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Natale 2017 Natale 2017 Bollettino Parrocchiale S. Marco Evangelista Cortine Le parole Cortine notizie grandi e piccoline Nativity (Martin Schongauer)

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Natale 2017

Natale 2017

Bollettino Parrocchiale S. Marco Evangelista – Cortine

Le parole … Cortine

… notizie grandi e piccoline

Nativity (Martin Schongauer)

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PARROCO: Bosetti don Ezio

Tel. 0302530602

Cell. 3923095823

e-mail: [email protected]

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PARROCCHIALE PER L’ANNO 2018

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SOMMARIO

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CALENDARIO LITURGICO

PASTORALE

DICEMBRE

16 Inizia la Novena di Natale

17 Ritiro. Dalle 14,30 Confessioni per tutti

Dalle 17 momenti Natalizi in Cortine. Alle

20,30 Concerto Natalizio.

21 Spettacolo Natalizio preparato dai bambini

dell’Asilo presso la scuola materna)

23 ore 20,30 Spettacolo di Natale in Oratorio

24 Vigilia del Natale S. Messe 8,00 – 10,30)

ore 23 Novena di NATALE

proposta dal gruppo adolescenti

25 SANTO NATALE

SS. Messe ore 00 - 8 - 10,30 -

S. Messa ore 10,30 S. Messa solenne

17,30 VESPRO E BENEDIZIONE

EUCARISTICA

18,00 S,MESSA

26 S. Stefano: S. Messa ore 10,30

31 Festa della Santa Famiglia di Nazareth

GENNAIO

01 Maria SS. Madre di Dio (solennità di

precetto)

06 Epifania del Signore (solennità di

precetto) Ore 16 saluto a Gesù Bambino

e premiazione del concorso dei presepi)

07 Battesimo del Signore

17-25 SETTIMANA DI PREGHIERA

PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

FEBBRAIO

02 festa della PRESENTAZIONE DEL

SIGNORE

03 ore 20,15, A GARDONE V.T.,

partendo dall’ospedale,

Fiaccolata veglia di preghiera per la vita 05

GIORNATA PER LA VITA

11 nella s. messa delle 11 FESTA DEL

MALATO

14 SACRE CENERI. INIZIA LA

QUARESIMA

SOMMARIO pag. 02

LA VOCE DEL PARROCO pag. 03

LA VOCE DEL PAPA pag. 04

LA VOCE DEL VESCOVO pag. 06

VOCE ALLA VITA pag. 09

VOCE ALLA FAMIGLIA pag. 10

VOCE ALL’ORATORIO pag. 11

VOCE ALLA CARITAS pag. 12

BENEDIZIONE RESTAURO pag. 13

INIZIO ANNO CATECHISTICO pag.14

CI HANNO SCRITTO DA CONCHE pag.15

ANAGRAFE PARROCCHIALE pag.15

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Carissimi,

Maurice Zundel (1897 – 1975),

sacerdote, teologo e mistico svizzero,

riferendosi al S. Natale così

scriveva:”L’Incarnazione non vuol dire che

Dio scende sulla terra, dove non era, perché

c’era già. L’incarnazione vuol dire che

un’umanità diviene presente a Dio, un Dio

eternamente presente. Era l’uomo ad essere

assente e non Dio a non essere presente”.

Dio è sempre presente, è l’uomo che è

assente….

Nel tempo di avvento siamo stati

invitati a preparare la stradea, a preparare il

cuore all’incontro, ma ora scopriamo che il

Signore è qui presente e vuole renderci

partecipi del suo Amore.

La Parola vivente di Dio, che all’inizio

crea, ora entra come luce in mezzo alle

tenebre: chi la accoglie ha la vita in tutta la

sua pienezza chi non la accoglie rimane nel

peccato, nel disordine. Dio ci ama e vuole il

nostro bene. In un mondo in cui l’uomo

continua a voler essere dio, a fare di tutto e

abusare di tutto, Lui, il Signore, continua a

dirci:”Io ti voglio bene . Ti sono vicino …

Sono qui per te!”

La tu presenza, Signore, ci colma di gioia.

Diciamo con il cuore a Gesù Bambino: “Non

possiamo fare a meno di Te, della tua

Presenza”.

S. Giovanni della Croce (1579-1585),

cofondatore con S.Teresa d’Avila dell’ordine

dei Carmelitani scalzi, nel testo “Salita al

monte Carmelo”, percorso difficile che lo

deve portare alla libertà di amare Cristo al di

sopra di ogni cosa, così scriveva:

“Nella gioiosa notte,

in segreto, senza esser veduta,

senza veder cosa, né altra luce o guida avea

fuor quella che in cuor mi ardea

questa mi guidava,

più sicura del sole a mezzogiorno,

là dove mi aspettava

chi ben io conoscea,

in un luogo ove nessuno si vedea”.

Nel momento difficile ecco la luce,

non una luce lontana, distante da me, ma una

Luce che è già presente, è nel cuore, luogo

dell’incontro con il Signore della storia.

Dio non è lontano, si fa ancora una volta

vicino nella nostra vita.

