National Geographic Imagine

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Vita quotidiana lungo il fiume nella regione de La Moskitia, in Honduras. L’area è ricca di fiumi e canali, ma la maggior parte delle malattie della popolazione è causata dalla mancanza di acqua potabile. Honduras una barca per la vita I Miskitos vivono nella regione più povera del paese. Una Onlus italiana li aiuta a dotarsi dei servizi medici.

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Vita quotidiana lungo il fiume nella regione de La Moskitia, in Honduras. L’area è ricca di fiumi e canali, ma la maggior parte delle malattie della popolazione è causata dalla mancanza di acqua potabile.

Hondurasuna barca per la vitaI Miskitos vivono nella regione più povera del paese. Una Onlus italiana li aiuta a dotarsi dei servizi medici.

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esbia ha 26 anni e tre figli avuti dadue mariti diversi. Cammina sull’acqua, come tutti qui inMoskitia, nell’Honduras nordo-rientale. Scherza e sorride sempre.

E fa progetti per il futuro, «se Dio me lo permet-te». È cominciato tutto quattro anni fa, con malidi testa sempre più lancinanti e tanta stanchezzaoltre a una perdita di peso sempre maggiore.

L’Honduras è uno dei paesi più poveridell’America Centrale; dei sette milioni di per-sone che vi abitano, il 68 per cento circa vive aldi sotto della soglia di povertà, soprattutto nel-le aree rurali come La Moskitia, tanto remotache vi arriva a malapena l’eco dei disordininella capitale Tegucigalpa. Lesbia vive qui. Inquesta terra vastissima e isolata, organizzata ininsediamenti di piccole dimensioni difficili daraggiungere, vive anche la popolazione indige-na dei Miskitos. L’acqua è l’elemento domi-nante, le vie di comunicazione di questo terri-torio sono le lagune, i canali e i fiumi.

Ma l’acqua è anche fonte di malattie scono-sciute ed è impedimento. A Puerto Lempira,nell’unico ospedale del Dipartimento diGracias a Dios, manca addirittura l’acqua pota-bile. In Moskitia infatti, «oltre all’alta mortalitàmaterna», spiega Magin Soto, infermiere aTikiuraya, «le malattie più frequenti sono lapolmonite e la diarrea causata dalle infezioniprese bevendo acqua contaminata».

Come in molte aree africane, mancano con-trolli medici regolari e informazioni sulle prati-che sanitarie di base, perciò l’accesso alle cure e ildiritto alla salute non sono garantiti.

«Nel 2008», racconta la pediatra di PuertoLempira Margherita Marulanda, «si sono toc-cati tassi di mortalità neonatale del 27,5 percento sul totale delle morti in ospedale. Leinfezioni e le difficoltà respiratorie, oltre allamalaria, alla tubercolosi e all’Hiv/Aids, sono leprincipali cause di mortalità infantile». I casi dimalaria in Moskitia sono il 64 per cento dei

di Benedetta Treccanifotografie di Nanni Fontana

Un’infermiera dell’ospedale di Puerto Lempira, l’unico esistente in tutto ildipartimento di Gracias a Dios, dove vivono circa 80.000 persone, porge a unagiovane mamma il suo bimbo appena nato. La mortalità neonatale nella zonaè molto alta e lo scorso anno ha toccato quasi il 30% dei decessi ospedalieri.

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Sulma, la salvezza scivola sull’acquaSulma ha dieci anni. Arriva al Centro di Salute di Tikiuraya con

la nonna verso le 14.00, dopo almeno un’ora di cammino. Ha

la mano destra avvolta in un cencio inzuppato di sangue. Si è

ferita con un machete tagliando il riso nei campi. L’ infermiera

del Centro, Ledy Carina Antonio Feldeman, 20 anni, miskita,

(prima da destra nella foto in alto, con Sulma, sua nonna e

Coban, che conduce la barca dell’ONG) le toglie lo straccio

sporco dalla mano. Sulma perde molto sangue. Per alleviare il

dolore, le vengono fatte alcune iniezioni. Si decide di portarla

all’Ospedale di Puerto Lempira, con una piccola barca

a motore. La nonna di Sulma affida la bambina ad Anja,

volontaria dell’Onu, a Coban e al sottoscritto. Sulma non

piange né si lamenta per tutto il viaggio, quattro ore.

