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H ubert Hanke, bor- gomastro di un piccolo comune montano del canton Tici- no, aveva la bellezza di sei figlie di cui andava orgo- glioso: Heidi, Hanna, Helga, Hara, Herbet e Hende. Tutte assieme non avevano più di sessant’anni e il borgo- mastro amava dire che gli sarebbe piaciuto raggiun- gere un totale di cento pri- ma che la più grande toc- casse la maggiore età. A quell’uscita, la moglie ri- spondeva chiedendo se per caso fosse matto: per quanto la riguardava, ave- va chiuso i rubinetti. Non era un uomo cattivo il borgomastro, solo un po’ vanitoso. Gli piaceva pen- sare di essere l’unico in grado di provvedere al bene pubblico e che nessu- 3

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Hubert Hanke, bor-gomastro di unpiccolo comune

montano del canton Tici-no, aveva la bellezza di seifiglie di cui andava orgo-glioso: Heidi, Hanna, Helga,Hara, Herbet e Hende. Tutteassieme non avevano piùdi sessant’anni e il borgo-mastro amava dire che glisarebbe piaciuto raggiun-gere un totale di cento pri-

ma che la più grande toc-casse la maggiore età. Aquell’uscita, la moglie ri-spondeva chiedendo se percaso fosse matto: perquanto la riguardava, ave-va chiuso i rubinetti.Non era un uomo cattivo ilborgomastro, solo un po’vanitoso. Gli piaceva pen-sare di essere l’unico ingrado di provvedere albene pubblico e che nessu-

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no come lui avrebbe potutoreggere meglio le sorti delsuo piccolo comune.C’era, naturalmente, chi lapensava diversamente eche andava elencando siain pubblico sia in privato idifetti del borgomastro: lavanità, appunto, e soprat-tutto quando usciva dallasua casa con il corteo dellefiglie al seguito, in fila dallapiù piccola alla più grande,e con sul viso un’espres-sione di piena soddisfazio-ne, come se fosse il solo almondo a poter vantare fi-glie così belle. Queste usci-te erano un vero e propriospettacolo e avvenivano inoccasioni speciali: la festadel paese, per esempio, op-pure il genetliaco del bor-gomastro stesso, che veni-va salutato presso la casacomunale.Il periodo che precedeva il

Natale era una di questeoccasioni.Gli uomini più giovani sidavano un gran daffare sindai primi giorni di dicem-bre per addobbare conve-nientemente il paese e so-prattutto per allestire inpiazza un presepe il cuitocco finale era compitodel borgomastro e dellesue figlie: a pochi giorni dal25 dicembre Heidi portaval’asinello, il giorno seguen-te Hanna il bue, poi Helgadeponeva san Giuseppe,quindi Hara deponeva laMadonna, Herbet portavala culla del bambinello e,da un anno a quella parte,Hende, la sera della Vigilia,deponeva il Nascituro.Fu proprio la sera della Vi-gilia di Natale che la picco-la Hende stupì tutti i pre-senti chiedendo dove fos-sero mai i Re Magi. Toccò al

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borgomastro rompere l’im-barazzato silenzio rispon-dendo alla figlia che i TreRe erano ancora in viaggio,lontani, e per quel motivonon si vedevano ancora.Tuttavia, la piccola non siaccontentò della spiega-zione.«Ma arrivano?» chiese.«Certo», rispose con sicu-rezza il padre.Ma era tutt’altro che sicurodella risposta. Mai, primadi allora, nessuno, nemme-no lui, si era preoccupato dipensare ai Re Magi: la Befa-na piuttosto chiudeva il pe-riodo delle festività, e c’erasempre stata una specie digara tra le donne del paeseper rivestire i panni dellavecchia con la scopa e gira-re per le stradine del paeseportando dolciumi ai bam-bini.Non si poteva certo delu-

dere la piccola Hende, con-fidò il borgomastro allamoglie quella stessa sera.«Il borgomastro sei tu», ri-spose la donna, tacendo diessere lei colpevole dellacuriosità della bambinapoiché le aveva raccontatopiù volte del viaggio dei TreRe: nel paese del lago diComo dov’era nata, Bella-no, infatti, l’arrivo dei ReMagi era una festa quasi si-mile al Natale.«Certo», rispose il borgo-mastro, passando tutta lanotte della Vigilia a riflette-re sulla questione e alzan-dosi infine con le idee chia-re.La mattina dopo, benchéfosse il giorno di Natale, sirecò presso la casa comu-nale per discutere con isuoi collaboratori più fida-ti: l’idea che aveva avutoera semplice, ma bisogna-

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va lavorare in fretta e beneper realizzarla. Si trattavadi organizzare un vero eproprio corteo che la vigiliadell’Epifania sarebbe en-trato in paese, i Re Magi intesta, per rendere omaggioal Salvatore.«Veri cammelli…» disse ilborgomastro.«Sì, e dove li andiamo aprendere?» obiettò uno.«Va bene, se non ci sarannocammelli useremo caval-li.»Ma veri cavalli, veri ReMagi…, cioè, veri uominiche avrebbero impersona-to i Tre Re e il loro necessa-rio corteo di stallieri e ser-vitori.Qualcuno si doveva assu-mere il compito di pensareall’organizzazione di quel-la novità.«C’è un volontario?» chieseil borgomastro.

Una mano si alzò. Era quel-la del fedelissimo Hutrich,l’uomo più onesto ma pur-troppo più pauroso delmondo, tanto che di lui sidiceva che avesse pauraanche della propria ombra.

