Nacinovich - Geometria differenziale

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Lezioni di Geometria Dierenziale Mauro Nacinovich

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Dispense di geometria differenziale di Mauro Nacinovich

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Lezioni di Geometria Differenziale

Mauro Nacinovich

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Indice

Capitolo 1. Calcolo differenziale negli spazi Euclidei 91. Funzioni differenziabili negli spazi Rn 92. Equazioni differenziali ordinarie 123. Il teorema delle funzioni implicite 184. Mollificatori 215. Immersioni e sommersioni differenziabili negli spazi Euclidei 246. Sottovarieta differenziabili negli spazi Euclidei 26

Capitolo 2. Geometria differenziale di Rn 291. Campi di vettori in Rn 292. Curve integrali di un campo di vettori in Rn 313. Gruppi locali a un parametro associati a campi di vettori 344. Campi di vettori e cambiamenti di coordinate 365. Derivata di Lie rispetto a un campo di vettori 376. Spazio tangente ad un aperto di Rn 387. Spazio tangente a una sottovarieta di Rn 398. Campi di vettori F-correlati 409. Il teorema di Frobenius 4210. Integrali primi 45

Capitolo 3. Varieta topologiche e varieta differenziabili 471. Paracompattezza e partizione dell’unita 472. Varieta topologiche 483. Alcuni esempi 494. Varieta topologiche con bordo 515. Definizione di varieta differenziabile 526. Applicazioni differenziabili 537. Funzioni reali differenziabili e partizione dell’unita 548. Immersioni, sommersioni, diffeomorfismi 589. Prodotto cartesiano di varieta differenziabili 6010. Sottovarieta differenziabili 6011. Diffeomorfismi 6212. Varieta di Stiefel reali 6313. Varieta di Grassmann 6714. Varieta di Stiefel e di Grassmann complesse 7015. Altri esempi 7216. Esistenza e unicita di strutture differenziali 72

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4 INDICE

Capitolo 4. Il lemma di Morse-Sard 751. Il caso degli spazi Euclidei 752. Il teorema di Sard per varieta differenziabili 80

Capitolo 5. Teoremi di approssimazione e d’immersione 811. Il teorema d’immersione di Whitney 812. Alcuni teoremi di approssimazione per applicazioni differenziabili 813. Il teorema d’immersione di Whitney 854. Retratti differenziabili d’intorno 895. Alcuni teoremi d’approssimazione 91

Capitolo 6. Campi di vettori e spazio tangente 931. Campi di vettori e curve integrali sulle varieta 932. Vettori tangenti e fibrato tangente 953. Differenziale di un’applicazione differenziabile 974. Alcune osservazioni sul teorema d’immersione di Whitney 975. Gruppi a un parametro di diffeomorfismi 986. Inclusioni isotope 1007. Campi completi 1018. Isotopie dello spazio ambiente 1039. k-celle differenziabili 10510. Collari 106

Capitolo 7. Fibrati vettoriali 1111. Fibrati differenziabili 1112. Fibrati vettoriali differenziabili 1143. Morfismi e operazioni di fibrati vettoriali 1154. Fibrati vettoriali e fibrato tangente 1175. Norme differenziabili e strutture Euclidee 1196. Classi di isomorfismo di fibrati vettoriali 1197. Fibrati vettoriali sulle sfere 121

Capitolo 8. Fibrato normale e intorno tubolare 1231. Il fibrato normale 1232. Estensione di inclusioni differenziabili 1243. Intorni tubolari 1254. Unicita dell’intorno tubolare 1285. Intorni tubolari propri 1306. Immagine inversa di un valore regolare 133

Capitolo 9. Trasversalita 1351. Applicazioni e sottovarieta trasversali 1352. Trasversalita e fibrati vettoriali 1383. Il teorema di trasversalita di Thom 1414. Immersioni regolari 1425. Funzioni di Morse 1456. Descrizione locale delle funzioni di Morse 148

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INDICE 5

7. Indice d’intersezione 1498. Indice d’intersezione e grado topologico 151

Capitolo 10. Alcune Costruzioni 1531. Somme connesse 1532. Somme connesse di varieta con bordo 1583. Somme connesse lungo il bordo 1594. Incollamento lungo una sottovarieta 1615. Incollamento lungo sottovarieta del bordo 1626. Attaccamento di manici alla frontiera 162

Capitolo 11. Forme differenziali negli spazi Euclidei 1651. Forme differenziali in Rn 1652. Pull-back 1663. Differenziale di una forma 1664. Il complesso di de Rham 1675. Coomologia di de Rham a supporti compatti 1706. Il grado di un’applicazione propria di Rn in se 1737. Orientazione e sottovarieta di Rn. 1758. Integrazione sulle sottovarieta e formule di Stokes 177

Capitolo 12. Calcolo differenziale sulle varieta 1831. Fibrato cotangente e tensori 1832. Forme differenziali su una varieta 1843. Il lemma di Poincare-Volterra sugli intorni contrattili 1864. Derivata di Lie di un tensore 1865. Distribuzioni vettoriali e teorema di Frobenius 1896. Distribuzioni formalmente integrabili e lemma di Poincare-Volterra 1937. Il teorema di Darboux sulle forme canoniche 196

Capitolo 13. La coomologia di de Rham sulle varieta 2011. Definizioni prinicipali 2012. Invarianza omotopica 2023. Complessi differenziali 2034. Le successioni di Mayer-Vietoris 2075. La dualita di Poincare 2126. Grado di un’applicazione 2147. La formula di Kunnet 2158. Duale di Poincare in una sottovarieta orientata 2179. La proprieta semi-locale 21910. Coomologia a supporti compatti nelle fibre 22311. Integrazione sulla fibra 22312. Dualita di Poincare e classe di Thom 22513. Due proprieta fondamentali della dualita di Poincare 22614. Il complesso di deRham twistato 227

Capitolo 14. Fasci e coomologia di Cech 233

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6 INDICE

1. Fasci d’insiemi e morfismi di fasci 2332. Prefasci d’insiemi 2353. Fascio associato ad un prefascio e prefasci canonici 2364. Il fascio immagine diretta 2385. Fasci dotati di struttura algebrica 2406. Morfismi di A -moduli e fasci quozienti 2417. Coomologia di Cech con coefficienti in un fascio 2438. Il teorema di Serre 2469. Un teorema di algebra omologica 25310. Il teorema di Leray sui ricoprimenti aciclici 25811. Il Teorema di de Rham 26212. Fasci fiacchi 263

Capitolo 15. Il complesso di Cech-de Rham 2691. Il teorema di de Rham 2692. Prolungamento di sezioni 2753. Fasci molli 2764. Fasci fini 2805. Fasci differenziali 2806. Risoluzione d’un fascio 2817. Risoluzione canonica d’un fascio 282

Capitolo 16. Fibrati principali 2831. Gruppi di Lie 2832. Sottogruppi di Lie 2863. La forma di Maurer-Cartan 2874. Gruppi di Lie di trasformazioni 2905. Fibrati principali 2906. Morfismi di fibrati principali 2927. Spazi omogenei 2948. Il fibrato dei sistemi di riferimento 2969. Riduzione del gruppo strutturale e G-strutture 29710. G-strutture su una varieta differenziabile 29911. Fibrati vettoriali associati a rappresentazioni 300

Capitolo 17. Connessioni principali 3031. La distribuzione verticale 3032. Il concetto di connessione principale 3053. Pullback di una connessione principale 3064. Il fibrato delle connessioni principali 3075. Automorfismi di una connessione principale 3086. Forme di Christoffel ed equazioni di gauge 3087. Rialzamento orizzontale 3108. Forme tensoriali e pseudotensoriali e differenziale esterno covariante 3119. Forma di curvatura ed equazioni di struttura 31310. Connessioni piatte 315

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INDICE 7

11. La famiglia delle connessioni principali 31512. Differenziazione covariante 31513. Forme di Christoffel e differenziazione covariante 31814. Rappresentazione aggiunta e tensore di curvatura 31915. Trasporto parallelo 32116. Il gruppo di olonomia 32317. Connessioni invarianti canoniche su spazi omogenei 32618. Connessioni invarianti 328

Capitolo 18. Connessioni affini 3331. Prime definizioni 3332. Derivazione covariante, torsione e curvatura 3353. Esistenza di connessioni simmetriche 3404. Derivazione covariante lungo una curva 3415. Forme e simboli di Christoffel 3416. Parallelismo 3447. Geodetiche 3458. Metriche pseudo-Riemanniane e connessione di Levi-Civita 349

Capitolo 19. Primi elementi di geometria Riemanniana 3511. Metriche Riemanniane e pseudo-Riemanniane 3512. La connessione di Levi-Civita 3553. Geodetiche e distanza su una varieta Riemanniana 3604. La variazione prima dell’integrale dell’energia 3635. Varieta di Riemann compatte 3656. Il teorema di Hopf-Rinow 3667. Isometrie 3698. Proprieta algebriche del tensore di curvatura 3709. La curvatura sezionale 37210. L’equazione di Jacobi 37411. Punti coniugati 37812. Varieta Riemanniane con curvatura negativa 37913. Varieta totalmente geodetiche 383

Capitolo 20. Metriche di Einstein 3851. Proprieta del tensore di curvatura 385

Capitolo 21. Metriche invarianti 3871. Metriche pseudo-Riemanniane su spazi omogenei 3872. La connessione di Levi-Civita sugli spazi omogenei 388

Capitolo 22. Spazi simmetrici 3911. Spazi affini localmente simmetrici 3912. Alcuni risultati sui gruppi di trasformazioni 3943. Automorfismi affini e isometrie 3994. Spazi Riemanniani globalmente simmetrici 4055. Coppie simmetriche e simmetriche Riemanniane 408

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8 INDICE

Capitolo 23. Classi caratteristiche 4131. Il fibrato degli orientamenti di una varieta differenziabile 4132. Varieta a bordo 4163. La classe di Eulero e la classe di Thom 418

Capitolo 24. Appendice: Omologia 4191. Notazione 4192. Definizione assiomatica 4203. Prime conseguenze degli assiomi 4224. La formula di Kunnet 4285. Gruppi di omologia dei complessi cellulari 428

Capitolo 25. Appendice: Elementi di algebra omologica 4331. Complessi 4332. Complessi di catene 4343. Complessi di cocatene 4404. I funtori Hom e Tor 4445. Relazione con l’omologia singolare 445

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CAPITOLO 1

Calcolo differenziale negli spazi Euclidei

In questo capitolo raccogliamo i risultati di calcolo differenziale per funzionidi piu variabili reali, a valori negli spazi Euclidei, che ci saranno utili nel seguito.

1. Funzioni differenziabili negli spazi Rn

Indichiamo con x1, . . . , xn le coordinate dello spazio Euclideo Rn. Sia Ω unaperto di Rn ed

f : Ω 3 x→ f (x) = t( f 1(x), ..., f m(x)) ∈ Rm

un’applicazione di Ω in Rm.

Definizione 1.1 (Derivate parziali). Diciamo che f ammette in x0 ∈ Ω derivataparziale rispetto ad xi se la funzione

t → α(t) = f (x0 + tei) ∈ Rm,

definita in un intorno di 0 ∈ R, e derivabile in 0. Si pone allora

∂i f (x0) =∂ f (x0)∂xi =

ddtα(t)

∣∣∣∣∣t=0

= limt→0

f (x0 + tei) − f (x0)t

.

Diciamo che f ammette la derivata nella direzione del vettore v ∈ Rn nel puntox0 ∈ Ω se esiste il limite

∂v f (x0) = limt→0

f (x0 + tv) − f (x − 0)t

.

Le derivate parziali di f sono le sue derivate rispetto nelle direzioni dei vettorie1, . . . , en della base canonica di Rn.

Definizione 1.2 (Differenziale). La f si dice differenziabile in x0 ∈ Ω se esisteun’applicazione lineare d f (x0) : Rn → Rm tale che

f (x) − f (x0) − d f (x0)(x − x0) = o(|x − x0|) per x→ x0.

Questa condizione significa che, per ogni ε > 0, possiamo trovare un intornoUε di x0 in Ω tale che

| f (x) − f (x0) − d f (x0)(x − x0)| ≤ ε|x − x0| ∀x ∈ Uε .

Vale il:

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10 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Teorema 1.1. Sia Ω un aperto di Rn, f : Ω→ Rm un’applicazione, x0 un punto diΩ. La f ammette la derivata parziale ∂ f (x0)/∂xi (risp. e differenziabile in x0) se esoltanto se ciascuna delle funzioni

Ω 3 x→ f j(x) ∈ R, j = 1, ...,m

ammette la derivata parziale ∂ f j(x0)/∂xi (risp. e differenziabile in x0).Se f e differenziabile in x0 essa e continua in x0, ammette tutte le derivate

parziali ∂ f (x0)/∂xi (per i = 1, ..., n) in x0, e

d f (x0)(v) = (J f )(x0)v ∀v ∈ Rn

ove (J f )(x0) e la matrice Jacobiana

(J f )(x0) =

∂ f 1(x0)∂x1

∂ f 1(x0)∂x2 . . .

∂ f 1(x0)∂xn

∂ f 2(x0)∂x1

∂ f 2(x0)∂x2 . . .

∂ f 2(x0)∂xn

......

. . ....

∂ f m(x0)∂x1

∂ f m(x0)∂x2 . . .

∂ f m(x0)∂xn

.

Ricordiamo il seguente:

Teorema 1.2. Sia Ω un aperto di Rn ed f : Ω → Rm una funzione che ammettederivate parziali ∂ f (x)/∂xi rispetto a tutte coordinate x1, ..., xn di Rn in ogni puntodi Ω. Se le funzioni

Ω 3 x→∂ f (x)∂xi ∈ R

m

sono continue per ogni i = 1, ..., n, allora f e differenziabile in ogni punto x di Ω.

Definizione 1.3. Una f : Ω → Rm che ammetta derivate parziali prime continuein Ω, rispetto a ciascuna delle coordinate, si dice differenziabile di classe C 1.

Teorema 1.3 (Differenziale della funzione composta). Siano Ω un aperto di Rn, Gun aperto di Rm, ed f : Ω → G, g : G → R` due funzioni di classe C 1. Allora lafunzione composta g f : Ω→ R` e differenziabile di classe C 1, e vale la formula:

d(g f )(x) = dg( f (x)) d f (x) ∀x ∈ Ω.

Definizione 1.4. Le derivate parziali di ordine superiore di una funzione f : Ω →

Rm si definiscono per ricorrenza: se 1 ≤ i1, ..., im ≤ n e la derivata parziale∂m f (x)/∂xi1 ....∂xim e definita in Ω, ed 1 ≤ j ≤ n, allora la derivata parziale

∂m+1 f (x)/∂x j∂xi1 ....∂xim

e, quando esiste, la derivata parziale rispetto alla coordinata x j della funzione

Ω 3 x→ ∂m f (x)/∂xi1 ....∂xim ∈ Rm.

Vale il:

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1. FUNZIONI DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI Rn 11

Teorema 1.4 (Schwarz). Siano Ω un aperto di Rn ed f : Ω→ Rm una funzione cheammetta derivate parziali del primo e del secondo ordine rispetto alle coordinate,continue in Ω. Allora

∂ f (x)∂xi∂x j =

∂ f (x)∂x j∂xi ∀1 ≤ i, j ≤ n, x ∈ Ω.

Definizione 1.5. Una funzione f : Ω → Rm definita su un aperto Ω di Rn si dicedifferenziabile di classe C k in Ω se ammette derivate parziali continue in Ω finoall’ordine k.

Se Ω e un aperto di Rn ed A un sottoinsieme di Rm, indichiamo con C k(Ω, A)l’insieme di tutte le funzioni f : Ω → A tali che Ω 3 x → f (x) ∈ Rm siadifferenziabile di classe C k in Ω.

Diremo che f e differenziabile di classe C k nel punto x0 di Ω se esiste unintorno aperto U di x0 in Ω tale che f |U sia differenziabile di classe C k.

Per il Teorema 1.4, se f ∈ C k(Ω,Rm), le sue derivate parziali fino all’ordine knon dipendono dall’ordine in cui si eseguono le successive derivate prime:

∂h f (x)/∂xi1 ...∂xih = ∂h f (x)/∂xiσ1 ...∂xiσh , ∀1 ≤ h ≤ k, 1 ≤ i1, ..., ih ≤ n, ∀σ ∈ Sh.

Associamo ad ogni h-upla (i1, ..., ih) di interi con 1 ≤ i1, ..., ih ≤ n un multiin-dice α = (α1, ..., αn) ∈ Nn ove α j e il numero di indici r tali che ir = j. Definiamoallora:

∂|α| f (x)∂xα

= ∂h f (x)/∂xi1 ...∂xih .

Se α = (α1, ..., αn) ∈ Nn, poniamo

α! = α1! · · ·αn!, |α| = α1 + · · · + αn, xα = (x1)α1 · · · (xn)αn .

e scriviamo per semplicita

∂α, oppure Dα invece di∂|α|

∂xα.

Definizione 1.6. Poniamo

C∞(Ω,Rm) =

∞⋂k=0

C k(Ω,Rm).

Una funzione f ∈ C∞(Ω,Rm) si dice analitica reale in Ω se per ogni punto x0 ∈ Ω

la serie di Taylor ∑α∈Nn

∂α f (x0)α!

(x − x0)α

converge uniformemente, in un intorno di x0, alla funzione f .

Esempio 1.1. La funzione

f (x) =

0 se x = 0,exp

(−1x2

)se x , 0

e di classe C∞ su R, ma non e analitica reale in 0. Infatti essa si annulla con tutte lesue derivate in 0 e quindi la sua serie di Taylor in 0 non converge ad f in un intornodi 0.

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12 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

L’insieme delle funzioni analitiche reali definite sull’aperto Ω di Rn, a valoriin Rm, si indica con C ω(Ω,Rm).

Vale la catena di inclusioni:

C 0(Ω,Rm) ⊃ C 1(Ω,Rm) ⊃ .... ⊃ C k(Ω,Rm) ⊃ · · · ⊃ C∞(Ω,Rm) ⊃ C ω(Ω,Rm).

Se m = 1, scriviamo C k(Ω) invece di C k(Ω,R). Vale la formula di Leibnitz1,

∂α( f g) =∑β+γ=α

α!β!γ!

(∂β f )(∂γg) , ∀ f , g ∈ C k(Ω), α ∈ Nn, |α| ≤ k ;

ne segue che C k(Ω) (per 0 ≤ k ≤ ω) e una R-algebra ed un anello unitario per ilprodotto di funzioni.

2. Equazioni differenziali ordinarie

Teorema 1.5 (Peano). Siano Ω un aperto di Rm+1 ed f : Ω → Rm una funzionecontinua. Fissati (t0, y0) ∈ Ω, possiamo trovare un T > 0 ed una funzione u :[t0, t0 + T ]→ Rm di classe C 1 tale che

(i) (t, u(t)) ∈ Ω ∀t0 ≤ t ≤ t0 + T,

(ii) u′(t) = f (t, u(t)) ∀t0 ≤ t ≤ t0 + T,(iii) u(t0) = y0.

Dimostrazione. Possiamo supporre, per semplicita di notazioni, che t0 = 0,y0 = 0. Siano a > 0 ed R > 0 tali che

K = [−a, a] × B(0,R) ⊂ Ω.

L’insieme K e compatto e quindi, per il teorema di Weierstrass, f e limitata su K.Sia M > 0 tale che

| f (t, y)| ≤ M ∀(t, y) ∈ K.Fissiamo T > 0 in modo tale che

T M < R.

Indichiamo con la lettera X l’insieme di tutte le funzioni continue u : [0,T ]→ Rm

tali che |u(t)| ≤ R per ogni 0 ≤ t ≤ T . Su X consideriamo la topologia dellaconvergenza uniforme, associata alla distanza

d(u, v) = ‖u − v‖∞ = sup0≤t≤T

|u(t) − v(t)|.

Con questa topologia, X e uno spazio metrico completo. Consideriamo l’applica-zione

X 3 u→ Φ(u) ∈ C ([0, r],Rm)definita da

Φ(u)(t) =

∫ t

0f (s, u(s))ds.

1Scriviamoα!β!γ!

=(αβ

)=

(αγ

), estendendo cosı la definizione del binomiale al caso dei

multiindici.

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2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE 13

Abbiamo

|Φ(u)(t)| ≤∫ t

0| f (s, u(s))|ds ≤

∫ t

0Mds = Mt ≤ R se 0 ≤ t ≤ T.

Quindi Φ(u) ∈ X per ogni u ∈ X. La funzione Φ e continua su X. Infatti la f euniformemente continua su K e quindi, fissato ε > 0, possiamo trovare η > 0 taleche

| f (t, y) − f (s, z)| < r−1ε se (t, y), (s, z) ∈ K, |t − s| < η, |y − z| < η.

Siano u, v ∈ X con ‖u − v‖∞ < η. Allora

|Φ(u)(t) − Φ(v)(t)| =

∣∣∣∣∣∣∫ t

0( f (s, u(s)) − f (s, v(s))ds

∣∣∣∣∣∣ ≤ T−1εt ≤ ε.

Osserviamo ancora che le funzioni di Φ(X) sono equicontinue ed equilimitate equindi Φ(X) e relativamente compatto in X per il teorema di Ascoli-Arzela.

Consideriamo la funzione

X 3 u→ ‖u − Φ(u)‖∞ ∈ R

e siaδ = inf

u∈X‖u − Φ(u)‖∞.

Dico che δ = 0. Infatti, fissato ε > 0, sia η > 0 tale che

| f (t, y) − f (s, z)| < T−1ε se (t, y), (s, z) ∈ K, |t − s| < η, |y − z| < η.

Consideriamo una partizione

0 = t0 < t1 < .... < tN = r

con |t j − t j−1| < (1 + M)−1η per j = 1, ...,N. Definiamo per ricorrenzay0 = f (0, 0)y j = y j−1 + (t j − t j−1) f (t j−1, y j−1) se j = 1, ...,N.

Consideriamo poi la funzione a scalini

ψ(t) = f (t j−1, y j−1) se t ∈ [t j−1, t j[, j = 1, ...,N.

La funzione

v(t) =

∫ t

0ψ(s)ds

e lineare a tratti ed appartiene ad X. Inoltre

|ψ(t) − f (t, v(t))| < T−1ε ∀0 ≤ t ≤ T.

Infatti su ciascuno degli intervalli [t j−1, t j[ abbiamo:

|ψ(t) − f (t, v(t))| = | f (t j−1, y j−1) − f (t, y j−1 + (t − t j−1) f (t j−1, y j−1)| < T−1ε

perche|t j−1 − t| ≤ |t j − t j−1| < η,

|(t − t j−1) f (t j−1, y j−1)| < (1 + M)−1Mη < η.

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14 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Quindi

|v(t) − Φ(v)(t)| ≤∫ t

0|ψ(s) − f (s, v(s))|ds ≤ T−1εt ≤ ε.

Dunque δ = 0.Sia uν una successione in X tale che

limν→∞‖uν − Φ(uν)‖∞ = 0.

Poiche Φ(X) e relativamente compatto in X, a meno di estrarre una sottosuccessio-ne, possiamo supporre che

Φ(uν) sia una successione convergente in X.

Allora

‖uν−uµ‖∞ ≤ ‖(uν−Φ(uν))‖∞+‖uµ−Φ(uµ)‖∞+‖Φ(uν)−Φ(uµ)‖∞ → 0 se µ, ν→ ∞

e quindi la uν e una successione di Cauchy in X. Poiche X e completo, essaconverge a una funzione u ∈ X. Per la continuita di Φ, abbiamo

Φ(u) = u

e quindi

u(t) =

∫ t

0f (s, u(s))ds ∀0 ≤ t ≤ T.

Dal teorema fondamentale del calcolo integrale segue che u ∈ C 1([0,T ], B(0,R)) esoddisfa il sistema u′(t) = f (t, u(t)) se 0 ≤ t ≤ T,

u(0) = 0.

Osservazione 1.6. Sotto le ipotesi del teorema di Peano, la soluzione del problemau′(t) = f (t, u(t)) se t0 ≤ t ≤ t0 + T,u(t0) = y0

puo non essere unica. Consideriamo ad esempio fa funzione continua

f : R2 3 (x, y)→ 3√y ∈ R.

Tutte le funzioni

uc(t) =

0 se 0 ≤ t ≤ c,√(23 (x − c)

)3se t ≥ c

per c ≥ 0 sono soluzioni diu′(t) =3√u(t) se t ≥ 0,

u(0) = 0.

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2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE 15

Un’altra dimostrazione del Teorema di Peano. Siano K, M, T e X definiticome in precedenza. Fissato un qualsiasi numero reale positivo 0 < ε < T , vie una e una sola funzione uε ∈ X che soddisfa:

uε(t) = 0 se 0 ≤ t ≤ ε

uε(t) =∫ t

0 f (s, uε(s − ε))ds se ε ≤ t ≤ T.

Si verifica facilmente che la famiglia uε ⊂ X e relativamente compatta in Xper il teorema di Ascoli-Arzela. Possiamo quindi trovare una successione ενinfinitesima tale che

uεν → u in X.

Passando al limite sotto il segno di integrale, otteniamo allora

u(t) =

∫ t

0f (s, u(s))ds se 0 ≤ t ≤ T.

Per il teorema fondamentale del calcolo integrale la u e una funzione di classe C 1

su [0,T ] e soddisfa: (t, u(t)) ∈ Ω ∀0 ≤ t ≤ Tu(0) = 0u′(t) = f (t, u(t)) se 0 ≤ t ≤ T.

Teorema 1.7 (Unicita). Sia Ω un aperto di Rm+1 = Rt × Rmy e sia f : Ω → Rm

una funzione continua, che ammette derivate parziali prime continue rispetto allevariabili y1, ..., ym. Sia (t0, y0) ∈ Ω. Se u j : [t0, t0 + T j] → Rm (con T j > 0 perj = 1, 2) sono funzioni di classe C 1 che risolvono il sistema:

(t, u j(t)) ∈ Ω se t ∈ [t0, t0 + T j],u′j(t) = f (t, u j(t)) se t ∈ [t0, t0 + T j],u j(t0) = y0

allorau1(t) = u2(t) ∀t0 ≤ t ≤ t0 + minT1,T2.

Dimostrazione. Poniamo T = minT1,T2 e sia

A = t ∈ [t0, t0 + T ] | u1(t) = u2(t).

L’insieme A e chiuso perche le funzioni u j sono continue. Esso contiene t0 e quindinon e vuoto. La componente connessa A0 di t0 in A e un intervallo chiuso [t0, t1]con t0 ≤ t1 ≤ t0 + T . Dico che t1 = t0 + T . Infatti, se fosse t1 < t0 + T , avremmo

u j(t) = y1 +

∫ t

t1f (s, u j(s))ds se t1 ≤ t ≤ t0 + T, j = 1, 2

cony1 = u1(t1) = u2(t1).

Page 16: Nacinovich - Geometria differenziale

16 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

L’aperto Ω contiene un intorno di (t1, y1) della forma

K = |t − t1| ≤ T1 × B(y1,R1).

Su K abbiamo ∣∣∣∣∣∂ f (t, y)∂y

∣∣∣∣∣ ≤ L < ∞.

Inoltre, poiche le u j sono continue, possiamo scegliere 0 < ε < minT1, t0 + T − t1tale che

u j(t) ∈ B(y1,R1) ∀t1 ≤ t ≤ t1 + ε, j = 1, 2.

Se z1, z2 ∈ B(y1,R1), abbiamo

| f (t, z2) − f (t, z1)| =

∣∣∣∣∣∣∫ 1

0

ddξ

f (t, z1 + ξ(z2 − z1))dξ

∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∣∫ 1

0

∂ f∂y

(t, z1 + ξ(z2 − z1))(z2 − z1)dξ

∣∣∣∣∣∣≤

∫ 1

0

∣∣∣∣∣∂ f∂y

(t, z1 + ξ(z2 − z1))∣∣∣∣∣ dξ |z2 − z1|

≤L · |z2 − z1|.

Otteniamo quindi

|u2(t) − u1(t)| ≤∫ t

t1| f (s, u2(s)) − f (s, u1(s))|ds

≤ (t − t1)L supt1≤s≤t

|u2(s) − u1(s)|

per t1 ≤ t ≤ t1 + ε. Pur di scegliere δ > 0 con δL < 1, δ ≤ ε, avremo

supt1≤t≤t1+δ

|u2(t) − u1(t)| ≤ δL supt1≤t≤t1+δ

|u2(t) − u1(t)| ⇒ u1(t) = u2(t)

∀t1 ≤ t ≤ t1 + δ.

Cio contraddice la definizione di t1 e mostra quindi che t1 = t + r.

Teorema 1.8 (Dipendenza continua dai dati iniziali). Siano Ω un aperto di Rm+1 =

Rt × Rmy ed f : Ω → Rm una funzione continua, che ammette derivate parziali

prime continue rispetto alle variabili y1, ..., ym. Sia (t0, y0) ∈ Ω. Possiamo alloratrovare T > 0, R > 0 ed una funzione continua

φ : [t0, t0 + T ] × B(y0,R)→ Rm,

che ammette derivata parziale prima continua rispetto alla variabile t, tale che(t, φ(t, y)) ∈ Ω se (t, y) ∈ [t0, t0 + T ] × B(y0,R)

φ(t0, y) = y se y ∈ B(y0,R)∂φ(t, y)∂t

= f (t, φ(t, y)) se t0 ≤ t ≤ t0 + T.

Page 17: Nacinovich - Geometria differenziale

2. EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE 17

Dimostrazione. Supponiamo, per semplicita di notazioni, che t0 = 0, y0 = 0.Dal teorema di esistenza e unicita segue facilmente l’esistenza, per ogni y in unintorno di 0, di una soluzione uy(t) del problema

(t, uy(t)) ∈ Ω se 0 ≤ t ≤ Tuy(0) = yu′y(t) = f (t, uy(t)) se 0 ≤ t ≤ T.

Posto φ(t, y) = uy(t), resta da dimostrare la dipendenza continua di φ da y.A questo scopo introduciamo ψ(t, y) = φ(t, y) − y ed osserviamo che vale

l’uguaglianza:

ψ(t, y) =

∫ t

0f (s, y + ψ(s, y))ds se 0 ≤ t ≤ T.

Abbiamo allora:

α(t) = |ψ(t, y2) − ψ(t, y1)| ≤∫ t

0| f (s, y2 + ψ(s, y2)) − f (s, y1 + ψ(s, y1))|ds

∫ t

0L(|y2 − y1| + α(s))ds

≤ Lt|y2 − y1| + L∫ t

0α(s)ds

≤ Lr|y2 − y1| + L∫ t

0α(s)ds.

Indichiamo con β(t) la funzione

β(t) = Lr|y2 − y1| + L∫ t

0α(s)ds.

Allora β(t) e una funzione di classe C 1 eβ′(t) = Lα(t)β(t) ≥ Lr|y2 − y1|

α(t) ≤ β(t).

Otteniamo alloraβ′(t)β(t)

≤ L

da cui, integrando,β(t) ≤ Lr|y2 − y1|eLt.

Questa disuguaglianza dimostra la tesi.

Teorema 1.9 (Dipendenza C k dai dati iniziali). Sia Ω un aperto di Rt ×Rmy ×R

kλ e

siaf : Ω→ Rm

Page 18: Nacinovich - Geometria differenziale

18 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

una funzione di classe C k con k ≥ 1. Fissato un punto (t0, y0, λ0) ∈ Ω, possiamotrovare T > 0, R > 0, e una funzione

φ : G = [−T + t0,T + t0] × B(y0,R) × B(λ0, L)→ Rm

di classe C k tale che:(t, φ(t, y, λ), λ) ∈ Ω ∀(t, y, λ) ∈ G,∂φ(t, y, λ)

∂t= f (t, φ(t, y, λ), λ) se |t − t0| ≤ T

φ(t0, y, λ) = y.

Dimostrazione. Basta osservare che le derivate parziali delle soluzioni delsistema differenziale

∂tφ(t, y, λ) = f (t, φ(t, y, λ), λ)

soddisfano ancora un sistema differenziale (che si ottiene calcolando le derivateparziali di ambo i membri) ed applicare il teorema di esistenza e unicita.

3. Il teorema delle funzioni implicite

Teorema 1.10 (delle funzioni implicite). Siano Ω un aperto di Rnx × R

my ed F :

Ω → Rm una funzione continua. Supponiamo che F ammetta derivate parzialiprime continue rispetto a y1, ..., ym in Ω e che, in un punto (x0, y0) ∈ Ω la matricequadrata m × m

A0 =∂F∂y

(x0, y0) =

∂F1(x0,y0)∂y1

∂F1(x0,y0)∂y2 . . .

∂F1(x0,y0)∂ym

∂F2(x0,y0)∂y1

∂F2(x0,y0)∂y2 . . .

∂F2(x0,y0)∂ym

......

. . ....

∂Fm(x0,y0)∂y1

∂Fm(x0,y0)∂y2 . . .

∂Fm(x0,y0)∂ym

sia invertibile. Possiamo allora determinare due numeri reali positivi r,R ed unafunzione continua

f : B(x0, r)→ B(y0,R)

tali che B(x0, r) × B(y0,R) ⊂ Ω,

F(x, f (x)) = F(x0, y0) ∀x ∈ B(x0, y0).

Dimostrazione. Per semplificare le notazioni, possiamo supporre siano

x0 = 0, y0 = 0, F(x0, y0) = F(0, 0) = 0.

L’applicazioneG : Ω 3 (x, y)→ y − A−1

0 F(x, y) ∈ Rm

ammette derivate parziali prime continue rispetto ad y1, ..., ym e ∂G∂y (0, 0) = 0.

Quindi G(x, y) = o(√|x|2 + |y|2) e percio possiamo trovare costanti r,R > 0, tali

Page 19: Nacinovich - Geometria differenziale

3. IL TEOREMA DELLE FUNZIONI IMPLICITE 19

che B(0, r) × B(0,R) ⊂ Ω,

‖∂G(x, y)/∂y‖ < 12 se |x| < r, |y| < R.

Abbiamo allora:

|G(x, y2) −G(x, y1)| =

∣∣∣∣∣∣∫ 1

0

ddt

G(x, y1 + t(y2 − y1))dt

∣∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∣∫ 1

0

∂G∂y

(x, y1 + t(y2 − y1))(y2 − y1)dt

∣∣∣∣∣∣≤ |y2 − y1| ·

∫ 1

0

∥∥∥∥∥∂G∂y

(x, y1 + t(y2 − y1))∥∥∥∥∥ dt

≤12|y2 − y1| , per |x| < r, |y1|, |y2| < R.

La G e uniformente continua sul compatto B(0, r)×B(0,R). In particolare possiamotrovare 0 < r0 < r tale che

|G(x2, y2) −G(x1, y1)| < R/2

se |x2 − x1| ≤ r0, |y2 − y1| ≤ r0, (x1, y1), (x2, y2) ∈ B(0, r) × B(0,R).

Quindi, per x ∈ B(0, r0) ed y ∈ B(0,R), abbiamo

|G(x, y)| ≤ |G(x, y) −G(0, y)| + |G(0, y)| < R.

In particolare, se X = C (B(0, r), B(0,R)) e lo spazio delle funzioni continue u :B(0, r) → B(0,R), munito della topologia della convergenza uniforme, l’applica-zione

T : X 3 u→ G(x, u(x)) ∈ X

e ben definita ed e una contrazione, perche

‖T (u) − T (v)‖ = supB(0,r0)

|G(x, u(x)) −G(x, v(x))| ≤12‖u − v‖ ∀u, v ∈ X.

Poiche X, con la distanza

d(u, v) = supx∈B(0,r)|u(x) − v(x)|,

e uno spazio metrico completo, la T ammette in X un unico punto fisso f . Ottenia-mo:

f (x) = f (x) − A−10 F(x, f (x)) =⇒ F(x, f (x)) = 0.

Per verificare l’unicita, e sufficiente osservare che

|y2 − y1| = |G(x, y2) −G(x, y1)| ≤12|y2 − y1|

se (x, y1), (x, y2) ∈ B(0, r) × B(0,R), F(x, y1) = F(x, y2) = 0.

Page 20: Nacinovich - Geometria differenziale

20 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Supponiamo ora che la funzione F ammetta derivate parziali continue rispettoa tutte le variabili. Se una funzione f (x) di classe C 1 soddisfa, in un intorno delpunto x0, F(x, f (x)) = F(x0, y0),

f (x0) = y0,

otteniamo, calcolando il differenziale rispetto ad x:

∂F∂x

(x, f (x)) +∂F∂y

(x, f (x))∂ f∂x

(x) = 0 .

La matrice Jacobiana A(x, y) = ∂F∂y (x, y) e invertibile in un intorno di (x0, y0) ed

otteniamo quindi:

(3.1)∂ f (x)∂x

= −

(∂F∂y

(x, f (x)))−1

∂F∂x

(x, f (x)) .

Per ogni variabile xi, (3.1) definisce un sistema di equazioni differenziali ordinarie,dipendente dalle altre variabili x j ( j , i) come parametri. Otteniamo quindi che,se F e di classe C k per k ≥ 1 rispetto a tutte le variabili x1, ..., xn, y1, . . . , ym, lafunzione f e di classe C k in un intorno di x0.

Vale quindi il:

Teorema 1.11. Siano Ω un aperto di Rn+m = Rnx × R

my ed F : Ω → Rm una

funzione differenziabile di classe C k, con 1 ≤ k ≤ ω. Se, in un punto (x0, y0) ∈ Ω

lo Jacobiano ∂F∂y (x0, y0) e una matrice invertibile, allora esiste un intorno aperto

convesso U di x0 in Rn ed un’unica funzione f : U → Rm, di classe C k, tale che

(x, f (x)) ∈ Ω ∀x ∈ U ed F(x, f (x)) = F(x0, y0) ∀x ∈ U .

Dimostrazione. I casi in cui k sia un intero positivo od ∞ seguono dall’osser-vazione precedente. Per dimostrare la tesi nel caso analitico reale, si puo, in primoluogo, risolvere per serie, cioe calcolando le successive derivate parziali di f (x) inx0 usando la (3.1) e le relazioni che da essa si ottengono differenziandola; occorrepoi stimare la crescita di tali derivate utilizzando l’ipotesi di analiticita della F.

Teorema 1.12 (dell’applicazione inversa). Siano Ω un aperto di Rn ed f : Ω →

Rn un’applicazione differenziabile di classe C k, con 1 ≤ k ≤ ω. Se d f (x0) einvertibile, allora f e un omeomorfismo di un intorno aperto U di x0 su un intornoaperto V di y0 = f (x0) e l’applicazione inversa

(f |VU

)−1e differenziabile di classe

C k in un intorno di y0.

Dimostrazione. Consideriamo l’applicazione

Rny ×Ω 3 (y, x)→ f (x) − y ∈ Rn .

Essa e di classe C k e, per ipotesi,

∂F∂x

(x, y) =∂ f (x)∂x

Page 21: Nacinovich - Geometria differenziale

4. MOLLIFICATORI 21

e invertibile per x = x0 ed y = y0 = f (x0). Per il teorema delle funzioni implicite vie una g, univocamente definita e di classe C k in un intorno V di y0 in Rn

y , tale che f (g(y)) − y = 0 ∀y ∈ V ,

g(y0) = x0 .

Poiche dg(y0) = d f (x0)−1 e ancora invertibile, possiamo determinare un’unica hdi classe C k in un intorno W di x0, a valori in Rn, tale che g h sia ben definitain W e g(h(x)) = x in W, h(x0) = y0. Possiamo supporre, poiche h e continua,che h(W) ⊂ V e quindi applicando f ai due membri dell’uguaglianza g h(x) = xotteniamo:

h(x) = f g h(x) = f (x) in W .

4. Mollificatori

Ricordiamo che il supporto di una funzione reale f , definita su uno spaziotopologico X, e la chiusura dell’insieme dei punti x di X in cui f (x) , 0:

supp( f ) = x ∈ X | f (x) , 0.

Definizione 1.7. Se Ω e un aperto di Rn, indichiamo con C kcomp(Ω), per 0 ≤ k ≤

∞, lo spazio vettoriale reale delle funzioni reali, di classe C k su Ω, con supportocompatto contenuto in Ω.

Osserviamo che la funzione identicamente nulla (che ha supporto vuoto) el’unica funzione analitica reale a supporto compatto in Rn.

Lemma 1.13. Possiamo trovare una funzione φ ∈ C∞comp(Rn) tale che φ(x) ≥ 0 perogni x ∈ Rn, φ(0) > 0 e supp( f ) = |x| ≤ 1.

Dimostrazione. La funzione reale f : R→ R, definita da

f (t) =

exp(−1/t) se t > 00 se t ≤ 0 .

e di classe C∞; essa e infatti di classe C∞ in tutti i punti t , 0. E continua in 0 inquanto

limt→0+

f (t) = lims→+∞

1es = 0 .

Abbiamo poi, se t > 0 e k e un intero positivo:

(4.1)dk

dtk f (t) =pk(t)t2k f (t)

per un polinomio pk ∈ R[t] di grado minore di k. Infatti:

ddt

f (t) =−1t2 f (t) ∀t > 0;

Page 22: Nacinovich - Geometria differenziale

22 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

supponiamo che la (4.1) sia vera per un intero k ≥ 1. Allora

dk+1

dtk+1 f (t) =ddt

(pk(t)t2k f (t)

)=

t2 p′k(t) − (1 + 2kt)pk(t)

t2(k+1) f (t), ∀t > 0 .

Abbiamo quindi, per polinomi q2k ∈ R[s] di grado ≤ 2k:

limt→0+

dk

dtk f (t) = lims→+∞

q2k(s)es = 0

per ogni intero k ≥ 1. Per il Teorema dell’Hopital, ne segue che f e di classe C∞ eha tutte le derivate nulle per t = 0.

Allora la funzione φ : Rn → R, definita da:

φ(x) = f (1 − |x|2) ∀x ∈ Rn ,

gode di tutte le proprieta richieste.

Lemma 1.14. Sia φ : Rn → R una funzione continua a supporto compatto. Seφ(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn e φ(x0) > 0 in un punto x0 ∈ R

n, allora

0 <∫Rnφ(x)dx < ∞ .

Dimostrazione. Osserviamo che φ e integrabile perche e continua e nulla fuorida un compatto. Per il Teorema di Weierstrass φ ha un massimo M su supp φ e0 < M < ∞. Inoltre il supporto di φ, essendo compatto, e contenuto nel cubo[−R/2,R/2]n per un numero positivo R sufficientemente grande. Per la monotoniadell’integrale, otteniamo quindi

0 ≤∫Rnφ(x)dx ≤ M Rn < ∞ .

Poiche φ e continua, possiamo poi trovare ε > 0 tale che

φ(x) ≥ φ(x0)/2 > 0 se xi0 − ε/2 ≤ xi ≤ xi

0 + ε/2 .

Ancora per la monotonia dell’integrale, otteniamo che∫Rnφ(x)dx ≥

∫|xi−xi

0 |≤ε/2φ(x0)/2 dx = εnφ(x0)/2 > 0 .

Dai due lemmi precedenti ricaviamo:

Lemma 1.15. Esiste una funzione φ : Rn → R, di classe C∞ e a supportocompatto, tale che

(1) φ(x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn;(2) supp(φ) ⊂ Dn = x ∈ Rn | |x| ≤ 1;

(3)∫Rnφ(x)dx = 1.

Page 23: Nacinovich - Geometria differenziale

4. MOLLIFICATORI 23

Sia φ una funzione reale con le proprieta elencate nel lemma. Allora ciascunadelle funzioni φε , per ε > 0, definite da:

φε(x) = ε−nφ(x/ε) ∀x ∈ Rn

gode delle proprieta:(1) supp(φε) ⊂ B(0, ε) = |x| ≤ ε;

(2)∫Rnφε(x)dx = 1.

La seconda proprieta segue infatti dalle formule di cambiamento di variabili negliintegrali multipli.

Definizione 1.8. La famiglia φε | ε > 0 si dice una famiglia di mollificatori in Rn.

Teorema 1.16. Sia φε = ε−nφ(x/ε)ε>0 una famiglia di mollificatori in Rn. Alloraper ogni funzione continua f : Rn → R, le funzioni:

fε(x) =

∫Rn

f (y)φε(x − y)dy ∀x ∈ Rn

sono di classe C∞ in Rn; inoltre:(1) supp( fε) ⊂ supp( f ) + B(0, ε) = x ∈ Rn | dist(x, supp( f )) ≤ ε;(2) limε→0+ fε(x) = f (x) uniformemente sui compatti di Rn.

Dimostrazione. Osserviamo che, per ogni x ∈ Rn fissato, la funzione Rn 3

y → f (y)φε(x − y) e continua e uguale a 0 fuori dalla palla chiusa di centro x eraggio ε. Essa e dunque integrabile su Rn e quindi la fε e ben definita. Chiaramentefε(x) = 0 se dist(x, supp f ) > ε.

Essa e una funzione di classe C∞ per il teorema di derivazione sotto il segnodi integrale.

Infine, abbiamo

fε(x) =

∫Rn

f (x − y)φε(y)dy =

∫Rn

f (x − εy)φ(y)dy

per il teorema di cambiamento di variabili negli integrali multipli. La funzioneRn × Rn 3 (x, y) → f (x − y) ∈ R e continua e quindi uniformemente continuasui compatti. Fissato un numero reale δ positivo, possiamo trovare allora per ognicompatto K di Rn un σ > 0 tale che

| f (x − y) − f (x)| < δ se x ∈ K, |y| < σ .

Allora:

| fε(x) − f (x)| ≤∣∣∣∣∣∫Rn| f (x − εy) − f (x)|φ(y)dy

∣∣∣∣∣ < δ se ε < σ , x ∈ K .

La dimostrazione e completa.

Proposizione 1.17. Siano K un compatto di Rn ed A un aperto di Rn contenenteK. Esiste allora una funzione f ∈ C∞(Rn) tale che 0 ≤ f (x) ≤ 1 in Rn, f (x) = 1su K ed f (x) = 0 se x < A.

Page 24: Nacinovich - Geometria differenziale

24 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Dimostrazione. Siano U1, U2 intorni aperti di K in A con U1 b U2 b A. Siaε > 0 un numero reale maggiore di dist(K,Rn\U1), dist(U1,R

n\U2) e dist(U2,Rn\

A). Poiche Rn e uno spazio normale, possiamo trovare una funzione di Urysohnψ : Rn → I = [0, 1] ⊂ R tale che ψ(x) = 1 se x ∈ U1, ψ(x) = 0 se x < U2. Siaφσσ>0 una famiglia di mollificatori in Rn. Allora

f (x) = ψε(x) =

∫Rnψ(y)φε(x − y)dy

soddisfa tutte le proprieta richieste. Infatti, poiche 0 ≤ ψ(x) ≤ 1,

0 ≤ f (x) =

∫Rnψ(y)φε(x − y)dy ≤

∫Rnφε(x − y)dy = 1;

se x ∈ K, allora ψ(y)φε(x − y) = φε(x − y) per ogni y ∈ Rn perche y ∈ U1 se x − yappartiene al supporto di φε e quindi

f (x) =

∫Rnψ(y)φε(x − y)dy =

∫Rnφε(x − y)dy = 1 ∀x ∈ K ;

se x < A, allora ψ(y) = 0 sul supporto di y→ φε(x − y), in quanto esso e contenutoin Rn \ U2 e percio:

f (x) =

∫Rnψ(y)φε(x − y)dy =

∫Rn

0dy = 0.

Osservazione 1.18. Piu semplicemente, se 3r > dist(K,A), posto Kr = x ∈ Rn |

dist(x,K) < r, possiamo definire

f (x) =

∫Kr

φr(x − y)dy.

Si dimostra che la funzione f ha supporto in K2r = x | dist(x,K) < 2r, cheassume valori nell’intervallo [0, 1], e che f −1(1) = K.

5. Immersioni e sommersioni differenziabili negli spazi Euclidei

Siano A un aperto di Rn, B un aperto di Rm ed f : A → B una funzionedifferenziabile di classe C k, con k ≥ 1.

Definizione 1.9. Diciamo che f e un’immersione differenziabile in x0 ∈ A se ilsuo differenziale d f (x0) : Rn → Rm e un monomorfismo R–lineare; la f si diceun’immersione differenziabile se e tale in ogni punto di A.

Diciamo che f e una sommersione differenziabile in x0 ∈ A se il suo differen-ziale d f (x0) : Rn → Rm e un epimorfismo R-lineare; la f si dice una sommersionedifferenziabile se e tale in ogni punto di A.

Un punto x0 in cui la f non sia una sommersione differenziabile si dice puntocritico di f e la sua immagine f (x0) ∈ B valore critico di f .

L’insieme dei punti critici di f si indica con C( f ) e l’insieme dei valori criticicon CV( f ).

Page 25: Nacinovich - Geometria differenziale

5. IMMERSIONI E SOMMERSIONI DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI EUCLIDEI 25

Esempio 1.2. Consideriamo l’applicazione f : R 3 x → 1 + x2 ∈ R. Allora fe un’immersione e una sommersione in ogni x ∈ R \ 0; abbiamo C( f ) = 0 eCV( f ) = 1.

Teorema 1.19 (dell’inversa sinistra). Siano A ⊂ Rn e B ⊂ Rm due aperti edf : A → B un’applicazione differenziabile di classe C k con k ≥ 1. Se f e un’im-mersione nel punto x0 ∈ A, allora n ≤ m e possiamo trovare un intorno aperto Udi x0 in A, un intorno aperto W di f (x0) in B ed un’applicazione differenziabileg : W → U, di classe C k, tali che

f (U) ⊂ W e g f (x) = x ∀x ∈ U .

Dimostrazione. Per ipotesi il differenziale d f (x0) : Rn → Rm e un monomor-fismo R–lineare e quindi n ≤ m. In particolare, il determinante di un minore n × ndella matrice Jacobiana di f in x0 e diverso da zero. Supponiamo per semplicitache la matrice delle prime n righe:

∂( f 1, . . . , f n)∂(x1, . . . , xn)

=

∂ f 1(x0)∂x1

∂ f 1(x0)∂x2 . . .

∂ f 1(x0)∂xn

∂ f 2(x0)∂x1

∂ f 2(x0)∂x2 . . .

∂ f 2(x0)∂xn

......

. . ....

∂ f n(x0)∂x1

∂ f n(x0)∂x2 . . .

∂ f n(x0)∂xn

abbia determinante diverso da zero. Poiche essa e la matrice Jacobiana in x0 dellacomposizione π f di f con la proiezione nelle prime n coordinate:

π : Rm 3 t(y1, . . . , ym)→ t(y1, . . . , yn) ∈ Rn ,

per il teorema dell’applicazione inversa possiamo trovare intorni aperti U di x0 inA e W′ di π f (x0) in Rn tali che

φ = (π f )∣∣∣W′U : U 3 x→ π( f (x)) ∈ W′

sia un omeomorfismo di U su W′ e φ−1 sia differenziabile di classe C k in W′.Poniamo W = π−1(W′)∩ B e g = φ−1 π su W: la funzione cosı definita e di classeC k e soddisfa la tesi.

Teorema 1.20 (dell’inversa destra). Siano A ⊂ Rn e B ⊂ Rm due aperti ed f : A→B un’applicazione differenziabile di classe C k, con k ≥ 1. Se f e una sommersionedifferenziabile nel punto x0 ∈ A, allora n ≥ m e possiamo trovare intorni aperti Udi x0 in A, W di f (x0) in B ed una funzione differenziabile g : W → U di classe C k

tale che

g(W) ⊂ U, f g(y) = y ∀y ∈ W .

Dimostrazione. Poiche d f (x0) : Rn → Rm e un epimorfismoR–lineare, n ≥ m.A meno di permutare gli indici delle coordinate x1, . . . , xm, possiamo supporre che

Page 26: Nacinovich - Geometria differenziale

26 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

la matrice delle prime m colonne:

∂( f 1, . . . , f m)∂(x1, . . . , xm)

=

∂ f 1(x0)∂x1

∂ f 1(x0)∂x2 . . .

∂ f 1(x0)∂xm

∂ f 2(x0)∂x1

∂ f 2(x0)∂x2 . . .

∂ f 2(x0)∂xm

......

. . ....

∂ f m(x0)∂x1

∂ f m(x0)∂x2 . . .

∂ f m(x0)∂xm

abbia determinante diverso da 0.

Siano x′ = (x1, . . . , xm), x′′ = (xn−m+1, . . . , xn),

ι : Rm 3 tx′ → t(x′, x′′0 ) ∈ Rn = Rmy × R

n−mz .

La ι e un’immersione di classe C ω di Rm in un sottospazio affine di dimensionen di Rn per il punto x0. Quindi la f ι e definita e differenziabile in un intornoΩ di x′0 = t(x1

0, . . . , xm0 ) in Rm e il suo differenziale in x′0 e un isomorfismo lineare

Rm → Rm. Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare intorni U′ dix′0 in Ω, W di y0 = f (x0) = f ι(y0) in B, tali che

ψ = ( f ι)∣∣∣WU′ : U 3 y→ f (ι(y)) ∈ W

sia un omeomorfismo e la sua inversa ψ−1 : W → U′ sia differenziabile di classeC k. Allora la g = ι ψ−1 soddisfa la tesi.

6. Sottovarieta differenziabili negli spazi Euclidei

Definizione 1.10. Una sottovarieta parametrica di dimensione m e di classe C k,con k ≥ 1, dello spazio Euclideo Rn e un’applicazione

α : Ω→ Rn,

definita su un aperto Ω di Rm, tale che:(1) α e un’immersione topologica;(2) α e un’immersione differenziabile di classe C k.

L’immagine α(Ω) si dice il supporto della varieta parametrica e si indica con |α|.

Osserviamo che m ≤ n. Se m = n, per il teorema dell’applicazione inversa la αe un diffeomorfismo di classe C k dell’aperto Ω di Rn = Rm sull’aperto α(Ω) di Rn.

Lemma 1.21. Sia α : Ω −→ Rn una varieta parametrica di dimensione m, definitasu un aperto Ω ⊂ Rm e di classe C k, con k ≥ 1. Per ogni y0 ∈ Ω, esistono unintorno aperto U di α(y0) in Rn ed n − m funzioni fi : U −→ R di classe C k taliche

α(Ω) ∩ U =x ∈ U | fi(x) = 0, 1 ≤ i ≤ n − m

,

ed inoltred f1(x), ..., d fn−m(x) ∈

(Rn)′

sono linearmente indipendenti per ogni x ∈ U.

Page 27: Nacinovich - Geometria differenziale

6. SOTTOVARIETA DIFFERENZIABILI NEGLI SPAZI EUCLIDEI 27

Dimostrazione. Poiche α e un’immersione differenziabile in ogni punto di Ω,possiamo senz’altro supporre che la matrice

∂α1

∂y1 . . . ∂α1

∂ym

.... . .

...∂αm

∂y1 . . . ∂αm

∂ym

abbia determinante diverso da zero in y0 ∈ Ω. Sia π : Rn → Rm la proiezione nelleprime m coordinate. Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare unintorno aperto W di π(α(y0)) in Rm e un intorno V di y0 in Ω tale che

g π α(y) = y, ∀y ∈ V , π α g(x′) = x′ , ∀x′ ∈ W .

Poiche abbiamo supposto che α sia un’immersione topologica, possiamo trovareun intorno aperto U di α(y0) in Rn tale che

α(V) = U ∩ α(Ω) .

Poniamo

f i(x) = xm+i − αm+i g(π(x)) per x ∈ U, i = 1, ..., n − m .

Chiaramente le f i hanno differenziali linearmente indipendenti in U e α(V) e illuogo di zeri delle f i in U.

Viceversa, vale il

Lemma 1.22. Siano n, m interi con 0 < m < n e sia F : A → Rn−m una som-mersione differenziabile di classe C k (k ≥ 1), definita su un aperto A di Rn. SeF(x0) = 0 in un punto x0 ∈ A, possiamo trovare una sottovarieta parametricaα : Ω → A, definita su un aperto Ω di Rm, di classe C k e dimensione m, tale che,per un intorno aperto U di x0 in A, risulti:

x ∈ U | F(x) = 0 = α(Ω) .

Dimostrazione. Possiamo supporre che la matrice(∂Fi(x)∂xm+ j

)1≤i, j≤n−m

sia inver-

tibile per x = x0. Per il teorema delle funzioni implicite, esistono un intornoaperto Ω di (x1

0, ..., xm0 ) in Rm, un intorno aperto W di (xm+1

0 , ..., xn0) in Rn−m tali che

Ω ×W = U ⊂ Ω ed una funzione g : Ω→ W, di classe C k, tali che

F(x) = 0 ∩ U = (y, g(y)) | y ∈ Ω.

Bastera allora definireα : Ω 3 y→ (y, g(y)) ∈ Rn.

Definizione 1.11. Si dice sottovarieta differenziabile di classe C k e di dimensionem di Rn un sottoinsieme S di Rn tale che, per ogni punto x0 ∈ S si possa trovare unintorno aperto U di x0 in Rn tale che la componente connessa di x0 in S ∩ U sia ilsupporto di una sottovarieta parametrica di dimensione m.

Una superficie parametrica regolare α : Ω → Rn di classe C k, con α(Ω) ⊂ S ,si dice una parametrizzazione locale di classe C k, della superficie S .

Page 28: Nacinovich - Geometria differenziale

28 1. CALCOLO DIFFERENZIALE NEGLI SPAZI EUCLIDEI

La topologia di sottovarieta di S e quella che ha per base le componenticonnesse delle intersezioni di S con gli aperti di Rn.

Si puo scegliere come base della topologia di sottovarieta di S anche la famigliadei supporti delle sue parametrizzazioni locali di classe C k.

Essa e in generale piu fine della topologia di sottospazio.

Esempio 1.3. Sia M(m, n;R) ' Rmn lo spazio vettoriale delle matrici m × n acoefficienti reali e sia k ≤ minm, n. Allora l’inseme M(m, n; k;R) delle matricim × n di rango k e una sottovarieta differenziabile localmente chiusa di classe C ω

di M(m, n;R), di dimensione k(m + n − k). Infatti M(m, n; k;R) e l’intersezione delchiuso delle matrici che hanno nulli tutti i determinanti dei minori di ordine (k + 1)con l’aperto delle matrici che hanno almeno uno dei determinanti dei minori diordine k diverso da zero.

Un atlante di M(m, n; k;R) si puo parametrizzare con la scelta di k colonneXi1 , . . . , Xik , con 1 ≤ i1 < · · · < ik ≤ n della matrice X ∈ M(m, n; k;R). L’apertoUi1,...,ik e formato dalle matrici X per cui Xi1 , . . . , Xik sono linearmente indipendenti.Le coordinate sono allora gli (mk) coefficienti della matrice (Xi1 , . . . , Xik ), che va-riano nell’aperto Ω diM(m, k;R) ' Rmk delle matrici che hanno un minore k×k condeterminante diverso da 0, e i k(n − k) coefficienti ch

j che si ricavano dalla decom-posizione X j =

∑kh=1 ch

j Xih della j-esima colonna ( j , i1, . . . , ik) di X rispetto allecolonne Xi1 , . . . , Xik . Questa scelta delle coordinate definisce un diffeomorfismo diUi1,...,ik sul prodotto Ω × Rk(n−k) ⊂ Rk(m+n−k).

Page 29: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 2

Geometria differenziale di Rn

1. Campi di vettori in Rn

Sia Ω un aperto di Rn. Indichiamo con C∞(Ω) l’algebra reale delle funzionireali che sono definite e continue, con le loro derivate parziali di ogni ordine, su Ω.

Vale il seguente:

Lemma 2.1. Siano Ω un aperto di Rn, f ∈ C∞(Ω), ed x0 un punto di Ω. Possiamotrovare funzioni g1, . . . , gn ∈ C∞(Ω) tali che:

(1.1) f (x) = f (x0) + (x1 − x10)g1(x) + · · · + (xn − xn

0)gn(x) ∀x ∈ Ω.

Inoltre

(1.2) g j(x0) =∂ f (x0)∂x j per j = 1, . . . , n.

Dimostrazione. Possiamo supporre per semplicita che f (x0) = 0. Sia B(x0, r) =

x ∈ Rn | |x − x0| < r una palla aperta, di centro x0, contenuta in Ω. Per ogni pun-to x di B(x0, r), il segmento [x0, x], di estremi x0, x1, e contenuto in Ω. Abbiamopercio, per il teorema fondamentale del calcolo integrale,

f (x) = f (x) − f (x0) =

∫ 1

0

ddt

f (x0 + t(x − x0))dt

=∑n

j=1(x j − x j

0)∫ 1

0

∂ f∂x j (x0 + t(x − x0))dt.

Per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale, le funzioni

h j(x) =

∫ 1

0

∂ f∂x j (x0 + t(x − x0))dt

sono definite e di classe C∞ sulla palla aperta B(x0, r). Fissiamo ora numeri realir1, r2 con 0 < r1 < r2 < r ed introduciamo la funzione di taglio:

φ(t) =

1 se t ≤ r1

exp( exp(1/(r1−t)

t−r2

)se r1 < t < r2

0 se t ≥ r2.

La φ e una funzione di classe C∞, non crescente, uguale a 1 per t ≤ r1 ed uguale a0 per t ≥ r2. Percio le funzioni

k j(x) =

φ(|x − x0|)h j(x) se |x − x0| < r2

0 se |x − x0| ≥ r2

29

Page 30: Nacinovich - Geometria differenziale

30 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

sono definite e di classe C∞ su Rn. Osserviamo che k j(x) = h j(x) se |x − x0| ≤ r1.In particolare:

f (x) =∑n

j=1(x j − x j

0)k j(x) per x ∈ B(x0, r1).

Poiche la funzione f = f (x) −∑n

j=1(x j − x j0)k j(x), che e definita e di classe C∞ su

Ω, si annulla sulla palla B(x0, r1), le funzioni

η j(x) =

0 se x ∈ B(x0, r1)

(x j − x j0) f (x)

|x − x0|2se x ∈ Ω \ x0

sono definite e di classe C∞ in Ω. Otteniamo quindi la tesi ponendo g j = k j + η j,per j = 1, . . . , n. Infatti la (1.2) e conseguenza della (1.1).

Definizione 2.1. Un campo di vettori X sull’aperto Ω di Rn e un operatore diffe-renziale lineare reale del primo ordine omogeneo su Ω, cioe un’applicazione:

(1.3) X : C∞(Ω)→ C∞(Ω)

che si possa descrivere mediante:

(1.4)

X( f )(x) =∑n

j=1a j(x)

∂ f (x)∂x j ∀ f ∈ C∞(Ω)

con a j ∈ C∞(Ω) per j = 1, . . . , n.

Indicheremo nel seguito con X(Ω) l’insieme di tutti i campi di vettori su Ω.

Ricordiamo la definizione:

Definizione 2.2. Un’algebra g su un campo K, con prodotto g × g 3 (X,Y) →[X,Y] ∈ g si dice un’algebra di Lie se il prodotto soddisfa gli assiomi:

[X, X] = 0 ∀X ∈ g (antisimmetria)

[X, [Y,Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X,Y]] = 0 ∀X,Y,Z ∈ g(identita di Jacobi).

Abbiamo facilmente:

Proposizione 2.2. L’insieme X(Ω) dei campi di vettori su Ω e:(1) uno spazio vettoriale reale;(2) un C∞(Ω)-modulo a sinistra;(3) un’algebra di Lie reale per l’operazione di commutazione di campi di

vettori:

(1.5) X(Ω) × X(Ω) 3 (X,Y)→ [X,Y] = X Y − Y X ∈ X(Ω).

Dimostrazione. Ricordiamo che, se

X =∑n

j=1a j(x)

∂x j ed Y =∑n

j=1b j(x)

∂x j ,

Page 31: Nacinovich - Geometria differenziale

2. CURVE INTEGRALI DI UN CAMPO DI VETTORI IN Rn 31

si ha:

αX + βY =∑n

j=1

(αa j(x) + βb j(x)

) ∂

∂x j ∀α, β ∈ R,

f X + gY =∑n

j=1

(f (x)a j(x) + g(x)b j(x)

) ∂

∂x j ∀ f , g ∈ C∞(Ω).

Queste operazioni definiscono le strutture di spazio vettoriale reale e di C∞(Ω)-modulo di X(Ω). La verifica di (1) e (2) e dunque immediata.

Per dimostrare la (3), basta verificare che:

(1.6) [X,Y] =∑n

j,k=1

(ak(x)

∂b j(x)∂xk − bk(x)

∂a j(x)∂xk

)∂

∂x j .

Per preparare la definizione astratta di campo di vettori su una varieta, dimo-striamo la

Proposizione 2.3. Condizione necessaria e sufficiente affinche un’applicazione R-lineare X : C∞(Ω)→ C∞(Ω) sia un campo di vettori in Ω e che valga la:

(1.7) X( f g) = f X(g) + gX( f ) ∀ f , g ∈ C∞(Ω) (identita di Leibnitz).

Dimostrazione. La verifica della necessita della condizione e immediata. Ve-rifichiamo la sufficienza. Dimostriamo innanzi tutto che, se X ∈ EndR(C∞(Ω))soddisfa la (1.7), allora X si annulla sulle costanti. Se infatti indichiamo con c lafunzione che vale identicamente c ∈ R su Ω, otteniamo dalla (1.7):

X(1) = X(1 · 1) = 1 X(1) + 1 X(1) = 2 X(1) =⇒ X(1) = 0.

Quindi anche:X(c) = X(c · 1) = c X(1) = c · 0 = 0.

Poniamo ora a j(x) = X(x j). Fissato x0 ∈ Ω ed f ∈ C∞(Ω), utilizziamo il Lem-ma 2.1 per fissare anche funzioni g j ∈ C∞(Ω) che soddisfino le (1.1) ed (1.2).Otteniamo:

X( f )(x0) = [X( f (x0) +∑n

j=1(x j − x j

0)g j(x))]x=x0

= X( f (x0)) +∑n

j+1

[X((x j − x j

0)g j(x))]

x=x0

= 0 +∑n

j=1

[(x j − x j

0)X(g j) + g j(x)X(x j − x j0)]

x=x0

=∑n

j=1g j(x0)X(x j)(x0) =

∑n

j=1a j(x0)

∂ f (x0)∂x j .

La dimostrazione e completa.

2. Curve integrali di un campo di vettori in Rn

Sia Ω un aperto di Rn. Al campo di vettori

X =∑n

j=1a j(x)

∂x j ∈ X(Ω)(2.1)

associamo il sistema (autonomo) di equazioni differenziali ordinarie:

x j(t) = a j(x(t)), j = 1, . . . , n.(2.2)

Page 32: Nacinovich - Geometria differenziale

32 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

Definizione 2.3. Le soluzioni del sistema (2.2) si dicono curve integrali o curvecaratteristiche del campo di vettori (2.1).

Osservazione 2.4. Lungo le curve integrali t → x(t) l’azione del campo si riducealla differenziazione ordinaria:

(2.3) (X f )(x(t)) =ddt

f (x(t)) ∀ f ∈ C∞(Ω).

Viceversa, le soluzioni u ∈ C∞(Ω) dell’equazione differenziale alle derivateparziali:

(2.4) Xu(x) = 0 ∀x ∈ Ω

sono integrali primi del sistema (2.2). Cioe, se x = x(t), per t ∈ (a, b), e soluzionedi (2.2), allora:

(2.5) u(x(t)) = costante per a < t < b.

Dal teorema di esistenza, unicita e dipendenza differenziabile dei dati per isistemi di equazioni differenziali ordinarie abbiamo:

Proposizione 2.5. Siano (2.1) un campo di vettori nell’aperto Ω ⊂ Rn ed x0 unpunto di Ω. Allora vi e un unico intervallo aperto (a, b) ⊂ R, con −∞ ≤ a < 0 <b ≤ +∞ ed un’unica curva α : (a, b) → Ω di classe C∞, tale che valgano le (2.6)e (2.7):

(2.6)

α(t) = a j(α(t)) per ogni a < t < b ed 1 ≤ j ≤ n,α(0) = x0.

(2.7)α(tν) diverge in Ω

∀ successione tν limitata e divergente in (a, b).

Indicheremo con con IX,x0 l’intervallo (a, b) e con αX(x0, t) la curva α : (a, b)→Ω descritti nella Proposizione 2.5. Abbiamo ancora:

Proposizione 2.6 (Dipendenza dai dati iniziali). Con le notazioni della Proposi-zione 2.5: fissato x0 ∈ Ω esistono un intorno U di x0 in Ω ed un numero reale r > 0tali che:

IX,x ⊃ (−r, r) ∀x ∈ U,(2.8)

U × (−r, r) 3 (x, t)→ αX(x, t) ∈ Ω e un’applicazione di classe C∞.(2.9)

Definizione 2.4. Sia (2.1) un campo di vettori. Un punto x ∈ Ω si dice:regolare, o non stazionario, se (a1(x), . . . , an(x)) , ~0,critico, o stazionario, se (a1(x), . . . , an(x)) = ~0.

Osserviamo che x ∈ Ω e un punto critico per X ∈ X(Ω) se e soltanto se IX,x = Red αX(x, t) = x per ogni t ∈ R.

Esempio 2.1. Sia Ω = Rn e supponiamo che i coefficienti a j di (2.1) siano costantie non tutti nulli. Allora le curve integrali di X sono della forma:

x j(t) = x j0 + ta j per j = 1, . . . , n, t ∈ R,

Page 33: Nacinovich - Geometria differenziale

2. CURVE INTEGRALI DI UN CAMPO DI VETTORI IN Rn 33

sono cioe il fascio delle rette parallele alla direzione ~a = (a1, . . . , an).Fissiamo un’applicazione lineare ψ : Rn → Rn−1 che abbia come nucleo la

retta R~a. Allora le soluzioni di (2.4) sono tutte e sole le u = v ψ, al variare di v inC∞(Rn−1).

Esempio 2.2. Sia Ω = R2x,y e sia:

X = x∂

∂y− y

∂x.

Allora il corrispondente sistema di equazioni ordinarie e:x = −yy = x

che ha soluzioni della forma: x = A cos(t + t0)y = A sin(t + t0)

con A, t0 ∈ R.

Le soluzioni sono quindi l’origine, che e l’unico punto stazionario di X, e le cir-conferenze con centro nell’origine.

Le soluzioni di (2.4) sono le u = v(x2 + y2), con v ∈ C∞(R).

Esempio 2.3. Sia ancora Ω = R2x,y e sia:

X = x∂

∂x+ y

∂y.

Le soluzioni del sistema: x = xy = y

sono le curve: x = x0 · et

y = y0 · et

t ∈ R, x0, y0 ∈ R,

cioe l’origine, unico punto critico di X, e le semirette aperte uscenti dall’origine.Le soluzioni di (2.4) devono essere costanti su ciascuna componente connessa del-l’intersezione del suo dominio di definizione con una qualsiasi semiretta uscentedall’origine. In particolare, le uniche soluzione di classe C∞ di (2.5) su un domi-nio stellato rispetto all’origine sono le costanti. In generale, se φ ∈ C∞(A) per unaperto A ⊂ R, allora le funzioni della forma u(x, y) = φ(x/y) e v(x, y) = φ(y/x)sono soluzioni di (2.4), rispettivamente su U1 = (x, y) ∈ R2 | y , 0, (x/y) ∈ A esu U2 = (x, y) ∈ R2 | x , 0, (y/x) ∈ A.

Page 34: Nacinovich - Geometria differenziale

34 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

Esempio 2.4. Sia Ω = R2x,y e:

X = x∂

∂x− y

∂y.

Le soluzioni del sistema: x = xy = −y

sono le curve: x = x0 · et

y = y0 · e−t

t ∈ R, x0, y0 ∈ R,

cioe l’origine, unico punto critico di X, e le componenti connesse delle iperboliequilatere aventi per asintoti gli assi coordinati. Le soluzioni di (2.5) sono dellaforma u = v(xy), ove v ∈ C∞(R).

3. Gruppi locali a un parametro associati a campi di vettori

Sia Ω un aperto di Rn ed X ∈ X(Ω) un campo di vettori. Poniamo:

(3.1) Ω = (t; x) ∈ R ×Ω | t ∈ IX,x.

Possiamo precisare ulteriormente la Proposizione 2.6 nella forma seguente:

Teorema 2.7. L’insieme Ω e un intorno aperto di 0 ×Ω in Rn+1. La:

(3.2) αX : Ω 3 (t; x)→ αX(t; x) ∈ Ω

definita dalle:

∂αX(t; x)∂t

= XαX(t,x) ∀(t, x) ∈ Ω(3.3)

αX(0; x) = x ∀x ∈ Ω(3.4)

gode delle proprieta:αX(t1 + t2, x) = αX(t1, αX(t2; x))

se (t2; x), (t1;αX(t2; x)), (t1 + t2, x) ∈ Ω;(3.5)

(t, x) ∈ Ω⇒ (−t, αX(t; X)) ∈ Ω ed αX(−t, αX(t; x)) = x.(3.6)

Dimostrazione. Basta solo verificare le (3.5) e (3.6). La (3.5) e conseguenzadel fatto che, se consideriamo i due membri dell’uguaglianza come funzioni di t1,essi soddisfano lo stesso problema di Cauchy:ψ(t) = Xψ(t)

ψ(0) = αX(t2; x).

La (3.6) e conseguenza della (3.5).

Page 35: Nacinovich - Geometria differenziale

3. GRUPPI LOCALI A UN PARAMETRO ASSOCIATI A CAMPI DI VETTORI 35

Osserviamo che la (3.5) ci dice in particolare che, se (t; x) ∈ Ω, allora esiste unintorno aperto U di x in Ω ed un ε > 0 tale che, per |t| < ε, la x → αX(t, x) e undiffeomorfismo tra l’aperto U e l’aperto αX(t; U) di Ω.

Scriveremo anche αtX per l’applicazione x → αX(t, x). Osserviamo che in

generale essa non e definita su tutto l’aperto Ω. La (3.5) si puo comunque riscriverenella forma:

(3.7) αt1X α

t2X = αt1+t2

X ,

intendendo con questo che l’uguaglianza e verificata per tutti gli x ∈ Ω per cuientrambi i membri della (3.7) siano definiti.

Introduciamo per funzioni di questo tipo la seguente:

Definizione 2.5. Sia Ω un aperto di Rn e sia Ωt | t ∈ R una famiglia di sottoinsie-mi aperti di Ω con le proprieta:

Ωt1 ⊂ Ωt2 se |t2| < |t1|,(3.8) ⋃t<0

Ωt =⋃t>0

Ωt = Ω0 = Ω,(3.9)

Ω = (t; x) ∈ R ×Ω | x ∈ Ωt e aperto in Rn+1.(3.10)

Sia poi φt ∈ C∞(Ωt,Ω) | t ∈ R una famiglia di funzioni che godono delle seguentiproprieta:

φ0 = idX ,(3.11)

φt1 φt2 = φt1+t2 su Ωt1 ∩Ωt2 , ∀t1, t2 ∈ R,(3.12)

Ω 3 (t; x)→ φt(x) ∈ Ω ∈ C∞(Ω,Ω).(3.13)

Allora la famiglia φt si dice un gruppo locale a un parametro di diffeomorfismidi Ω.

Il Teorema 2.7 ci dice che:

Proposizione 2.8. Un campo di vettori X ∈ X(Ω) definisce un gruppo locale a unparametro αt

X di diffeomorfismi di Ω.

Definizione 2.6. Il gruppo locale a un parametro αtX si dice il flusso del campo di

vettori X ∈ X(Ω).

Naturalmente l’aperto Ω nella Definizione 2.5 puo in generale essere piu pic-colo dell’aperto massimale considerato nell’enunciato del Teorema 2.7. Abbiamoviceversa:

Teorema 2.9. Se φt ∈ C∞(Ωt,Ω) e un gruppo locale a un parametro di diffeo-morfismi di Ω, risulta univocamente determinato un campo di vettori X ∈ X(Ω)tale che:

(3.14)∂φt(x)∂t

= Xφt(x) ∀x ∈ Ωt.

Page 36: Nacinovich - Geometria differenziale

36 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

Dimostrazione. Definiamo X mediante Xx =∂φt(x)∂t

∣∣∣∣∣∣t=0

, per ogni x ∈ Ω.

Allora, per la (3.12), vale anche la (3.14).

Definizione 2.7. Il campo di vettori X ∈ X(Ω) che soddisfa la (3.14) si dice ilgeneratore infinitesimale del gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi φt.

Definizione 2.8. Chiamiamo gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Ω unafamiglia di applicazioni differenziabili φt : Ω→ Ω, per t ∈ R, tali che:

φ0 = idX ,(3.15)

φt1 φt2 = φt1+t2 ∀t1, t2 ∈ R,(3.16)

R ×Ω 3 (t, x)→ φt(x) ∈ Ω ∈ C∞(R ×Ω,Ω).(3.17)

Chiaramente un gruppo e anche un gruppo locale a un parametro di diffeomor-fismi.

Definizione 2.9. Un campo di vettori X ∈ X(Ω) si dice completo se e generatoreinfinitesimale di un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Ω.

Si dimostra facilmente il seguente:

Teorema 2.10. Ogni campo di vettori a supporto compatto in Ω e completo.

4. Campi di vettori e cambiamenti di coordinate

Sia φ : Ω → Ω′ un diffeomorfismo tra due aperti di Rn. Ad esso corrispondeun isomorfismo lineare:

(4.1) φ∗ : X(Ω)→ X(Ω′),

univocamente determinato dalla proprieta che:

(4.2) (φ∗X) f = X(φ∗ f ) = X( f φ) ∀ f ∈ C∞(Ω′).

Se X =∑n

j=1a j(x)∂

∂x j , applicando alla (5.4) il teorema della derivazione dellafunzione composta, ricaviamo:

(4.3) φ∗X =∑n

j,h=1ah(x)

∂φ j(x)∂xh

∂y j per y = φ(x).

Possiamo interpretare la φ come un cambiamento di coordinate in Ω, e quindi la(4.3) come l’espressione del campo di vettori X nelle nuove coordinate y.

Abbiamo:

Proposizione 2.11. Sia x0 un punto regolare per il campo di vettori x ∈ X(Ω).Possiamo allora trovare un intorno aperto U di x0 in Ω ed un cambiamento dicoordinate φ : U 3 x→ y = φ(x) ∈ U′ tale che:

(4.4) φ∗X =∂

∂y1 .

Page 37: Nacinovich - Geometria differenziale

5. DERIVATA DI LIE RISPETTO A UN CAMPO DI VETTORI 37

Dimostrazione. Possiamo supporre, per fissare le idee, che X sia descritto dal-la (2.1) e che sia a1(x0) , 0. Indichiamo allora con ψ = ψ(y1, . . . , yn) la soluzionedel problema di Cauchy:

∂y1ψj(y1, y2, . . . , yn) = a j(ψ(y)) ( j = 1, . . . , n)

ψ1(0, y2, . . . , yn) = x10

ψ j(0, y2, . . . , yn) = x j0 + y j ( j = 2, . . . , n).

Per il teorema di esistenza e unicita, esso definisce una funzione ψ di classe C∞ inun intorno di 0 in Rn

y . Il suo Jacobiano in 0 e:

∂ψ(0)∂y

=

a1(x0) a2(x0) . . . an(x0)

1. . .

1

(sono nulli tutti i termini fuori dalla prima riga e dalla diagonale principale). Quindila ψ definisce un diffeomorfismo tra un intorno U′ di 0 in Rn

y ed un intorno U di x0in Ω. Abbiamo:

ψ∗

(∂

∂y1

)f =

∂y1 f (ψ(y1, y2, . . . , yn))

=∑n

j=1

∂ψ j

∂y1

∂ f∂x j =

∑n

j=1a j(x)

∂ f∂x j ,

ed otteniamo quindi la tesi con φ = ψ−1.

5. Derivata di Lie rispetto a un campo di vettori

Proposizione 2.12. Sia Ω un aperto di Rn e sia X ∈ X(Ω) un campo di vettori inΩ. L’applicazione:

(5.1) LX : X(Ω) 3 Y → [X,Y] = X Y − Y X ∈ X(Ω)

e una derivazione dell’algebra di Lie X(Ω). E cioe R-lineare e soddisfa:

(5.2) LX([Y,Z]) = [LX(Y),Z] + [Y,LX(Z)] ∀Y,Z ∈ X(Ω).

Vale inoltre la:

(5.3) LX( f Y) = (X f )Y + fLX(Y) ∀ f ∈ C∞(Ω), ∀Y ∈ X(Ω).

Dimostrazione. La verifica delle diverse proprieta e immediata. Osserviamoche la (5.2) e una scrittura equivalente dell’identita di Jacobi.

Definizione 2.10. La LX : X(Ω)→ X(Ω) si dice la derivata di Lie rispetto al campodi vettori X ∈ X(Ω).

Diamo ora un’interpretazione geometrica della derivata di Lie di un campo divettori, che illustra anche il significato dell’operazione di commutazione di campidi vettori.

Page 38: Nacinovich - Geometria differenziale

38 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

Teorema 2.13. Sia Ω un aperto di Rn e siano X,Y ∈ X(Ω). Allora

(5.4) LX(Y)(x) = [X,Y](x) =

[ddt

]t=0

([α−t

X Y]

(x)).

Dimostrazione. La formula che vogliamo dimostrare e di carattere locale ed einvariante rispetto a cambiamenti di coordinate. Quindi, se Xx0 , 0, per dimostrareche essa e valida nel punto x0 ∈ Ω, potremo ricondurre la verifica al caso in cui

X =∂

∂x1 . Allora αtX(x) = x + te1 ove e1 = (1, . . . , 0) e il primo vettore della base

canonica di Rn.Se Y =

∑n

i=1bi(x)

∂xi ∈ X(Ω), abbiamo

dαtX(Y)(x) =

∑m

i=1bi(x − tei)

∂xi

e quindi [ddt

]t=0

dαtX(Y)(x) = −

∑n

i=1

∂bi(x)∂x1

∂xi = −[X,Y].

Questo dimostra la (5.4) fuori dai punti critici di X. Osserviamo che, per la dipen-denza continua della soluzione del problema di Cauchy per un sistema di equazionidifferenziali ordinarie dai parametri, se X′ ∈ X(Ω) e un altro campo di vettori, laderivata di Lie LX+εX′(Y) dipende con continuita dal parametro ε. Possiamo cosıottenere la (5.4) anche in un punto critico x0 di X, sostituendo ad X il campo divettori X + εX′, con X′ non singolare in x0, applicando la prima parte della di-mostrazione e poi passando al limite, nella LX+εX′(Y)(x0) = [X + εX′,Y](x0), perε → 0, in modo da ottenere la ancora la (5.4).

6. Spazio tangente ad un aperto di Rn

Definizione 2.11. Sia Ω un aperto di Rn ed x0 un punto di Ω. Un vettore tangentead Ω in x0 (o applicato in x0) e un’applicazione R-lineare:

(6.1) ~v : C∞(Ω)→ R

che soddisfa l’identita

(6.2) ~v( f g) = f (x0)~v(g) + g(x0)~v( f ) ∀ f , g ∈ C∞(Ω).

Indicheremo con Tx0Ω lo spazio tangente ad Ω in x0.

Ripetendo i ragionamenti svolti nei paragrafi precedenti pei campi di vettoriotteniamo:

Proposizione 2.14. Per ogni x0 ∈ Ω lo spazio tangente Tx0Ω e uno spazio vetto-riale reale di dimensione n; i vettori

(∂∂x j

)x0

, per 1 ≤ j ≤ n, ne costituiscono unabase.

Definizione 2.12. L’unione disgiunta TΩ =⊔

x∈Ω TxΩ si dice lo spazio tangentedi Ω. L’applicazione

(6.3) Ω × Rn 3 (x; ξ)→∑n

j=1ξ j

[∂

∂x j

]x∈ TΩ

Page 39: Nacinovich - Geometria differenziale

7. SPAZIO TANGENTE A UNA SOTTOVARIETA DI Rn 39

e una bigezione, con cui identifichiamo TΩ al prodotto cartesiano Ω × Rn. Indi-chiamo con π : TΩ→ Ω l’applicazione che associa ad ogni vettore tangente il suopunto d’applicazione.

Osservazione 2.15. La TΩπ−→ Ω definisce un fibrato vettoriale banale su Ω.

Proposizione 2.16. I campi di vettori in X(Ω) sono in corrispondenza biunivocacon le sezioni di classe C∞ del fibrato TΩ

π−→ Ω. La corrispondenza: X(Ω) ↔

Γ(Ω,TΩ) associa ad X ∈ X(Ω) la sezione Ω 3 x→ Xx ∈ TxΩ ove Xx( f ) = X( f )(x)per ogni x ∈ Ω ed f ∈ C∞(Ω).

Definizione 2.13. Se X ∈ X(Ω) ed x ∈ Ω, il vettore tangente Xx ∈ TxΩ definitonella Proposizione 2.16 si dice la valutazione di X in x.

Definizione 2.14. Il differenziale di un’applicazione F : Ω→ Rm, di classe C 1 suun aperto Ω di Rn, e l’applicazione

(6.4) F∗ = dF : TΩ→ TRm

definita da

(6.5) dF(~v)( f ) = F∗(~v)( f ) = ~v(F∗ f ) = ~v( f F) ∀~v ∈ TΩ, ∀ f ∈ C∞(Rm).

In coordinate, abbiamo:

(6.6) dF∑n

j=1a j

[∂

∂x j

]x0

=∑m

i=1

∑n

j=1a j ∂Fi(x0)

∂x j

[∂

∂yi

]f (x0)

.

7. Spazio tangente a una sottovarieta di Rn

Definizione 2.15. Sia S una sottovarieta differenziabile di dimensione m di Rn. Siax0 ∈ S . Un vettore ~v ∈ Tx0R

n si dice tangente ad S se ~v( f ) = 0 per ogni funzionef , definita e di classe C∞ su un intorno di U di x0, che si annulla su un intorno dix0 in S ∩ U.

Indichiamo con Tx0S lo spazio dei vettori tangenti ad S in x0.

Proposizione 2.17. Sia S una sottovarieta differenziabile di dimensione m di Rn.Per ogni x ∈ S , TxS e uno spazio vettoriale reale di dimensione m. L’insieme:

(7.1) TS = (x,~v) | x ∈ S , ~v ∈ TxS

e una sottovarieta differenziabile di dimensione 2m di TRn ' Rn × Rn.Se α : Ω → S ⊂ Rn e una parametrizzazione di classe C k, con k ≥ 1, di S in

un intorno di x0 ∈ S , con Ω aperto di Rm e y0 = α−1(x0), allora

(7.2) Tx0S = dα(x0)(Ty0Ω).

Se S e localmente chiusa in Rn, allora anche TS e localmente chiusa in Rn × Rn.

Dimostrazione. Sia U un intorno aperto di x0 ∈ S e fissiamo funzioni f1, . . . , fn−m ∈

C∞(U) in modo che

x | f j(x) = 0, per j = 1, . . . , n − m ∩ U

Page 40: Nacinovich - Geometria differenziale

40 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

sia un intorno aperto di x0 in S per la topologia di sottovarieta. Osserviamo che:

~v =∑n

j=1v j

(∂

∂x j

)x0

∈ Tx0S ⇐⇒∂( f1, . . . , fn−m)(x0)

∂x

v1

...vn

= 0

Da questo segue che Tx0S ha dimensione m. Abbiamo poi:

(x,~v) ∈ TS ∩ (U × Rn)⇐⇒

F j(x,~v) = f j(x) = 0,

Fn−m+ j(x,~v) =∑n

i=1

∂ f j(x)∂xi vi = 0,

per j = 1, . . . , n − m,

e la matrice Jacobiana di F = (F1, . . . , F2(n−m)) e della forma:

∂F(x,~v)∂(x,~v)

=

∂( f1,..., fn−m)(x)

∂x ∗

0 ∂( f1,..., fn−m)(x)∂x

.Essa ha quindi rango 2(n − m) e cio dimostra che TS e una varieta sottovarietadi R2n di dimensione 2m; chiaramente essa e localmente chiusa se S e localmentechiusa.

Se α : Ω → S e una parametrizzazione locale di classe C 1 di S , abbiamodα(y)(TyΩ) ⊂ Tα(y)S per ogni y ∈ Ω. Poiche α e un’immersione differenziabile, ilsottospazio vettoriale dα(y)(TyΩ) ha dimensione m e quindi coincide con Tα(y)S .

Definizione 2.16. Data una sottovarieta differenziabile S diRn ed un intorno apertoΩ di S in Rn, un campo di vettori X ∈ X(Ω) si dice tangente ad S se, per ogni x ∈ X,la valutazione Xx di X in x e un vettore tangente ad S in x.

Si verifica facilmente il seguente:

Lemma 2.18. Sia S una sottovarieta differenziabile localmente chiusa di Rn ed Ω

un intorno aperto di S in Rn. Allora i campi di vettori X ∈ X(Ω) che sono tangentiad S formano una sottoalgebra di Lie di X(Ω).

Dimostrazione. Infatti, se f e una funzione reale di classe C∞ definita in Ω enulla su S , ed X,Y ∈ X(Ω) sono tangenti ad S , allora:

[X,Y]( f ) = X(Y f ) − Y(X f ) = 0 su S

perche X f ed Y f sono ancora funzioni reali di classe C∞ definite in Ω e nullesu S .

8. Campi di vettori F-correlati

Un’applicazione differenziabile F : Ω→ Ω′ di classe C∞ tra un aperto Ω ⊂ Rn

ed un aperto Ω′ ⊂ Rn′ definisce un’applicazione, anch’essa di classe C∞, dF :TΩ → TΩ′. In generale pero, ad un campo di vettori X ∈ X(Ω) la F non facorrispondere un campo di vettori su Ω′.

Introduciamo percio la nozione seguente:

Page 41: Nacinovich - Geometria differenziale

8. CAMPI DI VETTORI F-CORRELATI 41

Definizione 2.17. Sia F : Ω → Ω′ un’applicazione differenziabile tra due apertiΩ di Rn ed Ω′ di Rn′ . Due campi di vettori X ∈ X(Ω) ed X′ ∈ X(Ω′) si diconoF-correlati se:

(8.1) dF(x)(Xx) = X′F(x) ∀x ∈ Ω.

Osservazione 2.19. Ad esempio, se F e un diffeomorfismo, allora X′ = F∗(X) eF-correlato ad X ed e l’unico campo di vettori F-correlato ad X. Se F non e undiffeomorfismo, non e detto che ad un assegnato campo di vettori X ∈ X(Ω) sipossa far corrispondere un campo di vettori X′ ∈ X(Ω′) che sia F-correlato ad X.Chiaramente, se ve n’e uno, esso e completamente determinato nei punti di F(Ω).

Proposizione 2.20. Sia F : Ω→ Ω′ un’applicazione differenziabile tra due apertiΩ di Rn ed Ω′ di Rn′ . Se X1, X2 ∈ X(Ω), X′1, X

′2 ∈ X(Ω), ed X′j e F-correlato a X j

per j = 1, 2, allora anche [X′1, X′2] e F-correlato ad [X1, X2].

Dimostrazione. Siano

X j =∑n

h=1ah

j(x)∂

∂xh

X′j =∑n′

k=1bk

j(y)∂

∂yk

per j = 1, 2. Il fatto che X′j sia F-correlato ad X j significa che:

bkj(F(x)) =

∑n

h=1ah

j(x)∂Fk(x)∂xh per j = 1, 2, k = 1, . . . , n′ x ∈ Ω.

Differenziando, otteniamo:∑n′

r=1

∂bkj(F(x))

∂yr∂Fr(x)∂x`

=∑n

h=1

∂ahj(x)

∂x`∂Fk(x)∂xh +

∑n

h=1ah

j(x)∂2Fk(x)∂xh∂x`

Abbiamo, per i coefficienti di [X′1, X′2]:

br1

∂bk2

∂yk − br2

∂bk1

∂yk =ah1∂Fk

∂xh

∂bk2

∂yr − ah2∂Fk

∂xh

∂bk1

∂yr

=ah1

∂as2

∂xh

∂Fk

∂xs + ah1as

2∂2Fk

∂ys∂xk

− ah2

∂as1

∂xh

∂Fk

∂xs − ah2as

1∂2Fk

∂ys∂xk

=

(ah

1

∂as2

∂xh − ah2

∂as1

∂xh

)∂Fk

∂xs

dove abbiamo calcolato per y = F(x) ed abbiamo utilizzato per brevita la conven-zione per cui gli indici ripetuti in alto e in basso si intendono sommati per tutti ivalori per cui sono definiti. Questa relazione ci da la tesi.

Page 42: Nacinovich - Geometria differenziale

42 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

9. Il teorema di Frobenius

Sia Ω un aperto di Rn ed X un campo di vettori in Ω. Per ogni punto regolare diX passa una ed una sola sua curva integrale. Quindi, se X e regolare in tutti i puntidi Ω, la famiglia F delle curve integrali di X in Ω e una famiglia di sottovarietadifferenziabili di dimensione 1 di Ω ed ogni punto x di Ω appartiene ad uno ed unsolo elemento di F.

Chiaramente la famiglia delle curve integrali di f X, se f e una qualsiasi fun-zione differenziabile che non si annulla in nessun punto di Ω, coincide con la F. Sequindi siamo interessati a studiare la famiglia di curve F, sara naturale considerarenon un singolo campo di vettori X, ma il C∞(Ω)-modulo C∞(Ω) ·X generato da X,ovvero il C∞(Ω)-modulo formato da tutti quei campi di vettori che sono tangenti atutte le curve della famiglia F.

Estendiamo questa nozione mediante la definizione:

Definizione 2.18. Si dice sistema differenziale in Ω, un qualsiasi sotto-C∞(Ω)-modulo D(Ω) di X(Ω).

Per ogni x ∈ Ω, l’insieme Dx = Xx | X ∈ D(Ω) e un sottospazio vettoriale diTxΩ. La sua dimensione si dice dimensione di D(Ω) in x.

Se tale dimensione e costante ed uguale a p in tutti i punti di Ω, diciamo cheD(Ω) e una distribuzione vettoriale regolare di dimensione p, o una distribuzionedi p-piani in Ω.

Se U e un sottoinsieme aperto di Ω, indicheremo con D(U) il C∞(U)-modulogenerato dalle restrizioni ad U dei campi di vettori di D(Ω).

Il sistema differenziale D(Ω) si dice completamente integrabile se:

(9.1) [D(Ω),D(Ω)] ⊂ D(Ω).

Abbiamo indicato con [D(Ω),D(Ω)] il C∞(Ω)-modulo generato dai commutatori[X,Y], al variare di X,Y in D(Ω).

Esempio 2.5. Se n ≥ 2, i campi di vettori

Xi, j = xi ∂

∂x j − x j ∂

∂xi per 1 ≤ i < j ≤ n

generano un sistema differenziale completamente integrabile in Rn. La sua restri-zione ad Ω = Rn \ 0 e una distribuzione regolare di iperpiani.

Esempio 2.6. φ ∈ C∞(Rnx1,...,xn), i campi di vettori

X j =∂

∂x j +∂φ(x1, . . . , xn)

∂x j

∂x0 per j = 1, . . . , n

generano una distribuzione di iperpiani completamente integrabile in Rn+1x0,x1,...,xn .

Esempio 2.7. Sia Ω = R2n = Rnx × R

ny . I campi di vettori:

X j =∂

∂x j − x jy j ∂

∂y j

generano una distribuzione completamente integrabile di n-piani in R2n.

Page 43: Nacinovich - Geometria differenziale

9. IL TEOREMA DI FROBENIUS 43

Esempio 2.8. Sia Ω un aperto di Rn ed F ∈ C∞(Ω). Allora D(Ω) = X ∈X(Ω) | XF = 0 e un sistema differenziale completamente integrabile in Ω, e lasua restrizione all’aperto Ω′ = x ∈ Ω | dF(x) , 0 e una distribuzione d’iperpiani.

Definizione 2.19. Sia D(Ω) un sistema differenziale. Una sottovarieta differenzia-bile S di Ω si dice varieta integrale di D(Ω) se TxS ⊂ Dx per ogni x ∈ S .

Esempio 2.9. Nel caso dell’Esempio 2.5, 0 e tutte le sfere x ∈ Rn | |x| = r, conr > 0, sono varieta integrali di D(Ω).

Nel caso dell’Esempio 2.6, tutte le ipersuperficie x0 = φ(x1, . . . , xn) + k, alvariare di k ∈ R, sono varieta integrali di D(R2n+1).

Nel caso dell’Esempio 2.7, tutte le sottovarieta n dimensionali

y j = k j exp(−[x j]2/2),

al variare di k1, . . . , kn ∈ R, sono sottovarieta integrali di D(R2n).Nel caso dell’Esempio 2.8, tutte le sottovarieta differenziabili di Ω su cui F sia

costante sono sottovarieta integrali di D(Ω).

Vale il:

Teorema 2.21 (Frobenius). Sia Ω un aperto di Rn e sia D(Ω) una distribuzionevettoriale regolare completamente integrabile di p-piani in Ω. Per ogni punto x0 ∈

Ω possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in Ω ed un’unica varieta integraleconnessa S di dimensione p di D(Ω) che contenga x0 e sia una sottovarieta chiusadi U.

La dimostrazione del Teorema di Frobenius e conseguenza della seguente:

Proposizione 2.22. Sia D(Ω) una distribuzione vettoriale regolare completamenteintegrabile di p-piani in Ω. Allora, per ogni x0 ∈ Ω possiamo trovare un intornoaperto U di x0 in Ω ed un diffeomorfismo φ : U → V di U su un intorno aperto V

di 0 in Rny tale che φ∗(D(U)) sia generato da

∂y1 , . . . ,∂

∂yp .

Dimostrazione. Ragioniamo per ricorrenza su p. Nel caso p = 1 ci si riducealla Proposizione 2.11. Supponiamo quindi che p > 1 e che il teorema sia vero perdistribuzioni totalmente integrabili di (p − 1)-piani. Fissiamo p campi di vettoriX1, . . . , Xp ∈ D(Ω) tali che X1 ,x0 , . . . , Xp ,x0 generino Dx0 . Sia X j =

∑ni=1ai

j∂∂xi , per

j = 1, . . . , p. A meno di cambiare gli indici delle coordinate, possiamo supporreche la matrice A(x0) = (ai

j(x0))1≤i, j≤p sia invertibile. Fissiamo un intorno aperto Udi x0 in cui A(x) = (ai

j(x))1≤i, j≤p sia invertibile. Allora i campi di vettori Y1, . . . ,Yd,definiti da:

Y1...

Yp

= [A(x)]−1

X1...

Xp

generano D(U) come C∞(U)-modulo. Essi sono della forma:

Y j =∂

∂x j +∑n

h=p+1bh

j∂

∂xh per j = 1, . . . , p.

Page 44: Nacinovich - Geometria differenziale

44 2. GEOMETRIA DIFFERENZIALE DI Rn

La condizione che D(U) sia completamente integrabile, ci dice che i commutatori[Y j,Yk], per 1 ≤ j < k ≤ p, sono combinazioni lineari di Y1, . . . ,Yp con coefficientiin C∞(U). Ma:

[Y j,Yk] =∑n

h=p+1ch

j,k∂

∂xh

implica allora che[Y j,Yk] = 0 ∀1 ≤ j < k ≤ p.

In particolare, il C∞(U)-modulo Dd−1(U) generato da Y1, . . . ,Yp−1 e una distri-buzione di (p − 1)-piani in U completamente integrabile. Per l’ipotesi indutti-va, possiamo allora trovare un intorno aperto U′ di x0 in U ed un diffeomorfismoψ′ : U′ → V ′ su un intorno aperto V ′ di 0 in Rn

ξtale che ψ′∗(Dp−1(U′)) sia generato

da ∂∂ξ1 , . . . ,

∂∂ξp−1 . Quindi ψ′∗(D(U′)) e generato da campi di vettori:

∂ξ1 , . . . ,∂

∂ξp−1 , Ξp =∑n

h=pαh(ξ)

∂ξh ,

dove possiamo supporre che αp(0) , 0 e quindi, a meno di sostituire ad U′ unintorno aperto piu piccolo di x0, che αp(ξ) , 0 per ξ ∈ V ′. Poiche ψ′∗(D(U′)) e unC∞(V ′)-modulo, a meno di dividere ξp a sinistra per αp(ξ), possiamo supporre sia:

Ξp =∂

∂ξp +∑n

h=p+1αh(ξ)

∂ξh .

Il fatto che ψ′∗(D(U′)) sia completamente integrabile ci da allora:

∂αh(ξ)∂ξ j = 0 per j = 1, . . . , p − 1.

Questo ci dice che le αh sono localmente costanti rispetto alle variabili ξ1, . . . , ξp−1.Possiamo supporre che l’aperto V ′ sia della forma V ′ = V ′1 × V ′2, con V ′1 intornoaperto di 0 in Rp−1

ξ1,...ξp−1 e V ′2 intorno aperto di 0 in Rn−p+1ξp,...,ξn . Applichiamo la Pro-

posizione 2.11 al campo di vettori ∂∂ξp +

∑nh=p+1α

h(ξ) ∂∂ξh in V ′2. Esiste quindi un

diffeomorfismo τ : V ′′2 → W2 di un intorno aperto V ′′2 di 0 in Rn−p+1 su un intornoW2 di 0 in Rn−p+1

ηp,...,ηn per cui risulti τ∗( ∂∂ξp +

∑nh=p+1α

h(ξ) ∂∂ξh ) = ∂

∂ηd .Consideriamo ora l’intorno aperto U′′ = ψ−1(V ′1 × V ′′2 ) e l’applicazione φ :

U′′ 3 x→ y ∈ V ′1 ×W2 ⊂ Rn definita da:yi = ψi(x) se 1 ≤ i ≤ p − 1

yi = τi(ψd(x), . . . , ψn(x)) se p ≤ i ≤ n.

Quest’applicazione verifica la tesi della Proposizione.

Dimostrazione del Teorema 2.21. Sia φ : U → V ⊂ Rn un diffeomorfismoche trasforma un intorno aperto di x0 in Ω in un intorno di 0 in Rn della formaV = |y′| < r′, |y′′| < r′′, ove y′ = (y1, . . . , yp), y′′ = (yp+1, . . . , yn), ed r′, r′′

sono numeri reali positivi, e per cui φ∗(D(U)) = C∞(V)[ ∂∂y1 , . . . ,

∂∂yp ]. Allora le

φp+1(x) = kp+1, . . . , φn(x) = kn, al variare di (kp+1, . . . , kn) nella palla di centro 0

e raggio r′′ di Rn−p, sono le varieta integrali di D(U) in U.

Page 45: Nacinovich - Geometria differenziale

10. INTEGRALI PRIMI 45

10. Integrali primi

Discutiamo in questo paragrafo una generalizzazione del teorema di Frobenius,che ci sara utile nel seguito.

Sia Ω un aperto di Rn e sia D(Ω) una distribuzione regolare di p-piani in Ω.

Definizione 2.20. Sia F = (F1, . . . , Fk) ∈ C∞(Ω,Rk). Diciamo che F = 0 e unintegrale primo di D(Ω) se:

XF(x) = 0 se X ∈ D(Ω), x ∈ Ω ed F(x) = 0;(10.1)

lo Jacobiano∂F(x)∂x

ha rango k se x ∈ Ω ed F(x) = 0.(10.2)

Vale il:

Teorema 2.23. Sia F = 0 un integrale primo di D(Ω). Se:

(10.3) [X,Y](x) ∈ Dx ∀X,Y ∈ D(Ω), ∀x ∈ F(x) = 0 ∩Ω,

allora ogni punto x0 ∈ F(x) = 0 ∩ Ω e contenuto in una varieta integrale didimensione p di D(Ω).

Dimostrazione. Sia x0 ∈ Ω un punto in cui F(x0) = 0. Per il Lemma 1.21 delCapitolo 1, possiamo trovare un intorno aperto U di x0 in Ω, un intorno V di 0 inRn, e un diffeomorfismo φ : U → V con φ(x0) = 0 tale che φ(F(x) = 0 ∩ U) =

y j = 0 | 1 ≤ j ≤ k ∩ V . Consideriamo D(V) = φ∗(D(U)). Se Y =∑n

j=1a jY (y) ∂

∂y j ,abbiamo per ipotesi:

a jY = Y(y j) = 0 per 1 ≤ j ≤ k se Y ∈ D(V) e yi = 0 per 1 ≤ i ≤ k.

Consideriamo ora l’aperto G = z ∈ Rn−p | (0, z) ∈ V di Rn−p. I campi di vettori∑n−kj=1ak+h

Y∂∂zh , al variare di Y in D(V), definiscono una distribuzione completamente

integrabile D(G) di p-piani di G. Per il Teorema 2.21 esiste una varieta integraleS di dimensione p di D(G) passante per 0. Allora S = (0, z) | z ∈ S e unavarieta integrale di dimensione p di D(V) passante per l’origine e contenuta iny j = 0 | 1 ≤ j ≤ k. Infine, S = φ−1(S ) e una varieta integrale di D(Ω), didimensione p, passante per x0 e contenuta in F = 0.

Page 46: Nacinovich - Geometria differenziale
Page 47: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 3

Varieta topologiche e varieta differenziabili

1. Paracompattezza e partizione dell’unita

Sia X uno spazio topologico.

Definizione 3.1. Se U = Ui | i ∈ I e V = Vα | α ∈ A sono due ricoprimenti diX, diciamo che V e un raffinamento di U se per ogni i ∈ I esiste un indice αi ∈ Atale che Vαi ⊂ Ui. Una funzione i → αi con Vαi ⊂ Ui per ogni i ∈ I si dice unafunzione di raffinamento.

Una famiglia F = Ai | i ∈ I di sottoinsiemi di X si dice localmente finita seper ogni punto x di X esiste un intorno aperto Ux di x in X tale che i ∈ I | Ai∩Ux ,∅ sia finito.

Definizione 3.2. Lo spazio topologico X si dice paracompatto1 se verifica l’as-sioma di separazione di Hausdorff, e se ogni suo ricoprimento aperto ammette unraffinamento aperto localmente finito.

Ricordiamo, senza darne la dimostrazione2, le principali proprieta degli spaziparacompatti:

Teorema 3.1. Ogni spazio paracompatto e normale.

Su uno spazio paracompatto X valgono cioe le due proprieta di separazione:(1) Se x , y sono due punti distinti di X, allora esistono due intorni aperti,

Ux di x e Uy di y, tali che Ux ∩ Uy = ∅;(2) Se A, B sono due chiusi di X con A∩ B = ∅, allora esistono due aperti U,

V di X tali che A ⊂ U, B ⊂ V e U ∩ V = ∅.

Teorema 3.2. Ogni sottospazio chiuso di uno spazio paracompatto e paracompat-to.

Definizione 3.3. Sia X uno spazio topologico ed U = Ui | i ∈ I un suo rico-primento aperto. Una partizione continua dell’unita su X subordinata ad U e unafamiglia φi | i ∈ I ⊂ C (X,R) di funzioni reali continue su X che godano delleseguenti proprieta:

φi(x) ≥ 0, ∀x ∈ X, ∀i ∈ I,(i)

1Questo concetto fu introdotto nel 1944 da J. Dieudonne (Une generalization des espacescompacts, J. Math. Pures Appl. 23, pp. 65-76).

2cf. Cap. 2-§11 di J.G.Hocking, G.S.Joung Topology, Addison-Wesley Publishing Compa-ny Inc., Reading, Massachusetts, 1961, oppure Cap IX-§4.3,4.4 di N.Bourbaki General TopologyHermann, Paris, 1966.

47

Page 48: Nacinovich - Geometria differenziale

48 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

supp φi = x ∈ X | φi(x) , 0 ⊂ Ui, ∀i ∈ I,(ii)supp φi | i ∈ I e localmente finita,(iii) ∑

i∈Iφ(x) = 1, ∀x ∈ X.(iv)

Osserviamo che la somma in (iv) e ben definita perche per la (iii) per ciascunpunto x ∈ X vi e un intorno aperto Ux in cui solo un numero finito di addendi sianonon nulli.

Teorema 3.3. Sia X uno spazio di Hausdorff. Sono equivalenti:(A) X e paracompatto.(B) Per ogni ricoprimento aperto U di X esiste una partizione continua

dell’unita su X subordianta ad U .

Teorema 3.4. Sia X uno spazio di Hausdorff, localmente compatto.(a) Se X e unione numerabile di compatti, allora X e paracompatto.(b) Se X e connesso e paracompatto, allora X e unione numerabile di com-

patti.

Teorema 3.5. Ogni spazio di Hausdorff, localmente compatto e a base numerabile,e paracompatto.

Teorema 3.6 (Stone 3). Ogni spazio topologico metrizzabile e paracompatto.

2. Varieta topologiche

Definizione 3.4. Uno spazio topologico X si dice localmente euclideo di dimeni-sone n se ogni punto x di X ammette un intorno U omeomorfo ad Rn.

Poiche ogni punto di Rn ha un sistema fondamentale di intorni aperti che sonoomeomorfi ad Rn, dire che un punto x di X ammette un intorno omeomorfo ad Rn eequivalente a dire che esso ammette un intorno omeomorfo ad un qualsiasi apertodi Rn.

Definizione 3.5. Una carta locale di dimensione n di X e il dato di un aperto U diX, di un aperto V di Rn, e di un omeomorfismo φ : U → V .

Se 0 ∈ V ed x0 ∈ U e il punto per cui φ(x0) = 0, chiameremo x0 il centro della

carta locale Uφ−→ V .

Definizione 3.6. Una varieta topologica di dimensione n e uno spazio topologicoX paracompatto e localmente Euclideo di dimensione n.

Per il Teorema 3.5 la paracompattezza si puo descrivere in modo equivalen-te richiedendo che X sia di Hausdorff e che ogni sua componente connessa sianumerabile all’infinito. Cio significa che, per ogni componente connessa Y diX, si puo trovare una successione Knn∈N di sottoinsiemi compatti di Y tali cheKn ⊂ int(Kn+1) per ogni intero n ≥ 0 ed Y =

⋃n∈NKn.

3Paracompactness and product spaces in Bull. A.M.S. 54 (1948), pp. 977-982. Osserviamo cheil prodotto di due spazi paracompatti puo non essere paracompatto.

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3. ALCUNI ESEMPI 49

Definizione 3.7. Sia M una varieta topologica di dimensione n ed Uiφi−→ Vi ⊂ R

n,per i = 1, 2, due carte locali in M. Se U1∩U2 , ∅, allora φ1(U1∩U2) e φ2(U1∩U2)sono aperti di Rn e

(2.1) φ2,1 : φ1(U1 ∩ U2) 3 x→ φ2 φ−11 (x) ∈ φ2(U1 ∩ U2)

e un omeomorfismo tra aperti di Rn, che si dice la funzione di transizione dalla

carta U1φ1−−→ V1 alla carta U2

φ2−−→ V2.

Definizione 3.8. Un atlante di M e una famiglia A = Uiφi−→ Vi ⊂ R

ni∈I di cartelocali in M tale che

⋃i∈I Ui = M. Poniamo:

Vi, j = φ j(Ui ∩ U j) ⊂ V j e(2.2)

φi, j : Vi, j 3 x→ φi φ−1j (x) ∈ V j,i .(2.3)

Le (φi, j) cosı definite si dicono le funzioni di transizione dell’atlante A .

Le funzioni di transizione soddisfano le relazioni di compatibilita

(2.4) φi,i = idUi , φi, j φ j,k(x) = φi,k(x), ∀x ∈ φk(Ui ∩ U j ∩ Uk).

Teorema 3.7. Ogni varieta topologica e localmente compatta e metrizzabile.

Dimostrazione. La prima affermazione segue dal fatto che gli spazi EuclideiRn sono localmente compatti. Per quanto riguarda la seconda, basta osservareche ogni componente connessa di una varieta topologica e a base numerabile: ognispazio regolare a base numerabile e infatti metrizzabile; se indichiamo con Xi, i ∈ Ile componenti connesse di X e con di : Xi × Xi → R una distanza che definisce latopologia di Xi, possiamo definire la distanza in X ponendo

x, y ∈ X, x ∈ Xi, y ∈ X j =⇒ d(x, y) =

di(x, y)

1 + di(x, y)se i = j,

1 se i , j.

3. Alcuni esempi

Esempio 3.1. Ogni sottoinsieme aperto X di Rn e una varieta topologica di dimen-sione n.

Esempio 3.2. Sia A un aperto di Rn (n ≥ 1), con ∅ , A , Rn e sia X il quozientedi Rn × 0, 1 che si ottiene identificando i punti (x, 0) ed (x, 1) se x ∈ A. Lospazio topologico X e localmente Euclideo di dimensione n, ma non e una varietatopologica perche non e di Hausdorff: i punti (x, 0) ed (x, 1), per x sulla frontiera∂A di A, definiscono nel quoziente X elementi distinti che non ammettono intornidisgiunti.

Esempio 3.3. Su R× 0, 1 consideriamo la relazione di equivalenza che identificadue punti (x, 0) ed (x, 1) se x ≤ 0. Il quoziente X e uno spazio di Hausdorff, manon e localmente Euclideo, perche il punto x0 di X corrispondente a (0, 0), (0, 1)non ha un intorno omeomorfo ad R. Infatti, se U e un intorno aperto di x0 in X,allora U \ x0 ha almeno tre componenti connesse.

Page 50: Nacinovich - Geometria differenziale

50 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Esempio 3.4. Sia X lo spazio topologico ottenuto considerando su R2 la topologiadefinita dall’ordine lessicografico:

(x1, y1) ≺ (x2, y2)⇔

x1 < x2, oppurex1 = x2 e y1 < y2 .

Ogni componente connessa di X e omeomorfa ad R e quindi X e uno spazio local-mente Euclideo di dimensione 1. La topologia dell’ordine lessicografico e indottadalla distanza:

d((x1, y1), (x2, y2)) =

1 se x1 , x2

|y1 − y2|

1 + |y1 − y2|se x1 = x2 .

Quindi X, essendo metrizzabile, e paracompatto e dunque una varieta topologicadi dimensione 1.

Esempio 3.5. Sia X =]0, 1]×]0, 1[, ed “≺” un buon ordinamento su ]0, 1[, rispettoal quale ]0, 1[ non ammetta massimo: in particolare per ogni t ∈]0, 1[ vi e unelemento t′ ∈]0, 1[ (successivo di t) con t ≺ t′ tale che s ∈]0, 1[ | t ≺ s ≺ t′ = ∅.

Consideriamo su X la topologia dell’ordine relativa all’ordinamento totale:

(x, t) < (y, s)⇔

t ≺ s oppuret = s e x < y.

Chiaramente X e localmente euclideo di dimensione 1, e connesso e di Hausdorff,ma non e una varieta topologica perche non e paracompatto.

Esempio 3.6. La sfera S n e una varieta topologica di dimensione n. Siano x0, . . . , xnle coordinate cartesiane di Rn+1 e scriviamo

S n =

x ∈ Rn+1

∣∣∣∣∑n

i=0x2

i = 1.

Indichiamo poi con p : Rn+1 → Rn la proiezione nelle ultime n coordinate

Rn+1 3 x = (x0, x1, . . . , xn)p

−−−−−→ x′ = (x1, . . . , xn) ∈ Rn

e siano

φ+ : U+ = S n \ −e0 3 x −→ 11+x0

x′ ∈ Rn,

φ− : U− = S n \ e0 3 x −→ 11−x0

x′ ∈ Rn.

le proiezioni stereografiche rispetto al polo sud −e0 ed al polo nord e0, rispettiva-mente. Allora A = (U+, φ+), (U−, φ−) e un atlante di S n, formato da due cartelocali di dimensione n. Le sue funzioni di transizione sono φ+− = φ−+ : Rn \ 0 3y→ y/|y|2 ∈ Rn \ 0.

Esempio 3.7. Lo spazio proiettivo reale di dimensione n

RPn = (Rn+1 \ 0)/ ∼, ove x ∼ y⇔ y ∈ R x,

e una varieta topologica di dimensione n. Indichiamo con [x0, x1, . . . , xn] il puntodi RPn che corrisponde al punto (x0, x1, . . . , xn) di Rn+1\0. Le x0, . . . , xn sono sue

Page 51: Nacinovich - Geometria differenziale

4. VARIETA TOPOLOGICHE CON BORDO 51

coordinate omogenee. Un atlante A di RPn e descritto nelle coordinate omogeneedagli aperti

Ui = [x0, x1, ..., xn]∣∣∣ xi , 0 per i = 0, 1, ..., n

e dagli omeomorfismi

φi : Ui 3 [x0, x1, . . . , xn] −→ (y1, . . . , yn) ∈ Rn,

ove y j =

x j−1/xi se 1 ≤ j ≤ i,

x j/xi se i < j ≤ n.

Esempio 3.8. Lo spazio proiettivo complesso di dimensione n

CPn = (Cn+1 \ 0)/ ∼, ove z ∼ w⇔ w ∈ C z,

e una varieta topologica di dimensione 2n. Indichiamo con [z0, z1, . . . , zn] il puntodi CPn che corrisponde al punto (z0, z1, . . . , zn) di Cn+1 \ 0. Le z0, . . . , zn sono suecoordinate omogenee. Un atlante A di CPn e descritto nelle coordinate omogeneedagli aperti

Ui = [z0, z1, ..., zn]∣∣∣ zi , 0 per i = 0, 1, ..., n

e dagli omeomorfismi

φi : Ui 3 [z0, z1, . . . , zn] −→ (w1, . . . ,wn) ∈ Cn ' R2n,

ove w j =

z j−1/zi se 1 ≤ j ≤ i,

z j/zi se i < j ≤ n.

4. Varieta topologiche con bordo

Definizione 3.9. Una varieta topologica di dimensione n con bordo e uno spaziotopologico paracompatto M in cui ogni punto ha un intorno aperto omeomorfo adun aperto di Rn

+ = (x1, . . . , xn) ∈ Rn | xn ≥ 0.La parte interna Int(M) di M e l’insieme dei punti di M che hanno un intorno

omeomorfo ad Rn. Int(M) e una varieta topologica di dimensione n ed e un apertodenso di M.

L’insieme ∂M = M \ Int(M) e una varieta differenziabile di dimensione (n− 1)che si dice il bordo di M.

Un omeomorfismo φ : U → φ(U) ⊂ Rn+ si dice una carta locale in M.

Una collezione A = (Ui, φi) | i ∈ I di carte locali di M tali che M =⋃

i∈IUisi dice un atlante di M.

Le varieta topologiche definite in §2 sono varieta a bordo con il bordo vuoto.Per questo le chiameremo anche varieta senza bordo.

Page 52: Nacinovich - Geometria differenziale

52 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

5. Definizione di varieta differenziabile

Definizione 3.10. Sia M una varieta topologica di dimensione n. Un atlante A diM si dice di classe C k (ove k e un intero non negativo, oppure ∞ od ω) se le suefunzioni di transizione sono diffeomorfismi di classe C k.

Due atlanti A ed A ′ di classe C k di M si dicono C k-compatibili se A ∪A ′

e ancora un atlante di classe C k.Un atlante di classe C 0 e semplicemente un atlante e tutti gli atlanti di classe

C 0 su M sono tra loro compatibili.

La relazione di compatibilita C k e una relazione di equivalenza nella famigliadegli atlanti di M.

Se A e un atlante di classe C k su M, l’unione di tutti gli atlanti C k-compatibilicon A e ancora un atlante C k compatibile con A ; esso e massimale nel senso chenon e propriamente contenuto in nessun atlante di classe C k con esso compatibile.

Esempio 3.9. Un atlante formato da una sola carta e sempre di classe C ω. Quindii due atlanti A = (R, x) e A ′ = (R, x3) su R sono atlanti di classe C ω sullavarieta topologica R. Essi sono compatibili di classe C 0, ma non di classe C k perk ≥ 1, perche la funzione di transizione x→ 3√x non e differenziabile in 0.

Definizione 3.11. Una varieta differenziabile di dimensione n e il dato di una va-rieta topologica M di dimensione n e di un atlante massimale A di classe C k diM.

Osservazione 3.8. Una varieta differenziabile di classe C 0 e semplicemente unavarieta topologica.

Osservazione 3.9. Non tutte le varieta topologiche (anche se di Hausdorff e pa-racompatte) ammettono un atlante differenziabile di classe C k con k positivo. Unesempio di varieta topologica su cui non puo essere definita una struttura differen-ziale e stato dato da Michel A. Kervaire4 nel 1959.

HasslerWhitney5 ha dimostrato che ogni varieta differenziabile di classe C 1

paracompatta ammette un atlante di classe C ω. Quando studiamo le proprieta to-pologiche di una varieta differenziabile M di classe C k con k ≥ 1, potremo quindisupporre, senza perdere in generalita, che essa sia di classe C ω, o di una qualsiasiclasse C h con h ≥ 1 che sia utile nella discussione (vedi il §16).

Tutte le varieta differenziabili sono triangolabili, come e stato dimostrato daStewart S. Cairns6, ma non tutte le varieta topologiche lo sono, come mostrato daLaurence C. Siebenmann7. Abbiamo quindi delle inclusioni proprie

Varieta topologiche ( Varieta triangolabili ( Varieta differenziabili.

4 A Manifold which does not not admit any Differentiable Structure, Commentarii MathematiciHelvetici, 34 (1960), pp. 257-270.

5Differentiable Manifolds, Annals of Mathematics 37 (3) (1936), pp. 645-6806 On the triangulation of regular loci, Ann. of Math. (2) 35 (1934), no. 3, 579-587.7Topological manifolds. Actes du Congrs International des Mathematiciens (Nice, 1970),

Tome 2, pp. 133-163. Gauthier-Villars, Paris, 1971

Page 53: Nacinovich - Geometria differenziale

6. APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI 53

In fine, una varieta topologica triangolabile puo avere due triangolazioni non equi-valenti8.

Un atlante A di classe C k su una varieta topologica M di dimensione n de-termina su M un’unica struttura di varieta differenziabile di classe C k. L’atlantemassimale ˜A corrispondente e formato da tutti e soli gli omeomorfismi ϕ : U −→V ⊂ Rn di un aperto U di M su un aperto V di Rn tali che (U, ϕ) ∪A sia ancoraun atlante di classe C k (equivalente ad A ). Ogni carta di tale atlante massimale sidice un sistema di coordinate (o carta locale) di classe C k di M.

Se (U, φ) e una carta locale di classe C k con centro in p e Ψ : V → V ′ e undiffeomorfismo di classe C k tra due intorni aperti di 0 in Rn, con Ψ(0) = 0, alloraanche (U ∩ φ−1(V),Ψ φ) e una carta locale di classe C k con centro in p.

Un atlante di classe C k e anche di classe C h per ogni 0 ≤ h < k. Definiscequindi su M un’unica struttura di varieta differenziabile di classe C h. In partico-lare, possiamo considerare una varieta differenziabile di classe C k come varietadifferenziabile di classe C h per ogni h ≤ k.

Esempio 3.10. Gli atlanti definiti nel paragrafo §2 per le varieta topologiche S n,RPn, CPn sono tutti di classe C ω.

Lemma 3.10. Sia M una varieta differenziabile di classe C k (con 0 ≤ k ≤ ω) edA un aperto di M. Se A = (Ui, φi) | i ∈ I e un atlante di classe C k su M, allora

AA = (Ui ∩ A, φi|Ui∩A | i ∈ I, Ui ∩ A , ∅

e un atlante di classe C k su A.

Quindi, su ogni aperto A di una varieta differenziabile M risulta definita un’uni-ca struttura di varieta differenziabile di classe C k tale che ogni carta locale di classeC k di A sia anche una carta locale di classe C k di M. Con la struttura differenzialecosı definita, diciamo che A e una sottovarieta aperta di M.

In modo del tutto analogo si possono definire le varieta differenziabili conbordo.

Definizione 3.12. Sia M una varieta topologica con bordo. Un atlante A di Me di classe C k se le sue funzioni di transizione sono di classe C k. Due atlanti diclasse C k sono equivalenti se la loro unione e ancora un atlante di classe C k. Unastruttura differenziale di classe C k su M e il dato di una classe di equivalenza diatalanti C k su M.

6. Applicazioni differenziabili

In questo paragrafo introduciamo la nozione di applicazione differenziabile travarieta.

8 Robion C.Kirby, Laurence C. Siebenmann: Foundational essays on topological manifolds,smoothings, and triangulations. With notes by John Milnor and Michael Atiyah, Annals of Ma-thematics Studies, No. 88. Princeton University Press, Princeton, N.J.; University of Tokyo Press,Tokyo, 1977. vii+355 pp.

Page 54: Nacinovich - Geometria differenziale

54 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Lemma 3.11. Sia f : M −→ N un’applicazione continua tra due varieta differen-ziabili di classe C k e sia p ∈ M. Sono equivalenti:

(i) Possiamo trovare una carta locale (U, ϕ) in p ed una carta locale (V, ψ)in f (p) tali che

f (U) ⊂ V e ψ f ϕ−1 ∈ C k(ϕ(U), ψ(V)).

(ii) Per ogni carta locale (U, ϕ) in p e per ogni carta locale (V, ψ) in f (p)

ψ f ϕ−1 ∈ C k(ϕ(U ∩ f −1(V)), ψ(V)).

Dimostrazione. Chiaramente (ii) =⇒ (i). L’implicazione opposta segue dalfatto che i cambiamenti di carte locali sono applicazioni di classe C k e la compo-sizione di applicazioni di classe C k sono ancora applicazioni di classe C k.

Definizione 3.13. Un’applicazione continua f : M −→ N che soddisfi le condizio-ni equivalenti del lemma, si dice differenziabile di classe C k in p. Un’applicazionef si dice differenziabile di classe C k in M se e tale in ogni punto di M.

L’insieme di tutte le applicazioni differenziabili di classe C k definite sullavarieta differenziabile M, a valori nella varieta differenziabile N, si indica conC k(M,N).

Vale il seguente:

Lemma 3.12. Siano M, N varieta differenziabili di classe C k (0 ≤ k ≤ ω) edf : M −→ N un’applicazione. Sia U un ricoprimento aperto di M. Condizionenecessaria e sufficiente affinche f sia differenziabile di classe C k su M e che perogni aperto U ∈ U la restrizione f |U : U −→ N di f alla sottovarieta aperta Usia differenziabile di classe C k.

7. Funzioni reali differenziabili e partizione dell’unita

Consideriamo sulla retta reale R la struttura di varieta differenziabile di di-mensione 1 definita dall’unica carta coordinata (R, id). L’insieme C k(M,R) delleapplicazioni differenziabili di classe C k, definite su una varieta differenziabile Mdi classe C k e a valori in R, si indica semplicemente con C k(M). Se k = ∞,scriveremo a volte E (M) invece di C∞(M) e se k = ω (funzioni analitiche–reali),scriveremo a volte A (M) invece di C ω(M).

Teorema 3.13. Sia M una varieta differenziabile di classe C k, (0 ≤ k ≤ ω).L’insieme C k(M) delle funzioni reali di classe C k su M e un anello commutativo eunitario e un’algebra reale rispetto alle operazioni

(1) di somma:

( f + g)(p) = f (p) + g(p) ∀ f , g ∈ C k(M), ∀p ∈ M;

(2) di prodotto:

( f g)(p) = f (p)g(p) ∀ f , g ∈ C k(M), ∀p ∈ M;

(3) di prodotto per scalare:

(k f )(p) = k f (p) ∀ f ∈ C k(M) , ∀k ∈ R, ∀p ∈ M.

Page 55: Nacinovich - Geometria differenziale

7. FUNZIONI REALI DIFFERENZIABILI E PARTIZIONE DELL’UNITA 55

Teorema 3.14 (di partizione dell’unita). Sia M una varieta differenziabile di classeC k, (0 ≤ k ≤ ∞), paracompatta. Sia U = U j | j ∈ J un ricoprimento apertodi M. Allora esiste una partizione dell’unita φ j j∈J , subordinata9 ad U , mediantefunzioni φ j di C k(M).

Dimostrazione. Siano V = Vi | i ∈ I un raffinamento aperto localmentefinito di U mediante aperti coordinati (Vi, xi) di M, con Vi compatto, e sia W =

Wi | i ∈ I un raffinamento di V , con

Wi ⊂ Wi b Vi b U ji

per un’opportuna funzione di raffinamento i→ ji.Per ogni i ∈ I fissiamo un aperto Gi con Wi b Gi b Vi. Per la Proposizione

1.17 del Capitolo 1, esiste per ogni i ∈ i una funzione gi ∈ C∞(Rn) tale che0 ≤ gi(y) ≤ 1 ∀y ∈ Rn ,

gi(y) = 1 ∀y ∈ xi(W j) ,gi(y) = 0 ∀y < xi(Gi) .

Le funzioni

hi(p) =

gi(xi(p)) se p ∈ Vi ,

0 se p < Gi

sono allora di classe C k su M; i loro supporti formano un ricoprimento localmentefinito di M ed inoltre anche h−1

i (1) | i ∈ I e un ricoprimento chiuso localmentefinito di M. Ne segue che

h(p) =∑

i∈Ihi(p) , p ∈ M

e una funzione reale di classe C k, che assume valori ≥ 1 su M. Quindi le

ψi(p) =hi(p)h(p)

, p ∈ M, i ∈ I,

formano una partizione dell’unita di classe C k su M. Per ogni j ∈ J sia I j l’insiemedegli indici i ∈ I tali che ji = j. Allora le

φ j(p) =∑

i∈I jψi(p)

sono funzioni di classe C k che definiscono una partizione dell’unita su M subordi-nata ad U .

Come conseguenza dell’esistenza di partizioni dell’unita, otteniamo:

Proposizione 3.15. Sia F un chiuso di una varieta differenziabile M, di classe C k

con 0 ≤ k ≤ ∞, paracompatta. Se U e un intorno aperto di F in M, esiste unafunzione f ∈ C k(M) tale che

0 ≤ f (p) ≤ 1, ∀p ∈ M, f (p) =

1 se p ∈ F ,

0 se p < U .

9Ricordiamo che questo significa che supp φ j j∈J e un ricoprimento chiuso localmente finito diM, con supp φi ⊂ Ui per ogni j ∈ J e che

∑i∈Iφ j(p) = 1 per ogni p ∈ M.

Page 56: Nacinovich - Geometria differenziale

56 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Dimostrazione. Poiche M e normale, possiamo fissare un intorno aperto V diF in U la cui chiusuraV sia ancora contenuta in U. Consideriamo il ricoprimentoaperto U,V. Per il Teorema 3.14 esiste una partizione dell’unita f , g, conf , g ∈ C k(M), supp f ⊂ U, supp g ∩ V = ∅. La f e uguale ad 1 su V e quindi su Fed e nulla fuori da U e percio soddisfa la tesi.

Lemma 3.16. Sia M una varieta differenziabile, paracompatta e a base numera-bile, di classe C k. Se fν | ν ∈ N e una successione di funzioni di classe C k in M,possiamo trovare una successione εν di numeri positivi tali che la serie∑∞

ν=0εν fν

converga uniformemente sui compatti di M ad una funzione di classe C k.

Dimostrazione. Fissiamo un atlante A = (Ui, xi) | i ∈ I ⊂ N di M con Ui bM ed Uii∈I localmente finito, e sia Vii∈I un raffinamento di Ui con Vi b Ui.Sceglieremo poi le εν > 0 in modo tale che∑

j≤ν

∑|β|≤mink,ν

∑i∈I, i≤ν

supxi(Vi)

∣∣∣∣∣∣∂|β| f j

∂xβα

∣∣∣∣∣∣ < 2−ν

εν.

La scelta e possibile perche per ogni ν il primo membro e una somma finita diestremi superiori di funzioni continue su sottoinsiemi compatti.

Proposizione 3.17. Se F e un chiuso di una varieta differenziabile M, paracompat-ta e a base numerabile, di classe C k con 0 ≤ k ≤ ∞, allora esiste un’applicazionef ∈ C k(M) tale che 0 ≤ f (p) ≤ 1 per ogni p ∈ M ed f −1(0) = F.

Dimostrazione. Osserviamo che M, essendo normale e a base numerabile emetrizzabile. Sia dist : M × M → R una distanza su M e consideriamo gli intorniUν = p ∈ M | dist(p, F) < 2−ν, al variare di ν inN, di F in M. Per la Proposizione3.15 esiste una funzione fν ∈ C k(M) tale che

0 ≤ fν(p) ≤ 1 ∀p ∈ M, K ⊂ f −1(0), Uν ⊂ f −1ν (1).

Per il Lemma 3.16 Possiamo allora scegliere una successione εν di numeri realipositivi tale che

f (p) =∑∞

ν=0εν fν(p)

converga ad una funzione di classe C k(M). La f ∈ C k(M) cosı ottenuta ha allorale proprieta richieste.

In modo analogo si puo dimostrare la:

Proposizione 3.18. Sia M una varieta differenziabile, paracompatta e a base nu-merabile, di classe C k. Se F0 ed F1 sono due chiusi disgiunti di M, allora esi-ste una f ∈ C k(M) tale che 0 ≤ f (p) ≤ 1 per ogni p ∈ M ed f −1(0) = F0,f −1(1) = F1.

Osservazione 3.19. Il teorema di partizione dell’unita non vale nella classe C ω:infatti una funzione analitica–reale che si annulli su un aperto di una varieta M siannulla sull’unione delle componenti connesse di M che intersecano tale aperto.

Page 57: Nacinovich - Geometria differenziale

7. FUNZIONI REALI DIFFERENZIABILI E PARTIZIONE DELL’UNITA 57

Per questo motivo, nonostante per il teorema di Whitney ogni varieta M, differen-ziabile di classe C 1 e paracompatta, ammetta un atlante compatibile di classe C ω,e conveniente considerare strutture di classe C k con 1 ≤ k ≤ ∞.

Definizione 3.14. Siano M ed N varieta differenziabili ed F un sottoinsieme chiusodi M. Sia 0 ≤ k ≤ ω. Un’applicazione continua f : F → N si dice differenziabiledi classe C k su F se per ogni punto p ∈ F esiste un intorno aperto Up di p in M eduna funzione f ∈ C k(Up,N) tale che f |Up∩F = f |Up∩F .

Indichiamo con C k(F,N) l’insieme delle funzioni differenziabili di classe C k

di F in N. Se N = R, scriveremo C k(F) invece di C k(F,R).

Proposizione 3.20. Sia M una varieta differenziabile paracompatta ed F un chiusodi M. Allora, per ogni f ∈ C k(F), con 0 ≤ k ≤ ∞, esiste una funzione F ∈ C k(M)tale che F|F = f .

Dimostrazione. Consideriamo un ricoprimento Uii∈I di F con aperti tali cheper ogni i ∈ I esista una fi ∈ C k(Ui) tale che fi(p) = f (p) su Ui∩F. Consideriamouna partizione dell’unita φi ∪ ψ subordinata al ricoprimento aperto Ui ∪ Fdi M. Per ogni i poniamo

fi(p) =

φi(p) fi(p) se p ∈ Ui,

0 se p ∈ Ui.

Allora fi ∈ C k(Ui) ed f =∑

i∈I fi ∈ C k(M) e il prolungamento di f cercato.

Teorema 3.21 (di approssimazione). Sia M una varieta differenziabile paracom-patta, F un suo sottoinsieme chiuso ed f : M → Rn un’applicazione continua, lacui restrizione ad F sia di classe C k, con 0 ≤ k ≤ ∞. Allora per ogni ε > 0 esisteun’applicazione g ∈ C k(M,Rn) tale che

g(p) = f (p), ∀p ∈ F,(7.1)|g(p) − f (p)| < ε, ∀p ∈ M.(7.2)

Dimostrazione. Per la proposizione 3.20, applicata ad ogni componente di f ,esiste una f ∈ C k(M,Rn) con f |F = f |F . Costruiamo un ricoprimento aperto di Mnel modo seguente. Poniamo

U0 = p ∈ M | | f (p) − f (p)| < ε.

U0 e un intorno aperto di F in M. Poi, per ogni punto p ∈ F, sia

Up = q ∈ M | | f (p) − f (q)| < ε.

Allora U = U0 ∪ Up | p ∈ F e un ricoprimento di M. Sia φ0 ∪ φp unapartizione dell’unita di classe C k subordinata ad U . Poniamo

ψ0 =

φ0 · f su U0,

0 su U0,φp =

φp · f (p) su Up,

0 su Up.

Allora ψ0, ψp ∈ C k(M,Rn) ed

g(p) = ψ0(p) +∑

q∈Fψq(p)

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58 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

e un’applicazione in C k(M,Rn) che soddisfa le (7.1), (7.2).

Corollario 3.22. Sia M una varieta differenziabile connessa. Allora ogni coppiadi punti di M puo essere congiunta da una curva di classe C∞.