Con gioia incontriamo il Signore: anche chi fa

fatica perché provato dalla vita, per chi ha

fatto scelte sbagliate, per chi da molto tempo

è lontano: Dio in Cristo di fa vicino, vuole

prendere su di sé le nostre fatiche.

E’ vicino perché ci ama sul serio. Viene per

donare tutto se stesso per noi, per la nostra

salvezza.

Viviamo bene questo S. Natale e

diciamo a tutti la gioia di questo incontro!

Buon Natale

e

Felice Anno Nuovo

a tutti

Don Ezio

LA PAROLA DEL PARROCO

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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro Mercoledì, 11 ottobre 2017

La Speranza cristiana - L’attesa vigilante

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vorrei soffermarmi

su quella dimensione

della speranza che è

l’attesa vigilante. Il tema

della vigilanza è uno dei

fili conduttori del Nuovo

Testamento. Gesù

predica ai suoi discepoli:

«Siate pronti, con le

vesti strette ai fianchi e le lampade accese;

siate simili a quelli che aspettano il loro

padrone quando torna dalle nozze, in modo

che, quando arriva e bussa, gli aprano subito»

(Lc 12,35-36). In questo tempo che segue la

risurrezione di Gesù, in cui si alternano in

continuazione momenti sereni e altri

angosciosi, i cristiani non si adagiano mai. Il

Vangelo raccomanda di essere come dei servi

che non vanno mai a dormire, finché il loro

padrone non è rientrato. Questo mondo esige

la nostra responsabilità, e noi ce la assumiamo

tutta e con amore. Gesù vuole che la nostra

esistenza sia laboriosa, che non abbassiamo

mai la guardia, per accogliere con gratitudine e

stupore ogni nuovo giorno donatoci da Dio.

Ogni mattina è una pagina bianca che il

cristiano comincia a scrivere con le opere di

bene. Noi siamo già stati salvati dalla

redenzione di Gesù, però ora attendiamo la

piena manifestazione della sua signoria:

quando finalmente Dio sarà tutto in tutti (cfr 1

Cor 15,28). Nulla è più certo, nella fede dei

cristiani, di questo “appuntamento”, questo

appuntamento con il Signore, quando Lui

verrà. E quando questo giorno arriverà, noi

cristiani vogliamo essere come quei servi che

hanno passato la notte con i fianchi cinti e le

lampade accese: bisogna essere pronti per la

salvezza che arriva, pronti all’incontro. Avete

pensato, voi, come sarà quell’incontro con

Gesù, quando Lui verrà? Ma, sarà un

abbraccio, una gioia enorme, una grande gioia!

Dobbiamo vivere in attesa di questo incontro!

Il cristiano non è fatto per la noia; semmai per

la pazienza. Sa che anche nella monotonia di

certi giorni sempre uguali è nascosto un

mistero di grazia. Ci sono persone che con la

perseveranza del loro amore diventano come

pozzi che irrigano il deserto. Nulla avviene

invano, e nessuna situazione in cui un cristiano

si trova immerso è completamente refrattaria

all’amore. Nessuna notte è così lunga da far

dimenticare la gioia dell’aurora. E quanto più

oscura è la notte, tanto più vicina è l’aurora. Se

rimaniamo uniti a Gesù, il freddo dei momenti

difficili non ci paralizza; e se anche il mondo

intero predicasse contro la speranza, se dicesse

che il futuro porterà solo nubi oscure, il

cristiano sa che in quello stesso futuro c’è il

ritorno di Cristo. Quando questo succederà,

nessuno lo sa ma il pensiero che al termine

della nostra storia c’è Gesù Misericordioso,

basta per avere fiducia e non maledire la vita.

Tutto verrà salvato. Tutto. Soffriremo, ci

saranno momenti che suscitano rabbia e

indignazione, ma la dolce e potente memoria

di Cristo scaccerà la tentazione di pensare che

questa vita è sbagliata.

Dopo aver conosciuto Gesù, noi non possiamo

far altro che scrutare la storia con fiducia e

speranza. Gesù è come una casa, e noi ci

siamo dentro, e dalle finestre di questa casa

noi guardiamo il mondo. Perciò non ci

richiudiamo in noi stessi, non rimpiangiamo

con malinconia un passato che si presume

dorato, ma guardiamo sempre avanti, a un

futuro che non è solo opera delle nostre mani,

ma che anzitutto è una preoccupazione

costante della provvidenza di Dio. Tutto ciò

che è opaco un giorno diventerà luce.

E pensiamo che Dio non smentisce sé stesso.

Mai. Dio non delude mai. La sua volontà nei

nostri confronti non è nebulosa, ma è un

progetto di salvezza ben delineato: «Dio vuole

che tutti gli uomini siano salvati e giungano

LA PAROLA DEL PAPA

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alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). Per

cui non ci abbandoniamo al fluire degli eventi

con pessimismo, come se la storia fosse un

treno di cui si è perso il controllo. La

rassegnazione non è una virtù cristiana. Come

non è da cristiani alzare le spalle o piegare la

testa davanti a un destino che ci sembra

ineluttabile.

