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IL CALITRANO ANNO XXXV - NUMERO 61 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 2016 CENTRO STUDI CALITRANI Via Pietro Nenni, 1 - 83045 Calitri (AV) www.ilcalitrano.it IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1 ISSN 1720-5638 - Inserto speciale - Vinicio Capossela Canzoni della Cupa

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IL CALITRANOANNO XXXV - NUMERO 61 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 2016

CENTRO STUDI CALITRANIVia Pietro Nenni, 1 - 83045 Calitri (AV)

www.ilcalitrano.it

IL CALITRANOperiodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1

ISSN 1720-5638

Calitri,20.08.2015

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- Inserto speciale -

Vinicio Capossela

Canzoni della Cupa

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N. 61 n.s. – Gennaio-Aprile 2016 IL CALITRANO

R E Q U I E S C A N T I N P A C E

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IL CALITRANOANNO XXXV - N. 61 n.s.

Periodico quadrimestraledi ambiente - dialetto - storia e tradizionidell’Associazione Culturale “Caletra”

Fondato nel 1981

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Chiuso in stampa il 23 febbraio 2016

IN COPERTINA:VinicioCapossela allo Sponz Fest, edizione2014. Per gentile concessione del Ph. Pao-lo Pisanelli / Archivio Cinema del reale.La copertina e l’inserto centrale di questonumero sono dedicati a Vinicio Caposse-la e al suo ultimo disco “LE CANZONIDELLA CUPA”, che uscirà a breve.

IN QUESTO NUMERO

La condivisione è possibiledi A.Raffaele Salvante 3

Il principe poveroFrancesco Maria Mirellidi Emilio Ricciardi 4

L’Immacolatadi Pietro Cerreta 7

Sapori di Pasquadi Concetta Zarrilli 9

A scuola vince la sinergiadel Comitato genitori 10

Canzoni della Cupadi Vinicio Capossela 11

Vinicio nel paesedei coppolonidi Alfonso Nannariello 15

La parabola del nientedi Marco Bozza 18

DIALETTO E CULTURA POPOLARE 20

SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21

MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22

REQUIESCANT IN PACE 23

Donato Scoca02.04.1953 †22.12.2015

Inaspettatamente lamalattia ti ha rapito alnostro affettodopo una vita di lavoro esacrificiper la famiglia che haisempre amato.Nel conforto della fede,dell’amore e dellasperanza in Cristo,con immenso amore tuasorella Maria ti portasempre nel cuore.

Sonia Giarla13.12.1977†28.01.2016

Guardare oltre il vedere.Preludio di gioia infinita.Tuo marito, i tuoi figli, ituoi genitori e i parentitutti.

Gerardo Ruggiero03.02.1965 † Carugo04.01.2016

Un pensiero per il nostrocaro Gerardo che ognigiorno ci guarda da lassù.I genitori Canio e Antoniae il fratello Donato.

Vincenzo Codella16.01.1934†09.12.2015

L’onestà è stato il suoideale,il lavoro la sua vita,la famiglia il suo affetto.A tutti coloro che loconobbero e l’amaronoPerché rimanga vivo il suoricordo.

Giuseppe Scoca28.08.1927 † 03.05.2015

In ricordo del tuo profondoamore per la vita e per lafamiglia che è sempre stataal primo posto nel tuocuore insieme ai più cariparenti e amici a cui nonfacevi mancare mai il tuopensiero e il tuo affetto.Con tutto l’amore delmondo, tua figlia Maria.

Lucietta Nannariello20.03.1937†Caracas29.01.2015

Nel ricordarmi di te, a unanno dalla tua scomparsa,torna forte anche il ricordodi papà che ci lasciòesattamente lo stesso giornodi quaranta anni prima,come se il volgere deltempo vi avesse nello stessopunto. Adesso siete insiemenell’abbraccio di Dio.

La sorella

Concetta Russo07.04.1897†11.09.1978

Lei è passata, ma nellamemoria di tuttiha lasciato la formadel suo volto sorridente,quale messaggio di speranzae di fede nell’amorea Dio Padre a cui Cristoriconduce tutti, rinnovando.

Angela Maria GiuseppaFierravanti09.08.1927†02.10.2008

Grazie Padre mio,mi hai dato la tua Croce emi hai spalancato le portedel tuo Regno.

Lorenzo Vallario10.07.1926†05.10.2015

“Padre, se anche tu nonfossi il miopadre, se anche fossi a meun estraneo,per te stesso egualmentet’amerei.”

La famiglia lo ricordacon immenso affetto.

Luigi Caruso12.05.1923†22.07.2015

A tutti coloro che loconobbero e l’amarono,perché rimanga vivo il suoricordo.

I suoi cari

Canio Cestone30.01.1931 † 30.10.2015

I retti possederanno lafelicità

(Proverbi 28/10)

Canio Fierravanti11.11.1893†31.12.1954

Mia eredità sono i tuoivoleri per sempre

(Salmi 119-111)

Michele Cesta22.11.1923†26.01.2015

La tua fiamma si è spentama rimarrà sempre accesanei nostri cuori.

Giuseppe Fierravanti10.01.1929†Australia21.04.2015

Lampada per i miei passi èla tua parola,(Salmi 119-105)

Calitri 1971/72 circa: squadra di calcio dei lavoratori della Fornace Cicoira & Luongo; da sinistrain piedi : DI Maio Luigi (urt’lan’), Fatone Giuseppe (faton’), Gautieri Antonio (f’cil’), Galgano Cre-scenzo (cast’gghian’), Toglia Giovanni (cappiegghj), Zarrilli Vincenzo (v’ton’); prima fila: FastiggiCanio (tobb’t’), Di Milia Giovanni (paglier’), Di Maio Vincenzo (curat’l’), Galgano Canio (spaccon’).

BUONAPASQUA

2016L’Alleluia pasquale non sia soltantoun canto, ma una nota di gioia

che corre di coscienza in coscienzaattraverso le generazioni

e si trasformi in stile di vita.

AUGURI VIVISSIMI

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N. 61 n.s. – Genaio-Aprile 2016 IL CALITRANO

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L a diatriba pubblicata sul nume-ro precedente di questo giornale

è stata motivata, dall’unicità del-l’incredibile scenario offerto dal ri-sultato per l’elezione del Sindaco. La lista perdente non solo ne ha fat-to un vero dramma, quasi avesse ri-cevuto dallo Spirito Santo la garan-zia di vincere le elezioni, ma il colmodei colmi è che per principio (qua-le?) non partecipa a nessuna riu-nione, ha tirato i remi in barca e scri-ve solo qualche manifesto, che nontutti leggono: insomma l’opposizio-ne non esiste,ma soltanto apatia, in-differenza, silenzio.Per cui ci troviamo con l’assurdo chel’opposizione è completamente spa-rita, venendo meno all’impegno congli elettori che implicitamente erasotteso dal fatto di essere scesa inlizza: o si vince e si governa o si per-de e si va all’opposizione, “tertiumnon datur” (non è ammessa una ter-za possibilità o scelta).Precipuo compito dell’opposizionenon è chiudersi in luoghi separati,ma affrontare con coraggio, fiduciae assennatezza i luoghi qualificantidel nostro tempo, e cioè la criticacoraggiosa e costruttiva delle defi-cienze, la necessità di far crescere ilsenso civico di tutta la popolazione,l’urgenza di superare le probabiliinadeguatezze ; il tutto non con astioma con quell’amore intelligente esolidale che sta alla base di ogni svi-luppo vero e giusto. Il bene comune,infatti, è molto più della somma delbene delle singole partiMolte domande sorgono spontaneedavanti a un tale atipico scenario!

Ci rendiamo conto di trovarci in unacongiuntura di radicali e incalzan-ti mutamenti, molti di essi non sa-ranno positivi per il Mezzogiorno eper il nostro paese, se non reagire-mo adeguatamente e non li trasfor-meremo in opportunità: perciò ban-do alle chiacchiere e ciascunoriprenda il suo posto con grande,intenso e vivo senso di responsabi-lità, altrimenti più passa il tempo epiù la situazione si incancrenisce ascapito dei cittadini.È una situazione davvero anomalaed insostenibile, urge cambiare rot-ta ed addivenire a più miti consiglianzitutto per coloro che hanno vo-tato per la vostra lista ed oggi si sen-tono traditi.Nessuno costruisce il futuro isolan-dosi,né solo con le proprie forze.Oggi si chiama pavidità il rispetto,coraggio l’arroganza, franchezzal’insolenza, coerenza l’insolenzapreventiva, per cui l’Amore deve lot-tare ogni giorno contro l’egoismo,quell’idolatria di sé che è origine ecausa di tanti mali.Le dolorose situazioni personali me-ritano comprensione, carità e soli-darietà, ma in nessun caso ciò che èfallimento tragico della famiglia puòessere presentato come nuovo mo-dello di vita speciale.Il mondo di domani dipende dall’e-ducazione di oggi, e questa non puòessere ridotta ad una semplice tra-smissione di conoscenze; infatti purvolendo la donna uguale all’uomoper dignità e valore, ne afferma nelcontempo con chiarezza la diversitàe la specificità, perché l’identità del-

la donna non può consistere nell’es-sere una copia dell’uomo e le speci-ficità proprie di ciascun sesso si in-contrano in una collaborazionereciproca di mutuo arricchimento,in cui le donne sono le prime artefi-ci di una società più umana.Il futuro dell’umanità passa attra-verso lo sviluppo integrale e solida-le di ogni persona: ogni uomo e ognidonna. Così, famiglia, scuola, uni-versità e lavoro sono chiamate, cia-scuna nel proprio ambito, a inserireil fermento evangelico nelle culturedel terzo millennio. Tutto questo mette in chiara eviden-za una carenza di senso civico, checompromette sia la qualità della con-vivenza sociale sia quella della vitapolitica e istituzionale, arrecando an-che in questo caso un grave pregiu-dizio allo sviluppo economico, so-ciale e culturale.In questo impegno di promozioneumana e di educazione alla speran-za si deve costantemente spenderela parte migliore della società chenon si è solo allineata con la societàcivile più coraggiosa, rigettando estigmatizzando ogni forma di ille-galità mafiosa,ma soprattutto si èpresentata come testimone credibi-le della verità e luogo sicuro doveeducare alla speranza per una con-vivenza civile più giusta e serena.Ci molte molte cose da fare per ilpaese e per i cittadini. Non si può aspettare oltre !

A.Raffaele Salvante

RICONOSCERE UN ERRORE, NON È UNA COLPA, MA UN SEGNO DI RESPONSABILITÀ

LA CONDIVISIONE È POSSIBILENon si possono chiedere coerenza, serietà e lealtà ai giovani, se questi

valori non vengono prima testimoniati e praticati.

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IL CALITRANO N. 61 n.s. – Gennaio- Aprile 2016

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Q uesta rivista si è occupata già in dueoccasioni del principe Francesco

Maria Mirelli (1795-1857), vissuto e mor-to a Calitri in condizioni di estrema ri-strettezza1. Tuttavia un documento ritro-vato di recente in archivio permette diconoscere molte più cose sul suo conto edi delinearne meglio la figura e la perso-nalità.Francesco MirelliErede di una famiglia che a fine Sette-cento era ancora molto ricca, FrancescoMaria Mirelli si era trovato all’età di ventianni senza più averi. Nel 1809 i Napo-leonidi avevano a bo li to la feudalità nelregno di Napoli e il vecchio principeFrancesco (1748-1814), nonno del gio-vane, si era visto togliere dai tribunaligran parte del patrimonio, tra cui le terredel l’ab ba zia di Santa Maria in Elce e ilbosco di Castiglione2. I beni sottratti al barone furono assegnatial demanio comunale di Calitri, ma nelgiro di pochi anni gli uomini più ricchidel paese riuscirono ad acquistarne lamaggior parte. In quest’opera si distin-sero il notaio Michele Zampaglione e ilsuo primogenito Lorenzo, che divenneroproprietari di quasi tutto il territorio diCastiglione e perfino del palazzo che ifeudatari possedevano nella piazza di Ca-litri, tra la chiesa madre e il monasterodel l’An nun zia ta3. A quel punto il vec-chio Mirelli abbandonò ogni tentativo diriprendersi per via giudiziaria le proprietàperdute e ritornò a Napoli, dove morì.Suo figlio Giuseppe Maria (1773-1840)continuò ad abitare nella capitale, dele-gando l’ammi ni strazione dei suoi averi aqualche perso na di fiducia, circostanzache determinò un ulteriore assottiglia -mento del patrimonio.Il giovane Francesco Maria, figlio di Giu-seppe, sembrava destinato alla carrieramilitare nelle Reali Guardie del Corpo,ma durante un duello con un commili-tone, il mar chese Crescimanni, fu feritoin modo serio e dovette lasciare l’eser-cito. Una volta guarito, il ragazzo si de-

dicò soltanto allo studio e alla poesia equando nel 1840 ereditò il titolo e i benipaterni si disinteressò completamente delsuo patrimonio, sperperando i pochi sol -di rimasti in improbabili ricerche genea-logiche che dimostrassero l’antichità delsuo casato, con il risultato di ritrovarsialla fine nobile e povero4. Nel 1843 i cre-ditori gli espropriarono l’ul ti mo ap -partamento rimastogli a Napoli, dove isuoi antenati fino a pochi decenni primaposse devano tre interi palazzi, e il prin-cipe fu costretto a trasferirsi con la mo-glie e l’unico figlio a Calitri dove, comescrisse Vito Acocella, “con dus se vita mo-desta e ritirata”5.In tanta rovina l’unica circostanza fortu-nata fu che nel 1840 Michele Mirelli, ziodi Francesco e abate di Santa Maria in El-ce, dopo un lungo processo riuscì a ri-prendersi alcuni dei beni espropriati so-stenendo che l’abbazia non era unaproprietà feudale ma una semplice cap-pellanìa laicale. I giudici accolsero le suetesi e gli restituirono un terreno “semi na -to rio scelto (nel) luogo detto il Cardina -le di tomola 50 di 1.a classe” confinantecon i beni de ma niali del Comune di Ca-litri e quelli di Lorenzo Zampaglione, unaltro seminatorio nello stesso luogo “dimoggia 120.12 di 1.a classe”, “una chie-sa nel luogo detto Badia” con una “ca sadi 6 soprani, e 6 sot ta ni”, un “terreno pa-scolatorio detto difesa di Luzzano oggiridotto ad intiera cultura di to mola 378 di1.a classe” confinante con il demanio diCalitri e i beni di Raffaele Vitamore piùl’intero territorio del Tufiello, confinan-te con le terre del duca di Bisaccia6. Leproprietà furono affittate dai Mirelli a di-versi coloni garantendosi una rendita an-nua di circa cinquemila ducati, che peròsi rivelò insufficiente a far fronte ai debi-ti del principe. In Calitri Francesco Mirelli visse lontanoda tutti, immerso nei suoi libri e nei suoisogni. L’u ni ca volta in cui partecipò allevicende del paese fu quando nel 1849convinse il capo urbano Angelomaria