Quando il tunisino Yassinesi alzò, cedendo l’ultimocalore che la sabbia del de-serto gli aveva fornito alfreddo della notte, la lunasplendeva in un firma-mento popolato da stelleche il giovanotto conosce-va una per una, non aven-do altra occupazione cherimirarle nel buio. Quellanotte però ebbe l’impres-sione di essersi addormen-tato e di aver sognato unastella mai vista prima.Quando, il giorno seguente,rientrò a Béjà, la città doveabitava, prima ancora chesuo padre attaccasse la so-

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lita solfa sulla vita che con-duceva, senza progetti senon quello di scrutare il fir-mamento, abusando dellasua pazienza e della suaricchezza, il giovanottoraccontò dell’impressioneavuta poche ore prima. Al-lora il genitore rinunciò airimproveri. Offrì al figlio unbicchiere di tè, gli chiese disedere. Poi gli disse che ciòche aveva visto o credutodi vedere, altro non era cheun segno.Yassine sorrise.«Un segno?» chiese sorri-dendo.Suo padre era pronto ad af-frontare lo scetticismo delfiglio. La ricchezza non loaveva inaridito. Se mai neaveva acuito la sensibilitàverso tutto ciò che il dena-ro non poteva comperare eaveva timore e rispetto peri segnali che dal profondo

del cielo raggiungevanouomini e donne ancora ingrado di percepirli.Quella luce siderale era unsegno, aveva quindi un si-gnificato.«Sarai tu a chiarirmelo, pa-dre?» chiese Yassine.L’uomo scosse la testa.Non competeva a lui, ri-spose, non ne aveva la ca-pacità. L’oniromante neavrebbe chiarito il signifi-cato, trasformando in pa-role quella luce siderale.Yassine non poté trattene-re un nuovo sorriso.L’oniromante…Un vecchio ormai, unuomo d’altri tempi. Permolti qualcosa come un fe-nomeno da baraccone.Vero che fosse ormai unvecchio, condivise il padredi Yassine, ma tutt’altroche fuori dal tempo. Se mainon più considerato, come

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se la sua capacità di predi-re il destino di un uomofosse svanita nel nulla.«Il destino un uomo se lofabbrica con le propriemani», ribatté Yassine. Il padre trattenne a stentoun sorriso e un rimprovero:davanti a sé aveva un buonesempio di quanto quel-l’affermazione fosse vana.Preferì tuttavia lasciar cor-rere, inutile discutere an-cora con quel figlio che nonc’era mai stato verso di av-viare verso un qualunquemestiere. Avrebbe consul-tato da sé l’oniromante,decise, mentre Yassineusciva da casa per andarechissà dove.

Il fedelissimo Hutrich nonsolo aveva paura della pro-pria ombra, ma anche dinon riuscire a portare a ter-mine i compiti che la vita

gli imponeva. Aveva pauradella paura di non riuscire.Per questo si sottoponevavolontariamente a conti-nui esami per dimostrare ase stesso che poteva supe-rare le sue paure. La situa-zione era abbastanza com-plessa. In ogni caso accet-tare l’invito del borgoma-stro fu una di quelle sfide.Se ne pentì quasi subito,appena uscito dalla casacomunale, assediato natu-ralmente dalla paura diaver fatto il passo più lun-go della gamba, deludendocosì il suo grande amicoborgomastro e la più picco-la delle sue belle figlie. Perquesto motivo partì imme-diatamente alla carica, no-nostante fosse il giorno diNatale e a casa lo aspettas-se un ricco banchetto. Laprima cosa che doveva fareera assicurarsi i tre cavalli

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coi quali i Tre Re avrebberosfilato per le viuzze delpaese. Uno l’aveva già, es-sendone lui il padrone. Ilsecondo ritenne di poter-selo procurare facilmente:bastava chiederlo all’osteHeberard che lo usava pertrasportare merci di ognitipo dal fondovalle e lo no-leggiava a chi ne avesse bi-sogno.Il terzo, però, si presentavadifficile da ottenere essen-do proprietà di Hugo Heil,nemico giurato del borgo-mastro. Altri cavalli, pur-troppo, non ce n’erano inpaese, a meno di voler uti-lizzare in sostituzione unodei tanti somari che inveceabbondavano, cosa cheperò il fedelissimo Hutrichsi rifiutò anche solo diprendere in considerazio-ne. Non aveva alternative,se voleva tener fede alla

parola data, quindi, consu-mato un pasto veloce cheai familiari fece nascerepiù di un dubbio circa lasua salute, partì alla voltadella casa di Hugo Heil, tre-mando, ovviamente, dipaura. Talmente tanta pau-ra che sulle prime, dopoaver spiegato ben bene alproprietario del terzo ca-vallo il perché e il percomedella sua richiesta, fece fa-tica a comprendere il sen-so della risposta di quello.

Nonostante fosse vecchio,l’oniromante aveva sensodella realtà e ironia. Sorri-deva di se stesso, dicevache ormai, vista la piegache il mondo aveva preso,era diventato come ungambero: anziché predire idestini, indovinava i segniche li avevano precedutiscrutando le azioni degli

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uomini.Suo figlio, disse al padre diYassine, non faceva ecce-zione, era un uomo sviatoche si affidava troppo a ciòche vedeva e toccava trala-sciando ogni altra cosa.«Tuttavia un destino sicompie comunque», affer-mò l’oniromante.Quindi, dopo aver ascolta-to ciò che il padre di Yassi-ne aveva da dire, chiuse gliocchi e svelò ciò che la vitariservava per il giovane.A quella rivelazione il pa-dre di Yassine fece seguireun lungo silenzio. Non siaspettava quelle parole, nerestò turbato.«Può un uomo ribellarsi aldestino che gli è stato asse-gnato?» chiese poi.«No», rispose l’oniroman-te.«Ne siete certo?»«Voi ne dubitate», affermò

l’oniromante.Il padre di Yassine arrossì.«Gran cosa il dubbio», loconsolò il vecchio.Tuttavia, proseguì, un de-stino si compiva in unmodo o nell’altro. Tutto ciòche poteva fare era solo ri-tardarlo.«E questo a suo rischio,solo per scoprire di averperduto tempo nel com-battere una guerra inutile.»L’uomo allora prese attodelle parole dell’oniro-mante e una volta rientra-to a casa ne mise imme-diatamente al corrente lamoglie. Lo fece affinché ilsuo cuore di madre si pre-parasse convenientemen-te a ciò che l’attendeva.

Il fedelissimo Hutrich nonriuscì a credere alle paroleche Hugo Heil usò per ri-spondere alla sua richiesta.

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Aveva parlato tenendo gliocchi bassi, temendo che,da un momento all’altro,soprattutto quando avevadovuto nominare il borgo-mastro, il padrone di casalo cacciasse in malo modo.Invece aveva potuto spie-garsi senza essere interrot-to. Le uniche pause eranostate le sue, quando si erafermato per riflettere circal’espressione migliore dausare onde convincereHugo Heil ad accettare lasua richiesta per il bene ditutto il paese.E alla fine, quando quellorispose: «Ben volentieri», ilpavido Hutrich restò distucco, quasi incredulo.«Volete dire che accettate eci presterete il cavallo?»chiese.«È quello che ho appena af-fermato», ribadì il padronedi casa.