Chi reca speranza al mondo non è mai una

persona remissiva. Gesù ci raccomanda di

attenderlo senza stare con le mani in mano:

«Beati quei servi che il padrone al suo ritorno

troverà ancora svegli» (Lc 12,37). Non c’è

costruttore di pace che alla fine dei conti non

abbia compromesso la sua pace personale,

assumendo i problemi degli altri. La persona

remissiva, non è un costruttore di pace ma è un

pigro, uno che vuole stare comodo. Mentre il

cristiano è costruttore di pace quando rischia,

quando ha il coraggio di rischiare per portare il

bene, il bene che Gesù ci ha donato, ci ha dato

come un tesoro.

In ogni giorno della nostra vita, ripetiamo

quell’invocazione che i primi discepoli, nella

loro lingua aramaica, esprimevano con le

parole Marana tha, e che ritroviamo

nell’ultimo versetto della Bibbia: «Vieni,

Signore Gesù!» (Ap 22,20). È il ritornello di

ogni esistenza cristiana: nel nostro mondo non

abbiamo bisogno di altro se non di una carezza

del Cristo. Che grazia se, nella preghiera, nei

giorni difficili di questa vita, sentiamo la sua

voce che risponde e ci rassicura: «Ecco, io

vengo presto» (Ap 22,7)!

ATTO DI AFFIDO A MARIA – 8 DICEMBRE 2017 – IMMACOLATA CONCEZIONE

Madre Immacolata, per la quinta volta vengo ai tuoi piedi come Vescovo di Roma,

a renderti omaggio a nome di tutti gli abitanti di questa città.

Vogliamo ringraziarti per la costante premura con cui accompagni il nostro cammino,

il cammino delle famiglie, delle parrocchie, delle comunità religiose;

il cammino di quanti ogni giorno, a volte con fatica, attraversano Roma per andare al lavoro;

dei malati, degli anziani, di tutti i poveri, di tante persone immigrate qui da terre di guerra e di fame.

Grazie perché, appena rivolgiamo a te un pensiero o uno sguardo o un’Ave Maria fugace,

sempre sentiamo la tua presenza materna, tenera e forte.

O Madre, aiuta questa città a sviluppare gli “anticorpi” contro alcuni virus dei nostri tempi:

l’indifferenza, che dice: “Non mi riguarda”; la maleducazione civica che disprezza il bene comune;

la paura del diverso e dello straniero; il conformismo travestito da trasgressione;

l’ipocrisia di accusare gli altri, mentre si fanno le stesse cose; la rassegnazione al degrado

ambientale ed etico; lo sfruttamento di tanti uomini e donne.

Aiutaci a respingere questi e altri virus con gli anticorpi che vengono dal Vangelo.

Fa’ che prendiamo la buona abitudine di leggere ogni giorno un passo del Vangelo

e, sul tuo esempio, di custodire nel cuore la Parola,

perché, come un buon seme, porti frutto nella nostra vita.

Vergine Immacolata, 175 anni fa, a poca distanza da qui, nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte,

hai toccato il cuore di Alfonso Ratisbonne, che in quel momento da ateo e nemico della Chiesa

divenne cristiano. A lui ti mostrasti come Madre di grazia e di misericordia.

Concedi anche a noi, specialmente nella prova e nella tentazione, di fissare lo sguardo sulle tue mani

aperte, che lasciano scendere sulla terra le grazie del Signore, e di spogliarci di ogni orgogliosa

arroganza, per riconoscerci come veramente siamo: piccoli e poveri peccatori, ma sempre tuoi figli.

E così di mettere la mano nella tua per lasciarci ricondurre a Gesù, nostro fratello e salvatore,

e al Padre celeste, che non si stanca mai di aspettarci e di perdonarci quando ritorniamo a Lui.

Grazie, o Madre, perché sempre ci ascolti! Benedici la Chiesa che è a Roma,

benedici questa Città e il mondo intero. Amen.

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S. Messa dopo la visita alla Casa Natale del Beato Paolo VI e alla sede dell’Istituto Paolo VI

Pieve di Concesio, 3 novembre 2017

Sono davvero

felice di

celebrare questa

Eucaristia qui a

Concesio, il

paese natale di

Paolo VI, e di

farlo con voi, che di questo paese siete gli

abitanti attuali, in qualche modo eredi e

custodi privilegiati della sua memoria.

L’Istituto Paolo VI, che ho potuto visitare, è

l’espressione più tangibile e prestigiosa del

desiderio vostro e dell’intera diocesi di Brescia

di conservare vivo questo ricordo.

Sin dal primo momento del mio ingresso nella

Diocesi di Brescia ho desiderato compiere

questa visita, come segno di affetto nei

confronti di questa amata comunità e di

venerazione nei confronti del grande pontefice

bresciano che qui ha aperto gli occhi alla vita.

