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Introduzione Il termine “fantasia” (phantasy), come ci rivela un esame della letteratura psicoanalitica, nel corso degli anni è stato usato da diversi autori con significati differenti e la parola ha oggi una accezione ben più vasta rispetto alla connotazione originaria. Gran parte di questa estensione concettuale è rimasta fino ad oggi implicita; mi sembra giunto il momento di esaminare più esplicitamente il significato e la definizione del termine. Quando il significato di un termine tecnico viene esteso in questo modo, deliberatamente o inavvertitamente, vi è di solito una valida motivazione - lo impongono i fatti e le formulazioni teoriche di cui essi necessitano. È la relazione tra i fatti che va osservata più attentamente e chiarita sul piano concettuale. Questo articolo ha essenzialmente lo scopo di definire la “fanta- sia”: di descrivere cioè la serie di fatti che l’uso di questo termi- ne permette di identificare, organizzare e mettere in rapporto con altre significative serie di fatti. Molto di quanto verrò dicen- do riguarda, pertanto, proprio uno studio più accurato delle re- lazioni tra diversi processi mentali. Con il procedere del lavoro psicoanalitico, specie dell’analisi dei bambini, e con l’estendersi della nostra conoscenza della vi- ta mentale precoce è stato possibile individuare la relazione tra 1 NATURA E FUNZIONE DELLA FANTASIA 1* Susan Isaacs

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Introduzione

Il termine “fantasia” (phantasy), come ci rivela un esamedella letteratura psicoanalitica, nel corso degli anni è stato usatoda diversi autori con significati differenti e la parola ha oggi unaaccezione ben più vasta rispetto alla connotazione originaria.

Gran parte di questa estensione concettuale è rimasta fino adoggi implicita; mi sembra giunto il momento di esaminare piùesplicitamente il significato e la definizione del termine.2§

Quando il significato di un termine tecnico viene esteso inquesto modo, deliberatamente o inavvertitamente, vi è di solitouna valida motivazione - lo impongono i fatti e le formulazioniteoriche di cui essi necessitano. È la relazione tra i fatti che vaosservata più attentamente e chiarita sul piano concettuale.Questo articolo ha essenzialmente lo scopo di definire la “fanta-sia”: di descrivere cioè la serie di fatti che l’uso di questo termi-ne permette di identificare, organizzare e mettere in rapportocon altre significative serie di fatti. Molto di quanto verrò dicen-do riguarda, pertanto, proprio uno studio più accurato delle re-lazioni tra diversi processi mentali.

Con il procedere del lavoro psicoanalitico, specie dell’analisidei bambini, e con l’estendersi della nostra conoscenza della vi-ta mentale precoce è stato possibile individuare la relazione tra

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NATURA E FUNZIONEDELLA FANTASIA1*

Susan Isaacs

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i processi psichici più precoci e i successivi e più specializzati ti-pi di funzionamento mentale, comunemente chiamati “fantasie”,e ciò ha indotto molti di noi ad estendere la connotazione del ter-mine “fantasia” nel senso che ora svilupperò. (Una tendenza adampliare il significato della parola è già presente in molti scrittidello stesso Freud, che comprendono una discussione della fan-tasia inconscia.)3

Si dovrà dimostrare che certi fenomeni mentali, descritti ge-neralmente da vari autori senza alcun riferimento al temine “fan-tasia”, implicano in effetti l’attività di fantasie inconsce. Correla-re tali fenomeni alle fantasie inconsce su cui essi sono fondatipermette una migliore comprensione delle loro reali relazionicon gli altri processi mentali e un più pieno apprezzamento del-la loro funzione ed importanza nella vita mentale.

Questo saggio non mira principalmente ad individuare alcunparticolare contenuto della fantasia. Esso tratterà della natura edella funzione della fantasia nel suo insieme e del ruolo che essaoccupa nella vita mentale. A scopo illustrativo, accompagnerò condegli esempi concreti di fantasie quanto vengo affermando; senzacon ciò voler sostenere che essi esauriscano l’intero argomento; nésono stati scelti in modo sistematico. È pur vero che la stessa pro-va che ci porta ad ammettere l’esistenza delle fantasie fin dai pri-missimi momenti della vita ci dà alcune indicazioni sul loro speci-fico carattere; ma il riconoscere l’evidenza di una presenza dell’at-tività della fantasia fin dall’inizio della vita, e quindi il posto che es-sa occupa nella vita mentale nel suo insieme, non implica che dob-biamo assegnare uno specifico contenuto fantasmatico ad ogni etàdello sviluppo. La relazione esistente tra l’età e il contenuto dellafantasia emergerà in una certa misura altrove;4* in questo articolointendo introdurre il problema con considerazioni generali.

Comprendere la natura e la funzione della fantasia nella vitapsichica comporta lo studio delle fasi più precoci dello sviluppomentale, cioè i primi tre anni di vita. È stato, talvolta, espressoun certo scetticismo sulla possibilità di comprendere fino in fon-do la vita psichica nei primi anni – in quanto distinta da una os-servazione delle sequenze e dello sviluppo del comportamento.In realtà, anche per quanto riguarda il primo anno di vita, siamoben lontani dal dover fare assegnamento solo sulla mera imma-

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ginazione o su congetture arbitrarie. Quando le manifestazioniosservabili del comportamento vengono considerate alla lucedella conoscenza analitica acquisita con adulti e bambini al disopra dei due anni, e quando esse sono messe in relazione con iprincipi analitici, arriviamo a poter formulare molte ipotesi, do-tate di un alto grado di probabilità, e ad alcune certezze relativeai processi mentali precoci.

Le nostre opinioni sull’attività della fantasia nei primissimianni di vita poggiano, pressoché interamente, su inferenze, maquesto è vero per ogni età. Le fantasie inconsce sono sempre de-dotte, mai osservate come tali; in verità la tecnica della psicoa-nalisi nel suo insieme si basa ampiamente su una conoscenza in-ferita. Come è stato spesso notato, anche il paziente adulto nonci parla direttamente delle sue fantasie inconsce, né delle sue re-sistenze preconsce. Possiamo però spesso osservare diretta-mente emozioni ed atteggiamenti di cui il paziente stesso è in-consapevole; questi dati di osservazione, e molti altri ancora,(come gli esempi a cui farò riferimento alle pp. 34-36) rendonopossibile e necessario inferire che tale o talaltra resistenza o fan-tasia è in azione. E questo è vero tanto con i bambini piccoliquanto con gli adulti.

I dati che presenterò in questo lavoro sono principalmente ditre tipi e le conclusioni che saranno proposte si basano sullaconvergenza di queste tre linee di ricerca.

1. Considerazioni sulle relazioni esistenti tra alcuni fatti accerta-ti e le teorie; sebbene siano ben noti al pensiero psicoanaliti-co, molti di questi fatti e teorie sono stati fino ad ora trattati inmodo relativamente isolato gli uni dagli altri. Qualora questerelazioni vengano valutate nel loro pieno significato richiedo-no i postulati che saranno proposti; grazie a questi postulatitali relazioni si integreranno meglio e saranno comprese inmodo più adeguato.

2. L’evidenza clinica acquisita dagli analisti nelle analisi di adultie di bambini di ogni età.

3. Dati di osservazioni (osservazioni non analitiche e studi speri-mentali) del neonato e del bambino piccolo, raccolti con i va-ri mezzi di cui dispongono le scienze dello sviluppo infantile.

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Metodi di studio

METODI DI OSSERVAZIONE

Prima di affrontare le nostre tesi principali, può essere utilesoffermarci brevemente a considerare i principi metodologicifondamentali che ci forniscono il materiale per giungere alleconclusioni sulla natura e la funzione della fantasia; questi prin-cipi trovano applicazione sia negli studi clinici (psicoanalitici),sia in molte delle più valide e recenti ricerche sullo sviluppo delcomportamento.

Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse tecnicheper studiare aspetti specifici dello sviluppo del bambino. È de-gno di nota il fatto che le ricerche che si servono del metododell’osservazione per conoscere lo sviluppo della personalità edelle relazioni sociali, in particolare quelle che hanno come og-getto la comprensione delle motivazioni e del processo mentalein generale, prestano sempre più attenzione ai principi metodo-logici su cui ora mi soffermerò. Tali principi avvicinano notevol-mente queste ricerche osservative agli studi clinici e costituisco-no così un valido legame tra metodi osservativi e tecnica analiti-ca. Essi sono:

1. attenzione ai dettagli;2. osservazione del contesto;3. studio della continuità genetica.

1. Tutti gli studi più rigorosi di psicologia infantile degli ulti-mi anni possono essere portati ad esempio di una crescente con-sapevolezza della necessità di prestare attenzione ai precisi det-tagli del comportamento del bambino, qualsiasi sia il terreno diricerca: emozione, socialità, intelligenza, capacità motorie o ma-nipolative, percezione e linguaggio. Le ricerche di Gesell (1928-40), Shirley (1933), Bayley (1936) e di molti altri sui primi stadidello sviluppo mentale offrono un chiaro esempio dell’applica-zione di questo principio. La stessa cosa vale per gli studi speri-mentali ed osservativi sullo sviluppo sociale o le ricerche sulcomportamento del bambino piccolo condotte da D.W. Winni-

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cott (1941) e M.M. Middlemore (1941). La ricerca della Middle-more sul comportamento dei neonati nell’allattamento dimo-stra, ad esempio, quanto diverse e complesse possano essere an-che le più precoci risposte dei bambini piccoli, se osservate econfrontate nei minimi dettagli, e quanto profondamente leesperienze del piccolo, per esempio quelle relative al modo incui viene manipolato ed allattato, influenzino successivamente ilsuo modo di sentire, la sua fantasia ed i suoi processi mentali ingenerale.

Molti miglioramenti apportati alle tecniche osservative esperimentali sono stati escogitati proprio per facilitare una piùprecisa osservazione e registrazione dei dettagli del comporta-mento. Nelle pagine che seguono farò riferimento alla grandeimportanza di questo principio nella pratica psicoanalitica e allasua utilità per individuare il contenuto delle prime fantasie.

2. Il principio di notare e registrare il contesto dei dati os-servati è estremamente importante – qualunque sia il dato os-servato – e ciò è valido sia nel caso in cui si studi una particola-re forma o tipo di comportamento sociale, specifici momenti digioco, domande poste dal bambino o gli stadi di sviluppo del lin-guaggio. Per “contesto” si intendono non semplicemente gliesempi precedenti e successivi di uno stesso tipo di comporta-mento, ma l’intera, immediata situazione in cui il comportamen-to viene studiato, nella sua dimensione sociale ed emotiva. Adesempio, per quanto riguarda la fantasia, dobbiamo notarequando il bambino dice questa o quella cosa, gioca a questo o aquel gioco, compie questo o quel rituale, ha successo (o fallisce)in una certa prestazione, chiede o rifiuta una particolare gratifi-cazione, mostra segni di angoscia, di stanchezza, trionfo, gioia,affetto od altre emozioni; chi, in quello specifico momento, èpresente o è assente; qual è il suo atteggiamento emotivo gene-rale o il suo sentimento immediato nei confronti di quegli adultio di quei compagni di gioco; quali esperienze di perdita, tensionio soddisfazioni ha da poco vissuto o si aspetta di dover speri-mentare in quel momento, e così via.

Gli studiosi del comportamento infantile riconoscono sem-pre più l’importanza di studiare il contesto psicologico in cui si

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situano particolari aspetti della vita mentale, qualunque sia l’og-getto d’indagine, il processo mentale o una funzione del com-portamento. Al riguardo possiamo fare molti esempi: lo studiosugli accessi di collera di Florence Goodenough (1931),5§ quellosulle basi innate della paura di C.W. Valentine (1930),6§ lo studiosullo sviluppo del linguaggio nell’infanzia di M.M. Lewis (1936)7§

e quello sullo sviluppo dell’empatia nei bambini piccoli di L.B.Murphy (1937).8§

Il lavoro della Murphy, in particolare, ha dimostrato comequesto principio sia indispensabile nello studio delle relazionisociali e come esso si riveli di gran lunga più fecondo di altre mo-dalità di ricerca che studiano tipi di comportamento o tratti del-la personalità in modo meramente quantitativo o statistico, sen-za alcun riferimento al contesto.

Uno degli esempi più straordinari del modo in cui l’attenzio-ne ai precisi dettagli, inseriti nel loro contesto globale, possa ri-velare il significato che un frammento di comportamento ha perla vita psichica di un bambino è l’osservazione compiuta daFreud del gioco di un bambino di diciotto mesi. Si trattava di unbambino normale, con uno sviluppo intellettuale nella media eche si comportava generalmente bene. Di lui Freud scrive:

Non disturbava i genitori di notte, ubbidiva coscienziosamente agli or-dini di non toccare certi oggetti e non andare in certe stanze, e, soprattut-to, non piangeva mai quando la mamma lo lasciava per alcune ore, sebbenefosse teneramente attaccato a questa madre che non solo lo aveva allattatodi persona, ma lo aveva allevato e accudito senza alcun aiuto esterno. Oraquesto bravo bambino aveva l’abitudine - che talvolta disturbava le personeche lo circondavano - di scaraventare lontano da sé in un angolo della stan-za, sotto un letto o altrove, tutti i piccoli oggetti di cui riusciva a impadro-nirsi, talché cercare i suoi giocattoli e raccoglierli era talvolta un’impresatutt’altro che facile. Nel fare questo emetteva un ‘o-o-o’ forte e prolungato,accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione; secondo ilgiudizio della madre, con il quale concordo, questo suono non era un’inte-riezione, ma significava ‘fort’ [‘via’]. Finalmente mi accorsi che questo eraun gioco, e che il bambino usava tutti i suoi giocattoli solo per giocare a‘gettarli via’. Un giorno feci un’osservazione che confermò la mia ipotesi. Ilbambino aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo. Nongli venne mai in mente di tirarselo dietro per terra, per esempio, e di gio-

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carci come se fosse una carrozza; tenendo il filo a cui era attaccato, getta-va invece con grande abilità il rocchetto oltre la cortina del suo lettino inmodo da farlo sparire, pronunciando al tempo stesso il suo espressivo ‘o-o-o’; poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto, e salutava la sua ri-comparsa con un allegro ‘da’ [‘qui’]. Questo era dunque il giuoco completo -sparizione e riapparizione - del quale era dato assistere di norma solo al pri-mo atto, ripetuto instancabilmente come giuoco a sé stante, anche se il pia-cere maggiore era legato indubbiamente al secondo atto.

L’interpretazione del giuoco divenne dunque ovvia. Era in rapporto conil grande risultato di civiltà raggiunto dal bambino, e cioè con la rinunciapulsionale (rinuncia al soddisfacimento pulsionale) che consisteva nel per-mettere senza proteste che la madre se ne andasse. Il bambino si risarciva,per così dire, di questa rinuncia, inscenando l’atto stesso dello scomparire edel riapparire avvalendosi degli oggetti che riusciva a raggiungere.9*

Successivamente Freud notò un altro particolare nel com-portamento del bambino:

Un giorno la madre era rimasta fuori casa per parecchie ore e, al ritor-no, venne accolta col saluto ‘Bebi [= il bambino] o-o-o!’, che in un primomomento parve incomprensibile. Ma presto risultò che durante quel lungoperiodo di solitudine il bambino aveva trovato un modo per farsi scompari-re lui stesso. Aveva scoperto la propria immagine in uno specchio che arri-vava quasi al suolo, e si era accoccolato in modo tale che l’immagine sen’era andata ‘via’.10*

L’osservazione del dettaglio dei suoni con cui il bambino ac-coglieva il ritorno della madre aveva richiamato l’attenzione diFreud sull’ulteriore collegamento tra il piacere che il piccolotraeva nel fare apparire e scomparire la propria immagine allospecchio e l’evidente sentimento di trionfo nel controllare, attra-verso il gioco, i suoi sentimenti di perdita, come consolazioneper l’assenza della madre.

Freud si spinse anche a collegare il gioco del bambino con ilrocchetto con altri e più lontani fatti che molti osservatori nonavrebbero posto in relazione con esso, e cioè il rapporto genera-le del piccolo con la madre, il suo affetto e la sua obbedienza, lasua capacità di trattenersi dal disturbarla e di permetterle di as-sentarsi per ore senza piangere o protestare. Freud riuscì così a

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comprendere molto bene il significato che il gioco del bambinoaveva nella sua vita emotiva e sociale e arrivò alla conclusioneche, attraverso il piacere che provava nel gettar via e riprenderegli oggetti materiali, il bambino ottenesse in fantasia il soddisfa-cimento del desiderio di controllare l’andare e il venire della ma-dre. In base a ciò egli poteva tollerare che la madre, nella realtà,lo lasciasse e tuttavia rimanere affettuoso ed ubbidiente.

Il principio di osservare il contesto e di prestare attenzione aidettagli è un elemento essenziale della tecnica psicoanalitica, siacon gli adulti che con i bambini.

3. Il terzo principio fondamentale, valido sia negli studi osser-vativi sia in quelli analitici, è quello della continuità genetica.11*

L’esperienza ha da tempo dimostrato che in ogni aspetto del-lo sviluppo mentale (non meno che di quello fisico), sia esso re-lativo alla postura corporea, all’abilità motoria e manipolativa,alla percezione, all’immaginazione, al linguaggio o alle primemanifestazioni logiche, ogni fase si sviluppa gradualmente dallefasi precedenti, e ciò è valido sia per l’insieme, sia per aspettispecifici. Questa regola generale guida ed indirizza ogni ulterio-re osservazione. Tutti gli studi sullo sviluppo (come quelli di Ge-sell e di Shirley) si basano, infatti, su questo principio.

Ciò non significa che lo sviluppo proceda con andamentouniforme. Nel corso della crescita vi sono delle precise crisi, in-tegrazioni che per loro natura determinano radicali cambiamen-ti dell’esperienza e ulteriori acquisizioni. Imparare a camminareè, ad esempio, una di tali crisi; ma, per quanto drammatici sianoi cambiamenti che ciò introduce nel mondo del bambino, il fattodi camminare non è che il momento finale della graduale matu-razione di una lunga serie di coordinazioni motorie. Imparare aparlare è un’altra di queste crisi, ma tale capacità, come la pre-cedente, è preparata e preordinata in ogni dettaglio prima di es-sere acquisita. Tanto è vero che la definizione della capacità diproduzione linguistica viene stabilita in base a una convenzio-ne.12§ Generalmente, si usa come criterio che ne stabilisce 1’ac-quisizione l’uso di due parole, uno standard arbitrario che ci èutile per istituire confronti senza, peraltro, negare la continuitàdello sviluppo. Lo sviluppo del linguaggio ha inizio, come è sta-

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to più volte dimostrato, con i suoni che il bambino emette quan-do ha fame o mentre viene nutrito, nelle prime settimane di vita;e, d’altro canto, i mutamenti che si verificano dopo l’acquisizio-ne delle prime parole sono altrettanto continui, vari e complessiquanto quelli che si verificano prima di questo momento.