Melaccio e il sacerdote don VincenzoCerreta a denunciare alla polizia borbo-nica alcuni compaesani noti per le loroidee liberali. Morì il primo maggio del1857 e fu sepolto nella chiesetta ruraledella Madonna della Foresta7. Dopo la sua scomparsa, la “signora prin-cipessa donna Carolina Pignatelli Cer-chiara, con tessa di Aragona del fu prin-cipe don Andrea, vedova del principe diTeora don Francesco Mirelli e natural tu-trice di suo figlio minore don GiuseppeMirelli conte di Consa, marchese di Ca-litri e principe di Teora”, chiese che fosseredatto “un fedele ed esatto inventariodegli effetti rimasti del defunto principe”,non per rivendicare – come spiegò –nuovi di ritti ereditari in favore del figliominorenne, ma come “un puro atto di co-gnizione de’ beni, che gli ap partengono”,lasciando decidere alla famiglia del ma-rito se fosse più con veniente “agl’in te res -si del minore” accettare l’eredità paternaoppure rifiutarla8.Alla stesura dell’inventario, da compiersiin presenza della principessa e di Mi-chele Scoca di Angelantonio, “procura-tore del surrogato tutore cavalier donFrancesco Ceva Grimaldi”, incaricato dicurare gli interessi del giovane principeGiuseppe, parteciparono il notaio Arcan-gelo Berrilli, estensore dell’atto, i testi-moni Salvatore Sacchitella fu Pietro, far-macista, e Angelomaria Melaccio diBerardino, agrimensore, e diversi peritinominati per l’oc cor renza: il falegnameMichele Pignone di Giovanni, il sartoRaffaele Del Re di Pasquale, il “pit to re ri-trattista” Michele Cerreta di Francesco eil sacerdote Donatantonio Rinaldi di An-gelomaria, “stimatore de’ libri”, che ac-cettarono l’in ca ri co e prestarono giura-mento. A essi si aggiunsero in un secondomomento il maniscalco Giovanni Mi-chele Toglia, incaricato di valutare i ca-valli dei principi, e il ramaio Canio Leonefu Giuseppe per stimare il valore degliutensili di rame e ferro presenti nella cu-cina del palazzo. Così la mattina del 26

IL PRINCIPE POVEROFRANCESCO MARIA MIRELLI

di Emilio Ricciardi

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maggio il notaio, i testimoni e i periti sirecarono nel l’a bi tazione “sita in istradapiazza, abitato di Calitri, terzo piano su-periore” dove pochi giorni prima eramorto Francesco Mirelli, per togliere i si-gilli e procedere alla ricognizione deisuoi beni.Prima dell’inizio delle operazioni la prin-cipessa dichiarò di essere creditrice neiconfronti del marito di diecimila ducatipromessi in occasione delle nozze e mairicevuti e di “altre ingenti somme” anti-cipate “di suo proprio peculio” per lespese sostenute “per l’ul ti ma malattia efunerali del detto defonto signor prin-cipe”. Per pagare il debito Francesco Mi -relli aveva intestato alla moglie tre terrenidel la badia di Santa Maria in Elce “ap pel -la ti Tu fiello, Luzzano e Cardinale”. dele-gandole di fatto l’amministrazione “acciòil detto princi pe distratto non venissedalle letterarie di lui oc cupazioni”. Lanobildonna aggiunse che il consorte nonpossedeva beni “dai quali avesse potutoricavare altre rendite”, motivo per cuiaveva dovuto provvedere lei “ai bisognidi famiglia”.Il disprezzo per il marito defunto che tra-spare dalle parole della donna era moti-vato dal le condizioni in cui era stata co-stretta a vivere per l’inetti tu di ne delprincipe, incapace di occuparsi degli af-fari di famiglia. Per la principessa, in-tenzionata a salvare quanto rimanevadella proprietà, era fondamentale sepa-rare i suoi beni da quelli del consorte edevitare che i creditori si rivalessero anchesul suo patrimonio personale.Gli oggetti del principeDa quando si erano stabiliti a Calitri i co-niugi Mirelli abitavano un piano del pa-lazzo appartenuto agli avi del principe epoi acquistato da Lorenzo Zampaglione.L’appartamento aveva le stanze dispostein successione intorno a un piccolo cor-tile interno. Le camere da letto erano si-tuate sul lato occidentale, mentre suquello meridionale, che corrispondevaalla facciata principale, si trovavano gliin gressi (uno a destra e l’altro a sini-stra), le anticamere e la cucina. La parteopposta, a nord, era occupata dalla gal-leria e da una stanza senza finestre usatacome granaio. La principessa, che pa-gava di tasca sua “l’an nuo pigione” alproprietario Michele Zam pa glio ne9, siera riservata la camera migliore, situataal l’an golo dell’edi fi cio, con un balconea sud e l’altro a ovest.

Quando il notaio e i periti entrarono nel-l’appartamento si recarono direttamentenella galleria, dal momento che nelprimo ingres so, nella cucina e nell’anti-camera non c’erano oggetti di proprietàdel principe. La galleria era il salone dirappresentanza, arredato con alcuni mo-bili appartenenti alla principessa e unaserie di dipinti alle pareti che raffigura-vano il principe, i suoi genitori, l’ammi-raglio Erberto Mirelli, considerato l’an-tenato più illustre, e il principinoGiuseppe, “nuovo conte di Consa”. Unodei quadri mostrava Francesco Mirelli“vestito con uniforme alla siciliana”, unaltro “il duello fatto dal defonto principedi Teora col marchese Crescimanni”, unaltro ancora lo stemma della famiglia;era dunque di una collezione di scarsopregio, composta da pochi dipinti com-missionati dallo stesso Mirelli per cele-brare il suo casato e i suoi trascorsi mi-litari: nessun quadro antico (il principesosteneva che i ritratti degli avi erano an-dati persi nel crollo del castello duranteil terremoto del 1694), nessuna opera dipittori importanti e nulla che avesse va-lore, se si eccettua il “Ritratto della fucontessa di Conza Mariantonia CevaGrimaldi con cornice indorata”, al qualeil perito Michele Cerreta attribuì unprezzo di sessanta ducati, metà di quellodell’intera raccolta, valutata 137 ducati emezzo.Terminata la stima dei quadri, iperiti si trasferirono nella camera delprincipe, arredata con pochi mobili checomprendevano il letto, una scrivania,qualche sedia, alcune scansie di libri edue “comò di legno di pioppo impellic-ciati di noce”, nel primo dei quali furonoritrovati diversi faldoni di “carte di fa-miglia ben custodite dal defunto”. Gli in-cartamen ti erano raccolti ordinatamentein cartelline, ma, a parte i “titoli attividella proprietà della laical badia” diSanta Maria in Elce, il resto del mate-riale conservato era molto eterogeneo:c’erano copie di diplomi e atti notariliantichi, processi di nobiltà, perizie difeudi, sentenze di tribunali e memoriescritte dagli avvocati dei Mirelli per cer-care di dimostrare i diritti della famigliasu beni che ormai non possedevano più.Insomma carte che forse avevano unagrande importanza agli occhi del prin-cipe, ma nessun valore come titoli patri-moniali.Nello stesso comò fu ritrovato l’interovestiario di Francesco Mirelli, che con-

sisteva in “quattro gilè d’inverno, tra iquali uno di velluto, e otto di està colo-rati di trapunto … camicie di mussolinaotto, e dieci di tela di lino … calzettini dilana paia dodici, ed altrettanti di cottone… fazzoletti di filo colorato numero sei,e dodici di cottone, pure colorato …scolle colorate numero dodici di cottone,e sei di seta … una coppola di castoroblu, e bordo verde … calzoni di està difilo colorato paja sei, e quattro di castoroper uso d’inverno … un abito di segovia… un calzone nero di doppio princeps …quattro soprabiti di filo, colorati, per està… paja sei di guanti di pelle color pa-glina … un cappotto di castoro blu concappuccio, stimato ducati dodici perchéconsumato … un soprabito di panno neroper inverno e … un cappello di seta nera,chiuso in una scatola di cartone”, più“paja tre di scarpe, un0 di doga colorato,e due neri di panno … più altre paja duedi vitellino di Francia”. Il valore com-plessivo dei capi di abbigliamento, se-condo la stima che ne fece il sarto Raf-faele Del Re, era di circa 165 ducati,mentre il corredo del letto (materassi,cuscini, lenzuola e coperte) fu valutatopoco meno di 100 ducati.La biblioteca del principe era sistemata indue “scan zie”, una vicino all’ingresso el’altra vicino alla finestra. L’opera dimaggior pregio erano i “quattro volumidella Bibbia Sacra di Martino con quat-tro grandi rami” (cioè incisioni in rame)custoditi in un astuccio di latta. Gli altrilibri comprendevano “un volume di Wal-ter Scott … un volume titolato Notiziedelle famiglie nobili, ed illustri della cittàe Regno di Napoli, di don GiuseppeRecco … un vocabolario di sette lingue… una Descrizione storica degli ordinicavallereschi del cavalier Luigi Cibra-rio”, più qualche libro di storia, un paiodi testi sacri, alcune statistiche del regnodelle Due Sicilie, “ventiquattro fascicolidi un’opera intitolata Scene della vitamilitare in Crimea del cavaliere AristideCelani” e “un opuscolo ligato in perga-mena contenente una col lezione di poe-sie del principe di Teora don FrancescoMaria Mirelli”. Non potevano man care i“tre volumi di Pacichelli, intitolati Il Re-gno di Napoli in prospettiva”, l’operache conteneva la celebre veduta di Cali-tri disegnata alla fine del Seicento, con ladedica a Francesco Mirelli, l’an te na toche aveva acquistato il feudo, e lostemma di famiglia.

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Gli unici oggetti di un certo pregio furonoritrovati in uno scatolino di legno “nel fo-dero del secondo tiratojo del comò” econsistevano in “mezza dozzina di for-chette, e cucchiai d’argento, nonché seicoltelli inglesi, senza punta, con manico diosso nero. Due di dette posate hanno ilmarchio al rovescio dell’estremo del ma-nico con lettere iniziali P.T.” (principe diTeora). Il peso di tutti gli oggetti, com-presi i “due cucchiarini di argen to dacaffè” presenti nello stesso contenitore,superava le due libbre, per un valore com -ples sivo di oltre trenta ducati, il che spiegaperché le chiavi del cassetto non si tro-vassero nel la stanza come tutte le altre, manelle mani della principessa. (1- conti-nua).

NOTE

1 Cfr. C. Zarrilli, Il palazzo Mirelli di Calitri e i suoiabitanti nelle pagine di Alexandre Dumas, in “Il Ca-litrano” 55 (2014), 4-7; E. Ricciardi, Gli ultimi feu-datari di Calitri, ivi, 59 (2015), 4-6.2 Cfr. Bullettino delle sentenze emanate dalla Su-prema commissione per le liti tra i già Baroni e iComuni, 1809/2, 36, Napoli 1809; ivi, 1809/5, 125,Napoli 1809; ivi, 1810/1, 343, Napoli 1810; Napoli,Archivio di Stato (ASNa), Carte Winspeare. Affaridemaniali e feudali, 70/2 [1810]. Intorno al 1770 ilvecchio principe Francesco Maria aveva acquistatodiversi beni nella capitale, tra cui il palazzoDonn’Anna, appartenuto al viceré di Napoli, ma nel1807, per pagare i creditori, era stato costretto a ri-vendere quasi tutte le proprietà (ASNa, Corte di Ap-pello di Napoli. Perizie, 13/782 [1822]).3 Cfr. V. Acocella, Storia di Calitri [1946], r.a. Ca-litri 1984, 126.4 Nel 1850 il sacerdote don Vincenzo Cerreta de-positò presso il notaio Arcangelo Berrilli un anticomanoscritto con notizie sulle famiglie nobili di Be-nevento e sulla famiglia Mirelli Scannasorice. Avel-lino, Archivio di Stato (ASAv), Notai II versa-mento, 341, 33 [1850].5 Acocella, 1386 ASNa, Mappe beneficiarie, 17 [1840].7 L’atto di morte del principe è in Calitri, Archivioparrocchiale (APC), Defunti 1849-1858, 148.8ASAv, Notai II versamento, 345, 171-198 [1857].9 Su Michele Zampaglione (1802-1887), figlio diLorenzo e di Cecilia Pionati, cfr. Acocella, 260.

Montreal, Canada. 05.09.2015. Elisa Di Caira-no con i nipoti Adriano e Marco.

28.12.2015 - 40° anniversario di matrimonio di Metallo Giovanni e Senerchia Maria Teresa. Da si-nistra: Metallo Nilde (figlia) Gianfranco Di Milia (genero) Bruno Luca (genero) Metallo Gianna (fi-glia) con in braccio la figlia Roberta. I festeggiati. In braccio alla festeggiata Martina, figlia di Nilde eGianfranco. Di Milia Francesca (nuora), con in braccio Giovanni, Metallo Vito (figlio). Nel passeggi-no Marialaura, figlia di Vito e Francesca. Auguri dalla redazione.

