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NAPOLI E PROVINCIA: VIVERE A KM 0 Progetto finanziato interamente ed esclusivamente dalla Camera di Commercio di Napoli

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NAPOLIE PROVINCIA:

VIVERE A KM 0Progetto finanziato

interamente ed esclusivamentedalla Camera di Commercio di Napoli

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La Federconsumatori è un'associazione autonoma, democratica e senza scopo di lucro che ha come obiettivi prioritari la promozione sociale, il sostegno, la formazione, l’informazione e la tutela di tutti i cittadini nella loro qualità di consumatori, risparmiatori e utenti, con particolare riguardo a quelli svantaggiati sul piano economico e sociale.  In particolare, l'associazione tutela diritti fondamentali quali la legalità del mercato, la salute, la sicurezza e la qualità dei prodotti e dei servizi, una corretta e adeguata informazione, la lealtà e la chiarezza della pubblicità, l'erogazione di servizi di interesse pubblico secondo standard di qualità e di efficienza.    L'associazione collabora con istituzioni comunitarie e nazionali: Commissione europea per le politiche dei consumatori, Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale, i Ministeri, il Cnel, la Commissione di garanzia legge n. 146/90, le Regioni, le Provincie,i Comuni e le Camere di commercio.  Il progetto “Napoli e provincia: vivere a KM 0” è stato realizzato con il contributo esclusivo della Camera di Commercio di Napoli.  Ma cosa vuol dire “a KM 0” ? Con il termine “a Km zero” si indicano tutti quei prodotti, per lo più generi alimentari, che vengono venduti e consumati vicino nel raggio di pochi chilometri dal luogo di produzione; sono anche chiamati prodotti a filiera corta poiché spesso, accorciando le distanze fisiche che separano produttore da consumatore, si accorcia anche la filiera, cercando di eliminare intermediari del trasporto, grossisti o mercati generali che poi ridistribuiscono a dettaglianti. Il prodotto a km 0 viene anche venduto direttamente dal produttore al consumatore: è ciò che succede nei farmers' market e con i gruppi di acquisto solidale (GAS).  Questa guida, partendo dal concetto di “filiera corta”, si sofferma ad analizzare due tipologie della stessa: i farmers market e i Gas. L’area è quella della città di Napoli e Provincia.  L’obiettivo è quello di far conoscere ai consumatori i vantaggi della filiera corta perché i prodotti a KM 0 sono prodotti stagionali, prodotti nostrani, venduti dal produttore al consumatore, permettono di riscoprire il piacere del buon cibo e le differenze biologiche tra varietà di frutta e verdura e fanno bene all’ambiente perché si riduce l’inquinamento atmosferico in termini di CO2.      

 

 

 

 

 

 

 

 

Premessa  

La filiera corta è un particolare tipo di commercio che permette ai consumatori di acquistare generi alimentari direttamente dai produttori; essa nasce dall’esigenza di dar vita a nuove forme di scambio, incontro, cooperazione e si basa sul rapporto diretto fra chi produce e chi consuma. I vantaggi per chi acquista prodotti lavorati con questo metodo sono semplici: in primo luogo la riduzione dei passaggi del sistema di distribuzione tradizionale quali confezionamento, imballaggio e trasporto (procedure che comportano inquinamento e sovrapprezzo), poi l’opportunità di un confronto diretto con il produttore che riesce a vendere prodotti unici, che hanno come caratteristica il trattamento esclusivamente biologico, infine il legame con il territorio, il rispetto dell’ambiente, la sicurezza che il prodotto arrivi sulle tavole direttamente dai campi, il tutto (ovviamente) a costi più che ragionevoli.  

I vantaggi della filiera corta sono dunque molteplici:  

• la riduzione del consumo di energia, dell’inquinamento e del traffico  • la possibilità di conoscere direttamente i produttori, i loro metodi di lavoro, la storia dei

cibi che si portano in tavola  • la valorizzazione delle coltivazioni proprie di ogni territorio, protezione della

biodiversità, dei gusti, delle ricette e delle tradizioni  • il rispetto della stagionalità e quindi della freschezza degli alimenti acquistati  • il prezzo finale al consumo trasparente e più economico per chi acquista  • remunerazione più equa per chi produce.    L’azione di filiera corta si rivolge a chiunque voglia promuovere questo processo produttivo, nel rispetto dell’ambiente.    Lo straordinario recupero di popolarità dei mercati contadini (farmers’ markets) e delle altre analoghe forme di vendita diretta dei prodotti agricoli, registrato negli anni recenti, desta sicuramente sorpresa e merita qualche riflessione. I mercati alimentari di quartiere hanno rappresentato per lungo tempo una delle fonti principali di approvvigionamento di prodotti freschi (ortofrutta, latticini, carne e pesce) per gli abitanti delle città, ma la loro importanza è rapidamente diminuita a causa, da un lato dell’evoluzione dell’industria alimentare e dell’avvento della grande distribuzione organizzata, dall’altro del cambiamento e della differenziazione degli stili di vita e di consumo e del ruolo della donna all’interno della famiglia.  Al momento sembra vi sia la compresenza di una dimensione commerciale all’interno della quale l’offerta alimentare è molto ampia, di qualità standardizzata, appiattita su marche più o meno note (centro commerciale/ipermercato) e della dimensione basata su rapporti personali e prodotti di elevata qualità (mercato contadino, negozi biologici e di prodotti tipici, gruppi di acquisto solidale). Anche se può sembrare un ritorno alle vecchie abitudini, in realtà il fenomeno dei mercati contadini assume tratti distinti dal classico mercato rionale. Infatti, in questa ultima formula sono avvenuti dei cambiamenti, per cui sono sempre più rari i banchi gestiti dagli stessi agricoltori; al contrario, prevalgono “i commercianti”, che vendono merce acquistata presso strutture distributive più ampie (mercati generali, centri agroalimentari). Questi soggetti diventano perciò ulteriori intermediari in una catena che non può nemmeno più definirsi