Un aspetto dello sviluppo del linguaggio che ha un collega-mento particolare con i problemi di cui ci stiamo interessando èil fatto che la comprensione delle parole precede di molto la ca-pacità di usarle. Il lasso di tempo effettivo durante il quale ilbambino mostra di capire gran parte di quanto gli viene detto, odi ciò che si dice parlando in sua presenza, sebbene egli non siaancora in grado di pronunciare alcuna parola, varia molto dabambino a bambino. In alcuni bambini molto intelligenti l’inter-vallo di tempo tra la comprensione e l’uso delle parole può es-sere anche di circa un anno. Questo ritardo tra la comprensionee l’uso è un fenomeno che si ripresenta generalmente nel corsodell’infanzia. Anche molti altri processi intellettuali vengonoespressi attraverso l’azione ben prima che possano essereespressi in parole.

Gli studi sullo sviluppo del linguaggio di M.M. Lewis (1937,1938) ci offrono esempi di un pensiero rudimentale che si mani-festa nell’azione e nel linguaggio fin dal secondo anno di vita. Lericerche sperimentali sullo sviluppo del pensiero logico, com-piute da Victoria Hazlitt (1930) e altri dimostrano che lo stessoprincipio agisce anche negli anni successivi.

Il principio generale della continuità genetica e la sua parti-colare manifestazione nello sviluppo del linguaggio ha una pe-culiare rilevanza in rapporto ad un importante problema: le fan-tasie sono attive nel bambino già nel momento in cui gli impulsia cui sono collegate dominano per la prima volta il suo compor-tamento e la sua esperienza, o lo divengono solo retrospettiva-mente, quando più tardi il bambino è capace di esprimere in pa-role la sua esperienza? I fatti ci suggeriscono con evidente chia-rezza che le fantasie sono attive contemporaneamente agli im-pulsi da cui traggono origine.13§

La continuità genetica caratterizza dunque ogni aspetto dellosviluppo a tutte le età. Non vi è ragione quindi di dubitare chequesto principio sia valido anche per la fantasia, così come lo è

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per il comportamento manifesto e il pensiero logico. Non è forseuno dei meriti maggiori della psicoanalisi l’aver mostrato, adesempio, che la vita istintuale ha una continuità di sviluppo cheprima del lavoro di Freud non era stata mai riconosciuta? L’es-senza della teoria freudiana della sessualità sta proprio nell’ave-re affermato una precisa continuità dei diversi momenti dellosviluppo.

Probabilmente non c’è psicoanalista che metterebbe in dub-bio questo principio a livello astratto, ma non sempre ci si rendeconto di tutto quello che esso implica su altri piani. Il fonda-mentale principio della continuità genetica è un concreto stru-mento di conoscenza. Esso ci raccomanda di non consideraremai una particolare manifestazione di comportamento o un pro-cesso mentale come fenomeni sui generis, occasionali, o comequalcosa che emerge all’improvviso, ma di guardarli come ele-menti di una sequenza evolutiva. Seguiamo a ritroso le tracce deifenomeni osservati cercando di risalire ai loro stadi più primitivie rudimentali, per individuarne le forme più embrionali; nellostesso modo ci viene richiesto di considerare i fatti come mani-festazioni di un processo di crescita che deve essere seguito inavanti fino alle sue forme più mature ed evolute. È necessarionon solo studiare la ghianda per comprendere la quercia, ma an-che conoscere la quercia per capire la ghianda (Baldwin, 1911).

IL METODO DELLA PSICOANALISI

Queste tre modalità di trarre dall’osservazione del comporta-mento l’evidenza di un processo mentale – prestare attenzione alcontesto, osservare i dettagli e considerare ogni singolo elemen-to come parte di un processo di sviluppo – sono aspetti essen-ziali del lavoro psicoanalitico e trovano in esso l’esemplificazio-ne più completa. Ne sono, invero, il soffio vitale. Esse permetto-no di chiarire la natura e la funzione della fantasia e quella di al-tri fenomeni mentali.

L’osservazione dei dettagli e del contesto sono così intima-mente connessi nel lavoro psicoanalitico che possiamo breve-mente trattare assieme questi due punti. Nel lavoro con i pazien-

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ti, adulti o bambini che siano, l’analista, oltre a prestare ascoltoa tutti i particolari del contenuto effettivo delle comunicazioni edelle associazioni del paziente, compreso, accanto a ciò che vie-ne detto, quello che non viene detto, nota anche dove viene po-sto l’accento e se ciò sembra appropriato. Le ripetizioni di ciòche è stato detto o osservato e il suo immediato contesto affetti-vo ed associativo; i cambiamenti che, man mano che il lavoroprocede, si verificano nel racconto che il paziente fa degli avve-nimenti della sua vita precedente e nell’immagine che presentadelle persone del suo ambiente; i mutamenti che, di quando inquando, emergono nel suo modo di riferirsi a fatti e persone (in-clusi i nomi che dà loro): tutto ciò serve a rivelare il carattere eil modo di operare delle fantasie che sono attive nella mente delpaziente. Lo stesso vale per le idiosincrasie del linguaggio, leespressioni particolari, le forme descrittive, le metafore e lo sti-le verbale in generale. Ulteriori elementi affiorano facendo at-tenzione alla selezione di dati che il paziente opera a propositodi un avvenimento complesso e ai suoi dinieghi (ad esempio, lanegazione di cose di cui aveva precedentemente parlato, o di sta-ti mentali che sarebbero appropriati a ciò di cui sta parlando, dioggetti reali visti nella stanza d’analisi o di fatti che vi sono av-venuti, di avvenimenti della sua vita personale che possiamo concertezza dedurre da altri aspetti a noi noti della sua vita o dellasua storia familiare, o di fatti che il paziente sa dell’analista o dieventi pubblici, come la guerra e le bombe). L’analista, inoltre,presta attenzione ai modi e al comportamento del paziente:quando entra ed esce dalla stanza, come lo saluta e come si con-geda da lui, come sta sul lettino; osserva ogni particolare dellasua gestualità e del tono della voce, il ritmo e le pause del di-scorso e le sue variazioni, le idiosincrasie abituali e le alterazio-ni nel modo di esprimersi; i mutamenti di umore e ogni manife-stazione, o diniego, di affettività, di cui registra anche la partico-lare natura, l’intensità e il contesto associativo specifico. Questidettagli, e molti altri simili, presi come contesto dei sogni e delleassociazioni del paziente, consentono di portare alla luce – tragli altri processi mentali – le sue fantasie inconsce. Diviene cosìvia via più chiara la particolare situazione della vita interiore delpaziente in quel momento ed emerge progressivamente la rela-

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zione tra la sua difficoltà attuale, le situazioni che l’hanno prece-duta e le effettive esperienze vissute nella sua storia.

Il terzo principio, quello della continuità genetica, è stretta-mente inerente all’impostazione generale e al lavoro, momentoper momento, della psicoanalisi.

La scoperta di Freud delle successive fasi dello sviluppo libi-dico e di una continuità nelle varie manifestazioni dei desiderisessuali dall’infanzia alla maturità è stata non solo pienamenteconfermata dall’analisi di ogni paziente, ma, come avviene nelcaso di ogni corretta generalizzazione dei fatti osservati, si è ri-velata uno strumento valido anche per l’ulteriore comprensionedi nuovi dati.

Le osservazioni che sono state fatte in campo analitico sullosviluppo della fantasia e sulla continua e crescente interrelazio-ne tra realtà psichica e conoscenza del mondo esterno concor-dano pienamente con i dati e le generalizzazioni relativi allo svi-luppo emersi in altri campi di ricerca, ad esempio quelli sullo svi-luppo delle capacità fisiche, della percezione, del linguaggio edel pensiero logico. Come per le modalità comportamentaliesterne, così per lo sviluppo della fantasia dobbiamo considera-re ogni manifestazione, colta in un momento preciso e in una da-ta situazione, come parte di una sequenza evolutiva i cui rudi-mentali inizi possono essere rintracciati nel passato, e le cui for-me successive, più elaborate e mature, possono essere ricono-sciute nel processo successivo. È sempre operante nella mentedell’analista la consapevolezza del modo in cui il contenuto e laforma della fantasia in ogni dato momento è in relazione con ilsusseguirsi delle fasi dello sviluppo istintuale e della crescitadell’Io. Fare in modo che tali legami siano evidenti (nei dettagliconcreti) al paziente è un aspetto intrinseco al lavoro analitico.

Prestando attenzione ai particolari e al contesto del discorsodel paziente, al suo modo di comportarsi, oltre che ai suoi sognie alle sue associazioni, Freud riuscì a svelare le due pulsioniistintuali fondamentali della vita psichica e i complessi processi– i cosiddetti meccanismi mentali – mediante i quali vengonocontrollati ed espressi impulsi e sentimenti, viene mantenutol’equilibrio interno e raggiunto l’adattamento al mondo esterno.Questi “meccanismi” sono notevolmente diversi tra di loro e

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molti di essi sono stati oggetto di un attento studio. Secondol’opinione degli autori,14* ciascuno di questi diversi meccanismiè intimamente connesso a un particolare tipo di fantasia; piùavanti approfondiremo il carattere di questa relazione.

Le scoperte di Freud derivano in maniera pressoché totaledall’analisi degli adulti con l’aggiunta di alcune osservazioni dibambini. Melanie Klein, lavorando direttamente con bambini daidue anni in su, ha sviluppato a pieno le potenzialità della tecnicaanalitica utilizzando il gioco dei bambini con e senza oggetti ma-teriali, il loro comportamento fisico nei confronti dell’analista,insieme a quello che i bambini dicono su ciò che stanno facendo,sui loro sentimenti o su ciò che è accaduto nella loro vita ester-na. Il gioco a “fare finta di” e il gioco manipolativo dei bambinipiccoli esprimono gli stessi processi mentali (e, come vedremo,le fantasie) che Freud per primo scoprì nella vita onirica degliadulti e nei loro sintomi nevrotici. Nel suo rapporto con l’anali-sta il bambino, come l’adulto, ripete e agisce, nel modo più evi-dente e drammatico, con grande ricchezza di dettagli, le fantasieche hanno avuto origine in momenti più precoci della sua vita.

Situazione di transfert

È soprattutto nella relazione emotiva che il paziente stabili-sce con l’analista che lo studio del contesto, dei dettagli e dellacontinuità dello sviluppo si rivela particolarmente efficace per lacomprensione della fantasia. Freud, come è noto, scoprì moltopresto che i pazienti ripetono con l’analista situazioni emoziona-li, impulsi e, in genere, i processi mentali che hanno precoce-mente sperimentato nella relazione con persone del loro am-biente e nella loro storia personale. Questo trasferimentosull’analista di desideri primitivi, impulsi aggressivi, paure e al-tre emozioni è confermato da ogni analista.

La personalità, gli atteggiamenti, le intenzioni, perfino le ca-ratteristiche esterne e il sesso dell’analista, come sono visti evissuti nella mente del paziente, mutano di giorno in giorno(perfino di momento in momento) in corrispondenza con i cam-biamenti che avvengono nel mondo interno del paziente (sia chequesti siano causati dagli interventi dell’analista o da avveni-

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menti esterni). Ciò significa che la relazione del paziente conl’analista si fonda quasi interamente su fantasie inconsce.Non solo il fenomeno del transfert nel suo insieme è di per séuna prova evidente dell’esistenza e dell’operare della fantasia inogni analizzando, sia esso adulto o bambino, sano o malato; ma,se vengono osservati nei dettagli, i cambiamenti che intervengo-no nel transfert ci permettono di decifrare il carattere specificodelle fantasie attive in particolari situazioni e la loro influenzasugli altri processi mentali. Il transfert si è rivelato lo strumentoprincipale per conoscere ciò che sta avvenendo nella mente delpaziente e per scoprire, o ricostruire, la sua storia passata. Por-tare alla luce le fantasie di transfert, rintracciarne la continuitàcon esperienze precoci e situazioni attuali costituisce l’azioneprimaria della “cura”.

La ripetizione e la messa in atto nel transfert di situazioni pri-mitive ci portano molto più indietro delle prime memorie co-scienti; spesso il paziente (bambino o adulto) manifesta, con i piùvividi e drammatici particolari, sentimenti, impulsi ed atteggia-menti adeguati non solo alle situazioni dell’infanzia, ma anche aiprimi mesi di vita. Nelle sue fantasie nei confronti dell’analista ilpaziente è tornato indietro ai suoi primi giorni di vita; e seguirequeste fantasie nel loro contesto e comprenderle nei dettagli si-gnifica acquisire una solida conoscenza di ciò che realmente sisvolgeva nella mente del paziente quando era molto piccolo.

La vita mentale nei primi due anni di vita

Per conoscere la fantasia e gli altri processi mentali dei bam-bini dalla fine del loro secondo anno di vita in poi abbiamo a di-sposizione non solo tutte le evidenze che derivano dall’osserva-zione del comportamento nella vita quotidiana, ma anche tutte lerisorse del metodo analitico applicato direttamente.

Quando rivolgiamo la nostra attenzione ai bambini al di sot-to dei due anni utilizziamo alcune metodologie ben sperimenta-te per studiare le loro risposte agli stimoli, le attività spontanee,le manifestazioni affettive, il gioco con le persone e gli oggettimateriali e tutti i diversi aspetti del loro comportamento. In pri-mo luogo ci serviamo di quei principi dell’osservazione che ho

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già descritto, e cioè, dare valore all’osservazione del contesto,notarne i minuti dettagli, e quindi considerare i dati osservati, inogni singolo momento, come elementi di una serie in sviluppoche può essere ripercorsa all’indietro, fino alle forme rudimen-tali iniziali, e in avanti fino alle sue forme più mature. In secondoluogo disponiamo dell’insight che ci deriva dall’esperienza ana-litica diretta dei processi mentali che si esprimono così chiara-mente in tipi analoghi di comportamento (in continuità con le lo-ro forme più precoci) nei bambini dai due anni in su; e, soprat-tutto, abbiamo l’evidenza che si forma attraverso la ripetizionenel transfert di situazioni, emozioni, atteggiamenti e fantasie,nel corso delle analisi di bambini più grandi e di adulti.

Utilizzando questi diversi strumenti diventa possibile formu-lare, con un alto grado di probabilità, alcune ipotesi sulle fasi pri-mitive della fantasia, dell’apprendimento e dello sviluppo men-tale in generale. Nella nostra conoscenza vi sono delle lacune eil rimuoverle può richiedere tempo, a seconda della loro natura.Parimenti, le nostre inferenze non hanno lo stesso grado di cer-tezza di quelle relative alle fasi successive dello sviluppo. Mamolte cose sono oramai definitivamente chiare e molte di più so-no quelle che attendono soltanto ulteriori dettagliate osservazio-ni o una più accurata correlazione tra i fatti osservabili per rag-giungere un alto livello di comprensione.

Natura e funzione della fantasia

Torniamo ora alla nostra tesi principale. Come ho già detto, ilsignificato attuale del concetto di fantasia viene discusso in ba-se alla convergenza di queste diverse linee di ricerca. Un esamedi tutti questi fatti, e delle teorie ad essi relative, richiede una re-visione dell’uso del termine.

USI COMUNI DEL TERMINE “FANTASIA” (PHANTASY)

Per gli autori di psicoanalisi (in continuità con il linguaggio co-mune) il termine fantasia ha talvolta designato solo le “fantasie”

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consce, del tipo sogni ad occhi aperti. Eppure le scoperte di Freudlo condussero molto presto a riconoscere l’esistenza di fantasieinconsce. Questo ambito di riferimento della parola è indispensa-bile. I traduttori inglesi di Freud hanno adottato per la parolaphantasy la speciale grafia con il ph, per differenziare il significa-to psicoanalitico del termine (essenzialmente o esclusivamenterelativo alle fantasie inconsce) dal vocabolo comune fantasy chesignifica sogni ad occhi aperti, fantasticherie, ecc. Il termine psi-coanalitico phantasy connota essenzialmente un contenuto men-tale inconscio che può, o meno, divenire cosciente.

Questo significato del termine ha assunto crescente rilevan-za in seguito al lavoro di Melanie Klein sugli stadi precoci dellosviluppo.

Il termine “fantasia”, inoltre, è stato spesso usato per sottoli-neare un contrasto con la “realtà” essendo, quest’ultima, consi-derata equivalente ai fatti “esterni” “materiali” o “oggettivi”. Ma,se la realtà esterna viene così definita come la realtà “oggettiva”,ciò comporta un assunto implicito che nega alla realtà psichicauna sua propria oggettività come fatto mentale. Alcuni analistitendono a contrapporre “fantasia” a “realtà” in modo tale da sot-tovalutare l’importanza dinamica della fantasia. Un uso affine èquello di pensare alla “fantasia” come a qualcosa di “puramente”o “solamente” immaginato, come qualcosa di non reale, contrap-posto a ciò che è reale, a ciò che accade a qualcuno. Questo mo-do di pensare tende a svilire la realtà psichica e il significato deiprocessi mentali in quanto tali.

La psicoanalisi ha dimostrato che la qualità di essere “mera-mente” o “solamente” immaginato non è il criterio più importan-te per comprendere la mente umana. Quando e in quali condi-zioni la “realtà psichica” è in armonia con la realtà esterna è unaspetto particolare del problema più generale della comprensio-ne della vita mentale come un tutto: una parte invero molto im-portante, ma, nondimeno, “solo” una parte. (Tratterò questopunto più a lungo in seguito.)