Quando arrivano al pronto soccorso è già buio. Il medico

0di turno blocca l’emorragia, disinfetta la ferita e la medica.

Se Sulma non fosse stata portata qui, dicono i medici,

probabilmente sarebbe morta dissanguata. La mattina

seguente la bimba viene operata. L’operazione dura meno di

due ore. Sulma è fuori pericolo e rimane nel lettino d’ospedale

(a destra) ad aspettare l’arrivo di sua madre. —Nanni Fontana

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casi nazionali, tenendo presente che nel diparti-mento di Gracias vivono circa 80 mila persone.

Lesbia è malata, è risultata positiva al testdell’Hiv nel 2005. Tale è l’isolamento in Moskitiache allora all’ospedale di Puerto Lempira nonarrivavano nemmeno i farmaci antiretrovirali.Dopo tre anni trascorsi in un centro specializza-to della capitale, sei mesi fa Lesbia decide di tor-nare a Puerto Lempira con sua figlia Marisol e sitrasferisce a casa del fratello. «Oggi lavoro comedonna delle pulizie di giorno. La sera invece fre-quento la scuola perché sogno un giorno didiventare sarta». Lesbia spesso fa ritorno al suo

villaggio lontano da Puerto Lempira dove vivo-no i genitori, ma lì, come in tutta la regione, nonci sono strutture mediche. I centri di salute esi-stenti in Moskitia sono fatiscenti, mancano ben-de, disinfettanti e medicine. Manca insomma ilminimo indispensabile.

A Tikiuraya il centro di salute era deserto,solo qualche medicinale e un mucchio di spor-cizia, mentre oggi, grazie all’intervento dell’as-sociazione italiana non-profit IMAGINE, ilcentro è stato ristrutturato e ampliato intera-mente con materiale di provenienza locale pergarantire la sostenibilità ambientale del pro-

getto. Il centro di salute accoglie la popolazio-ne del villaggio e dei nuclei vicini, le donne ingravidanza sono monitorate e possono parto-rire con il sostegno di un medico e di una leva-trice. Si fa tutto il possibile, con la collabora-zione del personale sanitario locale, per aiuta-re a prevenire le malattie più comuni.

Come afferma Ignazio Marino, presidente efondatore dell’associazione, «bisogna interve-nire su quelle malattie che pongono problemiplanetari: un trapianto di fegato costa circa400 mila euro. Dal 1992 al 2004, solo negliStati Uniti, i trapianti di fegato causati da

malattie che sono conseguenti al virus dell’e-patite B sono stati 5.000, con una spesa com-plessiva di due miliardi di euro. Se pensiamoche vaccinare una persona contro l’epatite Bcosta un euro, con quella cifra si poteva vacci-nare un terzo della popolazione del pianeta».

L’attività dell’associazione, nata nel 2005 perla promozione di programmi sanitari in Italiae nei paesi in via di sviluppo, arriva anche nel-le zone più remote del paese come Tikiuraya,dove vive Sulma, la bambina di 10 anni di cuiraccontiamo la vicenda nella pagina preceden-te. Sulma si è salvata grazie alla barca ambu-lanza che l’ha trasportata all’ospedale diPuerto Lempira, data in dotazione da IMAGI-NE. Con la barca si fa fronte non solo alleemergenze ma si garantiscono alla popolazio-ne le vaccinazioni di base e l’assistenza sanita-ria. Infatti in Moskitia «il problema maggiore èlegato al sistema di trasporto dei malati piùgravi. Almeno una volta alla settimana», dice ildottor Mylo Wood, unico ginecologo nell’o-spedale, «dovrebbe partire una barca con cuimonitorare le situazioni più difficili e più acu-te proprio nelle comunità più isolate». j

Nella scuola di Tikiuraya (a sinistra), il maestrospiega agli alunni l’ importanza di non saltare lezioniin vista della prolungata chiusura per le elezioni di novembre. In alto, Lesbia a Puerto Lempira.

IMAGINE Onlus è un’associazione non-profit per lapromozione di programmi sanitari in Italia e nei paesiin via di sviluppo. Per saperne di più: www.imagine.org