa. Dal punto di vista genetico sono stati differenziati due grandi gruppi: i puro-sangue (inglese, arabo, anglo-arabo),

Se veramente amiamo questi splendi-di e magici animali, non potremo fare a meno di impegnarci per conoscerli profondamente, guadagnandoci così la loro fiducia e il loro rispetto. La cosa peggiore che possiamo fare con loro è comportarci da uomini.

Naturalia Inverno 2010

21che hanno particolari attitudini per la corsa, e i mezzosangue, che si prestano meglio ad attività di sella, al tiro, al salto ostacoli. Da questa lunga consuetudine con l’uomo, anche il comportamento e la psicologia del cavallo si è modificata per adattarsi sempre di più alle richieste dell’uomo. Dopo anni e anni di doma coercitiva in cui l’essere umano affrontava il cavallo con la prepotenza di chi sente di essere il più forte, finalmente si è sentita l’esigenza di comunicare con questo animale per avere collaborazione e partecipazione. È nata una vera e propria scienza, che ha pensato di imparare il linguag-gio equino attraverso lo studio del comportamento dei branchi di MUSTANG ancora liberi dai vizi della cattività. Da allora, in circa due decenni, i ricercatori hanno concluso che l’approc-cio non traumatico influenza positivamente il comportamento dei cavalli, mentre la paura indotta da un metodo coercitivo, come nel passato, ha ripercussioni fortemente negative sul loro benessere, sulla salute psichica e persino sulla riprodu-zione. Questo approccio di addestramento moderno è chia-mato modellaggio comportamentale e consiste nel rinforzare in modo selettivo e progressivo la risposta desiderata, senza porre l’animale in una situazione eccessivamente restrittiva. Due sono i punti sui quali si basa il modellaggio comportamen-tale: la fiducia del cavallo e il rispetto del cavaliere. Senza la fiducia del cavallo non possiamo parlare di modellaggio, bensì di condizionamento operante con rinforzi positivi o negativi, senza la “componente emotiva” che contraddistingue appunto l’equilibrio dell’accordo tra cavallo e cavaliere. Il cavaliere deve rispettare nel cavallo la sua natura libera e giocherello-na, che lo porta a essere istintivamente motivato e curioso nei confronti dell’uomo con cui può instaurare rapporti di collabo-razione e amicizia: HORSEMANSHIP.Il cavallo è un animale da preda, dunque ogni sua reazione è molto diversa rispetto a noi uomini e agli altri predatori, ma pur essendo atavicamente pauroso, ha una mente viva e intra-prendente, ha una forte coscienza utilitaristica e una memoria a lungo termine infallibile; non è un animale aggressivo e non trova nel conflitto nessuna forma di appagamento. Questo ci fa capire che i suoi comportamenti che troviamo pericolosi o quantomeno bizzarri sono campanelli d’allarme di un disagio causato dalle mancate soddisfazioni dei suoi bisogni primari, cioè la sicurezza e il confort che troverebbe all’interno del branco. Questa condizione di insicurezza lo porta a due possi-bili reazioni: diventa difficile da gestire, scappa, si spaventa, diventa prepotente e ostinato ed entra in uno stato di stress in cui non risponde più ad alcuno stimolo. Il cavallo nell’in-terazione con l’uomo predilige strumenti mimico-espressivi e gestuali motori, che bisogna conoscere prima di accinger-si a montare in sella. Il cavallo che si dimostra timoroso per ogni nostra azione va rassicurato, avvicinandosi alla sua spal-la, parlandogli a bassa voce, accarezzando con la mano la base del collo, simulando nella regione del garrese il tipico atteggiamento del grooming tra cavalli di pari grado sociale. L’obiettivo dell’approccio etologico è questo: comunicare con il cavallo utilizzando il suo stesso codice comportamentale, farsi riconoscere come uno “del branco” e di conseguenza ot-tenere la sua fiducia. Questo risulta possibile grazie al fatto che il cavallo, come del resto ogni altro animale, riconosce un essere vivente come “simile” esclusivamente sulla base del comportamento che questi adotta, a prescindere dalla sua forma fisica. Se quindi noi agiamo come un cavallo, cioè con coerenza rispetto al codice comunicativo di questa specie, ve-niamo accettati dal nostro animale e da lui riconosciuti come appartenenti al suo branco.