Dimostrazione. Fissiamo un qualsiasi punto p0 e sia N il sottoinsieme dei pun-ti di M che possono essere congiunti a p0 da una curva di classe C∞. Chiaramentep0 ∈ N e quindi N e non vuoto. Per dimostrare che e aperto e chiuso, bastera dimo-strare che, dato un qualsiasi punto p1 ∈ M, esiste un intorno U di p1 in M tale che,per ogni curva γ : [0, 1]→ U, di classe C∞, con γ(1) = p1 ed ogni punto p2 di U,possiamo trovare una γ : [0, 2] → U con γ(t) = γ(t) per 0 ≤ t ≤ 1 e γ(2) = p2.Scegliendo un intorno coordinato di p1, ci riconduciamo al caso di una palla apertadi Rm. La tesi e allora una conseguenza del teorema di approssimazione.

Teorema 3.23 (interpolazione). Sia M una varieta differenziabile paracompattaed f1, f2 : M → R due funzioni reali, con f1 semicontinua superiormente, f2semicontinua inferiormente ed f1(p) < f2(p) per ogni p ∈ M. Allora esiste unafunzione f ∈ C∞(M) tale che f1(p) < f (p) < f2(p) per ogni p ∈ M.

Dimostrazione. Fissato un punto q ∈ M, l’insieme

Aq = p ∈ M | f1(p) < f2(q), f2(p) > f1(q)

e un intorno aperto di q in M. Se Uq e un intorno aperto relativamente compatto dip0 in M con Uq b Aq, abbiamo

(7.3) µq = supp∈Uqf1(p) < infp∈Uq f2(p) = Mq.

Consideriamo il ricoprimento aperto Uq | q ∈ M di M e sia φq una partizionedell’unita di classe C∞ subordinata ad Uq | q ∈ M. Poniamo

(7.4) f (p) =∑

q∈M

µq + Mq

2φq(p).

La f e una funzione di classe C∞(M) che soddisfa le condizioni richieste. Infatti,per la (7.3), abbiamo

f1(p)φq(p) <µq + Mq

2φq(p) < f2(p)φq(p), se p, q ∈ M e φq(p) > 0.

Da questo, sommando su q ∈ M, segue che la f definita da (7.4) soddisfa f1(p) <f (p) < f2(p) per ogni p ∈ M.

8. Immersioni, sommersioni, diffeomorfismi

Siano M ed N due varieta differenziabili, di dimensione m ed n rispettivamente,entrambe di classe C k con k ≥ 1, ed f : M → N un’applicazione differenziabiledi classe C k. Fissiamo un punto p0 ∈ M e sia q0 = f (p0) il punto corrispondentedi N. Fissiamo un intorno coordinato (V, y) di N con centro in q0 e sia (U, x) unintorno coordinato in M con centro in p0 tale che f (U) ⊂ V . La funzione

(8.1) Rm ⊃ x(U) 3 x→ y( f (x−1)) ∈ y(V)

Page 59: Nacinovich - Geometria differenziale

8. IMMERSIONI, SOMMERSIONI, DIFFEOMORFISMI 59

e di classe C k ed in particolare, essendo k ≥ 1, possiamo considerare il suoJacobiano in 0

(8.2)(∂y∂x

)x=0

=

∂y1( f (x−1))

∂x1 . . .∂y1( f (x−1))

∂xm

.... . .

...∂yn( f (x−1))

∂x1 . . .∂yn( f (x−1))

∂xm

x=0

.

La scelta di una diversa coppia di carte coordinate in p0 e q0 definisce uno Jacobia-no che differisce da quello in (8.2) per la moltiplicazione a destra per una matricedi GL(m,R) ed a sinistra per una matrice di GL(n,R). In particolare

Lemma 3.24. Il rango della matrice Jacobiana (8.2) non dipende dalla scelta dellecarte coordinate (U, x) in p0 e (V, y) in q0.

Possiamo dare quindi la seguente

Definizione 3.15. L’applicazione differenziabile f : M → N di classe C k in p0 ∈

M e in p0

• un’immersione differenziabile in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) defini-sce una trasformazione lineare iniettiva, se cioe ha rango m uguale alladimensione di M;• una sommersione differenziabile in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) de-

finisce un’applicazione lineare surgettiva, se cioe ha rango n uguale alladimensione di N;• un diffeomorfismo locale in p0 se la matrice Jacobiana (8.2) definisce

un isomorfismo lineare, se cioe n = m ed il determinante della matriceJacobiana e diverso da zero.

Per il teorema delle funzioni implicite vale la

Proposizione 3.25. Sia f : M → N un’applicazione differenziabile di classe C k,con k ≥ 1, tra due varieta differenziabili M ed N di classe C k e di dimensioni m, n,rispettivamente. Sia p0 ∈ M e q0 = f (p0).

(1) Se f e un’immersione differenziabile in p0, allora m ≤ n ed esiste un in-torno aperto U di p0 in M tale che la f sia un’immersione differenziabilein ogni punto di U e che la restrizione f |U : U → N sia iniettiva. Esistepoi un intorno V di q0 in N ed un’applicazione g ∈ C k(V,U) tale cheg f (p) = p per ogni p ∈ U.

(2) Se f e una sommersione differenziabile in p0, allora m ≥ n, e possiamotrovare intorni aperti U di p0 in M e V di q0 in N tali che f (U) = V,che la f sia una sommersione differenziabile in tutti i punti di U, che lasua restrizione ad U definisca un’applicazione aperta di U su V e che,inoltre, esista una g ∈ C k(V,U) tale che f g(q) = q per ogni q ∈ V.

(3) Se f e un diffeomorfismo locale in p0, allora m = n ed f definisce unomeomorfismo di un intorno aperto U di p0 su un intorno aperto V di q0,con omeomorfismo inverso

(f |VU

)−1 : V → U di classe C k.

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60 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

9. Prodotto cartesiano di varieta differenziabili

Se M ed N sono due varieta differenziabili di classe C k (0 ≤ k ≤ ω) di dimen-sione m ed n rispettivamente, possiamo definire sul prodotto cartesiano M × N unaed una sola struttura di varieta differenziabile di dimensione m + n, che renda leproiezioni sui singoli fattori

M × NπM−−−−−→ M

πN

yN

sommersioni differenziabili di classe C k. Un atlante per questa struttura si ottieneda atlanti AM = (Ui, xi) | i ∈ I ed AN = (V j, y j) | j ∈ J di classe C k di M ed Nrispettivamente, ponendo AM×N = (Ui × V j, xi ⊕ y j) | (i, j) ∈ I × J, ove

xi ⊕ y j : Ui × V j 3 (p, q) −→ (xi(p), y j(q)) ∈ xi(Ui) × y j(V j) ⊂ Rm+n.

10. Sottovarieta differenziabili

Supporremo in questo paragrafo che M sia un’assegnata varieta differenziabile,paracompatta, di dimensione m e di classe C k, con 1 ≤ k ≤ ω.

Definizione 3.16. Una varieta differenziabile N di classe C k si dice una sottova-rieta differenziabile di M se:

(i) N ⊂ M come insieme;(ii) l’applicazione naturale di inclusione

ι : N 3 p→ p ∈ M

e un’immersione differenziabile di classe C k.

Lemma 3.26. La topologia di una sottovarieta differenziabile e piu fine dellatopologia di sottospazio topologico.

Dimostrazione. Infatti la topologia di sottospazio su N e la meno fine traquelle che rendono l’inclusione ι : N → M continua; poiche ogni applicazio-ne differenziabile di classe C k, con k ≥ 0, e in particolare continua, ne segue latesi.

Esempio 3.11. Consideriamo in R2 il sottoinsieme N definito da

N =

t√

1+t2(cos t, sin t)

∣∣∣∣ t ∈ R∪ S 1 .

Esso e una sottovarieta differenziabile di dimensione 1 di R2. La sua topologia disottovarieta differenziabile e strettamente piu fine della topologia di sottospazio:

infatti

t√1+t2

(cos t, sin t) | t ∈ R

e chiuso nella topologia di sottovarieta differen-ziabile (essendo una componente connessa), mentre e denso e quindi non chiuso inN per la topologia di sottospazio.

Page 61: Nacinovich - Geometria differenziale

10. SOTTOVARIETA DIFFERENZIABILI 61

Esempio 3.12. Consideriamo il toro T2 = S 1 × S 1. Esso e una varieta differenzia-bile, con l’atlante definito dalle applicazioni inverse delle immersioni topologiche:

] − π, π[× ] − π, π[3 (t, s)→(ei(t+α), ei(s+β)

)∈ S 1 × S 1

al variare di α, β in R. Sia

N =(

eit, eiπt) ∣∣∣t ∈ R

,

con la struttura di varieta differenziabile definita dall’unica carta N 3(eit, eiπt

)→

t ∈ R. Allora N e una sottovarieta differenziabile di T2, con una topologia chee strettamente piu fine di quella di sottospazio: infatti per la topologia di sotto-spazio N non e localmente connesso, mentre lo e ovviamente con la topologia disottovarieta differenziabile.

Proposizione 3.27. Sia N una sottovarieta differenziabile di dimensione n e classeC k, con k ≥ 1, di M. Per ogni punto p ∈ N esiste un intorno aperto V di p in N edun aperto coordinato (U, z) di classe C k di p in M tali che:

(i) V = q ∈ U | zi(q) = 0 per i = n + 1, . . . , m;(ii)

(V, (zi)1≤i≤n

)sia una carta locale di classe C k di N.

Dimostrazione. Fissiamo una carta coordinata (V, y) con centro in p in N eduna carta coordinata (W, x) con centro in p in M. Per ipotesi, l’inclusione di N inM definisce un’applicazione differenziabile di classe C k

y(V) 3 y→ x = f (y) ∈ x(U), con f (0) = 0,

la cui matrice Jacobiana(∂x∂y

)ha rango n in 0. A meno di riordinare gli indici,

possiamo supporre che

det

∂x1∂y1

. . . ∂x1∂y1

.... . .

...∂xn∂y1

. . . ∂xn∂yn

y=0

, 0.

Per il teorema delle funzioni implicite, esistono aperti ω,ω′ di 0 in Rn ed unafunzione g′ : ω′ → ω, differenziabile di classe C k tale che ω ⊂ y(V) e, per ognix′ = (x1, . . . , xn) ∈ ω′, la matrice Jacobiana

( ∂g∂x′

)abbia determinante diverso da 0

ed y = g(x′) sia l’unica soluzione in ω dell’equazione fi(y) = xi per i = 1, . . . , n.Allora (x′1, . . . , x

′n) = ( f1(y(q)), . . . , fn(y(q))) definisce una carta locale in V ′ =

y−1(ω), essendo la composizione di un diffeomorfismo di un intorno di 0 di Rn e diuna carta locale con centro in p ∈ N. Analogamente, poiche la trasformazionezi = xi se 1 ≤ i ≤ n,

zi = xi − fi g(x1, . . . , xn) se n < i ≤ n,

per il teorema delle funzioni implicite, e un diffeomorfismo di classe C k tra dueintorni di 0 in Rm, le funzionizi = fi(y(q)) per 1 ≤ i ≤ n,

zi = xi(q) − fi(g(x′(q))) per n < i ≤ m,

Page 62: Nacinovich - Geometria differenziale

62 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

definite in un intorno aperto di p in M, definiscono una carta locale di classe C k

che verifica le condizioni (i) ed (ii).

Definizione 3.17. Una sottovarieta differenziabile N di M si dice10 propria se e unchiuso di M, si dice localmente chiusa se e un sottospazio localmente chiuso di M.

Chiaramente

sottovarieta propria =⇒ sottovarieta localmente chiusa =⇒ sottovarieta.

11. Diffeomorfismi

Definizione 3.18. Un diffeomorfismo tra due varieta differenziabili M,N e un’ap-plicazione bigettiva f : M → N tale che sia f che la sua inversa f −1 sianodifferenziabili.

Osserviamo che l’insieme Diff(M) dei diffeomorfismi di una varieta differen-ziabile M in se e un gruppo rispetto al prodotto di composizione.

Dimostriamo innanzi tutto il seguente:

Lemma 3.28. Siano p, q ∈ Rn. Fissato un numero reale R > max|p|, |q|, possia-mo trovare un diffeomorfismo f : Rn → Rn tale che:

(11.1)

f (x) = x per |x| > Rf (p) = q.

Dimostrazione. Sia v = (v1, . . . , vn) = q − p ∈ Rn e indichiamo con ~v ilcorrispondente campo di vettori a coefficienti costanti:

(11.2) ~v =

n∑i=1

vi ∂

∂xi .

Esso definisce il gruppo a un parametro di diffeomorfismi di Rn delle traslazioniparallele a v: τv(t)(x) = x + tv.

Fissiamo due numeri reali r1, r2 con max|p|, |q| < r1 < r2 < R ed una funzioneχ ∈ C∞0 (Rn), con

χ(x) = 1 se |x| ≤ r1,

0 < χ(x) < 1 se r1 < |x| < r2,

χ(x) = 0 se |x| ≥ r2

e consideriamo il campo di vettori:

(11.3) X = χ(x)~v = χ(x)∑n

i=1vi ∂

∂xi .

Per il Teorema 2.10 del Capitolo 2, esso definisce un gruppo a un parametro didiffeomorfismi:

(11.4) R × Rn 3 (t, x)→ φt(x) ∈ Rn

10In inglese neat.

Page 63: Nacinovich - Geometria differenziale

12. VARIETA DI STIEFEL REALI 63

con:

(11.5)

∂φt(x)∂t

= χ(φt(x))~v ∀(t, x) ∈ R × Rn

φ0(x) = x ∀x ∈ Rn.

Abbiamo φt(x) = x per ogni t ∈ R se |x| ≥ r2 e φ1(p) = p + v = q.

Dimostriamo ora:

Teorema 3.29. Se M e una varieta differenziabile connessa, allora il gruppoDiff(M) dei diffeomorfismi di M opera transitivamente su M.

Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che, per ogni coppia di punti p, q ∈ M,esiste un diffeomorfismo φ ∈ Diff(M) che trasforma il punto p nel punto q.

Fissiamo p ∈ M ed indichiamo con N l’insieme dei punti q di M per cui esisteun diffeomorfismo di M che trasforma p in q.

N e aperto. Sia q = γ(p) ∈ N, con γ ∈ Diff(M) e sia (U, x) una carta coordinatacon centro in q ed x(U) = Rm. Se q′ ∈ U ed R un numero reale con 0 ≤ |x(q′)| < R,per il Lemma 3.28 possiamo trovare un diffeomorfismo F : Rm → Rm tale cheF(0) = x(q′) ed F(x) = x per |x| > R. Definiamo φ ∈ Diff(M) ponendo:

φ(y) =

y se y < Ux−1 F(x(y)) se y ∈ U.

Questa formula definisce un diffeomorfismo di M che trasforma q in q′. Alloraφ γ ∈ Diff(M) e trasforma p in q′. Quindi U ⊂ N e questo dimostra che N eaperto.

N e chiuso. Sia q un punto della chiusura di N. Scegliamo una carta coordinata(U, x) con centro in q come nella prima parte della dimostrazione. Se q′ ∈ U ∩ N,costruiamo F e φ come nella prima parte della dimostrazione. Poiche q′ ∈ N,possiamo trovare γ′ ∈ Diff(M) con γ′(p) = q′. Allora φ−1 γ′ ∈ Diff(M) eφ−1 γ′(p) = q. Cio dimostra che N e anche chiuso.

Poiche N e sia aperto che chiuso ed M e connesso, ed inoltre p ∈ N , ∅, nesegue che N = M. La dimostrazione e completa.

12. Varieta di Stiefel reali

Definizione 3.19. La varieta di Stiefel realeVn,m(R) e l’insieme degli m-riferimentiortogonali di Rn. I suoi punti sono cioe le m-uple ~v = (v1, . . . , vm) di vettoriortonormali di Rn.

Identificando ~v = (v1, . . . , vn) alla matrice n×m con colonne v1, . . . , vm ottenia-mo un’immersione naturale di Vn,m(R) nello spazio Euclideo Rnm. Consideriamosu Vn,m(R) la topologia di sottospazio.

La varieta di Stiefel Vn,1(R) e la sfera (n − 1)-dimensionale S n−1 ⊂ Rn; epoi Vn,n−1(R) ' SO(n), Vn,n(R) ' O(n). Le varieta di Stiefel reali generaliz-zano quindi, allo stesso tempo, le sfere, i gruppi ortogonali ed i gruppi specialiortogonali.

Page 64: Nacinovich - Geometria differenziale

64 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Proposizione 3.30. La varieta di Stiefel Vn,m(R) e una varieta analitica compattadi dimensione m(2n−m−1)

2 .

Dimostrazione. Poiche

Vn,m(R) = A ∈ M(n × m,R) | A∗A = Im,

ed abbiamo l’inclusione naturale

Vn,m(R) ⊂ S n−1 × · · · × S n−1︸ ︷︷ ︸m volte

⊂ Rnm,

il sottospazio Vn,m(R) di Rnm e compatto perche chiuso e limitato.Descriviamo ora un atlante di carte locali di Vn,m(R).Sia ~ε = (ε1, . . . , εn) una base ortonormale di Rn.Indichiamo con U~ε l’aperto di Vn,m(R) formato dalle (v1, . . . , vm) tali che

det

(v1|ε1) (v2|ε1) · · · (v j|ε1)(v1|ε2) (v2|ε2) · · · (v j|ε2)...

.... . .

...(v1|ε j) (v2|ε j) · · · (v j|ε j)

> 0 per 1 ≤ j ≤ m.

Indichiamo con Bk la palla unitaria aperta di Rk. Possiamo definire allora unomeomorfismo

x~ε : Uvecε −→ Bn−1 × Bn−2 × · · · × Bn−m

con (v1, . . . , vm) −→ (πn−1(v1), πn−2(v2), . . . , πn−m(vm)),

ove πn− j(v j) = v j −∑

1≤i≤ j(v j|εi)εi ∈ 〈ε j+1, . . . , εn〉 ' R

n− j.

Le componenti dei vettori πn− j(v j) nelle basi ε j+1, . . . , εn definiscono un sistema dicoordinate in Uε1,...,εn . Infatti, assegnati

(x1,2, . . . , x1,n) ∈ Bn−1

(x2,3, . . . , x3,n) ∈ Bn−2

. . .

(xm,m+1, . . . , xm,n) ∈ Bn−m

risultano univocamente determinati numeri reali xi, j, per interi i, j con 1 ≤ i ≤ j ≤m tali che

(v1, . . . , vm) =

n∑j=1

x1, jε j, . . . ,

n∑j=1

xm, jε j

∈ Uε1,...,εn ⊂ Vn,m(R).

Gli xi, j con 1 ≤ i < j ≤ n definiscono quindi una carta locale con centro in ~ε. Inparticolare

dimRVn,m(R) =

m∑h=1

(n − h) = nm −m(m + 1)

2.

Page 65: Nacinovich - Geometria differenziale

12. VARIETA DI STIEFEL REALI 65

Il gruppo speciale ortogonale SO(n) opera transitivamente sulle varieta di Stie-fel Vn,m(R) per ogni 1 ≤ m ≤ n − 1. Lo stabilizzatore di un punto e isomorfo algruppo SO(n − m). Quindi:

Proposizione 3.31. La varieta di Stiefel Vn,m(R) e connessa per archi ed e omeo-morfa allo spazio omogeneo SO(n)/SO(n−m). Abbiamo la successione esatta diomotopia (dove per semplicita omettiamo di indicare il punto base)

(12.1)

· · · −−−−−−→ πh(SO(n − m)) −−−−−−→ πh(SO(n)) −−−−−−→ πh(Vn,m(R))

−−−−−−→ πh−1(SO(n − m)) −−−−−−→ · · ·

· · · −−−−−−→ π1(SO(n − m)) −−−−−−→ π1(SO(n)) −−−−−−→ π1(Vn,m(R))

−−−−−−→ 0.

Siano k,m, n interi con 1 ≤ k < m < n. L’applicazione

(12.2) Vn,m(R) 3 (v1, . . . , vm)→ (v1, . . . , vk) ∈ Vn,k(R)

e una fibrazione localmente banale con fibra tipica Vn−k,m−k(R). Otteniamo quindiuna successione esatta in omotopia11

(12.3)

· · · −−−−−−→ πh+1(Vn,k(R))

−−−−−−→ πh(Vn−k,m−k(R)) −−−−−−→ πh(Vn,m(R)) −−−−−−→ πh(Vn,k(R))

−−−−−−→ πh−1(Vn,k(R)) −−−−−−→ · · ·

Otteniamo percio la

Proposizione 3.32. Se 1 ≤ m < n, la varieta di Stiefel reale Vn,m(R), e (n−m−1)-connessa e

(12.4) πn−m(Vn,m(R)) =

Z se n − m e pari, o m = 1,Z2 se n − m e dispari ed m ≥ 2.

Dimostrazione. Ragioniamo per ricorrenza su m ≥ 1. Poiche, come abbiamoosservato in precedenza, Vn,1(R) = S n−1, la tesi e vera se m = 1. Supponiamoallora che m > 1 e che la tesi sia vera per le varieta di Stiefel reali Vn,k(R) con1 ≤ k < m. Consideriamo la successione esatta (12.3) con k = m−1. Se h < n−m,allora πh(Vn−m+1,1(R)) = πh(S n−m) = 0, e πh(Vn,m−1(R)) = 0 per l’ipotesi induttiva.Quindi anche πh(Vn,m(R)) = 0.

Dimostriamo ora la (12.4). Sappiamo che essa vale per m = 1.Esaminiamo a parte il caso m = 2. Per m = 2, k = 1 ed h = n − 2, la (12.3) da:

(12.5) Z = πn−1(S n−1)∆∗

−−−−−−→ Z = πn−2(S n−2) −−−−−−→ πn−2(Vn,2) −−−−−−→ 0.

11Per semplicita in questa, e nelle altre successioni esatte in questo paragrafo ometteremo diindicare il punto base.

Page 66: Nacinovich - Geometria differenziale

66 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Per calcolare l’applicazione ∆∗ in (12.5), consideriamo il diagramma commutativodi fibrazioni

SO(n − 1) −−−−−→ SO(n) −−−−−→ S n−1y y ∥∥∥∥Vn−1,1(R) −−−−−→ Vn,2(R) −−−−−→ S n−1.

Otteniamo allora un diagramma commutativo

(12.6)

πn−1(S n−1)∆∗

−−−−−→ πn−2(SO(n − 1)) −−−−−→ πn−2(SO(n))∥∥∥∥ yp∗y

πn−1(S n−1)∆∗

−−−−−→ πn−2(Vn−1,1(R)) −−−−−→ πn−2(Vn,2(R)).

Prima di procedere nella dimostrazione della proposizione, premettiamo alcunirisultati relativi al gruppo ortogonale.

Lemma 3.33. Consideriamo l’applicazione Ψ : S n × S n → S n definita da

(12.7) S n × S n 3 (x, y)→ Ψ(x, y) = y − 2(x|y)x ∈ S n.

Per ogni x ∈ S n, la S n 3 y→ F(x, y) ∈ S n ha grado (−1).Per ogni y ∈ S n, la S n 3 x → F(x, y) ∈ S n ha grado 1 − (−1)n, cioe 2 se n e

dispari e 0 se n e pari.

Dimostrazione. Sia e0, e1, . . . , en la base canonica di Rn+1.Fissato x = e1, la y→ F(e1, y) e la sospensione della

S 1 3 (x0, x1)→ (x0,−x1) ∈ S 1,

che possiamo anche scrivere, mediante l’inclusione S 1 ⊂ C, come

S 1 3 z→ z = z−1 ∈ S 1.

Quindi la y → F(e1, y) ha grado (−1) e percio tutte le y → fx(y) = F(x, y) hannogrado (−1).

Per dimostrare che le x→ ψy(x) = F(x, y) hanno grado 1 − (−1)n, poiche S n econnesso per archi, possiamo limitarci a considerare il caso speciale in cui y = −en.Scriviamo per semplicita ψ = ψ−en . Consideriamo quindi l’applicazione

S n 3 x = (xn, . . . , xn)→ ψ(x) = (2xnx0, . . . , 2xnxn−1, 2x2n − 1) = (2xn) · x − en ∈ S n.

Abbiamo ψ(x) = ψ(−x). Quindi, se a : S n 3 x → −x ∈ S n e l’applicazioneantipodale, ψ = ψ a. Quindi, poiche il grado della mappa antipodale e (−1)n+1,da

deg(ψ) = deg(ψ a) = deg(ψ) · (−1)n+1

otteniamo che deg(ψ) = 0 se n e pari.Consideriamo ora il caso in cui n sia dispari. Osserviamo che ψ(S n−1) = −e0.

Possiamo quindi definire due applicazioni

ψ+(x)

ψ(x) se x ∈ S n+,

−e0 se x ∈ S n−,, ψ−(x)

−e0 se x ∈ S n+,

ψ(x) se x ∈ S n−.

Page 67: Nacinovich - Geometria differenziale

13. VARIETA DI GRASSMANN 67

L’elemento definito da ψ in πn(S n, e0) e la somma delle classi di omotopia di ψ+ eψ−. Poiche ψ− = ψ+ a, abbiamo deg(ψ−) = deg(ψ+), perche la mappa antipodaleha grado 1. Quindi deg(ψ) = 2 deg deg(ψ+). Osserviamo ora che ψ+(x) , −x perogni x ∈ S n. Quindi

S n × I 3 (x, t)→ Ψ+(x, t) =(1 − t)ψ+(x) + t x|(1 − t)ψ+(x) + t x|

∈ S n

e un’omotopia di ψ+ con l’identita. Cio dimostra che ψ+ ha grado 1, e quindi ψ hagrado 2.

La matrice della simmetria σx rispetto al vettore x = (x0, . . . , xn) ∈ S n e la

σx =

1 − 2x2

0 −2x0x1 . . . −2x0xn−2x0x1 1 − 2x2

1 . . . −2x1xn...

.... . .

...−2x0xn −2x1xn . . . 1 − 2x2

n

.Il determinante di σx e (−1). Definiamo φn : S n → SO(n + 1) mediante

φn : S n−1 3 x→ σx σe0 .

La restrizione di φn alla semisfera superiore S n+1+ = S n ∩ xn ≥ 0 trasforma la

coppia (S n+, S

n−1) nella coppia (SO(n + 1), (SO(n)). Consideriamo l’applicazionep : SO(n + 1) 3 g→ g(en) ∈ S n. Abbiamo

p(φ(x)) = φ(x)(en) = σx σe0(en)

= σx(e0) = −ψ+(x) ∀x ∈ S n+.

Possiamo quindi considerare l’estensione di p φ che si ottiene mandando tutta lasemisfera S n

− nel punto en. L’applicazione che si ottiene e la a ψ+, ed ha quindi,poiche ψ+ ha grado 1, grado uguale a (−1)n+1. Osserviamo infine che la restrizionedi φn all’equatore e la φn−1.

Questa applicazione ci permette di descrivere, nella successione esatta

Z = πn(S n)∆∗

−−−−−→ πn−1(SO(n))ι∗

−−−−−→ πn−1(SO(n + 1)) −−−−−→ 0il nucleo della ι∗. Abbiamo infatti

Proposizione 3.34. Il nucleo di ι∗ e il sottogruppo ciclico generato da α = ∆∗(idS n).L’applicazione φn−1 : S n−1 → SO(n) rappresenta l’elemento (−1)n+1α.

Utilizziamo ora il diagramma commutativo (12.6). Poiche l’immagine p∗ ∆∗della classe di idS n−1 e 0 o 2[idS n−2] a seconda che n sia dispari o pari, otteniamo la(12.4).

13. Varieta di Grassmann

Indichiamo con Gn,m(R) l’insieme dei sottospazi vettoriali di dimensione mdi Rn. Sia M(n × m,R) ' Rnm lo spazio vettoriale delle matrici reali n × m, edindichiamo con M(n × m,m,R) l’aperto delle matrici di rango m di M(n × m,R).Abbiamo una bigezione di Gn,m(R) sul quoziente

M(n × m,m,R)/ ∼, ove X ∼ Y ⇔ ∃a ∈ GL(m,R) tale che X = Ya.

Page 68: Nacinovich - Geometria differenziale

68 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Questo ci permette di defnire la topologia di Gn,m(R).

Proposizione 3.35. Il quoziente Gn,m(R) e uno spazio topologico di Hausdorff,connesso e compatto.

Dimostrazione. Per verificare che Gn,m(R) e connessa e compatta, basta os-servare che il gruppo speciale ortogonale SO(n) opera transitivamente su Gn,m(R).Lo stabilizzatore di un punto e isomorfo al gruppo S(O(m) × O(n − m)) e quindiGn,m(R) e di Hausforff.

Lemma 3.36. Sia B ' GL(n,R) l’insieme delle basi di Rn.Se ~ε = (ε1, . . . , εn) ∈ B, indichiamo con π~ε : Rn → Rm la proiezione che

associa a v =∑n

i=1viεi l’elemento (v1, . . . , vm) ∈ Rm.L’insieme

U~ε = p ∈ Gn,m(R) | π~ε(p) = Rm

e aperto in Gn,m(R) e l’applicazione

φ~ε : M(m × (n−m),R) −→ U~ε

che associa alla matrice (xi, j) 1≤i≤m,m< j≤n

l’m-piano

⟨ε1 +

∑n

j=m+1x1, jε j, . . . , εm +

∑n

j=m+1xm, jε j

⟩e un omeomorfismo di M(m × (n−m),R) su U~ε .

Abbiamo percio

Proposizione 3.37. Il quoziente Gn,m(R) e una varieta topologica connessa e com-patta di dimensione m(n−m).

Proposizione 3.38. Se ~ε ∈ B, indichiamo con x~ε : U~ε → M(m × (n−m),R)l’inversa di φ~ε . La famiglia A = U~ε , x~ε~ε∈B e un atlante analitico di Gn,m(R), incui le funzioni di transizione sono razionali.

Definizione 3.20. Gn,m(R), con la struttura di varieta analitica reale definita dall’a-tlante U~ε , x~ε, si dice la varieta di Grassmann degli m-piani di Rn.

Osserviamo che per Gn,1 ' RPn−1 e quindi le varieta di Grassmann realicostituiscono una classe di varieta che comprende gli spazi proiettivi reali.

Osservazione 3.39. Otteniamo un atlante di Gn,m(R) facendo variare ~ε tra gli ele-menti della forma (ei1 , . . . , ein) con 1 ≤ i1 < · · · im ≤ n, 1 ≤ im+1 < · · · < in ≤ n,ottenendo cosı un atlante di cardinalita finita

(nm

).

Proposizione 3.40. Fissato un prodotto scalare su Rn, l’applicazione

(13.1) Gn,m(R) 3 p→ p⊥ ∈ Gn,n−m(R)

che associa ad ogni m-piano p l’(n−m)-piano ad esso ortogonale e un diffeomor-fismo.12

12Per m = 1, l’applicazione e una polarita proiettiva rispetto ad una quadrica senza punti reali.

Page 69: Nacinovich - Geometria differenziale

13. VARIETA DI GRASSMANN 69

Nello studio dell’omotopia delle varieta di Grassmann potremo quindi suppor-re nel seguito che n ≥ 2m.

Consideriamo l’applicazione naturale

(13.2) Vn,m(R)→ Gn,m(R)

che associa ad un sistema ~v ∈ Vn,m(R) di m vettori ortonormali il sottospazio p ∈Gn,m(R) da essi generato. La (13.2) e una fibrazione localmente banale con fibraomeomorfa al gruppo O(m). Abbiamo quindi la successione esatta:

(13.3)

· · · −−−−−→ πh+1(Gn,m(R))

−−−−−→ πh(O(m)) −−−−−→ πh(Vn,m(R)) −−−−−→ πh(Gn,m(R))

−−−−−→ πh−1(O(m)) −−−−−→ · · ·

Lemma 3.41. Per ogni intero non negativo h ed ogni coppia d’interi positivi m, k,con m ≤ k, le applicazioni ι∗ : πh(O(m))→ πh(Vk+m,m(R)) hanno immagine nulla.

Dimostrazione. Rappresentiamo Vk+m,m(R) come lo spazio delle matrici realiM di tipo (k+m)×m tali che tM M = Im. Allora l’inclusione ι : O(m) → Vk+m,m(R)identifica O(m) al sottospazio delle matrici

Mg =

(g0

)con g ∈ O(m).

L’omotopia F : O(m) × I → Vn,m(R) definita da

F(g, t) =

g cos2(tπ/2) + Im sin2(tπ/2)(g − Im) sin(tπ/2) cos(tπ/2)

0n−2m,m

definisce una retrazione di deformazione di O(m) sul punto base di Vn,m(R). Daquesto segue la tesi.

In particolare, dalla successione esatta di Serre otteniamo le successioni esattecorte:

(13.4) 0→ πh(Vn,m(R)) −−−−−−→ πh(Gn,m(R)) −−−−−−→ πh−1(O(m))→ 0.

Abbiamo percio, tenuto conto dell’omeomorfismo (13.1),

Teorema 3.42. Siano 1 ≤ m < n e ν = minn, n−m. Per ogni h ≥ 1 abbiamo

(13.5) πh(Gn,m(R)) = πh(Vn,ν(R)) ⊕ πh−1(O(ν)).

In particolare, poiche Vn,m(R) e semplicemente connesso per n−m > 1, otte-niamo che

(13.6) π1(Gn,m(R)) = Z2 ∀n ≥ 3 e 1 ≤ m < n

ed inoltre

(13.7) πh(Gn,m(R)) =

πh−1(SO(ν)) se 2 ≤ h < n − ν,Z ⊕ πn−ν−1(SO(ν)) se h = n − ν e pari o ν = 1,Z2 ⊕ πn−ν−1(SO(ν)) se h = n − ν e dispari e ν ≥ 3.

Page 70: Nacinovich - Geometria differenziale

70 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Se n′ > n, abbiamo un’inclusione naturale

(13.8) Gn,m(R) → Gn′,m(R).

Proposizione 3.43. L’applicazione πh(Gn,m(R))→ πh(Gn′,m(R)) indotta dalla (13.8)e un isomorfismo per ogni h < minm, n−m ed ogni n′ > n.

Dimostrazione. Infatti, se h < n−m, e consideriamo la partizione cellulare diGn′,m(R) data dalle celle di Schubert, lo scheletro h + 1-dimensionale di Gn′,m(R) econtenuto in Gn,m(R).

14. Varieta di Stiefel e di Grassmann complesse

In modo analogo definiamo le varieta di Stiefel e di Grassmann complesse.

Definizione 3.21. La varieta di Stielfel complessaVn,m(C) e costituita dalle m-upledi vettori ortonormali di Cn.

Possiamo identificare Vn,m(C) all’iniseme delle matrici complesse Z, di tipon × m, che soddisfano Z∗Z = Im. Abbiamo:

Proposizione 3.44. Per ogni 0 ≤ m ≤ n, la varieta di Stiefel Vn,m(C) e una varietaanalitica di Hausdorff, di dimensione reale m(2n − m), compatta e connessa perarchi. Essa e omeomorfa allo spazio omogeneo SU(n)/SU(n−m).

Dimostrazione. Vn,m(C) e uno spazio topologico di Hausdorff compatto per-che e un sottoinsieme chiuso e limitato di Cnm. Possiamo definire la sua strutturadifferenziale descrivendo una carta locale con centro in un punto ~v = (v1, . . . , vm).Completiamo v1, . . . , vm ad una base ortonormale (v1, . . . , vm) di Cn. Assegnamonumeri complessi zh, j per 1 ≤ j < h ≤ n e numeri reali y j per j = 1, . . . ,m, taliche y2

j +∑n

h= j+1 |zh, j|2 < 1 per ogni j = 1, . . . ,m. Risulteranno allora univocamen-

te determinati numeri complessi zh, j, per 1 ≤ h ≤ j ≤ m tali che Im(z j, j) = y j,Re(z j, j) > 0 e detta Z la matrice Z = (zh, j) 1≤h≤n

1≤ j≤m, sia Z∗Z = Im. I numeri reali y j e

le parti reali e immaginarie degli zh, j con 1 ≤ j < h ≤ n sono le coordinate di unacarta locale con centro in ~v. La dimensione della varieta e quindi

m∑j=1

[2(n − j) + 1] = m(2n + 1) − m(m + 1) = 2nm − m2 = m(2n − m).

Chiaramente il gruppo speciale unitario SU(n) opera transitivamente su Vn,m(C),con isotropia SU(n−m). Quindi Vn,m(C) e omeomorfo al quoziente SU(n)/SU(n−m)e percio compatto e connesso per archi.

Proposizione 3.45. La varieta di Stiefel complessa Vn,m(C) e (2n − 2m)-connessae π2n−2m+1(Vn,m(C)) = Z.

Dimostrazione. Fissato un intero k con 1 ≤ k < m, l’applicazione

(14.1) Vn,m(C) 3 (v1, . . . , vm)→ (v1, . . . , vk) ∈ Vn,k(C).

Page 71: Nacinovich - Geometria differenziale

14. VARIETA DI STIEFEL E DI GRASSMANN COMPLESSE 71

e una fibrazione localmente banale con fibra tipica Vn−k,m−k(C). Otteniamo quindiuna successione esatta

(14.2)

· · · −−−−−−→ πh+1(Vn,k(C))

−−−−−−→ πh(Vn−k,m−k(C)) −−−−−−→ πh(Vn,m(C)) −−−−−−→ πh(Vn,k(C))

−−−−−−→ πh−1(Vn−k,m−k(C)) −−−−−−→ · · ·

Ragioniamo per ricorrenza su m ≥ 1. Per m = 1, Vn,1(C) = S 2n−1, e sappiamo chela sfera di dimensione (2n − 1) e (2n − 2)-connessa. Supponiamo ora che m > 1 eche, per ogni r con 1 ≤ r < m la varieta di Stiefel complessa Vn,r(C) sia (2n − 2r)-connessa. Utilizziamo la successione esatta (14.2) con k = 1. Poiche per l’ipotesiinduttiva Vn−1,m−1(C) e (2n− 2m)-connesso e Vn,1(C) = S2n−1 e (2n− 2)-connesso,otteniamo che πh(Vn,m(C) e (2n − 2)-connesso.

Utilizziamo ancora la successione esatta (14.2) con k = (m−1) ed h = 2n−2m.Poiche Vn,m−1(C) e (2n − 2m + 2)-connessa, otteniamo l’isomorfismo

π2n−2m+1(Vn,m(C)) ' π2n−2m+1(Vn−m+1,1(C)) = π2n−2m+1(S 2n−2m−1) = Z.

L’applicazione

(14.3) Vn,m(C) 3 (v1, . . . , vm)→ 〈v1, . . . , vm〉 ∈ Gn,m(C)

e una fibrazione localmente banale con fibra tipica U(m). Otteniamo quindi unasuccessione esatta d’omotopia

(14.4)

· · · −−−−−→ πh+1(Gn,m(C))

−−−−−→ πh(U(m)) −−−−−→ πh(Vn,m(C)) −−−−−→ πh(Gn,m(C))

−−−−−→ πh−1(U(m)) −−−−−→ πh−1(Vn,m(C)) −−−−−→ · · ·

Con una dimostrazione analoga a quella del Lemma 3.41 otteniamo

Lemma 3.46. Se 1 ≤ m < 2m ≤ n, allora l’applicazione πh(U(m))→ πh(Vn,m(C))in (14.4) ha immagine nulla.

Questo di da, per ogni intero h ≥ 1 e per 1 ≤ m < 2m ≤ n, le successioni esattecorte

(14.5) 0→ πh(Vn,m(C)) −−−−−→ πh(Gn,m(C)) −−−−−→ πh−1(U(m))→ 0.

Otteniamo percio il

Teorema 3.47. Sia ν = minm, n − m. Allora, per ogni 1 ≤ m < n ed h ≥ 1

(14.6) πh(Gn,m(C)) = πh(Vn,ν(C)) ⊕ πh−1(U(ν)).

Dimostrazione. Se 2m ≤ n, la tesi segue dalla (14.5). Per completare ladimostrazione, e sufficiente utilizzare l’omeomorfismo

(14.7) Gn,m(C) 3 p→ p⊥ ∈ Gn,n−m(C),

dove p⊥ e l’(n−m)-piano ortogonale a p, rispetto ad un prodotto scalare Hermitianoin Cn.

Page 72: Nacinovich - Geometria differenziale

72 3. VARIETA TOPOLOGICHE E VARIETA DIFFERENZIABILI

Otteniamo in particolare

(14.8) πh(Gn,m(C)) =

πh−1(U(ν)) se 1 ≤ h ≤ 2n − 2ν,Z ⊕ π2n−2ν(U(ν)) se h = 2n − 2ν,

e quindi π1(Gn,m(C)) = 0 e π2(Gn,m(C)) = Z per ogni 1 ≤ m < n.

15. Altri esempi

Esempio 3.13. Indichiamo conM(n,m;R) ' Rmn lo spazio vettoriale delle matricireali m×n.

Il sottoinsieme M = M(n,m, k;R) delle matrici di rango k ≤ minm, n e unasottovarieta analitica di M(n,m;R) di dimensione k(n + m − k).

Sia infatti A0 una matrice in M. Fissiamo k colonne linearmente indipendentidi A0. Possiamo supporre, per fissare le idee, che esse siano le prime k, e che ilminore formato dalle prime k righe e k colonne abbia determinante diverso da zero.Consideriamo l’aperto U di M(n,m;R) che consiste di tutte le matrici A che hannoil determinante del minore delle prime k righe e delle prime k colonne diverso dazero. Allora M e definito in U dalle equazioni

ph, j(X) = det

x1,1 . . . x1,k x1, j...

. . ....

...xk,1 . . . xk,k xk, jxh,1 . . . xh,k xh, j

= 0, ∀k < j ≤ m, k < h ≤ n.

Poiche per ogni coppia ( j, h) con k < j ≤ m, k < h ≤ n abbiamo

∂ph, j(X)∂xh, j

= det

x1,1 . . . x1,k...

. . ....

xk,1 . . . xk,k

, 0,

questo dimostra che M e una sottovarieta analitica di Rmn di dimensione mn− (m−k)(n − k) = mk + nk − k2 = k(m + n − k).

16. Esistenza e unicita di strutture differenziali

Sia M una varieta topologica ed indichiamo con M′, M′′ due varieta diffe-renziabili di classi C k′ e C k′′ rispettivamente, corrispondenti a due distinte strut-ture differenziali su M, definite da atlanti A ′ ed A ′′. Diremo che le due strut-ture differenziali sono equivalenti di classe C k se k ≤ mink′, k′′ ed esiste undiffeomorfismo f : M′ → M′′ di classe C k.

Ad esempio, le M′ ed M′′ ottenute considerando sulla retta reale R le struttureC ω definite dagli atlanti A ′ = (R, x) ed A ′′ = (R, x3) sono C ω-equivalenti,perche f (x) = x3 e un diffeomorfismo di M′ su M′′.

Su ogni varieta M di classe C 1, per un teorema di Whitney13 si puo definireuna struttura di classe C ω compatibile. Inoltre le strutture compatibili di classe C k,per ogni k ≥ 1, sono tutte tra loro equivalenti.

13Hassler Whitney Differentiable Manifolds, The Annals of Mathematics, Second Series, Vol.37, No. 3 (Jul., 1936), pp. 645-680.

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16. ESISTENZA E UNICITA DI STRUTTURE DIFFERENZIALI 73

E stato dimostrato14 che esistono delle varieta topologiche che non ammettonouna struttura differenziale di classe C 1.

L’esempio di Kervaire e una varieta topologica di dimensione dieci. Le varietatopologiche di dimensione due e tre ammettono una ed una sola struttura differen-ziale. Questo fatto e stato dimostrato da Johann Radon per dimensione 1 e 2 e daEdwin E. Moise in dimensione 3.

Per dimensioni superiori, si pone il problema di determinare le diverse strutturedifferenziali su una varieta. Di solito la classificazione e fatta per varieta orientabilie diffeomorfismi che preservano l’orientazione.

Per tutte le varieta compatte di dimensione maggiore di quattro vi e un numerofinito di strutture differenziabili non equivalenti. Su Rn c’e un’unica struttura dif-ferenziale se n , 4, mentre per n = 4 ve ne sono infinite15 (quelle diverse dallastruttura standard sono gli R4 esotici).

Per avere un’idea del numero di differenti strutture su una varieta compatta,riportiamo in una tabella il numero νn delle strutture differenziabili non equivalentisulle sfere S n con n ≤ 18. Nella prima riga riportiamo il valore di n e nella secondail corrispondente νn.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 181 1 1 ? 1 1 28 2 8 6 992 1 3 2 16256 2 16 16

Quando ci siano piu di una struttura differenziale sulla sfera S n, le sfere con lestrutture non equivalenti a quella standard si dicono sfere esotiche. Ci sono 27sfere esotiche di dimensione sette, mentre non si conoscono sfere esotiche di di-mensione inferiore. E aperto il problema delle strutture differenziabili sulla sfera didimensione quattro. Non si sa se vi siano sfere esotiche, e nemmeno se esse sianoin numero finito o infinito. Il fatto che non ci siano sfere esotiche in dimensionequattro e noto come la congettura di Poincare generalizzata.

Utilizzando la teoria dell’ostruzione, Robion Kirby e Laurent Siebenmann16

hanno dimostrato che il numero di strutture differenziabili non equivalenti su unavarieta compatta di dimensione maggiore di quattro e finito. John Milnor, MichelKervaire e Morris Hirsch hanno dimostrato17 che tale numero e lo stesso per tuttee coincide quindi col numero delle strutture differenziali sulle sfere.

Quindi, se M e una varieta topologica di dimensione diversa da quattro, essapossiede al piu un numero finito di strutture differenziali non equivalenti.

y

14Michel A. Kervaire, A manifold which does not admit any differentiable structure Comment.Math. Helv. 34 (1960), pp. 257-270.

15cf. M.Kreck Exotische Strukturen auf 4-Mannigfaltigkeiten. [Exotic structures on 4-manifolds] Jahresber. Deutsch. Math.-Verein. 88 (1986), no. 3, 124–145. I primi esempi sonodi Robion Kirby e Michael Freedman.

16R.C. Kirby e L.C. Siebenmann, Foundational Essays on Topological Manifolds. Smoothings,and Triangulations. Princeton, New Jersey: Princeton University Press (1977).

17vedi: T.Asselmeyer-Maluga e C.H. Brans Exotic Smoothness in Physics. World ScientificSingapore, 2007.

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Page 75: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 4

Il lemma di Morse-Sard

Il Lemma di Morse-Sard descrive alcune importanti proprieta delle applicazio-ni differenziabili. Esso ha conseguenze importanti sia nella geometria che nellatopologia differenziale. Ad esempio, utilizzando il Lemma di Sard, dimostreremonel Capitolo 5 il teorema d’immersione di Whitney1, che ci dice che ogni varietadifferenziabile paracompatta di classe C∞ e di dimensione m e diffeomorfa ad unasottovarieta, che e anche un sottospazio topologico chiuso, di R2m+1. Tra i diversiargomenti di cui il Lemma di Sard costituisce un’indispensabile premessa, citiamola trasversalita, la teoria delle singolarita, la teoria di Morse.

Il Lemma fu dimostrato da Anthony P. Morse nel 1939 per funzioni a valoriscalari e generalizzato da Arthur Sard al caso di funzioni a valori in una varieta dif-ferenziabile di classe C∞ nel 1942. In letteratura il risultato e citato come Teoremadi Sard, o Lemma di Sard, o Teorema di Morse-Sard.

1. Il caso degli spazi Euclidei

1.1. Applicazioni differenziabili Rm → Rn con m < n. Dimostriamo innanzitutto il :

Lemma 4.1. Siano m, n, due interi positivi con m < n ed f : A → Rn un’applica-zione differenziabile di classe C 1, definita su un aperto A di Rm. Allora f (A) e diprima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla.

Dimostrazione. Per ogni intero positivo N ed ogni α ∈ Zm indichiamo conQ(α,N) il cubo m-dimensionale di lato 1/N e centro nel punto α/N:

Q(α,N) = x ∈ Rm | |Nxi − αi| ≤ 1/2 per i = 1, · · · ,m.

La famiglia: Q(α,N) | α ∈ Zm, N ∈ N \ 0

e numerabile e le sue sottofamiglie formate dai cubi di lato 1/N sono ricoprimentichiusi localmente finiti (quadrettature) di Rm. L’insieme A e l’unione numerabile⋃νQν della famiglia Qν = Q(αν,Nν) ⊂ A dei cubi Q(α,N) in esso contenuti.

Alloraf (A) =

⋃f (Qν)

e una rappresentazione di f (A) come unione numerabile di insiemi compatti.Bastera dimostrare che ogni f (Qν) ha parte interna vuota e misura di Lebesgue

nulla.

1Hassler Whitney, Differentiable manifolds, Ann. of Math. (2) 37 (1936), no. 3, 645–680.

75

Page 76: Nacinovich - Geometria differenziale

76 4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

Fissiamo un indice ν. Le derivate parziali prime di f sono uniformementelimitate su Qν. Per il teorema della media, la f e Lispchitziana su Qν. Abbiamocioe, per una costante Lν > 0,

| f (x1) − f (x2)| ≤ Lν|x1 − x2|, ∀x1, x2 ∈ Qν.

Quindi l’immagine f (E) di un sottoinsieme E di Qν di diametro δ ha diametrominore o uguale a Lν · δ. L’insieme f (Qν) e compatto e quindi misurabile secondoLebesgue in Rn.

Poiche Qν e unione di Nm cubi m-dimensionali di lato 1/(N ·Nν) di Rm, lasua immagine f (Qν) e contenuta in un’unione di Nm cubi n-dimensionali di latoLν√

m/(N · Nν) di Rn. Per la subadditivita della misura, otteniamo

(1.1) vol( f (Qν)) ≤ Nm(Lν√

mN ·Nν

)n=

Lnνm

n/2

Nnν

Nm−n, ∀N ∈ N.

Facendo tendere N all’infinito, otteniamo che f (Qν) ha misura di Lebesgue nulla.Ne segue che f (A), essendo unione numerabile di sottoinsiemi misurabili di misuranulla e misurabile ed ha misura di Lebesgue nulla in Rn.

Per dimostrare che f (A) e un sottoinsieme della prima categoria di Baire, bastaverificare che ciascuno dei compatti f (Qν) ha parte interna vuota. Questo seguedalla prima parte della dimostrazione, perche un compatto di Rn con parte internanon vuota ha misura di Lebesgue positiva. La dimostrazione e completa.

1.2. Punti e valori regolari e critici. Ricordiamo le nozioni di punti e valoriregolari e critici per applicazioni differenziabili negli spazi Euclidei.

Definizione 4.1. Sia f : A −→ Rn un’applicazione differenziabile, di classe C k,con k ≥ 1, definita su un aperto A di Rm.

Un punto x0 ∈ A si dice regolare se f e una sommersione differenziabile in x0,se cioe d f (x0) : Rm → Rn e surgettiva.

Il punto x0 ∈ A si dice critico se l’applicazione R-lineare d f (x0) : Rm → Rn

ha rango < n.Il corrispondente punto f (x0) ∈ Rn si dice valore critico di f .Indichiamo con C( f ) e CV( f ) rispettivamente l’insieme dei punti critici e dei

valori critici di f .I punti di f (A) \CV( f ) si dicono valori regolari di f .

I punti critici di f sono cioe tutti e soli i punti x ∈ A in cui f non e una sommer-sione. Se y e un valore regolare di f , allora f −1(y) e una sottovarieta differenziabiledi dimensione m − n di A, globalmente chiusa in A.

Possiamo riformulare il teorema delle funzioni implicite utilizzando la nozionedi punto critico :

Teorema 4.2 (delle funzioni implicite). Sia f : A −→ Rn un’applicazione diffe-renziabile di classe C k, con k ≥ 1, definita su un aperto A di Rm. Se x0 ∈ A e unpunto regolare, possiamo trovare un intorno aperto V di f (x0) in Rn, un intornoaperto W di 0 in Rm−n, un intorno U di x0 in A ed un diffeomorfismo di classe C k

g : V ×W −→ U

Page 77: Nacinovich - Geometria differenziale

1. IL CASO DEGLI SPAZI EUCLIDEI 77

che non abbia punti critici in V ×W e soddisfi l’identita

f (g(y, z)) = y ∀(y, z) ∈ V ×W.

In particolare, se m = n, la g e un diffeomorfismo di classe C k di V su un apertog(V) di A. In questo caso diciamo che la f definisce un sistema di coordinate diclasse C k in g(V).

Dal teorema delle funzioni implicite deduciamo immediatamente il seguente :

Lemma 4.3. Sia A un aperto di Rn ed f : A −→ Rn un’applicazione differenziabiledi classe C 1. Se y e un valore regolare di f , allora f −1(y) e un sottospazio discretodi A.

Dimostrazione. Dal teorema delle funzioni implicite segue che ogni punto xdi f −1(y) ha un intorno aperto U tale che f −1(y) ∩ U = x .

1.3. Il lemma di Morse-Sard.

Teorema 4.4 (Lemma di Morse-Sard). Sia f : A → Rn un’applicazione diffe-renziabile di classe C∞, definita su un aperto A di Rm. Allora CV( f ) e di primacategoria ed ha misura di Lebesgue nulla.

Dimostrazione. L’enunciato del teorema e banalmente vero quando n = 0,perche in questo caso l’insieme dei punti critici di f e vuoto. Possiamo quindisupporre n > 0 ed il teorema vero per applicazioni di classe C∞ a valori in Rn−1.Se m < n, tutti i punti di A sono critici e dunque CV( f ) = f (A). In questo caso, latesi e conseguenza del Lemma 4.1.

Consideriamo quindi, nel resto della dimostrazione, il caso in cui m, n ≥ 1,supponendo per ricorrenza che la tesi sia vera per applicazioni differenziabili diclasse C∞ definite su aperti di Rk con k < m.

Posto C = C( f ), per ogni intero positivo k sia Ck il sottoinsieme di C in cui siannullano tutte le derivate parziali di f di ordine positivo minore o uguale di k:

Ck = x ∈ A | Dα f (x) = 0 se 0 < |α| ≤ k,

e poniamo

C∞ =⋂

kCk .

L’insieme C e chiuso in A e, per ogni 0 < k ≤ ∞, i Ck sono sottoinsiemi chiusi diC e quindi di A.

Dimostreremo separatamente che le immagini mediante f di C\C1, di Ck\Ck+1e di C∞ sono di prima categoria ed hanno misura di Lebesgue nulla in Rn.

Poiche

CV( f ) = f (C \C1) ∪∞⋃

k=1

f (Ck \Ck+1) ∪ f (C∞),

da cio seguira che CV( f ) e anch’esso di prima categoria ed ha misura di Lebe-sgue nulla, perche unione numerabile d’insiemi di prima categoria con misura diLebesgue nulla.

Page 78: Nacinovich - Geometria differenziale

78 4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

Sia x0 un punto di C \ C1. Mostriamo che esso ammette un intorno compattoB in A tale che f (B ∩ C) abbia misura di Lebesgue nulla e non abbia quindi puntiinterni. Possiamo supporre, per semplicita, che siano

x0 = 0, f (0) = 0,∂ f (0)∂x1 , 0.

Mediante un cambiamento di coordinate di classe C∞ in un intorno W di 0 in A,possiamo ricondurci al caso in cui la restrizione di f a W si possa scrivere nellaforma2:

f (x) = f (x1, x2, . . . , xm) = (x1, f 2(x), . . . , f n(x)) = (x1, g(x)),

con g ∈ C∞(W,Rn−1). Lo Jacobiano di f si scrive in queste coordinate come

Jf =∂ f

∂(x1, . . . , xm)=

(∂ f∂x1 , . . . ,

∂ f∂xm

)=

1 0∂g∂x1

∂g∂(x2, . . . , xm)

e quindi i punti critici di f in W sono un sottoinsieme dell’insieme dei punti criticidi g in W. Sia B un intorno compatto di 0 in W. Per l’ipotesi induttiva g(B∩CV(g))e un compatto di Rn−1 con parte interna vuota e misura di Lebesgue nulla. Poiche

g(B ∩C(g)) ⊃ πn−1( f (B ∩C( f ))),

ove πn−1 : Rn 3 (y1, . . . , yn)→ (y2, . . . , yn) ∈ Rn−1,

e la proiezione πn−1 e aperta, ne segue che anche il compatto f (B∩C( f )) e privo dipunti interni. Inoltre, f (B ∩C( f )) e contenuto in [−r, r] × g(B ∩C(g)) per qualcher > 0. Quindi anche f (B ∩C( f )) ha misura nulla per il teorema di Fubini.

Ripetendo questo ragionamento per i diversi punti di C \ C1, dimostriamo chee possibile ricoprire C \ C1 con una famiglia numerabile di compatti B` tali chef (C ∩ B`) sia privo di punti interni e di misura di Lebesgue nulla. Dunque

f (C \C1) =⋃

`f (C ∩ B`)

e di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla in Rn.Siano ora k ≥ 1 ed x0 ∈ Ck \ Ck+1. Per semplicita, possiamo supporre che

x0 = 0, f (x0) = 0. Indichiamo con ϕ una derivata parziale di f di ordine k, percui sia dϕ(0) , 0. A meno di restringerci ad un intorno aperto W di 0 ∈ Rm, e dicambiare le coordinate in W ed in Rn, possiamo supporre che ϕ(x) = x1 .

Allora Ck ∩ W e contenuto in x1 = 0 e quindi f (Ck ∩ W) e contenutonell’insieme dei valori critici dell’applicazione

g(x2, ..., xm) = f (0, x2, ..., xm),

definita e di classe C∞ in un intorno W′ di 0 in Rm−1. L’insieme f (Ck∩W′) e alloradi prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla per l’ipotesi induttiva su m.

Ricopriamo Ck \ Ck+1 con una famiglia numerabile di tali intorni W e dimo-striamo cosı che f (Ck \ Ck+1) e di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla

2Se, ad esempio, risulta ∂ f 1/∂x1 , 0, risolvendo l’equazione implicita x1 = f 1(t1, . . . , tm) in unintorno di 0, troviamo una funzione t1 = h(x1, t2, . . . , tm) ed allora x1 = f 1, x2 = t2, . . . , xm = tm

sono nuove coordinate in un intorno di 0 in cui la f ha la forma desiderata.

Page 79: Nacinovich - Geometria differenziale

1. IL CASO DEGLI SPAZI EUCLIDEI 79

perche unione numerabile di insiemi di prima categoria con misura di Lebesguenulla.

Dimostriamo ora che f (C∞) e di prima categoria ed ha misura di Lebesguenulla in Rn.

Fissiamo un cubo Q, di lato r > 0, contenuto in A e sia Qi,N1≤i≤Nm una suasuddivisione in Nm cubi di lato r/N. Per ogni N sia IN l’insieme degli indici i percui Qi,N ∩C∞ , ∅.

Fissiamo un intero positivo ` con n(`+ 1) > m. Poiche tutte le derivate parzialidi f si annullano identicamente su C∞, per ogni intero positivo ` possiamo trovare3

un intorno aperto U` di Q ∩C∞ in A tale che :

(1.2) |∇ f (x)| ≤ dist(x,Q ∩C∞)`, ∀x ∈ U`.

Poiche dist(Q ∩C∞,U`) = δ > 0,

Qi,N ⊂ U`, ∀N > r/δ, i ∈ IN ,

e percio otteniamo che

|∇ f (x)| ≤ (r√

m/N)`, se N > r/δ, ed x ∈⋃

i∈INQi,N .

Da questa diseguaglianza ricaviamo che

diam( f (Qi,N)) ≤ (r√

m/N)`+1 se N > r/δ, i ∈ IN .

Quindi, se ωn e il volume della palla unitaria di Rn, abbiamo, per ogni N > r/δ,

vol( f (K ∩C∞) ≤∑

i∈INvol( f (Qi,N)) ≤ Nmωn(r

√m/N)n(`+1).

Poiche n(` + 1) > m, il secondo membro di questa diseguaglianza tende a 0 perN → ∞. Quindi vol( f (Q ∩ C∞)) = 0 e percio f (Q ∩ C∞) e un chiuso con parteinterna vuota.

Poiche C∞ e unione numerabile di compatti Q ∩ C∞, con Q cubo chiuso inA, l’insieme f (C∞) e di prima categoria ed ha misura di Lebesgue nulla, percheunione numerabile di insiemi di prima categoria con misura di Lebesgue nulla. Ladimostrazione e completa.

Osservazione 4.5. Dalla dimostrazione si puo osservare come it teorema rimangavalido sotto l’ipotesi piu debole che f sia di classe C k con kn > m.

3Se ψ ∈ C k+1((−a, a),R) si annulla in 0 con tutte le sue derivate fino all’ordine k, allora

ψ(x) =1k!

∫ x

0(x − t)kψ(k+1)(t)dt, ∀x ∈ (−a, a).

In particolare, se |ψ(k+1)(x)| ≤ L per |x| ≤ b < a, abbiamo

|ψ(x)| ≤ L|x|k, ∀x ∈ (−b, b).

Otteniamo la diseguaglianza (1.2) applicandola alla restrizione di ciascuna defivata parziale prima dif ai segmenti uscenti da un punto di C∞.

Page 80: Nacinovich - Geometria differenziale

80 4. IL LEMMA DI MORSE-SARD

2. Il teorema di Sard per varieta differenziabili

Siano M, N varieta differenziabili di classe C k, con k ≥ 1, di dimensioni m, nrispettivamente, ed f ∈ C k(M,N) un’applicazione differenziabile di classe C k. Unpunto p che sia critico per la rappresentazione di f in un sistema di coordinatelocali in p ed in f (p), lo e anche per la sua rappresentazione rispetto a qualsiasialtro sistema di coordinate locali.

Possiamo quindi definire senza ambiguita l’insieme C( f ) dei punti critici di fin M e l’insieme CV( f ) dei valori critici di f in N.

Definizione 4.2. Diciamo che un punto p ∈ M e un punto critico (rispettivamentepunto regolare) di un’applicazione differenziabile f : M → N, di classe C k, conk ≥ 1, se, rispetto a coordinate locali x in un intorno U di p in M ed y in un intornoV di f (U) in N, il punto x(p) e critico (rispettivamente regolare) per la

y f x−1 : x(U) ⊂ Rm → y(V) ⊂ Rn.

L’insieme dei valori regolari di f e il complementare in f (M) dell’insiemeCV( f ) dei valori critici.

Se q ∈ f (M) ⊂ N e un valore regolare, allora f −1(q) e una sottovarieta(globalmente) chiusa di M, differenziabile di classe C k, di dimensione m − n.

Usando atlanti formati da un insieme al piu numerabile di elementi otteniamoimmediatamente:

Lemma 4.6. Sia f : M → N un’applicazione differenziabile di classe C 1 tradue varieta differenziabili di classe C k, con k ≥ 1, di dimensioni m ed n, ri-spettivamente. Se m < n, allora f (M) e un sottoinsieme di prima categoria diN.

Teorema 4.7 (Lemma di Sard). Siano M ed N varieta differenziabili di classe C∞.Allora, per ogni applicazione f : M → N di classe C∞, CV( f ) e un insieme diprima categoria in N.

Osservazione 4.8. Possiamo introdurre sulla varieta differenziabile N una misurapositiva n dimensionale µ, con la condizione che il suo pull-back rispetto a ciascu-na carta locale sia un multiplo, rispetto ad una funzione di densita di classe C∞,della misura di Lebesgue in Rn. Un modo per costruire la µ e il seguente. Fis-siamo un ricoprimento aperto localmente finito Uii∈I di N mediante gli aperti diun atlante (Ui, xi)i∈I di N, di classe C∞. Sia φi una partizione dell’unita su N,con funzioni φi ≥ 0, subordinata al ricoprimento Uii∈I . Definiamo la misura µmediante l’integrale delle funzioni continue a supporto compatto, ponendo :∫

Ng dµ =

∑i∈I

∫xi(Ui)

g(x−1i ) φi(x−1

i ) dλn , ∀g ∈ C 0c (N,R) ,

ove λn e la misura di Lebesgue n-dimensionale in Rn.Vale allora il Lemma di Sard nella formulazione :

Teorema 4.9. Se f : M → N e un’applicazione differenziabile di classe C∞,allora l’insieme CV( f ) dei valori critici di f e µ-misurabile ed ha misura nulla.

Page 81: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 5

Teoremi di approssimazione e d’immersione

1. Il teorema d’immersione di Whitney

Dimostriamo in questo paragrafo che ogni varieta differenziabile M di dimen-sione m e diffeomorfa ad una sottovarieta propria di R2m+1.

Premettiamo alcuni risultati relativi ad applicazioni differenziabili tra spaziEuclidei.

2. Alcuni teoremi di approssimazione per applicazioni differenziabili

Premettiamo alcuni risultati relativi ad applicazioni differenziabili tra spaziEuclidei.

Ricordiamo che‖A‖ =

√traccia(A∗A)

e una norma Hermitiana sullo spazio M(n,m;C) delle matrici complesse n × m ela sua restrizione al sottospazio M(n,m;R) delle matrici reali una norma Euclidea.L’applicazione M(n,m;C) 3 A→ A∗ ∈ M(m, n;C) e un’isometria anti-C-lineare.

Lemma 5.1. Sia Ω un aperto di Rm, n un intero ≥ 2m, ed f : Ω → Rn, un’appli-cazione differenziabile di classe C 2. L’insieme delle matrici reali A ∈ M(n,m;R)per cui l’applicazione

Ω 3 x −→ fA(x) = f (x) + Ax ∈ Rn

sia un’immersione differenziabile in ogni punto x ∈ Ω e un sottoinsieme denso diseconda categoria in M(n,m;R) ' Rmn.

Dimostrazione. Nei punti x ∈ Ω in cui la fA non e un’immersione, la matriceB = Jf (x) + A ha rango minore di m, cioe A = B − Jf (x) per una matrice B dirango minore di m. Per ogni 0 ≤ k < m, le matrici n × m di rango k formano unasottovarieta differenziabile localmente chiusa M(n,m; k;R) di M(n,m;R) ' Rmn,di dimensione k(n + m − k) (vedi l’esempio 3.13 del Capitolo 3). L’applicazione:

Fk : Ω ×M(n,m; k;R) 3 (x, B)→ A = B − J f (x) ∈ M(n,m;R) ' Rmn

e differenziabile di classe C 1, definita su una varieta differenziabile di dimensionem + k(n + m − k) ed a valori in una varieta differenziabile di dimensione mn.

La k → m + k(n + m − k) e crescente per 2k < n + m ed, in particolare, perk < m. Percio, poiche abbiamo supposto che n ≥ 2m, abbiamo

m + k(n + m − k) ≤ m + (m − 1)(n + 1) = mn + 2m − n − 1 < mn, per 0 ≤ k < m.

81

Page 82: Nacinovich - Geometria differenziale

82 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

Per il Lemma 4.6 del Capitolo 4, l’immagine di Fk e di prima categoria in Rmn.Quindi anche l’unione delle immagini delle Fk, per 0 ≤ k < m, e un sottoinsiemedi prima categoria in M(n,m;R). Ne segue che le A ∈ M(n,m;R) per cui fA siaun’immersione in ogni punto x ∈ Ω e il complementare di un insieme di primacategoria, ed in particolare e denso in ogni aperto di M(n,m;R).

Lemma 5.2. Siano Ω un aperto di Rm, n un intero ≥ m, f : Ω → Rn un’applica-zione differenziabile di classe C 1, K e K′ compatti con

K′ ⊂ K ⊂ Ω,

rank Jf (x) = m, ∀x ∈ K,

f (x1) , f (x2), se x1, x2 ∈ K′ ed x1 , x2.

Allora, possiamo trovare reali ε > 0, ε′ > 0, e, fissato r con 0 < r < dist(K,Ω),un ε′′ > 0 tali che

(1) se g ∈ C 1(Ω,Rn) e ‖Jg(x)‖ < ε per ogni x ∈ K, allora f + g e un’immer-sione differenziabile in tutti i punti di K;

(2) Se g ∈ C 0(Ω,Rn) soddisfa la diseguaglianza |g(x) − g(y)| ≤ ε′|x − y| perx, y ∈ K′, allora la restrizione di ( f + g) a K′ e iniettiva;

(3) se g ∈ C 1(Ω,Rn) e |g(x)| + ‖Jg(x)‖ < ε′′ quando dist(x,K) < r, alloraf + g e un’immersione in tutti i punti di K ed iniettiva su K′.

Dimostrazione. (1) Il minimo autovalore µ(x) della matrice simmetrica

(Jf (x))∗Jf (x)

e una funzione continua e, per ipotesi, positiva in ogni punto x di K. Sara quindi

|J f (x)v|2 ≥ µ0|v|2, ∀x ∈ K, ∀v ∈ Rm,

conµ0 = minx∈Kµ(x) > 0.

Fissiamo ε =√µ0/4. Se g ∈ C 1(Ω,Rn) e ‖Jg(x)‖ < ε per ogni x ∈ K, allora

|Jg(x)v|2 ≤ (µ0/4)|v|2 per x ∈ K e v ∈ Rm ed otteniamo quindi

|(J f (x) + Jg(x))v| ≥ |J f (x)v| − |Jg(x)v| ≥ ε |v|, ∀x ∈ K, ∀v ∈ Rm,

e dunque f + g e un’immersione differenziabile in ogni x ∈ K. Questo dimostra ilpunto (1).

Premettiamo alla dimostrazione di (2) il

Lemma 5.3. Sia Ω un aperto di Rm ed f : Ω→ Rn un’immersione differenziabiledi classe C 1 in tutti i punti di un compatto K contenuto in Ω. Esistono allora duecostanti positive c, r tali che

posto Kr = x ∈ Rm | dist(x,K) < r b Ω, risulti| f (x1) − f (x0)| ≥ c |x1 − x0|, ∀x0, x1 ∈ Kr, con |x1 − x0| ≤ r.(∗)

Page 83: Nacinovich - Geometria differenziale

2. ALCUNI TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE PER APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI 83

Dimostrazione. Siano µ0 > 0 un limite inferiore per il minimo autovalore µ(x)della matrice simmetrica (J f (x))∗J f (x) sul compatto K ed r0 > 0 una costantepositiva tale che K2r0 b Ω e µ(x) > µ0/4 se x ∈ K2r0 . Siano x0, x1 ∈ R

m. Sex0 ∈ Kr0 ed |x0 − x1| < r0, allora tutto il segmento di estremi x0 ed x1 e contenutoin K2r0 ⊂ Ω ed abbiamo, con xt = x0 + t(x1 − x0),

f (x1) − f (x0) =

∫ 1

0

ddt

f (xt)dt =

∫ 1

0J f (xt)(x1 − x0)dt.

Poiche J f (x) e uniformemente continua su C0, potremo ancora trovare unnumero reale r, con 0 < r ≤ r0, tale che

‖J f (x) − J f (x′)‖ <√µ0

16, se x, x′ ∈ K2r0 , |x − x′| < r.

Otteniamo quindi che, se x0, x1 ∈ Kr ed |x1 − x0| < r, allora

| f (x1) − f (x0)| =

∣∣∣∣∣∣∫ 1

0J f (xt)(x1 − x0)dt

∣∣∣∣∣∣≥ |J f (x0)(x1 − x0)| −

∫ 1

0‖J f (xt) − J f (x0)‖ · |x1 − x0|dt

õ0

4|x1 − x0|,

e quindi la (∗), con c =√µ04 .

Dimostriamo ora la (2) del Lemma 5.2. Per il Lemma 5.7 esistono c > 0 edr > 0 tali che valga la (∗). L’insieme

E = (x0, x1) ∈ K′ × K′ | |x0 − x1| ≥ r

e compatto in Rm × Rm e quindi la funzione continua

F(x0, x1) = | f (x1) − f (x0)|/|x1 − x0|,

che e definita e continua su E, ammette un minimo positivo c′. Otteniamo quindi,con κ = minc, c′ > 0,

| f (x1) − f (x0)| ≥ κ |x1 − x0|, ∀x0, x1 ∈ K′.

Se g : Ω → Rn soddisfa |g(x1) − g(x0)| < κ |x1 − x0| per x0, x1 ∈ K′, avremo, perx0 , x1 ∈ K′:

|( f (x1) + g(x1)) − ( f (x0) + g(x0))| ≥ | f (x1) − f (x0)| − |g(x1) − g(x0)|≥ κ |x1 − x0| − |g(x1) − g(x0)| > 0,

che mostra come ( f +g) sia ancora iniettiva su K′. Premettiamo alla dimostrazionedel punto (3) dell’enumciato del Lemma 5.2 il seguente

Lemma 5.4. Sia Ω un aperto di Rm, K un compatto contenuto in Ω ed r un numeroreale positivo tale che Kr = x ∈ Rm | dist(x,K) < r b Ω. Allora:

Page 84: Nacinovich - Geometria differenziale

84 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

(1) esiste una costante L > 0 tale che, per ogni coppia di punti p0, p1 ∈

Rm che appartengano alla stessa componente connessa di K esista unasuccessione finita di punti x0, x1, . . . , xk ∈ K tali che

x0 = p0, xk = p1,

[x j−1, x j] ⊂ Kr ⊂ Ω, per j = 1, . . . , k,∑k

j=1|x j − x j−1| ≤ L|p1 − p0|.

(2) Fissato ε > 0, esiste un ε′′ > 0 tale che, per ogni g ∈ C 1(Ω,Rn) con‖Jg(x)‖ < ε′′ per x ∈ Kr, risulti

|g(p1) − g(p0)| < ε|p1 − p0|

se p0, p1 appartengono alla stessa componente connessa di K.

Dimostrazione. (1) Se 0 < δ < r/2, l’insieme Kδ = x ∈ Rm | dist(x,K) ≤ δe un compatto contenuto in Kr ed ha solo un numero finito di componenti connes-se. Sostituendo quindi Kδ a K, se necessario, possiamo supporre che K abbia unnumero finito di componenti connesse, e limitare ancora la discussione al caso incui K sia connesso. Allora Kr e connesso per archi e quindi ogni coppia di punti diK puo essere congiunta da una spezzata poligonale contenuta in Kr. La

(∗) δ(p, q) = inf∑k

j=1|x j − x j−1|,

dove l’estermo inferiore e calcolato su tutte le poligonali spezzate

[x0, x1, . . . , xk], con x0 = p, xk = q, [x j−1, x j] ⊂ Kr per j = 1, . . . , k,

definisce una distanza su K. Abbiamo

δ(p, q) = |p − q| se p, q ∈ K e |p − q| < r.

Pertanto la funzione

F(p, q) =δ(p, q)|p − q|

e definita e continua, e quindi limitata superiormente da una costante L > 1 sulcompatto (p, q) ∈ K × K | |p − q| ≥ r. Per (∗), otteniamo allora la (1).

La (2) segue dalla (1), scegliendo ε′′ > 0 in modo che sia Lε′′ < ε.

Dimostriamo infine la (3) del Lemma 5.2. Fissati due numeri reali ε′, r > 0,con r > dist(K′,Ω), possiamo trovare un ε′′ > 0 sufficientemente piccolo affincheogni funzione g : Ω→ Rn di classe C 1 che soddisfi ‖Jg(x)‖ < ε′′ se dist(x,K′) ≤ r,soddisfi anche la diseguaglianza |g(x) − g(y)| ≤ ε′|x − y| quando x, y appartenganoalla stessa componente connessa di K′. Fisseremo inoltre ε′′ in modo tale che| f (x) − f (y)| > 3ε′′ se x, y appartengono a diverse componenti connesse di K′.Poiche |g(x)| < ε′′ se x ∈ K′, avremo allora

|( f (x) + g(x)) − ( f (y) + g(y))| ≥ | f (x) − f (y)| − |g(x)| − |g(y)| > ε′′ > 0

se x ed y appartengono a diverse componenti connesse di K′. In questo modo anchel’ultima affermazione del Lemma risultera verificata.

Page 85: Nacinovich - Geometria differenziale

3. IL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY 85

3. Il teorema d’immersione di Whitney

Prima di enunciare e dimostrare il Teorema d’immersione di Whitney, e con-veniente definire un’opportuna topologia sullo spazio vettoriale reale C∞(M,Rn)delle applicazioni differenziabili di una varieta differenziabile M nello spazio Eu-clideo Rn.

Definiamo innanzi tutto la topologia di C∞(Ω,Rn), nel caso in cui Ω sia unaperto dello spazio Euclideo Rm. Per ogni compatto K ⊂ Ω ed ogni intero nonnegativo m introduciamo la seminorma1:

‖ f ‖K,m = supx∈K

sup|α|≤m

∣∣∣Dα f (x)∣∣∣.

Fissiamo ora una successione Kνν∈N di compatti di Ω, con Kν ⊂ int(Kν+1),⋃ν Kν =

Ω e definiamo, per f , g ∈ C∞(Ω,Rn) :

dist( f , g) =

∞∑ν=0

2−ν‖ f − g‖Kν,ν

1 + ‖ f − g‖Kν,ν.

Si verifica che questa e una distanza su C∞(Ω,Rn), che induce la topologia dellaconvergenza uniforme delle funzioni con tutte le loro derivate parziali sui compat-ti di Ω, e che, con questa distanza, C∞(Ω,Rn) e uno spazio metrico completo equindi, in particolare, uno spazio di Baire.

Dal Lemma 5.1 ricaviamo

Corollario 5.5. Sia Ω un aperto di Rm ed n un intero ≥ 2m. Allora l’insieme dellef ∈ C∞(Ω,Rn) che non sono immersioni differenziabili e di prima categoria.

Dimostrazione. Sia Kν una successione di compatti con ∪νKν = Ω. Per ogniintero positivo k l’insieme

Gν = f ∈ C∞(Ω,Rn) | ∃x ∈ Kν t.c. rank Jf (x) < m

e chiuso. Sia infatti fa | a ∈ N una successione di Gν convegente in C∞(Ω,Rn).Per ogni a ∈ N esistono un punto xa ∈ Kν ed un vettore va ∈ R

m con |va| = 1 ed fa(xa)va = 0. Poiche Kν × S m−1 compatto, a meno di passare ad una sottosucces-sione possiamo supporre che xa → x∞ ∈ Kν e va → v∞ ∈ S m−1. Se f∞ e il limite di fa in C∞(Ω,Rn), avremo J f∞(x∞)v∞ = 0. Questo dimostra che f∞ ∈ Gν. PercioGν e chiuso in C∞(Ω,Rn).

Per il Lemma 5.1 l’insieme Gν non ha punti interni e quindi l’insieme delle f diC∞(Ω,Rn) che non sono immersioni differenziabili in qualche punto di Ω, essendouguale all’unione numerabile

⋃ν∈NGν, e della prima categoria di Baire.

Consideriamo ora il caso in cui M sia una varieta differenziabile di classe C∞,numerabile all’infinito. Fissiamo un atlante localmente finito Uα, xα) | α ∈ I diM, con I ⊂ N, e gli Uα localmente compatti in M, ed un raffinamento U′α di Uα

1Una seminorma su uno spazio vettoriale reale V e un’applicazione p : V → R a valori nonnegativi, positivamente omogenea di grado uno e subadditiva. A differenza della norma, non sirichiede a una seminorma la proprieta che p(v) = 0 implichi v = 0.

Page 86: Nacinovich - Geometria differenziale

86 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

con U′α b Uα. Poniamo Kα = xα(U′α). Possiamo allora definire una distanza suC∞(M,Rn) mediante

dist( f , g) =∑∞

ν=02−ν

∑α≤ν‖ f x−1

α − g x−1α ‖Kα,ν

1 +∑α≤ν‖ f x−1

α − g x−1α ‖Kα,ν

, ∀ f , g ∈ C∞(M,Rn).

Si verifica che con questa distanza C∞(M,Rn) e uno spazio metrico completo, equindi di Baire. La topologia indotta dalla distanza e, per la rappresentazione delleapplicazioni nelle carte locali, quella della convergenza uniforme sui compatti dellefunzioni e di tutte le loro derivate.

Otteniamo allora:

Corollario 5.6. Siano M una varieta differenziabile di dimenione m ed n un intero≥ 2m. Per ogni compatto K di M, l’insieme delle applicazioni f ∈ C∞(M,Rn) chesono immersioni differenziabili in ogni punto di K formano un aperto denso.

Se inoltre M e numerabile all’infinito, allora l’insieme delle applicazioni f ∈C∞(M,Rn) che sono immersioni differenziabili in tutti i punti di M e un sottoinsie-me denso di seconda categoria.

Dimostrazione. Sia A = Uα, xα)α∈I un atlante di M, con Uα b M per ogniα, ed Uα localmente finita. Fissiamo un raffinamento U′α di Uα con U′α b Uα

e sia Kα = U′α. Allora l’insieme Gα delle f ∈ C∞(M,Rn) che non sono immer-sioni differenziabili in qualche punto p ∈ Kα formano un sottoinsieme chiuso diC∞(M,Rn). Dimostriamo che Gα non ha punti interni. A questo scopo, se f0 ∈ Gα,applichiamo il Lemma 5.1 alla funzione

f0,α : xα(Uα) 3 x→ f0 x−1α ∈ R

n.

Per ogni ε > 0 possiamo trovare una matrice reale Aε , di tipo n × m, con ‖Aε‖ < ε,tale che la

xα(Uα) 3 x→ f0,α + Aε x ∈ Rn

sia un’immersione differenziabile in ogni punto x di xα(Uα). Introduciamo unafunzione reale χ, di classe C∞ in Rm, costantemente uguale ad 1 in un intornodi xα(Kα) ed uguale a 0 fuori di un altro intorno compatto di xα(Kα) in xα(Uα).Poniamo allora

fε(p) =

f0(p) se p ∈ Uα,

f0(p) + χ(xα(p))Aε xα(p) se p ∈ Uα.

Allora le fε non appartengono a Gα se ε > 0 e limε→0 fε = f0 in C∞(M,Rn). Ciodimostra che, per ogni α ∈ I, i chiusi Gα hanno parte interna vuota.

Se K e un compatto di M, l’insieme FK delle f ∈ C∞(M,Rn) che non sonoimmersioni differenziabili in qualche punto di K e un chiuso di C∞(M,Rn) con-tenuto in F ′

K =⋃

Uα∩K,∅Gα. Poiche F ′K e un’unione finita di chiusi con parte

interna vuota, e esso stesso un chiuso con parte interna vuota. Questo dimostra laprima affermazione del corollario.

Page 87: Nacinovich - Geometria differenziale

3. IL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY 87

Supponiamo ora che M sia numerabile all’infinito. Allora il ricoprimentoUαα∈I e numerabile e l’insieme delle f ∈ C∞(M,Rn) che non sono immersio-ni differenziabili in qualche punto di M e l’unione numerabile

⋃α∈IGα, e dunque

della prima categoria di Baire.

Vale ancora il seguente

Lemma 5.7. Siano M una varieta differenziabile di dimensione m ed n un interocon n > 2m. Per ogni v ∈ S n−1 ⊂ Rn sia πv : Rn → v⊥ ' Rn−1 la proiezioneortogonale.

Se f ∈ C∞(M,Rn) e un’immersione differenziabile, allora l’insieme dei vettoriv ∈ S n−1 ⊂ Rn per cui πv f non sia un’immersione differenziabile e di primacategoria in S n−1.

Dimostrazione. Se (U, x) e una carta locale in p ∈ M, la f x−1 definisce unasottovarieta parametrica m-dimensionale f (U) di Rn. Sia Vp lo spazio tangente adf (U) in f (p). Esso non dipende dalla scelta della carta locale. Si verifica che l’u-nione disgiunta N =

⊔p∈M(Vp ∩ S n−1) e una varieta differenziabile2 di dimensione

2m − 1. Consideriamo l’applicazione differenziabile

ψ : N 3 (p, v) −→ v ∈ S n−1.

La condizione che πv f non sia un’immersione equivale al fatto che v appartengaa ψ(N). Poiche n > 2m, l’immagine di ψ e di prima categoria in S n−1.

Dimostriamo ora il :

Teorema 5.8 (Whitney). Sia M una varieta differenziabile di classe C∞, para-compatta, numerabile all’infinito, di dimensione reale m. Esiste allora un’immer-sione differenziabile f : M → R2m, che e anche un’applicazione propria, ed undiffeomorfismo g : M → N ⊂ R2m+1 di M su una sottovarieta propria N di R2m+1.

Dimostrazione. Sia n ≥ 2m.Per il Corollario 5.6 le funzioni f ∈ C∞(M,Rn) che sono immersioni differen-

ziabili in ogni punto di M formano un sottoinsieme denso della seconda categoriadi Baire in C∞(M,Rn).

Se M e compatta, ogni applicazione differenziabile f : M → Rn e propria3.Se M non e compatta, fissiamo una successione Kνν∈N di compatti di M, conKν ⊂ Kν+1 ed M =

⋃νKν. Sia h ∈ C∞(M) una funzione reale con

h(p) > ν + supKν

| f | se p ∈ Kν \ Kν−1.

2Possiamo definire su M =⊔

p∈MVp una struttura di varieta differenziabile di dimensione 2massociando ad ogni carta locale (U, x) di M una carta locale (U, x) di M definita come l’inversadell’applicazione

x(U) × Rm 3 (x1, . . . , xm, v1, . . . , vm)→(x−1(x1, . . . , xm),

∑m

i=1vi ∂( f x−1)

∂xi

)∈ U ⊂ M.

Osserviamo che M si puo considerare una sottovarieta del prodotto M × Rn ed N e l’intersezione diM con M × S n−1. La varieta M e diffeomorfa allo spazio tangente T M definito nel Capitolo 6.

3 Chiamiamo propria un’applicazione continua Φ : X → Y tra due spazi topologici X ed Y chetrasformi chiusi di X in chiusi di Y e per cui Φ−1(K) sia compatto per ogni compatto K di Y .

Page 88: Nacinovich - Geometria differenziale

88 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

La

g : M 3 p −→ ( f (p), h(p)) ∈ Rn+1

e ancora un’immersione differenziabile. Per il Lemma 5.7 possiamo trovare unvettore w = (w′,wn+1) ∈ S n tale che |w′| > 4

5 e πw g sia ancora un’immersionedifferenziabile. L’ortogonale w⊥ contiene il vettore

v = (v′, vn+1) =(− wn+1 w′

|w′|, |w′|

)∈ S n,

con vn+1 > 45 , |v′| < 3

5 . Otteniamo percio

(g(p)|v) =∑n

i=1f i(p)vi + h(p)vn+1 > 4

5 h(p) − 35 sup

| f | > 45ν su Kν \ Kν−1,

e quindi la πw g e propria.

Sia ora n > 2m.Fissiamo un’immersione differenziabile propria f ∈ C∞(M,Rn) ed un atlante

numerabile localmente finito A = (Ua, xa)a∈A, A ⊂ N, di M, con aperti Uarelativamente compatti in M, ed una successione U′a aperti di M con U′a b Ua ed⋃

a U′a = M.Per il Lemma 5.3, possiamo scegliere l’atlante A in modo che la restrizione di

f a ciascuno dei compatti Ua sia iniettiva.Poiche f e propria, abbiamo una successione crescente di numeri reali rν con

supν rν = +∞ ed

| f (p)| > ra, ∀p ∈ Ua, ∀a ∈ A.

Poniamo

Fν =⋃a<ν

U′a

e fissiamo una partizione dell’unita χa di classe C∞ di M, subordinata al ricopri-mento Ua, con χa > 0 su U′a.

Dico che e possibile determinare una successione di vettori va ⊂ Rn tale che

per ogni intero positivo ν, la

fν = f +∑a<ν

vaχa

sia

• un’immersione in ogni punto di M;• iniettiva su Fν e su ogni Ua, per a ∈ A;• soddisfi | fν(p)| > ra per p ∈ Ua, a ∈ A.

Ragioniamo per ricorrenza su ν. Per ν = 0, abbiamo Fν = ∅ e quindi f0 = fsoddisfa le condizioni richieste.

Supponiamo di aver costruito fν, per qualche ν ≥ 0, ν ∈ A. L’insieme

Dν = (p, q) ∈ M × M | χν(p) , χν(q)

Page 89: Nacinovich - Geometria differenziale

4. RETRATTI DIFFERENZIABILI D’INTORNO 89

e un aperto di M ×M e quindi una varieta differenziabile di classe C∞ e di dimen-sione 2m. Poiche 2m < n, per il Lemma di Sard l’applicazione

Dν 3 (p, q)→fν(p) − fν(q)χν(q) − χν(p)

∈ Rn

ha immagine di prima categoria in Rn ed e dunque possibile trovare un vν arbitra-riamente piccolo tale che

fν(p) − fν(q)χν(p) − χν(q)

, vν, ∀(p, q) ∈ D.

Pur di scegliere vν sufficientemente piccolo, per il Lemma 5.2 la funzione fν+1 =

fν + vνχν sara ancora un’immersione differenziabile in ogni punto di M, iniettivasu Fν e su tutte le Ua e soddisfera ancora la | fν+1| > ra su Ua.

Resta da verificare che fν+1 sia iniettiva su Fν+1. Siano p, q ∈ Fν+1 confν+1(p) = fν+1(q). Consideriamo i diversi casi possibili.

χν(p) = 0, χν(q) = 0. In questo caso p, q ∈ Fν ed fν(p) = fν+1(p), fν+1(q) =

fν(q) e quindi(p, q ∈ Fν, fν+1(p) = fν+1(q)

)⇒

(p, q ∈ Fν, fν(p) = fν(q)

)⇒

(p = q

)perche fν e iniettiva su Fν.

χν(p) = 0, χν(q) > 0. In questo caso e ovvio che p , q perche la funzione χνassume nei due punti valori distinti.

χν(p) > 0, χν(q) > 0. Allora p, q ∈ Uν e quindi p = q perche abbiamo sceltovν sufficientemente piccolo perche fν+1 fosse iniettiva su Uν.

Poniamof∞ =

∑a∈A

vaχa(p).

La f∞ cosı definita e un’immersione iniettiva e propria (un’inclusione differenzia-bile propria) di M in Rn.

Osservazione 5.9. Utilizzando il Teorema d’immersione di Whitney, e possibi-le definire una topologia metrizzabile sullo spazio C∞(M,N) delle applicazio-ni differenziabili definite sulla varieta differenziabile M ed a valori nella varietadifferenziabile N nel modo seguente.

Fissata un’immersione differenziabile iniettiva e propria N → R`, che cipermetta di identificare N ad una sottovarieta propria di R`, potremo considera-re C∞(M,N) come il sottospazio chiuso di C∞(M,R`) formato dalle f per cuif (M) ⊂ N.

4. Retratti differenziabili d’intorno

Introduciamo innanzi tutto la definizione di retratto differenziabile d’intorno.

Definizione 5.1. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed N una suasottovarieta differenziabile localmente chiusa, di dimensione n ≤ m.

Diciamo che N e un retratto d’intorno in M se vi sono un intorno aperto U diN in M ed una sommersione differenziabile $ : U → N tale che $(p) = p perogni p ∈ N.

Page 90: Nacinovich - Geometria differenziale

90 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

Consideriamo innanzi tutto il caso di una sottovarieta di uno spazio Euclideo.

Proposizione 5.10 (intorno tubolare). Sia N una sottovarieta differenziabile pro-pria di Rm, di dimensione n < m. Per ogni intorno aperto U di N in Rm esiste unafunzione reale positiva ρ ∈ C∞(N) tale che

Uρ =⋃

x∈My ∈ Rm | |y − x| < ρ(x) ⊂ U,

∀x ∈ Uρ, ∃!y = $(x) ∈ N0 tale che |x − y| = dist(x,N0),

$ ∈ C∞(Uρ,N0).

Dimostrazione. Sia k = m − n. Per ogni punto p ∈ N esiste un intorno apertoUp di p in Rm e funzioni f 1, . . . , f k ∈ C∞(Up) tali che

N ∩ Up = x ∈ Up | f 1(x) = 0, . . . , f k(p) = 0.

L’applicazione

Up × Rk 3 (x; t1, . . . , tk) −→ x +

∑k

i=1ti∂ f i

∂x∈ Rm

ha differenziale invertibile in (p, 0). Per il teorema delle funzioni implicite essadefinisce quindi un diffeomorfismo ψp di un intorno Wp × ωp di (p, 0) in N × Rk

su un intorno Up di p in Rm. La sua inversa, composta con la proiezione pN :N × Rk → N, e un’applicazione $p : Up → Wp, che coincide con la proiezioneortogonale su N in un intorno Vp di p in Up. E cioe

∀x ∈ Vp, |x −$p(x)| = dist(x,N) e |x − y| > dist(x,N), ∀y ∈ N.

Risulta quindi definita su Ω =⋃

p∈NVp la proiezione ortogonale $ : Ω → Nmediante $(x) = $p(x) su Vp. Per la scelta delle Vp, abbiamo |x − $(x)| =

dist(x,N) per ogni x ∈ Ω.La funzione δ(x) = dist(x,(Ω∩U)) e continua e positiva su N. Per il Teorema

3.23 del Capitolo 3 esiste allora una funzione ρ ∈ C∞(N0) tale che 12δ(x) < ρ(x) <

δ(x) su N0. La funzione ρ soddisfa la tesi.

Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney e la Proposizione 5.10, dimo-striamo

Teorema 5.11. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed N una suasottovarieta differenziabile di dimensione n < m, localmente chiusa in M. AlloraN e un retratto differenziabile d’intorno in M.

Dimostrazione. Poiche una sottovarieta localmente chiusa di M e una sottova-rieta propria di un aperto M0 di M, possiamo supporre nella dimostrazione che Nsia una sottovarieta propria di M.

Per il teorema d’immersione di Whitney, possiamo trovare un intero `, con m ≤` ≤ 2m + 1, ed un diffeomorfimso ψ : M → M0 ⊂ R

` di M con una sottovarietapropria M0 di R`. Allora N0 = ψ(N) e una sottovarieta propria di M0 e quindi di R`.

Per la Proposizione 5.10, N0 ha un intorno tubolare W in R` in cui la proiezioneortogonale πN : W → N e ben definita ed e una sommersione differenziabile. Posto

Page 91: Nacinovich - Geometria differenziale

5. ALCUNI TEOREMI D’APPROSSIMAZIONE 91

U = ψ−1(W), possiamo allora definire una retrazione differenziabile $ : U → Nmediante il diagramma commutativo

−−−−−→ W

$

y yπN0

N −−−−−→ψ

N0.

5. Alcuni teoremi d’approssimazione

Il teorema d’immersione di Whitney e il Teorema 5.11 ci permettono di dimo-strare il seguente teorema di approssimazione:

Teorema 5.12 (di approssimazione). Siano M ed N due varieta differenziabili edf : M → N un’applicazione continua. Allora esiste un’omotopia

F : M × [0, 1] −→ N, tale cheF(p, 0) = f (p), ∀p ∈ M,F|M×(0,1] ∈ C∞(M × (0, 1],N).

Dimostrazione. Per il teorema d’immersione di Whitney, M ed N ammettonoinclusioni differenziabili

Mφ−→ φ(M) = M0 → Rm0 , N

ψ−→ ψ(N) = N0 → Rn0 ,

con m ≤ m0 ≤ 2m+1, n ≤ n0 ≤ 2n+1.Possiamo estendere f0 = ψ f φ−1 ∈ C 0(M0,N0) ad una funzione continua

f0 ∈ C 0(Rm0 ,Rn0).Per la Proposizione 5.10, esiste una funzione positiva r ∈ C∞(M) tale che,

postoVr =

⋃y∈N0

B(y, r(y)),

vi sia una sommersione differenziabile π ∈ C∞(Vr,N0) con |y − π(y)| = dist(y,N0)per ogni y ∈ Vr.

Per ogni x ∈ M0 sia τ(x) un numero reale positivo tale che

f0(ξ) ∈ B( f0(x), 13 r( f0(x))) se |ξ − x| < τ(x).

Per la Proposizione 5.10, possiamo trovare una funzione positiva ρ ∈ C∞(M0) taleche

Uρ =⋃

x∈M0B(x, ρ(x)) ⊂

⋃x∈M0

B(x, τ(x))

e vi sia una sommersione differenziabile $ ∈ C∞(Uρ,M0) con |x − $(x)| =

dist(x,M0) per ogni x ∈ Uρ.Sia χ ∈ C∞0 (Rm0), con χ ≥ 0, suppχ ⊂ B(0, 1),

∫χdx = 1.

Poniamo G(0, x) = f (x) e, per ogni 0 < t ≤ 1 definiamo

G(x, t) = (tρ(x))−m0

∫Rm0

f0(x − ξ)χ(

ξ

tρ(x)

)dξ = (tρ(x))−m0

∫Rm0

f0(ξ)χ(

x − ξtρ(x)

)dξ

Page 92: Nacinovich - Geometria differenziale

92 5. TEOREMI DI APPROSSIMAZIONE E D’IMMERSIONE

=

∫Rm0

f0(x − tρ(x)ξ)χ(ξ)dξ.

Otteniamo cosı una funzione G ∈ C 0(M × I,Rn0) ∩ C∞(M × (0, 1],Rn0). Inoltre,per la scelta di ρ, G(x, t) ∈ Vr per ogni (x, t) ∈ M × I. La Φ(x, t) = π G(x, t) equindi un’omotopia di f0 differenziabile su M× (0, 1]. La F = ψ−1 Φφ definiscel’omotopia cercata.

Esempio 5.1. Come conseguenza del teorema di approssimazione, in una va-rieta differenziabile connessa due punti qualsiasi possono essere congiunti con uncammino di classe C∞.

Abbiamo ancora

Teorema 5.13 (regolarizzazione dell’omotopia). Siano M ed N due varieta diffe-renziabili numerabili all’infinito, ed F : M × [0, 1] → N un’omotopia continuatra due applicazioni differenziabili f0, f1 : M → N. Allora esiste un’omotopiaΦ : M × [0, 1]→ N tra f0 ed f1 con Φ ∈ C∞(M × [0, 1],N).

Dimostrazione. Possiamo supporre che M ed N siano sottovarieta proprie dispazi Euclidei. Costruiamo allora una F : M × [0, 1] × [0, 1] → N, come nelladimostrazione del Teorema 5.12, mediante l’uso di mollificatori. Allora la Φ(x, t) =

F(x, t, t − t2) soddisfa le proprieta richieste.

Dall’esistenza degli intorni tubolari negli spazi Euclidei, ricaviamo:

Teorema 5.14. Siano M, S due varieta differenziabili e sia d una metrica chedefinisce la topologia di M.

(1) Esiste una funzione positiva δ ∈ C∞(M) tale che se f , g ∈ C 0(S ,M) ed( f (p), g(p)) < δ( f (p)) per ogni p ∈ S , allora f e g sono omotope traloro.

(2) Per ogni funzione positiva ε ∈ C 0(S ) ed ogni f ∈ C 0(S ,M) esiste unag ∈ C∞(S ,M) tale che d( f (x), g(x)) < ε(p) per ogni p ∈ S .

Page 93: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 6

Campi di vettori e spazio tangente

1. Campi di vettori e curve integrali sulle varieta

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m, di classe C∞, numerabileall’infinito. Denotiamo con E (M) l’algebra reale ed anello commutativo unitariodelle funzioni C∞, a valori reali, definite su M.

Definizione 6.1. Un campo di vettori su M e una derivazione dell’algebra E (M),cioe un’applicazione R-lineare

X : E (M)→ E (M)

che soddisfi l’identita di Leibnitz:

(1.1) X( f g) = gX( f ) + f X(g) ∀ f , g ∈ E (M) .

L’insieme X(M) dei campi di vettori su M e un E (M)-modulo unitario a sini-stra, con il prodotto definito da

(1.2) ( f X)(g) = f (X(g)), per f , g ∈ E (M), X ∈ X(M),

ed un’algebra di Lie reale con il prodotto di commutazione

(1.3) [X,Y]( f ) = X(Y( f )) − Y(X( f )) per X,Y ∈ X(M) , f ∈ E (M) .

Lemma 6.1. I campi di vettori X ∈ X(M) si annullano sulle funzioni costanti.

Dimostrazione. Indichiamo con c, per c ∈ R, la funzione costante che vale csu M. Abbiamo:

X(c) = X(c · 1) = c · X(1) + 1 · X(c) = 2 · X(c)

e quindi X(c) = 0.

Lemma 6.2. Sia X ∈ X(M). Se f ∈ E (M) ed f (p) = 0 per tutti i punti p di unaperto A di M, allora X( f )(p) = 0 per ogni p ∈ A. Abbiamo quindi :

(1.4) supp(X( f )) ⊂ supp( f ) ∀ f ∈ E (M) , ∀X ∈ X(M) .

Dimostrazione. Fissato un punto p ∈ A, siano U e V due aperti di M conp ∈ U b V b A, e sia φ una funzione di E (M) uguale a 0 in U ed uguale ad 1 suM \ V . Allora f = φ f e quindi:

X( f )(p) = X(φ f )(p) = φ(p)X( f )(p) + f (p)X(φ)(p) = 0.

Da questo lemma si ricava immediatamente:

93

Page 94: Nacinovich - Geometria differenziale

94 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Lemma 6.3. Sia X un campo di vettori su M; se f , g sono due funzioni di E (M)che assumono gli stessi valori su tutti i punti di un aperto A di M, allora :

X( f )(p) = X(g)(p) ∀p ∈ A .

Dimostrazione. Infatti f − g si annulla su A e quindi:X( f )(p) − X(g)(p) = X( f − g)(p) = 0 ∀p ∈ A .

Corollario 6.4. Se A e un aperto di M, per ogni X ∈ X(M) vi e uno ed un solocampo di vettori X |A ∈ X(A) tale che X |A f |A = (X f ) |A per ogni f ∈ E (M).

Ad ogni carta locale (U, x) in M possiamo associare campi di vettori ∂/∂x1,. . . , ∂/∂xm in X(U), definiti da :

(1.5)(∂

∂xi

)f =

∂[ f x−1]∂xi x , ∀ f ∈ E (U) .

In una carta locale, un campo di vettori si rappresenta come un operatore differen-ziale alle derivate parziali, omogeneo del prim’ordine. Vale infatti il

Lemma 6.5. Siano X ∈ X(M) ed (U, x) una carta locale in M. Allora :

(1.6) X |U =

m∑i=1

X(xi)(∂

∂xi

).

Dimostrazione. Data f ∈ E (U), sia f ∗ = f x−1 ∈ E (x(U)). Se x0 ∈ x(U),per ogni punto x di un intorno aperto Vx0 ⊂ x(U) di x0, stellato rispetto ad x0 :

f ∗(x) = f ∗(x0) +

∫ 1

0

d f ∗(x0 + t(x − x0))dt

dt

= f ∗(x0) +

m∑i=1

(xi − xi0) f ∗i (x), con

f ∗i (x) =

∫ 1

0

∂ f ∗

∂xi (x0 + t(x − x0)) dt ∈ E (Vx0) .

Con x0 = x(p0) abbiamo

f ∗i (x0) =∂ f ∗(x0)∂xi =

[(∂

∂xi

)f]

(p0)

Page 95: Nacinovich - Geometria differenziale

2. VETTORI TANGENTI E FIBRATO TANGENTE 95

e quindi :[X |U f

](p0) =

[X

∣∣∣∣Vx0f]

(p0)

=

[X

∣∣∣∣Vx0f (p0)

](p0) +

X ∣∣∣∣Vx0

m∑i=1

(xi − xi0) f ∗i x

(p0)

=

m∑i=1

f ∗i (x0)[X

∣∣∣∣Vx0(xi − xi

0)]

(p0)

=

m∑i=1

[X(xi)

](p0)

[(∂

∂xi

)f]

(p0).

Definizione 6.2. Dato un campo di vettori X ∈ X(M) ed un punto p ∈ M, indichia-mo con Xp la derivazione :

(1.7) E (M) 3 f → Xp f := (X f )(p) ∈ R

dell’algebra reale E (M). Diciamo anche che Xp e un vettore tangente ad M nelpunto p.

Definizione 6.3. Una curva φ : (a, b) → M di classe C 1 e una curva integrale delcampo di vettori X ∈ X(M) se :

(1.8)d f φ(t)

dt= Xφ(t) f , ∀ f ∈ E (M) , ∀t ∈ (a, b) .

Se (U, x) e una carta locale in M ed X =∑m

i=1 ai(x) ∂∂xi in U, allora gli integrali

φ in U del campo di vettori X sono soluzioni x(t) = x(φ(t)) del sistema autonomodi equazioni differenziali ordinarie del prim’ordine :

(1.9) xi = ai(x) per i = 1, . . . ,m .

Dai teoremi di esistenza e unicita per sistemi di equazioni differenziali ordinarieabbiamo allora :

Teorema 6.6. Siano X ∈ X(M) un campo di vettori in M e p0 un punto di M. Esisteallora un’unica curva integrale φ : (a, b) → M di X, con −∞ ≤ a < 0 < b ≤ +∞,con φ(0) = p0, tale che, se a > −∞, allora φ(t) non ha limite in M per t → a; seb < +∞, allora φ(t) non ha limite in M per t → b .

2. Vettori tangenti e fibrato tangente

Definizione 6.4. Fissato un punto p ∈ M, chiamiamo vettore tangente ad M in pun’applicazione R-lineare v : E (M)→ R che soddisfi l’identita di Leibnitz :

(2.1) v( f g) = v( f ) · g(p) + f (p) · v(g) ∀ f , g ∈ E (M) .

I vettori tangenti in un punto p ∈ M formano uno spazio vettoriale reale, cheindicheremo con TpM.

Se X ∈ X(M), o piu in generale X ∈ X(U) per un intorno aperto U di p in M,allora Xp e un vettore tangente ad M in p.

Page 96: Nacinovich - Geometria differenziale

96 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Teorema 6.7. Per ogni punto p ∈ M l’applicazione lineare

(2.2) X(M) 3 X → Xp ∈ TpM

e surgettiva.Se M ha dimensione m ed (U, x) e una carta locale di M in p, allora i vettori

tangenti (∂

∂x1

)p, . . . ,

(∂

∂xm

)p

formano una base di TpM.

Definizione 6.5. Indichiamo con T M l’unione disgiunta degli spazi vettoriali TpM,al variare di p in M e con π : T M → M l’applicazione che fa corrispondere alvettore tangente v ∈ TpM il suo punto d’applicazione p . Possiamo definire su T Muna struttura di varieta differenziabile nel modo seguente. Per ogni carta locale(U, x) di M, definiamo una carta locale (π−1(U), x × dx) di T M ponendo :

(2.3)

π−1(U) 3 v −→ (x(π(v)), v(x)) ∈ x(U) × Rm,

con v(x) = (v(x1), . . . , v(xn)) ∈ Rm .

Se (V, y) e un’altra carta locale di M, per p ∈ U ∩ V abbiamo :

(2.4) v(yi) =

m∑h=1

v(xh)∂y j

∂xh ,

cioe v(y) = (∂y/∂x)v(x), ove ∂y/∂x e la matrice Jacobiana del cambiamento dicoordinate. Questa relazione si esprime anche dicendo che le componenti di unvettore tangente sono covarianti rispetto ai cambiamenti di coordinate.

Quindi, se y = φ(x), per x ∈ x(U ∩ V) ⊂ Rn e la funzione di transizione delledue carte (U, x) e (V, y), il cambiamento di coordinate dalla carta (π−1U, x×dx) allacarta (π−1(V), y × dy) e (φ × dφ).

Abbiamo percio :

Proposizione 6.8. Dato un atlante A = (Ui, xi) di M, con funzioni di transi-zione1 xi, j, allora TA = π−1(Ui), xi × dxi) e un atlante di T M, con funzioni ditransizione xi, j × dxi, j.

Lo spazio tangente e un esempio di fibrato differenziabile.

Definizione 6.6. Un fibrato differenziabile e il dato ξ = (Eπ−−→ B) di due varieta

differenziabili B, E e di una sommersione differenziabile Eπ−−→ B. La varieta E si

dice lo spazio totale, B la base e π la proiezione del fibrato ξ.Indichiamo con Γπ(B, E), od anche con Γ(B, E) quando non vi sia pericolo di

confusione, lo spazio delle sezioni differenziabili di B in E, cioe l’insieme delleapplicazioni s ∈ C∞(B, E) che sono inverse destre della proiezione π:

(2.5) Γ(B, E) = s ∈ C∞(B, E) | π s(p) = p, ∀p ∈ B.

1abbiamo cioe xi, j = xi x−1j su x j(U j ∩ Ui).

Page 97: Nacinovich - Geometria differenziale

4. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL TEOREMA D’IMMERSIONE DI WHITNEY 97

3. Differenziale di un’applicazione differenziabile

Definizione 6.7. Siano M ed N due variteta differenziabili ed f : M → N un’ap-plicazione di classe C∞. Essa induce un’applicazione (il pullback di funzioni) :

(3.1) f ∗ : E (N) 3 φ→ f ∗(φ) = φ f ∈ E (M) .

Il differenziale di f in un punto p ∈ M, che indicheremo con f∗(p) o con d f (p), el’applicazione

(3.2)f∗(p) = d fp : TpM → T f (p)N definita da:

f∗(p)(v)(φ) = d fp(v)(φ) = v( f ∗(φ)) = v( f φ) ∀φ ∈ E (N) .

Se (U, x) e (V, y) sono carte locali in M ed N rispettivamente, con p ∈ U ed f (p) ∈V , abbiamo :

(3.3) f∗(p)

m∑i=1

vi(∂

∂xi

)p

=

n∑j=1

m∑i=1

vi ∂ f j

∂xi (p)

( ∂

∂y j

)f (p)

.

Possiamo definire in questo modo un’applicazione differenziabile :

(3.4) f∗ = d f : T M 3 v→ d fπ(v)(v) ∈ T N ,

ove abbiamo indicato con π : T M → M la proiezione canonica. La f∗ (o d f ) si diceil differenziale dell’applicazione f , o il suo sollevamento allo spazio tangente.

4. Alcune osservazioni sul teorema d’immersione di Whitney

Utilizzando la nozione di varieta tangente di una varieta differenziabile, pos-siamo dare una dimostrazione leggermente diversa da quella del Capitolo 5 delteorema d’immersione di Whitney.

Per semplicita svolgeremo l’argomento per il caso di varieta compatte.Sia M una varieta differenziabile compatta, di dimensione m e sia A = (Ua, xa) |

1 ≤ a ≤ k un suo atlante finito, con xa(Ua) = Rm e tale che, posto U′a = p ∈ Ua |

|xa(p)| < 1, la famiglia U′a | 1 ≤ a ≤ k sia ancora un ricoprimento di M.Per ogni a, sia ψa ∈ C∞0 (M) una funzione uguale ad 1 su U′a e nulla in un

intorno di Ua. Definiamo quindi le funzioni xa : M → Rm ponendo

xa =

ψaxa su Ua,

0 su Ua.

Allora

ψ : M 3 p→((xi

a(p)) 1≤a≤k1≤i≤m

, (ψa(p))1≤a≤k)∈ Rk(m+1)

e un diffeomorfimso di M su una sottovarieta compatta di Rkm. Abbiamo ottenutocosı un’immersione di M in uno spazio Euclideo R` che e anche un diffeomorfismocon una sottovarieta differenziabile M0 di R`.

Identifichiamo lo spazio tangente T M0 ad un sottospazio del prodotto cartesia-no M0×R

` ed indichiamo con pr2 : T M0 → R` l’applicazione che fa corrisponderealla coppia (p, v) ∈ T M0 ⊂ M0 × R

` il vettore v.

Page 98: Nacinovich - Geometria differenziale

98 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Sia v ∈ R` un vettore non nullo e 〈v〉 il sottospazio vettoriale di dimensione1 generato da v. Sia πv : R` → R`/〈v〉 ' R`−1 la proiezione nel quoziente. Lacondizione necessaria e sufficiente affinche πv|M0 : M0 → R`−1 sia un’immersionedifferenziabile e che v < pr2(T M0). Se 2m < `, per il Lemma di Sard l’immaginedi pr2 e di prima categoria e quindi la πv ψ e un’immersione differenziabile inuno spazio Euclideo di dimensione `−1. Per ricorrenza, otteniamo un’immersionedifferenziabile di M in uno spazio Euclideo di dimensione ≤ 2m.

Osserviamo poi che πv : M0 → R`/〈v〉 e iniettiva se e soltanto se non vi sonodue punti distinti p1, p2 ∈ M0 con p2 − p1 ∈ 〈v〉. Cio equivale al fatto che v nonappartenga all’immagine dell’applicazione

(p1, p2) ∈ M0 × M0 | p1 , p2 × R 3 (p1, p2, t)→ p1 + t(p2 − p1) ∈ R`.

Questa e un’applicazione differenziabile di una varieta differenziabile di dimensio-ne 2m+1 in R`. Quindi, se 2m+1 < `, per il Lemma di Sard ha immagine di primacategoria e dunque potremo scegliere v ∈ R` \ 0 in modo che la πv ψ sia ancoraun’immersione differenziabile iniettiva e quindi un diffeomorfismo di M con unasottovarieta di R2`−1. Per ricorrenza otteniamo un’immersione topologica inietti-va di M su una sottovarieta differenziabile di uno spazio Euclideo di dimensione≤ 2m + 1.

Nel caso in cui M non sia compatta, ma numerabile all’infinito, utilizziamoil ragionamento precedente per dimostrare che l’insieme Fν delle applicazioniψ ∈ C∞(M,R2m+1) la cui restrizione ad int Kν siano delle immersioni differenzia-bili iniettive e un aperto denso di seconda categoria. Allora ψ ∈

⋂νFν da un’im-

mersione differenziabile iniettiva di M nello spazio Euclideo R2m+1. Per ottenereun’immersione propria, sara sufficiente considerare una h ∈ C∞(M) con h(p) > νse p ∈ Kν e la (ψ, h) ∈ C∞(M,R2m+2). Potremo poi comporre quest’immersionecon un’opportuna proiezione πv rispetto a un vettore non nullo v < 〈e2m+2〉, perottenere un’immersione differenziabile di M in R2m+1 che sia un diffeomorfismocon una sottovarieta propria di R2m+1.

5. Gruppi a un parametro di diffeomorfismi

Definizione 6.8. Un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di M e un’applica-zione differenziabile

(5.1) Φ : M × R 3 (p, t)→ Φ(p, t) ∈ M

che goda delle proprieta :

(i) Φ(p, 0) = p ∀p ∈ M(ii) Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, t), s) ∀p ∈ M , ∀t, s ∈ R.

Definizione 6.9. Chiamiamo gruppo locale a un parametro di diffeomorfismi diM il dato di un intorno U∗ di M × 0 in M × R e di un’applicazione

(5.2) Φ : U∗ ⊂ M × R 3 (p, t)→ Φ(p, t) ∈ M

Page 99: Nacinovich - Geometria differenziale

5. GRUPPI A UN PARAMETRO DI DIFFEOMORFISMI 99

che goda delle proprieta :(i) Φ(p, 0) = p ∀p ∈ M

(ii) Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, t), s) se (p, t + s) e (Φ(p, t), s) ∈ U∗ .

Vale il :

Teorema 6.9. Ad un gruppo locale a un parametro Φ : U∗ → M di diffeomorfismidi M corrisponde un campo di vettori X ∈ X(M) tale che

(5.3) (X f )(p) =d f (Φ(p, t))

dt

∣∣∣∣∣t=0

∀ f ∈ E (M) , ∀p ∈ M .

Viceversa, dato un campo di vettori X ∈ X(M) esiste un gruppo locale a un param-tetro di diffeomorfismi di Φ : U∗ → M di M per cui sia verificata la (5.3). Duegruppi a un parametro Φ1 : U∗1 → M e Φ2 : U∗2 → M per cui sia verificata (5.3)per lo stesso campo X coincidono su tutte le componenti connesse di U∗1 ∩ U∗2 cheintersecano M × 0.

Dimostrazione. L’esistenza e unicita di un gruppo locale a un parametro didiffeomorfismi associato ad un campo di vettori X ∈ X(M) e conseguenza delteorema d’esistenza locale, unicita e dipendenza C∞ dai dati iniziali per il sistemadi equazioni differenziali ordinarie (1.9). Il fatto che la soluzione generale delproblema di Cauchy definisca un gruppo locale a un parametro e conseguenza delfatto che il sistema (1.9) e autonomo, che cioe le funzioni a secondo membro in(1.9) non dipendono dalla variabile t e quindi che, se t → Φ(p, t) e soluzione in unintervallo t ∈ (a, b), con a < 0 < b, con dato iniziale Φ(p, 0) = p, allora, per ognit0 ∈ (a, b) fissato, t → Φ(p, t + t0) e soluzione nell’intervallo (a − t0, b − t0), condato iniziale Φ(p, t0), e coincide quindi con Φ(Φ(p, t0), t).

Si verifica poi facilmente, utilizzando la formula di Leibnitz per la derivata delprodotto di funzioni reali di una variabile reale, che la (5.3) definisce un campo divettori X ∈ X(M).

Il caso delle varieta con bordo. Possiamo estendere senza difficolta la defi-nizione dei campi di vettori anche al caso delle varieta a bordo.

Definizione 6.10. Sia M una varieta differensiabile di dimensione m, con bordo,X ∈ X(M) e p0 ∈ ∂M. Fissiamo una carta locale (U, x) con centro in p0

U 3 p→ x ∈ X(U) ⊂ x ∈ Rm | xm ≥ 0, x(p0) = 0.

Diciamo che X nel punto p0 e

diretto verso l’esterno se Xpxm|x=0 < 0,

tangente se Xpxm|x=0 = 0,

diretto verso l’interno se Xpxm|x=0 < 0.

La definizione non dipende dalla scelta della carta locale, perche la componente∂ym/∂xm dello Jacobiano della funzione di transizione e positiva su U ∩ V ∩ ∂Mper ogni coppia di carte locali (U, x) e (V, y) di M.

Abbiamo allora

Page 100: Nacinovich - Geometria differenziale

100 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Proposizione 6.10. Sia M una varieta differenziabile con bordo ed X ∈ X(M) uncampo di vettori che non e tangente a ∂M in nessun punto. Esistono allora duefunzioni continue non negative δ, ε : M → R tali che

δ(p) > 0, ε(p) > 0 se p ∈ int(M),δ(p) > 0, ε(p) = 0 se p ∈ ∂M ed Xp e diretto all’esterno,δ(p) = 0, ε(p) > 0 se p ∈ ∂M ed Xp e diretto all’interno,

ed un’applicazione continua ed infinitamente differenziabile fino al bordo di U∗

tale cheΦ : U∗ = (p, t) ∈ M × R | −δ(p) ≤ t ≤ ε(p)

tale che∂Φ(p, t)∂t

= XΦ(p,t), ∀(p, t) ∈ U∗,

Φ(p, t + s) = Φ(Φ(p, s), t), se (p, s), (p, t + s), (Φ(p, s), t) ∈ U∗.

6. Inclusioni isotope

Definiamo in questo paragrafo una nozione di equivalenza di inclusioni diffe-renziabili.

Definizione 6.11. Siano f0, f1 : M → N due inclusioni differenziabili. Unaisotopia tra f0 ed f1 e un’applicazione F ∈ C∞(M × [0, 1],N) tale che

(a) F(x, 0) = f0(x), F(x, 1) = f1(x) per ogni x ∈ M;(b) ft = F( · , t) ∈ C∞(M,N) e un’inlcusione differenziabile per ogni t ∈ [0, 1].

La relazione di isotopia tra inclusioni differenzibili e una relazione d’equiva-lenza.

Lemma 6.11. Per ogni isotopia F ∈ C∞(M× [0, 1],N) di inclusioni differenziabilil’applicazione

(6.1) F : M × [0, 1] 3 (x, t) −→ (F(x, t), t) ∈ N × [0, 1]

e un’inclusione differenziabile che preserva i livelli.Viceversa, se F ∈ C∞(M × [0, 1],N × [0, 1]) e un’inclusione differenziabi-

le che preserva i livelli, allora F(x, t) = πN(F(x, t)) e un’isotopia di inclusionidifferenziabili.

Dimostrazione. Fissando un’inclusione differenziabile propria ψ : N → R`

e considerando le applicazioni ψ F e ψ G possiamo ricondurci al caso in cuiN = R`. Fissata una carta locale (U, x) in M, poiche G(p, t) = (F(p, t), t), loJacobiano di G e dato da

∂G∂(x, t)

=

∂F∂x

∂F∂t

0 1

.E chiaro quindi che G e un’immersione differenziabile se e soltanto se Ft e un’im-mersione differenziabile per ogni t ∈ [0, 1]. Inoltre, G e iniettiva se e soltanto seciascuna delle Ft, per t ∈ [0, 1], e iniettiva.

Page 101: Nacinovich - Geometria differenziale

7. CAMPI COMPLETI 101

Osservazione 6.12. Sia χ ∈ C∞(R) una funzione reale conχ(t) = 0 se t ≤ 0,0 < χ(t) < 1 se 0 < t < 1,χ(t) = 1 se t ≥ 1.

Possiamo prendere ad esempio

χ(t) =

0 se t ≤ 0,

exp(− 1

t exp( 1t−1 )

)se 0 < t < 1,

1 se t ≥ 1.

Se F ∈ C∞(M × [0, 1],N), allora G(p, t) = F(p, χ(t)) ∈ C∞(M × R,N) eGt = F0 per t ≤ 0, Gt = F1 per t ≥ 1. Potremo quindi nel seguito supporreche le isotopie siano definite per tutti i valori di t ∈ R, e localmente costanti fuoridall’intervallo [0, 1].

Notazione 6.13. Se F ∈ C∞(M ×R,N) indicheremo nel seguito con F ∈ C∞(M ×R,N × R) l’applicazione

M × R 3 (p, t) −→ F(p, t) = (F(p, t), t) ∈ N × R.

7. Campi completi

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m.

Definizione 6.12. Un campo di vettori X ∈ X(M) si dice completo se per ognix0 ∈ M la soluzione del problema di Cauchy

(7.1)

x = Xx,

x(0) = x0

e definita per ogni t ∈ R.

Vale il criterio

Proposizione 6.14. Ogni campo di vettori a supporto compatto e completo.

Teorema 6.15. Indichiamo con pr : M × R → R la proiezione sulla secondacoordinata. Ogni campo di vettori completo X su M×R, con dpr(X) = ∂/∂t induceun’isotopia dell’identita su M.

Viceversa, se F ∈ C∞(M × R,M) e un’isotopia dell’identita, allora dF(∂/∂t)e un campo di vettori completo su M × R.

Dimostrazione. Sia X ∈ X(M × R) un campo completo e denotiamo con Φ ∈

C∞((M × R) × R,M × R) il flusso in M × R da esso definito. Scriviamo

Φ(p, s; t) = (φ(p, s; t), τ(p, s; t)), con φ ∈ C∞(M×R×R,M), τ ∈ C∞(M×R×R,R).

Abbiamoφ(p, s; 0) = p, τ(p, s; 0) = s, ∀p ∈ M, ∀s ∈ R.

Page 102: Nacinovich - Geometria differenziale

102 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Poiche X = (Y, ∂/∂s) con Y ∈ Γ(M × R,T M), e∂τ

∂t= 1,

che, tenuto conto dei dati iniziali, ci da τ(p, s; t) = s + t.Posto

F(p, t) = Φ(p, 0; t),abbiamo

F(p, 0) = Φ(p, 0; 0) = (p, 0).La F e della forma

F(p, t) = (F(p, t), t), con F(p, t) = φ(p, 0; t)

e quindi preserva i livelli. Osserviamo che l’applicazione

M 3 p→ πM Φ(p, t;−t) ∈ M

inverte Ft : M 3 p→ F(p, t) ∈ M. Infatti

Φ(F(p, t), t;−t) = Φ(Φ(p, 0; t),−t) = (p, 0), ∀p ∈ M, ∀t ∈ R.

Quindi, per ogni t ∈ R, Ft : p→ F(p, t) e un automorfismo di M.Viceversa, ad un’isotopia F ∈ C∞(M ×R,M) dell’identita possiamo associare

il campo di vettori completo X = dF(∂/∂t) su M × R.

Osservazione 6.16. Se X ∈ X(M) e completo, allora (X, ∂/∂t) e un campo comple-to in M × R.

Osservazione 6.17. Se X ∈ Γ(M × R,T M) ha supporto compatto, allora (X, ∂/∂t)e un campo di vettori completo su M × R.

Esempio 6.1. Sia f ∈ C∞(Rn,Rn) un diffeomorfismo, con f (0) = 0. Possiamoscrivere f nella forma

f i(x) =∑n

j=1ai

j(x)x j per i = 1, . . . , n, con aij ∈ C∞(Rn),

con

aij(x) =

∫ 1

0

∂ f i

∂x j (tx)dt ∈ C∞(Rn).

La F(x, t) = t−1 f (tx) e un’isotopia tra il diffeomorfismo lineare

f0(x) =∂ f (0)∂x

x

ed f . Quindi ogni diffeomorfismo di Rn e isotopo ad un diffeomorfismo lineare. In-fine, poiche GL(n,R) ha esattamente due componenti connesse per archi, possiamoconcludere che ogni diffeomorfismo di Rn e isotopo o all’identita o alla simmetriarispetto ad un iperpiano.

Nel suo lavoro del 1936, H. Whitney dimostro anche il

Teorema 6.18 (isotopia delle immersioni). Se f0, f1 : M → N sono due inclusionidifferenziabili omotope di una varieta compatta m-dimensionale M in una varietadifferenziabile N di dimensione n ≥ 2m + 2, allora f0 ed f1 sono isotope commeinclusioni differenziabili.

Page 103: Nacinovich - Geometria differenziale

8. ISOTOPIE DELLO SPAZIO AMBIENTE 103

Traccia della dimostrazione. Consideriamo un’omotopia F : M × I → N traf0 ed f1. Per il Teorema 5.13 del Capitolo 5, possiamo supporre che l’omotopia siarestrizione di una F ∈ C∞(M ×R,N). Consideriamo allora la F(p, t) = (F(p, t), t).Questa e un’applicazione in C∞(M × R,N × R). Poiche dim(M × R) = m + 1e dim(N × R) = n + 1 ≥ 2m + 3 = 2(m + 1) + 1, possiamo approssimare Fcon un’inclusione differenziabile G ∈ C∞(M × R,N × R). Poiche M × [0, 1] ecompatto, se G e sufficientemente vicina ad F in C∞(M×R,N×R), possiamo, conun cambiamento di variabili, ottenere che G(p, t) = (G(p, t), t) per t in un intornodi [0, 1]. Inoltre, poiche inclusioni differenziabili di una varieta compatta che sianovicine sono isotope, G0 sara isotopa ad f0 e G1 ad f1. Poiche l’isotopia e unarelazione d’equivalenza, anche f0 ed f1 sono isotope.

Osservazione 6.19. Chiamiamo nodo in Rn un’inclusione differenziabile di S 1 inRn (n ≥ 3). Sciogliere un nodo ν : S 1 → Rn significa trovare un’isotopia di ν conil nodo banale

S 1 3 eiθ −→ (cos θ, sin θ, 0, . . . , 0) ∈ Rn.

Sappiamo che ci sono in R3 nodi chiusi non scioglibili. Per il Teorema 6.18 tutti inodi chiusi in Rn con n ≥ 4 sono scioglibili.

In generale, possiamo considerare delle catene di m nodi, o m-link, cioe inclu-sioni differenziabili

λ : S 1 t · · · t S 1︸ ︷︷ ︸m volte

−→ Rn.

Sciogliere una catena λ di m nodi vuol dire trovare un’isotopia di λ con la catenabanale

S 1 t · · · t S 1︸ ︷︷ ︸m volte

3 (eit) j −→ (cos θ, sin θ, j, 0, . . . , 0) ∈ Rn.

Per il Teorema 6.18 tutte le catene di m nodi in uno spazio Euclideo Rn, con n ≥ 4,si possono sciogliere.

8. Isotopie dello spazio ambiente

Due inclusioni differenziabili f0, f1 ∈ C∞(M,N) possono essere isotope senzache i complementi N \ f0(M) ed N \ f1(M) siano omeomorfi. Un semplice esempioe l’inclusione in R2 di un segmento aperto e di una circonferenza privata di unpunto. Introduciamo una nozione piu restrittiva di isotopia:

Definizione 6.13. Un’isotopia ambientale tra due inclusioni differenziabili f0, f1 ∈C∞(M,N) e una isotopia F ∈ C∞(N × [0, 1],N) di diffeomorfismi di N tale cheF0(q) = q, ∀q ∈ N,

F1( f0(p), 1) = f1(p), ∀p ∈ M.

Diremo allora che f0 ed f1 sono isotope nello spazio ambiente o ambientalmenteisotope.

Page 104: Nacinovich - Geometria differenziale

104 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

In generale l’isotopia ambientale, che implica l’omeomorfismo dei comple-menti delle immagini, e piu restrittiva dell’isotopia. Le due relazioni coincidonoper le inclusioni differenziabili di varieta compatte. Vale infatti il seguente2:

Teorema 6.20 (R. Thom). Sia F ∈ C∞(M × [0, 1],N) un’isotopia di inclusionidifferenziabili di una varieta M in una varieta N. Per ogni compatto K contenutoin M esiste un’isotopia dell’identita G ∈ C∞(N × I,N) su N tale che

G( f0(p), 1) = f1(p), ∀p ∈ K.

Dimostrazione. Possiamo supporre che F ∈ C∞(M × R,N) con Ft = f0 pert ≤ 0 ed Ft = f1 per t ≥ 1. Definiamo F ∈ C∞(M × R,N × R) mediante

F(p, t) = (F(p, t), t) ∈ N × R, per p ∈ M, t ∈ R.

L’immagine M = F(M×R) e una sottovarieta differenziabile di N×R. Consideria-mo il campo di vettori (X, ∂/∂t) = dF(∂/∂t), con X ∈ Γ(M,T N), su M. Il supportodi X e contenuto nel compatto F(M × [0, 1]). Possiamo trovare allora un campo divettori (Y, ∂/∂t) ∈ X(N × R), con

Y ∈ Γ(N × R,T N), supp Y b N × R,

Y = X su F(K × [0, 1]).

Il campo (Y, ∂/∂t) e completo e quindi genera un gruppo a un parametro di diffeo-morfismi di N ×R che preservano i livelli. Ad esso corrisponde quindi un’isotopiadello spazio ambiente che trasforma f0 in f1.

Osservazione 6.21. Il teorema 6.20 ci dice che inclusioni isotope di una varietacompatta sono ambientalmente isotope. Questo non e vero in generale per inclu-sioni di una varieta M non compatta.

Consideriamo ad esempio due nodi ν0, ν1 : S 1 → S 3 con ν0(−1) = ν1(−1) =

(0, 0, 1). Le loro restrizioni f0, f1 : S 1 \ −1 → S 3 \ (0, 0, 1) sono isotope, mapossono non essere ambientalmente isotope.

Corollario 6.22. Se M e una varieta connessa, per ogni coppia di punti p0, p1 ∈ Mesiste un’isotopia F ∈ C∞(M × [0, 1],M) dell’identita su M con F(p0, 1) = p1.

Corollario 6.23. Ogni inclusione differenziabile f ∈ C∞(S m, S n), con n ≥ 2m+2,si estende ad una inclusione differenziabile f ∈ C∞(Dm+1, S n).

Dimostrazione. Poiche n > m, f e omotopa all’inclusione differenziabile stan-dard

ι : S m 3 (x0, . . . , xm) −→ (x0, . . . , xm, 0, . . . , 0) ∈ S n.

Questa si estende all’inclusione differenziabile

Dm+1 3 (x0, . . . , xm) −→ (x0, . . . , xm,√

1 − |x0|2 − · · · − |xm|2, 0, . . . , 0) ∈ S n.

Per il Teorema 6.18, f e ι sono isotope e per il Teorema 6.20 lo sono con un’i-sotopia dello spazio ambiente. Ne segue che anche f si estende ad un’inclusionedifferenziabile di Dm+1.

2Rene Thom: La classification des immersions, Semin. Bourbaki 157, 1957-58

Page 105: Nacinovich - Geometria differenziale

9. k-CELLE DIFFERENZIABILI 105

9. k-celle differenziabili

In questo paragrafo esponiamo alcuni risultati3 relativi alle applicazioni diffe-renziabili di dischi.

Premettiamo un’osservazione sulle applicazioni differenziabili.

Lemma 6.24. Siano M,N due varieta differenziabili, di dimensione m, n, rispetti-vamente, e sia φ ∈ C∞(N,M) un’applicazione differenziabile. Se K e un compattodi N tale che

(1) f |K sia iniettiva;(2) d f (q) : TqN → Tφ(q)M sia iniettiva per ogni q ∈ K,

allora esiste un intorno aperto U di K in N tale che φ|U sia un’inclusione differen-ziabile.

Dimostrazione. Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamoridurci al caso in cui M = Rm ed N sia una sottovarieta propria di uno spazioEuclideo R`. In particolare, possiamo considerare l’aggiunta dφ∗(q) dell’appli-cazione dφ(q) : TqN → Tφ(q)R

m = R`, rispetto al prodotto scalare canonico diRm e a quello indotto su TqN dalla restrizione del prodotto scalare canonico diR`. La composta dφ∗(p) dφ(q) e un endomorfismo iniettivo di TqN ed abbiamopercio, nella norma degli operatori, infK ‖dφ∗(q) dφ(q)‖2 = µ > 0. Per conti-nuita otteniamo che esiste un intorno relativamente compatto W di K in N tale che‖dφ∗(q) dφ(q)‖2 ≥ (µ/2) > 0 per ogni q ∈ W. Allora, applicando l’argomento delLemma 5.4 del Capitolo 5 ad un numero finito di carte coordinate che ricoprono W,otteniamo che esistono costanti positive δ, c tali che

|φ(q1) − φ(q2)| ≥ c|q1 − q2|, ∀q1, q2 ∈ W con |q1 − q2| ≤ δ.

Questo segue dal fatto che la distanza Euclidea su ciascun sottoinsieme compattodi una carta coordinata e equivalente alla restrizione della distanza Euclidea su R`.

Consideriamo ora il compatto F = (q1, q2) ∈ W × W | |q1 − q2| ≥ δ. Lafunzione reale

γ(q1, q2) =|φ(q1) − φ(q2)||q1 − q2|

e definita e continua su F ed e positiva nei punti di F ∩ (K × K). Essa sara alloraancora positiva in tutti i punti di un intorno A di F ∩ (K × K) in F. L’insieme

U = K ∪ (˚︷︸︸︷

π1(A)∩˚︷︸︸︷

π2(A)) e un intorno aperto di K in N, tale che la restrizione ad Udi φ sia un’inclusione differenziabile.

Notazione 6.25. Se A e un qualsiasi sottoinsieme della varieta differenziabile N,indicheremo con C∞(A,M) l’insieme di tutte le funzioni continue f : A → Mper cui esista un intorno aperto U di A in N ed un’applicazione differenziabilef ∈ C∞(U,M) tale che f |A = f .

Definizione 6.14. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m e k un interocon 0 ≤ k ≤ m. Una k-cella differenziabile di M e un’inclusione differenziabileφ ∈ C∞(Dk,M).

3Richard S.Palais, Extending diffeomorphisms. Proc. Amer. Math. Soc. 11, 1960 pp. 274-277

Page 106: Nacinovich - Geometria differenziale

106 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

L’applicazione φ e cioe un’inclusione topologica ed e la restrizione a Dk =

x ∈ Rk | |x| ≤ 1 di un’applicazione di classe C∞, definita su un intorno aperto Udi Dk in Rk, ed a valori in M, con differenziale iniettivo in ogni punto di Dk.

Per il Lemma 6.24 la φ e la restrizione dell’inclusione differenziabile di undisco aperto B(r), con r > 1, in M.

Vale il

Teorema 6.26 (estensione ad un’n-cella). Se φ ∈ C∞(Dk,M) e una k-cella di M,con 0 ≤ k < m, ed U un intorno aperto di φ(Dk) in M, allora esiste una n-cellaψ ∈ C∞(Dm,M), con ψ|Dk = φ e ψ((Dm) ⊂ U).

Se M e orientata, possiamo scegliere ψ in modo che mantenga l’orientazione.

Dimostrazione. Il teorema e una conseguenza del Corollario 7.17 del Capito-lo 7.

Vale allora il

Teorema 6.27 (Transitivita). Se φ,ψ ∈ C∞(Dk,M) sono due k-celle differenziabilidi M, allora esiste un diffeomorfismo F ∈ C∞(M,M) tale che ψ = F φ.

Se M e orientata, e o k < m, oppure k = m e le due celle sono equi-orientate,allora possiamo scegliere il diffeomorfismo F in modo che mantenga l’orientazio-ne.

Osservazione 6.28. Il diffeomorfismo F del Teorema 6.27 puo essere scelto isoto-po all’identita, in un’isotopia costante al di fuori di un compatto di M.

Teorema 6.29 (di estensione). Se φ ∈ C∞(Dk,M) e una k-cella differenziabile inM ed f un’inclusione differenziabile di un intorno di φ(Dk) in M, allora esiste undiffeomorfismo F di M in se, uguale ad f in un intorno di φ(Dk).

Se M e orientabile e φ ed f preservano l’orientazione, allora si puo ottenereuna F che preservi l’orientazione e sia isotopa all’identita in un’isotopia costanteal di fuori di un sottoinsieme compatto.

10. Collari

Definizione 6.15. Sia M una varieta differenziabile a bordo. Chiamiamo collaredi ∂M un intorno aperto di ∂M in M diffeomorfo ad M × [0, 1).