Germania, Elsdorf (Colonia) 26.01.2016. I coniugi Zarrilli Canio (v’ton’) e Margherita Cefola fe-steggiano le Nozze d’Oro. Da sinistra: Roberta Pentrelli ( moglie di Paolo ), il figlio Paolo,i festeggiati,e il figlio Vito (Onnipotent), le bimbe Valentina e Letizia ( figlie di Paolo e Roberta ). Auguri dalla re-dazione.

Riccione, 03.02.2016. 60° compleanno di Rosa Toglia. Qui con i figli, da sinistra: Piero, Rossana,La festeggiata, Martina e Angela Caputo. “Qualunque cosa tu abbia fatto finora non è niente se la pa-ragoni a quello che potresti fare, e qualsiasi cosa farai non è niente se paragonata a ciò che sei, augurimamma.”

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I l fervore con cui i calitrani partecipa-no alla processione della Madonna, l’8

settembre, conserva una spontaneità an-tica che non è di casa nelle espressioni ar-tificiali dei nostri tempi. Appena esce dal-la sua chiesa, la statua della Vergine vienecircondata con amore da una massa dipopolo che l’attende e che poi l’accom-pagna lungo le strade del paese. Quel-l’immagine, scolpita da un artista napo-letano del settecento, raccoglie intorno asé, teneramente e tenacemente, tanti ca-litrani, compresi coloro che sono sparsiper il mondo, proprio come tanto tempofa. Si dirà che questa é solo una delle ma-nifestazioni di pietà popolare che pur so-pravvivono nel nostro mondo secolariz-zato. Tuttavia, ciò non basta a spiegare lavitalità di un legame che dura ormai datre secoli. L’Immacolata, il recente libro di Emi-lio Ricciardi, analizza questo legamedal punto di vista storico, dimostrandotra l’altro che la vita del paese si è co-stantemente rispecchiata in quella dellaCongregazione dell’Immacolata Con-cezione, fin dal 1710 che fu l’annodella dalla sua nascita. Nascita in cuil’autore vede una sorta di risposta «chela parte più vitale della società cali-trana diede al sisma dell’8 settembre1694, avvenuto proprio nel giornodella ricorrenza della Vergine». La prima parte del libro illustra le ragioniprofonde per cui decine di giovani «coltie intraprendenti» decisero di mettersisotto la protezione della Vergine neglianni difficili che seguirono al sisma e av-viarono la ricostruzione materiale delpaese completamente distrutto. Vi tro-viamo descritta l’ispirazione spirituale ri-cevuta dai calitrani da un gruppo di ge-suiti venuti in missione, in quel periodo,nel nostro paese, nonché la figura di pa-dre Margotta, che si incaricò di compe-rare e far trasportare la statua della Ver-

gine da Napoli a Calitri, e quella di pa-dre Gervasi, primo affiliato e primo pa-dre spirituale. Ben spiegato appare poi ilruolo di alcune importanti famiglie neglianni iniziali della Confraternita: i Cio-glia, i Rinaldi e i Berrilli. Apprendiamo,altresì, che i padri Margotta e Gervasiistituirono la processione al Calvario delvenerdì santo, un altro evento che coin-volge molto intimamente la sensibilitàdei calitrani e li lega tutt’ora a quel pas-sato ormai lontano.

Seguono, com’è naturale aspettarsi, gliavvenimenti dell’ottocento e del nove-cento fino ad oggi. Il racconto è rapido,ma denso di notizie ben documentate,alcune del tutto nuove rispetto a quellecontenute nelle precedenti pubblicazionisull’argomento.

La seconda parte, staccata ad arte daquella iniziale, ne è il giusto comple-mento. Disegnato infatti lo scenario ge-nerale, ora l’autore lo riempie di uo-mini: i priori, gli assistenti, i padrispirituali e i procuratori che l’hannodiretta durante i tre secoli di esistenza.Nei lunghi elenchi storici che egli ri-porta, bastano pochi cenni biografici adar spessore ai personaggi, che entranoed escono di scena con periodicità di-verse. Ciò dà al lettore una visione di-namica delle vicende umane della“Congrega”, che dipendono ad ognimodo anche dai terremoti, dalle epide-mie, dalla bontà delle annate agricole,come dalle ascese e discese socialidelle famiglie locali. Nei suoi elenchi Ricciardi non ha timoredi porre, gli uni accanto agli altri, colti eanalfabeti, perché molti non sanno nep-pure scrivere il loro nome, ricchi pro-prietari e modesti contadini, valenti arti-giani e poveri individui. Né seleziona ipiù autorevoli o i più famosi tra loro, maprende tutti quelli che trova nelle carted’archivio e li trascrive nelle paginestampate del suo libro. Mi piace dire cheli toglie dalla sottostoria e dà loro la di-gnità che è propria della storia. D’altraparte questa dimensione egualitaria rap-presenta correttamente lo spirito di fra-tellanza di tutti coloro che, nella lorofragilità umana, chiedono uguale prote-zione alla Madonna. È come vedere unpopolo che avanza, il fluire di una con-tinuità biologica: i figli che succedono aipadri e che intanto non cessano di rima-nere legati ai riti, alle tradizioni e alla sta-tua della Vergine. Una continuità tuttavianon passiva, ma creativa e vivace, arric-chita da apporti genetici esterni, prove-nienti dai paesi vicini attraverso i nume-rosi e documentati matrimoni. «Non esiste famiglia in paese che nonvanti tra i suoi componenti uno o più

EMILIO RICCIARDI

L’IMMACOLATAp. 125, �11. In vendita presso la Pro-Loco Calitri

di Pietro Cerreta

Acquasantiera del 1722, uno dei più antichireperti della chiesa dell’Immacolata Conce-zione presente tuttora nella sua navata sini-stra.

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“fratelli della Madonna” e anche perquesto la confraternita dell’ImmacolataConcezione e la sua chiesa è uno deitratti più significativi dell’identità cali-trana» sottolinea l’autore. Pertanto eglinon si ferma ai soli fatti di religiosità po-polare di cui i documenti esplorati rac-contano le vicende, ma va alla ricercadelle loro relazioni con ciò che è tipica-mente calitrano, cioè che segna lo stiledella vita civile e addirittura politica del-l’intero paese. In questi trecento anniinfatti cade la feudalità, sorge la bor-ghesia liberale e, dopo tanti altri eventi,giunge infine la democrazia. In ognunodei suddetti passaggi epocali siamo in-vitati a cogliere il riflesso nel mondodella “Congrega”, la quale non si sottraeal compito di proporre a volte, tra i suoifratelli, le personalità adatte alla guidadel paese.

Nella terza parte del libro troviamo cin-que brevi appendici, costituite da al-trettanti brani di documenti esploratidal Ricciardi. Ciascuna di esse, ben-ché in modo diverso, consente al lettoredi farsi un’idea diretta dei fatti accaduti,della vita e della sensibilità umana deitempi andati. Per me, è stato sorpren-dente trovare, nella seconda appendice,l’elenco completo dei 173 cittadini diCalitri che nel 1710 fondarono il piosodalizio. In esso, ciascun lettore po-trebbe individuarvi un proprio avo. Io,per esempio, ho trovato il mio: AngioloCerreta. In conclusione, L’Immacolata è un li-bretto agile, scritto con chiarezza e allaportata di tutti. Penso sia adatto anche airagazzi, i quali comprenderebbero senzafatica una lezione di storia che non trovaposto nei loro manuali.

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LAUREA

Il 30 ottobre 2015

presso l’Università “La Sapienza”di Roma

ha conseguito la laurea triennalein Scienze dell’Architettura

MartaBOVIO

Discutendo la tesi:Riqualificazione del mercato rionale

Flaminio a Roma con il prof. Fasolo Marco.

Auguri vivissimi dal nonno Cosimo edalla nonna Lucia, dai genitori, dallafamiglia, dai parenti e amici e dalla

Redazione

LAUREA

Il 13 giugno 2015

presso l’Università“Alfonzo X el Sabio” di Madridsi è laureata in Odontoiatria

MichelaSORICE

Alla neo laureata gli auguripiù sinceri dai nonniSorice Bartolomeo,

Armiento Michelina (caramzett’),gli zii, parenti e amicie dalla Redazione.

Un pensiero, un saluto con l’augurio di ognibene ai nostri amici Vincenzo Armiento e Ma-ria Acojocaritei

LAUREAil 14 luglio 2015

presso l’Università Cattolicadel Sacro Cuore

di Roma

MicheleFASTIGGI

Laureato in Medicinae Chirurgina generale

Qui con i nonniMichele Fastiggi e Francesca Maffucci,

Auguri alla famiglia, dai parenti,dagli amici e dalla Redazione

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P asqua è la festa della Resurrezione, enon a caso ricorre sempre in prima-

vera, stagione della rinascita e del risve-glio della natura. A Calitri, anche quan-do Pasqua viene presto, la primavera laaccoglie con i colori dei mandorli in fio-re, cui seguono peschi e albicocchi checon le loro splendide sfumature dal bian-co al rosa intenso rallegrano gli animi so-lo a guardarli. Se ne possono vedere nel-le campagne, ma anche negli spazi verdidel paese, se ci si affaccia a qualche bel-vedere, o scendendo dalle ripide scalet-te del Calvario, magari al ritorno dallasuggestiva processione del Venerdì San-to. Una volta riecheggiavano per i vicolisonnacchiosi del paese alle prime lucidell’alba gli antichi canti di S. AlfonsoMaria De’ Liguori “O fieri flagelli che almio buon Signore le carni squarciate contanto dolor…..Gesù mio con dure funi…”I canti e la devozione ci sono ancora, matante cose intorno sono cambiate, nessu-no più si affaccia sulle porte delle casedel centro storico, o a qualche finestrel-la, a salutare il Cristo Morto, l’Addolo-rata o l’Ecce Homo portati dai fratelli del-l’Immacolata Concezione, non piùall’alba, ma nel pomeriggio; per le vienon si sentono più i suoni e gli odori e irumori dei preparativi per la festa. Ar-rendersi a tutto questo? Ci si augura chenon accada mai! Sperare in un miracolo(religioso? politico? economico? cultu-rale?) che ci aiuti a ripopolare il paese eil centro storico di Calitri è forse l’ulti-ma cosa da fare, bisognerebbe adoperar-si affinchè il miracolo realmente accada,affinchè in alto vengano prese delle sag-ge decisioni, come finora non è stato fat-to, poiché anziché limitare lo spopola-mento pare che lo si sia favorito,chiudendo fabbriche, trasferendo uffici,tribunali ed ospedali … tanti sono anda-ti via, e chi resta di certo non si arrende,e continua anche a coltivare tradizioni emodus vivendiperché non si perdano, so-prattutto come segno di identità colletti-va, e non solo per semplice nostalgia. Ritornando alla Pasqua, altro simbolo dirinascita è l’uovo, dalla cosmogonia al-la cucina, dall’ industria e commerciodelle uova di cioccolato sempre più gran-

di e accattivanti, fino alle ricette rustichee paesane. L’”acquasala”, tipico piattocalitrano, ad esempio, lo vede protago-nista cotto in camicia, adagiato sulle fet-te di pane raffermo bagnate con l’acquadella sua cottura, con l’ olio fritto conaglio e peperoncino piccante che vi sfri-gola sopra, nei piatti fondi e capienti;tempo fa, insieme ad un bicchiere dibuon vino, era la corroborante colazio-ne prima di avviarsi al duro lavoro quo-tidiano nei campi. La ricetta caratteristi-ca della Pasqua a Calitri è di un dolce, “u p’cclatiegghj”, una ciambella che vie-ne regalata soprattutto ai bambini, sindai tempi in cui l’uovo di cioccolato an-cora non esisteva. Per realizzare questodolce occorre impastare 1 kg di farina,400 gr di zucchero, 4 uova, 2 bustine dilievito per dolci o di ammoniaca per dol-ci, vanillina, 100 gr di olio (una volta siusava la sugna di maiale), aggiungendomano a mano un po’ di latte; con l’im-pasto bisogna poi realizzare delle gran-di ciambelle del diametro di circa 20-25cm, che verranno cotte in forno a 180°gradi per poco più di mezz’ora, o fino ache non saranno ben dorate e asciutte;mentre cuociono le ciambelle si prepa-ra la glassa o “naspro”, montando a ne-ve albumi d’uovo e zucchero (per 1 al-bume vanno 100 gr di zucchero);raffreddate le ciambelle le si ricopronocon la glassa in cui verranno “intrappo-lati” dei gustosissimi confettini vario-pinti con l’anima in anice o cannella. Ol-tre alle pastiere, che però appartengonoalla tradizione napoletana, altro dolce ti-pico della Pasqua sono i quaresimali. ACalitri si fanno così: bisogna prima me-scolare fra loro gli ingredienti secchi,cioè 1 kg di farina 00 con 1 kg di man-dorle sgusciate e tostate, 1 kg di zuc-chero, 1 bustina di lievito per dolci; aquesti vanno aggiunti gli ingredienti li-quidi: ben 10 uova, olio quanto basta, li-quore dolce tipo Strega, aromi come can-nella e buccia di arance grattugiata; conl’impasto così ottenuto si devono for-mare dei rotoli che andranno appiattitinella parte superiore con le mani, e mes-si a cuocere in forno a 180° per 20 mi-nuti; sformati i rotoli, si taglieranno in

pezzi di circa 2 cm, che si rimetterannoin forno ancora per qualche minuto. Nelgiorno di Pasqua, per il pranzo a Calitriè tradizione mangiare per primo i “gra-vaiuol”, ravioli di pasta di semola ripie-ni con un impasto di ricotta, uova e prez-zemolo, conditi con sugo al pomodoro,oppure la “sagna”, pasta al forno condi-ta a strati con ragù al pomodoro con pol-pettine di carne, mozzarella, formaggiograttugiato e uova sbattute; come se-condo è tipico l’ “ain e patan”, ossia l’a-gnello cotto al forno con le patate, con-dito con olio, pecorino grattugiato,pomodoro maturo a pezzi, cipolle a fet-te, prezzemolo e sale.La semplicità regnava sovrana anche nel-le scampagnate della Pasquetta, con frit-tate di ogni genere, salumi, formaggi,buon vino e l’immancabile “pizza chie-na”, uno sformato rustico fatto con ungrande cerchio di pasta di pane stesa conil mattarello, con cui si fodera un “ruo-to” unto con olio, in cui si adagia il com-posto a base di ricotta, uova (1 uovo sbat-tuto ogni 100 gr di ricotta), salame eformaggio a pezzi, formaggio grattugia-to e abbondante prezzemolo; si ricopre iltutto con un atro cerchio di pasta tiratacon il mattarello e si sigillano i bordi, bu-cherellando la superficie con i rebbi diuna forchetta; la pizza va cotta in forno a180° per circa un’ora. Buon appetito eBuona Pasqua!