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corta. Inoltre gli attuali mercati contadini, per come sono organizzati, presentano un valore aggiunto dal punto di vista sociale e culturale che i mercati cittadini tradizionali non hanno, in quanto sono spesso occasione di condivisione e scambio di informazioni. Spesso, infatti, congiuntamente alla vendita dei prodotti agricoli vengono organizzati eventi, manifestazioni e momenti di riflessione, al fine di fornire informazioni ai consumatori e favorire la conoscenza e la comunicazione    I modelli di produzione e consumo sono stati interessati negli ultimi decenni da profondi cambiamenti, come effetto del complesso processo di riorganizzazione che ha interessato l’intero sistema agroalimentare.  I sistemi produttivi, sempre più globalizzati e moderni, hanno subito, al pari degli scambi commerciali e delle modalità di organizzazione del lavoro e delle società, profondi cambiamenti strutturali, che hanno portato alla nascita di nuovi tipi di società, favorendo altresì la crescita di filiere lunghe: esse sono in grado di connettere produzione e consumo su scala anche molto ampia, governate da strategie commerciali (costanza delle caratteristiche merceologiche, flessibilità di approvvigionamento, ampia varietà nell’offerta e consumo di prodotti altamente de-stagionalizzati e distanti dal contesto produttivo), la cui attuazione ha implicato una standardizzazione e soprattutto un allontanamento dal loro contesto territoriale detto de-territorializzazione dei processi produttivi. Le criticità e gli effetti negativi derivati da questi processi evolutivi sono oramai ben noti e sono divenuti oggetto di intenso dibattito anche al di fuori di coloro che ne gestiscono il sistema: al giorno d’oggi, in tali condizioni, oltre agli agricoltori anche il consumatore, le famiglie (che sono loro direttamente interessati alla qualità e sicurezza degli alimenti) si sono fortemente sensibilizzate al riguardo. La situazione di crescente difficoltà per molte aziende agricole o intere aree rurali, di fatto marginalizzate da questi processi di sviluppo del sistema agroalimentare o poste in condizione di insostenibilità economica, sono l’espressione lampante di come tale perdita di potere decisionale e la riduzione dei redditi di molti degli agricoltori di filiera lunga, e la difficoltà di accesso al mercato da parte delle aziende di ridotte dimensioni e con produzioni non rispondenti agli standard richiesti, abbia causato scompiglio in tutto il mondo che, caratterizzato da una fitta rete di relazioni globali, reagisce in maniera planetaria.  Ecco una breve analisi dei principali effetti negativi che si riscontrano nel perpetuo utilizzo della filiera tradizionale (lunga) come fonte di approvvigionamento agroalimentare globale:  • l’elevato impatto ambientale dovuto ai metodi produttivi intensivi e fortemente industrializzati, alle modalità di commercializzazione e alle grandi distanze interposte tra sistemi produttivi e consumo;  • l’eccessiva industrializzazione degli alimenti ha portato ad una vera e propria artificializzazione degli stessi, segnandone l’impoverimento della loro qualità organolettica e nutrizionale, per non parlare degli effetti collaterali che si riscontrano con il perdurare del consumo:  - obesità, patologia ad ampia diffusione nella popolazione dei paesi industrializzati.  - Stress, insoddisfazione, assuefazione alle sostanze chimiche presenti nell’alimento industrializzato che porta alla dipendenza.  • la separazione sociale, culturale e geografica della produzione di alimenti dal loro consumo, con conseguente perdita da parte dei consumatori di conoscenze, di cultura alimentare, di abilità gastronomiche,  Negli ultimi anni si è registrata una grande attenzione per le forme di commercializzazione  

 

 