La scoperta di Freud di una realtà psichica dinamica ha se-gnato l’inizio di una nuova era nella comprensione psicologica.Freud ha mostrato che il mondo interno della mente ha una suapropria continua, vivente realtà, con leggi dinamiche e caratteri-

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stiche proprie, diverse da quelle che regolano il mondo esterno.Per capire il sogno e il sognatore, la sua storia psicologica, i suoisintomi nevrotici, i suoi interessi normali e il suo carattere, dob-biamo deporre il pregiudizio a favore della realtà esterna e il no-stro orientamento cosciente verso di essa, quella sottovalutazio-ne della realtà interna che è l’atteggiamento comune dell’ionell’attuale vita civilizzata.15

Altro punto importante della nostra tesi generale è che la fan-tasia inconscia è pienamente attiva nella mente normale, non me-no che in quella nevrotica. A volte sembra sia dato per scontatoche solo nel “nevrotico” la realtà psichica (cioè la fantasia incon-scia) abbia un ruolo rilevante, mentre il suo significato sarebbeprossimo a zero nelle persone “normali”. Ma questo modo di ve-dere non corrisponde ai fatti, né a quanto ci rivela il comporta-mento quotidiano delle persone normali, né a quanto osserviamoattraverso il lavoro psicoanalitico, specie nel transfert. La diffe-renza tra normalità e anormalità risiede nel modo in cui le fanta-sie inconsce sono trattate, nei particolari processi mentali trami-te i quali esse sono elaborate e modificate e nel grado di diretta oindiretta gratificazione che i meccanismi prescelti permettono diottenere nel mondo reale e nell’adattamento ad esso.

Fantasia come contenuto primario dei processi mentali inconsci

Fin qui ci siamo mossi su un terreno familiare. Se ora mettia-mo in più stretta correlazione i più recenti dati clinici con alcuneaffermazioni di Freud facciamo un passo decisivo in direzionedella comprensione della funzione della fantasia.

Lo studio delle conclusioni che derivano dalle analisi deibambini piccoli ci porta a considerare le fantasie come il conte-nuto primario dei processi mentali inconsci. Su questo puntoFreud non ha formulato il suo pensiero in termini di fantasia, tut-tavia possiamo affermare che una tale formulazione è in lineacon i suoi contributi.

Freud ha detto che “(...) tutto ciò che è conscio ha un gradi-no preliminare inconscio (...)”(1899).16 Tutti i processi mentalihanno origine nell’inconscio e solo in determinate condizioni di-

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vengono consci. Essi o sorgono direttamente dai bisogni istin-tuali o sono una risposta agli stimoli esterni che agiscono sugliimpulsi istintuali. Scrive Freud (1932): “Ce lo rappresentiamo[l’Es] come aperto all’estremità verso il somatico, da cui acco-glie i bisogni pulsionali, i quali trovano dunque nell’Es la loroespressione psichica (...)”.17 (Corsivo mio.) “(...) dobbiamo direche l’Inc si prolunga in quelle che abbiamo chiamato le sue pro-paggini, che si lascia condizionare dalle vicende dell’esistenza,che influenza costantemente il Prec e che è persino soggetto, asua volta, all’influenza del Prec”.18*

A parere degli autori,19* questa “espressione psichica”dell’istinto è la fantasia inconscia. La fantasia è (in prima istan-za) il corollario mentale, il rappresentante psichico, dell’istinto.Non vi è impulso, né spinta istintuale o risposta che non sianosperimentati come fantasia inconscia.

All’inizio del suo lavoro Freud era interessato essenzialmen-te ai desideri libidici e con “espressione psichica dei bisogniistintuali” intendeva riferirsi primariamente agli interessi libidi-ci. Ma i suoi studi successivi e quelli di molti altri autori hannoreso necessario includere tra i bisogni pulsionali anche gli im-pulsi distruttivi.

I processi mentali primari, i rappresentanti psichici degliistinti libidici e distruttivi debbono essere considerati come lepiù precoci origini delle fantasie. Nello sviluppo mentale delneonato, comunque, ben presto la fantasia diventa anche unmezzo di difesa dalle angosce, un mezzo per inibire e controlla-re gli impulsi istintuali e, nello stesso tempo, un’espressione deidesideri di riparazione. È stata sempre sottolineata la relazionetra fantasia e appagamento di desiderio; ma la nostra esperienzaci ha mostrato che la maggior parte delle fantasie – come del re-sto i sintomi – serve anche a vari altri scopi oltre che a soddisfa-re i desideri, ad esempio a negare, a rassicurare, a controllare inmodo onnipotente, a riparare, ecc. Naturalmente è vero che, insenso lato, tutti questi processi mentali, che sono volti a dimi-nuire la tensione istintuale, l’angoscia e la colpa, hanno comemeta anche la gratificazione del desiderio; ciononostante è utiledifferenziare le modalità specifiche di questi diversi processi e leloro mete particolari.

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Tutti gli impulsi, tutti i sentimenti, tutte le modalità di difesasono sperimentati in termini di fantasie che danno loro una vitamentale e indicano sia la loro direzione che lo scopo.

Una fantasia rappresenta il particolare contenuto di spinteistintuali o di sentimenti (ad esempio: desideri, paure, angosce,trionfi, amore o dolore) che dominano la mente in quel momen-to. Nella prima fase della vita vi è una gran quantità di fantasieinconsce che assumono forme specifiche in relazione all’investi-mento di particolari aree del corpo. Tali fantasie, comunque, af-fiorano e vengono meno in complicati modelli (pattern), a se-conda dell’affiorare, del venir meno e del modularsi degli istin-ti/impulsi primari che esse esprimono. Il mondo della fantasiamostra le stesse caleidoscopiche e proteiformi trasformazionidei contenuti di un sogno. Trasformazioni che sono in parte unarisposta alle stimolazioni esterne ed in parte un risultato dell’in-terazione tra le stesse spinte istintuali primarie.

A questo punto può essere utile fare alcuni esempi di specifi-che fantasie senza, tuttavia, soffermarci a discutere la particola-re età o le relazioni temporali che intercorrono tra questi speci-fici esempi.

Nel fare degli esempi di specifiche fantasie saremo natural-mente costretti a metterle in parole; se non lo facessimo non po-tremmo descriverle e discuterne. Questo, evidentemente, non èil loro carattere originario e inevitabilmente introduce un ele-mento estraneo, che appartiene a fasi più tarde dello sviluppo ealla mente preconscia. (Discuteremo più avanti in modo più det-tagliato la relazione tra le fantasie e la loro espressione verbale.)

Sulla base dei principi dell’osservazione e dell’interpretazio-ne che sono già stati descritti e che trovano fondamento nel la-voro psicoanalitico, possiamo affermare che quando un bambi-no manifesta il suo desiderio per il seno della mamma egli faesperienza di questo desiderio come di una precisa fantasia:“Voglio succhiare il capezzolo”. Se il desiderio è molto intenso(forse a causa di uno stato di angoscia), probabilmente sentequalcosa di simile a: “Voglio divorarla tutta”. E, forse, per preve-nire il ripetersi della perdita o per suo piacere, possiamo sup-porre che senta qualcosa come: “Voglio tenerla dentro di me”. Sesi sente amorevole, può avere la fantasia: “Voglio accarezzare il

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suo viso, palpeggiarla, coccolarla”. Quando, in altri momenti, sisente frustrato o esasperato può provare impulsi aggressivi dicui farà esperienza, ad esempio, come: “Voglio morderle il seno;voglio farla a pezzi”; se, invece, predominano gli impulsi uretra-li: “Voglio annegarla e bruciarla”. Se questi desideri aggressivisuscitano angoscia, egli può avere la fantasia: “Io stesso potreiessere tagliato o morso da mia madre”; quando la sua angoscia siriferisce al suo oggetto interno, il seno che è stato divorato e te-nuto dentro, potrebbe desiderare di espellerlo e sentire: “Vogliogettarla via fuori di me”. Quando si sente perduto ed afflitto, lasua esperienza, come ce l’ha descritta Freud, è: “Mia madre è an-data via per sempre”. Può sentire: “La voglio indietro, devo aver-la adesso”; poi può cercare di superare la sensazione di perdita,di afflizione e di impotenza mediante fantasie che si esprimonoin soddisfazioni autoerotiche come succhiarsi il pollice o gioca-re con i propri genitali. “Se mi succhio il pollice sento che lei ètornata qui, come parte di me, sento che mi appartiene e mi dàpiacere.” Se, dopo aver in fantasia attaccato, ferito e danneggia-to la madre, riappaiono i suoi desideri libidici, egli può desidera-re di risanarla e allora fantasticherà: “Voglio rimettere assieme ipezzi”, “Voglio farla meglio”, “Voglio darle da mangiare, come leilo ha dato a me”, e così via.

Queste fantasie non soltanto appaiono e scompaiono a se-conda dei cambiamenti prodotti nelle spinte istintuali dalle cir-costanze esterne, ma coesistono insieme nella mente, l’una ac-canto all’altra, sebbene siano contraddittorie; proprio come nelsogno possono coesistere e trovare contemporaneamenteespressione desideri reciprocamente escludentisi.

Ma non è tutto: questi processi mentali primitivi hanno un ca-rattere onnipotente. Sotto la pressione della tensione istintuale,il neonato nei suoi primi giorni di vita non solo sente: “Io voglio”,ma silenziosamente ha la fantasia: “Io sto facendo” a mia madrequesto e quello; e “Io l’ho dentro di me” quando la desidera. Il de-siderio e l’impulso, sia esso di amore o di odio, libidico o di-struttivo, tende ad essere sentito come realmente autosoddisfa-cente, sia con l’oggetto esterno sia con quello interno. Ciò in par-te è dovuto alla soverchiante prepotenza dei desideri e delle sen-sazioni del neonato. Nei primi giorni di vita i desideri e gli im-

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pulsi, nel momento il cui il bambino li sente, riempiono tutto ilsuo mondo. Solo lentamente egli impara a distinguere tra il desi-derio e l’azione, tra fatti esterni e ciò che sente nei loro confron-ti. Il grado di differenziazione tra gli uni e gli altri dipende, in par-te, dallo stadio di sviluppo da lui raggiunto a quel punto e, in par-te, dall’intensità del desiderio o dell’emozione attiva in quel mo-mento. Questo carattere onnipotente dei desideri e delle sensa-zioni primitive si collega con quello che Freud dice sulla soddi-sfazione allucinatoria del neonato.

Allucinazione e introiezione primaria

Freud fu indotto (dai suoi studi sui processi mentali inconscinegli adulti) ad affermare che all’inizio della vita mentale “(...)ciò che era pensato (desiderato) era semplicemente realizzato inguisa allucinatoria, così come ancor oggi accade ogni notte coinostri pensieri onirici”. Questo è ciò che egli definisce “tentativodi appagamento per via allucinatoria” del bambino.20

Ma che cosa, dunque, allucina il lattante? Possiamo supporreche, dato che sono gli impulsi orali ad essere attivi, dapprima egliallucini il capezzolo, poi il seno, e più tardi la madre come perso-na intera; e allucina il capezzolo o il seno allo scopo di trarne pia-cere. Come possiamo vedere dal suo comportamento (dai movi-menti di suzione, dalla suzione del labbro e, poco dopo, delle di-ta, e così via) l’allucinazione non si limita ad essere una mera im-magine (picture), ma trasporta il bambino verso ciò che, in parti-colare, intende fare all’oggetto desiderato che egli immagina(fantastica) di aver ottenuto. Sembra probabile che l’allucinazio-ne funzioni meglio nei momenti di minore tensione istintuale, for-se quando il piccolo non è ancora completamente sveglio, quan-do inizia ad avere fame, ma è ancora tranquillo. Quando la ten-sione aumenta, poichè la fame e il desiderio di succhiare il senostanno diventando più forti, l’allucinazione può crollare. Il doloredella frustrazione suscita allora un desiderio ancora più forte,cioè la voglia di prendere dentro di sé tutto il seno e di tenerselolì come fonte di soddisfacimento; e questo desiderio a sua voltasarà realizzato, per un certo lasso di tempo, in modo onnipotentenell’immaginazione, nella allucinazione. Dobbiamo pertanto sup-

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porre che l’incorporazione del seno sia strettamente connessa al-le forme più precoci della vita di fantasia. Ma questa allucinazio-ne di un seno interno che soddisfa può comunque crollare del tut-to se la frustrazione continua, se la fame non è soddisfatta e latensione istintuale si rivela troppo forte per essere negata. Allorarabbia, sentimenti e fantasie violentemente aggressivi invaderan-no la mente e richiederanno un qualche adattamento.

Riflettiamo su cosa dice Freud di questa situazione. Egli cosìprosegue:

L’Io non ha bisogno del mondo esterno fintantoché è autoerotico; (...)né, per un certo periodo, può fare a meno di avvertire gli stimoli pulsionaliinterni come spiacevoli. Ebbene, sotto il dominio del principio di piacere, sicompie nell’Io un’evoluzione ulteriore. Esso assume in sé gli oggetti offerti-gli, in quanto costituiscono fonti di piacere, li introietta (secondo l’espres-sione di Ferenczi), e caccia d’altra parte fuori di sé ciò che nel suo stesso in-terno diventa occasione di dispiacere (vedi oltre, [...] il meccanismo dellaproiezione).21

Sebbene nel descrivere l’introiezione primaria, Freud non usil’espressione “fantasia inconscia”, è chiaro che il suo concetto siaccorda con la nostra ipotesi relativa all’attività della fantasia in-conscia nella fase più primitiva della vita.

Difficoltà nello sviluppo precoce derivanti dalla fantasia

Molte delle comuni difficoltà del bambino piccolo (ad esem-pio quelle legate all’alimentazione, alla defecazione, alla pauranei confronti dell’estraneo e all’angoscia di essere lasciato solo,ecc.) possono essere meglio integrate al corpus delle conoscen-ze analitiche ormai acquisite e il loro significato può essere piùpienamente compreso se sono considerate come manifestazionidi fantasie precoci.

Freud ha commentato alcune di queste difficoltà, riferendo-si, ad esempio, a “ (...) quella del lattante che scorge una personaestranea in luogo di sua madre”, e in seguito, parlando dell’an-goscia del bambino, aggiunge: “ (...) l’espressione del suo volto ela reazione del pianto fanno supporre che inoltre egli provi dolo-re. (...) se una volta non riceve l’impressione del viso della ma-

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dre, si comporta come se non dovesse rivederla mai più”. Inol-tre, Freud ha fatto cenno anche al “fraintendimento” che il bam-bino compie dei fatti.22

Con la parola “dolore”, Freud qui si riferisce, ovviamente, nonal dolore fisico, ma a quello mentale; e il dolore mentale ha uncontenuto, un significato, implica una fantasia. Per la tesi che so-steniamo, il fatto che il bambino “si comporta come se non do-vesse rivederla mai più” significa che la sua fantasia è che la ma-dre sia stata distrutta (dal suo odio o dalla sua avidità) ed è per luidefinitivamente perduta. La sua consapevolezza dell’assenza del-la madre è profondamente intrisa dei suoi sentimenti verso di lei– della sua bramosia e della sua intolleranza della frustrazione,del suo odio e dell’angoscia che ne consegue. Il suo “fraintendi-mento della situazione” è proprio quella “interpretazione sogget-tiva” della sua percezione dell’assenza della madre che, comeJoan Riviere ci ha mostrato, è una caratteristica della fantasia.23

Parlando della frustrazione orale, Freud, in un’altra occasio-ne, scrive: “Sembra, piuttosto, che l’avidità della bambina per ilprimo nutrimento sia assolutamente insaziabile, che essa non siconsoli mai della perdita del seno materno. (...) Alla privazionedel seno è connessa probabilmente anche la paura di essere av-velenata. Veleno è il cibo che fa ammalare. Forse la bambina farisalire anche le sue prime malattie a questa frustrazione”.24

Come sarebbe possibile per il bambino “far risalire le sue pri-me malattie a questa frustrazione” se, nel momento in cui essa èavvenuta, egli non avesse fatto esperienza di ciò nella sua men-te, se non l’avesse ritenuto e più tardi ricordato inconsciamente?Nel momento in cui egli sperimenta una frustrazione, non ci tro-viamo di fronte solo ad un evento corporeo, ma anche ad un pro-cesso mentale, cioè ad una fantasia – la fantasia di avere una ma-dre cattiva che gli infligge dolore e perdita. Freud dice che lapaura di essere avvelenati è collegata probabilmente allo svez-zamento. Non si sofferma ulteriormente su questo collegamentoma esso implica l’esistenza di fantasie di un seno che avvelena,come il lavoro di Melanie Klein ha dimostrato.

E ancora, quando parla dei sentimenti della bambina piccolaverso la madre, Freud si riferisce alla paura che la piccola ha “divenir uccisa dalla madre”.25

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Ora, parlare della “paura di venir uccisa dalla madre” è, ov-viamente, un modo di descrivere la fantasia infantile di una ma-dre assassina. Nel lavoro analitico troviamo che la fantasia diuna madre “assassina” è successiva a quella di una madre cheviene attaccata dal bambino con intenti omicidi. A volte, la fan-tasia di una madre vendicativa può essere espressa consciamen-te in parole in una fase successiva, come nel caso di un bambino,riferito dal dottor Ernest Jones, che quando vide sua madre cheallattava il fratellino, indicandole il capezzolo le disse: “Con que-sto mi mordevi”. Come l’analisi del transfert di ogni paziente cipuò confermare, ciò che era avvenuto in questo caso era che ilbambino aveva proiettato i suoi desideri orali aggressivi sull’og-getto di questi desideri, il seno della madre. Nella fantasia cheaccompagna questa proiezione la madre – o il seno – ora lo pren-de a morsi, proprio come lui avrebbe voluto fare a lei.

Fantasie e parole

Soffermiamoci ora brevemente a considerare la relazione trafantasie e parole.

Le fantasie primarie, rappresentanti dei più precoci impulsi didesiderio e di aggressività, sono espresse da, e connesse a, pro-cessi mentali molto lontani dalle parole e dal pensiero relaziona-le cosciente, sono determinate dalla logica delle emozioni. Soloin un periodo più tardo dello sviluppo e solo in particolari condi-zioni (a volte nel gioco spontaneo dei bambini, a volte soltanto inanalisi) esse possono riuscire ad essere espresse in parole.

Molte prove dimostrano che le fantasie sono attive nellamente molto prima dello sviluppo del linguaggio e che anche ne-gli adulti esse continuano ad operare parallelamente e indipen-dentemente dalle parole. I significati, come i sentimenti, sonomolto più antichi del linguaggio, nell’esperienza della specie co-me in quella dell’infanzia.