Nella celebrazione eucaristica, la Parola di Dio

ci raggiunge sempre attraverso la

proclamazione delle sante Scritture. È così

anche per noi oggi. Nella prima lettura, tratta

dal nono capitolo della Lettera ai Romani, san

Paolo ci ha reso partecipi di un sentimento che

rattrista il suo cuore e che deriva da una amara

constatazione: i suoi fratelli, i figli di Israele,

non hanno riconosciuto in Gesù il Messia

atteso e non l’hanno accolto. I doni delle

alleanze, della legislazione, del culto, delle

promesse, che hanno scandito la storia della

salvezza, non sono stati letti come passi verso

l’incontro con il Signore della gloria. Il suo

amore per il popolo di Israele e per il

Redentore che da questo popolo sorge, lo porta

a formulare un pensiero che suscita in noi una

forte impressione: “Vorrei essere io stesso

separato da Cristo – dice l’apostolo – a

vantaggio dei miei consanguinei secondo la

carne”: pur di vederli uniti a Cristo – sembra

dire – rinuncerei io alla mia gioia più grande

cioè alla mia personale comunione con lui.

Grande cuore di un discepolo del Signore che

ha scoperto il segreto della misericordia di Dio

nel volto di Gesù e ha imparato che – come ci

ricorda il brano del Vangelo or ora proclamato

– il sabato e l’intera legge mosaica sono per la

gioia dell’uomo e mai la devono ostacolare.

Questo il messaggio che la Parola ci consegna

oggi attraverso i sacri testi.

Ma noi vorremmo questa sera metterci in

ascolto anche di un’altra Parola, che viene

ugualmente da Dio e ci tocca nel profondo.

Essa ci raggiunge come una testimonianza di

vita e prende la forma precisa di un volto e di

un nome che ci sono diventati cari: quelli

appunto di Giovanni Battista Montini. Su di lui

vorremmo fissare insieme lo sguardo,

lasciandoci raggiungere dalla rivelazione che

traspare dalla sua esistenza. Lo facciamo con

la fierezza di chi può dire che si sta parlando di

un figlio della propria terra, di un amico, di un

concittadino, di un uomo rimasto sempre

affezionato alla sua Chiesa d’origine e alla sua

gente.

Vorrei allora condividere con voi quanto io

stesso ho potuto comprendere e apprezzare di

questa singolare testimonianza e rendervi

partecipi delle ragioni che mi hanno portato a

coltivare una sincera riconoscenza a Dio per la

persona e il magistero di Paolo VI. Lo farò

mettendo in evidenza le quattro caratteristiche

della sua personalità che più mi hanno colpito,

facendole emergere in particolare dal testo del

suo Testamento Spirituale. Esse sono: la fede

in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo,

l’umiltà, l’amore per la Chiesa, il rapporto con

la modernità.

Anzitutto la fede. Ecco come prende avvio il

suo Testamento: “Fisso lo sguardo verso il

mistero della morte, e di ciò che la segue, nel

lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò

con umile e serena fiducia. Avverto la verità

che per me si è sempre riflessa sulla vita

presente da questo mistero, e benedico il

vincitore della morte per averne fugate le

tenebre e svelata la luce”. La fede in Dio fu

per Paolo VI il fondamento di tutto. Nel

discorso memorabile pronunciato all’ONU

LA PAROLA DEL VESCOVO

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aveva dichiarato: “L’edificio della moderna

civiltà deve reggersi su principi spirituali,

capaci non solo di sostenerlo, ma altresì di

illuminarlo e di animarlo. E perché tali siano

questi indispensabili principi di superiore

sapienza, essi non possono non fondarsi sulla

fede in Dio”” (Discorso all’ONU, 4 ottobre

1965). Alla sera della sua vita, nel suo

Testamento, la fede si fa speranza. Il pensiero

alla morte è accompagnato da una serena

fiducia perché una luce amica indirizza il suo

sguardo. È la luce del Cristo morto e risorto, il

Signore della gloria che egli ha amato per tutti

i giorni della sua vita. Così aveva parlato nel

suo storico viaggio a Manila: “Cristo! Sì, io

sento la necessità di annunciarlo, non posso

tacerlo! … Egli è il rivelatore di Dio invisibile,

è il primogenito di ogni creatura, è il

fondamento di ogni cosa; egli è il Maestro

dell’umanità, è il Redentore … Egli è il centro

della storia e del mondo; egli è colui che ci

conosce e ci ama; egli è il compagno e l’amico

della nostra vita; egli è l’uomo del dolore e

della speranza” (Manila, 27 novembre 1970).

Ricordando queste parole alla delegazione

bresciana nel 50° anniversario della elezione di

Paolo VI al pontificato, papa Francesco aveva

commentato: “Queste parole appassionate

sono parole grandi. Ma io vi confido una cosa:

questo discorso a Manila, ma anche quello a

Nazareth, sono stati per me una forza

spirituale, mi hanno fatto tanto bene nella vita.

E io torno a questo discorso, torno e ritorno,

perché mi fa bene sentire questa parola di

Paolo VI oggi”.

Dallo stesso Figlio di Dio, papa Montini aveva

imparato a conoscere il Padre che è nei cieli e

l’esperienza di questa paternità si era

trasformata nel vero e proprio approdo della

suo cammino di credente. “Il Pater noster –

scrive Pasquale Macchi, il suo segretario - fu

certo la sua ultima parola, preghiera e

testamento ad un tempo e messaggio”.

La seconda caratteristiche che più mi attrae

nella testimonianza di Paolo VI è la sua

umiltà. Essa così traspare dal suo Testamento:

“Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali

e spirituali che hanno dato origine, assistenza,

conforto, significato alla mia umile esistenza:

quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta

speranza io ho ricevuto in questo mondo …”.