dei prodotti agricoli e agroalimentari che, con differenti modalità e sotto molteplici  definizioni, puntano alla riduzione della distanza fra produttori e consumatori.  Le logiche che sono alla base della promozione e dello sviluppo delle Filiere corte –  nome all’interno del quale tendono a essere racchiuse tali forme di commercializzazione  – sono molto diversificate, principalmente in ragione delle motivazioni di produttori e  consumatori che mostrano interesse nei confronti di questi “mercati alternativi”di possibilità di controllo diretto    Luogo fisico di incontro tra produttore e consumatore, il mercato ai cittadini consumatori importanti vantaggi: garanzia sulla provenienza, freschezza e qualità dei prodotti agroalimentari, trasparenza deiprezzi. La vendita diretta, dall’agricoltore al consumatore, è la forma di distribuzione commerciale che ha registrato la maggiore crescita nel 2008 battendo, nel settore alimentare, negozi, hard discount e ipermercati, grazie a un incremento dell’ 8% del valore delle vendite per un totale stimato in 2,7 miliardi di euro. Il dato emerge dall’analisi Istat sul commercio al dettaglio. Nel corso del 2009 è cresciuto ancora il numero di aziende agricole che veicolano, in parte o totalmente, la loro produzione attraverso circuiti brevi di vendita. In particolare, tra il 2008 e il 2009 le aziende con vendita diretta sono aumentate del 4.7%. Dal 2001 ad oggi il numero di aziende è aumentato del 64%, a testimonianza dell’interesse che la vendita diretta ha nei confronti tanto delle aziende agricole, quanto dei consumatori. Si tratta di un fenomeno in controtendenza rispetto alla crisi generale, perché concilia la necessità di risparmiare con quella di garantirsi la sicurezza del cibo dopo i ripetuti allarmi causati da produzioni nocive per il consumatore. A spingere i cittadini consumatori all’acquisto diretto, secondo la nostra indagine sulle motivazioni della spesa, è la percezione della genuinità, seguita dal gusto e dal risparmio. Esistono anche enormi spazi di crescita , con quasi la metà (44%) dei consumatori che non effettuano acquisti direttamente dai produttori e che non lo fanno perché non sanno a chi rivolgersi o dove andare, tanto che l’88% della popolazione si recherebbe in un "farmer’s market" se ce ne fosse uno nella propria zona. Gli obiettivi del nostro lavoro è quello di diffondere tra i consumatori la conoscenza dell’esistenza dei farmers market e dei vantaggi della filiera corta così da rafforzare il legame diretto con la disponibilità e convenienza dell’offerta agroalimentari e locale e rendere più funzionale e trasparente il percorso dal campo alla tavola.  La guida della Federconsumatori è quindi uno strumento utile a garantire la qualità, a rispondere alla voglia del consumatore di sapere cosa mangia e come e da chi viene coltivato, allevato, trasformato il prodotto acquistato.  In questa guida saranno trattate due tipologie di filiera corta: i Farmers Market e i Gruppi di acquisto Solidale (GAS).        I Farmers Market    I farmer's market, secondo la normativa prevista dal decreto ministeriale, sono i mercati cittadini nei quali i produttori agricoli, e solo loro, vendono direttamente il loro prodotto al consumatore. Gli alimenti presenti in un farmer's market devono essere solo quelli prodotti dalle aziende che vi partecipano e ovviamente devono essere legati al territorio e alla stagione di riferimento.  

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 I Farmers market sono istituiti in Italia con Decreto Ministeriale 20 novembre 2007 e all’art.1 recita che, i produttori potranno vendere esclusivamente i prodotti di propria produzione  L’articolo 1, comma 2, del decreto ministeriale, consente a più figure di creare questi nuovi mercati; è infatti previsto che questa iniziativa possa competere sia al Comune o su richiesta degli agricoltori singoli o associati. Nel caso in cui la richiesta provenga dagli agricoltori e dalle loro associazioni, è previsto un silenzio assenso di 60 giorni .  All’articolo 2, comma 3, viene previsto in capo agli agricoltori, l’obbligo di rispettare i contenuti del DLgs. 109/92 in materia di etichettatura dei prodotti posti in vendita e le norme igieniche in vigore. L’articolo 4, comma 3, del nuovo Decreto Ministeriale, affida ai comuni il compito di istituire o autorizzare i mercati agricoli di vendita diretta sulla base di un disciplinare di mercato che regoli le modalità di vendita, finalizzato alla valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti medesimi e ne danno comunicazione agli Assessorati all’Agricoltura delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Dopo l’aspetto normativo passiamo all’analisi dei farmers market. Il progetto della Federconsumatori si pone l’obiettivo di diffondere, nel cittadino consumatore, un modo nuovo e consapevole di fare la spesa, andando oltre il canale tradizionale della grande distribuzione.  

In Europa, il 15% delle aziende agricole commercializzano più della metà dei prodotti vicino al luogo di produzione. Le filiere agricole corte sono già realtà in molti Stati membri: spacci aziendali e punti di vendita presso il produttore sono sistemi storicamente consolidati e che hanno conosciuto un’evoluzione positiva in questi ultimi anni, anche sull’onda del crescente ambientalismo, dato il minor impatto grazie all’assenza (o al minor uso) di imballaggi, alla minor strada percorsa dalle derrate alimentari, senza dimenticare la riduzione dello spreco (il tanto cibo perso nelle varie fasi della distribuzione). Nel Regno Unito si organizzano più di 7.500 mercati di prodotti locali (il primo risale al 1997). La Grecia, poi, detiene il record, rafforzatosi ulteriormente a causa della crisi, che ha senza dubbio rafforzato questo fenomeno in tutta Europa. Secondo l'Eurobarometro (il servizio delle istituzioni europee che misura le tendenze dell'opinione pubblica) dello scorso anno, la stragrande maggioranza degli intervistati (89%) trova benefici nell’acquisto di generi alimentari direttamente da produttori vicino alle proprie zone di abitazione. Una recente risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2012 su come evitare lo spreco di alimenti (2011/2175(INI)) , all'art.33: invita gli Stati membri a incoraggiare e sostenere le iniziative dirette ad incentivare la produzione sostenibile su piccola e media scala legata ai mercati e ai consumi locali e regionali; riconosce che i mercati locali sono sostenibili sotto il profilo ambientale e contribuiscono alla stabilità del settore primario; chiede che la futura politica agricola comune assicuri i finanziamenti pertinenti destinati a promuovere la stabilità del settore primario, ad esempio tramite vendite dirette, mercati locali e tutte le forme di promozione della filiera corta e a chilometro zero.