SAPORI DI PASQUAdi Concetta Zarrilli

Phoenix, Arizona U.S.A., 20.11.2015. Calitranida e in America. Da sinistra: Jason NicholasGervase (figlio di Barbara e nipote di Nicho-las), Barbara-Jean Gervase Leary (figlia di Ni-cholas), Nicholas Gervase (figlio di Nicola Ger-vasi è nato nel 1895 a Calitri di AngelomariaGervasi e Maria Concetta Margotta), ValeriaBasile, Donato Zarrilli, e Barbara Gervase (mo-glie di Nicholas).

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I n occasione delle festività natalizie si so-no tenute presso l’Istituto Comprensivo

Statale di Calitri con sezioni annesse di Cai-rano Conza della Campania e Sant’Andreadi Conza “Alberto Manzi”, varie manife-stazioni che hanno visto protagonisti i bam-bini della scuola coadiuvati dalla parteci-pazione dei genitori e degli insegnanti. Ilprogetto ricade nella mission di quest’an-no adottata dalla scuola che prende nomedi PROGETTO GENITORIALITÀ. Inquesto obiettivo naturalmente siamo tutticoinvolti perché i bambini hanno bisognodegli adulti e gli adulti dei bambini. La col-laborazione tra scuola e famiglia è un pre-supposto fondamentale per il successo edu-cativo. È necessario organizzare momentidi aggregazione all’interno e all’esterno deltempo scuola che siano occasioni per vi-vere insieme esperienze di conoscenza e dicrescita.Ecco perché l’obiettivo della scuola èquello di creare un legame indissolu-bile tra famiglia, bambino e scuola chepossa agire nella condivisione delle re-sponsabilità e nell’impegno cheognuno dovrebbe esprimere in una fat-tiva collaborazione. Su questi presup-posti sono stati sviluppati più progettiche hanno visti coinvolti:• La scuola dell’infanzia di Calitri in tremomenti, il primo insieme al Comitato

centro storico di Calitri con creazione eallestimento di alberelli natalizi collocatinel Centro Storico, perché anche la storiadel territorio fa il bambino. Il secondocon la manifestazione in Chiesa di Cantie Pensieri Natalizi. Il Terzo con la rap-presentazione teatrale “Befane Sprint”che si è tenuta presso l’ITC di Calitri.

• La scuola primaria di Calitri inveceha dato il suo contributo con la rappre-sentazione Canto di Natale di Dickensdove insieme alla collaborazione degli

insegnanti e dei genitori i bambinihanno portato in scena una delle più fa-mose e commoventi storie sul Natalenel mondo.

• Non da meno è stata la partecipazionedelle sessioni staccate di Conza eSant’Andrea che hanno proposto varimomenti di aggregazione sociale trascuola e famiglia, che hanno visto i ge-nitori e i bambini quali protagonisti attivi.

Con la certezza che i progetti sopra citatihanno lasciato in ognuno grandi rifles-sioni e grande entusiasmo per i prossimieventi che realizzerà la scuola, acco-gliamo l’occasione per salutarvi con ilmessaggio che ha unito tutti noi in que-sta avventura:

Nessun bambino è tristeNessun bambino piange

Nessun bambino ha fameNessun bambino è abbandonato

Nessun bambino è sfruttatoNessun bambino è discriminatoNessun bambino non è amato

È un sogno? No è una speranza

Calitri, 8 gennaio 2016

Comitato genitoriI.C. “A. Manzi” - Calitri

A SCUOLA VINCE LA SINERGIA:Genitori - Insegnanti - Bambini!!!

Manifestazione “Befana sprint” - 08/01/2016 - Scuola d’Infanzia Calitri.

Manifestazione “Concerto di Natale” - 18/12/2015 - Scuola d’Infanzia Sant’Andrea.

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C anzoni della Cupa è un disco in dueparti, anzi, in due lati.

Il lato esposto al sole, il lato che dis-secca, che asciuga al vento. Il lato del-la Polvere. Il lato della ristoccia riarsa, su cui il gra-no è stato mietuto. Il lato del lavoro co-stato quel grano. Il lato del sudore e del-lo sfruttamento di quel lavoro.E poi il lato in Ombra, il lato lunare, illato dello sterpo e dei fantasmi. Il latodegli ululati e dei rovi, dei rami checontro luna danno corpo alle creatureche si fanno vedere da uno solo allavolta per sfuggire alla classificazionezoologica. Il lato delle creature dellaCupa, del pumminale, del cane man-naro, della bestia nel grano. Il lato deimulattieri che rubano legna la notte, illato delle fughe d’amore. Il lato delleapparizioni.È un disco in due parti e si è sviluppatoin due stagioni di registrazione. Due an-nate distanti tra loro più di un decennioperché i rovi s’ispessissero e mettesse-ro più a fondo radici. Perché quella Pol-vere generasse l’Ombra. La prima registrazione avvenne al sec-co della stagione, nell’estate 2003. Unasessione scarna, disseccata, appunto.Due violini, un cymabalon, un contrab-basso e la voce accompagnata dalla suachitarra…E poi, undici anni dopo, la sessione nel-l’ombra dell’autunno 2014 dilatata fi-no al 2015. Quei brani avevano genera-to altri brani che si raccolsero in unasessione ritirata, registrata tra i vicolidel paese dell’Eco, al fuoco di forna-cella, nel paese dell’origine. Dalla frontiera maternale d’oriente,quella del gallo turco nascosto già nelbagagliaio di liveinvolvo, sono poi di-lagate oltre oceano, fino a raggiungerel’altra frontiera che le coste paternalidell’Ofanto da sempre mi evocano…Quel west che qui tutti si vogliono fot-tere, tanto hanno avuto esperienze diselle, muli, ferrovie e paesaggi da resadei conti.

Dalla frontiera del lupo, le vallate irpi-no lucane, alla terra del coyote, l’operasi è andata completando con la frontie-ra texano mexicana di Flaco Jimenez inSan Antonio, Texas, quella dei Calexi-co del deserto di Tucson, fino a quelladei Los Lobos, i lupi che stracciano lanotte tra Messico e California.Nei vicoli del paese dell’origine sonovenuti in diversi, voci e strumenti chedel canto della terra hanno esperienza,Giovanna Marini, Enza Pagliara, Anto-nio Infantino, la Banda della Posta,Francesco Loccisano, GiovannangeloDe Gennaro, e da più lontano HoweGelb, Victor Herrero, Los MariachiMezcal, Labis Xilouris, Albert Mihai ediversi altri sempre accolti dalla triadeproduttiva della Cupa, Taketo Gohara,Asso Stefana e l’autore medesimo.Ogni paese dell’Italia interna - le terredell’osso non lambite da mare o città,terre dove i paesi si arroccano su dirupiquasi a difendersi dal mondo, circonda-ti da mari di argille e di terre e di notte -conosce questa geografia dell’anima.Ognuno di questi paesi è diviso in duelati, un lato in luce e uno in ombra, undualismo che compone un’unità im-mobile. Ferma in un tempo circolare,che si ripete in eterno, come il tempodella terra e delle stagioni.Ognuno di questi paesi ha una contra-da detta Cupa, un lato meno battuto dalsole dove l’immaginario e l’inconsciohanno ubicato le Leggende, e un latoriarso sul dorso della terra, un lato chia-

rito dall’ordine del Lavoro. Un lato dipolvere e sudore.Questi due lati compongono un cerchio,un cerchio in cui il tempo si muove im-mobile. A questo mondo attingono queste can-zoni. Un mondo folclorico, rurale, mi-tico e mitologico, a cui ho cercato didare voce affidandomi all’opera pree-sistente di un cantore come Matteo Sal-vatore, e poi al patrimonio delle can-zoni di paese, e soprattutto a quelgrande bacino che racchiude la sagaepica della comunità, quello dei sonet-ti, i versi in rima, mai scritti, che si can-tano uniti, affastellando le voci. E altriancora ne ho trovati dentro di me, a lun-go cercando tra i gradini, i vicoli, i ro-vi e le terre. Tutti insieme, affastellatinegli anni come fascine da fuoco, sonodiventate le Canzoni della Cupa. Can-zoni che mi hanno dato calore e radi-ce, paura e conforto. Non c’è nulla di rassicurante nella musi-ca folk, affermava Dylan. Ed è vero. So-no canzoni in cui l’uomo è esposto alleforze della terra, alle sue radici che avvi-luppano e strangolano, ai suoi rovi cheinfliggono ferite, alle forze della notte, aidirupi di una natura crudele e arcana, al-lo sfruttamento e alla sopraffazione del-l’uomo sull’altro uomo. Che espongonoalle malizie umane, alla crudeltà dellepiccole comunità. Musiche che non la-sciano fuori dalla porta il lutto, la sepa-razione e il dolore. Che non pongono li-miti alla Festa, all’abbondanzadissipatoria che sconfina nella morte. Masono anche canti che ricompongono unrapporto tra cielo e terra, condizione in cuispesso stiamo sospesi incoscienti, in-consapevoli, come sonnambuli. Che cifanno ancora sentire freddo, emozione,desiderio, paura, senso dell’avventura,euforia, lutto e morte. Che ci dicono di ap-partenere a un mondo più vecchio di noi,a cui la Storia cambia volto e superficie,ma che resiste, e ci ricorda di essere so-lo uomini sulla terra nuda. Terra cupa sfuggita al cielo.

VINICIO CAPOSSELACanzoni della Cupa

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Polvere Polvere è la schiuma della terra, terraseccata dal sole, dal vento, dal tempo.Ma polvere è anche humus, umano, lapolvere che ci ha originato e a cui tor-neremo. Polvere sono le radici, effi-mere, che ci legano alla terra. Questecanzoni sono esposte al secco, al lavo-rio della polvere, ma sono anche laterra in cui affondano le radici di que-sti canti.

FemmineCanto di lavoro di tabacchine raccoltodalla voce della signora AddolorataLia in Patù. Ricordo dei tempi in cuiquel lavoro praticava, rimodulato sullascorta dei canti di lavoro e prigionedelle registrazioni di Alan Lomax. Ilmondo delle raccoglitrici di tabaccoche tanto ricorda il cotone della culturadei neri d’America per la fatica e l’a-buso, ha di suo la licenziosa malizia.

Il lamento dei mendicantiBlues arido, di siccità, di fame e sete. Ilprimo pezzo ascoltato di Matteo Salva-tore, il grande cantore dell’ingiustizia edello sfruttamento nel mondo del la-tifondo meridionale degli anni ‘50. Uncanto che si porta dietro le pezze, glistracci, i sonagli di quei mendicanti acui Camporesi ha dato solenne vestenel suo libro dei vagabondi.

La padrona miaLa padrona del mio cuore, ma anche lasignora della massaria, figura conmolte variazioni in diverse ballate asonetto. Sempre troneggia nella suafemminilità inaccessibile e dirompente.Questa versione prende la prima strofadalla forma popolare e poi si avventuratra l’elaborazione dell’autore e quelladi Canio Vallario, maestro B’llino.

Dagarola del CarpatoStoria cantata raccolta dalla memoriadella signora Di Guglielmo. Un’eroina,una donna fedele questa Teodora che ildialetto del paese rimodula in Daga-rola. Commovente ritratto di donna in-namorata che pazza di dolore si aggirasola, in orari in cui nessuno può ve-derla. Come vacca scampanata, comeanimale senza gregge, ha per unicoconforto la supplica alla Vergine Inco-ronata. Il suono sferragliante, il timbrounico del western calitrano, è quellodella Banda della Posta in esecuzione

corale con voce tutelare di GiovannaMarini.

L’acqua chiara alla fontana Ballata d’ispirazione semi trobadorica,ispirata al sonetto in uso a Calitri “Il no-bile cavaliere”. Una fonte, un’acquachiara, virginale, alla fontana. Un ade-scamento al suono dei marenghi d’oro,monete di altro tempo. Una storia dicontrattazione d’amore che non mancadi grazia e di terragna, popolana, car-nalità. I toni cavallereschi sono anchenell’arrangiamento da ballata antica,provenzale, dei due violinisti francesiche l’hanno interpretata all’istante.

Zompa la rondinellaBallata spontanea e viaggiante a cui in“cumversazione” ognuno aggiungestrofe diverse. Vi figura un certo Pesca-tamonte, prete senza vocazione, di ca-rattere rissoso, che meritò lo stortonomedai “peccata mundi” che recitava sul-l’altare, e da quelli per cui aveva incli-nazione nella vita. C’è il suono di altrefontane e piscioli, e soprattutto una certaFilomena, che per sè combina i guai, ea noi lascia la pena, ma ugualmente,“stringiamoci un’altra volta e diamoglifuoco al treno”.