Per dimostrare l’esistenza di collari, dimostriamo in primo luogo il

Lemma 6.30. Sia M una varieta differenziabile a bordo. Esiste allora un campodi vettori X ∈ X(M) con

Xp , 0, ∀p ∈ ∂M.

Dimostrazione. Fissiamo un atlante A = Uα, xα) | α ∈ A di M localmentefinito ed una partizione dell’unita φα | α ∈ A, mediante funzioni reali non negativedi classe C∞ e subordinata ad Uα. Poniamo

Xα =

φα ·

∂xnα

su Uα,

0 su M \ Uα,

Page 107: Nacinovich - Geometria differenziale

10. COLLARI 107

e siaX =

∑α∈A

Xα.

Allora X e ben definito ed e un campo di vettori di classe C∞ su M perche lafamiglia dei supporti degli Xα e localmente finita. Inoltre, e

Xαxnβ(p) > 0, se p ∈ Uα ∩ Uβ ∩ ∂M,

ondeX xn

α(p) > 0 se p ∈ Uα ∩ ∂Mdimostra che Xp , 0 per p ∈ ∂M.

Abbiamo quindi il

Teorema 6.31. Sia M una varieta a bordo. Ogni intorno aperto di ∂M in Mcontiene un collare di ∂M.

Dimostrazione. Poiche ogni intorno aperto di ∂M in M e ancora una varietacon bordo ∂M, bastera dimostrare che ∂M ammette un collare in M. Per la propo-sizione 6.10 esiste un intorno U∗ di M × 0 in M × R, della forma

U∗ = (p, t) ∈ M × R | −δ(p) ≤ t ≤ ε(p), con

δ(p) ≥ 0 su int(M),δ(p) = 0 su ∂M,ε(p) > 0 su M

ed una Φ : U∗ → M, di classe C∞, tale che∂Φ(p, t)∂t

= XΦ(p,t), ∀(p, t) ∈ U∗.

Poiche Xp e diretto verso l’interno, per il teorema delle funzioni implicite (p, t) ∈∂M × R | 0 ≤ t < ε(p) 3 (p, t)→ Φ(p, t) ∈ M e un diffeomorfismo locale.

Utilizziamo il seguente

Lemma 6.32. Siano M, N due spazi paracompatti ed f : N → M un omeomor-fismo locale. Sia F un sottospazio chiuso di N e supponiamo che la restrizionef |F : F → f (F) sia un omeomorfismo. Allora esiste un intorno aperto U di F in Ntale che f |U : U → f (U) sia un omeomorfismo.

Dimostrazione. Se A e un aperto di N che interseca F.Poiche f |F : F → f (F) e per ipotesi un omeomorfismo, f (A ∩ F) e un aperto

di f (F). Potremo trovare allora un aperto G di M tale che f (A ∩ F) = G ∩ f (F).L’aperto B = A ∩ f −1(G) sara allora tale che

(∗) B ∩ F = A ∩ F, e B ∩ f −1( f (F)) = B ∩ F.

Poiche f e un omeomorfismo locale, raffinando un ricoprimento aperto di N forma-to da un ricoprimento di F fatto con aperti B che soddisfino (∗) e da F, possiamotrovare ricoprimenti aperti localmente finiti Ui | i ∈ I e Vi | i ∈ I di N ed Mrispettivamente, tali che

fi : Ui 3 x→ f (x) ∈ Vi sia un omeomorfismo per ogni i ∈ I,

se Ui ∩ F , ∅, allora Ui ∩ F = f −1(Vi ∩ f (F)).

Page 108: Nacinovich - Geometria differenziale

108 6. CAMPI DI VETTORI E SPAZIO TANGENTE

Siano U′i | i ∈ I e V ′i | i ∈ I loro raffinamenti con U′i ⊂ Ui, V ′i = f (U′i ) ⊂V ′i = f (U′i ) ⊂ Vi. Indichiamo con J il sottoinsieme di indici i ∈ I per cui U′i∩F , ∅.Dico che, per ogni coppia di indici (i, j) ∈ J × J l’insieme

Wi, j = x ∈ U′i | ∃y ∈ U′j t.c. y , x, f (y) = f (x)

e chiuso in U′i . Infatti, se x ∈ U′i \ Wi, j, o x ∈ U′j ed allora Ui ∩ U j e un intornoaperto di x che non interseca Wi, j, oppure x < U′j ed U′i \ f −1(V ′j) e un intorno di xche non interseca Wi, j. Poiche il ricoprimento U′i e localmente finito, gli insiemi

Ai = U′i \⋃

j∈I, j,i,U′j∩U′i,∅

Wi, j

sono aperti. Allora

U =⋃

Ai∩F,∅Ai.

e un intorno aperto di F in N, su cui la f e iniettiva. Infatti, dico che F ∩Wi, j = ∅

per ogni (i, j) ∈ J × J. Infatti, B = Ui soddisfa la (∗) se i ∈ J. Se quindi x ∈ Ui,y ∈ U j, con i, j ∈ J ed f (x) = f (y) ∈ f (F), allora x = y ∈ F. Quindi U contiene F.Il fatto che f |U sia iniettiva segue dalla definizione.

Utilizzando il Lemma, otteniamo che, pur di scegliere una funzione ε : ∂M →t > 0 sufficientemente piccola, possiamo supporre che

(p, t) ∈ ∂M × R | 0 ≤ t < ε(p) 3 (p, t)→ Φ(p, t) ∈ M

sia un omeomorfismo con l’immagine. Possiamo supporre che ε sia una funzionedi classe C∞. Ponendo allora

f : M × [0, 1) 3 (p, t)→ Φ(p, t ε(p)) ∈ M

otteniamo un diffeomorfismo di ∂M × [0, 1) con un intorno aperto di ∂M in M.

Corollario 6.33. Ogni varieta a bordo si puo realizzare come una sottovarieta abordo di una varieta senza bordo.

Dimostrazione. Sia f : ∂M × [0, 1)→ M un diffeomorfismo di ∂M × [0, 1) suun intorno aperto di ∂M in M.

Otteniamo una varieta senza bordo N attaccando ∂M × (−∞, 1) ad M mediantela f .

Corollario 6.34. Sia M una varieta con bordo ∂M compatto. Supponiamo che ∂Msia unione di due chiusi disgiunti

∂M = N0 ∪ N1, N0 = N0, N1 = N1, N0 ∩ N1 = ∅.

Allora esiste una funzione φ : M → [0, 1], di classe C∞, tale che

φ−1(0) = N0, f −1(1) = N1.

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10. COLLARI 109

Dimostrazione. Sia g : ∂M × [0, 1)→ A ⊂ M un collare di ∂M in M. Sia B =

int(M) Sia ψA, ψB una partizione dell’unita subordinata al ricoprimento A, B.Definiamo allora

φ(x) =

t se x = g(y, t) con y ∈ N0, 0 ≤ t ≤ 1/2(1 − t)φA(x) se x = g(y, t) con y ∈ N1, 0 ≤ t ≤ 1/2

Poiche la φ e di classe C∞ su un compatto di M, possiamo prolungarla ad unafunzione di classe C∞ su tutto M, con le proprieta richieste.

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Page 111: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 7

Fibrati vettoriali

1. Fibrati differenziabili

Il fibrato tangente e un esempio della struttura piu generale di fibrato vettorialeche definiamo ed esaminiamo in questo paragrafo. A loro volta, i fibrati vettorialisono particolari fibrati differenziabili localmente banali:

Definizione 7.1. Un fibrato differenziabile ξ e il dato di una varieta differenziabileE = E(ξ), che si dice il suo spazio totale, di una varieta differenziabile B = B(ξ),che si dice la sua base, e di una sommersione differenziabile π = π(ξ) : E → B,che si dice la sua proiezione sulla base.

Per ogni punto p ∈ B, l’insieme Ep = Ep(ξ) = π−1(b) e una sottovarietadifferenziabile di E, che si dice la fibra di ξ su p.

Definizione 7.2. Diciamo che un fibrato differenziabile ξ e localmente banale confibra tipica F se

(a) F e una varieta differenziabile;(b) per ogni p ∈ B esistono un intorno aperto U di p in B ed una φU ∈

C∞(U, F) che renda commutativo il diagramma

(1.1) π−1(U)π×φU //

π##FFFFFFFF

U × FprU

||yyyyyyyyy

U.

Un diffeomorfismo φU che renda commutativo il diagramma (1.1) si dice unatrivializzazione di ξ su U.

Un atlante di trivializzazione di ξ e una collezione A = (Ua, φa) | a ∈ Aformata da aperti Ua di B e da trivializzazioni locali

E|Ua = π−1(Ua) 3 q −→ (π(q), φU(q)) ∈ Ua × F,

con B =⋃

a∈AUa.

A volte scriveremo Eπ−−→ B per il fibrato differenziabile ξ con E(ξ) = E,

B(ξ) = B e π(ξ) = π. La notazione Eπ−→F

B significhera che, inoltre, il fibrato

differenziabile ξ e localmente banale, con fibra tipica F.

Definizione 7.3. Una sezione differenziabile di ξ su un aperto U di B(ξ) e un’ap-plicazione s ∈ C∞(U, E(ξ)) tale che π(ξ) s(x) = x per ogni x ∈ U. L’insieme di

111

Page 112: Nacinovich - Geometria differenziale

112 7. FIBRATI VETTORIALI

tutte le sezioni differenziabili di ξ su U si indica con

(1.2) Γξ(U, E) = s ∈ C∞(U, E(ξ)) | π(ξ) s(p) = p, ∀p ∈ U.

Lemma 7.1. Sia ξ un fibrato differenziabile, τ0 ∈ E(ξ) e p0 = π(ξ)(τ0). Alloraesistono un intorno aperto U di p0 in B(ξ) ed una sezione s ∈ Γξ(U, E(ξ)) cons(p0) = τ0.

Dimostrazione. Poiche π(ξ) e una sommersione differenziabile in tutti i puntidi E(ξ), la tesi segue dal teorema delle funzioni implicite (vedi la Proposizione3.25 del Capitolo 3).

Proposizione 7.2 (un criterio di banalita locale). Siano E e B varieta differenzia-bili, con B connessa. Allora ogni sommersione differenziabile propria π : E → Bdefinisce un fibrato differenziabile localmente banale.

Dimostrazione. Ricordiamo che il fatto che π sia propria significa che π econtinua, chiusa, e che π−1(K) e compatto in E per ogni compatto K di B.

Fissiamo un punto p0 ∈ B. L’insieme Ep0 = π−1(p0) e una sottovarieta com-patta di E. Essa e un retratto differenziabile d’intorno. Possiamo trovare cioe unintorno aperto W di Ep0 in E ed un’applicazione differenziabile r : W → Ep0 conr(v) = v per ogni v ∈ Ep0 . Poiche π(E \W) e un chiuso di B che non contiene p0,possiamo supporre che W sia un aperto della forma W = π−1(U0), per un intornoaperto U0 di p0 in B. Possiamo allora definire

Φ : EU0 = π−1(U0) 3 v→ (π(v), r(v)) ∈ U0 × Ep0 .

Poiche π e una sommersione differenziabile, la Φ e un diffeomorfismo locale intutti i punti v ∈ Ep0 . L’insieme dei punti di EU0 in cui Φ e un diffeomorfismo localee un aperto. Quindi, a meno di sotituire ad U0 un intorno piu piccolo di p0 in B,possiamo supporre che la Φ sia un diffeomorfismo locale in tutti i punti di EU0 .

Dico che esiste un intorno aperto U di p0 in U0 tale che

ΦU : π−1(U) 3 v→ Φ(v) = (π(v), r(v)) ∈ U × Ep0

sia un diffeomorfismo.Indichiamo con pr2 : U0 × Ep0 → Ep0 la proiezione sul secondo fattore. L’in-

sieme dei punti p ∈ U0 tali che pr2(Φ(Ep)) = Ep0 e un intorno aperto di p0.Possiamo quindi supporre, a meno di sostituire ad U0 un intorno piu piccolo di p0,che la Φ sia un diffeomorfismo locale surgettivo.

Ci resta da verificare che, se U e sufficientemente piccolo, la φU e anche iniet-tiva. A questo scopo osserviamo che, poiche Φ e un diffeomorfismo locale, l’in-sieme Q = (v,w) ∈ EU0 × EU0 | v , w, Φ(v) = Φ(w) e in EU0 × EU0 un chiusodisgiunto da Ep0 × Ep0 . Sia infatti Uν | ν ∈ N un sistema fondamentale di intornirelativamente compatti di p0 in U0, con Uν+1 b Uν per ogni intero ν ≥ 0. Per laproprieta dell’intersezione finita, esistera un indice ν1 tale che π−1(Uν) × π−1(Uν)non intersechi Q.

Per completare la dimostrazione, bastera osservare che le fibre Ep = π−1(p) so-no tutte diffeomorfe tra loro. Cio segue dalla connessione di B e dal fatto che dalla

Page 113: Nacinovich - Geometria differenziale

1. FIBRATI DIFFERENZIABILI 113

prima parte della dimostrazione si ricava che, fissato un punto p0 ∈ B, l’insiemedei p ∈ B per cui la fibra Ep e diffeomorfa ad Ep0 e aperto e chiuso in B.

Proposizione 7.3. Sia ξ un fibrato differenziabile ed M una sottovarieta differen-ziabile di B(ξ). Definiamo

(1.3) E|M = π(ξ)−1(M), π|M : E|M 3 τ→ π(ξ)(τ) ∈ M.

Allora ξ|M = (E|Mπ|M−−→ M) e un fibrato differenziabile con base M.

Definizione 7.4. Il fibrato ξ|M descritto nella Proposizione 7.3 si dice la restrizionead M del fibrato ξ.

Proposizione 7.4. Se ξ e ζ sono fibrati differenziabili, allora, posto

E(ξ × ζ) = E(ξ) × E(ζ),B(ξ × ζ) = B(ξ) × B(ζ),

π(ξ × ζ) : E(ξ × ζ) 3 (α, β)→ (π(ξ)(α), π(ζ)(β)) ∈ B(ξ × ζ),

ξ × ζ = (E(ξ × ζ)π(ξ×ζ)−−−−−→ B(ξ × ζ)) e un fibrato differenziabile.

Se ξ e ζ sono localmente banali con fibre tipiche F(ξ) ed F(ζ) rispettivamente,allora anche ξ × ζ e localmente banale, con fibra tipica F(ξ) × F(ζ).

Definizione 7.5. Il fibrato differenziabile ξ × ζ descritto nella Proposizione 7.4 sidice prodotto cartesiano dei fibrati ξ e ζ.

Proposizione 7.5 (pullback). Sia ξ un fibrato differenziabile, M una varieta diffe-renziabile ed f : M → B(ξ) un’applicazione differenziabile. Poniamo

E( f ∗ξ) = (p, τ) ∈ M × E(ξ) | f (p) = π(ξ)(τ),

π( f ∗ξ) : E 3 (p, τ) −→ p ∈ M.

Allora f ∗ξ = E( f ∗ξ)π( f ∗ξ)−−−−−→ M e un fibrato differenziabile con base M.

Se ξ e localmente banale con fibra tipica F, anche f ∗ξ e localmente banalecon fibra tipica F.

Definizione 7.6. Il fibrato f ∗ξ descritto nella Proposizione 7.5 si dice l’immagineinversa, o pullback, di ξ mediante l’applicazione f .

Definizione 7.7. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili sulla stessa base B(ξ1) =

B(ξ2) = M. Chiamiamo somma di Whitney dei fibrati ξ1 e ξ2, ed indichiamo conξ1 ⊕M ξ2, l’immagine inversa del fibrato ξ1 × ξ2 mediante l’immersione canonicaι : M 3 p→ (p, p) ∈ M × M di M nella diagonale di M × M.

Abbiamo, in modo canonico,

E(ξ1 ⊕M ξ2) ' (τ1, τ2) ∈ E(ξ1) × E(ξ2) | π(ξ1)(τ1) = π(ξ2)(τ2),π(ξ1 ⊕M ξ2)(τ1, τ2) = π(ξ1)(τ1) = π(ξ2)(τ2), ∀(τ1, τ2) ∈ E(ξ1 ⊕M ξ2).

Osserviamo che, per le Proposizioni 7.3, 7.4, 7.5, se ξ1 e ξ2 sono localmentebanali con fibre tipiche F1 ed F2 rispettivamente, la loro somma di Whitney ξ1⊕Mξ2e ancora localmente banale, con fibra tipica F1 × F2.

Page 114: Nacinovich - Geometria differenziale

114 7. FIBRATI VETTORIALI

Definizione 7.8. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili. Un morfismo di fibratidifferenziabili ( f , φ) : ξ1 → ξ2 e il dato di una coppia di applicazioni differenziabilif : E(ξ1)→ E(ξ2) e φ : B(ξ1)→ B(ξ2) che rendano commutativo il diagramma

(1.4)

E(ξ1)f

−−−−−→ E(ξ2)

π(ξ1)y yπ(ξ2)

B(ξ1) −−−−−→φ

B(ξ1).

Abbiamo

Lemma 7.6. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili.Se f : E(ξ1)→ E(ξ2) e un’applicazione differenziabile ed

f (E(ξ1)p) ⊂ E(ξ2) f (p), ∀p ∈ B(ξ1),

allora esiste un unico morfismo di fibrati differenziabili ( f , φ) : ξ1 → ξ2 che inducaf sugli spazi totali.

Dimostrazione. L’unicita e ovvia, in quanto la φ si ottiene per passaggio alquoziente rispetto alle proiezioni sulle basi. Per dimostrare che φ e differenziabile,basta osservare che, se s ∈ Γξ1(U, E(ξ1)) per un aperto U di B(ξ1), allora φ|U =

π(ξ2) s, onde φ e differenziabile su U.

Proposizione 7.7. Sia ( f , φ) : ξ1 → ξ2 un morfismo di fibrati differenziabili. Se f :E(ξ1)→ E(ξ2) e un diffeomorfismo, anche φ : B(ξ1)→ B(ξ2) e un diffeomorfismo,e la ( f −1, φ−1) : ξ2 → ξ1 e un morfismo di fibrati differenziabili.

Dimostrazione. Chiaramente φ e bigettiva. Se W e un aperto di B(ξ2) ed s2 ∈

Γξ2(W, E(ξ2)), allora φ−1|W = f −1 s2 dimostra che φ−1 e anche differenziabile.

Definizione 7.9. Un isomorfismo di fibrati differenziabili e un morfismo ( f , φ) :ξ1 → ξ2 per cui f : E(ξ1)→ E(ξ2) sia un diffeomorfismo.

Un isomorfismo di fibrati differenziabili ( f , φ) : ξ1 → ξ2 con B(ξ1) = B(ξ2) =

M e φ = idM si dice un’equivalenza.

2. Fibrati vettoriali differenziabili

Definizione 7.10. Un fibrato vettoriale differenziabile di rango n e il dato di unfibrato differenziabile ξ = E

π−→ B di rango n e di una struttura di spazio vettoriale

reale di dimensione n su ogni fibra Ex := π−1(x), compatibile con la strutturadifferenziabile. Cio significa che le applicazioniE ⊕M E 3 (v,w)→ v + w ∈ E,

R × E 3 (k, v)→ k · v ∈ E

sono differenziabili.

Proposizione 7.8. Ogni fibrato vettoriale differenziabile di rango n e localmentebanale con fibra tipica Rn.

Page 115: Nacinovich - Geometria differenziale

3. MORFISMI E OPERAZIONI DI FIBRATI VETTORIALI 115

Dimostrazione. Sia ξ = Eπ−→ B un fibrato differenziabile vettoriale di rango

n. Dato un punto p0 ∈ B, fissiamo una R-base e1, . . . , en di Ep0 . Per il Lemma7.1 possiamo trovare un intorno aperto U di p0 in B e sezioni ηi ∈ Γξ(U, E) conηi(p0) = ei per i = 1, . . . , n. Per continuita, l’insieme U0 dei punti p di U in cuiη1(p), . . . , ηn(p) sono ancora linearmente indipendenti e un intorno aperto di p0 inB. Allora la

U0 × Rn 3 (p; v1, . . . , vn) −→

∑n

i=1viηi(p) ∈ π−1(U0)

e una trivializzazione locale differenziabile di ξ in un intorno aperto del puntop0.

Se V,W sono spazi vettoriali reali della stessa dimensione n, indichiamo conIsoR(V,W) l’insieme degli isomorfismi R-lineari di V in W.

Definizione 7.11. Una trivializzazione locale di un fibrato vettoriale differenziabileξ = (E

π−→ B) e una trivializzazione locale

(2.1) φ : U × Rn → E|Udi ξ compatibile con la struttura lineare, che sia cioe lineare sulle fibre.

Potremo quindi scrivere1

(2.2) φ(p, v) = φ(p)v, con σ(p) ∈ IsoR(Rn, Ep) ∀p ∈ U.

Un atlante di trivializzazione di un fibrato vettoriale differenziabile ξ e unatlante di trivializzazione di ξ in cui tutte le trivializzazioni locali siano compatibilicon la struttura lineare.

Chiameremo funzioni di transizione dell’atlante di trivializzazione A = (Ua, φa)del fibrato vettoriale differenziabile ξ = (E

π−→ B), le applicazioni2 gα,β ∈ C∞(Ua ∩

Ub,GL(n,R)), definite da

(2.3) ga,b(p) = φα(p)−1 φb(p), ∀p ∈ Ua ∩ Ub

si dicono le funzioni di transizione dell’atlante A .

3. Morfismi e operazioni di fibrati vettoriali

Siano ξ1 e ξ2 due fibrati vettoriali differenziabili.

Definizione 7.12. Un morfismo di fibrati differenziabili ( f , φ) : ξ1 → ξ2 si dice unmorfismo di fibrati vettoriali reali differenziabili se e lineare sulle fibre, se cioe perogni p ∈ B(ξ1) l’applicazione E(ξ1)p 3 v→ f (v) ∈ E(ξ2)φ(p) e lineare.

Se inoltre la f : E(ξ1) → E(ξ2) e un diffeomorfismo, allora anche ( f −1, φ−1) :ξ2 → ξ1 e un morfismo di fibrati vettoriali differenziabili.

In questo caso diremo che ( f , φ) : ξ1 → ξ2 e un isomorfismo di fibrati vettorialireali differenziabili.

1Le p → φ(p) sono sezioni del fibrato vettoriale ξ ⊗B ξ∗, che sara definito nel paragrafo

successivo.2Osserviamo che GL(n,R) e un aperto di Rn2

, e quindi una varieta differenziabile di dimensionen2.

Page 116: Nacinovich - Geometria differenziale

116 7. FIBRATI VETTORIALI

Se, ancora, B(ξ1) = B(ξ2) = M e φ = idM, diremo che la ( f , idM) : ξ1 → ξ2 eun’equivalenza di fibrati vettoriali reali.

Dire che un fibrato differenziabile ξ di rango n e trivializzabile equivale dunquea dire che e isomorfo al fibrato differenziale triviale B(ξ)×V , con V spazio vettorialereale di dimensione n.

Le costruzioni dell’algebra lineare si estendono in modo naturale ai fibrativettoriali.

Fibrato duale. Sia ξ = Eπ−→ B un fibrato vettoriale reale di rango n. Sia

E∗ =⊔

p∈BE∗p

l’unione disgiunta dei duali degli spazi vettoriali Ep, al variare di p nella base B.Indichiamo ancora con π : E∗ → B l’applicazione che associa il punto p ∈ B

ad η ∈ E∗p ⊂ E∗.Se A = (Ua, ψa) | a ∈ A e un atlante di trivializzazione per ξ, per ogni punto

p ∈ Ua laψa(p) : Rn 3 v→ ψa(p, v) ∈ Ep

e un isomorfismo lineare. La sua trasposta (ψ(p))∗ : E∗p → (Rn)∗ ' Rn e ancora unisomorfismo lineare.

Possiamo cosı definire su ξ∗ = E∗π−→ B un’unica struttura di fibrato vettoriale

differenziabile, per cui A ∗ = (Ua, ψ∗a) | a ∈ A, ove

ψ∗a : Ua × Rn 3 (p, v∗)→ [(ψa(p))∗]−1v∗ ∈ E∗|Ua ,

sia un atlante di trivializzazione.

Definizione 7.13. Dato un fibrato vettoriale differenziabile ξ, il fibrato vettorialedifferenziabile ξ∗ definito sopra si dice il fibrato duale di ξ.

Proposizione 7.9. Ogni fibrato vettoriale e equivalente al suo fibrato duale.

Dimostrazione. Sia ξ un fibrato vettoriale di rango n ed A = (Ua, ψa) | a ∈ Aun suo atlante di trivializzazione. Sia φa una partizione dell’unita subordinata adUa | a ∈ A con φa ∈ C∞(B(ξ)) e φa ≥ 0 su B(ξ). Definiamo un prodotto scalaresulle fibre di ξ mediante

(v1|v2) =∑

p∈Uaφa(p) · (prRn(ψa(v1)|prRn(ψa(v2))Rn ,

∀p ∈ B(ξ), ∀v1, v2 ∈ E(ξ)p.

Il prodotto scalare definisce un isomorfismo (di Riesz) ρp : Ep → E∗p per ognip ∈ M, che ci da un’equivalenza (ρ, idB) : ξ → ξ∗.

Definizione 7.14. Sia M una varieta differenziabile e T Mπ−→ M il suo fibrato tan-

gente. Il fibrato duale T ∗Mπ−→ M del fibrato tangente si dice il fibrato cotangente

su M.

Page 117: Nacinovich - Geometria differenziale

4. FIBRATI VETTORIALI E FIBRATO TANGENTE 117

Somma diretta. Se ξ1, ξ2 sono fibrati vettoriali, di ranghi n1 ed n2 rispetti-vamente, allora il prodotto ξ2 × ξ2 ha una struttura naturale di fibrato vettoriale dirango n1 + n2, con fibra sopra il punto (p1, p2) ∈ B(ξ1) × B(ξ2) uguale allo spaziovettoriale somma diretta E(ξ1)p1 ⊕ E(ξ2)p2 .

Se ξ1 e ξ2 hanno la stessa base B(ξ1) = B(ξ2) = M, allora la somma di Whitneyξ1 ⊕M ξ2 e un fibrato vettoriale differenziabile di rango n1 + n2.

Prodotto tensoriale. Dati due fibrati vettoriali differenziabili ξ1, ξ2, di ranghin1 ed n2 rispettivamente, con basi B(ξ1) = B1 e B(ξ2) = B2, definiamo il loroprodotto tensoriale ξ1 ⊗ ξ2 come il fibrato vettoriale differenziabile di rango n1n2con base B1 × B2 e fibra su E(ξ1)p1 ⊗R E(ξ2)p2 sul punto (p1, p2) ∈ B1 × B2. SeB1 = B2 = M, indichiamo con ξ ⊗M ξ2 l’immagine inversa di ξ1 ⊗ ξ2 rispettoall’immersione p → (p, p) di M nella diagonale di M × M. Esso si dice prodottodi Whitney dei fibrati ξ1 e ξ2.

Fibrati tensoriali. Le operazioni di somme dirette, prodotti tensoriali, som-me e prodotti di Whitney di fibrati vettoriali differenziabili sono associative ecommutative, a meno di equivalenze.

In particolare, fissati due interi non negativi r, s possiamo definire, a partire daun fibrato vettoriale reale ξ = E

π−→ B di rango n, un fibrato vettoriale differenziabile

τr,s(ξ) sulla stessa base B, di rango n(r + s), con spazio totale

T r,s(E) =⊔

p∈BEp ⊗ · · · ⊗ Ep︸ ︷︷ ︸

r volte

⊗ E∗p ⊗ · · · ⊗ E∗p︸ ︷︷ ︸s volte

.

Possiamo descrivere la sua struttura di fibrato vettoriale differenziabile a partire daun atlante di trivializzazione A = (Ua, ψa) | a ∈ A di ξ. L’atlante corrispondenteT r,sA = (Ua, ψ

(r,s)a ) | a ∈ A di τr,s(ξ) consiste delle carte

Ua × (Rn)⊗r ⊗ (Rn)⊗s3 (p, t, σ)→ (ψa(p))⊗

rt ⊗ ([ψa(p)∗]−1)⊗

sσ ∈ T r,s(E)|Ua .

Il fibrato vettoriale τr,s(ξ) ha rango n(r + s) e si dice la potenza tensoriale r-covariante ed s-controvariante di ξ.

Definizione 7.15. Se M e una varieta differenziabile di dimensione m, il fibratoτr,s(T M

π−→ M) si indica con T r,sM

π−→ M e si dice il fibrato dei tensori r-covarianti

ed s-controvarianti su M.

4. Fibrati vettoriali e fibrato tangente

Definizione 7.16. Sia ξ = Eπ−→ M un fibrato differenziabile. Il fibrato verticale su

E e il nucleo del differenziale della proiezione sulla base:

(4.1) VE = v ∈ T E | dπ(v) = 0.

Supponiamo ora che Eπ−→ M sia un fibrato vettoriale. Possiamo identificare M

alla sezione nulla di E, mediante l’applicazione

(4.2) ι : M 3 x→ 0x ∈ E.

Abbiamo allora

Page 118: Nacinovich - Geometria differenziale

118 7. FIBRATI VETTORIALI

Proposizione 7.10. Ogni fibrato vettoriale ξ = Eπ−→ M e equivalente al pullback

su M, mediante l’inclusione (4.2), del suo fibrato verticale.

Dimostrazione. Sia x ∈ M e v ∈ E. Associamo a v il vettore ~v ∈ V0x E definitoda

~v f =ddt

f (t v)|t=0.

Otteniamo cosı un’applicazione E → VE|M = ι∗(VE), che si verifica facilmenteessere un’equivalenza di fibrati vettoriali.

Proposizione 7.11. Se ξ = Eπ−→ M e un fibrato vettoriale differenziabile, allo-

ra la restrizione di T E ad M (cioe il suo pullback mediante l’inclusione (4.2)) eequivalente alla somma diretta di T M e della restrizione ad M del fibrato verticale:

(4.3) T E|M ' T M ⊕M VE|M.

Utilizzando le proposizioni 7.10 e 7.11 ed il teorema d’immersione di Whitneyotteniamo il

Teorema 7.12. Sia ξ1 = E1π1−−→ M un fibrato vettoriale differenziabile. Possiamo

allora trovare un fibrato vettoriale differenziabile ξ2 = E2π2−−→ M sulla stessa base

M tale che la somma di Whitney ξ1 ⊕M ξ2 sia equivalente ad un fibrato banale.

Dimostrazione. Per il teorema d’immersione di Whitney possiamo trovare undiffeomorfismo Φ : E1 → Q ⊂ R` tra E1 ed una sottovarieta differenziabile propriaQ di uno spazio Euclideo R`. Per ogni punto y ∈ Q identifichiamo lo spaziotangente TyQ ad un sottospazio dello spazio Euclideo R`. Definiamo quindi ilfibrato vettoriale NQ mediante

(4.4) NQ = (y,w) ∈ Q × R` | w ⊥ TyQ.

In ogni punto y di Q abbiamo allora

TyR` ' R` = TyQ ⊕ NyQ.

D’altra parte, se x ∈ M, nel punto y = Φ(x) ∈ Φ(M) ⊂ Q, abbiamo

TyQ = dΦ(TxM) ⊕ Φ(VxE1),

da cui ricaviamo che

Φ∗(TR`|Φ(M)) ' VE1|M ⊕M T M ⊕M (Φ∗NQ|Φ(M))

' E1 ⊕M(T M ⊕M (Φ∗NQ|Φ(M))

).

Poiche TR` ' R` × R` e un fibrato banale, ed il pullback di un fibrato banale eancora banale, questo completa la dimostrazione del teorema.

Page 119: Nacinovich - Geometria differenziale

6. CLASSI DI ISOMORFISMO DI FIBRATI VETTORIALI 119

5. Norme differenziabili e strutture Euclidee

Sia ξ = (Eπ−−→ B) un fibrato vettoriale. Indichiamo con 0E la sua sezione nulla.

Definizione 7.17. Una norma differenziabile su ξ e un’applicazione reale continuae non negativa ‖ ‖E ∈ C 0(E,R) che goda delle proprieta:

‖q‖E > 0 se q < 0E ,(5.1)‖k q‖E = |k| ‖q‖E ∀k ∈ R, ∀q ∈ E,(5.2)

‖q1 + q2‖E ≤ ‖q1‖E + ‖q2‖E , ∀p ∈ B, ∀q1, q2 ∈ Ep, ‖ ‖2E ∈ C∞(E).(5.3)

Definizione 7.18. Una struttura Euclidea su ξ e un’applicazione differenziabile

E ⊕B E 3 (q1, q2) −→ (q1|q2)E ∈ R

bilineare simmetrica, definita positiva. Valgono cioe

(q1, q2)E = (q2|q1)E , ∀(q1, q2) ∈ E ⊕B E,(5.4)(q1 + q2, q3)E = (q1|q3)E + (q2|q3)E , ∀p ∈ B, ∀q1, q2, q3 ∈ Ep,(5.5)(kq1|q2)E = k(q1|q2)E , ∀k ∈ R, ∀(q1, q2) ∈ E ⊕B E,(5.6)(q|q)E > 0 ∀q ∈ E \ OE .(5.7)

Osserviamo che, data una struttura Euclidea ( | )E su ξ, la ‖q‖E =√

(q|q)E ≥ 0e una norma differenziabile su ξ.

L’esistenza di norme differenziabili e garantita quindi dalla

Proposizione 7.13. Ogni fibrato vettoriale ξ ammette una struttura Euclidea.

Dimostrazione. Sia A = (Ui, φi)i∈I un atlante di trivializzazione di ξ. Se ξha rango k, per ogni i la

φi : π−1(Ui) 3 q −→ (π(q), φi(q)) ∈ Ui × Rk

e un’equivalenza di fibrati vettoriali. Se χi ⊂ C∞(B) e una partizione dell’unitasu B subordinata al ricoprimento Uii∈I , la

(q1|q2)E =∑

π(q1)∈Uiχi(π(q1)) (φi(q1)|φi(q2))Rk , ∀(q1, q2) ∈ E ⊕B E,

definisce una struttura Euclidea su ξ.

Definizione 7.19. Una struttura Euclidea sul fibrato tangente di una varieta M sidice una struttura Riemanniana su M.

6. Classi di isomorfismo di fibrati vettoriali

Ricordiamo che, se ξ = Eπ−→ M e un fibrato vettoriale differenziabile di rango

k, con base M, data un’altra varieta differenziabile N ed un’applicazione differen-ziabile f : N → M di N nella base di ξ, il pullback f ∗ξ e il fibrato differenziabiledi rango k su N, con spazio totale f ∗E e proiezione π f definiti da

(6.1)

f ∗E := E( f ∗ξ) = (x, v) ∈ N × E | π(v) = f (x),π f := π( f ∗ξ)(x, v) = x, ∀(x, v) ∈ E( f ∗ξ).

Page 120: Nacinovich - Geometria differenziale

120 7. FIBRATI VETTORIALI

Se abbiamo una composizione di applicazioni differenziabili

M′′g

−−−−−→ M′f

−−−−−→ M

ed un fibrato vettoriale ξ = Eπ−→ M su M, allora

( f g)∗ξ ≡ g∗ f ∗ξ

sono canonicamente equivalenti: infatti

E(( f g)∗ξ) = (x, v) ∈ M′′ × E | f (g(x)) = π(v),

E(g∗ f ∗ξ) = (x, (y, v)) ∈ M′′ × M′ × E | g(x) = y, f (y) = π(v)

e l’equivalenza e definita dall’applicazione (x, (y, v)) = (x, ( f (x), v))→ (x, v).Indichiamo con Veck(M) la collezione delle classi di isomorfismo dei fibra-

ti vettoriali di rango k sulla varieta M. Possiamo considerarlo come un insiemepuntato, ove il punto base e costituito dalla classe d’equivalenza del fibrato banaleM×Rk πM

−−→ M. L’osservazione che abbiamo fatto sopra si puo esprimere mediantela

Proposizione 7.14. Veck( · ) e un funtore dalla categoria delle varieta ed appli-cazioni differenziabili alla categoria degli spazi puntati e delle applicazioni chepreservano i punti base.

Abbiamo la

Proposizione 7.15 (proprieta d’omotopia dei fibrati vettoriali). Siano M ed N va-rieta differenziabili, con M compatta. Se f0, f1 : M → N sono due applicazionidifferenziabili omotope e ξ = E

πN−−→ N e un fibrato vettoriale su N, allora i fibrati

f ∗0 ξ ed f ∗1 ξ sono isomorfi.

Dimostrazione. Sia F : M × I 3 (x, t) → ft(x) ∈ N un’omotopia di classeC∞ tra f0 ed f1. Indichiamo con prM : M × I 3 (x, t) → x ∈ M la proiezione sulprimo fattore. Per dimostrare il teorema, sara sufficiente verificare che, se per unt0 ∈ [0, 1] il fibrato f ∗t ξ e isomorfo ad un fibrato vettoriale ζ su M, cio e ancoravero per tutti i fibrati f ∗t ξ con t ∈ [0, 1] e |t − t0| < ε per qualche ε > 0.

Consideriamo sulla varieta compatta con bordo3 M × I i due fibrati vettorialiF∗ξ e pr∗Mζ e il fibrato principale Iso(F∗ξ, pr∗Mζ), la cui fibra su (x, t) e l’insieme ditutti gli isomorfismi lineari λx : E( f ∗t ξ)x → E(ζ)x. Per ipotesi questo fibrato ha unasezione σ su M × t0. Il fibrato principale Iso( f ∗E, p∗MF) e un aperto del fibratovettoriale

η = Hom(F∗ξ, pr∗Mζ) = (pr∗Mζ)∗ ⊗M×I F∗ξ.La sezione σ si estende a una sezione globale σ di η su M × I. La σ sara ancorauna sezione di Iso(F∗ξ, pr∗Mζ) su un intorno aperto di M × t0. Per la compattezzadi M, questo intorno conterra M × t per tutti i t ∈ [0, 1] con |t − t0| < ε per qualcheε > 0.

3Per evitare di utilizzare nella dimostrazione la varieta compatta a bordo M × I, possiamoosservare che l’omotopia F = ( ft) : M × I → N si estende ad un’applicazione differenziabileF : M × R→ N, e ragionare sulla varieta differenziabile senza bordo M × R.

Page 121: Nacinovich - Geometria differenziale

7. FIBRATI VETTORIALI SULLE SFERE 121

Osservazione 7.16. La proposizione vale anche senza l’ipotesi di compattezza suM. Ricordiamo che tutte le varieta che consideriamo supponiamo siano paracom-patte.

Corollario 7.17. Ogni fibrato vettoriale sopra una varieta contrattile e isomorfoal fibrato banale.

Esempio 7.1. Veck(S 1) si puo identificare alle classi di omotopia di applicazionif : ±1 → GL(k,R) che mandano il punto 1 in Ik. Esso consiste quindi di duepunti se k ≥ 1. Nel caso k = 1 i due fibrati corrispondono rispettivamente alcilindro (caso orientabile) e al nastro di Mobius (caso non orientabile).

7. Fibrati vettoriali sulle sfere

Decomponiamo la sfera

S n =(x0, x1, . . . , xn)

∣∣∣∑n

h=0x2

h = 1⊂ Rn+1

nell’unione di due celle chiuse:

S n = Dn+ ∪ Dn

−, con Dn+ = x ∈ S n | x0 ≥ 0, Dn

− = x ∈ S n | x0 ≤ 0.

SiaS n−1 = Dn

+ ∩ Dn− = x ∈ S n | x0 = 0.

Data un’applicazione continua f : S n−1 → GL(k,R), possiamo definire un fibratovettoriale di rango r su S n incollando i fibrati banali D+

n × Rk e D−n × R

k mediantela funzione d’incollamento che associa ad (x, v) ∈ S n−1 ×Rk ⊂ D+

n ×Rk l’elemento

(x, f (x)v) ∈ S n−1 × Rk ⊂ D−n × Rk. La f e detta la funzione di clutching4. Si

dimostra facilmente che

Lemma 7.18. Siano f0, f1 : S n−1 → GL(k,R) due funzioni di clutching. Se f0 edf1 sono omotope, allora i fibrati vettoriali E f1 ed E f2 sono equivalenti. Abbiamoquindi un’applicazione naturale

(7.1) π(S n−1,GL(k,R)) −→ Veck(S n).

Poiche Dn+ e Dn

− sono contrattili, i fibrati vettoriali con basi Dn+ e Dn

− sonobanali. Da questa osservazione segue il

Lemma 7.19. L’applicazione (7.1) e surgettiva.

Lo studio dell’applicazione (7.1) e complicato dal fatto che il gruppo GL(k,R)ha due componenti connesse. E quindi conveniente considerare dapprima i fibrativettoriali orientati.

Indichiamo con Vec+k (M) le classi di equivalenza di fibrati vettoriali orientati di

rango k sulla varieta differenziabile M. Sia GL+(k,R) il gruppo degli endomorfismilineari di Rk con determinante positivo. Abbiamo allora

Proposizione 7.20. L’applicazione π(S n−1,GL+(k,R))→ Vec+k (S n) e bigettiva.

4“clutch” e in inglese la frizione.

Page 122: Nacinovich - Geometria differenziale

122 7. FIBRATI VETTORIALI

Per analizzare Veck(S n), introduciamo lo spazio Vec0k(S n) che consiste delle

classi di equivalenza di fibrati vettoriali di rango k su S n che hanno un’orientazioneassegnata sul punto e1 ∈ S n−1 ⊂ S n. Scegliendo le trivializzazioni su Dn

± chemantengono questa orientazione assegnata, le abbiamo fissate entrambe a meno diomotopia. Otteniamo cosı

Lemma 7.21. Vi e una bigezione naturale

π(S n−1, e1; GL(k,R),GL+(k,R))→ Vec0k(S n).

Se n ≥ 2, S n−1 e connesso ed abbiamo quindi:

Lemma 7.22. Se n ≥ 2, vi e una bigezione naturale

π(S n−1,GL+(k,R))→ Vec0k(S n).

Quindi l’applicazione naturale Vec+k (S n) → Vec0

k(S n) e una bigezione. Nesegue che

Proposizione 7.23. Se n ≥ 2, ogni fibrato vettoriale reale e orientabile, ed haesattamente due orientazioni, che dipendono dalla scelta dell’orientazione su unasingola fibra. L’applicazione (7.1) ha fibre che hanno al piu due elementi. Hannoun solo elemento le fibre che corrispondono a fibrati vettoriali che ammettono unautomorfismo che inverte l’orientazione delle fibre, due elementi altrimenti.

Osservazione 7.24. Poiche SO(k) e un retratto di deformazione di GL+(k,R),abbiamo

π(S n−1,GL+(k,R)) ' π(S n−1,SO(k)) ' πn−1(SO(k)).

Page 123: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 8

Fibrato normale e intorno tubolare

1. Il fibrato normale

Sia M una sottovarieta differenziabile di dimensione m di una varieta differen-ziabile N, di dimensione n. Indichiamo con1 TMN la restrizione ad M del fibratotangente di N, che possiamo identificare al pullback di T N su M rispetto all’inclu-sione M → N. Il differenziale dell’inclusione identifica il fibrato tangente T M diM ad un sottofibrato di TMN.

Definizione 8.1. Il fibrato normale di M in N e il quoziente

νN M = TMN/T M

della restrizione ad M del fibrato tangente di N rispetto al fibrato tangente di M.Abbiamo quindi la successione esatta di fibrati vettoriali

(1.1) 0 −−−−−→ T M −−−−−→ TMN −−−−−→ νN M −−−−−→ 0.

In uno spazio Euclideo Rn abbiamo un’identificazione naturale di TRn con ilprodotto cartesiano Rn × Rn. Alla coppia (p, v) ∈ Rn × Rn facciamo corrispondereil vettore tangente

~vp f = limt→0f (p + tv) − f (p)

t, ∀ f ∈ C∞(Rn).

Se M e una sottovarieta differenziabile di Rn, allora

νRn M = (p, v + TpM) | p ∈ M, v ∈ Rn.

Lemma 8.1. Se M e una sottovarieta differenziabile di dimensione m di uno spazioEuclideo Rn, allora

(1.2) T⊥Rn M = (p, v) ∈ M × Rn | v ⊥ TpM

e un fibrato vettoriale di rango n−m su M, canonicamente isomorfo al fibratonormale νRn M.

Dimostrazione. Si verifica che la restrizione a T⊥Rn M della proiezione nel quo-ziente

TMRn = M × Rn 3 (p, v) −→ v + TpM ∈ νRn M

e un’equivalenza di fibrati vettoriali.

Definizione 8.2. Il fibrato T⊥Rn M descritto dal Lemma 8.1 si dice il fibrato ortogo-nale di M in Rn.

1Per semplicita, indicheremo a volte con lo stesso simbolo sia il fibrato che il suo spazio totale.

123

Page 124: Nacinovich - Geometria differenziale

124 8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

Siano M, N due varieta differenziabili ed f ∈ C∞(M,N) un’immersione di Min N. La f definisce un’inclusione f : T M → f ∗T N di fibrati vettoriali, medianteil diagramma commutativo

T Mf∗ //

f ##HHHHHHHHH T N

f ∗T MπT N

;;wwwwwwwww

ove

πT N : f ∗T N = (p, v) ∈ M × T N | π(v) = f (p) 3 (p, v) −→ v ∈ T N.

L’inclusione f ci permette di identificare f (T M) ad un sottofibrato vettoriale dif ∗T M.

Definizione 8.3. Chiamiamo fibrato normale dell’immersione f il fibrato quozien-te ν f S = f ∗T N/ f (T M).

2. Estensione di inclusioni differenziabili

Ci sara utile nel seguito il seguente

Lemma 8.2. Siano N0,N1 due varieta differenziabili, M una sottovarieta local-mente chiusa di dimensine di N0, ed f ∈ C∞(N0,N1) un’applicazione differenzia-bile tale che

f |M e iniettiva,(2.1)ker d f (p) = 0, ∀p ∈ M.(2.2)

Allora f e un’inclusione differenziabile di un intorno aperto U ⊂ N0 di M in N1.

Dimostrazione. Sostituendo ad N0 un intorno aperto di M in N0, ci ricondu-ciamo al caso in cui M sia una sottovarieta propria di N0. Utilizzando poi il teore-ma d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N0 ed N1 siano sottovarietaproprie di spazi Euclidei R`0 , R`1 .

Dato un compatto K in N0 ed un numero reale r > 0 indichiamo con K(r) ilcompatto

K(r) = p ∈ N0 | dist(p,K) ≤ r.

Utilizzeremo per la dimostrazione il seguente

Sublemma 8.3. Per ogni compatto K contenuto in N con le proprieta:

(2.3) ker d f (p) = 0, ∀p ∈ K, f (p) , f (q) se p, q ∈ K e p , q,

possiamo trovare due costanti positive r, c > 0 tali che

(2.4)

ker d f (p) = 0, ∀p ∈ K(r),| f (p) − f (q)| ≥ c|p − q|, ∀p, q ∈ K(r).

Page 125: Nacinovich - Geometria differenziale

3. INTORNI TUBOLARI 125

Dimostrazione. Infatti, per il Lemma 5.3, esistono costanti r1, c1 > 0 tali che

(2.5)

ker d f (p) = 0, ∀p ∈ K(r1),| f (p) − f (q)| ≥ c1|p − q|, se p, q ∈ K(r1) e |p − q| ≤ r1.

La funzione(p, q) −→

| f (p) − f (q)||p − q|

e poi definita e continua su N0 × N0 \ ∆N0 ed ha quindi un minimo positivo sulcompatto (p, q) ∈ K × K | |p − q| ≥ r1. Essa rimarra quindi positiva in un intornodi tale compatto. Possiamo allora trovare 0 < r ≤ r1 e 0 < c ≤ c1 tali che

| f (p) − f (q)| ≥ c|p − q|, ∀p, q ∈ K(r), con |p − q| ≥ r1.

Insieme alle (2.5), questa ci da le (2.4).

Sia ora Kaa≥0 una successione di compatti di M con M =⋃

aKa. Possiamocostruire per ricorrenza due successioni di numeri positivi ra, ca e di compattiLa di N0 tali che

La = (Ka ∪ La−1)(ra) = p ∈ N0 | dist(p,Ka ∪ La−1) ≤ ra,

ker d f (p) = 0, ∀p ∈ La, | f (p) − f (q)| ≥ ca|p − q|, ∀p, q ∈ La.

Allora⋃

aLa e un intorno di M in N0 ed e sufficiente scegliere un intorno apertoU0 di M in N0 affinche la restrizione di f determini un diffeomorfismo di U0 su unaperto U1 di N1.

3. Intorni tubolari

Definizione 8.4. Siano N una varieta differenziabile ed M una sua sottovarietadifferenziabile. Un intorno tubolare di M in N e un fibrato vettoriale differenziabileτ di base M il cui spazio totale U sia un intorno aperto di M in N.

Esempio 8.1. Lo spazio totale E(ξ) di un fibrato vettoriale ξ e intorno tubolare inE(ξ) della sua sezione nulla.

Esempio 8.2. U = Rn+1\0 e intorno tubolare in Rn+1 di S n. La struttura di fibratovettoriale in rette di U su S n e descritta dal diffeomorfismo di trivializzazione

U 3 x −→(

x|x|, log |x|

)∈ S n × R.

Esempio 8.3. Consideriamo il toro

M =

(x, y, z) ∈ R3

∣∣∣∣∣∣∣(√

x2 + y2 − 2)2

+ z2 = 1

.Un suo intorno tubolare in R3 e

U = (x, y, z) ∈ R3 | x2 + y2 > 0 ∩ (x, y, z) ∈ R3 | (x2 + y2 − 2)2 + z2 > 0.

Infatti, l’applicazione

M × R 3 ((x, y, z), t) −→ (1 − et)2(x, y, 0)√

x2 + y2+ et(x, y, z) ∈ U

Page 126: Nacinovich - Geometria differenziale

126 8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

e un diffeomorfismo che definisce su U una struttura di fibrato vettoriale banale,con sezione nulla M.

Esempio 8.4. Siano m, n due interi con 0 ≤ m < n e sia Σ un sottospazio proiettivodi dimensione m di RPn. Scegliamo un sottospazio proiettivo Σ′ di dimensione(n−m− 1) di RPn che non intersechi Σ. Per ogni q ∈ RPn \ Σ′ il sottospazioproiettivo di dimensione (n−m) di RPn generato da q e da Σ′ interseca Σ in un unicopunto p = π(q). La τ = (RPn \ Σ′

π−−→ Σ) e un intorno tubolare di Σ in RPn.

Esempio 8.5. Siano m, n due interi con 0 ≤ m < n e sia Σ un sottospazio proiettivocomplesso di dimensione m di CPn. Scegliamo un sottospazio proiettivo complessoΣ′ di dimensione (n−m−1) di CPn che non intersechi Σ. Per ogni q ∈ CPn \ Σ′ ilsottospazio proiettivo di dimensione (n−m) di CPn generato da q e da Σ′ intersecaΣ in un unico punto p = π(q). La τ = (CPn \ Σ′

π−−→ Σ) e un intorno tubolare di Σ

in CPn.

Proposizione 8.4. Ogni intorno tubolare di M in N e equivalente al suo fibratonormale in N.

Dimostrazione. Sia τ = (Uπτ−−−→ M) un intorno tubolare di M in N. Per ogni

punto q ∈ U, definiamo un elemento vτ(q) ∈ Tπτ(q)N mediante

vτ(q) f = limt→0f (tq) − f (πτ(q))

t, ∀ f ∈ C∞(N).

L’equivalenza cercata ψ : U → νN M e allora definita dal diagramma commutativo:

U

ψ !!CCCCCCCCvU // TMN

πwwwwwwwww

νN M

in cui abbiamo indicato con π : TMN → νN M la proiezione nel quoziente.

Teorema 8.5 (esistenza dell’intorno tubolare). Ogni sottovarieta localmente chiu-sa ammette un intorno tubolare.

Dimostrazione. Sia M una sottovarieta localmente chiusa di una varieta diffe-renziabile N. Sostituendo ad N un intorno aperto di M in N, possiamo supporreche M sia una sottovarieta propria di N.

Consideriamo dapprima il caso in cui M sia una sottovarieta propria di unospazio Euclideo Rn. Sia

T⊥M = (p, v) ∈ M × R` | v ⊥ TpM

il fibrato normale di M in R`. L’applicazione

φ : T⊥M 3 (p, v) −→ p + v ∈ R`

e differenziabile. Inoltre, φ(p, 0) = p e ker dφ(p, 0) = 0 per ogni p ∈ M. Per ilLemma 8.2, la φ definisce un diffeomorfismo di un intorno aperto V di M × 0 inT⊥M su un intorno U di M in R`. Possiamo supporre che sia

V = (p, v) ∈ T⊥M | |v| < r(p)

Page 127: Nacinovich - Geometria differenziale

3. INTORNI TUBOLARI 127

per una funzione positiva r ∈ C∞(M). La

h : T⊥M 3 (p, v) −→ h(p, v) =

p,r(p) v√1 + |v|2

∈ V

e un diffeomorfismo di T⊥M su V . Allora la composizione

T⊥M h//

ψ

((V

φ// U

e un diffeomorfismo, che definisce su U una struttura di fibrato vettoriale e quindidi intorno tubolare di M in R`.

Consideriamo ora il caso generale. Come abbiamo osservato, possiamo ricon-durci al caso in cui M sia una sottovarieta propria della varieta N.

Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N, equindi anche M, siano sottovarieta proprie di uno spazio Euclideo R`.

Utilizziamo la trivializzazione standard TR` ' R` × R`. Abbiamo quindi leidentificazioni

νR` M ' T⊥R`

M = (p, v) ∈ M × R` | v ⊥ TpM,

νN M ' T⊥N M = (p, v) ∈ M × R` | v ∈ TpN, v ⊥ TpM.

La proiezione ortogonale πp : R` → TpN sulle fibre definisce un epimorfismo difibrati vettoriali π : TMR

` → TMN. Poiche TpM ⊂ TpN per ogni p ∈ M, larestrizione di π e ancora un epimorfismo di fibrati vettoriali

π : T⊥R`

M −→ T⊥N M.

Per la prima parte della dimostrazione, M ha un intorno tubolare UMτM−−−→ M

in R`. Per la Proposizione 8.4 abbiamo un’equivalenza di fibrati vettoriali

φM : UM → T⊥R`

M.

Consideriamo l’applicazione differenziabile ψ : N ∩ UM → T⊥N M definita dallacomposizione

N ∩ UM φM

//

ψ

**T⊥R`

M$// T⊥N M.

La ψ lascia fissi i punti di M e ker dψ(p) = 0 per ogni p ∈ M. Per il Lem-ma 8.2 possiamo trovare una funzione positiva ρ ∈ C∞(M) tale che la ψ sia undiffeomorfismo di un intorno U di M in N sull’intorno aperto

W = (p, v) ∈ T⊥N M | |v| < ρ(p)

della sezione nulla in T⊥N M. La

µ : W 3 (p, v) −→

p,v√

ρ2(p) − |v|2

∈ T⊥N M

Page 128: Nacinovich - Geometria differenziale

128 8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

e un diffeomorfismo. La struttura di fibrato vettoriale su U e definita allora daldiffeomorfismo λ : U → T⊥N M che si ottiene mediante la composizione

Uψ//

λ))

W µ// T⊥N M.

La proiezione nella base di un intorno tubolare Uπτ−−−→ M e una retrazione di

deformazione

Φ(q, t) = (q, t)→ (1 − t) · q ∈ U, per (x, t) ∈ U × [0, 1], 0 · q = πτ(q) ∈ M.

Inoltre, un intorno tubolare identifica in modo canonico il fibrato normale νN Mad un sottofibrato di TMN, perche la restrizione della proiezione nel quozienteker dπτ|M

$−−→ νN M e un’equivalenza di fibrati.

Se M ed N sono orientati, anche νN M ha un’orientazione naturale, che vienescelta per convenzione come quella che rende orientata positivamente la sommadiretta T M ⊕ νN M ' TMN.

Proposizione 8.6. Siano M,N due varieta ed f ∈ C∞(M,N) un’inclusione diffe-renziabile propria. Allora f si estende ad un’inclusione differenziabile f di ν f Min N, che ha per immagine un intorno tubolare di f (M) in N.

Dimostrazione. Poiche f e un’inclusione differenziabile propria, l’immaginef (M) di M e una sottovarieta propria di N e la f∗ : T M → T f (M)N definisce perpassaggio al quoziente un isomorfismo tra i fibrati vettoriali f ∗νN f (M) ' ν f M e

νN f (M). Per il Teorema 8.5, f (M) ha un intorno tubolare Uπτ−−−→ f (M) in N e,

per la Proposizione 8.4 esso e equivalente al fibrato νN f (M). Per composizione,otteniamo un diffeomorfismo di ν f M su U.

4. Unicita dell’intorno tubolare

L’unicita dell’intorno tubolare e conseguenza del seguente

Teorema 8.7. Siano N una varieta differenziabile di dimensione n, M una sua sot-

tovarieta propria di dimensione m e ξ = (Eπξ−−−→ M) un fibrato vettoriale di rango

k ≤ n−m, con base M, il cui spazio totale E sia una sottovarieta differenziabile diN. Se τ = (U

πτ−−−→ M) e un intorno tubolare di M in N, allora esiste un’isotopia

F ∈ C∞(E × [0, 1],N) dell’inclusione differenziabile E → N tale che

F0 = idE , F1(E) ⊂ U, Ft(p) = p, ∀t ∈ [0, 1], ∀p ∈ M,F1 : E → U sia un monomorfismo di fibrati vettoriali.

Dimostrazione. Indichiamo con ~vξ : E → VE|M l’applicazione che associa adogni punto q di E il corrispondente vettore tangente verticale nel punto πξ(q) di M,

Page 129: Nacinovich - Geometria differenziale

4. UNICITA DELL’INTORNO TUBOLARE 129

con $ : TMN → νN M la proiezione nel quoziente e con h : νN M → U l’equiva-lenza tra il fibrato normale e l’intorno tubolare. Otteniamo per composizione

E~vξ//

ψ

**VE|M $// νN M

h// U

un morfismo iniettivo di fibrati vettoriali.Vogliamo dimostrare che l’inclusione E → N e isotopa a ψ, in un’isotopia

stazionaria su M.Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney, possiamo supporre che N sia

una sottovarieta propria di uno spazio Euclideo R`.Possiamo definire allora l’omotopia lineare

Φ : E × [0, 1] 3 (q, t) −→ q + t(ψ(q) − q) ∈ R`.

Per la Proposizione 5.10 del Capitolo 5, N ammette in R` un intorno W, della forma

W =⋃

q∈NB(q, ρ(q))

per una funzione positiva ρ ∈ C∞(N), su cui e definita la proiezione ortogonaleπN ∈ C∞(W,N), caratterizzata da:

|x − πN(x)| < |x − q| se q ∈ N \ πN(x).

Poiche ψ−1(W ∩ U) e un intorno aperto di M in E, possiamo trovare una funzionepositiva rM ∈ C∞(M), con rM(p) ≤ ρ(p) per ogni p ∈ M, tale che

q ∈ Ep ∩ B(p, rM(p)) =⇒ ψ(q) ∈ B(p, ρ(p)) ∩ U.

Posto E′ = E ∩⋃

p∈M B(p, rM(p)), e (q+t(ψ(q)−q)) ∈ B(πξ(q), ρ(πξ(q))) per ogniq ∈ E′ e possiamo quindi considerare l’applicazione differenziabile

Ξ : E′ × [0, 1] 3 (q, t) −→ (πN(q + t(ψ(q) − q)), t) ∈ U × [0, 1].

Per il Lemma 8.2 la Ξ definisce un’inclusione differenziabile di un intorno V di Min E in U.

Sia ~vτ : U → TU |M l’applicazione che fa corrispondere a q ∈ U il vettoreverticale

~vτ(q) f = limt→0f (tq) − f (πτ(q))

t, ∀ f ∈ C∞(R`).

Utilizzando l’identificazione di TU ad una sottovarieta di TR`, e quindi TpU, perogni p ∈ U, ad un sottospazio vettoriale di TpR

` ' R`, possiamo definire

‖q‖U = |~vτ(q)|, ∀q ∈ U, ‖q‖E = ‖h(q)‖, ∀q ∈ E.

Possiamo trovare una funzione positiva δ ∈ C∞(M) tale che

Vδ = q ∈ E | ‖q‖E < δ(πξ(q)) ⊂ V.

Osserviamo che

G : Vδ × [0, 1] 3 (q, t) −→ πN(Φ(q, t)) ∈ U

e un’isotopia di inclusioni di Vδ in U, stazionaria su M, tra l’identita e la restrizionedi ψ a Vδ.

Page 130: Nacinovich - Geometria differenziale

130 8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

La

H : E × [0, 1] 3 (q, t) −→ q ·δ(πξ(q))√

δ2(πξ(q) + t‖q‖2∈ E

e un’isotopia tra l’identita ed un diffeomorfismo che trasforma E in Vδ. PostoUδ = q ∈ U | ‖q‖U < δ(πτ(q)), la

L : Uδ × [0, 1] 3 (q, t) −→ q ·δ(πτ(q))√

δ2(π(τ(q)) − t‖q‖2U

∈ U

e un’isotopia di diffeomorfismi in C∞(Uδ,U). La

F(q, t) =

H(q, 3t) per 0 ≤ t ≤ 1

3 ,

G(H1(q), 3t − 1) per 13 ≤ t ≤ 2

3 ,

L(G1(H1(q)), t) per 23 ≤ t ≤ 1,

e un’isotopia continua in C∞(E,N) tra l’inclusione di E in N e la ψ. Per ottenereun’isotopia differenziabile, e sufficiente fissare un’applicazione non decrescenteχ ∈ C∞(R) con

χ(t) = 0 se t ≤ 17 ,

χ(t) = 13 se 2

7 ≤ t ≤ 37 ,

χ(t) = 23 se 4

7 ≤ t ≤ 57 ,

χ(t) = 1 se t ≥ 67

e considerare la Ψ ∈ C∞(E × R,N) definita da Ψ(q, t) = F(q, χ(t)).

Corollario 8.8. Sia N una varieta differenziabile ed M usa sua sottovarieta local-mente chiusa. Allora tutti gli intorni tubolari di M in N sono isotopi rispetto adisotopie stazionarie su M.

5. Intorni tubolari propri

Siano N una varieta differenziabile, M una sottovarieta localmente chiusa eτ = (U

πτ−−−→ M) un suo intorno tubolare.

Definizione 8.5. Una norma differenziabile su τ e un’applicazione ρ ∈ C 0(U) taleche

ρ(q) > 0 ∀q ∈ U \ M,ρ(tq) = |t| ρ(q), ∀q ∈ U, ∀t ∈ R,ρ(q1 + q2) ≤ ρ(q1) + ρ(q2) ∀q1, q2 ∈ Up, ∀p ∈ M,ρ2 ∈ C∞(U).

Se ρ e una norma differenziabile su τ, l’applicazione

F : U × R 3 (q, t) −→ Ft(q) =q√

1 + t2ρ2(q)∈ U

e una isotopia di U, stazionaria su M, tra l’identita e l’intorno aperto Uρ di M,definito da

Uρ = q ∈ U | ρ(q) < 1.

Page 131: Nacinovich - Geometria differenziale

5. INTORNI TUBOLARI PROPRI 131

In generale, per ogni numero reale t, l’immagine Ft(U) e un intorno aperto Utρ diM in U, definito da

Utρ = q ∈ U | |t|ρ(q) < 1e il diffeomorfismo

F−1t : Utρ 3 q −→

q√1 − t2ρ2(q)

∈ U

definisce su τtρ = (Utρπτ−−−→ M) un’unica struttura di fibrato vettoriale per cui

F−1t sia un’equivalenza di fibrati vettoriali. Con questa struttura, τtρ e un intorno

tubolare di M in N.Per ogni t , 0, le fibre Utρp = Up ∩ Utρ sono relativamente compatte in U

e (∂Utρπ−−→ M) e un fibrato differenziabile localmente banale su M, con fibra

tipica S n−m−1.

Definizione 8.6. L’intorno tubolare τρ si dice una ρ-retrazione di τ.

Definizione 8.7. Un intorno tubolare τρ che si possa ottenere da un altro intornotubolare τ mediante una ρ-retrazione si dice proprio.

Lemma 8.9. Se M e una sottovarieta propria di N, allora la frontiera ∂Uρ di unsuo intorno tubolare proprio e una sottovarieta propria di N.

Abbiamo:

Teorema 8.10. Sia N una varieta differenziabile. Allora(1) Ogni sua sottovarieta localmente chiusa M ammette un intorno tubolare

proprio.(2) Se M e una sottovarieta propria di N, allora due qualsiasi intorni tubolari

propri di M in N sono ambientalmente isotopi in un’isotopia stazionariasu M.

Dimostrazione. (1) e equivalente al fatto che sia possibile definire su ogni fi-brato vettoriale una norma differenziabile. A questo scopo e sufficiente considerareun atlante di trivializzazione (Ua, ga)a∈A di τ e fissare una partizione dell’unitaχaa∈A di classe C∞ subordinata ad Uaa∈A. Posto

ρ2(q) =∑

a∈Aφ(πτ(q)) |ga(q)|2,

la ρ(q) = |√ρ2(q)| e una norma differenziabile su τ e τρ e un intorno tubolare

proprio di M.

Premettiamo alla dimostrazione generale del punto (2) la discussione di uncaso particolare.

Lemma 8.11. Siano M una sottovarieta propria di N e τ = (Uπτ−−→ M) un suo

intorno tubolare. Se ρ, ρ′ ∈ C 0(U) sono due norme differenziabili su τ, alloraesiste un’isotopia F ∈ C∞(N × [0, 1],N) dello spazio ambiente, stazionaria su M,tale che Ft(Up) = Up per ogni p ∈ M, che trasforma Uρ in Uρ′ .

Page 132: Nacinovich - Geometria differenziale

132 8. FIBRATO NORMALE E INTORNO TUBOLARE

Dimostrazione. La funzione

g(q, t) =tρ(q) + (1 − t)ρ′(q)

ρ′(q), q ∈ U \ M, t ∈ [0, 1],

e di classe C∞ su (U \ M) × [0, 1] e di grado 0 sulle fibre, in particolare e unifor-memente limitata su ogni fibra. Quindi

G(q, t) =

g(q, t) q se q ∈ U \ M,q se q ∈ M,

e un’omotopia continua, stazionaria su M, che trasforma Uρ in Uρ′ . Inoltre, larestrizione di G ad (U \ M) × [0, 1] e un’isotopia di diffeomorfismi di U \ M.

Sia G(q, t) = (G(q, t), t) e consideriamo il campo di vettori X = (X, ∂/∂t) =

G∗(∂/∂t) ∈ X((U \ M) × [0, 1]). Osserviamo che gli insiemi

W0 = (q, t) ∈ U × [0, 1] | 13 < tρ(q) + (1 − t)ρ′(q) < 5

3 ,

W1 = (N × [0, 1]) \ (q, t) ∈ U × [0, 1] | 23 ≤ tρ(q) + (1 − t)ρ′(q) ≤ 4

3 ,

formano un ricoprimento aperto di N × [0, 1], perche M e un sottoinsieme chiusodi N. Se χ0, χ1 e una partizione dell’unita subordinata a W0,W1, allora il campodi vettori (Y, ∂/∂t) ∈ X(N × [0, 1]) con

Y(q, t) =

χ0(q, t)X(q, t) se (q, t) ∈ (U \ M) × [0, 1],0 se (q, t) ∈ W1,

e completo. Il suo flusso definisce un’isotopia ambientale che trasforma Uρ in Uρ′ .

Conclusione della dimostrazione del Teorema 8.10. Ci resta da dimostrare (2)

nel caso generale. Siano τi = (Uiπτi−−−→ M), i = 0, 1, sono due intorni tubolari di M

in N. Per il Corollario 8.8, esiste un’isotopia F ∈ C∞(U0 × [0, 1],N), stazionariasu M, dell’inclusione con un’equivalenza F1 : U0 → U1 di fibrati vettoriali.

SiaF(q, t) = (F(q, t), t), F ∈ C∞(U0 × [0, 1],N × [0, 1]).

Denotiamo con πN la proiezione πN : N × [0, 1] → N. Fissiamo una normadifferenziabile ρ su U0. Allora

W = (F(q, t), t) | 12 < ρ(q) < 3

2

e un intorno in N × [0, 1] della sua sottovarieta propria

Q = (F(q, t), t) | q ∈ U0, t ∈ [0, 1], ρ(q) = 1.

Possiamo quindi trovare una sezione X ∈ Γ(N × [0, 1],T N) tale cheX(F(q, t), t) = πN∗dF(q, t)(∂/∂t) se ρ(q) = 1,X(q, t) = 0 su N × [0, 1] \ W.

Allora X = (X, ∂/∂t) e un campo di vettori completo su N×I. Il suo flusso definisceun’isotopia ambientale tra U0,ρ ed U1,ρ′ ove ρ′(F1(q)) = ρ(q) per ogni q ∈ U0. Latesi e allora conseguenza del Lemma 8.11.

Page 133: Nacinovich - Geometria differenziale

6. IMMAGINE INVERSA DI UN VALORE REGOLARE 133

Corollario 8.12 (Teorema del disco). Sia N una varieta connessa ed f ∈ C∞(Dm,N)un’inclusione differenziabile di un disco di dimensione m < n = dim N. Allora laf si estende ad un’inclusione f ∈ C∞(Dn,N).

Sia N e connessa e siano f0, f1 ∈ C∞(Dm,N) due inclusioni differenziabili deldisco chiuso m-dimensionale in N. Nel caso in cui m = n, supporremo ancora chele due immersioni preservino l’orientazione2.

Esiste allora un’isotopia F ∈ C∞(N×[0, 1],N) dell’identita di N che trasformif0 in f1, tale cioe che risulti F( f0(x), 1) = f1(x) per ogni x ∈ Dm.

6. Immagine inversa di un valore regolare

Siano M,N due varieta differenziabili ed f ∈ C∞(M,N). Sia q0 ∈ N e un va-lore regolare di f e consideriamo la sottovarieta V = f −1(q0) di M. Il differenzialedi f definisce, per ogni p ∈ V , un isomorfismo lineare

νMpV 3 [w] −→ f∗w ∈ Tq0 N.

Abbiamo indicato qui con [w] la classe di equivalenza di w ∈ TpM in νMpV =

TpM/TpV . In particolare, νMV e un fibrato banale. Abbiamo la

Proposizione 8.13. Se V e compatta, esiste un intorno aperto U di q0 in N edun’inclusione differenziale : V × U → (V × U) = f −1(U) ⊂ M che rendecommutativo il diagramma

V × U //

πU

""EEEEEEEEE f −1(U)

fxxxxxxxx

U.

Possiamo inoltre fare in modo che f −1(U) sia lo spazio totale di un intorno tubolaredi V in M.

Corollario 8.14. Supponiamo che M sia una varieta connessa e compatta, N unavarieta connessa ed f ∈ C∞(M,N) una sommersione differenziabile. Allora N e

compatta, f surgettiva e ξ = (Mf−−→ N) e un fibrato differenziabile localmente

banale.

2 Cioe che esista un diffeomorfismo φ ∈ Diff(N) che trasformi f0(0) in f1(0) per cui d f −11 dφ

d f 0(0) : Rn → Rn abbia determinante positivo.

Page 134: Nacinovich - Geometria differenziale
Page 135: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 9

Trasversalita

1. Applicazioni e sottovarieta trasversali

La nozione di trasversalita di sottovarieta differenziabili e l’equivalente, ingeometria differenziale, di quella di posizione generale della geometria algebricao di giacitura generica dell’algebra lineare. La nozione di trasversalita di sottova-rieta si estende ad una nozione di trasversalita di applicazioni differenziabili. Lapossibilita di deformare due applicazioni in modo da metterle in posizione trasver-sale l’una rispetto all’altra e uno strumento fondamentale nell’applicazione allatopologia di metodi di geometria differenziale.

Definizione 9.1. Siano M1, M2 ed N tre varieta differenziabili ed f1 ∈ C∞(M1,N),f2 ∈ C∞(M2,N), due applicazioni differenziabili.

Diciamo che f1 ed f2 sono trasversali in (p1, p2) ∈ M1 × M2 se

o f (p1) , f (p2),o f (p1) = f (p2) = q e d f1(Tp1 M1) + d f2(Tp2 M2) = TqN.

Scriviamo f1 t(p1,p2) f2 per indicare che f1 ed f2 sono trasversali in (p1, p2).Diciamo che f1 ed f2 sono trasversali, e scriviamo f1 t f2, se f1 ed f2 sono

trasversali in ogni (p1, p2) ∈ M1 × M2:

(1.1) f1 t f2 ⇐⇒ f1 t(p1,p2) f2, ∀(p1, p2) ∈ M1 × M2.

Cio significa che

(1.2) f1 t f2 ⇐⇒p1 ∈ M1, p2 ∈ M2, f1(p1) = f2(p2) = q

=⇒ d f1(Tp1 M1) + d f2(Tp2 M2) = TqN.

In particolare, se dim M1 + dim M2 < dim N, la condizione f1 t f2 significache f (M1) ∩ f (M2) = ∅.

Definizione 9.2. Siano M, N varieta differenziabili, V una sottovarieta differenzia-bile di N. Indichiamo con ıV : V → N l’inclusione.

Un’applicazione differenziabile f ∈ C∞(M,N) si dice trasversale a V in unpunto p ∈ M se f t(p, f (p) ıV cioe se

(1.3) o f (p) < V, o f (p) = q ∈ V e d f (TpM) + TqV = TqN.

Scriveremo in questo caso f tp V .Diciamo che f e trasversale a V , e scriviamo f t V , se lo e in tutti i punti

p ∈ M, se cioe

(1.4) ∀q ∈ V, ∀p ∈ f −1(q), TqV + d f (TpM) = TqN.

135

Page 136: Nacinovich - Geometria differenziale

136 9. TRASVERSALITA

Definizione 9.3. Diciamo che due sottovarieta differenziabili V1,V2 di una varietadifferenziabile N si intersecano trasversalmente in q ∈ V1 ∩ V2 se

TqV1 + TqV2 = TqN.

Scriviamo V1 tq V2 per indicare che V1 e V2 si intersecano trasversalmente in q.Diciamo che le due sottovarieta V1 e V2 sono trasversali in N se

o V1 ∩ V2 = ∅, oppure TqV1 + TqV2 = TqN, ∀q ∈ V1 ∩ V2.

Il simbolo V1 t V2 significa che V1 e V2 sono trasversali in N.

Osservazione 9.1. Siano V1,V2 due sottovarieta differenziabili di N. Se V1 e V2 siintersecano trasversalmente in un punto di N, allora

dimV1 + dimV2 ≥ dimN.

Esempio 9.1. Sia ξ un fibrato differenziabile, f ∈ C∞(M, E(ξ)) un’applicazionedifferenziabile a valori nel suo spazio totale e q ∈ B(ξ) un punto della base. Siap ∈ f −1(q). E f tp Eq se e soltanto se p non e un punto critico di π(ξ) f edf t Eq se e soltanto se q non e valore critico di di π(ξ) f .

Esempio 9.2. Dall’esempio 9.1 otteniamo che, se M, N1 ed N2 sono varieta dif-ferenziabili ed f ∈ C∞(M,N1 × N2), allora l’insieme dei punti p ∈ N1 tali chef t (p × N2) e denso e di seconda categoria in N1.

Osservazione 9.2. Sia ξ un fibrato differenziabile. Una sottovarieta propria N delsuo spazio totale E(ξ) e il supporto di una sezione differenziabile globale s ∈ Γ(ξ)se e soltanto se

(1) per ogni p ∈ B(ξ), l’intersezione N ∩ Ep contiene uno ed un solo pun-to s(p);

(2) π(ξ)|N t Ep per ogni p ∈ N.

Dimostrazione. Le condizioni (1), (2) sono senz’altro necessarie. Per dimo-strare che viceversa, se (1) e (2) sono verificate, allora N e il supporto di una sezio-ne, basta osservare che la condizione di trasversalita implica che la restrizione dellaπ ad N e una sommersione ed applicare il teorema delle funzioni implicite.

Proposizione 9.3. Siano M ed N varieta differenziabili, V una sottovarieta propriadi N. Se f t V, allora f −1(V) e una sottovarieta propria di M, che ha in M lastessa codimensione che V ha in N.

Dimostrazione. Sia k la codimensione di V in N. Per ogni punto q ∈ V , pos-siamo trovare un intorno aperto U di q in N ed una sommersione φ ∈ C∞(U,Rk)tale che V ∩ U = φ−1(0). Per l’ipotesi che f t V , abbiamo

d(φ f )(TpM) = dφ(d f (TpM)) = dφ(d f (TpM) + TqV) = dφ(TqN) = Rk,

∀p ∈ f −1(U ∩ V).

Quindi φ f e una sommersione in ogni punto di f −1(V ∩ U) e dunque f −1(V) euna sottovarieta localmente chiusa di codimensione k di M. Essa e un sottoinsie-me chiuso di M, perche immagine inversa del chiuso V mediante l’applicazionecontinua f .

Page 137: Nacinovich - Geometria differenziale

1. APPLICAZIONI E SOTTOVARIETA TRASVERSALI 137

Osservazione 9.4. Possiamo utilizzare la Proposizione 9.3 per dare un’altra di-mostrazione, che non utilizza nozioni omotopiche, del teorema del punto fisso diBrower. Ricordiamo che con un argomento standard ci possiamo ridurre a dimo-strare che non ci sono retrazioni continue di Rn su S n−1 = ∂Dn. Utilizzando l’ap-prossimazione, si verifica che cio e equivalente al fatto che non ci siano retrazionidifferenziabili di Rn su S n−1. Supponiamo per assurdo che esista una retrazionedifferenziabile ρ ∈ C∞(Rn, S n−1) di Rn su S n−1. Scegliamo allora un valore rego-lare q0 ∈ S n−1 di ρ. Allora ρ−1(q0) e una curva semplice propria in Rn che tagliatrasversalmente S n−1 in q0. Essa deve quindi intersecare S n−1 in un altro punto q1,distinto da q0. Non puo allora essere una retrazione.

Proposizione 9.5. Siano N una varieta differenziabile di dimensione n ed M1,M2 due sue sottovarieta differenziabili localmente chiuse, di dimensioni m1 ed m2rispettivamente, che si intersecano trasversalmente in un punto p0 ∈ M1 ∩M2. Siam0 = m1 + m2 − n.

Esiste allora una carta coordinata (U, x) di N, con centro in p0, tale che

M1 ∩ U = p ∈ U | xi(p) = 0, per m1 < i ≤ n,

M2 ∩ U = p ∈ U | xi(p) = 0, per m0 < i ≤ m1,

M1 ∩ M2 ∩ U = p ∈ U | xi(p) = 0, per m0 < i ≤ n.

Dimostrazione. Poiche M1 ed M2 sono localmente chiuse in N, possiamo tro-vare un intorno aperto W di p0 in N e funzioni f m1+1, . . . , f n, gm2+1, . . . , gn ∈ C∞(W)tali che

M1 ∩W = f m1+1 = 0, . . . , f n = 0, d f m1+1(p) ∧ · · · d f n(p) , 0, ∀p ∈ W,

M2 ∩W = gm2+1 = 0, . . . , gn = 0, dgm2+1(p) ∧ · · · dgn(p) , 0, ∀p ∈ W.

La condizione che N1 ed N2 si intersechino trasversalmente in p0 significa che

d f m1+1(p0) ∧ · · · ∧ d f n(p0) ∧ dgm2+1(p0) ∧ · · · ∧ dgn(p0) , 0.

Infatti, se cosı non fosse, esisterebbe un covettore ξ ∈ T ∗p0N \ 0, con

0 , ξ =∑

m1<i≤naid f i(p0) =

∑m2<i≤n

bidgi(p0), ai, bi ∈ R,

e quindi

Tp0 M1 =⋂

m1<i≤nker d f i(p0) ⊂ ker ξ,

Tp0 M2 =⋂

m2<i≤nker dgi(p0) ⊂ ker ξ,

contraddirebbe l’ipotesi di trasversalita.Per il teorema delle funzioni implicite possiamo allora scegliere una carta

coordinata (U, x) in p0 con U ⊂ W ed

xi(p) = gm2+i−m0(p) se m0 < i ≤ m1, xi(p) = f i(p) se m1 < i ≤ n.

Questo carta (U, x) soddisfa la tesi.

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138 9. TRASVERSALITA

Corollario 9.6 (isotopia). Siano M0, M1 ed V tre sottovarieta differenziabili local-mente chiuse di una varieta differenziabile N, con

dim N = n, dim M0 = dim M1 = m, dim V = n − m.

Supponiamo che

p0 ∈ M0 ∩ M1 ∩ V, M0 tp0 V ed M1 tp0 V.

Allora esiste un intorno aperto U di p0 in N ed un’isotopia F ∈ C∞(N × [0, 1],M)dell’identita tali che F(t, p) = p, ∀p ∈ V,

F(1, p) ∈ M1 ∀p ∈ M0 ∩ U.

Dimostrazione. Utilizzando la Proposizione 9.5, possiamo fissare una cartalocale (W, x) con centro in p0 tale che

M0 ∩W = xi = 0 | m < i ≤ n, V ∩W = xi = 0 | 1 ≤ i ≤ m.

Poiche anche M1 tp0 V , per il teorema delle funzioni implicite, a meno di sostituirea W un intorno piu piccolo di p0, possiamo supporre che x(W) = Bm × Bn−m, oveBk = x ∈ Rk | |x| < 1, e che vi siano funzioni f m+1, . . . , f n ∈ C∞(Bm), tali che

M1 ∩W = xi = f i(x1, . . . , xm) per i = m + 1, . . . , n, (x1, . . . , xm) ∈ Bm.

Sia ora χ ∈ C∞(N) con supporto compatto in W ed uguale ad 1 in un intorno U dip0 in W. Il campo di vettori X ∈ X(M), definito da

X(p) =

χ(p)∑

m<i≤n fi(x1, . . . , xm) ∂∂xi se p ∈ W,

0 se p ∈ W.

ha supporto compatto ed e quindi e completo. Il gruppo a un parametro di diffeo-morfismi generato da X definisce l’isotopia differenziabile desiderata.

2. Trasversalita e fibrati vettoriali

Teorema 9.7. Sia ξ = (E(ξ)πξ−−−→ B) un fibrato vettoriale differenziabile ed f ∈

C∞(M, E(ξ)) un’applicazione differenziabile di una varieta M nel suo spazio tota-le. Allora esiste una sezione globale s ∈ Γ(B, E(ξ)), trasversale ad f , che possiamoscegliere vicina quanto si vuole alla sezione nulla su un compatto assegnato.

Dimostrazione. Per il Teorema 7.12 del Capitolo 7 esiste un fibrato vettoriale

differenziabile η = (E(η)πη−−−→ B), sulla stessa base B, tale che la somma di Whitney

ξ ⊕B η sia banale. Consideriamo il suo pullback f ∗(ξ ⊕B η) su M. Abbiamo undiagramma commutativo

E( f ∗(ξ ⊕B η))f ′

−−−−−→ E(ξ ⊕B η)

π′y yπM −−−−−→

fE(ξ),

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2. TRASVERSALITA E FIBRATI VETTORIALI 139

ove

E(ξ ⊕Bη) = (v,w) ∈ E(ξ) × E(η) | πξ(v) = πη(w),

E( f ∗(ξ ⊕Bη)) = (p, v,w) ∈ M × E(ξ) × E(η) | πξ(v) = πη(w) = f (p)

e le applicazioni f ′, π′, π del diagramma sono definite da

f ′ : E( f ∗(ξ ⊕Bη)) 3 (p, v,w)→ (v,w) ∈ E(ξ ⊕Bη),

π′ : E( f ∗(ξ ⊕Bη)) 3 (p, v,w)→ p ∈ M,π : E(ξ ⊕Bη) 3 (v,w)→ v ∈ E(ξ).

Una trivializzazione di ξ⊕Bη definisce un diffeomorfismo Φ che rende commutativoil diagramma

B × Rn Φ //

πB ##GGGGGGGGG E(ξ ⊕Bη)

πξ⊕Bηzzuuuuuuuuu

B.Definiamo un’applicazione p ∈ C∞(E(ξ ⊕Bη),Rn) ponendo

p : E(ξ ⊕Bη) 3 (v,w) −→ πRn Φ−1(v,w) ∈ Rn.

Ad ogni valore regolare z ∈ Rn di g = p f ′ facciamo corrispondere la sezioneσz ∈ Γ(B, E(ξ ⊕Bη)) definita da

σz(q) = Φ(q, z).

Abbiamo osservato (vedi l’Esempio 9.1) che la condizione che z sia un valoreregolare e equivalente al fatto che f ′ t σz.

Dalla sezione σz ricaviamo una sezione sz ∈ Γ(B, E(ξ)) ponendo

sz(q) = π(σz(q)).

Abbiamo cioe il diagramma commutativo

E( f ∗(ξ ⊕Bη))f ′ //

π′

E(ξ ⊕Bη)

π

Bσzoo

szwwwwwwwwww

Mf

// E(ξ).

Dico che f t s.Infatti, se (p, q) ∈ M × B ed f (p) = sz(q), allora (p, σz(q)) ∈ E( f ∗(ξ ⊕Bη)) ed

f ′(p, σz(q)) = σz(q). Poiche f ′ t σz, le immagini dei differenziali d f ′ in (p, σz(q))e dσz in q generano lo spazio tangente di E(ξ⊕Bη) nel punto σz(q). Poiche π e unasommersione, cio vale allora anche per le immagini delle composizioni dπ d f ′ edπ dσz = dsz. Poiche π′ e una sommersione, l’immagine di dπ d f ′ in (p, v,w)e uguale all’immagine di d f in p. Questo completa la dimostrazione.

Corollario 9.8. Siano M,N varieta differenziabili ed f ∈ C∞(M,N). Per ogniinclusione differenziabile propria g ∈ C∞(V,N) di una varieta V in N e possibiletrovare un’isotopia G ∈ C∞(V × [0, 1],N) tra g ed un’inclusione differenziabile G1trasversale ad f .

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140 9. TRASVERSALITA

Dimostrazione. Sia ν il fibrato normale di g(V) in N, τ = (Uπτ−−−→ g(V)) un

suo intorno tubolare in N e λ : E(ν) → U ⊂ N l’equivalenza canonica. AlloraW = f −1(U) e un aperto di M. La tesi si ottiene facilmente dal Teorema 9.7. Ses ∈ Γ(ν) e una sezione trasversale a λ−1 f |W , possiamo definire l’isotopia medianteGt(q) = λ(t · s(g(q)).

Lemma 9.9. Sia M una sottovarieta propria di una varieta differenziabile N, τ =

(Uπτ−−−→ M) un suo intorno tubolare in N ed s ∈ Γ(M,U) una sezione globale di τ.

Esiste allora un gruppo a un parametro F ∈ C∞(N × R,N) di diffeomorfismi di Ntale che

F1(p) = s(p), ∀p ∈ M,Ft(Up) ⊂ Up, ∀p ∈ M,Ft(q) = q, ∀q ∈ N \ U.

Dimostrazione. L’applicazione

G : U × R 3 (q, t) −→ q + t s(πτ(q)) ∈ U

e un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di U. Sia X ∈ X(U) il suo gene-ratore infinitesimale. Possiamo definire una norma differenziabile ρ su τ tale cheρ(s(p)) < 1 per ogni p ∈ M. Poiche M e una sottovarieta propria, gli insiemi

W1 = q ∈ U | ρ(q) < 2,

W2 = q ∈ U | ρ(q) ≤ 1

formano un ricoprimento aperto di N. Sia χ1, χ2 una partizione dell’unita subor-dinata a W1,W2. Definiamo un campo di vettori Y ∈ X(N) mediante

Y(q) =

χ1(q)X(q) se q ∈ W1,

0 se q ∈ W2.

Poiche Y e nullo fuori da U ed in U e un campo verticale con supporto che intersecaciascuna fibra in un compatto, Y e completo e definisce quindi un gruppo a unparametro Ft di diffeomorfismi di N che soddisfa la tesi del Lemma.

Corollario 9.10. Siano M,N due varieta differenziabili, V una sottovarieta propriadi N ed f ∈ C∞(M,N).

Esiste un’omotopia F ∈ C∞(M × [0, 1],N) tra f ed un’applicazione F1 tra-sversale a V.

Dimostrazione. Fissiamo un intorno tubolare τ = (Uπτ−−→ V) di V in N. La

M′ = f −1(U) e una sottovarieta aperta di M e la restrizione di f ad M′ un’appli-cazione in C∞(M′,U). Per il Teorema 9.7, possiamo trovare una sezione s ∈ Γ(τ)trasversale ad f . Per il Lemma 9.9 esiste un gruppo a un parametro Φt di diffeo-morfismi di N con Φ1(q) = s(q) per ogni q ∈ V . Allora la F(p, t) = Φ(−t, f (p)),per p ∈ M, t ∈ [0, 1], definisce l’omotopia cercata.

Corollario 9.11. Sia M una sottovarieta compatta, di dimensione m, di Rn. Se k <n−m−1, ogni applicazione f ∈ C∞(S k,Rn\M) si puo estendere ad un’applicazionef ∈ C∞(Dk+1,Rn \ M).

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3. IL TEOREMA DI TRASVERSALITA DI THOM 141

Dimostrazione. Possiamo estendere f ad un’applicazione, che possiamo anco-ra indicare con la stessa lettera f , in C∞(Rk+1,Rn). Sia τ = (U

πτ−−−→ M) un intorno

tubolare di M in Rn, con U ∩ f (S k) = ∅, e sia W = f −1(U) ⊂ Rk. Per il Teore-ma 9.7 possiamo trovare una sezione s ∈ Γ(τ) trasversale ad f |W . Per il Lemma 9.9possiamo trovare un’isotopia Ψ dell’identita nello spazio ambiente che trasformala sezione s nella sezione nulla di τ ed e costante fuori da U. La Ψ( f (x), 1) = f cida allora l’estensione cercata.

Esempio 9.3. Il Corollario 9.11 ci dice che Rn \ S 1 e, piu in generale, Rn \ f (S 1)per f ∈ C∞(S 1,Rn), e semplicemente connesso se n ≥ 4.

Esempio 9.4. Consideriamo due immersioni differenziabili f : S n → Rn+k+1 eg : S k → Rn+k+1 che abbiano immagini disgiunte. Per il Corollario 9.11 la f siestende ad un’applicazione f ∈ C∞(Dn+1,Rn+k+1). Per il Corollario 9.10 possiamosupporre, a meno di omotopia, che f t g. Allora f (Dn+1) ∩ g(S k) consiste di unnumero finito di punti, in cui le due applicazioni sono trasversali. Possiamo, inciascuno di questi punti, considerare il sistema di riferimento che si ottiene comesomma diretta dell’immagine del sistema di riferimento canonico di Rn+1 medianted f e del sistema di riferimento canonico di Rk mediante dg. Assoceremo al punto±1, a seconda che il sistema di riferimento cosı ottenuto abbia la stessa orienta-zione od orientazione opposta rispetto al sistema canonico di Rn+k+1. La sommaalgebrica L( f , g) di questi valori si dice l’indice di link di f e g. Tale numero eindipendente dalla scelta di f .

Esempio 9.5. Sia M una varieta compatta (senza bordo) di dimensione m e φ ∈C∞(M,Rn), con n ≤ m. Sia y0 un valore regolare di φ. Allora M0 = φ−1(y0) euna sottovarieta di dimensione m−n di M, che e bordo di una sottovarieta N, didimensione m−n+1 di M.

Fissiamo un segmento [y0, y1] ⊂ Rn di lunghezza |y1 − y0| > diam(φ(M)).Il segmento aperto ` =]y0, y1[ ha un intorno tubolare τ = (U

πτ−−−→ `), con U '

` × Rn−1, il cui spazio totale e un cono con vertice in y0 e le cui sezioni costantisono segmenti aperti con un estremo in y0. Se W = φ−1(U), la restrizione di φ aW \ M0 e un’applicazione differenziabile a valori in U. Per la dimostrazione delTeorema 9.7 possiamo trovare una sezione costante s ∈ Γ(τ) trasversale a φ|W\M0 .L’immagine inversa mediante φ del supporto |s| = s(y) | y ∈ (y0, y1) di s e allorauna sottovarieta localmente chiusa N, con bordo M0. e il supporto di s.

3. Il teorema di trasversalita di Thom

Ogni applicazione differenziabile si puo approssimare con una che sia trasver-sale ad una sottovarieta assegnata.

Teorema 9.12 (Thom). Siano M,N due varieta differenziabili, S una sottovarietadifferenziabile propria di N. Per ogni compatto K di M, l’insieme

TK(M,N; S ) = f ∈ C∞(M,N) | f tp S , ∀p ∈ K

delle applicazioni differenziabili di M in N che sono trasversali ad S in ogni puntodi K e un aperto denso di C∞(M,N).

Page 142: Nacinovich - Geometria differenziale

142 9. TRASVERSALITA

Se M e numerabile all’infinito, l’insieme

TM(M,N; S ) = f ∈ C∞(M,N) | f tp S , ∀p ∈ M

delle applicazioni differenziabili di M in N che sono trasversali ad S e denso e diseconda categoria di C∞(M,N).

Dimostrazione. Dalla definizione di trasversalita segue facilmente che, perogni compatto K di M, l’insieme TK(M,N; S ) e aperto in C∞(M,N). Basteradimostrare che TK(M,N; S ) e denso in C∞(M,N).

Fissiamo un’applicazione f0 ∈ C∞(M,N).Sia (Va, ya)a∈A un atlante numerabile e localmente finito di N, con i Va rela-

tivamente compatti in N e con la proprieta che

o Va ∩ S = ∅, oppure S ∩ Va = y1a = 0 , . . . , yk

a = 0.

Sia poi (Ub, xb)b∈B un atlante numerabile di M tale che gli Ub siano relativa-mente compatti in M e, per un’applicazione : B→ A, sia f0(Ub) b V (b) per ognib ∈ B.

Siano b1, . . . , bt un insieme finito di indici in B con K ⊂⋃t

i=1 Ubi . Indi-chiamo con U f0 l’intorno aperto di f0 in C∞(M,N) formato dalle applicazionif ∈ C∞(M,N) con f (Ubi) ⊂ V (bi).

Se V (bi) ∩ S = ∅, ogni f ∈ U f0 e trasversale ad S in tutti i punti di Ubi .Consideriamo ora il caso in cui vi siano dei bi con Vbi ∩ S , ∅. Fissiamo

un intorno Ubi di Ubi con chiusura compatta in f −1(V (bi)). Sia pr : Rn → Rk

la proiezione sulle prime k coordinate. Se h ∈ C∞(Ubi ,Vbi) non e trasversale adS su Ubi , allora hbi = (pr y (bi) h) ha punti critici in Ubi . Le applicazioni diC∞(Ubi ,R

k) prive di punti critici in Ubi formano un aperto di C∞(Ubi ,Rk). Quindi

V f0 =⋂t

i=1 f ∈ U f0 | C(pr y (bi) f |Ubi

) ∩ Ubi = ∅

e un intorno aperto di f0 in C∞(M,N) contenuto in TK(M,N; S ). Questo dimostrala prima affermazione del Teorema.

Dimostriamo ora l’ultima parte. Fissiamo una qualsiasi successione di com-patti Kν di M, con

⋃ν Kν = M. Allora

TM(M,N; S ) =⋂

νTKν(M,N; S ),

cioe l’insieme delle applicazioni differenziabili da M in N che sono trasversali adS e intersezione di una famiglia numerabile di aperti densi e percio un sottoinsiemedenso di seconda categoria di C∞(M,N) per il Teorema di Baire.

4. Immersioni regolari

Date due varieta differenziabili M, N, indichiamo con

J ∞(M,N) = f ∈ C∞(M,N) | ker d f (p) = 0, ∀p ∈ M

l’insieme delle immersioni differenziabili di M in N.

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4. IMMERSIONI REGOLARI 143

Lemma 9.13. Siano M, N due varieta differenziabili connesse, di dimensione med n rispettivamente, con m ≤ n.

Se M e compatto, allora J ∞(M,N) e aperto in C∞(M,N).Se M e numerabile all’infinito, allora J ∞(M,N) e intersezione numerabile di

aperti in C∞(M,N).

Mostriamo ora che e possibile definire su J ∞(M,N) una struttura di spaziometrizzabile completo.

A questo scopo, introduciamo strutture Riemanniane su M ed N. Se f ∈C∞(M), per ogni punto p ∈ M potremo considerare l’aggiunta (d f (p))∗ : T f (p)N →TpM. Avremo quindi

J ∞(M,N) = f ∈ C∞(M,N) | (d f (p))∗d f (p) > 0, ∀p ∈ M.

Sia σM il fibrato vettoriale su M la cui fibra su p ∈ M e l’insieme degli endomor-fismi simmetrici di TpM. Ogni f ∈ J ∞(M,N) definisce una sezione s f ∈ Γ(σM)mediante

s f (p) ∈ EndR(TpM), s f (p) = s∗f (p), exp(s f (p)) = (d f (p))∗d f (p).

L’applicazioneJ ∞(M,N) 3 f −→ s f ∈ Γ(σM)

e continua. Sia δ1 una distanza in C∞(M,N) che lo renda uno spazio metricocompleto. Scegliamo poi una successione di compatti Kνν∈N in M con

⋃νKν = M

e poniamo

δ2( f , g) =∑

ν2−ν

‖s f − sg‖σM

1 + ‖s f − sg‖σM

per una norma differenziabile ‖ ‖σM su σM. La distanza su J ∞(M,N) definita da

δ( f , g) = δ1( f , g) + δ2( f , g), ∀ f , g ∈J ∞(M,N)

e continua rispetto alla topologia di sottospazio. Si verifica facilmente che δ e unametrica completa. Abbiamo percio:

Proposizione 9.14. La topologia di sottospazio di J ∞(M,N) puo essere definitada una metrica completa. In particolare, J ∞(M,N) e uno spazio di Baire.

Definizione 9.4 (Immersione regolare). Sia f ∈ J ∞(M,N) un’immersione dif-ferenziabile di M in N e p1, p2 due punti distinti di M con la stessa immagineq = f (p1) = f (p2) in N. Diciamo che f e regolare in (p1, p2) se

d f (Tp1 M) + d f (Tp2 M) = TqN .

Cio equivale ad affermare che esistano intorni aperti U1, U2 di p1, p2 rispetti-vamente, tali che le applicazioni f |U1 ∈ C∞(U1,N) ed f |U2 ∈ C∞(U2,N) sianotrasversali in (p1, p2).

Diciamo che f e un’immersione regolare se lo e in tutte le coppie di punti(p1, p2) con p1 , p2 ed f (p1) = f (p2).

Osservazione 9.15. Se 2m < n, allora le immersioni regolari sono inclusioni.

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144 9. TRASVERSALITA

Teorema 9.16 (Thom). Siano M, N due varieta differenziabili di dimensione m, nrispettivamente, con m ≤ n. Per ogni compatto K ⊂ M, le immersioni diffe-renziabili f ∈ J ∞(M,N) che sono regolari su K formano un aperto denso inJ ∞(M,N).

L’insieme J ∞reg(M,N) delle immersioni differenziabili regolari e denso e di

seconda categoria in J ∞(M,N).

Dimostrazione. Siano ∆N = (q, q) | q ∈ N la diagonale in N × N e ∆M =

(p, p) | p ∈ M quella in M × M.Ad f ∈ C∞(M,N) associamo l’applicazione differenziabile

f × f : (M × M) \ ∆M 3 (p1, p2) −→ ( f (p1), f (p2)) ∈ N × N.

La condizione che ( f × f ) t(p1,p2) ∆N significa che

o f (p1) , f (p2), oppure f (p1) = f (p2) = q, d f (Tp1 M)+d f (Tp2 M) = TqN.

Infatti

f (p1) = f (p2) = q, ( f × f ) t(p1,p2) ∆N

⇐⇒ (d f (Tp1 M) ⊕ d f (Tp2 M)) + (v, v) | v ∈ TqN = Tq(N) ⊕ TqN

⇐⇒

(∀v ∈ TqN ∃v1 ∈ d f (Tp1 M)), v2 ∈ d f (Tp2 M)), v0 ∈ TqN

tali che (v, 0) = (v1, v2) + (v0, v0)⇔ v = v1 − v2

).

Vogliamo dimostrare che

J ∞(M,N; K) = f ∈J ∞(M,N) | f × f tp1,p2) ∆N , ∀p1, p2 ∈ K, p1 , p2.

e un aperto denso di J ∞(M,N).Utilizzando il teorema di immersione di Whitney, possiamo supporre che N, M

siano sottovarieta proprie di uno spazio Euclideo R`. Sia K un compatto di M. Sef0 ∈J (M,N), esiste un intorno aperto relativamente compatto UK della diagonale∆K = (p, p) | p ∈ K in M × M ed una costante cK > 0 tale che

| f0(p1) − f0(p2)| ≥ c0|p1 − p2|, ∀p1, p2 ∈ UK .

Osserviamo che

W1 = f ∈J ∞(M,N) | | f0(p1) − f0(p2)| ≥ 12 c0|p1 − p2|, ∀p1, p2 ∈ UK

e un intorno di f0 in J ∞(M,N).Con una dimostrazione analoga a quella del Teorema 9.12, otteniamo che

W2 = f ∈J ∞(M,N) | ( f × f ) t(p1,p2) ∆N , ∀(p1, p2) ∈ K × K \ UK

e un aperto denso di C∞(M,N). Poiche W1 ∩ W2 ⊂ J ∞(M,N; K), otteniamofacilmente la prima parte dell’enunciato.

Fissiamo una successione di compatti Kν di M con Kν ⊂ Kν+1 ed⋃νKν = M.

AlloraJreg(M,N) =

⋂νJ ∞(M,N; Kν)

e denso di seconda categoria perche intersezione numerabile di aperti densi dentrouno spazio di Baire.

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5. FUNZIONI DI MORSE 145

5. Funzioni di Morse

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed f ∈ C∞(M) una fun-zione reale differenziabile. Nei punti in cui e regolare, in cui cioe d f , 0, la fe equivalente ad una proiezione. Nei punti critici, il comportamento di f puo es-sere molto complicato. Marston Morse1 introdusse una classe di funzioni con uncomportamento particolarmente semplice nell’intorno dei loro punti singolari. Inparticolare, una funzione di Morse avra, in un punto singolare, un Hessiano nondegenere e si potra scrivere, in un opportuno sistema di coordinate, nella forma

f (x) = f (0) +∑q

i=1(xi)2 −

∑m

i=q+1(xi)2,

per un intero q, con 0 ≤ q ≤ m.

Sia f ∈ C 2(M) una funzione differenziabile di classe C 2 su M. Fissata unacarta coordinata con centro in un punto p0 ∈ M, il suo Hessiano e una matricesimmetrica e definisce quindi una forma bilineare simmetrica sullo spazio tangente.Questa forma non e pero definita in modo invariante se p0 e un punto regolare:abbiamo infatti per due sistemi di coordinate x ed y con centro in p0

∂2 f∂yi∂y j =

∑m

h,k=1

∂2 f∂xh∂xk

∂xh

∂yi

∂xk

∂y j +∑m

h=1

∂ f∂xh

∂2xh

∂yi∂yh , per 1 ≤ i, j ≤ m,

e quindi l’Hessiano in p0 ha un significato tensoriale se e soltanto se p0 e un puntocritico di f . In questo caso, esso definisce una forma bilineare simmetrica sullospazio tangente Tp0 M.

Traduciamo questa osservazione nell’enunciato di un lemma e diamone unadimostrazione senza usare carte locali.

Lemma 9.17. Sia M una varieta differenziabile ed f ∈ C 2(M). Se p0 e un puntocritico di f , risulta univocamente determinata una forma bilineare simmetrica

(5.1) d2 f (p0) : Tp0 M × Tp0 M → R

tale che

(5.2) d2 f (p0)(Xp0 ,Yp0) = XY f (p0), ∀X,Y ∈ X(M).

Dimostrazione. Poiche f e un punto critico di f , risulta X f (p0) = 0 per ogniX ∈ X(M). Se X,Y ∈ X(M), abbiamo

(5.3) XY f (p0) = YX f (p0) + [X,Y] f (p0) = YX f (p0).

In particolare, XY f (p0) = 0 se uno dei due campi di vettori X,Y si annulla in 0.Questo dimostra che il valore XY f (p0) = YX f (p0) dipende solo dai valori Xp0 ,Yp0

che i due campo di vettori assumono in p0 e quindi, per la (5.3), la (5.2) definisceuna forma bilineare simmetrica su Tp0 M.

1Marston Morse, The critical points of a function of n variables. Trans. Amer. Math. Soc. 33(1931), no. 1, 72–91.

Page 146: Nacinovich - Geometria differenziale

146 9. TRASVERSALITA

Definizione 9.5. Sia M una varieta differenziabile ed f ∈ C 2(M) una funzionedifferenziabile di classe C 2 su M. Se p0 e un punto critico di f , la forma quadraticad2 f (p0)(v, v) associata alla forma bilineare simmetrica (5.1) si dice l’Hessiano dif in p0.

Osservazione 9.18. In generale, d2 f (p0) risulta definito in modo invariante sol-tanto su ker d f (p0) ⊂ Tp0 M.

Supporremo nel seguito che la f sia differenziabile di classe C∞ su M.Il differenziale di f definisce un’applicazione differenziabile

F = d f : M → T ∗M

di M nel suo fibrato cotangente T ∗M. Fissiamo una carta coordinata (U, x) concentro in un punto p0 ∈ M, e consideriamo le coordinate canoniche corrispondentiin T ∗M|U . In queste coordinate l’applicazione F si scrive

x(U) 3 x −→(x1, . . . , xm;

∂ f∂x1 , . . . ,

∂ f∂xm

)∈ x(U) × Rm.

La matrice associata al differenziale di f ha quindi la forma δi, j

∂2 f∂xi∂x j

I vettori tangenti alla sezione nulla di T ∗M nel punto (p0, 0) si scrivono in

coordinate locali nella forma (v0

), con v ∈ Rm.

Quindi, la condizione che l’Hessiano di f in un suo punto critico p0 sia nondegenere e equivalente all’affermazione che il differenziale di f , come applicazio-ne a valori in T ∗M, sia trasversale alla sezione nulla nel punto d f (p0) = (p0, 0).Riformuliamo quindi le nozioni che ci interessano nella forma seguente.

Definizione 9.6. Sia f ∈ C∞(M). Denotiamo con M0 la sezione nulla del fibratocotangente T ∗M.

(a) Un punto p ∈ M e critico per f se d f (p) ∈ M0.(b) Il punto p ∈ C( f ) e critico non degenere se d f e trasversale ad M0 in

0p ∈ T ∗M. Questa affermazione e equivalente al fatto che d2 f (p) sia nondegenere su TpM.

(c) Il numero degli autovalori negativi di d2 f (p) in un punto critico nondegenere p di f si dice il suo indice di Morse in p.

(d) La f si dice una funzione di Morse se d f t M0.

Dalla Proposizione 9.3 otteniamo:

Proposizione 9.19. I punti critici non degeneri di una funzione f ∈ C∞(M) sonoisolati.

Dimostriamo ora l’esistenza di funzioni di Morse.

Page 147: Nacinovich - Geometria differenziale

5. FUNZIONI DI MORSE 147

Lemma 9.20. Siano M una sottovarieta differenziabile propria di dimensione mdi uno spazio Euclideo R` ed f ∈ C∞(M). Allora l’insieme dei funzionali lineariφ : R` → R per cui ( f −φ|M) sia una funzione di Morse e un sottoinsieme denso diseconda categoria in R` ' (R`)∗.

Dimostrazione. Siano:

• τ∗ = (T ∗Mπ−−→ M) il fibrato cotangente di M,

• τ ∗ |M = (T ∗MR` π−−→ M) la restrizione ad M del fibrato cotangente di R`,

• ζ il fibrato vettoriale con spazio totale T ∗MR` e base T ∗M, con proiezione

πζ definita da

πζ(α) = α|Tp M se α ∈ T ∗pR`, p ∈ M.

• ξ = (d f )∗ζ il pullback del fibrato ζ mediante la d f : M → T ∗M.

Otteniamo allora un diagramma commutativo

E(ξ)g

−−−−−→ T ∗MR`

πξ

y yπζM

d f−−−−−→ T ∗M

in cui abbiamo usato la notazione πξ, πζ per p(ξ), π(ζ). Abbiamo

E(ξ) = (p, α) ∈ M × T ∗R` | π(α) = p, α|Tp M = d f (p)

e la g e definita da g(p, α) = α.Poiche il fibrato T ∗MR

` e banale, per il Lemma 9.9 vi e un insieme denso diseconda categoria di covettori v ∈ (R`)∗ tale che la sezione M× v sia trasversale ag. Se φ e il funzionale definito da v, osserviamo che il fatto che dφ sia trasversale ag equivale al fatto che d f sia trasversale a d(φ|M), e questo a sua volta al fatto ched f − dφ sia trasversale alla sezione nulla M0 di T ∗M.

Teorema 9.21. Sia M una varieta differenziabile, numerabile all’infinito. Per ognif ∈ C∞(M) esiste una funzione di Morse g ∈ C∞(M) tale che | f (p)−g(p)| < ε perogni p ∈ M.

Possiamo inoltre scegliere g in modo tale che g assuma valori distinti nei punticritici distinti.

Dimostrazione. Utilizzando il teorema d’immersione di Whitney e l’immer-sione canonica di R` nella sfera S `, possiamo ricondurci al caso in cui M sia unasottovarieta localmente chiusa e limitata di uno spazio Euclideo. La tesi e alloraconseguenza del Lemma 9.20.

Per fare in modo che i valori della g nei punti critici siano distinti, consideriamol’insieme C( f ) dei punti critici di f . Per la Proposizione 9.19 l’insieme C( f ) ediscreto. Possiamo allora fissare una famiglia localmente finita Up di aperti taliche

p ∈ Up, Up ∩ Uq = ∅ se p, q ∈ C( f ), p , q.

Page 148: Nacinovich - Geometria differenziale

148 9. TRASVERSALITA

Fissiamo, per ogni p una funzione χp ∈ C∞(M) con supp χp b Up e χp = 1 in unintorno di p. Esiste allora una successione εp di numeri reali positivi tali che, se|cp| < εp, la funzione

g(cp) = g +∑

p∈C( f )cpχp

sia ancora una funzione di Morse, con gli stessi punti critici di g.La tesi e allora facilmente verificata nel caso in cui l’insieme C( f ) sia finito.Supponiamo che C( f ) sia infinito. Allora e numerabile e possiamo porre

C( f ) = pν | ν ∈ N. Definiamo allora per ricorrenza la successione cpν dinumeri reali con |cpν | < εpν per ogni ν, richiedendo che, posto

gν = g +∑

h≤νcphχph

sia gν(pν) < gν−1(ph) | h < ν. Allora la g(cp) ottenuta assume valori distinti inpunti critici distinti.

Per le varieta compatte con bordo vale il seguente

Teorema 9.22. Sia M una varieta differenziabile compatta con bordo, e suppo-niamo che il bordo sia unione di due parti N0 ed N1, disgiunte e compatte. Alloraesiste una funzione di Morse f ∈ C∞(M) con f −1(0) = N0, f −1(1) = N1, 0 ≤ f ≤ 1su M, senza punti critici su ∂M.

Osservazione 9.23. Sia f una funzione di Morse su una varieta compatta M. Al-lora M e topologicamente equivalente ad un CW-complesso che si ottiene da suc-cessivi attaccamenti di tante celle di dimensione k quanti sono i punti critici conindice di Morse k di f .

6. Descrizione locale delle funzioni di Morse

Descriviamo ora la struttura locale delle funzioni di Morse nell’intorno di unpunto critico.

Lemma 9.24. Sia Ω un intorno aperto di 0 in Rmx ed f ∈ C∞(Ω) una funzione

differenziabile, con f (0) = 0, che ha in 0 un punto critico non degenere. Possiamoallora trovare coordinate locali y = (y1, . . . , ym) in 0 tali che, per un intero q con0 ≤ q ≤ m,

(6.1) f = −∑

1≤ j≤q(y j)2 +

∑q< j≤m

(y j)2.

Dimostrazione. Possiamo supporre che Ω sia stellato rispetto all’origine. Ab-biamo allora

f (x) =∑m

i, j=1xix jhi, j(x), con hi, j(x) =

∫ 1

0

∫ 1

0

∂2 f (stx)∂xi∂x j t ds dt.

La matrice (hi, j(0)) e l’Hessiano di f in 0. A meno di una trasformazione linearedi coordinate, possiamo allora supporre che (hi, j(0))1≤i, j≤m sia diagonale, con tutti

Page 149: Nacinovich - Geometria differenziale

7. INDICE D’INTERSEZIONE 149

gli elementi sulla diagonale di modulo 1. Poniamoy11 =

√|h1,1(x)|

(x1 +

∑m

i=2

h1,i(x)|h1,1(x)|

),

y j1 = x j se 1 < j ≤ m.

Osserviamo che le y j1 sono ben definite e differenziabili in un intorno di 0 in Ω.

Inoltre lo Jacobiano∂y1

∂xe l’identita nell’origine, e quindi le y j

1 definiscono unsistema di coordinate in un intorno Ω1 di 0 in Ω. Nelle nuove coordinate risulta:

f (y1) = f (x(y1)) = h1,1(0)(y11)2 +

∑2≤i, j≤m

h(1)i, j (y)yi

1y j1,

con (h(1)i, j )2≤i, j≤m simmetrica.

Per ricorrenza, possiamo trovare una sequenza

Ω ⊃ Ω1 ⊃ · · · ⊃ Ωm−1 ⊃ Ωm

di intorni aperti di 0 in Rm e di coordinate (yk) in Ωk ed una sequenza di matricisimmetriche (h(k

i, j)k<i, j≤m, ponendoyk

k =

√|h(k−1)

k,k (yk−1)|

ykk−1 +

∑m

i=k+1

h(k−1)k,i (yk−1)

|h(k−1)k,k (yk−1)|

,y j

k = y jk−1 se j , k,

in modo che risulti

f (yk) =∑k

j=1h j, j(0)(y j

k)2 +∑m

i, j=k+1h(k)

i, j (yk)yiky j

k.

Il seguente teorema e la riformulazione astratta del lemma precedente:

Teorema 9.25. Sia M una varieta differenziabile ed f ∈ C∞(M) una funzione cheha in p0 ∈ M un punto critico non degenere. Esiste allora una carta locale (U, x)con centro in p0 tale che, per un intero q con 0 ≤ q ≤ m, risulti

(6.2) f (p) = f (p0) −∑

1≤i≤q(xi(p))2 +

∑q<i≤m

(xi(p))2.

7. Indice d’intersezione

Sia M una varieta differenziabile ed M1, M2 due sue sottovarieta proprie, con

(7.1) dim M = m, dim M1 = m1, dim M2 = m2, m1 + m2 = m, M1 t M2.

L’intersezione M1 ∩M2 e un sottoinsieme discreto di M. Per l’ipotesi di trasversa-lita,

(7.2) TpM = TpM1 ⊕ TpM2, ∀p ∈ M1 ∩ M2.

Risulta percio definita, per ogni p ∈ M1 ∩ M2, un isomorfismo lineare

(7.3) TpM2 −→ νM, pM1 = TpM/TpM1

di TpM2 sulla fibra in p del fibrato normale ad M1 in M.

Page 150: Nacinovich - Geometria differenziale

150 9. TRASVERSALITA

Siano ora assegante un’orientazione sul fibrato normale νM M1 di M1 in M edun’orientazione sulla varieta M2.

Nel caso in cui M1 sia una sottovarieta orientata di una varieta orientata M,possiamo considerare su νM M1 un’orientazione, che chiameremo canonica, percui l’isomorfismo naturale

(7.4) $p : TpM −→ TpM1 ⊕ νM, pM1

mantenga l’orientazione.Assegnate un’orientazione ad νM M1 e ad M2, ha senso chiedersi se l’isomorfi-

smo (7.3) conservi o inverta l’orientazione. Porremo, per p ∈ M1 ∩ M2,

(7.5) ε(p) =

+1 se $ conserva l’orientazione,−1 se $ inverte l’orientazione.

Definizione 9.7. Siano M1, M2 due sottovarieta compatte trasversali di una varietadifferenziabile M, con dim M1 + dim M1 = dim M, e siano assegnate orientazionidi M2 e del fibrato normale di M1.

L’indice d’intersezione di M1 ed M2 e il numero intero

(7.6) [M1 : M2] =

0 se M1 ∩ M2 = ∅,∑p∈M1∩M2ε(p) se M1 ∩ M2 , ∅.

Se M2 e una varieta orientabile compatta e connessa di dimensione m2, il suogruppo m2-esimo gruppo di omologia a coefficienti interi Hm2(M2) e isomorfo a Z.Un’orientazione su M2 corrisponde alla scelta di un generatore2 ωM2 di Hm2(M2).

Supponiamo che M1 sia connessa. Ad un’orientazione di νM M1 possiamo as-sociare un elemento γM1 di Hm2(M,M \ M1). Sia infatti F la fibra di νM M1 in unqualsiasi punto p ∈ M1. L’orientazione del fibrato normale equivale al dato di ungeneratore γF del gruppo ciclico Hm2(F, F \ p) ' Z.

Sia τ = (Uπτ−−−→ M1) un intorno tubolare di M1. L’inclusione

ι : (F, F \ p) → (U,U \ M1)

ci permette di considerare l’immagine γU = ι∗(γF) di γF in Hm2(U,U \M1). L’ele-mento γU ∈ Hm2(U,U \ M1) non dipende dalla scelta del punto p, perche abbiamosupposto M1 connessa.

Utilizzando l’isomorfismo di excisione,

Hm2(U,U \ M1) ' Hm2(M,M \ M1),

la classe γU definisce un elemento γM1 ∈ Hm2(M,M \ M1), che dipende solo dallasottovarieta M1 e dalla orientazione del suo fibrato normale.

Consideriamo le inclusioni

: (M2, ∅)→ (M2,M2 \ M1) e ı : (M2,M2 \ M1) → (M,M \ M1).

Vale la

2Esso corrisponde alla classe di coomologia di deRham di una forma di grado m2 con integrale1 su M2.

Page 151: Nacinovich - Geometria differenziale

8. INDICE D’INTERSEZIONE E GRADO TOPOLOGICO 151

Proposizione 9.26. Siano M una varieta differenziabile ed M1, M2 due sue sot-tovarieta connesse e compatte, trasversali e di dimensioni complementari in M.Siano assegnate un’orientazione γM1 ∈ Hm2(M,M \M1) sul fibrato normale di M1ed un’orientazione ωM2 ∈ Hm2(M2) su M2. Allora

(7.7) ı∗ ∗(ωM2) = [M1 : M2] · γM1 .

Se M, M1 ed M2 sono tutte orientate e scegliamo sui fibrati normali le orienta-zioni canoniche, per ogni punto p ∈ M1 ∩ M2 risulta

ε(p) =

+1 se TpM → TpM1 ⊕ TpM2 mantiene l’orientazione,−1 se TpM → TpM1 ⊕ TpM2 inverte l’orientazione.

In particolare, vale la

(7.8) [M2 : M1] = (−1)m1m2[M1 : M2].

Nel caso di due sottovarieta non necessariamente trasversali, ma connesse, compat-te e soddisfacenti la (7.1), possiamo prendere la (7.7) come definizione dell’indiced’intersezione [M1 : M2].

Per la Proposizione 9.26, l’indice d’intersezione e un invariante omotopico.Se il fibrato normale di M1 ed M2 non sono orientate, possiamo utilizzare i

gruppi di omotopia a coefficienti in Z2 e definire l’indice d’intersezione come unelemento di Z2. In particolare il numero (pari o dispari) di punti d’intersezione didue sottovarieta compatte e un invariante isotopico.

Esempio 9.6. Consideriamo una circonferenza S = S 1 ⊂ R3 ⊂ RP3. Ogni imma-gine isotopica di S 1 in RP3 che intersechi trasversalmente un iperpiano Σ ' RP2 diRP3 lo interseca in un numero pari di punti.

In particolare S e diffeomorfa ad una retta proiettiva ` ' RP1 di RP3, ma none ad essa isotopica.

Esempio 9.7. Consideriamo nel piano proiettivo complessoCP2 le due sottovarietaM1 = z2

0 + z21 + z2

3 = 0 ed M2 = z0 = 0. Entrambe sono diffeomorfe allasfera S 2, ma non possono essere trasformate l’una nell’altra da un’isotopia delpiano proiettivo complesso, perche le rette proiettive complesse che intersecanoM1 trasversalmente la intersecano in due punti, mentre quelle che intersecano M2trasversalmente la intersecano in un solo punto.

8. Indice d’intersezione e grado topologico

Siano M1 ed M2 due varieta compatte e connesse orientate, della stessa di-mensione m. Abbiamo osservato che l’orientazione definisce canonicamente, perciascuna di esse, un generatore ωM1 di Hm(M1) ed un generatore ωM2 di Hm(M2).Possiamo definire il grado di un’applicazione continua f : M1 → M2 come ilnumero intero deg( f ) per cui

(8.1) f∗(ωM1) = deg( f ) · ωM2 .

Page 152: Nacinovich - Geometria differenziale

152 9. TRASVERSALITA

Supponiamo ora che f sia differenziabile e consideriamo il grafico di f , cioel’applicazione

(8.2) f : M1 3 p −→ (p, f (p)) ∈ M1 × M2.

Sia pr2 : M1 × M2 → M2 la proiezione nella seconda coordinata. Consideriamo ildiagramma

Hm(M1)f∗

−−−−−→ Hm( f (M1))ι∗

−−−−−→ Hm(M1 × M2,M1 × (M2 \ p2))

f∗y pr2∗

y pr2∗

yHm(M2) Hm(M2)

'−−−−−→ Hm(M2,M2 \ p2)

ove ι : f (M1) → M1×M2 e l’inclusione. Indichiamo con ηM1 la classe definita dalfibrato normale di M1 in M1 ×M2, con l’orientazione data da quella di M2. Poiche

ι∗ f∗(ωM1) = [ f (M1) : Mp2] γM1 ,

ed il diagramma e commutativo, otteniamo

Lemma 9.27. Con le notazioni introdotte sopra, abbiamo

(8.3) deg( f ) = [ f (M1) : (M1 × p2)], ∀p2 ∈ M2.

Se in particolare scegliamo come p2 un valore regolare di f , il grado dell’appli-cazione f si puo calcolare come l’indice d’intersezione del grafico di f con quellodell’applicazione costantemente uguale a p2.

Page 153: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 10

Alcune Costruzioni

1. Somme connesse

La somma connessa e l’operazione che consiste nel congiungere due varietaconnesse, della stessa dimensione m ≥ 2, con un tubo.

Senza ripeterlo in ogni definizione ed enunciato, supporremo nel seguito chem sia un intero maggiore o uguale a due.

Come spazio topologico, la somma connessa e ottenuta per incollamento.Ricordiamo che, se X e Y sono spazi topologici, A un sottospazio di X ed

f : A→ Y un’applicazione continua, l’incollamento X ∪ f Y di X ad Y mediante laf e il quoziente dell’unione disgiunta X t Y rispetto alla relazione di equivalenzache identifica x ∈ A con y = f (x) ∈ Y .

Siano M1 ed M2 due varieta differenziabili connesse, entrambe della stessadimensione m. Fissiamo p1 ∈ M1, p2 ∈ M2 e siano U1 una carta coordinata di M1con centro in p1 ed U2 una carta coordinata in M2 con centro in p2, con funzionicoordinate

(1.1) φ1 : U1 → Rm, φ2 : U2 → Rm, tali che φ1(U1) = Rm, φ2(U2) = Rm,

ed U1 b M1, U2 b M2. Se M1 ed M2 sono orientate, richiediamo che la cartalocale (U1,φ1) preservi e la (U2,φ2) inverta l’orientazione.

Osserviamo che i diagrammi commutativi

Uiφi //

!!BBBBBBBB Rm

pi

ci descrivono gli Ui come intorni tubolari di pi in Mi.

Definizione 10.1. La somma connessa M1#M2(φ1,φ2) e lo spazio topologico chesi ottiene incollando M1 ad M2 mediante l’applicazione

(1.2) f : U1 3 p→ φ−12

(φ1(p)|φ1(p)|2

)∈ U2,

con la struttura differenziabile descritta dal seguente Teorema 10.1.

Teorema 10.1. Le applicazioni naturali ιi : Mi \ pi → M1#M2(φ1,φ2), per i =

1, 2, sono omeomorfismi con l’immagine ed e possibile definire su M1#M2(φ1,φ2)un’unica struttura di varieta differenziabile che le renda diffeomorfismi locali.

La struttura differenziabile cosı definita ha le proprieta:

153

Page 154: Nacinovich - Geometria differenziale

154 10. ALCUNE COSTRUZIONI

(1) Se M1 ed M2 sono varieta differenziabili connesse della stessa dimen-sione m > 1, la loro somma connessa M1#M2(φ1,φ2) e una varietadifferenziabile connessa di dimensione m.

(2) Se M1 ed M2 sono orientate, anche M1#M2(φ1,φ2) e orientabile ed am-mette un’orientazione tale che le inclusioni Mi \ pi → M1#M2(φ1,φ2)preservino l’orientazione.

(3) M1#M2(φ1,φ2) e compatta se, e soltanto se, entrambe M1 ed M2 sonocompatte.

(4) Se M1 ed M2 sono connesse, a meno di diffeomorfismi, la M1#M2(φ1,φ2)non dipende dalla scelta dei punti pi ∈ Mi e delle carte locali (Ui,φi).

Dimostrazione. Quando cio non provochi ambiguita, scriveremo nel seguitoper semplicita, nel corso della dimostrazione, M1#M2 invece di M1#M2(φ1,φ2).

Le Mi = Mi \ pi, per i = 1, 2, sono due varieta differenziali di dimensione m.Indichiamo con π : M1 t M2 → M1#M2 la proiezione nel quoziente. Osserviamoche per ogni i = 1, 2 la composizione

ıi : Mi −−−−−→ M1 t M2π

−−−−−→ M1#M2,

dove la prima freccia e l’inclusione naturale, e aperta ed e un omeomorfismo conl’immagine. In particolare, π e aperta ed e un omeomorfismo locale.

Fissati due atlanti A1 di M1 ed A2 di M2, la loro unione disgiunta A = A1tA2e un atlante di M1tM2. Una carta locale (U, φ) ∈ A definisce in modo naturale unacarta locale in M1#M2. Infatti π(U) e un aperto e risulta definito un omeomorfismoφ : π(U)→ φ(U) ⊂ Rm mediante il diagramma commutativo

−−−−−→ φ(U)⊂ Rm

π|U

y ∥∥∥∥π(U)

φ−−−−−→ φ(U)⊂ Rm.

L’atlante ˆA = (π(U), φ) | (U, φ) ∈ A1 tA2 cosı ottenuto e ancora di classe C∞.Il fatto che, se M1 ed M2 sono orientate, anche M1#M2 sia orientata, e conse-

guenza del fatto che lo jacobiano dell’inversione1

α : Rm \ 0 3 y −→y|y|2∈ Rm

ha determinante negativo. Avendo scelto una carta (U2,φ2) orientata negativamen-te, la sua composizione con l’inversione da una mappa che ha la stessa orientazionedi (U1,φ1).

Per dimostrare che M1#M2, a meno di diffeomorfismi, e indipendente dallascelta dei punti p1 ∈ M1, p2 ∈ M2 e delle carte locali (U1,φ1), (U2,φ2), utilizziamoil Teorema 3.29 del Capitolo 3. Questo di dice subito che a meno di isomorfismiM1#M2 non dipende dalla scelta di p1 e p2.

1Per semplicita si puo considerare lo Jacobiano in un punto della sfera unitaria |y| = 1. Essolascia invariati i vettori tangenti alla sfera ed inverte la direzione del vettore normale. Il determinantedello Jacobiano e quindi in tali punti uguale a (−1) ed, essendo m > 1, si mantiene negativo sulconnesso Rm \ 0.

Page 155: Nacinovich - Geometria differenziale

1. SOMME CONNESSE 155

Per ogni coppia di numeri reali t0, t1 con 0 < t0 < t1 sia

D(t0, t1) = x ∈ Rm | t0 < |x| < t1.

Abbiamoα(D(t0, t1)) = D(α(t1), α(t0)).

PoniamoMi,t = Mi \ p ∈ Ui | |φi(p)| ≤ t.

Si verifica facilmente che M1#M2 e diffeomorfo alla varieta ottenuta incollandoM1,t0 ad M2,α(t1) mediante il diffeomorfismo ft0,t1 definito dal diagramma commu-tativo

D(t0, t1)α

−−−−−→ D(α(t1), α(t0))

φ1

x xφ2

φ−11 (D(t0, t1))

ft0 ,t1−−−−−→ φ−1

2 (D(α(t1), α(t0)))Quindi, a meno di diffeomorfismi, la varieta M1#M2 dipende solo dalla restrizionedi f a φ1(D(t0, t1)).

In particolare, possiamo ricondurci al caso in cui U1 ed U2 siano intorni tubola-ri propri di p1 e p2. La tesi e quindi conseguenza dell’unicita dell’intorno tubolare(Teorema 8.7, Corollario 8.8 e Teorema 8.10 del Capitolo 8).

Notazione 10.2. Se M1 ed M2 sono due varieta differenziabili connesse, indiche-remo con M1#M2 la loro somma connessa2 , con la struttura di varieta descritta dalTeorema 10.1.

Esempio 10.1. Se M e una varieta di dimensione m, allora M#S m e diffeomorfaad M.

Esempio 10.2. Se m > 1, abbiamo Rm#Rm ' Rm \ 0 ' S m−1 × R.

Esempio 10.3. In generale, se M e una varieta di dimensione m > 1, alloraM#Rm ' M = M \ p0, ove p0 e un punto di M.

Proposizione 10.3. Se M1 ed M2 sono due varieta connesse di dimensione m ≥ 3,allora

(1.3) π1(M1#M2) = π1(M1) ∗ π1(M2).

Dimostrazione. Siano p1 ∈ M1, p2 ∈ M2 i centri delle carte locali (U1,φ1) diM1, (U2,φ2) di M2, ed indichiamo con $ : M1 t M2 → M1#M2 la corrisponden-te proiezione nel quoziente. Applichiamo il teorema di Seifert-Van Kampen allacoppia di aperti A1 = $(M1) ed A2 = $(M2). Poiche A1 ∩ A2 e omeomorfo adS m−1 × R, abbiamo π1(A1 ∩ A2) = 0. Quindi

π1(M1#M2) = π1(M1 \ p1) ∗ π1(M2 \ p2).

2per il punto (3), possiamo evitare il riferimento ai punti pi ed alle carte locali φi utilizzate perdefinirla.

Page 156: Nacinovich - Geometria differenziale

156 10. ALCUNE COSTRUZIONI

Poiche m ≥ 3, abbiamo3 π1(Mi) ' π1(Mi) per i = 1, 2, e da questa uguaglianzasegue la tesi.

Proposizione 10.4. Indichiamo con Tg una varieta differenziabile di dimensio-ne due omeomorfa alla sfera a g manici e con L` una varieta differenziabile didimensione due omeomorfa alla sfera ad ` nastri di Moebius. Abbiamo allora

(1.4) Tg1#Tg2 ' Tg1+g2 , Tg#L` ' L2g+`, L`1#L`2 ' L`1+`2 .

Teorema 10.5. L’insieme Mm delle varieta differenziabili compatte, connesse didimensione m, modulo diffeomorfismi, rispetto all’operazione di somma connessae un monoide associativo, commutativo e unitario. Abbiamo infatti, per ogni sceltadi M,M1,M2,M3 compatte, connesse, di dimensione m,

M1#M2 ' M2#M1,

(M1#M2)#M3 ' M1#(M2#M3),

M#S m ' M.

Le varieta differenziabili compatte, connesse, orientate di dimensione m modulodiffeomorfismi formano un sottomonoide unitario M+

m di Mm.

La struttura dei monoidi Mm, M+m non e nota in generale. Nel caso m = 2 si sa

che, a meno di diffeomorfismi, la struttura topologica determina anche quella dif-ferenziabile. Dalla classificazione topologica delle varieta compatte di dimensionedue otteniamo allora che

Teorema 10.6. Il monoide M2 e generato dal toro T e dal piano proiettivo RP2,con la relazione

(1.5) T#RP2 ' 3 · RP2 = RP2#RP2#RP2.

E poi

(1.6) M+2 ≡ Z+ = g ∈ Z | g ≥ 0,

ovvero il genere e l’unico invariante delle superficie compatte connesse orientate.

Infatti, se M e una varieta connessa di dimensione due, M#T si ottiene incol-lando ad M un manico, M#RP2 incollando ad M un nastro di Moebius.

Esempio 10.4. La bottiglia di Klein K2 e la somma connessa RP2#RP2 di duecopie del piano proiettivo reale.

Calcoliamo π1(K2) utilizzando il teorema di Seifert-van Kampen. Il pianoproiettivo privato di un punto si retrae per deformazione su S 1. Possiamo sceglieregeneratori a, b, uno per ciascuna delle due copie di π1(RP2 \ pt), in modo che lacirconferenza κ, su cui si retrae l’intersezione delle due copie di di RP2 \ pt, siaomotopa, in ciascuno degli RP2 \ pt, al quadrato del generatore. Il sottogruppo divan Kampen di Za ∗Zb e quindi generato da a2b−2. Otteniamo quindi che π1(K2) 'Z ∗ Z2, ed il suo abelianizzato e H1(K2) ' Z × Z2.

3Applichiamo il teorema di Seifert-Van Kampen alla coppia di aperti Mi ed Ui. L’aperto Ui eomeomorfo ad Rm e quindi semplicemente connesso. L’intersezione Mi ∩ Ui e omotopa ad S m−1 equindi semplicemente connessa. Ne segue che π1(Mi) ' π1(Mi).

Page 157: Nacinovich - Geometria differenziale

1. SOMME CONNESSE 157

La bottiglia di Klein si puo anche ottenere identificando i punti del perimetrodi un rettangolo mediante la formula abab−1 = 1. Indicando con c una diagonaledel rettangolo, tagliandolo lungo c ed incollando b e b−1, si ottiene K2 da un trian-golo con due lati c ed un lato a2, identificando i punti del perimetro mediante laformula a2c2 = 1. Questa formula di fornisce immediatamente π1(K2) ' Z ∗Z2 edH1(K2) ' Z × Z2.

In generale, l’insieme Am degli elementi invertibili di Mm e un gruppo. I suoielementi sono omeomorfi a sfere. Vale infatti la:

Proposizione 10.7. Siano M, N due varieta differenziabili di dimensione m. SeM#N e omeomorfo ad S m, allora M ed N sono entrambe omeomorfe ad S m.

Osservazione 10.8. Una sfera d’omotopia e una varieta differenziabile che ha lostesso tipo d’omotopia di una sfera. Essa ha quindi gli stessi gruppi di omotopia,di omologia e di coomologia singolare di una sfera.

La congettura di Poincare generalizzata afferma che una m-sfera di omotopiae omeomorfa alla sfera S m. Essa e stata risolta nel 1961 da Stephen Smale4 nelcaso m ≥ 5, nel 1982 da Michael Hartley Freedman5 nel caso m = 4 e nel 2003 daGrigori Perelman6 nel caso m = 3.

Osserviamo che la validita della congettura di Poincare generalizzata nel casom = 2 e conseguenza del teorema di classificazione delle superficie compatte e nelcaso m = 1 dal fatto che la circonferenza e l’unica curva connessa e compatta didimensione 1.

Le sfere di omotopia sono omeomorfe, ma possono non essere diffeomorfe allesfere S m.

L’insieme Am degli elementi invertibili di Mm si puo identificare al gruppodelle strutture differenziabili invertibili sulla sfera topologica di dimensione m. Enoto che per m , 4 tutte le strutture differenziabili sulla sfera di dimensione m sonoinvertibili, ed Am e finito e Abeliano. Non si sa se esistano sfere esotiche, cioe conuna struttura differenziabile diversa da quella standard, in dimensione 4.

Osservazione 10.9. Una sfera di omologia e una varieta differenziabile che ha glistessi gruppi di omologia singolare di una sfera. Se una varieta M, di dimensione

4Generalized Poincare’s conjecture in dimensions greater than four, Annals of Mathematics,2nd Ser., 74 (1961), no. 2, 391–406

5The topology of four-dimensional manifolds, Journal of Differential Geometry 17 (3) (1982),357–453

6The entropy formula for the Ricci flow and its geometric applications.arXiv:math.DG/0211159,

Ricci flow with surgery on three-manifolds. arXiv:math.DG/0303109Finite extinction time for the solutions to the Ricci flow on certain three-manifolds.

arXiv:math.DG/0307245Vedi anche: John W. Morgan, Gang Tian (2006). Ricci Flow and the Poincare Conjecture.

arXiv:math/0607607

Page 158: Nacinovich - Geometria differenziale

158 10. ALCUNE COSTRUZIONI

M, e una sfera di omologia abbiamo cioe

Hi(M) =

Z per i = 0,m,0 altrimenti.