 

 

I Gruppi di acquisto solidali (GAS) I Gruppi di Acquisto, sono gruppi di persone e famiglie che si uniscono per acquistare insieme, direttamente dal produttore, e ridistribuire tra loro vari prodotti o servizi senza passare per vie intermedie. Ad esempio si effettuano acquisti di generi alimentari, vestiario, prodotti per l’igiene della persona e per la casa, prodotti tecnologici, impianti fotovoltaici, energia, assicurazioni, ecc.. L’obiettivo di questa modalità di acquisto non è solo quello di avere prodotti o servizi di qualità a prezzi contenuti, ma anche di sostenere attraverso gli acquisti un modello di produzione e di società più responsabile, sostenibile e solidale.  Normalmente i Gruppi di acquisto verificano direttamente dal produttore la qualità del prodotto privilegiando i  prodotti del territorio, le produzioni di aziende responsabili nei confronti dell’ambiente, dei consumatori, dei lavoratori e delle condizioni sociali.  I gruppi d’acquisto possono essere raggruppamenti informali (spesso un gruppo di colleghi sul posto di lavoro o di famiglie di un condominio), oppure possono essere costituiti in associazione e anche far parte di una rete.  La libertà della forma organizzativa è una caratteristica distintiva di questi gruppi.  Un gruppo d’acquisto solidale pone come criterio guida prioritario nella scelta dei prodotti l’impegno di solidarietà. Solidarietà che parte dai membri del gruppo e si estende ai piccoli produttori, alle situazioni di difficoltà, ai popoli bisognosi del sud del mondo e a coloro che - a causa della ingiusta ripartizione delle ricchezze - subiscono le conseguenze inique dell’attuale modello di sviluppo. I Gruppi d’acquisto solidali sono riconosciuti dalla legge nazionale. Infatti la legge finanziaria 2008, all’art.1 comma 266 e 267 stabilisce: sono definiti gruppi di acquisto solidale» i soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita. Le attività svolte dai soggetti di cui al comma 266, limitatamente a quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, co. 7, del medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta del Testo unico di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.    Ogni GAS nasce per motivazioni varie, spesso però alla base vi è una critica profonda verso il modello di consumo e di economia globale ora imperante, insieme alla ricerca di un’alternativa praticabile da subito. Il gruppo aiuta a non sentirsi soli nella propria critica al consumismo, a scambiarsi esperienze e appoggio, a verificare le proprie scelte. Uno comincia a parlare dell’idea degli acquisti collettivi nel proprio giro di amici, e se trova altri interessati si forma il gruppo oppure aderisce a uno già esistente. Insieme agli altri aderenti del gruppo collabora per il miglior funzionamento delle attività anche al fine di perseguire gli obiettivi etici, responsabili e solidaristici.  Normalmente le forme di contatto e di funzionamento si realizzano attraverso il web, ma non mancano e magari volete approfondire gli aspetti organizzativi, potete contattare un Gruppo d’Acquisto dell’elenco e chiedere informazioni: chi aderisce a un gruppo d’acquisto è sempre disponibile ad aiutare altre persone a formarne di nuovi.  I gruppi di acquisto sono spesso collegati fra di loro in una rete che serve ad aiutarli e a diffondere questa esperienza attraverso lo scambio di informazioni.  

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Per comprendere come è organizzata la filiera corta a Napoli e provincia e diffondere la cultura del consumo dei prodotti a KM 0 è stata condotta un’indagine. Partendo dai dati Istat che hanno riscontrato una crescita soprattutto dei farmers market anche in anni di forte crisi abbiamo analizzato il trend nel nostro territorio.  

Il progetto, coerentemente con gli indirizzi programmatici dell'UE, nazionali e regionali in particolare, è rivolto a tutti i cittadini del territorio provinciale di Napoli che vogliono scoprire o

implementare nuovi modi di fare la spesa, quotidiana e del fresco ma non solo, utilizzando metodi che aiutano a migliorare non soltanto la propria salute, ma anche l’ambiente; ad

incentivare un tipo di commercio più equo.  

Le azioni sono state improntate tutte alla divulgazione dei vantaggi della filiera corta per i prodotti agroalimentari, con particolare riguardo alla zona della provincia di Napoli ricca di tradizioni culturali agricole ed enogastronomiche. Infatti, anche se la crisi ha investito gran parte dei settori mettendoli in ginocchio, dalle stime delle Associazioni di categoria la filiera corta è riuscita ad arginarne gli effetti negativi.  

La Federconsumatori Napoli ha condotto un’indagine analizzando:  

• numero dei farmer’s market e dei GAS esistenti  • tipologia dei prodotti in vendita  • tipologia di pubblico/clientela  • i prodotti agro alimentare tipici dell’agro napoletano in vendita  

§ frutta  § verdura  § formaggi  

• grandezza / bacino d’utenza del farmer’s market e dei GAS    L’analisi è stata condotta su due fronti: coinvolgendo i cittadini consumatori e la Associazioni rappresentanti degli agricoltori di Napoli e Provincia.  

I dati sono stati raccolti nelle nostre sedi sul territorio di Napoli e provincia e hanno interessato tutti i cittadini.  

Non è stato scelto un target preciso tutti i cittadini consumatori, dallo studente universitario al pensionato.  

Dall’analisi emerge che i consumatori intervistati conoscono per la maggior parte i Farmers market, hanno già acquistato e dichiarano di recarsi volentieri. I prodotti più venduti nei farmers’market sono prevalentemente frutta e verdura fresca, olio e vino e formaggi.  