Franceschina la calitranaLe strofe riecheggiano dai tempi dellacostruzione della ferrovia, impresa se-guente all’Unità d’Italia. Ancora por-tano per aria la forza di seduzione diquesta popolana, “amica” d’ingegneri ecapocantieri. I manovali che intanto“stanno sempre là”, esclusi tanto dalprofitto quanto dal piacere, danno untono epico–sindacale al brano.

SonettiIl sonetto è canto spontaneo a formafissa, in metrica e melodia. È patrimoniovasto come un giacimento a cui ognunoha aggiunto una strofa. Qui si riprendela forma melodica e una selezione distrofe che insieme compongono una sto-ria d’amore; un amore bramato a cuiper orgoglio, paura e avventura, non siè più trovata la strada per tornare.

Faccia di corno Due sono i modi della serenata portataal balcone di notte: i rispetti e i dispetti.Le strofe possono esaltare l’amata o de-nigrarla, ingiuriarla, quando il fruttodel sentimento si è marcito. Questa spe-

cie di canto a stornello riprende alcunedelle strofe dello straordinario patrimo-nio delle serenate a ingiuria, che per ilresto, parlano da sé.

PettarossaLo stortonome della protagonista devepiù alla generosità del petto che al co-lore del pettirosso. La forsennata can-zone riecheggia nel testo di frammenti difigure tramandate nei sonetti e ha an-ch’esso il carattere dell’ingiuriata a di-spetto.

Faccia di corno - L’aggiuntaCome uno che dopo essersi sfogato alvento riprende la via di casa, ma ancorasente di non averne dette abbastanza:ecco l’aggiunta. Altre strofe sotto la fi-nestra a dispetto, alcune di caratteremetafisico, come la pertica lunga, che apiegarla ne viene un ponte, sotto il qualepuò passare il vero amante. Diverse leingiurie, stesso, momentaneo, finale:“Dal mio cuore ora, per sempre tu, te nesei uscita”.

Nachecici Versione “ranchera” de “I Maccheroni“, di Matteo Salvatore, capolavoro di-namitardo esistenzialista-paesano in cuitroneggia il verso definitivo: chi muoremuore, chi campa campa e un piatto dimaccheroni con la carne.

Lu furastieroIl campo raso dalla mietitura, i covoni,il vento. Il mietitore stagionale venuto dafuori, forestiero, che tutto quello chepossiede si porta addosso. Il riposo diquesto forestiero abbandonato al sonnosul cuscino della sua “sacchettola”, è uncapolavoro lirico di Matteo Salvatore,qui transumato all’italiano.

RapatatumpaVersione de i “Proverbi paesani “diMatteo Salvatore, vademecum di sag-gezza e cinismo popolare. Il trapata-tumpa simula la rullata del tamburo delbanditore nell’accidia del pomeriggio.La sequela di queste strofe, nere comeuna pittura di Goya, fa da mantello allasfilata della Morte. Una morte dentro lavita stessa, in cui anche il tempo ha bi-sogno di essere ammazzato. Il suono al-lucinato dei tamburi in questa versioneviene da Tricarico, dallo straordinarioplotone di ragazzi che seguono il mae-stro-profeta Antonio Infantino.

Note sui testi dei brani del nuovo CD in uscita di Vinicio Capossela

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N. 61 n.s. – Genaio-Aprile 2016 IL CALITRANO

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La lontananzaQuando si è lontani e soli, sperduti die-tro alle greggi nella notte, quello che fapiù paura non è il vento, non è il tuono,non è la tempesta o la penuria. È la lon-tananza. La lontananza il maggiore deimali, nel nostro vivere, filo teso tra chiamiamo e chi ci ama.

La notte è bella da soliQuando tutti se ne sono andati, o dor-mono per sempre, un solitario cantorenel paese abbandonato. Lo scalpicciodei passi, il pisciolare delle fontane, uncombattimento di cani e gatti, l’eco delverso del lupo mannaro che fa spaurareil cuore. Un sentito lamento di Salva-tore per tutti i paesi in abbandono.

Ombra Ombra è la fronda generata dalle ra-dici, l’intreccio dei rami che quella pol-vere ha prodotto. Ed è anche l’ombra illato delle creature che non si chiari-scono allo sguardo, il lato dei presagi,degli uccelli che volano la notte, il latodel racconto che desta meraviglia e in-quietudine. E ombra è anche quella chelasciamo sulla terra andandocene.

La bestia nel granoL’urlo del mietitore è più forte a mez-zogiorno, l’ora che non lascia ombrasulla terra, l’ora in cui non c’è separa-zione fra vita e morte. L’ora del de-mone meridiano. A quell’ora bisognarincorrere le bestie immaginate che sinascondono correndo e scuotendo ilgrano, per offrirle in sacrificio al de-mone, a risarcimento del lutto delcampo falciato.

Scorza di muloI mulattieri sono sotto la guida di Er-mete. Sono le creature liminari tra ilmondo immobile degli stanziali e la mo-bilità sconfinata della notte. Non sonocavalieri però, sono soltanto mulattieri,hanno a che fare con bestie cocciute.Viaggiano nel buio per rubare legna dalbosco, per portare carichi, soggetti alpericolo, alle piene dei fiumi, ai dirupi,alle guardie, ai briganti. Quanti neri pen-sieri corrono nella muta testa di mulo diun mulattiere nella notte, sotto il suonoipnotico di zoccoli, che non galoppanomai, soltanto trottano al passo di un ca-rico da condurre come una pena?

Il PumminaleIl Pumminale è il mannaro nato nellanotte di Natale, che con la luna piena si

trasforma in lupo e va sporcandosi nelfango per trovare refrigerio. QuestoPumminale è versopelo, ha i peli den-tro, e al richiamo della luna si tra-sforma non in lupo, ma in porco maiale.La storia di un meretricio notturno perincontrare il proprio demone e metter-cisi d’accordo.

Le creature della CupaMolte sono le creature della Cupa percui è meglio non affacciarsi ai pozzi,non uscire la notte, non esporsi al pe-ricolo. Come in una ninna nanna suuna culla fatta di rovi, ecco recitatol’elenco: la masciara, il pumminale, ilmaranchino e soprattutto la creaturadella Cupa, neonata che ispira tene-rezza, ma a sollevarla piega le gambeper il peso abbracciato, oro che il de-mone ha trasformato in piombo.

La notte di San GiovanniÈ la notte dei presagi e delle compa-ranze. La notte in cui le ragazze cer-cano segni per capire chi accompa-gnerà la loro vita. E nell’acqua delbacile vedono l’ombra di Salomè edErodiade inseguirsi e accusarsi per l’e-ternità.

L’angelo della luceSempre Michele è venuto su una spadadi luce. Ha spinto i contadini a lasciarele case, a mettersi in via, come pelle-grini, per andare alla grotta nel giornodell’arcangelo. Strada affollata quelladei pellegrini: ordini di mendicanti, si-moniaci, guaritori, predicatori, accat-toni, commercianti di fede. Anche l’an-gelo della luce per scendere in terra,come Adamo, ha dovuto sporcarsi ipiedi.

Componidori Dopo una divinità religiosa, una pa-gana. Come rendere divino l’uomo perun giorno, come mondarsi dalle fun-zioni corporali, privarsi del volto edessere solo maschera luminosa cheguida una torma di magnifici cavalieriche cacciano stelle per guadagnare lafertilità della terra, è quanto accadenella festa, nella giostra della Sarti-glia. Ma è festa di carnevale, festa disovvertimento dell’ordine. Quellostesso re si ubriacherà e verrà raccoltoall’alba, fra gli ultimi.

Il bene mioAll’unione di nozze si arriva col velo,circondati, eletti e digeriti dalla comu-

nità. Oppure da soli, nella clandestinitàpiù buia, quella della fujuta. La fugad’amore. Non c’è banchetto allora, c’èsolo il ricovero dell’amore e il terroredi essere abbandonati dopo. Questo ilsoggetto di un’altra straordinaria can-zone di Matteo Salvatore.

Maddalena la castellanaStoria terribile delle conseguenze di unamore clandestino. Episodi non rari inun mondo in cui gli uomini erano con-tinuamente lontani per guerra, migra-zione o lavoro. Con la ferocia di unadescrizione cruda come la realtà, ilpoeta Canio Vallario ha composto que-sto sonetto sul tema di un aborto clan-destino, sulla figura nera come la nottedi questa vammana che una volta chia-mata “mai indietro fa ritornare”.

Lo sposalizio di Maloservizio.La festa fonde la vita fino al punto incui tocca la morte. La festa sfrenata,che dissipa ogni accumulo, la festa deisanti martiri del Ricreo. Il ri-creo, cherigenera l’uomo, lo crea nell’accop-piamento e allo stesso tempo lo con-suma. Per questo in maniera fatale esimbolica, a Maloservizio, fu fatto loscherzo di legare l’uscio della sua casaal cancello del camposanto. Il filo, fat-tosi stella filante, avvolse tutti nella fe-sta, e raccolse anche i paesi del con-torno nominati per nome e blasone.Rucche Rucche e Barbaje, è specie diformula magica da incantesimo. Il restoè tutto il folclore da sposalizio, cinqueminuti di corsa forsennata condotta dauna crepitante banda rumena unita allapostale. Il brano deve molto ad AnielloRusso per i blasoni e ad Armando Te-stadiuccello per la sostanza.

Il lutto della sposaOgni età dell’oro, l’infanzia del mondo,finisce si sa nel giorno della sposa. È ilmomento del trapasso a un’altra vita.Abbracciarne una nuova significa ab-bandonare quella che si è vissuta finoad ora. Per il soggetto di questo branoringrazio Adrian Paci.

Il trenoForse è venuto un treno come un uc-cello, un giorno, a portarsi via tutti. Alasciare i balconi vuoti. Un treno viene,nero. In guerra come in pace. Ci sonosaliti tutti sopra, anche un ragazzo chetutto quello che aveva era una grandescanata di pane. Se ne sono andati tutticosì, su quel treno. Anche mio padre.

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“N ella notte di luna, Mastro Giusep-pe è uscito di casa… la luna gli ha

mandato il richiamo del Pumminale..” Inizia in questo modo l’avventura nottur-na di un uomo che lascia moglie, figlia eogni cosa che porta alla ragione per av-venturarsi al richiamo delle “malestrade”.Una storia di seduzione notturna che lo tra-sformerà, anziché in lupo, in porco maia-le. Il corto, girato in Irpinia dal regista ame-ricano Lech Kowalski, figura di culto nellascena cinematografica underground, è unasorta di trittico, o di sonata in tre movi-menti.Il brano “Il Pumminale” è ispirato a unadelle doppie anime dell’uomo che la cul-tura popolare ci ha abituato a conoscere:la donna capra, l’uomo lupo, il “Riavolo”(Diavolo) che piscia, la Madonna che fale toppe, sono un modo di leggere il mon-do nella sua doppiezza e nel suo politei-smo. Un mondo in cui non c’è distinzio-ne netta tra umano e animale, in cui tuttala natura è espressione della divinità e perquesto inconoscibile, se non con l’espe-rienza diretta. “Il Pumminale” è una delle creature cheaffollano il lato in ombra del nuovo disco

di Capossela “Canzoni della Cupa”, inuscita a marzo 2016. Il lato in ombra è illato scuro, liminare, dell’inconscio. L’om-bra è lo spazio, allargato e ferino, nel mo-mento in cui la propria natura è messa al-la prova da paura, tentazione e desiderio.In questo pantheon di doppiezza,il Pumminale è il nome che la cultura po-polare dava all’antico Licantropo, il canemannaro, che misura guardando alla lunal’ampiezza della sua solitudine. E poiché in ogni esperienza di sciamane-simo il primo viaggio è quello che ci con-duce a trovare il nostro animale totemico,quasi fosse il primo passo per conoscerenoi stessi, il Pumminale è meglio cono-scerlo, battezzarlo, portarlo alla luce e “far-celo compare”, affinché non ci domini nel-l’oscurità. “Disegni, costumi e scenografie scrittidall’immaginazione del regista LechKowalski in una stanza di New York, han-no trovato realizzazione in un angolosperduto di mondo, grazie alla straordi-naria intraprendenza di una task force lo-cale, abituata già dallo Sponz Fest, a ren-dere possibile l’impossibile – affermaCapossela – E così si è trovata in un bo-

sco una pedana rotante, dalla quale fuo-riuscivano rami, come remi, e un pia-noforte nero decorato in oro che gli gi-rava sopra. Fuochi accesi per tre notti euccelli notturni sulle spalle, addomesti-cati da capaci falconieri. Donne-lupo, unragazzo sulla soglia della conoscenza euna donna in Salute che si sventagliavacon un piccolo, grazioso specchio, sulquale era scritto a rossetto “la verità”…Queste e altre cose si sono trovate in unasettimana miracolosa, durante la qualele terre selvatiche della Cùpa hanno rin-novato la loro capacità di incutere terro-re e meraviglia.”Lech Kowalski è un regista americano diorigini polacche, rinomato per i suoi plu-ripremiati e controversi documentari sul-la scena punk londinese; il più importantedi questi, “D.O.A. - A rite of passage” del1981, documenta tra l’altro l’unico tourdei Sex Pistols negli Usa. È autore del do-cumentario “Hey! Is Dee Dee Home?” sul-la storia del bassista e principale compo-sitore dei Ramones, Dee Dee Ramone. Nel2005 ha vinto il premio Orizzonti al Festi-val del Cinema di Venezia per il film “Ea-st of Paradise”

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IL PUMMINALEun breve film con la regia di Lech Kowalski

basato su una canzone del nuovo album di Vinicio Capossela

“Canzoni della Cupa”