In origine la congettura di Poincare, da lui formulata nel 1900, stabiliva che unasfera di omologia di dimensione tre fosse omeomorfa ad S 3. Nel 1904 egli stessotrovo un esempio di una sfera di omologia di dimensione tre non semplicementeconnessa.

Una sfera di omologia di dimensione 3, non omeomorfa alla sfera S 3, e lo spa-zio dodecaedrale di Poincare. Esso puo essere definito come uno spazio omogeneodi SO(3), scegliendo come gruppo di isotropia il gruppo icosaedrale I delle rota-zioni che trasformano in se un icosaedro regolare con centro nell’origine. Il grup-po I e isomorfo al gruppo alternato A5 delle permutazioni di segnatura positiva dicinque elementi.

Ricordiamo che l’icosaedro regolare e il solido platonico con venti facce, chesono triangoli equilateri, dodici vertici, e trenta lati. Il suo duale e il dodecaedro,con dodici facce che sono pentagoni regolari, venti vertici e trenta lati.

Oltre alla sfera S 3, questa e l’unica sfera d’omologia che ha gruppo fondamen-tale finito. Il suo gruppo fondamentale e il gruppo icosaedrale binario 2I, che haordine 120. Indicando con I il gruppo delle rotazioni dell’icosaedro regolare, ilgruppo icosaedrale binario si puo ottenere dal diagramma commutativo

Spin(3) −−−−−→ SO(3)x x2I −−−−−→ I .

Notiamo che il gruppo 2I ha lo stesso ordine, ma non e isomorfo al gruppo S5 dellepermutazioni di 5 elementi. Il gruppo A5 e un sottogruppo di S5, ma non un suoquoziente, ed un quoziente di 2I, ma non un suo sottogruppo.

Lo spazio dodecaedrale di Poincare e stato recentemente proposto come mo-dello su larga scala dell’Universo7

Esempio 10.5. Sia Dm un disco m-dimensionale di una carta coordinata di unavarieta M di dimensione m e sia ∼ la relazione di equivalenza che identifica puntiantipodali di ∂Dm. Il quoziente M/ ∼ e omeomorfo alla varieta M#RPm.

2. Somme connesse di varieta con bordo

Abbiamo definito le varieta differenziabili con bordo nel §4 del Capitolo 3.Possiamo estendere le definizioni ed i risultati del §1 al caso in cui M1 ed M2 sianovarieta con bordo ed i punti pi ∈ Mi siano interni alle varieta. Fissiamo coordinate

7Luminet, Jean-Pierre; Jeff Weeks, Alain Riazuelo, Roland Lehoucq, Jean-Phillipe Uzan(2003-10-09). Dodecahedral space topology as an explanation for weak wide-angle tem-perature correlations in the cosmic microwave background. Nature 425 (6958): 593-595.arXiv:astro-ph/0310253

Page 159: Nacinovich - Geometria differenziale

3. SOMME CONNESSE LUNGO IL BORDO 159

locali φi : Ui → Rm con centro pi e φi(Ui) = Rm, tali che, se le Mi sono orientate,la φ1 preservi e la φ2 inverta l’orientazione.

Definizione 10.2. La somma connessa M1#M2(φ1,φ2) e lo spazio topologico chesi ottiene incollando M1 ad M2 mediante l’applicazione

(2.1) f : U1 3 p→ φ−12

(φ1(p)|φ1(p)|2

)∈ U2,

con la struttura di varieta differenziabile con bordo descritta dal seguente Teore-ma 10.10.

Teorema 10.10. Le applicazioni naturali ιi : Mi \ pi → M1#M2(φ1,φ2), per i =

1, 2, sono omeomorfismi con l’immagine ed e possibile definire su M1#M2(φ1,φ2)un’unica struttura di varieta differenziabile con bordo che le renda diffeomorfismilocali. Il bordo di M1#M2(φ1,φ2) e l’unione disgiunta dei bordi di M1 ed M2:

∂(M1#M2(φ1,φ2)) = ∂M1 t ∂M2.

La struttura differenziabile cosı definita ha le proprieta:(1) Se M1 ed M2 sono varieta differenziabili con bordo connesse della stessa

dimensione m > 1, la loro somma connessa M1#M2(φ1,φ2) e una varietadifferenziabile con bordo connessa di dimensione m.

(2) Se M1 ed M2 sono orientate, anche M1#M2(φ1,φ2) e orientabile ed am-mette un’orientazione tale che le inclusioni Mi \ pi → M1#M2(φ1,φ2)preservino l’orientazione.

(3) M1#M2(φ1,φ2) e compatta se, e soltanto se, entrambe M1 ed M2 sonocompatte.

(4) Se M1 ed M2 sono connesse, a meno di diffeomorfismi, la M1#M2(φ1,φ2)non dipende dalla scelta dei punti pi ∈ Mi e delle carte locali (Ui,φi).

Le considerazioni sono analoghe a quelle svolte nel §1 e saranno quindi omes-se.

Notazione 10.11. Se M1 ed M2 sono due varieta differenziabili con bordo connes-se, indicheremo con M1#M2 la loro somma connessa8 , con la struttura di varietadifferenziabile con bordo descritta dal Teorema 10.10.

Esempio 10.6. Sia Dm il disco chiuso m-dimensionale. Allora Dm#Dm e diffeo-morfo al cilindro S m−1 × I.

3. Somme connesse lungo il bordo

Consideriamo ora l’operazione di connettere due varieta con bordo lungo undisco sulla loro frontiera.

Siano M1 ed M2 due varieta differenziabili con bordi ∂M1 e ∂M2 non vuoti.Fissiamo due punti pi ∈ ∂Mi, e due carte locali Ui con centri in pi, i = 1, 2, conle proprieta che le φi : Ui → Rm

+ siano diffeomorfismi surgettivi. Se le Mi sonoorientate, supporremo che φ1 preservi e φ2 inverta l’orientazione.

8per il punto (3), possiamo evitare il riferimento ai punti pi ed alle carte locali φi utilizzate perdefinirla.

Page 160: Nacinovich - Geometria differenziale

160 10. ALCUNE COSTRUZIONI

Definizione 10.3. La somma connessa lungo il bordo di M1 ed M2 mediante(φ1,φ2) e lo spazio topologico M1#bM2(φ1,φ2) ottenuto incollando M1 \ p1 adM2 \ p2 mediante l’applicazione

f : (U1 ∩ ∂M1) \ p1 3 p −→ φ−12

(φ1(p)|φ1(p)|2

)∈ (U2 ∩ ∂M2) \ p2 ⊂ M2 \ p2,

con la struttura differenziabile descritta dal Teorema 10.12.

Teorema 10.12. Si puo definire su M1#bM2(φ1,φ2) un’unica struttura di varietadifferenziabile con bordo per cui le inclusioni naturali definite dal diagrammacommutativo

Mi \ pi //

((PPPPPPPPPPPP(M1 \ p1) t (M2 \ p2)

ttjjjjjjjjjjjjjjjj

M1#bM2(φ1,φ2)

siano immersioni differenziabili di varieta con bordo, e risulta

∂(M1#bM2(φ1,φ2) = ∂M1#∂M2.

La struttura differenziabile di M1#bM2(φ1,φ2) ha le proprieta:

(1) Se M1 ed M2 sono orientate, anche M1#bM2(φ1,φ2) e orientabile ed epossibile definire su di essa un’orientazione in modo tale che le immer-sioni Mi \ pi → M1#bM2(φ1,φ2) preservino l’orientazione.

(2) M1#bM2(φ1,φ2) e compatta se e soltanto se entrambe M1 ed M2 sonocompatte.

(3) Se i bordi ∂M1 e ∂M2 sono connessi, allora, a meno di diffeomorfismi, lastruttura differenziabile di M1#bM2(φ1,φ2) non dipende dalla scelta deipunti pi e delle carte locali φi.

Notazione 10.13. Se le Mi hanno bordi connessi, indicheremo semplicemente conM1#bM2, invece che con M1#bM2(φ1,φ2), la somma connessa lungo il bordo dellevarieta M1 ed M2.

Osservazione 10.14. Se M e una varieta con bordo di dimensione M, allora M#bDm

e diffeomorfa ad M.

Proposizione 10.15. Se M1, M2 sono varieta differenziabili connesse con bordiconnessi, di dimensione m ≥ 2, allora M1#bM2 ha il tipo di omotopia del bouquetM1 ∨ M2.

Dimostrazione. Ricordiamo che il bouquet M1 ∨ M2 si ottiene da M1 t M2identificando un punto di M1 con un punto di M2. Sia M1#bM2 = M1#bM2(φ1,φ2)con diffeomorfismi φi : Ui → Rm

+ . Per verificare la validita dell’enunciato, esufficiente osservare che gli spazi Ui \ pi sono contrattili.

Page 161: Nacinovich - Geometria differenziale

4. INCOLLAMENTO LUNGO UNA SOTTOVARIETA 161

4. Incollamento lungo una sottovarieta

Possiamo generalizzare l’operazione si somma connessa all’incollamento lun-go sottovarieta diffeomorfe. In generale, il risultato dell’incollamento dipenderadalle classi di isotopia delle due sottovarieta. La costruzione e la seguente.

Sia ξ = (Eπ−−→ N) un fibrato vettoriale di rango k su una varieta differen-

ziabile N, di dimensione n. Possiamo definire su E una metrica positiva9, cioeun’applicazione

gE ∈ C∞(E ⊕N E,R)con le proprieta

(1) gE(p) e bilineare su Ep × Ep per ogni p ∈ N,(2) gE(v, v) > 0 se p ∈ N e v ∈ Ep \ 0.

Utilizzando la metrica gE , possiamo definire un’involuzione sullo spazio totale Eprivato della sezione nulla: E =

⊔p∈N(Ep \ 0), mediante

E =⊔p∈N

(Ep \ 0) 3 v −→ r(v) =v

gE(v, v)∈ E.

Siano poi M1 ed M2 due varieta differenziabili della stessa dimensione m =

n + k ed hi : E → Mi, i = 1, 2 due immersioni di E, che siano diffeomorfismi conl’immagine. Definiamo

M(h1, h2) = (M1 \ h1(N)) t (M2 \ h2(N))/ ∼,

ove “∼” e la relazione di equivalenza che identifica i punti

h1(v) ∼ h2

(v

gE(v, v)

), ∀v ∈ E.

Teorema 10.16. Le immersioni naturali Mi \ hi(N) → M(h1, h2) (i = 1, 2) so-no omeomorfismi con le immagini. Esiste un’unica struttura differenziabile suM(h1, h2) per cui tali inclusioni siano immersioni differenziabili.

Se S 1 ed S 2 sono sottovarieta differenziabili proprie di M1 ed M2, rispettiva-mente, con S 1 ed S 2 diffeomorfe tra loro, il diffeomorfismo tra S 1 ed S 2 induceun diffeomorfismo dei loro intorni tubolari, che ci permette di incollare M1 ad M2lungo le sottovarieta S 1 ed S 2, utilizzando la costruzione precedente.

Un caso particolare di questa costruzione e il seguente.Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed n un intero positivo mi-

nore di m. Consideriamo allora una sottovarieta S di M diffeomorfa ad S n edincolliamo S m ad M lungo S n ⊂ S m. Questa operazione si dice modificazionesferica o chirurgia.

Esempio 10.7. Siano ξ1, ξ2 due fibrati differenziabili localmente banali con fibratipica S n e basi Bξ1 , Bξ2 della stessa dimensione m. Il risultato dell’attaccamen-to degli spazi totali Eξ1 ed Eξ2 lungo una fibra e allora un fibrato differenziabilelocalmente banale con fibra S n e base Bξ1#Bξ2 .

9Questo e ovvio se ξ e un fibrato banale; nel caso generale si puo dimostrare utilizzando unapartizione dell’unita subordinata ad un atlante di trivializzazione di ξ.

Page 162: Nacinovich - Geometria differenziale

162 10. ALCUNE COSTRUZIONI

5. Incollamento lungo sottovarieta del bordo

Sia ξ = (Eπ−−→ N) un fibrato vettoriale differenziabile di rango k, su una base

N di dimensione n, come nel paragrafo precedente.Sia m = n+k+1 e siano M1 ed M2 due varieta differenziabili di dimensione m,

con bordi ∂M1 e ∂M2 non vuoti. Siano hi : E → ∂Mi, per i = 1, 2, due inclusionidifferenziabili dello spazio totale E di ξ nei bordi di M1 ed M2, rispettivamente.Le hi si possono estendere ad inclusioni differenziabili10 hi : E × R+ → Mi divarieta con bordo, in modo tale che le immagini hi(E × R+) siano intorni tubolaridi hi(N) = Ni in Mi (i = 1, 2).

6. Attaccamento di manici alla frontiera

L’operazione di attaccamento di un k-manico11 ad una varieta differenziabileM (qui k < m = dim M) con bordo e l’analogo, per le varieta differenziabili,dell’operazione di attaccamento di una k-cella per i complessi cellulari.

Sia M una varieta di dimensione m, con bordo non vuoto, k un intero con0 ≤ k < m, ed f : S k−1 × Dm−k −→ ∂M un’inclusione differenziabile.

Definizione 10.4. Possiamo definire su M∪ f Dm un’unica struttura di varieta diffe-renziabile con bordo per cui le inclusioni naturali M → M∪ f Dm e Dm → M∪ f Dm

siano inclusioni differenziabili.

Denotiamo con M∪ f Dm la varieta con bordo ottenuta incollando il disco Dm adM mediante la f , con la struttura differenziabile che rende l’applicazione naturaleM t Dm → M ∪ f Dm differenziabile.

Sia m = λ + µ. Scriviamo x ∈ Rm = Rλ ×Rµ come x = (xλ, xµ), con xλ ∈ Rλ edxµ ∈ Rµ. Identifichiamo S λ−1 alla sfera contenuta in S m−1 ⊂ Dm definita da

S λ−1 = (xλ, xµ) ∈ Dm | xµ = 0, |xλ| = 1.

Per ogni numero reale ε, con 0 ≤ ε < 1, l’insieme

Tε = x ∈ Dm | |xλ| > ε

e un intorno tubolare di S λ−1 in Dm, con proiezione

Tε 3 x = (xλ, xµ) −→(

xλ|xλ|

, 0)∈ S λ−1.

PoniamoTε = Tε \ S λ−1.

Su Tε e definita un’involuzione naturale che preserva le fibre:

αε(xλ, xµ) =

xλ|xλ|

√1 + ε2 − |xλ|2, xµ

√|xλ|2 − ε2√1 − |xλ|2

10Indichiamo con R+ la semiretta chiusa t ∈ R | t ≥ 0.11Questa operazione e stata introdotta da Stephen Smale, nell’articolo: On the structure of

manifolds Amer. J. Math. , 84 (1962) pp. 387-399.

Page 163: Nacinovich - Geometria differenziale

6. ATTACCAMENTO DI MANICI ALLA FRONTIERA 163

Inoltre, αε preserva le sfere di dimensione λ di S m−1 = ∂Dm che contengono S λ−1.Ogni sfera di dimensione λ che contiene S λ−1 contiene due punti x con xλ = 0.

Fissiamo un punto x0 = (0, x0µ) ∈ S m−1 e consideriamo la sfera S λ

x0 , di dimensioneλ, contenuta in S m−1 e contenente x0 ed S λ−1. Indichiamo con Kx0 il suo emisferochiuso che contiene x0 ed e delimitato da S λ−1. Sia κx0 un disco di dimensione λ,di centro x, contenuto in Kx0 . Se x0 = (0, x0

µ), allora12

κ = (xλ, xµ) ∈ S m−1 | xµ = tx0µ. t0 ≤ t ≤ 1.

Abbiamo allora

α0(κ \ x0) ∪ S λ−1 = x ∈ S m−1 | xµ = x0µ

√1 − t2, t0 ≤ t ≤ 1.

Otteniamo percio il seguente

Lemma 10.17. L’intersezione Kx0 ∩ T (t20) = α0(κ \ x0)∪ S λ−1 e una sottovarieta

con bordo di T (t20) ed un collare di S λ−1 in Kx0 . Il suo bordo consiste di S λ−1 ed

α0(∂K).

Definizione 10.5. Sia h : S λ−1 → ∂M un’inclusione differenziabile ed h : T0 → Muna sua estensione ed un intorno tubolare di h(S λ−1) in M. La varieta ottenutadall’unione disgiunta di M\h(S λ−1) e di Dm\S λ−1 identificando il punto x ∈ T0 conil punto h(α0(x)) ∈ M \ h(S λ−1) si dice ottenuta attaccando ad M una λ-maniglia.Essa sara indicata con13 M ∪h Hλ.

La sottovarieta h(S λ−1) si dice la sfera d’attaccamento. Identifichiamo M \h(S λ−1) e Dm \ S λ−1 alle loro immagini in M ∪h Hλ e chiameremo Dm \ S λ−1 ilmanico ed il disco Dµ = x ∈ Dm | xλ = 0 il disco cintura e la sua frontiera S µ−1

la sfera cintura14.

Osservazione 10.18. Se M e orientata e h inverte l’orientazione di M, alloraM∪h Hλ ammette un’orientazione compatibile con quella di M e con l’orientazionestandard del disco.

Osservazione 10.19. Attaccare uno 0-manico significa fare l’unione disgiunta diM e Dm, cioe M ∪h H0 = M t Dm.

Osservazione 10.20. Siano M1,M2 due varieta connesse di dimensione m, conbordi non vuoti e connessi, e fissiamo p1 ∈ ∂Mi, per i = 1, 2. Sia h : S 0 = ±1 →M1tM2 l’applicazione definita da h(−1) = p1, h(1) = p2. Allora (M1tM2)∪hH1 '

M1#bM2.

Proposizione 10.21. La varieta M ottenuta attaccando un λ-manico ad un discoDm lungo una sfera S λ−1 del suo bordo e diffeomorfa a S λ × Dµ, con λ + µ = m.

Osservazione 10.22. In particolare, D3 ∪ H1 ' S 1 × D2 e il toro solido.

12t = 1 corrisponde al centro di κ e, per ogni t ∈ [t0, 1[, κ contiene una sfera di dimensione λ− 1con xµ = tx0

µ.13H e l’iniziale di handle, che significa manico, o maniglia nella lingua inglese.14belt disc e belt sphere, rispettivamente.

Page 164: Nacinovich - Geometria differenziale
Page 165: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 11

Forme differenziali negli spazi Euclidei

1. Forme differenziali in Rn

Indichiamo con ΛqRn lo spazio vettoriale reale, di dimensione(nq

), delle forme

q-multilineari alternate su Rn.

Definizione 11.1. Sia A un aperto di Rn. Le applicazioni η ∈ C∞(A,ΛqRn) si di-cono forme differenziali alternate, omogenee di grado q e con coefficienti di classeC∞ in A.

Useremo la notazione

(1.1) Ωq(A) := C∞(A,ΛqRn)

Indichiamo con dxi la forma lineare su Rn definita da:

(1.2) dxi(x) = xi, ∀x = t(x1, ..., xn) ∈ Rn.

Le forme:

(1.3) dxi1 ∧ ... ∧ dxiq con 1 ≤ i1 < ... < iq ≤ n

costituiscono una base di Λq Rn. Una forma η ∈ Ωq(A) si scrive in modo unicocome: ∑

1≤i1<...<iq≤nηi1...iqdxi1 ∧ · · · ∧ dxiq , con(1.4)

ηi1,...,iq(x) = η(x)(ei1 , ..., eiq) ∈ C∞(A),(1.5)

ove abbiamo indicato con e1, ..., en i vettori della base canonica di Rn.

Definizione 11.2. L’algebra di Grassmann Ω∗(A) delle forme alternate di classeC∞ su A e la somma diretta

Ω∗(A) =⊕n

q=0Ωq(A),

con il prodotto definito sulle forme omogenee da

η′ ∧ η′′(x)(v1, . . . , vq)

=∑

1≤σ1<···<σq′≤q1<σq′+1<···<σq

σ∈Sq

ε(σ)η′(x)(vσ1 , . . . , vσq′ )η′′(x)(vσq′+1, . . . , vσq)

∀v1, . . . , vq ∈ Rn, η′ ∈ Ωq′,(k)(A), η′′ ∈ Ωq′′,(k)(A), q′ + q′′ = q.

165

Page 166: Nacinovich - Geometria differenziale

166 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

2. Pull-back

Se f ∈ C∞(A) e una funzione reale di classe C∞, definita sull’aperto A di Rn,il suo differenziale e l’elemento di Ω1(A) definito da:

(2.1) d f (x) =

n∑i=1

∂ f (x)∂xi dxi .

Siano B un aperto di Rm, A un aperto di Rn e φ = t(φ1, ..., φn) ∈ C∞(B, A).

Definizione 11.3. Il pullback, o immagine inversa di una forma differenziale η ∈Ωq(A), descritta da (1.4), e la forma differenziale φ∗η ∈ Ωq(B) definita da:

(2.2) φ∗η =∑i1...iq

ηi1...iq(φ) dφi1 ∧ ... ∧ dφiq .

Si verifica immediatamente che il pull-back di forme gode delle proprieta :

Teorema 11.1. (1) φ∗ : Ωq(A)→ Ωq(B) e un’applicazione R-lineare.(2) Se η1 ∈ Ω

q1(A) ed η2 ∈ Ωq2(A), allora η1 ∧ η2 ∈ Ω

q1+q2(A) e

φ∗(η1 ∧ η2) = (φ∗η1) ∧ (φ∗η2).

(3) Se ψ : D → B e un’applicazione di classe C k+1, definita su un aperto Ddi R`, allora

(φ ψ)∗ = ψ∗ φ∗.

3. Differenziale di una forma

Estendiamo la definizione del differenziale dal caso delle funzioni a quellodelle forme differenziali ponendo, per una η ∈ Ωq,(k+1)(A) descritta dalla (1.4):

(3.1)dη(x) =

∑1≤i1<...<iq≤n

dηi1...iq(x) ∧ dxi1 ∧ ... ∧ dxiq

=∑n

i=1

∑1≤i1<...<iq≤n

∂ηi1...iq(x)

∂xi dxi ∧ dxi1 ∧ ... ∧ dxiq .

Il differenziale delle forme differenziali e caratterizzato dal:

Teorema 11.2. Il differenziale e l’unica applicazione R-lineare

d : Ω∗(A) −→ Ω∗(A)

che goda delle seguenti proprieta:(1) Per ogni intero q ≥ 0, il differenziale definisce un’applicazioneR-lineare :

(3.2) d : Ωq(A)→ Ωq+1(A).

(2) d coincide con il differenziale definito sulle funzioni nel caso q = 0.(3) Vale la formula del differenziale del prodotto:

d(η1 ∧ η2) = dη1 ∧ η2 + (−1)q1η1 ∧ dη2

∀η1 ∈ Ωq1k+1(A), ∀η2 ∈ Ω

q2k+1(A)

Page 167: Nacinovich - Geometria differenziale

4. IL COMPLESSO DI DE RHAM 167

(4) d d : Ωq(A)→ Ωq+2(A) e l’applicazione nulla, cioe

(3.3) d d = d2 = 0.

Dimostrazione. Il differenziale definito dalla (3.1) soddisfa la (3) per le pro-prieta del prodotto esterno e la regola di Leibnitz per la derivazione del prodotto didue funzioni. La (3.3) e allora conseguenza della:

d2 f =∑n

i, j=1

∂2 f (x)∂xi∂x j dxi ∧ dx j = 0,

valida per ogni funzione f ∈ C 2(A,R). Viceversa, se valgono le (1), (2), (3), (4)l’espressione del differenziale e data necessariamente dalla (3.1).

4. Il complesso di de Rham

Per ogni aperto A di Rn, otteniamo un complesso di operatori differenziali:

(4.1)

0→ Ω0k+n(A)

d−−−−−→ Ω1

k+n−1(A) −−−−−→ · · ·

· · · → Ωhk+n−h(A)

d−−−−−→ Ωh+1

k+n−h−1(A)d

−−−−−→ Ωh+2k+n−h−2(A)→

· · ·d

−−−−−→ Ωnk(A)→ 0

Definizione 11.4. Il complesso (4.1) si dice il complesso di de Rham1 sull’apertoA di Rn.

Poniamo:

Z q(A) = η ∈ Ωq(A) | dη = 0 ( spazio delle q-forme chiuse),(4.2)

Bq(A) = dη | η ∈ Ωq−1(A) ( spazio delle q-forme esatte),(4.3)

Hq(A) = Z q(A)/Bq(A)(q-esimo gruppo di coomologia

di de Rham).(4.4)

Se α ∈ Z q(A), indicheremo con [α] la corrispondente classe di coomologia inHq(A),

Se q < 0, oppure q > n, porremo Z q(A) = 0, Bq(A) = 0, Hq(A) = 0.

Dalla formula dei differenziali, otteniamo immediatamente il:

Teorema 11.3. Siano A un aperto di Rn, B un aperto di Rm e φ ∈ C∞(B, A). Ilpullback commuta con i differenziali:

(4.5) φ∗(dη) = dφ∗η, ∀η ∈ Ω∗(A)

e definisce quindi, per ogni intero q, un omomorfismo

(4.6) [φ∗] : Hq(A) −→ Hq(B).

1 Georges de Rham, Matematico (Roche, Losanna, 1903 - Losanna 1990). Dal 1932 prof. al-l’univ. di Losanna e successivamente di Parigi (1943) e Ginevra (1953). Le sue ricerche riguardanosoprattutto problemi di natura differenziale e topologica sulle varieta differenziabili. Nel 1931 dimo-stro il famoso teorema che identifica i gruppi di coomologia ad invarianti topologici. I suoi risultatihanno aperto nuovi ed elevati settori di ricerca. Il suo lavoro e stato particolarmente importante perlo sviluppo della teoria dei fasci.

Page 168: Nacinovich - Geometria differenziale

168 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Osservazione 11.4. Il Teorema 11.3 ci dice che la differenziazione e un’operazioneinvariante rispetto ai cambiamenti di carte locali e ci permettera percio di definirele forme differenziali e il differenziale di forme sulle varieta.

Dimostriamo alcuni risultati sui gruppi di coomologia del complesso di deRham, da cui ricaveremo in particolare il Lemma di Poincare-Volterra sull’aci-clicita locale di (4.1).

Lemma 11.5. Sia A un aperto di Rn, I un intervallo aperto di R e

πA : A × I 3 (x, t)→ x ∈ A

la proiezione canonica. Allora il pullback di forme induce un isomorfismo lineare

(4.7) [π∗A] : Hq(A) −→ Hq(A × I).

In particolare

(4.8) Hn+1(A × I) = 0.

Dimostrazione. Fissiamo t0 ∈ I e consideriamo l’inclusione

t0 : A 3 x −→ (x, t0) ∈ A × I.

Poiche πA t0 = idA, abbiamo

idHq(A) = [(πA t0)∗] = [ ∗t0 π∗A] = [ ∗t0] [π∗A]

e quindi [π∗A] e iniettiva.Resta da dimostrare che [π∗A] e anche surgettiva.Indichiamo con dx il differenziale in A e con d quello su A × I. Scriviamo un

elemento α ∈ Ωq(A × I) nella forma

α = α′ + dt ∧ α′′, con α′ ∈ C∞(A × I,ΛqRn), α′′ ∈ C∞(A × I,Λq−1Rn).

Abbiamo allora

dα = dxα + dt ∧∂α

∂t= dxα

′ + dt ∧(∂α′∂t− dxα

′′).Osserviamo che α ∈ π∗A(Ωq(A)) se e soltanto se

α′′ = 0,∂α′

∂t= 0.

Se α ∈ Z q(A × I), abbiamo

dxα′ = 0,

∂α′

∂t= dxα

′′.

Poniamo

β(x, t) =

∫ t

t0α′′dt ∈ C∞(A × I,Λq−1Rn) ⊂ Ωq−1(A × I).

Allora

α−dβ = (α′+dt∧α′′)−(dxβ+dt∧

∂β

∂t)

= α′−dxβ ∈ Z q(A× I)∩C∞(A× I,ΛqRn).

Page 169: Nacinovich - Geometria differenziale

4. IL COMPLESSO DI DE RHAM 169

La forma γ = α′ − dxβ e coomologa ad α e soddisfa le equazioni

dxγ = 0,∂γ

∂t= 0.

In particolare, γ e il pullback mediante π∗A di un elemento di Z q(A). La dimostra-zione e completa.

Ogni elemento α ∈ Ωn+1(A × I) = Z n+1(A × I) e divisibile per dt, risulta cioe

α = dt ∧ α′′, con α′′ ∈ C∞(A × I,Λn(A)).

Allora

β =

∫ t

t0α′′ ∈ C∞(A × I,Λn(A)) ⊂ Ωn(A × I)

soddisfa l’equazione

dβ = dt ∧∂β

∂t= dt ∧ α′′ = α.

Piu in generale abbiamo:

Proposizione 11.6. Siano A un aperto di Rn e I1, . . . , Ik intervalli aperti di R.Allora

Hq(A × I1 × · · · × Ik) = 0, ∀q > n.

Dimostrazione. Abbiamo infatti, per il Lemma 11.5, Hq(A × I1 × · · · × Ik) 'Hq(A × I1 × · · · × Ik−1) ' · · · ' Hq(A × I1) ' Hq(A) = 0.

Dalla Proposizione 11.6 si ottiene facilmente il

Teorema 11.7. Siano I1, . . . , In intervalli aperti di R. Allora

(4.9) Hq(I1 × · · · × In) =

R se q = 0,0 se q , 0.

In particolare, otteniamo il teorema di Poincare2 e Volterra3 sull’aciclicita lo-cale del complesso di de Rham.

2 Jules Henri Poincare (Nancy, 29 aprile 1854 - Parigi, 17 luglio 1912) e stato un matematico,un fisico teorico e un filosofo naturale francese. Poincare viene considerato un enciclopedico e inmatematica l’ultimo universalista, dal momento che eccelse in tutti i campi della disciplina attivi aisuoi giorni.

Come matematico e fisico, diede molti contributi originali alla matematica pura, alla matema-tica applicata, alla fisica matematica e alla meccanica celeste. A lui si deve la formulazione dellacongettura di Poincare, uno dei piu famosi problemi in matematica. Nelle sue ricerche sul problemadei tre corpi, Poincare fu la prima persona a scoprire un sistema caotico deterministico, ponendo intal modo le basi della moderna teoria del caos. Viene inoltre considerato come uno dei fondatoridella topologia.

Poincare introdusse il moderno principio di relativita e fu il primo a presentare le trasformazionidi Lorentz nella loro moderna forma simmetrica. Poincare completo le trasformazioni concernentila velocita relativistica e le trascrisse in una lettera a Lorentz nel 1905. Ottenne cosı la perfettainvarianza delle equazioni di Maxwell, un passo importante nella formulazione della teoria dellarelativita ristretta. Il gruppo di Poincare usato in fisica e matematica deve a lui il suo nome.

3Vito Volterra (Ancona, 3 maggio 1860 - Roma, 11 ottobre 1940), matematico e fisico italia-no. Fu uno dei principali fondatori dell’analisi funzionale e della connessa teoria delle equazioniintegrali. Il suo nome noto soprattutto per i suoi contributi alla biologia matematica.

Page 170: Nacinovich - Geometria differenziale

170 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Teorema 11.8 (Lemma di Poincare-Volterra). Sia η ∈ Ωq(A) (k ≥ 1) una formadifferenziale definita su un aperto A di Rn, che soddisfa

(4.10) dη = 0

in un intorno aperto di un punto p di A. Se q = 0, allora f e costante in un intornodi p in A. Se q > 0, possiamo trovare un intorno aperto U di p in A ed una formadifferenziale u ∈ Ω(q−1)(U) tale che:

(4.11) du = η in U.

Dimostrazione del Teorema 11.8. La tesi segue dal Teorema 11.7, perche ognipunto p ∈ A ha in A un intorno aperto della forma I1 × · · · × In, con I1, . . . , Inintervalli aperti in R.

5. Coomologia di de Rham a supporti compatti

Sia A un aperto di Rn. Se B e un aperto di A, possiamo definire la restrizionerA

Bη ∈ Ωq(B) di una forma η ∈ Ω∗(A) come il pullback di η rispetto all’inclusione

B → A.

Definizione 11.5. Il supporto di una forma differenziale η ∈ Ω∗(A) e il comple-mentare del piu grande aperto di A su cui la restrizione di η sia nulla.

Indichiamo con Ωq0(A) il sottospazio delle q-forme differenziali alternate, con

coefficienti di classe C∞, che hanno supporto compatto in A.Poiche

(5.1) supp dη ⊂ supp η, ∀η ∈ Ω∗(A),

il differenziale di una forma a supporto compatto ha ancora supporto compatto. Ot-teniamo percio un sottocomplesso del complesso (4.1) restringendoci ai sottospaziΩ

q0(A) delle forme con supporto compatto in A.

(5.2)

0 −−−−−→ Ω00(A)

d−−−−−→ Ω1

0(A)d

−−−−−→ Ω20(A) −−−−−→ · · ·

· · · −−−−−→ Ωh0(A)

d−−−−−→ Ωh+1

0 (A)d

−−−−−→ Ωh+20 (A) −−−−−→

· · · −−−−−→ Ωn−10 (A)

d−−−−−→ Ωn

0(A) −−−−−→ 0

Definizione 11.6. Poniamo:

Z q0 (A) = α ∈ Ω

q0(A) | dα = 0, (spazio delle q-forme chiuse a supporto compatto),

Bq0(A) = dα | α ∈ Ωq−1

0 (A), (spazio delle q-forme esatte a supporto compatto),

Hq0(A) = Z q

0 (A)/Bq0(A),

(q-esimo gruppo di coomologia di de Rhama supporti compatti).

Osserviamo che H00(A) = 0 se A e un aperto di Rn con n > 0, perche Z 0

0 (A) = 0,in quanto i suoi elementi sono funzioni localmente costanti con supporto compattoin A.

Page 171: Nacinovich - Geometria differenziale

5. COOMOLOGIA DI DE RHAM A SUPPORTI COMPATTI 171

Sia A un qualsiasi aperto di Rn, I un intervallo aperto di R e πA : A × I 3(x, t)→ x ∈ A la proiezione su A. Se η ∈ Ωq

0(A × I), scriviamo

(5.3) η = η′ + dt ∧ η′′, con η′ ∈ C∞0 (A × I,ΛqRn), η′′ ∈ C∞0 (A × I,Λq−1Rn).

e definiamo

(5.4) πA∗(η) =

∫Iη′′dt.

Definizione 11.7. La forma πA∗(η) ∈ Ωq−10 (A) si dice ottenuta da η ∈ Ωq

0(A × I)mediante integrazione sulla fibra.

Lemma 11.9. Siano A un aperto di Rn ed I un intervallo aperto di R. L’integra-zione sulla fibra anticommuta con i differenziali:

(5.5) dx(πA∗(η) = −πA∗(dη), ∀η ∈ Ω0(A × I).

Dimostrazione. Con η definita dalla (5.3), abbiamo

dη = dxη′ + dt ∧

(∂η′∂t− dxη

′′).Quindi

πA∗(dη) =

∫I

(∂η′∂t− dxη

′′)dt = −

∫Idxη′′dt = −dx

∫Iη′′dt = −dxπA∗(η)

perche∫

I(∂η′/∂t)dt = 0 per il teorema fondamentale del calcolo integrale.

In particolare, per ogni intero non negativo q l’integrazione sulla fibra definisceun omomorfismo

(5.6) [πA∗] : Hq+1(A × I) −→ Hq(A).

Vale il

Lemma 11.10. Siano A un qualsiasi aperto di Rn ed I un intervallo aperto di R.Allora per ogni intero non negativo q, la (5.6) e un isomorfismo.

Utilizzeremo, nella dimostrazione, il seguente

Lemma 11.11. Sia I un intervallo aperto di R e t0 = inf I. Se f (t)dt ∈ Ω10(I), la

(5.7) u(t) =

∫ t

t0f (τ)dτ

e l’unica soluzione dell’equazione du = f (t)dt che si annulli in un intorno destrodi t0. La u ha supporto compatto se, e soltanto se,

(5.8)∫

If (t)dt = 0.

La (5.8) e condizione necessaria e sufficiente affinche l’equazione u′ = f ammettain I una soluzione a supporto compatto.

Page 172: Nacinovich - Geometria differenziale

172 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Osservazione 11.12. Per il Lemma 11.10 l’applicazione

Z 10 (I) = Ω1

0(I) 3 f (t)dt −→∫

If (t)dt ∈ R

e un funzionale lineare non nullo il cui nucleo e B10(I). E percio H1

0(I) ' R.

Dimostrazione del Lemma 11.10. Fissiamo una qualsiasi funzione χ(t) ∈ C∞0 (I),con ∫

Iχ(t)dt = 1,

e definiamo, per ogni intero non negativo q, l’applicazione

(5.9) χ] : Ωq0(A) 3 α→ χ(t) · dt ∧ π∗Aα ∈ Ω

q+10 (A × R).

Abbiamo

(5.10) πA∗(χ]α) = α, d(χ]α) = χ](dα), ∀α ∈ Ω

q0(A).

Quindi χ] definisce per passaggio al quoziente un omomorfismo

[χ]] : Hq0(A) −→ Hq+1

0 (A × I).

Per (5.10) abbiamo

idHq0 (A) = [(πA∗ χ

])] = [πA∗] [χ]],

Da cui segue subito immediatamente che la [πA∗] e surgettiva. Resta da dimostrarnel’iniettivita.

Sia q ≥ 1 ed η = η′ + dt ∧ η′′ ∈ Z q0 (A × R), con η′ ∈ C∞(A × I,ΛqRn),

η′′ ∈ C∞(A × I,Λq−1Rn). E

dxη′ = 0,

∂η′

∂t= dxη

′′.

Osserviamo, in particolare, che, se η′′ = 0, allora η = 0. Infatti in questo caso η′,essendo indipendente da t ed a supporto compatto, e nulla.

Supponiamo vi sia una forma α ∈ Ωq−20 (A) tale che

dα = πA∗η =

∫Iη′′dt.

Siaβ = η − χ](dα) = η − d(χ]α).

E [β] = [η] e, per la (5.10),πA∗β = 0.

Questo significa che, per

β = β′ + dt ∧ β′′, con β′ ∈ C∞0 (A × I,ΛqRn), β′′ ∈ C∞0 (A × I,Λq−1Rn),

risulta ∫Iβ′′dt = 0.

Page 173: Nacinovich - Geometria differenziale

6. IL GRADO DI UN’APPLICAZIONE PROPRIA DI Rn IN SE 173

Percio, se t0 = inf I,

γ(x, t) =

∫ t

t0β′′(x, s)ds

definisce una forma in C∞0 (A × I,Λq−1Rn) ⊂ Ωq−10 (A × I) ed abbiamo

dγ = dxγ + dt ∧∂γ

∂t= dxγ + dt ∧ β′′.

Alloraζ = β − dγ ∈ C∞0 (A × I,ΛqRn) ∩Z q

0 (A × I)

percio, per quanto osservato in precedenza, ζ = 0 e quindi β = dγ. E dunque[η] = [β] = 0. La dimostrazione e completa.

Otteniamo quindi

Proposizione 11.13. Sia A un aperto di Rn e siano I1, . . . , Ik intervalli aperti di R.Allora, per ogni intero q ≥ 0,

(5.11) Hq+k0 (A × I1 × · · · × Ik) ' Hq

0(A).

Dalla Proposizione 11.13 e dall’Osservazione 11.12 otteniamo il

Teorema 11.14. Siano I1, . . . , In intervalli aperti di R. Allora

(5.12) Hq0(I1 × · · · × In) =

R se q = n,0 se q , n.

Se α ∈ Ωn0(I1 × · · · × In), allora α ∈ Bn

0(I1 × · · · × In) se, e soltanto se,

(5.13)∫

I1×···×In

α = 0.

6. Il grado di un’applicazione propria di Rn in se

Siano A, B aperti di Rn ed f : A → B un’applicazione propria4 di classe C∞.Poiche f e propria, il pullback di una forma a supporto compatto in A ha supportocompatto in B ed otteniamo quindi un’applicazione

f ∗ : Ωq0(B)→ Ω

q0(A)

che commuta con in differenziale e definisce percio, per passaggio al quoziente,un’applicazione

(6.1) [ f ∗] : Hq0(B)→ Hq

0(A).

Identifichiamo il gruppo di coomologia Hn0(Rn) con R mediante il quoziente

dell’applicazione

(6.2) Z n0 (Rn) 3 α→

∫Rnα ∈ R.

4 Un’applicazione continua φ : X → Y tra due spazi topologici X, Y si dice propria se l’im-magine inversa φ−1(K) di ogni compatto K di Y e un compatto di X. Cio equivale al fatto che f siacontinua, chiusa e che φ−1(y) sia compatto in X per ogni punto y di Y .

Page 174: Nacinovich - Geometria differenziale

174 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

Se f e un’applicazione propria differenziabile di Rn in se, la [ f ∗] definisce un’ap-plicazione lineare di R in se, quindi della forma t → c · t con c ∈ R.

Definizione 11.8. Si dice grado di un’applicazione propria differenziabile di Rn inse, e si indica con deg( f ), il numero per cui risulta

(6.3) [ f ∗][α] = (deg( f )) · [α], ∀[α] ∈ Hn0(Rn).

Teorema 11.15. Sia f : Rn → Rn un’applicazione differenziabile propria. Sey ∈ Rn e un valore regolare di f , definiamo il grado di f in y come l’intero

(6.4) degy f =∑

x∈ f −1(y)sign(det d f (x)).

Allora

degy f = deg( f ) ∈ Z, ∀y ∈ Rn \CV( f ),(6.5) ∫Rn

f ∗α = deg( f )∫Rnα, ∀α ∈ Ωn

0(Rn).(6.6)

Dimostrazione. E sufficiente dimostrare che, dato un qualsiasi valore regolarey0 ∈ R

n \CV( f ), risulta

(6.7)∫Rn

f ∗α = (degy0f ) ·

∫Rnα, ∀α ∈ Ωn

0(Rn).

L’insieme f −1(y0) e finito, perche e compatto e consiste di punti isolati. Sia f −1(y0) =

x1, . . . , xk. Per il teorema dell’applicazione inversa, possiamo trovare un intornoaperto connesso V di Y tale che f −1(V) sia unione disgiunta di aperti U1, . . . ,Uk,con x j ∈ U j per j = 1, . . . , k e la restrizione di f ad U j sia un diffeomorfismo di U jsu V . Fissiamo una forma α0 ∈ Ω

n0(V), con∫Rnα0 =

∫Vα0 = 1.

Se α ∈ Ωn0(Rn), la forma

β = α −(∫

Rnα)· α0

soddisfa ∫Rnβ = 0,

quindi, per il Teorema 11.14, e α = du per qualche u ∈ Ωn−10 (Rn). Abbiamo quindi∫

Rnf ∗α =

∫Rnβ +

( ∫Rnα)·

∫Rn

f ∗α0

=

∫Rn

d f ∗u +( ∫

Rnα)·

∫Rn

f ∗α0

=( ∫

Rnα)·

∫Rn

f ∗α0.

Bastera quindi dimostrare che ∫Rn

f ∗α0 = degy0f .

Page 175: Nacinovich - Geometria differenziale

7. ORIENTAZIONE E SOTTOVARIETA DI Rn. 175

Abbiamo ∫Rn

f ∗α0 =∑k

j=1

∫U j

f ∗α

=∑k

j=1sign(det d f (x j))

∫Rnα0 = degy0

f ,

per le formule di cambiamento di variabile nell’integrale multiplo.

Esempio 11.1. Per ogni intero positivo n l’applicazione fn : R 3 t → tn ∈ R epropria. Osserviamo che 1 e un valore regolare di fn, che viene assunto nel solopunto 1 se n e dispari, nei punti ±1 se 1 e pari. Poiche d

dt fn(t) = ntn−1, il grado difn e 1 se n e dispari, 0 se n e pari.

Piu in generale, si puo verificare che una f ∈ C∞(R,R) e propria se e soltantose limt→±∞ f (t) = ±∞. Il grado di f e 0 se f ha segno costante al di fuori di unintervallo limitato, 1 se t f (t) e positiva e −1 se t f (t) e negativa fuori da un intervallolimitato.

Esempio 11.2. Per ogni intero positivo n, l’applicazione

fn : R2 ' C 3 z→ zn ∈ C ' R2

e propria ed 1 e un suo valore regolare, immagine delle n radici n-esime dell’unita.Si verifica facilmente che lo Jacobiano di fn ha determinante positivo in tutti i puntiz , 0 e quindi il grado di fn(z) = zn e n.

Per il Teorema grande di Picard, una funzioni intera f ∈ O(C) e propria se esoltanto se e un polinomio di grado positivo. Se f ∈ C[z], il grado dell’applicazionez → f (z) da esso definita e uguale al suo grado come polinomio. Infatti i valoriregolari w di f sono quelli per cui l’equazione f (z) = w ha un numero di radicidistinte uguale al grado di f e in ciascuna di esse il determinante dello Jacobianodella corrispondente applicazione in R2 e positivo.

Esempio 11.3. Calcoliamo il grado dell’applicazione f : C 3 z → z3 − z ∈ C. Siverifica facilmente che f e propria e che 0 e un valore regolare di f . Abbiamo

f −1(0) = 0, ±1, ±i.

Il differenziale di f e d f = 3z2dz − dz. Abbiamo, in forma matriciale

d f (0) =

(1 00 −1

), d f (±1) =

(2 00 4

), d f (±i) =

(−2 00 −4

).

Il grado e quindi (−1) + 1 + 1 + 1 + 1 = 3. Osserviamo che d f (z) ha determinantepositivo se z e sufficientemente grande. Come conseguenza, esiste una costantec > 0 tale che f −1(w) contenga esattamente tre elementi se |w| > c.

7. Orientazione e sottovarieta di Rn.

Sia M una varieta differenziabile di classe C k, con k ≥ 1. Un atlante A diclasse C k si dice orientato se i determinanti degli jacobiani delle sue funzioni ditransizione sono positivi. Diremo che due atlanti orientati A1 ed A2 sono compati-bili se la loro unione e ancora un atlante orientato. Una varieta differenziabile che

Page 176: Nacinovich - Geometria differenziale

176 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

ammetta un atlante orientato si dice orientabile. La relazione di compatibilita eallora una relazione di equivalenza tra gli atlanti orientati su M che ne definisconola struttura differenziabile. Se M e connessa e orientabile, ci sono esattamente dueclassi di equivalenza di atlanti orientati su M. La scelta di una delle due classi euna orientazione della varieta M. Nel caso di una varieta non connessa, un’orien-tazione di M sara la scelta di una particolare orientazione su ciascuna delle suecomponenti connesse.

Osservazione 11.16. Non tutte le varieta sono orientabili. Ad esempio gli spaziproiettivi reali RPn sono orientabili se n e dispari, ma non se n e pari.

Consideriamo ora in particolare l’orientabilita di sottovarieta di Rn. Ricor-diamo che una sottovarieta localmente chiusa di Rn, di classe C k (k ≥ 1) e didimensione m, e un sottoinsieme S di Rn tale che, per ogni punto p ∈ S , si possanotrovare un intorno aperto U di p in Rn ed n − m funzioni di classe C k

fi : U → R, i = m + 1, ..., n

tali che

(7.1)

S ∩ U = x ∈ U | fi(x) = 0 i = m + 1, ..., n

d fm+1(x) ∧ ... ∧ d fn(x) , 0, ∀x ∈ U.

Una carta locale su S e una parametrizzazione

(7.2) Rm ⊃ Baperto r−−−−−−→ S ⊂ Rn

di classe C k, cioe un’applicazione differenziabile di classe C k, definita su un apertoB di Rm, a valori in Rn, non singolare, cioe con Jacobiano di rango massimo min ogni punto di B, e la cui immagine r(B) sia contenuta in S . L’esistenza di unatlante ottenuto mediante parametrizzazioni e assicurata dal teorema delle funzioniimplicite.

La scelta delle funzioni fm+1, . . . , fn determina un’orientazione su S ∩U : unaparametrizzazione (7.2) con r(B) ⊂ S ∩ U sara una carta ammissibile se

det(∇ fm+1(r), ...,∇ fn(r),

∂r∂y1 , ...,

∂r∂ym

)> 0.

Torniamo al caso generale. Sia M una varieta di classe C k con k ≥ 1 e sia Dun aperto di M. E allora possibile definire un’applicazione continua f : M →

R che assuma valori negativi su D e positivi su M \ D. Infatti M e uno spaziotopologico regolare e a base numerabile e dunque metrizzabile. Se d e una distanzache definisce la topologia di M, e bD e la frontiera di D, bastera porre

f (x) =

−d(x, bD) se x ∈ Dd(x, bD) se x ∈ M − D.

Diciamo che D e regolare di classe C k se e possibile scegliere una tale funzionef in modo che sia di classe C k in un intorno U di bD in M e non abbia punticritici su bD; diciamo allora che la f definisce D. Se M e orientata, possiamodefinire sulla frontiera di un suo aperto D di classe C k una struttura di varieta

Page 177: Nacinovich - Geometria differenziale

8. INTEGRAZIONE SULLE SOTTOVARIETA E FORMULE DI STOKES 177

orientata di dimensione n − 1. Se f e una funzione che definisce D, costruiamo unatlante orientato su bD nel modo seguente: ogni punto p di bD ammette un intornocoordinato (U, φ), compatibile con l’orientazione di M, della forma

φ = ( f , φ2, ..., φn).

Considereremo allora la(bD ∩ U, (φ2, ..., φn))

come una carta dell’atlante che definisce l’orientazione di bD. La frontiera di D,pensata come varieta orientata nel modo che abbiamo precisato, si indica con ∂D esi dice il bordo o la frontiera orientata di D.

Questa nozione e molto importante per la teoria dell’integrazione delle formedifferenziali.

8. Integrazione sulle sottovarieta e formule di Stokes

In questo paragrafo, dati un aperto A di Rn e due interi non negativi h, q, indi-cheremo con Ωq,(h)(A) lo spazio C h(A,ΛqRn) delle forme differenziali alternate digrado q, con coefficienti differenziabili di classe C h in A.

Sia A un dominio di Rn. Una n-forma continua η ∈ Ωn,(0)(A) si scrive nellaforma

η = η1,...,ndx1 ∧ ... ∧ dxn,

ove η1,...,n e una funzione reale, continua in A. Se D e un sottoinsieme misurabiledi A ed η1,...,n e integrabile su D, possiamo definire∫

Dη =

∫Dη1...ndx.

Siano B un aperto di Rq, A un aperto di Rn ed r ∈ C 1(B, A) un’inclusionedifferenziabile. La r(B) e una sottovarieta parametrica di A ⊂ Rn di dimensioneq. Se η ∈ Ωq,(0)(A), il suo pull-back r∗η e una q-forma continua su B. Se D e undominio misurabile di B, e supp(r∗η) ∩ D un compatto contenuto in B, possiamointegrare su D la forma r∗η, e porre:∫

r(D)η =

∫D

r∗η.

La formula di cambiamento di variabili negli integrali multipli ci dice che un cam-biamento di parametrizzazione di r(D) che non ne cambi l’orientazione, ottenutocioe mediante un diffeomorfismo

z : B→ B′ tra aperti B′, B ⊂ Rq con det(∂zi

∂y j

)1≤i, j≤q

> 0

non cambia il valore dell’integrale :∫z(D)

(r z−1)∗η =

∫D

r∗η.

Possiamo quindi integrare una q-forma su sottoinsiemi compatti di sottovarietaorientate di dimensione q, usando l’additivita dell’integrale e riducendoci, per

Page 178: Nacinovich - Geometria differenziale

178 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

partizione dell’unita, a considerare soltanto il caso di varieta parametriche (cartelocali).

Riconsideriamo ora il concetto di bordo di un dominio di Rn. Supponiamo cheD sia un aperto relativamente compatto di Rn. Sia d la distanza euclidea in Rn econsideriamo la funzione continua f : Rn → R negativa in D e positiva su Rn − D:

f (x) =

−d(x, bD) se x ∈ Dd(x, bD) se x ∈ Rn − D.

Allora bD e di classe C k con k ≥ 1 in un punto p ∈ bD se soltato se la funzione fcosı definita e di classe C k in un intorno di p e ∇ f (p) , 0 .

Se bD e di classe C k in un punto p, per il teorema delle funzioni implicitepotremo trovare un intorno U di p in Rn tale che bD∩U sia una sottovarieta chiusadi classe C k e di dimensione n − 1 dell’aperto U. L’orientazione di ∂D e definitadalle rappresentazioni parametriche

r : V ⊂ Rn−1 → U

con r(V) = bD ∩ U′ ⊂ U che soddisfano la condizione:

det(∇ f (r),

∂r∂y1 , ...,

∂r∂yn−1

)> 0.

Se la frontiera di un un aperto relativamente compatto D e differenziabile in tut-ti i punti, indichiamo con ∂D la sua frontiera come sottovarieta differenziabileorientata di dimensione n−1, con l’orientazione definita nel modo precisato sopra.

Teorema 11.17 (Formula di Green). Sia D un aperto relativamente compatto confrontiera differenziabile e sia η ∈ Ωn−1

1 (A) una forma differenziale definita in unintorno aperto A di D. Allora

(8.1)∫∂Dη =

∫D

dη.

Dimostrazione. Sia A un intorno aperto di D ed Ui un ricoprimento aperto diA. Fissiamo una partizione dell’unita χi di classe C∞, subordinata ad Ui. Se η ∈Ωn−1

1 (A), per l’additivita dell’integrale e del differenziale, e sufficiente dimostrarela (8.1) per ciascuna delle forme ηi = χi · η.

Bastera quindi dimostrare che, per ogni punto x0 ∈ A, esiste un intorno apertoUx0 di x0 in A tale che la (8.1) sia verificata se η ha supporto contenuto in Ux0 .

Se η ha supporto compatto contenuto in D, entrambi i termini della (8.1) so-no nulli. In questo caso infatti il secondo membro e un integrale su un compat-to [−R,R ]n ⊃ D. Per il teorema di Fubini, la verifica della formula si riduceall’integrazione per parti per funzioni di una variabile reale.

Sia x0 ∈ ∂D. Per il teorema delle funzioni implicite, esiste un intorno U di x0in cui sono definite coordinate y = y(x) con

U = |yh| < 1 | 1 ≤ h ≤ n,

D ∩ U = −1 < y1 < 0, |yh| < 1 per 2 ≤ h ≤ n.

Page 179: Nacinovich - Geometria differenziale

8. INTEGRAZIONE SULLE SOTTOVARIETA E FORMULE DI STOKES 179

Se η ha supporto contenuto in U, Abbiamo allora∫D

dη =

∫y−1(D∩U)

y∗(dη).

Scriviamo

η =∑n

h=1(−1)hηh dy1 ∧ · · · ∧dyh ∧ · · · dyn, con ηh ∈ C∞0 (y−1(U)).

Alloradη =

∑n

h=1

∂ηh

∂yh dy1 ∧ · · · ∧ dyn

e quindi ∫D

dη =

∫D∩U

dη =

∫y−1(D∩U)

y∗(dη) =

∫y−1(D∩U)

dy∗η

=

"[−1,1]n−1

dy2 · · · dyn∫ 0

−1

∂η1

∂y1 dy1

+∑n

h=2

∫ 0

−1dy1

"[−1,1]n−1

∂ηh

∂yh dy2 · · · dyn

=

"[−1,1]n−1

η1(0, y2, . . . , yn) dy2 · · · dyn =

∫∂Dη,

perche∫ 0

−1

∂η1

∂y1 dy1 = η(i)1 (0, y2, . . . , yn),

∫ 1

−1

∂ηh

∂yh dyh = 0 per 2 ≤ h ≤ n.

Sia ora S una sottovarieta differenziabile orientata di dimensione q e di classeC k, con k ≥ 1, di un aperto A di Rn. Cio significa che, per ogni punto p ∈ S ,possiamo trovare un intorno Up di p ed n − q funzioni differenziabili fi per i =

q + 1, ..., n definite in Up e tali che :S ∩ Up = x ∈ Up| fi(x) = 0, ∀i = q + 1, ..., n,

d fq+1(x) ∧ ... ∧ d fn(x) , 0, ∀x ∈ S ∩ Up .

e inoltre l’orientazione di S e definita dall’atlante in cui sono carte ammissibili inS ∩ Up le parametrizzazioni :

r : V ⊂ Rq → S ∩ Up ⊂ Rn

per cui

det(∇ fq+1(r), ...,∇ fn(r),

∂r∂y1 , ...,

∂r∂yq

)> 0.

Dato un aperto relativamente compatto D di S , diremo che la sua frontiera e diclasse C k se possiamo trovare una funzione φ di classe C k con :D = x ∈ S |φ(x) < 0

dφ(x) ∧ d fq+1(x) ∧ ... ∧ d fn(x) , 0 ∀x ∈ bD ,

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180 11. FORME DIFFERENZIALI NEGLI SPAZI EUCLIDEI

dove bD e la frontiera di D in S e le fq+1, . . . , fn definiscono l’orientazione di Sin un intorno x. Su bD consideriamo allora l’orientazione definita dalle funzionifq+1, ..., fn, φ. La sottovarieta bD, con questa orientazione, si dice il bordo di D esi indica con ∂D. Otteniamo allora, per la definizione di integrale di una q-formasu una sottovarieta orientata q-dimensionale e la formula di Green:

Teorema 11.18 (Formula di Stokes). Sia D un dominio relativamente compattocon frontiera di classe C k (k ≥ 1) di una sottovarieta orientata S di dimensione qdi Rn (con q ≥ 1). Sia η ∈ Ωq−1

1 (U) per un intorno U di D in Rn. Allora:∫∂Dη =

∫D

dη.

Osservazione 11.19. Le formule di Green e di Stokes si estendono al caso in cuila frontiera dell’aperto relativamente compatto D sia di classe C 1 a tratti, cioe D sipossa ottenere mediante unioni e intersezioni finite di aperti con frontiera regolaredi classe C 1. In questo caso ∂D risulta un’unione finita di sottoinsiemi chiusidi sottovarieta orientate, due a due senza punti interni comuni e l’integrale sullafrontiera deve intendersi come la somma finita degli integrali effettuati su ciascunodi tali sottoinsiemi.

Osservazione 11.20. Concludiamo con alcune osservazioni che collegano le for-mule di Green-Stokes al lemma di Poincare-Volterra. Sia A un aperto di Rn e siaη ∈ Ω

qk(A), (k, q ≥ 1) con

dη = 0 in A.Una tale forma si dice chiusa. Allora:

(i) L’integrale della η su sottovarieta compatte di A di dimensione q e invarianteper omotopia e la sua definizione si puo estendere fino a definire applicazioni :

π(S q, A)→ R , π`(Dq, S q−1; A)→ R.

Cio dipende dal fatto che le applicazioni continue S n → A si possono approssimaremediante applicazioni di classe C∞ e queste, per il lemma di Sard, hanno luogo divalori critici di misura q-dimensionale nulla.

(ii) Condizione necessaria e sufficiente affinche si possa trovare una forma u ∈Ω

q−1k+1(A) tale che

du = η in A(in questo caso diciamo che η e esatta in A) e che l’integrale di η su ogni sottova-rieta compatta orientata di dimensione q di A sia 0.

Osservazione 11.21. Sia A = R2 − 0. Consideriamo su A la forma chiusa

dθ =xdy − ydx

x2 + y2 .

Essa non e esatta in quanto il suo integrale su una qualsiasi circonferenza

[0, 2π] 3 t → t(R cos t,R sin t) ∈ A

(R > 0) e uguale a 2π. L’integrale della forma dθ su un laccetto in A, diviso per2π si dice l’ indice del laccetto rispetto a 0 e l’annullarsi dell’indice del laccetto e

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8. INTEGRAZIONE SULLE SOTTOVARIETA E FORMULE DI STOKES 181

condizione necessaria e sufficiente affinche esso sia omotopo al laccetto costante.Intuitivamente l’indice rispetto a 0 di un laccetto in A misura quante volte esso siavvolge intorno all’origine. In generale, dato un laccetto in R2, e possibile definirel’indice del laccetto rispetto a qualsiasi punto di R2 che non appartenga al laccetto,considerando le forme:

(x − x0)dy − (y − y0)dx(x − x0)2 + (y − y0)2 .

Nel caso di laccetti semplici, l’indice rispetto al laccetto di ciascun punto che nonsia nel suo supporto puo assumere solo due valori tra i numeri 0, 1,−1. I puntiin cui l’indice e diverso da 0 formano un aperto limitato che ha il laccetto comefrontiera (Teorema di Jordan).

L’indice rispetto a 0 della frontiera orientata di un dominio regolare connessoe semplicemente connesso che contenga 0 come suo punto interno e 1, mentre lasomma degli indici dei laccetti che compongono la frontiera di un dominio regolareche non contenga 0 nella sua chiusura e uguale a 0.

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Page 183: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 12

Calcolo differenziale sulle varieta

1. Fibrato cotangente e tensori

Definizione 12.1. Sia M una varieta differenziabile. Il fibrato duale T ∗M del suofibrato tangente T M si dice il suo fibrato cotangente ed i suoi elementi vettoricotangenti o covettori di M.

Se f ∈ C∞(M), per ogni p ∈ M l’applicazione Tp 3 v → v( f ) ∈ R e unfunzionale lineare su TpM ed e dunque un elemento di T ∗pM. Associamo in questomodo ad ogni f ∈ C∞(M) una sezione differenziabile d f del fibrato T ∗M, con

d f (v) = 〈v, d f (π(v))〉, ∀v ∈ T M.

Nel seguito scriveremo per semplicita d f invece di d f , identificando il differenzialedi una funzione reale alla corrispondente sezione del fibrato cotangente.

Indichiamo con X∗(M) il C∞(M)-modulo Γ(M,T ∗M) delle sezioni differenzia-bili del fibrato T ∗M.

Abbiamo un accoppiamento di dualita

(1.1) X(M) × X∗(M) 3 (X, ξ)→ 〈X, ξ〉 ∈ C∞(M),

definito da

〈X, ξ〉(p) = [X(ξ)](p) = ξp(Xp) per ogni p ∈ M.

Definizione 12.2. Indichiamo con T r,s(T M) la potenza tensoriale r-covariante eds-controvariante di T M. Essa e un fibrato vettoriale con fibra [TpM]⊗

r⊗ [T ∗pM]⊗

s.

Indichiamo poi con Tr,s(M) lo spazio delle sue sezioni, che si dicono tensori r-covarianti ed s-controvarianti.

Per estensione dell’accoppiamento (1.1), possiamo far corrispondere ad unasezione τ ∈ Γ(M,T r,s(T M)) un’applicazione :

(1.2) τ : X∗(M) ⊗ · · · ⊗ X∗(M)︸ ︷︷ ︸r volte

⊗ X(M) ⊗ · · · ⊗ X(M)︸ ︷︷ ︸s volte

−→ C∞(M)

Si verifica senza difficolta il seguente criterio :

Proposizione 12.1. Condizione necessaria e sufficiente affinche un’applicazioneR-multilineare (1.2) sia associata ad un tensore e che sia C∞(M)-multilineare.

183

Page 184: Nacinovich - Geometria differenziale

184 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

2. Forme differenziali su una varieta

Indichiamo con Ωq(M) lo spazio dei tensori alternati q-controvarianti su M.Per la Proposizione 12.1 abbiamo il seguente criterio

Proposizione 12.2. Sia M una varieta differenziabile. Un’applicazioneR-multilineare

τ : (X(M))q −→ C∞(M)

definisce un elemento di Ωq(M) se e soltanto se verifica le due condizioni:

τ(X1, X2, . . . , Xq) = 0 se X1, X2, . . . , Xq ∈ X(M) ed(2.1)∃1 ≤ i < j ≤ h con Xi = X j,

τ( f X1, X2, . . . , Xq) = f · τ(X1, . . . , Xq),(2.2)

∀X1, . . . , Xq ∈ X(M), ∀ f ∈ C∞(M).

La condizione (2.1) e equivalente a ciascuna delle

τ(X1, . . . , Xq) = 0 se X1, . . . , Xq ∈ X(M)(2.3)sono R-linearmente dipendenti,

τ(Xσ1 , . . . , Xσq) = ε(σ)τ(X1, . . . , Xq),(2.4)∀X1, . . . , Xq ∈ X(M), ∀σ ∈ Sq.

Dalle (2.1) ed (2.2) segue che

τ(X1, . . . , Xq)(p) = 0 se X1, . . . , Xq ∈ X(M), p ∈ M(2.5)ed X1p , . . . , Xqp sono R-linearmente dipendenti in TpM.

Definizione 12.3. Gli elementi di Ωq(M) si chiamamo forme alternate di grado q,o q-forme alternate.

Definizione 12.4. Il differenziale della q-forma alternata τ ∈ Ωq(M) e la (q +

1)-forma alternata dτ ∈ Ωq+1(M) definita da

(2.6)

dτ(X0, X1, . . . , Xq) =

q∑i=0

(−1)iXi[τ(X0, . . . , Xi, . . . , Xq)]

+∑

0≤i< j≤q

(−1)i+ jτ([Xi, X j], X0, . . . , Xi, . . . , X j, . . . , Xq)

∀X0, X1, . . . , Xq ∈ X(M) .

Verifichiamo che la (2.6) definisce una (q+1)-forma alternata. Se, per due indi-ci 0 ≤ r < s ≤ q, e Xr = Xs = Y , si verifica facilmente che ciascuna delle due som-me a secondo membro di (2.6) si annulla. Per dimostrare la C∞(M)-multilinearita,e allora sufficiente verificare che dτ verifica anche la (2.2). Abbiamo

[ f X0, Xi] = f [X0, Xi] − (Xi f )X0.

Quindi

dτ( f X0,X1, . . . , Xh) = fh∑

i=0

(−1)i(Xi)τ(X0, . . . , Xi, . . . , Xh)]

Page 185: Nacinovich - Geometria differenziale

2. FORME DIFFERENZIALI SU UNA VARIETA 185

+

h∑i=1

(−1)i(Xi f )τ(X0, . . . , Xi, . . . , Xh)]

+ f∑

0≤i< j≤h

(−1)i+ jτ([Xi, X j], X0, . . . , Xi, . . . , X j, . . . , Xh)

h∑i=1

(−1)i(Xi f )τ(X0, . . . , Xi, . . . , Xh)]

= f dτ(X0, X1, . . . , Xh),

∀ f ∈ C∞(M), ∀X0, X1, . . . , Xh ∈ X(M) .

Se x1, . . . , xm sono coordinate locali, e[∂

∂xi ,∂

∂x j

]= 0.

Quindi la definizione (2.6) coincide, nel caso in cui M sia un aperto di uno spazioEuclideo, con quella data in §3 del Capitolo 11. Poiche, per calcolare il differen-ziale di una q-forma alternata τ nell’intorno di un punto p ∈ M possiamo utiliz-zare nella (2.6) campi di vettori definiti soltanto in un intorno di p, otteniamo inparticolare il

Teorema 12.3. Se M e una varieta differenziabile di dimensione m, il differenzialedefinisce un complesso di operatori differenziali del prim’ordine :

(2.7)0 −−−−−→ Ω0(M)

d−−−−−→ Ω1(M) −−−−−→ · · ·

· · ·d

−−−−−→ Ωm−1(M)d

−−−−−→ Ωm(M) −−−−−→ 0 .

E Ω0(M) = C∞(M) e, per ogni aperto connesso U di M, le funzioni f ∈C∞(U) con d f = 0 su U sono costanti su U.

Ogni punto p ∈ M ha un sistema fondamentale di intorni aperti U tali che, se1 ≤ q ≤ m e τ ∈ Ωq(U) soddisfa dτ = 0 in U, allora esiste una η ∈ Ωq−1(U) taleche dη = τ in U.

Dimostrazione. Il Teorema segue dal teorema analogo (Lemma di Poincare-Volterra) dimostrato per le forme differenziali definite sugli aperti degli spazi Eu-clidei.

Definizione 12.5. Poniamo

Z q(M) = f ∈ Ωq(M) | d f = 0 (spazio delle q-forme chiuse su M),

Bq(M) = d f | f ∈ Ωq−1(M) (spazio delle q-forme esatte su M),

Hq(M) = Z q(M)/Bq(M) (q-esimo gruppo di coomologiadi de Rham di M).

Page 186: Nacinovich - Geometria differenziale

186 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

3. Il lemma di Poincare-Volterra sugli intorni contrattili

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m. Un aperto U di M si dicecontrattile se esiste un’omotopia Φ ∈ C∞(U×[0, 1],U, di un’applicazione costantecon l’identita.

Abbiamo :

Teorema 12.4 (Poincare-Volterra). Se U e un aperto contrattile di M, allora

Hq(U) = 0 per ogni q ≥ 1.

Dimostrazione. Sia Φ ∈ C∞(U × [0, 1],U) con

F0(p) = p0 ∈ U, F1(p) = p, ∀p ∈ U.

Sia α ∈ Ωq(U) una forma chiusa e poniamo

Φ∗(α) = α0 + dt ∧ α1,

con α0 ∈ Γ(U × [0, 1],ΛqT ∗M), α1 ∈ Γ(U × [0, 1],Λq−1T ∗M). Allora

d(Φ∗(α)) = Φ∗(dα) = 0 =⇒(dMα0 = 0,

∂α0

∂t= dMα1

),

dove abbiamo indicato con dM la restrizione del differenziale su U×[0, 1] ai vettoriorizzontali, cioe a ker dt. Definiamo :

β(t) =

∫ t

0α1(s)ds .

Otteniamo allora, per differenziazione sotto il segno di integrale,

dMβ(t) =

∫ t

0dMα1(s)ds =

∫ t

0

∂α0

∂t(s)ds = α0(t),

perche α0(0) = 0. Con u = β(1) ∈ Ωq−1(U), otteniamo du = α0(1) = α in U.

4. Derivata di Lie di un tensore

Un diffeomorfismo ψ ∈ C∞(M,N) definisce isomorfismi :

(ψ−1)∗ : C∞(M) 3 f → fψ = f ψ−1 ∈ C∞(N)

ψ∗ : X(M) 3 X → Xψ = ψ∗(X) ∈ X(N)ove ψ∗(X)(q) = dψ(Xψ−1(q)) ∀q ∈ N

(ψ−1)∗ : X∗(M) 3 ξ → ξψ ∈ X∗(N) ove ξψ(Xψ) = ξ(X) ∀X ∈ X(M) .

Questi isomorfismi si estendono agli isomorfismi degli spazi tensoriali :

T r,s(M) 3 τ→ τψ ∈ T r,s(N) ,

definiti da :

τψ(ξ1ψ, . . . , ξ

rψ, X

ψ1 , . . . , X

ψs ) = τ(ξ1, . . . , ξr, X1, . . . , Xs)

∀ξ1, . . . , ξr ∈ X∗(M), ∀X1, . . . , Xs ∈ X(M) .

Page 187: Nacinovich - Geometria differenziale

4. DERIVATA DI LIE DI UN TENSORE 187

Sia X ∈ X(M) e ΦX = ΦX(t) il corrispondente gruppo locale a un parametro didiffeomorfismi di M.

Per ogni aperto U relativamente compatto in M esiste un ε > 0 tale che, perogni t ∈ (−ε, ε), ΦX(p, t) sia definita per ogni p ∈ U. Quindi, per ogni τ ∈ T r,s(M),utilizzando il diffeomorfismo

ΦX(t)−1(U) 3 p→ ΦX(p, t) ∈ U,

possiamo definire τX(t) = τΦX( · ,t) ∈ T r,s(U). Otteniamo pertanto un nuovo tensoreLX(τ) ∈ T r,s(M), ponendo :

(4.1) LX(τ) = −dτX(t)

dt

∣∣∣∣∣t=0

.

Definizione 12.6. Il tensore LX(τ) e la derivata di Lie del tensore τ rispetto alcampo di vettori X.

Proposizione 12.5. Se X,Y ∈ X(M), allora LX(Y) = [X,Y].

Dimostrazione. In una carta coordinata (U, x) siano X =∑m

i=1 ai∂/∂xi, Yi =∑bi∂/∂xi. Il gruppo locale a un parametro Φ(t) e allora definito dalle equazioni :

Φi(x, t) = ai(Φ(x, t)) i = 1, . . . ,m .

Scriviamo Ψ(x, t) per l’inversa della Φ(t). Abbiamo cioe Φ(Ψ(x, t), t) = x per ognit e x nel dominio di definizione. Abbiamo allora:

Y(t) =

m∑i, j=1

bi(Ψ(x, t))(∂Φ j/∂xi)(Ψ(x, t))(∂/∂x j).

Otteniamo quindi:

∂Y(t)dt

=

m∑i, j=1

m∑h=1

∂bi

∂xh

∂Ψh

∂t∂Φ j

∂xi + bi[∂2Φ j

∂xi∂xk

∂Ψk

∂t+∂2Φ j

∂xi∂t

] ∂

∂x j .

Da Ψ(Φ(x, t), t) = x, abbiamo:

∂Ψh

∂t+

m∑k=1

∂Ψh

∂xk

∂Φk

∂t= 0.

Poiche ∂Φ/∂x e ∂Ψ/∂x sono entrambi l’identita per t = 0, abbiamo :

m∑i, j,h=1

∂bi

∂xh

∂Ψh

∂t∂Φ j

∂xi

∣∣∣∣∣∣∣∣t=0

= −

m∑h=1

ah ∂b j

∂xh .

Per t = 0 e ∂2Φ j/∂xi∂xk = 0, mentre ∂2Φ j/∂xi∂t = ∂a j/∂xi ed otteniamo quindi laformula desiderata.

Si verifica facilmente che :

Proposizione 12.6. Se f ∈ T 0,0(M) = C∞(M), allora LX f = X f per ogni X ∈X(M).

Page 188: Nacinovich - Geometria differenziale

188 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Definizione 12.7. Dati numeri positivi h, k, r, s con h ≤ r, k ≤ s, definiamo suitensori l’operazione di contrazione degli indici (h, k) :

chk : T r,s(M) −→ T r−1,s−1(M)

nel modo seguente : siano X1, . . . , Xm ∈ X(M) campi di vettori che definiscono unsistema di riferimento su un aperto U di M, tali cioe che X1(p), . . . , Xm(p) ∈ TpMsia una base di TpM per ogni p ∈ U. Definiamo il sistema di riferimento dualeξ1, . . . , ξm ∈ X∗(U) mediante 〈Xi, ξ

j〉(p) = δij (delta di Kronecker) per ogni p ∈ U.

Allora, su U, poniamo :

chk(τ)(η1, . . . , ηr−1,Y1, . . . ,Ys−1)

=

m∑j=1

τ(η1, . . . , ηk−1, ξ j

k, ηk, . . . ηr−1,Y1, . . . ,Yh−1, X j

h

,Yh, . . .Ys−1)

∀ηi ∈ X∗(M), Yi ∈ X(M) .

Si verifica che la contrazione e ben defininta, che cioe non dipende dalla sceltadel sistema di riferimento su U.

Abbiamo :

Proposizione 12.7. La derivata di Lie commuta con le contrazioni.

Utilizzando questa proposizione possiamo calcolare la derivata di Lie dei di-versi tensori a partire dalla definizione della derivata di Lie dei campi di vettori.Ad esempio, se α ∈ Ω1(M), abbiamo :

(4.2) LX(α)(Y) = X(α(Y)) − α([X,Y]) ∀X,Y ∈ X(M)

e, piu in generale :

Proposizione 12.8. Se X ∈ X(M) e α ∈ Ωh(M), allora :

(4.3)

LX(α)(X1, . . . , Xh) = X(α(X1, . . . , Xh))

+

h∑i=1

(−1)iα([X, Xi], X1, . . . , Xi, . . . , Xh) ,

∀X1, . . . , Xh ∈ X(M) .

Definizione 12.8. Dato un campo di vettori X ∈ X(M), definiamo il prodottointerno rispetto ad X ∈ X(M) mediante :

ıX : T r,s(M) 3 τ→ ıX(τ) ∈ T r,s−1(M)

ıX(τ)(ξ1, . . . , ξr, X1, . . . , Xs−1) = τ(ξ1, . . . , ξr, X, X1, . . . , Xs−1)

∀ξ1, . . . , ξr ∈ X∗(M) , ∀X1, . . . , Xs−1 ∈ X(M)

quando s ≥ 1. Porremo ıX(τ) = 0 per ogni tensore 0-controvariante.

Teorema 12.9. Valgono le formule :

(4.4) LX(α) = d(ıXα) + ıX(dα) ∀X ∈ X(M) , ∀α ∈ Ωh(X) ,

Page 189: Nacinovich - Geometria differenziale

5. DISTRIBUZIONI VETTORIALI E TEOREMA DI FROBENIUS 189

(4.5)[LX , ıY ](τ) = LX(ıY (τ)) − ıY (LX(τ))

= ı[X,Y](τ) ∀X,Y ∈ X(M), τ ∈ T r,s(M) .

5. Distribuzioni vettoriali e teorema di Frobenius

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m.

Definizione 12.9. Una distribuzione vettoriale generalizzata su M e un sotto-C∞(M)-modulo V di X(M).

Cio singifica che

f X + gY ∈ V, per ogni X,Y ∈ V e per ogni f , g ∈ C∞(M).

Per ogni p ∈ M poniamo

Vp = Xp | X ∈ V ⊂ TpM.

La dimensione di Vp, come spazio vettoriale reale, e il rango di V in p.

Definizione 12.10. Una distribuzione vettoriale generalizzata V di rango costantesi dice una distribuzione vettoriale.

In questo caso, gli elementi di V sono le sezioni di un sottofibrato vettorialeξV = (W

π−−→ M) del fibrato tangente e, viceversa, se ξ = (W

π−−→ M) e un sottofi-

brato vettoriale del fibrato tangente, lo spazio V = Γ(M,W) delle sue sezioni e unadistribuzione vettoriale su M.

Sia Ω∗(M) =⊕m

h=0 Ωh(M) l’algebra delle forme differenziali alternate su M.

Indichiamo con Ω+(M) =⊕m

h=1 Ωh(M) l’ideale delle forme di grado positivo, che

non contengono cioe componenti di grado 0.Associamo alla distribuzione vettoriale V il sistema differenziale :

IV = α ∈ Ω+(M) |α|V = 0.Osserviamo che IV e un sotto-C∞(M)-modulo graduato ed un ideale di Ω∗(M),e che, come ideale, e generato dai suoi elementi di grado uno.

Definizione 12.11. Chiamiamo sistema differenziale su M un qualsiasi ideale Idi Ω∗(M) contenuto in Ω+(M).

Ad un sistema differenziale I associamo la sua distribuzione caratteristica

(5.1) VI = X ∈ X(M) | ıX(I ) ⊂ I .

La relazione tra sistemi differenziali e distribuzioni vettoriali e descritta dalseguente:

Lemma 12.10. Sia V una distribuzione vettoriale ed IV il sistema differenzialead essa associato. Allora V e la distribuzione caratteristica di IV.

Se I e un sistema differenziale e VI la sua distribuzione caratteristica, ab-biamo l’inclusione

(5.2) I ⊂ IVI .

Page 190: Nacinovich - Geometria differenziale

190 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Esempio 12.1. Sia I il sistema differenziale Ω(Rn)∧ (dx1 + dx2∧dx3) in Rm, conm ≥ 3. Allora VI = C∞(Rm)

[∂∂x4 , . . . ,

∂∂xm

]ed IVI e l’ideale di Ω∗(M) generato

da dx1, dx2, dx3.

Definizione 12.12. Sia V una distribuzione vettoriale su M.Una sottovarieta N di M si dice una sottovarieta integrale di V se TpN ⊂ Vp

per ogni p ∈ N.Una distribuzione vettoriale V si dice totalmente integrabile se per ogni punto

p ∈ M esiste una sottovarieta integrale N di V con p ∈ N e TpN = Vp.Diciamo che V e formalmente integrabile se

(5.3) [V,V] ⊂ V .

Abbiamo il

Teorema 12.11 (Frobenius). Sia V una distribuzione vettoriale di rango costantek. Sono allora equivalenti:

(i) V e totalmente integrabile;(ii) V e formalmente integrabile;(iii) dIV ⊂ IV

Dimostrazione. (ii) =⇒ (i). Sia p ∈ M. Poiche Vp ha rango k, possiamofissare k campi vettoriali X1, . . . , Xk ∈ V con X1 p, . . . , Xk p linearmente indipendentiin TpM. Possiamo allora trovare una carta locale (U, x) per cui:

Xi =∑m

j=1a j

i (x)∂

∂x j , con a ji (0) = δ

ji per 1 ≤ i ≤ k, 1 ≤ j ≤ m.

Consideriamo la matrice k × k

A(x) =

a11(x) a12(x) · · · a1k(x)a21(x) a22(x) · · · a2k(x)...

.... . .

ak1(x) ak2(x) · · · akk(x)

.Poiche A(0) = Ik, a meno di restringere l’intorno U di p, possiamo supporre cheA(x) sia invertibile in U. Sia B(x) = (bi

j(x)) la sua inversa. Allora i campi di vettori

Yi =

k∑j=1

b ji (x)X j =

∂xi +

m∑j=k+1

chi (x)

∂xh (i = 1, . . . , k)

generano Vq in ogni punto q ∈ U. La condizione (ii) implica che

[Yi,Y j]q ∈ 〈Y1q, . . . ,Ykq〉 per ogni q ∈ U.

Poiche i campi di vettori

Y1, . . . ,Yk,∂

∂xk+1 , . . . ,∂

∂xm

definiscono una base di TqM in ogni punto q ∈ U, ed

[Yi,Y j]q ∈

⟨[∂

∂xk+1

]q, . . . ,

[∂

∂xm

]q

⟩,

Page 191: Nacinovich - Geometria differenziale

5. DISTRIBUZIONI VETTORIALI E TEOREMA DI FROBENIUS 191

otteniamo che [Yi,Y j] = 0 in U per ogni 1 ≤ i, j ≤ k.Dimostriamo ora il seguente

Lemma 12.12. Siano Y1, . . . ,Yk campi di vettori definiti e linearmente indipen-denti in tutti i punti di un intorno aperto U di p ∈ M. Se [Yi,Y j] = 0 in U perogni 1 ≤ i < j ≤ k, allora esite una carta locale (U′, y) con p ∈ U′ ⊂ U per cui

Yi =∂

∂yi in U′ per i = 1, . . . , k.

Dimostrazione. Possiamo supporre che (U, x) sia una carta locale in p. Ragio-niamo per induzione su k.

Sia k = 1. Possiamo supporre che Y1 p =

[∂

∂x1

]p. Il campo di vettori Y1

definisce un gruppo locale a un parametro di diffeomorismi x(U) × R ⊃ U 3

(x, t) → Φ(x, t) ∈ Rm, ove U e un intorno di x(U) × 0 in x(U) × R. Abbiamo∂Φ1(x, t)

∂t= 1 per x = 0, t = 0 e quindi, per il teorema delle funzioni implicite,

x = Φ(0, y2, . . . , ym; y1) definisce coordinate in un intorno U′ di p in U, per cui

Y1 =∂

∂y1 .

Sia ora k > 1 e supponiamo che il lemma valga per un numero inferiore dicampi di vettori linearmente indipendenti che commutano tra loro. Per la primaparte della dimostrazione, possiamo fissare coordinate locali (U, x) tali che:

Y1 =∂

∂x1 , Yi =

m∑j=1

a ji (x)

∂x j per 2 ≤ j ≤ k.

Poiche

[Y1,Yi] =

m∑j=1

∂a ji (x)

∂x1

∂x j per 2 ≤ j ≤ k,

la condizione [Y1,Yi] = 0 implica che i coefficienti a ji sono indipendenti da x1 in

un intorno −ε < xi < ε ⊂ x(U).

Poniamo Z j =∑m

j=2 a ji (x)

∂x j per 2 ≤ j ≤ k. Allora [Zi,Z j] = 0 per 2 ≤i, j ≤ k. Per l’ipotesi induttiva, possiamo trovare un cambiamento delle coordinate

x2, . . . , xm per cui risulti Z j =∂

∂x j per 2 ≤ j ≤ k. Otteniamo percio nelle nuove

coordinate x1, . . . , xm :

Y1 =∂

∂x1 , Yi =∂

∂xi + a1i (x)

∂x1 per 2 ≤ i ≤ k .

Da [Yi,Y j] = 0 per ogni 1 ≤ i, j ≤ k otteniamo allora che le a1i sono indipendenti

da x1 e ∂a1i /∂x j = ∂a1

j/∂xi per 2 ≤ i, j ≤ k. Possiamo quindi trovare una funzioneφ, indipendente da x1, tale che a1

i = ∂φ/∂xi per 2 ≤ i ≤ k. Nelle nuove variabili :y1 = x1 + φ(x2, . . . , xm)yi = xi per 2 ≤ i ≤ m

Page 192: Nacinovich - Geometria differenziale

192 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

abbiamo Yi =∂

∂yi per 1 ≤ i ≤ k.

Completiamo ora la dimostrazione dell’implicazione (ii) =⇒ (i). Fissata una

carta locale (U′, y) con centro in p per cui Yi =∂

∂yi , la

N = yk+1 = 0, . . . , ym = 0

e una sottovarieta di M, contenuta in U′, contenente p e tale che TqN = Vq perogni q ∈ N.

(ii) =⇒ (iii) Se α ∈ Ω1(M) si annulla su tutti i campi di V, abbiamo:

(∗) dα(X,Y) = X(α(Y)) − Y(α(X)) − α([X,Y]) = 0 ∀X,Y ∈ V

perche α(Y) = 0, α(X) = 0 ed anche α([X,Y]) = 0 perche [X,Y] ∈ V. Si ragiona inmodo analogo per forme di grado maggiore di uno.

(iii) =⇒ (ii) Abbiamo V = X ∈ X(M) |α(X) = 0, ∀α ∈ IV ∩ X∗(M).

L’implicazione e allora una facile conseguenza della (∗).

(ii) =⇒ (i) Segue dal fatto che il commutatore di due campi di vettori tangentia una sottovarieta N in tutti i suoi punti e ancora tangente alla sottovarieta N in tuttii suoi punti.

Possiamo ancora riformulare il Teorema di Frobenius nella forma

Teorema 12.13 (Frobenius). Condizione necessaria e sufficiente affinche una di-stribuzione vettorialeV, di rango k, sia formalmente integrabile e che sia verificatauna delle condizioni equivalenti:

(1) per ogni punto p ∈ M possiamo trovare una carta locale (U, x) con centro

in p tale che V|U sia generata dai campi di vettori∂

∂x1 , . . . ,∂

∂xk ;

(2) per ogni punto p ∈ M possiamo trovare una carta locale (U, x) con centroin p tale che l’ideale IV|U sia generatato dai differenziali dxk+1, . . . , dxm.

Osserviamo infine che vale la :

Proposizione 12.14. Se I e un sistema differenziale in M e dI ⊂ I , allora VI

e formalmente integrabile.

Dimostrazione. Se X ∈ VI ed α ∈ I , allora :

LX(α) = d(ıX(α)) + ıX(dα) ∈ I

per l’ipotesi che dα ∈ dI ⊂ I . Poiche la derivata di Lie commuta con lacontrazione, abbiamo, per X,Y ∈ VI ed α ∈ I :

ı[X,Y](α) = ıLX(Y)(α) = LX(ıY (α)) − ıY (LX(α)) ∈ I .

Questo vale per ogni α ∈ I e quindi anche [X,Y] ∈ VI .

Page 193: Nacinovich - Geometria differenziale

6. DISTRIBUZIONI FORMALMENTE INTEGRABILI E LEMMA DI POINCARE-VOLTERRA 193

6. Distribuzioni formalmente integrabili e lemma di Poincare-Volterra

Ci sara utile nel seguito una formulazione del Lemma di Poincare-Volterra incui utilizziamo la nozione di distribuzione totalmente integrabile.

Fissiamo una varieta differenziabile M di dimensione m. Se V e una distri-buzione vettoriale di rango n su M ed U un aperto di M, indicheremo con V(U)la distribuzione vettoriale in U generata da V, cioe il C∞(U)-modulo a sinistragenerato dalle restrizioni ad U dei campi di vettori di V(= V(M)).

Supponiamo fissata su M una distribuzione vettorialeV, di rango n e totalmen-te integrabile.

Lemma 12.15. SiaV1 un’altra distribuzione totalmente integrabile, di rango n−1e contenuta in V. Supponiamo vi sia un campo di vettori Y ∈ X(M) tale che

V1 ed Y generano V;(i)LY (V1) ⊂ V1.(ii)

Allora, per ogni punto p ∈ M possiamo trovare un intorno aperto U di p in M conla proprieta:

∀ f ∈ C∞(U) tale che X f = 0, ∀X ∈ V1(6.1)

∃g ∈ C∞(U) tale che

Xg = 0 in U, ∀X ∈ V1,

Yg = f in U.(6.2)

Dimostrazione. Per il Teorema 12.13 possiamo trovare una carta coordinata(U, x) con centro in p tale che:

IV1(U) e generato da dx1, dxn+1, . . . , dxm;IV(U) e generato da dxn+1, . . . , dxm.

In particolare, V(U) e generato da∂

∂x1 , . . . ,∂

∂xn e quindi

Y =∑n

i=1ai(x)

∂xi in U.

Per ipotesi a1 , 0 in tutti i punti di U ed

LY

(∂

∂xi

)∈

⟨∂

∂x2 , . . . ,∂

∂xn

⟩, ∀i = 2, . . . , n =⇒

∂a1

∂xi = 0 in U, ∀i = 2, . . . , n.

Se f ∈ C∞(U) soddisfa (6.1), allora∂ f∂xi = 0 in U per i = 2, . . . , n.

Possiamo supporre che x(U) sia un ipercubo |xi| < 1, 1 ≤ i ≤ m. Ponendo

g(x) = g(x1, x2, . . . , xm) =

∫ x1

0

f (t, x2, . . . , xm)a1(t, x2, . . . , xm)

dt

definiamo allora una funzione g ∈ C∞(U) che soddisfa (6.2).

Data una distribuzione formalmente integrabile, possiamo sempre ricondurcilocalmente alla situazione descritta nel Lemma 12.15:

Page 194: Nacinovich - Geometria differenziale

194 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Lemma 12.16. Sia V una distribuzione totalmente integrabile di rango n in V.Per ogni punto p ∈ M possiamo trovare un intorno aperto U di p in M ed unadistribuzione totalmente integrabile V1 di rango n − 1 in U ed un campo di vettoriY ∈ V(U) tali che

V1 ed Y generano V(U);(i)LY (V1) ⊂ V1.(ii)

Dimostrazione. Scegliamo una carta coordinata (U, x) con centro in p tale cheIV(U) = 〈dxn+1, . . . , dxm〉 e definiamo

V1 =

⟨∂

∂x2 , . . . ,∂

∂xn

⟩ed Y =

∂x1 .

Introduciamo la notazione: se α, β ∈ Ωp(M) e V e una distribuzione vettorialesu M, scriviamo

(6.3) α ≡ β mod V⇐⇒ α(X1, . . . , Xp) = β(X1, . . . , Xp), ∀X1, . . . , Xp ∈ V.

Possiamo enunciare ora il

Teorema 12.17. Sia V una distribuzione vettoriale formalmente integrabile su M.Allora, per ogni p ∈ M possiamo trovare un intorno aperto U di p in M tale che,per ogni intero k con 1 ≤ k ≤ m ed ogni forma

α ∈ Ωk(U) con dα ≡ 0 mod V(U)

possiamo trovare una forma β ∈ Ωk−1(U) tale che

β ∈ Ωk−1(U) tale che dβ ≡ α mod V(U).

Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per induzione sul rango n di V. Latesi e banalmente vera se V ha rango zero. Supponiamo quindi che n > 0 e la tesisia verificata per tutte le distribuzioni formalmente integrabili di rango inferiore adn.

Per il Lemma 12.15 ed il Lemma 12.16 e l’ipotesi induttiva, fissato p ∈ Mpossiamo trovare un intorno aperto U di p in M tale che

(a) esiste un Y ∈ V(U) ed una distribuzione formalmente integrabile V1(U)di rango n−1 in U tali che

V(U) = 〈Y,V1(U)〉 e [Y,V1(U)] ⊂ V1(U).

(b) Per ogni α ∈ Ωk(U), con k > 0 e dα ≡ 0 mod V1(U) possiamo trovareβ ∈ Ωk−1(U) con dβ ≡ α mod V1(U).

(c) Per ogni f ∈ C∞(U) con X f = 0 per ogni X ∈ V1(U) possiamo trovareuna g ∈ C∞(U) tale cheXg = 0 ∀X ∈ V1(U),

Yg = f in U.

Page 195: Nacinovich - Geometria differenziale

6. DISTRIBUZIONI FORMALMENTE INTEGRABILI E LEMMA DI POINCARE-VOLTERRA 195

Sia ora α ∈ Ωk(U), con k > 0, e supponiamo che

dα ≡ 0 mod V(U).

In particolare,dα ≡ 0 mod V1(U)

e quindi, per (b) possiamo trovare una β ∈ Ωk−1(U) con

dβ ≡ α mod V1(U).

Consideriamoγ = Yc(α − dβ) ∈ Ωk−1(U).

Abbiamo

dγ = d(Yc(α − dβ)) = LY (α − dβ) − Yc(d[α − dβ])= LY (α − dβ) − Ycdα.

Poiche [Y,V1(U)] ⊂ V1(U), otteniamo che

dγ ≡ 0 mod V1(U).

Consideriamo ora il caso in cui sia k = 1. Allora γ ∈ C∞(U) ed Xγ = 0 perogni X ∈ V1(U). Per il punto (c), possiamo trovare una funzione g ∈ C∞(U) taleche Xg = 0 ∀X ∈ V1(U),

Yg = γ in U.Dico che

d(β + g) ≡ α mod V(U).Infatti,

d(β + g)(X) = Xβ + Xg = dβ(X) = α(X), ∀X ∈ V1(U),d(β + g)(Y) = Yc(dβ) + Yg = Yc(dβ) + γ = Ycα = α(Y).

Questo completa la dimostrazione nel caso k = 1.Se k > 1, per (b) possiamo trovare η ∈ Ωk−1(U) tale che

dη ≡ γ mod V1(U).

Sia g ∈ C∞(U) una soluzione (che esiste per il punto (c)) diXg = 0 ∀X ∈ V1(U),Yg = 1 in U.

Dico che alloraα ≡ d(β + dg ∧ η) mod V(U).

Infatti, se X1, . . . , Xk ∈ V1(U), otteniamo

d(β + dg ∧ η)(X1, . . . , Xk) = dβ(X1, . . . , Xk) = α(X1, . . . , Xk),d(β + dg ∧ η)(Y, X2, . . . , Xk) = (Ycdβ)(X2, . . . , Xk) + dη(X2, . . . , Xk)

= (Ycdβ)(X2, . . . , Xk) + γ(X2, . . . , Xk)= Ycα(X2, . . . , Xk) = α(Y, X2, . . . , Xk).

Page 196: Nacinovich - Geometria differenziale

196 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Questo completa la dimostrazione.

7. Il teorema di Darboux sulle forme canoniche

In questo paragrafo studieremo la forma canonica di Darboux di una uno-formae di una due-forma chiusa.

7.1. Il teorema di Darboux per le due-forme. Enunciamo una versione geo-metrica del teorema di Darboux per le due-forme alternate.

Teorema 12.18. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed ω ∈ Ω2(M)una due-forma su M. Sia poi V una distribuzione vettoriale di rango n, totalmenteintegrabile. Supponiamo che:

(1) per ogni p ∈ M, la forma ωp ha rango costante 2r su Vp;(2) dω(X1, X2, X3) = 0, ∀X1, X2, X3 ∈ V.

Allora per ogni punto p ∈ M possiamo trovare un intorno aperto U di p in M eduna distribuzione totalmente integrabile V1 di rango n − r su U con

(3) V1 ⊂ V(U) e ω(X1, X2) = 0 ∀X1, X2 ∈ V1.

Dimostrazione. Ragioniamo per induzione sul rango 2r di ω. Se r = 0, la tesie banalmente verificata con U = M e V1 = V. Supponiamo quindi r > 0 e la tesivera quando ω abbia rango minore di 2r.

DefiniamoV0 = X ∈ V | Xcω = 0 su V.

Osserviamo che V0 e una distribuzione di rango n− 2r ed e totalmente integrabile.Infatti, se X,Y ∈ V0 e Z ∈ V, abbiamo

0 = dω(X,Y,Z) = Xω(Y,Z) − Yω(X,Z) + Zω(X,Y)− ω([X,Y],Z) + ω([X,Z],Y) − ω([Y,Z], X)= −ω([X,Y],Z).

Infatti ω(X,Y) = 0, ω(X,Z) = 0, ω(Y,Z) = 0 perche X,Y ∈ V0, Z ∈ V, eω([X,Z],Y) = 0, ω([Y,Z], X) = 0 perche X,Y ∈ V0, [X,Z], [Y,Z] ∈ V. Questodimostra che V0 e totalmente integrabile.

Per il teorema di Frobenious, fissato un punto p di M possiamo trovare unintorno aperto U′ di p in M ed una distribuzione totalmente integrabileV2 ⊂ X(U′),di rango n − 1 su U′, con1

V0(U′) ⊂ V2 ⊂ V(U′).

La restrizione di ω a V2 ha rango 2r − 2 e verifica le ipotesi del teorema con U′ alposto di M, n − 1 al posto di n, V2 al posto di V. Per l’ipotesi induttiva, possiamotrovare un intorno aperto U di p in U′ ed una distribuzione vettoriale totalmenteintegrabile V1 ⊂ X(U), di rango (n − 1) − (r − 1) = n − r, con V1 ⊂ V2(U), su

1Possiamo infatti trovare una carta locale (U′, x) tale che B0(U′) sia generato da∂/∂x1, . . . , ∂/∂xn−2r eB(U′) da ∂/∂x1, . . . , ∂/∂xn. Possiamo allora scegliere comeV2 la distribuzionegenerata da ∂/∂x1, . . . , ∂/∂xn−1.

Page 197: Nacinovich - Geometria differenziale

7. IL TEOREMA DI DARBOUX SULLE FORME CANONICHE 197

cui la restrizione di ω sia identicamente nulla. Poiche V1 ⊂ V2(U) ⊂ V(U), ladimostrazione e completa.

Possiamo ora utilizzare il Teorema 12.18 per ottenere la forma canonica. Per ilLemma di Poincare-Volterra, fissato un punto p0 ∈ M ed un suo intorno U in M,possiamo trovare una forma α ∈ Ω1(U) tale che

ω − dα = 0 su V(U).

Per il Teorema 12.18 possiamo supporre che su U sia definita una distribuzionetotalmente integrabile V1 su cui ω sia identicamente nulla. In particolare

dα = 0 su V1.

Utilizzando ancora il Lemma di Poincare-Volterra, a meno di considerare al postodi U un altro intorno aperto di p in U, possiamo supporre che vi sia una funzionef ∈ C∞(U) tale che

α = d f su V1.

A meno di restringerci ad un altro intorno aperto di p in U, possiamo supporre chesu U sia definito un sistema di coordinate x tali che

(i) dxn+1, . . . , dxm generano l’ideale IV(U);(ii) dx1, . . . , dxr, dxn+1, . . . , dxm generano l’ideale IV1 .

Allora:

α − d f =∑r

i=1a jdx j +

∑m

i=n+1b jdx j,

ω − dα =∑r

i=n+1β j ∧ dx j

con a j, b j ∈ C∞(U), β j ∈ Ω1(U). Differenziando otteniamo

dα =∑r

i=1da j ∧ dx j +

∑m

i=n+1db j ∧ dx j

e quindiω =

∑r

i=1da j ∧ dx j +

∑m

i=n+1(db j + β j) ∧ dx j

Poiche la restrizione di ω a V ha rango 2r, abbiamo

da1 ∧ · · · ∧ dar ∧ dx1 ∧ · · · ∧ dxr , 0 su Vp, ∀p ∈ U.

Possiamo quindi scegliere nuove coordinate y in un intorno aperto U′ di p in U,con yi = xi se 1 ≤ i ≤ r, n < i ≤ m,

yi = ai se r < i ≤ 2r.Abbiamo ottenuto il seguente

Corollario 12.19. Sotto le ipotesi del Teorema 12.18, per ogni punto p ∈ M possia-mo trovare una carta coordinata (U, x) con centro in p ed m− n forme differenzialiβn+1, . . . , βm ∈ Ω

1(U) tali che

JV(U) = 〈dxn+1, . . . , dxm〉,(7.1)

ω =∑r

i=1dxi ∧ dxr+i +

∑m

i=n+1βi ∧ dxi.(7.2)

Page 198: Nacinovich - Geometria differenziale

198 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Dal Teorema 12.18 ricaviamo il risultato di Darboux sulle due forme chiuse:

Teorema 12.20. Sia ω ∈ Ω2(M) una forma chiusa, di rango costante 2r. Per ognipunto p di M possiamo trovare una carta coordinata (U, x) con centro in p tale che

(7.3) ω =∑r

i=1dxi ∧ dxr+i su U.

7.2. Il teorema di Darboux per le uno-forme. Sia α ∈ Ω1(M) una uno-forma che non si annulla in nessun punto di M. Essa definisce una distribuzioned’iperpiani

(7.4) Vα = X ∈ X(M) | α(X) = 0.

Per il Lemma di Cartan, questa distribuzione e totalmente integrabile se e soltantose

(7.5) α ∧ dα = 0.

In questo caso, per ogni punto p ∈ M possiamo trovare, in un opportuno intornoaperto U di p, un fattore integrante f ∈ C∞(U) con f , 0 in tutti i punti di U e

(7.6) d( fα) = 0, fα = dg con g ∈ C∞(U).

Le g = costante definiscono in U la foliazione associata alla distribuzione Vα.Piu in generale, quando Vα non sia totalmente integrabile, possiamo porci il

problema di determinare foliazioni locali, di dimensione massimale, di varieta in-tegrali di Vα. Questo problema, nel caso in cui il rango di dα sia costante, e risoltodal seguente

Teorema 12.21 (Darboux). Sia α ∈ Ω1(M) una forma differenziale che goda delleproprieta:

α(p) , 0, ∀p ∈ M,(7.7)dα(p) ha rango 2r su TpM, per ogni p ∈ M.(7.8)

Sia p ∈ M. Allora:(1) Se

(7.9) α(p) ∧ (dα(p))r , 0,

possiamo trovare un intorno aperto U di p in M ed una distribuzionetotalmente integrabile Vm−r−1 ⊂ X(U), di rango m − r − 1 in U, con

(7.10) Vm−r−1 ⊂ Vα(U).

(2) Se

(7.11) α ∧ (dα)r = 0 in un intorno di p,

possiamo trovare un intorno aperto U di p in M ed una distribuzionetotalmente integrabile Vm−r ⊂ X(U), di rango m − r in U, con

(7.12) Vm−r ⊂ Vα(U).

Tali distribuzioni hanno rango massimo tra le distribuzioni totalmente integrabilicontenute in Vα(U), per un intorno aperto U di p in M.

Page 199: Nacinovich - Geometria differenziale

7. IL TEOREMA DI DARBOUX SULLE FORME CANONICHE 199

Dimostrazione. Supponiamo valga la (7.11). A meno di sostituire ad M unintorno aperto di p in M, possiamo supporre, per semplicita, che la (7.11) valgaper tutti i punti di M.

Per il Teorema 12.18, possiamo trovare un intorno aperto U di p in M ed unadistribuzione vettoriale totalmente integrabile V1 ⊂ X(U), di rango m − r su U,su cui dα si annulli identicamente. Per il Lemma di Poincare-Volterra, possiamotrovare, su un intorno eventualmente piu piccolo di p, che per semplicita possiamosupporre ancora uguale ad U, una funzione S ∈ C∞(U) tale che

α − dS = 0 su V1.

La V′ = X ∈ X(U) | XS = dS (X) = 0 e una distribuzione totalmente integrabiledi iperpiani. Dalla condizione che α ∧ dαr , 0 in tutti i punti, segue che V1 eV′ sono trasversali e quindi Vm−r−1 = V′ ∩ V1 e una distribuzione totalmenteintegrabile di rango m − r − 1, che soddisfa la tesi.

Consideriamo ora il caso in cui valga la (7.11). Possiamo supporre per sempli-cita che α ∧ dα)r = 0 su M. La

V0 = X ∈ Vα | α ∧ (Xcdα) = 0

e una distribuzione di rango m − 2r + 1. Infatti, per ogni punto p0 ∈ M, la dα sipuo scrivere, in un intorno Up0 di p0, nella forma

dα = α ∧ β +∑r

i=2αi ∧ βi,

per opportune forme α2, . . . ,αr, β, β2, . . . , βr ∈ Ω1(Up0) con α, β,α2, . . . ,αr, β2, . . . , βr

linearmente indipendenti in ogni punto di Up0 . Allora l’ideale di V0 e localmentegenerato da α,α2, . . . ,αr, β2, . . . , βr e quindi ha rango 2r − 1, onde V0 ha rangocomplementare m − (2r − 1) = m − 2r + 1.

Per verificare che V0 e totalmente integrabile, osserviamo che

α([X,Y]) = dα(X,Y) − Xα(Y) + Yα(X) = 0,

in quanto α(X) = 0, α(Y) = 0 e dα(X,Y) = (Xcdα)(Y) = 0 perche (Xcdα) emultiplo di α per X ∈ V0. E poi, se X,Y ∈ V0 e Z ∈ Vα,

0 = d2α(X,Y,Z) = Xdα(Y,Z) − Ydα(Y,Z) + Zdα(X,Y)

− dα([X,Y],Z) + dα([X,Z],Y) − dα([Y,Z], X)= −dα([X,Y],Z),

perche dα(Y,Z) = 0, dα(Y,Z) = 0, dα(X,Y) = 0, dα([X,Z],Y) = 0, dα([Y,Z], X) =

0 in quanto le forme Xcdα ed Ycdα sono multiple di α ed [X,Z], [Y,Z] ∈ Vα.Quindi [X,Y]cdα si annulla su Vα e percio e un multiplo di α. Questo completa ladimostrazione del fatto di V0 sia totalmente integrabile.

Poiche il nucleo di dα ha dimensione m − 2r, per ogni punto p ∈ M potremotrovare un campo di vettori X ∈ V0 per cui Xcdα non si annulli in p. Poiche Xcdαe un multiplo di α, ne segue che possiamo trovare un intorno aperto U di p in Med un campo di vettori X ∈ V0(U) tale che

Xcdα = α in U.

Page 200: Nacinovich - Geometria differenziale

200 12. CALCOLO DIFFERENZIALE SULLE VARIETA

Per il Teorema 12.18, a meno di sostituire ad U un altro intorno di p in esso conte-nuto, possiamo trovare una distribuzione V1 ⊂ X(U) in U, totalmente integrabile edi rango m − r, con

V0(U) ⊂ V1 e dα = 0 su V1.

Poicheα(Z) = (Xcdα)(Z) = dα(X,Z) = 0, ∀Z ∈ V1,

abbiamo V1 ⊂ Vα. La tesi e dunque verificata con Vm−r = V1.Osserviamo infine che, se V e una distribuzione totalmente integrabile conte-

nuta in Vα, allora dα(X,Y) = 0 per ogni X,Y ∈ V. Quindi V ha rango minore ouguale ad m − r, e minore o uguale di m − r − 1 se α ∧ (dα)r , 0.

Dalla discussione per le forme canoniche di una due forma fatta sopra, ricavia-mo il

Teorema 12.22. Sia α ∈ Ω1(M) una uno-forma, che non si annulli in nessun puntodi M e tale che dα abbia rango costante 2r in tutti i punti di M. Sia p ∈ M. Allora:

(1) Se α ∧ (dα)r non si annulla in p, esiste una carta coordinata (U, x) concentro in p tale che

(7.13) α = dx2r+1 +∑r

i=1xi ∧ dxr+i in U.

(2) Se α ∧ (dα)r e identicamente nulla in un intorno di p, esiste una cartacoordinata (U, x) con centro in p tale che

(7.14) α =∑r

i=1xi ∧ dxr+i in U.

Page 201: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 13

La coomologia di de Rham sulle varieta

1. Definizioni prinicipali

Definizione 13.1. I complessi di spazi vettoriali ed operatori differenziali

0→ Ω0(M)d

−−−−−→ Ω1(M)d

−−−−−→ Ω2(M)→ · · ·

· · · → Ωq−1(M)d

−−−−−→ Ωq(M)d

−−−−−→ Ωq+1(M)→ · · ·(1.1)

0→ Ω0c(M)

d−−−−−→ Ω1

c(M)d

−−−−−→ Ω2c(M)→ · · ·

· · · → Ωq−1c (M)

d−−−−−→ Ω

qc(M)

d−−−−−→ Ω

q+1c (M)→ · · ·

(1.2)

si dicono il complesso di de Rham ed il complesso di de Rham pei supporti com-patti, rispettivamente. Poniamo

Z q(M) = α ∈ Ωq(M) | dα = 0, (cicli)(1.3)

Bq(M) = dα | α ∈ Ωq−1(M), (bordi)(1.4)

Z qc (M) = α ∈ Ω

qc(M) | dα = 0, (cicli a supporto compatto)(1.5)

Z qc (M) = dα | α ∈ Ωq−1

c (M), (bordi a supporto compatto).(1.6)

I quozienti

Hq(M) = Z q(M)/Bq(M),(1.7)

Hqc (M) = Z q

c (M)/Bqq(M)(1.8)

si dicono, rispettivamente, il q-esimo gruppo di coomologia di de Rham e il q-esimo gruppo di coomologia di de Rham a supporti compatti.

Proposizione 13.1. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m e poniamo

(1.9) H∗(M) =⊕m

q=0Hq(M), H∗c (M) =

⊕m

q=0Hq

c (M).

Il prodotto esterno nell’algebra di Grassmann Ω∗(M) definisce per passaggio alquoziente una struttura di algebra di Grassmann su H∗(M) ed H∗c (M).

Dimostrazione. Basta osservare che

(dα) ∧ β = d(α ∧ β), ∀α ∈ Ωq1(M), β ∈ Z q2(M).

QuindiZ q1(M) ∧Z q2(M) ⊂ Z q1+q2(M) eBq1(M) ∧Z q2(M) + Z q1(M) ∧Bq2(M) ⊂ Bq1+q2(M).

201

Page 202: Nacinovich - Geometria differenziale

202 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Se α ∈ Z q1(M), β ∈ Z q2 ed [α], [β] sono le classi di coomologia da essedefinite, poniamo

[α] ∧ [β] = [α ∧ β].

2. Invarianza omotopica

Siano M, N varieta differenziabili ed f ∈ C∞(M,N) un’applicazione diffe-renziabile. Si verifica facilmente che il pull-back e il differenziale sulle formecommutano. Quindi, per passaggio ai quozienti, la f definisce un’applicazionenaturale

(2.1) f ∗ : Hq(N)→ Hq(M)

ed anche, se f e propria, un’applicazione f ∗ : Hqc (N)→ Hq

c (M).

Lemma 13.2. Sia M una varieta differenziabile, sia I un intervallo di R, e consi-deriamo la proiezione pM : M × I → M e, per ogni t ∈ I, la sezione st : M 3 x →(x, t) ∈ M × I. Allora per ogni intero q ≥ 0 ed ogni t ∈ I,

p∗M : Hq(M)→ Hq(M × I) ed s∗t : Hq(M × I)→ Hq(M)

sono isomorfismi, l’uno inverso dell’altro.

Dimostrazione. Abbiamo st π = idM per ogni t ∈ I, e quindi anche π∗ s∗t el’identita in coomologia:

Hq(M)p∗M //

JJJJJJJJJ

JJJJJJJJJHq(M × I)

s∗txxqqqqqqqqqq

Hq(M)

In particolare, s∗t : Hq(M × I) → Hm(M) e surgettiva, e p∗M : Hq(M) →Hq(M × I) e iniettiva.

Per ogni intero q ≥ 1 indichiamo con ΩqM(M × I) lo spazio delle q-forme su

M × I che sono localmente combinazioni lineari di elementi di p∗M(Ωq(M)), concoefficienti in C∞(M × I). Abbiamo

Ωq(M × I) = ΩqM(M × I) ⊕ Ωq−1

M (M × I) ∧ dt.

Sia f ∈ Z q(M × I). Scriviamo f = f (q) + f (q−1) ∧ dt con f (h) ∈ ΩhM(M × I). La

condizione d’integrabilita d f = 0 ci dadM s∗t f (h) = 0 ∀t ∈ I,ddt s∗t f (q) + (−1)qdM s∗t f (q−1) = 0 ∀t ∈ I.

Fissato t0 ∈ I, definiamo una forma g(q−1) ∈ Ωq−1M (M × I) mediante

g(q−1)(x, t) = p∗M( ∫ t

t0s∗τ f (h−1)dτ

)(x, t)

Allora φ(q) = f − dM×Ig(q−1) ∈ Z q(M × I)∩ΩqM(M × I). In particolare, φ soddisfa

ddt

s∗t φ(q) = 0,

Page 203: Nacinovich - Geometria differenziale

3. COMPLESSI DIFFERENZIALI 203

onde s∗t φ(q) e una forma ψ ∈ Ωq(M), indipendente da t ∈ I, ed abbiamo φ(q) = p∗Mψ.

InoltredMψ = dM s∗t φ

(q) = s∗t dM×Iφ(q) = 0.

Questo dimostra che p∗M : Hq(M) → Hq(M × I) e anche surgettiva, e completaquindi la dimostrazione.

Abbiamo la

Proposizione 13.3. Due applicazioni differenziabili f0, f1 ∈ C∞(M,N) omotopeinducono la stessa applicazione in coomologia.

Dimostrazione. Per ipotesi esiste un’applicazione differenziabile

F = ( ft) ∈ C∞(M × I,N), con F( · , 0) = f0, F( · , 1) = f1.

E ft = F st e quindi f ∗t = s∗t F∗. Per il Lemma 13.2, per ogni t ∈ [0, 1], s∗t invertep∗M, ove pM : M × [0, 1] → M e la proiezione sul primo fattore. Abbiamo percio,in coomologia, f ∗0 = (p∗M)−1 F∗ = f ∗1 .

Corollario 13.4. Due varieta che abbiano lo stesso tipo d’omotopia hanno lastessa coomologia di de Rham.

Ricordiamo, che, per varieta differenziabili, possiamo definire tutte le nozioniusuali dell’omotopia richiedendo che tutte le mappe considerate siano differenzia-bili. Ad esempio, nell’enunciato del corollario, il fatto che due varieta M ed Nabbiamo lo stesso tipo d’omotopia si puo formulare nel modo seguente:

Esistono applicazioni differenziabili f ∈ C∞(M,N), g ∈ C∞(N,M), F ∈C∞(M × [0, 1],M), G ∈ C∞(N × [0, 1],N), tali cheF0 = g f ,

F1 = idM,

G0 = f g,G1 = idN .

3. Complessi differenziali

Ricordiamo qui alcuni fatti algebrici generali che ci saranno utili nel seguito.

Definizione 13.2. Un complesso differenziale e il dato di uno spazio vettoriale Csu un campo k, di una sua Z-gradazione C =

⊕q∈Z Cq e di un omomorfismo

dC : C → C, omogeneo di grado 1, con dC2 = 0. Indichiamo il complesso

mediante

(3.1) · · · → Cq−1 dC−−−−−→ Cq dC

−−−−−→ Cq+1 → · · ·

La coomologia di (3.1) e la somma diretta di spazi vettoriali:

H(C, dC) =⊕

q∈ZHq(C, dC),(3.2)

ove Hq(C, dC) = (ker dC ∩ Cq)/dC(Cq−1).

Lo spazio vettoriale Hq(C, dC) si dice anche il q-esimo gruppo di coomologia di(3.1).

Page 204: Nacinovich - Geometria differenziale

204 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Dati due complessi differenziali (A, dA) e (B, dB) sullo stesso campo k, un’ap-plicazione lineare f : A→ B si dice un omomorfismo di complessi se

f (Aq) ⊂ Bq, ∀q ∈ Z,(3.3)f dA = dB f .(3.4)

Essa induce un’applicazione naturale

(3.5) f∗ : Hq(A, dA)→ Hq(B, dB),

che fa corrispondere alla classe [aq] di aq ∈ ker dA ∩Aq la classe [ f (aq)] di f (aq) ∈ker dB ∩ Bq.

Una successione

(3.6)· · · → Vq−1

fq−1−−−−−→ Vq

fq−−−−−→ Vq+1 → · · ·

di k-spazi vettoriali su di applicazioni k-lineari si dice esatta se

(3.7) fq−1(Vq−1) = ker fq, ∀q ∈ Z.

Una successione esatta della forma

(3.8) 0 −−−−−→ Aα

−−−−−→ Bβ

−−−−−→ C −−−−−→ 0si dice una successione esatta corta.

Se (A, dA), (B, dB) e (C, dC) sono complessi differenziali di spazi vettoriali suk e la (3.8) e una successione esatta corta di omomorfismi di complessi, possiamodefinire delle applicazioni k-lineari

(3.9) ∆q : Hq(C, dC)→ Hq+1(A, dA)

nel modo seguente.Sia cq ∈ Cq con dCcq = 0. Poiche β e surgettiva, esiste un elemento bq ∈ Bq

tale che cq = β(bq). Abbiamo

β(dBbq) = dCβ(bq) = dccq = 0

e quindi, per l’esattezza di (3.8) esiste uno ed un solo aq+1 ∈ Aq+1 tale che

α(aq+1) = dBbq.

Poicheα(dAaq+1) = dBα(aq+1) = d2

Bbq = 0 =⇒ dAaq+1 = 0per l’esattezza di (3.8), l’elemento aq+1 definisce per passaggio al quoziente unaclasse [aq+1] ∈ Hq+1(A, dA).

Siano ora

c′q = cq + dCcq−1, con cq−1 ∈ Cq−1,

b′q ∈ Bq con β(b′q) = c′q = cq + dCcq−1,

a′q+1 ∈ Aq+1 con α(a′q+1) = dBb′q.

Utilizzando ancora l’esattezza di (3.8), otteniamo

∃ bq−1 ∈ Bq−1 tale che

β(b′q − bq) = c′q − cq = dCcq−1 = dcβ(bq−1) = β(dBbq−1)

Page 205: Nacinovich - Geometria differenziale

3. COMPLESSI DIFFERENZIALI 205

=⇒ ∃ aq ∈ Aq tale che b′q − bq − dBbq−1 = α(aq−1)

=⇒ α(a′q+1 − aq+1) = dBb′q+1 − dBbq

= dB(b′q − bq − dBbq−1)= dBα(aq) = α(dAaq)

=⇒ a′q+1 − aq+1 = dAaq.

Quindi la ∆q risulta ben definita da

(3.10) ∆([cq]) = [aq+1].

Abbiamo il

Teorema 13.5. Se (3.8) e una successione esatta lunga di complessi differenzialidi spazi vettoriali su k, allora abbiamo una successione esatta lunga

(3.11)

· · · · · · −−−−−→ Hq−1(B, dB)β∗

−−−−−→ Hq−1(C, dC)∆q−1−−−−−→ Hq(A, dA)

α∗−−−−−→ Hq(B, dB)

β∗−−−−−→ Hq(C, dC)

∆q−−−−−→ Hq+1(A, dA) −−−−−→ · · · · · ·

Nello studio dei gruppi di coomologia dei complessi, e spesso utile il seguentelemma algebrico:

Teorema 13.6 (Lemma dei cinque). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe e colonne esatte:

0 0 0y y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y y

0 0 0Abbiamo supposto cioe che α1 sia surgettiva, α2 e α4 siano isomorfismi ed α5 siainiettiva. Allora α3 e un isomorfismo.

Dimostrazione. Dimostriamo che α3 e iniettiva. Sia a3 ∈ A3, con α3(a3) = 0.Abbiamo

α4( f3(a3)) = g3(α3(a3)) = 0 =⇒ f3(a3) = 0 =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. a3 = f2(a2)=⇒ α3( f2(a2)) = g2(α2(a2)) = 0 =⇒ ∃ b1 ∈ B1 t.c. α2(a2) = g1(b1)

=⇒ ∃ a1 ∈ A1 t.c. α1(a1) = b1,=⇒ α2(a2) = g1(α1(a1)) = α2( f1(a1))=⇒ a2 = f1(a1) =⇒ a3 = f2 f1(a1) = 0.

Page 206: Nacinovich - Geometria differenziale

206 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Dimostriamo ora che α3 e surgettiva. Abbiamo:

∃ a4 ∈ A4 t.c. g3(b3) = α4(a4) =⇒ 0 = g4 g3(b3) = g4 α4(a4) = α5 f4(a4)=⇒ f4(a4) = 0 =⇒ ∃ a3 ∈ A3 t.c. f3(a3) = a4

=⇒ g3(b3) = α4 f3(a3) = g3(α3(a3)) =⇒ g3(b3 − α3(a3)) = 0=⇒ ∃b2 ∈ B2 t.c. g2(b2) = b3 − α3(a3) =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. α2(a2) = b2

=⇒ b3 − α3(a3) = g2 α2(a2) = α3( f2(a2)) =⇒ b3 = α3(a3 + f2(a2)).

Dalla dimostrazione segue che

Teorema 13.7 (Lemmi dei quattro). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte:

0 0y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

α1

y α2

y α3

y α4

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4y

0

Se α1 e surgettiva ed α2, α4 iniettive, allora α3 e iniettiva.Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfi-

smi, con righe esatte:

0yA2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α2

y α3

y α4

y α5

yB2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y

0 0

Se α5 e iniettiva ed α2, α4 surgettive, allora α3 e surgettiva.

Page 207: Nacinovich - Geometria differenziale

4. LE SUCCESSIONI DI MAYER-VIETORIS 207

4. Le successioni di Mayer-Vietoris

La successione di Mayer-Vietoris 1 e uno degli strumenti fondamentali per ilcalcolo dei gruppi di coomologia. Essa e una conseguenza del Teorema 13.5 e del

Lemma 13.8. Siano A, B due aperti di una varieta M. Allora, per ogni intero q, lasuccessione corta

(4.1) 0→ Ωq(A ∪ B)α

−−−−−→ Ωq(A) ⊕ Ωq(B)β

−−−−−→ Ωq(A ∩ B)→ 0,ove

(4.2)

α( f ) = f |A ⊕ f |B ∀ f ∈ Ωq(A ∪ B),β(g ⊕ h) = g|A∩B − h|A∩B ∀g ∈ Ωq(A), h ∈ Ωq(B),

e esatta.

Dimostrazione. L’iniettivita di α e il fatto che l’immagine di α sia uguale alnucleo di β sono evidenti. La surgettivita di β segue dall’esistenza di una partizionedell’unita su A ∪ B subordinata al ricoprimento A, B. Se φA, φB ∈ C∞(A ∪ B) esupp φA ⊂ A, supp φB ⊂ B, e φA + φB = 1 su A ∪ B, allora, data f ∈ Ωq(A ∩ B),possiamo definire

fA =

φB f su A ∩ B,0 su A \ B,

, fB =

−φA f su A ∩ B,0 su B \ A.

Allora fA ∈ Ωq(A), fB ∈ Ω

q(B) ed fA − fB = f su A ∩ B.

Otteniamo quindi, per il Teorema 13.5, il

Teorema 13.9 (Mayer-Vietoris). Se A, B sono due aperti di una varieta differen-ziabile M abbiamo una successione esatta lunga

· · · −−−−−→ Hq−1(A) ⊕ Hq−1(B) −−−−−→ Hq−1(A ∩ B)

−−−−−→ Hq(A ∪ B) −−−−−→ Hq(A) ⊕ Hq(B) −−−−−→ Hq(A ∩ B)

−−−−−→ Hq+1(A ∪ B) −−−−−→ Hq+1(A) ⊕ Hq+1(B) −−−−−→ · · ·

Dimostrazione. Il risultato segue dal Teorema 25.7. L’applicazione ∆q si puodescrivere nel modo seguente. Se f ∈ Z q(A ∩ B) ed fA ∈ Ω

q(A), fB ∈ Ωq(B) sono

forme tali che f = fA − fB su A ∩ B, allora

(4.3) g =

d fA su A,d fB su B,

definisce un elemento di Z q+1(A∪B), la cui classe di coomologia [g] in Hq+1(A∪B)e l’immagine mediante ∆q della classe [ f ] di f in Hq(A ∩ B).

1Leopold Vietoris (Radkersburg, 4 giugno 1891 Innsbruck, 9 aprile 2002), mathematicoaustriaco. I suoi principali contributi sono nel campo della topologia e della storia della matematica.

Meinhard E. Mayer (nato nel 1929 in Romania), ha insegnato a partire dal 1966 presso l’Uni-versita della California ad Irvine. I suoi interessi principali sono stati i metodi geometrici delle teoriedi gauge e le applicazioni delle ondelette alla turbolenza. Ha contribuito alla teoria dei bosoni-vettori(W e Z bosoni) e dell’unificazione elettro-debole, che sarebbe divenuta poi il modello standard.

Page 208: Nacinovich - Geometria differenziale

208 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Esempio 13.1. Consideriamo la circonferenza S 1 = z ∈ C | |z| = 1. SianoA = S 1 \ −i, B = S 1 \ i. Allora A e B sono diffeomorfi ad R, A ∩ B all’unionedisgiunta di due copie di R. Risultera quindi:

Hq(A) ' Hq(B) =

R se q = 0,0 se q , 0,

Hq(A ∩ B) =

R2 se q = 0,0 se q , 0.

Dalla successione di Mayer-Vietoris ricaviamo allora che Hq(S 1) = 0 se q , 0, 1.Abbiamo poi

0 −−−−−→ H0(S 1) −−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ R2 −−−−−→ H1(S 1) −−−−−→ 0.

E H0(S 1) ' R, perche S 1 e connesso per archi. Quindi la dimensione dello spaziovettoriale H1(S 1) si ricava da

0 = dimRH0(S 1) − dimRR ⊕ R + dimRR2 − dimRH1(S 1)

= 1 − 2 + 2 − dimRH1(S 1).

E percio H1(S 1) ' R.

Esempio 13.2. Consideriamo la sfera

S n = x = (x0, x1, . . . , xn) ∈ Rn+1 | |x| = 1, n > 1.

Siano A = x ∈ S n | x0 > −1, B = x ∈ S n | x0 < 1. Poiche A e B sono diffeomorfiad Rn, ed A ∩ B e connesso, otteniamo dalla successione di Mayer-Vietoris gliisomorfismi

Hq(S n) ' Hq−1(A ∩ B), se q , 0, 1,e la successione esatta

0 −−−−−→ H0(S n) ' R −−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ H0(A ∩ B) ' R

−−−−−→ H1(S n) −−−−−→ 0.

Dalla successione esatta ricaviamo che H1(S n) = 0 se n > 1. Infine, A ∩ B siretrae per deformazione su S n−1 = x ∈ S n | x0 = 0. Vedremo che questo daHq(A ∩ B ' Hq(S n−1) per ogni q ∈ Z. Ricaviamo cosı per ricorrenza, utilizzandol’esempio precedente, che

Hq(S n) '

R se q = 0, n,0 se q , 0, n.

Esempio 13.3. Sia Σ un iperpiano dello spazio proiettivo reale RPn. Possiamosupporre che Σ = x0 = 0. Allora A = (x1)2 + · · · + (xn)2 > 0 e lo spazio totaledi un intorno tubolare di Σ in RPn. Sia B = RPn \ Σ. Abbiamo allora

A = (x1)2 + · · · + (xn)2 > 0 ' RPn−1 × R,

B = x0 , 0 ' Rn,

A ∪ B = RPn,

A ∩ B ' Rn \ 0.

Abbiamo le equivalenze omotopiche A ' RPn−1, B ' 0, A ∩ B ≡ S n1 .

Page 209: Nacinovich - Geometria differenziale

4. LE SUCCESSIONI DI MAYER-VIETORIS 209

Abbiamo percio la successione esatta in coomologia

· · · −−−−−→ Hq−1(S n−1) −−−−−→ Hq(RPn) −−−−−→ Hq(RPn−1) ⊕ Hq(0)

−−−−−→ Hq(S n−1) −−−−−→ · · ·

Per n = 2 otteniamo la successione esatta

0 −−−−−→ H1(RP2) −−−−−→ R −−−−−→ R −−−−−→ H2(RP2) −−−−−→ 0.

Poiche RP2 e semplicemente connesso, H1(RP2) = 0 e quindi anche H2(RP2) = 0.Si dimostra allora per ricorrenza che

Hq(RP2m+1) =

R se q = 0, 2m + 1,0 altimenti,

Hq(RP2m) =

R se q = 0,0 altimenti.

Esempio 13.4. Siano m, n interi con 1 ≤ m < n e sia Σ un m-piano di RPn. SiaM = RPn \ Σ. Scegliamo un (n−m−1)-piano Σ′ di RPn con Σ ∩ Σ′ = ∅. Per ogniq ∈ M, l’(m+1)-piano per q e Σ interseca Σ′ in uno ed un solo punto p = π(q).Poiche (qΣ) \ Σ ' Rm+1, la τ = (M

π−−→ Σ′) definisce un intorno tubolare di Σ′ in

RPn, con spazio totale M. L’(n−m−1)-piano Σ′ e quindi un retratto di deformazionedi M. Otteniamo percio

Hq(RPn \ RPm) ' Hq(RPn−m−1), ∀q > 0.

Ad esempio,

Hq(RP3 \ RP1) =

R se q = 0, 1,0 altrimenti,

Hq(RP5 \ RP1) =

R se q = 0, 3,0 altrimenti,

Hq(RP5 \ RP2) =

R se q = 0,0 altrimenti,

Hq(RP5 \ RP3) =

R se q = 0, 10 altrimenti.

Esempio 13.5. Consideriamo ora lo spazio proiettivo CPn. Sia Σ = z0 = 0 unsuo iperpiano. Allora A = |z1|2 + · · ·+ |zn|2 > 0 e lo spazio totale di un suo intornotubolare in CPn. Poniamo B = CPn \ Σ. Allora

A = |z1|2 + · · · + |zn|2 > 0 ' CPn−1,

B = CPn \ Σ = Cn ' 0,

A ∪ B = CPn,

A ∩ B = Cn \ 0 ' S 2n−1,

Page 210: Nacinovich - Geometria differenziale

210 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

ove ' indica equivalenza omotopica. Otteniamo allora la successione esatta:

0 −−−−−→ H1(CPn) −−−−−→ H1(CPn−1) −−−−−→ H1(S 2n−1)

−−−−−→ H2(CPn) −−−−−→ · · · −−−−−→ Hq−1(S 2n−1)

−−−−−→ Hq(CPn) −−−−−→ Hq(CPn−1) −−−−−→ Hq(S 2n−1)

−−−−−→ · · ·

Otteniamo allora

Hq(CPn) ' Hq(CPn−1), ∀q ≤ 2n − 2, H2n−1(CPn) = 0, H2n(CPn) = R.

Ricaviamo percio, per ricorrenza,

Hq(CPn) =

R se q = 0, 2, . . . , 2n,0 se q = 1, 3, . . . , 2n − 1.

Esempio 13.6. Siano m, n due interi con 1 ≤ m < n e Σ un m-piano proiettivocomplesso in CPn. Se scegliamo un (n−m−1)-piano proiettivo complesso Σ′ che nonintersechi Σ, l’applicazione che fa corrispondere ad ogni punto q di M = CPn \ Σ

l’unico punto p = π(q) di Σ′ in cui l’(m+1)-piano proiettivo complesso per Σ e qinterseca Σ′ definisce un intorno tubolare τ = (M

π−−→ Σ′) di Σ′ in CPn. Otteniamo

percio

Hq(CPn \ CPm) =

R se q = 0, 2, . . . , 2(n−m−1),0 altrimenti.

Esempio 13.7. Siano M ed N due sottovarieta proprie connesse di Rn che si inter-sechino in un punto p0. Possiamo scegliere due loro intorni tubolari con spazi totaliA e B la cui intersezione A ∩ B sia un intorno contrattile di p0. Dalla successioneesatta di Mayer-Vietoris possiamo allora dedurre che

H0(A ∩ B) = R, Hq(A ∪ B) = Hq(A) ⊕ Hq(B), per ogni q > 0.

Esempio 13.8. Siano M una varieta connessa di dimensione m ≥ 2, p0 ∈ M ed N =

M\p0. Allora Hq(M) ' Hq(N) per ogni q , m,m − 1. Infatti, se A e un intornocontrattile di p0 in M, l’intersezione A∩N e omotopicamente equivalente alla sferaS m−1. La successione di Mayer-Vietoris ci da quindi l’isomorfismo desiderato se1 ≤ q ≤ m − 2. Abbiamo poi la successione esatta

0 −−−−−→ Hm−1(M) −−−−−→ Hm−1(N) −−−−−→ R

−−−−−→ Hm(M) −−−−−→ Hm(N) −−−−−→ 0.Una varieta connessa di dimensione m ha m-esimo gruppo di coomologia di deRham uguale ad R se compatta ed orientabile, uguale a 0 altrimenti. Avremo quindiHm−1(M) ' Hm−1(N) se M e compatta e orientabile, Hm−1(N) ' Hm−1(M) ⊕ Raltrimenti.

Esempio 13.9. Siano M1,M2 due varieta connesse di dimensione m. Allora

Hq(M1]M2) = Hq(M1) ⊕ Hq(M2) se q , m − 1,m.

Page 211: Nacinovich - Geometria differenziale

4. LE SUCCESSIONI DI MAYER-VIETORIS 211

Esempio 13.10. Introduciamo su Rn \ 0 la relazione di equivalenza

x ∼ y⇐⇒ y = 2kx, con k ∈ Z.

Allora M = (Rn \ 0)/ ∼ ha un’unica struttura di varieta differenziabile di dimen-sione n per cui la proiezione nel quoziente π : Rn \ 0 → M sia un diffeomorfismolocale. Per n = 1 la M e diffeomorfa ad S 1 e per n = 2 al toro T 2 = S 1 × S 1.Supponiamo quindi nel seguito che n ≥ 3.

Possiamo ricoprire M con i due aperti

A = π(1 < |x| < 2), B = π(3

2 < |x| < 3).

Allora A e B sono omotopicamente equivalenti ad S n−1 ed A∩B all’unione disgiun-ta di due copie di S n−1. Otteniamo allora la successione esatta di Mayer-Vietoris:

0 −−−−−→ R −−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ R ⊕ R

−−−−−→ H1(M) −−−−−→ 0

0 −−−−−→ Hq(M) −−−−−→ 0 per 2 ≤ q ≤ m − 2

0 −−−−−→ Hm−1(M) −−−−−→ R ⊕ R −−−−−→ R ⊕ R

−−−−−→ Hm(M) = R −−−−−→ 0.Otteniamo percio

Hq(M) =

R se q = 0, 1, (m − 1),m,0 altrimenti.

Costruiamo ora la successione esatta di Mayer-Vietoris per le forme a supportocompatto.

Lemma 13.10. Siano A, B due aperti della varieta differenziabile M. Allora, perogni intero non negativo q abbiamo la successione esatta

(4.4) 0→ Ωqc(A ∩ B)

α−−−−−→ Ω

qc(A) ⊕ Ωq

c(B)β

−−−−−→ Ωqc(A ∪ B)→ 0

ove α( f ) = f ⊕ f ∀ f ∈ Ωqc(A ∩ B),

β( f ⊕ g) = f − g ∀ f ∈ Ωqc(A), g ∈ Ωq

c(A ∩ B).

Dimostrazione. L’iniettivita di α e il fatto che l’immagine di α sia il nucleodi β sono ovvii. La surgettivita di β e conseguenza della partizione dell’unita. SeφA, φB ∈ C∞(A ∪ B) e supp φA ⊂ A, supp φB ⊂ B, e φA + φB = 1 su A ∪ B, allora,data f ∈ Ωq

c(A ∪ B), possiamo definire

fA = φA f , fB = φB f .

Allora fA ∈ Ωqc(A), fB ∈ Ω

qc(B) ed fA − fB = f su A ∪ B.

Come conseguenza abbiamo

Page 212: Nacinovich - Geometria differenziale

212 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Teorema 13.11 (Mayer-Vietoris pei supporti compatti). Siano A, B due aperti dellavarieta differenziabile M. Abbiamo allora una successione esatta lunga per lacoomologia di de Rham a supporti compatti:

· · · −−−−−→ Hq−1c (A) ⊕ Hq−1

c (B) −−−−−→ Hq−1c (A ∪ B)

−−−−−→ Hqc (A ∩ B) −−−−−→ Hq

c (A) ⊕ Hqc (B) −−−−−→ Hq

c (A ∪ B)

−−−−−→ Hq+1c (A ∩ B) −−−−−→ Hq+1

c (A) ⊕ Hq+1c (B) −−−−−→ · · ·

5. La dualita di Poincare

Definizione 13.3. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m. Un buonricoprimento di M e un suo ricoprimento aperto U = Ui per cui ogni intersezionenon vuota Ui1 ∩ · · ·Uik sia diffeomorfa ad Rm.