Atteggiamento di difesa del cavallo: porta la testa in alto in segno di allerta, drizza le orecchie disponendole parallele tra loro e le muove a scatti, dilata le narici e gli occhi mostrando la sclera, le labbra sono serrate. Tale atteggiamento è comple-tato da un appoggio in stazione con gli arti anteriori e poste-riori molto vicini e paralleli tra loro, mantenendosi pronto alla fuga; la base della coda è posta dentro il solco dei glutei e la rimanente cade all’interno dei garretti.Atteggiamento di postura rilassata: quando il cavallo è tran-quillo la testa è abbassata, con collo orizzontale al terreno, i padiglioni auricolari sono posizionati lateralmente e divergen-

ti, labbra rilassate e mobili, la base della coda è discostata dal solco dei glutei, la muscolatura è rilassata, arti anteriori e po-steriori divaricati e piazzati in stazione. In questa condizione di fiducia e di rilassamento il cavaliere si accinge ad espletare quelle che sono le caratteristiche operazioni di pulizia e mas-saggio della muscolatura prima di posizionare la sella. Questa fase è molto importante, perché si instaura amicizia e affet-tività molto profonda; con la striglia si pulisce il manto dalla polvere e da altri detriti, se è stato tenuto nel box, e contem-poraneamente si massaggia anche la muscolatura. Particolare attenzione si presta agli zoccoli e infine alla toilette della cri-niera e della coda. Nel frattempo si parla, quasi sussurrando all’orecchio del cavallo, per ottenere fiducia e collaborazione.

Il cavallo deve poter lavorare con regolarità, due o tre volte a settimana onde evitare l’insorgenza di stereotipie. Le stere-otipie, meglio conosciute come “tic”, sono presenti non solo nell’uomo ma anche in tutti gli animali, compreso il cavallo.