Umiltà: è stato scritto che probabilmente

poche parole caratterizzano, come questa, la

persona di Paolo VI. Quando, sul Monte degli

Ulivi, nella mattina dell’Epifania del 1964 in

cui avvenne lo storico incontro tra il Paolo VI

e il Patriarca Atenagora, fu chiesto a

quest’ultimo che cosa pensava di papa

Montini, egli rispose con una sola parola: “Un

uomo d’amore”. Poi, riprendendosi

immediatamente, non per correggersi ma per

precisare, aggiunse: “Un uomo umile”.

La richiesta di perdono gli sgorgava facilmente

dalle labbra. Questo perché egli stesso si

sentiva continuamente bisognoso di

misericordia. Così sempre nel testamento. “Il

pensiero si volge indietro e si allarga

d’intorno; e ben so che non sarebbe felice

questo commiato, se non avesse memoria del

perdono da chiedere a quanti io avessi offeso,

non servito, non abbastanza amato; e del

perdono altresì che qualcuno desiderasse da

me. Che la pace del Signore sia con noi”.

La riservatezza, la discrezione nei rapporti, la

ritrosia a mettersi in mostra, la familiarità con i

libri e le carte, l’abitudine a lavorare nel

nascondimento, tutti questi aspetti della sua

potente personalità, uniti a un tratto di

timidezza, lo rendevano un uomo dal contatto

non spontaneo e immediato. Ma la sua limpida

umiltà fu capace di trasformare tutto in una

signorile benevolenza, in una gentile

amabilità, in una delicatezza sempre misurata,

espressione di una affetto interiormente

appassionato e incrollabilmente sincero.

L’amore per la Chiesa è il terzo tratto di papa

Montini che vorrei sottolineare. Non poteva

mancare nel Testamento Spirituale un ricordo

per la Chiesa: Scrive il papa del Concilio “E

sento che la Chiesa mi circonda. O santa

Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col

mio benedicente saluto il mio supremo atto

d’amore”. E più avanti: “Ancora benedico

tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia.

Alla Terra santa, la terra di Gesù, dove fui

pellegrino di fede e di pace, una speciale

benedizione. E alla Chiesa, alla dilettissima

Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia

apostolica benedizione”. Quello di Paolo VI

per la Chiesa fu un amore profondo e intenso,

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realmente pastorale e insieme sponsale,

sempre accompagnato da una visione della

stessa Chiesa capace di coglierne e svelare la

dimensione di mistero e insieme la forte carica

di umanità. “Chi entra nella Chiesa – disse in

uno dei suoi discorsi – entra in un’atmosfera

d’amore. Nessuno dica: “Io qui sono

forestiero”. Ognuno dica: “Questa è casa mia.

Sono nella Chiesa. Sono nella carità. Qui sono

amato. Perché sono atteso, sono accolto, sono

rispettato, istruito, sono preparato all’incontro

che tutto vale: all’incontro con Cristo, via,

verità e vita” (13 marzo 1968). I grandi testi

magisteriali del suo pontificato, a cominciare

dalla Ecclesiam Suam, ma anche le grandi

Costituzioni del Concilio Vaticano II portano

impresso il sigillo di questo amore

appassionato e fedele.

Infine, il rapporto con la modernità, cioè con

quel mondo con il quale la Chiesa – secondo

Paolo VI – ha il compito irrinunciabile di

dialogare nella verità. Risuonano ancora forti e

chiari per noi i tre aggettivi con i quali egli

qualifica la terra nel suo testamento: “Chiudo

gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica

e magnifica, chiamando ancora una volta su di

essa la divina Bontà”. Così papa Montini

guardava alla mondo: come a una terra ferita e

sofferente, complessa e tormentata,

attraversata dai drammi di una umanità

inquieta; ma soprattutto e prima di tutto come

a una terra magnifica, come allo scenario

grandioso della manifestazione della salvezza,

luogo di incontro tra libertà e grazia, tra la

misericordia di Dio e fragilità dell’uomo. Da

qui la sua convinzione: “L’atteggiamento

fondamentale dei cattolici che vogliono

convertire il mondo – scriveva – è quello di

amarlo. Questo è il genio dell’apostolato:

saper amare. Ameremo il nostro tempo, la

nostra civiltà, la nostra tecnica, la nostra arte,

il nostro sport, il nostro mondo”. Il papa del

Concilio era convinto che la Chiesa deve

imparare a leggere oltre le apparenze e a

mettersi in sintonia con le attese immutabili

del cuore dell’uomo. Il mondo ha bisogno – ne

era convinto – di uomini e donne che

rispondano a queste attese e lo facciano con la

testimonianza credibile del Vangelo. Sembra

di sentire la sua voce, insieme ferma e

accorata, in questo passaggio della Evangelii

Nuntiandi: “Il mondo, che nonostante

innumerevoli segni di rifiuto di Dio,

paradossalmente lo cerca attraverso vie

inaspettate e ne sente dolorosamente il

bisogno, reclama evangelizzatori che parlino

di un Dio che essi conoscano e che sia loro

familiare (Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre

1975).