Emerge che soprattutto in Provincia ci siano pochi farmers market e che si svolgano soprattutto in occasione delle feste (Natale, Pasqua ecc) o di manifestazioni. In realtà, come sarà illustrato più avanti, non si tratta sempre di farmers market me di mercatini che affiancano le manifestazioni e in cui i venditori non sono sempre i produttori dei generi venduti.  

La percezione di qualità che il consumatore ha dei prodotti è molto alta e un altro aspetto segnalato è quello del rapporto diretto con il produttore. In questi mercati infatti il rapporto con il produttore è diretto e così possono non solo avere più informazioni sui prodotti ma

 

 

scoprire nuovi prodotti locali che non vengono venduti nella “filiera lunga” o nella grande distribuzione.  

Poco conosciuti sono invece i Gruppi di acquisto solidali (GAS) proprio perché sebbene anch’essi normati dal decreto ministeriale, nascono dall’unione di cittadini e quindi non conosciuti. Ad oggi non esiste un vero e proprio elenco ma  

L’indagine è stata poi condotta presso le associazioni di categoria. In particolare dell’organizzazione dei farmers market se ne occupa la Coldiretti e la sua Fondazione Campagna Amica. La raccolta delle informazioni sono state finalizzate ad una maggiore conoscenza della struttura e del funzionamento dei mercati, delle tipologie di imprese, delle tipologie di venditori, della tipologia di prodotti venduti. Coldiretti Campania in fatti gestisce il calendario e si interessa dello svolgimento dei farmers market.  I farmers market presenti a Napoli e provincia sono formati esclusivamente da produttori ossia quelli che vendono sono gli stessi che durante la settimana producono i generi da vendere.  Lo spirito è quello di “educare” il consumatore o “rieducarlo” ad un consumo più sostenibile, preferendo alimenti stagionali e tipici nel rispetto dell’ambiente, della salute e quindi della dieta mediterranea. Criterio fondamentale è la stagionalità dei prodotti perché ciò assicura il rispetto alla salute ed esclude il consumo di possibili alimenti OGM.  Ogni farmers market è composto da circa 50 produttori che vendono direttamente al consumatore il loro prodotto. L’offerta spazia dalla frutta, alla verdura, ai formaggi, ai vini, ai liquori tipici, alle composte.  Si localizzano soprattutto nelle piazze della città di Napoli e in provincia solo nei comuni di Portici e Torre del Greco.  L’afflusso dei consumatori è consistente e quindi è in linea con il dato nazionale che registra una crescita dei farmers market.  I farmers market si svolgono con una cadenza quindicinale e principalmente di sabato e domenica. La spiegazione risiede nel fatto che i produttori, durante la settimana, si dedicano alla produzione dei generi da portare poi nei farmers market.  A Napoli e provincia si svolgono ormai con regolarità i farmers market ma per conoscere le date bisogna collegarsi al sito della Coldiretti perché vengono calendarizzati mese per mese.  Questi sono gli unici e veri farmers market. Spesso succede che, in occasione delle feste o manifestazioni locali, si svolgono mercatini in cui si vendono prodotti agroalimentari. Il consumatore può essere indotto a credere che siano farmers market ma non è così. Bisogna ricordare che il requisito dei farmers market è che i venditori sono i produttori diretti dei beni.  Di norma, molti mercati affiancano alla normale vendita di prodotti attività collaterali, che mirano ad avvicinare il consumatore ai prodotti locali: corsi di cucina e laboratori del gusto; eventi divulgativi che coinvolgono le scuole, con lezioni frontali sui cicli di produzione, sull’alimentazione, sulla dieta mediterranea e sullo sviluppo sostenibile.  Alle attività in loco, spesso si affiancano eventi che vengono organizzati esternamente, come mercati all’aperto (che permettono ai produttori di farsi conoscere da una fetta più ampia di potenziali consumatori) o giornate divulgative che si svolgono direttamente in azienda.  Alcuni mercati, inoltre, presentano al loro interno punti di ristorazione con degustazione dei piatti in spazi appositamente allestiti: il mercato, quindi, visto non solo come un luogo di acquisto ma anche di svago e aggregazione sociale.  

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Dato il successo che questi mercati sembrano riscuotere, si prevedono ulteriori margini di crescita e, per far questo, a detta degli intervistati si ritengono necessarie una serie di innovazioni, tra cui: potenziare ulteriormente la gamma di prodotti; migliorare la capacità organizzativa e divulgativa; coinvolgere maggiormente le istituzioni locali; garantire, per i mercati in cui non sono presenti i produttori, una maggiore presenza per soddisfare le richieste dei consumatori; mettere a sistema i prodotti creando e favorendo legami sia con la ristorazione locale che con le scuole in modo da “smerciare” i prodotti localmente; avere una costante attenzione al rapporto qualità/prezzo; pensare anche di prevedere la gestione e l’individuazione di piattaforme per la distribuzione, includendo eventualmente anche la catena del freddo; preservare l’identità dell’agricoltore e il vantaggio diretto che ha con il consumatore rafforzando il rapporto fiduciario.    Non è possibile tracciare un profilo del consumatore tipo perché i farmers market sono frequentati da persone di ogni età e di ogni condizione sociale. Volendo fare un elenco delle motivazioni che spingono i consumatori ad acquistare presso il farmers market c’è la volontà di acquistare prodotti del territorio, caratteristiche dei prodotti come la freschezza e la qualità. Fra gli aspetti positivi si evidenzia il fatto che consumatori possono recuperare un rapporto reale con la stagionalità dei prodotti, rapporto spesso perduto per l’ampia presenza fra i banchi dei supermercati nei mercati rionali di ortaggi e frutta fuori stagione.      Vantaggi e limiti della filiera corta  