Black Star in paddock

Branco di Mustang

Binomio al dressage

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Si manifestano in maniera differente e sono dovute a cause di diversa natura, prima fra tutte la mancanza di stimoli esterni e ambientali. I cavalli tenuti in scuderia, che non lavorano con regolarità e lasciati a lungo nel box, magari senza una finestra, soffrono un disagio detto understress, ossia la noia. A questo disagio il cavallo reagisce inventandosi un’attività ripetuta, spontanea e non contestuale, esattamente un tic come: il ticchio d’appoggio, il ticchio al vento, il ballo dell’or-so, il camminare nel box, l’incensare e la lingua serpentina. Dopo il lavoro non c’è niente di meglio di una doccia rinfre-scante ed è buona regola assicurargli piccole quantità di sale, in quanto il cavallo ha una sudorazione ipertonica, effettuare una buone toilette di gambe e zoccoli, compiendo gesti af-fettuosi e di gratificazione e, perché no, ricordiamoci che è un ghiottone e non disdegna mai una mela o una carota. Si dice che “..nel montare un cavallo si prende in prestito la libertà…”. Vuol dire che questo splendido animale ci sta con-cedendo la sua libertà, con tutto il suo corpo e il nostro peso sulla sua schiena, solo per farci assaporare per un attimo la felicità che si vive nel correre senza sosta tra i prati insieme al branco. Ho sperimentato personalmente questa emozione, poiché pratico equitazione da ormai quasi 6 anni e ho avuto la fortuna di passarne 5 con quello che egoisticamente chiamo il “mio” cavallo; in realtà lo considero ormai un fratello, il mio migliore amico; riesco a capire di cosa ha bisogno dai suoi occhi e prevedo ogni sua mossa. Ma arrivare a questo punto non è stato di sicuro facile. Lo comprai dopo aver montato vari cavalli, tutti apparentemente perfetti agli occhi di una principiante, quale ero io, e tutti con grandi qualità nel sal-to; un giorno però mi si presentò davanti Black Star, un pony morello, alto 1.49 al garrese, con la criniera e la coda ondu-late sul rossiccio, tipiche del murgese da cui prendeva alcuni caratteri genetici; ricordo che il ragazzo che si accingeva a farmi salire in sella a stento riusciva a tenerlo fermo e già aveva trovato difficoltà a imbrigliarlo. Al primo giro di trotto non lo controllavo; non voleva stare dietro agli altri cavalli, tendeva a partire al galoppo e a sgroppare appena vedeva il frustino, spesso disarcionandomi; per non parlare poi di quan-do andavo a dargli lo zuccherino: era così prepotente che non solo sbatteva gli zoccoli per averne altri, ma, se non facevo attenzione a distendere il palmo della mano completamente, arrivava a mordermi anche il dito e il dolore della morsa dei denti di un cavallo, vi assicuro, non si dimentica. Non si face-va condurre al passo tranquillamente come gli altri cavalli, in quanto al tatto non avvertiva alcuna briglia e sentendosi ap-parentemente libero da ogni costrizione, partiva al galoppo, trascinandomi anche per alcuni metri, mentre tentavo invano di trattenerlo con la lunghina. Insomma, una lunga serie di at-teggiamenti che rendevano Black quasi inavvicinabile, soprat-tutto ai più inesperti. Non so cosa mi abbia convinta, forse quei suoi occhi scuri che racchiudevano tutta la sua vitalità, quel respiro ritmico che ricordava un toro pronto a caricare, o quell’elegante collo piegato a semiluna che assumono molti cavalli dell’alta scuola; di fatto, alla fine, la mia unica scelta è stata proprio questo cavallo disordinato, irrequieto e bizzar-ro. Insieme abbiamo trascorso molto tempo e vinto concorsi di salto ostacoli e dressage, facendomi provare emozioni che non tutti nella vita hanno la possibilità di assaporare. Lui in cambio mi chiedeva solo di essere curato e soprattutto ascol-tato, con ogni suo movimento, con ogni suo sguardo. Ogni giorno riusciamo a conseguire insieme piccoli risultati, io ho messo da parte le mie paure e con lui sono riuscita ad aumen-tare la mia autostima, la fiducia in me stessa e lui ha perso il vizio di strattonarmi, sgroppare, impennare e disarcionarmi; morde meno e si fa anche condurre a passeggio. Ho capito che il problema principale non era lui, ma io, ossia quanto fossi disposta a mettermi in discussione per capire il SUO punto di vista, smettendo quindi di incolparlo per ogni sua reazione o difetto. Con tanta PAZIENZA e PREMURA cavallo e cavaliere possono superare insieme ostacoli piccoli e grandi, reali e im-maginari, forti nella convinzione della fiducia e del rispetto reciproco.

Claudia CacciatoreStudentessa Universitaria presso la

Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari

Ippoterapia - Riabilitazione equestre

Binomio al Cross Country

Io e Black StarConcorso salto ostacoli BP60

di Enrico Panzera

isticola juncidis, ovvero il beccamoschino, è una specie ampiamente diffusa nel continente euro-asiatico. Le piccole dimensioni e le corte ali non permettono al beccamoschino migrazioni di lungo raggio, perciò esso è prevalentemente sedentario; a causa di questa peculiarità spesso l’area di ni-dificazione coincide con quella di svernamento. Le sue ca-ratteristiche fenotipiche, unite a un metabolismo accelerato e a un’alta vulnerabilità, causano tassi di mortalità molto elevati che possono decimarne la popolazione, soprattutto durante gli inverni con temperature particolarmente rigide e difficilmente sopportabili dal piccolo e fragile corpo del no-stro amico. Comunque, a compensazione, il beccamoschino ha la capacità di riprodursi in quantità tale da controbilan-ciare le perdite invernali. È una specie poligama e si ritiene che a ogni maschio corrispondano almeno cinque femmine; ciò influenza ovviamente anche la distribuzione, tanto che in territori estremamente vasti si possono trovare solo tre maschi cantori intenti a delimitare il territorio. L’habitat del beccamoschino è vario proprio per la sua sedentarietà. Ge-neralmente nidifica in aree vaste con la presenza di ambienti cespugliosi ed erbosi, sia all’interno o all’esterno di zone umide d’acqua dolce, sia in aree ben drenate. I suoi sposta-menti avvengono in pianure erbose, coltivi invasi da erbe infestanti, gariga e macchia mediterranea bassa, incolti con copertura erbacea alta e folta, fino all’interno dei centri ur-