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L a frequente coincidenza in svariaticontesti naturali e culturali di ele-

menti apparentemente non collegati traloromi offre indicazioni,mi consente dileggere didascalie.È appena uscito il doppio album di Vi-nicio Capossela, Canzoni della Cupa(prodotto da La Cùpa e distribuito daWarner Music), un lavoro con due fac-ce che ha avuto bisogno di due stagio-ni di registrazioni per venire alla lucepolveroso e ombroso. In tanta doppiez-za per provare a comprenderlo mi oc-corre un doppio, una coincidenza. Latrovo in una regressione.Il 19 gennaio di quest’anno il cinemaitaliano era in lutto. Per Ettore Scolamorto a Roma dove la sua famiglia ne-gli Anni Trenta del secolo scorso s’eratrasferita da Trevico. Quella stessa serain tutta Italia era in cartellone il docu-film Vinicio Capossela - Nel Paese diCoppoloni, viaggio cinematografico diuno che, nato in Germania durante laperegrinatio dei genitori che, una tren-tina d’anni dopo quelli di Ettore Scola,cercavano di sistemarsi anche loro la vi-ta; viaggio di uno che, diventato gran-de in Emilia con il latte succhiato dalseno del padre, dai racconti ininterrottiche gli faceva delle cose di qui, sentitoquell’alimento diventato sua carne e suosangue, torna alle terrenotte più estreme,agli ultimi spuntoni d’Irpinia fatti d’ar-gilla non cotta sui quali i paesi, mai de-finitivi, franano. Torna al Paese dell’E-co, al paese che ha preso il nome dellaninfa rimasta senza corpo, rimasta solovoce.Torna per cercare le voci,musichee musicanti. Torna con la voce ritrova-ta dopo un intervento alle corde vocali.Del regista trevicano in questa circo-stanza potrei citare diversi lavori, so-prattutto quelli che legano le storie al-l’emigrazione cui furono costretti igenitori di Ettore e Vinicio: Trevico –Torino –Viaggio nel Fiat-Nam, film-do-

cumento del 1973 sugli operai del Sudandati, come si diceva qui da noi, a com-mattersi la vita in Fiat negli anni in cuiil miracolo della resurrezione dell’Ita-lia avveniva altrove, e Brutti, sporchi ecattivi, del 1976, che racconta di un clanpugliese trasferitosi nella capitale e ba-raccato presso i cantieri di viaBaldo de-gli Ubaldi eBoccea. Il film però che piùritengo idoneo a celebrare le coinci-denze è Maccheroni, del 1985. L’hoscelto non perché Nachecici, una delleCanzoni della Cupa, è una versione deI Maccheroni di Matteo Salvatore, maper quell’immagine deimaccheroni fu-manti sul tavolo della stanza accanto al-la camera ardente di Antonio, il defun-to. L’ho scelto per questo fortissimocontrasto tra libido e morte. Per questoconfronto brutale, quasi rissoso, degliopposti. Brutali, quasi rissose, sono leimmagini del film di Vinicio e di que-sto rifacimento di alcuni canti della tra-dizione, che all’osso nel piatto, al dia-letto senza vocali, alla scarnificazionedel paesaggio del Paese dei coppolonirestituisce, con la carne e il sangue difeste, tradizioni e miti, il grasso dellevocali intinte nei sughi densi della suamusica e della sua poesia. Poiché, però,il Paese dei coppoloni, il Paese dell’E-co è rimasto senza corpo ed è solo vo-ce, Vinicio, pur dandoci il suo cuore, isuoi ritmi e la sua poesia per sentire,imitare, capire e guardare, non riesce adarci l’attualità di quella visione. Nonpuò. Il passato è passato, ed ora tutto ècambiato. Persino il pumminale che è innoi. Il corto che abbiamo tutti visto diseguito al viaggio di ritorno diVinicio,il video di Lech Kowalski che ha anti-cipato leCanzoni della Cupa, è denun-cia. Il Pumminale è un atto d’accusa.Forse inconsapevole. Ci accusa d’averucciso la vita che chiede vita. D’aversoffocato sul divano di casa, col cusci-no delle convenzioni imbottite di soffi-

ci piume, la nostra faccia lunare. Quel-l’altra parte di noi, il nostro animale to-temico.Forse in queste due opere cinemato-grafiche che lo raccontano, Vinicio hafatto emergere un suo disincanto, hafatto avvertire il non-senso che in séforse avverte. Sembra che, come i per-sonaggi dei succitati film di Scola, sen-ta di doversi adattare al nuovo corsodelle cose. A me pare che questa sug-gestione l’abbia narrata al suomodo so-lito, discreto e delicato.Vinicio nel Pae-se dei Coppoloni, sembra avere a chefare con qualcosa dell’inconscio che glista affiorando alla coscienza: basta colpassato! Ora ci vuole altro. Ci voglio-no racconti più attuali! Sembra che lamodernità, che in questo Paese, in“questo west che tutti si vogliono fot-tere”, prova ad arrivare, e arriva, contrivelle, pale eoliche criminali, elettro-dotti selvaggi, discariche clandestine,gli chieda di essere cantata mischiataalle tante arretratezze di qui e agli stes-si miti del passato. Se è così, nel vi-deoclip di Kowalski e nella omonimacanzone Il Pumminale, galleggia undato del preconscio diVinicio. E il pre-conscio, anche quello diVinicio, è quellabile confine tra coscienza (che nelsuo, di Vinicio, disco è rappresentatadalla cosiddetta Realtà) e inconscio(che nel suo, di Vinicio, disco è fattocorrispondere al mondo della Verità).È questo l’animale, il preconscio, diogni canzone di questo suo nuovo cd.È questa parte di sé la bestia che lo ag-gira sui confini. I versi che chiudonovideo e canzone, quelli che dicono “seme ne esco da queste botte/ non escopiù a vagare la notte”, esprimono unasuggestione ancora non tematizzata,non ancora affiorata alla coscienza, maprossima a sconfinare nel diurno: uscir-sene da “queste botte”, quelle de “lanotte” deimiti antichi, i miti del passato

VINICIO NEL PAESEDEI COPPOLONI

di Alfonso Nannariello

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Calitri, anni ’20. Maria Di Mila (22.01.1852†16.09.1934 coniugata con Benedetto Cesto-ne) con la nipotina Maria Rosa Cestone(16.04.1922†23.07.2011 coniugata con Vito Gal-gano).

Casa famiglia Calitri (presso suore di Gesù Redentore) 17.01.2016,Giornata in compagnia della fisarmonica tra canti e balli. Da sinistra in alto: Sil-vana Giammatteo, D’Alessandro Angela, suo Immacolata, Schettino Maria Luisa (mancin), Calabrese Gerardo, Zarrilli Concetta (scatozza), Di CairanoAntonio( pind’), Di Cairano Lucia (pind’), Martiniello Antonio (lancier). A terra da sinistra: Macri Antonietta, Cestone Lucia (selvuaggia), Zarrilli Lu-cia (mammacenza), Bonzanini Daniele, Cubelli Giuseppe (cuviell), Metallo Michelina, Cestone Maria Teresa (mamma r i lancier), Conte Giuseppina, Cian-ci Francesca (lancera) e Iannuzzi Concetta.

da cui Vinicio si sente forse imbriglia-to. Forse è lui quel “ragazzo sulla so-glia della conoscenza”. Forse proprioperché avverte di dover chiudere conquel tempo, in questa nuova raccolta,prima di buttare il paranco alla porta,mette insieme quanti più brani possi-bili. Forse realizza questo doppio al-bum proprio perché avverte la neces-sità di liberare e lasciare aggirarel’uomo/animale non più nell’inconsciodella notte, ma sull’incoscienza del

giorno. Vinicio sembra sentirsi prontoa far vagare il suo spirito nel territoriodi nuovi miti, quelli sorti in questo Tar-taro in cui si aggirano mostri che sfug-gono alla classificazione zoologica eche adocchiano questa terra remota eoscura: i centimani della modernità di-storta che, con le loro cinquanta boc-che voraci e le loro cento mani fameli-che, la devastano, la derubano eaggrediscono. Credo che la sua, di Vi-nicio, incoscienza lo spinga a vederse-

la con loro, e a cantarli, come Esiodo eOmero, magari con quella stessa musi-ca folk che, secondo Dylan, non ha nul-la di rassicurante. Così, per quanto ilpumminale possa essere “battezzato efatto compare”, non sarà mai portatoalla luce definitivamente. Si aggireràper sempre sui nostri bordi argillosi.Del resto noi siamo stati battezzati noncon l’acqua chiara del fonte battesima-le, ma con quella fangosa dei pantani(Zompa la rondinella).

Carrara, 12.09.1965 e 12.09.2015.I coniugi Cerreta Michele (R’z-zond’) e Barbieri Fausta nel gior-no del loro matrimonio, la cele-brazione delle loro nozze d’oro econ i figli Gianna, Elisa e Fabrizioche augurano: “50 anni fa avete de-ciso di consacrare il vostro bellissimoAmore con il MatrimonioSacrificio, Forza di volontà, Tolleran-za, Pazienza, Rispetto reciproco,Umiltà, Coraggio, Generositàe tanto, tantissimo Amore! Con que-sti mattoncini, passo dopo passo ave-te superato tanti ostacoli e tante dif-ficoltà e siete riusciti a creare lanostra bellissima famiglia. Abbiamoricevuto molto da voi, ci avete tra-smesso tutti quei valori fondamentaliche ci hanno permesso di crescerenella semplicità e di apprezzare lavita in ogni sua piccola cosa .... Sietestati e siete tutt’ora un grande esem-pio di Vita per noi. E per questo vi vo-gliamo gridare un immenso. GRA-ZIE. SIAMO MOLTO ORGOGLIOSIDI VOI. VI VOGLIAMO UN MONDODI BENE!!!!”

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Montreal, Canada, 17.10.2015. I fratelli Di Cairano, Francesca, Elisa e Mi-chele con la nipote Gina.

Calitri 1975. Giovanni Gervasi (cap’zappa) partì in cerca di fortuna a Mi-lano. Gli amici lo salutarono così! Da sinistra: Canio Fastiggi (ragazzi-no in primo piano), sul mulo Giovanni Gervasi (cap’zappa), dietro Vin-cenzo Quaranta (kembò, si vede appena), Mario Di Cairano (pind’), dietroVito Zabatta (mattaion’), con la chitarra Rodolfo Iannella (b’sciard’) e Vin-cenzo Galgano (brattiell’).

I venti anni del Presepe ViventeIl 26 dicembre 2015 si è svolta la 20a edizione del Presepe Vivente di Calitri, organizzato dal Circolo Aletrium.Sin dalla prima edizione si è voluto ricordare il momento della nascita di Gesù Bambino, mentre sorprende tuttinoi nelle nostre vicende quotidiane, catapultati però nella Calitri dell’Ottocento, un po’ come figuratamente av-veniva per i meravigliosi presepi napoletani del ‘700; e allora le figurine di legno e terracotta con i loro abiti estrumenti si sono animati, sono divenuti persone in carne ed ossa, affaccendate nei loro mestieri nelle botteghe enelle case lungo le vie del centro storico di Calitri. Il falegname, il sarto barbiere, le ricamatrici, l’intagliatore, lascuola, la “conversazione”, la serenata, il matrimonio, la “parlata”, e tanti altri ambienti sono stati ricostruiti conestrema fedeltà, con costumi, mobili e oggetti d’epoca. Anche quest’anno sono giunti migliaia di visitatori, allariscoperta di angoli suggestivi e nascosti nel quartiere della Cascina, per la prima volta infatti ambienti e botte-ghe si susseguivano lungo via Fontana e nelle stradine adiacenti, con la grotta della Natività sotto l’ “Arco deglizingari” in via Faenzari. Irrinunciabile infatti risulta sempre l’appuntamento con la riscoperta delle antiche tra-dizioni calitrane, messe in scena nella cornice natalizia, con la genuinità e la semplicità della vita quotidiana dichi ci ha preceduto, lasciandoci una grande eredità di valori e saperi.

Germania, carnevale a Colonia, 06.02.2016. Da sinistra:Giuseppe Cian-ci (napulitan’), Eugenio Paolantonio, Maurizio Buldo (campanar’), GiosephCialeo (nzacch’), Canio Galgano (bosck), Domenico Nappo (mimì r’ zi Paul’)e Canio Cialeo (nzacca).

15.11.2015. Un folto gruppo di turisti calitrani in gita alla certosa di Pa-dula.

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L a mitologia mediatica, la voglia dievasione, la narrazione fantasti-

ca, la baldoria collettiva sono le com-ponenti di una visione effimera chealimenta il sapore di un’Irpinia mae-stosa, tempio del vivere in pompamagna, dove il tutto si concentra nelsollazzamento imperiale. Il fulcrodella bellezza, il canto del silenzioin cui immergersi per vivere magiesenza tempo.Il cantore della fantasia, lo scultoredell’astratto, il ferroviere nostalgi-co, l’artista meditabondo, il mene-strello mistico possono anche vive-re questo sogno quando la terraintrappolata tra Puglia, Campania eBasilicata la si solca per la prima vol-ta con le proprie orme. Ma poi? Ad-dentrandosi nei meandri per un tem-po che vada oltre le poche ore, siannebbia in un concetto assoluto: ilniente.La parabola del niente è un fatterel-lo che andrebbe raccontato in tv, alcinema e anche alle creature sparsesu Marte, dove sembra ci sia il bat-tito di vite diverse ma pur attente al-la visione del circostante.Questo fatterello lo posso racconta-re io, lo puoi raccontare tu che leggise hai la bontà di guardarti intornosenza coriandoli illusori, attenzio-nando la diretta corrispondenza tral’avanzare del tuo piede e l’assolutaassenza di contrasto nell’incederedritto senza intoppi.Il niente come magia dell’essere.L’uomo e la donna irpini sono l’em-blema di un sepolcro imbiancato inbalia del domani, che poi arriva econtinua in un altro domani senzaavere nulla a portata di mano che diaal domani successivo nuova nota dicolore. Saltano i servizi, saltano gliospedali, aumentano le pale eoliche,salta il muro di vitalità che connettediritti-doveri-attenzioni-echi vitalialla dignità umana.Il niente nel muro dell’avere, comequalità della vita che non spazia nel-la corsa al progresso, all’evoluzio-

ne, al surclassamento del muro tu-mefatto della perdizione, dell’ozio,della passività e del passatempo lut-tuoso, o del gossip in cui la relazio-ne diventa la fantasia più morbosa incui incasellare gli attimi di un tem-po che non passa mai con le mani intasca.Il niente come magia della cucituradi un guanto culturale che afferra ilseme dello spazio nuovo e lo diffon-de tra i solchi di un’area malata, con-taminata, tra la scriminatura di mol-te teste che rifuggono dal pensiero esi ammantano nell’acqua del placi-do canto dialettale, in cui la confor-mazione madrelingua sembra avereil sapore dell’arabo.La parabola del niente è fatta di mil-le aspetti, di assoluta tristezza nelraccontare sempre aspetti nefasti, vi-te svitate, economie depotenziate,infrastrutture assenti, esistenze mu-tate in sopravvivenze, civiltà arran-cante.Il mondo mediatico, a volte, ha ilpotere di attrarre chi non nutre ri-spetto della propria autonomia dipensiero, lasciandosi incantare dalmito che non c’è, o dalla notorietàdi vivere in un secondo su una piat-taforma paradisiaca che nel suomoto ondoso ti butta giù al primocolpo di vento.La parabola, in gergo linguistico,è un breve racconto che trascendeil suo significato letterale per espri-mere un insegnamento morale o re-ligioso. Ognuno di noi potrebbescriverlo un racconto, per poi con-frontarlo con il racconto degli al-tri, e capire se l’orchestra può ri-prendere a ricompattarsi, o ildirettore può gettare, oltre il pon-te della ferrovia, la bacchetta,ascoltando almeno il tonfo del-l’acqua, che nel suo inghiottimen-to tiene in piedi una piccolissimaforma di vita, insieme al ronzio dienormi eliche che su altipiani fen-dono l’aria ondulante in confini diassoluta libertà e senza sguardi.