Introducendo una metrica Riemanniana su M e scegliendo intorni aperti con-vessi (vedi il Teorema ?? del Capitolo 19) possiamo dimostrare il

Teorema 13.12. Ogni varieta differenziabile M ammette un buon ricoprimen-to. Ogni ricoprimento aperto di una varieta differenziabile M ammette un buonraffinamento.

Teorema 13.13. Se una varieta M ammette un buon ricoprimento finito, allorasia la sua coomologia di de Rham che la sua coomologia di de Rham coi sup-porti compatti hanno dimensione finita. Se inoltre M e una varieta differenziabileorientabile di dimensione m, la forma bilineare

(5.1) ( f , g)→∫

Mf ∧ g, per f ∈ Ωq(M), g ∈ Ωm−q

c (M)

definisce per passaggio al quoziente un accoppiamento di dualita tra Hq(M) edHm−q

c (M).

Dimostrazione. Ragionando per induzione sulla cardinalita di un buon rico-primento, ed utilizzando le successioni esatte di Mayer-Vietoris, si dimostra facil-mente la finitezza dei gruppi di coomologia di de Rham, sia con supporti chiusi checon supporti compatti.

Supponiamo ora che M sia orientabile, in modo da poter definire senza ambi-guita l’integrale su M delle n-forme. Se f e g sono chiuse, ed una delle due esatta,abbiamo ∫

Mf ∧ g = 0.

Se infatti f = du, con u ∈ Ωq−1(M), allora f ∧ g = d(u ∧ g), con u ∧ g ∈ Ωm−1c (M),

e quindi l’integrale (5.1) e nullo per la formula di Stokes. Se g = dv con v ∈Ω

q−1c (M), allora ancora w = (−1)q f ∧ v ∈ Ωm−1

c (M) e l’integrale (5.1) e nullo perla formula di Stokes perche f ∧ g = dw.

Dimostriamo ora che (5.1) definisce un accoppiamento di dualita tra i gruppidi coomologia. Osserviamo che questo e vero se M = Rm. Possiamo quindi ra-gionare per induzione, supponendolo vero per varieta M che ammettano un buon

Page 213: Nacinovich - Geometria differenziale

5. LA DUALITA DI POINCARE 213

ricoprimento che consista di al piu un certo numero ` ≥ 1 di aperti, e dimostrandoloquindi per varieta che ammettano un buon ricoprimento con ` + 1 aperti.

Siamo U,V due aperti di M e definiamo

A1 = Hq(U ∩ V),A2 = Hq(U) ⊕ Hq(V),A3 = Hq(U ∪ V),A4 = Hq+1(U ∩ V),A5 = Hq+1(U) ⊕ Hq+1(V),

B1 =(Hm−q

c (U ∩ V))∗,

B2 =(Hm−q

c (U))∗⊕

(Hm−q

c (V))∗,

B3 =(Hq

c (U ∪ V))∗,

B4 =(Hm−q−1

c (U ∩ V))∗,

B5 =(Hm−q−1

c (U))∗⊕

(Hm−q−1

c (V))∗,

ove V∗ denote il duale dello spazio vettoriale di dimensione finita V . La (5.1)definisce le frecce verticali del diagramma commutativo a righe esatte

A1f1

−−−−−→ A2f2

−−−−−→ A3f3

−−−−−→ A4f4

−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5,

ove le gi sono ottenute per dualita da quelle della successione esatta di Mayer-Vietoris per i supporti compatti. Se M ammette un buon ricoprimento consistentedi ` + 1 aperti U0,U1, . . . ,U` e scegliamo U = U0, V =

⋃`j=1 U j, allora U, V ed

U ∩ V ammettono buoni ricoprimenti con al piu ` aperti. Per l’ipotesi induttiva nesegue che α1, α2, α4, α5 sono isomorfismi e dunque, per il lemma dei cinque, ancheα3 e un isomorfismo, che identifica Hq(M) = Hq(U ∪V) al duale di Hm−q

c (M).

Corollario 13.14. Sia M una varieta differenziabile orientabile che ammette unbuon ricoprimento finito.

Sia α ∈ Ωq(M). Condizione necessaria e sufficiente affinche α ∈ Bq(M) e che

(5.2)∫

Mα ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q

c (M).

Sia α ∈ Ωqc(M). Condizione necessaria e sufficiente affinche α ∈ Bq

c (M) e che

(5.3)∫

Mα ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q(M).

Dimostrazione. Supponiamo che α ∈ Ωq(M) soddisfi la (5.3). Abbiamo inparticolare ∫

M(dα) ∧ θ = (−1)q+1

∫Mα ∧ dθ = 0, ∀θ ∈ Ω

m−q+1c (M),

e quindi α ∈ Z q(M). Se fosse [α] , 0 in Hq(M), per il Teorema 13.13 potremmotrovare una η ∈ Z m−q

c (M) con ∫Mα ∧ η , 0.

Quindi α ∈ Bq(M). La dimostrazione nel caso delle forme a supporto compatto eanaloga.

In particolare abbiamo:

Page 214: Nacinovich - Geometria differenziale

214 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Teorema 13.15. Se M e una varieta differenziabile compatta e orientabile didimensione m, allora

(5.4) dimRHq(M) = dimRHm−q(M) < +∞

e la (5.1) definisce un accoppiamento di dualita tra Hq(M) ed Hm−q(M). In parti-colare, per una varieta differenziabile connessa, compatta ed orientabile di dimen-sione m e Hm(M) ' R.

Osservazione 13.16. L’enunciato non vale, in generale, nel caso di varieta nonorientabili. Infatti, per uno spazio proiettivo reale di dimensione pari 2m abbiamo

R = H0(RP2m) , H2m(RP2m) = 0.

Esempio 13.11. Sia M una superficie orientabile di genere g. Possiamo ottenere Mda un poligono chiuso P di 4g identificando a coppie i suoi lati secondo la formula∂P = a1b−1

1 a1b−11 · · · agb−1

g agb−1g . Sia π : P → M la proiezione nel quoziente. Uti-

lizziamo un ricoprimento di M mediante i due aperti A = π(P) ' R2, B = π(P\p0)per un punto p0 ∈ P. L’intersezione A ∩ B e omotopicamente equivalente ad S 1.Per l’Esempio 13.7, poiche B si retrae su un bouquet di 2q circonferenze, ottenia-mo che H1(B) = H1(S 1) ⊕ · · · ⊕ H1(S 1)︸ ︷︷ ︸

2q volte

= R2g. Per Mayer-Vietoris abbiamo allora

la successione esatta

0 −−−−−→ H1(M) −−−−−→ R2g −−−−−→ R −−−−−→ H2(M) −−−−−→ 0.

Per la dualita di Poincare abbiamo H2(M) ' H0(M) = R e quindi H1(M) = R2g.

Osservazione 13.17. I gruppi di coomologia Hq(M) hanno in generale, anchequando non siano di dimensione finita, una struttura naturale di spazi di Frechet. SeM e orientabile, i gruppi Hm−q

c (M) sono ancora i loro duali topologici, con oppor-tuna topologia di spazi vettoriali topologici. L’accoppiamento di dualita e sempredefinito dalla (5.1).

6. Grado di un’applicazione

Dal Teorema 13.15 segue:

Teorema 13.18. Siano M,N due varieta connesse, compatte, orientabili, dellastessa dimensione m. Se f : M → N e un’applicazione differenziabile, esiste unnumero intero k tale che

(6.1)∫

Mf ∗φ = k

∫Nφ, ∀φ ∈ Ωm(N).

Definizione 13.4. Il numero intero k nella formula (6.1) si dice il grado dell’appli-cazione f e si denota con deg( f ).

Con una dimostrazione analoga a quella del Teorema 11.15 del Capitolo 11possiamo dimostrare

Page 215: Nacinovich - Geometria differenziale

7. LA FORMULA DI KUNNET 215

Teorema 13.19. Siano M,N due varieta connesse, compatte, orientabili, dellastessa dimensione m ed f ∈ C∞(M,N). Allora il grado di f e la somma algebricadelle segnature di d f (p), per p che varia nella controimmagine f −1(q) di un valoreregolare q ∈ N di f , ed e zero se f non e surgettiva.

Esempio 13.12. Su S 1 = z = eiθ ∈ C | |z| = 1 la forma differenziale

12πdθ = 1

2π idzz

= − 12π i

dzz

definisce l’orientazione ed ha integrale 1.Se f ∈ O(D) ∩ C∞(D) ed f (z) , 0 per z ∈ S 1, la

(6.2) g : S 1 3 z −→f (z)| f (z)|

∈ S 1

e un’applicazione di classe C∞. Per calcolarne l’indice, osserviamo che

(6.3)g∗( 1

2πdθ) = 12π i d log g = 1

2π i(d log f (z) − 1

2 d log f (z) f (z))

= 14π i

( f ′(z)dzf (z)

−f ′(z)dz

f (z)).

Otteniamo allora

(6.4)deg(g) = 1

4π i

∫ 1

S

( f ′(z)dzf (z)

−f ′(z)dz

f (z))

= 12π i

∫ 1

S

f ′(z)dzf (z)

=∑

z∈Dνz( f ),

ove νz( f ) e la molteplicita di zero di f in z.Piu in generale se f ∈M (D)∩C∞(D \ f −1(∞)) e una funzione meromorfa su

D, che si prolunga ad una funzione C∞ in un intorno di S 1, e definiamo g mediantela (6.2), il grado di g e ancora definito dalla (6.4), ove νz( f ) indica l’intero per cuiζ → (ζ − z)ν f (z) f (ζ) e definita, olomorfa e non nulla in un intorno di z in D, e cioeo l’ordine di zero o l’opposto dell’ordine di polo di f in z.

7. La formula di Kunnet

Teorema 13.20 (formula di Kunnet). Siano M ed N due varieta differenziabi-li, di dimensioni m ed n, rispettivamente. Supponiamo che M ammetta un buonricoprimento finito 2. Allora vale la formula di Kunnet3

(7.1)

Hq(M × N) '⊕m

j=0 H j(M) ⊗ Hq− j(N),Hq

c (M × N) '⊕m

j=0 H jc(M) ⊗ Hq− j

c (N),per ogni q ∈ N.

2Il teorema vale anche sotto l’ipotesi meno restrittiva che i gruppi di coomologia di M sianodi dimensione finita. Nel caso in cui ne i gruppi di coomologia di de Rham di M ne tutti quelli diN siano tutti di dimensione finita, la tesi vale ancora, purche i prodotti tensoriali nella formula diKunnet si intendano calcolati nel senso degli spazi vettoriali topologici.

3Otto Hermann Lorenz Kunneth (Neustadt an der Haardt, 6 luglio 1892 – Erlangen, 7 maggio1975) topologo algebrico tedesco.

Page 216: Nacinovich - Geometria differenziale

216 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Dimostrazione. Siano

(7.2) M × NπM

wwwwwwwwwπN

##GGGGGGGGG

M N

le proiezioni del prodotto M×N sui singoli fattori, e siaΩq1(M)⊗Ωq2(N) il prodottotensoriale algebrico di Ωq1(M) ed Ωq2(N). I suoi elementi sono le somme finite

(7.3) f =∑r

j=1π∗M(g j) ∧ π∗N(h j), con g j ∈ Ω

q1(M), h j ∈ Ωq2(N).

Abbiamo inclusioni naturali⊕q1+q2=q

Z q1(M)⊗Z q2(N) → Z q(M × N),⊕q1+q2=q

Bq1(M)⊗Bq2(N) → Bq(M × N),

che definiscono applicazioni

(7.4)⊕

q1+q2=q

Hq1(M)⊗Hq2(N) −→ Hq(M × N).

Fissiamo due aperti U, V di M e poniamo

A1 =⊕

q1+q2=q Hq1(U ∩ V)⊗Hq2(N),A2 =

⊕q1+q2=q(Hq1(U) ⊕ Hq1(V))⊗Hq2(N),

A3 =⊕

q1+q2=q Hq1(U ∪ V)⊗Hq2(N),A4 =

⊕q1+q2=q+1 Hq1(U ∩ V)⊗Hq2(N),

A5 =⊕

q1+q2=q+1(Hq1(U) ⊕ Hq1(V)

)⊗Hq2(N),

B1 = Hq((U ∩ V) × N),B2 = Hq(U × N) ⊕ Hq(V × N),B3 = Hq((U ∪ V) × N),B4 = Hq+1((U ∩ V) × N),B5 = Hq+1(U) ⊕ Hq1(V × N),

Per la successione esatta di Mayer-Vietoris, otteniamo un diagramma commutativoa righe esatte

(∗)

A1f1

−−−−−→ A2f2

−−−−−→ A3f3

−−−−−→ A4f4

−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5,

dove le αi sono definite dalle (7.4), sostituendo ad M le sottovarieta U, V , U ∩ V .Dimostreremo quindi la formula di Kunnet per induzione sul numero di aperti di

Page 217: Nacinovich - Geometria differenziale

8. DUALE DI POINCARE IN UNA SOTTOVARIETA ORIENTATA 217

un buon ricoprimento di M. Infatti, con una dimostrazione analoga a quella delLemma 11.5 del Capitolo 11, si dimostra che

Hq(Rm × N) ' Hq(N), ∀q ∈ N,

e quindi la formula di Kunnet vale quando M = Rm. Supponiamo che essa valgaper ogni varieta M che ammetta un buon ricoprimento con al piu k aperti, perqualche k ≥ 1. Se U0, . . . ,Uk e un buon ricoprimento di una varieta M, checonsiste di k + 1 aperti, consideriamo il diagramma (∗) con U = U0 e V = U1 ∪

· · · ∪ Uk. Allora, per l’ipotesi induttiva, α1, α2, α4, α5 sono isomorfismi. Per illemma dei cinque anche α3 e un isomorfismo.

Con analoga dimostrazione otteniamo

Teorema 13.21 (Leray-Hirsch). Sia Eπ−→ M un fibrato differenziabile, con fibra

tipica F. Supponiamo che M abbia un buon ricoprimento finito e che per ogni in-tero non negativo q vi siano delle classi di coomologia eq

1, . . . , eqνq ∈ Hq(E) tali che

il loro pull-back su ciascuna fibra π−1(x), per x ∈ M, sia una base di Hq(π−1(x)).Allora vale la formula di Kunneth:

(7.5) Hq(E) =⊕

q1+q2=q

Hq1(M) ⊗ Hq2(F).

Esempio 13.13. Sia T n = S 1 × · · · × S 1︸ ︷︷ ︸n volte

il toro n-dimensionale. E T n = T n−1 × S 1.

Allora, per la formula di Kunnet, abbiamo

Hq(T n) = (Hq(T n−1)⊗R)⊕ (Hq−1(T n−1)⊗R) = Hq−1(T n−1)⊕Hq(T n−1), ∀q ≥ 1.

Poiche(n−1

q

)+

(n−1q−1

)=

(nq

), otteniamo per ricorrenza

Hq(T n) = R(nq), ∀q = 0, 1, . . . , n.

8. Duale di Poincare in una sottovarieta orientata

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ed S una sua sottovarietapropria orientata di dimensione k. Associamo ad S il funzionale lineare IS , definitosulle k-forme a supporto compatto da:

(8.1) IS ( f ) =

∫S

f , ∀ f ∈ Ωkc(M).

Per la formula di Stokes, IS ( f ) = 0 se f ∈ Bkc(M). Per passaggio al quoziente,

IS definisce quindi un funzionale lineare su Hkc (M). Supponiamo che M sia orien-

tata ed ammetta un buon ricoprimento finito. Allora vale la dualita di Poincare epotremo dunque identificare IS ad un elemento di Hm−k(M).

Definizione 13.5. Sia M una varieta orientata ed S una sua sottovarieta propriaorientata di dimensione k. Si dice duale di Poincare chiuso di S una qualsiasiforma ηS ∈ Z m−k(M), tale che

(8.2)∫

Mf ∧ ηS =

∫S

f , ∀ f ∈ Z kc (M).

Page 218: Nacinovich - Geometria differenziale

218 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

La classe [ηS ] ∈ Hm−k(M) e l’elemento che definisce IS nella dualita di Poincare.

In modo analogo, se S e una sottovarieta compatta orientata di dimensione kdi M, possiamo associare ad essa un funzionale definito sulle k-forme differenzialicon supporti chiusi in M, mediante

(8.3) IS ( f ) =

∫S

f , ∀ f ∈ Ωk(M).

Poiche IS ( f ) = 0 se f ∈ Bk(M), la IS definisce in questo caso un funzionalelineare su Hk(M). Per la dualita di Poincare potremo trovare un unico elemento diHm−k

c (M) tale che, se ηS ∈ Z m−kc (M) e un suo rappresentante, risulti

(8.4)∫

Mf ∧ ηs =

∫S

f , ∀ f ∈ Z k(M).

Definizione 13.6. Sia M una varieta orientata ed S una sua sottovarieta compattaorientata di dimensione k. Una forma ηS ∈ Z m−k

c (M) per cui valga la (8.4) si diceduale di Poincare compatto di S . La sua classe [ηS ] ∈ Hm−k

c (M) e l’elemento chedefinisce IS nella dualita di Poincare.

Esempio 13.14. Il duale di Poincare chiuso di un punto in Rn e 0, mentre il suoduale di Poincare compatto e una qualsiasi forma a supporto compatto con integrale1 su Rn.

Esempio 13.15. Sia S = (x, 0) | x > 0 ⊂ M = R2 \ 0.Introduciamo su M coordinate polari (r, θ). Il differenziale

dθ = (xdy − ydx)/(x2 + y2)

e ben definito su M.Sia f = a(x, y)dx + b(x, y)dy ∈ Z1

c(M). Scriviamola nella forma

f = φdr + ψdθ, con φ = a cos θ + b sin θ, ψ = −r(a sin θ − b cos θ).

Abbiamo "M

f ∧ dθ =

"φ dr ∧ dθ =

∫ ∞

0dr

∫ 2π

0φ(r, θ)dθ

Integrando per parti abbiamo∫ 2π

0φdθ = 2πφ(r, 0) −

∫ 2π

0θ∂φ

∂θdθ.

Utilizzando le condizioni d’integrabilita e scambiando l’ordine d’integrazione, ot-teniamo che ∫ +∞

0dr

∫ 2π

0θ∂φ

∂θdθ =

∫ 2π

0θdθ

∫ ∞

0

∂ψ

∂rdr = 0.

Quindi "M

f ∧ dθ = 2π∫ ∞

0φ(r, 0)dr = 2π

∫S

f .

Page 219: Nacinovich - Geometria differenziale

9. LA PROPRIETA SEMI-LOCALE 219

Quindi (2π)−1dθ e il duale di Poincare chiuso di S = x > 0, y = 0 in M = R2\0.Osserviamo che, in particolare, se f = adx + bdy ∈ Z 1

c (R2 \ 0, l’integrale∫S θ

f , per S θ = t(cos θ, sin θ) | t > 0

non dipende dalla scelta dell’angolo θ.

Esempio 13.16. Sia M = R2 \ 0. Il duale di Poincare di S 1 e la classe di χ(r)drper una qualsiasi funzione χ ∈ C∞c (R), con supp χ ⊂ r > 0 ed

∫Rχdr = 1.

9. La proprieta semi-locale

In questo paragrafo studiamo la coomologia di de Rham su varieta differenzia-bili che possono non avere un buon ricoprimento finito. Dimostriamo innanzi tuttoil seguente

Lemma 13.22. Sia M una varieta differenziabile connessa ed orientabile, che am-mette un buon ricoprimento finito. Sia q un intero con 1 ≤ q ≤ n ed η1, . . . , ηk ∈

Z m−q+1c (M) forme chiuse a supporto compatto tali che [η1], . . . , [ηk] sia una base

di Hm−q+1c (M).Se α ∈ Bq(M), allora esiste una soluzione β ∈ Ωq−1 di

(9.1) dβ = α,

∫Mβ ∧ ηi = 0, ∀1 ≤ i ≤ k.

Se β1, β2 ∈ Ωq−1 sono soluzioni di (9.1), allora β1 − β2 ∈ Bq−2(M).

Dimostrazione. Sia β0 ∈ Ωq−1 una soluzione di dβ0 = α in M. Per la dualita

di Poincare, esiste una β1 ∈ Z q−1(M) tale che∫Mβ1 ∧ ηi =

∫Mβ0 ∧ ηi, per 1 ≤ i ≤ k.

Allora β = β0 − β1 soddisfa la (9.1).Se β1, β2 soddisfano la (9.1), allora β1 − β2 ∈ Z q−1(M) soddisfa∫

M(β1 − β2) ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q+1

c (M).

Infatti, η ∈ Z m−q+1c (M) si puo scrivere in modo unico nella forma η = dθ+

∑ki=1ciηi

con θ ∈ Ωm−qc (M) e c1, . . . , ck ∈ R. Abbiamo percio∫M

(β1 − β2) ∧ η =

∫M

(β1 − β2) ∧ dθ +∑k

i=1c1

∫M

(β1 − β2) ∧ ηi

= (−1)q−1∫

Md((β1 − β2) ∧ θ

)= 0

per la formula di Stokes. Quindi, per il Corollario 13.14, β1−β2 ∈ Bq(M).

La coomologia di de Rham gode della proprieta semi-locale, che e descrittadalla seguente

Page 220: Nacinovich - Geometria differenziale

220 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Proposizione 13.23. Sia M una varieta differenziabile connessa, orientabile e nu-merabile all’infinito. Sia q un intero ≥ 0 e supponiamo che Hm−q+1

c (M) abbiadimensione finita.

Per α ∈ Z q(M) sono equivalenti:

(1) α ∈ Bq(M),

(2)∫

Mα ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q

c (M),

(3) ∀Uaperto b M, α|U ∈ Bq(U).

Dimostrazione. Per q = 0, una α ∈ Z 0(M) e una funzione costante su M e lecondizioni (1), (2), (3) equivalgono al fatto che α = 0.

Osserviamo che chiaramente (1) ⇒ (3) ⇒ (2). Bastera quindi dimostrarel’implicazione (3)⇒ (1) per 1 ≤ q ≤ n.

Fissiamo un buon ricoprimento numerabile e localmente finito Uνν≥0 di M,formato da aperti relativamente compatti. Costruiamo una successione crescen-te di aperti Vνν≥0, con Vν b Vν+1 ed M =

⋃νVν, ciascuno dotato di un buon

ricoprimento finito. A questo scopo possiamo definire per ricorrenza:V0 = U0,

Vν+1 =⋃Uµ | Uµ ∩ Vν , ∅.

Il gruppo Hm−q+1c (M) e unione delle immagini delle applicazioni

Hm−q+1c (Vν)→ Hm−q+1

c (M)

definite dalle inclusioni Vν → M. Quindi Hm−q+1c (M) ha una base al piu nume-

rabile. Costruiamo una successione ηhh≥1 ⊂ Z m−q+1c (M) ed una successione di

aperti Wν di M con le proprieta

(1) ([ηh]) e una base di Hm−q+1c (M).

(2) Wν b Wν+1 ed M =⋃νWν.

(3) Ogni Wν ammette un buon ricoprimento finito.(4) Esiste una successione crescente hν di interi positivi tali che supp ηh ⊂ Wν

per h ≤ hν e l’immagine di Hn−q+1(Wν) → Hn−q+1(Wν+1) sia generatadalle classi di η1, . . . , ηhν in Hn−q+1(Wν+1).

Ragioniamo per ricorrenza. Possiamo fissare W0 = V0. Per il Teorema 13.15,Hm−q+1(W0) ha dimensione finita. Possiamo quindi scegliere η1, . . . , ηh0 ∈ Z m−q+1

c (W0)in modo tale che le loro classi di coomologia in Hm−q+1(M) generino l’immaginedi Hm−q+1(W0)→ Hm−q+1(M).

Completiamo [η1]0, . . . , [ηh0]0 ∈ Hm−q+1c (W0) ad una base di Hm−q+1(W0), ag-

giungendo classi [θ1]0, . . . , [θk]0 ∈ Hm−q+1(W0), con θ1, . . . , θk ∈ Z m−q+10 (W0). Per

ogni j = 1, . . . , k potremo allora trovare c1, . . . , ch0 ∈ R e ζ j ∈ Ωm−qc (M) tali che

θ j = dζ j +∑h0

h=1chηh, per j = 1, . . . , k.

Page 221: Nacinovich - Geometria differenziale

9. LA PROPRIETA SEMI-LOCALE 221

Scegliamo allora W1 = Vµ1 , per un intero positivo µ1 tale che

W0 ∪⋃k

j=1supp ζ j ⊂ Vµ1 .

Ripetendo questa costruzione otteniamo le successioni [ηh] e Wν desiderate.Costruiamo ora, per ricorrenza, una successione βν, con(1) βν ∈ Ωq−1(Wν), dβν = α,

∫Wνβν ∧ η j = 0 per 1 ≤ j ≤ hν,

(2) βν+1|Wν−2 = βν|Wν−2 se ν ≥ 2.Per il Lemma 13.22 possiamo trovare β0 e β1 che soddisfino (1). Supponiamo diaver costruito β0, . . . , βν, con ν ≥ 1, che soddisifino (1) e (2). Sia γ ∈ Ωq−1(Wν+1)una soluzione di

dγ = α in Wν+1,

∫Wν+1

γ ∧ η j = 0 se j ≤ hν+1.

Dico che βν+1 − βν soddisfa∫Wν−1

(γ − βν) ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−q+1c (Wν−1).

Infatti questa equazione e equivalente a∫Wν−1

(γ − βν) ∧ η j = 0, ∀ j ≤ hν−1.

Possiamo quindi trovare ζ ∈ Ωq−2(Wν−1) tale che dζ = γ − βν. Con ζ ∈ Ωq−2(M)con ζ |Wν−2 = ζ |Wν−2 , poniamo allora βν+1 = γ − dζ.

Definiamo infine β ∈ Ωq−1(M) mediante

β|Wν = βν+2|Wν per ν = 0, 1, 2, . . . .

Abbiamo dβ = α ∈ Bq(M). Cio completa la dimostrazione.Il caso q = 1 si puo trattare in modo piu semplice. Ricordiamo che abbiamo

supposto che M sia connessa. Fissiamo una successione di aperti connessi Uνν≥0con Uν b Uν+1 per ogni ν ed M =

⋃νUν.

Sia α ∈ Z q(M) e supponiamo che, per ogni ν, vi siaβν ∈ Ω

q−1(Uν) con dβν = α|Uν . Dico che e possibile trovare un’altra successio-ne γν ∈ Ωq−1(Uν) tale che (poniamo Uν = ∅ se ν < 0)

(9.2) dγν = α|Uν , γν|Uν−1 = γν−1.

Ragioniamo per i diversi interi q ≥ 0.Se q = 0, le ipotesi di dicono che α = 0 e quindi la condizione e banalmente

soddisfatta con γν = 0 per ogni ν.Se q = 1, scegliamo v0 = u0 e supponiamo di aver scelto, per qualche µ ≥ 0,

v0, . . . , vµ in modo tale che (9.2) sia soddisfatta se ν ≤ µ. Poiche

d(γµ − βµ+1) = α − α = 0 su Uµ =⇒ ∃cµ ∈ R tale che uµ+1 = vµ + cµ,

bastera allora scegliere vµ+1 = uµ+1 − cµ perche la (9.2) sia soddisfatta anche perν ≤ µ + 1.

Page 222: Nacinovich - Geometria differenziale

222 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Sia ora q > 1. Dico che possiamo costruire per ricorrenza una successioneγν ∈ Ω

q−1(M)ν≥0 con le proprieta

(9.3) dγν = α su Uν+1, γν|Uν−2 = γν−1|Uν−2 .

Sia infatti γ0 ∈ Ωq−1(M) una (q−1)-forma su M uguale ad β2 su U1. In particolare,

dγ0 = α su U1. Supponiamo poi di aver costruito, per qualche µ ≥ 0, γ0, . . . , γµ ∈

Ωq−1(M) che soddisfino (9.3). Allora w = γµ − βµ+2 soddisfa dw = 0 su Uµ+1.

Come conseguenza di questo teorema, abbiamo

Teorema 13.24. Se M e una varieta compatta orientabile, allora

(9.4) Hq(M) ' (Hm−qc (M))∗.

Dimostrazione. Abbiamo osservato, nella dimostrazione del teorema prece-dente, che Hm−q

c (M) ammette una base numerabile. Ripetendo la costruzione nelladimostrazione del lemma precedente, otteniamo una successione Wν di aperti diM ed una successione ηh ⊂ Z m−q

c (M) con le proprieta:(1) ogni Wν ammette un buon ricoprimento finito,(2) Wν b Wν+1,

⋃Wν = M,

(3) per una successione non decrescente hν abbiamo supp ηh ⊂ Wν per h ≤hν e l’immagine di Hm−q

c (Wν) → Hm−qc (Wν+1) e generata dalle classi di

ηh per h ≤ hν.Sia ch una successione di numeri reali. Dico che e possibile determinare una

successione αν ∈ Z (Wν) tale che∫Wν

αν ∧ ηh = ch, per h ≤ hν, αν+1|Wν−2 = αν|Wν−2 per ν ≥ 2.

Poiche i Wν ammettono un buon ricoprimento finito, per la dualita di Poincarepossiamo trovare βν ∈ Z (Wν) tali che∫

βν ∧ ηh = ch, per h ≤ hν.

Possiamo quindi scegliere α0 = β0, α1 = β1. Supponiamo di aver costruitoα0, . . . , αν, per qualche ν ≥ 1, in modo che sia soddisfatta la

αµ|Wµ−2 = αµ+1|Wµ−2 , se 2 ≤ µ ≤ ν.

Abbiamo allora ∫Wν−1

(βν+1 − αν) ∧ ηh = 0, per h ≤ hν.

Questo implica che∫Wν−1

(βν+1 − αν) ∧ η = 0, ∀η ∈ Z m−qc (Wν−1)

e quindi esiste una φ ∈ Ωq−1(Wν−1) tale che βν+1|Wν−1 − αν|Wν−1 = dφ. Se ψ ∈Ωq−1(Wν+1) e uguale a φ su Wν−2, possiamo definire αν+1 = βν+1 − dψ. Otteniamoquindi per ricorrenza la successione delle βν e potremo allora definire β ∈ Z q(M)ponendo β|Wν = βν+2|Wν per ogni ν ≥ 0. La classe di coomologia definita da β

Page 223: Nacinovich - Geometria differenziale

11. INTEGRAZIONE SULLA FIBRA 223

e l’elemento del duale di Hm−qc (M) che vale ch sull’elemento [ηh] della base di

Hm−qc (M). Cio completa la dimostrazione.

10. Coomologia a supporti compatti nelle fibre

Definizione 13.7. Sia ξ = (Eπ−−→ M) un fibrato vettoriale. Una forma α ∈ Ωq(E)

ha supporto compatto nella direzione verticale se

∀Kcompatto ⊂ M, suppα ∩ π−1(K) e compatto in E.

Indichiamo con Ωqcv(E) lo spazio vettoriale delle q-forme su E che hanno supporto

compatto nella direzione verticale.

Poiche il differenziale non accresce i supporti, abbiamo il complesso di de Rhamper le forme con supporto compatto nella direzione verticale:

(10.1)0→ Ω0

cv(E)d

−−−−−→ Ω1cv(E)

d−−−−−→ Ω2

cv(E)→ · · ·

· · · → Ωq−1cv (E)

d−−−−−→ Ω

qcv(E)

d−−−−−→ Ω

q+1cv (E)→ · · ·

Porremo

Z qcv(E) = α ∈ Ω

qcv(E) | dα = 0,(10.2)

Bqcv(E) = dα | α ∈ Ωq−1

cv (E),(10.3)

Hqcv(E) = Z q

cv(E)/Bqcv(E).(10.4)

11. Integrazione sulla fibra

Sia M una varieta differenziabile ed (M × Rk πM−−−→ M) il fibrato vettoriale

banale di rango k su M.Siano t1, . . . , tk le coordinate cartesiane di t ∈ Rk. Una forma α ∈ Ωq(M × Rk)

si puo scrivere in modo unico come

α =∑k

h=0

∑1≤ j1<···< jh≤k

α(q− j)j1,..., jh

∧dt j1∧dt jh , con α(q− j)j1,..., jh

∈ Γ(M×Rk,Λq−1T ∗M).

Ad α ∈ Ωqcv(M × Rk) associamo una forma πM∗α ∈ Ω

q−k(M) ponendo

(11.1)

πM∗α =

∫Rkα

q−k1,2,...,k(x, t)dt1 ∧ · · · ∧ dtk se q ≥ k,

πM∗α = 0 se q < k.

Sia ora ξ = (Eπ−→ M) un fibrato vettoriale di rango k orientato. L’orientazione

di ξ e definita da un atlante di trivializzazione U = (Ui, φi) | i ∈ I, con funzioni ditransizione gi, j ∈ C∞(Ui ∩ U j,GL+(k,R)), ove abbiamo indicato con GL+(k,R))il gruppo delle matrici k×k con determinante positivo.

Sia α ∈ Ωqcv(E). Per ogni i, la trivializzazione locale φi : Ui×R

k → E|Ui ⊂ E cipermette di definire una forma φ∗i α ∈ Ω

qcv(Ui×R

k). Fissata una partizione dell’unita

Page 224: Nacinovich - Geometria differenziale

224 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

χi subordinata al ricoprimento Ui, definiamo4

(11.2)

π∗α =∑

i∈I χiπUi∗φ∗i α se q ≥ k,

π∗α = 0 se q < k.

Per le formule del cambiamento di variabili negli integrali multipli abbiamo:

Lemma 13.25. Il valore di π∗α in (11.2) non dipende dalla scelta della partizionedell’unita χi e non varia se si sostituisce ad U un altro atlante di trivializzazioneequiorientato.

Abbiamo percio

Teorema 13.26 (integrazione sulla fibra). Sia ξ = (Eπ−→ M) un fibrato vettoriale

orientato. Allora risulta definita un’unica applicazione lineare

(11.3) π∗ : Ωqcv(E) −→ Ωq−k(M)

tale che, se φ : U ×Rk → E|U ⊂ E e una trivializzazione di ξ su un aperto U di M,allora

(11.4) π∗α|U = (πU)∗(φ∗α), ∀α ∈ Ωcv(E).

Proposizione 13.27. L’integrazione sulla fibra commuta con il differenziale ester-no.

Dimostrazione. Ci possiamo ridurre, per partizione dell’unita, al caso di unfibrato vettoriale banale, per cui la verifica e immediata.

Poiche l’integrazione sulla fibra commuta con il differenziale esterno, essadefinisce, per passaggio al quoziente, un’applicazione in coomologia.

Teorema 13.28 (isomorfismo di Thom). Sia ξ = (Eπ−→ M) un fibrato vettoriale

orientabile di rango k. Allora l’applicazione

(11.5) [π∗] : Hq+kcv (E) −→ Hq(M),

che si ottiene dall’integrazione sulla fibra per passaggio al quoziente, e un isomor-fismo di gruppi per ogni q ∈ Z.

Dimostrazione. Siano U,V due aperti di M. Utilizzando la partizione dell’u-nita, otteniamo per ogni q una successione esatta

0→ Ωqcv(E|U∪V ) −−−−−→ Ω

qcv(E|U) ⊕ Ωq

cv(E|V ) −−−−−→ Ωqcv(E|U∩V )→ 0,

che definisce una successione esatta corta di complessi differenziali.Otteniamo percio un diagramma commutativo

(∗)

A1f1

−−−−−→ A2f2

−−−−−→ A3f3

−−−−−→ A4f4

−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5,

4Al solito, se β ∈ Ωq(Ui) indichiamo con χiβ ∈ Ωq(M) la forma uguale a χiβ su Ui e nulla fuori

da Ui.

Page 225: Nacinovich - Geometria differenziale

12. DUALITA DI POINCARE E CLASSE DI THOM 225

con

A1 = Hq+k−1cv (E|U) ⊕ Hq+k−1

cv (E|V ),A2 = Hq+k−1

cv (E|U∩V ),A3 = Hq+k

cv (E|U∪V ),A4 = Hq+k

cv (E|U) ⊕ Hq+kcv (E|V ),

A5 = Hq+kcv (E|U∩V ),

,

B1 = Hq−1(U) ⊕ Hq−1(V),B2 = Hq−1(U ∩ V)),B3 = Hq(U ∪ V),B4 = Hq(U) ⊕ Hq(V),B5 = Hq(U ∩ V),

in cui le righe sono esatte perche parte di successioni esatte di Mayer-Vietoris, e leαi sono definite mediante l’integrazione sulla fibra. A questo punto osserviamo cheil teorema di isomorfismo di Thom vale senz’altro nel caso di fibrati banali. Se Mammette un atlante di trivializzazione finito, possiamo ragionare per induzione sulnumero degli aperti di un atlante di trivializzazione ed applicare quindi il lemma deicinque alla (∗). Nel caso generale, dovremo ricorrere al Lemma di Zorn. Fissiamoun atlante orientato di trivializzazione A = (Ui, φi) | i ∈ I ed indichiamo con Jla famiglia dei sottoinsiemi J di I con la proprieta:

Per ogni aperto Ω di M e per ogni intero q, l’applicazione

Hq+kcv (E|Ω∩⋃i∈JUi)→ Hq(Ω ∩

⋃i∈J

Ui)

e un isomorfismo.Per quanto osservato in precedenza, J contiene tutti i sottoinsiemi finiti di I e

quindi non e vuota. Per il Lemma di Zorn contiene allora un elemento massimaleJ0. Se fosse J0 , I, potremmo applicare il Lemma dei cinque alla (∗) ottenuta conU =

⋃i∈J0Ui e V = Ui0 per un i0 < J0: otteniamo allora che J0 ∪ i0 ∈ J , e

dunque una contraddizione; quindi J0 = I. La dimostrazione e completa.

Definizione 13.8. Sia ξ = (Eπ−→ M) un fibrato vettoriale orientato di rango k.

L’immagine inversa della classe di 1 in H0(M) mediante l’isomorfismo (11.5) euna classe di coomologia Φ ∈ Hk

cv(E), che si dice la classe di Thom del fibratoorientato E

π−→ M.

Osserviamo che la classe di Thom si restringe, su ogni singola fibra Ex, ad ungeneratore di Hk

c (Ex), e che, viceversa, questa proprieta caratterizza la classe diThom del fibrato. Abbiamo quindi, in particolare:

Proposizione 13.29. Siano ξi = (Eiπi−→ M), per i = 1, 2, due fibrati vettoriali

orientati sulla stessa base M, di ranghi k1, k2, rispettivamente. Se Φi e la classe diThom del fibrato ξi, allora Φ1∧Φ2 e la classe di Thom del fibrato E1⊕M E2

π1,2−−−→ M.

12. Dualita di Poincare e classe di Thom

Sia S una sottovarieta propria di una varieta differenziabile M e τ = (Uπ−−→ S )

un suo intorno tubolare. Ricordiamo che τ e un fibrato vettoriale con base S il cuispazio totale e un intorno aperto di S in M.

Supponiamo che τ sia orientato. Ricordiamo che, se S ed M sono orientate,risulta definita in modo naturale un’orientazione sulle fibre dell’intorno tubolare.

Page 226: Nacinovich - Geometria differenziale

226 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Applichiamo al fibrato normale τ l’isomorfismo di Thom. Siano ΦS ∈ Hkcv(U)

la classe di Thom di τ e ι : U → M l’inclusione. Otteniamo una successione diapplicazioni

Hq(S )∧ΦS−−−−−→'

Hq+kcv (U)

ι∗−−−−−→ Hq+k(M).

Abbiamo:

Proposizione 13.30. L’immagine ι∗(ΦS ) della classe di Thom del fibrato normalein Hk(M) e il duale di Poincare della varieta orientata S .

Dimostrazione. Sia α ∈ Ωkc(M) una k-forma con supporto compatto in M.

Siano : S → U l’inclusione di S nel suo intorno tubolare U e π : U → S laproiezione sulla base. Poiche π e sono inverse omotopiche l’una dell’altra, α|U eπ∗ ∗α|U differiscono per una forma esatta:

(∗) α|U − π∗ ∗α|U = dβ, con β ∈ Ωk−1(U).

Abbiamo allora∫Mα ∧ ι∗ΦS =

∫Uα ∧ ι∗ΦS (perche ι∗ΦS ha supporto in U)

=

∫U

(π∗ ∗α + dβ) ∧ ι∗ΦS (per la (∗))

=

∫Uπ∗ ∗α ∧ ι∗ΦS (per la formula di Stokes)

=

∫S∗α =

∫Sα,

per la definizione della classe di Thom del fibrato.

Se viceversa ξ = (Eπ−→ M) e un fibrato vettoriale orientato su una varieta orien-

tata M, allora possiamo immergere M in E come la sezione nulla ed identificare Eal fibrato normale di M in E. Abbiamo dunque:

Proposizione 13.31. Il duale di Poincare di una sottovarieta chiusa orientata diuna varieta orientata M e la classe di Thom del fibrato normale di S in M sipossono rappresentare mediante la stessa forma.

La classe di Thom di un fibrato vettoriale orientato ξ = (Eπ−→ M) e il duale di

Poincare della sua sezione nulla possono essere rappresentati dalla stessa forma.Il duale di Poincare di una sottovarieta chiusa orientata di S si puo rap-

presentare con una forma che ha supporto in un qualsiasi intorno tubolare di Sin M.

13. Due proprieta fondamentali della dualita di Poincare

Ricordiamo che due sottovarieta R ed S di una varieta differenziabile M siintersecano trasversalmente se

(13.1) TxR + TxS = TxM, ∀x ∈ R ∩ S .

Page 227: Nacinovich - Geometria differenziale

14. IL COMPLESSO DI DERHAM TWISTATO 227

Se le due varieta R ed S si intersecano trasversalmente, allora

(13.2) codim (R ∩ S ) = codim R + codim S .

In particolare, il fibrato normale νMR ∩ S della loro intersezione e

(13.3) νM(R ∩ S ) = νMR|R∩S ⊕R∩S νMS |R∩S .

Supponiamo ora che sia M che R ed S siano orientate. Abbiamo allora la relazionetra le classi di Thom:

(13.4) ΦR∩S = ΦR ∧ ΦS .

Quindi nella dualita di Poincare l’intersezione trasversale di sottovarieta orientatecorrisponde al prodotto esterno di forme.

Ricordiamo che, piu in generale, un’applicazione f ∈ C∞(M,N) si dice tra-sversale a una sottovarieta S di N se

(13.5) f∗(TxM) + T f (x)S = T f (x)N, ∀x ∈ f −1(S ).

Supponiamo ora che M ed N siano orientate e che f ∈ C∞(M,N) preservil’orientazione. Sia S una sottovarieta orientata di N, trasversale ad f . Se τ =

(Uπ−−→ S ) e un intorno tubolare sufficientemente piccolo di S in N, allora f −1(U)

e lo spazio totale di un intorno tubolare τ′ = ( f −1(U)π′

−−→ f −1(S )) di f −1(S ) in M.Dal diagramma commutativo

Hq(S )∧ΦS−−−−−→ Hq+k

cv (U)ι∗

−−−−−→ Hq+k(N)

f ∗y f ∗

y f ∗y

Hq( f −1(S ))∧ΦS−−−−−→ Hq+k

cv ( f −1(U))ι∗

−−−−−→ Hq+k(M)

otteniamo che, se ηS e duale di Poincare di S in N, allora f ∗ηS = η f −1(S ), cioenella dualita di Poincare le applicazioni indotte in coomologia corrispondono alleimmagini inverse dei corrispondenti oggetti geometrici.

Per il Teorema di trasversalita in omotopia, questa uguaglianza vale anchesenza l’ipotesi di trasversalita dell’applicazione f .

14. Il complesso di deRham twistato

14.1. Fibrato d’orientazione e fibrati vettoriali piatti. Sia M una varietadifferenziabile ed A = (Ui, xi) il suo atlante massimale.

Definiamo un fibrato in rette oM = (Lπ−−→ M) su M richiedendo che gli Ui

siano gli aperti di un atlante di trivializzazione di oM e le funzioni di transizionesiano

(14.1) gi, j(p) = sgn(

det(∂xi/∂x j)), p ∈ Ui ∩ U j.

Definizione 13.9. Il fibrato oM si dice il fibrato d’orientazione della varieta M.

Page 228: Nacinovich - Geometria differenziale

228 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Indicheremo con φU,x : U × R → LU la trivializzazione locare corripondentealla carta locale (U, x) di M. Se (U, y) e un’altra carta locale sullo stesso aperto Udi M, abbiamo il diagramma commutativo

U × Rid×(sgn(∂x/∂y) · ) //

φU,x ##HHHHHHHHH U × R

φU,yvvvvvvvvv

L|U .

Lemma 13.32. Il fibrato d’orientazione oM della varieta M e banale se e soltantose la varieta M e orientabile.

Il fibrato di orientazione e un esempio di fibrato vettoriale piatto:

Definizione 13.10. Sia ξ un fibrato vettoriale di rango k. Un atlante di trivializza-zione piatto di ξ e un atlante di trivializzazione (Ui, φi) di ξ in cui le funzioni ditransizione gi, j ∈ C∞(Ui ∩ U j,GL(k,R)) siano localmente costanti.

Due atlanti di trivializzazione piatti di ξ sono equivalenti se la loro unione eancora un atlante di trivializzazione piatto di ξ.

Una classe di equivalenza di atlanti di trivializzazione piatti di ξ si dice unastruttura di piattezza di ξ.

Un fibrato vettoriale piatto e un fibrato vettoriale con una struttura di piattezzaassegnata.

Osservazione 13.33. I fibrati vettoriali banali ammettono una struttura di piattezza,ma non tutti i fibrati vettoriali ammettono una struttura di piattezza. Ad esempio,il fibrato tangente ad una sfera di dimensione n ≥ 2 non ammette una struttura dipiattezza.

14.2. Forme differenziali a coefficienti in un fibrato vettoriale. Sia M unavarieta differenziabile e sia ξ = (E

π−−→ M) un fibrato differenziabile con base M.

Definizione 13.11. Una q-forma differenziale su M a coefficienti in E e un’appli-cazione

(14.2) α : (X(M))q −→ Γ(M, E)

tale che, per X1, . . . , Xq ∈ X(M) risulti:

α(X1, . . . , Xq) = 0 se ∃1 ≤ i < j ≤ q tale che Xi = Xq,(14.3)

α( f X1, . . . , Xq) = fα(X1, . . . , Xq), ∀ f ∈ C∞(M).(14.4)

Indichiamo con Ωq(M, E) lo spazio delle q-forme differenziali a coefficientiin E e con Ωq

c(M, E) il sottospazio delle q-forme differenziali a coefficienti in E eda supporto compatto in M.

Per ogni coppia di interi non negativi q1, q2 possiamo definire un prodotto

(14.5) Ωq1(M) × Ωq2(M, E) 3 (α, β) −→ α? β ∈ Ωq1+q2(M, E)

Page 229: Nacinovich - Geometria differenziale

14. IL COMPLESSO DI DERHAM TWISTATO 229

mediante

(α? β)(X1, . . . , Xq1+q2) =∑

σ∈Sq1+q2 ,

1≤σ1<···<σq1≤q1+q2,

1≤σq1+1<···<σq1+q2≤q1+q2

ε(σ)α(Xσ1 , . . . , Xσq1)β(Xσq1+1 , . . . , Xσq1+q2

)

Scriveremo ancheβ? α = (−1)q1q2α? β

ed

s ⊗ α = s ? α ∈ Ωq(M, E), se s ∈ Γ(M, E) = Ω0(M, E), α ∈ Ωq(M).

14.3. Integrazione di densita.

Definizione 13.12. Una densita sulla varieta differenziale M di dimensione m e unam-forma differenziale a coefficienti nel suo fibrato d’orientazione oM = (L

π−−→ M).

Ad ogni carta locale (U, x) in M possiamo associare la sezione sU,x ∈ Γ(U, L)definita dal diagramma commutativo

Uid×1

||xxxxxxxxxsU,x

AAAAAAAA

U × Rφ(U,x)

// LU

Se ω ∈ Ωmc (U), definiamo

(14.6)∫

MsU,x ⊗ ω =

∫x(U)

x∗ω.

Osserviamo che, se y sono diverse coordinate sullo stesso aperto U di M, allorasU,x ⊗ ω = sgn(∂y/∂x)sU,y ⊗ ω ed abbiamo∫

x(U)x∗ω =

∫y(U)

sgn(∂y/∂x) y∗ω

per le formule di cambiamento di variabili negli integrali multipli.Utilizzando la partizione dell’unita ricaviamo allora

Teorema 13.34. Esiste un’unica applicazione lineare

(14.7) Ωm(M, L) 3 α −→∫

Mα ∈ R

che coincide con la (14.6) sugli elementi della forma α = sU,x ⊗ ω per (U, x) cartacoordinata in M ed ω ∈ Ωm

c (U).

Utilizzando la partizione dell’unita si dimostra facilmente che vale la formuladi Stokes per le densita:

Teorema 13.35 (Formula di Stokes). Sia M una varieta differenziabile di dimen-sione m. Allora

(14.8)∫

Mdα = 0, ∀α ∈ Ωm−1

c (M).

Page 230: Nacinovich - Geometria differenziale

230 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

Sia S una sottovarieta propria di M, di dimensione k. Un’orientazione del fibra-

to normale νMS definisce un isomorfismo del fibrato d’orientazione oS = (LSS−→)

di S con il pullback su S del fibrato d’orientazione oM di M. Questo si puo definirenel modo seguente. Sia τS = (U

πS−−−→ S ) un intorno tubolare di S in M. Per ogni

carta coordinata (W, y) in S possiamo trovare una carta coordinata (V, x) in M taleche

V ∩ S = W, xi|W = yi, per 1 ≤ i ≤ k, dxk+1 ∧ · · · ∧ dxm > 0

su π−1S (p) ∩ V, ∀p ∈ W.

Qui dxk+1 ∧ · · · ∧ dxm > 0 significa che xk+1, . . . , xm sono coordinate orientatepositivamente sulle fibre dell’intorno tubolare. L’isomorfismo e dato allora daldiagramma commutativo

LS |W oo∼ // L|W

W × R.φW,y

ddIIIIIIIII φV,x

::vvvvvvvvv

Quindi, se S e una sottovarieta propria di dimensione k di M con fibrato normaleorientato ed α ∈ Ωk

c(M, L), allora α|S ∈ Ωkc(S , LS ) e possiamo quindi calcolare

l’integrale ∫Sα =

∫Sα|S .

Osserviamo che viceversa, se α ∈ Ωkc(S , LS ) e ΦS e la classe di Thom di S con

supporto nell’intorno tubolare U, allora (π∗Sα) ? ΦS ∈ Ωmc (M) e

(14.9)∫

Sα =

∫M

(π∗Sα) ? ΦS .

14.4. Il complesso di deRham per forme a coefficienti in un fibrato vetto-riale piatto. In generale, non e possibile estendere la definizione del differenzialeesterno alle forme a coefficienti in un fibrato vettoriale. Per scrivere la formula(2.6) del Capitolo 12 occorre infatti che sia definita una nozione di derivazione perle sezioni del fibrato. A questo fine introdurremo nel seguito la derivazione co-variante, ma, come vedremo, la differenziazione covariante non ci permettera, ingenerale, di definire un complesso.

Nel caso di un fibrato vettoriale piatto, c’e pero una differenziazione natura-le delle sezioni e possiamo quindi definire il differenziale mediante la (2.6) delCapitolo 12.

Abbiamo in particolare, associati al fibrato d’orientazione oM = (Lπ−−→ M), i

complessi

(14.10)0 −−−−−→ Ω0(M, L)

d−−−−−→ Ω1(M, L)

d−−−−−→ Ω2(M, L)

−−−−−→ · · · −−−−−→ Ωm−1(M, L)d

−−−−−→ Ωm(M, L) −−−−−→ 0.

Page 231: Nacinovich - Geometria differenziale

14. IL COMPLESSO DI DERHAM TWISTATO 231

(14.11)0 −−−−−→ Ω0

c(M, L)d

−−−−−→ Ω1c(M, L)

d−−−−−→ Ω2

c(M, L)

−−−−−→ · · · −−−−−→ Ωm−1c (M, L)

d−−−−−→ Ωm

c (M, L) −−−−−→ 0.

Definizione 13.13. I complessi (14.10) e (14.11) si dicono, rispettivamente, ilcomplesso di de Rham twistato e il complesso di de Rham twistato a supporticompatti.

Indichiamo con Hq(M, L) ed Hqc (M, L) i loro rispettivi gruppi di coomologia.

14.5. Dualita di Poincare. Sia M una varieta ed i complessi di de Rham twi-stati sono isomorfi ai rispettivi complessi di de Rham definiti in precedenza nelcaso in cui M sia una varieta orientabile, e ne differiscono nel caso in cui M nonsia orientabile.

Dalla formula di Stokes ricaviamo

Teorema 13.36. (1) L’applicazione

(14.12) Ωq(M) × Ωm−qc (M, L) 3 (α, β) −→

∫Mα? β ∈ R

definisce, per passaggio al quoziente, un’applicazione bilineare

(14.13) Hq(M) × Hm−qc (M, L) −→ R.

(2) L’applicazione

(14.14) Ωqc(M) × Ωm−q(M, L) 3 (α, β) −→

∫Mα? β ∈ R

definisce, per passaggio al quoziente, un’applicazione bilineare

(14.15) Hqc (M) × Hm−q(M, L) −→ R.

Ripetendo la dimostrazione fatta nel caso delle varieta orientabili e della coo-mologia di deRham, otteniamo

Teorema 13.37 (dualita di Poincare). Se M e una varieta non orientabile con unbuon ricoprimento finito, abbiamo gli isomorfismi

(14.16) Hq(M) ' (Hm−qc (M, L))∗, Hq(M, L) ' (Hm−q

c (M))∗.

Osservazione 13.38. Sia S una sottovarieta propria di dimensione k di M.

(1) Ad un’orientazione di S corrisponde una classe [ηS ] in Hk(M, L), conηS ∈ Z k(M, L) e∫

Sα =

∫Mα? ηS , ∀α ∈ Z k(M).

(2) Ad un’orientazione del fibrato normale di S corrisponde una classe [ηS ]in Hk(M), con ηS ∈ Z k(M) e∫

Sα =

∫Mα? ηS , ∀α ∈ Z k(M, L).

Page 232: Nacinovich - Geometria differenziale

232 13. LA COOMOLOGIA DI DE RHAM SULLE VARIETA

14.6. Rivestimento a due fogli di una varieta non orientabile. Sia M unavarieta differenziabile ed oM = (L

π−−→ M) il suo fibrato d’orientazione. Indichiamo

con L0 la sezione nulla di oM e definiamo

(14.17) M = (L \ L0)/ ∼, ove t ∼ t′ ⇔ t′ = k · t, con k > 0.

La proiezione nella base definisce un’applicazione $ : M → M, che rende com-mutativo il diagramma

L \ L0

π##GGGGGGGG

// M

$~~||||||||

M.

La $ : M → M e un rivestimento a due fogli ed e e possibile definire in modounico una struttura di varieta differenziabile su M, per cui $ sia un diffeomorfismolocale. Vale il seguente

Lemma 13.39. Se M e connessa, allora M e connessa se e soltanto se la M non eorientabile.

L’applicazione

(14.18) $∗ : Hq(M) −→ Hq(M)

e iniettiva per ogni q ≥ 0.

Esempio 13.17. La bottiglia di Klein si puo definire come il quoziente M delquadrato Q = 0 ≤ x, y ≤ 1 ⊂ R2 rispetto alla relazione d’equivalenza:

(14.19) (0, y) ∼ (1, y) per 0 ≤ y ≤ 1, e (x, 0) ∼ (1x, 1) per 0 ≤ x ≤ 1.

La M e una varieta differenziabile compatta di dimensione 2 non orientabile. Siaπ : Q→ M la proiezione nel quoziente. Siano A = π(Q) e B = π(Q\( 1

2 ,12 ). Allora

A e omotopicamente equivalente ad un disco, B al bouquet di due circonferenze edA ∩ B ad una circonferenza. La successione esatta di Mayer-Vietoris ci da allora:

0 −−−−−→ H1(M) −−−−−→ H1(B) −−−−−→ R −−−−−→ H2(M) = 0.

Poiche H1(B) = R2, otteniamo che H1(M) = R. Per la dualita di Poincare

Hq(M, L) =

R se q = 1, 2,0 altrimenti.

Osserviamo che il rivestimento doppio della bottiglia di Klein e il toro T 2 e quindiH1(M)→ H1(M) e iniettiva e non surgettiva.

Page 233: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 14

Fasci e coomologia di Cech

1. Fasci d’insiemi e morfismi di fasci

Definizione 14.1. Un fascio d’insiemi e un fibrato topologico Sπ−−→ X in cui la

proiezione π sia un omeomorfismo locale.Lo spazio X e la base, S lo spazio totale o etale e π la proiezione sulla base

del fascio.La fibra Sx = π−1(x) si dice la spiga su x ∈ X, o l’insieme dei germi di S in x.

Le spighe Sx sono sottospazi discreti di S e sono chiuse se e soltanto seπ(S ) ⊂ X e uno spazio T1. Infatti la proiezione π e aperta e quindi π(S ) ha latopologia quoziente, cioe la piu fine tra quelle che rendano la proiezione π continua.

Quando cio non crei confusione, si usa indicare il fascio Sπ−−→ X con la stessa

lettera S che denota il suo spazio totale.

Esempio 14.1. Siano X uno spazio topolgico ed Y uno spazio discreto. AlloraX × Y

πX−−−→ X, con πX(x, y) = x, e un fascio d’insiemi, che si dice il fascio costante

d’insieme Y .

Esempio 14.2. Sia Xπ−−→ X un rivestimento di uno spazio topologico X ed S un

aperto di X. Allora Sπ−−→ X e un fascio d’insiemi di base X.

Definizione 14.2. Se Sπ−−→ X ed S ′

π′

−−→ X′ sono due fasci d’insiemi, unmorfismo di fibrati

−−−−−→ S ′

π

y yπ′X −−−−−→

φX′

si dice un morfismo di fasci.Quando X = X′ e φ = idX , chiameremo Φ un morfismo di fibrati su X.

Definizione 14.3. Se Sπ−−→ X e un fascio su X ed Y un sottospazio di X, allora

π−1(Y), che indicheremo con S |Y , e lo spazio totale del fascio S |Yπ−−→ Y , di base

Y , che chiamiamo la restrizione ad Y del fascio S .

Piu in generale,

233

Page 234: Nacinovich - Geometria differenziale

234 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Lemma 14.1. Sia Sπ−−→ X un fascio d’insiemi su X, Y uno spazio topologico ed

f : Y → X un’applicazione continua. Allora

f ∗S = (q, ξ) ∈ Y ×S | f (q) = π(ξ),(1.1)

$(q, ξ) = q, ∀(q, ξ) ∈ f ∗S ,(1.2)

definisce un fascio f ∗S$−−→ Y di base Y.

Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che $ e un omeomorfismo locale. Fis-siamo un punto (q0, ξ0) ∈ f ∗S . Poiche S e un fascio, esistono un intorno apertoA di ξ0 in S ed un intorno aperto U di p0 = f (q0) in X tali che la restrizioneπ|A : A → U sia un omeomorfismo. Poiche f e continua, possiamo trovare unintorno aperto V di q0 in Y con f (V) ⊂ U. Allora D = (V × A) ∩ f ∗S e un apertodi f ∗S e l’applicazione

V 3 q→ (q, π|−1A ( f (q))) ∈ D

e un’applicazione continua che inverte la $|D : D 3 (q, ξ) → q ∈ V ⊂ Y . Ladimostrazione e completa.

Definizione 14.4. Il fascio f ∗S$−−→ Y definito nel Lemma 14.1 si dice il fascio

immagine inversa di Sπ−−→ X mediante f ∈ C (Y, X).

Definizione 14.5. Un sottospazio T di S definisce un sottofascio di Sπ−−→ X se

Tπ−−→ X e ancora un fascio su X.

Lemma 14.2. Sia Sπ−−→ X un fascio su X. Condizione necessaria e sufficiente

affinche un sottospazio T di S sia lo spazio totale di un sottofascio di Sπ−−→ X e

che T sia un sottospazio aperto di S .

Definizione 14.6. Se Sπ−−→ X ed S ′

π′

−−→ X sono due fasci su X, il loro prodottofibrato, o somma di Whitney, e il fascio d’insiemi su X che ha come spazio totale

(1.3) S ⊕X S ′ = (ξ, ξ′) ∈ S ×S ′ | π(ξ) = π(ξ′),

con proiezione definita da

(1.4) $ : S ⊕X S ′ 3 (ξ, ξ′) −→ π(ξ) = π′(ξ′) ∈ X.

Osserviamo che $(S ⊕X S ′) = π(S ) ∩ π′(S ′).Questa definizione si estende ad un qualsiasi numero finito di fasci d’insiemi

su X. In particolare, indicheremo con S p la somma di Whitney di p copie delfascio S :

S p = S ⊕X · · · ⊕X S︸ ︷︷ ︸p volte

.

Definizione 14.7. Sia Sπ−−→ X un fascio d’insiemi su X ed Y un sottospazio di X.

Una sezione continua di S su Y e un’applicazione s ∈ C (Y,S ) tale che

π s = idY .

Page 235: Nacinovich - Geometria differenziale

2. PREFASCI D’INSIEMI 235

Indicheremo con S (Y), l’insieme di tutte le sezioni continue su Y ⊂ X delfascio S .

Se s ∈ S (Y) ed y ∈ Y , il valore di s in y si indica con sy, od s(y), e si dice ilgerme di s in y.

Proposizione 14.3. Sia Sπ−−→ X un fascio d’insiemi su X.

(1) Se U e un aperto di X, ogni s ∈ S (U) definisce un omeomorfismo di Usu un aperto s(U) di S .

(2) La famiglia di aperti s(U) | Uaperto ⊂ X, s ∈ S (U) e una base dellatopologia di S .

(3) Per ogni ξ ∈ S esiste un intorno aperto U di π(ξ) in X ed una s ∈ S (U)tale che ξ = s(π(ξ)).

(4) Se Y ⊂ X ed s, s′ ∈ S (Y), allora l’insieme

(1.5) y ∈ Y | s(y) = s′(y)

e un aperto di Y.

Definizione 14.8. Un fascio d’insiemi Sπ−−→ X si dice di Hausdorff se il suo

spazio totale S e di Hausdorff.

Proposizione 14.4 (Principio di continuazione analitica). Sia Sπ−−→ X un fascio

di Hausdorff. Se Y ⊂ X, s, s′ ∈ S (Y) ed s(y0) = s′(y0) in un punto y0 ∈ Y, alloras(y) = s′(y) per ogni punto y della componente connessa di y0 in Y.

Dimostrazione. Infatti, se Sπ−−→ X un fascio di Hausdorff, l’insieme dei punti

in cui i germi di due sezioni in S (Y) coincidono e aperto e chiuso in Y .

2. Prefasci d’insiemi

Definizione 14.9. Sia X uno spazio topologico. Un prefascio d’insiemi su X eun funtore controvariante S tra la categoria Ap(X) degli aperti di X, con i morfi-smi d’inclusione, e la categoria E degli insiemi, con i morfismi di applicazioni trainsiemi.

Questo significa assegnare una corrispondenza

(2.1) S : Ap(X) 3 U −→ S(U) ∈ E,

e per ogni coppia di aperti U ⊂ V di X un’applicazione di restrizione ρVU : S(V)→

S(U) tale che

(2.2)

ρUU = idS(U), ∀U ∈ Ap(X),ρV

U ρWV = ρW

U , ∀U,V,W ∈ Ap(X) con U ⊂ V ⊂ W.

Indicheremo il prefascio (X,S, ρ) con la sola lettera S, ove cio non provochiconfusione.

Definizione 14.10. Siano (X,S, ρ) ed (X,S′, ρ′) due prefasci d’insiemi sullo stessospazio topologico X. Un morfismo di prefasci Φ : (X,S, ρ) → (X,S′, ρ′) e il dato,

Page 236: Nacinovich - Geometria differenziale

236 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

per ogni aperto U di X, di un’applicazione ΦU : S(U) → S′(U), tale che, per ognicoppia di aperti U ⊂ V ⊂ X vi sia un diagramma commutativo

(2.3)

S(V)ΦV−−−−−→ S′(V)

ρVU

y yρ′VUS(U)

ΦU−−−−−→ S′(U).

Lemma 14.5. Se Sπ−−→ X e un fascio d’insiemi su X, allora la corrispondenza

(2.4) Ap(X) 3 U −→ S (U)

e un prefascio d’insiemi su X.

Definizione 14.11. Il prefascio U → S (U) si dice associato al fascio Sπ−−→ X.

Lo indicheremo con ΓS .

Esempio 14.3. Siano X,Y due spazi topologici. Associamo ad ogni aperto U diX lo spazio C (U,Y) delle applicazioni continue di U in Y . Con le applicazioninaturali di restrizione, questo si dice il prefascio delle applicazioni continue di Xin Y .

Esempio 14.4. Siano M,N due varieta differenziabili di classe C ω e k un ordinalecon 0 ≤ k ≤ ω. Facciamo corrispondere ad ogni aperto U ⊂ M l’insieme C k(U,N)delle applicazioni di classe C k da U in N. Con le restrizioni naturali, otteniamo ilprefascio delle applicazioni di classe C k di M in N.

Esempio 14.5. Se M ed N sono varieta complesse, indichiamo con O(M,N), perogni aperto U di M, l’insieme delle applicazioni olomorfe di U in N. Con lerestrizioni naturali, questo e il prefascio delle applicazioni olomorfe di M in N.

Esempio 14.6. Sia X uno spazio topologico ed Y un insieme. Se poniamo S (U) =

Y per ogni aperto U di X e ρVU = idY per ogni coppia di aperti U ⊂ V di X,

otteniamo il prefascio delle applicazioni costanti di X in Y .

3. Fascio associato ad un prefascio e prefasci canonici

Dato un prefascio (X,S, ρ) possiamo definire, per ogni punto p ∈ X, il limitediretto

(3.1) S˜p = lim−−→Uaperto3p

S(U).

Esso e definito come il quoziente dell’unione disgiunta⊔

Uaperto3pS(U) rispetto allarelazione di equivalenza

S(U1) 3 s1 ∼ s2 ∈ S(U2)⇐⇒ ∃p ∈ Uaperto3 ⊂ U1 ∩ U2 tale che rU1

U3(s1) = rU2

U3(s2).

Definizione 14.12. Chiamiamo S˜p l’insieme, o la spiga, dei germi di sezioni di Sin p.

Se U e un aperto di X, p ∈ U ed s ∈ S(U), indichiamo con s(p) = ρUp (s) il

germe definito da s in p.

Page 237: Nacinovich - Geometria differenziale

3. FASCIO ASSOCIATO AD UN PREFASCIO E PREFASCI CANONICI 237

Dato un prefascio (X,S, ρ), siano

(3.2) S˜ =⊔

p∈XS˜p, π : S˜ −→ X con π(S˜p) = p.

Proposizione 14.6. Sia (X,S, ρ) e un prefascio, ed S˜ π−−→ X sia definita dalla (3.2).

Consideriamo su S˜ la topologia che ha come base degli aperti gli

A(U, s) = s(p) | p ∈ U, con U ∈ Ap(X), s ∈ S(U).

Allora S˜ π−−→ X e un fascio d’insiemi su X.

Definizione 14.13. Il fascio S˜ π−−→ X definito dalla (3.2) si dice associato al

prefascio (X,S, ρ).

Se S˜ e il fascio associata al prefascio S, abbiamo un morfismo canonico diprefasci

(3.3) ΦU : S(U) −→ S˜(U)

che fa corrispondere ad s ∈ S(U) la sezione U 3 p −→ s(p) ∈ S˜p ⊂ S˜.

Osservazione 14.7. Non e detto, in generale, che questo morfismo sia iniettivo osurgettivo.

Ad esempio, se S e il prefascio delle applicazioni costanti di X in un insiemeY con almeno due elementi, ed X contiene un aperto U non connesso, allora ΦU einiettiva, ma non surgettiva. Infatti S˜ e in questo caso il prefascio delle applicazionilocalmente costanti di X in Y e quindi S˜(U) contiene applicazioni non costanti,mentre S(U) consiste delle sole applicazioni costanti.

Per costruire un esempio in cui Φ non sia iniettiva, consideriamo uno spazio Xche contenga almeno due punti ed in cui i punti siano chiusi e fissiamo una coppiad’insiemi Y,Z con Y ( Z. Fissato un elemento y0 ∈ Y , poniamo

S(U) =

Z se U = X,Y se Uaperto ( X,

ρXU(z) = y0 ∀z ∈ Z, ∀Uaperto ( X,ρV

U(y) = y ∀y ∈ Y, ∀Uaperto ⊂ Vaperto ( X.

Il fascio associato e il fascio costante X × YπX−−−→ X. La ΦX : S(X) → S˜(X) non e

iniettiva perche associa ad ogni elemento di S(X) = Z la sezione costante s(p) = y0per ogni p ∈ X.

Definizione 14.14. Un prefascio (X,S, ρ) si dice canonico se, per ogni aperto U diX, la ΦU : S(U)→ S˜(U) e bigettiva.

Proposizione 14.8. Condizione necessaria e sufficiente affinche un prefascio (X,S, ρ)sia canonico e che valgano le due proprieta:

(S 1) Se U = Uii∈I e una qualsiasi famiglia di aperti di X, U =⋃

i∈IUi, eds, s′ ∈ S(U) soddisfano rU

Ui(s) = rU

Ui(s′) per ogni i ∈ I, allora s = s′;

(S 2) Se U = Uii∈I e una qualsiasi famiglia di aperti di X, U =⋃

iUi, perogni famiglia di si ∈ S(Ui), che soddisfino rUi

Ui∩U j(si) = rU j

Ui∩U j(s j) per

ogni i, j ∈ I, esiste un s ∈ S(U) tale che rUUi

(s) = si per ogni i ∈ I.

Page 238: Nacinovich - Geometria differenziale

238 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Dimostrazione. Le condizioni (S 1) ed (S 2) sono necessarie. Sia U = Uii∈Iuna famiglia di aperti di X, U =

⋃i∈IUi e supponiamo che s, s′ ∈ S(U) soddisfino

rUUi

(s) = rUUi

(s′) per ogni i ∈ I. Abbiamo allora

(ΦU(s))|Ui = ΦUi(rUUi

(s)) = ΦUi(rUUi

(s′)) = (ΦU(s′))|Ui , ∀i ∈ I

=⇒ (ΦU(s)) = (ΦU(s′))

e questo implica che s = s′, perche ΦU e, per ipotesi, iniettiva.Supponiamo ora che siano assegnate si ∈ S(Ui), per i ∈ I, e che queste

soddisfino rUiUi∩U j

(si) = rU jUi∩U j

(s j) per ogni i, j ∈ I. Le ΦUi(si) soddisfano allora

ΦUi(si)|Ui∩U j = ΦUi∩U j(rUiUi∩U j

(si)) = ΦUi∩U j(rU jUi∩U j

(s j)) = ΦU j(s j)|Ui∩U j , ∀i, j ∈ I.

Esiste quindi un’unica sezione globale σ ∈ S˜(U) tale che ΦUi(si) = σ|Ui per ognii ∈ I. Poiche φU e surgettiva, σ = ΦU(s) per una s ∈ S(U). Da

ΦUi(rUUi

(s)) = ΦU(s)|Ui = σ|Ui = ΦUi(si), ∀i ∈ I

otteniamo che rUUi

(s) = si, per l’iniettivita delle ΦUi .Le condizioni (S 1) ed (S 2) sono sufficienti. Sia U un qualsiasi aperto di X.

Se s, s′ ∈ S(U) e ΦU(s) = ΦU(s′), allora s(p) = s′(p) per ogni p ∈ U. Cio significache per ogni p ∈ U eiste un intorno aperto Up di p in U tale che rU

Up(s) = rU

Up(s′).

Per la condizione (S 1) questo implica che s = s′. Quindi ΦU : S(U) → S˜(U) einiettiva.

Sia ora σ ∈ S˜(U). Per ogni punto p ∈ U esistono un intorno aperto Up di p inU ed una sp ∈ S(Up) tali che ΦUp(sp) = σ|Up . Abbiamo poi

ΦUp1∩Up2(r

Up1Up1∩Up2

(sp1)) = σ|Up1∩Up2= ΦUp1∩Up2

(rUp2Up1∩Up2

(sp2)).

Abbiamo gia dimostrato che le ΦUp1∩Up2sono iniettive. Quindi

rUp1Up1∩Up2

(sp1) = rUp2Up1∩Up2

(sp2), ∀p1, p2 ∈ U.

Per (S 2) esiste allora una s ∈ S(U) tale che rUUp

(s) = sp per ogni p ∈ U. Abbia-mo allora ΦU(s) = σ. Abbiamo cosı dimostrato anche la surgettivita di ΦU . Ladimostrazione e completa.

Corollario 14.9. Il prefascio ΓS associato ad un fascio S su X e sempre cano-nico.

4. Il fascio immagine diretta

Se (X,S, ρ) e un prefascio sullo spazio topologico X, Y e un altro spazio to-pologico ed f : X → Y un’applicazione continua, definiamo un prefascio su Yponendo

f∗S(V) = S( f −1(V)), ∀V ∈ Ap(Y),(4.1)

( f∗ρ)V2V1

(s) = ρf −1(V2)f −1(V)1)

(s) se V1,V2 ∈ Ap(Y), V1 ⊂ V2, s ∈ f∗S(V2).(4.2)

Page 239: Nacinovich - Geometria differenziale

4. IL FASCIO IMMAGINE DIRETTA 239

Definizione 14.15. Il prefascio (Y, f∗S, f∗ρ) si dice immagine diretta di (X,S, ρ)mediante l’applicazione continua f .

Proposizione 14.10. L’immagine diretta di un fascio canonico e un fascio canoni-co.

Definizione 14.16. Se S e un fascio sullo spazio topologico X ed f : X → Yun’applicazione continua a valori in uno spazio topologico Y , il fascio f∗ΓS˜ siindica con f∗S e si dice immagine diretta del fascio S mediante l’applicazionecontinua f .

Osservazione 14.11. Un germe τ(q) nel fascio immagine diretta f∗S e definito dauna sezione s ∈ S ( f −1(V)) per un intorno aperto V di q in Y . In particolare, perogni p ∈ f −1(q) vi e un germe s(p) di S in p che corrisponde a τq. In particolare,abbiamo un’inclusione naturale ( f ∗S )q0 →

⊔p∈ f −1(q0)Sp e, per ogni p0 inf−1(q0),

la f definisce un’applicazione naturale di germi

fp0 : ( f∗S )q0 −→ Sp0

che rende commutativo il diagramma

( f∗S )q0

fp0 //

&&NNNNNNNNNNNSp0

yyssssssssss

⊔p∈ f −1(q0)Sp

in cui la freccia a destra e l’inclusione naturale Sp0 →⊔

p∈ f −1(q0)Sp.

Proposizione 14.12. Siano S ,S ′ due fasci sulla stessa base X, Φ : S → S ′

un morfismo di fasci. Siano poi Y,Z spazi topologici ed f : X → Y, g : Y → Zapplicazioni continue. Allora:

(1) Risulta definito un morfismo di fasci

(4.3) f∗Φ : f∗S −→ f∗S ′,

in modo tale che

(4.4) f∗Φ( f∗S )(V) = (Φ(S ))( f −1(V)) = ( f∗S ′)(V), ∀V ∈ Ap(Y).

(2) Abbiamo

(4.5) (g f )∗S = g∗( f∗S ).

(3) Abbiamo

(4.6) (g f )∗Φ = g∗( f∗Φ).

Page 240: Nacinovich - Geometria differenziale

240 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

5. Fasci dotati di struttura algebrica

Definizione 14.17. Un fascio di gruppi abeliani e un fascio d’insiemi Sπ−→ X, su

ogni spiga Sx del quale sia assegnata una struttura di gruppo abeliano, in modotale che la:

(5.1) S ⊕X S 3 (ξ1, ξ2)→ ξ1 − ξ2 ∈ S

sia un morfismo di fasci (basta cioe che sia un’applicazione continua tra gli spazietale).

Indichiamo con 0(p) l’elemento neutro di Sp e con 0 : X → S la sezione nulla,che associa ad ogni p ∈ X l’elemento neutro 0(p) di Sp. Chiaramente 0 ∈ S (X) euna sezione continua.

Osserviamo che le spighe Sp di un fascio di gruppi abeliani contengono perogni p l’elemento neutro e quindi sono non vuote.

Per ogni sottospazio Y di X, l’insieme S (Y) delle sezioni continue di S su Ye in modo naturale un gruppo abeliano, con l’operazione:

(5.2)S (Y) ×S (Y) 3 (s1, s2)→ s1 − s2 ∈ S (Y)

ove (s1 − s2)(p) = s1 ,(p) − s2 ,(p) ∀p ∈ Y.

Definizione 14.18. Sia Sπ−−→ X un fascio di gruppi abeliani, Y un sottospazio di

X ed s ∈ S (Y). Il supporto di s e l’insieme

(5.3) supp s = p ∈ Y | s(p) , 0(p).

Osservazione 14.13. Il supporto di una sezione s ∈ S (Y) e un chiuso di Y , percheil luogo dei punti in cui s(p) = 0(p) e aperto.

Definizione 14.19. Chiamiamo supporto del fascio di gruppi abeliani S l’insieme:

(5.4) supp S = x ∈ X | Sp , 0(p).

Definizione 14.20. Un fascio S di gruppi abeliani su X si dice un fascio di anellise e assegnato un morfismo di fasci:

(5.5) S ⊕X S 3 (σ1, σ2)→ σ1σ2 ∈ S

che definisca, su ogni spiga Sx, insieme alla struttura di gruppo abeliano giaassegnata, una struttura di anello.

Supporremo sempre nel seguito che tale anello sia commutativo e unitario eche l’applicazione 1 : X → S , che associa ad ogni p ∈ X l’unita 1(p) dell’anelloSp, sia continua.

Proposizione 14.14. Sia S un fascio di anelli su X. Allora:

(5.6) supp S = x ∈ X | 1(p) , 0(p).

In particolare, il supporto di un fascio di anelli su X e chiuso.

Definizione 14.21. Sia A un fascio di anelli su X. Un fascio di A -moduli su X eun fascio di gruppi abeliani per cui sia definito un morfismo di fasci:

(5.7) A ⊕X S → S

Page 241: Nacinovich - Geometria differenziale

6. MORFISMI DI A -MODULI E FASCI QUOZIENTI 241

che definisca, su ciascuna spiga Sx, una struttura di Ax-modulo.

In modo del tutto analogo al caso della categoria dei gruppi abeliani, per ogniaperto U di X le sezioni di A (U) formano un anello e quelle di S (U) un A (U)-modulo.

Se S1, . . ., Sm sono fasci di A -moduli, anche S1 ⊕X · · · ⊕X Sm e un fasciodi A -moduli, e in modo naturale, si puo definire anche il fascio di A -moduliS1 ⊗A · · · ⊗A Sm.

Se Si = A per i = 1, . . . ,m, scriveremo S1 ⊕X · · · ⊕X Sm = A m.

6. Morfismi di A -moduli e fasci quozienti

Sia A un fascio di anelli su X, che considereremo fissato una volta per tutte.

Definizione 14.22. Dati due fasci di A -moduli S ,S ′, un morfismo di fasci:

(6.1) Φ : S → S ′

si dice un morfismo di A -moduli se, per ogni x ∈ X, l’applicazione tra le spighe:

(6.2) Φx : Sx → S ′x

e un morfismo di Ax-moduli.

Gli A -moduli, con i morfismi di A -moduli, formano una categoria.

Definizione 14.23. Un sottofascio I di A si dice un fascio di ideali se, per ognix ∈ X, l’insieme dei germi Ix e un ideale di Ax. Un sottofascio T di un fasciodi A -moduli S e un fascio di sotto-A -moduli di S se, per ogni x ∈ X, Tx e unsotto-Ax-modulo di Sx.

Proposizione 14.15. (1) Se S ′, S ′′ sono due fasci di sotto-A -moduli delfascio di A -moduli S , allora anche:

(6.3) S ′ + S ′′ =⊔x∈X

(S ′x + S ′′

x ) ed S ′ ∩S ′′ =⊔x∈X

(S ′x ∩S ′′

x )

sono fasci di sotto-A -moduli di S .(2) Se (6.1) e un morfismo di fasci di A -moduli, allora:

ker Φ =⊔x∈X

ker Φx e un sotto-A -modulo di S ,(6.4)

Imm Φ =⊔x∈X

Imm Φx e un sotto-A -modulo di S ′. (6.5)

Le usuali nozioni di monomorfismo, epimorfismo, isomorfismo si estendonoin modo ovvio ai fasci di A -moduli.

Definizione 14.24. Una sequenza di A -moduli e di A -morfismi:

(6.6)· · · −−−−−→ Sh−1

φh−1−−−−−→ Sh

φh−−−−−→ Sh+1 −−−−−→ · · ·

(−∞ ≤ a < h < b ≤ +∞),

Page 242: Nacinovich - Geometria differenziale

242 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

si dice una A -successione. Diciamo che (6.6) e un complesso se:

(6.7) Imm Φh−1 ⊂ ker Φh ∀a < h − 1 < h < b

Diciamo che (6.6) e esatta in Sh se:

(6.8) Imm Φh−1 = ker Φh.

Diciamo che (6.6) e esatta, o aciclica se e esatta per ogni h con a < h − 1 < h < b.Una A -successione esatta corta e una A successione esatta della forma:

(6.9) 0˜ −−−−−→ S ′α

−−−−−→ Sβ

−−−−−→ S ′′ −−−−−→ 0˜,dove abbiamo indicato con 0˜ il fascio di A -moduli in cui per ogni x ∈ X la spigain x e l’Ax-modulo nullo.

Osservazione 14.16. Se (6.1) e un morfismo di A -moduli, allora:

(6.10) 0˜ −−−−−→ ker Φ −−−−−→ S −−−−−→ Imm Φ −−−−−→ 0˜e una A -successione esatta corta.

Definizione 14.25. Se S ′ e un sotto-A -modulo di S , definiamo l’A -moduloquoziente S /S ′ ponendo:

(6.11) S /S ′ =⊔x∈X

Sx/S′x ,

ove su ogni spiga Sx/S ′x si considera la struttura di Ax-modulo quoziente.

In particolare, se I e un fascio di ideali di A , il fascio quoziente A /I e unfascio di anelli su X.

La proiezione naturale definisce un morfismo di A -moduli:

(6.12) π : S → S /S ′

ed otteniamo una A -successione esatta corta:

(6.13) 0˜ −−−−−→ S ′ −−−−−→ Sπ

−−−−−→ S /S ′ −−−−−→ 0˜.Proposizione 14.17. Il funtore Γ(U, · ) e esatto a sinistra: cioe, per ogni aperto Udi X ed ogni successione esatta corta (6.10) otteniamo una successione esatta:

(6.14) 0 −−−−−→ S ′(U) −−−−−→ S (U) −−−−−→ S ′′(U).

Osservazione 14.18. Il funtore Γ(U, · ) non e, in generale, esatto a destra: questosignifica che l’ultima applicazione in (6.14) non e necessariamente surgettiva.

Definizione 14.26. Dato un morfismo (6.1), il fascio quoziente S ′/Imm Φ si in-dica anche con coker Φ. Abbiamo naturalmente una A -successione esatta corta:

(6.15) 0˜ −−−−−→ Imm Φ −−−−−→ S ′ −−−−−→ coker Φ −−−−−→ 0˜.Scriveremo nel seguito, per semplicita, 0 invece di 0˜per indicare il fascio nullo

di A -moduli.

Page 243: Nacinovich - Geometria differenziale

7. COOMOLOGIA DI CECH CON COEFFICIENTI IN UN FASCIO 243

7. Coomologia di Cech con coefficienti in un fascio

Siano X uno spazio topologico ed S un fascio di gruppi abeliani su X.Fissiamo un ricoprimento aperto U = Uii∈I di X. Per ogni intero q ≥ 0,

fissati i0, i1, . . . , iq ∈ I denotiamo con Ui0,i1,...,iq l’intersezione = Ui0∩Ui1∩· · ·∩Uiq .Indichiamo con Nq(U ) l’insieme delle (q + 1)-uple di indici distinti di I tali cheUi0,i1,...,q , ∅.

Definizione 14.27. Sia C q(U ,S ) il gruppo abeliano delle q-cocatene alternate diU con coefficienti in S : esso consiste di tutte le

( fi0,i1,...,iq) ∈∏

(i0,...,iq)∈Nq(U )S (Ui0,i1,...,iq)

che soddisfano1:fiσ0 ,iσ1 ,...,iσq

= ε(σ) fi0,i1,...,iq ∀σ ∈ Sq+1.

Indichiamo con δUq = δq = δ l’applicazione:

(7.1) δq : C q(U ,S ) 3 ( fi0,i1,...,iq) −−−−−→ ((δ f )i0,i1,...,iq+1) ∈ C q+1(U ,S )

definita da:

(7.2) (δ f )i0,i1,...,iq+1 =∑q+1

j=0(−1) j fi0,...,i j...,iq+1

|Ui0 ,i1 ,...,iq+1).

Le q-cocatene f ∈ C q(U ,S ) che soddisfano δ( f ) = 0 si dicono q-cocicli; quelledella forma δq−1(φ), con φ ∈ C q−1(U ,S ), si dicono q-cobordi.

Indicheremo con Z q(U ,S ) il gruppo dei q-cocicli e con Bq(U ,S ) il gruppodei q-cobordi.

Lemma 14.19. Per ogni q ≥ 0 risulta δq+1 δq = 0.

Dimostrazione. Se f = ( fi0,...,iq) ∈ C q(U ,S ), abbiamo:

(δq+1 δq f )i0,...,iq+2 =∑q+2

j=0(−1) j(δq f )i0,...,i j,...,iq+1

|Ui0 ,...,iq+2

=∑q+2

j=0

∑ j−1

h=0(−1) j+h fi0,...,ih,...,i j,...,iq+1

|Ui0 ,...,iq+2

−∑q+2

j=0

∑q+1

h= j+1(−1) j+h fi0,...,i j,...,ih,...,iq+1

|Ui0 ,...,iq+2

=∑

0≤ j<h≤q+1fi0,...,ih,...,i j,...,iq+1

|Ui0 ,...,iq+2

−∑

0≤h< j≤q+1fi0,...,i j,...,ih,...,iq+1

|Ui0 ,...,iq+2

= 0

Quindi, per ogni intero non negativo q, il gruppo Bq(U ,S ) dei q-cobordi eun sottogruppo del gruppo Z q(U ,S ) dei q-cocicli.

1Abbiamo indicato con Sq+1 il gruppo delle permutazioni dei (q + 1) elementi 0, 1, . . . , q. Seσ ∈ Sq+1, il simbolo ε(σ) = ±1 indica la sua segnatura.

Page 244: Nacinovich - Geometria differenziale

244 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

La successione dei gruppi delle cocatene e degli omomorfismi δq = δUq che li

legano formano un complesso2 di gruppi abeliani e di omomorfismi :

(7.3)0→ C 0(U ,S )

δ0−−−−−→ C 1(U ,S )

δ1−−−−−→ C 2(U ,S ) −−−−−→ · · ·

· · · → C q−1(U ,S )δq−1−−−−−→ C q(U ,S )

δq−−−−−→ C q+1(U ,S ) −−−−−→ · · ·

Definizione 14.28. Indichiamo con δ−1 l’applicazione nulla 0 = C −1(U ,S ) →C 0(U ,S ). Con questa convenzione, definiamo per ogni intero q ≥ 0 il q-esimogruppo di coomologia di Cech a coefficienti in S del ricoprimento U come ilquoziente:

(7.4) Hq(U ,S ) =ker δq

im δq−1=

Z q(U ,S )Bq(U ,S )

.

Osserviamo che, poiche S e un fascio, H0(U ,S ) ' Z 0(U ,S ) ' S (X).Infatti gli elementi ( fi) di Z 0(U ,S ) sono tutti e soli quelli della forma fi = f |Ui

per una f ∈ S (X) e la f e univocamente determinata dalle sue restrizioni agli apertiUi del ricoprimento.

Un raffinamento del ricoprimento aperto U e il dato di un altro ricoprimentoaperto V = V j j∈J e di una funzione di raffinamento τ : J → I, tale che V j ⊂ Uτ j

per ogni j ∈ J.Scriveremo V ≺τ U per indicare che V e un raffinamento di U con funzione

di raffinamento τ.Se V ≺τ U , la τ induce un omomorfismo dei cocicli alternati a coefficienti in

S dei due ricoprimenti:

τ∗ = τ∗q : C q(U ,S ) −→ C q(V ,S ), definita da

(τ∗ f ) j0,..., jq = f j0,..., jq |V j0 ,..., jq∀( j0, . . . , jq) ∈ Nq(V ).

Abbiamo:

(7.5) δVq τ

∗q = τ∗q+1 δ

Uq per ogni q = 0, 1, . . . .

Valgono dunque le inclusioni

τ∗q(Z q(U ,S )) ⊂ Z q(V ,S ) e τ∗q(Bq(U ,S )) ⊂ Bq(V ,S ).

Per passaggio ai quozienti, otteniamo un omomorfismo

(7.6) τ∗q : Hq(U ,S ) −→ Hq(V ,S ) per ogni q = 0, 1, . . .

Definizione 14.29. Il q-esimo gruppo Hq(X,S ) della coomologia di Cech di X acoefficienti nel fascio S e il limite induttivo, rispetto ai raffinamenti, dei gruppiHq(U ,S ) al variare di U nella famiglia dei ricoprimenti aperti di X:

(7.7) Hq(X,S ) = inj limU

Hq(U ,S ) per ogni q = 0, 1, . . .

2La parola complesso significa che il nucleo di ciascun omomorfismo contiene l’immagine delprecedente.

Page 245: Nacinovich - Geometria differenziale

7. COOMOLOGIA DI CECH CON COEFFICIENTI IN UN FASCIO 245

Una classe di coomologia in Hq(X,S ) e rappresentata da un q-cociclo f ∈Z q(U ,S )), modulo la relazione di equivalenza che identifica f a τ∗q( f ) + δV

q−1(g)se V ≺τ U e g ∈ Z q−1(V ,S )).

Possiamo definire i gruppi di coomologia di Cech anche come gruppi di coo-mologia di un complesso di cocatene. A questo scopo definiamo, per ogni interoq ≥ 0, il gruppo abeliano C q(X,S ) delle q-cocatene in X a coefficienti nel fasciodi gruppi abeliani S come il limite induttivo rispetto ai ricoprimenti aperti e airaffinamenti :

(7.8) C q(X,S ) = inj limU

C q(U ,S )

Per definizione di limite induttivo, un elemento di C q(X,S ) e rappresentato dauna f = ( fi0,i1,...,iq) ∈ C q(U ,S ) e due q-cocicli f h = ( f h

i0,i1,...,iq) ∈ C q(U h,S )

(h = 1, 2) definiscono lo stesso elemento di C q(X,S ) se esiste un raffinamentocomune V ≺τh U h (per h = 1, 2) tale che τ∗1( f 1) = τ∗2( f 2). Poiche l’addizionecommuta con le applicazioni indotte dai raffinamenti, gli insiemi C q(X,S ) hannouna struttura naturale di gruppi abeliani. Ancora, poiche le applicazioni di cobordocommutano con gli omomorfismi indotti dai raffinamenti, otteniamo un complessodi gruppi abeliani e di omomorfismi :

(7.9)0→ C 0(X,S )

δX0

−−−−−→ C 1(X,S )δX

1−−−−−→ C 2(X,S ) −−−−−→ · · ·

· · · → C q−1(X,S )δX

q−1−−−−−→ C q(X,S )

δXq

−−−−−→ C q+1(X,S ) −−−−−→ · · ·

Quando cio non possa creare confusione, scriveremo a volte per semplicita δq, oanche δ, invece di δX

q .I sottogruppi

Z q(X,S ) = ker δXq dei q-cocicli in C q(X,S ) e

Bq(X,S ) = δXq−1(C q−1(X,S )) dei q-cobordi di C q(X,S )

sono i limiti induttivi (rispetto alle applicazioni di raffinamento) dei corrispondentisottogruppi Z q(U ,S ) e Bq(U ,S ). Il q-esimo gruppo di coomologia di Cech eallora dato da :

(7.10) Hq(X,S ) =ker δX

q

im δXq−1

=Z q(X,S )Bq(X,S )

.

Siano Sπ−−→ X ed F

$−→ X due fasci di gruppi abeliani sullo spazio topologico

X e Φ : S → F un omomorfismo di fasci di gruppi abeliani. Per ogni aperto Udi X esso definisce un omomorfismo ΦU : S (U) → F (U), che ci permette dicostruire, assegnato un ricoprimento U di X, un omomorfismo naturale tra le qcocatene alternate di U a coefficienti in S e in F :

(7.11)

Φq : C q(U ,S ) −→ C q(U ,F )(Φq( f )

)i0,i1,...,iq

= (ΦUi0 ,i1 ,...,iq( fi0,i1,...,iq)) .

Page 246: Nacinovich - Geometria differenziale

246 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Si verifica facilmente che gli omomorfismi Φq commutano con le operazioni dicobordo δq dei due complessi di cocatene alternate a coefficienti in S e in F .Risultano quindi definite applicazioni naturali

(7.12) Φ∗ = Φq∗ : Hq(U ,S ) −→ Hq(U ,F )

per ogni q = 0, 1, . . .. Queste applicazioni a loro volta commutano con gli omomor-fismi dei raffinamenti e quindi, finalmente, otteniamo un’applicazione naturale :

(7.13) Φ∗ = Φq∗ : Hq(X,S ) −→ Hq(X,F )

per ogni q = 0, 1, . . ..Osserviamo che per passaggio al quoziente otteniamo ancora omomorfismi

Φq : C q(X,S ) −→ C q(X,F ) che commutano con le operazioni di cobordo equindi l’omomorfismoΦq∗ tra i gruppi di coomologia si puo definire anche a partiredagli omomorfismi dei gruppi di cocatene. Abbiamo il diagramma commutativo (arighe esatte) :

(7.14)

0 −−−−−→ Bq(X,S ) −−−−−→ Z q(X,S ) −−−−−→ Hq(X,S ) −−−−−→ 0

Φq

y Φq

y Φq

y0 −−−−−→ Bq(X,F ) −−−−−→ Z q(X,F ) −−−−−→ Hq(X,F ) −−−−−→ 0

8. Il teorema di Serre

I gruppi di coomologia di Cech hanno buone proprieta rispetto ai morfismi difasci quando si assuma che lo spazio di base X sia paracompatto.

Ricordiamo che uno spazio topologico X si dice paracompatto se e di Hau-sdorff e se ogni suo ricoprimento aperto ammette un raffinamento localmente finito.Gli spazi paracompatti sono normali e tutti gli spazi metrizzabili sono paracompat-ti. Per uno spazio topologico connesso e localmente compatto, la paracompattezzaequivale all’essere unione numerabile di insiemi compatti (numerabile all’infinito).

Se X e paracompatto ed S un fascio su X, i gruppi di coomologia di CechHq(X,S ) si possono calcolare utilizzando soltanto ricoprimenti aperti localmentefiniti.

Lemma 14.20. Sia X uno spazio normale ed U = Uii∈I un suo ricoprimentoaperto localmente finito. Possiamo allora trovare un ricoprimento aperto V =

Vii∈I di X tale che Vi ⊂ Ui per ogni i ∈ I.

Dimostrazione. Bene-ordiniamo l’insieme I 3. Costruiremo il ricoprimento Vper induzione transfinita, in modo che

(1) Vi ⊂ Ui ∀i ∈ I,(2) ∀ j ∈ I, Vi | i j ∪ Ui | i j e un ricoprimento aperto di X.

Dimostriamo induttivamente la proposizione

3Cio significa che I e totalmente ordinato rispetto ad una relazione ≺ e che ogni sottoinsiemenon vuoto di I ammette minimo rispetto a ≺.

Page 247: Nacinovich - Geometria differenziale

8. IL TEOREMA DI SERRE 247

(P j0) Gli aperti Vi sono definiti per ogni i ≺ j0 in modo che la (1) valga peri ≺ j0 e che, per ogni h ∈ I con h ≺ j0, la famiglia di aperti

Vi | i h ∪ Ui | i h

sia un ricoprimento aperto di X.L’affermazione (P j0) e banalmente vera se j0 e il minimo di I.

Osserviamo inoltre che, se (P j0) e valida per uno j0 ∈ I, allora:

V j0 = Vi | i ≺ j0 ∪ Ui | i j0

e un ricoprimento aperto di X. Infatti, se x ∈ X, allora Ix = i ∈ I | x ∈ Ui efinito perche U e localmente finito. Se qualche i ∈ Ix e j0, allora V j0 contieneun aperto Ui che contiene x. Altrimenti, indichiamo con j′ il piu grande elementodi Ix. Poiche per l’ipotesi induttiva

Vi | i j′ ∪ Ui | i j′

e un ricoprimento aperto di X, x ∈ Vi per qualche i j′ ≺ j0 e dunque appartienea un Vi ∈ V j0 .

Consideriamo ora l’insieme

F =

⋃j≺ j0

V j ∪⋃j j0

U j

.Esso e un chiuso contenuto in U j0 in quanto V j0 e un ricoprimento di X. Essendo Xuno spazio T4, il chiuso F ha un intorno chiuso G contenuto in U j0 . Posto V j0 = G,chiaramente

Vi | i j0 ∪ Ui | i j0

e un ricoprimento aperto di X e vale la (1) per j j0. Se I ammette massimo e j0e il massimo di I, allora V = Vi | i ∈ I soddisfa la tesi del Lemma. Se j0 non eil massimo di I, abbiamo ottenuto la (P j′0) ove j′0 e l’elemento di I successivo a j0(esso e ben definito come il minimo dell’insieme non vuoto i ∈ I | i j0 di I).Per induzione transfinita otteniamo quindi una famiglia V = Vi | i ∈ I tale chevalgano le (1), (2). Chiaramente V e un ricoprimento aperto di X: se x ∈ X e j e ilminimo indice in I tale che x < U j, la (2) ci dice che x ∈ Vi per qualche i j.

La dimostrazione e completa.

Da questo Lemma ricaviamo il seguente:

Lemma 14.21. Sia X uno spazio normale ed U un suo ricoprimento aperto local-mente finito. Fissiamo un intero q ≥ 0 e supponiamo che, per ogni (i0, i1, . . . , iq) ∈Nq(U ) sia assegnato un ricoprimento aperto W i0,i1,...,iq = W i0,i1,...,iq

α α∈Ai0 ,i1 ,...,iqdi

Ui0,i1,...,iq . Allora esiste un raffinamento V ≺τ U , mediante un ricoprimento apertoV = V j j∈J , tale che :

(8.1)

∀( j0, j1, . . . , jq) ∈ Nq(V ) tale che (τ( j0), τ( j1), . . . , τ( jq)) ∈ Nq(U )∃α ∈ Aτ( j0),τ( j1),...,τ( jq) tale che V j0, j1,..., jq ⊂ Wτ( j0),τ( j1),...,τ( jq)

α .

Page 248: Nacinovich - Geometria differenziale

248 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Dimostrazione. Per il Lemma 14.20 possiamo trovare un ricoprimento Γ =

Ωii∈I tale che Ωi ⊂ Ui per ogni indice i ∈ I. Il ricoprimento Γ e anch’essolocalmente finito.

Per ogni p ∈ X, l’insieme Ip degli indici i per cui Ui ∩Gp , ∅ e finito.Osserviamo che Ωii∈I\Ip e una famiglia di chiusi localmente finita. Quindi la

loro unione⋃

i∈I\Ip Ωi e un chiuso che non contiene il punto p e percio

Vp =

⋂i∈Ip

Ui

\ ⋃

i∈I\Ip

Ωi

e un intorno aperto di p.

Per ogni (i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U )∩ Iq+1p scegliamo α = αi0,i1,...,iq ∈ Ai0,i1,...,iq tale

che p ∈ W i0,i1,...,iqα .

A questo punto, definiamo per ogni p ∈ X :

Vp =

Vp se Nq(U ) ∩ Iq+1p = ∅⋂

(i0,i1,...,iq)∈Nq(U )∩Iq+1p

(W i0,i1,...,iqαi0 ,i1 ,...,iq

∩ Vp) se Nq(U ) ∩ Iq+1p , ∅ .

Definiamo V = Vpp∈X . Abbiamo V ≺τ U , con una funzione di raffinamentoτ : X 3 x → τ(x) ∈ I che si puo scegliere imponendo la sola condizione cheτ(p) ∈ Ip per ogni p ∈ X. Per costruzione, se p0, p1, . . . , pq sono punti distintidi X tali che (p0, p1, . . . , pq) ∈ Nq(V ) e (τ(p0), τ(p1), . . . , τ(pq)) ∈ Nq(U ), alloraτ(pi) ∈ Ip j per ogni 0 ≤ i, j ≤ q e

Vp0,p1,...,pq ⊂ Wτ(p0),τ(p1),...,τ(pq)ατ(p0),τ(p1),...,τ(pq) .

Quindi V ≺τ U soddisfa la tesi del Lemma.

Dimostriamo ora che, se X e paracompatto, il funtore S → C q(X,S ), dallacategoria dei fasci di gruppi abeliani su X a quella dei gruppi abeliani, e esatto.Abbiamo cioe:

Teorema 14.22. Sia X uno spazio paracompatto e sia

(8.2) 0 −−−−−→ Fα

−−−−−→ Gβ

−−−−−→ H −−−−−→ 0una successione esatta di fasci di gruppi abeliani. Allora per ogni intero q ≥ 0 lasuccessione di gruppi abeliani :

(8.3) 0 −−−−−→ C q(X,F )αq

−−−−−→ C q(X,G )βq

−−−−−→ C q(X,H ) −−−−−→ 0e esatta.

Dimostrazione. (a) Dimostriamo che C q(X,F )αq−−→ C q(X,G ) e iniettiva.

Sia f ∈ C q(U ,F ), per un qualsiasi ricoprimento aperto U di X. Dire chel’elemento di C q(X,G ) definito da αq( f ) e nullo, equivale a dire che esiste unraffinamento V ≺τ U tale che τ∗q αq( f ) = 0. Questa relazione ci da αq(τ∗( f )) =

0. Poiche (αq(τ∗ f )) j0, j1,..., jq = αV j0 , j1 ,..., jq((τ∗ f ) j0, j1,..., jq) per ogni ( j0, j1, . . . , jq) ∈

Nq(V ) e la αV j0 , j1 ,..., jq: S (V j0, j1,..., jq) → F (V j0, j1,..., jq) e iniettiva, ne segue che

τ∗ f = 0 e quindi f definisce l’elemento nullo di C q(X,F ).

Page 249: Nacinovich - Geometria differenziale

8. IL TEOREMA DI SERRE 249

(b) Dimostriamo l’esattezza della successione

C q(X,F )αq

−−−−−→ C q(X,G )βq

−−−−−→ C q(X,H ).

Sia γ un elemento di C q(X,G ) con αq(γ) = 0. Sia U = Uii∈I un ricoprimentoaperto localmente finito di X e sia g ∈ C q(U ,G ) una q-cocatena che rappresentaγ. A meno di passare a un raffinamento localmente finito di U , possiamo supporreche αq(g) = 0. Per l’esattezza di (8.2), per ogni (i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ) possiamotrovare un intorno aperto W i0,i1,...,iq

p di p in Ui0,i1,...,iq ed una f i0,i1,...,iqp ∈ F (W i0,i1,...,iq

p )

tale che rUi0 ,i1 ,...,iq

Wi0 ,i1 ,...,iqp

(gi0,i1,...,iq) = αUi0 ,i1 ,...,iq( f i0,i1,...,iq

p ). Per il Lemma 14.21 esiste un

raffinamento aperto V = V j j∈J di U , che possiamo scegliere localmente finito:

V ≺τ U

tale che per ogni ( j0, j1, . . . , jq) ∈ Nq(V ) con (τ( j0), τ( j1), . . . , τ( jq)) ∈ Nq(U ),possiamo trovare un punto p( j0, j1, . . . , jq) con

V j0, j1,..., jq ⊂ Wτ( j0),τ( j1),...,τ( jq)p( j0, j1,..., jq) ⊂ Uτ( j0),τ( j1),...,τ( jq) .

Definiamo un elemento φ ∈ C q(V ,F ) ponendo :

φ j0, j1,..., jq = rWτ( j0),τ( j1),...,τ( jq)p( j0 , j1 ,..., jq)

V j0 , j1 ,..., jq

(f τ( j0),τ( j1),...,τ( jq)p( j0, j1,..., jq)

)per ( j0, j1, . . . , jq) ∈ Nq(V ) .

Se indichiamo con [φ] l’elemento di C q(X,F ) definito da φ, abbiamo αq([φ]) = γ.

(c) La dimostrazione della surgettivita dell’applicazione C q(X,G )βq−−→ C q(X,H )

e del tutto analoga a quella di (b).

Osserviamo che abbiamo ottenuto, con la dimostrazione di questo teorema,l’enunciato piu preciso :

Proposizione 14.23. Sia X uno spazio topologico e sia

(8.4) 0 −−−−−→ Fα

−−−−−→ G

una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Allora, per ogni q ≥ 0,otteniamo una successione esatta di gruppi abeliani:

(8.5) 0 −−−−−→ C q(X,F )αq

−−−−−→ C q(X,G ) .

Supponiamo ora che X sia paracompatto. Allora se la successione di fasci digruppi abeliani :

(8.6) Fα

−−−−−→ Gβ

−−−−−→ H

e esatta, e esatta anche la successione di gruppi abeliani:

(8.7) C q(X,F )αq

−−−−−→ C q(X,G )βq

−−−−−→ C q(X,H ) .

Come conseguenza del Teorema 14.22 otteniamo il

Page 250: Nacinovich - Geometria differenziale

250 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Teorema 14.24 (Serre). Se X e paracompatto e

(8.2) 0 −−−−−→ Fα

−−−−−→ Gβ

−−−−−→ H −−−−−→ 0

e una successione esatta di gruppi abeliani su X, allora possiamo definire, per ogniintero q ≥ 0, un omomorfismo

(8.8) ϑq : Hq(X,H ) −→ Hq+1(X,F )

in modo tale che la seguente successione lunga di gruppi di coomologia risultiesatta :

(8.9)

0 −−−−−→ H0(X,F )α0∗−−−−−→ H0(X,G )

β0∗−−−−−→ H0(X,H ) −−−−−→

ϑ0−−−−−→ H1(X,F )

α1∗−−−−−→ · · ·

· · ·βq−1∗−−−−−→ Hq−1(X,H ) −−−−−→

ϑq−1−−−−−→ Hq(X,F )

αq∗−−−−−→ Hq(X,G )

βq∗−−−−−→ Hq(X,H ) −−−−−→

ϑq−−−−−→ Hq+1(X,F )

αq+1∗−−−−−→ · · ·

La dimostrazione e conseguenza del Teorema 14.22 e del risultato generale dialgebra omologica:

Teorema 14.25. Siano

(A∗, a∗) = 0→ A0a0

−−−−−→ A1a1

−−−−−→ · · ·aq−1−−−−−→ Aq

aq−−−−−→ Aq+1

aq+1−−−−−→ · · ·

(B∗, b∗) = 0→ B0b0

−−−−−→ B1b1

−−−−−→ · · ·bq−1−−−−−→ Bq

bq−−−−−→ Bq+1

bq+1−−−−−→ · · ·

(C∗, c∗) = 0→ C0c0

−−−−−→ C1c1

−−−−−→ · · ·cq−1−−−−−→ Cq

cq−−−−−→ Cq+1

cq+1−−−−−→ · · ·

complessi di gruppi abeliani e siano, per q intero ≥ 0,

(8.10) Hq(A∗, a∗) =ker aq

im aq−1, Hq(B∗, b∗) =

ker bq

im bq−1, Hq(C∗, c∗) =

ker cq

im cq−1

i loro gruppi di coomologia. Supponiamo siano assegnati per ogni intero q ≥ 0omomorfismi

(8.11) φq : Aq −→ Bq e ψq : Bq −→ Cq

Page 251: Nacinovich - Geometria differenziale

8. IL TEOREMA DI SERRE 251

tali che il diagramma :(8.12)

0 0 0 0y y y y0 −−−−−→ A0

a0−−−−−→ A1

a1−−−−−→ · · ·

aq1−−−−−→ Aq

aq−−−−−→ Aq+1

aq+1−−−−−→ · · ·yφ0

yφ1

yφq

yφq+1

0 −−−−−→ B0b0

−−−−−→ B1b1

−−−−−→ · · ·bq1−−−−−→ Bq

bq−−−−−→ Bq+1

bq+1−−−−−→ · · ·yψ0

yψ1

yψq

yψq+1

0 −−−−−→ C0c0

−−−−−→ C1c1

−−−−−→ · · ·cq1−−−−−→ Cq

cq−−−−−→ Cq+1

cq+1−−−−−→ · · ·y y y y

0 0 0 0sia commutativo e con le colonne esatte. Allora esisono, per ogni intero q ≥ 0,omomorfismi

(8.13) ϑq : Hq(C∗, c∗) −→ Hq+1(A∗, a∗)

tali che la successione lunga di coomologia :(8.14)

0 −−−−−→ H0(A∗, a∗)φ0∗−−−−−→ H0(B∗, b∗)

ψ0∗−−−−−→ H0(C∗, c∗) −−−−−→

ϕ0−−−−−→ H1(A∗, a∗)

φ1∗−−−−−→ · · ·

· · ·ψq−1∗−−−−−→ Hq−1(C∗, c∗) −−−−−→

ϕq−1−−−−−→ Hq(A∗, a∗)

φq∗−−−−−→ Hq(B∗, b∗)

ψ0∗−−−−−→ Hq(C∗, c∗) −−−−−→

ϕq−−−−−→ Hq+1(A∗, a∗)

φq+1∗−−−−−→ · · ·

sia esatta.

Dimostrazione. Costruiamo in primo luogo gli omomorfismi ϑq. A questoscopo dimostriamo che:

(1) Per ogni zq ∈ ker cq esistono yq ∈ Bq ed xq+1 ∈ ker aq+1 tali che :

(8.15)

ψq(yq) = zq

φq+1(xq+1) = bq(yq)

(2) La xq+1 in (8.15) e univocamente determinata modulo l’addizione di unelemento di im aq.

(3) Se z′q e un altro elemento di ker cq, che differisce da zq per un elemento diim cq−1, ed x′q+1 ∈ ker aq+1 y′q ∈ Bq risolvono :

(8.16)

ψq(y′q) = z′qφq+1(x′q+1) = bq(y′q) ,

Page 252: Nacinovich - Geometria differenziale

252 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

allora xq+1 − x′q+1 ∈ im aq.(1) Sia zq ∈ Cq con cq(zq) = 0. Poiche per ipotesi l’omomorfismo ψq : Bq → Cqe surgettivo, esiste un elemento yq ∈ Bq tale che zq = ψq(yq). Risulta:

ψq+1(bq(yq)) = cq(ψq(yq)) = cq(zq) = 0.

Poiche per ipotesi la successione

0 −−−−−→ Aq+1φq+1−−−−−→ Bq+1

ψq+1−−−−−→ Cq+1 −−−−−→ 0

e esatta, vi e un unico elemento xq+1 ∈ Aq+1 tale che

φq+1(xq+1) = bq(yq).

Abbiamo:

φq+2(aq+1(xq+1)) = bq+1(φq+1(xq+1)) = (bq+1 bq)(yq) = 0

e quindiaq+1(xq+1) = 0

perche φq+2 e un omomorfismo iniettivo. Gli elementi yq ∈ Bq e xq+1 ∈ ker aq+1trovati risolvono (8.15).

(2) Siano yq ∈ Bq e xq+1 ∈ ker aq+1 soluzione di :ψq(yq) = zq,

φ(xq+1) = bq(yq).

Allora ψq(yq − yq) = 0 e, per l’esattezza della successione:

0 −−−−−→ Aqφq

−−−−−→ Bqψq

−−−−−→ Cq −−−−−→ 0

esiste un unico elemento xq ∈ Aq tale che yq − yq = φq(xq). Abbiamo percio:

φq+1(xq+1 − xq+1) = bq(yq − yq) = bq(φq(xq)) = φq+1(aq(xq)).

Poiche l’omomorfismo φq+1 : Aq+1 → Bq+1 e iniettivo, ricaviamo che xq+1 =

xq+1 + aq(xq).

(3) Tenuto conto della (2), per dimostrare (3) e sufficiente verificare che, sezq−1 ∈ Cq−1, il sistema :

(∗)

ψq(y′′q ) = cq1(zq−1)φq+1(x′′q+1) = bq(y′′q )

ammette una soluzione y′′q ∈ Bq, x′′q+1 ∈ ker aq+1 con x′′q+1 ∈ im aq. Poiche ψq1 :Bq−1 → Cq−1 e per ipotesi un omomorfismo surgettivo, possiamo trovare yq1 ∈

Bq−1 tale che ψq−1(yq−1) = zq−1. Allora

ψq(bq−1(yq−1)) = cq−1(ψq−1(yq−1)) = cq−1(zq−1)

e quindi, poiche bq(bq−1(yq−1) = 0, la coppia y′′q = bq−1(yq−1), x′′q+1 = 0 e soluzionedi (∗).

Dimostriamo ora l’esattezza di (14.25). Per semplicita di notazioni, dato unqualsiasi elemento xq ∈ ker aq (risp. yq ∈ ker bq, zq ∈ ker cq) indicheremo con [xq]

Page 253: Nacinovich - Geometria differenziale

9. UN TEOREMA DI ALGEBRA OMOLOGICA 253

(risp. [yq], [zq]) la corrispondente classe di q-coomologia in Hq(A∗, a∗) (risp. inHq(B∗, b∗), Hq(C∗, c∗)).

Esatteza in Hq(A∗, a∗) Sia xq ∈ ker aq. Se φq∗([xq]) = 0, allora esiste un elementoyq−1 ∈ Bq−1 tale che φq(xq) = bq−1(yq−1). L’elemento zq−1 = ψq−1(yq−1) di Cq−1soddisfa :

cq−1(zq−1) = cq−1(ψq−1(yq−1)) = ψq(bq−1(yq−1) = ψq φq(xq) = 0.

Quindi zq−1 ∈ ker cq−1 definisce una classe di coomologia [zq−1] in Hq−1(C∗, c∗) eϑq−1([zq−1]) = [xq].

Cio dimostra l’esattezza di (14.25) in Hq(A∗, a∗).

Esatteza in Hq(B∗, b∗) Sia yq ∈ ker bq. Se ψq∗([yq]) = 0, allora esiste zq−1 ∈ Cq−1tale che ψq(yq) = cq−1(zq−1). Poiche abbiamo supposto che ψq−1 : Bq−1 −→ Cq−1sia iniettiva, esiste un elemento yq−1 ∈ Bq−1 tale che zq−1 = ψq−1(yq−1). Abbiamoallora:

ψq(yq − bq−1(yq−1)) = ψ(yq) − cq(ψq−1(yq−1)) = ψ(yq) − cq(zq−1) = 0.

Per l’esattezza della successione

0 −−−−−→ Aqφq

−−−−−→ Bqψq

−−−−−→ Cq −−−−−→ 0

v’e un unico xq ∈ Aq tale che φq(xq) = yq − bq−1(yq−1). Abbiamo

φq+1(aq(xq)) = bq(φq(xq)) = bq(yq − bq−1(yq−1)) = 0.

Per l’iniettivita dell’omomorfismo φq+1 : Aq+1 → Bq+1, otteniamo che aq(xq) = 0.Quindi xq definisce una classe di coomologia [xq] ∈ Hq(A∗, a∗) tale che

φq∗([xq]) = [φq(xq)] = [yq + bq−1(yq−1)] = [yq].

Questo dimostra l’esattezza di (14.25) in Hq(B∗, b∗).

Esatteza in Hq(C∗, c∗) Sia zq ∈ ker cq e siano yq ∈ Bq, xq+1 ∈ ker aq+1 tali chevalga la (8.15). Sia [zq] ∈ Hq(C∗, c∗) la classe di coomologia definita da zq. Seϑq([zq]) = 0, allora esiste un elemento xq ∈ Aq tale che xq+1 = aq(xq). Abbiamo

bq(yq) = φq+1(xq+1) = φq+1(aq(xq)) = bq(φq(xq)).

Quindi y′q = yq − φq(xq) ∈ ker bq e definisce pertanto una classe di coomologia[y′q] ∈ Hq(B∗, b∗) tale che :

ψq∗([y′q]) = [ψq(y′q)] = [ψq(yq)] = [zq] .

Questo dimostra l’esattezza di (14.25) in Hq(C∗, c∗).

9. Un teorema di algebra omologica

In questo paragrafo enunceremo e dimostreremo un risultato generale sui com-plessi bi-graduati che utilizzeremo poi nei paragrafi successivi per discutere alcuneproprieta della coomologia di Cech.

Page 254: Nacinovich - Geometria differenziale

254 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Definizione 14.30. Un complesso doppio di cocatene e il dato di una famigliaAr,sr,s∈N di gruppi abeliani, indicizzati con le coppie di interi non negativi, e didue famiglie di omomorfismi:

(9.1) d′ = d′r,s : Ar,s −→ Ar+1,s e d′′r,s : Ar,s −→ Ar,s+1 ∀r, s ∈ N

tali che:

(9.2)

d′r+1,s d′r,s = 0 ∀r, s ∈ N ,d′′r,s+1 d′′r,s = 0 ∀r, s ∈ N ,d′r,s+1 d′′r,s + d′′r+1,s d′r,s = 0 ∀r, s ∈ N .

Poniamo A =⊕

(r,s)∈N2 Ar,s e definiamo d′ : A→ A e d′′ : A→ A mediante

d′((ar,s)r,s∈N) = (a′r,s)r,s∈N con

a′0,s = 0 ea′r,s = d′r−1,s(ar−1,s) se r ≥ 1 ,

(9.3)

d′′((ar,s)r,s∈N) = (a′′r,s)r,s∈N con

a′′r,0 = 0 ea′′r,s = d′′r,s−1(ar,s−1) se s ≥ 1 .

(9.4)

Definiamo poi

(9.5) d : A 3 a −→ d′(a) + d′′(a) ∈ A.

La (9.2) si puo esprimere mediante:

(9.6) d d = 0.

Poniamo :

(9.7) A[q] =⊕r+s=q

Ar,s.

Allora d(A[q]) ⊂ A[q+1]. Risulta quindi definito, per ogni intero q ≥ 0, un omomor-fismo dq = d : A[q] 3 a[q] → d(a[q]) ∈ A[q+1] con dq+1 dq = 0 per ogni q ≥ 0, ed = (dq) e il differenziale totale del complesso :

(9.8) 0 −−−−−→ A[0]d0

−−−−−→ A[1]d1

−−−−−→ A[2]d2

−−−−−→ · · ·

Indicheremo i gruppi di coomologia del complesso totale con :

(9.9) Hq(A[∗], d∗) =ker dq

im dq−1.

Abbiamo poi le due famiglie numerabili di complessi di cocatene

(A∗,s, d′∗,s) =

0 −−−−−→ A0,s

d′0,s−−−−−→ A1,s

d′1,s−−−−−→ A2,s

d′2,s−−−−−→ · · ·

per ogni s ∈ N,

(Ar,∗, d′′r,∗) =

0 −−−−−→ Ar,0

d′′0,s−−−−−→ Ar,1

d′′1,s−−−−−→ Ar,2

d′′2,s−−−−−→ · · ·

per ogni r ∈ N,

Page 255: Nacinovich - Geometria differenziale

9. UN TEOREMA DI ALGEBRA OMOLOGICA 255

e indicheremo i loro gruppi di coomologia con :

(9.10)

′′Eq,s= Hq(A∗,s, d′∗,s) =

ker d′q,sim d′q−1,s

ed

′Er,q= Hq(Ar,∗, d′′r,∗) =

ker d′′r,qim d′′r,q−1

.

La successione spettrale4 mette in relazione i gruppi di coomologia Hq(A∗,s, d′∗,s),Hq(Ar,∗, d′′r,∗) e i gruppi di coomologia Hq(A[∗], d∗) del complesso totale.

Osserviamo che per le (9.2) abbiamo in particolare :

d′r,s(ker d′′r,s) ⊂ ker d′′r+1,s e d′r,s(im d′′r,s−1) ⊂ im d′′r,s ,

ove abbiamo posto per convenzione d′−1,s = 0 e d′′r,−1 = 0 per ogni r, s ∈ N. Definia-

mo gli omomorfismi [d′r,s] : ′Er,s→ ′Er+1,s per passaggio al quoziente, mediante

il diagramma commutativo a righe esatte:

(9.11)

0 −−−−−→ im d′′r,s−1 −−−−−→ ker d′′r,s −−−−−→ ′Er,s−−−−−→ 0

d′r,s−1

y d′r,s

y y[d′r,s]

0 −−−−−→ im d′′r+1,s−1 −−−−−→ ker d′′r+1,s −−−−−→′Er+1,s

−−−−−→ 0

Per ogni intero s ≥ 0, otteniamo un complesso:

(9.12) 0 −−−−−→ ′E0,s[d′0,s]−−−−−→ ′E1,s

[d′1,s]−−−−−→ ′E2,s

[d′2,s]−−−−−→ · · ·

In modo analogo, definendo gli omomorfismi [d′′r,s] : ′′Er,s→ ′′Er,s+1 mediante i

diagrammi commutativi a righe esatte:

(9.13)

0 −−−−−→ Im d′r−1,s −−−−−→ ker d′r,s −−−−−→′′Er,s

−−−−−→ 0

d′′r−1,s

y d′′r,s

y y[d′′r,s]

0 −−−−−→ Im d′r−1,s+1 −−−−−→ ker d′r,s+1 −−−−−→′′Er,s+1

−−−−−→ 0

ed otteniamo quindi, per ogni intero r ≥ 0, un complesso :

(9.14) 0 −−−−−→ ′′Er,0[d′′r,0]−−−−−→ ′′Er,1

[d′′r,1]−−−−−→ ′′Er,2

[d′′r,2]−−−−−→ · · ·

Indichiamo come al solito con

(9.15) Hq(′E∗,s, [d′∗,s]) =ker[d′q,s]

im [d′q−1,s]e Hq(′′Er,∗, [d′′r,∗]) =

ker[d′′r,q]

im [d′r,q−1]

i gruppi di coomologia dei complessi (9.12) e (9.14).

4Vedi ad esempio : Roger Godement: Topologie algebrique et theorie des faisceaux (Troi-sieme edition revue et corrigee, Publications de l’Institut de Mathematique de l’Universite deStrasbourg, XIII, Actualites Scientifiques et Industrielles, No. 1252), Hermann, Paris, 1973, ppviii+283.

Page 256: Nacinovich - Geometria differenziale

256 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Lemma 14.26. Per ogni intero q ≥ 0 vi e un unico omomorfismo

(9.16) ′q : Hq(′E∗,0, [d′∗,0])→ Hq(A[∗], d∗)

che renda commutativo il diagramma a colonne esatte:

(9.17)

ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0 −−−−−→ ker dqy yHq(′E∗,0, [d′

∗,0]) −−−−−→ Hq(A[∗], d∗)y y0 0

Dimostrazione. Ogni elemento di Hq(′E∗,0, [d′∗,q]) e rappresentato da una clas-se di coomologia di H0(Aq,∗, d′′q,∗), cioe da un xq,0 ∈ ker d′′q,0.

La condizione di cociclo [d′q,0][xq,0] = 0 da d′q,0xq,0 = 0 e dunque abbiamo

un’applicazione surgettiva naturale ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0@ >>> Hq(′E∗,0, [d′∗,0]). Os-

serviamo che se xq,0 ∈ ker d′q,0∩ker d′′q,0, allora d xq,0 = dqxq,0 = d′q,0xq,0+d′′q,0xq,0 =

0 e quindi ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0 → ker dq. Se xq,0 = d′xq−1,0 = d′q−1,0xq−1,0 per unelemento xq−1,0 ∈ ker d′′q−1,0, allora abbiamo d xq−1,0 = d′xq−1,0 = xq,0. Quindil’inclusione ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0 → ker dq trasforma cobordi in cobordi ed otteniamoper passaggio al quoziente il diagramma commutativo (9.17).

Osservazione 14.27. Siano q ed s due interi con q ≥ 0 ed s > 0. Un elementodi ′Eq,s e la classe di equivalenza in Hs(Aq,∗, d′′q,∗) di un elemento xq,s ∈ Aq,s chesoddisfa d′′xq,s = 0. Supponiamo che esso rappresenti un cociclo, cioe che

[d′][xq,s] = [d′xq,s] = 0 in Hs(Aq+1,∗, d′′q+1,∗).

Poiche s > 0, cio significa che esiste un elemento xq+1,s−1 ∈ Aq+1,s−1 tale ched′xq,s = d′′xq+1,s−1.

Vale la seguente :

Proposizione 14.28. Con le notazioni introdotte sopra : se′Eq, j

= H j(Aq,∗, d′′q,∗) = 0

per ogni coppia d’interi j, q > 0, allora gli omomorfismi

′q : Hq(′E∗,0, [d′∗,0])@ >>> Hq(A[∗], d∗)

sono isomorfismi per ogni intero q ≥ 0.

Dimostrazione. Osserviamo che per q = 0 abbiamo

H0(′E∗,0, [d′∗,0]) ' ker d′0,0 ∩ d′′0,0, H0(A[∗], d∗) ' ker d0 ,

e quindi ′0 e sempre un isomorfismo perche ker d0 = ker d′0,0 ∩ d′′0,0.

Dimostriamo ora l’ismomorfismo per q > 0.

Page 257: Nacinovich - Geometria differenziale

9. UN TEOREMA DI ALGEBRA OMOLOGICA 257

′q e iniettiva. Sia xq,0 ∈ ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0 un rappresentante di una classe di

Hq(′E∗,0, [d′∗,0]). Se ′q([xq,0]) = 0, esiste un elemento y[q−1] ∈ A[q−1] tale che

dq−1y[q−1] = xq,0. Decomponiamo y[q−1] :

y[q−1] = yq−1,0 + yq−2,1 + · · · + y1,q−2 + y0,q−1, con yr,s ∈ Ar,s .

L’equazione dq−1y[q−1] = xq,0 equivale al sistema :

(∗)

d′q−1,0yq−1,0 = xq,0

d′q−2,1yq−2,1 + d′′q−1,0yq−1,0 = 0. . . . . .

d′0,q−1y0,q−1 + d′′1,q−2y1,q−2 = 0d′′0,q−1y0,q−1 = 0 .

In particolare, xq,0 definisce la classe nulla in Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) se esiste una soluzio-

ne y[q] di (∗) con y j,q− j−1 = 0 per ogni j < q − 1.Se q = 1, ogni soluzione di (∗) e della forma y[0] = y0,0. Quindi : ′1 e sempre

iniettiva.Per dimostrare l’iniettivita di ′q per gli interi q > 1, dimostreremo per ricor-

renza che per ogni 0 ≤ k ≤ q − 1

(P′k) esiste una soluzione yk[q−1] di (∗) con yk

j,q− j−1 = 0 se j < k.

Abbiamo gia osservato che l’ipotesi che ′q([xq,0]) = 0 ci dice che cio e vero perk = 0. Supponiamo ora, per un intero k con 0 ≤ k < q − 1, di avere una soluzioneyk

[q−1] di dq−1yk[q−1] = xq,0 con yk

j,q− j−1 = 0 se j < k. In particolare per (∗) risultad′′k,q−k−1yk

k,q−k−1 = 0. E (q−k−1) > 0 e percio per ipotesi Hq−k−1(Ak,∗, d′′k,∗) = 0 edunque esiste un elemento zk,q−k−2 ∈ Ak,q−k−2 tale che d′′k,q−k−2zk,q−k−2 = yk

k,q−k−1.Allora yk+1

[q−1] = yk[q−1] − dq−2 zk,q−k−2 soddisfa dq−1 yk+1

[q−1] = xq,0 e yk+1j,q− j−1 = 0 se

j < k + 1.La yq−1

[q−1] e della forma yq−1[q−1] = xq−1,0 e quindi l’equazione d[q−1]y

q−1[q−1] =

xq,0 significa che d′q−1,0xq−1,0 = xq,0 e d′′q−1,0xq−1,0 = 0. Questo prova che xq,0

rappresenta la classe di coomologia nulla in Hq(′E∗,0, [d′∗,0]).

′q e surgettiva. Sia η una classe di coomologia in Hq(A[∗], d∗). Sia x[q] ∈ ker dqun suo rappresentante. Scriviamo xq = xq,0 + xq−1,1 + · · ·+ x1,q−1 + x0,q. L’equazionedqx[q] = 0 equivale al sistema :

(∗∗)

d′q,0xq,0 = 0d′q−1,1xq−1,1 + d′′q,0xq,0 = 0

. . . . . .

d′0,qx0,q + d′′1,q−1x1,q−1 = 0d′′0,qx0,q = 0 .

Se fosse x j,q− j = 0 per ogni j < q, allora x[q] = xq,0 e per (∗∗) l’elemento xq,0apparterrebbe a ker d′′q,0 ∩ ker d′q,0 e definirebbe una classe di coomologia ξ di

Page 258: Nacinovich - Geometria differenziale

258 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) con ′q(ξ) = η. Per dimostrare la surgettivita di ′q dimostreremo

quindi per ricorrenza:

(P′′k )

per ogni intero k con 0 ≤ k ≤ q esiste un rappresentante

xk[q] ∈ ker dq di η con xk

j,q− j = 0 per ogni intero j < k.

Per k = 0 possiamo scegliere come x0[q] un qualsiasi rappresentante di η in ker dq.

Supponiamo ora che 0 < k < q e vi sia un xk[q] ∈ η con xk

j,q− j = 0 per ogni interoj < k. Abbiamo in particolare d′′k,q−kxk,q−k = 0. Poiche q − k > 0, per ipotesiHq−k(Ak,∗, d′′k,∗) = 0 e quindi esiste yk,q−k−1 ∈ Ak,q−k−1 tale che d′′k,q−k−1yk,q−k−1 =

xk,q−k. Poniamo allora xk+1[q] = xk

[q] − dq−1yk,q−k−1, ottenendo in questo modo unelemento xk+1

[q] ∈ η con xk+1j,q− j = 0 se j < k + 1.

Per k = q, l’elemento xq[q] = xq

q,0 ∈ ker d′q,0 ∩ ker d′′q,0 definisce una classe

ξ ∈ Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) con ′q(ξ) = η.

In modo del tutto analogo, abbiamo:

Proposizione 14.29. Per ogni intero q ≥ 0 vi e un unico omomorfismo

(9.18) ′′q : Hq(′′E0,∗, [d′′0,∗]) −→ Hq(A[∗], d∗)

che renda commutativo il diagramma a colonne esatte:

(9.19)

ker d′0,q ∩ ker d′′0,q −−−−−→ ker dqy yHq(′′E0,∗, [d′′0,∗]) −−−−−→ Hq(A[∗], d∗)y y

0 0Se

′′E j,q= H j(A∗,q, d′∗,q) = 0

per ogni coppia d’interi j, q > 0, allora gli omomorfismi (9.18) sono isomorfismiper ogni intero q ≥ 0.

10. Il teorema di Leray sui ricoprimenti aciclici

Sia S un fascio su uno spazio topologico X. Ad ogni aperto Ω di X associamola restrizione S |Ω di S ad Ω. Essa si definisce con la corrispondenza che ad ogniaperto U di Ω associa il gruppo S |Ω(U) = S (U).

Se q e un intero non negativo, porremo Hq(Ω,S ) := Hq(Ω,S |Ω). Per ogniricoprimento aperto U = Uii∈I di X, U ∩ Ω := Ui ∩ Ωi∈I e un ricoprimentoaperto di Ω. Possiamo quindi definire per ogni intero q ≥ 0 delle applicazioninaturali :

C q(U ,S )ρU

U ∩Ω−−−−−→ C q(U ∩Ω,S |Ω) −−−−−→ C q(Ω,S |Ω) := C q(Ω,S ) .

Page 259: Nacinovich - Geometria differenziale

10. IL TEOREMA DI LERAY SUI RICOPRIMENTI ACICLICI 259

Poiche le operazioni di restrizione e di cobordo commutano, avremo anche :

ρUU ∩Ω(Z q(U ,S )) ⊂ Z q(U ∩Ω,S ) , ρU

U ∩Ω(Bq(U ,S )) ⊂ Bq(U ∩Ω,S ) ,

Fissato un ricoprimento aperto U , definiamo per ogni intero q ≥ 0 il fascio C qU

S ,facendo corrispondere ad ogni aperto Ω di X il gruppo C q(U ∩Ω,S ).

Poiche S e un fascio, per ogni aperto Ω di X abbiamo una successione esatta :

(10.1)0 −−−−−→ S (Ω)

ıΩ−−−−−→ C 0

US (Ω)

δU ∩Ω0−−−−−→ C 1

U S (Ω)∥∥∥∥ ∥∥∥∥C 0(U ∩Ω,S ) C 1(U ∩Ω,S )

ed otteniamo percio la successione esatta di fasci

0 −−−−−→ Sı

−−−−−→ C 0U

SδU ∩∗

q−−−−−→ C 1

U S .

Gli omomorfismi di cobordo δU ∩Ωq : C q

US (Ω) → C q+1

US (Ω) definiscono un

omomorfismo di fasci :

(10.2) δU ∩∗q : C q

US −→ C q+1

US .

Vale il seguente :

Lemma 14.30. Se U e un ricoprimento aperto localmente finito di X, allora lasuccessione di fasci di gruppi abeliani Sia X uno spazio paracompatto. Allora, perogni fascio di gruppi abeliani S su X, la successione di fasci :

(10.3)0 −−−−−→ S

ı−−−−−→ C 0

US

δU ∩∗0−−−−−→ C 1

U SδU ∩∗

1−−−−−→ · · ·

· · ·δU ∩∗

q−2−−−−−→ C q−1

US

δU ∩∗q−1−−−−−→ C q

US

δU ∩∗q−−−−−→ C q+1

US

δU ∩∗q+1−−−−−→ · · ·

e esatta.5

Dimostrazione. Abbiamo osservato sopra che im ı = ker δU ∩∗0 .

Resta quindi da dimostrare che im δU ∩∗q−1 = ker δU ∩∗

q quando q > 0.Sia q > 0, p ∈ X e sia ξ ∈ C q

US p con dU ∩∗q (ξ) = 0. Possiamo rappresentare

ξ mediante una f ∈ C q(U ∩ Ω,S ), ove Ω e un intorno aperto di p in X. Ameno di sostituire Ω con un intorno piu piccolo di p in X, possiamo supporre cheδU ∩Ω

q ( f ) = 0.Sia Ip l’insieme finito degli indici i ∈ I per cui p ∈ Ui. Allora

W = Ω ∩

⋂i∈Ip

Ui

\ ⋃

i∈I\Ip

Ui

e un intorno aperto di p in X e U ∩ W contiene solo un numero finito di apertinon vuoti, tutti contenenti il punto p. Inoltre per ogni (i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ∩

W) abbiamo W ⊂ Ui0,i1,...,iq . Definiamo allora φ ∈ C q−1(U ∩ W,S ) fissando

5Diciamo anche che (10.3) e una risoluzione del fascio S .

Page 260: Nacinovich - Geometria differenziale

260 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

arbitrariamente un indice i0 ∈ Ip e ponendo φi1,...,iq = rUi0 ,i1 ,...,iqUi1 ,...,iq∩W( fi0,i1,...,iq). Abbiamo

(dove per semplicita di notazione abbiamo omesso le funzioni di restrizione) :(δq−1(φ)

)j0, j1,..., jq

=

q∑h=0

(−1)h fi0, j0,..., jh,..., jq = f j0,..., jq ,

per la condizione che δU ∩Ωq ( f ) = 0.

La dimostrazione e completa.

Dalla Proposizione 14.23 otteniamo allora :

Proposizione 14.31. Sia U un ricoprimento aperto localmente finito di uno spazioparacompatto X. Allora per ogni fascio di gruppi abeliani S su X e per ogni interoq ≥ 0 abbiamo una successione esatta di gruppi abeliani :

(10.4)

0 −−−−−→ C q(X,S )ıq

−−−−−→ C q(X,C 0U

S ) −−−−−→

(dU ∩∗0 )q−−−−−−→ C q(X,C 1

U S )(dU ∩∗1 )q−−−−−−→ · · ·

· · ·(dU ∩∗h−2 )q−−−−−−→ C q(X,C h−1

US ) −−−−−→

(dU ∩∗h−1 )q−−−−−−→ C q(X,C h

US )

(dU ∩∗h )q−−−−−−→ C q(X,C h+1

US )

(dU ∩∗h+1 )q−−−−−−→ · · ·

Un ricoprimento aperto U = Uii∈I di X si dice S -aciclico se

(10.5) H j(Ui0,i1,...,iq ,S ) = 0 ∀q ≥ 0 , ∀(i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ), ∀ j > 0 .