Nell’infanzia e nella vita adulta viviamo e sentiamo, abbiamofantasie e compiamo azioni che vanno va ben al di là di quantoesprimiamo nella comunicazione verbale. Ci sono sogni, adesempio, che rivelano quali mondi drammatici possiamo attra-versare in termini esclusivamente visivi. Il disegno, la pittura, la

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scultura, l’intero mondo dell’arte ci rivelano quale ricchezza disignificati impliciti può trovarsi anche in una sola forma, in uncolore, in una linea, in un movimento, in una massa, in una com-posizione di forme e colori o di melodia e armonia in musica. Co-sì anche nella vita sociale, dalla nostra immediata ed intuitiva ri-sposta all’espressione facciale dell’altro, al suo tono di voce e al-la sua gestualità,26 possiamo scoprire quanti dati valutiamo im-mediatamente senza bisogno di parole, e quanti significati impli-citi vi siano in ciò che percepiamo, il tutto senza aver pronun-ciato, a volte, neppure una parola, o a dispetto delle parole det-te. Tutte queste cose percepite, immaginate e sentite, sono la tra-ma dell’esperienza. Le parole sono un mezzo per fare riferimen-to all’esperienza, sia essa reale o fantasticata, ma esse non sononé identiche all’esperienza, né un sostituto di essa. Le parolepossono evocare sensazioni, immagini, azioni e segnalare dellesituazioni; lo fanno in quanto sono segni dell’esperienza, e nonperché costituiscano esse stesse la materia principale dell’espe-rienza.

In più occasioni Freud ha espresso esplicitamente l’opinioneche le parole appartengano solamente alla mente conscia e nonal regno delle sensazioni e delle fantasie inconsce. Ha parlato, adesempio, del fatto che sono oggetti reali e persone quelli che noiinvestiamo con amore e interesse, non i loro nomi.27§

Sulla memoria visiva egli scrive: [Il pensare per immagini]“(...) è inoltre in certo modo più vicino ai processi inconsci diquanto lo sia il pensiero in parole, ed è indubbiamente più anti-co di questo sia ontogeneticamente che filogeneticamente”.28

Forse la prova più convincente di come la fantasia operi sen-za fare uso delle parole ci viene dai sintomi isterici di conver-sione.29 In questi comuni sintomi nevrotici la persona malata ri-torna ad un linguaggio primitivo, preverbale e fa uso di sensa-zioni, di movimenti posturali, di gesti e di processi viscerali peresprimere emozioni, desideri inconsci e credenze, cioè fantasie.Il carattere psicogeno di tali sintomi corporei, scoperto da Freudper primo e poi in seguito da Ferenczi, è stato confermato daogni analista; il chiarimento di questi sintomi è un fatto abitualenel lavoro con molti tipi di pazienti. Ogni dettaglio del sintomofinisce con l’essere collegato ad un particolare significato, espri-

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me, cioè, una specifica fantasia; e i vari cambiamenti che si veri-ficano relativamente alla forma e all’intensità e alla parte delcorpo colpita riflettono mutamenti nella fantasia che avvengonoin risposta ad eventi esterni o a pressioni interne.

Comunque, non dobbiamo fare assegnamento solo su questeconvincenti considerazioni generali che traiamo dagli adulti edai bambini più grandicelli: non è infrequente ottenere da unbambino piccolo una diretta conferma che una specifica fantasiapuò dominare la sua mente molto prima che il suo contenutopossa essere espresso in parole.

Guardiamo questo esempio: una bimbetta di un anno e ottomesi, con un limitato sviluppo del linguaggio, aveva visto unascarpa della mamma con la suola scollata e penzolante. Colta daspavento, la piccola urlò di terrore. Per circa una settimana gri-dava e si ritraeva se vedeva la mamma con indosso un qualsivo-glia tipo di scarpe e, per un certo tempo, non le permetteva di in-dossare altro che un paio di pantofole di colore sgargiante. Lescarpe che così singolarmente l’avevano spaventata non venne-ro indossate per alcuni mesi. Gradualmente la bambina sembròdimenticare la sua paura e tornò ad accettare che la mamma in-dossasse ogni tipo di scarpe. A due anni ed undici mesi, tuttavia,(quindici mesi dopo) improvvisamente la bimba chiese alla ma-dre con tono spaventato: “Dove sono le scarpe rotte della mam-ma?” La madre, temendo un’altra crisi di urla, si affrettò a rassi-curala che le aveva buttate via; la piccola allora disse: “Avrebbe-ro potuto divorarmi in un solo boccone”.

La scarpa con la suola penzolante era stata vista dalla bambi-na come una bocca minacciosa, e ad un anno e otto mesi ella ave-va reagito a tale fantasia, anche se la fantasia non poté essereespressa in parole che un anno dopo. In questo esempio abbiamola prova più evidente che una fantasia può essere vissuta, e vis-suta come reale, molto prima di poter essere espressa in parole.

Fantasie ed esperienza sensoriale

Le parole, allora, sono un tardo sviluppo di nostri mezzi peresprimere il mondo interno delle nostre fantasie. Quando unbambino può usare le parole – anche solo le parole più elemen-

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tari, come “baby o-o-oh” – egli ha già alle spalle una lunga e com-plicata storia di esperienze psichiche.

La prima fantasia di appagamento di desiderio, la prima “al-lucinazione” è strettamente connessa alla sensazione. Una qual-che sensazione di piacere (piacere d’organo) deve esserci, mol-to precocemente, se il neonato deve sopravvivere. Se, ad esem-pio, per una qualsiasi ragione, la prima attivazione dell’impulso asucchiare non arreca un piacevole soddisfacimento, nel neonatosi sviluppa una grave angoscia. L’impulso stesso a succhiare puòallora o essere inibito o essere meno ben coordinato di quantodovrebbe. In casi estremi si può manifestare una inibizione tota-le dell’alimentazione, in casi meno gravi uno stato di “arresto” eun insufficiente sviluppo. Se, viceversa, per un naturale accordotra il ritmo della madre e quello del bambino, o per l’abilità concui vengono affrontate le difficoltà che via via si presentano, ilneonato è subito capace di ricevere una piacevole soddisfazionedal seno, si struttura una buona coordinazione nel succhiare eun atteggiamento positivo nei confronti del processo di allatta-mento, la qual cosa, poi, si ripropone automaticamente e sostie-ne e incoraggia la vita e la salute (Middlemore 1941).30 Modifica-zioni nelle sensazioni di contatto e sbalzi di temperatura, irru-zioni improvvise di suoni e di stimoli luminosi sono palesemen-te sentiti come dolorosi. Gli stimoli interni della fame e il desi-derio di contatto con il corpo della madre sono anch’essi dolo-rosi. Di contro sensazioni di tepore, il contatto desiderato, lasoddisfazione nel succhiare, l’assenza di stimoli esterni, ecc., ar-recano subito reali esperienze di sensazioni piacevoli. All’inizio,l’intero peso del desiderio e della fantasia è sostenuto dalla sen-sazione e dall’affetto. Il neonato affamato, bramoso, angosciatosente reali sensazioni nella sua bocca, o nelle sua membra o nel-le viscere, sensazioni che gli significano che gli vengono fattecerte cose, o che lui sta facendo, come desidera o teme, questa oquella cosa. Sente come se stesse facendo questo o quello, adesempio toccare, succhiare o mordere il seno, sebbene esso, difatto, non sia raggiungibile. Oppure sente come se, in modo vio-lento e doloroso, il seno gli venisse tolto o come se il seno lomordesse. E tutto ciò all’inizio, probabilmente, senza immaginivisive o plastiche.

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A tale riguardo la Middlemore ci offre un interessante mate-riale tratto dall’analisi di una bambina di due anni e nove mesi,in terapia per serie difficoltà di alimentazione. Nei suoi giochi,sia a casa che in analisi, mordeva continuamente. “Tra le altrecose fingeva di essere un cane che morde, un coccodrillo, unleone, forbici che tagliano tazze, un tritatutto e una macchinaper macinare il cemento” (Middlemore 1941, pp. 189-90). Le suefantasie inconsce e il suo gioco cosciente di immaginazione era-no quindi di natura intensamente distruttiva. In realtà ella, findalla nascita, aveva rifiutato di attaccarsi al seno e la madreaveva dovuto mettere fine ai suoi tentativi di allattarla per lacompleta apatia e assenza di risposta da parte della piccola.Quando giunse in analisi mangiava molto poco e mai sponta-neamente. Non aveva mai avuto, quindi, l’esperienza di “attac-care” realmente il seno, né di succhiarlo e tanto meno di mor-derlo, come facevano gli animali i cui feroci assalti ella rappre-sentava nel gioco. Middlemore suggerisce che le sensazioni cor-poree, cioè i morsi della fame che avevano tormentato la neo-nata, avessero originato quelle feroci fantasie di mordere ed es-sere morsa (Middlemore 1941).31§ 32

Le fantasie primitive sorgono, quindi, dagli impulsi corporeie sono intessute di sensazioni corporee e di affetti. Esse espri-mono per prima cosa una realtà interna e soggettiva, sebbene findall’inizio siano connesse ad un’esperienza reale, seppure angu-sta e limitata, della realtà oggettiva.

Le prime esperienze corporee iniziano a comporre i primi ri-cordi e gli avvenimenti esterni vengono progressivamente ad in-trecciarsi nella trama della fantasia. Dopo non molto le fantasiedel bambino sono in grado di produrre immagini plastiche oltreche sensazioni, immagini visive, uditive, cinestetiche, tattili, gu-stative e olfattive, ecc. Queste immagini plastiche e queste dram-matiche rappresentazioni della fantasia vengono via via elabora-te insieme con articolate percezioni del mondo esterno.

Le fantasie, comunque, non hanno origine da un’articolataconoscenza del mondo esterno; la loro fonte è interna, negli im-pulsi istintuali. Ad esempio, veniamo a scoprire (anni più tardi,in analisi) che le inibizioni dell’alimentazione, che talvolta si pre-sentano nei neonati e sono molto frequenti dopo lo svezzamento

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e nel secondo anno di vita, derivano dalle angosce connesse aiprimi desideri orali di intenso e avido amore e di odio: il terroredi distruggere (di fare a pezzi e divorare) il vero oggetto d’amo-re, il seno tanto ammirato e desiderato.33

È stato talvolta obiettato che fantasie inconsce come quelledi “fare a pezzi” non potrebbero presentarsi nella mente delbambino prima che egli abbia acquisito la conoscenza coscienteche fare a pezzi una persona significherebbe ucciderla. Tale pun-to di vista non affronta il problema. Non considera il fatto che ta-le conoscenza è inerente agli impulsi corporei come veicolodell’istinto, è inerente alla meta dell’istinto, all’eccitazionedell’organo, in questo caso, cioè, della bocca.

La fantasia che i suoi appassionati impulsi distruggano il se-no non richiede che il bambino abbia effettivamente visto ogget-ti divorati e distrutti per giungere poi alla conclusione che anchelui potrebbe fare altrettanto. Questa meta, questa relazione conl’oggetto è connaturata al carattere e alla direzione dell’impulsostesso e agli affetti ad esso connessi.

Prendiamo un altro esempio: sono molto comuni le difficoltàche il bambino incontra nel controllo urinario. L’enuresi persi-stente è un sintomo comune anche negli anni centrali dell’infan-zia. Nelle analisi di bambini e di adulti si è visto che tali difficoltàderivano da fantasie particolarmente potenti relative all’effetto di-struttivo dell’urina e ai danni connessi all’atto di urinare. (Questefantasie sono presenti anche nelle persone normali, ma, per ra-gioni particolari, esse sono particolarmente attive nei bambini in-continenti.) La difficoltà del bambino di controllare l’urina è con-nessa a fantasie che l’urina abbia un grande potere negativo. Que-ste angosce a loro volta derivano dagli impulsi distruttivi. Ed èproprio perché il bambino vuole che la sua urina sia così dannosache egli giunge a convincersi che lo è, non quindi, primariamente,perché sua madre si inquieta quando lui bagna il letto, né, tanto-meno, perché il bimbo abbia mai osservato che la sua urina è cosìnociva come nella sua fantasia egli realmente crede che sia, e nep-pure perché abbia la consapevolezza cosciente del fatto che lepersone possono essere annegate e bruciate nella realtà esterna.

La situazione risale alla prima infanzia. Nella fantasia: “Vo-glio annegare e bruciare mia madre con l’urina”, abbiamo

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un’espressione dell’ira e dell’aggressività del neonato, il desi-derio di attaccare e annientare la madre con la sua urina, inparte per la frustrazione che ha ricevuto da lei. Egli desiderainondarla di urina in un momento di rabbia bruciante. “Bru-ciare” è un’espressione relativa sia alle sue sensazioni corpo-ree sia all’intensità della sua rabbia. “Annegare” esprime, a suavolta, la sensazione del suo intenso odio e della sua onnipo-tenza quando inonda le ginocchia della madre. Il neonato sen-te: “Devo annientare la mamma cattiva”. Annulla il suo sensodi impotenza attraverso la fantasia onnipotente: “Posso e vo-glio eliminarla” – con qualsiasi mezzo;34 e quando il sadismourinario è al massimo, sente che può farlo inondandola e bru-ciandola con la sua urina. Senza dubbio “inondare” e “brucia-re” si riferiscono anche al modo in cui lui stesso si sente so-praffatto, inondato dalla propria rabbia impotente, e bruciatoda essa. Il mondo intero è pieno della sua rabbia ed egli stessone sarà distrutto se non la sfoga su sua madre, scaricandola inlei con la sua urina. Lo scroscio dell’acqua dal rubinetto, ilrombo del fuoco, la piena del fiume o la tempesta del mare, al-lorché sono visti e conosciuti come realtà del mondo esterno,si collegano nella sua mente a queste sue prime esperienzecorporee, mete istintuali e fantasie. E quando arriva a dare no-mi a queste cose, il bambino può allora talvolta mettere in pa-role queste fantasie.

La stessa cosa si ripete con le sensazioni del neonato nei con-fronti delle proprie feci che egli considera cose buone che desi-dera offrire alla madre. In certi stati d’animo e in certi momentiegli sente che le sue urine e le sue feci sono qualcosa che la ma-dre desidera e donargliele è per lui un mezzo con cui esprimerleil proprio amore e la propria gratitudine nei suoi confronti. Lefantasie che le feci e l’urina siano cose benefiche sono indubbia-mente rinforzate dal fatto che la madre si rallegra se il piccoloevacua nel momento e nel luogo opportuno; ma l’osservare lagioia che ciò produce nella madre non è l’origine primaria delsuo sentirli come qualcosa di buono. La fonte di ciò risiede nelsuo desiderio di offrirle le feci in quanto buone – cioè per nutri-re sua madre come lei l’ha nutrito, per procurarle piacere e fareciò che lei desidera; e nella sua sensazione della bontà dei propri

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organi, e del proprio corpo in generale, quando egli l’ama e lasente buona con lui. La sua urina e le sue feci, non diversamentedalla sua voce e dal suo sorriso, sono allora strumenti della suapotenza d’amare. Poiché il piccolo umano ha così poche risorsea sua disposizione per esprimere sia l’amore che l’odio, deve fa-re ricorso a tutti i suoi prodotti e alle attività corporee comemezzi per esprimere i suoi profondi e travolgenti desideri e lesue emozioni. Le urine e le feci possono essere in fantasia buoneo cattive, a seconda delle sue intenzioni al momento dell’eva-cuazione e a seconda del modo in cui sono prodotte (incluso, inun periodo più tardo, il momento e il luogo).

Queste sensazioni e paure relative ai prodotti del propriocorpo si collegano alle cosiddette “teorie sessuali infantili”.Freud per primo ha notato il fatto, dopo di allora ampiamenteosservato, che i bambini piccoli formano, sia a livello coscien-te che inconscio, le loro teorie spontanee sulla nascita deibambini e sulla natura delle relazioni sessuali tra i genitori,sulla base delle loro stesse capacità corporee; per cui, adesempio, i bebè sono fatti con il cibo e la relazione sessuale trai genitori consiste in un reciproco nutrirsi e mangiarsi. Il padremette cibo buono nella mamma, la alimenta con il suo organogenitale, in restituzione del cibo che lei gli ha dato con il suoseno, e, in conseguenza di tutto ciò, lei ha i bambini dentro disé. Oppure essi sono fatti di feci. Il padre mette le feci nellamamma; e, nella misura in cui il bambino ama ed è in grado ditollerare l’amore che i genitori nutrono l’uno per l’altro, puòsentire ciò come qualcosa di buono e che crea vita all’internodella mamma. In altri momenti, quando si sente carico di odioe di gelosia ed è fortemente intollerante della loro relazione, ilbambino desidera che il padre metta dentro la mamma fecicattive – sostanze dannose ed esplosive – che le devastino l’in-terno; o che urini in lei in modo da danneggiarla. Queste teoriesessuali infantili, come è ovvio, non sono tratte dall’osserva-zione di fatti esterni. Il piccolo non ha mai visto neonati fatti dicibo e di cacca, né ha visto un padre che urina nella mamma.Le sue idee sul rapporto sessuale tra i genitori derivano daisuoi stessi impulsi corporei, sotto la pressione di intensi senti-menti. Le sue fantasie esprimono i suoi desideri e le sue pas-

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sioni, utilizzando impulsi, sensazioni e processi corporei comeloro materiale di espressione.35§

Questi ed altri contenuti specifici delle fantasie precoci, cosìcome il modo in cui esse sono vissute dal bambino e le modalitàcon cui si esprimono, procedono in accordo con il suo sviluppocorporeo e con le sue capacità di sentire e di conoscere ad ognidata età. Le fantasie sono parte del suo sviluppo, si dispiegano evengono elaborate insieme alle sue capacità fisiche e mentali, in-fluenzano e sono influenzate dal suo Io che lentamente giunge amaturazione.36§

Relazione della fantasia precoce con il processo primario

Le prime e più rudimentali fantasie, essendo connesseall’esperienza sensoriale ed essendo interpretazioni affettive del-le sensazioni corporee sono, ovviamente, caratterizzate da quellequalità che Freud ha descritto come proprie del “processo prima-rio” e cioè: mancanza di coordinazione degli impulsi, assenza delsenso del tempo, del principio di contraddizione e della negazio-ne. Inoltre, a tale livello, non vi è discriminazione della realtàesterna. L’esperienza è regolata da risposte globali – “tutto o nien-te” – e l’assenza di soddisfazione è sentita come presenza di qual-cosa di concretamente cattivo. Mancanza, insoddisfazione o de-privazione sono sentite come concrete esperienze dolorose.