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Il Beccamoschino

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bani, dove può occupare aree erbose di estensione molto limi-tata. La muta avviene completa nell’adulto durante il periodo estivo, mentre nel giovane è parziale. La grande capacità di riprodursi è anche dovuta alla non cooperazione del maschio e della femmina durante la cova. Infatti mentre la femmina si prende cura delle uova, al maschio resta solo il compito di per-petuare il proprio DNA. La deposizione avviene da fine marzo, inizi di aprile ad agosto, con variazioni che vanno da febbraio a fine settembre. La schiusa è più o meno coincidente per tutti i giovani, i quali dopo i primi 15 giorni iniziano a volare nei din-torni del nido. L’identificazione del beccamoschino in natura è piuttosto semplice per vari motivi. Innanzitutto a causa della sua struttura corporea, perché, come abbiamo detto, è carat-terizzato da una corporatura minuta e tozza, con ali e coda relativamente corte; inoltre esso mostra un comportamento molto nervoso, muovendosi a scatti tra la vegetazione. Tuttavia l’aspetto più singolare e che rende la sua identificazione estre-mamente semplice è il continuo canto che effettua in volo du-rante il sorvolamento del proprio territorio. Quando il piccolo maschio canta, dà quasi l’idea di essere fermo nello stesso pun-to, ma, se chi ascolta si muove, per es. in auto, si ha come l’im-pressione di essere seguito a una certa distanza. Purtroppo sul beccamoschino incombono numerose minacce che vanno dalla distruzione dell’habitat in cui vive per la bonifica effettuata dall’uomo, all’uso di pesticidi in agricoltura contro le erbe infe-stanti, ai cambiamenti drastici del clima invernale che causano la decimazione della popolazione. Per queste ragioni la specie è protetta su tutto il territorio nazionale. Nonostante tutto è ancora molto comune sul nostro territorio e, come spesso acca-de, si sta sempre più adattando alla presenza umana tanto da essere ormai un gradito ospite dei nostri giardini.

Enrico Panzera

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A cura di Piero MedagliDal Meraviglioso Mondo delle Piante

Un Orto Botanico a Lecce per la difesa della biodiversità del Salento

ià nel XIX secolo la città di Lecce vide la nascita di un Orto Botanico che anche in quell’epoca si distinse per modernità di concezione. Infatti, nel 1810, come in ogni provincia del Re-gno di Napoli, anche in Terra d’Otranto (così veniva denomina-ta la circoscrizione che comprendeva gli agri di Lecce, Brindisi e Taranto), con sede a Lecce, venne istituita una Società di Agricoltura, che doveva avere un locale per le adunanze, un Orto Agrario e un Segretario perpetuo. Fu Gaetano Stella, che nel 1835, eletto Segretario perpetuo della Società e Direttore dell’orto, fece vivere alla struttura un periodo di splendore, du-rante il quale vennero collezionate piante ornamentali, piante officinali, cereali, piante da fibra tra le più in uso del tempo, piante di interesse alimentare o di utilità economica, per un totale di circa 470 specie e varietà botaniche, oltre a 100 va-rietà da frutto. Nel 1843 l’Orto Botanico fu aperto al pubblico e ogni pianta aveva la sua etichetta con il nome scientifico, italiano e volgare, giacché, come sosteneva Stella (1844), tra le sue finalità, molto importante era considerata “la pubblicità dell’insegnamento, […] così anche quelle persone che credono di nulla apprendervi, […] molte cognizioni vi acquisteranno”. Nel 1854, la biblioteca dell’orto comprendeva più di 600 volumi di storia naturale e intanto a Martino Marinosci era stato affi-dato l’incarico per la compilazione della Flora Salentina, “ossia la descrizione delle piante spontanee”. A Gaetano Stella (morto nel 1862), successero vari direttori, ma il declino dell’Orto era ormai segnato: nel 1866 si sciolse la Società Economica e la de-cadenza si protrasse sino al primo dopoguerra, quando le colle-zioni di piante dovettero lasciare il posto a edifici come quello della Casa Littoria (attuale Intendenza di Finanza), del Consiglio Provinciale delle Corporazioni (attuale Camera di Commercio),