Cattive voci, disse poi, cor-revano su di lui. Voci che lovolevano un essere perfido,perverso, pronto a tuttopur di fare uno sgambettoal borgomastro. In tuttasincerità, proseguì, non po-teva smentire il fatto dinon essere quasi mai d’ac-cordo con le sue decisioni,anzi, riteneva di poter faremeglio di lui. Ma mai, mai epoi mai, l’avrebbe combat-tuto agendo nell’ombraoppure ricorrendo a mez-zucci come quello di nega-re l’uso del suo cavallo perinscenare un corteo chenon solo avrebbe fatto feli-ce la piccola Hende, maavrebbe portato allegrianell’intero paese e permes-so a tutti di chiudere de-gnamente il periodo dellefestività.Il povero Hutrich uscì dallacasa di Hugo Heil in uno

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stato di completa confu-sione. Non furono certo idue bicchierini di liquore alginepro che aveva bevuto asigillo dell’accordo a con-fondergli le idee: piuttostola facilità con cui avevaconcluso senza colpo ferireo piuttosto subire, quandoinvece s’era preparato auna dura lotta.Era il caso di riflettere, de-cise, e proprio quello era ilgiorno ideale, su quantofosse facile giudicare malele persone quando ci si af-fida alle chiacchiere altrui,rinunciando alla cono-scenza personale. Quandorientrò in casa, alle primeombre della sera, lo aspet-tava una cena sfarzosa eun’allegria di cui fu il prin-cipale responsabile.

Yassine rise quella seraascoltando le parole di suo

padre quando riferì ciò cheaveva appreso dall’oniro-mante. Disse che gli sem-brava un’enorme scioc-chezza credere che un sas-so vagabondo vivente diluce riflessa potesse deter-minare il destino di unuomo.Quando tacque, sua madrenon disse una parola, nem-meno le sue sorelle osaro-no aprir bocca, poiché sa-pevano che sarebbe tocca-to al genitore rispondere econoscevano ciò che sareb-be uscito dalle labbra delpadrone di casa.L’uomo parlò guardando ilfiglio negli occhi: durantela notte aveva pesato le pa-role dell’oniromante, avevasoppesato la vita del figlio.Nel buio della sua camera,accanto alla moglie inson-ne come lui, aveva dettoche una stella guidava la

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vita del figlio. Quella stellaviaggiava i sentieri siderali,le vie sconosciute agli oc-chi degli uomini, aveva ilnome, ancora ignoto, chesolo Yassine avrebbe potu-to scoprire quando l’avesseritrovata: dove e come,nemmeno l’oniromantepoteva dirlo.Quindi parlò, e disse a Yas-sine che ormai aveva la suastrada e doveva seguirla eche da quel momento nonaveva più casa né tetto néfamiglia né amici né altririfugi dove combatterel’inutile guerra contro il de-stino. Altrove avrebbe tro-vato tutto ciò che adessoperdeva per sempre.L’alba del giorno seguentesi annunciò con un insolitoconcerto di cani che ac-compagnò i primi passi diYassine fuori dalla città.

Per un paio di giorni Hu-trich riposò sugli allori diquella vittoria riportatasenza combattere. Poi or-gogliosamente informò ilborgomastro di aver repe-rito i cavalli indispensabiliper il corteo. Quello, com-plimentandosi, rispose dinon dubitare che anchetutto il resto sarebbe filatoliscio.Perché, d’accordo che trecavalli erano indispensabi-li, ma senza Re Magi, figu-ranti e moretti, il corteo sa-rebbe stato ben poca cosa.Già, già, rispose il fedelissi-mo Hutrich. Rendendosisubito conto che non avevala minima idea di come po-tesse comporsi il corteoche accompagnava i Tre Renella loro marcia verso lacapanna del Redentore.«Bah», fece il borgomastro,«se è solo per questo non vi

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resta che discuterne conmia moglie. Lei sa tutto suiRe Magi.»Lo sapeva, no?, che venivada un paese dove in onoredei Tre Re avevano fattosempre una gran festa. Esarebbe stata ben felice dimettere a disposizione del-l’affaccendato Hutrich tut-ta la sua conoscenza inmateria.Che, per essere profonda,lo era sin troppo. Sta di fat-to che la signora Borgoma-stra era cresciuta, come sidice, a pane e Re Magi e,messasi a disposizione delfedelissimo Hutrich glitenne una vera e propriaconferenza al termine del-la quale l’uomo si ritrovò ingrandissimo imbarazzo.Per un corteo come quelloche la signora Borgomastraaveva descritto, ci sarebbe-ro voluti tutti gli abitanti

del paese e nemmeno sa-rebbero stati sufficienti.Impossibile!Bisognava ridurre, dissesommessamente Hutrich,e anche sensibilmente, al-trimenti non ci sarebbestato alcun spettatore alcorteo.La signora Borgomastraammise di essersi lasciataprendere un po’ la manodall’entusiasmo e, liman-do di qua e togliendo di là,consegnò all’apprensivoHutrich un elenco di perso-naggi ridotto ai minimi ter-mini, al di sotto dei quali,affermò, non si poteva pro-prio andare.«Mi raccomando», dissepoi, «che almeno questipochi rispettino fedelmen-te la tradizione e i ruoli cheandranno a impersonare.»Hutrich rispose che la si-gnora Borgomastra non

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doveva preoccuparsi, perquanto riguardava i costu-mi una squadra di donneagli ordini della sarta Hiri-na stava lavorando alacre-mente.«D’accordo», ribatté la si-gnora Borgomastra.Costumi a parte, però,qualcuno avrebbe dovutooccuparsi anche del truc-co.«Il trucco?» allibì il candidoHutrich.«Dico», lo rampognò bona-riamente la signora Borgo-mastra, «avete forse maivisto dei moretti bianchicome la neve, oppure Bal-dassarre…»«Baldassarre?» interloquìHutrich.«Baldassarre, certo. Il ReMagio moro. L’avete mai vi-sto smorto come una pata-ta lessa?»Lo sbadatissimo Hutrich

non ci aveva pensato.«E come si fa adesso?»chiese con la paura di avercombinato un grosso guaioche già gli attanagliava lagola.La signora Borgomastrasorrise come se avesse difronte un bambino.«Avete mai sentito parlaredel nerofumo?»