Dopo questa analisi si può dire che i vantaggi della filiera corta, farmers market e GAS possono essere di natura:  

• economica: prezzi dei beni alimentari più contenuti per gli acquirenti e più remunerativi per i produttori;  

• ambientale: riduzione, nella offerta “a chilometro zero”, dei consumi energetici e dell'inquinamento legato al trasporto e alla frigo-conservazione e quindi riduzione di CO2;  

• sociale: controllo diretto del prezzo e della qualità da parte dei consumatori, maggiore freschezza e salubrità dei prodotti, rapporto di fiducia e scambio di informazioni senza intermediari tra produttori e consumatori,.  

Per quanto attiene il primo punto, i vantaggi non sono traducibili tanto in una riduzione dei prezzi all’acquisto per i consumatori e nel prezzo di vendita per i produttori, vantaggio che sicuramente in questo momento di forte crisi è un fattore importante, ma come rilevato dalla nostra ricerca, spingono il consumatore ad un consumo più critico e attento alla stagionalità dei prodotti, alla conoscenza verso quelle specie tipiche e/o locali che poco si conoscono. Infatti i consumatori sono disposti a spendere anche un po’ di più per questi prodotti, riconoscendo ad essi un “valore aggiunto”.  Con più specifico riferimento agli aspetti sociali, invece, resta salvo il fatto del controllo diretto del prezzo e della qualità da parte dei consumatori, del loro rapporto umano con i produttori. La filiera corta peraltro non costituisce certamente la soluzione più indicata per tutti i problemi, e in determinati contesti, dove non trova la sua naturale collocazione, ovvero il suo particolare “luogo economico” risulta meno efficiente della filiera lunga.  

 

 

In generale essa risulta particolarmente idonea a risolvere le difficoltà di aziende di piccole dimensioni, multifunzionali, che offrono prodotti di nicchia (locali tipici e/o biologici). E’ da aggiungere che la vendita diretta è idonea allo sbocco di prodotti pronti per il consumo (Cicatiello, Franco, 2008), non di prodotti da trasformare, per lo meno con riferimento all’organizzazione dei consumi delle società avanzate. Nei Paesi sottosviluppati, invece, la filiera corta sembra risultare opportuna quando crea circuiti locali anche per la vendita di prodotti grezzi, ad esempio cereali di base, come il grano, che in tali contesti possono essere trasformati dalle stesse unità familiari di consumo  Nelle pagine seguenti sono riportate immagini e descrizioni dei prodotti agro alimentari tipici di Napoli e Provincia come elencati dall’assessorato all’agricoltura della Regione Campania  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                           

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FRUTTA  E  VERDURA  

Albicocca vesuviana  

Con la denominazione di “Albicocca vesuviana” si indicano una dozzina di antiche varietà, la cui area di produzione coincide con il territorio di 18 Comuni della Provincia di Napoli, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio.    Amarene appassite dei Colli di San Pietro  

In tutta l'area collinare della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli, e in particolare nella zona dei Colli di San Pietro (Piano di Sorrento), Gragnano, Pimonte e Lettere, dal procedimento di preparazione della conserva di pomodoro, è stata mutuata la metodologia di preparazione delle amarene appassite.    Arancia di Sorrento  

L'arancia di Sorrento è caratterizzata dalla buccia abbastanza spessa, dall'abbondanza di semi e di succo e dal calibro piuttosto elevato.    Carciofo di Castellammare  

Il carciofo di Castellammare, detto anche "violetto di Castellammare" è un carciofo privo di spine, con grandi infiorescenze, rotonde e globose. Questo carciofo tipico della provincia di Napoli, in particolar modo del comune di Castellammare, è considerato un sottotipo della varietà del "romanesco" ed è famoso per la tenerezza delle brattee e il loro colore delicato.    Carciofo di Procida  

Carciofo del tipo romanesco, che produce capolini primari di grosse dimensioni  

Carciofo Pignatella  

Il carciofo pignatella è un ortaggio tipico delle province di Napoli e Salerno; prende il nome dalla "pignatella" il recipiente in terracotta simile ad una tazza di latte che viene utilizzato per coprirlo e difenderlo dal sole e dagli agenti atmosferici.    Castagna del Monte Faito  

La Castagna del Monte Faito, detta anche Castagna di Cepparico o Marroncino del Faito, è una produzione tipica di tutta la zona del Monte Faito, in provincia di Napoli comprendente la parte alta dei comuni di Castellammare, Pimonte e Lettere.    Cavolfiore Gigante di Napoli  

Il cavolfiore gigante di Napoli, è un ortaggio caratterizzato da un'infiorescenza di notevoli dimensioni, di colore bianco candido, che tende ad ingiallirsi se non viene raccolto al momento giusto.    Cicoria Verde di Napoli  

Varietà di cicoria della provincia di Napoli della “Cicoria verde di Napoli” o “puntarella” caratterizzata da foglie dal colore verde molto brillante    Ciliegia del Monte e Ciliegia della Recca  