della Casa del Latte (Centrale del latte), del Consorzio Agrario. Verso la fine del XX secolo, anche nel Salento aumentò l’inte-resse per la natura, confortato dalle conoscenze scientifiche or-mai divulgate dalle discipline della neonata facoltà di Biologia avviata dall’Ateneo Leccese. L’esigenza di risposte concrete ai problemi ambientali e le necessità didattico-scientifiche della biologia vegetale resero inderogabile l’istituzione di un nuovo e moderno Orto Botanico nella città di Lecce. Così, nel 1990, il Consiglio del Dipartimento di Biologia approvò la proposta fatta dal docente di Botanica Sistematica Professor Sergio Sabato, e controfirmata dai colleghi dell’area della biologia vegetale, di costituire un Orto Botanico universitario. Ma c’era da risolvere il problema logistico: acquisire un’area di circa 10 Ha, prossima al Dipartimento di biologia, oppure utilizzare un’area di circa 15 Ha, verso la marina di San Cataldo, messa a disposizione dall’Istituto per i Servizi alla Persona per l’Europa (I.S.P.E.), al-lora denominato Ente Marangi. Il progetto fu sposato anche dal Comune di Lecce, dalla Provincia e dalla Camera di Commercio. Purtroppo, al momento della formalizzazione, il Professor Sa-bato venne a mancare e l’iter burocratico fu portato avanti dai suoi colleghi di biologia vegetale. Nel giugno del 1993, il Senato Accademico dell’Ateneo salentino approvò l’istituzione dell’Or-to Botanico, e il Consiglio di Amministrazione stanziò un budget annuo di 50 milioni di lire, a partire dal 1994 (anno in cui l’Italia ratificava la Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro), ma c’era ancora da definire l’atto giuridico della Fondazione a carico dei partners che avevano aderito all’iniziativa.In attesa di una sede idonea non solo alla conservazione ex situ, ma anche alla ricettività del pubblico, i lavori di reperimento e propagazione delle specie autoctone per l’allestimento delle

Prima Parte: le origini

di Rita Accogli

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Campo degli ancestori

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Dal Meraviglioso Mondo delle Piante26

collezioni vive iniziarono presso un’area situata all’interno del Polo scientifico universitario Ecotekne. La ricerca scien-tifica nel settore sistematico ed ecologico venne da subito orientata allo studio della genesi della flora mediterranea e salentina in particolare, privilegiando quelle che presen-tavano problematiche tassonomiche e fitogeografiche o la cui sopravvivenza era in pericolo. Anche in questa occasione l’Orto Botanico di Lecce ha assunto una connotazione im-prontata sulla modernità; infatti, la struttura si è ripropo-sta al pubblico e al mondo scientifico con finalità che hanno puntano soprattutto alla conservazione delle piante ex situ, alla divulgazione della cultura scientifica su tutti i livelli di conoscenza ma anche a un intervento attivo sul territorio per progetti di riqualificazione ambientale; insomma, una struttura altamente integrata, in cui interagiscono ricerca, didattica, divulgazione scientifica, attività culturali parallele ricreative. Nel 1998 nell’ambito del Programma Comunitario Interreg II Italia-Albania, Misura 3.2 il Laboratorio di Botanica Sistematica ed Ecologia vegetale e l’Orto Botanico, afferenti al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambien-tali (Di.S.Te.B.A.) dell’Università del Salento, hanno presen-tato un progetto per la realizzazione di un “Centro Studi per la Protezione e la Conservazione delle specie Botaniche del Mediterraneo”, insomma, un’ istituzione di importanza tran-sfrontaliera con finalità di ricerca, di tutela ambientale e di conservazione ex situ della biodiversità vegetale mediter-ranea, soprattutto quella delle regioni orientali, delle quali Puglia e Albania costituiscono il riferimento. Il programma prevedeva diversi obiettivi, tra i principali: • acquisizione, elaborazione e trasferimento di dati inerenti allo status e alle condizioni di vulnerabilità delle specie sel-vatiche pugliesi da tutelare;• studio dei caratteri ecologici degli habitat minacciati dalle attività antropiche e individuazione delle tecniche di ripristi-no degli stessi mediante la reintroduzione delle specie pro-pagate ex situ;• costituzione di una banca dati, relativa alle specie della flora mediterranea, finalizzata alla conoscenza e alla con-servazione del patrimonio vegetale e fruibile da parte di strutture pubbliche e soggetti privati che si occupano della gestione del territorio; • divulgazione delle conoscenze botaniche ed ecologiche al fine di accrescere la sensibilizzazione verso la conservazione della natura e il rispetto della biodiversità; • recupero delle varietà di fruttiferi in via di scomparsa e dei prodotti agricoli tradizionali.