Questa dunque la testimonianza di Paolo VI

che questa sera risuona per noi: o almeno

un’eco leggera e forse troppo personale. Molto

altro e molto meglio si dovrebbe dire su di lui

in questo luogo che ne conserva vivo il

ricordo. Ho voluto semplicemente aggiungere

la mia voce ad altre più autorevoli e più

incisive, con il semplice desiderio di

condividere un’esperienza di grazia e di

riconoscenza e anche con il desiderio, questo

più deciso e intenso, di poter presto annoverare

Giovanni Battista Montini, che qui è nato, tra i

santi di cui la chiesa, riconoscente a Dio, fa

perenne memoria.

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Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 40a Giornata Nazionale

per la vita (4 febbraio 2018)

“IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO”

“L’amore dà sempre vita”:

quest’affermazione di papa Francesco, che

apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci

introduce nella celebrazione della Giornata

della Vita 2018, incentrata sul tema “Il

Vangelo della vita, gioia per il mondo”.

Vogliamo porre al centro della nostra

riflessione credente la Parola di Dio,

consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica

via per trovare il senso della vita, frutto

dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che

il Vangelo della vita può testimoniare al

mondo, è dono di Dio e compito affidato

all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla

stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne

richiede la responsabilità.

Formati dall’Amore

La novità della vita e la gioia che essa

genera sono possibili solo grazie all’agire

divino. È suo dono e, come tale, oggetto di

richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora

non avete chiesto nulla nel mio nome.

Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia

piena” (Gv 16,24). La grazia della gioia è il

frutto di una vita vissuta nella consapevolezza

di essere figli che si consegnano con fiducia e

si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre,

che insegna a far festa e rallegrarsi per il

ritorno di chi era perduto (cf. Lc 15,32); figli

che vivono nel timore del Signore, come

insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del

Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia

e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di

un’esistenza “cristica”, abitata dallo stesso

sentire di Gesù, secondo le parole

dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi

sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo

per amore (cf. Fil 2,5-6). Timore del Signore e

servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di

Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene

Vangelo della vita, buona notizia, capace di

portare la gioia grande, che è di tutto il popolo

(cf. Lc 2,10-13).

Il lessico nuovo della relazione

I segni di una cultura chiusa all’incontro,

avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca

esasperata di interessi personali o di parte,

nelle aggressioni contro le donne,

nell’indifferenza verso i poveri e i migranti,

nelle violenze contro la vita dei bambini sin

dal concepimento e degli anziani segnati da

un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una

comunità dal respiro evangelico è capace di

trasformare la realtà e guarire dal dramma

dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che

sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia

umana lacerata, ferita, scoraggiata; una

comunità che con il salmista riconosce: «Mi

indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla

tua presenza, dolcezza senza fine alla tua

destra» (Sal 16,11).

Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza

riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si

aspetta dai cristiani l’annuncio della buona

notizia per vincere la cultura della tristezza e

dell’individualismo, che mina le basi di ogni

relazione. Punto iniziale per testimoniare il

Vangelo della vita e della gioia è vivere con

cuore grato la fatica dell’esistenza umana,

senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità.

Il credente, divenuto discepolo del Regno,

mentre impara a confrontarsi continuamente

con le asprezze della storia, si interroga e cerca

risposte di

verità. In

questo

cammino di

ricerca

sperimenta

che stare

con il

Maestro,

rimanere

con Lui (cf.

Mc 3,14; Gv

1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla

VOCE ALLA … VITA

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bene, in modo sapiente, contando su una

concezione delle relazioni non generica e

temporanea, bensì cristianamente limpida e

incisiva. La Chiesa intera e in essa le famiglie

cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo

della relazione evangelica e fatto proprie le

parole dell’accoglienza della vita, della

gratuità e della generosità, del perdono

reciproco e della misericordia, guardano alla

gioia degli uomini perché il loro compito è

annunciare la buona notizia, il Vangelo. Un

annuncio dell’amore paterno e materno che

sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni

tristezza.

26 NOVEMBRE: FESTA DEGLI ANNIVERARI DI MATRIMONIO

Anche quest’anno 27 coppie hanno risposto all’invito di partecipare alla festa degli anniversari. Certo

erano molto di più quelle invitate personalmente … però la risposta è stata buona. Dai 10 anni ai 62

anni di vita nel sacramento del matrimonio.

La vita matrimoniale è un dono speciale non solo per gli sposi e le loro famiglie ma anche per

tutta la comunità. Gli sposi sono chiamati a dare per primi l’esempio di come Dio ci ama e ci vuol

bene. Tutti e due gli sposi sono i ministri del Sacramento del matrimonio ed è in modo particolare per

questo che tutti e due sono un talento l’uno per l’altro. Il brano del Vangelo di Matteo che è stato

letto ci ha ricordato che alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’Amore. Certo un Amore che

nasce da Dio stesso ma che stato riversato nel cuore dei due coniugi e che per molti di loro ha portato

a generare una vita nuova.