Vale il :

Teorema 14.32 (Leray). Sia S un fascio su uno spazio topologico paracompattoX. Se U e un ricoprimento aperto localmente finito ed S -aciclico di X, allora gliomomorfismi naturali :

(10.6) Hq(U ,S ) −→ Hq(X,S )

sono isomorfismi per ogni intero q ≥ 0.

Dimostrazione. Poniamo

Ar,s = C r(X,C sU S )

per ogni coppia di interi r, s ≥ 0, e definiamo gli omomorfismid′r,s : Ar,s −→ Ar+1,s

d′′r,s : Ar,s −→ Ar,s+1

ponendo d′r,s uguale al differenziale del complesso :

0 −−−−−→ C 0(X,C sU

S )δ0

−−−−−→ C 1(X,C sU

S )δ1

−−−−−→ · · ·

· · ·δq−1−−−−−→ C q(X,C s

US )

δq−−−−−→ C q+1(X,C s

US )

δq+1−−−−−→ · · ·

Page 261: Nacinovich - Geometria differenziale

10. IL TEOREMA DI LERAY SUI RICOPRIMENTI ACICLICI 261

e definendo d′′r,s come gli omomorfismi indotti da quelli del complesso di fasci(10.3):

d′′r,s = (δU ∩∗r )s : C r(X,C s

U S ) −→ C r(X,C s+1U S ) .

Per la Proposizione 14.31, abbiamo ′Er,s = 0 per ogni r ≥ 0 ed ogni s > 0 ed′Er,0 = C r(X,S ). Abbiamo percio :

Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) = Hq(X,S )

e, per la Proposizione 9, l’applicazione :

′q : Hq(X,S ) −→ Hq(A[∗], d∗)

e un isomorfismo per ogni q ≥ 0. Osserviamo come questo isomorfismo sia conse-guenza delle ipotesi che X sia paracompatto ed U localmente finito, e sia valido aprescindere dall’ipotesi che U sia S -aciclico.

Indichiamo, per ogni q ≥ 0, con Nq(U ) l’insieme :

Nq(U ) =i0, i1, . . . , iq | (i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U )

.

Abbiamo allora :

Ar,s '∏i0,i1,...,is∈Ns(U )

C r(Ui0,i1,...,is ,S ) .

Per verificare questo isomorfismo, definiamo per ogni aperto Ω di X il fascio S Ω

mediante :S Ω(U) = S (U ∩Ω) per ogni aperto U di X.

Il fascio C sU

S e prodotto diretto, localmente finito, dei fasci S Ui0 ,i1 ,...,is . Per laProposizione 14.31 l’isomorfismo di fasci :

C sU S '

∏i0,i1,...,is∈Ns(U )

S Ui0 ,i1 ,...,is

da l’isomorfismo di gruppi abeliani :

Ar,s = C r(X,C sU S )

'∏i0,i1,...,is∈Ns(U )

C r(X,S Ui0 ,i1 ,...,is )

'∏i0,i1,...,is∈Ns(U )

C r(Ui0,i1,...,is ,S ) .

Gli omomorfismi d′r,s si fattorizzano attraverso gli omomorfismi

δUi0 ,i1 ,...,isr : C r(Ui0,i1,...,is ,S ) −→ C r+1(Ui0,i1,...,is ,S ) .

Quindi l’ipotesi che il ricoprimento U sia S -aciclico ci da ′′Er,s = 0 per ognis ≥ 0 ed ogni r > 0.

Abbiamo poi : ′′E0,s' C s(U ,S )

Auindi, per la Proposizione 14.29, per ogni ricoprimento aperto localmentefinito U di X paracompatto l’omomorfismo

′′q : Hq(′′E0,∗, [d′′0,∗]) ' Hq(U ,S ) −→ Hq(A[∗], d∗)

e un isomorfismo per ogni q ≥ 0.

Page 262: Nacinovich - Geometria differenziale

262 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Componendo i due isomorfismi, per ogni intero q ≥ 0, otteniamo l’ismomorfi-smo cercato :

( ′′q )−1 ′q : Hq(X,S )'

−−−−−→ Hq(U ,S ), ∀q ≥ 0 .

Osservazione 14.33. Ricordiamo che, senza nessuna ipotesi sul ricoprimento U ,ma come conseguenza della definizione di fascio, l’omomorfismo

H0(U ,S ) −→ H0(X,S )

e sempre un isomorfismo e che l’omomorfismo

H1(U ,S ) −→ H1(X,S )

e sempre iniettivo.

11. Il Teorema di de Rham

Sia S un fascio di gruppi abeliani su uno spazio topologico X. Si dice risolu-zione di S una qualsiasi successione esatta di fasci su X:

(11.1) 0 −−−−−→ Sı

−−−−−→ S0α0

−−−−−→ S1α1

−−−−−→ S2α2

−−−−−→ · · ·

La risoluzione (11.1) di S si dice aciclica se Hq(X,Sh) = 0 per ogni q > 0 edh ≥ 0.

Teorema 14.34 (de Rham). Se X e uno spazio paracompatto e (11.1) e una ri-soluzione aciclica di un fascio S su X, allora i gruppi di coomologia di CechHq(X,S ) sono isomorfi ai gruppi di coomologia Hq(S∗(X), α∗) del complesso :(11.2)

0 −−−−−→ S0(X)α0∗−−−−−→ S1(X)

α1∗−−−−−→ S2(X)

α2∗−−−−−→ S3(X)

α3∗−−−−−→ · · ·

Dimostrazione. Utilizziamo i risultati e le notazioni del paragrafo §9. Per ognicoppia di interi non negativi r, s definiamo il gruppo abeliano

Ar,s = C r(X,Ss) .

Definiamo un complesso doppio di cocatene introducendo gli omomorfismi :

d′r := δr : Ar,s = C r(X,Ss) 3 f −→ δr( f ) ∈ Ar+1,s = C r+1(X,Ss) ,

d′′s := (−1)r(αs∗)r : Ar,s = C r(X,Ss) 3 f −→ (−1)r(αs∗)r( f ) ∈ C r(X,Ss+1) .Per l’ipotesi che (11.1) sia una risoluzione e per la Proposizione 14.23, ′Er,s = 0per ogni r ≥ 0 e per ogni s > 0. Per l’ipotesi che (11.1) sia aciclica, ′′Er,s = 0 perogni r > 0 e per ogni s ≥ 0. Abbiamo poi :

′Er,0 = C r(X,S ) e Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) = Hq(X,S ) ;

′′E0,s = Ss(X) e Hq(′′E0,∗, [d′′0,∗]) = Hq(S∗(X), α∗) .

Per la Proposizione 9, per ogni q ≥ 0 l’omomorfismo

′q : Hq(′E∗,0, [d′∗,0]) = Hq(X,S ) −→ Hq(A[∗], d∗)

e un isomorfismo. Per la Proposizione 14.29, per ogni q ≥ 0 l’omomorfismo

′′q : Hq(′′E0,∗, [d′′0,∗]) = Hq(S∗(X), α∗) −→ Hq(A[∗], d∗)

Page 263: Nacinovich - Geometria differenziale

12. FASCI FIACCHI 263

e un isomorfismo. Allora

( ′′q )−1 ′q : Hq(X,S ) −→ Hq(S∗(X), α∗)

e per ogni q ≥ 0 l’ismomorfismo cercato.

Osservazione 14.35. L’isomorfismo ′q : Hq(X,S ) −→ Hq(A[∗], d∗) vale sotto lasemplice ipotesi che (11.1) sia una risoluzione di S . Quindi, sotto questa ipotesie comunque definito un omomorfismo

′′q : Hq(S∗(X), α∗) −→ Hq(X,S ) .

Esso e un isomorfismo quando (11.1) e aciclica su X.

12. Fasci fiacchi

Per utilizzare il Teorema di de Rham, e utile definire alcune categorie di fasciche sono coomologicamente banali: risoluzioni acicliche ottenute utilizzando fascidi questi tipi ci permettono di ricondurre il calcolo della coomologia di Cech aquello della coomologia di complessi differenziali.

Definizione 14.31. Un fascio F su uno spazio topologico X si dice fiacco se perogni aperto Ω di X l’applicazione di restrizione : rX

Ω: F (X) −→ F (Ω) e surgettiva.

Esempio 14.7. Consideriamo su CPn la topologia di Zariski, in cui gli aperti so-no i complementari di sottovarieta algebriche. Allora il fascio C˜ delle funzionilocalmente costanti su CPn e fiacco.

Esempio 14.8. Sia S un fascio su uno spazio topologico X. Indichiamo con S ]

il fascio dei germi di sezioni discontinue6 di S , associato al prefascio canonico

Ap(X) 3 U −→ f ∈ S U | π f(p) = p, ∀p ∈ U.

Il fascio S ] e un fascio fiacco ed abbiamo un ovvio morfismo iniettivo di fasciS → S ].

Proposizione 14.36. L’immagine diretta di un fascio fiacco mediante un’applica-zione continua e un fascio fiacco.

Dimostrazione. Sia Sπ−−→ X un fascio fiacco sullo spazio topologico X, Y un

altro spazio topologico ed f ∈ C (X,Y). Sia V un aperto di Y . Abbiamo allora undiagramma commutativo

S (X)rX

f−1(V)−−−−−→ S ( f −1(V))∥∥∥∥ ∥∥∥∥

f∗S (Y) −−−−−→rY

V

f∗S (V).

Dalla surgettivita di S (X)rX

f−1(V)−−−−−→ S ( f −1(V)) segue quella di f∗S (Y)

rYV−−→ f∗S (V).

6Cioe non necessariamente continue.

Page 264: Nacinovich - Geometria differenziale

264 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

Proposizione 14.37. Sia

0 −−−−−→ S ′φ

−−−−−→ Sψ

−−−−−→ S ′′ −−−−−→ 0una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Se S ′ e fiacco, allora, perogni aperto U di X la successione

0 −−−−−→ S ′(U)φ

−−−−−→ S (U)ψ

−−−−−→ S ′′(U) −−−−−→ 0

Dimostrazione. Poiche la restrizione ad un aperto di un fascio fiacco e ancoraun fascio fiacco, possiamo, per semplicita, limitarci a considerare il caso in cuiU = X. L’esattezza in S ′(X) ed S (X) e conseguenza della definizione di fascio.Bastera quindi dimostrare che ψ : S (X) → S ′′(X) e surgettiva. Sia s′′ ∈ S ′′(X)e consideriamo la famiglia

Φ = (U, sU) | U ∈ Ap(X), sU ∈ S (U), ψ(sU) = s′′|U.

Introduciamo la relazione d’ordine su Φ:

(U, sU) (V, sV )⇐⇒ U ⊂ V, sU = sV |U .

Chiaramente Φ e una famiglia induttiva. Per il Lemma di Zorn essa ammette unelemento massimale (U0, sU0). Se U0 = X, abbiamo ottenuto la tesi. Supponiamoper assurdo che U0 , X e sia p0 ∈ U0. Vi e allora un intorno V di p0 in X ed unasezione sV ∈ S (V) tale che ψ(sV ) = s′′|V . Se V ∩ U0 = ∅, allora

sU0∪V =

sU0 su U0,

vV su V

ci da un elemento (U0 ∪ V, sU0∪V ) (U0, sU0), contraddicendo la massimalita.Quindi U0∩V , ∅ e ψ(uU0 |U0∩V −uV |U0∩V ) = 0. Esiste allora s′U0∩V ∈ S ′(U0∩V)tale che φ(s′U0∩V ) = uU0 |U0∩V − uV |U0∩V . Poiche S ′ e fiacco, abbiamo s′U0∩V =

s′|U0∩V per una s′ ∈ S ′(X). Allora

sU0∪V =

sU0 su U0,

sV + φ(s′)|V su V

e un elemento di S (U0 ∪ V) e (U0 ∪ V, sU0∪V ) (U0, sU0) contraddice la massi-malita. Quindi U0 = X. La dimostrazione e completa.

Segue allora

Proposizione 14.38. Sia

0 −−−−−→ S ′φ

−−−−−→ Sψ

−−−−−→ S ′′ −−−−−→ 0una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Se S ′ e S sono fiacchi,allora anche S ′′ e fiacco.

Dimostrazione. Se U e un aperto di X ed s′′U ∈ S ′′(U), per la Proposizio-ne 14.37 esiste un sU ∈ S (U) tale che φ(sU) = s′′U . Poiche abbiamo supposto cheS fosse fiacco, vi e una s ∈ S (X) tale che sU = s|U . E allora ψ(s) ∈ S ′(X) eψ(s)|U = s′′U .

Page 265: Nacinovich - Geometria differenziale

12. FASCI FIACCHI 265

Proposizione 14.39. Se

0 −−−−−→ S 0 δ0−−−−−→ S 1 δ1

−−−−−→ S 2 −−−−−→ · · ·

e una successione esatta di fasci di gruppi abeliani fiacchi, allora, per ogni apertoU di X, la successione di gruppi abeliani

0 −−−−−→ S 0(U)δ0

−−−−−→ S 1(U)δ1

−−−−−→ S 2(U) −−−−−→ · · ·

e esatta.

Dimostrazione. L’esattezza in S 0(U) e conseguenza della definizione di fa-scio. Per ogni h ≥ 0 abbiamo per ipotesi una successione esatta corta di fasci

0 −−−−−→ ker δh˜ −−−−−→ S h δh−−−−−→ ker δh+1˜ −−−−−→ 0.

Dalla Proposizione 14.38 segue per ricorrenza che tutti i fasci ker δh˜ sono fiacchi.La tesi segue allora dalla Proposizione 14.37.

Vale il seguente :

Lemma 14.40. Se F e un fascio di gruppi abeliani fiacco su X, allora

(12.1) Hq(U ,F ) = 0

per ogni q > 0 ed ogni ricoprimento aperto localmente finito U di X.

Dimostrazione. Sia q > 0 e sia f = ( fi0,i1,...,iq) ∈ Z q(U ,F ). Sia ≺ un buonordinamento di I. Per ogni i ∈ I che non sia massimo in I, indicheremo con i + 1l’elemento di I successivo ad i : i + 1 e il minimo dell’insieme j ∈ I | j i. Perogni i ∈ I definiamo gli aperti :

Ωi =⋃j≺i

U j e Ω′i = Ui ∪Ωi .

Supponiamo che, per un indice ν ∈ I fissato, f (ν) ∈ Z q(U ,S ) abbia la proprieta :

(†) rUi0 ,i1 ,...,iq

Ui0 ,i1 ,...,iq∩Ων( f (ν)

i0,i1,...,iq) = 0 ∀(i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ).

Esiste allora una ψ(ν) ∈ C q−1(U ,S ) tale che

(i) rUi1 ,...,iq

Ui1 ,...,iq∩Ων(ψ(ν)

i1,...,iq) = 0 ∀(i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ) ,

(ii) ψ(ν)i1,...,iq

= 0 se (ν, i1, . . . , iq) < Nq(U )

(iii) rUi0 ,i1 ,...,iq

Ui0 ,i1 ,...,iq∩Ω′ν(( f (ν) − δq−1ψ

(ν))i0,i1,...,iq) = 0 ∀(i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ) .

Per ogni (i1, . . . , iq) ∈ Nq−1(U ) per cui (ν, i1, . . . , iq) ∈ Nq(U ), vi e un elementoη ∈ S (Uν,i1,...,iq ∪ Ων) la cui restrizione a Uν,i1,...,iq e f (ν)

ν,i1,...,iqe la cui restrizione a

Ων e 0. Poiche il fascio S e fiacco, vi e allora una η ∈ S (X) la cui restrizionea Uν,i1,...,iq ∪ Ων e uguale a η. Definiamo ψ(ν)

i1,...,iqcome la restrizione di η a Ui1,...,iq .

Se (ν, i1, . . . , iq) < Nq(U ) poniamo ψ(ν)i1,...,iq

= 0 su Ui1,...,iq . Chiaramente, possiamo

Page 266: Nacinovich - Geometria differenziale

266 14. FASCI E COOMOLOGIA DI CECH

fare in modo che la ψ(ν) sia alternata rispetto agli indici ((i1, . . . , iq) ∈ Nq−1(U ),dimodoche ψ(ν) ∈ C q−1(U ,S ).

La ψ(ν) cosı costruita gode ovviamente delle proprieta (i), (ii). Per dimostrareche gode anche della (iii), basta verificare che

rUi0 ,i1 ,...,iqUν,i0 ,i1 ,...,iq

(( f − δq−1ψ(ν))i0,i1,...,iq) = 0 se (ν, i0, i1, . . . , iq) ∈ Nq+1(U ) ,

in quanto Ω′ν = Uν ∪Ων e

rUi0 ,i1 ,...,iq

Ui0 ,i1 ,...,iq∩Ων( fi0,i1,...,iq) = 0 per ipotesi e

rUi0 ,i1 ,...,iq

Ui0 ,i1 ,...,iq∩Ων((δq−1ψ

(ν))i0,i1,...,iq) = 0 per la definizione di ψ(ν) .

Su Uν,i0,...,iq risulta :

(δq−1ψ(ν))i0,...,iq =

q∑h=0

(−1)h fν,i0,...,ih,...,iq = fi0,...,iq

per la condizione di cociclo δq f = 0, e questo mostra che vale anche la (ii).

Se imin e il minimo di I, poniamo f (imin) = f . La (†) e verificata banalmente,perche Ωimin = ∅, e la costruzione appena descritta ci permette di trovare una ψ(imin)

che soddisfa (i) e (ii) per ν = imin. Definiamo f (imin+1) = f − δq−1(ψ(imin)).Dimostriamo per induzione transfinita che e possibile costruire delle fami-

glie f (ν)ν∈I , con f (ν) ∈ Z q(U ,S ), e ψ(ν)ν∈I , con ψ(ν) ∈ C q−1(U ,S ), cheverifichino per ogni ν ∈ I le proprieta (†), (i), (ii), (iii) e

(‡) f (ν+1) = f (ν) − δq−1(ψ(ν)) ∀ν ∈ I che non sia massimo.

Fissiamo ora un µ ∈ I con µ imin e supponiamo che si siano gia ottenute le ψ( j)

per tutti gli indici j ≺ µ. Consideriamo ora la somma∑j≺µ

ψ( j) .

Poiche U e localmente finita, per ogni punto p di X esiste un intorno Ωp di p cheinterseca soltanto un numero finito di aperti Ui del ricoprimento. Quindi per ogni(i1, . . . , iq) ∈ Nq−1(U ) le somme∑

j≺µ

rUi1 ,...,iq

Ui1 ,...,iq∩Ωp(ψ( j)

i1,...,iq)

contengono soltanto un numero finito di addendi diversi da zero. Infatti, per laproprieta (ii), e r

Ui1 ,...,iq

Ui1 ,...,iq∩Ωp(ψ( j)

i1,...,iq) = 0 se ( j, i1, . . . , iq) < Nq(U ∩ Ωp) e per la

scelta di Ωp il numero di tali j, per ogni scelta di (i1, . . . , iq) ∈ Nq−1(U ), e finito.Possiamo allora definire :

f (µ) = f − δq−1

∑j≺i

ψ( j)

.

Page 267: Nacinovich - Geometria differenziale

12. FASCI FIACCHI 267

Osserviamo che, se i ammette un elemento precedente, cioe se µ = ν+1 per qualcheν ∈ I, allora vale la (‡).

Per la prima parte della dimostrazione, possiamo definire ψ(µ) in modo chesiano soddisfatte le (i), (ii), (iii) (con µ al posto di ν).

Una volta costruite le famiglie f (ν) e ψ(ν), osserviamo che la somma :

ψ =∑ν∈I

ψ(ν)

definisce un elemento ψ ∈ C q−1(U ,S ) e che

(♣) δq−1(ψ) = f .

Cio e vero perche, per ogni aperto Ω di X, se (i1, . . . , iq) ∈ Nq−1(U ) e (ν, i1, . . . , iq) <

Nq(U ∩Ω), abbiamo rUi1 ,...,iq

Ui1 ,...,iq∩Ω(ψ(ν)

i1,...,iq) = 0. Quindi, poiche U e localmente finito,

le somme ∑ν∈I

ψ(ν)i1,...,iq

sono localmente finite. Analogamente, rUi0 ,i1 ,...,iq

Ui0 ,i1 ,...,iq∩Ω

(( f (ν) − f (ν+1))i0,i1,...,iq

)= 0 a

meno che qualcuna delle (q + 1) uple (ν, i0, . . . , ih, . . . , iq) o (ν+ 1, i0, . . . , ih, . . . , iq)non appartengano a Nq(U ∩Ω). Percio anche le somme :∑

ν∈I

( f νi0,...,iq − f ν+1i0,...,iq)

sono localmente finite e ∑ν∈I

( f νi0,...,iq − f ν+1i0,...,iq) = fi0,...,iq .

Otteniamo percio la (♣), e quindi la tesi.

Utilizziamo il Lemma 14.40 per dimostrare il :

Teorema 14.41. Sia X uno spazio paracompatto. Allora, per ogni fascio fiacco Ssu X abbiamo Hq(X,S ) = 0 per ogni q > 0.

Dimostrazione. La tesi e conseguenza del Lemma 14.40, perche, essendo Xparacompatto, i gruppi di coomologia di Cech si possono calcolare utilizzando iricoprimenti aperti localmente finiti.

Page 268: Nacinovich - Geometria differenziale
Page 269: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 15

Il complesso di Cech-de Rham

1. Il teorema di de Rham

Teorema 15.1. Sia M una varieta differenziabile paracompatta ed S un fascio diE -moduli su M. Allora

(1.1) Hq(U ,S ) = 0, ∀q ≥ 1,

per ogni ricoprimento aperto U di M.

Dimostrazione. Ricordiamo che, per ogni intero q ≥ 0,

(1.2) C h(U ,S ) = ( fi1,...,ih) | fi1,...,ih ∈ S (Ui1,...,ih), fiσ1 ,...,iσh= ε(σ) fi1,...,ih

e che il differenziale del complesso

· · · −−−−−→ C h(U ,S )δ

−−−−−→ C h+1(U ,S )δ

−−−−−→ C h+2(U ,S ) −−−−−→ · · ·

e definito da

δ : C h(U ,S ) −→ C h+1(U ,S ),(δ( fi0,...,ih))i0,i1,...,ih+1 =

∑h+1

j=0(−1) j fi0,...,i j,...,ih+1

|Ui0 ,i1 ,...,ih+1.

Sia χii∈I una partizione dell’unita subordinata al ricoprimento U . Definiamo

χ : C h+1(U ,S ) −→ C h(U ,S ) mediante

(χ( fi0,...,ih))i1,...,ih =∑

i∈I[χi fi,i1,...,ih], ove

S (Ui1,...,ih) 3 [χi fi,i1,...,ih] =

χi fi,i1,...,ih in Ui,i1,...,ih ,

0 in Ui1,...,ih \ Ui,i1,...,ih .

La tesi segue allora dall’identita

(δ χ + χ δ) f = f , ∀ f ∈ C h(U ,S ), ∀h ≥ 1.

Abbiamo infatti

(χ δ( f ))i0,...,ih = χ(∑h+1

j=0(−1) j fi0,...,i j,...,ih+1

|Ui0 ,i1 ,...,ih+1

)=

∑iχi fi0,...,ih −

∑h

j=0[χi fi,i0,...,i j,...,ih

]

= fi0,...,ih −∑h

j=0(−1) j[χi fi,i0,...,i j,...,ih

]

= fi0,...,ih − (δ χ( f ))i0,...,ih .

269

Page 270: Nacinovich - Geometria differenziale

270 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

Se S e un fascio su M ed U = Uii∈I un ricoprimento aperto di M, definiamo

(1.3) δ0 : S (M) −→ C 0(U ,S ), mediante (δ0s)i = s|Ui , ∀i ∈ I.

Se S e un fascio di gruppi abeliani, allora la

(1.4) 0 −−−−−→ S (M)δ0

−−−−−→ C 0(U ,S )δ

−−−−−→ C 1(U ,S )e esatta per defininizione di fascio.

Dal Teorema 15.1 otteniamo allora

Corollario 15.2. Se M e una varieta differenziabile paracompatta ed S un fasciodi E -moduli su M, allora la successione

(1.5)

0 −−−−−→ S (M)δ0

−−−−−→ C 0(U ,S )δ

−−−−−→ C 1(U ,S )δ

−−−−−→ C 2(U ,S ) −−−−−→ · · ·δ

−−−−−→ C h(U ,S )δ

−−−−−→ C h+1(U ,S )δ

−−−−−→ C h+2(U ,S ) −−−−−→ · · ·

e esatta.

Per ogni intero q ≥ 0, i germi di forme differenziali alternate omogenee digrado q formano un fascio di E -moduli su M, che denoteremo con Ωq.

Per ogni coppia di interi non negativi h, q definiamo

(1.6) C h(U , Ωq) = f = ( fi0,...,ih) | fi0,...,ih ∈ Ωq(Ui0,...,ih), fiσ0 ,...,iσh

= ε(σ) fi0,...,ih.

Abbiamo i due omomorfismi

d : C h(U , Ωq) −→ C h(U , Ωq+1), con(d f )i0,...,ih = (d fi0,...,ih),

δ : C h(U , Ωq) −→ C h+1(U , Ωq), con(δ f )i0,i1,...,ih =

∑h

j=0(−1) j fi0,...,i j,...,ih

|Ui0 ,i1 ,...,ih.

Osserviamo ched δ = δ d.

Lemma 15.3. Sia M una varieta differenziabile paracompatta. Sia U = Uii∈Iun ricoprimento aperto di M. Allora

(1) per ogni fq ∈ Z q(U ,R˜) esistono una successione f hq−h ed un elemento

f q con le proprieta:

(1.7)

f hq−h−1 ∈ C q−h−1(U , Ωh), h = 0, 1, . . . , q − 1

f q ∈ Z q(M),fq = δ f 0

q−1,

d f hq−h−1 = δ f h+1

q−h−2, h = 0, . . . , q − 2,

d f q−10 = δ0 f q.

(2) Se fq ∈ Bq(U ,R˜), ed f hq−h, f q soddisfano le (1.7), allora f q ∈ Bq(M).

Page 271: Nacinovich - Geometria differenziale

1. IL TEOREMA DI DE RHAM 271

Dimostrazione. (1). Costruiamo le f hq−h−1 per ricorrenza su h. Per h =

0, osserviamo che fq ∈ Z q(U ,R˜) ⊂ Z q(U , Ω0). Possiamo quindi definire laf 0q−1 utilizzando il Teorema 15.1, perche Ω0 ' E . Supponiamo di aver costruito

f 0q−1, . . . , f h

q−h−1 con f jq− j−1 ∈ C q− j−1(U , Ω j) per 0 ≤ j ≤ h < q − 1 con

fq = δ f 0q−1,

d f 0q−1 = δ f 1

q−2,

. . .

d f h−2q−h+1 = δ f h−1

q−h ,

d f h−1q−h = δ f h

q−h−1.

Alloraδ(d f h

q−h−1) = d δ f hq−h−1 = d2 f h−1

q−h = 0

e quindi, per il Teorema 15.1 esiste f h+1q−h−2 ∈ C q−h−2(U , Ωh+1) tale che

δ f h+1q−h−2 = d f h

q−h−1.

Dopo aver ottenuto le f hq−h−1 per h = 0, . . . , q − 1, osserviamo che

d f q−21 = δ f q−1

o =⇒ δ(d f q−1o ) = d δ f q−1

o = d2 f q−21 = 0.

Per il Corollario 15.2 vi e allora una f q ∈ Ωq(M) per cui δ0( f q) = d f q0 . Chiara-

mente f q ∈ Z q(M).(2). Esaminiamo dapprima il caso q = 1. Abbiamo allora f1 ∈ Z 1(U ,R˜),

f 00 ∈ C 0(U ,E ), f 1 ∈ Z 1(M) ed f1 = δ f 0

0 ,

d f 00 = δ0 f 1.

Se f1 = δg0, con g0 ∈ C 0(U ,R˜), allora δ( f 00 − g0

0) = 0 ed esiste quindi unag ∈ E (M) tale che f 0

0 − g00 = δ0(g). Questa ci da dg = f 1.

Supponiamo ora che q ≥ 2 e che fq = δgq−1, con gq−1 ∈ C q−1(U ,R˜). Asse-gnata una sequenza f h

q−h−10≤h≤q−1, costruiamo un’altra seguenza ghq−h−20≤h≤q−2,

con gh

q−h−2 ∈ C q−h−2(U , Ωh), per h = 0, . . . , q − 2,

f 0q−1 = gq−1 + δg0

q−2,

f hq−h−1 = dgh−1

q−h−1 + δghq−h−2, per h = 1, . . . , q − 2.

Ragioniamo per ricorrenza. Abbiamo

δ( f 0q−1 − gq−1) = fq − fq = 0 =⇒ ∃g0

q−2 ∈ C q−2(U , Ω0) t.c. f 0q−1 = gq1 + δg0

q−2.

Se abbiamo definito le g jq− j−2 per j = 0, . . . , h < q − 2, abbiamo

δ f h+1q−h−2 = d f h

q−h−1 = d(δghq−h−2) = δ(dgh

q−h−2)

=⇒ ∃gh+1q−h−3 ∈ C q−h−3(U , Ωh+1) t.c. f h+1

q−h−2 = dghq−h−2 + δgh+1

q−h−3

Page 272: Nacinovich - Geometria differenziale

272 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

per il Teorema 15.1. Otteniamo allora

δ f q−10 = d f q−2

1 = d(δgq−20 ) = δ(dgq−2

0 )

=⇒ ∃gq−1 ∈ Ωq−1(M) t.c. f q−10 − dgq−2

0 = δ0(gq−1).

Abbiamo allora f q = dgq−1. La dimostrazione e completa.

Otteniamo cosı il

Teorema 15.4. Sia M una varieta differenziabile paracompatta ed U un suo rico-primento aperto. Allora per ogni q la (1.7) definisce per passaggio ai quozienti unomomorfismo

(1.8) λq : Hq(U ,R˜) −→ Hq(M).

L’omomorfismo λ0 e un isomorfismo e λ1 iniettivo, per ogni ricoprimento U di M.

Dimostrazione. Per q = 0 la λ0 e l’identita tra i due gruppi, identificati allospazio delle funzioni reali localmente costanti su M. Il fatto che l’omomorfismo λsia definito per q ≥ 1 e stato dimostrato nel Lemma 15.3 Dimostriamo l’iniettivitadi λ1. Siano quindi f1 ∈ Z 1(U ,R˜), f 0

0 ∈ C 0(U ,E ), f 1 ∈ Z 1(M) ed f1 = δ f 00 ,

d f 00 = δ0 f 1.

Se f 1 = dg0 per qualche g0 ∈ C∞(M), otteniamo

d( f 00 − δ0(g0)) = δ0( f 1 − dg0) = 0.

Quindi

f 00 − δ0(g0) ∈ C 0(U ,R˜), e δ( f 0

0 − δ0(g0)) = δ( f 00 ) = f1.

Cio dimostra che λ1 e iniettiva.

Esempio 15.1. Consideriamo il ricoprimento U = U1,U2 del toro T 2 = R2/Z2,ove U1 ed U2 sono gli aperti

U1 = π((x, y) | 13 < x < 2

3 ), U2 = π((x, y) | x − 12 < Z),

ove π : R2 → T 2 e la proiezione nel quoziente. Osserviamo che U1 ∩ U2 = U1,2ha due componenti connesse. E quindi C 0(U ,R˜) ' R2, C 1(U ,R˜) ' R2. PoicheR˜(T 2) = R, la δ : C 0(U ,R˜)→ C 1(U ,R˜) ha rango 1. Quindi H1(U ,R˜) ' R2/R '

R. L’applicazione λ1 : H1(U ,R˜) → H1(T 2) e quindi, in questo caso, iniettiva enon nulla, ma non surgettiva.

Teorema 15.5. Sia M una varieta differenziabile ed U = Ui | i ∈ I un suo buonricoprimento. Allora l’omomorfismo (1.8) e un isomorfismo per ogni q ≥ 0.

Dimostrazione. Abbiamo osservato che λq e un isomorfismo per q = 0.Sia f 1 ∈ Z 1(M). Poiche gli aperti di U sono contrattili, esiste una f 0

0 ∈

C 0(U ,E ) tale ched f 0

0 = δ0 f 1.

Page 273: Nacinovich - Geometria differenziale

1. IL TEOREMA DI DE RHAM 273

Allora δ f 00 soddisfa

d(δ f 00 ) = δ d f 0

0 = δ δ0 f 1 = 0

e quindi f1 = δ f 00 ∈ Z 1(U ,R˜).

Se fosse f 1 = dg0 per qualche g0 ∈ Ω0(M) = E (M), avremmo

δ0 f 1 = δ0(dg0) = d δ0(g0) = d f 00 =⇒ u0

0 = f 00 − δ0(g0) ∈ C 0(U ,R˜),

δu00 = δ f 0

0 = f1 ∈ B1(U ,R˜).La corrispondenza

f 1

∈Z 1(M)−→ f 0

0∈C 0(U ,Ω0)

−→ δ f 00

∈Z 1(U ,R˜)

definisce quindi per passaggio al quoziente un’applicazione ψ1 : H1(M)→ H1(U ,R˜)che inverte la λ1.

Generalizziamo questa costruzione e costruiamo, anche per ogni q ≥ 2, un’ap-plicazione ψq : Hq(M) −→ Hq(M,R˜) che inverta la λq.

Sia f q ∈ Z q(M), con q ≥ 2. Dico che esiste una successione

(1.9) f q−10 ∈ C 0(U , Ωq−1), f q−2

1 ∈ C 1(U , Ωq−2), . . . , f 0q−1 ∈ C q−1(U , Ω0)

tale che

(1.10)

d f q−1

0 = δ0 f q,

d f q−21 = δ f q−1

0 ,

. . . . . .

d f 0q−1 = δ f 1

q−2.

Infatti, poiche gli Ui sono contrattili, per ogni i ∈ I possiamo trovare una formaf q−1i ∈ Ωq−1(Ui) tale che

d f q−1i = f |Ui , ∀i ∈ I.

Possiamo quindi definire f q−10 = ( f q−1

i )i∈I ∈ C 0(U , Ωq−1). Supponiamo perricorrenza di aver definito f q−1

0 , . . . , f q−h−1h con

f q−r−1r ∈ C r(U , Ωq−r−1), 0 ≤ r ≤ h,

d f q−10 = δ0 f q,

d f q−r−1r = δ f q−r

r−1 , 1 ≤ r ≤ h.

Abbiamod δ f q−h−1

h = δ d f q−h−1h = δ

2 f q−hh−1 = 0

e quindi

∃ f q−h−2h+1 ∈ C h+1(U , Ωq−h−2) tale che d f q−h−2

h+1 = δ f q−h−1h .

Abbiamo quindi ottenuto la successione (1.9). Sia

fq = δ f 0q−1.

Poiched fq = d δ f 0

q−1 = δ d f 0q−1 = δ

2 f 1q−2 = 0,

Page 274: Nacinovich - Geometria differenziale

274 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

fq = ( fi0,...,iq) con fi0,...,iq costante su Ui0,...,iq . Quindi fq ∈ C q(U ,R˜). Inoltre

δ fq = δ2 f 0

q−1 = 0 =⇒ fq ∈ Z q(U ,R˜).

Per dimostrare che la classe di coomologia definita da fq in Hq(U ,R˜) dipendesolo dalla classe di coomologia di f q, e sufficiente verificare che, se (1.9) e unasuccessione che soddisfa (1.10) ed f q = dgq−1 per una gq−1 ∈ Ωq−1(M), allorafq ∈ Bq(U ,R˜). Abbiamo infatti

f q = dgq−1 =⇒ d( f q−10 − δ0gq−1) = 0

=⇒ ∃gq−20 ∈ C 0(U , Ωq−2) t.c. f q−1

0 − δ0gq−1 = dgq−20

=⇒ d f q−21 = δ f q−1

0 = δ(δ0gq−1 + dgq−20 ) = δ dgq−2

0 = dδgq−20

=⇒ d( f q−21 − δgq−2

0 ) = 0

=⇒ ∃gq−31 ∈ C 1(U , Ωq−3) t.c. f q−2

1 − δgq−20 = dgq−3

1 =⇒ · · ·

Possiamo cioe costruire per ricorrenza una successione gq−r−2r ∈ C r(U , Ωq−r−2),

per r = 0, 1, . . . , q − 2 tale chef q = dgq−1,

f q−10 − δ0gq−1 = dgq−2

0 ,

f q−r−1r − δgq−r−1

r−1 = dgq−r−2r 1 ≤ r ≤ q − 2.

Abbiamo allora

d f 0q−1 = δ f 1

q−2 = δdg0q−2 =⇒ d( f 0

q−1 − δg0q−2) = 0

=⇒ gq−1 = f 0q−1 − δg0

q−2 ∈ C q−1(U ,R˜),

da cui fq = δgq−1. Quindi la (1.9), (1.10) definisce un’applicazione

(1.11) ψq : Hq(M) −→ Hq(U ,R˜),

che, per le (1.10) e l’inversa di λq.

Osservazione 15.6. Si possono costruire buoni ricoprimenti di M a partire da unasua triangolazione. A partire da una triangolazione K di M, ad ogni vertice p ∈K0 possiamo associare l’aperto Up formato dall’unione di tutte le parti internerelative dei simplessi di K che contengono p, ovvero la parte interna della stelladi p in K . La famiglia Up | p ∈ K0 e allora un buon ricoprimento, localmentefinito, di M.

Esempio 15.2. Otteniamo un buon ricoprimento della sfera S n nel modo seguente.Consideriamo la frontiera di un simplesso (n + 1)-dimensionale Σ circoscritto

e sia π : Σ→ S n l’omeomorfismo ottenuto per restrizione dalla proiezione

Rn+1 \ 0 3 x→x|x|∈ S n.

Siano F0, . . . , Fn le facce di Σ. Allora gli

Ui = π(σ \ Fi), i = 0, . . . , n

Page 275: Nacinovich - Geometria differenziale

2. PROLUNGAMENTO DI SEZIONI 275

sono gli aperti di un buon ricoprimento di S n. Abbiamo allora

C h(U ,R˜) ' R(n+1h ) ' ΛhRn+1.

Per descrivere questo isomorfismo, Fissiamo una base e0, . . . , en di Rn+1, e faccia-mo corrispondere ad (xi0,...,ih) ∈ C h(U ,R˜) l’elemento∑

0≤i0<···<ih≤nxi0,...,ihei0 ∧ · · · ∧ eih .

Abbiamo allora un diagramma commutativo

C h(U ,R˜)δ

−−−−−→ C h+1(U ,R˜)

'

y y'ΛhRn+1 −−−−−→

e ∧ ·Λh+1Rn+1

per 0 ≤ h ≤ n − 1, con e = e0 + · · · + en.Si verifica facilmente che

ΛhRn+1 e ∧ ·−−−−−→ Λh+1Rn+1 e ∧ ·

−−−−−→ Λh+2Rn+1

e esatta per 0 ≤ h ≤ n. Ne ricaviamo un’altra dimostrazione del fatto che

Hq(S n) ' Hq(U ,R˜) =

R se q = 0, n,0 altrimenti.

2. Prolungamento di sezioni

Teorema 15.7. Sia Sπ−−→ X un fascio su uno spazio paracompatto X. Se Y e un

chiuso di X ed sY ∈ S (Y), allora esiste un intorno aperto U di Y in X ed unasezione sU ∈ S (U) tale che sU |Y = sY .

Dimostrazione. Poiche X e paracompatto, possiamo trovare un ricoprimentoaperto localmente finito U = Uii∈I di Y in X tale che per ogni i ∈ I vi sia unasezione si ∈ S (Ui) tale che si|Y∩Ui = sY |Y∩Ui . Fissiamo un altro ricoprimentoaperto V = Vii∈I di Y con Vi ⊂ Ui per ogni i ∈ I. Osserviamo che, se i, j ∈ I, gliinsiemi

Fi, j = p ∈ Vi ∩ V j | si(p) , s j(p)

sono chiusi che non intersecano Y . Poiche la famiglia Fi, ji, j∈I e localmente finita,l’unione F =

⋃i, j∈IFi, j e un chiuso che non interseca Y . Allora

U =⋃

i∈IVi \ F

e un intorno aperto di Y in X e possiamo definire su U una sezione sU ∈ S (U) consU |Y = S Y ponendo

sU = si su Vi \ F.

Page 276: Nacinovich - Geometria differenziale

276 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

3. Fasci molli

Definizione 15.1. Un fascio d’insiemi Sπ−−→ X si dice molle1, o soffice2 se, per

ogni chiuso Y di X l’applicazione di restrizione

(3.1) S (X) 3 s −→ s|Y ∈ S (Y)

e surgettiva.

Esempio 15.3. Per il Teorema 15.7 Ogni fascio fiacco e molle.

Esempio 15.4. Se X e paracompatto, il fascio C˜ dei germi di funzioni reali conti-nue su X e molle.

Sia infatti Y un sottoinsieme chiuso di X ed s ∈ C˜(Y). Per ogni punto q ∈ Y ,esiste un intorno Uq di q in X ed una σq ∈ C (Uq) tale che (σq)(p) = s(p) per ognip ∈ Y ∩ Uq. Consideriamo il ricoprimento aperto U = Uq | q ∈ Y ∪ X \ Ydi X e sia χq ∪ χ∗ una partizione continua dell’unita su X con supp χq ⊂ Uq,supp χ∗ ⊂ X \ Y . Allora

s(p) =∑

supp χq3pχq(p)σq(p)

e una funzione in C (X) con s(p) = s(p) per ogni p ∈ Y .

La proprieta di essere molle e una proprieta locale. Abbiamo infatti

Proposizione 15.8. Sia Sπ−−→ X un fascio su uno spazio paracompatto X. Se ogni

punto p ∈ X ha un intorno aperto Up in X tale che

∀F chiuso in X e contenuto in Up la restrizione S (Up) −→ S (F) e surgettiva,

allora S e molle.

Dimostrazione. Sia Y un chiuso di X ed sY ∈ S (Y) una sezione di S su Y .Possiamo allora trovare un ricoprimento aperto localmente finito U = Uii∈I di Xtale che:

(1) per ogni i ∈ I con Ui ∩ Y , ∅ esiste una si ∈ S (Ui) tale che si|Y∩Ui =

s|Y∩Ui ;(2) per ogni i ∈ I ed ogni chiuso F di X tale che F ⊂ Ui la restrizione

S (Ui)→ S (F) e surgettiva.Fissiamo un raffinamento V = Vii∈I di U con Vi ⊂ Ui per ogni i ∈ I e poniamo,per ogni sottoinsieme J di I,

FJ =⋃

i∈JVi.

SiaΦ = (sJ , J) | J ⊂ I, sJ ∈ S (FJ), sJ |Y∩FJ = sY |Y∩FJ .

Definiamo su Φ la relazione d’ordine

(sJ , J) (sK ,K)⇐⇒ J ⊂ K, sK |FJ = sJ .

1In francese mou.2In inglese, soft.

Page 277: Nacinovich - Geometria differenziale

3. FASCI MOLLI 277

Chiaramente Φ e non vuota e induttiva. Essa ha pertanto un elemento massima-le (sJ0 , J0). Dimostriamo che J0 = I. Se cosı non fosse, fissiamo i0 ∈ I \ J0.Consideriamo allora la sezione

s∗i0 =

sJ0 su FJ0 ∩ Fi0 ,

si su Fi0 ∩ Y.

Poiche F∗i0 = (FJ0 ∩ Fi0) ∪ (Fi0 ∩ Y) e un chiuso contenuto in Ui0 , per ipotesipossiamo prolungare s∗i0 ∈ S (F∗i0) ad una sezione si0 ∈ S (Ui0). Allora

sJ0∪i0 =

sJ0 su FJ0 ,

si0 su Fi0

definisce un elemento (sJ0∪i0, J0 ∪ i0) di Φ con (sJ0∪i0, J0 ∪ i0) (sJ0 , J0).Abbiamo ottenuto una contraddizione, che dimostra che J0 = I. La dimostrazionee completa.

Proposizione 15.9. Supponiamo che X sia paracompatto e sia

(3.2) 0 −−−−−→ S ′φ

−−−−−→ Sψ

−−−−−→ S ′′ −−−−−→ 0una successione esatta di fasci di gruppi abeliani. Se S ′ e molle, allora la succes-sione

(3.3) 0 −−−−−→ S ′(X) −−−−−→ S (X) −−−−−→ S ′′(X) −−−−−→ 0

e esatta.

Dimostrazione. L’esattezza in S ′(X) ed in S (X) e conseguenza della defini-

zione di fascio. E quindi sufficiente dimostrare che S (X)ψ−−→ S ′′(X) e surgettiva.

Sia s′′ ∈ S ′′(X). Per ipotesi, possiamo trovare un ricoprimento aperto U =

Uii∈I di X, che possiamo supporre localmente finito per la paracompattezza di X,e sezioni si ∈ S (Ui), tali che

ψ(si) = s′′|Ui , ∀i ∈ I.

Sia V = Vii∈I un ricoprimento aperto di X con la proprieta che Vi ⊂ Ui per ognii ∈ I. Bene-ordiniamo I e dimostriamo che, posto Yi =

⋃jiV j, e possibile trovare

una famiglia di sezioni

(3.4) σi ∈ S (Yi) tali che ψ(σi) = s′′|Yi , σi|Y j = σ j|Y j se j ≺ i.

Infatti, sia J l’insieme degli indici h ∈ I per cui si possono costruire le σi ∈ S (Yi),per i h, in modo che valgano le (3.4) per i h. L’insieme J e non vuoto perchecontiene il minimo di I. Supponiamo per assurdo che J , I. Sia allora h0 il minimodi I \ J. L’unione Y ′ =

⋃i≺h0Vi e un chiuso di X perche unione localmente finita di

chiusi. Definiamo una sezione σ′ ∈ S (Y ′) ponendo

σ′|Yi = σi|Yi per i ≺ h0.

Poiche S e molle, esiste una sezione σ′ ∈ S (X) tale che σ′ = σ′|Y′ . Osserviamoora che φ(σ′ − sh0) e definita e si annulla in tutti i punti di Vh0 ∩ Y ′. Per l’esattezzadi (3.2) esiste allora una sezione s′ ∈ S ′(Vh0∩Y ′) tale che (σ′− sh0)|Vh0∩Y′ = φ(s′).

Page 278: Nacinovich - Geometria differenziale

278 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

Poiche S ′ e molle, esiste una s′ ∈ S ′(X) tale che s′ = s′|Vh0∩Y′ . Definiamo alloral’elemento σh0 ponendo

σh0 =

σi su Yi se i ≺ h0,

sh0 + φ(s′) su Vh0 .

Allora σh0 ∈ S (Yh0) e la famiglia σi | i h0 soddisfa le (3.4) per ogni i h0.Quindi h0 ∈ J ci da una contraddizione e dimostra che e possibile definire unafamiglia σi | i ∈ I che soddisfi le (3.4) per ogni i ∈ I. Otteniamo allora

ψ(s) = s′′, con s ∈ S (X) definito da s|Yi = σi, ∀i ∈ I.

Teorema 15.10. Siano X uno spazio pracompatto e

(3.5) 0 −−−−−→ S ′α

−−−−−→ Sβ

−−−−−→ S ′′ −−−−−→ 0una successione esatta di fasci di gruppi abeliani su X. Se S ed S ′ sono molli,anche S ′′ e molle.

Dimostrazione. Sia Y un sottoinsieme chiuso di X ed s′′ ∈ S ′′(Y). Per laProposizione 15.9, esiste una sezione s ∈ S (Y) tale che α(s) = s′′. Poiche S emolle, abbiamo s = s|Y per una sezione s ∈ S (X). Allora s′′ = α(s) ∈ S ′′(X) eds′′|Y = s′′.

Teorema 15.11. Se

(3.6) 0 −−−−−→ S 0 δ0−−−−−→ S 1 δ1

−−−−−→ S 2 −−−−−→ · · ·

e una successione esatta di fasci molli di gruppi abeliani, allora anche la succes-sione

(3.7) 0 −−−−−→ S 0(X)δ0

−−−−−→ S 1(X)δ1

−−−−−→ S 2(X) −−−−−→ · · ·

e esatta.

Dimostrazione. L’esattezza in S 0(X) e conseguenza della definizione di fa-scio.

Per ogni intero h ≥ 0, per ipotesi la successione esatta corta di fasci

0 −−−−−→ ker δh˜ −−−−−→ S h δh−−−−−→ ker δh+1˜ −−−−−→ 0.

e esatta. Poiche ker δ0˜ e il fascio nullo, che e banalmente molle, segue per ri-correnza, dal Teorema 15.10, che ker δh˜ e un fascio molle per ogni intero h ≥ 0.Otteniamo quindi per ogni intero h ≥ 0, per la Proposizione 15.9, una successioneesatta di fasci

0 −−−−−→ ker δh˜ (X) −−−−−→ S h(X)δh

−−−−−→ ker δh+1˜ (X) −−−−−→ 0,

che dimostra l’esattezza di (3.7) in S h(X).

Sia S un fascio di gruppi abeliani su uno spazio topologico X ed U = Uii∈Iun ricoprimento aperto di X.

Page 279: Nacinovich - Geometria differenziale

3. FASCI MOLLI 279

Definizione 15.2. Se s ∈ S (X), chiamiamo partizione di s su X subordinata adU una successione sii∈I ⊂ S (X) tale che

(3.8) supp si ⊂ Ui, supp sii∈I e localmente finita, s =∑

i∈Isi.

Abbiamo

Teorema 15.12 (Esistenza di partizioni). Se X e uno spazio paracompatto ed Sun fascio molle di gruppi abeliani, allora, per ogni ricoprimento aperto U di X edogni s ∈ S (X) esiste una partizione di s su X subordinata ad U .

Dimostrazione. Sia V = V j j∈J un raffinamento localmente finito di U , confunzione di raffinamento j → i j e V j ⊂ Ui j per ogni j ∈ J. Siano W j j∈J , G j j∈J

altri ricoprimenti aperti di X con W j ⊂ G j ⊂ G j ⊂ V j per ogni j ∈ J.Bene-ordiniamo l’insieme J e dimostriamo per induzione transfinita che e

possibile trovare sezioni σ j ∈ S (X) con suppσ j ⊂ V j e∑h jσh(p) = s(p), ∀p ∈

⋃h j

Wh.

Per ogni j ∈ J, poniamo Y j =⋃

h jWh ∪ G j. Gli insiemi Y j sono chiusi percheunione localmente finita di chiusi. Se j0 = min J, definiamo s∗j0 ∈ S (Y j0) ponendo

s∗j0 =

s su W j0 ,

0 su G j0

Poiche S e molle, esiste una sezione s j0 ∈ S con σ j0 |Y j0= s∗j0 .

Supponiamo che j j0 e di aver costruito σh per ogni h ≺ j. Definiamo allorauna sezione s∗j ∈ S (Y j) ponendo

s∗j =

s −∑

h≺ jσ j su W j,

0 su G j ∪⋃

h≺ jWh.

La sezione e ben definita perche

(s −∑

h≺ jσ j)(p) = 0(p), ∀p ∈ W j ∩

(⋃h≺ j

Wh).

Poiche S e molle, esiste una sezione σ j ∈ S (X) tale che s∗j = σ j|Y j . Chiaramentesuppσ j ⊂ G j ⊂ V j. Cio dimostra l’esistenza della successione σ j j∈J . Basteraallora porre

si =∑

i j=iσ j

per avere la (3.8).

Dal Teorema 15.12 ricaviamo immediatamente:

Teorema 15.13. Se A e un fascio d’anelli molle sullo spazio paracompatto X,allora ogni fascio di A -moduli su X e molle.

Page 280: Nacinovich - Geometria differenziale

280 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

Dimostrazione. Siano M un fascio di A -moduli su X, Y un chiuso di X e µ ∈M (Y) una sezione di M su Y . Esistono allora un ricoprimento aperto U = Uii∈Idi Y in X e sezioni µi ∈ M (Ui) tali che µi|Ui∩Y = µ|Ui∩Y per ogni i ∈ I. Per ilTeorema 15.12 esiste una partizione χi ∪ χ∗ di 1 ∈ A (X) su X subordinata alricoprimento U ∪ X \ Y. Definiamo

αi =

χiµi su Ui,

0 su X \ Ui.

Alloraµ =

∑i∈Iαi ∈M (X) e µ|Y = µ.

4. Fasci fini

Definizione 15.3. Un fascio S di gruppi abeliani su uno spazio topologico X sidice fine3 se il fascio Hom˜ Z(S ,S ) e molle.

Teorema 15.14. Sia X uno spazio paracompatto.(1) Ogni fascio fine e su X e molle.(2) Siano S , T due fasci di gruppi abeliani su X. Se S e fine, allora anche

S ⊗Z T e fine.

5. Fasci differenziali

Sia X uno spazio topologico.

Definizione 15.4. Un fascio graduato su X e il dato di una successione A ∗ =

(A n)n∈Z di fasci.Siano A ∗ = (A n)n∈Z, B∗ = (Bn)n∈Z due fasci graduati su X. Un morfismo di

grado k tra A ∗ e B∗ e una successione ( f n : A n → Bn+k) di morfismi di fasci.Un fascio differenziale su X e il dato di un fascio graduato di gruppi abeliani

A ∗ = (A n)n∈Z su X e di un morfismo di fasci abeliani di grado k

(5.1) (A ∗, δ∗) = (δn : A n → A n+k)n∈Z

tale che

(5.2) δn+k δn = 0, ∀n ∈ Z.

Associamo ad un fascio differenziale (A ∗, δ∗) i fasci

Z n(A ∗, δ∗) = ker(A n δn

−−−→ A n+k),(5.3)

Bn(A ∗, δ∗) = Im (A n−k δn−k

−−−−→ A n),(5.4)

H n(A ∗, δ∗) = Z n(A ∗, δ∗)/Bn(A ∗, δ∗).(5.5)

Il fascio H n(A ∗, δ∗) si dice il fascio derivato di grado n di (A ∗, δ∗).

3Inglese: fine; Francese: fin

Page 281: Nacinovich - Geometria differenziale

6. RISOLUZIONE D’UN FASCIO 281

Considereremo nel seguito, per semplicita e senza perdita di generalita, soltan-to differenziali di grado 1.

6. Risoluzione d’un fascio

Sia A un fascio di gruppi abeliani di base X.

Definizione 15.5. Una risoluzione coomologica di A e una successione esatta difasci di gruppi abeliani della forma

(6.1) 0 −−−−−→ A

−−−−−→ L 0 δ0

−−−−−→ L 1 δ1

−−−−−→ L 2 δ2

−−−−−→ · · ·

Esempio 15.5 (Cocatene di Alexander-Spanier). Sia X uno spazio topologico edA un gruppo abeliano. Per ogni intero non negativo n, associamo ad ogni apertoU di X il gruppo abeliano delle applicazioni f : Un+1 → A. Otteniamo cosı unprefascio canonico, associato al fascio F n(X,A), che si dice il fascio delle cocatenedi Alexander-Spanier di grado n di X a valori in A.

Ad f : Un+1 → A associamo l’applicazione δnU f : Un+2 → A definita da

(6.2) (δn f )(x0, . . . , xn+1) =∑n+1

h=0(−1)h f (x0, . . . , xh, . . . , xn+1).

Da questa otteniamo un morfismo di fasci di gruppi abeliani

(6.3) δn : F n(X,A) −→ F n+1(X,A).

Indicando con A˜ il fascio semplice di base X e fibra A, abbiamo

(6.4) A˜ = ker(δ

0 : F 0(X,A)→ F 1(X,A)).

La

(6.5) 0→ A˜ −−−−−→ F 0(X,A)δ0

−−−−−→ F 1(X,A)δ1

−−−−−→ F 2(X,A)→ · · ·

e una risoluzione del fascio semplice A˜ su X.Siano infatti n ≥ 1 ed f : Un+1 → A. Fissato un qualsiasi punto x ∈ U,

poniamo

g : Un 3 (x0, . . . , xn−1) −→ f (x, x0, . . . , xn−1) ∈ A.

Otteniamo allora

(δn−1U g)(x0, . . . , xn) =

∑n

h=0(−1)h f (x, x0, . . . , xh, . . . , xn)

= f (x0, . . . , xn) − (δnU f )(x, x0, . . . , xn),

e quindi δn−1U g = f se δn

U f = 0.

Page 282: Nacinovich - Geometria differenziale

282 15. IL COMPLESSO DI CECH-DE RHAM

7. Risoluzione canonica d’un fascio

Sia A un fascio di gruppi abeliani sullo spazio topologico X. Per ogni apertoU di X indichiamo con

(7.1) F 0(U,A ) = s : U → A | π s = idU

il gruppo abeliano delle sezioni (non necessariamente continue) di A su U. AlloraU → F 0(U,A ) e un prefascio canonico. Il fascio associato, che indicheremo conF 0(A ), e un fascio fiacco, ed abbiamo un’inclusione canonica

(7.2) : A → F 0(A ).

Definiamo per ricorrenza:

Z 1(A ) = F 0(A )/A , F 1(A ) = F 0(Z 1(A ))

Z 2(A ) = F 1(A )/Z 1(A ), F 2(A ) = F 0(Z 2(A ))

. . . . . . . . . . . .

Z n(A ) = F n−1(A )/Z n−1(A ), F n(A ) = F 0(Z n(A ))

Z n+1(A ) = F n(A )/Z n(A ), F n+1(A ) = F 0(Z n+1(A )).

Abbiamo degli omomorfismi naturali

(7.3) δn : F n(A ) −→ F n+1(A ),

che si ottengono componendo la proiezione nel quoziente

F n(A ) −→ Z n+1(A ) = F n(A )/Z n(A )

con l’inclusione

Z n+1(A ) → F 0(Z n+1(A )) = F n+1(A ).

Dalla costruzione che abbiamo descritto si ha

Teorema 15.15. Per ogni fascio A di gruppi abeliani la

(7.4) 0→ A

−−−−−→ F 0(A )δ0

−−−−−→ F 1(A )δ1

−−−−−→ F 2(A )→ · · ·e una risoluzione del fascio A mediante fasci fiacchi.

Page 283: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 16

Fibrati principali

1. Gruppi di Lie

Definizione 16.1. Un gruppo di Lie e un gruppo G su cui e fissata una struttura divarieta differenziabile per cui l’operazione di gruppo G × G 3 (a, b) → ab−1 ∈ Gsia differenziabile.

Poiche G e localmente connesso, la componente connessa dell’identita G0 diG e connessa per archi ed e un sottogruppo normale aperto e chiuso in G.

G0 e numerabile all’infinito e quindi condizione necessaria e sufficiente affin-che lo sia anche G e che il quoziente G/G0 sia al piu numerabile.

Per ogni elemento a di G, le

le traslazioni a sinistra : La :G 3 g→ ag ∈ G,le traslazioni a destra : Ra :G 3 g→ ga ∈ G,

gli automorfismi interni : ad(a) :G 3 g→ aga−1 ∈ G,

sono diffeomorfismi di G in se.A volte scriveremo per semplicita

aX per La∗(X) ed Xa per Ra∗(X), se a ∈ G, X ∈ X(G).

Definizione 16.2. Un campo di vettori X ∈ X(G) si dice invariante a sinistra seaX = La∗(X) = X, per ogni a ∈ G.

Proposizione 16.1. I campi di vettori invarianti a sinistra formano una sottoalge-bra di Lie reale L(G) di X(M). L’applicazione

(1.1) TeG 3 Xe → Xa = La∗(Xe) | a ∈ G ∈ L(G)

e un isomorfismo lineare.

Definizione 16.3. Indichiamo con g, e chiamiamo algebra di Lie di G, lo spa-zio vettoriale TeG, con la struttura di algebra di Lie reale che rende (1.1) unisomorfismo di algebre di Lie.

Notazione 16.2. Denoteremo con X∗ ∈ L(G) il campo di vettori invariante asinistra corrispondente all’elemento X di g.

Proposizione 16.3. Il campo X∗ ∈ L(G) genera un gruppo a un parametro φX(t)di diffeomorfismi di G.

283

Page 284: Nacinovich - Geometria differenziale

284 16. FIBRATI PRINCIPALI

Dimostrazione. Sia X ∈ g. Se γ ∈ C∞(I,G) e una curva integrale di X∗,abbiamo γ = γ · X. Il flusso φX(a, t) di X∗ soddisfa quindi la

φX(a, t) = ab−1φX(b, t) ∀a, b ∈ G,

ed, a priori, per |t| sufficientemente piccolo. Questa formula ci permette di esten-dere la definizione di φX(a, t) per ogni t ∈ R. Se infatti φX(e, t) e definita per |t| < ε,dalla

φX(a, t + s) = φX(φX(a, t), s) = φX(a, t)φX(e, s)

ricaviamo che la φX(a, t) definita su un intervallo (t1, t2) ⊂ R, si puo estendereall’intervallo (t1 − ε, t2 + ε) ponendo

φX(a, t) = φX(a, t′)φX(e, t′′), se t′ ∈ (t1, t2), |t′′| < ε, t = t′ + t′′.

Definizione 16.4. L’applicazione

(1.2) g 3 X −→ exp(X) = φX(e, 1) ∈ G

si dice l’ applicazione esponenziale di G.

Poiche

(1.3) exp((t1 + t2)X) = exp(t1X) exp(t2X) ∀t1, t2 ∈ R,

l’insieme exp(tX) | t ∈ R e un sottogruppo abeliano di G.

Definizione 16.5. exp(tX) | t ∈ R si dice il sottogruppo a un parametro di Ggenerato da X ∈ g.

Proposizione 16.4. Il gruppo a un parametro di diffeomorfismi di G generato dalcampo di vettori invariante a sinistra X∗ ∈ g associato ad X ∈ g e descritto dalla

(1.4) G × R 3 (a, t) −→ φX(a, t) = a · exp(tX) ∈ G.

Proposizione 16.5 (coordinate di prima specie). L’applicazione esponenziale de-finisce un diffeomorfismo di un intorno aperto di 0 in g su un intorno aperto di ein G.

Dimostrazione. Infatti, il differenziale in 0 dell’applicazione esponenziale el’identita e quindi la tesi e conseguenza del teorema dell’applicazione inversa.

Esempio 16.1. Il gruppo delle matrici reali n × n invertibili GL(n,R) e un gruppodi Lie, di dimensione n2. La sua algebra di Lie gl(n,R) e l’algebra di Lie di tutte lematrici reali n × n e l’esponenziale coincide con quello definito per le matrici :

(1.5) exp(X) =

∞∑h=0

1h!

Xh .

Il suo sottogruppo SL(n,R) delle matrici con determinante 1 e anch’esso un gruppodi Lie. Ha dimensione (n2−1) e la sua algebra di Lie sl(n,R) e formata dalle matricireali con traccia nulla.

Page 285: Nacinovich - Geometria differenziale

1. GRUPPI DI LIE 285

Esempio 16.2. Il gruppo delle matrici complesse n × n invertibili GL(n,C) e ungruppo di Lie di dimensione 2n2. La sua algebra di Lie gl(n,C) consiste di tuttele matrici complesse n × n. L’esponenziale anche in questo caso coincide conl’esponenziale di matrici.

Il suo sottogruppo normale

(1.6) SL(n,C) = a ∈ GL(n,C) | det a = 1

e un gruppo di Lie di dimensione 2n2 − 1, con algebra di Lie

(1.7) sl(n,C) = A ∈ gl(n,C) | tr(A) = 0.

Esempio 16.3. Il gruppo ortogonale

(1.8) O(n) = a ∈ GL(n,R) | ta = a−1

e un gruppo di Lie compatto di dimensione n(n−1)2 . La sua algebra di Lie

(1.9) o(n) = A ∈ gl(n,R) | A + tA = 0

consiste delle matrici reali antisimmetriche.Il suo sottogruppo normale

(1.10) SO(n) = a ∈ O(n) | det a = 1

ha indice due in O(n) ed O(n) ed SO(n) hanno la stessa algebra di Lie o(n).Se n ≥ 3, il gruppo fondamentale di SO(n) e isomorfo a Z2. Il suo rivestimento

fondamentale, a due fogli, e un gruppo di Lie compatto, che si indica con Spin(n)e si dice gruppo di spin.

Esempio 16.4. Il gruppo unitario e il gruppo

(1.11) U(n) = a ∈ GL(n,C) | a∗ = a−1

e un gruppo di Lie compatto di dimensione n2, con algebra di Lie

(1.12) u(n) = A ∈ gl(n,C) | A + A∗ = 0.

Il gruppo speciale unitario

(1.13) SU(n) = a ∈ U(n) | det a = 1

e un suo sottogruppo di Lie normale, di dimensione n2 − 1, con algebra di Lie

(1.14) su(n) = A ∈ u(n) | trac A = 0.

Abbiamo un isomorfismo di gruppi di Lie SU(2) ' Spin(3).

Esempio 16.5. Indichiamo con Jn la matrice (2n) × (2n)

(1.15) Jn =(

0 −InIn 0

).

Il gruppo

(1.16) Sp(n) = a ∈ U(2n) | Jna = Jna

si dice il gruppo simplettico compatto, o simplettico unitario, o simplettico ortogo-nale. Ha dimensione n(2n + 1) ed algebra di Lie

(1.17) sp(n) = A ∈ u(2n) | AJn + JnA = 0.

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286 16. FIBRATI PRINCIPALI

1.1. La rappresentazione aggiunta.

Proposizione 16.6. Per ogni a ∈ G, il differenziale nell’identita Ad(a) dell’auto-morfismo ad(a) di G definisce un automorfismo dell’algebra di Lie g.

Dimostrazione. Siano X ∈ g ed a ∈ G. Abbiamo, con le notazioni introdottein precedenza per i differenziali delle traslazioni a destra ed a sinistra,

[ada]∗(X∗x) = aX∗a−1 = axXa−1 = axa−1(aXa−1) = [ad(a)(X)]∗ad(a)(x).

Questo dimostra che i campi X∗ ed (Ad(a)(X))∗ sono ad(a)-correlati e percio

[(ad(a))∗X∗, (ad(a))∗Y∗] = (ad(a))∗([X∗,Y∗]), ∀X,Y ∈ g.

Qundi il diffeomorfismo ad(a) definisce un automorfismo dell’algebra di Lie L(G).La tesi segue perche, per definizione, [X∗,Y∗] = [X,Y]∗.

Indichiamo con AutR(g) il gruppo

(1.18) AutR(g) = λ ∈ GLR(g) | [λ(X), λ(Y)] = λ([X,Y]), ∀X,Y ∈ g.

degli automorfismi dell’algebra di Lie reale g.Si verifica immediatamente che

Proposizione 16.7. L’applicazione G 3 a → Ad(a) ∈ Aut(g) e un omomorfismodi gruppi.

Definizione 16.6. L’omomorfismo G 3 a → Ad(a) ∈ AutR(g) si dice la rappre-sentazione aggiunta di G.

2. Sottogruppi di Lie

Definizione 16.7. Un sottogruppo H di G e un suo sottogruppo di Lie se e ancheuna sottovarieta differenziabile di G, e con tale struttura differenziabile e un gruppodi Lie.

L’algebra di Lie h di un sottogruppo di Lie H di G e una sottoalgebra di Lie dig. Infatti i campi di vettori invarianti a sinistra su H sono restrizioni ad H di campidi vettori invarianti a sinsitra di G.

Viceversa, per ogni sottoalgebra di Lie h di G il sottogruppo H di G generatoda exp(h) e un un sottogruppo di Lie connesso di G. Questo e conseguenza del fattoche i campi di vettori invarianti a sinistra corrispondenti agli elementi di h generanouna distribuzione vettoriale di rango costante formalmente (e quindi totalmente)integrabile in G.

Ogni omorfismo differenziabile φ : G1 → G2 di gruppi di Lie determina unomomorfismo dφ(e) : g1 → g2 delle loro algebre di Lie. Il viceversa non e semprevero; lo e quando G1 e semplicemente connesso.

In particolare, la G 3 a→ ad(a) ∈ Aut(G) definisce un’applicazione G 3 a→Ad(a) ∈ Aut(g), che si dice la rappresentazione lineare aggiunta di G.

Vale il

Teorema 16.8. Sia G un gruppo di Lie, con algebra di Lie g.

Page 287: Nacinovich - Geometria differenziale

3. LA FORMA DI MAURER-CARTAN 287

(1) Se H e un sottogruppo di Lie di G, la sua algebra di Lie e

(2.1) h = X ∈ g | exp(tX) ∈ H, ∀t ∈ R.

(2) Ogni sottogruppo chiuso H di G e un suo sottogruppo di Lie.

Esempio 16.6 (Gruppi lineari). Un gruppo lineare e un sottogruppo chiuso di ungruppo GL(n,C).

Per il teorema di Ado1, ogni algebra di Lie su un campo k e isomorfa ad unasottoalgebra di Lie di gl(n, k).

Per un teorema di Djokovic2, ogni algebra di Lie reale e l’algebra di Lie di ungruppo lineare.

Tutti i gruppi di Lie compatti sono isomorfi a gruppi lineari.Si puo definire sul rivestimento universale G di un gruppo di Lie connes-

so una struttura di gruppo di Lie per cui la proiezione canonica G → G sia unomomorfismo di gruppi di Lie.

I rivestimenti universali SL(n,R) dei gruppi di Lie SL(n,R) sono gruppi di Lieche non sono isomorfi a gruppi lineari.

3. La forma di Maurer-Cartan

3.1. Forme differenziali a valori vettoriali. Siano V uno spazio vettoria-le reale di dimensione finita ed M una varieta differenziabile. Indichiamo conΩh(M,V) lo spazio delle forme differenziali alternate di grado h a valori in V . Essesono le applicazioni C∞(M)-multilineari alternate :

α : X(M) × · · · × X(M)︸ ︷︷ ︸h volte

→ C∞(M,V) .

Ad esse si estende im modo naturale la definizione del differenziale. Naturalmente,se V non ha una struttura di algebra reale, non ha senso considerare il prodottoesterno di due forme a valori in V . Nel caso in cui V sia un’algebra, possiamoestendere la definizione del prodotto esterno in modo che, sulle forme di gradozero, coincida puntualmente con il prodotto definito in V . In particolare, nel casodelle algebre di Lie, possiamo dare la seguente definizione.

Definizione 16.8. Se V = a e un’algebra di Lie reale, il prodotto esterno di dueforme differenziali α ∈ Ωp(M, a), β ∈ Ωq(M, a), e la forma [α ∧ β] ∈ Ωp+q(M, a)definita da:

[α ∧ β](X1, . . . , Xp+q) =∑

σ∈Sp+q1≤σ1<···<σp≤p+q

1≤σp+1<···<σp+q≤p+q

ε(σ)[α(Xσ1 , . . . , Xσp), β(Xσp+1 , . . . , Xσp+q)].

Il prodotto si estende poi per bilinearita a tutto Ω∗(M, a).

1Matrix representations of Lie algebras, Usp. Mat. Nauk 2 (1947), pp. 159-173.2A closure theorem for analytic subgroups of a real Lie group, Can.Math. Bull. 19 (1976), pp.

435-439.

Page 288: Nacinovich - Geometria differenziale

288 16. FIBRATI PRINCIPALI

In particolare, se α e β sono 1-forme a valori in a, abbiamo:[α ∧ β](X,Y) = [α(X), β(Y)] − [α(Y), β(X)],[α ∧ α](X,Y) = 2[α(X), α(Y)],

∀X,Y ∈ X(M).

3.2. Forme differenziali invarianti. Sia G un gruppo di Lie con algebra diLie g.

Definizione 16.9. Una forma differenziale ω ∈ Ω∗(G) si dice invariante a sinistrase L∗aω = ω per ogni a ∈ G.

Per una formaω ∈ Ω1(G) di grado uno essere invariante a sinistra e equivalenteal fatto che, per ogni campo di vettori X ∈ L(G) invariante a sinistra su G, lafunzione ω(X) sia costante. Analogamente, una forma omogenea α ∈ Ωq(G) einvariante a sinistra se, e soltanto se, per ogni scelta di X1, . . . , Xq ∈ L(G), lafunzione α(X1, . . . , Xq) e costante.

3.3. La forma di Maurer-Cartan.

Teorema 16.9. Sia G un gruppo di Lie con algebra di Lie g. L’applicazione

(3.1) G × g 3 (a, X) −→ aX ∈ TG

e un diffeomorfismo. In particolare, i gruppi di Lie sono varieta differenziabiliparallelizzabili ed X(G) e il C∞(G)-modulo generato da L(G).

Dimostrazione. L’applicazione inversa della (3.1) e la

TG 3 v→ (π(v), π(v)−1 · v) ∈ G × g,

ove π : TG→ G e la proiezione canonica del fibrato tangente sulla base.

Proposizione 16.10. L’applicazione

(3.2) ϑG 3 v −→ π(v)−1 · v ∈ g

e una forma differenziale invariante a sinistra a valori in g.

Osserviamo che

(3.3) ϑG(X∗a) = X, ∀X ∈ g, ∀a ∈ G.

Definizione 16.10. La ϑG si dice la forma di Maurer-Cartan del gruppo G.

Proposizione 16.11. La forma di Maurer-Cartan ϑG ∈ Ω1(G, g) di Lie G e inva-

riante a sinistra e soddisfa l’equazione di Maurer-Cartan

(3.4) dϑG + 12 [ϑG ∧ ϑG] = 0 .

Dimostrazione. Siano X,Y ∈ g. Allora :

dϑG(X∗,Y∗) = X∗ϑG(Y∗) − Y∗ϑG(X∗) − ϑG([X∗,Y∗])

= −[ϑG(X∗), ϑG(Y∗)]

= − 12 [ϑG ∧ ϑG] (X∗,Y∗) .

Poiche L(G) genera X(M) come C∞(G)-modulo, otteniamo la tesi.

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3. LA FORMA DI MAURER-CARTAN 289

Lemma 16.12. (1) La forma di Maurer-Cartan ϑG di G soddisfa :

(3.5) R∗aϑG = Ad(a−1) ϑG .

(2) Ogni forma differenziale η ∈ Ω1(G,V), invariante a sinistra su G e dellaforma η = T ϑG, per un’applicazione linerare T : g→ V.

Dimostrazione. Se X ∈ g, abbiamo

Ra∗(X∗) = Ra∗ La−1∗(X

∗) = Ad(a−1)∗(X∗) =

(Ad(a−1)(X)

)∗.

Cio significa che, per X ∈ g, il campo Ra∗(X∗) e ancora invariante a sinistra (perchele traslazione a sinistra commutano con le traslazioni a destra) e coincide con ilcampo di vettori invariante a sinistra corrispondente all’elemento Ad(a−1)(X) ∈ g.

Se η ∈ Ω1(G,V) e invariante a sinistra, abbiamo η = T ϑG con

T = η(e) : g = TeG→ V.

Esempio 16.7. Consideriamo GL(n,R) come un aperto dello spazio Euclideo Rn2

ed identifichiamo la sua algebra di Lie gl(n,R) con lo spazio vettoriale delle matricireali n × n. Utilizzando la (3.1), rappresentiamo il suo spazio tangente TGL(n,R)come il prodotto cartesiamo GL(n,R) × gl(n,R). In particolare, X(GL(n,R)) siidentifica allo spazio C∞(GL(n,R), gl(n,R)). Poiche la traslazione a sinistra Rae la restrizione a GL(n,R) della moltiplicazione a sinistra per la matrice a, che eun’applicazione lineare, il suo differenziale coincide in ogni punto con la molti-plicazione a sinistra per a. In particolare, i campi di vettori invarianti a sinistracorrispondono alle applicazioni

GL(n,R) 3 x −→ xA ∈ gl(n,R))

al variare di A in gl(n,R)). In questo sistema di coordinate, la forma di Maurer-Cartan di GL(n,R) e la

θGL(n,R) = x−1dx.

In modo analogo, i campi di vettori invarianti a destra su GL(n,R) si scrivononella forma

GL(n,R) 3 x −→ Ax ∈ gl(n,R)

al variare di A in gl(n,R).La forma che associa ad ogni vettore v tangente in x il valore A in e del campo

di vettori invariante a destra ∗A con ∗Ax = v e dato da

dx x−1 = ad(x) θGL(n,R).

La discussione nell’Esempio16.7 giustifica la

Notazione 16.13. Se α ∈ C∞(I,G) e un arco differenziabile nel gruppo di Lie G,poniamo

α−1(t)α(t) = θG(α(t)), α(t)α−1(t) = ad(α(t))θG(α(t)).

Concludiamo questo paragrafo con una costruzione che generalizza l’esponen-ziale.

Page 290: Nacinovich - Geometria differenziale

290 16. FIBRATI PRINCIPALI

Proposizione 16.14. Siano G un gruppo di Lie, con algebra di Lie g.Sia I un connesso di R, t0 ∈ I, g0 ∈ G ed X ∈ C k(I, g), con k ≥ 0. Allora sono

univocamente determinati a, b ∈ C k+1(I,G) tali chea(t0) = g0,

a−1(t)a(t) = X(t) ∀t ∈ I,(3.6) b(t0) = g0,

b(t)b−1(t) = X(t) ∀t ∈ I.(3.7)

Dimostrazione. L’enunciato e conseguenza del fatto che le traslazioni a sini-stra agiscono sulle soluzioni a valori in G dell’equazione α−1(t)α(t) = X(t), edanalogamente le traslazioni a destra agiscono sulle soluzioni a valori in G dell’e-quazione β(t)β−1(t) = X(t), e possiamo quindi ripetere l’argomento utilizzato nelladimostrazione della Proposizione 16.3.

4. Gruppi di Lie di trasformazioni

Definizione 16.11. Sia G un gruppo di Lie e P una varieta differenziabile. Chia-miamo azione differenziabile a destra di G su P un’applicazione differenziabile:

P ×G 3 (σ, a)→ σ · a ∈ P(4.1)

tale che, per ogni a ∈ G l’applicazione (traslazione a destra):

Ra : P 3 σ→ σ · a ∈ P(4.2)

sia un diffeomorfismo di P in se e

(σ · a1) · a2 = p · (a1a2) ∀σ ∈ P, ∀a1, a2 ∈ G.(4.3)

L’azione di G su P si dice effettiva se

(σ · a = σ,∀σ ∈ P) =⇒ a = e.

L’azione di G su P si dice libera se

(∃σ ∈ P t.c. σ · a = σ) =⇒ a = e.

L’azione di G su P si dice transitiva se

∀σ1, σ2 ∈ P ∃a ∈ G t.c. σ1 · a = σ2.

5. Fibrati principali

Definizione 16.12. Siano ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato differenziabile e G un gruppo

di Lie. Un’azione differenziabile a destra di G su ξ e un’azione differenziabile adestra di G su P che operi sulle fibre di ξ.

Richiediamo cioe che

Ppa = Pp, ∀p ∈ M, ∀a ∈ G.(5.1)

In particolare, per ogni a ∈ G, la traslazione a destra Ra su P definisce un’equiva-lenza di ξ in se.

Page 291: Nacinovich - Geometria differenziale

5. FIBRATI PRINCIPALI 291

Definizione 16.13. Un fibrato principale e il dato di un fibrato differenziabileξ, di un gruppo di Lie G, che si dira il suo gruppo strutturale, e di un’azionedifferenziabile a destra di G su ξ che sia libera e transitiva sulle fibre di ξ.

Richiediamo cioe che valgano la (5.1) e che inoltre

σ ∈ P, a, b ∈ G, σ · a = σ · b =⇒ a = b,(5.2)∀p ∈ M, ∀σ1, σ2 ∈ Pp, ∃ a ∈ G tale che σ2 = σ1 · a.(5.3)

L’unico elemento a ∈ G per cui vale la (5.3) si indica con σ−11 σ2.

Sia ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale, con gruppo strutturale G.

Definizione 16.14. Un suo atlante di trivializzazione A = (Uα, σα) | α ∈ I e ildato di un ricoprimento aperto Uα | α ∈ I di M e, per ogni indice α ∈ I, di unasezione σα ∈ Γξ(Uα, P).

Alla coppia (Uα, σα) corrisponde la trivializzazione locale

(5.4) Ξα : Uα ×G 3 (p, a) −→ σα(p) · a ∈ P|Uα = π−1(Uα).

Per ogni coppia di indici α, β ∈ I con Uα,β = Uα ∩ Uβ , ∅ definiamo

(5.5) ψα,β : Uα,β 3 p −→ σ−1α (p)σβ(p) ∈ G.

Le ψα,β ∈ C∞(Uα,β,G) | Uα,β , ∅ si dicono le funzioni di transizionedell’atlante A .

Proposizione 16.15. Siano ξ un fibrato principale ed A = (Uα, σα)α∈I un suoatlante di trivializzazione. Le sue funzioni di transizione ψα,β soddisfano le con-dizioni

ψα,α(p) = e, ∀p ∈ Uα,α = Uα,(5.6)ψα,βψβ,γ = ψα,γ su Uα,β,γ = Uα ∩ Uβ ∩ Uγ. (5.7)

Teorema 16.16. Siano M una varieta differenziabile, G un gruppo di Lie, Uα unricoprimento aperto di M. Sia data una famiglia

ψα,β ∈ C∞(Uα,β,G) | Uα,β , ∅

di funzioni che soddisfino le (5.6), (5.7). Allora esiste un fibrato principale ξ suM, con gruppo strutturale G, per cui le ψα,β siano le funzioni di transizione diun atlante di trivializzazione corrispondente al ricoprimento Uα. Tale fibrato eunico, a meno di diffeomorfismi che commutino con l’azione di G.

Dimostrazione. Definiamo

P] =⊔

α∈IUα ×G.

Per le (5.6) ed (5.7), la

Uα ×G 3 (p, a) ∼ (q, b) ∈ Uβ ×G ⇐⇒ (p = q, b = aψα,β(p))

Page 292: Nacinovich - Geometria differenziale

292 16. FIBRATI PRINCIPALI

e una relazione d’equivalenza su P]. Poniamo P = P]/ ∼. Indichiamo con ıα :Uα × G → P] le applicazioni naturali. Detta $ : P] → P la proiezione nelquoziente, otteniamo per ogni α applicazioni

Ψα : Uα ×Gıα

−−−−−→ ıα(Uα ×G) ⊂ P]$

−−−−−→ $ ı(Uα ×G) = P|Uα ,

che sono omeomorfismi su aperti di P. Risulta allora definita su P un’unica strut-tura di varieta differenziabile che renda le Ψα diffeomorfismi.

Definiamo π : P→ M in modo che il diagramma

Uα ×GΨα−−−−−→ P

prUα

y yπUα −−−−−→

⊂M

sia commutativo. Otteniamo cosı un fibrato differenziabile ξ = (Pπ−−→ M), su cui

definiamo un’azione a destra di G che renda commutativo il diagramma

Uα ×G ×GΨα×idG−−−−−−→ P ×G

(p,a,b)→(p,ab)y y(p,a)→p·a

Uα ×G −−−−−→Ψα

P.

Abbiamo cioe

π(Ψα(p, a)) = p,Ψα(p, a) · b = Ψα(p, ab).

In questo modo ξ = (Pπ−−→ M) acquista una struttura di fibrato principale con

gruppo strutturale G.Per ogni α,

σα : Uα 3 p −→ Ψα(p, e) ∈ P

e una sezione differenziabile di P su Uα ed A = (Uα, σα) e un suo atlante ditrivializzazione di ξ, con funzioni di transizione ψα,β.

Se ξ′ = (P′π′

−−→ M) e un altro fibrato principale con gruppo strutturale G, cheammette un atlante di trivializzazione A ′ = (Uα, σ

′α) | α ∈ I, con σ′−1

α σ′β = ψα,β,

definiamo un’equivalenza f : P→ P′ ponendo

f (Ψα(p, a)) = σ′α(p) · a, ∀α ∈ I, p ∈ Uα, a ∈ G.

La condizione che le ψα,β siano le funzioni di transizione di A ′ ci dice che la f eben definita.

6. Morfismi di fibrati principali

Siano ξi = (Piπi−−→ Mi), i = 1, 2, due fibrati principali, con gruppi struttura-

li Gi.

Page 293: Nacinovich - Geometria differenziale

6. MORFISMI DI FIBRATI PRINCIPALI 293

Definizione 16.15. Un morfismo di fibrati principali di ξ1 in ξ2 e il dato di unmorfismo di fibrati differenziabili

(6.1)

P1F

−−−−−→ P2

π1

y yπ2

M1 −−−−−→f

M2,

e di un omomorfismo φ : G1 → G2 di gruppi di Lie che renda commutativo ildiagramma

(6.2)

P1 ×G1F×φ−−−−−→ P2 ×G2y y

P1 −−−−−→F

P2,

in cui le frecce verticali sono definite dalle azioni dei gruppi.Diciamo che ( f , F, φ) : ξ1 → ξ2 e un’immersione se F e un’immersione. In

questo caso φ e un monomorfismo di gruppi.Se F e un’inclusione, diciamo che ( f , F, φ) : ξ1 → ξ2 e un’inclusione di fibrati

principali. In questo caso, se M1 = M2 ed f = IdM, diciamo che ξ1 e un sottofibratoprincipale di ξ2, o che e stato ottenuto da ξ2 mediante una riduzione del gruppostrutturale.

Abbiamo la

Proposizione 16.17. Sia ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale con gruppo strut-

turale G, e G′ un sottogruppo di Lie di G. Condizione necessaria e sufficienteaffinche ξ ammetta una riduzione del gruppo strutturale a G′ e che ammetta unatlante di trivializzazione con funzioni di transizione a valori in G′.

Dimostrazione. La condizione e ovviamente necessaria. Dimostriamone lasufficienza.

Fissato un atlante di trivializzazione A = (Uα, σα) | α ∈ I di ξ con funzionidi transizione ψα,β = σ−1

α σβ ∈ Γ(Uα ∩ Uβ,G′), sia

P′ =⋃

α∈Iσα(p) · a | p ∈ Uα, a ∈ G′.

Con la struttura differenziabile per cui le

Ψ′α : Uα ×G′ 3 (p, a) −→ σ(p) · a ∈ P′ ∩ PUα

siano diffeomorfismi, P′ e una sottovarieta differenziabile di P. La restrizione π′ =

π|P′ definisce un sottofibrato differenziabile ξ′ = (P′π′

−−→ M), che e principale congruppo strutturale G′, ed e una riduzione di ξ a G′.

Page 294: Nacinovich - Geometria differenziale

294 16. FIBRATI PRINCIPALI

7. Spazi omogenei

Se G e un gruppo ed H un suo sottogruppo, indichiamo con G/H l’insieme

delle sue classi laterali sinistre, definito dalla relazione d’equivalenza

a ∼ b⇐⇒ aH = bH⇐⇒ a−1b ∈ H.

Il gruppo G agisce su G/H mediante le traslazioni a sinistra

`a : G/H −→ G

/H, con `a(π(b)) = π(ab), ∀a, b ∈ G.

Se G e un gruppo topologico, consideriamo su G/H la topologia quoziente. Le

traslazioni a sinstra sono allora omeomorfismi di G/H in se.

Proposizione 16.18. Sia G un gruppo topologico ed H un suo sottogruppo. Laproiezione nel quoziente π : G→ G

/H e un’applicazione aperta.

Dimostrazione. Infatti, se U e un aperto di G, allora

π−1(π(U)) =⋃

g∈UgH =

⋃h∈H

Uh

e aperto perche unione di aperti.

Teorema 16.19. Sia G un gruppo topologico ed H un suo sottogruppo.Il quoziente G/H e uno spazio regolare se, e soltanto se, H e un sottogruppo

chiuso di G.In particolare, G e uno spazio regolare se e soltanto se e uno spazio3 T1 e cio

equivale al fatto che e sia un chiuso di G.

Dimostrazione. Se H e un sottogruppo chiuso del gruppo topologico G, alloratutte le sue classi laterali sinistre sono chiusi di G e quindi G/H e uno spaziotopologico T1. Viceversa, se G/H e T1, allora H = π−1(π(e)) e chiuso.

Supponiamo dunque che H sia chiuso. Siano F un chiuso di G/H e g unelemento di G con π(g) < F. Poiche G e un gruppo topologico, l’applicazione

λ : G ×G 3 (a, b)−→a−1b ∈ G

e continua. Il chiuso π−1(F) di G non contiene g = λ(e, g). Possiamo percio trovareintorni aperti Ue di e ed Ug di g in G tali che

g−11 g2 < π

−1(F) per ogni g1 ∈ Ue, g2 ∈ Ug.

Consideriamo gli insiemi:

Ug = π−1(π(Ug)) e V =⋃Ra(Ue) | a ∈ π−1(F) =

⋃La(π−1(F)) | a ∈ Ue.

Poiche la proiezione π e aperta, il primo e un aperto saturo che contiene g e ilsecondo un aperto saturo che contiene π−1(F). Dimostriamo che Ug ∩ V = ∅. Secosı non fosse, potremmo trovare g1 ∈ Ug, g2 ∈ H, g3 ∈ Ue, g4 ∈ π

−1(F) tali cheg1g2 = g3g4.

3Uno spazio topologico X soddisfa l’assioma di separazione T1 se tutti i suoi sottoinsiemi finitisono chiusi; soddisfa l’assioma di separazione T3 se dati un punto a di X ed un chiuso A di X chenon contenga a, esistono aperti disgiunti U e V con a ∈ U ed A ⊂ V; e regolare se soddisfa entrambigli assiomi T1 e T3.

Page 295: Nacinovich - Geometria differenziale

7. SPAZI OMOGENEI 295

Da questa relazione troviamo g−13 g1 = g4g−1

2 ∈ π−1(F), che contraddice lascelta di Ue ed Ug.

Cio dimostra che G/H soddisfa l’assioma T3 e quindi e regolare.

Consideriamo ora la situazione in cui G sia un gruppo di Lie.

Teorema 16.20. Sia G un gruppo di Lie ed H un suo sottogruppo chiuso. Vi eallora sul quoziente M = G/H un’unica struttura di varieta differenziabile per cuiξ = (G

π−−→ M), ove π e la proiezione sul quoziente, sia un fibrato principale con

gruppo strutturale H.

Dimostrazione. Per il Teorema 16.19, M e uno spazio di Hausdorff e la proie-zione π : G→ M aperta.

Per il Teorema 16.8, H e un sottogruppo di Lie di G. Siano g l’algebra di Liedi G ed h la sottoalgebra di g corrispondente ad H.

Scegliamo un complemento lineare m di h in g, di modo che

g = h ⊕m.

L’applicazionef : m ×H 3 (X, a) −→ exp(X) · a ∈ G

e differenziabile. Lo spazio tangente di m ×H in (0, eH) e m ⊕ h = g e d f (0, eH) el’identita su g. Per il teorema delle funzioni implicite esistono allora intorni apertiN0 di 0 in m, V di eH in H, ed U di eG in G tali che

N0 × V 3 (X, h) −→ f (X, h) = exp(X) h ∈ U

sia un diffeomorfismo. In particolare,

V = U ∩H, exp(N0) ∩H = f (N0 × eH) ∩H = eG.

La composizione di π con la restrizione ad N0 dell’esponenziale definiscequindi un omeomorfismo di N0 su un aperto W di M, ed abbiamo il diagrammacommutativo

N0 × Vf

−−−−−→ U

prmy yπ

N0η

−−−−−→ W.

Definiamo un atlante su M = G/H ponendo

A = (Va = `a(Ve), ya = η−1 `a−1) | a ∈ G,dove abbiamo indicato con `a la traslazione a sinistra su M definita dall’elemento a:

`a : M 3 π(b) −→ π(La(b)) = π(ab) ∈ M, ∀a, b ∈ G,per cui abbiamo il diagramma commutativo

GLa

−−−−−→ G

π

y yπM −−−−−→

`aM.

Page 296: Nacinovich - Geometria differenziale

296 16. FIBRATI PRINCIPALI

Le funzioni di transizione sono

ya y−1b = η−1 `a−1 `b η : yb(Va ∩ Vb)→ yb(Va ∩ Vb)

= η−1 `a−1b π exp |W

= η−1 π La−1b exp |W

= prm F−1 La−1b exp |W

e quindi l’atlante e differenziabile.L’azione a destra di H su G, restrizione del prodotto su G, e differenziabile e

definisce su ξ una struttura di fibrato principale con gruppo strutturale H.

Esempio 16.8. L’applicazione π : SO(n + 1) 3 a → ae0 ∈ S n, ove e0 e un vettoredi lunghezza unitaria in Rn+1, definisce un fibrato principale con base S n, spaziototale SO(n + 1) e gruppo strutturale SO(n).

Esempio 16.9. Sia n un intero positivo. Il gruppo T+(n,R) delle matrici diagonalisuperiori con determinante diverso da zero e un sottogruppo chiuso di GL(n,R).Lo spazio omogeneo F = GL(n,R)/T+(n,R) e una varieta differenziabile compattadi dimensione n(n−1)/2, che si dice varieta bandiera reale completa.

8. Il fibrato dei sistemi di riferimento

Sia η = (E$−−→ M) un fibrato vettoriale di rango n su una varieta differenziabile

M di dimensione m. Ad esso associamo in modo canonico un fibrato principalez(η), con gruppo strutturale GLn(R). Il suo spazio totale e

(8.1) L(η) = tp∈MLp(η), con Lp(η) = isomorfismi lineari σ : Rn → Ep.

e la proiezione π : L(η)→ M associa a σ ∈ Lp(η) il punto p. Una trivializzazionelocale di z(η) e descritta dal dato di n sezioni s1, . . . , sn ∈ Γ(U, E), defininite su unaperto U di M, per cui s1(p), . . . , sn(p) siano linearmente indipendenti in Ep perogni p ∈ U. Ad esse associamo la sezione

σ(p) : Rn 3 (k1, . . . , kn)→∑n

i=1kisi(p) ∈ Ep.

Questo definisce su z(η) una struttura di fibrato principale con gruppo strutturaleGLn(R).

Definizione 16.16. Il fibrato principale z(η), con gruppo strutturale GLn(R), as-sociato al fibrato vettoriale η = (E

$−−→ M) mediante la (8.1) si dice il fibrato dei

sistemi di riferimento di η.

Esso e caratterizzato dal fatto che le sue sezioni locali definiscono trivializza-zioni locali di η. Viceversa, vale la

Proposizione 16.21. Ad ogni fibrato principale ξ = (Pπ−−→ M), con gruppo strut-

turale GLn(R), possiamo associare un fibrato vettoriale η = (E$−−→ M) di rango

n, unico a meno di isomorfismi, di cui ξ sia il fibrato dei sistemi di riferimento.

Page 297: Nacinovich - Geometria differenziale

9. RIDUZIONE DEL GRUPPO STRUTTURALE E G-STRUTTURE 297

Dimostrazione. Se σ1, σ2 ∈ P stanno sulla stessa fibra di ξ, indichiamo conσ−1

1 σ2 l’unico elemento a ∈ GLn(R) tale che σ2 = σ1 · a. Fissiamo un atlante ditrivializzazione (Uα, σα) | α ∈ I di ξ. Sull’unione disgiunta

E =⊔

α∈I(Uα × R

n)

definiamo la relazione di equivalenza

Uα × Rn 3 (pα, vα) ∼ (pβ, vβ) ∈ Uβ×R

n

⇐⇒ (pα = pβ, (σα(pα))−1σβ(pβ)vβ = vα).

Il quoziente E = E/∼ e lo spazio totale di un fibrato vettoriale differenziabile suM, di rango n, di cui ξ e il fibrato dei sistemi di riferimento.

Abbiamo quindi:

Teorema 16.22. La η ←→ z(η) e una corrispondenza biunivoca tra la categoriadei fibrati vettoriali di rango n su M, modulo equivalenza, e quella dei fibratiprincipali su M con gruppo strutturale GLn(R), modulo equivalenza.

Definizione 16.17. Il fibrato dei sistemi di riferimento del fibrato tangente di unavarieta differenziabile M si indica con z(M) e si dice il fibrato dei sistemi diriferimento su M. Indichiamo con L(M) il suo spazio totale.

Abbiamo

Proposizione 16.23. Ogni diffeomorfismo f : M1 → M2 di varieta differenziabilisi rialza ad un unico isomorfismo di fibrati principali che renda commutativo ildiagramma

(8.2)

L(M1)f

−−−−−→ L(M2)y yM1

f−−−−−→ M2.

9. Riduzione del gruppo strutturale e G-strutture

Il Teorema 16.22 stabilisce una corrispondenza biunivoca tra fibrati vettorialie fibrati principali con gruppo strutturale GLn(R). Osserviamo che, se avessimoristretto la costruzione della Proposizione16.21 ad un sottofibrato principale ξ′ diξ, con gruppo strutturale G < GLn(R), avremmo ottenuto un fibrato vettorialecanonicamente isomorfo a quello associato a ξ.

Definizione 16.18. Siano η = (E$−−→ M) un fibrato vettoriale reale di rango n e G

un sottogruppo di GLn(R). Un G-atlante di trivializzazione di η e un suo atlante ditrivializzazione A = (Uα, σα)α∈I tale che

(9.1) gα,β(p) = σ−1α (p) σβ(p) ∈ G per p ∈ Uα ∩ Uβ, ∀α, β ∈ I.

Due G-atlanti di trivializzazione A ed A ′, sono equivalenti se A ∪ A ′ eancora un G-atlante di trivializzazione.

Page 298: Nacinovich - Geometria differenziale

298 16. FIBRATI PRINCIPALI

L’unione di tutti i G-atlanti di trivializzazione equivalenti ad un G-atlante ditrivializzazione assegnato e un G-atlante di trivializzazione massimale.

Una G-struttura, o riduzione a G del gruppo strutturale e il dato di una clas-se di equivalenza di G-atlanti di trivializzazione di η, ovvero di un G-atlante ditrivializzazione massimale.

Una carta locale di trivializzazione (U, σU) di η e compatibile con la G-strutturase appartiene al suo G-atlante di trivializzazione massimale.

Vale la

Proposizione 16.24. Siano G un sottogruppo di Lie del gruppo lineare GLn(R) edη = (E

$−→ M) e un fibrato vettoriale di rango n, dotato di una G-struttura. Esiste,

unica a meno di isomorfismi, una riduzione zG(η) = (L(η)π−−→ M), con gruppo

strutturale G, di z(η), tale che ogni sezione differenziabile locale di z(η) definiscauna trivializzazione locale di η compatibile con la G-struttura.

Dimostrazione. Fissiamo un G-atlante di trivializzazione compatibile A =

(Uα, σα) | α ∈ I e definiamo

LG(η) =⋃

α∈Iσα(p) · a | p ∈ Uα, a ∈ G.

Si verifica facilmente che LG(η) e lo spazio totale di una G-riduzione di z(η).

Definizione 16.19. Il G-fibrato principale zG(η) = (L(η) → M) si dice il fibratodei G-sistemi di riferimento di η.

Siano η = (E$−−→ M) ed η′ = (E′

$′

−−−→ M′) due fibrati vettoriali di rango n.Un isomorfismo di fibrati vettoriali

Ef

−−−−−→ E′

$

y y$′M

f−−−−−→ M′

si rialza ad un isomorfismo dei corrispondenti fibrati dei sistemi di riferimento

L(η)f∗

−−−−−→ L(η′)

π

y yπ′M

f−−−−−→ M′,

con f∗(σ) = f∗ σ ∈ Lπ(σ)(Rn, E′π(σ)).

Definizione 16.20. Siano η, η′ due fibrati vettoriali dotati di una G-struttura. Unisomorfismo ( f , f ) di η in η′ e un G-isomorfismo se

(9.2) f∗(LG(η)) = LG(η′).

Se i due fibrati hanno la stessa base ed f e l’identita, chiamiamo il corrispondenteG-isomorfismo una G-equivalenza.

Page 299: Nacinovich - Geometria differenziale

10. G-STRUTTURE SU UNA VARIETA DIFFERENZIABILE 299

Proposizione 16.25. Sia η = (E$−−→ M) un fibrato vettoriale di rango n. A

meno di equivalenza, le G-strutture su η sono in corrispondenza biunivoca con leG-riduzioni del fibrato z(η) dei suoi sistemi di riferimento.

Sia G un sottogruppo chiuso di GLn(R). Se U = Uα e un ricoprimentoaperto di M, indichiamo con Cq(U ,G) l’insieme delle q-catene di applicazioni diclasse C∞ del ricoprimento U , a valori in G:

(9.3) Cq(U ,G)) = (gα0,α1,...,αq ∈ C∞(Uα0,α1,...,αq ,G)).

Indichiamo poi con

(9.4) Z1(U ,G))=

(gα,β ∈ C1(U ,G))

∣∣∣gα,βgβ,γ = gα,γ su Uα,β,γ, ∀α, β, γ,

e scriviamo

(9.5) δ(gα) = (gα g−1β ) ∈ Z1(U ,G)), ∀(gα) ∈ C0(U ,G).

Proposizione 16.26. Siano (gα,β), (g′α,β) ∈ Z1(U ,G)) funzioni di transizione delle

trivializzazioni di due fibrati vettoriali di rango n

ξ = (E$−−→ M) e ξ

′ = (E′$′

−−−→ M)

sulla stessa base M, entrambi con gruppo strutturale G. Condizione necessa-ria e sufficiente affinche i due fibrati siano G-equivalenti e che esista una (hα) ∈C0(U ,G) tale che

(9.6) g′α,β = hαgα,βh−1β su Uα,β, ∀α, β.

In particolare, il fibrato ξ e G-equivalente al fibrato banale se, e soltanto se,(gα,β) = δ(hα) per qualche (hα) ∈ C0(U ,G).

Esempio 16.10. Ogni fibrato vettoriale di rango n ammette una O(n)-struttura. Siainfatti η = (E

$−−→ M) un fibrato vettoriale di rango n ed A = (Uα, σα) | α ∈ I

un suo atlante di trivializzazione, con U = Uα ricoprimento aperto localmentefinito di M. Sia χα una partizione differenziabile dell’unita subordinata ad U .Possiamo allora definire un prodotto scalare sulle fibre di E ponendo

g(v1, v2) =∑

Uα3pχα(p)(σ−1

α (v1) | σ−1α (v2)), ∀p ∈ M, ∀v1, v2 ∈ Ep.

La O(n) stuttura su η associata alla metrica g si puo ottenere dall’atlante A ap-plicando il procedimento di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt alle basiσα(p)(e1),. . . , σα(p)(en) di Ep rispetto al prodotto scalare gp = g|Ep .

10. G-strutture su una varieta differenziabile

Definizione 16.21. Sia M una varieta differenziabile di dimensione m. Se G e unsottogruppo di Lie del gruppo lineare GL(m,R) chiamiamo G-struttura su M unaG-struttura sul suo fibrato tangente.

Page 300: Nacinovich - Geometria differenziale

300 16. FIBRATI PRINCIPALI

Osservazione 16.27. Il concetto di G-struttura ci permette di considerare in modoconcettualmente unitario diverse geometrie su M. Ad esempio:

un’orientazione su M e equivalente ad una GL+(m,R)-struttura;una misura di Radon di classe C∞ equivale ad una SL(m,R)-struttura;una metrica Riemanniana corrisponde a una O(m)-struttura;una struttura quasi-compessa e una GLn(C)-struttura (m = 2n pari);una struttura quasi-Hermitiana e una U(n)-struttura (m = 2n pari);una struttura quasi-simplettica e una Sp(n,R)-struttura (m = 2n pari)4;una 1-struttura si dice un parallelismo completo.

Esempio 16.11. La fibrazione canonica SO(n + 1) −→ S n e una SO(n)-riduzionedel fibrato dei sistemi di riferimento di S n e quindi una SO(n)-struttura su S n.

La fibrazione canonica SO(n + 1) −→ RPn e una O(n)-riduzione del fibrato deisistemi di riferimento di RPn e quindi una struttura Riemanniana su RPn.

La fibrazione canonica SU(n + 1) −→ CPn e una U(n)-riduzione del fibrato deisistemi di riferimento su CPn e quindi una struttura quasi-Hermitiana su CPn.

11. Fibrati vettoriali associati a rappresentazioni

La costruzione della Proposizione 16.21 si generalizza al caso di fibrati princi-pali generali e di rappresentazioni lineari del loro gruppo strutturale.

Sia ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale su M, con gruppo strutturale G.

Fissata una rappresentazione lineare di dimensione finita ρ : G → GLR(V),definiamo su P × V una relazione di equivalenza ponendo

(11.1) (σ, v) ∼ (σ · a, ρ(a−1)(v)) ∀σ ∈ P , ∀v ∈ V , ∀a ∈ G.

Proposizione 16.28. Il quoziente EV = (P × V)/∼ e lo spazio totale di un fibratovettoriale ξV = (EV

πV−−−→ M) con fibra tipica V. La proiezione nel quoziente

$ : P × V → EV definisce un morfismo di fibrati vettoriali che rende commutativoil diagramma

(11.2)

P × V$

−−−−−→ EV

prP

y yπV

−−−−−→ M.

Definizione 16.22. ξV = (EVπV−−−→ M) e il fibrato vettoriale associato a ξ e alla

rappresentazione lineare (ρ,V) del suo gruppo strutturale.

Notazione 16.29. Se σ ∈ P e v ∈ V , indicheremo con σv il vettore $(σ, v) ∈ EVed analogamente, se α = $(σ, v), scriveremo v = σ−1α.

Riassumiamo questa costruzione nell’enunciato:

Proposizione 16.30. Sia ξ un fibrato principale sulla varieta differenziabile M,con gruppo strutturale G. Ad ogni rappresentazione lineare ρ di G su uno spaziovettoriale V risulta associato un fibrato vettoriale ξV su M, con fibra tipica V,

4 Ricordiamo che Sp(n,R) = a ∈ SL(2n,R) | taΩa = Ω per una matrice antisimmetrica (2n) ×(2n) non degenere Ω.

Page 301: Nacinovich - Geometria differenziale

11. FIBRATI VETTORIALI ASSOCIATI A RAPPRESENTAZIONI 301

tale che la (11.2) sia un diagramma commutativo e descriva un morfismo di fibrativettoriali.

Definizione 16.23. Le sezioni differenziabili del fibrato vettoriale ξV si dirannoquantita di tipo (ρ,V).

Una sezione s del fibrato ξV si rialza ad una funzione s ∈ C∞(P,V), con

(11.3) s(σ) = σ−1s(π(σ)).

Proposizione 16.31. Sia f ∈ C∞(P,V). Condizione necessaria e sufficiente affin-che f rialzi una sezione s ∈ Γ(M, EV ) e che risulti

(11.4) f (σ · a) = ρ(a−1) f (σ), ∀σ ∈ P, ∀a ∈ G.

Dimostrazione. La tesi e conseguenza immediata della (11.1). Infatti

(σa) f (σa)) = $(σ, ρ(a)ρ(a−1) f (σ)) = $(σ, f (σ)) = σ f (σ).

Quindi il valore di σ f (σ) dipende solo da π(σ) e possiamo percio definire unasezione differenziabile s di EV ponendo s(π(σ)) = σ f (σ) per ogni σ ∈ P.

Notazione 16.32. Indichiamo con Eρ(P,V) lo spazio delle f ∈ C∞(P,V) chesoddisfano la (11.4).

Proposizione 16.33. La (11.3) stabilisce un isomorfismo lineare s↔ s tra Γ(M, EV )ed Eρ(P,V).

Esempio 16.12. Sia z(M) = (L(M)π−→ M) il fibrato dei sistemi di riferimento di

una varieta differenziabile M.Il fibrato associato alla rappresentazione canonica di GL(m,R) su Rm e il

fibrato tangente T M → M.Il fibrato associato alla rappresentazione duale

GL(m,R) 3 a→ ta−1∈ GLR(Rm)

e il fibrato cotangente T ∗M → M.I fibrati tensoriali T p,qM sono associati alle rappresentazioni tensoriali :

ρ(a)(v1⊗ · · · ⊗ vp ⊗ w1 ⊗ · · · ⊗ wq)

= a(v1) ⊗ · · · ⊗ a(vp) ⊗ ta−1(w1) ⊗ · · · ⊗ ta−1(wq)

∀v1, . . . , vp,w1, . . . ,wq ∈ Rm.

Osservazione 16.34. La Proposizione 16.33 ci permette di associare ad ogni sezio-ne differenziabile del fibrato ξV una funzione a valori in V . Come abbiamo visto,alle funzioni definite su una varieta differenziabile e a valori in uno spazio vettoria-le si possono applicare le diverse operazioni del calcolo differenziale. Ad esempio,possiamo calcolarne il differenziale e le derivate rispetto a campi di vettori.

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CAPITOLO 17

Connessioni principali

Indicheremo in questo capitolo con ξ un fibrato principale, con spazio totale P,base M e gruppo strutturale G.

1. La distribuzione verticale

All’azione di G su P associamo le applicazioni

(1.1) `σ : G 3 a −−−−−→ σ · a ∈ P, per ogni σ ∈ P,

(1.2) Ra : P 3 σ −−−−−→ σ · a ∈ P, per ogni a ∈ G.

Indicando con La ed Ra le tralsazioni a sinistra e a destra in G, abbiamo

`σ La = `σa,

Ra `σ = `σa ad(a−1).

Infatti

`σ(La(x)) = `σ(ax) = σ · (ax) = (σa) · x = `σa(x),

Ra(`σ(x)) = `σ(x) · a = σxa = (σa)ad(a−1)(x) = `σa ad(a−1)(x).

Definizione 17.1. Indichiamo con

(1.3) V(P) = X ∈ X(P) | dπ(σ)(Xσ) = 0, ∀σ ∈ P

la distribuzione verticale su P e con

(1.4) VP =⋃σ∈P

Xσ | X ∈ V(P) ⊂ T P

il corrispondente fibrato verticale.

La V(P) e totalmente integrabile, in quanto la π : P → M definisce unafoliazione globale diV(P). In particolare, e

(1.5) [V(P),V(P)] ⊂ V(P).

Ogni X ∈ g definisce un gruppo a un parametro di diffeomorfismi di P:

(1.6) R 3 t−→Rexp(tX) ∈ C∞(P, P).

Definizione 17.2. Il generatore infinitesimale X? di (1.5) si dice campo fondamen-tale associato ad X.

Osservazione 17.1. Se ξ e il fibrato banale G → p0, allora il campo fondamen-tale X? coincide con il campo invariante a sinistra X∗.

303

Page 304: Nacinovich - Geometria differenziale

304 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Notazione 17.2. Indichiamo con λσ : g → TσP il differenziale nell’identita del-l’applicazione `σ : G 3 a→ σ · a ∈ P.

Lemma 17.3. Per ogni X ∈ g, e X? ∈ V(P) ed

(1.7) X?σ = λσ(X), ∀σ ∈ P.

Dimostrazione. Le curve integrali t → σ·exp(tX) di X? sono verticali e quindiX? e verticale. Risulta poi

X?σ = d

dt

∣∣∣t=0 σ · exp(tX) = d

dt

∣∣∣t=0 `σ(exp(tX)) = d`σ(e)(X).

Proposizione 17.4. Con le notazioni introdotte sopra, abbiamo:(1) ∀σ ∈ P, λσ = d`σ(e) : g 3 X → X? ∈ VσP e un isomorfismo lineare.(2) La P × g 3 (σ, X) → X?

σ ∈ VP e un’equivalenza di fibrati vettoriali. Inparticolare VP e trivializzabile.

(3) La Λ : g 3 X → X? ∈ V(P) e un monomorfismo di algebre di Lie.(4) Vale la formula

(1.8) dRa(X?) = [Ad(a−1)X]?, ∀a ∈ G, ∀X ∈ g.

(5) La distribuzione V(P) e il sotto-C∞(P)-modulo generato dai campi divettori X?, al variare di X in g.

Dimostrazione. (1). Poiche l’azione di G su P e libera, l’applicazione λσ einiettiva. E anche un isomorfismo, perche VσP e g hanno la stessa dimensione.

La (2) e conseguenza della (1). Per (1), Λ e iniettiva. I campi X∗ su G ed X?

sono `σ-correlati per ogni σ ∈ P, e questo implica che Λ sia anche un omomor-fismo di gruppi di Lie, completando la dimostrazione del punto (3). La formula(1.8) si ottiene dalla

Ra(σ · exp(tX)) = σ · (exp(tX)a) = σ · a · (a−1 exp(tX)a) = (σ · a) · exp(Ad(a−1)X),

che dimostra come la traslazione Ra trasformi il flusso generato da X? nel flussogenerato da [Ad(a−1)X]?. Infine, la (5) segue dalla (3).

Sia σ ∈ P. Per la Proposizione 17.4, per ogni vettore verticale w ∈ VσPvi e un unico elemento X dell’algebra di Lie g di G tale che X?

σ = w. Questacorrispondenza definisce un’applicazione

(1.9) ωv : VP→ g

di classe C∞ ed R-lineare sulle fibre di VP.Diremo quindi che e la ωv e una forma differenziale sulla distribuzione verti-

cale, a valori nell’algebra di Lie g.Per la (1.8), la ωv soddisfa

(1.10) (Ra)∗ωv = ad(a−1) ωv ∀a ∈ G.Per semplificare le notazioni, sara a volte conveniente scrivere

Xa invece che dRa(X), per X ∈ T P, a ∈ G,σA invece che λσ(A), per σ ∈ P, A ∈ g,

Page 305: Nacinovich - Geometria differenziale

2. IL CONCETTO DI CONNESSIONE PRINCIPALE 305

aA invece che dLa(A), per a ∈ G, A ∈ TG.

2. Il concetto di connessione principale

Definizione 17.3. Una connessione principale Γ su ξ e il dato di una forma diffe-renziale ω ∈ Ω1(P, g) (la sua forma di Cartan) che soddisfi le:

ω(A?) = A per ogni A ∈ g,(1)

R∗aω = Ad(a−1)ω ∀a ∈ G, cioe(2)

ω((Ra)∗(X)) = Ad(a−1)(ω(X)) ∀X ∈ X(P).(2′)

Per ogni punto σ ∈ P, la ω definisce una proiezione di TσP su VσP, mediantela composizione

(2.1) TσP 3 Xσω

−−−−−→ ω(Xσ) ∈ gλσ

−−−−−→ [ω(Xσ)]?σ ∈ VσP.

Il nucleo di questa proiezione e la distribuzione orizzontale

(2.2) kerω = H (P) = X ∈ X(P) |ω(X) = 0.

Indichiamo con

(2.3) HP =⋃σ∈P

Xσ | X ∈H (P) ⊂ T P

il corrispondente sottofibrato del fibrato tangente T P di P.La distribuzione orizzontale di una G-connessione affine Γ e caratterizzata

dalle proprieta:

TσP = VσP ⊕ HσP, ∀σ ∈ P(1′)(Ra)∗ (HσP) = Hσ·aP, ∀σ ∈ P , ∀a ∈ G.(2′)

Dato un sottofibrato HP del fibrato tangente di P che verifichi le (1′) e (2′), indi-chiamo con prh e prv le proiezioni sulla componente orizzontale e sulla componenteverticale corrispondenti alla decomposizione (1′):

(2.4) T Pprv

||zzzzzzzz prh

""EEEEEEEE

VP HP.

Si verifica immediatamente che la forma ω ∈ Ω1(P, g), definita da

(2.5) ω(X) = ωv(prv(X)), ∀X ∈ T P.

e la forma di Cartan di una connessione principale Γ su ξ ed abbiamo quindi la1:

Proposizione 17.5. La ω ←→ HP =⋃σ∈P kerω(σ) definisce una corrisponden-

za biunivoca tra le connessioni principali Γ su ξ ed i sottofibrati HP di T P chesoddisfano le condizioni (1′) e (2′).

1La definizione della connessione a partire dalla distribuzione orizzontale e dovuta a Char-les Ehresmann: Les connexions infinitesimales dans un espace fibre differentiable, Colloque deToplogie, Bruxelles, (1950), pp. 29-55.

Page 306: Nacinovich - Geometria differenziale

306 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

La caratterizzazione di una connessione principale mediante la sua distribuzio-ne orizzontale ci da facilmente:

Proposizione 17.6 (estensione). Sia ξ′ = (P′π′

−−→ M) un sottofibrato principale diξ, con la stessa base M e gruppo strutturale G′ ⊂ G. Indichiamo con ı : P′ → Pl’inclusione. Per ogni connessione principale Γ′ su ξ′, con forma di Cartan ω′, vie un’unica connessione principale Γ su ξ, la cui forma di Cartan ω soddisfi

(2.6) ω′ = ı∗ω.

Dimostrazione. Indichiamo con H′P′ il fibrato orizzontale della connessioneΓ′. L’applicazione

P′ ×G 3 (σ, a)→σ · a ∈ Pξe surgettiva. Definiamo il fibrato orizzontale HP della connessione Γ ponendo

Hσ·aP = (Ra)∗(H′σP′), ∀σ ∈ P′, ∀a ∈ G.

Chiaramente HP verifica le condizioni (1′) e (2′) e definisce quindi una connessio-ne principale su ξ, la cui forma di Cartan ω estende quella di Γ′.

Teorema 17.7 (esistenza). Ogni fibrato principale ammette una connessione prin-cipale.

Dimostrazione. Siano ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale con gruppo strut-

turale G e ϑG ∈ Ω1(G, g) la forma di Maurer-Cartan di G. Fissiamo un atlante di

trivializzazione (Uα, σα) di ξ ed indichiamo con

(2.7) Ψα : Uα ×G 3 (p, a)→σα(p) · a ∈ π−1(Uα)

le corrispondenti trivializzazioni locali. Per ogni indice α, sia prα,G : Uα ×G→ Gla proiezione sul secondo fattore. Allora la ω′α = Ψα∗ pr∗

α,G ϑG ∈ Ω1(π−1(Uα), g) e

la forma di Cartan di una connessione principale su ξ|Uα .Fissiamo una partizione dell’unita χα su M subordinata al ricoprimento Uα

e definiamoω =

∑α(π∗χα)ω′α ∈ Ω

1(P, g),

ove le forme (π∗χα)ω′α si intendono estese con la forma nulla fuori dell’apertoπ−1(Uα). Si verifica facilmente che ω e la forma di Cartan di una connessioneprincipale su ξ.

3. Pullback di una connessione principale

Sia ξ′ = (P′π′

−→ M′) un altro fibrato principale, con gruppo strutturale G′,ed f : P′ → P un’applicazione differenziabile che induca un morfismo di fibratiprincipali2. Allora, se ω e la forma di Cartan di una connessione principale Γ suξ, la sua immagine inversa ω′ = f ∗ω e la forma di Cartan di una connessioneprincipale Γ′ su ξ′, che si dice il pullback della connessione Γ.

2Esistono cioe una f0 ∈ C∞(M′,M) ed una φ ∈ Hom(G′,G) tali che π f = f0 π′ ed

f R′a = Rφ(a) f , per ogni a ∈ G′.

Page 307: Nacinovich - Geometria differenziale

4. IL FIBRATO DELLE CONNESSIONI PRINCIPALI 307

In particolare, se N e una varieta differenziabile ed f ∈ C∞(N,M), il pullback

f ∗ξ = (P fπ f−−→ N), definito da

P f = (y, σ) ∈ N × P | π(σ) = f (y),π f : P f 3 (y, σ) −→ y ∈ N

e un fibrato principale con gruppo strutturale G, per l’azione

(y, σ) · a = (y, σ · a), ∀(y, σ) ∈ P f , ∀a ∈ G.

La f si rialza ad un morfismo f di fibrati G-principali

f : P f 3 (y, σ) −→ f (y, σ) = σ ∈ P.

Se ω e la forma di Cartan di una connessione principale Γ su ξ, allora la f ∗ω ∈Ω1(P f , g) e la forma di Cartan di una connessione principale f ∗Γ su f ∗ξ.

4. Il fibrato delle connessioni principali

Sia ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale con gruppo strutturale G. Il differen-

ziale dell’azione a destra di G su P definisce un’azione di G sullo spazio tangenteT P. Indichiamo con Cξ il quoziente di T P rispetto a questa azione: due vettoriX,Y ∈ T P definiscono lo stesso elemento di Cξ se Y = Xa = dRa(X), per qualchea ∈ G. Il quoziente Cξ e una varieta differenziabile e il diagramma commutativo

T P$ //

dπ ""DDDDDDDDD Cξ

dπξ

T M.

definisce un fibrato vettoriale Cξdπξ−−−−→ T M con fibra tipica g.

Una trivializzazione locale (Uα, σα) di ξ ci permette di definire una sezione

Ψα : TUα × g 3 (X, A) −→ dσα(X) + A?σα ∈ T P

del fibrato T Pdπ−−−→ T M. Compondendola con la proiezione nel quoziente ottenia-

mo una trivializzazione locale

TUα × g 3 (X, A) −→ $ Ψα(X, A) ∈ dπ−1(TUα) = Cξ

∣∣∣TUα

.

Componendo con la proiezione sulla base, Cξ e lo spazio totale di una fibratovettoriale su M

ρ : Cξ −→ M,

con fibra tipica Rm ⊕ g. Abbiamo3:

3 Shoshichi Kobayashi: Theory of Connections, Ann. Mat. Pura Appl. 43 (1957), pp.119-194.

Page 308: Nacinovich - Geometria differenziale

308 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Teorema 17.8. Le connessioni principali su ξ sono in corrispondenza biunivoca

con le sezioni Γ : T M → Cξ del fibrato Cξdπ−−−→ T M tali che

T MΓ //

pr!!CCCCCCCC Cξ

ρ~~~~~~~~~~

M

sia un morfismo di fibrati vettoriali su M.In questa corrispondenza, la distribuzione orizzontale e caratterizzata da

(4.1) HP = $−1(Γ(T M)).

5. Automorfismi di una connessione principale

Definizione 17.4. Sia ξ un fibrato principale con una connessione Γ. Un automor-fismo di Γ e un morfismo ( f , f , id) di ξ che preserva la connessione.

Abbiamo cioe un diagramma commutativo

Pf

−−−−−→ P

π

y yπM −−−−−→

fM

con le proprieta:

f (σ · a) = f (σ) · a, ∀σ ∈ P, ∀a ∈ G,

f ∗ω = ω,

dove ω e la forma di Cartan di Γ.Denotiamo con Aut(Γ) il gruppo degli automorfismi di Γ.

6. Forme di Christoffel ed equazioni di gauge

Indichiamo con

(6.1) ϕ : P ×G 3 (σ, a) −→ σ · a ∈ P

l’azione del gruppo strutturale sullo spazio totale P di ξ. Il suo differenziale e

(6.2)dϕ = dRa dσ + d`σ da

= dRa dσ + λσ·a ϑG da,

ove abbiamo indicato con dσ il differenziale della proiezione (σ, a) → σ e con daquello della proiezione (σ, a)→ a.

Fissiamo un atlante di trivializzazione A = (Uα, σα) | α ∈ I di ξ, edindichiamo con

(6.3) Ψα : Uα ×G 3 (p, a) −→ σα(p) · a ∈ P|Uα , per α ∈ I

le trivializzazioni locali.

Page 309: Nacinovich - Geometria differenziale

6. FORME DI CHRISTOFFEL ED EQUAZIONI DI GAUGE 309

Lemma 17.9. Sia ω la forma di Cartan di una connessione principale su ξ. Perogni indice α, sia

(6.4) ωα = σ∗αω = ω dσα ∈ Ω1(Uα, g), per α ∈ I.

Allora

(6.5) Ψ∗αω = Ad(a−1) ωα dp + ϑG da,

ove dp e il differenziale della proiezione (p, a) → p ∈ Uα, da della proiezione(p, a)→ a, e ϑG e la forma di Maurer-Cartan del gruppo strutturale G.

Dimostrazione. Il diffeomorfismo di trivializzazione Ψα e la composizione diϕ con l’applicazione

Uα ×G 3 (p, a) −→ (σα(p), a) ∈ P ×G.

Quindi

(6.6) dΨα = dRa dσα dp + λσα·a ϑG da.

Otteniamo percio

Ψ∗αω = ω dΨα

= ω dRa dσα dp + ω λσα·a ϑG da

= Ad(a−1) ωα dp + ϑG da.

Definizione 17.5. Le forme ωα = σ∗αω ∈ Ω1(Uα, g) si dicono le forme di Christof-

fel4 della connessione Γ rispetto all’atlante A .

Notazione 17.10. Data ωα ∈ Ω1(Uα, g), indicheremo con ωα ∈ Ω1(Uα × G, g) laforma Ψ∗αω, definita da

(6.7) ωα = Ad(a−1) ωα dp + ϑG da.

Per ogni coppia di indici α, β con Uα,β = Uα ∩ Uβ , ∅, siano ψα,β = σ−1α σβ ∈

C∞(Uα,β,G) le funzioni di transizione dell’atlante A . Indichiamo con

(6.8) θα,β = ψ∗α,βϑG ∈ Ω1(Uα,β, g), ∀α, β ∈ I, con Uα,β , ∅

il pullback della forma di Maurer-Cartan ϑG di G mediante la funzione di transi-zione ψα,β.

Vale il seguente:

Teorema 17.11. Sia A = (Uα, σα) | α ∈ I un atlante di trivializzazione di ξ, confunzioni di transizione ψα,β = σ−1

α σβ ∈ C∞(Uα,β,G).Sia ωα ∈ Ω1(Uα, g) | α ∈ I una famiglia di forme differenziali.

4Elwin Bruno Christoffel (10/11/1829, Montjoie, ora Monschau - 15/3/1900 Strasburgo) ma-tematico e fisico tedesco. Ha lavorato su applicazioni conformi, teoria del potenziale, teoria degliinvarianti, analisi tensoriale, fisica matematica, geodesia e onde d’urto. Oltre ai simboli di Chri-stoffel, sono note le applicazioni di Schwarz-Christoffel, mappe conformi dei poligoni semplici sulsemipiano superiore.

Page 310: Nacinovich - Geometria differenziale

310 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

(1) Vi e al piu una connessione principale Γ su ξ di cui le ωα siano le formedi Christoffel rispetto all’atlante A .

(2) Condizione necessaria e sufficiente affinche le ωα siano le forme diChristoffel di una connessione principale Γ su ξ e che siano verificate le

ωβ = Ad(ψ−1αβ)ωα + θαβ su Uα ∩ Uβ (equazioni di gauge).(6.9)

Dimostrazione. Le forme di Christoffel determinano univocamente le formeωα su Uα×G e quindi, per le (6.5), le restrizioni Ψα∗ωα di ω a P|Uα . Quindi la con-nessione principale Γ, e completamente determinata dalle sue forme di Christoffelrispetto ad un atlante di trivializzazione di ξ.

Viceversa, bastera verificare che le equazioni di gauge esprimono una condi-zione necessaria e sufficiente affinche risulti

(6.10) Ψα∗ωα = Ψβ∗ωβ su P|Uα,β

e quindi le Ψα∗ωα si rincollino e definiscano una forma di connessione ω su P.Le (6.10) sono equivalenti a

(6.11) (Ψ−1α Ψβ)∗ωα = ωβ su Uα,β ×G.

Poiche

Ψ−1α Ψ−1

β (p, a) = (p, σ−1α σβ) = (p, gα,βa), ∀p ∈ Uα,β, ∀a ∈ G,

per il Lemma 17.9, le (6.10) sono allora equivalenti alle equazioni di gauge.

7. Rialzamento orizzontale

Sia assegnata una connessione principale Γ su ξ. Per ogni σ ∈ P l’applicazione

(7.1) HσP 3 Xσ−→dπ(σ)(Xσ) ∈ Tπ(σ)M

e un isomorfismo lineare. La sua inversa

(7.2) hσ : Tπ(σ)M−→HσP

ci permette di definire l’applicazione

(7.3) h : X(M) 3 X−→X ∈H (P), con Xσ = hσ(Xπ(σ)).

Definizione 17.6. Il campo di vettori X ∈ X(P) si dice il rialzamento orizzontaledi X ∈ X(M).

Si verifica facilmente che vale il seguente :

Proposizione 17.12. Le condizioni :

ω(X) = 0,(i)

dπ(X) = X.(ii)

sono necessarie e sufficienti affinche un campo di vettori X ∈ X(P) sia il rialzamen-to orizzontale di un campo di vettori X in X(M). Queste due proprieta implicanoche:

(Ra)∗(X) = X ∀a ∈ G .(iii)

Page 311: Nacinovich - Geometria differenziale

8. FORME TENSORIALI E PSEUDOTENSORIALI E DIFFERENZIALE ESTERNO COVARIANTE311

Il rialzamento orizzontale (7.3) e un’applicazione R-lineare che soddisfa:

h( f X) = π∗( f )X, ∀ f ∈ C∞(M) , ∀X ∈ X(M),(a)

dπ([X, Y])) = [X,Y], ∀X,Y ∈ X(M) . (b)

Osservazione 17.13. In generale, il commutatore di due campi di vettori orizzon-tali puo non essere orizzontale. Il commutatore del sollevamento orizzontale a Pdi due campi di vettori su M e invariante rispetto alle traslazioni a destra, soddisfacioe la proprieta (iii), ma puo non essere orizzontale, non soddisfare cioe la (i).

8. Forme tensoriali e pseudotensoriali e differenziale esterno covariante

Sia ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale con gruppo strutturale G. Fissiamo

una sua rappresentazione lineare reale di dimensione finita ρ : G→ GLR(V).

Definizione 17.7. Una q-forma alternata φ ∈ Ωq(P,V) si dice pseudotensoriale ditipo (ρ,V) se soddisfa

(8.1) R∗aφ = ρ(a−1) · φ ∀a ∈ G.La φ si dice tensoriale se e anche orizzontale, cioe se e pseudotensoriale ed inoltre

(8.2) φ(X1, ..., Xq) = 0 quando almeno uno degli Xi sia verticale.

Indichiamo conΩqρ(P,V) lo spazio delle q-forme pseudotensoriali di tipo (ρ,V)

e con Ωqρ,0(P,V) il sottospazio delle q-forme tensoriali di tipo (ρ,V).

Esempio 17.1. Su z(M) la forma canonica5

(8.3) θ = σ−1dπ ∈ Ω1(F(M),Rm).

e una 1-forma tensoriale per la rappresentazione canonica di GL(m,R).Se ξ e un sottofibrato di z(M), con gruppo strutturale G ⊂ GL(m,R), la restri-

zione di θ a P e ancora una 1-forma tensoriale per la rappresentazione naturale diG su Rm.

Esempio 17.2. La forma di connessione ω ∈ Ω1(P, g) di una connessione princi-pale Γ su ξ e una 1-forma pseudotensoriale di tipo (Ad, g).

Nel seguito penseremo fissata una connessione principale Γ sul fibrato prin-cipale ξ = (P

π−−→ M) ed una rappresentazione lineare (ρ,V) del suo gruppo

strutturale G.

Definizione 17.8. Il differenziale esterno covariante Dφ ∈ Ωq+1ρ,0 (P,V) di una q-

forma pseudotensoriale φ ∈ Ωqρ(P,V), e definito da:

Dφ(X0, X1, . . . , Xq) = dφ(prh(X0), prh(X1), . . . , prh(Xq))(8.4)∀X0, X1, . . . , Xq ∈ X(P).

Teorema 17.14. Sia φ ∈ Ωqρ(P,V) una q-forma pseudotensoriale di tipo (ρ,V).

Allora:

5La θ si dice anche forma tautologica o di saldatura (in inglese: solder form).

Page 312: Nacinovich - Geometria differenziale

312 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

(a) φ prh e una q-forma tensoriale di tipo (ρ,V);(b) dφ e una (q + 1)-forma pseudotensoriale di tipo (ρ,V);(c) Dφ = (dφ) prh e una (q + 1)-forma tensoriale di tipo (ρ,V).

Alla rappresentazione lineare (ρ,V) del gruppo di Lie G corrisponde una rap-presentazione (ρ∗,V) della sua algebra di Lie g, definita da

(8.5) ρ∗(A)v = dρe(A)(v) =(

ddt

)t=0ρ(etA) · v, ∀A ∈ g, ∀v ∈ V.

La ρ∗ : g→ glR(V) e lineare e soddisfa

(8.6) ρ∗([A, B]) = [ρ∗(A), ρ∗(B)], ∀A, B ∈ g.

Notazione 17.15. Data una forma pseudotensoriale φ ∈ Ωqρ(P,V), di tipo (ρ,V),

indichiamo con ω ∧ρ φ ∈ Ωq+1(P,V) la forma

(8.7) (ω ∧ρ φ)(X0, . . . , Xq) =

q∑h=0

(−1)h [ρ∗(ω(Xh))

](φ(X0, . . . , Xh, . . . , Xq)).

Vale il seguente :

Lemma 17.16. Se φ ∈ Ωqρ,0(P,V) una r-forma tensoriale di tipo (ρ,V), allora

(8.8) Dφ = dφ + ω ∧ρ φ.

Dimostrazione. Basta dimostrare la

(∗) Dφ(X0, . . . , Xq) = dφ(X0, . . . , Xq) + (ω ∧ρ φ)(X0, . . . , Xq)

quando i campi di vettori X0, . . . , Xq sono o campi fondamentali associati ad ele-menti dell’algebra di Lie g, oppure rialzamenti orizzontali di campi di vettori su M.La formula e banalmente vera quando gli Xi siano tutti orizzontali ed anche quandoalmeno due di essi siano campi fondamentali, corrispondenti cioe ad elementi di g.

Bastera dunque dimostrare che la formula (∗) e valida quando X0 = A? conA ∈ g e un campo fondamentale ed Xi = Zi con Zi ∈ X(M) sono rialzamentiorizzontali per 1 ≤ i ≤ q. Abbiamo

Dφ(A?, Z1, . . . , Zq) = 0,

dφ(A?, Z1, . . . , Zm) = A?φ(Z1, . . . , Zq) +∑q

j=1(−1) jφ([A?, Z j], . . . , Z j, . . .)

= (LA?φ) (Z1, . . . , Zq) (derivata di Lie)

=dR∗exp(tA)(φ)

dt

∣∣∣∣∣∣∣t=0

(Z1, . . . , Zq))

=dρ(exp(−tA)) · φ

dt

∣∣∣∣∣t=0

(Z1, . . . , Zq)

= −dρ(e)(A)(φ(Z1, . . . , Zq))

= −ω ∧ρ φ(A?, Z1, . . . , Zq) .

Page 313: Nacinovich - Geometria differenziale

9. FORMA DI CURVATURA ED EQUAZIONI DI STRUTTURA 313

Otteniamo percio

Dφ(A?, Z1, . . . , Zq) = 0 =(dφ + ω ∧ρ φ

)(A?, Z1, . . . , Zq).

La (8.7) si generalizza nel modo seguente.

Definizione 17.9. Se (ρ,V) e una rappresentazione lineare di G, il prodotto esternodi φ ∈ Ωr

Ad(P, g) e ψ ∈ Ωsρ(P,V) e la forma φ ∧ρ ψ ∈ Ωr+s

ρ (P,V) definita da

φ ∧ρ ψ(X1, . . . , Xrs) =∑′

ε(k)ρ∗(φ(Xk1 , . . . , Xkr ))(ψ(Xkr+1 , . . . , Xkr+s)),(8.9)

∀X1, . . . , Xr+s ∈ X(P),

dove il simbolo∑′ indica che la somma a secondo membro e fatta su tutte le

permutazioni di k di 1, . . . , r+s con

1 ≤ k1 < · · · < kr ≤ r + s ed 1 ≤ kr+1 < · · · < kr+s ≤ r + s.

Se ρ e la rappresentazione aggiunta, scriveremo [φ ∧ ψ] invece di φ ∧Ad ψ e, seG ⊂ GL(n,R) ed ı la rappresentazione canonica su Rn, scriveremo φ ∧ ψ invece diφ ∧ı ψ.

Abbiamo facilmente

Proposizione 17.17. Se φ ∈ ΩrAd,0(P, g), ψ ∈ Ωs

ρ,0(P,V), allora φ∧ρψ ∈ Ωr+sρ,0 (P,V).

9. Forma di curvatura ed equazioni di struttura

Sia ξ = (Pπ−−→ M) un fibrato principale con gruppo strutturale G, su cui sia

stata fissata una connessione principale con forma di Cartan ω. Indichiamo con gl’algebra di Lie di G.

Definizione 17.10. La forma di curvatura di Γ e la 2-forma tensoriale di tipo(Ad, g):

(9.1) Ω = Dω ∈ Ω2Ad,0(P, g).

Ricordiamo che il fatto che Ω sia una 2-forma tensoriale di tipo (Ad, g) signi-fica che valgono le:

R∗aΩ = Ad(a−1) Ω ∀a ∈ G(a)Ω(X,Y) = 0 se X oppure Y e verticale.(b)

Teorema 17.18. La forma di curvatura soddisfa l’equazione di struttura6

(9.2) Ω = dω + 12 [ω ∧ ω].