A tutti noi è familiare la sensazione di essere “pieni di vuoto”.Sul piano della sensazione il vuoto è concreto, così come il buio èuna cosa reale, non mera assenza di luce, non importa cosa sap-piamo al riguardo. Il buio scende come una tenda o una coltre. Laluce, quando ritorna, porta via il buio, e così via.

Pertanto, quando noi diciamo, e credo a ragione, che il neo-nato sente la madre che non elimina una fonte di dolore comeuna madre “cattiva”, noi non intendiamo dire che il bimbo hauna nozione chiara del fatto negativo che la madre non eliminala fonte di dolore. Questa è una conclusione a cui si giunge piùtardi. Il dolore in se stesso è qualcosa di concreto; la madre “cat-tiva” è un’esperienza concreta, indistinguibile, all’inizio, dal do-lore. Quando, a sei mesi o giù di lì, il bimbo sta seduto e vede chesua madre, come oggetto esterno, non viene quando lui la desi-

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dera, allora può collegare ciò che vede, il non avvicinarsi dellamamma, con il dolore e l’insoddisfazione che sente.37

Quando il bambino soffre per la mancanza della madre e sicomporta “come se non dovesse rivederla mai più”, ciò non si-gnifica che egli abbia in quel momento nozioni in grado di di-scriminare il tempo, ma che il dolore per la perdita è un’espe-rienza totalizzante, con una qualità di “mai assoluto” (never-ness), finché lo sviluppo mentale di realtà non abbia prodottopercezioni discriminanti e immagini.

Non si deve pensare, tuttavia, che il “processo primario” re-goli l’intera vita mentale del bambino in un determinato periododello sviluppo. È probabile che nei primi giorni di vita esso oc-cupi il posto principale, ma non dobbiamo sottovalutare il pre-coce adattamento del neonato all’ambiente esterno e il fatto cheegli fin dalla nascita ha esperienze sia di gratificazione che di fru-strazione. Le modificazioni progressive che si verificano nellesue risposte, dalle primissime settimane di vita in poi, ci mostra-no come, fin dal secondo mese, ci sia un considerevole grado diintegrazione nella percezione e nel comportamento, con segni dimemoria e di anticipazione.

Da questo momento in poi, il neonato dedica sempre piùtempo al gioco di sperimentazione che è, nello stesso tempo, untentativo di adattarsi alla realtà e un modo attivo per esprimerela fantasia (una messa in atto del desiderio e una difesa control’angoscia e il dolore).

Il “processo primario” è, in effetti, solo un concetto limite.Come ha scritto Freud: “Un apparato psichico che possieda sol-tanto il processo primario non esiste, (...) è quindi una finzioneteorica”.38§ Più tardi, invero, Freud parla della “comparsa tardi-va” del processo secondario, cosa che, a prima vista, sembracontraddire quanto poco prima egli stesso ha detto. La contrad-dizione è risolta se intendiamo che la “comparsa tardiva” si rife-risce non tanto al primo apparire del processo secondario, allesue prime rudimentali manifestazioni, ma piuttosto al suo com-piuto sviluppo. (Questo punto di vista si accorderebbe megliocon quanto possiamo vedere nello sviluppo effettivo del bambi-no, sul piano dell’adattamento alla realtà, del controllo e dell’in-tegrazione.)

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Istinto, fantasia e meccanismo

Ora dobbiamo considerare un altro importante aspetto delproblema: la relazione tra istinti, fantasie e meccanismi. In variediscussioni si è riscontrato un certo livello di difficoltà e alcuneconfusioni su questo argomento; uno degli scopi di questo lavo-ro è chiarire la relazione che esiste tra questi diversi concetti.

Ad esempio la distinzione tra la fantasia di incorporazione eil meccanismo dell’introiezione non sempre è stata mantenutacon chiarezza. Per esempio, in discussioni su specifiche fantasieorali di divorare o, in altri termini, di incorporare un oggettoconcreto, spesso ci imbattiamo nell’espressione: “L’oggetto in-troiettato”. Oppure, si parla talvolta di “seno introiettato” facen-do, ancora una volta, confusione tra la concreta fantasia corpo-rea e il processo mentale generale. Queste difficoltà sembranopresentarsi specialmente per i meccanismi di introiezione eproiezione, benché il problema della relazione tra istinti, fanta-sie e meccanismi possa essere considerato in termini più gene-rali in riferimento a ogni tipo di meccanismo mentale.

Consideriamo, in particolare, “l’introiezione” e la “proiezio-ne”: sono termini astratti, nomi di meccanismi fondamentali ometodi di funzionamento della vita mentale. Si riferiscono a fat-ti quali idee, impressioni e influenze che sono presi nel sé e ne di-ventano parte; o a quegli aspetti o elementi del sé che spesso so-no disconosciuti ed attribuiti a qualche persona o a gruppi dipersone, o a qualche parte del mondo esterno. Questi processimentali comuni, che possiamo facilmente osservare sia nei bam-bini che negli adulti, nella vita quotidiana come nella stanza diconsultazione, sono “meccanismi”, cioè modalità particolari incui la vita mentale opera come uno strumento con cui trattaretensioni e conflitti interni.

Ora questi meccanismi mentali sono intimamente connessi acerte fantasie che li permeano. Le fantasie di incorporare dentrodi noi (divorare, assorbire, ecc.) oggetti amati ed odiati, personeo parti di esse, sono le fantasie più precoci e più profondamenteinconsce; esse hanno carattere essenzialmente orale perché so-no i rappresentanti a livello psichico degli impulsi orali. Di alcu-ne di queste fantasie orali, ad esempio “voglio prendere dentro

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di me – la mamma o il seno – e lo sto facendo”, ho già parlato.Dovrebbe essere ben chiara la distinzione tra una specifica fan-tasia di incorporare un oggetto e il meccanismo mentale genera-le dell’introiezione. Quest’ultimo ha un riferimento ben più am-pio della prima, sebbene le sia così intimamente collegato. Percomprendere la relazione che intercorre tra fantasie e meccani-smi dobbiamo seguire molto da presso la relazione che ambeduehanno con l’istinto. A nostro parere, la fantasia è il legame ope-rativo tra istinto e meccanismo dell’Io.

Un istinto è concepito come un processo al limite tra lo psi-chico e il somatico. Ha una meta corporea, diretta verso oggetticoncreti esterni. Ha un rappresentante nella mente che chiamia-mo “fantasia”. Ogni attività umana deriva da spinte istintuali; èsolo grazie alla fantasia di ciò che potrebbe appagare i nostri bi-sogni istintuali che noi siamo in grado di cercare di soddisfarlinella realtà esterna.39§

Sebbene esse stesse siano fenomeni psichici, le fantasie ver-tono primariamente intorno a mete corporee, dolori e piaceri, esono dirette verso oggetti di un qualche tipo. La fantasia, come al-tre attività mentali, quando è vista in contrasto con realtà esternee corporee, è una finzione, dato che non può essere né toccata, némaneggiata, né vista; essa, pur tuttavia, è reale nell’esperienza delsoggetto. È una funzione mentale reale ed ha effetti reali, non so-lo nel mondo interno della mente, ma anche in quello esterno del-lo sviluppo corporeo e del comportamento del soggetto e, quindi,nella mente e nel corpo delle altre persone.

Seppure di sfuggita abbiamo già parlato, con vari esempi,delle conseguenze di alcune particolari fantasie: ad esempio, ledifficoltà dei bambini piccoli collegate all’alimentazione, i pro-blemi connessi alle attività escretorie e alle fobie; a queste pos-siamo aggiungere le cosiddette “cattive abitudini”: tic, scoppi dicollera, atteggiamenti di sfida verso l’autorità, bugie e furti, ecc.Abbiamo anche visto come i sintomi di conversione isterica sia-no, ad ogni età, espressione di fantasie.40 Ne sono esempi i di-sturbi alimentari, le emicranie, la predisposizione al raffreddore,la dismenorrea e molte altre alterazioni psicosomatiche. Ma, aparte le malattie, comuni caratteristiche fisiche, quali il modo diparlare e il tono della voce, la postura corporea, l’andatura, il

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modo di stringere la mano, l’espressione del volto, la scrittura e,in generale, i manierismi risultano essere direttamente o indiret-tamente determinati da specifiche fantasie. Queste fantasie, col-legate sia al mondo interno sia a quello esterno, sono di solitomolto complesse e strettamente connesse alla storia psichicadell’individuo.

È degno di nota quanto spesso, e fino a che punto, questeespressioni corporee di fantasie individuali possano modificarsi,temporaneamente o permanentemente, durante il processo ana-litico. Nei periodi di depressione, ad esempio, il modo di cammi-nare e di portare il corpo, l’espressione del volto e il tono dellavoce, l’intera risposta corporea del paziente nei confronti delmondo esterno e delle persone è diversa dal suo modo di esserenei momenti di esaltazione, di sfida, di resa o di controllo deter-minato dall’ansia. Durante l’analisi questi mutamenti sono a vol-te veramente drammatici.

Nella vita esterna le persone possono avere fasi durante lequali lasciano cadere, rompono o perdono gli oggetti, inciampa-no, cadono ed hanno la tendenza ad avere incidenti.41 Dobbiamosolo guardarci attorno, in metropolitana, sugli autobus, nei ri-storanti o nella vita familiare, per notare le infinite differenze dicaratteristiche corporee, i manierismi, le singolarità e le bizzar-rie nel vestire e nel parlare, ecc. attraverso cui vengono espres-se le fantasie dominanti e gli stati emotivi ad esse connesse.

Il lavoro analitico ci dà l’opportunità di comprendere cosaquesti diversi dettagli esprimono e quali specifiche e mutevoliserie di fantasie siano attive nella mente del paziente relativa-mente al proprio corpo e ai suoi contenuti, alle altre persone ealle relazioni fisiche o sociali che ha con esse, attualmente o nelpassato. Molti di questi tratti fisici vengono attenuati, e a volteconsiderevolmente modificati, in seguito all’analisi delle sotto-stanti fantasie.

Anche gli aspetti più marcatamente sociali del carattere edella personalità mostrano la potenza delle fantasie. In analisipossiamo vedere come certi atteggiamenti nei confronti del tem-po, del denaro e delle proprietà, l’essere puntuali o in ritardo, ildare o il ricevere, l’assumere il ruolo di capo o di gregario, l’es-sere sempre “alla ribalta” o contento di lavorare tra gli altri, e co-

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sì via, risultano essere sempre collegati ad uno specifico insiemedi differenti fantasie. Lo sviluppo di queste fantasie può esserericostruito seguendo le loro differenti funzioni difensive rispettoa specifiche situazioni, fino alle loro origini in fonti istintuali pri-marie.

Freud ha rivolto la sua attenzione ad un’impressionanteesempio di comportamento nel suo scritto Alcuni tipi di carat-tere tratti dal lavoro psicoanalitico42 in cui esamina gli interes-santi tratti di carattere presentati da un certo numero di personeche si considerano, o addirittura si proclamano, delle eccezioni– eccezioni nei confronti di ogni tipo di richiesta che venga lororivolta da particolari persone, quali i membri della loro famiglia,il medico, o il mondo esterno in generale. Freud vede in Riccar-do III, ritratto da Shakespeare nell’opera eponima, un eccezio-nale esempio di questo tipo di personalità e nel suo lavoro coglieil significato di alcune delle fantasie che si nascondono dietro lasfida, apparentemente semplice, di Riccardo provocata dalla suadeformità. Per Freud il soliloquio di Riccardo (1916)43 non è af-fatto una mera sfida, ma esprime una argomentazione inconscia(noi potremmo chiamarla una fantasia) di questo tipo: “La natu-ra mi ha fatto un grande torto nel momento in cui mi ha negatola bellezza esteriore capace di attirare l’amore umano. La vitaper questo mi deve un risarcimento, che io farò in modo di otte-nere. Ho perciò diritto di essere una eccezione e di ignorare gliscrupoli da cui altri individui si lasciano ostacolare. Posso arre-care torti perché io stesso ne ho ricevuti”.44*

Un esempio che traggo dalla mia esperienza analitica è quel-lo di un adolescente venuto in terapia per serie difficoltà a casae a scuola; diceva, ad esempio, bugie così evidenti che era certodi essere smascherato, aveva un comportamento aggressivo evestiva in modo molto trasandato. In genere la condotta e l’at-teggiamento di questo sedicenne erano decisamente in contra-sto con il modello familiare, si comportava come un emarginato.Anche quando i miglioramenti che aveva conseguito con l’anali-si gli avevano consentito di arruolarsi nell’Air Force subito dopolo scoppio della guerra, non poté intraprendere una carriera ade-guata alla sua condizione sociale. Fece, pur tuttavia, un brillantelavoro nell’aviazione e si conquistò un’eccellente reputazione,

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ma rifiutò sempre il grado di ufficiale. Quando aveva iniziatol’analisi era un giovane isolato, infelice e senza amici. In seguitoera riuscito a crearsi dei saldi legami di amicizia ed era moltoben voluto nel circolo dei sottufficiali, ma non riusciva ad ade-guarsi al livello delle tradizioni sociali della sua famiglia che con-tava eminenti ufficiali.

Come sempre avviene, le difficoltà di questo ragazzo eranostate determinate da una serie complessa di cause legate a cir-costanze esterne e a risposte interne. Egli era dotato di una ric-ca vita fantasmatica; ma dominante tra tutte le altre era la fanta-sia per la quale l’unico modo con cui poteva controllare la suaaggressività verso il fratello minore (in ultima analisi verso suopadre) consisteva nel rinunciare ad ogni ambizione in loro favo-re. Sentiva che era impossibile che entrambi, lui stesso e il fra-tello più piccolo (un ragazzo sereno e di normali capacità), po-tessero essere amati ed ammirati dalla madre e dal padre. In ter-mini corporei era impossibile che entrambi, lui e suo fratello (inultima analisi lui e suo padre), fossero potenti. Questa convin-zione aveva origine, nelle profondità della sua mente, dalle fan-tasie primitive di incorporazione del genitale paterno; aveva sen-tito che, se avesse succhiato e strappato via il genitale paternoda sua madre, se lo avesse inghiottito e posseduto, il buon geni-tale sarebbe stato distrutto e il fratello non lo avrebbe potutoavere, quindi non sarebbe mai cresciuto, né sarebbe mai diven-tato potente, non sarebbe mai stato capace di amare, né sarebbedivenuto saggio, in definitiva, non sarebbe esistito! Con la sceltadi rinunciare a qualsiasi cosa in favore del fratello minore (in ul-tima analisi di suo padre) il giovane riusciva a tenere sotto con-trollo e a modificare i propri impulsi aggressivi nei confronti deisuoi genitori e la paura che aveva di loro.

Nel giovane molti altri processi interni e circostanze esterneavevano reso questa peculiare fantasia dominante nella sua vita:la convinzione che in ogni categoria di oggetti vi è solo un esem-plare buono – il buon seno, la buona madre, il buon pene pater-no – e che se una persona possiede questo oggetto ideale, inevi-tabilmente un altro deve soffrirne la mancanza e, perciò, divienepericoloso per il possessore. È frequente incontrare questa fan-tasia, ma, nella maggior parte dei casi, nel corso dello sviluppo

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essa viene modificata e controbilanciata in modo che il ruoloche essa gioca nella vita diviene meno dominante.

Allo stesso modo Freud chiarisce che nella rivendicazione diRiccardo di essere un’eccezione vi è qualcosa che tutti noi sen-tiamo, sebbene nella maggior parte di noi tale pretesa sia corret-ta, mascherata o modificata. Freud scrive: “Riccardo è lo smisu-rato ingrandimento di qualcosa che troviamo anche in noi stes-si”.45§ La nostra opinione che la fantasia giochi un ruolo fonda-mentale e continuo, non solo nei sintomi nevrotici, ma anchenelle normali manifestazioni del carattere e della personalità, èquindi in linea con quanto dice Freud.

Ma torniamo al problema particolare della fantasia di incorpo-razione; il processo mentale o la fantasia inconscia di incorpora-zione è descritto, in termini astratti, come processo di introiezione.Comunque esso venga chiamato, abbiamo visto che ne conseguo-no reali effetti psichici. Pur non trattandosi, ovviamente, di un rea-le divorare fisicamente o di inghiottire, determina nell’Io reali alte-razioni. Il “mero” pensare agli oggetti interni in termini di questo ti-po: “Ho messo un seno buono dentro di me”, oppure, e può acca-dere, “Ho messo dentro di me un seno cattivo, attaccato, fatto apezzi, che mi tortura – devo distruggerlo e sbarazzarmene” e cosìvia, determina effetti reali: profonde emozioni, reali comporta-menti nei confronti di persone esterne, mutamenti radicali nell’Io,nel carattere e nella personalità, sintomi, inibizioni e capacità.

Freud nel saggio La negazione ha discusso la relazione traqueste fantasie di incorporazione orale e i più precoci processidi introiezione. In questo articolo non solo sostiene che anche lefunzioni intellettuali, quali il giudizio e l’esame di realtà, deriva-no “dal gioco dei moti pulsionali primari” (corsivo mio),46 epoggiano sul meccanismo dell’introiezione (punto sul quale tor-nerò), ma mostra anche il ruolo che in questo processo gioca lafantasia. Riferendosi all’aspetto del giudizio, che asserisce o ne-ga ad una cosa una determinata proprietà, scrive: “Espresso nellinguaggio dei più antichi moti pulsionali orali: questo lo vogliomangiare o lo voglio sputare e, in una versione successiva: que-sto lo voglio introdurre in me e questo escluderlo da me. Cioè:questo ha da essere dentro di me o fuori di me”.47* Il desiderioche viene così formulato equivale ad una fantasia.

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FANTASIA INCONSCIA

Ciò che Freud in modo pittoresco in questo saggio definisceil “linguaggio dell’impulso orale”, in altri scritti lo chiama“l’espressione mentale” di un istinto; cioè le fantasie che sono irappresentanti a livello psichico di una meta corporea. In questoesempio Freud ci segnala la fantasia che è l’equivalente mentaledi un istinto. Ma insieme e contemporaneamente egli descrivel’aspetto soggettivo del meccanismo dell’introiezione (o dellaproiezione). Così la fantasia è l’anello di congiunzione tral’impulso dell’Es e il meccanismo dell’Io, il mezzo grazie al qua-le l’uno si trasforma nell’altro. “Voglio mangiare quella cosa equindi l’ho mangiata” è una fantasia che rappresenta l’impulsodell’Es nella vita psichica; nello stesso tempo è l’esperienza sog-gettiva del meccanismo o della funzione dell’introiezione.