Un amico, Claudio Chieffo, scomparso alcuni anni fa, così scriveva in una sua canzone

(Ballata dell’amore vero) dedicata alla moglie:”Io vorrei volerti bene come ti ama Dio,

con la stessa passione, con la stessa forza, con la stessa fedeltà che non ho io. Mentre l’amore mio

è piccolo come un bambino: solo senza la madre, sperduto in un giardino. Io vorrei volerti bene

come ti ama Dio, con la stessa tenerezza, con la stessa fede, con la stessa libertà che non ho io.

Mentre l’amore mio è fragile come un fiore: ha sete della pioggia, muore se non c’è il sole.

Io ti voglio bene e ne ringrazio Dio, che mi dà la tenerezza, che mi dà la forza, che mi dà la libertà

che non ho io”. Un amore così: povero se è vissuto solo umanamente, pieno di limiti, ma se è inserito

nel cuore di Cristo allo ra diventa grande, ricco di tenerezza, di bontà…. Di amore vero.

Un grazie e un augurio ancora a tutti gli

sposi.

VOCE ALLA … FAMIGLIA

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Santa Lucia è passata a trovarci!!!

Anche quest’anno S.Lucia non ha dimenticato l’appuntamento con i bambini e bambine di Cortine.

Puntualissima alle 20 è arrivata in Oratorio accompagnata dall’asinello, con i gesti ha salutato i

bambini e gli adulti presenti, ha donato delle buonissime caramelle, ha ascoltato le richieste dei

bambini e poi, nel silenzio della sera a continuato il suo cammino per portare tanta felicità ai bambini

del mondo: GRAZIE S. LUCIA

CONCORSO DEI PRESEPI:

ISCRIZIONI PRESSO L’ORATORIO ENTRO IL

26 DICEMBRE.

LA COMMISSIONE PASSERA’ A VEDERLI IL

30 IN MATTINATA.

VOCE ALL’ORATORIO

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L’indifferenza: la malattia del nostro tempo.

Una domenica di primo mattino mi stavo

recando in Stazione, quando, avvicinandomi

ad un semaforo, vidi una persona anziana

camminare con passo incerto. Il semaforo

diventò rosso, mi fermai e questa persona si

avvicinò e mi chiese la carità. Che stranezza!

All’alba una persona non più

giovane camminava in mezzo alla strada in

cerca d’aiuto, in cerca di una moneta? L’ora

insolita, il suo aspetto trasandato e pallido, il

suo vagare mi indusse a pensare che il suo

problema fosse non tanto la mancanza di

denaro, ma la solitudine, l’abbandono, il

vagare alla ricerca di qualcuno che si

occupasse di lui. Il poveretto chiese aiuto

anche ad altri: ricevette solo rifiuto e

indifferenza!

Papa Francesco, nella celebrazione della 1^

Giornata mondiale dei Poveri, definì

l’indifferenza così. "È dire: 'Non mi riguarda,

non è affar mio, è colpa della società'. È girarsi

dall'altra parte quando il

fratello è nel bisogno, è cambiare canale

appena una questione seria ci infastidisce, è

anche sdegnarsi di fronte al male senza far

nulla. Dio, però, non ci chiederà se avremo

avuto giusto sdegno, ma se avremo fatto del

bene... Questi fratelli più piccoli, da Dio

prediletti, sono l'affamato e l'ammalato, il

forestiero e il carcerato, il povero e

l'abbandonato, il sofferente senza aiuto e il

bisognoso scartato". Povertà vuol dire

esclusione sociale, emarginazione; la

mancanza di lavoro, di sostentamento toglie

dignità alla persona. Non è più possibile

guardare ai poveri con sufficienza, ma bisogna

adoperarsi per risolvere la loro situazione. La

Caritas Valle del Garza si occupa di loro, li

sostiene nel periodo di difficoltà garantendo

un aiuto alimentare, con prodotti che persone

generose hanno donato nelle varie raccolte

alimentari. A questo proposito la Caritas

ringrazia tutti quelli che hanno contribuito al

buon esito dell’iniziativa, e in modo

particolare i ragazzi di Cortine, che con

generosità hanno aiutato nella raccolta dei

generi alimentari presso il supermercato

Family Market di Nave. E’ importante che i

ragazzi partecipino a queste iniziative per far

conoscere e maturare la loro sensibilità e il

senso del vivere civile e perché cresca la

testimonianza della loro fede.

Non solo la Chiesa, ma anche la politica sta

proponendo soluzioni a favore dei bisognosi. Il

Reddito

d’Inclusione

diventerà

operativo

all’inizio del

prossimo

anno. Infatti

è stato

approvato il decreto legislativo che introduce

in Italia una misura nazionale di contrasto alla

povertà. Dal punto di vista

delle risorse, sul tavolo ci sono 1,7 miliardi del

Fondo per la lotta alla povertà e il ministro del

Lavoro, Giuliano Poletti, ha assicurato che

verrà incrementato con altre risorse destinate

in

particolare all'inclusione attiva verso il lavoro

(il 15% del Fondo). Ma perché qualcosa

cambi, bisogna che le relazioni umane abbiano

il primo posto nella nostra società, il resto

verrà di conseguenza.