6Non possiamo utilizzare la (8.8) per il calcolo del differenziale esterno covariante di ω, percheω e pseudotensoriale, ma non tensoriale.

Page 314: Nacinovich - Geometria differenziale

314 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Dimostrazione. Basta dimostrare che

(∗) Ω(X,Y) =(dω + 1

2 [ω ∧ ω])

(X,Y)

quando X,Y ∈ X(P) siano o fondamentali, o sollevamenti orizzontali di campisu M.

Distinguiamo i diversi casi.Se X = A?, Y = B?, con A, B ∈ g, sono entrambi fondamentali, allora

Ω(X,Y) = 0 e la (∗) si riduce a

dω(A?, B?) = A?(B) − B?(A) − ω([A?, B?]) = −[A, B] = − 12 [ω ∧ ω](A?, B?).

Siano ora X = A?, con A ∈ g, ed Y = Z, con Z ∈ X(M). Ancora, Ω(X,Y) =

Ω(A?, Z) = 0. Poiche ora anche

[ω ∧ ω](A?, Z) = 0,

in quanto ω(Z) = 0, la (∗) si riduce a

dω(A?, Z) = A?(0) − Z(A) − ω([A?, Z]) = −ω([A?, Z]) = 0.

Infatti, [A?, Z] = LA?(Z) = 0 perche Z e invariante rispetto all’azione di G su P.Infine, nel caso in cui X = Z1, Y = Z2, con Z1,Z2 ∈ X(M), la (∗) si riduce ad

[ω ∧ ω](Z1, Z2) = 0, e Dω(Z1, Z2) = dω(Z1, Z2).

Osservazione 17.19. In particolare, abbiamo

(9.3) Ω(Z1, Z2) = −ω([Z1, Z2]), ∀Z1,Z2 ∈ X(M).

Il tensore di curvatura misura quindi la non integrabilita formale della distribuzioneorizzontale.

Teorema 17.20 (identita di Bianchi). La forma di curvatura Ω di una connessioneprincipale Γ su ξ soddisfa l’identita differenziale di Bianchi

(9.4) DΩ = 0.

Dimostrazione. Poiche Ω ∈ Ω2Ad,0(P, g) e una 2-forma tensoriale di tipo (g,Ad),

abbiamo per il Lemma 17.16 e per l’equazione di struttura :

DΩ = dΩ + [ω ∧Ω]

= d(dω + 12 [ω ∧ ω]) + [ω ∧Ω]

= 12 ([dω ∧ ω] − [ω ∧ dω]) + [ω ∧ dω] + 1

2 [ω ∧ [ω ∧ ω]]

= 12 [ω ∧ [ω ∧ ω]] = 0,

dove l’uguaglianza nell’ultima riga e l’identita di Jacobi. Infatti:

[ω ∧ [ω ∧ ω]] (X1, X2, X3) = [ω(X1), [ω(X2),ω(X3)]] − [ω(X2), [ω(X1),ω(X3)]]+[ω(X3), [ω(X1),ω(X2)]] = 0.

La DΩ = 0 segue anche dalla DΩ = 12 [ω∧ [ω∧ω]], perche una 3-forma tensoriale

che si annulli sui vettori orizzontali e nulla.

Page 315: Nacinovich - Geometria differenziale

12. DIFFERENZIAZIONE COVARIANTE 315

10. Connessioni piatte

In questo paragrafo consideriamo il caso di connessioni principali con formadi curvatura nulla.

Definizione 17.11. Sia ξ = (M ×Gπ−→ M) il fibrato banale. Denotiamo con

πG : M ×G→ G

la proiezione sulla seconda coordinata. Il pullback π∗GϑG della forma di Maurer-Cartan e la forma di Cartan di una connessione principale su ξ, che si dice laconnessione canonica.

Definizione 17.12. Una connessione principale si dice piatta se e localmente iso-morfa alla connessione canonica.

Teorema 17.21. Condizione necessaria e sufficiente affinche una connessione Γ suun fibrato principale ξ sia piatta e che la sua forma di curvatura Ω sia identica-mente nulla.

Dimostrazione. Infatti, la forma di curvatura Ω e nulla se e soltanto se ladistribuzione orizzontale e formalmente integrabile.

Teorema 17.22. Sia ξ un fibrato principale la cui base M sia semplicemente con-nessa. Allora ξ ammette una connessione principale piatta se e soltanto se e iso-morfo al fibrato banale, ed una connessione piatta su ξ e isomorfa alla connessionecanonica.

Osservazione 17.23. In generale, se Γ e una connessione piatta su ξ, le fogliecomplete della distribuzione orizzontale sono tra loro diffeomorfe e sono dei rive-stimenti della base M.

11. La famiglia delle connessioni principali

Siano Γ e Γ′ sono due connessioni principali su ξ, con forme di Cartan ω,ω′,rispettivamente. La differenza η = ω′−ω e una uno-forma tensoriale di tipo (Ad, g)e quindi definisce una forma ϕ ∈ Ω1(M,Vg). Abbiamo quindi

Proposizione 17.24. Lo spazio delle connessioni principali su ξ e uno spazio affinecon spazio vettoriale associato ΩAd,0(P) ' Ω1(M,Vg).

Osservazione 17.25. Utilizziamo le notazioni introdotte nei paragrafi precedenti.La forma di Christoffelωα = σ∗αω si puo interpretare come l’elemento diΩ1(M,Vg)che corrisponde alla differenza tra Ψ∗αω e la connessione banale su Uα ×G.

12. Differenziazione covariante

Una connessione principale ci permette di definire una differenziazione cova-riante sulle sezioni dei fibrati vettoriali associati.

Sia M una varieta differenziabile, τM = (T Mπ−→ M) il suo fibrato tangente e

τ∗M = (T ∗Mπ−→ M) il suo fibrato cotangente.

Page 316: Nacinovich - Geometria differenziale

316 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Definizione 17.13. Sia ξV = (EVπV−−→ M) un fibrato vettoriale con fibra tipica

V ' Rn. Una q-forma differenziale alternata a valori in ξV e una sezione del fibratoξV ⊗M Λqτ∗M. Indicheremo nel seguito con Ωq(M, EV ) lo spazio delle q-formedifferenziali alternate a valori in ξV :

(12.1) Ωq(M, EV ) = Γ(M, EξV ⊗M Λqτ∗M).

Se f : N → M e un’applicazione differenziabile, il pullback f ∗φ di φ ∈Ωq(M, EV ), e una q-forma a valori in f ∗ξV .

Sia ora ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale con gruppo strutturale G. Fissiamo

una rappresentazione lineare (ρ,V) di G, e sia ξV = (EVπV−−→ M) il corrispondente

fibrato vettoriale.Ricordiamo la costruzione di ξV . Se a ∈ G e v ∈ V , scriveremo per semplicita

a · v invece di ρ(a)(v). Definiamo lo spazio totale EV come il quoziente P × V/ ∼del prodotto cartesiano P × V rispetto alla relazione d’equivalenza

(σ1, v1) ∼ (σ2, v2)⇐⇒ π(σ1) = π(σ2), v2 = (σ−12 σ1) · v1,

e definiamo la proiezione πV : EV → M mediante

πV ([(σ, v)]) = π(σ),

ove [(σ, v)] indica la classe di equivalenza di (σ, v) ∈ P × V in EV . Il diagrammacommutativo

P × V −−−−−→ EV

prP

y yπV

P −−−−−→π

M,

in cui la prima freccia orizzontale e la proiezione nel quoziente, e un morfismo difibrati vettoriali differenziabili.

La struttura di fibrato vettoriale di ξV e definita, a partire da un atlante ditrivializzazione Uα, σα) di ξ, dalle trivializzazioni locali

Uα × V−→[(σα(x), v)] ∈ π−1V (Uα) = EV |Uα .

Ogni elemento σ ∈ P definisce un isomorfismo lineare, che denoteremo ancoracon la stessa lettera σ,

(12.2) σ : V 3 v −→ [(σ, v)] ∈ EVπ(σ) .

Utilizzando (12.2), possiamo definire, per ogni intero q ≥ 0, un’applicazione

(12.3) Ωq(M, EV ) 3 φ −→ σ−1π∗φ ∈ Ωq(P,V).

Si verifica facilmente:

Proposizione 17.26. Sia (ρ,V) una rappresentazione lineare di G. Per ogni interoq ≥ 0 la (12.3) definisce un isomorfismo lineare

(12.4) ΛV : Ωq(M, EV ) 3 φ −→ φ = σ−1π∗φ ∈ Ωqρ,0(P,V)

di Ωq(M, EV ) sullo spazio Ωρ,0(P,V) delle forme tensoriali di grado q e tipo (ρ,V)su P.

Page 317: Nacinovich - Geometria differenziale

12. DIFFERENZIAZIONE COVARIANTE 317

Definizione 17.14. La differenziazione covariante ∇ (o connessione lineare) sulfibrato vettoriale ξV , definita dalla connessione principale Γ su ξ e l’applicazionelineare

(12.5) ∇ : Ωq(M, EV )Λ−1

V DΛV−−−−−−−−→ Ωq+1(M, EV ).

Abbiamo quindi un diagramma commutativo:

Ωr(M, EV )∇

−−−−−→ Ωr+1(M, EV )

ΛV

y yΛV

Ωrρ,0(P,V) −−−−−→

DΩr+1ρ,0 (P,V).

Proposizione 17.27. Valgono le formule:∇( f s) = s ⊗ d f + f ∇s ∀ f ∈ E (M), ∀s ∈ Γ(M, EV ),∇(s ⊗ β) = s ⊗ dβ + ∇s ⊗ β ∀s ∈ Γ(M, EV ), ∀β ∈ Ωr(M) .

Definizione 17.15. Se X ∈ X(M) ed s ∈ Γ(M, EV ), la sezione ∇s(X) ∈ Γ(M, EV ) siindica con ∇X s e si dice derivata covariante di s rispetto ad X.

Se s ∈ Γ(M, EV ), allora

s(σ) = σ−1 s(π(σ)) per σ ∈ P

e un elemento di Ω0ρ,0(P,V), cioe una funzione s ∈ C∞(P,V) che soddisfa

s(σ · a) = ρ(a−1)(s(σ)), ∀σ ∈ P, ∀a ∈ G.Per la definizione di differenziale di una funzione, otteniamo

(12.6) ∇X s = X s, ∀s ∈ Γ(M, EV ), ∀X ∈ X(M).

Osservazione 17.28. Gli elementi di Ωq(M, EV ) sono sezioni di un fibrato vetto-riale su M, ma questo non e in generale associato ad una rappresentazione linearedi G. Possiamo quindi definire il differenziale, ma non la derivata covariante diuna forma di grado positivo rispetto ad un campo di vettori.

Lemma 17.29. Abbiamo:

supp∇φ ⊂ supp φ, ∀φ ∈ Ω(M, EV ),(12.7)∇φ1(p) = ∇φ2(p) se φ1 = φ2 in un intorno di p,(12.8)

supp∇X s ⊂ supp X ∩ supp s, ∀X ∈ X(M), ∀s ∈ Γ(M, EV ),(12.9) ∇ f1X1+ f2X2 s = f1∇X1 s + f2∇X2 s,

∀ f1, f2 ∈ C∞(M), ∀X1, X2 ∈ X(M), ∀s ∈ Γ(M, EV ),(12.10)

∇X( f s) = (X f )s + f∇X s, ∀ f ∈ C∞(M), ∀s ∈ Γ(M, EV ),(12.11)∇X(s1 + s2) = ∇X s1 + ∇X s2, ∀X ∈ X(M), ∀s1, s2 ∈ Γ(M, EV ),(12.12)∇X s(p) = ∇Y s(p) se Xp = Yp, ∀s ∈ Γ(M, EV ).(12.13)

In particolare, se U e un aperto di M e φ ∈ Ωq(U, EV ), X ∈ X(U), s ∈ Γ(U, EV ),v ∈ TpM, p ∈ U, possiamo definire senza ambiguita ∇φ ∈ Ωq+1(U, EV ), ∇X s ∈Γ(U, EV ), ∇vs ∈ EVp .

Page 318: Nacinovich - Geometria differenziale

318 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

13. Forme di Christoffel e differenziazione covariante

Possiamo utilizzare le forme di Christoffel relative ad un atlante di trivializza-zione di ξ per ricavare espressioni esplicite del differenziale covariante.

Sia Γ una connessione principale su ξ, con forma di Cartan ω ∈ Ω1(P, g).Fissiamo un atlante di trivializzazione A = (Uα, σα) | α ∈ I di ξ.

Ricordiamo la notazione

ωα = σ∗αω ∈ Ω1(Uα, g),

θα,β = ψ∗α,βϑG ∈ Ω1(Uα ∩ Uβ, g).

Il pullback Γα della connessione ω su Uα × G per mezzo della trivializzazione haforma di connessione ωα = Ad(a−1) ωα dp + ϑG da. Quindi il rialzamentoorizzontale Xα ad Uα ×G di un campo X ∈ X(Uα) e definito da

(13.1) Xα = X −(Ad(a−1)ωα(X)

)∗ove abbiamo identificato T (Uα × G) con il prodotto Cartesiano (TUα) × (TG), edindicato con B∗ il campo di vettori invariante a sinistra corrispondente a B ∈ g.

Fissiamo una rappresentazione lineare (ρ,V) di G.Se f ∈ C∞(Uα,V), definiamo

(σα · f )(p) = [(σα(p), f (p)] ∈ EVp , ∀p ∈ Uα.

Allora σα · f ∈ Γ(Uα, EV ), e si rialza alla funzione fα ∈ C∞(Uα × G,V), definitada:

fα : Uα ×G 3 (p, a) −→ ρ(a−1)( f (p)) ∈ V.

Se A ∈ g, abbiamo:

(Ad(a−1)(A))∗ fα =

(ddt

)t=0

fα(p, a · (exp(tAd(a−1)A))

=

(ddt

)t=0

fα(p, a · ad(a−1)(exp(tA)))

=

(ddt

)t=0

fα(p, exp(tA)a)

= ρ(a−1)(

ddt

)t=0ρ(exp(tA))( f (p))

= ρ(a−1) ρ∗(A)( f (p)).

ove ρ∗ = dρ(e) : g → glR(V) e la rappresentazione dell’algebra di Lie di g di Gcorrispondente a ρ. Otteniamo percio

X fα = (X − (Ad(a−1)ωα(X))∗) fα

= ρ(a−1)(X f (p) + ρ∗(ωα(X))( f (p))

).

Definizione 17.16. Le forme

(13.2) γα = ρ∗ ωα ∈ Ω1(Uα, glR(V))

Page 319: Nacinovich - Geometria differenziale

14. RAPPRESENTAZIONE AGGIUNTA E TENSORE DI CURVATURA 319

si dicono le forma di Christoffel della differenziazione covariante ∇ di ξV nell’a-tlante di trivializzazione (Uα, σα) | α ∈ I.

Abbiamo dimostrato la seguente :

Proposizione 17.30. La differenziazione covariante si esprime, utilizzando le for-me di Christoffel (13.2), mediante

(13.3) ∇(σα · f ) = σα · (d f + γα( f )), ∀ f ∈ C∞(Uα,V).

Piu in generale, a φ ∈ Ωq(Uα,V) possiamo associare la σα · φ ∈ Ωq(Uα, EV )definita da

σα · φ(X1, . . . , Xq) = [(σα(p), φ(X1, . . . , Xq)] ∈ EVp , ∀X1, . . . X1 ∈ X(Uα).(13.4)

Definiamo poi γα ∧ φ ∈ Ωq+1(Uα,V) ponendo, per ogni X0, . . . , Xq ∈ X(Uα),

γα ∧ φ(X0, . . . , Xq) =∑q

j=0(−1) jγα(X j)(φ(X0, . . . , X j, . . . , Xq)).(13.5)

Tenuto conto della Proposizione 17.27, otteniamo, piu in generale, la formula:

(13.6) ∇(σα · φ) = σα · (dφ + γα ∧ φ), ∀φ ∈ Ωq(Uα,V).

14. Rappresentazione aggiunta e tensore di curvatura

Indichiamo con ξg = (Egπg−−→ M) il fibrato vettoriale corrispondente alla

rappresentazione aggiunta di G.Utilizzando la Definizione 17.9 e l’isomorfismo (12.4), possiamo dare la se-

guente:

Definizione 17.17. Sia (ρ,V) una rappresentazione lineare di G. Se φ ∈ Ωr(M, Eg)e ψ ∈ Ωs(M, EV ), definiamo il prodotto esterno φ∧ρψ come la forma inΩr+s(M, EV )tale che

(14.1) ΛV (φ ∧ρ ψ) = Λg(φ) ∧ρ ΛV (ψ).

Definizione 17.18. Si dice tensore di curvatura della connessione Γ su ξ l’elemen-to R ∈ Ω2(M, Eg) tale che

(14.2) ΛgR = σ−1π∗R = Ω.

Abbiamo cioe

(14.3) R(X,Y) = σ ·Ω(X, Y), ∀X,Y ∈ X(M).

Teorema 17.31. Sia Γ una connessione principale su ξ e siano ωα le sue formedi Christoffel in un atlante di trivializzazione A = (Uα, σα) | α ∈ I di ξ. Allora

(14.4) R|Uα = σα · (dωα + 12 [ωα ∧ ωα]), ∀α ∈ I.

Dimostrazione. Abbiamo infatti, se X,Y ∈ X(Uα),

R|Uα(X,Y)(p) = σα(p) ·Ω(Ψα∗X,Ψα∗Y)(σα(p))= σα(p) ·Ω(dσα(p)(X), dσα(p)(Y))

= σα(p) · (dω + 12 [ω ∧ ω])(dσα(p)(X), dσα(p)(Y))

Page 320: Nacinovich - Geometria differenziale

320 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

= σα(p) · (dωα + 12 [ωα ∧ ωα])(Xp,Yp),

in quanto dΨα(σα(p), e)(X) = dσα(Xp), dΨα(σα(p), e)(Y) = dσα(Yp).

Teorema 17.32. Sia (ρ,V) una rappresentazione lineare di G. Allora, per ogniφ ∈ Ωq(M, EV ) abbiamo

(14.5) ∇2φ = R ∧ρ φ.

Dimostrazione. Sia φ = ΛV (φ) ∈ Ωqρ,0(P,V). La tesi e equivalente alla

(14.6) D2φ = Ω ∧ρ φ.

Abbiamo, per la (8.8),

Dφ = dφ + ω ∧ρ φ ∈ Ωq+1(P,V).

Da quest’espressione ricaviamo

D2φ = d(dφ + ω ∧ρ φ) + ω ∧ρ (dφ + ω ∧ρ φ)

= dω ∧ρ φ − ω ∧ρ dφ + ω ∧ρ (dφ + ω ∧ρ φ)

= dω ∧ρ φ + ω ∧ρ (ω ∧ρ φ).

La tesi segue allora dall’uguaglianza

ω ∧ρ (ω ∧ρ φ) = 12 [ω ∧ ω] ∧ρ φ.(14.7)

Infatti, dati X0, X1, . . . , Xq+1 ∈ X(P), abbiamo

ω ∧ρ (ω ∧ρ φ)(X0, . . . , Xq+2)

=∑q+1

j=0(−1) j

ρ∗(ω(X j))(ω ∧ρ φ)(X0, . . . , X j, . . . , Xq+1)

=∑q+1

j=0

∑ j−1

i=0(−1)i+ j

ρ∗(ω(X j))ρ∗(ω(Xi))φ(X0, . . . , Xi, . . . , X j, . . . , Xq+1)

−∑q+1

j=0

∑q+1

i= j+1(−1)i+ j

ρ∗(ω(X j))ρ∗(ω(Xi))φ(X0, . . . , X j, . . . , Xi, . . . , Xq+1)

=∑

0≤i< j≤q+1(−1)i+ j(ρ∗(ω(X j))ρ∗(ω(Xi)) − ρ∗(ω(Xi))ρ∗(ω(X j))

· φ(X0, . . . , Xi, . . . , X j, . . . , Xq+1),

e

ρ∗([ω ∧ ω](Xi, X j)) = ρ∗([ω(Xi),ω(X j)] − [ω(X j),ω(Xi)])= 2ρ∗([ω(Xi),ω(X j)])= 2(ρ∗(ω(Xi))ρ∗(ω(X j)) − ρ∗(ω(X j))ρ∗(ω(Xi))),

da cui segue la (14.6) e quindi la (14.5).

Corollario 17.33. Otteniamo in particolare

R(X,Y) ∧ρ s = ∇X∇Y s − ∇Y∇X s − ∇[X,Y]s,(14.8)∀X,Y ∈ X(M), ∀s ∈ Γ(M, EV ).

Page 321: Nacinovich - Geometria differenziale

15. TRASPORTO PARALLELO 321

Dimostrazione. Siano X,Y ∈ X(M), s ∈ Γ(M, EV ). Posto φ = ∇ s, abbiamoφ(Z) = Z s = ∇Z s per ogni Z ∈ X(M) e quindi:

dφ(X, Y) = Xφ(Y) − Yφ(X) − φ([X, Y])

= (XY − Y X − ˜[X,Y])s,

= σ−1(∇X∇Y s − ∇Y∇X s − ∇[X,Y]s) π.

Per il teorema 17.32 otteniamo la (14.8).

15. Trasporto parallelo

Fissata una connessione principale Γ su ξ, possiamo definire il trasporto paral-lelo lungo curve nella base. Abbiamo

Proposizione 17.34 (Sollevamento dei cammini). Sia s : [0, 1] → M un camminodi classe C 1 a tratti eσ0 ∈ P tale che π(σ0) = s(0). Allora esiste un unico camminosσ0 : [0, 1]→ P, di classe C 1 a tratti, tale che

(15.1)

sσ0(0) = σ0,

π sσ0(t) = s(t), ∀t ∈ [0, 1],

d± sσ0(t)dt

∈ HP, ∀t ∈ [0, 1].

Dimostrazione. Possiamo limitarci al caso in cui s ∈ C 1([0, 1],M). Poiche ilfibrato ξ e localmente banale, esiste senz’altro una curva γ ∈ C 1([0, 1], P) tale cheγ(0) = σ0,

π γ(t) = s(t), ∀t ∈ [0, 1].

Cerchiamo allora la curva σ nella forma

sσ0(t) = γ(t) · a(t), con a ∈ C 1([0, 1],G).

Abbiamodsσ0(t)

dt= γ(t)a(t) + γ(t)a(t).

La condizione che sσ0 sia orizzontale si puo riscrivere mediante

0 = ω

(dsσ0(t)

dt

)= ω(γ(t)a(t)) + ω(γ(t)a(t))

= ω(dRa(t)(γ)) + ϑG(a(t))

= Ad(a(t)−1) ω(γ) + a(t)−1a(t).

Otteniamo percio l’equazione

a−1a = −Ad(a−1)ω(γ)

e la tesi segue allora dalla Proposizione 16.14 del Capitolo 16.

Definizione 17.19. La curva sσ0 definita da (15.1) si dice il sollevamento orizzon-tale di s a partire dal punto σ0.

Page 322: Nacinovich - Geometria differenziale

322 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Definizione 17.20. Il trasporto parallelo lungo la curva s ∈ C 1([0, 1],M), cons(0) = p0, s(1) = p1, e l’applicazione

(15.2) τs : Pp0 3 σ −→ sσ(1) ∈ Pp1 .

Vale la seguente:

Proposizione 17.35. (1) Se s ∈ C 1([0, 1],M), allora τs : Ps(0)→Ps(1) einvertibile e7

τ−1s = τs−1 .(15.3)

Inoltre

τs(σ · a) = (τs(σ)) · a, ∀σ ∈ Ps(0), ∀a ∈ G.(15.4)

(2) Se s, s1, s2 ∈ C 1([0, 1],M) ed8 s = s1 · s2, allora

(15.5) τs = τs2 τs1 .

15.1. Trasporto parallelo di vettori. Il sollevamento orizzontale ci permet-te, data una connessione principale su ξ, di trasportare parallelamente i vettoridei fibrati associati alle sue rappresentazioni lineari lungo un qualsiasi camminodifferenziabile (o differenziabile a tratti) di M.

Sia s ∈ C∞([0, 1],M) un cammino differenziabile ed sσ0 ∈ C∞([0, 1], P) ilsuo sollevamento orizzontale a partire dal punto σ0 ∈ Ps(0). Se (ρ,V) e una rap-presentazione lineare del gruppo strutturale G e υ0 ∈ EV,s(0), allora risulta univo-camente determinato un v0 ∈ V per cui υ0 = σ0v0 ed sσ0(t)v0 e un sollevamentodifferenziabile di s ad un cammino in C∞([0, 1], EV ), con punto iniziale υ0.

Se σ′0 e un altro punto di Ps(0), e σ′0 = σ0a per un elemento a ∈ G ed sσ′0(t) =

sσ0(t) · a e il sollevamento orizzontale di s con punto iniziale σ′0. Se v′0 ∈ V e taleche υ0 = σ′0v′0, abbiamo av′0 = v0, e quindi

sσ′0(t)v′0 = sσ0(t) · av′0 = sσ0(t)v0.

La curva sυ0(t) = sσ0(t)v0 e quindi indipendente dalla scelta del punto iniziale σ0in P.

Definizione 17.21. La curva sυ0 = sσ0(t)σ−10 υ0 ∈ C∞([0, 1], EV ) si dice il traspor-

to parallelo di υ0 lungo la curva s.

Possiamo considerare una curva γ ∈ C∞([0, 1], EV ) come un campo di vettorilungo il cammino s ∈ C∞([0, 1],M) definito dalla sua proiezione s(t) = πV (γ(t)).Se sσ0 ∈ C∞([0, 1], P) e il rialzamento orizzontale di s di punto iniziale σ0 ∈

Ps(0), la composizione vσ0(t) = (sσ0(t))−1γ(t) e un cammino vσ0 ∈ C∞([0, 1],V) epossiamo quindi calcolarne la derivata vσ0 = d

dt vσ0 . Se a ∈ G e σ′0 = σ0a, allora il

7Indichiamo con s−1 la curva s−1(t) = s(1 − t).

8Ricordiamo che s1 · s2(t) =

s1(2t) se 0 ≤ t ≤ 12 ,

s2(2t − 1) se 12 ≤ t ≤ 1.

Page 323: Nacinovich - Geometria differenziale

16. IL GRUPPO DI OLONOMIA 323

sσ′0(t) = sσ0(t) · a e il rialzamento di s con punto iniziale σ′0. Quindi vσ′0 e a−1vσ0

ed abbiamo perciosσ0(t)vσ0 = sσ′0 vσ′0 .

Quindi risulta definito lungo s un campo di vettori sσ0 vσ0 che e indipendente dallascelta del punto iniziale σ0. Possiamo introdurre quindi la

Definizione 17.22. Sia γ ∈ C∞([0, 1], EV ) un campo di vettori lungo una curvas ∈ C∞([0, 1],M) e sia sσ0 il rialzamento orizzontale di s, a partire da un puntoσ0 ∈ Ps(0). La

(15.6)Dγdt

= sσ0(t)(d[(sσ0)−1γ(t)]

dt

)si dice derivata covariante del campo di vettori γ lungo la curva s.

Se

(15.7)Dγdt

= 0

diciamo che il campo di vettori γ e parallelo lungo la curva s.

Osservazione 17.36. Il campo di vettori γ e parallelo lungo la curva s se e soltantose γ e il trasporto parallelo lungo s del vettore γ(0).

Abbiamo

Proposizione 17.37. Sia f ∈ Γ(M, EV ) ed s ∈ C 1([0, 1],M). Allora

(15.8)D( f s)

dt= ∇s(t) f .

Nella discussione precedente possiamo considerare, piu in generale, camminidi classe C 1 a tratti. Si ricava allora la

Proposizione 17.38. Per ogni cammino s : [0, 1] → M, di classe C 1 a tratti edogni vettore υ0 ∈ EVs(0) esiste un unico campo di vettori sυ0 ∈ C∞([0, 1], EV ) lungos, tale cioe che πV sυ0 = s, che soddisfiDγυ0

dt = 0,γυ0(0) = υ0.

16. Il gruppo di olonomia

Notazione 17.39. Per ogni punto p ∈ M indichiamo con L (p) lo spazio dei lac-cetti in p, di classe9 C 1 a tratti. Ogni elemento γ di L (p) definisce un elemento [γ]del gruppo fondamentale π1(M, p) di M con punto base p. Denotiamo con L0(p)l’insieme dei laccetti γ con [γ] = 0.

9Possiamo definire i gruppi di olonomia utilizzando laccetti di classe C k a tratti, per k ≥ 1. Unteorema di Nomizu e Ozeki [On the degree of differentiability of curves used in the definition of theholonomy group, Bull. Amer. Math. Soc. 68 (1962), 74-75] ci dice che diversi gradi di regolarita(1 ≤ k ≤ ∞) danno gli stessi gruppi di olonomia.

Page 324: Nacinovich - Geometria differenziale

324 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Fissiamo una connessione principale Γ su ξ.Il trasporto parallelo associa ad ogni laccetto γ ∈ L (p) un’applicazione τγ

della fibra Pp in se

(16.1) τγ : Pp 3 σ −→ γσ(1) ∈ Pp.

Abbiamo:

Lemma 17.40. Per ogni p ∈ M, l’insieme

(16.2) Φ(p) = τγ | γ ∈ L (p)

dei trasporti paralleli corrispondenti a laccetti di classe C 1 a tratti in p e ungruppo di permutazioni di Pp.

L’insieme

(16.3) Φ0(p) = τγ | γ ∈ L0(p)

dei trasporti paralleli corrispondenti a laccetti di L (p) omotopi al laccetto co-stante e un sottogruppo normale di Φ(p).

Definizione 17.23. Φ(p) si dice il gruppo di olonomia della connessione Γ nelpunto p ∈ M. Il suo sottogruppo normale Φ0(p) si dice il gruppo di olonomiaristretto di Γ in p ∈ M.

Ad ogni σ ∈ Pp associamo un monomorfismo del gruppo di olonomia nelgruppo strutturale mediante:

(16.4) ρσ : Φ(p) 3 τγ −→ a = σ−1 τγ(σ) ∈ G.

Definizione 17.24. L’immagine Φ(σ) ⊂ G del gruppo di olonomia Φ(p) mediantel’omomorfismo (16.4) si dice gruppo di olonomia di Γ in σ ∈ P.

L’immagine Φ0(σ) ⊂ G del gruppo di olonomia ristretto Φ0(p) mediantel’omomorfismo (16.4) si dice il gruppo di olonomia ristretto di Γ in σ ∈ P.

Proposizione 17.41. Il gruppo di olonomia ristretto Φ0(σ) e un sottogruppo nor-male del gruppo di olonomia Φ(σ).

Il gruppo di olonomia in σ ∈ Pp si puo caratterizzare nel modo seguente:Definiamo una relazione di equivalenza in P ponendo:

(16.5) σ0 ∼ σ1 ⇐⇒

∃ una curva orizzontale γ ∈ C∞([0, 1], P)

con γ(0) = σ0, γ(1) = σ1.

Allora

(16.6) Φ(σ) = a ∈ G |σ · a ∼ σ.Abbiamo :

Proposizione 17.42. (1) Se p ∈ M, σ0, σ1 ∈ Pp e σ−10 σ1 = a ∈ G, allora

(16.7) Φ(σ1) = ad(a−1)(Φ(σ0)), Φ0(σ1) = ad(a−1)(Φ0(σ0)).

(2) Se σ0, σ1 ∈ P possono essere congiunti con una curva orizzontale diclasse C 1 a tratti, allora

(16.8) Φ(σ1) = Φ(σ0), Φ0(σ1) = Φ0(σ0).

Page 325: Nacinovich - Geometria differenziale

16. IL GRUPPO DI OLONOMIA 325

(3) In particolare, se M e connesso, allora tutti i gruppi di olonomia Φ(σ),al variare di σ in P, sono coniugati tra loro come sottogruppi di G.

Dimostrazione. (1) Indichiamo con γσ il rilevamento di un laccetto γ ∈ L (p)di punto iniziale γσ(0) = σ. Risulta allora γσ1 = γσ0 · a e quindi

σ−11 γσ1(1) = a−1σ−1

0 γσ0(1)a =⇒ ρσ1(τγ) = Ad(a−1)ρσ0(τγ),

da cui ricaviamo la (1).(2) Sia s una curva orizzontale di classe C 1 a tratti che congiunga σ0 a σ1 ed

s = π s la sua proiezione su M. Per ogni a ∈ Φ(σ0), possiamo trovare un laccettoγ ∈ L (π(σ0)) tale che γσ0(1) = σ0 · a. La curva s · a e una curva orizzontale diestremiσ0·a eσ1·a. Quindi la curva (s·a)·γσ0 ·s

−1 e una curva orizzontale che rialzail laccetto s · γ · s−1 ∈ L (π(σ1)) e che congiunge σ1 a σ1 · a. Questo dimostra chea ∈ Φ(σ1). Quindi Φ(σ0) ⊂ Φ(σ1). Ripetendo lo stesso ragionamento possiamodimostrare anche l’inlcusione opposta. Per completare la dimostrazione del punto(2), basta osservare che s · γ · s−1 ∈ L0(π(σ1)) se γ ∈ L0(π(σ0)).

La (3) e conseguenza immediata della (2) e della (1).

Vale10 il :

Teorema 17.43. Sia ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale con gruppo strutturale G,

con base connessa, su cui abbiamo fissato una connessione principale Γ. Sia σ0un punto di P. Allora:

(a) Φ0(σ0) e un sottogruppo di Lie connesso di G.(b) Φ0(σ0) e un sottogruppo normale di Φ(σ0) e Φ(σ0)/Φ0(σ0) e al piu

numerabile.(c) In particolare, Φ(σ0) e un sottogruppo di Lie di G, e Φ0(σ0) e la compo-

nente connessa dell’identita in Φ(σ0).

Dimostrazione. Sia γ ∈ L0(p) un laccetto omotopo all’identita. Se F : [0, 1]×[0, 1] → M e un’omotopia di laccetti di classe C 1 a tratti di γ con il laccettocostante, allora [0, 1] 3 t → σ−1

0 τFt (σ0) e un cammino continuo in Φ0(σ0) checongiunge σ−1

0 τγ(σ0) con l’identita. Per il teorema di Freudenthal citato nella nota,ne segue che Φ0(σ0) e un sottogruppo di Lie di G.

La seconda affermazione segue dal fatto che Φ0(σ0) e un sottogruppo normaleed abbiamo un omomorfismo surgettivo

π1(M) −→ Φ(σ0)/Φ0(σ0).

Poiche M e connesso e paracompatto, il suo gruppo fondamentale e al piu nume-rabile e da questa osservazione ricaviamo la tesi.

Abbiamo poi il seguente:

10 Per la dimostrazione di questo risultato, e utile utilizzare il seguente teorema di Freudenthal[Die Topologie der Lieschen Gruppen als algebraisches Phanomen I Ann. of Math. 42 (1941) 1051-1074]: Un sottogruppo H connesso per archi di un gruppo di Lie G, in cui ogni coppia di punti sipossa congiungere con un arco di classe C 1 a tratti, e un sottogruppo di Lie di G.

Page 326: Nacinovich - Geometria differenziale

326 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Teorema 17.44 (di riduzione). Sia ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale con gruppo

strutturale G, e supponiamo M connesso e paracompatto. Sia Γ una G-connessioneprincipale su ξ. Sia σ0 ∈ P e sia P(σ0) l’insieme dei punti di P che possono essereuniti a P da un cammino orizzontale. Allora :

(i) ξσ0 = (P(σ0)π−−→ M) e un sottofibrato principale di ξ, con gruppo

strutturale Φ(σ0).(ii) La connessione Γ su ξ si riduce ad una connessione Γ′ su ξσ0 .

Il risultato fondamentale sui gruppi di olonomia e il seguente teorema di Am-brose e Singer [A theorem on holonomy, Trans. Amer. Math. Soc. 75 (1953),428-443]:

Teorema 17.45 (dell’olonomia). Sia ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale, con

gruppo strutturale G, ed M connesso e paracompatto. Sia Γ una G-connessioneprincipale su ξ, con forma di connessione ω e forma di curvatura Ω. Fissiamo unpunto σ0 ∈ P.

L’algebra di Lie di Φ0(σ0) e il sottospazio vettoriale di g generato dagli ele-menti della forma Ω(σ)(X,Y), al variare di σ in P(σ0) e di X,Y tra i vettoriorizzontali in Hσ(P).

In particolare, otteniamo :

Teorema 17.46. Sia M = G/K uno spazio omogeneo che ammette una connes-sione G-invariante e sia g = k ⊕ m la corrispondente decomposizione della suaalgebra di Lie. Allora l’algebra di Lie g(e) del suo gruppo di olonomia ristretta egenerato dagli elementi di k della forma [X,Y]k al variare di X,Y in m.

17. Connessioni invarianti canoniche su spazi omogenei

In questo paragrafo discuteremo le connessioni principali sugli spazi omoge-nei. Considereremo in primo luogo una situazione particolare.

Definizione 17.25. Sia G un gruppo di Lie ed H un suo sottogruppo chiuso. Di-ciamo che lo spazio omogeneo M = G/H e riduttivo se l’algebra di Lie h di Hammette, nell’algebra di Lie g di G, un complemento lineare Ad(H)-invariante.

Supponiamo cioe che esista un sottospazio vettoriale m di g tale che:

g = h ⊕m,(17.1)m = Ad(a)(m), ∀a ∈ H.(17.2)

Osservazione 17.47. Questo e sempre il caso quando il sottogruppo H sia com-patto, perche le rappresentazioni lineari dei gruppi compatti sono sempre comple-tamente riducibili.

Teorema 17.48 (Connessioni invarianti su spazi riduttivi). Sia M = G/H unospazio omogeneo ed indichiamo con ξ il corrispondente fibrato principale, congruppo strutturale H, spazio totale G e base M.

Page 327: Nacinovich - Geometria differenziale

17. CONNESSIONI INVARIANTI CANONICHE SU SPAZI OMOGENEI 327

(1) Supponiamo che M sia riduttivo e valgano le (17.1), (17.2). Allora lacomponente ω in h della forma di Maurer-Cartan ϑG di G rispetto al-la decomposizione (17.1) e la forma di Cartan di una connessione H-principale su ξ.

(2) Se esiste una connessione H-principale Γ su ξ invariante per le trasla-zioni a sinistra su G, allora M e riduttivo, e Γ e ottenuta come nel pun-to precedente, a partire da una decomposizione (17.1), per cui valga la(17.2).

(3) La forma di curvatura della connessione Γ definita in (1) e

(17.3) Ω(~A, ~B) = −[Am, Bm]h, ∀A, B ∈ g,

ove [A, B]h e la componente in h di [A, B], Am, Bm le componenti in mdi A, B per la decomposizione (17.1) ed ~A, ~B sono i campi di vettoriinvarianti a sinistra associati ad A, B ∈ g.

(4) L’algebra di Lie del gruppo di olonomia Φ(e) della connessione Γ definitain (1) e generata dagli elementi della forma [A, B]h al variare di A, B ∈ m.

Dimostrazione. Indichiamo con A∗ il campo di vettori invariante a sinistra suG con A∗e = A ∈ g.

(1) Sia g 3 A → Ah ∈ h la proiezione associata alla decomposizione (17.1).Basta verificare che

ω(A∗) = Ah, ∀A ∈ g

e una forma di Cartan su G. La distribuzione verticaleV(G) e generata dai campiA∗, al variare di A in h. Abbiamo percio

ω(A∗) = Ah = A, ∀A ∈ h.

Abbiamo poi (Ra)∗(A∗) = (Ad(a−1)(A))∗ per ogni A ∈ g ed a ∈ G, e dunque

R∗aω(A∗) = ω((Ad(a−1)(A))∗) = (Ad(a−1)(A))h

= Ad(a−1)(Ah) = Ad(a−1)ω(A∗), ∀A ∈ g, ∀a ∈ H

perche la proiezione su h commuta con Ad(a−1) se a ∈ H, per l’ipotesi che m fosseAd(H)-invariante.

(2) Se ω e la forma di Cartan di una connessione H-principale G-invariantea sinistra su ξ, si verifica facilmente che m = g ∩ kerωe soddisfa (17.1) e (17.2), eche ω(A∗) = Ah per ogni A ∈ g.

(3) Per dimostrare (17.3) basta utilizzare l’equazione di struttura, decompo-nendo A e B con la (17.1). Abbiamo:

Ω(A∗, B∗) = A∗Ah − B∗Bh − [A, B]h + [Ah, Bh]= −[Am, Bh]h − [Ah, Bm]h − [Am, Bm]h

ed otteniamo la formula desiderata perche [Am, Bh], [Ah, Bm] ∈ m.

(4) L’ultima affermazione segue dal Teorema 17.46.

Page 328: Nacinovich - Geometria differenziale

328 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

18. Connessioni invarianti

Considereremo nel seguito connessioni su spazi omogenei invarianti rispettoa gruppi di automorfismi. Consideriamo innanzi tutto il caso di un gruppo a unparametro di automorfismi.

Proposizione 17.49. Sia ξ = (Pπ−→ M) un fibrato principale e ψt un gruppo a un

parametro di diffeomorfismi di ξ. Abbiamo cioe

P × R 3 (σ, t)→ ψt(σ) ∈ P, ψ ∈ C∞(P × R, P),con ψ0(σ) = σ, ψt1+t2(σ) = ψt1 ψt2(σ), ∀t1, t2 ∈ R, ∀σ ∈ P,

π ψt(σ1) = π ψt(σ2) se π(σ1) = π(σ2).

Sia Γ una connessione sul fibrato principale ξ, invariante per ψt. Fissiamo unpunto σ0 ∈ P e consideriamo le curve

σt = ψt(σ0),pt = π(σt),pt = rialzamento orizzontale di pt con punto iniziale σ0.

Allora

R 3 t −→ at = p−1t σt ∈ G

e il gruppo a un parametro generato da A = ωσ0(X), ove X e il generatoreinfinitesimale di ψt.

Dimostrazione. Scriviamo σt = ptat. Otteniamo allora

Xσt = σt = dRat˙pt + d` pt at.

Applicando la forma di Cartanω di Γ ai due membri di questa uguaglianza abbiamo

ω(Xσt ) = Ad(a−1t ) ω( ˙pt) + a−1

t at = a−1t at,

in quanto ˙pt e orizzontale. Per l’ipotesi che la connessione Γ sia invariante rispettoa ψt, abbiamo ψ∗tω = ω e quindiω(Xσt ) = ω(Xσ0). Otteniamo percio at = exp(tA)con A = ω(Xσ0).

Sia ξ un fibrato principale con gruppo strutturale G, e sia K e un gruppo di Liedi automorfismi di ξ. Il gruppo K agisce quindi anche come un gruppo di diffeo-morfismi della base M. Per semplicita indicheremo l’azione di K, sia su P che suM, come una moltiplicazione a sinistra. Abbiamo un diagramma commutativo

K × P(k,σ)→k·σ−−−−−−−−→ P

idK×π

y yπK × M

(k,p)→k·p−−−−−−−→ M,

inoltre(k · σ) · a = k · (σ · a), ∀k ∈ K, ∀σ ∈ P, ∀a ∈ G.

Page 329: Nacinovich - Geometria differenziale

18. CONNESSIONI INVARIANTI 329

Fissiamo un punto p0 ∈ M e denotiamo con

(18.1) K0 = k ∈ K | k · p0 = p0

lo stabilizzatore di p0 in K. Esso e un sottogruppo chiuso, e quindi di Lie, di K.Siano k l’algebra di Lie di K e k0 quella di K0.

Ad un punto σ0 ∈ Pp0 della fibra di ξ in p0 associamo l’applicazione

(18.2) λ : K0 3 k → σ−10 k·σ0 ∈ G, cioe λ(k) ∈ G e k · σ0 = σ0 · λ(k), ∀k ∈ K0.

Lemma 17.50. L’applicazione λ : K0 → G definita dalla (18.2) e un omomorfismodi gruppi di Lie.

Dimostrazione. Se k1, k2 ∈ Kσ0 ,

σ0 · λ(k1k2) = k1k2 · σ0 = k1 · (k2 · σ0) = k1 · σ0 · λ(k2)= (k1 · σ0) · λ(k2) = σ0 · λ(k1) · λ(k2).

Quindi λ(k1k2) = λ(k1) · λ(k2) per ogni k1, k2 ∈ Kσ0 . Chiaramente λ ∈ C∞(K0,G)ed e percio un omomorfismo di gruppi di Lie.

Definizione 17.26. Ogni elemento X dell’algebra di Lie k di K definisce un gruppoa un parametro di automorfismi di ξ

(18.3) P × R 3 (σ, t) −→ exp(tX) · σ ∈ P.

Il suo generatore infinitesimale XP ∈ X(P) si dice il campo associato ad X.

Lemma 17.51. L’applicazione

(18.4) k 3 X −→ XP ∈ X(P)

e un anti-omomorfismo di gruppi di Lie. Abbiamo cioe

(18.5) [X,Y]P = −[XP,YP].

Dimostrazione. Per ogni σ ∈ P, consideriamo l’applicazione differenziabile

(18.6) rσ : K 3 k −→ k · σ ∈ P.

Se k ∈ K ed X ∈ k, allora

XPk·σ =

( ddt

)t=0etX · (k · σ) =

( ddt

)t=0(etXk) · σ.

Quindi, se indichiamo con X il campo di vettori invariante a destra su K associatoad X ∈ k, cioe

Xk = dRk(X), ∀k ∈ K,i campi di vettori X su K e XP su P sono rσ-correlati per ogni σ ∈ P. La tesi seguequindi dal fatto che, se X,Y ∈ k, anche [X, Y] ed [XP,YP] sono rσ-correlati per ogniσ ∈ P e vale la

[X, Y]e = −[X,Y], ∀X,Y ∈ k.

Page 330: Nacinovich - Geometria differenziale

330 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

Indichiamo con λ∗ il differenziale nell’identita dell’applicazione (18.2):

(18.7) λ∗ : k0 −→ g

e un omomorfismo di algebre di Lie.

Proposizione 17.52. Sia Γ una connessione principale su ξ, con forma di Car-tan ω, e K un sottogruppo di Lie di Aut(Γ). Fissati p0 ∈ M e σ0 ∈ Pp0 , comespecificato in precedenza, consideriamo l’applicazione lineare

(18.8) λ : k 3 X −→ ω(XPσ0

) ∈ g.

Essa soddisfa

λ(X) = λ∗(X), ∀X ∈ kσ0 ,(1)λ(Ad(k)(X)) = Ad(λ(k))(λ∗(X)), ∀k ∈ K0, ∀X ∈ k.(2)

Dimostrazione. (1). Se X ∈ k0, allora

exp(tX) · σ0 = σ0 · λ(exp(tX)) =⇒ XPσ0

= d`σ0 λ∗(X) =⇒ λ(X) = λ∗(X).

(2). Siano X ∈ k, k ∈ K0, Y = Ad(k)(X) ∈ k. Allora

exp(tY) · σ0 = k exp(tX)k−1 · σ0 = k · exp(tX) · σ0 · λ(k−1)

=⇒ YPσ0

= k∗dRλ(k−1)XPσ0

=⇒ λ(Y) = Ad(λ(k))(λ(X)),

perche k∗ω = ω.

Proposizione 17.53. Sia Γ una connessione K-invariante su ξ. La sua forma dicurvatura soddisfa:

(18.9) Ωσ0(XP,YP) = [λ(X), λ(Y)] − λ([X,Y]), ∀X,Y ∈ k,

e quindi abbiamo

Ro(π∗(XP), π∗(YP)) = σ0 ([λ(X), λ(Y)] − λ([X,Y])

) σ−1

0(18.10)∀X,Y ∈ k.

Dimostrazione. Utilizziamo l’equazione di struttura. Abbiamo

Ωσ0(XP,YP) = XPσ0ω(YP) − YP

σ0ω(XP) − ωσ0([XP,YP]) + [ω(XP),ω(YP)]σ0 .

La derivata di Lie di ω rispetto ad XP, YP e nulla, perche ω e K-invariante. Quindi

XPσ0ω(YP) = ωσ0([XP,YP]), YP

σ0ω(XP) = ωσ0([YP, XP]).

Inoltre, poiche [XP,YP] = −[X,Y]P,

ωσ0([XP,YP]) = −ωσ0([X,Y]P) = −λ([X,Y]).

Da queste osservazioni otteniamo la tesi.

Il teorema fondamentale sulle connessioni invarianti e il seguente11

11Nagoya Math.J. 13 (1958), 1-19.

Page 331: Nacinovich - Geometria differenziale

18. CONNESSIONI INVARIANTI 331

Teorema 17.54 (Wang). Supponiamo che K operi transitivamente sulla base M diξ. Con le notazioni introdotte sopra:

C’e una corrispondenza biunivoca tra l’insieme delle connessioni Γ su ξ chesono K-invarianti e quello delle applicazioni lineari λ : k → g che soddisfinole condizioni (1) e (2) della Proposizione 17.52. La corrispondenza e data dalla(18.8).

Dimostrazione. Basta dimostrare che ad un’applicazione lineare λ : k→ g chesoddisfi (1) e (2) della Proposizione 17.52 si puo far corrispondere una connessioneΓ su ξ per cui vale la (18.8).

DefiniamoHσ0 = XP

σ0− λ(X)∗σ0

| X ∈ k.Osserviamo che l’azione

(K ×G) × P 3 (k, a, σ) −→ k · σ · a ∈ P

e transitiva su p e che la distribuzione orizzontale di una connessione su ξ che siaK-invariante e invariante rispetto a questa azione di K ×G.

Per dimostrare il teorema, sara quindi sufficiente verificare che, se k, k1 ∈ K eda, a1 ∈ G sono tali che

k · σ0 · a = σ = k1 · σ0 · a1,

allorak∗Ra∗Hσ0 P = k1∗Ra1∗Hσ0 P.

Se a0 = a1a−1, k0 = k−11 k, abbiamo

k0 ∈ K0 e λ(k0) = a0.

Sia X ∈ k. Allora, con Y = Ad(k−10 )(X) ∈ k, otteniamo

k1∗Ra1∗(XPσ0− λ(X)∗σ0

) = k∗k−10∗ Ra∗Ra0∗(X

Pσ0− λ(X)∗σ0

)

= k∗Ra∗(Ra0∗k−10∗ (XP

σ0) − k−1

0∗ Ra0∗(λ(X)∗σ0))

= k∗Ra∗([Ad(k−10 )(X)]P

σ0− [Ad(a−1

0 )(λ(X))]∗σ0)

= k∗Ra∗(YPσ0− λ(Y)∗σ0

) ∈ k∗Ra∗Hσ0 P.

Questo dimostra che k1∗Ra1∗Hσ0 P ⊂ k∗Ra∗Hσ0 P. Analogamente si dimostra l’in-clusione opposta. Segue dalla costruzione che la distribuzione Γ cosı definitasoddisfa la (18.8). La dimostrazione e completa.

Ricaviamo ancora

Teorema 17.55. Supponiamo inoltre che l’azione di K su M sia riduttiva, e cheper un sottospazio vettoriale m di k risulti

k = k0 ⊕m,(18.11)Ad(k)(m) = m, ∀k ∈ K0.(18.12)

Allora c’e una corrispondenza biunivoca tra l’insieme delle connessioni Γ che sonoK-invarianti e quello delle applicazioni lineari

(18.13) λm : m −→ g

Page 332: Nacinovich - Geometria differenziale

332 17. CONNESSIONI PRINCIPALI

tali che

(18.14) λm(Ad(k)(X)) = Ad(λ(k))(λm(X)), ∀X ∈ m, ∀k ∈ K0.

Dimostrazione. Ci riduciamo infatti al teorema precedente associando a λml’applicazione lineare λ : k→ g definita da:

λ(X) =

X, se X ∈ k0,λm(X), se X ∈ m.

Osservazione 17.56. La curvatura della connessione Γ associata a λm e

Ωσ0(XP,YP) = [λm(X), λm(Y)] − λm([X,Y]m) − λ∗([X,Y]k0),(18.15)∀X,Y ∈ m.

Definizione 17.27. La connessione Γ corrispondente alla scelta Λm = 0 si dice laconnessione canonica su ξ associata allo spazio omogeneo riduttivo M = K/K0.

Osservazione 17.57. Sia Γ una connessione K-invariante su ξ, associata ad un’ap-plicazione lineare Λ : k→ g che soddisfa le condizioni (1) e (2) della Proposizione17.52. Poniamo

(18.16) m0 = 〈[Λ(X),Λ(Y)] − Λ([X,Y]) | X,Y ∈ k〉 .

Allora l’algebra di Lie del gruppo di olonomia Φ(σ0) di Γ e il Λ(k)-sottomodulo dig generato da m0.

Page 333: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 18

Connessioni affini

Chiamiamo affine una connessione principale definita su una G-struttura, cioesu un sottofibrato ξ del fibrato zM dei sistemi di riferimento di M.

Il gruppo strutturale G di ξ e un sottogruppo chiuso di GL(m,R). Come giaosservato in precedenza, ogni connessione principale su ξ determina univocamenteuna connessione su zM, di cui e la restrizione. Potremo percio supporre, nellatrattazione generale, che ξ = zM.

1. Prime definizioni

Definizione 18.1. Una connessione affine su M e una connessione principale Γ sulfibrato zM dei suoi sistemi di riferimento.

Diciamo che Γ e una G-connessione affine se G e un sottogruppo chiuso delgruppo lineare GL(m,R) e Γ ammette una riduzione ad un sottofibrato principaleξ, con gruppo strutturale G, di zM.

Sia θ ∈ Ω1(zM,Rm) la forma canonica, definita da

(1.1) θ(Xσ) = σ−1(dπ(Xσ)), ∀σ ∈ zM, ∀Xσ ∈ TσzM.

Fissata una connessione affine Γ su M, la restrizione di θ ai vettori orizzontalidefinisce, per ogni σ ∈ zM, un isomorfismo

(1.2) θσ : HσP 3 Xσ −→ θ(Xσ) = σ−1dπ(Xσ) ∈ Rm.

Definizione 18.2. Se v ∈ Rm, definiamo il campo orizzontale standard ~v associatoa v come il campo di vettori orizzontali

(1.3) ~vσ = θ−1σ (v) = h(σv), ∀σ ∈ zM.

La (1.3) e equivalente a

(1.4) ~v ∈H (zM), π∗(~vσ) = σ v, ∀v ∈ Rm, ∀σ ∈ zM.

Osservazione 18.1. In particolare, i campi orizzontali standard non sono, in gene-rale, rilevamenti orizzontali di campi di vettori su M.

Proposizione 18.2. I campi orizzontali standard godono delle proprieta:

~v ∈H (zM), θ(~vσ) = v, ∀σ ∈ zM,(a)

HσzM = ~vσ | v ∈ Rm,(b)

dRa(~v) =−−−→a−1v, ∀v ∈ Rm, ∀a ∈ GL(m,R).(c)

~vσ , 0, ∀σ ∈ zM se v , 0. (d)

333

Page 334: Nacinovich - Geometria differenziale

334 18. CONNESSIONI AFFINI

Lemma 18.3. Se A ∈ gl(m,R) e v ∈ Rm, allora

(1.5) [A?,~v ] =−→Av.

Dimostrazione. Abbiamo :

[A?,~v ] = −( ddt

)t=0dRexp(tA)(~v) = −

−−−−−−−−−−−−−−−−→( ddt

)t=0 exp(−tA)v =

−→Av,

perche la Rm 3 v→ ~v ∈ X(zM), essendo lineare, commuta con la derivazione.

Definizione 18.3. La forma di torsione Θ della connessione affine Γ e il differen-ziale esterno covariante della forma canonica θ:

(1.6) Θ = Dθ = dθ h ∈ Ω2ı,0(zM,R

m).

La sua forma di curvatura Ω e il differenziale esterno covariante della suaforma di Cartan ω:

(1.7) Ω = Dω = dω h ∈ Ω2Ad,0(zM, gl(m,R)).

Teorema 18.4 (equazioni di struttura). Le forme di curvatura e di torsione di unaconnessione affine Γ su M soddisfano le equazioni di struttura :

Θ = Dθ = dθ + ω ∧ θ(1.8)

Ω = Dω = dω + 12 [ω ∧ ω] .(1.9)

Dimostrazione. La (1.8) e conseguenza del Lemma 17.16, perche θ e una for-ma tensoriale di tipo (ı,Rm), dove ı e la rappresentazione canonica di GL(m,R).La (1.9) e un caso particolare dell’equazione di struttura del Teorema 17.18.

Dal Lemma 17.16, dal Teorema 17.20 e dalle equazioni di struttura (1.8), (1.9),otteniamo:

Teorema 18.5 (Identita differenziali di Bianchi). Le forme di torsione e di curva-tura soddisfano le identita :

DΘ = Ω ∧ θ(I)DΩ = 0(II)

Dimostrazione. La (II) e un caso particolare della formula (9.4) del Teorema17.20. Dimostriamo la (I). Poiche la forma di torsione e tensoriale di tipo (ı,Rm),otteniamo:

DΘ = dΘ + ω ∧ Θ = d(dθ + ω ∧ θ) + ω ∧ (dθ + ω ∧ θ)= dω ∧ θ − ω ∧ dθ + ω ∧ dθ + ω ∧ ω ∧ θ = (dω + ω ∧ ω) ∧ θ

=(dω + 1

2 [ω ∧ ω])∧ θ = Ω ∧ θ .

Page 335: Nacinovich - Geometria differenziale

2. DERIVAZIONE COVARIANTE, TORSIONE E CURVATURA 335

2. Derivazione covariante, torsione e curvatura

Il fibrato tangente τM e il fibrato vettoriale associato ad zM per la rappresenta-zione canonica (ı,Rm) di GL(m,R) su Rm ed il fibrato τM⊗Mτ

∗M degli omomorfismi

lineari di τM e il fibrato vettoriale associato a zM per la rappresentazione aggiunta(Ad, gl(m,R)) di GL(m,R).

In particolare, possiamo definire la derivata covariante di un campo di vettori.Essa associa a due campi di vettori X,Y ∈ X(M) un nuovo campo di vettori ∇XY .Dalle proprieta generali della differenziazione covariante ricaviamo:

Teorema 18.6. La derivazione covariante sui campi di vettori di M, relativa aduna connessione lineare Γ, e un’applicazione R-lineare

∇ : X(M) 3 X → ∇X ∈ HomR(X(M),X(M))

che gode delle seguenti proprieta:

∇ f X+gY = f∇X + g∇Y , ∀ f , g ∈ C∞(M), ∀X,Y ∈ X(M)(i)

∇X( f Y) = (X f )Y + f∇XY, ∀ f ∈ C∞(M), ∀X,Y ∈ X(M)(ii)

La derivata covariante di un campo di vettori si puo calcolare utilizzando ilsollevamento orizzontale X(M) 3 X → X ∈H (zM). Abbiamo infatti

Lemma 18.7.

(2.1) θ(∇XY) = Xθ(Y), ∀X,Y ∈ X(M).

Poiche Θ ∈ Ω2ı,0(zM,R

m) ed Ω ∈ Ω2Ad,0(zM, gl(m,R)) sono forme tensoria-

li, possiamo utilizzare gli isomorfismi Λı : Ω2(M,T M) → Ω2ı,0(zM,R

m) e ΛAd :Ω2(M,T M ⊗M T ∗M)→ Ω2

ı,0(zM, gl(m,R) per introdurre:

Definizione 18.4. Si dice torsione di Γ la forma T ∈ Ω2(M,T M) per cui

(2.2) Λı(T ) = Θ.

Si dice curvatura di Γ la forma R ∈ Ω2(M,T M ⊗M T ∗M) per cui

(2.3) ΛAd(R) = Ω.

Abbiamo cioe

T (X,Y) = σ Θ(X, Y), ∀X,Y ∈ X, ∀σ ∈ zM,

R(X,Y) = σ Ω(X, Y) σ−1, ∀X,Y ∈ X,∀σ ∈ zM

Teorema 18.8. La torsione e la curvatura di una connessione affine Γ su M siesprimono, per mezzo della derivazione covariante, nella forma:

T (X,Y) = ∇XY − ∇Y X − [X,Y], ∀X,Y ∈ X(M),(2.4)R(X,Y)Z = ∇X∇YZ − ∇Y∇XZ − ∇[X,Y]Z, ∀X,Y,Z ∈ X(M).(2.5)

Page 336: Nacinovich - Geometria differenziale

336 18. CONNESSIONI AFFINI

Dimostrazione. La (2.5) segue dal Corollario 17.33.Dimostriamo la (2.4). Se X,Y ∈ X(M), otteniamo, per le equazioni di struttura,

Θ(X, Y) = (dθ + ω ∧ θ)(X, Y) = dθ(X, Y),

perche ω ∧ θ si annulla su una coppia di campi di vettori orizzontali,

= Xθ(Y) − Yθ(X) − θ([X, Y])

= Xθ(Y) − Yθ(X) − θ( ˜[X,Y])

perche ˜[X,Y] ed [X, Y] differiscono per un campo di vettori verticale,

= θ(∇XY − ∇Y X − ˜[X,Y]

).

La tesi segue allora dalla (2.1).

I fibrati tensoriali T [r,s]M dei tensori r-covarianti ed s-controvarianti su M sonoassociati alle rappresentazioni tensoriali di GL(m,R). Risulta quindi definita laderivazione covariante sull’algebra dei campi tensoriali

(2.6) T∗(M) =

∞⊕r,s=0

T[r,s](M), ove T

[r,s](M) = Γ(M,T [r,s]M).

Definizione 18.5. Siano i, j due interi positivi. La contrazione di un campo ten-soriale τ ∈ T[r,s](M) rispetto agli indici i, j e il tensore C j

i τ ∈ T[i−1, j−1](M) cosı

definito:

• se i > r oppure j > s poniamo Cijτ = 0 ;

• se 1 ≤ i ≤ r, 1 ≤ j ≤ s, per ogni p ∈ M, fissata una base v1, . . . , vm diTpM e la sua base duale v1, . . . , vm ∈ T ∗pM, poniamo

C ji τ(u1, . . . , ur−1; w1, . . . ,ws−1)

=∑m

h=1τ(u1, . . . , ui−1, vh, ui, . . . , ur−1; w1, . . . ,w j−1, vh,w j, . . . ,ws−1),

per ogni u1, . . . , ur−1 ∈ TpM, w1, . . . ,ws−1 ∈ T ∗pM.

Per l’invarianza della traccia, la definizione non dipende dalla scelta della basev1, . . . , vm di TpM.

Estendiamo poi per linearita la definizione a tutta l’algebra tensoriale T∗(M).

Teorema 18.9. La derivazione covariante e una derivazione dell’algebra dei cam-pi tensoriali che preserva i gradi di covarianza e controvarianza e commuta con lecontrazioni.

Dimostrazione. La tesi segue dalla caratterizzazione della derivazione cova-riante data dalla (15.8) del Capitolo 17. Infatti il trasporto parallelo mantiene i gra-di covariante e controvariante di un campo tensoriale e la derivazione covariantelungo una curva commuta con la contrazione.

Page 337: Nacinovich - Geometria differenziale

2. DERIVAZIONE COVARIANTE, TORSIONE E CURVATURA 337

La derivazione covariante dei campi tensoriali gode quindi delle seguenti pro-prieta, dove X,Y ∈ X(M), τ ∈ T∗(M), f ∈ C∞(M), i, j, r, s ∈ N:

∇X : T[r,s](M) −→ T[r,s](M) e R-lineare,(2.7)

Cij(∇Xτ) = ∇XCi

jτ,(2.8)

∇X f = X f ,(2.9)∇X+Yτ = ∇Xτ + ∇Yτ,(2.10)∇ f Xτ = f∇Xτ.(2.11)

Ad esempio, se η ∈ X∗(M) = T[0,1](M), la derivata covariante ∇Xη e caratterizzatada

(∇Xη)(Y) = X(η(Y)) − η(∇XY), ∀Y ∈ X(M).Ad un tensore s-covariante ed r-controvariante τ ∈ T [r,s](M,V), a valori in uno

spazio vettoriale V , possiamo associare un tensore alternatoS(τ) ∈ Ωs(M,T [r,0](V)),ponendo1

S(τ)(X1, . . . , Xs) =1s!

∑a∈Ss

ε(a)τ(Xa1 , . . . , Xas), ∀X1, . . . , Xs ∈ X(M).(2.12)

Con questa notazione, possiamo enunciare il :

Teorema 18.10 (Identita algebriche di Bianchi). Siano T ed R i tensori di torsionee di curvatura di una connessione affine Γ su M. Valgono allora, per ogni X,Y,Z ∈X(M), le:

S(R(X,Y)Z) = S [(T (T (X,Y),Z)) + (∇XT )(Y,Z)] (I identita di Bianchi),S [(∇XR)(Y,Z) + R(T (X,Y),Z)] = 0 (II identita di Bianchi).

Definizione 18.6. Una connessione affine Γ si dice simmetrica se ha torsione nulla.

In particolare:

Corollario 18.11. Se Γ e simmetrica, il suo tensore di curvatura soddisfa, per ogniX,Y,Z ∈ X(M), le due identita :

S(R(X,Y)Z) = 0 (I identita di Bianchi con T = 0)S((∇XR)(Y,Z)) = 0 (II identita di Bianchi con T = 0)

Dimostrazione. Si possono dimostrare le formule per calcolo diretto, a partiredalla caratterizzazione della curvatura e della torsione per mezzo della derivazionecovariante.

Osserviamo che, dal momento che la torsione e la curvatura sono forme alter-nate, possiamo riscrivere le identita di Bianchi nella forma

(2.13)

R(X,Y)Z + R(Y,Z)X + R(Z, X)Y

= T (T (X,Y),Z) + T (T (Y,Z), X) + T (T (Z, X),Y)+ (∇XT )(Y,Z) + (∇YT )(Z, X) + (∇ZT )(X,Y),

1Lo spazio Ωs(M,T [r,0](V)) dei tensori alternati e un sottospazio vettoriale di T[r,s](M). La S euna proiezione di T[r,s](M) su Ωs(M,T [r,0](V)).

Page 338: Nacinovich - Geometria differenziale

338 18. CONNESSIONI AFFINI

(2.14) (∇XR)(X,Y) + (∇YR)(Z, X) + (∇ZR)(X,Y)

= R(T (X,Y),Z) + R(T (Y,Z), X) + R(T (Z, X),Y).

Verifichiamo ad esempio la prima. Se X,Y,Z ∈ X(M), abbiamo

R(X,Y)Z + R(Y,Z)X + R(Z, X)Y

= ∇X∇YZ − ∇Y∇XZ − ∇[X,Y]Z+ ∇Y∇ZX − ∇Z∇Y X − ∇[Y,Z]X+ ∇Z∇XY − ∇X∇ZY − ∇[Z,X]Y

= ∇X(∇YZ − ∇ZY) + ∇Y (∇ZX − ∇XZ) + ∇Z(∇XY − ∇Y X)− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= ∇X(T (Y,Z)) + ∇Y (T (Z, X)) + ∇Z(T (X,Y))+ ∇X([Z,Y]) + ∇Y ([Z, X]) + ∇Z([X,Y])− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= (∇XT )(Y,Z) + T (∇XY,Z) − T (∇XZ,Y)+ (∇YT )(Z, X) + T (∇YZ, X) − T (∇Y X,Z)+ (∇ZT )(X,Y) + T (∇ZX,Y) − T (∇ZY, X)+ ∇X([Z,Y]) + ∇Y ([Z, X]) + ∇Z([X,Y])− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= (∇XT )(Y,Z) + (∇YT )(Z, X) + (∇ZT )(X,Y)+ T (∇XY − ∇Y X,Z) + T (∇YZ − ∇ZY, X) + T (∇ZX − ∇XZ,Y)+ ∇X([Z,Y]) + ∇Y ([Z, X]) + ∇Z([X,Y])− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= (∇XT )(Y,Z) + (∇YT )(Z, X) + (∇ZT )(X,Y)+ T (T (X,Y),Z) + T (T (Y,Z), X) + T (T (Z, X),Y)+ T ([X,Y],Z) + T ([Y,Z], X) + T ([Z, X],Y)+ ∇X([Z,Y]) + ∇Y ([Z, X]) + ∇Z([X,Y])− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= (∇XT )(Y,Z) + (∇YT )(Z, X) + (∇ZT )(X,Y)+ T (T (X,Y),Z) + T (T (Y,Z), X) + T (T (Z, X),Y)+ ∇[X,Y]Z − ∇Z[X,Y] − [[X,Y],Z]+ ∇[Y,Z]X − ∇X[Y,Z] − [[Y,Z], X]+ ∇[Z,X]Y − ∇X[Z, X] − [[Z, X],Y]+ ∇X([Z,Y]) + ∇Y ([Z, X]) + ∇Z([X,Y])− ∇[X,Y]Z − ∇[Y,Z]X − ∇[Z,X]Y

= (∇XT )(Y,Z) + (∇YT )(Z, X) + (∇ZT )(X,Y)

Page 339: Nacinovich - Geometria differenziale

2. DERIVAZIONE COVARIANTE, TORSIONE E CURVATURA 339

+ T (T (X,Y),Z) + T (T (Y,Z), X) + T (T (Z, X),Y).

Per dimostrare la seconda identita differenziale di Bianchi, dobbiamo ricordareche

(∇XR)(Y,Z) = ∇X(R(Y,Z)) − R(∇XY,Z) + R(∇XZ,Y)= ∇X∇Y∇Z − ∇X∇Z∇Y − ∇X∇[Y,Z]

+ ∇Z∇∇XY − ∇∇XY∇Z − ∇[Z,∇XY]

− ∇Y∇∇XZ + ∇∇XZ∇Y + ∇[Y,∇XZ].

I calcoli si sviluppano poi in modo simile a quanto abbiamo fatto per dimostrare laprima.

Per dare un’interpretazione geometrica della torsione e della curvatura di unaconnessione affine, utilizziamo i campi di vettori standard ed i campi di vettorifondamentali nel fibrato dei sistemi di riferimento zM.

Ricordiamo che il campo orizzontale standard associato a v ∈ Rm e il campo~v ∈H (zM) per cui θ(~v) = v.

Proposizione 18.12. Sia Γ una connessione affine su M. Allora:

T = 0 =⇒ [~v1,~v2] e verticale ∀v1, v2 ∈ Rm,

R = 0 =⇒ [~v1,~v2] e orizzontale ∀v1, v2 ∈ Rm.

Vale infatti il

Lemma 18.13. Per ogni v1, v2 ∈ Rm abbiamo

Θ(~v1,~v2) = −θ([~v1,~v2]),(2.15)

Ω(~v1,~v2) = −ω([~v1,~v2]).(2.16)

Dimostrazione. Se v1, v2 ∈ Rm, abbiamo:

Θ(~v1,~v2) = dθ(~v1,~v2) = ~v1 v2 − ~v2 v1 − θ([~v1,~v2]) = −θ([~v1,~v2])

Ω(~v1,~v2) = dω(~v1,~v2) = ~v1ω(~v2) − ~v2ω(~v1) − ω([~v1,~v2]) = −ω([~v1,~v2]).

La Proposizione 18.12 e conseguenza del fatto che T = 0 se e soltanto se Θ = 0 ed,analogamente R = 0 se e soltanto se Ω = 0.

Proposizione 18.14. Sia Γ una connessione affine su M. Siano v1, v2 ∈ Rm.Allora :

(1) Se ∇T = 0, allora θ([~v1,~v2]) = v per qualche v ∈ Rm.(2) Se ∇R = 0, allora ω([~v1,~v2]) = A per qualche A ∈ gl(m,R).

Dimostrazione. Siano X ∈ X(M), v1, v2 ∈ Rm. Fissiamo un punto σ ∈ zM e

siano Y1,Y2 ∈ X(U) campi di vettori su M, definiti su un intorno U di p = π(σ),che si rilevino in ~v1,~v2 lungo il rialzamento orizzontale per σ di una curva integraledi X per p. Abbiamo

(∇XT )(Y1,Y2) = ∇X(T (Y1,Y2)) − T (∇XY1,Y2) − T (Y1,∇XY2)

Page 340: Nacinovich - Geometria differenziale

340 18. CONNESSIONI AFFINI

Osserviamo che, in p, e ∇XpYi = σ(Xvi) = 0. Otteniamo percio

θσ(h(∇XT (Y1,Y2))

)= XσΘ(~v1,~v2) = −Xσθ([~v1,~v2]).

Quindi la condizione ∇T = 0 e equivalente al fatto che Θ(~v1,~v2) = −θ([~v1,~v2])sia costante su zM, e quindi che la componente orizzontale di [~v1,~v2] sia un vettoreorizzontale standard.

In modo analogo, si dimostra che, se ∇R = 0, allora Ω(~v1,~v2) e costante su zMe quindi ω([~v1,~v2]) e costante su zM.

Corollario 18.15. Se Γ e una connessione affine su M con ∇T = 0 e ∇R = 0,allora i campi di vettori fondamentali ed i campi orizzontali standard generanoun’algebra di Lie di dimensione finita m + m2 di campi di vettori.

Dimostrazione. Ricordiamo che, senza alcuna ipotesi su torsione e curvatura,valgono le formule:[A?1 , A

?2 ] = [A1, A2]?, ∀A1, A2 ∈ gl(m,R),

[A?,~v ] =−→Av, ∀A ∈ gl(m,R), ∀v ∈ Rm .

Se survatura e torsione sono parallele, abbiamo per la Proposizione 18.14 che, sev1, v2 ∈ R

m, abbiamo anche:

[~v1,~v2] = A∗ + ~v

per qualche A ∈ gl(m,R), v ∈ Rm.

3. Esistenza di connessioni simmetriche

Ricordiamo che una connessione simmetrica e una connessione affine contorsione nulla.

Le connessioni affini su M formano uno spazio affine Γ(M), con spazio vetto-riale associato ΩAd,0(zM, gl(m,R)). Cio significa che, se ω e la forma di Cartan diuna qualsiasi connessione affine su M,

Γ(M) = ω + α | α ∈ Ω1Ad,0(zM, gl(m,R)).

Un elemento τ di Ω2ı,0(zM,R

m) definisce in modo naturale un elemento ατ diΩ1

Ad,0(zM, gl(m,R)), con

ατ(Xσ)v = τ(Xσ, σv), ∀σ ∈ zM, ∀Xσ ∈ TσzM, ∀v ∈ Rm,

e viceversa dalla forma ατ possiamo ricavare la τ mediante

τ = 12ατ ∧ ϑ, ∀τ ∈ Ω2

ı,0(zM,Rm).

E infatti

(ατ ∧ ϑ)(Xσ,Yσ) = ατ(Xσ)(σ−1Yσ) − ατ(Yσ)(σ−1Xσ)= τ(Xσ,Yσ) − τ(Yσ, Xσ) = 2τ(Xσ,Yσ).

In particolare, se Θ = (dϑ + ω ∧ ϑ) ∈ Ω2ı,0(zM,R

m) e la forma di torsione di Γω, la

(3.1) ω′ = ω − 1

2αΘ

Page 341: Nacinovich - Geometria differenziale

5. FORME E SIMBOLI DI CHRISTOFFEL 341

e la forma di Cartan di una connessione Γω′ con torsione nulla. Infatti

Θ′ = D′ϑ = dϑ + (ω − 12ατ) ∧ θ = Θ − 1

2αΘ ∧ ϑ = 0.

Osservazione 18.16. Non c’e una relazione semplice tra la forma di curvatura diΓω e di quella della Γω′ ad essa associata dalla (3.1). Le due connessioni hanno lestesse linee geodetiche.

4. Derivazione covariante lungo una curva

Sia M una varieta differenziabile su cui abbiamo fissato una connessione affineΓ. Possiamo quindi definire il trasporto parallelo di vettori tangenti (vedi il §15 delCapitolo 17). Abbiamo:

Teorema 18.17. Sia M una varieta differenziabile, con una connessione affine Γ,X,Y ∈ X(M), p ∈ M e sia φ : (−ε, ε) → M una curva integrale di X con γ(0) = p.Indichiamo con τt : TpM → Tγ(t)M il trasporto parallelo lungo la curva γ. Allora :

(4.1) (∇XY)(p) = limt→0

τ−1t Y(γ(t)) − Y(p)

t.

Possiamo estendere la definizione del trasporto parallelo ai tensori. Sia J unintervallo di R contenente 0 e γ : J → M una curva integrale di X ∈ X(M), conγ(0) = p ∈ M. Sia τt : TpM → Tγ(t)M il trasporto parallelo lungo la curva γ.Poiche τt e un isomorfismo lineare, la sua aggiunta τ∗t e un isomorfismo tra glispazi duali. Otteniamo quindi un isomorfismo lineare (τ∗)−1 : T ∗pM → T ∗γ(t)M. Perogni p, q interi non negativi risulta allora definita un unico isomorfismo lineare:

τ(p,q)t : T p,qM → T p,qM tale che

τ(p,q)t (v1 ⊗ · · · vp ⊗ v1 ⊗ · · · ⊗ vq)

= τt(v1) ⊗ · · · ⊗ τt(vp) ⊗ (τ∗)−1(v1) ⊗ · · · ⊗ (τ∗)−1(vq)

∀v1, . . . , vp ∈ TpM , ∀v1, . . . , vq ∈ T ∗pM .

Possiamo interpretare la derivazione covariante di un qualsiasi tensore in termi-ni di trasporto parallelo. Sia T[p,q]M = C∞(M,T p,qM) lo spazio dei tensori p-controvarianti e q-covarianti su M. Abbiamo allora

(4.2) (∇Xt)(p) = limt→0

τp,qt −1(t(γ(t)) − t(p)

t∀t ∈ Tp,qM,

ove γ e una curva integrale di X con γ(0) = p.

5. Forme e simboli di Christoffel

Supponiamo fissata su M una connessione affine Γ, con forma di Cartan ω.

Page 342: Nacinovich - Geometria differenziale

342 18. CONNESSIONI AFFINI

5.1. Forme di Christoffel. Ad un atlante di trivializzazione A = (Uα, σα)α∈Idi zM sono associate le forme di Christoffel2

(5.1) ωα = σ∗αω ∈ Ω2(Uα, gl(m,R))

Proposizione 18.18. Abbiamo:

(5.2) ∇XY = σα(X(σ−1

α Y) + ωα(X)(σ−1α Y)

)su Uα, ∀X,Y ∈ X(M).

5.2. Espressioni dei simboli di Christoffel in coordinate locali. Ad una car-ta locale (U, x) di M, con x = (x1, . . . , xm), associamo il sistema di riferimento(∂/∂x1, . . . , ∂/∂xm).

La corrispondente trivializzazione locale di zM su U fa corrispondere ad unriferimento σ = (X1, . . . , Xm) la matrice

(xi

j)∈ GL(m,R) per cui

X j =∑m

i=1xi

j∂

∂xi , j = 1, . . . ,m.

Indichiamo con (Xij) l’inversa della matrice (xi

j). Abbiamo cioe

∑m

h=1xh

i X jh = δ

ji =

1 se i = j,0 se i , j.

Siano e1, . . . , em i vettori della base canonica di Rm.

Lemma 18.19. La forma canonica θ ∈ Ω1(zM,Rm) si esprime nelle coordinate

locali mediante

(5.3) θ =∑

θiei, con θ

i =∑m

j=1Xi

jdx j.

Indichiamo con Eij la base canonica di gl(m,R). La Ei

j e la matrice il cui unicocoefficiente diverso da 0, ed uguale ad 1, e quello della i-esima riga e j-esimacolonna.

La forma di Cartan della connessione affine Γ si scrive nella forma

(5.4) ω =∑m

i, j=1ωi

jEji , con ωi

j ∈ Ω1(zU).

Consideriamo σU = (∂/∂x1, . . . , ∂/∂xm) come una sezione di Γ(U, zM), e conside-riamo la relativa forma di Christoffel ωU = σ∗Uω ∈ Ω(U, gl(m,R)). Essa definiscem3 funzioni Γi

j,k su U, tali che

(5.5) ωU =∑m

i,k=1

(∑m

j=1Γi

j,kdx j)Eki .

Definizione 18.7. Le funzioni Γij,k ∈ C∞(U) si dicono le componenti dei simboli

di Christoffel di Γ nella carta locale x1, . . . , xm.

Le equazioni di gauge danno per i simboli di Christoffel

2Vedi il §6 del Capitolo 17

Page 343: Nacinovich - Geometria differenziale

5. FORME E SIMBOLI DI CHRISTOFFEL 343

Proposizione 18.20. Se Γαβ,γ sono i simboli di Christoffel di Γ in un’altra cartalocale y1, . . . , ym su U, abbiamo

(5.6) Γαβ,γ =∑m

i, j,k=1Γi

j,k∂x j

∂yβ∂xk

∂yγ∂yα

∂xi +∑m

i=1

∂2xi

∂yβ∂yγ∂yα

∂xi .

La forma di Cartan della connessione Γ si esprime anch’essa per mezzo deisimboli di Christoffel. Abbiamo infatti

Proposizione 18.21. La forma di Cartan della connessione Γ si esprime, nellecoordinate locali (xi, xi

j), mediante

(5.7) ω =∑m

i, j=1ωi

jEji , con ωi

j =∑m

k=1Xi

k(dxk

j +∑

h,`Γk

h,`x`jdxh).

La derivazione covariante si esprime per mezzo dei simboli di Christoffel:

Proposizione 18.22. Indicando con ∇i la derivata covariante rispetto al campo divettori ∂/∂xi, abbiamo

(5.8) ∇i∂

∂x j = ∇ ∂

∂xi

∂x j =∑m

k=1Γk

i, j∂

∂xk , ∀i, j = 1, . . . ,m.

Definizione 18.8. Definiamo le componenti T ij,h ∈ C∞(U) della torsione ed Ri

j,h,k ∈

C∞(U) della curvatura di Γ rispetto alle coordinate locali x1, . . . , xm mediante

T( ∂

∂x j ,∂

∂xh

)=

∑m

i=1T i

j,h∂

∂xi(5.9)

R( ∂

∂x j ,∂

∂xh

) ∂

∂xk =∑m

i=1Ri

j,h,k∂

∂xi .(5.10)

Proposizione 18.23. Le componenti della torsione e della curvatura di Γ si espri-mono, per mezzo dei simboli di Christoffel in una carta locale x1, . . . , xm in U ⊂ M,mediante le formule

T ij,h = Γi

j,h − Γih, j,(5.11)

Rij,h,k =

∂Γih,k

∂x j −∂Γi

j,k

∂xh +∑m

`=1(Γi

j,`Γ`hk − Γi

h,`Γ`j,k).(5.12)

5.3. Espressioni rispetto a sistemi di riferimento arbitrari. Un sistema diriferimento (X1, . . . , Xm) su un aperto U di M determina funzioni Γi

j,h ∈ C∞(U) taliche

(5.13) ∇Xi X j =

m∑k=1

Γki, j Xk per i, j = 1, . . . ,m .

Definizione 18.9. I coefficienti Γki, j definiti dalla (5.13) si dicono i simboli di Chri-

stoffel di ∇ nel sistema di riferimento (X1, . . . , Xm).

Ogni campo di vettori Y ∈ X(U) e combinazione lineare a coefficienti inC∞(U) dei campi del sistema di riferimento:

Y =

m∑i=1

φiXi.

Page 344: Nacinovich - Geometria differenziale

344 18. CONNESSIONI AFFINI

Le sue derivare covarianti rispetto ai campi di riferimento X1, . . . , Xm sono allora:

(5.14) ∇XiY =

m∑k=1

Xi(φk) +

m∑j=1

Γki, jφ

j

Xk .

Siano Γki, j ∈ C∞(U) i simboli di Christoffel di Γ in un altro riferimento (Y1, . . . ,Ym)

su U. E Yi =∑n

j=1 a ji X j, con (a j

i ) ∈ C∞(U,GL(n,R)). Indichiamo con (A ji )

l’inversa della matrice (a ji ).

Vale allora la formula di trasformazione per i simboli di Christoffel:

(5.15) Γki, j =

m∑r,s,t=1

Γr,st ar

i asjA

kt +

m∑t=1

Akt Yi(at

j) per i, j, k = 1, . . . ,m.

Se Xi = ∂/∂xi e Yi = ∂/∂yi questa formula si riduce alla (5.6); infatti le matrici (aij)

ed (Aij) sono in questo caso gli Jacobiani dei cambiamenti di coordinate.

Un diffeomorfismo Φ : M → M definisce un isomorfismo Φ∗ : X(M) 3 X →XΦ ∈ X(M) che fa corrispondere ad un campo di vettori X ∈ X(M) il campo divettori

XΦ(p) = dΦΦ−1(p)(XΦ−1(p)) per ogni p ∈ M.

Il pullback di Γ mediante Φ e una nuova connessione lineare ΓΦ su M. Lacorrispondente derivazione covariante ∇Φ e definita da

(5.16) ∇ΦX Y =

(∇XΦYΦ

)Φ−1

∀X,Y ∈ X(M).

Proposizione 18.24. Un diffeomorfismo Φ : M → M e una trasformazione affineper la connessione ∇ se ∇Φ = ∇.

6. Parallelismo

Sia γ ∈ C∞(I,M) una curva differenziabile in M ed Y ∈ C∞(I,T M) un cam-po di vettori differenziabile lungo la curva γ, tale cioe che Possiamo definire ildifferenziale covariante ∇γY = DY/dt di Y lungo la curva γ.

Vale infatti il seguente Lemma (vedi §15 del Capitolo 2).

Lemma 18.25. Se Y1,Y2 ∈ X(M) e Y1(γ(t)) = Y2(γ(t)) per ogni t ∈ J, allora∇γ(t)Y1 = ∇γ(t)Y2 per ogni t ∈ J.

Dimostrazione. Per dimostrare il lemma e sufficiente stabilire l’espressionedella derivata covariante lungo una curva in coordinate locali.

Siano x1, . . . , xm sono coordinate locali nell’intorno di un punto γ(t) dellacurva. Se (γ1(t), . . . , γm(t)) e l’espressione parametrica di γ ed

Y = Y1(t)∂

∂x1 + . . . + Ym(t)∂

∂xm ,

allora la derivata covariante di Y lungo γ e:

(6.1)DYdt

=∑m

i=1

(Y i + Γi

j,k γj Yk

) ∂

∂xi .

Page 345: Nacinovich - Geometria differenziale

7. GEODETICHE 345

Definizione 18.10. Il campo di vettori Y(t) e parallelo lungo la curva γ : J → Mse DY/dt = 0 in tutti i punti di γ.

Ricordiamo, dal §7, la definizione di geodetica:

Definizione 18.11. La curva γ : J → M e una geodetica se il campo della velocitaγ e parallelo lungo γ.

Un campo di vettori parallelo lungo una curva γ soddisfa il sistema di equazionidifferenziali ordinarie lineare (6.1) lungo la curva γ. Abbiamo quindi:

Proposizione 18.26. Se γ : [0, 1]→ M e una curva differenziabile che unisce duepunti p0, p1 di M, per ogni v ∈ Tp0 M vi e uno e un solo campo di vettori Y = Υ(v, t)parallelo lungo γ con Y(0) = v. L’applicazione Tp0 3 v → Υ(v, 1) ∈ Tp1 M e unisomorfismo lineare.

7. Geodetiche

Sia I un intervallo in R ed s ∈ C 2(I,M) una curva di classe C 2. La sua velocitas e un campo di vettori di classe C 1 su s, di cui possiamo calcolare la derivatacovariante (Ds/dt) lungo s. Se sσ0 e il rilevamento orizzontale di s a partire da unpunto σ0 di zM, e

(7.1)Dsdt

= sσ0

d(s−1σ0

s)dt

.Definizione 18.12. Una curva γ ∈ C 2([0, 1],M) si dice una geodetica se la suavelocita γ e parallela lungo γ, se cioe

(7.2)Dγdt

= 0, ∀t ∈ [0, 1].

Scriveremo a volteD2γ

dt2 perDγdt

.

Osservazione 18.27. Se γ ∈ C 2(I,M) e una geodetica, la sua velocita γ e oidenticamente nulla, o diversa da zero per ogni t ∈ I. [Vedi §15.1 del Capitolo17.]

Osservazione 18.28. Supponiamo che γ ∈ C 2(I,M) sia una geodetica, con γ , 0.Una sua riparametrizzazione γ τ, con τ ∈ C 2(I′, I) e ancora una geodetica se, esoltanto se, la τ e affine, cioe della forma τ(t) = at + b. Abbiamo infatti

ddtγ τ = τ · γ τ =⇒

Ddt

ddt

(γ τ) = τγ + τ2 Dγdt.

Quindi, se γ e una geodetica,D2(γ τ)

dt2 = τ · γ. Se γ , 0, questa ci da τ = 0, e

percio τ e affine.

Proposizione 18.29. La proiezione su M di una curva integrale di un campo di vet-tori orizzontale standard e una geodetica e viceversa ogni rialzamento orizzontaledi una geodetica in M e la curva integrale di un campo di vettori standard.

Page 346: Nacinovich - Geometria differenziale

346 18. CONNESSIONI AFFINI

Dimostrazione. Siano v ∈ Rm, αv ∈ C∞(I, zM) una curva integrale di ~v, e γv =

παv. Poiche (αv(t))−1αv(t) = v per ogni t ∈ I, per la (7.1) abbiamo D2(γv)/dt2 = 0.Viceversa, la (7.1) implica che, se γ e il rilevamento orizzontale di una geode-

tica γ, la (γ)−1γ e costante.

Come conseguenza otteniamo:

Teorema 18.30. Assegnati p0 ∈ M e v0 ∈ Tp0 M esiste un’unica geodetica γ,definita su un intervallo I contenente 0 come punto interno, tale che

(7.3)

γ(0) = p0,

γ(0) = v0.

Abbiamo inoltre γ ∈ C∞(I,M).L’unicita va intesa nel modo seguente: se I, I′ sono due intervalli di R che

contengono 0 e γ ∈ C 2(I,M), γ′ ∈ C 2(I′,M) sono due geodetiche con γ(0) =

p0 = γ′(0), γ(0) = v0 = γ′(0), allora γ(t) = γ′(t) per ogni t ∈ I ∩ I′. In particolare,esiste una geodetica massimale che soddisfi le condizioni iniziali (7.3).

Se γ ∈ C∞(I,M) e una geodetica non costante, allora γ(t) , 0 per ogni t ∈ I.

Definizione 18.13. Una connessione affine Γ su M si dice completa se ogni geo-detica γ ∈ C∞(I,M) in M puo essere estesa ad una geodetica definita su R.

Per il Teorema 18.30, abbiamo

Proposizione 18.31. Condizione necessaria e sufficiente affinche la connessione Γ

su M sia completa e che tutti i campi orizzontali standard siano completi su zM.

L’equazione delle geodetiche

(7.4)Dγdt

= 0

si scrive in coordinate locali mediante:

(7.5) γi +∑m

j,k=1γ jγkΓi

j,k, per i = 1, . . . ,m,

ed e quindi un’equazione differenziale non lineare del second’ordine. Abbiamopercio :

Proposizione 18.32. Se p ∈ M, v ∈ TpM, esiste un intervallo aperto I ⊂ R, con0 ∈ I, ed una geodetica γv : I → M con γv(0) = p, γv(0) = v.

La geodetica γv e essenzialmente unica. Cioe, se I′ e un altro intervallo di Rcontenente 0 e γ′v : I′ → M un’altra geodetica con γ′v(0) = p, γ′v(0) = v, alloraγ′v(t) = γv(t) per ogni t ∈ I ∩ I′.

Definizione 18.14. Se v ∈ TpM, p ∈ M, indicheremo con γv la geodetica mas-simale tale che γ(0) = p e γ(0) = v e con Jv ⊂ R il suo massimo dominio didefinizione.

Osserviamo che, se v ∈ TpM e t, s ∈ R sono tali che st ∈ Jv, t ∈ Jsv, alloraγsv(t) = γv(st).

Page 347: Nacinovich - Geometria differenziale

7. GEODETICHE 347

7.1. Le equazioni di struttura. Ricordiamo che i tensori di torsione T ∈T1,2(M) e di curvatura R ∈ T1,3(M) sono definiti da:

T(X,Y) = ∇XY − ∇Y X − [X,Y](7.6)R(X,Y) = ∇X∇Y − ∇Y∇X − ∇[X,Y](7.7)

∀X,Y ∈ X(M).

Fissiamo un riferimento (X1, . . . , Xm) su un aperto U di M e consideriamo i simbolidi Christoffel e le componenti dei tensori di torsione e di curvatura definiti da:

∇Xi X j =∑m

k=1Γk

i, jXk,(7.8)

T(Xi, X j) =∑m

k=1T k

i, jXk,(7.9)

R(Xi, X j)Xh =∑n

k=1Rk

h,i, jXk.(7.10)

Definiamo delle 1-forme ωi, ωij ∈ Ω

1(U) (per 1 ≤ i, j ≤ m) mediante :

(7.11) ωi(X j) = δij , ωi

j =∑m

k=1Γi

k, jωk.

Le forme ωij determinano a loro volta i simboli di Christoffel e quindi la connes-

sione affine.Diamo una descrizione piu intrinseca delle forme ωi e ωi

j. Il dato del sistemadi riferimento (X1, . . . , Xn) definisce una forma differenziale

(7.12) ~ω = (ω1, . . . , ωn) ∈ Ω1(U,Rm).

La differenziazione affine definisce allora una forma ~Ω = (ωij) ∈ Ω

1(U, gl(m,R))tale che

(7.13) ~ω(∇XY) = d[~ω(Y)

](X) + ~Ω(Y)X.

Se X′1, . . . , X′n e un altro sistema di riferimento in U, le forme ~ω′ ∈ Ω1(U,Rm)

e ~Ω′ ∈ Ω1(U, gl(m,R)) ad esso associate sono legate alle (~ω, ~Ω) del precedenteriferimento dalle equazioni di gauge:

(7.14)

~ω = a~ω′ con a ∈ C∞(U,GL(m,R)),Ω′ = a−1 da + a−1 ~Ω a = a−1 da + Ad(a−1)(~Ω) .

Teorema 18.33 (Equazioni di struttura di Cartan). Le forme ωij soddisfano:

dωi = −∑m

k=1ωi

k ∧ ωk + 1

2

∑m

j,k=1T i

j,kωj ∧ ωk(7.15)

dωij = −

∑m

k=1ωi

k ∧ ωkj +

12

∑m

h,k=1Ri

j,h,kωh ∧ ωk.(7.16)

Dimostrazione. Definiamo i coefficienti cki, j mediante :

[Xi, X j] =∑m

k=1ck

i, jXk .

Page 348: Nacinovich - Geometria differenziale

348 18. CONNESSIONI AFFINI

Useremo nel seguito la convenzione secondo cui indici uguali in alto e in basso siintendono sommati su tutto il loro insieme di definizione. Abbiamo dunque:

dωi(X j, Xk) = X j(ωi(Xk)) − Xk(ωi(X j)) − ωi([X j, Xk] = − cij,k.

Abbiamo poi :

T(X j, Xk) = ∇X j Xk − ∇Xk X j − [X j, Xk]

= Γ j,kiXi − Γk, j

iXi − cij,kXi ,

cioeT i

j,k = Γ j,ki − Γk, j

i − cij,k

e quindi :

(−ωih ∧ ω

h + T ih,`ω

h ∧ ω`)(X j, Xk)

= −ωik(X j) + ωi

j(Xk) +12

(T i

j,k − T ik, j

)= −Γ j,k

i + Γk, ji +

12

((Γ j,k

i − Γk, ji − ci

j,k) − (Γk, ji − Γ j,k

i − cik, j)

)= −ci

j,k

e quindi abbiamo verificato la (7.15).Per i coefficienti del tensore di curvatura abbiamo l’espressione:

(7.17) Rij,h,k = (XhΓk, j

i) − (XkΓh, ji) + Γk, j

` Γh,`i − Γh, j

` Γk,`i − c`h,k Γ`, j

i.

A partire dalla formula per le componenti della curvatura, la verifica della (7.16) eanaloga a quella della (7.15).

In un riferimento X1, . . . , Xn su un aperto U di M possiamo associare ai tensoridi torsione e di curvatura le forme di torsione e di curvatura mediante :

T =

(∑m

j,k=1T i

j,kωi ∧ ωk

)i=1,...,n

∈ Ω2(U,Rm) ,(7.18)

R =

(∑m

h,k=1Ri

j,h,kωh ∧ ωk

)h,k=1,...,n

∈ Ω2(U, gl(n,R)),(7.19)

dove, se V e uno spazio vettoriale reale, Λp(U,V) e lo spazio delle p-forme diffe-renziali alternate a valori in V .

Le equazioni di struttura si scrivono allora utilizzando le forme di torsione e dicurvatura mediante3 :

(7.20)

dω = −Ω ∧ ω + 12 T

dΩ = −Ω ∧Ω + 12 R .

Supponiamo che il sistema di riferimento X1, . . . , Xn sia definito su un intornonormale Up del punto p ∈ M e consideriamo l’applicazione differenziabile, definita

3Si puo dare una formulazione intrinseca delle equazioni di struttura definendo forme ω, Ω, Ted R sul fibrato principale F(M) dei sistemi di riferimento di M.

Page 349: Nacinovich - Geometria differenziale

8. METRICHE PSEUDO-RIEMANNIANE E CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA 349

in un intorno aperto V di 0 in R × Rm:

(7.21) Φ : V 3 (t; a1, . . . , am)→ expp(ta1X . . . , tamXn) ∈ Up.

Abbiamo allora, per forme ωi, ωij definite su V che sono combinazioni lineari a

coefficienti C∞ di da1, . . . , dam:

(7.22)

Φ∗ωi = aidt + ωi

Φ∗ωij = ωi

j

1 ≤ i, j ≤ n

Vale la:

Proposizione 18.34. Indicando ancora con T ij,k ed Ri

j,h,k i loro rialzamenti a V,le forme ωi e ωi

j soddisfano il sistema differenziale:

(7.23)

∂ωi

∂t= dai + akωi

k + T ih,kahωk, ωi(0, a1, . . . , am) = 0

∂ωij

∂t= Ri

j,h,ka jωk, ωij(0, a

1, . . . , am) = 0 .

In particolare, se il tensore di curvatura e nullo, le forme ωij sono costanti. Se

anche la torsione e nulla, l’esponenziale definisce allora una trasformazione affinedi un intorno di 0 in TpM su un intorno normale di p in M.

8. Metriche pseudo-Riemanniane e connessione di Levi-Civita

Sia M una varieta differenziabile.

Definizione 18.15. Una metrica Riemanniana su M e un tensore g ∈ T0,2(M)simmetrico e definito positivo:

g(X,Y) = g(Y, X), ∀X,Y ∈ X(M) (simmetria),(8.1)gp(X, X) > 0, se X ∈ X(M) ed X(p) , 0 (positivita).(8.2)

Diciamo che la g e una metrica pseudo-Riemanniana se la condizione (8.2) siindebolisce a:

Per ogni p ∈ M la forma bilineare simmetrica

TpM × TpM 3 (v,w)→ gp(v,w) ∈ R e non degenere.(8.3)

Una varieta Riemanniana (risp. pseudo-Riemanniana) e una varieta differen-ziabile su cui sia stata fissata una metrica Riemanniana (risp. pseudo-Riemanniana).Indicheremo a volte una varieta Riemanniana, o pseudo-Riemanniana, come unacoppia (M, g).

Sia (M, g) una varieta pseudo-Riemanniana, b una forma bilineare simmetricasu Rm, e supponiamo che, per ogni p ∈ M, gp abbia la stessa segnatura di b.Indichiamo con Ob(n) il gruppo degli automorfismi lineari di Rm che preservano laforma b.

Page 350: Nacinovich - Geometria differenziale

350 18. CONNESSIONI AFFINI

Otteniamo una riduzione Ob(M) = (Ob(M)π−−→ M) ad Ob(n) di z(M) ponendo

(8.4) Ob(M, p) = σ ∈ HomR(Rm,TpM) | b(v,w) = gp(σ(v), σ(w), ∀v,w ∈ Rm.

Proposizione 18.35. Sia Γ una connessione affine su una varieta pseudo-Riemanniana(M, g). Sono condizioni equivalenti:

(1) Il trasporto parallelo preserva la forma g.(2) ∇g = 0.(3) Γ ammette una Ob(n) riduzione ad Ob(M).

Page 351: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 19

Primi elementi di geometria Riemanniana

1. Metriche Riemanniane e pseudo-Riemanniane

Definizione 19.1. Sia M una varieta differenziabile. Una metrica Riemanniana suM e un tensore g ∈ T0,2(M) simmetrico e definito positivo:

g(X,Y) = g(Y, X), ∀X,Y ∈ X(M) (simmetria),(1.1)gp(X, X) > 0, se X ∈ X(M) ed X(p) , 0 (positivita).(1.2)

Diciamo che la g e una metrica pseudo-Riemanniana se la condizione (1.2) siindebolisce a:

Per ogni p ∈ M la forma bilineare simmetrica

TpM × TpM 3 (v,w)→ gp(v,w) ∈ R e non degenere.(1.3)

Una varieta Riemanniana (risp. pseudo-Riemanniana) e una varieta differen-ziabile su cui sia stata fissata una metrica Riemanniana (risp. pseudo-Riemanniana).Indicheremo a volte una varieta Riemanniana, o pseudo-Riemanniana, come unacoppia (M, g).

Se (M, g) e una varieta Riemanniana, poniamo

(1.4) 〈v|w〉 = g(v,w), ‖v‖ =√

g(v, v), se p ∈ M e v,w ∈ TpM.

Definizione 19.2. Siano (M, g) ed (N, h) due varieta pseudo-Riemanniane. Un’ap-plicazione differenziabile f : N → M si dice un’immersione isometrica localese

(1.5) g f (q)( f∗Xq, f∗Yq) = hq(X,Y), ∀X,Y ∈ X(N), ∀q ∈ N.

Esempio 19.1. La metrica Euclidea di Rm e definita, nelle coordinate canonichex1, . . . , xm, da

(1.6) g( ∂∂xi ,

∂x j

)= δi, j, per 1 ≤ i, j ≤ m.

Esempio 19.2. Siano (M, g) una varieta Riemanniana, N una varieta differenziabileed f : N → M un’immersione differenziabile. Allora

(1.7) h(Xq,Yq) = g( f∗(Xq), f∗(Yq)), ∀q ∈ N, ∀Xq,Yq ∈ TqN

definisce una metrica Riemanniana su N.Piu in generale, se (M, g) e pseudo-Riemanniana, la (1.7) definisce una metrica

pseudo-Riemanniana su N se, per ogni q ∈ N, il sottospazio f∗(TqN) e anisotropoin (T f (q)M, g f (q)).

351

Page 352: Nacinovich - Geometria differenziale

352 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Esempio 19.3. Possiamo considerare su S n la metrica Riemanniana g indotta dal-l’immersione canonica S n → Rn+1.

Calcoliamo il tensore della metrica nelle coordinate locali y = (y1, . . . , yn),definite sulla semisfera S n

+ = S n ∩ x0 > 0 da y → (1, y)/√

1 + |y|2. Abbiamoallora

x0 =1√

1 + |y|2,

xi =yi√

1 + |y|2, per 1 ≤ i ≤ n.

Quindi, su S n+,

dx0 = −

∑nh=1yhdyh

(1 + |y|2)32

,

dxi =dyi

(1 + |y|2)12

− yi

∑nh=1yhdyh

(1 + |y|2)32

, per 1 ≤ i ≤ n.

Da questa ricaviamo che

(1.8)

g =(∑n

h=0dxh ⊗ dxh)|S n

+

=

∑ni=1dyi ⊗ dyi

1 + |y|2−

1 − |y|2

(1 + |y|2)2

(∑n

i, j=1yiy jdyi ⊗ dy j).

Poiche la mappa antipodale a0 : S n 3 x → −x ∈ S n e un’isometria, la metricag definisce, per passaggio al quoziente, una metrica g sullo spazio proiettivo, cherende la proiezione π : S n → RPn un’isometria.

Esempio 19.4. Su S 2 = CP1 ' SU(2) possiamo considerare anche la metricaRiemanniana SU(2)-invariante descritta, nelle coordinate x, y ∈ R con z1/z0 = x+iysu U0 = (z0, z1) | z0 , 0, da

(1.9) g = 4dx ⊗ dx + dy ⊗ dy

(1 + x2 + y2)2 .

Esempio 19.5. La metrica dell’esempio 19.4 e, a meno di un fattore moltiplicativo,la parte reale della metrica di Fubini-Study di CPn. Questa e una metrica invarianteper l’azione di SU(n + 1), che si esprime, nelle coordinate locali w j = z j/z0 diU0 = z0 , 0, mediante

(1.10) h =(1 + |w|2)

∑j=1dz j ⊗ dz j −

∑nj,h=1z jzhdz j ⊗ dzh

(1 + |w|2)2 .

Si ottiene una metrica Riemanniana ponendo g = Re h.

Esempio 19.6. Possiamo considerare lo spazio proiettivo reale RPn come una sot-tovarieta differenziabile dello spazio proiettivo complesso CPn. Allora la restrizio-ne ad RPn della metrica di Fubini-Study definisce una metrica SO(n+1)-invariantesu RPn.

Page 353: Nacinovich - Geometria differenziale

1. METRICHE RIEMANNIANE E PSEUDO-RIEMANNIANE 353

La sua espressione, nelle coordinate locali yi = xi/x0 di U0 = x0 , 0, e

(1.11) g =(1 + |y|)2∑n

i=1dyi ⊗ dyi −∑n

i, j=1yiy jdyi ⊗ dy j

(1 + |y|2)2 .

Esempio 19.7. Uno spazio omogeneo M = G/H, con G gruppo di Lie ed Hsottogruppo compatto di G, ammette una metrica Riemanniana G-invariante.

Infatti, gli elementi h di H definiscono trasformazioni p → h · p di M chelasciano fisso il punto o = [H]. I loro differenziali dho in o definiscono un gruppocompatto di trasformazioni lineari di ToM. Dal teorema di Haar sull’esistenza dimisure invarianti segue che e possibile definire un prodotto scalare ( | ) su ToM percui dho | h ∈ H sia un gruppo di trasformazioni ortogonali per questo prodottoscalare. Sia ora p = a · o, con a ∈ G, un punto di M. Se Xp,Yp ∈ TpM, definiamo

(1.12) g(Xp,Yp) = (a−1∗ Xp|a−1

∗ Yp).

Poiche, per h ∈ H abbiamo

((ah)−1∗ Xp|(ah)−1

∗ Yp) = (h−1∗ a−1∗ Xp|h−1

∗ a−1∗ Yp) = (a−1

∗ Xp|a−1∗ Yp)

la definizione (1.12) non dipende dalla scelta dell’elemento a ∈ G per cui p =

a · o, ma soltanto dal punto p e definisce quindi una metrica Riemanniana su M,invariante per l’azione di G.

Definizione 19.3. Uno spazio omogeneo M = G/H di un gruppo di Lie G, conuna metrica Riemanniana invariante rispetto a G, si dice uno spazio Riemannianoomogeneo.

Esempio 19.8. Ogni gruppo di Lie compatto G ammette una metrica Riemannia-na invariante sia rispetto alle traslazioni a destra che rispetto alle traslazioni a sini-stra. Possiamo infatti considerare G come uno spazio omogeneo rispetto all’azionetransitiva

(1.13) (G ×G) ×G 3 ((a, b), x) −→ axb−1 ∈ G.Il sottogruppo di isotropia di e e ∆G = (a, a) | a ∈ G. Per l’Esempio 19.7, Gammette una metrica g invariante per l’azione di G×G, cioe invariante sia a destrache a sinistra.

Supponiamo che il gruppo G sia un gruppo semisemplice compatto. Allora laforma di Killing

(1.14) κg(A, B) = traccia(adg(A) · adg(B))

e definita negativa. Otteniamo una metrica Riemanniana G-invariante a sinistra eda destra ponendo

(1.15) g(~Xa, ~Ya) = −κg(X,Y), ∀X,Y ∈ g,

dove abbiamo indicato con ~X, ~Y i campi di vettori invarianti a sinistra associati adX,Y ∈ g.

Analogamente, se G e un sottogruppo compatto di GL(n,R), la forma quadra-tica

(1.16) ge(X,Y) = −traccia(XY), ∀X,Y ∈ g ⊂ gl(n,R)

Page 354: Nacinovich - Geometria differenziale

354 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

e definita positiva ed otteniamo una metrica Riemanniana invariante su G definendo

(1.17) g(~Xa, ~Ya) = −traccia(XY), ∀X,Y ∈ g.

Esempio 19.9. Un esempio di metrica pseudo-Riemanniana su Rn e dato dallaforma

(1.18) g =∑p

i=1dxi ⊗ dxi −

∑n

i=p+1dxi ⊗ dxi.

Esempio 19.10. Sia M = x ∈ Rn+1 | x0 =

√1 +

∑ni=1 |x

i|2, su cui abbiamo

considerato la metrica pseudo-Riemanniana g = −dx0⊗dx0 +∑n

i=1dxi⊗dxi. Allorala restrizione g di g ad M e una metrica Riemanniana su M. Questa e la metricastandard dello spazio iperbolico di Lobacevski di dimensione n. Osserviamo chele trasformazioni di SO(1, n) agiscono su M come un gruppo di isometrie.

Esempio 19.11. Sia G un gruppo di Lie semisemplice. Per un criterio di Cartan,la semisemplicita e equivalente al fatto che la forma di Killing

(1.19) κg(X,Y) = traccia(adg(X)adg(Y)), X,Y ∈ g

sia non degenere sull’algebra di Lie g di G. Nota che, se G non e compatto, laforma di Killing e indefinita. La

(1.20) g(~Xa, ~Ya) = −κ(X,Y), per X,Y ∈ g

definisce allora una metrica pseudo-Riemanniana su G.

Ad una metrica Riemanniana g su M associamo il fibrato principale, o(M) =

(O(M)π−→ M) con gruppo strutturale O(m), che consiste dei riferimenti ortogonali

su M.

Definizione 19.4. Data una metrica Riemanniana g su M indichiamo con O(M)l’unione disgiunta ⊔

p∈MOp(M),(1.21)

ove Op(M) = σ : Rm → TpM | gp(σ(v), σ(v)) = |v|2, ∀v ∈ Rm.

Il fibrato o(M) = (O(M)π−→ M), ove π(σ) = p se p ∈ Op(M), e un sottofibrato del

fibrato z(M) e si dice il fibrato dei sistemi di riferimento ortonormali su M.

Piu in generale, possiamo introdurre la

Definizione 19.5. Sia (M, g) una varieta pseudo-Riemanniana e supponiamo che laforma bilineare simmetrica gp abbia segnatura (m − q, q) su TpM per ogni p ∈ M.Sia b : Rm × Rm → R una forma bilineare simmetrica con segnatura (n − q, q). Perogni p ∈ M definiamo

(1.22) Obp(M) = σ : Rm → TpM | g(σ(v), σ(v)) = b(v, v), ∀v ∈ Rm

e poniamo

(1.23) Ob(M) =

⊔p∈M

Obp(M).

Page 355: Nacinovich - Geometria differenziale

2. LA CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA 355

Allora Ob(M) e lo spazio totale di un sottofibrato ob(M) = (Ob(M)π−→ M) di z(M),

con gruppo strutturale O(m − q, q), che si dice fibrato dei b-sistemi di riferimentodi (M, g).

Nel caso in cui b sia il prodotto scalare canonico su Rm, abbiamo ob(M) =

o(M). La definizione 19.4 e quindi un caso particolare della 19.5.

2. La connessione di Levi-Civita

Sia (M, g) una varieta pseudo-Riemanniana. Supponiamo che gp abbia segna-tura costante e fissiamo una forma bilineare simmetrica b su Rm che abbia la stessasegnatura di g.

Definizione 19.6. Si dice connessione pseudo-metrica su (M, g) ogni connessioneaffine Γ che ammetta una riduzione ad ob(M).

Osservazione 19.1. La definizione 19.6 non dipende dalla scelta della particolareforma b.

Proposizione 19.2. Una connessione lineare Γ su M e pseudo-metrica se e soltantose il tensore g della pseudo-metrica e parallelo rispetto a Γ, se cioe

(2.1) ∇g = 0.

Dimostrazione. Sia γ : [0, 1]→ M un cammino differenziabile in M e sia γσ0

il suo rialzamento a z(M) a partire da un punto σ0 ∈ oγ(0)(M) ⊂ Fγ(0)(M).Fissiamo v1, v2 ∈ R

m. Se Γ ammette una riduzione ad ob(M), allora γσ0(t) ∈ob(M) per ogni t ∈ [0, 1] e quindi, posto Xi = γσ0(t)vi ∈ C∞([0, 1],T M), otteniamo

g(X1, X2) = b(v1, v2), ∀v1, v2 ∈ Rm, ∀t ∈ [0, 1].

Abbiamo percio

(∇γg)(X1, X2) =ddt

g(X1, X2) − g( D

dt X1, X2)− g

(X1,

Ddt X2

)= 0,

perche g(X1, X2) e costante su [0, 1] e Ddt Xi = 0 per i = 1, 2. Da questa relazione

ricaviamo che ∇g = 0.Supponiamo viceversa che ∇g = 0. Siano Xi = γσ0(t)ei, ove e1, . . . , em sono i

vettori della base canonica di Rm. Abbiamoddt

g(Xi, X j) = (∇γg)(Xi, X j) + g( D

dt Xi, X j)

+ g(Xi,

Ddt X j) = 0,

per ogni 1 ≤ i, j ≤ m, perche Ddt Xi = 0 per i = 1, . . . ,m ed abbiamo supposto che

∇g = 0. Questo dimostra che (X1, . . . , Xm) e un sistema di riferimento in ob(M) perogni t ∈ [0, 1] e che quindi Γ ammette una riduzione ad ob(M).

Osservazione 19.3. La condizione (2.1) e equivalente all’affermazione che il tra-sporto parallelo lungo un cammino regolare a tratti γ, di punto iniziale p0 e puntofinale p1, sia un’isometria di (Tp0 M, gp0) su (Tp1 M, gp1), che cioe gp0(X0,Y0) =

gp1(X1,Y1) se Xt, Yt sono campi di vettori paralleli lungo una curva differenziabileγ : [0, 1]→ M che congiunga i punti p0 e p1.

Page 356: Nacinovich - Geometria differenziale

356 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Siano infatti X,Y,Z ∈ M. Sia γ : (−ε, ε)→ M una curva integrale di X ∈ X(M).Poiche ∇X e una derivazione dell’algebra tensoriale, abbiamo :

(2.2)

ddt

[gγ(t)(Yγ(t),Zγ(t))

]=

[(∇Xg)(Y,Z) + g

(Ddt Y,Z

)+ g

(Y, D

dt Z)]γ(t)

.

Supponiamo che Y,Z siano paralleli lungo γ e che il trasporto parallelo sia un’iso-metria. Allora il primo membro di (2.2) e nullo perche g(Y,Z) e costante lungo γ,gli ultimi due addendi a secondo membro sono nulli perche D

dt Y e Ddt Z sono nulli.

Percio la (2.2), calcolata lungo una curva integrale di X passante per un qualsiasipunto p di M assegnato, e con Y(p),Z(p) ∈ TpM arbitrari ci da la (2.1). Viceversa,la (2.1) implica che g(Y,Z) e costante lungo le curve integrali γ di X se Y e Z sonoparalleli lungo γ.

Lemma 19.4. Le geodetiche di una connessione metrica di (M, g) sono parame-trizzate mediante un multiplo della lunghezza d’arco, cioe ‖γ‖ e costante lungo unageodetica γ.

Dimostrazione. Infatti, se γ : [a, b]→M e una geodetica, allora

ddt

g(γ(t), γ(t)) = 2 g(

Dγ(t)dt

, γ(t))

= 0 .

Teorema 19.5 (Levi-Civita). Sia (M, g) una varieta pseudo-Riemanniana. Vi eallora un’unica connessione affine Γ su M che abbia torsione nulla e per cui iltrasporto parallelo sia un’isometria.

Dimostrazione. La condizione che la torsione sia nulla si puo riscrivere me-diante l’equazione:

(2.3) ∇XY − ∇Y X = [X,Y] ∀X,Y ∈ X(M).

L’invarianza del pseudo-prodotto scalare rispetto al trasporto parallelo e equivalen-te alla condizione:

(2.4) ∇Xg = 0 ∀X ∈ X(M).

Se vale la (2.4), abbiamo per ogni X,Y,Z ∈ X(M):

(2.5) Xg(Y,Z) = g(∇XY,Z) + g(Y,∇XZ).

Supponendo inoltre che la torsione sia nulla, otteniamo :Yg(Z, X) = g(∇YZ, X) + g(Z,∇Y X) = g(∇YZ, X) + g(Z,∇XY)

−g(Z, [X,Y])

Zg(X,Y) = g(∇ZX,Y) + g(X,∇ZY) = g(∇XZ,Y) + g(X,∇YZ)+g(Y, [Z, X]) − g(X, [Y,Z])

e quindi :

Xg(Y,Z) + Yg(Z, X) − Zg(X,Y)

Page 357: Nacinovich - Geometria differenziale

2. LA CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA 357

= g(∇XY,Z) + g(Y,∇XZ)+ g(∇YZ, X) + g(Z,∇XY) − g(Z, [X,Y])− g(∇XZ,Y) − g(X,∇ZY) − g(Y, [Z, X]) + g(X, [Y,Z])

Da questa ricaviamo la formula della derivazione covariante :

(2.6)2g(∇XY,Z) = Xg(Y,Z) + Yg(X,Z) − Zg(X,Y)

− g(X, [Y,Z]) + g(Y, [Z, X]) + g(Z, [X,Y]) .

Questo dimostra l’unicita. Viceversa, possiamo utilizzare la (2.6) per definire ∇XY .Si dimostra senza difficolta che la ∇ cosı definita e una derivazione covariante contorsione nulla.

Definizione 19.7. L’unica connessione metrica priva di torsione su (M, g) si dicela connessione di Levi-Civita1.

Espressione in coordinate locali. Siano x1, . . . , xm coordinate locali in unaperto U di M e poniamo

gi, j = g( ∂∂xi ,

∂x j

)1 ≤ i, j ≤ m.

Possiamo utilizzare la (2.6) per calcolare i simboli di Christoffel della connessionedi Levi-Civita rispetto ai coefficienti gi, j della metrica. Infatti la (2.6) da:

2 Γ`i, j g`,k =∂g j,k

∂xi +∂gi,k

∂x j −∂gi, j

∂xk .

Indichiamo con gi, j i coefficienti della matrice inversa della (gi, j)i, j=1,...,m. Ottenia-mo allora:

(2.7) Γki, j = 1

2

∑m

`=1gk,`

(∂g j,`

∂xi +∂gi,`

∂x j −∂gi, j

∂x`

).

L’assenza di torsione equivale al fatto che i simboli di Christoffel, calcolati inun sistema di coordinate locali, siano simmetrici rispetto ai due indici in basso.

Espressione in un riferimento ortonormale. Supponiamo che g sia una me-trica Riemanniana.

Siano U un aperto di M ed (X1, . . . , Xm) un sistema di riferimento in Γ(U,O(M)).Poiche le g(Xi, X j) = δi, j sono costanti, i simboli di Christoffel nel riferimento

(X1, . . . , Xm) soddisfano:

(2.8) Γki, j = − 1

2

(ci

j,k − c jk,i − ck

i, j

), ove [Xi, X j] = ck

i, jXk.

I simboli cij,k sono antisimmetrici rispetto ai due indici in basso. Otteniamo

percio

Γki, j = 1

2

(ci

k, j − ckj,i − c j

i,k

)= −Γ

ji,k.

1 Tullio Levi-Civita (Padova, 29 Marzo 1873 Roma, 29 Dicembre 1941) matematico italiano,allievo di Gregorio Ricci-Curbastro, e l’ inventore del calcolo differenziale assoluto (calcolo tensoria-le). Ha dato notevoli contributi alla geometria differenziale, alla teoria della relativita, alla meccanicaceleste, all’idrodinamica. Nel 1938 fu cacciato dall’Universita in seguito alle leggi razziali.

Page 358: Nacinovich - Geometria differenziale

358 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Quindi, i simboli di Christoffel Γij,k soddisfano la proprieta:

per ogni indice i = 1, . . . ,m la matrice (Γ ji,k)1≤ j,k≤n e antisimmetrica.

Consideriamo il co-riferimento (ω1, . . . , ωm) ∈ F∗(U) associato al riferimento(X1, . . . , Xm). Le forme ω1, . . . , ωm ∈ X∗(U) sono caratterizzate da ωi(X j) = δi

j per1 ≤ i, j ≤ m, di modo che

g =∑m

i=1

(ωi

)2=

m∑i=1

ωi ⊗ ωi.

Abbiamo allora:

ωkj =

∑m

i=1Γk

i, j ωi = −

∑m

i=1Γ

ji,kω

i = −ωjk.(2.9)

Quindi, se utilizziamo riferimenti ortonormali, la Ω = (ω jk) e una forma differenzia-

le a valori nell’algebra di Lie o(n) delle matrici reali antisimmetriche. Le equazionidi struttura di danno : dω = −Ω ∧ ω

dΩ = −Ω ∧Ω + 12 R

e quindi la forma di curvatura e anch’essa a valori in o(n).

2.1. Forma polare. Fissiamo un punto p0 ∈ M e sia U un intorno suo intornonormale. Possiamo supporre che, per un r > 0,

expp0: Np0(r) = x ∈ Tp0 M | ‖x‖g < r −→ U

sia un diffeomorfismo.Fissiamo una base ortonormale (e1, . . . , em) in Tp0 M e costruiamo una se-

zione σU ∈ Γ(U,O(M)) mediante il trasporto parallelo di (e1, . . . , em) lungo legeodetiche:

σU(expp0(x)) =

(d expp0

(x)(e1), . . . , d expp0(x)(em)

).

Poniamo poi

(2.10) θ = (θi)1≤i≤m = σ∗Uθ, ω = (ωij)1≤i, j≤m = σ∗Uω,

ove θ ed ω sono, rispettivamente, la forma canonica e la forma di Cartan dellaconnessione di Levi-Civita Γ.

Per calcolare queste forme in modo esplicito, introduciamo coordinate polariin N0, ponendo, per le componenti vi di v ∈ Tp0 M,

vi = xit, 1 ≤ i ≤ m,∑m

i=1(xi)2 = 1.

Lemma 19.6. Abbiamo:

θi = xidt + φi, con φi indipendente da dt,(2.11)

gli ωij sono indipendenti da dt,(2.12)

dφi = −(dxi +

∑m

j=1ωi

jxj) ∧ dt + · · · ,(2.13)

dωij = −

∑m

h,k=1Ri

j,h,kxhφk ∧ dt + · · ·(2.14)

Page 359: Nacinovich - Geometria differenziale

2. LA CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA 359

dove i puntini stanno per forme indipendenti da dt ed Rij,h,k sono le componenti del

tensore di curvatura nel riferimento σU .

Dimostrazione. Dimostriamo la (2.11). Per provare che φi e indipendenteda dt e sufficiente verificare che, se γx = expp0

(tx) e la geodetica uscente da p0

con velocita x, allora θi(γx) = xi. Osserviamo che, per la definizione della formacanonica,

θ( ddt γx) = θ(γx) = γx(t)−1(γx(t)),

ove γx e il rialzamento orizzontale di γx a partire dal punto (e1, . . . , em). Poiche γxe orizzontale e γx parallelo lungo γx, ne segue che θ(γx) e costante. Il suo valore in0 e x e dunque θi(γx) = xi per ogni t.

Poiche γx e γx sono paralleli lungo la geodetica γx, abbiamo

ωij(γx) = ωi

j(ddt γx) = 0,

perche γx e orizzontale, e questo ci da la (2.12).Poiche la connessione di Levi-Civita ha torsione nulla, abbiamo

dθ = −ω ∧ θ.

Quindidφi = −dxi ∧ dt − dθi = −

(dxi +

∑m

j=1ωi

jxj) ∧ dt + · · ·

ove i puntini stanno per una forma indipendente da dt, in quanto

dθ = dσ∗Uθ = σ∗Udθ = −σ∗U(ω ∧ θ) = ω ∧ θ

e, per le (2.11), (2.12),∑m

j=1ωi

j ∧ θj =

∑m

j=1ωi

jxjdt + · · · ,

ove i puntini stanno per una forma indipendente da dt.Dalle equazioni di struttura, abbiamo

dθi = d(xidt + φi) =∑m

j=1ωi

j ∧ (xidt + φi),

dωij = −

∑m

k=1ωi

k ∧ ωkj + Ωi

j,

oveΩi

j =∑m

h,k=1Ri

j,h,kθh ∧ θk,

da cui sostituendo l’espressione di θi in (2.11) si ottiene la (2.14).

Proposizione 19.7. Abbiamo, per il tensore della metrica, l’espressione

(2.15) g = dt ⊗ dt +∑m

i=1φi ⊗ φi.

Dimostrazione. Poiche σU e un riferimento ortonormale, abbiamo

g =∑m

i=1θi ⊗ θi.

Da questa risulta

g = dt ⊗ dt +∑m

i=1φi ⊗ φi +

∑m

i, j=1xi(φi ⊗ dt + dt ⊗ φi).

Page 360: Nacinovich - Geometria differenziale

360 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Dobbiamo verificare che l’ultima sommatoria a secondo membro e nulla. Poi-che φi = 0 in p0, bastera dimostrare che la forma

∑mi=1xiφi e indipendente da t.

Abbiamo

d(∑m

i=1xiφi) = −

∑m

i=1xidφi

=∑m

i=1xi(dxi +

∑m

j=1ωi

jxj) ∧ dt + · · · ,

dove al solito i puntini indicano una forma indipendente da dt. Abbiamo∑

i, jωijx

ix j =

0 perche la matrice ωij e antisimmetrica. Poi, da

∑mj=1|x

j|2 = 1 abbiamo∑m

j=1x jdx j =

0. Quindi il differenziale della forma η =∑m

i=1x jφi e indipendente da dt e, dal mo-mento che η non contiene dt, cio significa che la forma e costante rispetto a t.Questo completa la dimostrazione.

3. Geodetiche e distanza su una varieta Riemanniana

Sia (M, g) una varieta Riemanniana e Γ la connessione di Levi-Civita su M.Sia γ : [a, b]→ M un cammino differenziabile di classe C 1 a tratti.

Definizione 19.8. Definiamo la lunghezza `(γ) e l’energia, o azione E(γ) di γmediante:

`(γ) =

∫ b

a‖γ‖ dt =

∫ b

a

√g(γ, γ) dt,(3.1)

E(γ) =

∫ b

a‖γ‖2 dt =

∫ b

ag(γ, γ) dt.(3.2)

Lemma 19.8. La lunghezza di una curva non dipende dalla sua parametrizzazione.

Definizione 19.9. Una curva γ : [a, b]→M, di classe C 1 a tratti, e parametrizzataper lunghezza d’arco se ‖γ(t)‖ = 1 per ogni t ∈ [a, b].

Se γ e parametrizzata per lunghezza d’arco, abbiamo

t2 − t1 =

∫ t2

t1‖γ(t)‖ dt per ogni a ≤ t1 < t2 ≤ b.

Lemma 19.9. Siano p0 ∈ M ed U un suo intorno normale, immagine medianteexpp0

di una palla Np0(r) = v ∈ Tp0 M | ‖v‖ < r.Sia γp = expp0

(tvp) la geodetica in U che congiunge p0 a p. Se γ e unaqualsiasi altra curva differenziabile, con supporto diverso da quello di γp, checongiunge p0 a p, allora

(3.3) `(γp0,p) < `(γ).

Dimostrazione. Utilizziamo le coordinate polari introdotte nel paragrafo pre-cedente e la Proposizione 19.7.

Dimostriamo in primo luogo la (3.3) per cammini contenuti in U. Sia γ :[0, 1] → U un cammino, di classe C 1 a tratti, che congiunge p0 a p, con supportodistinto dalla geodetica γp. Nel dimostrare che `(γp0,p) < `(γ), possiamo supporre

Page 361: Nacinovich - Geometria differenziale

3. GEODETICHE E DISTANZA SU UNA VARIETA RIEMANNIANA 361

che γ sia semplice. Utilizzando le coordinate polari, possiamo scrivere γ = Ψ γ0,ove γ0 e un cammino

γ0 : [0, 1] 3 s→ (t(s), x(s)) ∈ V = (t, x) ∈ R × S p0 | tx ∈ Np0(r)

e Ψ : V 3 (t, x)→ expp0(tx) ∈ U. Abbiamo:

γ0(s) =(t(s) ∂∂t , x(s)

)e quindi, utilizzando la (2.15),

‖γ(s)‖2 = (Ψ∗g)(γ0(s), γ0(s)) = t(s)2 +∑m

i=1|φi(x(s))|2 .

Quindi :

`(γ) =

∫ b

a‖γ(s)‖ ds ≥

∫ b

a|t(s)| ds ≥ `(γp0,p)

e vale l’uguale solo se φi(x(s)) = 0 per ogni i ed s, se cioe γ coincide con lageodetica.

Se γ : [0, 1]→ M e una curva di classe C 1 a tratti che congiunge p0 a p e none tutta contenuta in U, allora per ogni 0 < r′ < r vi e un t0, con 0 < t0 < 1 minimoper cui γ(t0) = p′ = expp0

(v′) per qualche v′ ∈ Tp0 M con ‖v′‖ = r′. Per la primaparte della dimostrazione, avremo allora

r′ ≤ `(γ|[0,t0]) ≤ `(γ).

Sara percio `(γ) ≥ r > `(γp). La dimostrazione e completa.

Dal Lemma 19.9 si ricava subito:

Teorema 19.10. (1) Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa. Sia

(3.4) d(p, q) = inf`(γ) | γ ∈ C∞([0, 1], 0, 1; M, p, q).

Allora d : M × M → R e una distanza su M.(2) Se Bp0(r) = p ∈ M | d(p, p0) < r e un intorno normale di p0, allora

expp0definisce un diffeormorfismo di Np0(r) = v ∈ Tp0 M | ‖v‖ < r su

Bp0(r).(3) La topologia di M coincide con quella definita dalla distanza d. In

particolare ogni varieta Riemanniana connessa e uno spazio topologicoseparabile e a base numerabile.

Definizione 19.10. La distanza (3.4) si dice la distanza Riemanniana su (M, g).

Osservazione 19.11. Possiamo definire la distanza Riemanniana anche nel casoin cui M non sia connessa. d(p, q) coincidera con la distanza definita da (3.4) suciascuna componente connessa di M e si porra uguale ad un numero positivo, adesempio 1, quando i punti p e q appartengano a diverse componenti connesse diM.

Indichiamo con C 1t ([a, b], a, b; M, p, q) l’insieme delle curve di classe C 1 a

tratti di punto iniziale p e punto finale q.

Page 362: Nacinovich - Geometria differenziale

362 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Lemma 19.12. Per ogni curva γ ∈ C 1t ([a, b], a, b; M, p, q) vale la diseguaglianza:

(3.5) `(γ)2 ≤ (b − a)E(γ) .

Vale l’uguaglianza in (3.5) se e soltanto se ‖γ(t)‖ = costante.

Dimostrazione. Abbiamo infatti per la diseguaglianza di Holder:

`(γ) =

∫ b

a‖γ(t)‖ dt ≤

(∫ b

a‖γ(t)‖2 dt

)1/2

·

(∫ b

adt

)1/2

= (b − a)1/2E(γ)1/2

e vale l’uguaglianza se e soltanto se ‖γ(t)‖ e costante.

Corollario 19.13. Se γ ∈ C 1t ([0, 1], 0, 1; M, p, q) e parametrizzata per un multiplo

della lunghezza d’arco, allora E(γ) e minimo di E(γ φ), al variare di φ tra idiffeomorfismi di [a, b].

Proposizione 19.14. Le equazioni di Eulero-Lagrange per il funzionale dell’ener-gia E(γ) sono date da

(3.6)Dγdt

= 0 .

Le geodetiche della connessione di Levi-Civita di una varieta Riemanniana sonoquindi gli estremali del funzionale dell’energia.

Dimostrazione. Diamo qui una dimostrazione utilizzando una rappresentazio-ne di γ in una carta coordinata. Cio corrisponde a considerare perturbazioni di archisufficientemente piccoli di γ. Nel paragrafo seguente introdurremo la nozione disuperficie parametrica e la utilizzeremo per dare la dimostrazione per variazioni dicarattere generale.

Siano a, b ∈ R con a < b, sia Ω un aperto di Rm, e sia F : [a, b] × Ω × Rm 3

(t, x, ξ)→F(t, x, ξ) ∈ R una funzione di classe C 1. Fissiamo due punti xa, xb ∈ Ω.Le equazioni di Eulero-Lagrange del funzionale

(3.7) Φ(ψ) =

∫ b

aF(t, ψ(t), ψ(t)) dt , ψ ∈ C 1([a, b], a, b; Ω, xa, xb)

sono date da:

(3.8)ddt∂F∂ξi −

∂F∂xi = 0 , i = 1, . . . ,m .

Supponiamo che γ ∈ C 1([a, b],M) e che il suo supporto γ([a, b]) sia contenuto inun aperto coordinato (U, x). Allora il funzionale dell’energia si puo considerarecome il funzionale definito a partire dalla

F(t, x, ξ) = 〈ξ | ξ〉 =

m∑i, j=1

gi, j(x)ξiξ j .

Otteniamo percio per le relative equazioni di Eulero-Lagrange:

2ddt

(∑m

j=1gi, j(γ(t))γ j(t)

)−

∑m

j,k=1

∂g j,k(γ(t))∂xi γ j(t)γk(t) = 0,

per i = 1, . . . ,m ;

Page 363: Nacinovich - Geometria differenziale

4. LA VARIAZIONE PRIMA DELL’INTEGRALE DELL’ENERGIA 363

quindi

2∑m

j=1gi, j(γ)γ j +

∑m

j,k=1

(2∂gi, j(γ)∂xk γ jγk −

∂g j,k(γ)∂xi γ jγk) = 0,(∗)

per i = 1, . . . ,m

I simboli di Christoffel della connessione di Levi-Civita sono definiti da

Γij,k =

12

n∑h=1

gi,h∂gh, j

∂xk +∂gh,k

∂x j −∂g j,k

∂xh

,

dove (gi, j) e la matrice inversa di (gi, j). La (∗) si puo riscrivere percio nella forma:

γi +

n∑j,k=1

Γij,k(γ)γ jγk = 0 per i = 1, . . . ,m,

e dunque γ e una geodetica per la connessione di Levi-Civita.

4. La variazione prima dell’integrale dell’energia

In questo paragrafo deriviamo in modo intrinseco le equazioni di Eulero-Lagrangeper la variazione dell’integrale dell’energia. Nella dimostrazione della Proposizio-ne 19.14 abbiamo utilizzato la rappresentazione in coordinate per poter utilizzarele classiche formule del calcolo delle variazioni. In questo paragrafo ripetiamo iragionamenti utilizzando la nozione di superficie parametrica.

Definizione 19.11. Sia M una varieta differenziabile. Una superficie parametricain M e un’applicazione differenziabile f : U→M di un aperto U di R2 in M.

Siano (t, s) le coordinate cartesiane di R2. Poniamo

∂ f (t, s)/∂t = f∗(∂/∂t)(t,s), e ∂ f (t, s)/∂s = f∗(∂/∂s)(t,s).

Definizione 19.12. Chiamiamo campo di vettori su f un’applicazione differenzia-bile V : U→T M che renda commutativo il diagramma:

UV

−−−−−→ T M∥∥∥∥ yπU

f−−−−−→ M .

Sia (M, g) una varieta Riemanniana, ed indichiamo con ∇ la differenziazionecovariante secondo la connessione di Levi-Civita su M.

Se f : U ⊂ R2 → M e una superficie parametrica in M, per ogni s fissato,t→ fs(t) = f (t, s) e una curva differenziabile in M, ed un campo di vettori V :U→T M su f induce per restrizione un campo di vettori lungo fs. Possiamo quindidefinire

(4.1)DV∂t

(t, s) = ∇ ∂ f (t,s)∂t

V∣∣∣ f ( · ,s) .

In modo analogo, scambiando il ruolo delle variabili s, t, definiamo

(4.2)DV∂s

(t, s) = ∇ ∂ f (t,s)∂s

V∣∣∣ f (t, · ) .

Page 364: Nacinovich - Geometria differenziale

364 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Lemma 19.15. Siano f : U→M una superficie parametrica in M e V un campodi vettori su f . Valgono allora le:

D∂s∂ f∂t

=D∂t∂ f∂s

,(4.3)

D∂s

D∂t

V −D∂t

D∂s

V = R(∂ f∂t,∂ f∂s

)V.(4.4)

Dimostrazione. La verifica delle formule e immediata quando la f si scriva, inun sistema di coordinate locali x1, . . . , xn, mediante:

(t, s)→(t, s, 0, . . . , 0).