Fu sufficiente quella primagiornata a Yassine percomprendere di essere ve-ramente solo al mondo, leparole di suo padre nonerano state vane. Sino adallora aveva vissuto graziealla sua generosità, ora do-veva badare a se stesso:aveva davanti a sé un de-stino da scoprire, una vitada costruire. Per quel pri-mo giorno non combinònulla. Si ritrovò a sera sen-za sapere cosa fare né dove

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andare. L’abitudine di ave-re sempre avuto una casacui fare ritorno, una tavolaimbandita cui sedere, locolse sotto un cielo che siilluminava di stelle e fuverso quello che rivolse losguardo, sorridendo di sé edel presagio che l’avevaportato in quella condizio-ne, sebbene stentasse acredere. Si distrasse subito,percependo nell’aria unamusica che non giungevada troppo distante. Era unsensuale richiamo checantava la solitudine deideserti, ben nota a Yassine.Si avvicinò alla sorgente diquel canto e si trovò da-vanti a uomini, giovanicome lui, seduti in cerchioattorno a un fuoco. Il suoarrivo non li stupì. Gli fece-ro posto. Yassine chieseloro cosa facessero lì. Ri-sposero che attendevano

l’alba, dopodiché avrebbe-ro viaggiato sul mare.Yassine chiese perché vo-levano abbandonare il pae-se in cui erano nati.Uno rispose che era il de-stino a spingerli a quelpasso.Allora Yassine chiese seper caso un oniromanteavesse rivelato loro quellastrada, e attese in silenziopensando che avrebbeavuto risate in risposta.Niente, invece.Come se, ponendo quelladomanda, avesse colto nelsegno, ma, per pudore oforse per vergogna degli al-tri, nessuno volesse am-mettere che era stato pro-prio così. Era lì per unirsi a loro? Glichiese bruscamente unoche aveva l’aria di essere ilcapo, rompendo quel si-lenzio surreale. Perché se

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voleva seguirli avrebbe do-vuto pagare. Quanto? Chiese Yassine.Fai vedere, lo strattonòquello. Yassine tirò fuori tutto ciòche suo padre gli aveva la-sciato.L’uomo guardò con aviditài soldi nelle mani di Yassi-ne. Disse che avrebbe chiu-so un occhio e se li sarebbefatti bastare, senza dirgliche era molto di più diquanto aveva preteso daglialtri, e se ne impadronì.Yassine si sentì improvvi-samente slegato da tutto ilsuo passato, trascinato daldestino a unirsi a queglisconosciuti nella traversa-ta di quel mare di cui avevasolo un’idea romantica.

Fu solo qualche sera dopol’incontro con l’indaffaratoHutrich che la signora Bor-

gomastra si decise a con-fessare al marito di nonaver detto tutto al suo col-laboratore circa il corteodei Re Magi.Il borgomastro si inquietò.Cosa mai l’aveva spinta afare una cosa del genere?Perché aveva voluto mette-re in difficoltà un poverac-cio che non aveva certo bi-sogno di aggiungere nuoveansie a quelle di cui già pa-tiva?La signora Borgomastraquietò subito l’uomo. Nonaveva omesso niente chepotesse danneggiare labuona riuscita del corteo.Aveva tenuto per sé unapiccola cosa che al mo-mento opportuno avrebberivelato, dando all’ingressodei Re Magi il tocco finale.«O bella, e si potrebbe sa-pere cos’è?» chiese il bor-gomastro.

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«Mio caro marito», ribattéla moglie, «se te lo dico pro-metti che non lo riveleraiad anima viva?»«Parola di borgomastro»,rispose l’uomo.E allora la signora Borgo-mastra, ricordando comespesso suo marito promet-teva la stessa cosa a questoe a quello giusto per man-tenere il quieto vivere, pre-ferì tacere, col che si gua-dagnò, senza peraltro pa-tirne, un paio di giorni du-rante i quali il marito letenne il muso.

I racconti di coloro chel’avevano navigato aveva-no costruito l’immagineche Yassine aveva delmare. Le volte in cui ci siera bagnato gli era sembra-to di offenderne la maestà.Quel primo giorno di tra-versata, il mare gli apparve

al tramonto, colore delvino, come se durante tut-to il tempo avesse tenutogli occhi chiusi. La nottecalò sul barcone come neiracconti uditi da bambino,quando anche suo padre,trasportando le merci chevendeva, aveva navigato suquelle acque. Fu un mo-mento di struggente ma-linconia, mentre il cielo siandava riempiendo di stel-le, alle quali Yassine sus-surrava il nome, mentrecon il pensiero andava allecomodità che aveva ab-bandonato. Anzi, che una di quellestelle, se mai c’era o c’erastata, l’aveva costretto adabbandonare contro ognisuo convincimento! Dentro di sé sentiva nasce-re una rabbia sorda percome aveva accettato l’as-surdità delle parole e del-

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l’oniromante, per il silen-zio della madre e delle so-relle che non si erano mini-mamente ribellate alla de-cisione paterna, per l’idio-zia di quel viaggio verso ilniente.Stupido che era stato!Non aveva altra speranzaadesso che attendere la ri-comparsa di quell’immagi-naria luce.E poi?Gli avrebbe parlato?Gli avrebbe scritto dei mes-saggi?Avrebbe messo dei cartelliper indicargli la strada daseguire?isognava essere dei veriidioti per credere che unastupida stella portasse consé il senso della vita di unuomo, pensò Yassine men-tre intorno a lui i suoi com-pagni di viaggio si stavanounendo in un mormorio

comune.La ragione di quell’anima-zione fu subito chiara aYassine: una luce.Una luce che si avvicinava.Ma non di stella. Una luce fredda, violenta,manovrata da un’invisibilemano umana. Yassine se-guì silenziosamentel’esempio dei suoi compa-gni di viaggio che, unodopo l’altro, abbandonaro-no il barcone per salire suquella nave la cui luceesplorava ancora il mare.«E adesso?» chiese a unodei tanti.Gli rispose, chiamandolofratello.«Adesso è appena comin-ciata una nuova vita.»Adesso era come essereappena nati. Adesso liaspettava un mondo nuo-vo. Adesso li aspettavano lefatiche con le quali avreb-

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bero potuto conquistaretutto ciò che un uomo de-sidera avere.Tutto ciò che si era lasciatoalle spalle, fu il pensiero diYassine.

