Nassirya cosi noi italiani torturavamo gli iracheni
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4/9/2014 “Nassirya, così noi italiani torturavamo gli iracheni” | Menti Informatiche
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“Nassirya, così noi italiani torturavamo gliiracheni”
Inserito
aprile 9,
2014
Da Fonte:
il fatto
quotidiano · Commenti
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di Marco Lillo Un servizio delle Iene è destinato a riaprire la
questione delle torture dei militari in Iraq. Non quelle degli americani,
scoperti grazie alle foto con i detenuti al guinzaglio nel 2002 e
condannati nel 2003. Bensì le presunte torture che sarebbero state
praticate secondo due testimonianze raccolte dalle Iene, da parte
delle forze armate italiane in Iraq durante la missione “Ope – razione
antica Babilonia”. L’in – viato delle Iene Luigi Pelazza ha intervistato
un militare, del quale non viene svelato il nome, allora in servizio
nella Brigata Sassari in Iraq. Nell’inter – vista, che sembra rubata, il
militare racconta le presunte torture e fa anche il nome, solo in
codice, del capo della squadretta preposta agli interrogatori: il
sergente Mirkj. Durante il servizio delle Iene sarà mostrato un video
nel quale si intravede in lontananza un militare con uno scudetto,
probabilmente lo stemma italiano, mentre in primo piano due arabi
con la testa bassa sono costretti a restare legati con le fascette ai polsi e bendati. Già la scorsa settimana Pelazza aveva
intervistato, stavolta a volto scoperto, un ex militare che ha prestato servizio per venti anni in missioni all’estero, e che oggi
svolge una professione legale in Sardegna. Si chiama Leonardo Bitti e il suo racconto, trasmesso il 2 aprile merita di
essere riproposto per inquadrare le nuove rivelazioni anonime. Bitti ha raccontato a Pelazza di avere ricevuto l’ordine da un
suo superiore, quando si trovava nel 2003 nella base White Horse vicino a Nassirya, di portare l’ac – qua con
un’autocisterna in una zona periferica del campo. C’era una casa bianca di circa cento metri quadrati suddivisi in tre stanze
alla quale potevano accedere pochi militari autorizzati nella quale a suo dire si praticavano gli interrogatori. Al suo interno,
“C’erano militari con passamontagna. Alcuni con il manganello in mano erano del Battaglione San Marco e gli altri erano
paracadutisti e del ConSubim, cioè i reparti speciali della Marina. La ‘white house’, era completamente buia. La cosa
impressionante – ha proseguito l’ex militare – era l’odore che si sentiva di escrementi e urina e le tracce di sangue sparse
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4/9/2014 “Nassirya, così noi italiani torturavamo gli iracheni” | Menti Informatiche
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dappertutto”. Bitti, il cui racconto ovviamente dovrà essere verificato dalle autorità, ha raccontato di avere visto cinque o sei
prigionieri davanti a tre tende pronti a essere interrogati “stavano con i piedi incrociati in modo che non potessero sollevarsi
e con le mani chiuse dai laccetti da elettricista. Qualcuno era **** e uno aveva il segno di un manganello sulla schiena”. Il
militare intervistato da Pelazza nel servizio di stasera conferma il racconto di Bitti. Prestava servizio anche lui nel 2003 a
White Horse. La Iena mostra anche un filmato ricevuto da un militare il quale sostiene sia stato girato all’interno di una
tenda militare italiana a Nassiriya. SECONDO l’anticipazione diffusa ieri da Mediaset: “nel video si vedono chiaramente le
mani dei detenuti legate con delle fascette da elettricista, una grossa benda verde sugli occhi, la testa abbassata”.
Nell’intervista anonima che sarà trasmessa stasera il militare aggiunge che i prigionieri “li prendeva il Sismi”, cioè il nostro
servizio segreto militare ancora una volta al centro di accuse, tutte da provare, che riguardano l’epoca in cui era diretto da
Niccolò Pollari. Secondo l’intervistato delle Iene: “Il Sismi era dentro la base. A seconda della retata della notte potevano
rientrare anche con dieci persone”. Il militare conferma che i prigionieri erano incappucciati e picchiati duramente. “Lo
faceva chi di dovere, perché li dovevi fare parlare. Non c’era un numero di giorni prestabilito. Alcuni parlavano
immediatamente ad altri piaceva prendere i colpi”, cioè si ostinavano a tacere di fronte alle violenze (tutte da dimostrare) dei
nostri militari. Il capo delle squadrette, l’esperto nelle tecniche di tortura con le scosse procurate dagli elettrodi sui genitali,
era, sempre secondo l’in – tervistato “il sergente Mirkj”. “Se tu arrivi a lui – ha detto il militare a Pelazza – anche i morti
sottoterra trovi. Hai presente quando accusano la Polizia di avere interrogato qualcuno con maniere un po’ forti? Bene,
quello è l’antipasto rispetto a quello che poteva succedere lì”. Anche Raffaele Bitti conferma: “Il sergente Mirkj esiste e
penso che oggi sia sergente maggiore, all’estero”. Secondo Bitti il militare dell’intervista anonima di stasera invece
“lavorava con il comandante della base, il generale Bruno Stano e per questo sa molte cose. Anche sul nome del colonnello
che partecipava come uditore agli interrogatori”. DOPO L’INTERVISTA della scorsa settimana non ci sono state reazioni da
parte del ministro della difesa del Pd, Roberta Pinotti. “Mi ha contattato solo il sottosegretario alla Difesa, il generale
Domenico Rossi”, spiega Bitti, “ci conosciamo da molto tempo. Lui era presidente e io membro del comitato di presidenza
del Cocer”, l’or – gano di rappresentanza dei militari. Stavolta c’è un video e l’intervista di un militare che accusa un altro
militare. Sarà difficile far finta di niente. Anche perché nel servizio si parla anche del movente della strage di Nassirya, nella
quale i terroristi uccisero 17 militari italiani, due civili e nove iracheni. Una ferita ancora aperta.