Un momento di didattica

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Il Progetto Interreg II ha fornito l’occasione per avviare i lavori per la costruzione di un’ampia e idonea sede dell’Orto Botanico, presso Masseria S. Angelo, e per procedere alla costituzione di una Fondazione per la sua gestione insieme con i partners interessati che, nel frattempo, si erano ridotti a Comune e I.S.P.E. La Fon-dazione avrebbe avuto durata sino al 2060 ma, a oggi, l’atto giuridico non è stato ancora sottoscritto, per cui l’Orto Botanico è costituito da due nuclei: uno annesso al centro Ecotekne (Polo di Villa Tresca) di circa due et-tari e mezzo; l’altro, in fase di definizione, in località Masseria S. Angelo, nei pressi della nuova tangenziale est di Lecce, di circa quindici ettari, concessi in affitto all’Università mediante accordi con il comune e l’I.S.P.E. Grazie ai finanziamenti del progetto Interreg II, la sede definitiva è stata attrezzata di serre a vetri e tunnel ombreggianti, un impianto d’irrigazione computerizza-to ed edifici di servizio; essa avrà una funzione preva-lentemente ostensiva e ricreativa, essendo collocata nel contesto del verde periurbano della città di Lecce. In quest’area, peraltro, è stato realizzato il primo im-pianto sperimentale di fitodepurazione della provincia di Lecce per fornire le acque irrigue all’Orto Botanico e alle campagne limitrofe.

Rita AccogliOrto Botanico Università del Salento

Filare di Alisso di Leuca

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Acquariologia - Ornitologia - Pet

Ogni anno i tre centri di recupero dell’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce ospitano circa 800 esemplari appartenenti alla fauna selvatica. Una volta ricoverati, gli animali vengono curati, nutriti, riabilitati e, quando possibile, restituiti al loro ambiente na-turale. Ognuno di questi centri si avvale di personale specializzato, collaboratori esterni, volontari e tirocinanti e necessita di continui rifornimenti per: pronto soccorso e chirurgia, alimentazione, sta-bulazione, attrezzature, manutenzione, ecc. Nasce così il progetto “Amici Di Naturalia”: una rete di negozi, associazioni, enti, che sceglie di sostenere le attività di soccorso e tutela dei selvatici in difficoltà e di sensibilizzare l’opinione pubblica alle tematiche am-bientali attraverso un contributo a Naturalia. Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di merito, una foto a scelta della serie “FEED YOUR FUTURE - NUTRI IL TUO FUTURO” e il loro nome o quello della loro attività sarà inserito nella lista degli amici pubblicata su NATURALIA.

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Auguri2011

NaturaliaDalla redazione di

Museo Civicodi Storia Naturale

Osservatorio Faunistico Provinciale

Associazione Salentinadi Scienze Naturali