Strano a dirsi ma, a mano amano si avvicinava la vigi-lia dell’Epifania, a mostrarepreoccupazione per gli esi-ti del corteo era il borgo-mastro piuttosto che il fe-delissimo Hutrich. Va dettoche quest’ultimo, anche seavesse voluto, aveva benpoco tempo a disposizioneper dedicarsi alle sue an-sie. Giorno dopo giornos’era sentito sempre più in-vestito del ruolo di respon-sabile unico del corteo enon faceva altro che ripas-sare la disposizione dei fi-guranti, il percorso cheavrebbero disegnato per leviuzze del paese, i luoghi

dove avrebbero sostato perintonare un canto. Sennòpassava di casa in casa atrovare coloro che avrebbe-ro impersonato Re Magi ecompagnia bella, control-lando che stessero bene insalute e non corressero ri-schi di ammalarsi a ridos-so dell’evento. Oppure, an-cora, visitava le donne cheerano impegnate nella pre-parazione dei costumi,sopportando le contumeliedi queste che non volevanotra i piedi nessuno che neintralciasse il lavoro, menche meno un uomo che disartoria non capiva un ac-cidente.L’unica persona che nonosava importunare inutil-mente era la signora Bor-gomastra, che s’era assun-ta l’incarico di truccare gliattori del corteo. Solo ditanto in tanto l’andava a

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trovare, previo permesso,per sottoporle qualche pic-colo problema e fare con leiil punto della situazioneonde ottenerne l’approva-zione.Un’ultima visita il pavidoHutrich la dedicava al ne-mico giurato del borgoma-stro. Un giorno sì e l’altropure, infatti, temeva chedietro le parole di quello sicelasse l’inganno più atro-ce e che sul più bello, per ilgusto di rovinare la festa,potesse negare l’uso delcavallo.Al contrario, Hugo Heil nonsi smentì. Con rara pazien-za, presa chissà dove poi-ché ne aveva davvero poca,non fece altro che ribadireal tremante Hutrich la fe-deltà alla parola data. Perquella volta, disse e ridisse,metteva da parte ogni tipodi ostilità e si univa al bor-

gomastro e ai suoi collabo-ratori per il bene di tutta lacomunità.Il suono di quelle paroleriusciva a calmare le ansiedel fedelissimo Hutrich perqualche tempo, non più diqualche ora. Poi i pensiericattivi ritornavano a turba-re il suo sonno, e non soloquello.

Il nuovo mondo sul qualeYassine pose piede erafreddo. I suoi compagni diviaggio lo sapevano e nonse ne stupirono. Piuttostogli chiesero che idea si fos-se fatto prima di partire,cosa gli avessero racconta-to, se fosse stato semprecosì ingenuo di credere allebugie di coloro che li ave-vano trasportati fin lì sac-cheggiando i loro risparmi.Il giovanotto, colpito daquelle parole di cui non co-

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glieva in pieno il significa-to, avvertì un impeto d’or-goglio. Guardò i compagniche aveva intorno e disseloro chi era, da dove veni-va, la famiglia cui apparte-neva.Gli risposero che se quelloche aveva appena afferma-to altro non era che unafantasia, ciascuno di loropoteva inventarsi una sto-ria analoga, una bella bu-gia con la quale riscaldareil freddo che regnava nel-l’aria di quei luoghi e lenirele incertezze di un futuroappena cominciato. Ma se,invece, era tutto vero, allo-ra, senza discussione, tuttiloro potevano affermare dinon aver mai incontratoun folle più folle di lui, tal-mente folle da meritare lamorte per aver voltato lespalle a ciò che aveva ab-bandonato.

Yassine avvertì un’ondatadi rabbia salire verso di lui.Ne ebbe paura poiché sirese conto che in qualchemodo aveva offeso la di-gnità dei suoi compagni diviaggio.«A meno di non avere unmotivo che in manierainoppugnabile giustifichiciò che hai fatto», si levòuna voce.Altre voci, ormai buie nelbuio, sussurrarono che for-se Yassine fuggiva da unadelitto o da un inganno chein patria gli sarebbe costa-to la vita.«Non fuggo da niente», dis-se allora Yassine.«E allora?» chiese uno.«Vado verso un destino, ilmio, che una stella nel de-serto mi ha indicato.»Tutti tacquero, come con-fessassero così a Yassineche anche loro, come lui,

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avevano avuto un segnooppure un sogno che avevastabilito la direzione dellavita.

«Signor borgomastro»,esordì la moglie del fedelis-simo Hutrich.La voce della donna rim-bombò nell’ufficio dellacasa comunale e fece sus-sultare il borgomastro.«Cosa c’è?» chiese.Voleva sperare, aggiunse,che non fosse lì per dirgliche il suo preziosissimomarito s’era ammalato eadesso, a due giorni dalcorteo dei Re Magi non po-teva portare a conclusioneil suo compito?«No», rispose la donna.«Meno male», fece il borgo-mastro.«Ma si ammalerà se vaavanti così.»Non mangiava, non beve-

va, non dormiva, non par-lava, non stava mai in casa,sempre in giro a controlla-re questo e quello affinchéil corteo dei Tre Re riuscissespettacolare.E un Hutrich ammalatonon sarebbe servito a nes-suno, né a lei né al borgo-mastro.«Non si potrebbe sollevarlodall’incarico?» chiese ladonna.«Sollevarlo, dite?» fece ilborgomastro.O, certo!Certo, lo si poteva solleva-re, mettere un altro al po-sto suo.«Ma, le conseguenze?»chiese il borgomastro.Togliere adesso l’incaricoal fedelissimo Hutrich apoche ore dalla fatidicasera, avrebbe assunto aisuoi occhi il significato diuna sconfitta senza prece-

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denti. Inoltre, qualcun al-tro avrebbe goduto imme-ritatamente i frutti del suointenso lavoro. E infine, conquale scusa licenziarlo vi-sto che sino a quel mo-mento aveva operato conuna dedizione che definireassoluta era davvero poco?«Mia cara signora», conclu-se il borgomastro, «credo dinon poterla proprio accon-tentare.»«E se invece fosse lui a di-mettersi?» non mollò ladonna.«Perché mai dovrebbe far-lo?» ribatté il borgomastro.Perché, rifletté la moglie diHutrich senza però dirlo,lei, con la sua autorità,l’avrebbe obbligato a farlo.