La zona vesuviana, alle pendici del Monte Somma, è rinomata per la produzione della cosiddetta "ciliegia del Monte" o "Durona Del Monte"; nell'area Flegrea, si coltiva la "ciliegia della Recca", originaria della zona dei Camaldoli, che matura tra la prima e la seconda decade di giugno          

 

 

Ciliegia napoletana  

Apprezzata fin dai tempi dei Romani, ciliegia napoletana appare raffigurata negli affreschi pompeiani    Cipolla Bianca di Pompei  

Nel territorio dell'Agro Pompeiano, in provincia di Napoli e dell'Agro Sarnese Nocerino nella di Salerno, è molto praticata la coltivazione di un tipo di cipolla di piccole medie dimensioni    Fagiolo a formella  

 Il Fagiolo, originario delle regioni del Sud America, fu portato in Europa e messo in coltivazione già dal 1.  

Fagiolo di Villaricca  

Il fagiolo che prende il nome dal comune di Villaricca, in provincia di Napoli, è tondo e bianco, di piccole dimensioni e si coltiva in piccoli appezzamenti diffusi in tutto il territorio del giuglianese    Fagiolo Lardaro  

I fagioli lardari, detti anche "tondini" , sono una coltura presente nella provincia di Napoli ed in particolare nel comune di Agerola.    Fava di Miliscola  

Miliscola è una località in provincia di Napoli molto vicina ai Campi Flegrei: è una zona sul mare caratterizzata dal terreno vulcanico.      

Finocchio Bianco Palettone  

Il finocchio bianco palettone è una produzione della provincia di Napoli    Friariello, Broccolo Friariello di Napoli  

I broccoli di rapa o cime di rapa coltivati in Campania sono detti "friarielli", perché fritti in padella, con aglio olio e peperoncino, grazie al loro caratteristico sapore amarognolo.    Kaki napoletano  

Il kaki, detto anche loto o diospiro (letteralmente “cibo degli dei” per la sua squisita bontà) Il bacino di produzione è tuttora molto ampio e comprende l’area flegrea, quella acerrana-vesuviana, la zona maddalonese    Limone di Procida  

   Limone di sorrento igp  

       Mela Limoncella e Limoncellona  

La mela Limoncella è tuttora diffusa un po' in tutta la Campania.              

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Mela Sergente  

La mela "Sergente" è diffusa nelle province di Caserta, Avellino, Napoli e Benevento.    Mela tubbiona  

La "Tubbiona" è una mela coltivata da secoli nei pressi di Agerola, in provincia di Napoli.    Melannurca campana igp  

la Mela Annurca è coltivata in tutte le province campane, anche se le aree in cui si concentra la maggior parte della produzione sono la Giuglianese-Flegrea (in provincia di Napoli), la Maddalonese, l’Aversano    Melanzana cima di viola  

Questa caratteristica melanzana, oggi fortemente riscoperta, viene prodotta soprattutto nell’agro Acerrano-Nolano e Sarnese- NocerinoTradizionalmente molto diffusa, e strettamente associata alle tipiche ricette in uso presso le famiglie di Napoli e provincia    Melone Napoletano  

In tutto il Napoletano, con particolare concentrazione nell'agro Acerrano-Nolano, si coltivano da secoli due varietà di melone, quello giallo detto “capuaniello” e quello “rognoso” verde.    Nocciola di S. Giovanni  

La San Giovanni presenta un’alta produttività ed è coltivata nelle aree pianeggianti delle province di Napoli  

Noce di Sorrento  

La Noce di Sorrento è la varietà campana più diffusa e pregiata    Noce Malizia e Noce San Martino  

La noce "malizia" o "milizia" è coltivata nel Napoletano e nell'Avellinese, soprattutto nelle zone del Vallo Lauro e dell'Acerrano Nolano.    Patata Novella  

La produzione della patata in Campania riveste un ruolo di rilievo a livello nazionale: la coltivazione è concentrata nella provincia di Napoli, di Caserta e, in piccola parte, di Salerno.    Patata novella campana  

Detta anche “primaticcia” la sua coltivazione rappresenta da più di un secolo una delle produzioni trainanti per l’economia dei centri agricoli delle province di Napoli, Caserta e Salerno    Peperoncino verde friariello o di fiume  

La coltivazione del “Peperoncino Verde Friariello” interessa il territorio dell’acerrano-nolano, nella provincia di Napoli    Peperone papaccella  

La Papaccella è una produzione circoscritta alla provincia di Napoli      

 

 

Pera Mastantuono  

La pera Mastantuono,detta anche "pera 'e Mast' Antuono" prodotta nelle aree interne della Campania e in particolare nelle province di Avellino, Salerno e Napoli    Pera Pennata  

La zona di Agerola, sui Monti Lattari, in provincia di Napoli produce una varietà di pera di colore verde scuro, di forma rotondeggiante e sapore pastoso e dolce, detta "pera Pennata".    Percoca col pizzo  

La varietà di percoca detta "col pizzo" coltivata nel napoletano, in particolare nell'area Flegrea, è detta così per via del suo pizzo molto accentuato.    Percoca napoletana  

 Inizialmente diffuse solo nell’area flegrea e vesuviana, le “Percoche”, varietà di pesche a polpa gialla, croccante e non spiccagnola, sono state successivamente introdotte anche nel Casertano.  

percoca puteolana  

La percoca Puteolana, anche detta percoca Vesuvio, è un prodotto tradizionalmente coltivato nell'area Flegrea della provincia di Napoli.                  