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La parabola del nientedi Marco Bozza

Antonio Zazzarino

Antonio, ToninoAllegro diminutivo in tono con la stazzaPiccola ma unta di ingegnoIn cui l’affar nel mondoHa sempre tenuto piazza.

Scarpaio, attento alle modeProduttore ed esportatoreDel velame ai piediNella selva del calore tropicaleLontano assai dalla tua terra natale.

Amante del valor dell’amiciziaDell’attenzione e del frutto verdeChe nella Latina produttivaIl kiwi come tuo principe imberbe.

E poi la lotta con te stessoE il supporto nel donar di Maria Ti ha concesso ancora una voltaDi far del mondo intero la tua via.

Alla fine peròCome i grandi fannoHai lasciato il segnoE da valoroso condottieroTi sei arenato nel silenzioLontano dal rumoreNella grandezza del saper fareChe nel tuo vivereHa raggiunto il mare.

Marco Bozza2015

Calitri,1969 circa, il complesso “I Muchachos” da sinistra:Fatone Mario (24.09.1954 † dic. 1980), Di Milia Giovanni (pa-glier’) e Di Roma Giovanni (chiechieppa).

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D al 23 dicembre al 03 gennaio, presso la Casa della Musica di Calitri, si è te-nuta la personale di Luigi Rainone, artista nostro concittadino. Dai nume-

rosi quadri si evince la caratteristica introspettiva del maestro, dove il colore fada protagonista. Non è certo la prima volta che le sue opere vengono esposte alpubblico, ma questa ha suscitato grande interesse da parte del pubblico, tant’è chel’evento si è protratto per alcuni altri giorni rispetto alla data di chiusura. Nellesue pitture, fatte di oggetti comuni, elementi architettonici classici, indumenti, pie-tre, poesie, legni bruciati, portali in pietra, ecc., forte è la vena metafisica, con-cettuale. Molto ha inciso, nel suo lungo e costruttivo percorso costellato di rico-noscimenti nazionali, la ricerca dell’isolamento che si muta in protagonismo.Scompone i suoi ricordi. Una banale camicia, ad esempio, non è un’opera d’ar-te, ma lo diventa nel momento in cui la si brucia, e le sfumature del tessuto arsosaranno uniche ed irripetibili. Estraniando l’oggetto dal normale contesto in cuiogni giorno siamo abituati a (non) vedere, posto in primo piano e in tutt’altro am-biente attira la nostra attenzione, ci rapisce. È stato un momento di riflessione, diraccoglimento, di ammirazione, per chi ha voluto omaggiare l’artista. Calitri hadato segno di saper apprezzare, di capire e (ri)scoprire che molto è anche in casanostra, non c’è sempre bisogno di cercare altrove un’ora di appagamento per lospirito, basta far due chiacchiere con le persone giuste.

Il 27 e 29 dicembre e il 02 e 04 gennaio, nel salone dellaComunità di Calitri, ha avuto moltissimo successo l’operateatrale “Miseria e nobiltà”.Regia: Maria Di Milia. Produttrice: Maria Antonietta Pa-squalicchio. Scenografia di Alba CianciAttori: Gaetano Guardione, Canio Zarrilli, Marina Mosca,Maria Teresa Toglia, Maria Briuolo, Andrea Galgano, CarloCreddo, Antonio Fonso, Vito Cestone, Teresa Di Cecca, Sal-vatore Cestone, Vito Tateo, Maretta Capossela, Lucia Ce-stone, Vito Galgano, Giuseppe Cerreta, Antonio Rubino eGaetano Codella. Il lavoro del gruppo teatrale èlungo ed ammirevole. Tuttisono stati all’altezza dellafama che tale commedia su-scita ogni qualvolta si tenti dimetterla in scena. Semplicenon è confrontarsi con un’o-pera di tale portata. La prepa-razione costante e tenace degliattori (supportati dalla registae dalla produttrice), ha saputoricompensare con lunghi e ca-lorosi applausi del pubblico.Questo pubblico, numerosis-simo nelle tre serate (più dimille presenze in totale) è

stato attento, complice e partecipe. La magnifica interpreta-zione dei personaggi ha saputo divertire, intrattenere, deli-ziare la platea per l’intera durata della rappresentazione sce-nica, tanto da richiedere una serata in più rispetto al previsto.Drammatizzazione, presenza scenica, gestualità hanno con-corso nella riuscita dell’evento.Per quest’anno e per molti altri anni ci auguriamo che que-sta compagnia teatrale possa proseguire su questa scia e chepresto ci possa regalare altri eventi scenici, contribuendocosì alla rinascita della cultura del nostro paese. Ad maiora!

Miseria e Nobiltàdi E. Scarpetta

Commedia in tre atti

I teatranti del sipario

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A cura di Giovanni Sicuranza

DIALETTO E CULTURA POPOLARE

Chi n’ staj a send’ a la mamma e a l’attan’ vaj spiert’ ra p’cc’l’tà

Chi non ascolta i consigli della madre e del padre va in rovina.

Pot’ sc’ttà r’ lard’ a li can’Può buttare il lardo ai cani, talmente è magro.

È un vero e proprio controsenso.

Vacca chi pasc’ e cambana chi sonaVacca pascola e campana suona

Detto di uno che fa orecchie da mercante

L’hav’ fatt’ mett’ quatt’ pier’ ndo na scarpaL’ha costretto a mettere quattro piedi in una scarpa

Gli ha dato filo da torcere.

A casa r’ p’zziend’ n’ mancan’ tozz’In casa di poveri non manca pane indurito.

Nonostante la miseria, c’è sempre qualcosa per i più poveri.

S’eia frasciata, oppure eia lanaraHa abortito, oppure è una pecora che produce soltanto lana.Detto anche di una persona sterile

Lu ciucc’ r’ ciend’ patrun’ vaj carenn’L’asino di cento padroni non si regge in piedi,per malnutrizione.Tutti fanno a scaricabarile per il sostentamento dell’asino.

Na mamma raj a mangià a 10 figl’, ma riec’ figl’ n’dann’ a mangià a na mammaUna madre da da mangiare a 10 figli, ma 10 figli non dannodà mangiare ad una madre.

Ropp’ ars’ Morra, venn’ a chiov’Dopo che Morra è bruciata, è arrivata la pioggiaDopo che un tale ha risolti i suoi gravi problemi,tutti lo vogliono aiutare.

Tutto è cominciato il 13 dicembre 1977. Lei è arrivata come un raggio di so-le, un bocciolo che per 38 anni ha emanato la sua dolce fragranza nelle nostrevite. La sua luce ha continuato a splendere sino a quel mattino del 28 gennaio,quando la sua morte è stata annunciata da un'alba calda e splendida. Ha con-dotto una vita intensa e ricca, dedita al suo amato lavoro e alla sua famiglia,ha dato tanto a tutti quelli che l'hanno conosciuta. Quello che ha fatto negli ul-timi mesi, consapevole del suo tragico destino, non è stato preparare se stes-sa, ma regalare a chi le era accanto, forza e coraggio per andare avanti. Conti-nuità: questo avrebbe voluto Sonia ed è quello che ci sarà. Il miracolo di Dioper lei non è stato la guarigione, ma tanta fede per farle sopportare il doloreatroce della sua inesorabile malattia, senza mai rifiutare i premurosi sguardidi suo marito, la dolcezza dei suoi figli e la mano amorevole dei suoi genito-ri. Non neghiamo che ci mancano la sua voce e i suoi sorrisi, le sue racco-mandazioni e le sue virtù, ma siamo tutti certi che d'ora in avanti si mostrerà

a noi con piccole, ma grandi cose. Un fiore è sbocciato ed è appassito troppo presto, lasciando in noi un ricordo indelebile eun forte insegnamento: vivere appieno la propria vita, trasformando il dolore per la perdita in coraggio, saggezza e altruismo. Arrivederci, AMORE.

tuo marito, Paola, i tuoi figli e la tua famiglia tutta

Un angelo di nome Sonia

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212121

SSOOLLIIDDAARRIIEETTÀÀ CCOOLL GGIIOORRNNAALLEE

DA CALITRI

Euro 10: Gervasi Giovanna, Maffucci Vincenza Rosaria, Zabat-ta Vincenzo e Scoca Maria, Di Muro Claudio, Margotta Angela,Stingone Antonio, Maffucci Canio Luciano, Bavosa Antonio, StiaVincenzo, Lucrezia Angelomaria e Buldo Vittoria, Carameli Ma-ria Catena, Giuseppe Di Roma, Euro 15: Rubino Maria Cele-ste, Cestone Michele, Armiento Matilde, Maffucci Emilio Anto-nio, Galgano Rosetta e Lucrezia Gabriele, Del Moro Pasquale,Schettino Lucia, Melaccio Rosa.Euro 20:Vallario Lorenzo, Cubelli Giuseppe, Armiento Miche-langelo, Acocella Attilio, Simone Pasquale, Zabatta Rocco, DiCecca Angelomaria, Di Maio Maria Vincenza, Errico Vito, CialeoVincenzo, Di Milia Pietro, Rubino Antonietta, Lampariello Sera-fina, Gallucci Vincenza, Lampariello Titti, Tornillo Berardino Val-le Ofanto, Cerreta Vincenzo e Scoca Teresa, Iannella Rodolfo,D’Ascoli Valente, Strollo Salvatore e Luongo Sandra,Russo An-gelo, Di Milia Giovanni via Dante, Bavosa Antonio, Bovio Cosi-mo e Lucia, Codella Francesco, Codella Teresa.Euro 25 : Arciconfraternita Immacolata Concezione.Euro 30: Polestra Fortunato, Abate Ricciardi Vincenza, MargottaCanio, Di Maio Canio e Savanella Anna Maria, Caterina Miele,Di Napoli-Di Carlo Antonia, Nannariello Antonietta, TuozzoloVito Nicola.Euro 50: Zampaglione Vincenzo, Luongo Antonio, De NicolaVito e Filomena. Euro 150 : Di Cecca Giuseppe e Gallo Gaetana.Euro 495 : Comune di Calitri.

DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE

Euro 5: Pignata Rosa (Contursi Terme), Sepulcri Loretta (Ro-ma), Scilimpaglia gaetanina (Roma), Scoca Canio e Gervasi Be-nedetta (Sasso).Euro 9: Anonimo (Arese).Euro 10: Balleri Paola (Livorno), Rabasca Canio (Nova M.se),Cianci Francesca in Margotta (Roma), Maffucci Canio (Napoli),Cerreta Michele (Carrara), Zamperlin Giuseppe (Aprilia), DiCairano Antonio (Guidonia), Araneo Vincenza (Mariano C.se),Ricciardo Giacinta (Torino), Zabatta Claudio (Fontenuova), Val-lario Francesca (Salerno), Di Cosmo Concetta (Poggibonsi), La-manna Pasquale (S.Andrea di Conza), Giuliano Angela (Casal-grande), Malanca Canio (Lentate sul Seveso).Euro 15: Zabatta Salvatore (Supersano), Di Napoli Giuseppe(Brescia), Cafazzo Filomena (Bisaccia), Armiento Angelina (Scan-dicci), Grippo Francesco (Morra de Sanctis), Libreria Già Nar-decchia (Roma), Margotta Teresa (Cesano Maderno), Cianci Ma-riantonia (Bollate), Lantella Salvatore (Torino), Cicoira Teobaldo(Nova Milanese), Donatiello Giovanni (Usmate Velate).