Furono sufficienti due gior-ni in quella terra straniera.Nell’arco di quel tempo icompagni di viaggio di Yas-

sine furono certi che nonaveva mentito quando ave-va raccontato loro chi fossee da dove venisse: infattinon sapeva fare niente,non era rotto ad alcuna fa-tica, non aveva la minimaidea di come la gente nor-male si guadagnasse da vi-vere.«La fortuna che avevi inpatria qui è diventata unamaledizione fratello», glidisse uno del gruppo.Una maledizione tanto piùpesante e feroce quando isuoi compagni, pur a ma-lincuore, decisero di allon-tanare Yassine dal lorogruppo. Non solo infatti eraincapace, si stancava pre-sto, mal sopportava i disagidi quella vita raminga.Quando i padroni da cuiandavano cercando lavorocominciarono a passarsi lavoce che nel gruppo si cela-

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va un vero lavativo, si rifiu-tarono di ascoltare anchesolo le loro richieste. Fugiocoforza per tutti affron-tare il problema della pre-senza di Yassine e decidereche avrebbe dovuto allon-tanarsi.«Forse non è questo il pae-se per te», gli dissero.«Quale allora?» chiese Yas-sine.Non ebbe risposta. Nessu-no lo sapeva. Non gli resta-va che mettersi in cammi-no, cercare, sperando chenel suo destino fosse scrit-to che infine l’avrebbe tro-vato.O bestia, ma dove era an-dato a trovarlo suo maritotutto il coraggio per resi-stere a una sua richiesta,quasi un ordine?Questo si andava chieden-do la moglie del pavido Hu-trich dopo che lui, alla pro-

posta di abbandonare l’or-ganizzazione del corteo deiRe Magi, le aveva rispostocon una serie infinita di no.Lei non s’era mica smonta-ta, sapeva che suo maritoera un po’ come un bambi-no quando non voleva fareil bagnetto: prima o poiavrebbe ceduto.Ma il fedelissimo Hutrichaveva dimostrato una de-terminazione tale da farpensare alla donna chequalcuno avesse dato almarito una medicina o unintruglio che fosse capacedi far aumentare il corag-gio.Visto che con le buone nonc’era stato niente da fare,era passata alle maniereforti.Non si pensi che avessepreso mattarelli o batti-panni per ricondurre al-l’ovile il marito. Piuttosto,

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aveva cercato di agire sullacaratteriale insicurezzadell’uomo, agitandogli sot-to il naso lo spettro del fal-limento.«Vedrai che succederàqualcosa e il tuo corteosarà un clamoroso buconel ghiaccio», aveva pre-detto.A quell’uscita il fragilissi-mo Hutrich era dapprimasbiancato, arrivando addi-rittura a sentire le risatedel pubblico e i rimproveridel borgomastro. Poi però,con un’impennata di orgo-glio, aveva risposto: «Ve-dremo!».E, poiché ormai l’eventoera alle porte, era uscito dicasa con il preciso intentodi farvi ritorno solo a cor-teo concluso per poter ce-lebrare la sua vittoria in-nanzitutto sotto il nasodell’incredula moglie.

Yassine aveva camminatomaledicendo a tratti la co-modità della sua vita pre-cedente grazie alla qualenon aveva imparato alcunlavoro e malediceva anchele notti trascorse nel deser-to a contemplare il firma-mento. A guardar bene lecose sentiva di non averetutti i torti: se avesse dor-mito nel suo letto cometutti gli esseri normali nongli sarebbe accaduto di ve-dere quel segno o di farequel sogno che aveva indi-rizzato la sua vita. E sorri-deva amaramente di sé,perché adesso, nella condi-zione in cui si trovava, nongli restava altro da fare senon sperare che le paroledell’oniromante avesseroun senso di verità e nonfossero invece, come avevasempre creduto, il vanilo-

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quio di un vecchio fuori daltempo.Camminava e pensava. Ac-cettava con infinita vergo-gna le elemosine che il suoaspetto otteneva a voltesenza che nemmeno lechiedesse. Dormiva là dovecapitava, sognando il calo-re della sabbia. Gli era cre-sciuta anche una barba cheaveva la lunghezza deltempo trascorso da quan-do aveva abbandonato ilsuo paese.Camminando così, senzameta, spesso tralasciandole strade principali, attra-versando boschi o pianureaffinché non venisse presoper un malvivente, unamattina si trovò in un fon-dovalle, comprendendo diaver passato un confinesenza essersene reso con-to.Una bandiera rossa con

una croce bianca in centrosventolava sopra il tettodella casa più alta del pae-se.Yassine aveva freddo, ne-cessitava di qualcosa perscacciare l’umidità dalleossa, anche solo un bic-chiere di acqua calda.Si avvicinò a un piccolo barla cui vetrina era festosa-mente illuminata.Entrò sotto gli sguardi cu-riosi dei pochi avventoripresenti.

Il soddisfattissimo Hutrichsi stava fregando le mani.Aveva freddo, d’accordo,ma il motivo era un altro.Dopo l’ennesimo giro diispezione aveva verificatoche tutto era perfetto. Per-fino l’enigmatico Hugo Heilgli aveva assicurato che,prima di consegnare il ca-vallo, l’avrebbe strigliato a

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dovere. Con il permessodel borgomastro si era si-stemato presso la casa co-munale, da dove sarebbepartito il favoloso corteo,punto di riferimento pertutti coloro che avesseroavuto bisogno all’ultimomomento.E all’ultimo momento, conun viso da fare spaventoche immediatamente pre-cipitò nella disperazionel’agitatissimo Utrich, sipresentò nientedimenoche la signora Borgoma-stra.Hutrich balbettò, incapacedi contenere tutte le pauredi cui aveva sempre soffer-to, alleate una all’altra inquell’istante.Avrebbe dato la vista pur dinon sentire quello che laBorgomastra disse convoce glaciale.Il corteo non si poteva fare.