Percoca Terzarola  

 Nelle province di Napoli e Caserta sono ancora diffuse le percoche, categoria di pesche a polpa gialla, molto compatta e non spicca.  

 Pesca Bianca Napoletana e Pesca Bellella di Melito  

La Pesca Bellella di Melito perché coltivata principalmente nell’area di Melito    Piselli Cornetti  

La coltivazione dei piselli cornetti, una specie prodotta nell'intera provincia di Napoli, è associata ai frutteti o ad ortive a ciclo più lungo.    Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP  

Questo è uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura della provincia di Napoli    Pomodoro di Sorrento  

Coltivazione e piatto tipico della gastronomia della Penisola Sorrentina    Scarola Bianca Riccia Schiana  

La scarola bianca riccia schiana, detta anche "paparegna", è un tipo di scarola coltivata nel territorio regionale, soprattutto in quello a ridosso delle province di Napoli  

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Susina botta a muro  

 Detta anche “settembrina nera”è molto diffusa nell’area napoletana soprattutto in quella flegrea  

Susina Marmulegna  

 Tra le susine diffuse nell' area flegrea la varietà di maggior pregio commerciale è la "Marmulegna".  

Susina Pappacona  

 Tra le più note varietà di susino ancora coltivate nelle aree flegrea e vesuviana, vi è la Pappacona,  

Susina Pazza, Scarrafona e Turcona  

 Tipiche dell’area Vesuviana  

Torzella  

 La torzella è uno dei più antichi tipi di cavolo che si sono sviluppati nel bacino del mediterraneo, infatti è detta anche "cavolo greco" oltre che "torza riccia". Presente nell’area dell’Acerrano Nolano e in provincia di Napoli  

Uva Catalanesca  

 Questo frutto deve il suo nome alla sua origine geografica: fu importata qui dalla Catalogna e impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzign0. Oggi si coltiva nell’area vesuviana, a Somma Vesuviano, Ottaviano e Sant’Anastasia  

 

Uva Cornicella  

 Molto diffusa sul mercato regionale  

Zucca lunga di napoli  

detta anche “Cocozza Zuccarina            FORMAGGI  Bebe di Sorrento  

Nella zona della penisola sorrentina si produce, da pochi anni a questa parte, un formaggio che gli somiglia molto: il bebè di Sorrento.    Cacioricotta  

 Produzione tipica delle falde del Vesuvio e dei Monti Lattari  

Caciotta di Capra  

 Prodotta sui Monti Lattari in particolare nel piccolo comune di Pimonte.  

Caciottina Canestrata di Sorrento  

 La caciottina è un formaggio la cui antica origine è ascrivibile alla zona di Sorrento e di tutta la penisola.  

     

 

 

Fiordilatte  

 Il fiordilatte è un formaggio fresco a pasta filata quello più famoso è di Agerola  

Pecorino Salaprese  

Nelle province di Caserta, Salerno, Napoli e Avellino si produce artigianalmente una varietà di pecorino detto "salaprese",perché viene consumato immediatamente dopo la salatura    Provola Affumicata di Vacca e di Bufala  

 La provola affumicata è una specialità prodotta in tutta la regione Campania, e in particolare nelle aree della valle del Volturno, Penisola Sorrentina, Vallo di Diano, Irpinia, Sannio, Matese.  

Provolone del monaco dop  

 Prodotto dop dell’area dei Monti Lattari.  

Riavulillo  

 Antico formaggio, tradizionale specialità di Vico Equense e Arola, è di piccole dimensioni con un cuore piccante  

Ricotta Fresca ed Essiccata di Bufala dop  

               

Scamorza di Bufala  

 Probabilmente l'etimologia della parola "scamorza" va cercata nella sua forma, che ricorda una "capa mozza", cioè una "testa mozzata".  

Treccia  

 In tutto il territorio regionale viene prodotta la treccia:un formaggio di latte di vacca dalla caratteristica forma a due strisce intrecciate fra loro, che gli viene data a mano dopo la maturazione.  

 

 

 

CARNI  

Bovino agerolese  

 L’allevamento di bovini nella Penisola sorrentino amalfitana risale al III secolo a.C e il suo latte è impiegato per la produzione del “Provolone del Monaco”  

Coniglio di fosso dell'isola di Ischia  

 Il coniglio è il tipico piatto domenicale della tradizione ischitana, tradizionale fin dal suo allevamento, quello del cosiddetto "coniglio di fosso".  

Fleppa  

 Insaccato ottenuto dai pezzi di scarto del maiale si produceva nell’area del Acerrano – Nolano. Oggi è in via di estinzione per il cambiamento delle abitudini alimentari  

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Mozzariello  

 Il mozzariello è un insaccato prodotto della provincia di Napoli, in particolare dell'area Flegrea e della zona del Giuglianese e dell'Acerrano Nolano.  

Pancetta Arrotolata  

 In tutta la regione Campania, soprattutto nelle aree interne è diffusa la produzione della pancetta.  

 

Samurchio  

 Il samurchio ha una tradizione di almeno duecento anni legata alla provincia di Napoli e, in particolare, alle zone di Casandrino, Sant'Antimo e Melito, ma oggi, purtroppo, è quasi del tutto scomparso.  

Zuppa di soffritto  

 La zuppa di soffritto, detta anche "zuppa forte" è un piatto assolutamente invernale di antichissima tradizione, diffuso in un tutta la regione Campania  

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