Leonardo Napoli

Vi invitiamo a visitare in oratorio il nostro Presepio

VOCE ALLA … CARITAS

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Il 1 ottobre, alla presenza del Vicario Generale Mascher mons. Gianfranco, nella solenne

concelebrazione delle 10,30 , si è svolta la solenne benedizione del restauro della nostra Chiesa.

Nell’omelia ci è stato ricordato che ognuno di noi è “pietra viva della Chiesa, popolo di Dio”,

sottolineando così come ognuno di noi ha un ruolo particolare da svolgere all’intero di questo. Si è

poi complimentato per il lavoro eseguito: ha reso la nostra chiesa luminosa. Bella da vedere e aiuto

grande per la preghiera. Aveva visto ancora la nostra chiesa alcuni anni fa ed è stato meravigliato del

lavoro fatto.

Colgo l’occasione per ringraziare chi ha aiutato nella solenne celebrazione, i chierichetti, il nostro

coro, chi ha preparato e tutti coloro che hanno partecipato.

Ricordo e invito ancora ad essere generosi nei confronti della nostra Parrocchia per i lavori fatti.

Benedizione del restauro della nostra Chiesa

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Nel giorno della benedizione del restauro della

nostra Chiesa nel pomeriggio si è svolta la

nostra festa d’inizio dell’anno catechistico .

Come certamente sapete per la mancanza di

studenti, alla nostra parrocchia non sono stati

mandati i salesiani. La mancanza di vocazioni

si fa sentire un po’ da tutte le parti (questo

deve farci capire che dobbiamo sempre di più

pregare e sostenere le vocazioni … chissà che

un giorno anche un ragazzo, adolescente,

giovane non entri in seminario per iniziare

questo bellissimo cammino ( gli ultimi

sacerdoti ordinati a Cortine sono stati mons.

Carlo e don Roberto – 1975)!

Ecco alcune fotografie che ricordano la nostra

festa:

Festa d’inizio dell’anno catechistico

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SANTUARIO DI CONCHE, UNA NUOVA TELEFERICA IN ARRIVO;

Forse non tutti sanno che dal 1960 circa, il santuario di Conche è dotato di una teleferica, Beppe

Dossi e Giovanni Comini assieme ad altri collaboratori installarono una teleferica, un servizio utile

e permanente per il trasposto di materiali al servizio del rifugio.

In questo mezzo secolo la cara, vecchia teleferica ha dimostrato la sua utilità quale mezzo

indispensabile per il Santuario, ma come tutte le cose necessitano di revisioni e norme di sicurezza.

Da circa un anno Don Gian Luigi Carminati attualmente sostituito da Don Ruggero Zani insieme

con Aldo Degiacomi, hanno incaricato un ufficio Tecnico, in loco che si occupa della progettazione e

autorizzazioni.

L’intervento prevede una nuova teleferica a servizio

del Santuario di Conche, E’ previsto il completo

rifacimento dell’impianto, mantenendo la stazione a

monte mentre nella parte a valle verrà acquistato un

terreno nella vicinanza della Cascina Merolta, per la

postazione della partenza della teleferica.

Considerato che ora abbiamo il consenso degli enti

interessati siamo in attesa dell’ultimo benestare

dell’Enel; quindi possiamo dire che siamo in dirittura

d’arrivo.

Colgo l’occasione per ringraziare, Don Doff per l’instancabile dedizione alle celebrazioni della

messa di tutte le domeniche dell’anno, un grazie a Don Ruggero e all’ufficio Tecnico per il lavoro

che è stato svolto, un ringraziamento speciale va a Aldo, e allo staff dei volontari ( cuoche,

lavapiatti, baristi, addetti alle salamelle , ai tavoli , alla chiesa, alla raccolta della legna e alla

manutenzione del verde , agli addetti al trasposto della teleferica) perché grazie a loro, ai propri

talenti, alla simpatia e disponibilità tengono viva la casa del pellegrino.

Nave 12 Giugno 2017 Mauro Boni (Volontario di Conche)

ANAGRAFE PARROCCHIALE

Sono tornati alla casa del Padre

CLERICI ANGELO

MODONESI GIUSEPPA

PE MARIA ROSA

ROTA FELICITA

MONTEVERDI TECLA

Ci hanno scritto … da Conche

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INNO DI NATALE

Per Te solo è chiara la notte e le tenebre son come luce,

generato dal seno del Padre nell'eterno splendore dei cieli.

O Parola possente di Dio, Tuo è il tempo, riempi ogni spazio,

per Te il mondo è stato creato, Tu sei l'alfa e l'oméga di tutto.

Ineffabile grande mistero! Canti il cielo ed esulti la terra: oggi nasci da vergine intatta,

rivestito di carne mortale.

Come un povero vieni tra noi ed il regno dei cieli ci annunci; doni al mondo la vita di Dio,

ci redimi col prezzo del sangue.

Benedetta per sempre la terra! Qual rugiada disceso è il perdono,

nuovo amore si effonde su noi: adoriamo in silenzio il mistero!

Per il Figlio che Tu ci hai donato nello Spirito, fonte di vita,

a Te, Padre, sia gloria nei cieli, e sia pace agli uomini in terra. Amen.

Dalla Liturgia