Non c’era niente da fare lìin valle, disse a Yassine ilproprietario del bar dopoavergli allungato una be-vanda calda, una specie ditè che non somigliavanemmeno da lontano aquelli che il giovane avevabevuto sin da bambino.In valle no, ma in qualchepaese su in montagna,qualcosa avrebbe sempretrovato.A parlare era stato uno deitre uomini che, seduti a untavolino del caffè con losguardo perso chissà dove,sino a quel momento nonavevano aperto bocca.Il proprietario del bar gli ri-volse uno sguardo interro-gativo.Ma cosa stava dicendo?Scappavano quasi tuttidalla montagna, anche dalfondovalle, andavano a

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cercarsi di che campare al-trove, e lui se ne venivafuori con quella baggiana-ta?Quello che aveva parlatogli schiacciò l’occhio.Lo voleva forse assumerelui quel miserabile?Dargli un tetto e una tavolacui sedere?Oppure preferiva vederse-lo capitare nel locale tutti igiorni a elemosinare qual-cosa da mangiare o soldi ovestiti?E allora che lo lasciassefare, non si mettesse dimezzo.Il proprietario del caffècrollò le spalle. Quella,quella come i tre seduti altavolino, era la sua cliente-la, sempre più magra, sem-pre meno numerosa. Gliconveniva tenersela carase non voleva fare cometanti altri, chiudere la ba-

racca e andare da un’altraparte.Ascoltò quindi l’uomo chesi divertiva a dare a Yassineinformazioni tanto precisequanto bugiarde. Poi guar-dò il giovanotto uscire dalsuo locale per dirigersi ver-so il paese dove un corteodi Re Magi lungamente at-teso correva il rischio dinon partire mai.

L’uomo destinato a imper-sonare Baldassarre, il ReMagio moro, si era rifiutatodi farsi annerire il viso colnerofumo. Aveva dichiara-to di essere allergico.«Bugie!» aveva risposto laBorgomastra.Sapeva benissimo, e datempo, che quello gli sa-rebbe toccato. Se fosse sta-to veramente allergicoavrebbe avuto tutto il co-modo di dirlo prima, dan-

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do loro la maniera di cerca-re un altro soggetto.Quindi, aveva concluso laBorgomastra, bando allestorie, che si sottomettesseall’obbligatorio anneri-mento di mani e viso.Ma quello aveva ribadito ilsuo no.La Borgomastra alloral’aveva strapazzato, pren-dendolo addirittura per ilcollo. L’aveva cacciato.«Infame!»E aveva immediatamentedato disposizioni affinchévenisse reperito un sosti-tuto.L’unico risultato era statoche nessuno aveva accet-tato di farsi annerire manie viso col nerofumo.Nessuno, perché chi avesseaccettato si sarebbe espo-sto al rischio di una puni-zione tremenda, studiatacaso per caso.

La Borgomastra, all’ultimoche si era rifiutato di accet-tare il ruolo di Baldassarre,quando ormai cominciavaa farsi buio, aveva chiestochi mai fosse così potenteda tenere in scacco l’interopaese.Fu quell’ultimo, uno scioc-co in verità, a svelare l’ar-cano. Quando rispose chenon poteva dire alcunchépoiché altrimenti avrebbeperduto il lavoro e avrebbedovuto lasciare il paese, fuchiaro, visto che era un suodipendente, che dietroquella malvagia manovranon si celava altri che ilperfido Hugo Heil.Astutamente, infatti, quel-lo aveva fatto circolare lavoce che nessun uomo delpaese, pena la sua vendet-ta che sarebbe arrivataquando uno meno se la sa-rebbe aspettata, avrebbe

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dovuto mascherarsi danero rinunciando ridicol-mente al biancore dellapropria pelle.A quel punto la Borgoma-stra si era rifiutata di pro-seguire nella sua opera.Un corteo di Re Magi senzail moro non aveva senso. Dipiù, era una presa in giro,un sacrilegio, un insultoche l’alto dei cieli nonavrebbe passato in cavalle-ria!Stando così le cose, il cor-teo non si poteva fare ameno di passeggiare soprail suo cadavere!E alla notizia il fragilissimoHutrich svenne.

Pure il borgomastro si erasentito al limite dello sve-nimento quando la mogliegli aveva comunicato chenon se ne poteva fare nien-te. Con un paio di bicchieri-

ni s’era ridato un certotono, con un terzo avevacominciato a sperare chein qualche modo la faccen-da si aggiustasse e con ilquarto in mano s’era mes-so alla finestra aspettandocon ansia il ritorno dellaBorgomastra. Fu mentrecentellinava il liquore cheebbe l’impressione di ve-dere il buio che si muove-va.Che avesse esagerato col li-quore?In ogni caso buttò giù d’unfiato quello che residuavanel bicchiere senza stacca-re gli occhi dalla finestra, equando infine gli parve dicapire un largo sorriso gliilluminò il volto. Quindi,per la soddisfazione di aversposato una donna cosìdeterminata, se ne bevveun quinto.Accalorato dalla gioia e

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dall’alcol, uscì sulla portadi casa.«Venite», disse, «non ri-schiate di ammalarvi pro-prio adesso. Mia moglie ècon voi?»Yassine, dopo aver cammi-nato tutto il giorno, era ap-pena sbucato nel paese,davanti alla casa del borgo-mastro. Ormai qualche pa-rola di quella lingua stra-niera aveva imparato a in-tenderla e anche a pronun-ciarla.La moglie di quell’uomo?Chi era?«Va bene», tagliò corto ilborgomastro, «arriverà. In-tanto voi entrate, l’aspette-remo qui.»Dopodiché tento di offrirea Yassine un bicchierino diliquore. Il giovane rifiutò.Ma, visto che ormai il bor-gomastro ne aveva riempi-ti due per far compagnia

all’ospite, ingollò il suo conun sorso e si predispose aeliminare anche l’altro.Così che quando la Borgo-mastra rientrò in casa, ilborgomastro era decisa-mente su di giri.Al vederla le volò incontro.«Meravigliosa creatura!»esplose.La Borgomastra aveva undiavolo per capello.«Ma cosa dici?» chiese conun tono di voce rugginoso.«Sapevo che ce l’avrestifatta», gongolò il borgoma-stro.La Borgomastra lo allonta-nò con una spinta.«Abbiamo bevuto, eh?»disse, annusando il pesan-te alito che usciva dallefauci del marito.«Qualcosina», affermòquesti, «e solo per festeg-giare la donna più tenacedel mondo.»