Euro 15.90: Piccirillo Angelo (Serre).Euro 20: Metallo Rosetta (Atripalda), Gallucci Cubelli Maria (Por-tici), De Nora Antonio (Verbania), Maffucci Maria Giovanna (Set-timo M.se), Ciccone Gaetano (Caronno), Russo Luca (Milano),Cubelli Vito (Foggia), Di Maio Lucia (Roma), Buonasorte Vittorioe Simone M.Antonia (Castelfranco Emilia), Di Giuseppe Egidio(Foggia), Codella Canio (Lavena Ponte Tresa), Zarrilli Vito (Ro-ma), Vallario Lorenzo (Milano), Zabatta Vito (Capergnanica), Gal-gano Annina (Milano), Di Napoli Mario (Bollate),Di Napoli For-tunato (Garbagnate),Fastiggi Michele (Salerno), Cestone Vito eClaudia (Buttapietra), Maffucci Donato patr’nett (Mariano C.se),Maffucci Antonio patr’nett e Cristina (Novedrate), De Nicola An-tonio (Grugliasco), Bozza Gaetano (Novedrate), Buldo Antonia(Varallo Pombia), Galgano Antonio (Mariano Comense), GalganoFranco (Oleggio), Cubelli Lucia Zaffagnini (Bologna),Zabatta Sal-vatore (Milano), Cestone Giovanni (Pinerolo), Senerchia Vincen-zo (Casalgrande), Germano Pasquale (Casargo), Gautieri Vito(Viano ), Cestone-Metallo (Bergamo).Euro 25: Buldo Cesare Giovanni (Varese), Fastiggi Michele (Sa-lerno), Tornillo Lucia (Salerno), Galgano Antonio (Novara), Za-batta Vito (Milano), De Nora Bartolomeo (Verbania), Leone Mi-chele (Sologno), Milano Vincenza (Cascina), Restaino Giovanni(Poggiotorriana), Di Carlo Alfredo (Avellino). Euro 30: Lo Buono Maria Rosaria (Rimini), Maffucci Enza Savi-no (Roma), Panelli Mario (Pistoia), Cioni Giorgio (Pieve A Nie-vole), Bruniello Canio (Fiumicino), Cuppone Fernando (San Ni-cola), Cubelli Lorenzo (Bergamo), Russo Eleonora (Ventimiglia),De Vito Antonietta (Roma), Ruggiero Canio e Antonia (Caru-go), Di Napoli Maria Rosaria (Oppido Lucano).Euro 35: Ricciardi Mario (Grottaferrata).Euro 40: Caputo Canio (Carosino), Di Maio Vito Gaetano(Trento), Maffucci Donato (Mariano C.se), De Rosa Carlo (Bel-luno).Euro 50: Montagnani Roberto (Figline Val D’Arno), Zabatta Mi-chele (S. Giorgio a Cremano), Zabatta Antonio (?), Di CairanoVincenzo Codella Angela (Francavilla al Mare), Acocella Salva-tore (Lancusi), Maffucci Antonio (Poggio a Caiano), Di MaioAgnese Buono (Avellino), Cerreta Donato (Teramo), AcocellaNicola (Roma),Tuozzolo Giovannino (Roma), De Maio Luigi(Roma), Polestra Vincenzo e Holzbauer Friederike (Bolzano).Euro 100: Scoca Maretta (Roma), Famiglia Fastiggi (Avellino).

DALL’ESTERO

BELGIO:Euro 50 Gautieri Dario, euro 20 Di Carlo Raffaela,CANADA: Euro 50 Di Cairano ElisaSVIZZERA: Euro 30Galgano Antonio e Di Cosmo Giuseppina, Gal-gano Camillo, Euro 15 Di Milia Giuseppe,URUGUAY: Euro 20 Lampariello Margherita Di Maio,

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MOVIMENTO DEMOGRAFICORubrica a cura di Anna Rosania

I dati relativi al periodo dal 01 novembre 2015 al 31 gennaio 2016sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri

NATI

Di Mattia Giulia di Giuseppe e di Fatone Francesca 14.10.2015Lettieri Futura di Angelo e di Altieri Giovanna 19.10.2015Borea Vincenzo di Canio Iseo e di Russo Marirosa 05.11.2015Tornillo Sara di Giuseppe e di Bilotta Annamaria 07.11.2015Pepe Mia di Mario e di Di Cecca Maria Antonietta 17.11.2015Carbonara Alessia di Piero e di Scilimpaglia Laura 18.11.2015Cappiello Chiara di Giuseppe Michele

e di Paolercio Marisa 25.11.2015Jaiteh Jamal Kawsu di Lamin e di Fierravanti Katia 09.01.2016Di Napoli Vincenzo di Marco e di Cianciulli Monica 24.01.2016

MATRIMONI

Palma Filippo e Nikolova Liliya Petrova 07.11.2015Granata Sebastiano e Shkurta Fatmira 23.12.2015Margotta Antonio e Di Luzio Tania 23.12.2015

DECESSI

Galamaga Oleg 18.02.1966 - † 24.02.2015Cestone Canio 30.01.1931 - † 30.10.2015Metallo Giovanni Battista 29.05.1931 - † 03.11.2015Cialeo Antonia 04.01.1921 - † 11.11.2015Sicuranza Vincenzo 13.01.1927 - † 12.11.2015Maffucci Maria 26.10.1924 - † 20.11.2015Donatiello Luigi 25.04.1926 - † 22.11.2015Marrese Lidia 22.04.1928 - † 24.11.2015Codella Vincenzo 16.01.1934 - † 09.12.2015Maffucci Rosa 08.02.1927 - † 10.12.2015Codella Mariantonia 14.06.1927 - † 11.12.2015Nicolais Angelomaria 28.06.1932 - † 12.12.2015Cestone Maria 05.11.1940 - † 12.12.2015Di Salvo Michele 20.10.1940 - † 16.12.2015Cestone Pasquale 04.08.1943 - † 23.12.2015Margotta Rosetta 07.02.1937 - † 25.12.2015Bozza Canio 29.11.1923 - † 01.01.2016Pennella Felicetta 22.09.1924 - † 11.01.2016Cesta Alessandro 19.02.1925 - † 21.01.2016Giarla Sonia 13.12.1977 - † 28.01.2016

Ci scusiamo per qualsiasi eventuale errore.

Russo Maria Michela21.05.1924†01.03.2006

A mia Madre

Nel silenzio della mia anima,un urlo trattenuto:“Mamma dove sei?Ho bisogno di te”.Alzo il telefono e non sento più la tua voceche mi risponde “pronto” pacatamenteIl dolore è un grande macigno che mi opprime.La nostalgia spinge le lacrimeche vogliono direciò che quando eri in vita,per educazione o per pudore,non ti ho mai detto“Mamma come sei bella!”“Mamma ti voglio bene!”“Mamma abbracciami!”“Mamma accarezzami!”“Mamma dammi un bacio!”“Mamma consolami!”“Mamma stringimi a te!”“Mamma scusami!”Come vorrei rivedertisolo per un attimoper potertele urlare!Se però sei nell’universoti arriveranno sulle alidi un vento impetuoso che spiradal mio cuore.Accoglile, mamma, e perdonami per il ritardo.

Enza MilanoCascina, 3 febbraio 2016

Pennella Felicetta22.09.1924†11.01.2016

A mia madre: maestra di vita. Mamma, la tua dipartita ha rafforzato in me l’idea che, durante lanostra esistenza, alcuni dolori non si possono nascondere né sot-terrare. Non ti nascondo che ci sono anche dolori tipici di una don-na che non possono essere capiti da nessun uomo, comunque e qua-lunque siano con lui i rapporti. Sono sicura che nel cuore di unamadre c’è un grande equilibrio: minimizzare sempre e comunquele colpe dei figli perché essi sono frutto di un immenso amore e ditanta misericordia, sentimenti, questi, che scaturiscono da quel Di-vino ed Eterno Essere figli dell’Altissimo. In un attimo tremendo,quando la vita tendeva alla fine, ho capito che quel nido d’amore,dove ci hai messo al mondo, è diventato per tutti noi, a causa delnormale scorrere della vita, troppo fragile, stretto e poi por-tato via dal vento impetuoso perché su questa terra nullaè per sempre. Sebbene in un attimo tutto finisce, io sonoconvinta che, alla luce dei tuoi tanti insegnamenti, tuttocontinuerà e si ripeterà proprio come il giorno si alternaalla notte. Mi resta indelebile la certezza e la consolazio-ne di un pensiero di P.(San) Pio: “nella vita due sono le co-se che non ti abbandonano mai: il cuore di una madre e l’oc-chio di Dio”. Oggi per me è doveroso renderti grazie peril dono della vita perché è proprio la vita vera unica op-portunità per conoscere ed amare Dio con i fatti (con le ope-re di bene). Sì! Questa è la fede che mi lasci e che mi ri-conduce al Fine ultimo in virtù del quale vivo.. èmeraviglioso quando il m io pensiero vola a te, perché tiritrovo sempre al tuo posto, nel mio cuore, dove, gioiosa-mente, ti vengo a cercare al riparo delle Ali del Signore Dionostro, Padre dei vivi e dei morti. Ciao mamma,

Caterina

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N. 61 n.s. – Gennaio-Aprile 2016 IL CALITRANO

R E Q U I E S C A N T I N P A C E

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IL CALITRANOANNO XXXV - N. 61 n.s.

Periodico quadrimestraledi ambiente - dialetto - storia e tradizionidell’Associazione Culturale “Caletra”

Fondato nel 1981

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Chiuso in stampa il 23 febbraio 2016

IN COPERTINA:VinicioCapossela allo Sponz Fest, edizione2014. Per gentile concessione del Ph. Pao-lo Pisanelli / Archivio Cinema del reale.La copertina e l’inserto centrale di questonumero sono dedicati a Vinicio Caposse-la e al suo ultimo disco “LE CANZONIDELLA CUPA”, che uscirà a breve.

IN QUESTO NUMERO

La condivisione è possibiledi A.Raffaele Salvante 3

Il principe poveroFrancesco Maria Mirellidi Emilio Ricciardi 4

L’Immacolatadi Pietro Cerreta 7

Sapori di Pasquadi Concetta Zarrilli 9

A scuola vince la sinergiadel Comitato genitori 10

Canzoni della Cupadi Vinicio Capossela 11

Vinicio nel paesedei coppolonidi Alfonso Nannariello 15

La parabola del nientedi Marco Bozza 18

DIALETTO E CULTURA POPOLARE 20

SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21

MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22

REQUIESCANT IN PACE 23

Donato Scoca02.04.1953 †22.12.2015

Inaspettatamente lamalattia ti ha rapito alnostro affettodopo una vita di lavoro esacrificiper la famiglia che haisempre amato.Nel conforto della fede,dell’amore e dellasperanza in Cristo,con immenso amore tuasorella Maria ti portasempre nel cuore.

Sonia Giarla13.12.1977†28.01.2016

Guardare oltre il vedere.Preludio di gioia infinita.Tuo marito, i tuoi figli, ituoi genitori e i parentitutti.

Gerardo Ruggiero03.02.1965 † Carugo04.01.2016

Un pensiero per il nostrocaro Gerardo che ognigiorno ci guarda da lassù.I genitori Canio e Antoniae il fratello Donato.

Vincenzo Codella16.01.1934†09.12.2015

L’onestà è stato il suoideale,il lavoro la sua vita,la famiglia il suo affetto.A tutti coloro che loconobbero e l’amaronoPerché rimanga vivo il suoricordo.

Giuseppe Scoca28.08.1927 † 03.05.2015

In ricordo del tuo profondoamore per la vita e per lafamiglia che è sempre stataal primo posto nel tuocuore insieme ai più cariparenti e amici a cui nonfacevi mancare mai il tuopensiero e il tuo affetto.Con tutto l’amore delmondo, tua figlia Maria.

Lucietta Nannariello20.03.1937†Caracas29.01.2015

Nel ricordarmi di te, a unanno dalla tua scomparsa,torna forte anche il ricordodi papà che ci lasciòesattamente lo stesso giornodi quaranta anni prima,come se il volgere deltempo vi avesse nello stessopunto. Adesso siete insiemenell’abbraccio di Dio.

La sorella

Concetta Russo07.04.1897†11.09.1978

Lei è passata, ma nellamemoria di tuttiha lasciato la formadel suo volto sorridente,quale messaggio di speranzae di fede nell’amorea Dio Padre a cui Cristoriconduce tutti, rinnovando.

Angela Maria GiuseppaFierravanti09.08.1927†02.10.2008

Grazie Padre mio,mi hai dato la tua Croce emi hai spalancato le portedel tuo Regno.

Lorenzo Vallario10.07.1926†05.10.2015

“Padre, se anche tu nonfossi il miopadre, se anche fossi a meun estraneo,per te stesso egualmentet’amerei.”

La famiglia lo ricordacon immenso affetto.

Luigi Caruso12.05.1923†22.07.2015

A tutti coloro che loconobbero e l’amarono,perché rimanga vivo il suoricordo.

I suoi cari

Canio Cestone30.01.1931 † 30.10.2015

I retti possederanno lafelicità

(Proverbi 28/10)

Canio Fierravanti11.11.1893†31.12.1954

Mia eredità sono i tuoivoleri per sempre

(Salmi 119-111)

Michele Cesta22.11.1923†26.01.2015

La tua fiamma si è spentama rimarrà sempre accesanei nostri cuori.

Giuseppe Fierravanti10.01.1929†Australia21.04.2015

Lampada per i miei passi èla tua parola,(Salmi 119-105)

Calitri 1971/72 circa: squadra di calcio dei lavoratori della Fornace Cicoira & Luongo; da sinistrain piedi : DI Maio Luigi (urt’lan’), Fatone Giuseppe (faton’), Gautieri Antonio (f’cil’), Galgano Cre-scenzo (cast’gghian’), Toglia Giovanni (cappiegghj), Zarrilli Vincenzo (v’ton’); prima fila: FastiggiCanio (tobb’t’), Di Milia Giovanni (paglier’), Di Maio Vincenzo (curat’l’), Galgano Canio (spaccon’).

BUONAPASQUA

2016L’Alleluia pasquale non sia soltantoun canto, ma una nota di gioia

che corre di coscienza in coscienzaattraverso le generazioni

e si trasformi in stile di vita.

AUGURI VIVISSIMI

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In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMPper la restituzione al mittente previo pagamento resi

IL CALITRANOANNO XXXV - NUMERO 61 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 2016

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IL CALITRANOperiodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni

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ISSN 1720-5638

Calitri,20.08.2015

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Vinicio Capossela

Canzoni della Cupa