Il problema di come descrivere nel modo migliore il proces-so di introiezione connesso alla fantasia di incorporazione è sta-to spesso risolto dicendo che ciò che è introiettato è una imma-gine o una imago. Ciò è certamente corretto; ma questo è un mo-do troppo rigido e scarno di presentare un fenomeno complessoe non fa giustizia dei fatti. Tanto per cominciare descrive solo ilprocesso preconscio, non quello inconscio.

Come si giunge, che si sia psicologi o meno, a conoscere que-sta distinzione, a realizzare che ciò che realmente si “è messodentro”, il proprio oggetto interno, è una immagine e non un con-creto oggetto fisico? A ciò si giunge attraverso un lungo e com-plesso processo di sviluppo. Sviluppo che a grandi linee deve in-cludere, tra gli altri, i seguenti punti:

1. Le fantasie più primitive sono costruite essenzialmente su im-pulsi orali, esse sono intrise di gusto, odorato, tatto (delle lab-bra e della bocca), sensazioni cinestetiche, viscerali e somati-che; e, più che ad altre sensazioni, esse sono all’inizio stretta-mente connesse all’esperienza del “prendere cose dentro” (alsucchiare e all’ingoiare). Gli elementi visivi sono relativamen-te di scarso rilievo.

2. Queste sensazioni (e immagini) sono una esperienza corpo-rea, all’inizio scarsamente in grado di essere collegata ad unoggetto esterno e spaziale. (Gli elementi che provengono dal-le sensazioni cinestetiche, genitali e viscerali, generalmente

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non vi si riferiscono.) Esse danno alla fantasia una concretaqualità corporea, una “condizione me” (me-ness), sperimenta-ta nel corpo. A questo livello le immagini sono scarsamente,se non affatto, distinguibili dalle sensazioni reali e dalle per-cezioni esterne. La pelle non è ancora sentita come un confinetra la realtà interna ed esterna.

3. Nella percezione l’elemento visivo lentamente si intensifica edè via via più intriso di esperienze tattili e spazialmente differen-ziato. Le prime immagini visive, probabilmente fino al terzo oquarto anno di vita, hanno una intensa qualità “eidetica”. Sonointensamente vivide, concrete e spesso confuse con percezio-ni. Inoltre, per lungo tempo continuano ad essere intimamenteassociate alle risposte somatiche: sono, cioè, strettamente col-legate alle emozioni e tendono alla azione immediata. (Moltidei dettagli che io ora riferisco in modo così sommario sonostati oggetto di attento studio da parte degli psicologi.)

4. Nel corso dello sviluppo, quando gli elementi visivi della per-cezione (e le immagini corrispondenti) iniziano a predomina-re sui dati somatici, a differenziarsi e integrarsi a livello spa-ziale, permettendo così il formarsi di una più nitida distinzio-ne tra mondo interno e mondo esterno, gli elementi corporeiconcreti dell’esperienza complessiva del percepire (e del fan-tasticare) soggiacciono ad un’estesa rimozione (repression).Gli elementi visivi riferiti all’esterno nella fantasia divengonorelativamente de-emozionalizzati, de-sessualizzati e indipen-denti, nella coscienza, da collegamenti con il corpo. Divengo-no “immagini” in senso stretto, rappresentazioni “nella mente”(non più, consciamente, incorporazioni nel corpo) di oggettiesterni riconosciuti come tali. Si è “giunti a realizzare” che glioggetti esterni sono fuori della mente, mentre le loro immagi-ni sono “nella mente”.

5. Tali immagini, tuttavia, traggono il loro potere di incidere (agi-re) sulla mente dall’essere “in essa”, traggono cioè la loro in-fluenza sui sentimenti, sul comportamento, sul carattere e lapersonalità e sulla mente intera dalle loro associazioni soma-tiche (somatic associates) inconsce e rimosse, nel mondo in-conscio integrato di desideri e fantasie, che costituiscono ilcollegamento con l’Es; il che nella fantasia inconscia significa

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che gli oggetti ai quali esse si riferiscono sono considerati es-sere dentro il corpo, incorporati.48*

Nel pensiero psicoanalitico abbiamo sentito parlare più diimago che di “immagine”. La distinzione tra una imago e una“immagine” può essere così sintetizzata:

a. imago si riferisce ad una immagine inconscia;b. imago, di norma, si riferisce a una persona o parte di essa, ai

primissimi oggetti; di contro “immagine” si riferisce a qualsi-voglia oggetto o situazione, umana o meno;

c. imago include tutti gli elementi somatici ed emozionali pre-senti nella relazione del soggetto con la persona immaginata, ilegami corporei nella fantasia inconscia con l’Es, la fantasia diincorporazione che sottostà al processo di introiezione; nella“immagine”, invece, gli elementi somatici e molti elementiemozionali sono ampiamente rimossi.

Se prestiamo sufficiente attenzione ai dettagli del modo incui gli altri meccanismi mentali operano nella mente dei nostripazienti, possiamo vedere che ogni tipo di meccanismo puòessere messo in relazione a determinate fantasie o tipi di fan-tasia. I meccanismi sono sempre sperimentati come fantasia.Per esempio, il meccanismo del diniego nella mente del sog-getto si esprime più o meno in questi termini: “Se io non lo am-metto (un fatto doloroso), non è vero”. Oppure: “Se io non loammetto, nessun altro saprà che è vero”. In ultima analisi, pos-siamo far risalire questa argomentazione a impulsi corporei ea fantasie del tipo: “Se non viene fuori dalla mia bocca, questodimostra che non è dentro di me”. Oppure: “Posso impedire achiunque di sapere che è dentro di me”. Oppure ancora: “Vatutto bene se esce dal mio ano come scoreggia o feci, ma nondeve uscire dalla mia bocca come parole”. Il meccanismo del-la scotomizzazione è sperimentato in termini di questo tipo:“Non è necessario che io creda a ciò che non vedo”; oppure:“Ciò che io non vedo, non lo vedono neppure gli altri, ed inve-ro non esiste”.

Ancora, il meccanismo della confessione compulsiva (a cui

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molti pazienti indulgono) implica un’argomentazione inconsciadel tipo: “Se dico questo, nessun altro lo dirà”; oppure: “Possotrionfare su di loro dicendo questa cosa per primo, o conquistar-mi il loro amore mostrando, se non altro, di essere un bravo ra-gazzo”.49

In generale si può sostenere che i meccanismi dell’Io, in ulti-ma istanza, derivano tutti dagli istinti e da reazioni fisiche innate.“L’Io è quella parte dell’Es che ha subito una modificazione”.50*

Fantasia, immagini di memoria e realtà

Nel saggio La negazione abbiamo notato che per Freud lefunzioni intellettuali, quali il giudizio e l’esame di realtà, deriva-no “dal gioco dei moti pusionali primari”. Se, dunque, la fantasiaè il “linguaggio” di questi moti pulsionali primari si può presu-mere che essa entri a fare parte del più precoce sviluppo dell’Ionella sua relazione con la realtà, che sostenga l’esame di realtà elo sviluppo della conoscenza del mondo esterno.51§

Abbiamo già visto che le fantasie più precoci sono stretta-mente collegate a sensazioni e affetti. Queste sensazioni, non im-porta quanto selettivamente enfatizzate per la pressione degli af-fetti, mettono la mente, nel suo processo di esperienza, in con-tatto con la realtà esterna e, allo stesso tempo, esprimono im-pulsi e desideri.

Il mondo esterno, in un modo o nell’altro, presto e in modocontinuo si impone all’attenzione del bambino. Le prime espe-rienze psichiche derivano dagli imponenti e variegati stimoli del-la nascita e della prima inspirazione ed espirazione, a cui segue,poco dopo, la prima poppata. Queste rilevanti esperienze delleprime ventiquattro ore di vita devono già evocare la prima atti-vità mentale e fornire materiale sia per la fantasia che per la me-moria. La fantasia e l’esame di realtà sono entrambi presenti findai primissimi giorni di vita.52

Da un certo momento in poi (in realtà fin dalla nascita, sebbeneall’inizio non siano vissute come esterne), le percezioni provenien-ti dalla realtà esterna cominciano ad influenzare i processi mentali.All’inizio la psiche tratta la maggior parte degli stimoli esterni cometratta quelli istintuali, ricorrendo ai meccanismi primitivi di introie-

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zione-proiezione. L’osservazione del neonato durante le prime set-timane di vita mostra che se il mondo esterno non soddisfa i nostridesideri, ci frustra, interferisce con noi, viene immediatamenteodiato e respinto. Possiamo, allora, sia temerlo sia sorvegliarlo siaprestargli attenzione, per difenderci da esso; ma finché esso non èin una certa misura investito di libido, grazie alle sue connessionicon la soddisfazione orale, e quindi in parte anche amato, non èpossibile giocare con esso, conoscerlo e comprenderlo.

Concludiamo, con Freud, che la disillusione dell’appagamentoallucinatorio è il primo stimolo che sollecita un certo grado diadattamento alla realtà. La fame non è placata dall’allucinazionedel seno, sia come oggetto esterno che come oggetto interno, ben-ché l’attesa del soddisfacimento possa essere resa più tollerabiledalla fantasia. Prima o poi l’allucinazione collassa, cede il posto adun certo grado di adattamento alle condizioni della realtà esterna(si richiama, ad esempio, l’attenzione del mondo esterno con ilpianto, con l’agitazione muscolare e l’irrequietezza ecc., e con l’as-sumere la posizione appropriata e i movimenti più corretti quandoil capezzolo arriva). Ha così inizio l’adeguamento alla realtà, lo svi-luppo di abilità ad essa adeguate e della percezione del mondoesterno. La delusione può essere il primo stimolo che spingeall’accettazione adattativa della realtà, ma il differimento dellasoddisfazione e l’attesa impliciti nel complicato processo di ap-prendimento e di pensiero intorno alla realtà esterna che il bam-bino sta realizzando – e per fini sempre più lontani – possono es-sere tollerati e sostenuti solo se ciò soddisfa contemporaneamen-te anche le spinte istintuali, rappresentate in fantasie. L’apprende-re dipende dall’interesse e l’interesse è frutto di desiderio, curio-sità e paura – soprattutto di desiderio e curiosità.

Nelle loro forme più evolute il pensiero di fantasia e il pen-siero di realtà sono processi mentali distinti, modi diversi di ot-tenere soddisfazione. Il fatto che questi processi abbiano un di-verso carattere quando sono pienamente sviluppati non implicatuttavia necessariamente che l’esame di realtà operi in modo to-talmente indipendente dalla fantasia inconscia. Non accade soloche essi “si mescolano ed intrecciano”;53 la relazione che inter-corre tra di loro è qualcosa di meno casuale di ciò. A nostro pa-rere il pensiero di realtà non può operare senza fantasie in-

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consce che sono ad esso coesistenti e che lo supportano; peresempio, noi continuiamo a “prendere le cose dentro” con le no-stre orecchie, a “divorarle” con gli occhi, a “leggere, annotare,imparare e digerire interiormente” lungo tutto il corso della vita.

Queste metafore consce rappresentano una realtà psichicainconscia. È ben noto il fatto che tutto l’apprendimento primiti-vo è fondato su impulsi orali. La modalità primaria di cercare,prendere in bocca e afferrare il seno è gradualmente spostata sualtri oggetti; la mano e l’occhio solo lentamente divengono indi-pendenti dalla bocca come strumenti di esplorazione e cono-scenza del mondo esterno.

Per tutta la metà del primo anno di vita, la mano del bebè si al-lunga verso ogni oggetto che vede, dapprima per metterlo in boc-ca, assaggiarlo e mangiarlo, poi per succhiarlo e masticarlo, e,più tardi, per conoscerlo ed esplorarlo (solo successivamente lamano e l’occhio si affrancano dalla bocca). Questo significa chegli oggetti che il bambino tocca, manipola, guarda ed esplora so-no investiti di libido orale. Se così non fosse non ne sarebbe inte-ressato. Se in ogni fase egli fosse totalmente autoerotico non po-trebbe mai imparare. La spinta istintuale ad afferrare le cose nel-la sua mente, con gli occhi e le dita (e anche con le orecchie), aguardare, toccare ed esplorare, appaga una parte di quei desideriorali che sono stati frustrati dal suo oggetto originario. La perce-zione e l’intelligenza si appoggiano a questa corrente di libido pervivere e crescere. Nella fantasia inconscia la mano e l’occhio con-servano per tutta la vita un significato orale e spesso, come ab-biamo visto, questo permane anche nelle metafore consce.

La Klein, nei suoi saggi Analisi infantile e L’importanzadella formazione dei simboli nello sviluppo dell’Io (1926), ri-prende il punto di vista di Ferenczi secondo cui l’identificazio-ne (primaria), che è il precursore della simbolizzazione, “siorigina dal tentativo del lattante di rinvenire in ogni oggetto ipropri organi e il relativo funzionamento” (Klein 1930, p.250);54* ella, inoltre, fa propria l’idea di Ernest Jones55 secondola quale il principio di piacere fa sì che due oggetti distinti ven-gano equiparati a causa di un legame affettivo di interesse. LaKlein mostra, attraverso un convincente materiale clinico, co-me la funzione simbolica primaria degli oggetti esterni renda

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possibile che la fantasia sia elaborata dall’Io e come ciò con-senta lo sviluppo delle sublimazioni nel gioco e nella manipo-lazione e la costruzione di un ponte dal mondo interno versogli interessi nel mondo esterno e la conoscenza degli oggetti fi-sici e degli avvenimenti esterni. Il compiaciuto interesse neiconfronti del proprio corpo, le scoperte e gli esperimenti cheegli compie in tale direzione sono chiaramente visibili nel gio-co di un bebè di tre - quattro mesi. In questo gioco egli mani-festa (tra gli altri meccanismi) questo processo di formazionedel simbolo, legato a quelle fantasie che, più tardi, in analisi,scopriamo erano operanti a quel tempo. Il mondo fisico ester-no, in realtà, è fortemente investito di libido attraverso ilprocesso di formazione del simbolo.

In analisi, pressoché ogni ora di libere associazioni ci rivelaqualcosa delle fantasie che (specialmente attraverso la forma-zione del simbolo) hanno promosso e sostenuto lo sviluppodell’interesse verso il mondo esterno e il processo di apprendi-mento su di esso e da cui è derivata la capacità di scoprire e or-ganizzare la conoscenza su di esso via via acquisita. È un fattoormai familiare che, da un certo punto di vista, ogni esempio diinteresse, sia pratico sia teorico, nei confronti della realtà ester-na è anche una sublimazione.56

Questo fatto, a sua volta, significa che, di pari passo, unaqualche misura di “funzione sintetica” agisce sulle spinte istin-tuali fin dall’inizio. Il bambino non potrebbe né apprendere, néadattarsi al mondo esterno (umano e non) senza un certo tipo eun certo grado di controllo e di inibizione, come pure di soddi-sfazione, dei bisogni istintuali che si sviluppano progressiva-mente dalla nascita in poi.

Se, quindi, le funzioni intellettuali derivano dall’interazione deimoti istintuali primari, per comprendere sia la fantasia, sia l’esa-me di realtà e “l’intelligenza”, abbiamo bisogno di guardare alla vi-ta mentale come ad un tutto e di vedere la relazione tra queste di-verse funzioni lungo tutto il processo di sviluppo. Considerarel’una separata dall’altra e dire “questa è percezione e conoscenza,mentre questo è qualcosa di molto diverso e non ha nulla a che fa-re con esse, questa è pura fantasia”, significherebbe lasciarsi sfug-gire il significato evolutivo di entrambe le funzioni.57§

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Nel mio libro Intellectual growth in young children (Isaacs1930)58 ho esaminato alcuni aspetti del collegamento tra pensie-ro e fantasia. La registrazione diretta del gioco spontaneo a “farfinta di” in un gruppo di bambini tra i due e i sette anni ha resopossibile osservare i diversi modi in cui questo gioco di immagi-nazione, che, in ultima istanza, deriva da fantasie inconsce, desi-deri e angosce, crea delle situazioni pratiche che richiedono laconoscenza del mondo esterno. Spesso queste situazioni posso-no essere portate avanti per il piacere ad esse intrinseco, comeproblemi di apprendimento e di comprensione, e conducono co-sì alla reale scoperta di un fatto esterno o al giudizio e al ragiona-mento verbale. Ma non sempre ciò avviene – il gioco, per alcuniperiodi, può essere meramente ripetitivo; ma, in un qualsiasi mo-mento può venir fuori una nuova linea di indagine o un nuovo ar-gomento e uno o tutti i bambini che partecipano al gioco posso-no fare un nuovo passo avanti sulla via della comprensione.

In particolare, l’osservazione mostra chiaramente che il gio-co spontaneo a “fare finta di” crea e promuove le prime forme dipensiero “come se”. In questo gioco il bambino ricrea selettiva-mente quegli elementi delle situazioni passate che possono darecorpo ai suoi attuali bisogni emotivi o intellettuali e, momentoper momento, adatta i dettagli alla situazione di gioco presente.Questa capacità di evocare il passato nel gioco immaginativosembra strettamente connessa allo sviluppo della capacità dievocare il futuro in ipotesi costruttive e di sviluppare le conse-guenze dei “se”. Il gioco del bambino a “fare finta di”, pertanto,non è solo importante per fini adattativi e creativi che, quandosono pienamente sviluppati, caratterizzano l’artista, il romanzie-re e il poeta, ma anche per il senso di realtà, l’atteggiamentoscientifico e lo sviluppo del ragionamento ipotetico.

Riassunto

L’argomento di questo articolo può essere così sintetizzato:

1. Il concetto di fantasia si è progressivamente ampliato nelpensiero psicoanalitico. Esso ora richiede una chiarificazione

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e una esplicita estensione per integrare in esso tutti i fatti si-gnificativi.

2. Relativamente alle opinioni sviluppate nell’articolo:

• Le fantasie sono il contenuto primario dei processi mentaliinconsci.