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La Borgomastra si portò lemani ai fianchi.«Se non chiedo troppo»,soffiò, «ti spiacerebbe far-mi capire cosa c’è da fe-steggiare?»In quel momento Yassine,tornando dal bagno doves’era dato una ripulita, fececapolino nella stanza.«E quello chi è?» chiese laBorgomastra.Sicuro di ciò che diceva:«Ma è Baldassarre, cara»,rispose il borgomastro.

Tempo da perdere non cen’era. La Borgomastra pre-se in mano la regia. Spedì ilmarito a vivificare il deso-latissimo Hutrich: il corteosi faceva, eccome!«Poi», gli disse, «mi spie-gherai cosa diavolo è suc-cesso.»«E prenditi un poco diaria», gli gridò dietro.

Un borgomastro mezzosbronzo non era certo unbel vedere.L’uomo partì discretamen-te incerto sulle gambe econ in testa un dubbio chegli sfuggiva.C’era quella cosa… quellacosa che giorni prima suamoglie gli aveva detto, quelparticolare che sarebbestato il tocco finale per ilcorteo dei Re Magi…S’era dimenticato di chie-dere cosa fosse e ormai eratardi. Di ritornare sui suoipassi, disobbedire così pa-lesemente a un ordine del-la moglie, non se la sentiva.Hutrich, il moribondo Hu-trich, apprese la notiziacon un sorriso infantile.«Ma è un miracolo», escla-mò.Se fosse o no un miracolo,il borgomastro non lo sape-va. Sapeva che non era il

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momento di perdere tem-po, le spiegazioni sarebbe-ro arrivate dopo, dopo ilcorteo, quando tutti loroavrebbero potuto ragiona-re serenamente su quelloche era successo.Adesso, con l’arrivo dellaBorgomastra che accom-pagnava Yassine debita-mente vestito da Baldas-sarre, era il momento digodere la festa insieme contutti gli abitanti del paese.

«Snebbiato un po’?» chiesela Borgomastra al marito.Il corteo era pronto a parti-re. Fuori si sentiva il rumo-re di una piccola folla entu-siasta e in trepidante atte-sa di assistere alla novità.«Abbastanza», rispose ilborgomastro.Al punto che, aggiunse,non vedeva l’ora di vederequale meraviglia per ren-

dere perfetto il corteo lei gliaveva tenuto nascosta.«Non mi pare di notareniente di cui non sia già alcorrente», concluse il bor-gomastro.«Bestia di un uomo!» repli-cò la Borgomastra. «Preten-di di governare le sorti diquesto paese e ignori lastoria più antica del mon-do.»«Come sarebbe a dire?»«Secondo te i Tre Re sonogiunti alla capanna del Sal-vatore navigando a vistaoppure seguendo una gui-da sicura?»Il borgomastro borbottò,non si era mai posto il pro-blema.«Una guida», disse,«l’avranno certamenteusata, che ne so… un be-duino… forse un tuareg…»«Ma sentitelo! Loro chesono i Re del deserto, che

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ne conoscono le dune unaper una e tutti i loro spo-stamenti!»«E allora…»«E allora, caro il mio borgo-mastro, stella cometa nonti dice niente?»All’uomo salì in visoun’espressione di stupore,come se all’improvvisoavesse ricordato qualcosadimenticata da tempo.«Ecco ciò che mancava perfare del corteo un vero eproprio corteo dei Re Magi.La stella cometa che li gui-dò! E che sarà tua figliaHeidi nel giorno in cui rag-giunge la maggiore età aportare, facendo da guidaai Tre Re per le strade delnostro paese.»Il borgomastro non ebbetempo di replicare. Era or-mai ora che il corteo si av-viasse.«Avanti», ordinò la Borgo-

mastra.«Un momento!» gridò in-vece l’affannatissimo Hu-trich che, mentre borgo-mastro e Borgomastra par-lavano tra loro, aveva rice-vuto dalla figlia maggioredei due una spiacevoleconfidenza: la stella che leera stata affidata per gui-dare i Tre Re non si illumi-nava. Così, senza luce,sembrava un triste segnoche nessuno mai si sareb-be sognato di seguire perandare a finire chissà dove.Lo strematissimo Hutrichaveva controllato la lampa-dina, le pile che dovevanoalimentarla: non c’era sta-to niente da fare.Disperato come non mai,prevedendo l’avversarsidella catastrofica profeziache sua moglie aveva mali-gnamente fatto giorni pri-ma, si era accasciato nuo-

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vamente, poi, con un resi-duo di forza, aveva lanciatol’allarme.

Yassine, sul cavallo che gliera stato dato, teneva gliocchi chiusi e pensava aicavalli che aveva cavalcatonella sua terra. Come sefosse ancora là, regale, conla schiena diritta, emanan-do il fascino di un anticocavaliere, si stava attirandogli sguardi affascinati dipiù d’uno dei presenti.Quello di Heidi più di ognialtro.Lo distolse solo quandosua madre, afflitta per quelcapriccio di stella, le passòil bastone che la reggeva,dicendole che ormai, alpunto in cui si era, non sipoteva sospendere il cor-teo.Pazienza se, a guidarlo, cisarebbe stata una stella

morta.Heidi prese il bastone.Chiuse gli occhi nell’istan-te in cui Yassine li riaprivadopo aver respirato con lafantasia l’aria calda e pro-fumata del lontano deser-to. Li aprì nel momento incui la stella, tra le mani diHeidi, prendeva luce.Allora pensò alla sua fami-glia, all’oniromante, aicompagni che avevano at-traversato il mare con lui,agli uomini che credendodi prenderlo in giro l’ave-vano spinto a salire fin lì.Diede un tocco al cavalloche montava e prese posto,primo davanti agli altri dueRe.E dietro la stella che daquel momento in avantiavrebbe guidato la sua vita.

(pubblicato su “Il Caffè del 22 dicembre 2013)

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