• Le fantasie inconsce riguardano principalmente il corpo erappresentano mete istintuali indirizzate agli oggetti.

• Queste fantasie sono, in primo luogo, i rappresentanti psi-chici degli istinti libidici e distruttivi; molto presto nello svi-luppo esse vengono elaborate in difese, sia come appaga-mento di desiderio sia come contenuti d’angoscia.

• I postulati di Freud relativi all’ “appagamento allucinatoriodi desiderio”, alla “identificazione primaria”, alla “introiezio-ne” e alla “proiezione” sono le basi della vita fantasmatica.

• Attraverso l’esperienza esterna le fantasie vengono elabora-te e divengono suscettibili di espressione, ma la loro esi-stenza non dipende da questa esperienza.

• Le fantasie non dipendono dalle parole, sebbene in certecondizioni esse possano essere espresse in parole.

• Le fantasie più precoci sono sperimentate in sensazioni; piùtardi assumono la forma di immagini plastiche e rappresen-tazioni drammatiche.

• Le fantasie hanno effetti sia psichici sia corporei; ne sonoesempio i sintomi di conversione, le qualità fisiche, il carat-tere, la personalità, i sintomi nevrotici, le inibizioni e le su-blimazioni.

• Le fantasie inconsce costituiscono il legame operativo traistinti e meccanismi. Se studiato in dettaglio ogni tipo dimeccanismo dell’Io può essere visto come derivante da tipispecifici di fantasie che, in ultima analisi, hanno origine ne-gli impulsi istintuali. “L’Io è una parte differenziata dell’Es”.Un meccanismo è un termine generale astratto che descrivealcuni processi mentali che sono sperimentati dal soggettocome fantasie inconsce.

• L’adattamento alla realtà e il pensiero di realtà richiedono ilsostegno di concomitanti fantasie inconsce. L’osservazione

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del modo in cui si sviluppa la conoscenza del mondo ester-no mostra come le fantasie del bambino contribuiscano alsuo apprendimento.

• Le fantasie inconsce esercitano un’influenza continua lungotutto il corso della vita, sia nelle persone normali sia nei ne-vrotici; la differenza risiede nel carattere specifico delle fan-tasie dominanti, nel desiderio o nell’angoscia ad esse asso-ciati, nella loro interazione reciproca e con la realtà esterna.

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Note

1* Nella nostra lingua non abbiamo un termine che possa adeguatamente tra-durre l’accezione psicoanalitica insita nel termine tedesco Phantasie e nell’in-glese Phantasy, grafia che fu preferita a Fantasy (si veda a riguardo quanto di-ce l’autrice alle pp. 15-16 di questo volume). Tale differenziazione grafica – cuiè sottesa una precisa posizione teorica – non è stata generalmente adottata ne-gli Stati Uniti. In Francia, il termine è stato tradotto con la voce Fantasme econ la corrispondente parola italiana Fantasma è stato tradotto il relativo lem-ma dell’Enciclopedia della psicoanalisi di Laplanche e Pontalis. Tale vocabo-lo è stato fatto proprio da Enzo Funari ed altri studiosi.Nel tradurre il presente saggio ho preferito attenermi alla scelta redazionalecompiuta a suo tempo dai traduttori dell’edizione italiana delle Opere di Sig-mund Freud (Torino, Boringhieri). Quanto alla parola instinct ho inteso ri-spettare la consuetudine britannica, specie dei kleiniani, di preferire il termineinstinct a drive (in tedesco Trieb) e ho pertanto tradotto la voce instinct conistinto.

2§ Come è stato spesso sottolineato, una definizione esatta, per quanto sia ur-gente, è possibile solo negli stadi avanzati di una scienza e non nelle sue fasiiniziali. “Più volte è stata avanzata l’esigenza che una scienza sia costruita inbase a concetti chiari ed esattamente definiti. In realtà nessuna scienza, nep-pure la più esatta, prende le mosse da definizioni siffatte. Il corretto iniziodell’attività scientifica consiste piuttosto nella descrizione di fenomeni, che poivengono progressivamente raggruppati, ordinati e messi in connessione tra lo-ro. Già nel corso della descrizione non si può però fare a meno di applicare, inrelazione al materiale dato, determinate idee astratte: le quali provengono daqualche parte, e non certo esclusivamente dalla nuova esperienza. Ancor piùindispensabili sono tali idee – destinate a diventare in seguito i concetti fonda-mentali della scienza – nell’ulteriore elaborazione della materia. Esse hannonecessariamente all’inizio un certo grado di indeterminatezza: né si può parla-re di una chiara delimitazione del loro contenuto. Finché le cose stanno così, cisi intende sul loro significato rifacendosi continuamente al materiale dell’espe-rienza da cui sembrano ricavate, ma che in realtà è ad esse subordinato. Astretto rigore queste idee hanno dunque il carattere di convenzioni, benché tut-to lasci supporre che non siano state scelte ad arbitrio, ma siano state deter-minate in base a relazioni significative col materiale empirico, relazioni chesupponiamo di arguire prima ancora di aver avuto la possibilità di riconoscer-le e indicarle. Soltanto in seguito a un’esplorazione piuttosto approfondita diun determinato ambito di fenomeni, diventa effettivamente possibile cogliernecon una certa esattezza i concetti scientifici fondamentali (…). Tuttavia, il pro-gresso della conoscenza non consente definizioni rigide. Come l’esempio dellafisica illustra splendidamente, anche i ‘concetti fondamentali’ consegnati in de-finizioni rigorose, subiscono un costante mutamento di contenuto” [Freud S(1915a). Pulsioni e loro destini. In: OSF, vol. VIII, pp. 13-14].

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3 Il dottor Ernest Jones, nella Discussione di questo lavoro alla British Psycho-Analytical Society nel 1943, per ciò che riguarda l’estensione del significato deltermine “fantasia”, ha fatto il seguente commento: “Ricordo una discussioneanaloga, anni fa, sul termine ‘sessualità’. I critici si lamentavano del fatto cheFreud avesse modificato il significato di questa parola e Freud stesso, un paiodi volte, sembrò confermare questa ipotesi. Ma io ho sempre sostenuto che eglinon ha mutato affatto il significato del termine: ha ampliato, invece, il concet-to dandogli un contenuto più completo e lo ha reso più esauriente. Questo pro-cesso mi sembra inevitabile nel lavoro psicoanalitico, poiché molti concetti,come ad esempio quello di coscienza, noti precedentemente solo nel loro si-gnificato conscio, debbono essere necessariamente ampliati quando abbiamoaggiunto a quest’ultimo il loro significato inconscio” [King P, Steiner R (1991).The Freud-Klein controversies 1941-45. London and New York: Tavistock/Rou-tledge, pp. 322-3. N.d.T.].

4* [La Isaacs si riferisce agli articoli raccolti e poi apparsi in: Klein M, HeimannP, Isaacs S, Riviere J (1952). Developments in psycho-analysis. London: HogartPress and The Institute of Psycho-Analysis. N.d.T.]

5§ Florence Goodenough (1931) addestrava i suoi osservatori a registrare nonsolamente la frequenza e la distribuzione temporale degli scoppi di collera, maanche il contesto delle situazioni sociali ed emotive e delle condizioni fisiolo-giche nelle quali essi si presentavano. In tal modo ella era in grado di chiarire,come non era mai avvenuto prima, la natura delle situazioni che provocano ac-cessi di collera nei bambini piccoli [Goodenough F (1931). Anger in young chil-dren. Minneapolis, MN: University of Minnesota Press].

6§ Ripetendo il lavoro di Watson sulle paure innate, Valentine ha rivolto la suaattenzione alla situazione totale in cui si trovava il bambino e alla natura spe-cifica degli stimoli a cui veniva sottoposto. Egli concluse che il contesto è sem-pre un fattore molto importante nel determinare la particolare risposta delbambino ad un particolare stimolo. È una situazione totale quella che influen-za un bambino, non un singolo stimolo. La presenza o l’assenza della madre, adesempio, può mutare sostanzialmente la reale risposta del bambino [ValentineCW (1930). The innate bases of fear. J Genet Psychol 37: 394-419].

7§ Lewis non solo ha fatto una registrazione completa dello sviluppo del lin-guaggio di un bambino dalla nascita in poi, ma ha anche preso nota delle situa-zioni sociali ed emotive nelle quali emergevano particolari suoni e forme lin-guistiche, permettendoci di inferire alcune sorgenti emotive da cui ha originela spinta allo sviluppo del linguaggio [Lewis MM (1936). Infant speech. A studyof the beginnings of language. London: Kegan Paul].

8§ Lois Barclay Murphy ha dato un considerevole contributo alla comprensio-ne dei problemi dello sviluppo sociale con una serie di accurati studi sulla per-sonalità dei bambini piccoli e sulle loro relazioni sociali. Ha mostrato l’ineffi-cacia del tentativo di valutare la personalità nel suo insieme o in singoli tratti,

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come l’empatia, senza un’attenzione costante al contesto del comportamentostudiato. Il comportamento sociale e le caratteristiche personali dei bambinipiccoli variano a seconda dello specifico contesto sociale. Per esempio unbambino è eccitato e aggressivo quando è presente un altro particolare bam-bino, ma non lo è quando quel bambino è assente. Il lavoro della Murphy ci dàmolti spunti di questo genere per comprendere i sentimenti e le motivazioniche entrano in gioco nello sviluppo dei tratti della personalità del bambino.Così ella riassume il suo studio del “comportamento empatico” in bambini chegiocano in gruppo: “Il comportamento che caratterizza questo specifico trattodipende dalla relazione funzionale del bambino rispetto ad ogni situazione,per cui quando dei mutamenti nel proprio status forniscono la base per una di-versa interpretazione della situazione in cui il bambino si trova, si manifestaun comportamento diverso. Una parte significativa delle variazioni che abbia-mo riscontrato nel comportamento del bambino è da mettere in relazione conil senso di sicurezza del bambino che è determinato dalle relazioni competiti-ve con altri bambini, dalla disapprovazione da parte degli adulti, o dal senso dicolpa o di auto accusa per aver danneggiato un altro bambino…”. Ella sottoli-nea quindi che il comportamento empatico (come ogni aspetto della persona-lità) non può essere compreso senza tener conto delle variazioni del contestonel quale si presenta. Un esempio dell’importanza di osservare il contesto delcomportamento è stato offerto da Lois B. Murphy da una maestra d’asilo (D.E.May), la quale osservò che in molti casi, quando un bambino di due anni si tro-vava per la prima volta alla scuola materna, sentendosi solo in quel mondoestraneo e angosciato per la separazione dalla madre, il giocattolo che riuscivacon maggiore facilità a tranquillizzarlo era una specie di “cassetta della posta”,ossia una scatola dove egli poteva lasciar cadere, attraverso appositi buchi sulcoperchio un certo numero di pezzi da costruzione e poi, sollevando il coper-chio, scoprì all’interno gli oggetti perduti. Sembrava quindi che il bambino fos-se capace di controllare i sentimenti di perdita relativi alla madre grazie a ungioco nel quale – molto simile a quello descritto da Freud – egli perdeva e ri-trovava oggetti a sua volontà.Un altro esempio tratto dalla stessa scuola materna è quello di un bambino didue anni e quattro mesi che , al suo secondo giorno nella scuola, era terrorizzatoed estremamente triste. Egli stava accanto all’osservatrice tenendole la mano;all’inizio singhiozzava e ogni tanto chiedeva: “Torna mamma; torna mamma?”.Su una sedia vicino a lui venne posta una fila di pezzi da costruzione. Da princi-pio egli li ignorò completamente, poi, quando un altro bambino proprio accantoa lui ebbe una scatola di pezzi, egli andò immediatamente a mettere i suoi nellascatola, tranne due, un piccolo cubo e un altro triangolare più grande che misevicini sulla sedia, toccandoli, in una posizione simile a quella in cui si trovavanolui e l’osservatrice, seduta accanto. Poi tornò indietro e prese di nuovo la manodell’osservatrice. A quel punto riuscì a smettere di piangere e appariva molto piùcalmo. Un bambino si avvicinò e gli prese i pezzi da costruzione, ma lui andò a ri-prenderseli e li mise di nuovo in posizione spingendo con delicatezza il più pic-colo contro quello triangolare. Poi tornò a stringere la mano dell’osservatrice,

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mentre guardava tranquillamente gli altri bambini. Anche in questo caso vedia-mo come un bambino, mediante un atto simbolico compiuto con due oggetti ma-teriali, riesca a consolarsi e a controllare sentimenti di perdita e di terrore. Eglidimostrò che potendo mettere due oggetti (i pezzi da costruzione) uno vicinoall’altro, come desiderava stare con la madre, poteva anche controllare il suo di-sagio e sentirsi contento e fiducioso accanto ad una persona adulta che l’avreb-be aiutato a ritrovare la mamma. Questi esempi illustrano il fatto che anche l’os-servazione della vita ordinaria permette in una certa misura di intuire sentimen-ti e fantasie del bambino purché si presti la dovuta attenzione ai dettagli e al con-testo sociale ed emotivo dei dati particolari [Murphy LB (1937). Social behaviorand child personality. An exploratory study of some roots of sympathy. NewYork: Columbia University Press].

9* Freud S (1920). Al di là del principio di piacere. In: OSF, vol. IX, pp. 200-1.

10* Ivi, p. 201, nota 1.

11* L’autrice si riferisce all’articolo di Joan Riviere On the genesis of psychicalconflict in earliest infancy. In: Klein M, Heimann P, Isaacs S, Riviere J (1952),op. cit., p. 40. N.d.T.

12§ Hazlitt, nel capitolo Retention, continuity, recognition and memory delsuo volume The psychology of infancy (1933, p. 78) scrive: “Il gioco preferitodel «cucù», che il bambino può fare in modo appropriato a partire dal terzo me-se circa in poi, ci dà prova che la mente del bambino molto piccolo ha conti-nuità e capacità di trattenere. Se le impressioni svanissero immediatamente ela vita cosciente del piccolo fosse costituita da una serie di momenti totalmen-te slegati l’uno dall’altro, questo gioco non avrebbe per lui nessuna attrattiva.Noi, invece, abbiamo numerose prove del fatto che in un certo momento egli ècosciente del mutamento avvenuto nella sua esperienza; possiamo vederlo cer-care ciò che un attimo prima era presente ed ora è scomparso”. In generale, ilmodo in cui Hazlitt affronta tali problemi si basa sull’idea che la memoria espli-cita si sviluppi da un precedente riconoscimento, e cioè da “ogni processo dipercezione che dia origine ad una sensazione di familiarità”. Va ancora oltre:“Quando parliamo della reazione di suzione del bambino di un mese al suonodella voce umana, noi non presumiamo che il bimbo riconosca le voci, che cisia cioè un’esperienza cosciente che corrisponde all’idea ‘ancora delle voci’. Vipuò essere o non essere tale esperienza conscia. (...) Con il passare delle setti-mane, tuttavia, si presentano numerosi casi di riconoscimento nei qualil’espressione del bambino e il suo comportamento generale danno un’immagi-ne talmente simile a quella che in periodi successivi accompagna l’esperienzacosciente di riconoscimento che è difficile non inferire che il bimbo stia rico-noscendo nel vero senso della parola. Registrazioni ci dicono che dalla ottavasettimana in poi i bimbi sembrano disturbati da volti estranei e rassicurati daquelli familiari” (ivi, p. 78).La Hazlitt, inoltre, sostiene che anche la capacità di giudizio sia presente mol-to precocemente, ad esempio nelle risposte adattive del bambino, già dal terzo-

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quarto mese. Ella non dubita affatto che le primissime risposte del neonatomostrino già le qualità rudimentali da cui si sviluppano memoria, immagina-zione, pensiero, ecc. Ella dice: “Un altro elemento a sostegno dell’ipotesi quiavanzata che la capacità di giudizio sia presente in epoca molto precoce è datodal fatto che l’espressione di sorpresa per stimoli che non colpiscono per la lo-ro intensità ma per il modo in cui si diversificano dalle modalità usuali in cui sipresentano è comunissima dall’età di sei mesi e di tanto in tanto si presenta an-che molto prima”.Un’altra area importante in cui agisce la legge della continuità genetica è quel-la delle relazioni logiche. Gli studi sperimentali della Hazlitt (1930) e di altri au-tori hanno mostrato che il bambino può comprendere certe relazioni logiche(identità, eccezione, generalizzazione, ecc.) e agire in base ad esse molto primache egli possa esprimerle in parole. È in grado di capirle in semplici terminiconcreti prima di poterle afferrare in una forma più astratta. Ad esempio, eglipuò conformarsi alle parole “tutto... ma non ...” quando non è ancora in gradodi capire la parola “eccetto”; inoltre egli può capire e conformarsi alla parola“eccetto” prima di essere in grado di usarla.

13§ Questo problema è connesso a quello della regressione discusso in: Hei-mann P, Isaacs S. Regression [In: Klein M, Heimann P, Isaacs S, Riviere J(1952), op. cit., pp. 169-97. N.d.T.].

14* Vedi al riguardo nota n. 4.

15 Cfr. Freud: “Il carattere particolarmente stupefacente dei processi inconsci(rimossi) a cui ogni ricercatore si abitua soltanto facendo grande forza su sestesso, è dovuto al fatto che per essi non vale l’esame di realtà: la realtà di pen-siero è equiparata alla realtà esterna, il desiderio al suo appagamento –all’evento (...). Non ci si lasci tuttavia indurre ad applicare criteri di realtà alleformazioni psichiche rimosse, sottovalutando ad esempio l’importanza dellefantasie nella formazione dei sintomi per il fatto che esse non sono qualche co-sa di reale, oppure riconducendo ad altra fonte un senso di colpa nevrotico so-lo perché non si può dimostrare che una colpa sia stata effettivamente com-messa” [Freud S (1911). Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico.In: OSF, vol. VI, p. 459]. “(...) La rinuncia alla sopravvalutazione della qualità dicoscienza diventa condizione prima indispensabile per qualsiasi visione esattadello svolgimento dello psichico” [Freud S (1899). L’interpretazione dei sogni.In: OSF, vol III, p. 557].

16 Freud S (1899), op. cit., p. 557.

17 Freud S (1932). Introduzione alla psicoanalisi. (Nuova serie di lezioni.) In:OSF, vol. XI, p. 185.

18* Freud S (1915b). L’inconscio. In: OSF, vol. VIII, p. 74.

19* Si veda al riguardo nota n. 4.

20 Freud S (1911), op. cit., p. 454.

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21 Freud S (1915a), op. cit., pp. 30-1.

22 Freud S (1926). Inibizione, sintomo e angoscia. In: OSF vol. X, pp. 314-5.

23 Riviere J. On the genesis of psychical conflict in earliest infancy [In: Klein M,Heimann P, Isaacs S, Riviere J (1952), op. cit., p. 41. N.d.T.].

24 Freud S (1932), op. cit., pp. 228-9.

25 Freud S (1931). Sessualità femminile. In: OSF, vol. XI, p. 75. Questi occasio-nali riferimenti di Freud alle fantasie nei bambini piccoli sono esempi di comele intuizioni del suo genio che, per forza di cose, non potevano a quel tempogiovarsi di prove e spiegazioni scientifiche, siano state confermate e rese com-prensibili sia dal lavoro di alcuni suoi seguaci, in modo particolare da MelanieKlein, sia dagli studi sull’osservazione del comportamento.

26 “Allorché con la sola espressione degli occhi, la dama brindò alla salute delgentiluomo, ed egli fece altrettanto, non fu forse conversazione la loro, pur sepriva di nomi e parole?” (Samuel Butler).

27§ “Il sistema Inc contiene gli investimenti che gli oggetti hanno in quanto co-se, ossia i primi e autentici investimenti oggettuali; il sistema Prec nasce dalfatto che questa rappresentazione della cosa viene sovrainvestita in seguito alsuo nesso con le relative rappresentazioni verbali. Abbiamo il diritto di sup-porre che siano tali sovrainvestimenti a determinare una più alta organizzazio-ne psichica, e a rendere possibile la sostituzione del processo primario con ilprocesso secondario che domina nel Prec.” [Freud S (1915b), op. cit., p. 85.]

28 Freud S (1922). L’Io e l’Es. In: OSF, vol. IX, p. 484.

29 La dottoressa Sylvia Payne ha fatto notare questo collegamento nella discus-sione che nel 1943 è seguita alla presentazione di questo lavoro alla British Psy-cho-Analytical Society [King P, Steiner R (1991), op. cit., p. 334. N.d.T.].

30 Middlemore MP (1941). The nursing couple. London: Hamish Hamilton.

31§ “Una bambina di due anni e nove mesi era in trattamento per difficoltànell’alimentazione. Mangiava molto poco – e mai senza essere persuasa daisuoi genitori – ma nei giochi e nelle fantasie durante l’analisi e a casa mordevacontinuamente. Tra le altre cose fingeva di essere un cane che morde, un coc-codrillo, un leone, un paio di forbici che potevano tagliare le tazze, un tritatut-to e una macchina per impastare il cemento. La sua storia alimentare era sin-golare. Era stata svezzata durante le prime due settimane di vita perchè nonmostrava alcun interesse per il seno e non si sarebbe alimentata. Mentre suc-chiava si addormentava e rifiutava ripetutamente il capezzolo, senza farechiasso ma girando tranquillamente la testa dall’altra parte. Le difficoltàdell’alimentazione sembravano avere origine interamente nella bambina, dalmomento che all’inizio la madre aveva una adeguata quantità di latte, inoltreaveva allattato con successo un figlio più grande e voleva allattare anche que-

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sta bambina. Dal momento che non ho osservato direttamente i tentativi di nu-trirla al seno non potrei dire se si trattasse di un’inerzia di tipo semplice o se,come suppongo, essa mascherasse una irritabilità. Quello che era chiaro erache la bimba era maldisposta a succhiare, dal momento che le difficoltà cheerano incominciate al seno continuarono in qualunque modo le si desse il cibo,col biberon, col cucchiaio o con la tazza. Prima che venisse in trattamento nonaveva mai messo un cucchiaio di cibo in bocca. Il punto era che, benché ellanon avesse mai succhiato il seno nel vero senso del termine, e ancor meno loavesse ‘attaccato’, nutriva fantasie di mordere molto violente. Qual’era il lorofondamento fisico, se escludiamo le sensazioni che l’avevano disturbata men-tre era affamata?” [Middlemore MP (1941), op. cit., pp. 189-90].

32 Nelle Controversial discussions alla British Psycho-Analytical Society nel1943, il dottor W.C.M. Scott ha detto che il modo degli adulti di considerare ilcorpo e la mente come due modalità di esperienza separate, può certamentenon essere considerato vero a proposito del mondo del neonato. È più facile pergli adulti osservare una poppata reale che ricordare o comprendere ciò chel’esperienza di succhiare effettivamente è per il bambino, per il quale non vi è di-cotomia corpo-mente, ma una singola, indifferenziata esperienza di succhiare efantasticare. Anche quegli aspetti dell’esperienza psicologica, che noi più tardidifferenziamo in “sensazioni”, “sentimenti”, ecc., nei primi giorni di vita nonpossono essere distinti e separati. Sensazioni e sentimenti emergono nel corsodello sviluppo da una primaria esperienza globale e cioè quella di: succhiare-sentire-provare sentimenti-fantasticare. Questa esperienza globale progressiva-mente diventa differenziata nei suoi vari aspetti: movimenti corporei, sensazio-ni, immaginazioni, conoscenze e così via [King P, Steiner R (1991), op. cit., p.353. N.d.T.].

33 Ricordiamo che per Freud: “L’Io è anzitutto un’entità corporea” [Freud S(1922), op. cit., p. 488]. Come ha affermato il dottor Scott è necessario cono-scere molto di più su quello che “il corpo” significa nella fantasia inconscia eanche prendere in considerazione i diversi studi fatti da neurologi e da studio-si di psicologia generale sullo “schema corporeo”. Da questo punto di vista loschema corporeo inconscio o “fantasia del corpo” gioca un ruolo importante inmolte nevrosi e in tutte le psicosi, in modo particolare in tutte le forme di ipo-condria.

34 Molto spesso afferrare, toccare, guardare, e altre attività, possono esseresentite rovinosamente dannose.

35§ Scupin riporta un esempio (di suo figlio di undici mesi e mezzo) che illustral’interpretazione di una realtà osservata nei termini di una fantasia che derivadalla vita istintuale primaria del bambino. “Noi (i suoi genitori) stavamo lot-tando per scherzo quando il bambino improvvisamente lanciò un urlo terribile.Per vedere se era stato il rumore che facevamo a spaventarlo, ripetemmo lascena in silenzio; il bimbo guardò con spavento suo padre, poi allungò con de-siderio le braccia verso la madre e si rannicchiò affettuosamente contro di lei.

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Avemmo l’impressione che il bimbo avesse creduto che sua madre fosse statacolpita e che il suo grido fosse stato solo una espressione di timore empatico”.Riportato in: Stern W. Psychology of early childhood up to the sixth year ofage. London: George Allen and Unwin, 1930; p. 138.

36§ Un esempio di un bimbo di due anni, rasserenato dal vedere che i suoi geni-tori non stavano facendosi del male, è stato notato da una mia collega. Questobimbo soffriva di frequenti attacchi di angoscia, la cui causa non era stata com-presa, e non poteva essere confortato da nessuno dei due genitori. Né le lorocarezze, né il loro affettuoso parlare mitigavano la sua ansia. Però essi scopri-rono, all’inizio per caso, che quando il bimbo si trovava in questo stato d’ani-mo, se essi si baciavano (non se baciavano lui) in sua presenza, l’ansia del bim-bo era immediatamente mitigata. Si deve da ciò dedurre che l’angoscia era con-nessa al timore che i suoi genitori bisticciassero e alla fantasia che i loro rap-porti sessuali fossero mutamente distruttivi dato che l’angoscia era mitigata edil piccolo rassicurato dalla dimostrazione visibile che i suoi genitori si amava-no ed erano reciprocamente gentili in sua presenza.

37 Questa è una versione molto semplificata di un processo molto complessotrattato meglio da Heimann e Klein. [Si tratta di Klein M, Heimann P, Isaacs S,Riviere J (1952), op. cit. N.d.T.]

38§ Freud scrive: “Se ho definito primario un processo psichico dell’apparato, nonl’ho fatto soltanto tenendo conto dell’ordine di dignità e della capacità di presta-zione, ma facendo intervenire nel discorso anche le condizioni temporali. Un ap-parato psichico che possieda soltanto il processo primario non esiste, è vero, perquel che ne sappiamo, ed è quindi una finzione teorica; ma sta di fatto che i pro-cessi primari sono dati in esso fin dall’inizio, mentre quelli secondari si sviluppa-no soltanto gradualmente, nel corso della vita; essi inibiscono e ricoprono quelliprimari, e ne raggiungono il pieno dominio, forse soltanto con l’avvento della ma-turità. In seguito a questa comparsa tardiva dei processi secondari, il nucleo del-la nostra essenza, consistente in impulsi di desiderio inconsci, rimane inafferra-bile e non soggetto a inibizione da parte del preconscio; la parte di questo è ri-dotta una volta per tutte ad assegnare agli impulsi di desiderio provenientidall’inconscio le vie più convenienti” [Freud S (1899), op. cit., p. 549].

39§ Durante le Discussioni del 1943 su questo articolo alla British Psycho-Analy-tical Society il dott. Adrian Stephen disse: “Per tornare agli scritti di Freud: pro-prio all’inizio dei Tre saggi sulla teoria sessuale egli descrive come gli istintiabbiano mete e oggetti. Meta è la parola che indica il comportamento che unistinto ci spinge ad intraprendere, per esempio un rapporto sessuale, ed ogget-to è la parola che indica la persona con cui il rapporto sta per aver luogo; op-pure mangiare, ad esempio, può essere la meta di un istinto e il cibo l’oggetto.Freud in questo brano ovviamente sta pensando ai casi in cui l’oggetto è un og-getto concreto, ma egli sarebbe stato certamente d’accordo, come io ritengotutti dovremmo esserlo, sul fatto che l’oggetto può essere immaginario o, se vipare, fantastico…

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Naturalmente noi tutti sappiamo che le fantasie sono costruite sulla base di ri-cordi, ricordi di soddisfacimenti e di frustrazioni e così via, e man mano checresciamo i nostri istinti si evolvono e il nostro bagaglio di ricordi diventa piùgrande e più vario non v’è dubbio che le nostre fantasie mutino considerevol-mente per quanto riguarda la complessità e la varietà dei loro contenuti; ma èdifficile supporre che gli impulsi istintuali, anche in un bambino piccolo, nonsiano accompagnati da un qualche tipo di fantasia del loro soddisfacimento.Supporre questo significherebbe pensare realmente che un bimbo può avereun desiderio senza desiderare niente – e a mio modo di vedere desiderare qual-cosa implica fantasticare l’appagamento di quel desiderio…Tutti noi sappiamo cosa significa essere assetati. In una simile condizione noiper lo più cerchiamo di afferrare qualcosa da bere e probabilmente abbiamofantasie, consce e inconsce, sia di ciò che vorremmo bere sia su come ottener-lo. Possiamo allora descrivere i nostri processi psichici in due modi. Possiamodire che vogliamo una bevanda o che vogliamo soddisfare la nostra sete. Nelprimo caso stiamo descrivendo una fantasia sull’oggetto, nell’altro stiamo de-scrivendo la meta di ridurre la tensione istintuale. In effetti benché stiamo im-piegando parole differenti e differenti concetti i fatti che stiamo tentando di de-scrivere sono in realtà gli stessi. Ciò che vogliamo non è solamente la bevandané solamente la soddisfazione di spegnere la nostra sete. Ciò che vogliamo è labevanda che-soddisfa-la sete – e la nostra fantasia è prendere questa bevanda.E dire questo certamente non nega l’importanza del piacere.La fantasia e l’impulso a ottenere piacere non sono due entità psichiche sepa-rate, anche se a volte può essere utile separarle concettualmente; essi sono dueaspetti di uno stesso processo psichico…”

40 Freud S (1932), op. cit., p. 227. “(...) i sintomi isterici derivano da fantasie enon da avvenimenti reali (...)”.

41 “La tendenza ad avere incidenti” è stata da tempo riconosciuta dagli psicolo-gi dell’industria. Il ben noto detto: “Se rompi una cosa puoi star certo che nerompi tre (non c’è due senza tre)” conferma la nostra tesi che queste tendenzederivino da fantasie.

42 Freud S (1916). Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico. In:OSF, vol. VIII.

43 (...) Ma io, che non son tagliato per gli ameni spassi, Né per corteggiare un amoroso specchio; Io che, uscito da un rude stampo, manco della maestà dell’amore Per pavoneggiarmi dinanzi a una molleggiante ninfa; Io, che sono privato di questa bella simmetria,Frustrato di sembianza dalla Natura che sì mi dispaia, Deforme, incompiuto, anzi tempo inviato In questo spirante mondo, appena plasmato a mezzo,E pur questo in modo così monco e contraffattoChe i cani latrano contro di me quand’io zoppico accanto a loro;

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(…)E così, dacché io non posso far l’innamoratoPer intrattenere questi bei giorni soaveloquenti,Son risoluto a dimostrarmi uno scellerato, Ed a colpir col mio odio i frivoli piaceri di questi giorni (…) (ivi, p. 632).

44* Ivi, p. 633.

45§ “Ora ci rendiamo conto che noi stessi potremmo diventare come Riccardo,che anzi, in qualche misura, lo siamo già. Riccardo è lo smisurato ingrandi-mento di qualcosa che troviamo anche in noi stessi. Tutti crediamo di aver mo-tivo di rancore verso la natura e il destino per le menomazioni congenite e in-fantili; tutti pretendiamo una riparazione che ci indennizzi delle antiche morti-ficazioni che ha subìto il nostro narcisismo, il nostro amore per noi stessi. Per-ché mai la natura non ci ha fatto dono dei riccioli dorati di Balder, della forzadi Sigfrido, della fronte alta del Genio, dei nobili lineamenti dell’aristocratico?Perché siamo nati in una modesta casa borghese e non in un castello reale? Cipiacerebbe insomma essere belli e distinti come tutti coloro che, appunto per-ciò, siamo ora costretti a invidiare” (ivi, p. 633).

46 Freud S (1925). La negazione. In: OSF, vol. X, p. 201.

47* Ivi, p. 199.

48* Nell’edizione del 1952, in luogo di “Inconscio integrato di desideri e fantasie”leggiamo: “Nell’inconscio mondo di desideri ed emozioni”. N.d.T.

49 In analisi, dietro la “bontà” di queste confessioni compulsive, possiamo spes-so scorgere derisione, trionfo e desiderio di annientare l’analista. “Si mise il pollice in bocca Sputò una prugnaE disse: «Che bravo ragazzo che sono».”

50* Freud S (1922), op. cit., p. 488.

51§ “È facile rendersi conto che l’Io è quella parte dell’Es che ha subito una mo-dificazione” [Freud (1922) op. cit., p. 488]. E ancora, nel Compendio di psicoa-nalisi: “(...) Originariamente tutto era Es, l’Io si è sviluppato dall’Es per l’in-flusso persistente del mondo esterno. Nel corso di questa lenta evoluzione, de-terminati contenuti dell’Es si sono trasformati, assumendo lo stato preconscio,e perciò sono stati accolti nell’Io” [Freud S (1938). In: OSF, vol. XI, pp. 589-90].

52 Il dare valore a cosa i fatti esterni – e cioè, a come fin dalla nascita il bambi-no è alimentato e manipolato, e poi all’atteggiamento emozionale e al compor-tamento di ambedue i genitori, o alla sua reale esperienza di perdita e di cam-biamento – significano per il bambino nei termini della sua vita di fantasia, dàalle esperienze reali un peso maggiore di quanto non facciano in generale co-loro che non comprendono il valore che la fantasia ha per il bambino. Questereali esperienze precoci hanno un effetto profondo sul carattere delle fantasie

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del piccolo e su come esse si sviluppano, e quindi sulle loro conseguenze ulti-me per la sua personalità, sulle relazioni sociali e sulle capacità intellettuali osulle inibizioni e sui sintomi nevrotici, ecc.

53 Come ha fatto notare Marjory Brierley: “(...) il pensiero di fantasia (...) e ilpensiero di realtà si mescolano ed intrecciano continuamente nei modelli del-le consuete attività mentali (...)” – sia negli adulti che nei bambini. Anche Wil-liam Stern si è soffermato a lungo (sebbene in riferimento alle fantasie conscedel bambino) sul “reciproco ed intimo mescolarsi di realtà e immaginazione”,che, egli dice, è “un fatto fondamentale” (Stern 1930, op. cit., p. 277).

54* Klein M (1930). L’importanza della formazione dei simboli nello sviluppodell’Io. In: Scritti 1921-1958. Torino: Boringhieri, 1978, p. 250. Nd.T.

55 Jones E (1916) [La teoria del simbolismo. In: Teoria del simbolismo, scrittisulla sessualità femminile e altri saggi. Roma: Astrolabio, 1972. N.d.T.].

56 A tale riguardo si veda Sharpe 1935.

57§ La dottoressa Brierley ha scritto: “(...) l’esistenza di fantasie relative all’“og-getto internalizzato” non contraddice l’ipotesi delle tracce di memoria poichéle memorie e le fantasie hanno origine da una traccia comune. Tutte le imma-gini sono memorie di immagini, riattivazioni di una passata esperienza. È statosuggerito, in modo artificiosamente semplificato, che il concetto di un “buonoggetto internalizzato” è il concetto di una fantasia inconscia che gratifica il de-siderio di una presenza costante della madre, nella forma della convinzioneche ella sia letteralmente all’interno del bambino. Tale fantasia inconscia aiu-terebbe il piccolo a conservare la memoria cosciente della madre durante letemporanee assenze di lei, sebbene essa possa fallire nel colmare un’assenzaprolungata. In un bambino di due anni il ricordo della madre non è un sempli-ce sistema, ma il risultato di due anni di vita con lei. La memoria conscia è laparte accessibile di un più esteso sistema-madre inconscio che ha le sue radicinella primissima infanzia” (Brierley 1944). [Una versione modificata dell’arti-colo è in: Brierley M. La natura e l’influenza della teoria psicoanalitica sulla ri-cerca e sulle relazioni con l’esterno. In: Orientamenti teorici in psicoanalisi.Roma: Borla, 1990, p. 103-4. N.d.T.]

58 Isaacs S (1930). Intellectual growth in young children. London: Routledgeand Kegan Paul.

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