Cio e possibile vicino a ciascun punto (t, s) in cui la f sia un’immersione, cioe in

cui∂ f∂t

e∂ f∂s

siano linearmente indipendenti. Perturbando f , e osservando che leformule che vogliamo dimostrare dipendono con continuita dalla f , ci riconducia-mo al caso in cui f sia un’immersione. Osserviamo che la (4.3) e conseguenza delfatto che la connessione di Levi-Civita e priva di torsione.

Utilizziamo ora la (4.3) per calcolare la variazione dell’integrale dell’energia.Sia quindi f : [a, b] × [−ε, ε] → M una superficie parametrica, e poniamo fs(t) =

f (t, s). Abbiamo

∂s

∫ b

ag(∂ f∂t,∂ f∂t

)dt =

∫ b

a

∂sg(∂ f∂t,∂ f∂t

)dt

= 2∫ b

ag( D∂s∂ f∂t,∂ f∂t

)dt = 2

∫ b

ag( D∂t∂ f∂s,∂ f∂t

)dt

= 2∫ b

a

(∂

∂tg(∂ f∂s,∂ f∂t

)− g

(∂ f∂s,

D∂t∂ f∂t

))dt

= 2[g(∂ f∂s,∂ f∂t

)]b

a− 2

∫ b

ag(∂ f∂s,

D2 f∂t2

)dt.

Se supponiamo che fs(a) e fs(b) siano costanti, il primo addendo dell’ultima riga enullo. Otteniamo quindi la condizione di estremalita di un cammimo γ : [a, b] →M nella forma ∫ b

ag(∂ f∂s

(t, 0),D2γ

dt2

)dt = 0

per tutte le superficie parametriche f : [a, b] × [−ε, ε] → M con f (t, 0) = γ(t) perogni t ∈ [a, b], f (a, s) = γ(a), f (b, s) = γ(b) per ogni s ∈ [−ε, ε]. Poiche possiamo

definire f in modo che∂ f∂s

(t, 0) sia un qualsiasi campo di vettori differenziabilelungo γ, otteniamo, come condizione di estremalita, l’equazione della geodetica

Dγdt

=D2γ

∂t2 = 0.

Page 365: Nacinovich - Geometria differenziale

5. VARIETA DI RIEMANN COMPATTE 365

5. Varieta di Riemann compatte

Teorema 19.16. Sia M una varieta Riemanniana compatta, con metrica g, e sianop, q ∈ M. Allora esiste una geodetica in ogni classe di omotopia [γ] di curvecontinue da p a q. Essa puo essere scelta come una curva di minima lunghezza in[γ].

Dimostrazione. Ogni punto di M ha un sistema fondamentale di intorni sem-plici e convessi. Per la compattezza di M, possiamo trovare un numero reale posi-tivo ρ0 tale che ogni palla Bp(r) = q ∈ M | d(p, q) < r, ove d e la distanza definitaa partire dalla metrica Riemanniana g, e 0 < r ≤ ρ0, sia semplice e convesso.

In particolare, dati due punti p e q con d(p, q) < ρ0, vi e un’unica geodeticaγ : [0, 1]→M, di lunghezza minore di ρ0, tale che γ(0) = p e γ(1) = q.

La sua lunghezza e proprio uguale alla distanza d(p, q) tra i due punti e quindirealizza il minimo della distanza. Da questo segue che:

Due curve γ0, γ1 : [a, b]→M tali che g(γ0(t), γ1(t)) < ρ0 per ogni t ∈ [a, b]sono omotope. Se γ0(a) = γ1(a) e γ0(b) = γ1(b), allora γ0 e γ1 sono omotope inun’omotopia con estremi fissi.

Basta considerare infatti la F : [a, b] × [0, 1]→M ottenuta richiedendo che la[0, 1] 3 s→F(t, s) ∈ M sia l’unica geodetica di lunghezza minore di ρ0 tale cheF(t, 0) = γ0(t) e F(t, 1) = γ1(t). Fissiamo ora una classe di omotopia [γ] di curve

γ : [a, b]→M con γ(a) = p e γ(b) = q, per due punti p, q ∈ M fissati. Consideriamouna successione γn ⊂ [γ] tale che

`(γn) inf`(γ) | γ ∈ [γ] .

Possiamo supporre che su ciascuna curva il parametro sia un multiplo della lun-ghezza d’arco. Poiche le lunghezze delle curve γn sono uniformemente limitate,possiamo trovare un intero positivo ν ed una partizione

a = t0 < t1 < · · · < tν−1 < tν = b

tale che

`(γn

∣∣∣[ti−1,ti])< ρ0/2 per n = 1, 2, . . . , e i = 1, 2, . . . , ν .

Possiamo supporre che le γn siano geodetiche a tratti, sostituendo alla γn∣∣∣[ti−1,ti] la

geodetica di lunghezza minore di ρ0 che congiunge γn(ti−1) a γn(ti). Passando aduna sottosuccessione, possiamo supporre che, per ogni i = 0, 1, . . . , ν − 1, ν sia

γn(ti)→pi ∈ M .

Allora l’arco γn∣∣∣[ti−1,ti] converge alla geodetica di lunghezza minima (minore di ρ0)

che congiuge pi−1 a pi, e quindi le γn convergono a una curva γ ∈ [γ], che halunghezza minima tra tutte le curve in [γ]. Essa e necessariamente una geodeticain tutti i punti, in quanto se non lo fosse potrei sostituire a un qualsiasi suo arco dilunghezza minore di ρ0, che non fosse un arco di geodetica, un arco di geodeticadi lunghezza minore, ottenendo una curva in [γ] di lunghezza inferiore.

Page 366: Nacinovich - Geometria differenziale

366 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Corollario 19.17. Due punti qualsiasi p, q di una varieta Riemanniana compatta(M, g) possono essere congiunti con una geodetica γ : [0, 1]→M di lunghezza`(γ) = d(p, q).

Corollario 19.18. Se (M, g) e una varieta Riemanniana compatta, per ogni p ∈ Ml’applicazione expp e definita su tutto TpM ed e surgettiva.

Corollario 19.19 (Teorema di Cartan-Weyl-Hopf). Se G e un gruppo di Lie com-patto e connesso, con algebra di Lie g, allora exp : g→ G e surgettiva.

Dimostrazione. Infatti si puo definire su G una metrica Riemanniana per cuile curve t → exp(tX), al variare di X in g, siano le geodetiche passanti per e (vedil’Esempio 21.1 del Capitolo 21).

6. Il teorema di Hopf-Rinow

Ricordiamo che una varieta affine (M,Γ), e geodeticamente completa se ognigeodetica γ : [a, b]→M e la restrizione di una geodetica γ : R→M.

Teorema 19.20 (Hopf-Rinow). Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa, esia d la sua distanza Riemanniana. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:

(1) (M, d) e uno spazio metrico completo;(2) i sottoinsiemi chiusi e limitati di (M, d) sono compatti;(3) esiste p ∈ M tale che expp sia definita su tutto TpM;(4) M e geodeticamente completa rispetto alla connessione di Levi-Civita Γ.

Inoltre, ognuna delle (1), (2), (3), (4) implica:(5) due punti qualsiasi p, q ∈ M possono essere congiunti da una geodetica

di lunghezza d(p, q).

Dimostrazione. Dimostriamo in primo luogo che,

(∗) Se expp e definita su tutto TpM, allora ogni q ∈ M puo essere

congiunto a p da una geodetica di lunghezza d(p, q).

In particolare, questo prova che (4)=⇒(5).Fissiamo ρ > 0 in modo tale che ogni q ∈ M con d(p, q) ≤ ρ sia congiunto a p

da un’unica geodetica di lunghezza d(p, q).Sia ora q ∈ M ed r = d(p, q).Se r ≤ ρ, per la scelta di ρ vi e un’unica geodetica di lunghezza r che congiunge

p a q, e quindi la nostra affermazione e senz’altro verificata.Consideriamo poi il caso in cui r > ρ.Poiche

∂Bp(ρ) = x ∈ M | d(p, x) = ρ = expp(v) | ‖v‖ = ρ

e compatto, vi e un punto p0 ∈ ∂Bp(ρ) tale che

d(q, ∂Bp(ρ)) = d(q, p0).

Ad esso corrisponde un unico vettore v ∈ TpM con g(v, v) = 1 ed expp(ρ v) = p0.Consideriamo la geodetica

R 3 t→γ(t) = expp(t v) ∈ M.

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6. IL TEOREMA DI HOPF-RINOW 367

Se dimostriamo che γ(r) = q, la γ e la geodetica cercata, in quanto congiunge p aq ed ha lunghezza r = d(p, q).

Definiamo

A = t ∈ [0, r] | d(γ(s), q) = r − s ∀s ∈ [0, t].

Vogliamo dimostrare che r ∈ A. Osserviamo che A e chiuso e contiene [0, ρ].Mostriamo che A e anche aperto.Sia t1 ∈ A. Se t1 = r, allora A = [0, r] ed abbiamo finito.Sia t1 ∈ A con 0 < t1 < r. Sia p1 = γ(t1) e sia ρ1 > 0 tale che Bp1(ρ1) sia un

intorno semplice convesso di p1. In particolare, ogni p′ ∈ M con d(p1, p′) ≤ ρ1 sipuo congiungere a p1 con un’unica geodetica di lunghezza d(p1, p′).

Se d(p1, q) ≤ ρ1, la spezzata ottenuto congiungendo la geodetica γ∣∣∣[0,t1] con

l’unica geodetica (riparametrizzata per lunghezza d’arco) che congiunge p1 a q halunghezza r ed e quindi una geodetica di lunghezza r che congiunge p a q.

Se invece d(p1, q) > ρ1, fissiamo un punto p2 su ∂B(p1, ρ1) a distanza minimada q.

Ogni curva γ′ da p1 a q interseca ∂B(p1, ρ1) in un punto γ′(t′). Quindi:

`(γ′) ≥ d(γ′(t′), p1) + d(q, γ′(t′)) ≥ ρ1 + d(q, p2).

Abbiamo quindi

d(q, p1) ≥ ρ1 + d(q, p2) = d(p1, p2) + d(q, p2) ≥ d(q, p1)

e vale quindi l’uguaglianza.Sia t2 = t1 + ρ1 e γ : [t1, t2] → M la geodetica, parametrizzata per lunghezza

d’arco, che congiunge p1 a p2. Se t1 ≤ t ≤ t2, abbiamo

d(p, γ(t)) ≤ d(p, p1) + d(p1, γ(t)) = t,

⇒ d(q, γ(t)) ≥ d(p, q) − d(p, γ(t)) ≥ r − t,d(q, γ(t)) ≥ d(q, p1) − d(p1, γ(t)) = (r − t1) − (t − t1) = r − t.

Otteniamo percio che

d(q, γ(t)) = r − t, ∀t1 ≤ t ≤ t2,

da cui abbiamo anche

d(p, γ(t)) ≥ d(p, q) − d(q, γ(t)) = t, ∀t1 ≤ t ≤ t2,⇒ d(p, γ(t)) = t, ∀t1 ≤ t ≤ t2.

Quindi, la curva γ : [0, t2]→ M, definita da

γ(t) =

γ(t), per 0 ≤ t ≤ t1,γ(t), per t1 ≤ t ≤ t2,

ha la proprieta che γ(0) = p e d(γ(t), p) = `(γ|[0,t]) per ogni 0 ≤ t ≤ t2. Essa equindi una geodetica, e, poiche coincide con la geodetica γ su [0, t1], per l’unicitadelle linee geodetiche deve essere quindi γ(t) = γ(t) per tutti i t ∈ [0, t2]. Ciodimostra che t1 e interno ad A e completa quindi la dimostrazione di questo punto.

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368 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Dimostriamo ora le altre implicazioni del teorema, mostrando che (4)⇒ (3)⇒(2)⇒ (1)⇒ (4).(4)⇒(3) e banale.(3)⇒(2) Supponiamo che expp sia definito su tutto TpM. Ogni sottoinsieme li-mitato N di M e contenuto in una palla Bp(R) = q ∈ M | d(p, q) < R, per qualcheR ∈ R. Per (∗), e

Bp(R) ⊂ expp(v) | v ∈ TpM, ‖v‖ ≤ R.

Il secondo membro di questa inclusione e compatto. Quindi Bp(R) e compatto edN di conseguenza e relativamente compatto.(2)⇒(1) Ogni successione di Cauchy pn ⊂ M e limitata e quindi la chiusuradella sua immagine e compatta. Ammette percio una sottosuccessione convergentee dunque, essendo di Cauchy, la successione pn stessa e convergente.(1)⇒(4). Consideriamo una geodetica massimale γ : (a, b) → M. Osserviamoche ‖γ(t)‖ = c e costante. Se fosse b < +∞, avremmo certamente c > 0. Se bn

e una successione con a < bn < b e bn b, poiche d(γ(bn), γ(bν)) ≤ c|bn − bν|,la γ(bn) e una successione di Cauchy in M e quindi, per l’ipotesi di completezza,converge a un punto p0 ∈ M. Poiche ‖γ‖ = c, dall’equazione delle geodetichesegue che γ(t) definisce, in un qualsiasi sistema di coordinate locali in p0, unafunzione equilipschitziana su un intervallo (b − ε, b). In particolare esiste il limitelimt→b− γ(t) = v0 ∈ Tp0 M. Sia φ : [b, b + ε) → M la geodeticha con dati iniziali(p0, v0):

Dφdt

= 0, se b ≤ t < b + ε,

φ(b) = p0,

φ(b) = v0 .

Allora la

γ(t) =

γ(t), se a < t < b,φ(t), se b ≤ t < b + ε,

e di classe C 1 e di classe C 2 a tratti su (a, b + ε) e soddisfa quasi ovunque l’equa-zione delle geodetiche. E allora una curva di classe C∞ e dunque una geodeticache prolunga γ. Questo dimostra che deve essere b = +∞ per il dominio massimaledi definizione. Analogamente si mostra che a = −∞.

Se (M, p) e una varieta Riemanniana connessa e completa, per ogni p ∈ Ml’applicazione expp : TpM → M e differenziabile e surgettiva.

Definizione 19.13. Le immagini expp(v) dei vettori v ∈ TpM per cui d expp(v) esingolare, si dicono punti coniugati di p in M.

Teorema 19.21. Sia (M, g) una varieta Riemanniana ed Nπ−→ M un rivestimento

connesso di M. Risulta allora definita su N un’unica struttura differenziabile eun’unica metrica Riemanniana π∗g per cui l’applicazione di rivestimento π siaun’isometria locale. Inoltre, (M, g) e completa se e soltanto se (N, π∗g) e completa.

Page 369: Nacinovich - Geometria differenziale

7. ISOMETRIE 369

Proposizione 19.22. Se (M, g) e una varieta Riemanniana connessa, completa enon compatta, per ogni punto p ∈ M passa una semiretta geodetica, cioe vi euna geodetica γ : [0,+∞) → M con γ(0) = p e d(γ(t), γ(s)) = |t − s| per ognit, s ∈ [0,+∞).

7. Isometrie

Definizione 19.14. Siano (M, g) ed (N, h) due varieta Riemanniane.Un’immersione Riemanniana locale di M in N e un’applicazione differenzia-

bile φ : M → N tale che φ∗(h) = g.Un’isometria Riemanniana locale e un’immersione Riemanniana locale che e

anche un diffeomorfismo locale.Diciamo che un’isometria Riemanniana locale e una isometria Riemanniana

se e anche un diffeomorfismo.

Teorema 19.23. Sia (M, g) una varieta Riemanniana. Un’applicazione φ : M →M che sia un’isometria per la distanza definita dalla metrica g e anche un isomor-fismo Riemanniano.

Dimostrazione. Poiche gli archi di geodetica di M si caratterizzano come lecurve γ : [a, b] → M tali che, per un’opportuna costante c ≥ 0 ed ogni partizionesufficientemente fine t0 = a < t1 < · · · < tk−1 < tk = b di [a, b] risulta :

`(γ) =

k∑i=1

d(γ(ti), γ(ti−1)) = ck∑

i=1

|ti − ti−1| ,

un’isometria φ : M → M trasforma geodetiche in geodetiche. Sia p0 un qualsiasipunto di M e sia q0 = φ(p0). Sia r > 0 tale che B(p0, r) e B(q0, r) siano intorni nor-

mali. La φ definisce allora un’applicazione Tp0 Mλ−→ Tq0 M tale che φ(γv) = φ(γλ(v))

per ogni v ∈ Tp0 M. L’applicazione λ e un’isometria dello spazio Euclideo Tp0 M,con il prodotto scalare gp0 , su Tq0 M, con il prodotto scalare gq0 . In particolare λe un’applicazione lineare. Abbiamo φ(expp0

(v)) = expq0(λ(v)) se gp0(v, v) < r2.

Quindi φ e di classe C∞ e λ = dφ(p0), onde φ∗(gq0) = gp0 .

Indichiamo con O(M, g) il gruppo delle isometrie della varieta Riemanniana(M, g). Osserviamo che, se φ ∈ O(M, g) abbiamo :

(7.1)

∀p ∈ M ∃ rp > 0 tale cheφ(expp(v)) = expφ(p)(dφ(p)(v))∀v ∈ TpM con gp(v, v) < r2

p .

Proposizione 19.24. Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa e siano φ, ψ ∈O(M, g) e sia p0 ∈ M. Se φ(p0) = ψ(p0) e dφ(p0) = dψ(p0), allora φ = ψ.

Dimostrazione. Sia N = p ∈ M | φ(p) = ψ(p), dφ(p) = dψ(p). Poiche φe ψ sono di classe C∞, N e chiuso. Per la ((7.1)), l’insieme N e anche aperto equindi coincide con M.

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370 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

8. Proprieta algebriche del tensore di curvatura

Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione finita n.

Definizione 19.15. Un tensore algebrico di curvatura e una forma bilineare sim-metrica

(8.1) R : Λ2V × Λ2V → R

che gode dell’ulteriore proprieta:

R(v1, v2, v3, v4) + R(v1, v3, v4, v2) + R(v1, v4, v2, v3) = 0(8.2)∀v1, v2, v3, v4 ∈ V.

Abbiamo posto qui

(8.3) R(v1, v2, v3, v4) = R(v1 ∧ v2, v3 ∧ v4) per v1, v2, v3, v4 ∈ V.

In modo equivalente, possiamo dire che R e una forma quadri-lineare che soddisfale proprieta :

R(v2, v1, v3, v4) = −R(v1, v2, v3, v4)(i)R(v1, v2, v4, v3) = −R(v1, v2, v3, v4)(ii)R(v3, v4, v1, v2) = R(v1, v2, v3, v4)(iii)R(v1, v2, v3, v4) + R(v1, v3, v4, v2) + R(v1, v4, v2, v3) = 0(iv)

∀v1, v2, v3, v4 ∈ V .(8.4)

Osserviamo che (i) e (iii) implicano (ii) e che (iii) e una conseguenza di (i), (ii),(iv). La (iv) si dice identita algebrica di Bianchi.

Definizione 19.16. L’insieme R(V) dei tensori di curvatura su V e un sottospaziovettoriale dello spazio T [0,4]V dei tensori 0-covarianti e 4-contovarianti su V .

Vale il

Lemma 19.25. Siano R,R′ ∈ R(V). Allora

(8.5) R(v1, v2, v1, v2) = R′(v1, v2, v1, v2) ∀v1, v2 ∈ V =⇒ R = R′.

Dimostrazione. Basta dimostrare il lemma nel caso sia R′ = 0. Utilizziamo leformule di polarizzazione per forme bilineari simmetriche: fissato v0 ∈ V , la formabilineare simmetrica V × V 3 (u, v) → R(u, v0, v, v0) ∈ R e nulla in quanto e nullala forma quadratica associata.

Quindi, per ogni coppia v1, v2 ∈ V anche la forma bilineare simmetrica V ×V 3 (u, v) → R(v1, u, v3, v) + R(v3, u, v1, v) ∈ R e nulla in quanto e nulla la formaquadratica ad essa associata.

Applicando le proprieta (iii) e (ii) otteniamo:

0 = R(v1, v2, v3, v4) + R(v1, v4, v3, v2)= R(v1, v2, v3, v4) − R(v1, v4, v2, v3) .

Quindi, per ogni v1, v2, v3, v4 ∈ V abbiamo :

R(v1, v2, v3, v4) = R(v1, v4, v2, v3) = R(v1, v3, v4, v2)

Page 371: Nacinovich - Geometria differenziale

8. PROPRIETA ALGEBRICHE DEL TENSORE DI CURVATURA 371

da cui:

3R(v1, v2, v3, v4) = R(v1, v2, v3, v4) + R(v1, v3, v4, v2) + R(v1, v4, v2, v3) = 0.

La dimostrazione e completa.

Fissiamo su V un prodotto scalare ( · | · ).Possiamo associare ad R ∈ R(V) la funzione reale definita sui 2-piani α di V

(8.6) K(α) = −R(v1, v2, v1, v2) se v1, v2 e una base ortonormale di α.

Lo scalare K(α) non dipende dalla scelta della base ortonormale. Infatti, perun’altra base v′1, v

′2 di α abbiamo v′i = a j

i v j (i, j = 1, 2) con a = (a ji ) ∈ O(2) e

v′1 ∧ v′2 = det(a)v1 ∧ v2 = ±v1 ∧ v2, onde

R(v′1, v′2, v′1, v′2) = R(v′1 ∧ v′2, v

′1 ∧ v′2) = R(±v1 ∧ v2,±v1 ∧ v2)

= R(v1 ∧ v2, v1 ∧ v2) = R(v1, v2, v1, v2) .

Possiamo definire K(α) utilizzando una qualsiasi base v1, v2 di α:

(8.7) K(α) =−R(v1, v2, v1, v2)

(v1|v1)(v2|v2) − (v1|v2)2 se 〈v1, v2〉 = α.

Definizione 19.17. La quantita K(α) definita dalla (8.7) si dice curvatura sezionaleassociata ad R.

Per il Lemma 19.25 la curvatura sezionale determina completamente il relativotensore di curvatura.

Sia

(8.8) R1(v1, v2, v3, v4) = (v1|v3)(v2|v4) − (v1|v4)(v2|v3), ∀v1, v2, v3, v4 ∈ V.

Allora R1 ∈ R(V) ha curvatura sezionale costante, uguale a −1.Se R ∈ R(V) ha curvatura sezionale costante

K(α) = c ∈ R, ∀α ∈ Gr2(V),

e costante allora, per il Lemma 19.25, R = −cR1, cioe

R(v1, v2, v3, v4) = c(v1|v4)(v2|v3) − (v1|v3)(v2|v4),(8.9)∀v1, v2, v3, v4 ∈ V.

Definizione 19.18. Al tensore algebrico di curvatura R sullo spazio Euclideo Vassociamo la forma bilineare simmetrica S R : V × V → R definita da :

S R(v1, v2) = traccia R(v1, · , v2, · ) =∑n

i=1R(v1, ei, v2, ei),(8.10)

∀v1, v2 ∈ V,

ove e1, . . . , en e una base ortonormale di V .

Fissato un vettore v ∈ V , con (v|v) = 1, possiamo determinare vettori v2, . . . , vnche formino con v1 = v una base ortonormale. Detto αi, per i = 2, . . . , n il pianogenerato da v e vi, abbiamo allora:

(8.11) S R(v, v) =

n∑i=2

K(αi).

Page 372: Nacinovich - Geometria differenziale

372 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Definizione 19.19 (Prodotto di Kulkarni-Nomizu). Se s1, s2 sono due forme bili-neari simmetriche su V , il loro prodotto di Kulkarni-Nomizu e il tensore di curva-tura s1 ? s2 definito da:

(s1 ? s2) (v1, v2, v3, v4) = s1(v1, v3) · s2(v2, v4) + s1(v2, v4) · s2(v1, v3)− s1(v1, v4) · s2(v2, v3) − s1(v2, v3) · s2(v1, v4),

∀v1, v2, v3, v4 ∈ V .

In particolare, se indichiamo con g il prodotto scalare di V , abbiamo

R1 =12

g ? g.

Lemma 19.26. Sia s una forma bilineare simmetrica su V. Allora :

(8.12) S s?g = (n − 2) s + traccia(s) · g.

Dimostrazione. Sia e1, . . . , en una base ortonormale di V . Allora :

S s?g(v1, v2) =

n∑i=1

(s ? g)(v1, ei, v2, ei)

=

n∑i=1

(s(v1, v2)g(ei, ei) + s(ei, ei)g(v1, v2)

−s(v1, ei)g(v2, ei) − s(v2, ei)g(v1, ei))= n s(v1, v2) + traccia(s)g(v1, v2) − s(v1, v2) − s(v2, v1)

= (n − 2) s(v1, v2) + traccia(s)g(v1, v2) .

Da questo lemma ricaviamo la decomposizione irriducibile del tensore alge-brico di curvatura :

Teorema 19.27 (decomposizione algebrica del tensore di curvatura). Sia R un ten-sore algebrico di curvatura sullo spazio vettoriale reale V, di dimensione n > 2.Sono allora univocamente determinati: un numero reale s (curvatura scalare), unaforma bilineare simmetrica S R (curvatura di Ricci) e una forma di curvatura W (lacurvatura di Weyl) con S W = 0 tali che :

(8.13) R =1

2n(n − 1)· s · g ? g +

1n − 2

S R ? g + W.

Se n = 2, abbiamo R = 12 · s · g ? g. Se n = 3, allora W = 0.

9. La curvatura sezionale

Sia (M, g) una varieta Riemanniana di dimensione n ≥ 2. Definiamo il tensoredi curvatura su M mediante :

R(X1, X2, X3, X4) = g(R(X3, X4)X1, X2),(9.1)∀X1, X2, X3, X4 ∈ X(M).

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9. LA CURVATURA SEZIONALE 373

Proposizione 19.28. Il tensore di curvatura definisce in ogni punto di M un tensorealgebrico di curvatura.

Dimostrazione. Abbiamo facilmente

R(X1, X2, X4, X4) = −R(X1, X2, X3, X4).

Osserviamo poi che, essendo nulla la torsione della connessione di Levi-Civita :

R(X1, X2)X3 + R(X2, X3)X1 + R(X3, X1)X2

= ∇X1∇X2 X3 − ∇X2∇X1 X3 − ∇[X1,X2]X3

+ ∇X2∇X3 X1 − ∇X3∇X2 X1 − ∇[X2,X3]X1

+ ∇X3∇X1 X2 − ∇X1∇X3 X2 − ∇[X3,X1]X2

= ∇X1[X2, X3] + ∇X2[X3, X1] + ∇X3[X1, X2]− ∇[X1,X2]X3 − ∇[X2,X3]X1 − ∇[X3,X1]X2

= [X1, [X2, X3]] + [X2, [X3, X1]] + [X3, [X1, X2]] = 0

Da questa ricaviamo l’identita di Bianchi :

R(X1, X2, X3, X4) + R(X1, X4, X2, X3) + R(X1, X3, X4, X2) = 0

∀X1, X2, X3, X4 ∈ X(M).

Dimostriamo ora che R(X2, X1, X3, X4) = −R(X1, X2, X3, X4). A questo scopoe sufficiente verificare che R(X1, X1, X3, X4) = 0 per ogni X1, X3, X4 ∈ X(M).Abbiamo :

R(X1, X1, X3, X4) = g(R(X3, X4)X1, X1)

= g((∇X3∇X4 − ∇X4∇X3 − ∇[X3,X4]

)X1, X1

)= X3g(∇X4 X1, X1) − g(∇X4 X1,∇X3 X1)− X4g(∇X3 X1, X1) + g(∇X3 X1,∇X4 X1)

− 12 [X3, X4]g(X1, X1)

= 12 X3X4g(X1, X1) − 1

2 X4X3g(X1, X1)

− 12 [X3, X4]g(X1, X1)

= 0 .

In questo modo abbiamo verificato le proprieta (i), (ii) e (iv) di un tensore algebricodi curvatura e segue quindi che vale anche la proprieta (iii), cioe che

R(X1, X2, X3, X4) = R(X3, X4, X1, X2) per ogni X1, X2, X3, X4 ∈ X(M).

In particolare e anche R(X1, X2, X3, X4) = g(R(X1, X2)X3, X4).

Sia p ∈ M. Per ogni piano α ⊂ TpM, definiamo la curvatura sezionale di Mrispetto al piano α come la quantita K(α) relativa al tensore algebrico di curvatura

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374 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Rp:

(9.2) K(α) =−R(v1, v2, v1, v2)‖v1 ∧ v2‖2

=−R(v1, v2, v1, v2)

g(v1, v1)g(v2, v2) − |g(v1, v2)|2

se α = 〈v1, v2〉 .

Fissato il punto p, l’esponenziale expp definisce un diffeomorfismo di un intornoconvesso N0(p) di 0 in p su un intorno normale Up di p in M. Inoltre, per un r0 > 0,l’esponenziale trasforma, per ogni 0 < r ≤ r0, la palla Bp(0, r) di centro 0 e raggior di TpM rispetto alla metrica definita dal prodotto scalare gp nella palla Bp(r)della distanza definita dalla metrica Riemanniana su M. Consideriamo un 2-pianoα ⊂ TpM. L’immagine expp(α∩ N0(p)) e una sottovarieta Vα di Up di dimensionereale 2, su cui la restrizione di g definisce una metrica Riemanniana. Utilizzandotale metrica possiamo calcolare l’area A(r) di Vα ∩ Bp(r) per 0 < r ≤ r0. AvremoA(r) = πr2 + o(r2) per r 0. La curvatura sezionale misura il modo in cui A(r)approssima l’area del disco piano dello stesso raggio :

(9.3) K(α) = 12 · limr0

πr2 − A(r)πr4 .

10. L’equazione di Jacobi

Sia (M, g) una varieta Riemanniana.Sia p un punto di M. Fissiamo una curva differenziabile

] − ε, ε[3 s→v(s) ∈ TpM ,

e consideriamo la superficie parametrica

(10.1) (t, s)f−−−→ expp(t v(s)),

che supponiamo definita in un intorno di [0, 1]×] − ε, ε[. Se v(0) = w, allora

(10.2)∂ f (1, 0)∂s

=(expp

)∗(v)(w).

Consideriamo il campo di vettori ∂ f (t, 0)/∂s, lungo la geodetica t→expp(tv). Poi-che (D/∂t)(∂ f /∂t) = 0, otteniamo, per la (4.4),

0 =D∂s

D∂t∂ f∂t

=D∂t

D∂s∂ f∂t− R

(∂ f∂s,∂ f∂t

)∂ f∂t

=D∂t

D∂t∂ f∂s

+ R(∂ f∂t,∂ f∂s

)∂ f∂t.

Quindi, il campo di vettori J(t) =∂ f∂s

(t, 0), definito lungo la geodetica γ(t) =

expp(tv), soddisfa l’equazione:

(10.3)D2Jdt2 + R(γ, J)γ = 0.

Page 375: Nacinovich - Geometria differenziale

10. L’EQUAZIONE DI JACOBI 375

Introduciamo la

Definizione 19.20. Se γ : [0, a]→M e una geodetica, chiamiamo campo di Jacobilungo γ una qualsiasi soluzione dell’equazione differenziale (10.3).

Siano e1, e2, . . . , em dei campi di vettori paralleli lungo γ, che formino in ognipunto di γ un sistema di riferimento ortonormale, con e1(t) proporzionale a γ(t).Poniamo

(10.4) ai, j(t) = R(γ(t), ei(t), γ(t), e j(t)).

Osserviamo che ai, j = a j,i per ogni i, j = 1, . . . , n e che a1,i = ai,1 = 0 per ognii = 1, . . . ,m.

Sia J(t) =∑m

i=1 f i(t)ei(t) un campo di Jacobi lungo γ. Le componenti f i

soddisfano allora il sistema di equazioni differenziali ordinarie

(10.5) f i +∑n

j=1ai, j f j = 0, i = 1, . . . ,m .

Questo e un sistema lineare del second’ordine. In particolare, per ogni coppia divettori v,w ∈ Tγ(0)M, vi e un unico campo di Jacobi J(t) che verifichi le condizioniiniziali:

(10.6) J(0) = v ,DJ(0)

dt= w.

Lemma 19.29. Se γ : [0, a] → M e una geodetica, γ(t) e tγ(t) sono campi diJacobi. Ogni campo di Jacobi J tale che

g(J(0), γ(0)) = 0 e g(

DJ(0)dt

, γ(0))

= 0

soddisfa

g(J(t), γ(t)) = 0 e g(

DJ(t)dt

, γ(t))

= 0

per ogni t ∈ [0, a].

Dimostrazione. Si verifica immediatamente che γ(t) e tγ(t) sono soluzionidella (10.5), corrispondenti rispettivamente alle condizioni iniziali

f 1(0) = ‖γ(0)‖,f i(0) = 0 se 1 < i ≤ m,f i(0) = 0 se 1 ≤ i ≤ m ,

ed

f i(0) = 0 se 1 ≤ i ≤ m,f 1(0) = ‖γ(0)‖,f i(0) = 0, se 1 < i ≤ m.

L’ultima affermazione del Lemma e conseguenza del fatto che la componentef 1 verifica l’equazione

f 1 = 0,

e la condizione che J(0) e Ddt J(0) siano ortogonali a γ(0) equivale ad f 1(0) = 0,

f 1(0) = 0.

Lemma 19.30. I campi di Jacobi lungo la geodetica γ formano uno spazio vetto-riale di dimensione finita 2n.

Page 376: Nacinovich - Geometria differenziale

376 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Dimostrazione. Infatti un campo di Jacobi J lungo γ e univocamente determi-nato dai valori iniziali J(0) e D

dt J(0).

Indicheremo con J (γ) lo spazio vettoriale reale di dimensione 2n dei campidi Jacobi lungo la geodetica γ.

Esempio 19.12 (Campi di Jacobi su una varieta a curvatura sezionale costante).Supponiamo che M abbia curvatura sezionale costante K e sia γ una geodeticasu M. Supponiamo che γ sia parametrizzata per lunghezza d’arco. Fissiamo uncampo di vettori w(t) parallelo su γ, con ‖w(t)‖ = 1 e g(w(t), γ(t)) = 0. AlloraR(γ(t),w(t), γ(t),w(t)) = K. Poiche Dw/dt = 0 lungo γ, ne segue che le

(10.7) J(t) =

K−1 cos(t√

K) · w(t)K−1 sin(t

√K) · w(t)

se K > 0w(t)t · w(t)

se K = 0K−1 cosh(t√−K) · w(t)

K−1 sinh(t√−K) · w(t)

se K < 0

sono campi di Jacobi ortogonali lungo γ. Tutti i campi di Jacobi ortogonali siottengono al variare di w(t) tra i campi di vettori ortogonali paralleli lungo γ.

Lemma 19.31. Siano p ∈ M, v ∈ TpM, w ∈ Tv(TpM). Consideriamo la geodeticaγ(t) = expp(tv) e sia J(t) il campo di vettori lungo γ definito da

(10.8) J(t) = (expp)∗(tv)(tw).

Allora J(t) e il campo di Jacobi lungo γ che soddisfa le condizioni iniziali:

(10.9)

J(0) = 0DJ(0)

dt = w.

Dimostrazione. Consideriamo la superficie parametrica

(t, s)→ f (t, s) = expp(t(v + sw)).

Abbiamo gia osservato che

J(t) =∂ f (t, 0)∂s

= (expp)∗(tv)(tw)

e un campo di Jacobi lungo γ. Abbiamo poi chiaramente J(0) = 0 eDJ(0)

dt=

( Ddt

)t=0

[(expp)∗(tv)(tw)

]=

( Ddt

)t=0

[t(expp)∗(tv)(w)

]=

[(expp)∗(tv)(w) + t

Ddt

expp)∗(tv)(w)]t=0

= w.

Page 377: Nacinovich - Geometria differenziale

10. L’EQUAZIONE DI JACOBI 377

Proposizione 19.32. Siano p ∈ M, v ∈ TpM, w ∈ Tv(TpM). Consideriamo lageodetica γ(t) = expp(tv) e sia J(t) il campo di Jacobi lungo γ definito da J(t) =

(expp)∗(tv)(tw). Allora valgono le formule:

‖J(t)‖2 = t2 ‖w‖2 −13

g(R(v,w)v,w) t4 + o(t4) ,(10.10)

‖J(t)‖ = t ‖w‖ −16

g(R(v,w)v,w)‖w‖

t3 + o(t4).(10.11)

In particolare, se ‖v‖ = 1, ‖w‖ = 1 e g(v,w) = 0, detto σ il piano generato da v ew, abbiamo

(10.12) ‖J(t)‖ = t −16

K(p, σ) t3 + o(t4) ,

ove K(p, σ) e la curvatura sezionale.

Dimostrazione. Consideriamo lo sviluppo di Taylor della funzione t→λ(t) =

g(J(t), J(t)). Poiche la derivata covariante del tensore della metrica e nulla, e ilcampo di Jacobi J(t) soddisfa le condizioni iniziali J(0) = 0, DJ(0)/dt = w,abbiamo:

λ(0) = g(J(0), J(0)) = 0λ(0) = 2g(J(0),DJ(0)/dt) = 0λ(0) = 2g(DJ(0)/dt,DJ(0)/dt) + 2g(J(0),D2J(0)/dt2) = ‖w‖2.

Poiche D2J(0)/dt2 = −R(γ(0), J(0))γ(0) = 0, abbiamo poi...λ (0) = 6g(DJ(0)/dt,D2J(0)/dt2) + 2g(D3J(0)/dt3, J(0)) = 0.

Per calcolare la derivata terza di J, osserviamo che

(D3/dt3)J(t) = −(D/dt)[R(γ(t), J(t))γ(t)].

Quindi, per ogni campo di vettori Z(t) lungo γ:

−g(...J (t),Z(t)) = g((D/dt)[R(γ(t), J(t))γ(t)],Z(t))

= (d/dt)g(R(γ(t), J(t))γ(t),Z(t)) − g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= (d/dt)g(R(γ(t),Z(t))γ(t), J(t)) − g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= g((D/dt)[R(γ(t),Z(t))γ(t)], J(t)) + g(R(γ(t),Z(t))γ(t), (D/dt)J(t))− g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= g((D/dt)[R(γ(t),Z(t))γ(t)], J(t)) + g(R(γ(t), (D/dt)J(t))γ(t),Z(t))− g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t)).

Per t = 0 il primo e il terzo addendo nell’ultima riga si annullano ed otteniamopercio:

(D3/dt3)J(0) = −R(v,w)v.

Page 378: Nacinovich - Geometria differenziale

378 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Quindi....λ (0) =8g((D/dt)J(0), (D3/dt3)J(0))

+ 6g((D2/dt2)J(0), (D2/dt2)J(0))

+ 2g((D4/dt4)J(0), J(0))= − 8g(R(v,w)v,w).

Sostituendo nella formula del polinomio di Taylor, otteniamo la tesi della proposi-zione.

Osserviamo che la formula che abbiamo dimostrato esprime in forma infinite-sima il modo in cui la geodetica expp(t(v+ sw)) si discosta dalla geodetica expp(tv),rispetto ai raggi dello spazio tangente di cui sono immagine. Le geodetiche si av-vicinano, rispetto alle semirette nello spazio tangente, se la curvatura sezionale delpiano (v,w) e positiva, si allontanano se essa e negativa.

11. Punti coniugati

Definizione 19.21. Sia γ : [a, b]→M una geodetica. Due punti γ(t0) e γ(t1), cont0 , t1, si dicono coniugati lungo γ se esiste un campo di Jacobi J(t) non nullo suγ che sia nullo in t0 e t1.

La molteplicita del punto coniugato γ(t1) rispetto a γ(t0) e la dimensione dellospazio vettoriale:

(11.1) J : [a, b]→T M | J ∈J (γ), J(t0) = 0, J(t1) = 0.

Fissato t0 ∈ [a, b], lo spazio vettoriale dei campi di Jacobi che si annullano int0 ha dimensione n. Tra di essi ce il campo di vettori [a, b] 3 t→(t − t0)γ(t), chesi annulla soltanto nel punto t0. Quindi la molteplicita di un punto coniugato e unintero ≤ (n − 1).

Esempio 19.13. Nel caso della sfera Sn = x ∈ Rn+1 | |x| = 1, le geodetiche sonoi cerchi massini (intersezioni di Sn con i piani per l’origine). Su ciascuna di esseogni punto e coniugato al suo antipodale con molteplicita (n − 1).

Sia p ∈ M. Per ogni v ∈ TpM indichiamo con γv la geodetica γv : t → expp(tv).

Definizione 19.22. Il luogo coniugato di p e l’insieme C(p) dei punti q di M taliche

(1) q = expp(vq) per qualche vq ∈ TpM;(2) esiste un campo di Jacobi J ∈J (γvq) con J(0) = 0, J(1) = 0;(3) Se J ∈J (γvq) \ 0 e J(0) = 0, allora J(t) , 0 se 0 < t < 1.

Esempio 19.14. Nel caso della sfera Sn = x ∈ Rn+1 | |x| = 1, abbiamo C(x) =

−x per ogni x ∈ Sn.

Proposizione 19.33. Sia γ : [0, a]→M una geodetica, con γ(0) = p ∈ M, γ(0) =

v ∈ TpM \ 0. Allora γ(t0), con t0 ∈ (0, a] e coniugato di p = γ(0) lungo γ se esoltanto se t0v = v0 e un punto singolare dell’applicazione expp, e la molteplicitadel punto coniugato γ(t0) e la dimensione del nucleo di (expp)∗(v0).

Page 379: Nacinovich - Geometria differenziale

12. VARIETA RIEMANNIANE CON CURVATURA NEGATIVA 379

Dimostrazione. Infatti i campi di Jacobi lungo γ che si annullano in 0 sonotutti e soli quelli della forma J(t) =

[(∂ expp(t(v + sw)))/∂s

]s=0

e il loro valore int0 e (expp)∗(v0)(t0w).

Proposizione 19.34. Sia γ : [a, b]→M una geodetica. Se a e b non sono coniugati,allora il problema al contorno:

(11.2)

D2 Jdt2 + R(γ, J)γ = 0J(a) = va , J(b) = vb

ammette un’unica soluzione per ogni coppia di vettori va ∈ Tγ(a)M e vb ∈ Tγ(b)M.

Dimostrazione. Definiamo l’applicazione lineare

θ : J (γ) 3 J→(J(a), J(b)) ∈ Tγ(a)M ⊕ Tγ(b)M.

Poiche a e b non sono coniugati, la θ e iniettiva e quindi anche surgettiva perche idue spazi vettoriali hanno la stessa dimensione finita 2n.

12. Varieta Riemanniane con curvatura negativa

Dimostriamo innanzi tutto un risultato che collega i campi di Jacobi alla cur-vatura sezionale.

Proposizione 19.35. Siano p ∈ M, v ∈ TpM, w ∈ Tv(TpM). Consideriamo lageodetica γ(t) = expp(tv) e sia J(t) il campo di Jacobi lungo γ definito da J(t) =

(expp)∗(tv)(tw). Allora valgono le formule:

‖J(t)‖2 = t2 ‖w‖2 −13

g(R(v,w)v,w) t4 + o(t4),(12.1)

‖J(t)‖ = t ‖w‖ −16

g(R(v,w)v,w)‖w‖

t3 + o(t4) , per t ≥ 0.(12.2)

In particolare, se ‖v‖ = 1, ‖w‖ = 1 e g(v,w) = 0, detto σ il piano generato da v ew, abbiamo

(12.3) ‖J(t)‖ = t −16

K(σ) t3 + o(t4) , per t ≥ 0,

ove K(σ) e la curvatura sezionale.

Dimostrazione. Consideriamo lo sviluppo di Taylor della funzione t → λ(t) =

g(J(t), J(t)). Poiche la derivata covariante del tensore della metrica e nulla, e ilcampo di Jacobi J(t) soddisfa le condizioni iniziali J(0) = 0, DJ(0)/dt = w,abbiamo:

λ(0) = g(J(0), J(0)) = 0λ(0) = 2g(J(0),DJ(0)/dt) = 0λ(0) = 2g(DJ(0)/dt,DJ(0)/dt) + 2g(J(0),D2J(0)/dt2) = ‖w‖2 .

Poiche D2J(0)/dt2 = −R(γ(0), J(0))γ(0) = 0, abbiamo poi...λ (0) = 6g(DJ(0)/dt,D2J(0)/dt2) + 2g(D3J(0)/dt3, J(0)) = 0.

Page 380: Nacinovich - Geometria differenziale

380 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

Per calcolare la derivata terza di J, osserviamo che

(D3/dt3)J(t) = −(D/dt)[R(γ(t), J(t))γ(t)].

Quindi, per ogni campo di vettori Z(t) lungo γ:

−g(...J (t),Z(t)) = g((D/dt)[R(γ(t), J(t))γ(t)],Z(t))

= (d/dt)g(R(γ(t), J(t))γ(t),Z(t)) − g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= (d/dt)g(R(γ(t),Z(t))γ(t), J(t)) − g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= g((D/dt)[R(γ(t),Z(t))γ(t)], J(t)) + g(R(γ(t),Z(t))γ(t), (D/dt)J(t))− g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t))

= g((D/dt)[R(γ(t),Z(t))γ(t)], J(t)) + g(R(γ(t), (D/dt)J(t))γ(t),Z(t))− g(R(γ(t), J(t))γ(t), (D/dt)Z(t)) .

Per t = 0 il primo e il terzo addendo nell’ultima riga si annullano ed otteniamopercio:

(D3/dt3)J(0) = −R(v,w)v .

Quindi....λ (0) =8g((D/dt)J(0), (D3/dt3)J(0))

+ 6g((D2/dt2)J(0), (D2/dt2)J(0))

+ 2g((D4/dt4)J(0), J(0))= − 8g(R(v,w)v,w).

Sostituendo nella formula del polinomio di Taylor, otteniamo la tesi della proposi-zione.

Osserviamo che la formula che abbiamo dimostrato esprime in forma infinite-sima il modo in cui la geodetica expp(t(v+ sw)) si discosta dalla geodetica expp(tv),rispetto ai raggi dello spazio tangente di cui sono immagine. Le geodetiche si av-vicinano, rispetto alle semirette nello spazio tangente, se la curvatura sezionale delpiano (v,w) e positiva, si allontanano se essa e negativa.

Definizione 19.23. Diciamo che una varieta Riemanniana (M, g) ha curvaturanegativa se K(α) ≤ 0 per ogni 2-piano α ⊂ TpM, per ogni p ∈ M.

Percio, se M ha curvatura (sezionale) negativa, per un campo di Jacobi Javremo:

(12.4) g(

D2Jdt2 , J

)= −g(R(γ, J)γ, J) = −R(γ, J, γ, J) ≤ 0.

Vale il seguente:

Page 381: Nacinovich - Geometria differenziale

12. VARIETA RIEMANNIANE CON CURVATURA NEGATIVA 381

Teorema 19.36. Supponiamo che M abbia curvatura sezionale negativa. Sia p ∈M e sia N0(p) un intorno stellato di 0 in TpM tale che expp : N0(p) → M abbiaJacobiano invertibile in ogni punto v ∈ N0(p). Allora, per ogni v ∈ N0(p) e perogni w ∈ TpM ' Tv(TpM) abbiamo:

(12.5) gexpp(v)(d expp(v)(w), d expp(v)(w)

)≥ gp(w,w).

In particolare, se γ0 : [a, b] → N0(p) ⊂ TpM e una curva di classe C 1 edexpp γ0 : [a, b]→ M la corrispondente curva nella varieta, allora

(12.6) `Tp M,gp(γ0) ≤ `M,g(expp γ0).

Dimostrazione. Osserviamo che, se J(t) e il campo di Jacobi lungo la geode-tica γ(t) = expp(tv) che soddisfa le condizioni iniziali J(0) = 0, J(0) = w, allora1t J(t) = d expp(tv)(w). Utilizzando la formula (12.1) otteniamo allora che, se lacurvatura sezionale K(〈v,w〉) del piano 〈v,w〉 e strettamente negativa,

d expp(tv)(w) = ‖w‖ −t2

6g(v,w, v,w)‖w‖

+ o(t3) < ‖w‖ per 0 < t < t0

se t0 > 0 e sufficientemente piccolo. Nel caso la curvatura sezionale dei piani〈d expp(tv)(v), d expp(tv)(w)〉 sia nulla lungo la geodetica, abbiamo D2J/dt2 = 0(basta osservare che sia d expp(tv)(v) che J(t) sono vettori tangenti alla sottovarietaexpp(〈v,w〉∩N0(p)) e questa uguaglianza implica che (1/t)J(t) si mantiene costantelungo la geodetica).

Per dimostrare la tesi, bastera suddividere una geodetica assegnata uscente dap in sottoarchi di geodetica ed applicare il ragionamento fatto sopra a ciasun sot-toarco. Se 0 = t0 < t1 < · · · < tm = 1 e una partizione opportuna di [0, 1],considereremo innanzi tutto il campo di Jacobi J1 lungo [0, t1] 3 t → expp(tv),con condizioni iniziali J1(0) = 0, J1(0) = w, e per ricorrenza il campo di JacobiJk lungo la geodetica [tk−1, tk] 3 t → expp(tv) con condizioni iniziali Jk(tk−1) = 0,Jk(tk−1) = (tk−1 − tk−2)−1Jk−1(tk−1). Avremo d expp(v)(w) = (1 − tm−1)−1Jm(1), equindi la tesi.

Corollario 19.37. Sia (M, g) una varieta Riemanniana a curvatura sezionale ne-gativa e sia B una palla convessa e semplice di M, in cui le geodetiche minimizzinole distanze tra le coppie di punti. Dato un triangolo in B, i cui lati sono geodeticheγa, γb, γc di lunghezze a, b, c, con angoli corrispondenti α, β, γ, valgono le :

a2 + b2 − 2ab cos γ ≤ c2(12.7)α + β + γ ≤ π .(12.8)

Dimostrazione. Per dimostrare la prima disuguaglianza, indichiamo con p0 ilpunto comune alle geodetiche a e b: per due vettori va, vb ∈ Tp0 M esse sono ilsupporto delle γa : [0, 1] 3 t → expp0

(tva) e γb : [0, 1] 3 t → expp0(tvb). Le

lunghezze di a e di b sono le lunghezze Euclidee, in (Tp0 M, gp0), dei segmenti[0, va] e [0, vb]. Per la proposizione precedente, la lunghezza c della geodetica γce maggiore o uguale della lunghezza Euclidea della curva exp−1

p0γc. Questa a sua

Page 382: Nacinovich - Geometria differenziale

382 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

volta e maggiore o uguale della lunghezza√

a2 + b2 − 2 cos γ del segmento [va, vb]di Tp0 M.

Per dimostrare l’ultima diseguaglianza, costruiamo il triangolo Euclideo conlati di lunghezze a, b, c e siano α′, β′, γ′ i suoi angoli interni, opposti rispettiva-mente ai lati a, b, c. Abbiamo allora a2 + b2 − 2abc cos γ′ = c2. Sottraendo questadalla diseguaglianza che abbiamo appena dimostrato, ricaviamo che cos γ′ ≤ cos γ.Poiche 0 < γ, γ′ < π, questa diseguaglianza equivale a γ ≤ γ′. Analogamenteotteniamo che α ≤ α′ e β ≤ β′, onde α + β + γ ≤ α′ + β′ + γ′ = π.

Teorema 19.38. Sia (M, g) una varieta Riemanniana a curvatura sezionale nega-tiva. Allora M non contiene coppie di punti coniugati.

Se (M, g) e una varieta Riemanniana connessa e completa in cui vi sia un punto

p0 ∈ M che non ha punti coniugati, allora Tp0

expp0−−−−→ M e un rivestimento di M. In

particolare, se M e semplicemente connesso, Tp0

expp0−−−−→ M e un diffeomorfismo.

Dimostrazione. La prima affermazione e conseguenza del fatto che, per uncampo di Jacobi J lungo una geodetica expp(tv), che si annulli in p, la lunghezzat−1‖J(t)‖ e una funzione crescente di t > 0.

Per dimostrare la seconda affermazione, osserviamo che il pull-back g∗ dellametrica g su Tp0 M definisce su Tp0 M una metrica Riemanniana completa, perchele rette passanti per l’origine in Tp0 M sono geodetiche infinite di (Tp0 M, g∗). L’ ap-

plicazione Tp0

expp0−−−−→ M e quindi un’isometria. Il fatto che M sia completa ci dice

che l’immagine di Tp0

expp0−−−−→ M e aperta e chiusa e quindi coincide con M ed e un

rivestimento perche una palla semplice convessa minimizzante di M e certamenteun aperto di trivializzazione.

Teorema 19.39. Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa e completa, concurvatura sezionale negativa. Sia G un gruppo topologico compatto e localmentecompatto, che agisce su M come un gruppo di isometrie. Allora G ha almeno unpunto fisso in M.

Dimostrazione. Sia λ la misura di Haar su G, normalizzata in modo che∫

G dλ =

1. Sia d la distanza su M associata alla metrica Riemanniana g. Fissato un puntop ∈ M, definiamo per ogni q ∈ M la funzione

Ψ(q) =

∫G|d(q, k · p)|2dλ(k) .

Poiche l’orbita G · p e compatta, possiamo trovare r > 0 tale che Ψ(q) > Ψ(p)se d(p, q) > r. Poiche la palla chiusa B(p, r) = q ∈ M | d(p, q) ≤ r e compatta,contiene un punto q0 per cui Ψ(q0) sia un minimo di Ψ in B(p, r) e quindi in M.Abbiamo Ψ(k · q0) = Ψ(q0) per ogni k ∈ G e quindi, per dimostrare che q0 e puntofisso di G, bastera verificare che Ψ(q) > Ψ(q0) se q , q0.

Dal teorema del coseno abbiamo :

(∗) |d(q, k · p)|2 ≥ |d(q0, k · p)|2 + |d(q, q0)|2 − 2d(q, k · p)d(q, q0) cosα(k)

Page 383: Nacinovich - Geometria differenziale

13. VARIETA TOTALMENTE GEODETICHE 383

dove α(k) e l’angolo tra le geodetiche che congiungono q0 a q e q0 a kp. D’altraparte, poiche q0 e un minimo per Ψ(t), abbiamo, indicando con [0, 1] 3 t → qt ∈ Mla geodetica che congiunge q0 a q :

ddt

∫G|d(qt, k · p)|2dλ(k)

∣∣∣∣∣t=0

= 0.

Osserviamo che, per k ∈ G fissato,ddt|d(qt, k · p)|(0) = −2d(q0, q) · d(q0, kp) cosα(k) .

Quindi, differenziando sotto il segno d’integrale, otteniamo :∫G

d(q0, q) · d(q0, kp) cosα(k)dλ(k) = 0 .

Integrando i due membri della (∗) otteniamo allora :

Ψ(q) ≥ Ψ(q0) + |d(q, q0)|2 .

Cio dimostra che q0 e punto fisso di G.

13. Varieta totalmente geodetiche

Sia M una varieta differenziabile, S una sua sottovarieta. Un’applicazionecontinua φ : N → S , per cui N 3 p → φ(p) ∈ M sia differenziabile, e anchedifferenziabile come applicazione a valori in S .

Se (M, g) e una varieta Riemanniana, possiamo considerare su S la struttu-ra Riemanniana definita dalla restrizione h della metrica g. Le geodetiche di Mcontenute in S sono anche geodetiche di S . In generale non e vero il viceversa.

Definizione 19.24. Diciamo che una sottovarieta S di M e geodetica in p se con-tiene tutte le geodetiche di M tangenti ad S in p. Diciamo che S e totalmentegeodetica se e geodetica in ogni suo punto.

Le sottovarieta geodetiche 1-dimensionali sono le geodetiche massimali di M.

Proposizione 19.40. Sia S una sottovarieta di M, geodetica in un punto p ∈ M.Se M e completa, allora anche S e completa.

Proposizione 19.41. Se la sottovarieta S di M e totalmente geodetica, alloral’inclusione S → M e un’isometria locale.

Teorema 19.42. Sia (M, g) una varieta Riemanniana ed S una sua sottovarieta,completa per la restrizione della metrica g. Se il trasporto parallelo in M lungole curve di S trasforma vettori tangenti ad S in vettori tangenti ad S , allora S etotalmente geodetica. Viceversa, se S e totalmente geodetica, il trasporto paralleloin M lungo le curve di S trasforma vettori tangenti ad S in vettori tangenti ad S .

Dimostrazione. Poiche abbiamo supposto S completa, la dimostrazione si ri-duce a considerare la situazione locale. Bastera allora verificare che, se si scelgonocoordinate locali x1, . . . , xn tali che x1, . . . , xm siano coordinate locali su S , allora isimboli di Christoffel della connessione di Levi-Civita su S si ottengono da quelli

Page 384: Nacinovich - Geometria differenziale

384 19. PRIMI ELEMENTI DI GEOMETRIA RIEMANNIANA

della connessione di Levi-Civita su M per restrizione del dominio di definizionedegli indici.

Teorema 19.43. Sia (M, g) una varieta Riemanniana connessa, semplicementeconnessa, completa, con curvatura sezionale negativa. Sia S una sua sottovarietatotalmente geodetica. Per ogni p ∈ S , le geodetiche uscenti da p e perpendicolariad S formano una sottovarieta S ⊥p ed M e unione disgiunta delle sottovarieta S ⊥pal variare di p in S .

Dimostrazione. Abbiamo, per ogni p ∈ S ,

S = expp(TpS ), S ⊥p = expp(T⊥p S ) .

Poiche expp : TpM → M e un diffeomorfismo, S ⊥p e una sottovarieta.Se q ∈ M, poiche S e chiusa, vi e un punto p ∈ S che realizza la minima

distanza di q da S e q ∈ S ⊥p . Tale punto p e unico, perche se ci fosse un altro puntop′ che realizza la minima distanza, le geodetiche da q a p e a p′ formerebberoangoli di π/2 con il segmento di geodetica di S che congiunge p a p′ e ci sarebbequindi un triangolo geodetico con somma degli angoli interni > π.

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CAPITOLO 20

Metriche di Einstein

1. Proprieta del tensore di curvatura

Sia (M, g) una varieta pseudo-Riemanniana di dimensione reale m. Sia Dla differenziazione covariante su M associata alla connessione di Levi-Civita edindichiamo con R la sua curvatura. Ricordiamo che

T (X,Y) = DXY − DY X − [X,Y] = 0, R(X,Y)Z = DXDYZ − DY DXZ − D[X,Y]Z.

Le principali proprieta della curvatura sono:(1) R e un tensore di tipo (3, 1).(2) R e antisimmetrico rispetto ai suoi primi due argomenti:

R(Y, X) = −R(X,Y).

(3) R(X,Y) definisce una trasformazione g-antisimmetrica:

g(R(X,Y)Z,U) + g(R(X,Y)U,Z) = 0.

(4) Vale l’identita differenziale di Bianchi:

(DR)(X,Y,Z) + (DR)(Y,Z, X) + (DR)(Z, X,Y) = 0.

Utilizzando il tensore della metrica g possiamo considerare la curvatura anchecome un tensore di tipo (4, 0), ponendo

R(X,Y,Z,U) = g(R(X,Y)Z,U).

Per le simmetrie del tensore di curvatura, esso definisce un’applicazione

R : Λ2M −→ Λ2M,

che sui tensori alternati di rango due si puo scrivere mediante

g(R(X ∧ Y),Z ∧ U) = R(X,Y,Z,U) = g(R(X,Y)Z,U).

Definizione 20.1. Se σ e un due-piano anisotropo di TpM, la curvatura sezionalein σ e data da

K(σ) =R(X,Y, X,Y)

g(X, X)g(Y,Y) − [g(X,Y)]2 , se X,Y ∈ σ, X ∧ Y , 0.

Teorema 20.1 (F.Schur). Se m ≥ 3 e, per ogni p ∈ M la curvatura sezionale deidue piani in TpM e costante, allora (M, g) ha curvatura costante.

Definizione 20.2. La curvatura di Ricci di (M, g) e il tensore di tipo (2, 0)

r(X,Y) = tr (Z → R(X,Z)Y).

385

Page 386: Nacinovich - Geometria differenziale

386 20. METRICHE DI EINSTEIN

Se Z1, . . . ,Zm e una base ortonormale per g in un punto p ∈ M, se cioe

g(Zi,Z j) = εiδi, j, con ε2i = 1,

allorar(X,Y)(p) =

∑m

i=1εiR(X,Zi,Y,Zi).

Il tensore di Ricci puo essere anche considerato come un tensore di tipo (1, 1),Ric : T M → T M, mediante:

r(X,Y) = g(Ric (X),Y).

Osservazione 20.2. Il tensore di Ricci e simmetrico: abbiamo cioe r(X,Y) =

r(Y, X), ovvero g(Ric (X),Y) = g(X,Ric (Y)).

Page 387: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 21

Metriche invarianti

1. Metriche pseudo-Riemanniane su spazi omogenei

Siano K un gruppo di Lie connesso, H un suo sottogruppo chiuso, M = K/H.Supponiamo che K operi effettivamente su M. Indicheremo con o il punto base diM, corrispondente ad H, ed identificheremo ToM al quoziente k/h delle algebre diLie k di K ed h di H.

Indichiamo con Ad(h) la rappresentazione aggiunta di H sul quoziente k/h, econ X l’elemento di k/h corrispondente ad X ∈ k.

Proposizione 21.1. Vi e una corrispondenza biunivoca tra le metriche pseudo-Riemanniane g, K-invarianti su M e le forme bilineari simmetriche non degenerib su k/h, invarianti rispetto ad Ad(H), data da

(1.1) go(X†,Y†) = b(X, Y), ∀X,Y ∈ k.

La g e definita positiva se e soltanto se lo e la b.

Dimostrazione. La condizione necessaria e sufficiente affinche g sia una me-trica pseudo-Riemanniana K-invariante e che, per ogni a ∈ K, risulti

gπ(a)(a∗X†, a∗Y†) = go(X†,Y†), ∀X,Y ∈ k.

Se b ∈ K e π(b) = π(a), allora a−1b = h ∈ H ed abbiamo allora

go(X†,Y†) = gπ(b)(b∗X†, b∗Y†) = gπ(a)(b∗X†, b∗Y†)

= go(a−1∗ b∗X†, a−1

∗ b∗Y†) = go(h∗X†, h∗Y†).

Questo dimostra che possiamo definire una forma bilineare Ad(H)-invariante po-nendo:

b(X, Y) = go(X†,Y†).

Vice versa, poiche h∗X† = (Ad(h)(X))† per ogni X ∈ k, la (1.1) definisce unametrica K-invariante, purche la b sia Ad(H)-invariante.

Corollario 21.2. Supponiamo che M sia riduttiva, con decomposizione

k = h ⊕m, Ad(H)(m) = m.

Allora la

(1.2) go(X†,Y†) = b(X,Y), ∀X,Y ∈ m

387

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388 21. METRICHE INVARIANTI

definisce una corrispondenza biunivoca tra le metriche pseudo-Riemanniane g, K-invarianti su M, e le forme bilineari simmetriche non degeneri Ad(H)-invariantisu m. Abbiamo

(1.3) b([Z, X],Y) + b(X, [Z,Y]) = 0, ∀X,Y ∈ m, ∀Z ∈ h,

e la condizione (1.3) e equivalente all’invarianza di b rispetto ad Ad(H) se H econnesso.

2. La connessione di Levi-Civita sugli spazi omogenei

Ricordiamo che, data una connessione affine Γ su M, possiamo associare adogni X ∈ X(M) il tensore 1-covariante ed 1-controvariante AX , definito da

(2.1) AXY = [X,Y] − ∇XY = −∇Y X − T (X,Y), ∀Y ∈ X(M).

Lemma 21.3. Se g e una metrica pseudo-Riemanniana K-invariante su M = K/H,allora per ogni X ∈ k, il tensore AX† e g-antisimmetrico.

Dimostrazione. Per ogni X ∈ k, il gruppo a un parametro exp(tX) definisce ungruppo a un parametro di isometrie di (M, g). Quindi la derivata di Lie LX†g dellametrica e nulla. Otteniamo quindi, per ogni Y,Z ∈ X(M):

X†g(Y,Z) = (LX†g)(Y,Z) + g([X†,Y],Z) + g(Y, [X†,Z])

= g([X†,Y],Z) + g(Y, [X†,Z]).

D’altra parte, vale anche la

X†g(Y,Z) = (∇X†g)(Y,Z) + g(∇X†Y,Z) + g(Y,∇X†Z)= g(∇X†Y,Z) + g(Y,∇X†Z).

Sottraendo membro a membro otteniamo

(2.2) g(AX†Y,Z) + g(Y, AX†Z) = 0, ∀Y,Z ∈ X(M),

ed il Lemma e dimostrato.

Teorema 21.4. Supponiamo che M sia riduttiva, con decomposizione

(2.3) k = h ⊕m, Ad(H)(m) = m.

Se g e la metrica pseudo-Riemanniana K-invariante su M, associata alla formabilineare simmetrica Ad(H)-invariante b, allora la sua connessione di Levi-Civitae definita da

(2.4) Λm(X)(Y) = 12 [X,Y]m + β(X,Y), ∀X,Y ∈ m,

ove β e la forma bilineare simmetrica definita da

(2.5) 2b(β(X,Y),Z) = b(X, [Z,Y]m) + b([Z, X]m,Y), ∀X,Y,Z ∈ m.

In particolare, la connessione di Levi-Civita coincide con la connessione naturalepriva di torsione se e soltanto se il secondo membro della (2.5) e uguale a 0 perogni X,Y,Z ∈ m.

Page 389: Nacinovich - Geometria differenziale

2. LA CONNESSIONE DI LEVI-CIVITA SUGLI SPAZI OMOGENEI 389

Dimostrazione. Ricordiamo che Λm(X) = −AX†oper ogni X ∈ m, e quindi

Λm(X) e antisimmetrica per ogni X ∈ m. Per la (??) del Teorema ?? del Capitolo 18abbiamo

Λm(X)Y − Λm(Y)X = [X,Y]m, ∀X,Y ∈ m.Quindi

β(X,Y) − β(Y, X) = [X,Y]m − (Λm(X)Y − Λm(Y)X) = 0e dunque β e simmetrica e soddisfa

b(β(X,Y),Z) + b(Y, β(X,Z)) = 12(b([Y, X]m,Z) + b(Y, [Z, X]m).

Da questa, dalle uguaglianze che da questa si ottengono mediante le permutazionicicliche di X,Y,Z e dalla simmetria di β ricaviamo finalmente la (2.5).

Definizione 21.1. Uno spazio omogeneo riduttivo M = K/H, con (2.3) ed unametrica pseudo-Riemanniana associata ad una forma bilineare simmetrica non de-genere b su m si dice naturalmente riduttivo se

(2.6) b(X, [Z,Y]m) + b([Z, X]m,Y) = 0, ∀X,Y,Z ∈ m.

Proposizione 21.5. Supponiamo che M sia naturalmente riduttivo, con una metri-ca pseudo-Riemanniana invariante associata alla forma bilineare b. Allora la suacurvatura soddisfa

go(R(X†,Y†)Y†, X†) = 14 b([X,Y]m, [X,Y]m) − b([[X,Y]h,Y], X],(2.7)

∀X,Y ∈ m.

Dimostrazione. Abbiamo infatti

Ro(X,Y)Z = 14 [X, [Y,Z]m]m − 1

4 [Y, [X,Z]m]m

− 12 [[X,Y]m,Z]m − [[X,Y]h,Z],

∀X,Y,Z ∈ m.

La tesi segue allora dal Teorema 21.4.

Un caso importante in cui si applicano i risultati precedenti e il seguente:

Teorema 21.6. Sia M = K/H e supponiamo che vi sia una forma bilineare sim-metrica non degenere Ad(K)-invariante κ su k la cui restrizione ad h sia nondegenere.

Poniamo

(2.8) m = X ∈ k | κ(X,Y) = 0, ∀Y ∈ h.

Allora vale la decomposizione (2.3) ed inoltre la

(2.9) b(X,Y) = κ(X,Y), ∀X,Y ∈ m,

e una forma bilineare simmetrica non degenere ed Ad(H)-invariante su m.Rispetto a questa decomposizione e alla metrica pseudo-Riemanniana K-invariante

associata a questa scelta di b lo spazio omogeneo M e naturalmente riduttivo.Il tensore di curvatura rispetto a questa metrica soddisfa

go(R(X†,Y†)Y†, X†) = 14κ([X,Y]m, [X,Y]m) + κ([X,Y]h, [X,Y]h),(2.10)

Page 390: Nacinovich - Geometria differenziale

390 21. METRICHE INVARIANTI

∀X,Y ∈ m.

Osservazione 21.7. Se possiamo scegliere la κ definita positiva, allora la metri-ca g definita nel teorema precedente e Riemanniana, con curvatura sezionale nonnegativa.

Esempio 21.1. Supponiamo che K ammetta una forma bilineare simmetrica Ad(K)-invariante e definita positiva e poniamo H = e. Allora la connessione di Levi-Civita associata alla metrica descritta nel teorema precedente coincide con la 0-connessione ed ha curvatura Re(~X, ~Y) = −1

4 ad([X,Y]).

Page 391: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 22

Spazi simmetrici

1. Spazi affini localmente simmetrici

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m, con una connessione affinedefinita dalla derivazione covariante ∇. Fissiamo un punto p di M ed intorni V0(p)di 0 in TpM, ed Up di p in M tali che l’esponenziale in p sia definito su V0(p)e sia un diffeomorfismo di V0(p) su Up. Ricordiamo che l’esponenziale expp :V0(p)→Up e definito da expp(X) = φp,X(1), se φp,X(t) e la geodetica di puntoiniziale p e velocita iniziale X ∈ TpM. Possiamo supporre che V0(p) sia simmetricorispetto all’origine e definire quindi la simmetria geodetica rispetto al punto pmediante la corrispondenza :

(1.1) Up 3 q = expp(X)sp

−−−−−→ q′ = expp(−X) ∈ Up.

Osserviamo che sp e un diffeomorfismo di Up, con dsp(p) = −I (I e qui l’identitasu TpM) ed s2

p = sp sp = idUp .

Definizione 22.1. Diciamo che (M,∇) e una varieta affine localmente simmetricase per ogni punto p di M esiste un intorno aperto Up di p in M su cui la simmetriaaffine sia definita e sia una trasformazione affine.

Ricordiamo brevemente la definizione di trasformazione affine. Consideriamo in primo luogoil concetto di trasporto parallelo. Se (M,∇) e uno spazio affine ed α : [0, 1]→M, con α(0) = p0 eα(1) = p1, una curva differenziabile, per ogni vettore X0 ∈ Tp0 M indichiamo con [α]∗(X0) il vettoreX1 ∈ Tp1 M, definito dal valore X1 = X(1) del campo di vettori [0, 1] 3 t→X(t) ∈ T M lungo α,con valore iniziale X(0) = X0, definito dal problema di Cauchy per il sistema lineare di equazionidifferenziali ordinarie:

DX(t)dt

= ∇α(t)X(t) = 0,

X(0) = X0 .

Se ora (N,∇′) e un’altra varieta affine, un’applicazione differenziabile f : M→N si dice affine sepreserva il trasporto parallelo, se cioe, per ogni coppia di punti p0, p1 di M che siano estremi di uncammino differenziabile α : [0, 1]→M, per ogni X0 ∈ Tp0 M risulta:

d f (p1)([α]∗(X0)) = [ f α]∗(d f (p0)(X0)) .

Se f : M→N e un diffeomorfismo, esso definisce un’applicazione bigettiva X(M) 3 X→ f∗(X) ∈X(N). In questo caso, la f e una trasformazione affine se e soltanto se preserva la derivazione co-variante, cioe se e soltanto se f∗ (∇XY) = ∇′f∗(X) f∗(Y) per ogni coppia X,Y di campi di vettori diM.

Teorema 22.1. Uno spazio affine (M,∇) e localmente simmetrico se e soltanto seil suo tensore di torsione T e il suo tensore di curvatura R soddisfano le equazioni:

(1.2) T = 0, ∇XR = 0 ∀X ∈ X(M).

391

Page 392: Nacinovich - Geometria differenziale

392 22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostrazione. Supponiamo che (M,∇) sia localmente simmetrica. In parti-colare, per ogni punto p ∈ M, il differenziale in p della simmetria rispetto al puntop e il differenziale di un’affinita. Preserva quindi torsione e curvatura. Ricordiamoche la torsione T e definita da : T (X,Y) = ∇XY−∇Y X−[X,Y] per ogni X,Y ∈ X(M).In un qualsiasi punto p avremo, applicando il differenziale dsp = −I :

T (Xp,Yp) = −(T (−Xp,−Yp)) = −T (Xp,Yp)

e quindi T (Xp,Yp) = 0 per ogni X,Y ∈ X(M) ed ogni p ∈ M. Cio dimostra che latorsione e nulla. Analogamente, se X,Y,Z,T ∈ X(M) e p ∈ M, otteniamo :

[(∇XR)(Y,Z)T ]p = − [(∇−XR)(−Y,−Z)(−T )]p = − [(∇XR)(Y,Z)T ]p

e quindi anche ∇XR = 0.

Per concludere la dimostrazione, proveremo piu in generale il :

Lemma 22.2. Siano (M,∇) ed (M′,∇′) due spazi affini. Supponiamo che, dette Ted R torsione e curvatura di (M,∇) e T ′ ed R′ quelle di (M′,∇′), risulti :

∇XT = 0, ∇X′T ′ = 0, ∇XR = 0 , ∇′X′R′ = 0 ∀X ∈ X(M), ∀X′ ∈ X(N) .

Siano p ∈ M, q ∈ N due punti per cui esista un isomorfismo lineare L : TpM→TqNtale che:

L(T (v1, v2)) = T ′(L(v1), L(v2)) ,L(R(v1, v2)v3) = R′(L(v1), L(v2))L(v3)∀v1, v2, v3 ∈ TpM .

Allora esistono intorni aperti Up di p in M, Wq di q in N ed un diffeomorfismo affinef : Up→Uq con d f (p) = L. Tale f e essenzialmente unica, e cioe univocamentedeterminata da L nella componente connessa di p dell’intorno aperto di p in M sucui e definita.

Dimostrazione. Sia Up = expp(V0(p)) un intorno normale di p in M. SianoX1, . . . , Xm campi di vettori in Up ottenuti mediante il trasporto parallelo, lungo legeodetiche uscenti da p, di una base X1(p), . . . , Xm(p) di TpM. L’ipotesi che cur-vatura e torsione abbiano differenziale covariante nullo ci dice che le componentidella torsione T e della curvatura R, calcolate rispetto ai campi X1, . . . , Xm, sonocostanti in Up.

Siano ora X′1, . . . , X′m i campi di vettori, definiti in un intorno normale U′p′ =

expp′(V′0(p′)), paralleli lungo le geodetiche uscenti da p′, con X′j(p′) = L(X j(p)).

Per l’ipotesi che torsione e curvatura abbiano differenziale covariante nullo, lecomponenti della torsione T ′ e della curvatura R′, calcolate rispetto ai campi X′1, . . . , X

′m,

sono costanti. Poiche tali componenti coincidono con quelle di T e di R in p′,esse coincidono, essendo costanti, su tutto U′p′ . Siano Φp e Φp′ le applicazioniΦp(t1, . . . , tm) = expp(t1X1(p) + . . . + tmXm(p)) e Φp′(t1, . . . , tm) = expp(t1X′1(p) +

. . . + tmX′m(p)). A meno di restringere gli intorni normali Up e U′p′ , posto A =

∑m

i=1 t2i < r2 ⊂ Rm, l’affinita locale cercata si puo definire mediante il diagramma

Page 393: Nacinovich - Geometria differenziale

1. SPAZI AFFINI LOCALMENTE SIMMETRICI 393

commutativo :

AΦp //

Φp′

Up>>

f~~

U′p′

Il fatto che la f cosı costruita sia un’affinita, segue dall’unicita della soluzione delleequazioni di struttura1.

Definizione 22.2. Diciamo che una varieta Riemanniana (M, g) e localmente sim-metrica se ogni punto p di M ammette un intorno normale in cui la simmetriageodetica (rispetto alla connessione di Levi-Civita) sia un’isometria locale.

Teorema 22.3. Una varieta Riemanniana (M, g) e localmente simmetrica se esoltanto se la sua curvatura sezionale e invariante rispetto al trasporto parallelo.

Dimostrazione. Se (M, g) e localmente simmetrica, allora il suo tensore di cur-vatura, e quindi a maggior ragione la sua curvatura sezionale, e invariante pertrasporto parallelo. Il viceversa segue dalle proprieta algebriche del tensore dicurvatura: se sp e la simmetria geodetica rispetto al punto p, consideriamo il ten-sore B(X,Y,Z,T ) = R(X,Y,Z,T ) − R(sp(X), sp(Y), sp(Z), sp(T )), definito quandoX,Y,Z,T ∈ X(Up) per un intorno normale simmetrico Up di p ∈ M. Esso e anti-simmetrico rispetto alla prima e alla seconda coppia di indici e simmetrico per loscambio della prima con la seconda coppia di indici. Quindi esso si annulla identi-camente perche, per l’ipotesi dell’invarianza rispetto alla simmetria geodetica dellacurvatura sezionale, abbiamo B(X,Y, X,Y) = 0 per ogni X,Y ∈ X(Up). Da questosi deduce l’invarianza di R rispetto al trasporto parallelo. Resta da verificare chele simmetrie geodetiche di una varieta Riemanniana, quando siano trasformazioniaffini, sono anche isometrie. Questo e il contenuto del lemma seguente.

Lemma 22.4. lemSia (M, g) una varieta Riemanniana connessa e sia φ : M→Mun’affinita per la connessione di Levi-Civita. Se, per un punto p0 di M, il differen-ziale dφ(p0) : Tp0 M→Tφ(p0)M e un’isometria di spazi Euclidei, allora φ : M→Me un’isometria.

Dimostrazione. Sia q un qualsiasi punto di M e sia γ : [0, 1]→M una curvadifferenziabile con γ(0) = q, γ(1) = p0. Sia τ : TqM→Tp0 M il trasporto parallelolungo la curva γ. Se X,Y ∈ Tp0 M, abbiamo :

gq(X,Y) = gp0(τ(X), τ(Y))

1Ricordiamo che le equazioni di struttura sono le :dωi = −ωih ∧ ω

h + 12 T i

j,hωi ∧ ωh

dωij = −ωi

h ∧ ωhj + 1

2 Rij,h,kω

h ∧ ωk

con ∇Xi X j = Γhi, jXh, T (Xi, X j) = T h

i, jXh, R(Xh, Xk)X j = Rij,h,kXi, ωi(X j) = δi

j, ωij = Γi

h, jωh. Le forme ωi

ci consentono di calcolare le coordinate normali nell’intorno del punto p, quando i campi di vettoriXi siano scelti come nella dimostrazione del lemma.

Page 394: Nacinovich - Geometria differenziale

394 22. SPAZI SIMMETRICI

perche il trasporto parallelo preserva il prodotto scalare,

= gφ(p0)(dφ(p0)(τ(X)), dφ(p0)(τ(Y)))

per l’ipotesi che dφ(p0) sia un’isometria,

= gφ(q)(dφ(q)(X), dφ(q)(Y))

perche, essendo una trasformazione affine, la dφ commuta con l’operazione di tra-sporto parallelo, trasporta cioe vettori paralleli lungo la curva γ in vettori parallelilungo la curva φ γ.

2. Alcuni risultati sui gruppi di trasformazioni

Premettiamo allo studio del gruppo O(M, g) delle isometrie di una varieta Rie-manniana (M, g) alcuni risultati generali sui gruppi di trasformazioni di una varietadifferenziabile. Vale il :

Teorema 22.5. Sia M una varieta differenziabile numerabile all’infinito e sia G unsottogruppo del gruppo dei diffeomorfismi di M in se. Sia G ⊂ X(M) l’insieme ditutti i campi di vettori X di M che generano gruppi a un parametro di trasformazio-ni di G. Se la sottoalgebra di Lie reale di X(M) generata daG ha dimensione finita,allora G e un’algebra di Lie e possiamo definire su G una struttura di gruppo diLie di trasformazioni di M, con algebra di Lie (isomorfa a) G.

Dimostrazione. Indichiamo con R 3 t→ exp(tX) ∈ G il gruppo a un parametrodi diffeomorfismi generato da X ∈ G. Sia L(G) l’algebra di Lie generata da Ged indichiamo con G il gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso conalgebra di Lie L(G). Per ogni X ∈ L(G) possiamo considerare il gruppo locale aun parametro da esso generato : vi e un intorno aperto VX di (0 × M) in (R × M),in cui e definita un’applicazione differenziabile, che indicheremo con :

VX 3 (t, p)→etX(p) ∈ M ,

tale che :

(d/dt)[etX(p)

]= XetX(p) per ogni (t, p) ∈ UX .

Osserviamo che possiamo scegliere VX = (R × M), e risulta etX = exp(tX), seX ∈ G ⊂ L(G).

Poiche abbiamo supposto che L(G) sia un’algebra di Lie di dimensione finita,possiamo trovare un intorno aperto U di (e × M) in

(G × M

)tale che, se (g, p) ∈

U , allora vi sono X ∈ L(G) e t ∈ R tali che (t, p) ∈ VX e g = exp(tX). (Indichiamoqui con exp : L(G)→G l’esponenziale, definito sull’algebra di Lie L(G), a valorinel gruppo di Lie G .)

Per dimostrare quest’affermazione, consideriamo un ricoprimento aperto lo-calmente finito Ui di M mediante aperti relativamente compatti e un suo raffi-namento U′i . Introduciamo poi una norma sullo spazio vettoriale di dimensionefinita L(G). Per i teoremi di esistenza, unicita e dipendenza continua dai parametri,

Page 395: Nacinovich - Geometria differenziale

2. ALCUNI RISULTATI SUI GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 395

potremo allora determinare numeri reali positivi εi tali che il problema di Cauchyper il sistema di equazioni differenziali ordinarie :

(∗)

X ∈ L(G) , p ∈ U′i , φ(t, p, X) ∈ Uidφ(t, p, X)

dt= Xφ(t,p,X)

φ(0, p, X) = p

abbia una ed una sola soluzione, definita per |t| < εi, se ‖X‖ ≤ 1 . Potremo alloraconsiderare U =

⋃i

(exp(X) | ‖X‖ < εi × U′i

).

Risulta allora definita un’azione locale di G su M, dalla :

U 3 (exp(tX), p)→etX(p) ∈ M .

Osserviamo che quest’applicazione e ben definita per l’unicita della soluzione di(∗).

Per completare la dimostrazione, proviamo ora alcuni lemmi.

Lemma 22.6. Siano X,Y ∈ G. Allora Z = Ad(exp(X))(Y) ∈ G.

Dimostrazione. Abbiamo

etZ(p) = eX etY e−X(p) = exp(X) exp(tY) exp(−X)(p)

e quindi t→etZ e un gruppo a un parametro di trasformazioni di G e Z ∈ G.

Lemma 22.7. G genera L(G) come spazio vettoriale su R.

Dimostrazione. Indichiamo con V il sottospazio vettoriale di L(G) generato daG. Per il lemma precedente, abbiamo Ad(exp(G))(G) ⊂ G e quindi, per linerarita,abbiamo anche Ad(exp(G))(V) ⊂ V . Poiche G genera L(G), anche exp(G) generaG. Poiche l’insieme degli elementi g ∈ G per cui Ad(g)(V) ⊂ V e un sottogruppodi G, ne segue che Ad(G)(V) ⊂ V . Otteniamo in particolare che Ad(exp(V))(V) ⊂V , che ci da, differenziando, [V,V] ⊂ V . Quindi V e un’algebra di Lie e perciocoincide con L(G).

Lemma 22.8. L(G) = G.

Dimostrazione. Siano X1, . . . , Xn ∈ G una base di L(G) come spazio vettoria-le. Allora l’applicazione :

t1X1 + · · · + tnXn→ exp(t1X1) · · · exp(tnXn)

e un diffeomorfismo di un intorno V0 di 0 in L(G) su un intorno We dell’identita edi G. Quindi, se Y ∈ L(G), possiamo trovare un ε > 0 e funzioni ai : (−ε, ε)→Rtali che

∑ni=1 ai(t)Xi ∈ V0 e

exp(tY) = exp(a1(t)X1) · · · exp(an(t)Xn) se |t| < ε .

Questa uguaglianza ci da la :

etY = exp(a1(t)X1) · · · exp(an(t)Xn) se |t| < ε .

Definendo etY =(e(t/N)Y

)Nse |t| < Nε, otteniamo che Y ∈ G. Questo completa la

dimostrazione del lemma.

Page 396: Nacinovich - Geometria differenziale

396 22. SPAZI SIMMETRICI

Sia ora G∗ il gruppo di diffeomorfismi di M generato da exp(G). Poiche G∗ egenerato dai sottogruppi a un parametro contenuti in G, abbiamo G∗ ⊂ G. Poicheper ogni g ∈ G ed ogni sottogruppo a un parametro R 3 t→at ∈ G anche R 3t→ad(g)(at) ∈ G e ancora un sottogruppo a un parametro di G, il sottogruppo G∗ enormale in G. Inoltre, l’applicazione ad(g) : G∗→G∗ e continua2 per la topologiadi gruppo di Lie di G∗, perche trasforma sottogruppi a un parametro in sottogruppia un parametro.

Dimostriamo ora il :

Lemma 22.9. Sia G∗ un sottogruppo normale di un gruppo G. Se G∗ e un gruppotopologico e le applicazioni ad(g) : G∗→G∗ sono continue per ogni g ∈ G, alloravi e un’unica topologia di gruppo topologico su G per cui G∗ sia aperto in G.

Dimostrazione. Definiamo su G la topologia meno fine per cui sono aperti tuttigli insiemi Lg(A) con A aperto di G∗. Si verifica facilmente che questa topologia el’unica con le proprieta richieste nell’enunciato del lemma.

Osservazione 22.10. In generale la topologia su G e piu fine della topologiacompatta-aperta. Inoltre, non e detto che le componenti connesse di G, con latopologia che abbiamo definito, formino un insieme di cardinalita al piu numera-bile. Possiamo ad esempio considerare l’azione sul gruppo additivo R, che identi-fichiamo alla varieta M, di un qualsiasi suo sottogruppo G totalmente sconnesso:in questo caso G = 0 e la costruzione che abbiamo fatto di da su G la topologiadiscreta.

Ricordiamo che un parallelismo assoluto su una varieta differenziabile M euna sezione σ ∈ C∞(M,F(M)) del fibrato dei suoi sistemi di riferimento. In modoequivalente, e il dato di m campi di vettori X1, . . . , Xm che definiscono in ognipunto p ∈ M una base (X1(p), . . . , Xm(p)) di TpM. Un diffeomorfismo f : M→Mdefinisce un diffeomorfismo di fibrati principali f : F(M)→F(M).

Definizione 22.3. Se (M, σ) e la coppia formata da una varieta differenziabile M eda un parallelismo assoluto σ assegnato su M, chiameremo automorfismi di (M, σ)i diffeomorfismi f : M→M tali che f σ = σ f .

Gli automorfismi di (M, σ) formano un gruppo, che denoteremo AutAutAut(M, σ).

Teorema 22.11. Sia (M, σ) la coppia formata da una varieta differenziabile con-nessa M numerabile all’infinito e da un parallelismo assoluto σ su M. AlloraAutAutAut(M, σ) e un gruppo di Lie di trasformazioni con dimRAutAutAut(M, σ) ≤ dimRM.Piu precisamente, per ogni p ∈ M, l’applicazione

(∗) AutAutAut(M, σ) 3 g→g(p) ∈ M

e iniettiva e la sua immagine e una sottovarieta chiusa di M. Vi e un’unica strutturadi gruppo di Lie su AutAutAut(M, σ) per cui la (∗) sia un diffeomorfismo.

2 Un teorema di Chevalley ([Theory of Lie groups. Princeton Univ. Press, 1946], p.128) ci diceche, se G e G′ sono due gruppi di Lie, un omomorfismo algebrico φ : G→G′ e un omomorfismo digruppi di Lie se e soltanto se trasforma sottogruppi a un parametro di G in sottogruppi a un parametrodi G′.

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2. ALCUNI RISULTATI SUI GRUPPI DI TRASFORMAZIONI 397

Dimostrazione. Sia σ(p) = (X1(p), . . . , Xm(p)) e sia V il sottospazio vetto-riale reale di X(M) generato da X1, . . . , Xm. Per definizione, le trasformazioni diAutAutAut(M, σ) lasciano V invariante. In particolare gli elementi di AutAutAut(M, σ) commu-tano con gli elementi dei sottogruppi a un parametro φv(t) di diffeomorfismi di Mgenerati dagli elementi v di V. Poniamo τv = φv(1). Osserviamo che, per ognipunto p ∈ M, τv(q) e definita per v in un intorno di 0 in V e q in un intorno di p inM.

Lemma 22.12. Per ogni p ∈ M l’applicazione AutAutAut(M, σ) 3 g→g(p) ∈ M einiettiva.

Dimostrazione. Per ogni g ∈ AutAutAut(M, σ) l’insieme Fg = q ∈ M | g(q) = q deipunti fissi di g e un sottoinsieme chiuso di M. Fissato un punto q ∈ M, al variare div in un intorno di 0 in V, gli elementi τv(q) sono definiti e formano un intorno di qin M. Poiche, come abbiamo osservato, g τv = τv g, otteniamo che Fg contieneun intorno di q. Dunque Fg risulta aperto e chiuso in M e quindi o e vuoto, ocoincide con M per l’ipotesi che M sia connesso.

Sia γ : [0,T ]→M (T > 0) una curva differenziabile. Risultano allora deter-minate m funzioni scalari ai

γ : [0,T ]→R tali che γ(t) =∑m

i=1 aiγ(t)Xi(γ(t)) per ogni

t ∈ [0,T ]. Due curve differenziabili γ1, γ2 : [0,T ]→M si diranno parallele nelparallelismo completo σ se ai

γ1(t) = ai

γ2(t) per ogni t ∈ [0,T ]. Osserviamo che,

data una curva differenziabile γ : [0,T ]→M ed un punto q0, vi e al piu una curvadifferenziabile γ′ parallela a γ ed uscente dal punto q0; esistera poi comunque, perqualche 0 < ε ≤ T sufficientemente piccolo, una γ′ : [0, ε]→M uscente da p0 eparallela alla restrizione di γ a [0, ε].

Lemma 22.13. Per ogni p0 ∈ M, l’insieme AutAutAut(M, σ)(p0) e chiuso in M.

Dimostrazione. Sia ak una successione di elementi di AutAutAut(M, σ) tali cheak(p0) converga a un elemento q0 ∈ M.

Dimostriamo che ogni curva γ : [0, 1]→M uscente dal punto p0 ammette unaparallela γ′ : [0, 1]→M uscente da q0.

A questo scopo, indichiamo con T l’estremo superiore dei numeri reali a > 0per cui la restrizione di γ a [0, a] ammette una parallela γ′a con punto iniziale q0.Vogliamo dimostrare che esiste la parallela γ′T . A questo scopo, osserviamo cheesistono le parallele γ′T ′ per ogni 0 < T ′ < T e che per ogni t con 0 ≤ t < T ,abbiamo limk→∞ ak(γ(t)) = γ′T ′(t) per 0 ≤ t ≤ T ′ < T .

Fissiamo poi un intornoV0 di 0 inV e un intorno U di γ(T ) in M tali che τv(p)sia definita per v ∈ V0 e p ∈ U. Allora τv e anche definita, per v ∈ V0, su tutti gliinsiemi ak(U). Sia t0 < T tale che ak(γ(t0)) ∈ U per ogni k 1 e γ(T ) = τv0(γ(t0))per qualche v0 ∈ V0.

Possiamo allora definire γ′T ponendo γ′T (t) = γ′T ′(t) se 0 ≤ t ≤ T ′ < T eγ′T (T ) = τv0(γ′T ′(t0)) se t0 ≤ T ′ < T .

Se fosse T < 1, potremmo prolungare γ′T con una parallela a γ(t − T ) uscentedal punto γ′T (T ), contraddicendo la definizione di T . Quindi T = 1 e questo di-mostra l’esistenza della parallela. Poiche γ′(1) = limk→∞ ak(γ(1)), l’estremo γ′(1)non dipende dalla scelta del cammino γ, ma soltanto dal suo punto finale γ(1).

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398 22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostriamo in questo modo che ak(q) converge per ogni q ∈ M e otteniamoquindi un’applicazione a : M→M mediante a(q) = limk→∞ ak(q) per ogni q ∈ M.Poiche τv(a(q)) = a(τv(q)) per ogni q ∈ M, la a e chiaramente differenziabile.Si puo dimostrare che e invertibile, ripetendo i raginamenti appena svolti per lasuccessione delle applicazioni inverse a−1

k .

Abbiamo facilmente:

Lemma 22.14. Sia l l’algebra di Lie dei campi di vettori X ∈ X(M) tali che[X,V] = 0. Per ogni p ∈ M, l’applicazione l 3 X→X(p) ∈ TpM e iniettiva.

Dimostrazione. I generatori di sottogruppi a un parametro di AutAutAut(M, σ) sonogli elementi di l che generano sottogruppi a un parametro di diffeomorfismi di M.Quindi, per il Teorema 22.5, il gruppo AutAutAut(M, σ) e un gruppo di Lie, e l’applica-zione AutAutAut(M, σ) 3 a→a(p) ∈ M definisce per ogni p ∈ M un diffeomorfismo diAutAutAut(M, σ) con una sottovarieta differenziabile chiusa di M.

Completiamo ora la dimostrazione del Teorema 22.11. L’insieme G dei campidi vettori X ∈ l che generano sottogruppi a un parametro di trasformazioni di Me una sottoalgebra di Lie di l, e quindi ha dimensione finita. Possiamo percioapplicare il Teorema 22.5 al gruppo G = AutAutAut(M, σ) e a G, e concludere che G hauna struttura di gruppo di Lie con algebra di Lie G. Poiche l’azione G × M→Me differenziabile, fissato un qualsiasi punto p0 ∈ M, l’immersione differenziabileG 3 g→g(p0) ∈ M e un diffeomorfismo di G con una sottovarieta differenziabilechiusa di M.

Ricordiamo che vale il teorema3 :

Teorema 22.15 (Bochner-Montgomery). Sia G un gruppo topologico localmentecompatto e numerabile all’infinito di trasformazioni differenziabili di una varietadifferenziabile paracompatta M. Allora G e un gruppo di Lie.

Ricordiamo ancora4 il :

Teorema 22.16 (Dantzig-van der Waerden). Sia (E, d) uno spazio metrico local-mente compatto. Sia Isom(E, d) il gruppo delle isometrie di (M, E) e, per x ∈ E,indichiamo con Isomx(E, d) lo stabilizzatore di x in Isom(E, d). Consideriamo suIsom(E, d) la topologia compatta-aperta. Allora Isom(E, d) e localmente compat-to e Isomx(E, d) e compatto per ogni x ∈ M. Se M e compatto, anche Isom(E, d)e compatto.

Osservazione 22.17. Ricordiamo ancora che, se (M, g) e una varieta Riemannianae d e la distanza nella metrica corrispondente, allora le isometrie f : M→M per

3S.Bochner, D.Montgomery Locally compact groups of differentiable transformations, Ann. ofMath. 47 (1946), pp.639-657.

4D.Dantzig, B.L.van der Waerden Uber metrish homogene Raume, Abh. Math. Sem. Univ.Hamburg 6 (1928) pp.374-376. Una dimostrazione completa si puo trovare anche in : Kobayashi-Nomizu Foundations of Differential Geometry, New York: John Wiley & Sons, vol.1, 1963, allepagine 46-50.

Page 399: Nacinovich - Geometria differenziale

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE 399

la metrica d sono applicazioni differenziabili che preservano il tensore g della me-trica. Indicheremo nel seguito con O(M, g) il gruppo delle isometrie della varietaRiemanniana (M, g), cioe :

O(M, g) = f ∈ C∞(M,M) | f ∗g = g .

Se d e la distanza su M definita dalla metrica g, allora Isom(M, d) = O(M, g).

3. Automorfismi affini e isometrie

Per utilizzare i risultati del §2 nella discussione del gruppo delle affinita diuna varieta affine (M,∇) e delle isometrie di una varieta Riemanniana (M, g), econveniente riformulare le nozioni di varieta affini e riemanniane nel contesto dellateoria delle G-strutture.

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m. Indichiamo con :

F(M)π

−−−−−−−→GL(m,R)

M

il fibrato principale dei sistemi di riferimento su M.Gli elementi della fibra Fp(M) = π−1(p) sono le basi (v1, . . . , vm) di TpM. Il

gruppo GL(m,R) opera a destra su F(M) mediante :

(v1, . . . , vm) · a =

m∑i=1

ai1vi, . . . ,

m∑i=1

aimvi

se a =(ai

j

)1≤i, j≤m

∈ GL(m,R) .

Se σ = (X1, . . . , Xm) e una m-upla di campi di vettori che definiscono una base diTpM in ogni punto p di un aperto U di M, allora l’applicazione :

U ×GL(m,R) 3 (p, a)→σ(p) · a ∈ π−1(U)

e un diffeomorfismo per la struttura differenziabile di F(M).In modo equivalente, possiamo definire la fibraFp(M) sopra il punto p ∈ M co-

me l’insieme di tutte le applicazioni lineari invertibili ξ : Rm→TpM, identificandouna base (v1, . . . , vm) di TpM all’isomorfismo lineare ξ : Rm→TpM che associa alvettore ei = t(0, . . . , 0,→

i1, 0, . . . , 0) della base canonica di Rm il vettore vi di TpM.

Definiamo allora in modo affatto naturale la forma canonica θ ∈ Ω1(F(M),Rm)mediante :

θ(v) = ξ−1(dπ(v)) ∀ξ ∈ F(M), ∀v ∈ TξF(M) .

Osserviamo che :(Ra)∗ θ = a−1 θ ∀a ∈ GL(m,R) .

Infatti, se v ∈ TξF(M), allora dRa(v) ∈ Tξ·aF(M) e dπ(dRa(v)) = dπ(v). Quindi :

(Ra)∗ θ(v) = θ(dRa(v)) = (ξ · a)−1 (dπ(dRa(v))) = a−1 ξ−1(dπ(v)) = a−1 θ(v) .

Proposizione 22.18. Ogni diffeomorfismo f : M→M si solleva in modo unico adun diffeomorfismo f : F(M)→F(M) che lascia θ invariante. Viceversa, ogni auto-morfismo di GL(m,R)-fibrato principale F : F(M)→F(M) che lasci θ invariante eil sollevamento di un diffeomorfismo f : M→M.

Page 400: Nacinovich - Geometria differenziale

400 22. SPAZI SIMMETRICI

Dimostrazione. Sia f : M→M un diffeomorfismo. Definiamo allora il suosollevamento f mediante :

f : F(M) 3 ξ→d f (π(ξ)) ξ ∈ F(M) .

Abbiamo allora, se ξ ∈ F(M) e v ∈ TξF(M) :

θ(d f (v)) = (d f (π(ξ)) ξ)−1(dπ(d f (ξ)(v))

)=

(ξ−1 (d f (π(ξ)))−1

)(d f (π(ξ)) dπ(v)) = θ(v) .

Infatti, poiche f preserva le fibre, abbiamo f π = π f e quindi d f dπ = dπd f .Viceversa, se F : F(M)→F(M) preserva le fibre e lascia θ invariante, detto

f : M→M il diffeomorfismo definito da πF = f π, osserviamo che Φ = f −1 Fe un automorfismo differenziabile di F(M) che preserva la fibra, lascia θ invariantee induce l’identita su M. Percio abbiamo :

ξ−1(dπ(v)) = θ(v) = Φ∗(θ(v)) = θ(dΦ(v))

= (Φ(ξ))−1 (dπ(dΦ(v))) = (Φ(ξ))−1 (dπ(v))∀ξ ∈ F(M) , ∀v ∈ TξF(M) .

Otteniamo dunque (Φ(ξ))−1 (w) = ξ−1(w) per ogni w ∈ Tπ(ξ)M, e questo dimostrache Φ e l’identita su F(M).

Definizione 22.4. Per ogni A ∈ gl(m,R), definiamo il campo di vettori fondamen-tale A∗ ∈ X(F(M)) associato ad A come il generatore infinitesimale del gruppo aun parametro di diffeomorfismi F(M) × R 3 (ξ, t)→ξ · exp(tA) ∈ F(M).

Una connessione affine su M si puo definire, oltre che per mezzo della deri-vazione covariante, mediante l’assegnazione di una forma di connessione, cioe diuna forma differenziale ω ∈ Ω1 (M, gl(m,R)) che goda delle proprieta :

ω(A∗) = A ∀A ∈ gl(m,R)(1)

R∗aω = Ad(a−1) ω ∀a ∈ GL(m,R) .(2)

Un vettore v ∈ TξF(M) conω(v) = 0 si dice orizzontale. Poicheω(ξ) : TξF(M)→gl(m,R)ha rango m2 e ker dπ(ξ) ∩ kerω(ξ) = 0 per la proprieta (1), la forma di connes-sione ω ci permette di decomporre lo spazio tangente a F(M) in un punto ξ nellasomma diretta dei due sottospazi Vξ(M) = ker dπ(ξ) dei vettori verticali in ξ eHξ(M) dei5 vettori orizzontali in ξ.

Poiche dπ(ξ) : Hξ(M)→Tπ(ξ)M e per ogni ξ ∈ F(M) un isomorfismo lineare,possiamo associare ad ogni campo di vettori X definito su un aperto U di M uncampo di vettori orizzontale X su π−1(U), caratterizzato dalle :ω(X) = 0

dπ(X) = X .

5 Un modo equivalente di definire una connessione affine e quello di assegnare una distribuzionevettoriale H su F(M), complementare della distribuzione verticale.

Page 401: Nacinovich - Geometria differenziale

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE 401

La derivazione covariante associata alla connessione affine e definita dalla formula :

(†) ∇XY(π(ξ)) = ξ Xξ(ξ−1(Y)

)= ξ X(θ(Y)) ∀X,Y ∈ X(M) , ∀ξ ∈ F(M),

dove osserviamo che, fissato Y ∈ X(M), la ξ→ΨY (ξ) = ξ−1(Y(π(ξ))) e una funzionedifferenziabile su F(M) a valori in Rm. Chiaramente :R∗aΨY (ξ) = ΨY (ξ · a) = (ξ · a)−1Y(π(ξ · a)) = a−1ξ−1Y(π(ξ)) = a−1ΨY (ξ)∀Y ∈ X(M) , ∀ξ ∈ F(M) , ∀a ∈ GL(m,R) ,

e quindi :

R∗a(ξ X(ΨY )) = (ξ a) (Ra∗X

)(ΨY ) = (ξ a) X(R∗aΨY )

= ξ a X(a−1ΨY

)= ξ a a−1 X(ΨY ) = ξ X(ΨY )

mostra che la derivata covariante ∇XY e ben definita dalla (†), perche il valore delsecondo membro e costante quando ξ varia sulla fibra Fp(M) del punto p ∈ M.

Viceversa, si puo dimostrare che, data di una derivazione covariante ∇, vi eun’unica forma di connessione ω per cui vale la (†).

Abbiamo infatti :

ξ (X − [ω(X)]∗)(θ(Y)) = ∇dπ(X)Y ∀X ∈ X(F(M)) , ∀Y ∈ X(M) .

Quindi:

(‡) [ω(X)]∗(θ(Y)) = X(θ(Y)) − ξ−1∇dπ(X)Y ∀X ∈ X(F(M)) , ∀Y ∈ X(M)

ci permette di calcolare ω utilizzando la forma canonica θ e la derivazione cova-riante.

Teorema 22.19. Sia M una varieta differenziabile, dotata di una connessione affi-ne definita dalla forma di connessione ω ∈ Ω1(F(M), gl(m,R)). Un diffeomorfismof : M→M e un’affinita se e soltanto se il suo sollevamento f lascia invariante laforma di connessione ω.

Viceversa, un diffeomorfismo di fibrati principali F : F(M)→F(M) e il solle-vamento di un’affinita se e soltanto se lascia invarianti la forma canonica θ e laforma di connessione ω.

Dimostrazione. Le (†) e (‡) ci dicono che le trasformazioni affini di M sonotutte e sole quelle il cui sollevamento lascia ω invariante. L’ultima affermazionesegue dal fatto che un diffeomorfismo di F(M) in se e un sollevamento di un dif-feomorfismo di M in se se e soltanto se preserva le fibre e lascia invariante la formacanonica θ.

Teorema 22.20. Il gruppo delle affinita di una varieta differenziabile M, dotatadi una connessione affine, e un gruppo di Lie di dimensione minore o uguale am(m + 1).

Dimostrazione. Sia ω ∈ Ω1(F(M), gl(m,R)) la forma della connessione. Allo-ra la forma

θ ⊕ ω ∈ Ω1(F(M),Rm ⊕ gl(m,R))

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402 22. SPAZI SIMMETRICI

definisce un parallelismo completo su F(M). La tesi e allora conseguenza delTeorema 22.11.

Sia G un sottogruppo chiuso del gruppo lineare GL(m,R). Una G-struttura suM e il dato di un fibrato principale P

$−→G

M e di un’immersione differenziabile

ı : P → F(M), in modo che sia commutativo il diagramma :

P ×G −−−−−→ F(M)×GL(m,R)y yP −−−−−→ F(M)

$

y yπM M

in cui la prime due frecce orizzontali sono definite dalle inclusioni ı : P → F(M)e G → GL(m,R).

Osserviamo che P e una sottovarieta chiusa di F(M). Infatti, fissata una sezio-ne differenziabile σ di P, definita in un aperto U di M, abbiamo P∩ π−1(U) = ξ ∈π−1(U) | ξ−1 σ(π(ξ)) ∈ G e l’applicazione π−1(U) 3 ξ→ξ−1 σ(π(ξ)) ∈ GL(m,R)e continua. Quindi P ∩ π−1(U) e chiuso in π−1(U) per l’ipotesi che G fosse chiusoin GL(m,R). Poiche gli insiemi π−1(U), al variare di U tra gli aperti di trivializza-zione di P, formano un ricoprimento aperto di F(M), otteniamo che P e chiuso inF(M).

Gli elementi X dell’algebra di Lie g di G definiscono campi di vettori su P chesono la restrizione dei corrispondenti campi di vettori verticali X∗ definiti su F(M),e che indicheremo ancora con X∗.

Una G-connessione affine su M e il dato di una G-struttura P$−→G

M su M, e di

una forma differenziale ω′ ∈ Ω1(P, g) con le proprieta :

ω′(A∗) = A ∀A ∈ g(1)

R∗aω′ = Ad(a−1) ω′ ∀a ∈ G .(2)

Indichiamo con H′ = kerω′ ⊂ X(P) la distribuzione orizzontale associata allaG-connessione affine. Abbiamo :

dRa(Hξ) = Hξ·a ∀ξ ∈ P , ∀a ∈ G .

Possiamo quindi estendere la distribuzione orizzontale H′ su P a una distribuzioneorizzontale H su F(M) ponendo

Hξ·a = dRa(H′ξ) se ξ ∈ P , a ∈ GL(m,R) .

Estendiamo cosı la ω′ ∈ Ω1(P, g) a una forma di connessione affine di Cartanω ∈ Ω1(F(M), gl(m,R), ponendo :

ω(X) = A se X ∈ TξF(M) e X = A∗ξ + Y con A ∈ gl(m,R) e Y ∈ Hξ .

Possiamo quindi definire in modo equivalente una G-connessione affine medianteil dato di una forma di connessione affine ω su F(M) tale che, per una G-struttura

Page 403: Nacinovich - Geometria differenziale

3. AUTOMORFISMI AFFINI E ISOMETRIE 403

P@ > $ > G > M, detta ı : P→F(M) l’inclusione, risulti ı∗ω ∈ Ω1(P, g), tale cioeche la sua restrizione a P sia una forma a valori nell’algebra di Lie g di G.

Lemma 22.21. Siano P$−→G

M una G-struttura, ω′ ∈ Ω1(P, g) una G-connessione

affine e ω ∈ Ω1(F(M), gl(m,R)) la sua estensione a F(M). Sia f : M→M undiffeomorfismo. Supponiamo che M sia connessa. Sono equivalenti :

(a) f ∗ω = ω ed esiste ξ0 ∈ P tale che f (ξ0) ∈ P.(b) f (P) = P e, detta f G : P→P la restrizione di f a P, abbiamo(

f G)∗ω′ = ω′.

Dimostrazione. (a) =⇒ (b). Sia pr : gl(m,R)→V = gl(m,R)/g la proiezionenel quoziente. Consideriamo la forma differenziale pr ω ∈ Ω1(F(M),V) e lacorrispondente distribuzione vettoriale D = ker(pr ω) in F(M). Ricordiamo cheuna varieta integrale di D e una sottovarieta differenziabile N di F(M) con TξN ⊂Dξ per ogni ξ ∈ N. Poiche f lascia fissa la forma ω, essa lascia fissa a maggiorragione la forma pr ω e trasforma quindi varieta integrali di D in varieta integralidi G. La tesi segue allora dal fatto che P e una sottovarieta integrale massimale diD.

(b) =⇒ (a). Segue dal fatto che f (ξ · a) = f G(ξ) · a e ω(ξ · a) = R∗aω′(ξ) se

ξ ∈ P e a ∈ GL(m,R).

Definizione 22.5. Un diffeomorfismo f : M→M che soddisfi le condizioni equi-valenti (a) e (b) del Lemma 22.21 si dice una trasformazione G-affine, o unaG-affinita, di M.

Sia P$−→G

M una G struttura su M. Indichiamo ancora con θ la restrizione a Pdella forma canonica di F(M). La forma di connessione ω′ di una G-connessioneaffine definisce un parallelismo completo, mediante la forma θ⊕ω ∈ Ω1(P,Rm⊕g).

Per il Teorema 22.11 abbiamo :

Corollario 22.22. Il gruppo delle trasformazioni G-affini di M, per un’assegnataconnessione affine ω′ ∈ Ω1(P, g) realtiva a una G-struttura P

$−→G

M e un gruppo

di Lie di dimensione ≤ dimRM + dimRG.

Corollario 22.23. Due trasformazioni G-affini f , g di M, per un’assegnata con-nessione affine ω′ ∈ Ω1(P, g) realtiva a una G-struttura P

$−→G

M, coincidono se

sono uguali con i loro differenziali in un punto p0 ∈ M.

Una metrica Riemanniana g su M definisce una O(m)-struttura O(M) su M,in cui gli elementi della fibra Op(M) sono le basi ortonormali di TpM rispetto alprodotto scalare gp. Viceversa, una O(m)-struttura su M definisce univocamenteuna metrica Riemanniana g su M.

Il Lemma 22.4 ci dice che le isometrie di (M, g) sono tutte e sole le trasforma-zioni affini f rispetto alla connessione di Levi-Civita per cui d f (p0) : Tp0 M→T f (p0)Me un’isometria in qualche punto p0 ∈ M.

Page 404: Nacinovich - Geometria differenziale

404 22. SPAZI SIMMETRICI

La restrizione ω′ della forma ω della connessione di Levi-Civita e una O(m)-connessione affine.

Otteniamo percio:

Teorema 22.24. Sia (M, g) una varieta Riemanniana. Un’isometria di M e unautomorfismo differenziabile f : M→M il cui sollevamento e un’affinita per laconnessione di Levi-Civita e per cui f (O(M)) = O(M).

Il gruppo delle isometrie O(M, g) e un gruppo di Lie di dimensione minore ouguale di m(m + 1)/2.

Lo stabilizzatore Op(M, g) di un punto p ∈ M nel gruppo O(M, g) delle isome-trie di (M, g) e un gruppo compatto.

Dimostrazione. Il teorema e una conseguenza delle osservazioni precedenti edel Corollario 22.22. Infatti dimRo(m) = m(m − 1)/2 e quindi O(M) e una varietadifferenziabile di dimensione [m(m − 1)/2] + m = m(m + 1)/2.

Citiamo a questo punto, senza dimostrazione6, il seguente :

Teorema 22.25. Sia (M, g) una varieta Riemanniana di dimensione m. Se il suogruppo delle isometrie O(M, g) ha dimensione massima m(m + 1)/2, allora (M, g)e isometrico a uno dei seguenti spazi a curvatura costante :

(a) Lo spazio Euclideo Rm ;(b) La sfera m-dimensionale S m ;(c) Lo spazio proiettivo m-dimensionale RPm ;(d) Lo spazio iperbolico semplicemente connesso m-dimensionale Hm.

Descriviamo brevemente un modello dello spazio iperbolico m-dimensionaleHm. Consideriamo l’ipersuperficie regolare di Rm+1 :

Hm =

x = (x0, x1, . . . , xm) ∈ Rm+1

∣∣∣∣∣∣∣ x20 = 1 +

m∑i=1

x2i

Abbiamo :

TxHm =

v = (v0, v1, . . . , vm) ∈ Rm+1

∣∣∣∣∣∣∣ x0v0 =

m∑i=1

xivi

e definiamo la metrica iperbolica g su Hm ponendo :

gx(v, v) = c ·

−v20 +

m∑i=1

vi2

∀x ∈ Hm ,∀v ∈ TxHm

per una costante c > 0. Osserviamo che Hm e l’orbita del punto (1, 0, . . . , 0) ri-spetto al gruppo O(1,m) delle trasformazioni lineari di Rm+1 che preservano laforma bilineare simmetrica definita dalla matrice diag(−1, 1, . . . , 1). Il gruppo

6Vedi ad esempio: [S.Kobayashi Transformation groups in Differential Geometry, New York,Springer 1972] a pag.46.

Page 405: Nacinovich - Geometria differenziale

4. SPAZI RIEMANNIANI GLOBALMENTE SIMMETRICI 405

O(1,m) e il gruppo delle isometrie di Hm, che si identifica allo spazio omogeneoO(1,m)/(O(1) ×O(m)), dove :

O(1) ×O(m) '(±1

a

)∣∣∣∣∣∣ a ∈ O(m)

e lo stabilizzatore in O(1,m) del punto (1, 0, . . . , 0).

4. Spazi Riemanniani globalmente simmetrici

Sia (M, g) uno spazio Riemanniano. Diciamo che (M, g) e uno spazio Rie-manniano globalmente simmetrico se, per ogni punto p ∈ M esiste un’isometriainvolutiva sp ∈ O(M, g) che abbia p come punto fisso isolato.

Osserviamo che vale il seguente :

Lemma 22.26. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano e p ∈ M. Allora esiste al piuun’isometria involutiva sp che abbia p come punto fisso isolato. Se una tale spesiste, allora dsp(p) = −Id su TpM ed sp coincide, in un intorno di p, con lasimmetria geodetica rispetto alla connessione di Levi-Civita.

Dimostrazione. Sia sp un’isometria involutiva di (M, g) con p come punto fis-so isolato. Abbiamo (dsp(p))2 = Id su TpM e quindi TpM si decompone nellasomma diretta dei sottospazi corrispondenti agli autovalori 1 e −1 di (dsp(p)). Seci fosse un v ∈ TpM \ 0 con dsp(p)(v) = v, allora sp lascerebbe fissi tutti i puntidella geodetica uscente da p con vettore tangente v e quindi p non sarebbe puntofisso isolato. Percio dsp(p) = −Id. Poiche, essendo un’isometria, sp trasformageodetiche in geodetiche, essa e allora, in un intorno di p, la simmetria geodeticarispetto a p.

Lemma 22.27. Ogni spazio Riemanniano globalmente simmetrico e completo.

Dimostrazione. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico.Sia γ : (a, b)→M una geodetica massimale. Se fosse ad esempio b < +∞, fissato εcon 0 < 2ε < b − a, posto p = γ(b − ε), la simmetria sp ci permette di prolungarela geodetica γ a una geodetica γ definita su (a, 2b − a − 2ε) :

γ(t) =

γ(t) se a < t < bsp(γ(2b − 2ε − t)) se b ≤ t < 2b − a − 2ε ,

contraddicendone la massimalita. Deve quindi essere b = +∞, e con ragionamentoanalogo si dimostra che a = −∞.

Osserviamo che, se γ R→M e una geodetica massimale con γ(0) = p, allorasp γ(t) = γ(−t) per ogni t ∈ R. Da questo fatto ricaviamo subito che :

Teorema 22.28. Il gruppo delle isometrie di uno spazio Riemanniano globalmentesimmetrico connesso e un gruppo transitivo di trasformazioni.

Dimostrazione. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano connesso globalmente sim-metrico. Indichiamo con dg la distanza definita dalla metrica g. Siano p0, p1 duequalsiasi punti di M. Poiche (M, g) e completo, esiste una geodetica γ : [0, 1]→M,

Page 406: Nacinovich - Geometria differenziale

406 22. SPAZI SIMMETRICI

di lunghezza `(γ) = dg(p0, p1). Abbiamo allora p1 = sγ( 12 )(p0). Infatti sγ( 1

2 ) e

la simmetria geodetica rispetto al punto γ( 12 ) e quindi trasforma la geodetica γ(t)

nella geodetica γ(1 − t).

Teorema 22.29. Sia (M, g) uno spazio Riemanniano globalmente simmetrico, con-nesso. Indichiamo con G la componente connessa dell’identita nel gruppo diLie O(M, g) delle isometrie di (M, g). Fissiamo un punto p0 ∈ M e sia K lostabilizzatore di p0 in G.

(i) Lo stabilizzatore K di p0 in G e un sottogruppo di Lie compatto di G e ildiagramma commutattivo :

G //

M

G /K

f

==zzzzzzzz

in cui la freccia orizzontale e l’applicazione π G 3 a→a(p0) ∈ M e la frecciaverticale la proiezione nel quoziente, definisce un diffeomorfismo f dello spazioomogeneo G/K su M.

(ii) L’applicazione σ = ad(sp0) G 3 a→sp0 a sp0 ∈ G e un automorfismoinvolutivo di G tale che, detto Kσ l’insieme dei punti fissi di σ e K0

σ la componenteconnessa dell’identita in Kσ, risulta :

K0σ ⊂ K ⊂ Kσ .

Il gruppo K non contiene sottogruppi normali non banali di G.(iii) Siano g e k le algebre di Lie di G e K, rispettivamente. Allora

k = X ∈ g | dσ(p0)(X) = X

e, posto

p = X ∈ g | dσ(p0)(X) = −X

abbiamo

g = k ⊕ p .

Abbiamo poi dπ(e)(k) = 0 e dπ(e) : p→Tp0 M e un isomorfismo. Se X ∈ p, allora :

R 3 t→ exp(tX)(p0) ∈ M

e la geodetica uscente da p0 con velocita dπ(e)(X). Per ogni v ∈ Tp0 M, il vettore[d exp(tX)](p0)(v) e il traslato di v parallelamente lungo la geodetica.

Dimostrazione. L’affermazione (i) e conseguenza del Teorema 22.24.(ii) Per ogni k ∈ K, le due isometrie k e σ(k) = ad(sp0)(k) = (sp0 k sp0) di

(M, g) coincidono con il loro differenziale in p0. E quindi, per il Corollario 22.23,σ(k) = ad(sp0)(k) = k per ogni k ∈ K. In particolare, dσ(e)(k) = Ad(sp0)(k) = k,e dσ(e) e l’identita su k. D’altra parte, se X ∈ g e un punto fisso di dσ(e), avremoanche :

sp0 expG(tX) sp0 = ad(sp0)(expG(tX)) = expG(adg(sp0)(X)) = expG(tX) ,

Page 407: Nacinovich - Geometria differenziale

4. SPAZI RIEMANNIANI GLOBALMENTE SIMMETRICI 407

onde sp0

(expG(tX)(p0)

)= expG(tX)(p0) per ogni t ∈ R e quindi expG(tX)(p0) =

p0, perche p0 e un punto fisso isolato di sp0 . Quindi k e proprio l’insieme dei puntifissi di dσ(e). Poiche il gruppo delle isometrie O(M, g) e G operano su G/K inmodo effettivo, K non contiene sottogruppi normali non banali di G.

(iii) Poiche dσ(e) e un’involuzione e k e il sottospazio dei suoi punti fissi,abbiamo la decomposizione g = k ⊕ p.

Poiche dπ(e) ha nucleo uguale a k, ne segue che la sua restrizione a p e unisomorfismo su Tp0 M.

Sia ora X ∈ p e sia γ : R→M la geodetica uscente da p0 con velocita dπ(e)(X).Consideriamo, per ogni numero reale t, l’isometria ut = sγ(t/2) sp0 . Dico cheR 3 t→ut ∈ O(M, g) e un sottogruppo a un parametro di O(M, g). Infatti, set1, t2 ∈ R, abbiamo :

ut1 ut2(p0) = ut1 sγ(t2/2)(p0) = sγ(t1/2) sp0(γ(t2))= sγ(t1/2)(γ(−t2)) = γ(t1 + t2)= sγ([t1+t2]/2)(p0) = ut1+t2(p0) .

Inoltre, dut : Tγ(s)→Tγ(t+s) definisce, per ogni coppia di numeri reali t, s, il traspor-to parallelo lungo la geodetica γ.

Per verificare questo fatto, osserviamo in primo luogo che, per ogni numeroreale s, la −dsp0(γ(s)) definisce il trasporto parallelo da Tγ(s) a Tγ(−s) lungo lageodetica γ. A questo scopo, indichiamo con τγs1,s2 : Tγ(s1)M→Tγ(s2)M il trasportoparallelo da γ(s1) a γ(s2) lungo γ. Abbiamo allora un diagramma commutativo :

Tp0 Mτγ0,s

−−−−−→ Tγ(s)M

dsp0 (p0)y ydsp0 (γ(s))

Tp0 M −−−−−→τγ0,−s

Tγ(−s)M

Da questa ricaviamo che

τ0,−s dsp0(p0) = dsp0(γ(s)) τγs,0 e, poiche − dsp0(p0) = I ,

τγ0,−s = −dsp0(γ(s)) τγs,0 , da cui otteniamo :

−dsp0(γ(s)) = τγ0,−s

[τγ0,s

]−1= τ

γ0,−s τ

γs,0 = τ

γs,−s .

Analogamente, −dsγ(s) definisce, per ogni coppia di numeri reali s, t, il trasportoparallelo da Tγ(t)M a Tγ(2s−t)M lungo la geodetica γ. Quindi, per composizione,dut = (−dsγ(t/2) (−dsp0) definisce il trasporto parallelo lungo γ da γ(s) a γ(t + s).E percio dut1 dut2 = dut1+t2 , perche il trasporto parallelo da γ(s) a γ(s + t1 + t2)si puo ottenere componendo il trasporto parallelo da γ(s) a γ(s + t2) con quello daγ(s + t2) a γ(s + t1 + t2).

In particolare (ut1 ut2) ed ut1+t2 coincidono con i loro differenziali in p0 ed,essendo isometrie, coincidono dappertutto : ut1 ut2 = ut1+t2 e R 3 t→ut ∈ O(M, g)e un gruppo a un parametro di isometrie. Possiamo quindi trovare Y ∈ g tale che

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408 22. SPAZI SIMMETRICI

ut = expG(tY) per ogni t ∈ R. Risulta poi

σ ut = sp0 sγ(t/2) = sγ(−t/2) sp0 = u−t .

Da questa ricaviamo che dσ(e)(Y) = −Y , quindi Y ∈ p e percio Y = X.

5. Coppie simmetriche e simmetriche Riemanniane

Sia G un gruppo di Lie connesso ed H un suo sottogruppo chiuso. La coppia(G,H) si dice una coppia simmetrica se esiste un automorfismo analitico involutivoσ : G→G con

G0σ ⊂ H ⊂ Gσ ,

ove Gσ = a ∈ G |σ(a) = a e G0σ e la componente connessa dell’identita di Gσ.

Se Adg(H) e compatto7 in Adg(G), la coppia (G,H) si dice simmetrica Rie-manniana.

Teorema 22.30. Sia (G,K) una coppia simmetrica Riemanniana e sia M lo spazioomogeneo M = G/K. Siano π : G→M la proiezione naturale nel quoziente eτ : G→Aut(M) la rappresentazione di G come gruppo di diffeomorfismi di M,indotta dalla traslazione a sinistra su M :

G ×G(a,b)→(a,π(b))−−−−−−−−−−−→ G × M

(a,b)→aby y(a,p)→τ(a)(p)

G −−−−−−−−−−−−−−−→a→π(a)

M .

Sia σ un automorfismo analitico involutivo di G tale che K0σ ⊂ K ⊂ Kσ (ove Kσ

e il sottogruppo dei punti fissi di σ e K0σ la sua componente dell’identita). Allora

esistono metriche Riemanniane G-invarianti g su M. Rispetto a una qualsiasi me-trica G-invariante g, lo spazio (M, g) e globalmente simmetrico Riemanniano. Siao = π(e) e sia so la corrispondente simmetrica geodetica. Essa soddisfa :

so π = π σ

τ(σ(a)) = so τ(a) so ∀a ∈ G .

Osservazione 22.31. Osserviamo che, in particolare, la simmetria geodetica soe indipendente dalla scelta della metrica Riemanniana G-invariante. In effetti, laconnessione di Levi-Civita su M risulta indipendente dalla particolare scelta dellametrica G-invariante su M.

Dimostrazione. Indichiamo con g e k le algebre di Lie di G e K, rispettivamen-te e poniamo p = X ∈ g | dσ(e)(X) = −X. Allora g = k ⊕ p. Se X ∈ p e k ∈ K,abbiamo :

σ(expG(tAdg(k)(X)) = σ(ad(k)(expG(tX))) = ad(k)(expG(−tX))= expG(−tAdg(k)(X)) ,

7 Questo e vero in particolare se H e un sottogruppo compatto di G.

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5. COPPIE SIMMETRICHE E SIMMETRICHE RIEMANNIANE 409

da cui otteniamo subito che dσ(e)(Adg(k)(X)) = −Adg(k)(X). Quindi p e invarianterispetto ad Adg(K). L’applicazione dπ(e) manda g su ToM ed ha come nucleo k. SeX ∈ p, abbiamo :

π(expG(Adg(k)(tX)) = π(ad(k)(exp(tX))) = τ(k)(exp(tX)) .

Differenziando quest’espressione per t = 0, otteniamo :

dπ(e) Adg(X) = dτ(k) dπ(e)(X) ∀k ∈ K ∀X ∈ p .

Poiche Adg(K) e compatto il GLR(g), esiste un prodotto scalare b su p, invarianterispetto alla restrizione a p di Adg(K). Allora go = b

(dπ(e)|p

)−1 e un prodottoscalare su ToM, invariante rispetto a τ(k) per ogni k ∈ K. Definiamo allora unametrica Riemanniana su M ponendo :

gτ(g)(o)(dτ(g)(v), dτ(g)(w)) = go(v,w) ∀g ∈ G , ∀v,w ∈ ToM .

Questa definizione e consistente perche b e invariante rispetto ad adg(K).Viceversa, ogni metrica Riemanniana G-invariante su M = G/K e di questa

forma per qualche prodotto scalare invariante b su p.Definiamo ora la simmetria so di M mediante la condizione :

so π = π σ.

Chiaramente so e un diffeomorfismo involutivo di M in se, con dso(o) = −Id suToM.

Dimostriamo che so e un’isometria. Sia p = π(a) = τ(a)(o) ∈ M. Se X,Y ∈TpM, allora X0 = dτ(a−1)(p)(X),Y0 = dτ(a−1)(p)(Y) ∈ ToM. Per ogni x ∈ Gabbiamo :

so τ(a)(π(x)) = so(π(ax)) = π(σ(ax)) = π(σ(a)σ(x)) = (τ(σ(a)) so)(π(x)) .

Quindi so τ(a) = τ(σ(a)) so. Ricaviamo :

g(dso(X), dso(Y)) = g(dso dτ(a)(X0), dso dτ(a)(Y0))= g(dτ(σ(a)) dso(X0), dτ(σ(a)) dso(Y0))= g(dso(X0), dso(Y0)) = g(X0,Y0) = g(X,Y) .

Quindi so e un’isometria e, poiche so(o) = o e dso(o) = −Id su ToM, coincide conla simmetria geodetica rispetto a o. Per un qualsiasi punto p = π(a), la simmetriageodetica rispetto a p e l’isometria sp = τ(a) so τ(a−1). Questo dimostra cheM = G/K e globalmente simmetrico.

La G 3 a→τ(a) ∈ O(M, g) e un omomorfismo di gruppi di Lie. Il suo nucleoN e un sottogruppo chiuso normale di G, contenuto in K. Se Z e il centro diG, i gruppi Adg(K) e K/(K ∩ Z) sono isomorfi. Poiche K ∩ Z ⊂ N, ne segueche K/(K ∩ N) e compatto. Chiaramente la (G/N,K/(K ∩ N)) e un’altra coppiasimmetrica Riemanniana, che definisce lo stesso spazio simmetrico della coppia(G,K).

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410 22. SPAZI SIMMETRICI

Teorema 22.32. Sia (G,K) una coppia simmetrica Riemanniana. Sia k l’algebradi Lie di K e z quella del centro Z di G. Se k ∩ z = 0, allora esiste un unico auto-morfismo involutivo σ : G→G tale che K0

σ ⊂ K ⊂ Kσ (dove Kσ e il sottogruppodei punti fissi di σ e K0

σ la sua componente connessa dell’identita).

Dimostrazione. Osserviamo che il differenziale in e dell’involuzioneσ cercatae l’identita su k, e l’opposto dell’identita su un sottospazio di g complementare di kin g, e trasforma in se l’ortogonale k⊥ di k rispetto alla forma di Killing κg di g.

Poiche k∩ z = 0, la forma di Killing κg e definita negativa su k. Infatti, poicheAdg(K) e un sottogruppo compatto, gli elementi adg(X), per X ∈ k, si esprimonocome matrici antisimmetriche (ai, j(X)), in una opportuna base8 di g. Quindi, seX ∈ k :

κg(X, X) = −∑i, j

[ai, j]2 ≤ 0

e vale l’uguaglianza se e soltanto se ai, j(X) = 0 per ogni i, j, cioe se X ∈ k ∩ z.Quindi g = k⊕ k⊥, dove k⊥ e l’ortogonale di k rispetto alla forma di Killing e dσ(e) ecompletamente determinato perche e l’identita su k e −Id su k⊥. A sua volta dσ(e)determina completamente σ.

Un’algebra di Lie ortogonale simmetrica e una coppia (g, ς), formata da :

(i) un’algebra di Lie reale di dimensione finita g ,

(ii) un automorfismo involutivo ς g→g , tale che :

(iii)l’insieme k = X ∈ g | ς(X) = X dei punti fissidi ς sia una sottoalgebra immersa in g in modo compatto.

Diciamo che la coppia (g, ς) e effettiva se, detto z il centro di g, e :(iv) k ∩ z = 0 .

Ricordiamo che il fatto che k sia immersa in modo compatto in g significa che lasottoalgebra adg(k) di adg(g) genera un sottogruppo compatto del gruppo IntR(g)degli automorfismi interni di g. Nel caso in cui la coppia (g, ς) sia effettiva, lacondizione e equivalente al fatto che la forma di Killing κg di g sia definita negativasu k.

Abbiamo osservato che, ad una coppia simmetrica Riemanniana (G,K), acui sia associato un automorfismo involutivo σ di G, e associata l’algebra di Lieortogonale simmetrica (g, ς), ove g e l’algebra di Lie di G e ς = dσ(e).

Sia (g, ς) un’algebra di Lie simmetrica ortogonale e sia k il luogo dei punti fissidi ς.

Una coppia (G,K) di gruppi di Lie associata a (g, ς) e una coppia formata daun gruppo di Lie connesso G ed un suo sottogruppo chiuso K con algebre di Lieuguali a g e a k, rispettivamente.

Abbiamo:

8E sufficiente considerare una base ortonormale di g rispetto a un prodotto scalare invariante perAdg(K).

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5. COPPIE SIMMETRICHE E SIMMETRICHE RIEMANNIANE 411

Teorema 22.33. Sia (g, ς) un’algebra di Lie ortogonale simmetrica e sia k lasottoalgebra di Lie dei punti fissi di ς.

(a) Sia G un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso con algegbradi Lie g e sia K il suo sottogruppo analitico con algebra di Lie k. Allora K e unsottogruppo chiuso di G e (G, K) e una coppia simmetrica Riemanniana. Lo spaziosimmetrico M = G/K e semplicemente connesso.

(b) Se (G,K) e una qualsiasi coppia di gruppi di Lie associata a (g, ς), alloraM = G/K e uno spazio Riemanniano localmente simmetrico rispetto a qualsiasimetrica G-invariante.

(c) M e il rivestimento universale di M.

Dimostrazione. Poiche G e semplicemente connesso, l’involuzione ς di g de-finisce univocamente un automorfismo σ di G con dσ(e) = ς. Il luogo Kσ deipunti fissi di σ e chiuso in G e quindi e tale anche la sua componente connessa del-l’identita K. Poiche Adg(K) e il sottogruppo analitico di adg(g) generato da adg(k),e compatto e quindi (G, K) e una coppia Riemanniana simmetrica e M = G/Ke uno spazio globalmente simmetrico Riemanniano rispetto a qualsiasi metricaG-invariante su M, definita a partire da un prodotto scalare Adg(K)-invariante suToM.

Se G e un gruppo di Lie con algebra di Lie g e K un suo sottogruppo chiusocon algebra di Lie K, il rivestimento G→G definisce per passaggio al quoziente ilrivestimento universale M→M = G/K. La simmetrie geodetiche globali di M de-finiscono, per diffeomorfismi locali, simmetrie Riemanniane locale di M, rispettoa qualsiasi metrica G-invariante di M.

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CAPITOLO 23

Classi caratteristiche

1. Il fibrato degli orientamenti di una varieta differenziabile

Sia M una varieta differenziabile di dimensione m ≥ 1. Per ogni punto p ∈ M,il gruppo di omologia singolare locale Hm(M,M\p) e isomorfo a Z. Infatti, perogni intorno Up di p in M, la coppia (Up,M\p) e excisiva ed abbiamo percioH j(M,M\p) ' H j(Up,Up\p) per ogni j ∈ N. Possiamo scegliere Up omeo-morfo ad una palla chiusa Dm = x ∈ Rm | |x| ≤ 1. Allora la coppia (Up, ∂Up) eomotopicamente equivalente alle coppie (Up,Up\p) e (Bm, S m−1), onde

H j(M,M\p) ' H j(Up,Up\p) ' H j(Up, ∂Up) ' H j(Dm, S m−1), ∀ j ∈ N.

Dalla successione esatta

· · · −−−−−→ H j(Up) −−−−−→ H j(Up,Up \ p)δ

−−−−−→ H j−1(Up\p) −−−−−→ H j−1(Up) −−−−−→ · · ·

ove abbiamo indicato con H j i gruppi di omologia ridotta, otteniamo, poiche H j(Up) 'H j(Dm) = 0 per ogni j ∈ N, gli isomorfismi

H j(M,M\p) ' H j(Up,Up\p) ' H j−1(Up\p).

Per omotopia abbiamo, per ogni j ∈ N,

H j(Up\p) ' H j(∂Up) ' H j(S m−1) '

Z se j = m − 1,0 se j , m − 1.

Abbiamo ottenuto in particolare:

Proposizione 23.1. Siano M una varieta differenziabile di dimensione m e p unpunto di M. Allora, per ogni gruppo abeliano G, abbiamo

(1.1) H j(M,M \ p; G) '

0 se j , m,G se j = m.

Indichiamo con U la famiglia degli aperti U di M che godono della proprieta:esiste un omeomorfismo φ : Dm → U ⊂ M del disco Dm sulla chiusura U di

U in M la cui restrizione alla parte interna Bm di Dm sia un diffeomorfismo su U.Per ogni punto p di U risulta definito un isomorfismo

γp : Hm−1(∂U) −→ Hm(M,M\p),

413

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414 23. CLASSI CARATTERISTICHE

ottenuto componendo l’inverso dell’isomorfismo Hm(U,U \p) → Hm−1(∂U) de-scritto sopra con l’isomorfismo Hm(U,U \p) → Hm(M,M\p) definito dall’ex-cisione.

Sull’unione disgiunta M =⊔

p∈MHm(M,M \ p) definiamo la topologia che hacome base degli aperti i

W(U, τ) =⊔

p∈Uγp(τ), per U ∈ U, τ ∈ Hm−1(∂U).

Proposizione 23.2. Con questa topologia, la proiezione naturale Mπ−−→ M, che

associa ad un elemento di Hm(Up,Up \ p) il punto p, definisce un rivestimento diM che e anche una Z-fibrazione principale.

Definizione 23.1. Il rivestimento Mπ−−→ M si dice il fibrato di orientazione di M.

Il gruppo Hm(M,M \p) ' Z, e ciclico infinito e vi sono percio esattamentedue possibili scelte distinte del suo generatore.

Definizione 23.2. Sia p ∈ M. Un generatore op di Hm(M,M\p) si dice un’orientazionedi M in p.

Ci sono esattamente due orientazioni di M in ogni suo punto p.Un’orientazione di M e una sezione o ∈ Γ(M, M) tale che in ogni punto p di

M il valore op di o sia un’orientazione di M in p.

Possiamo definire un’applicazione continua

(1.2) M 3 σ −→ |σ| ∈ Z+

(valore assoluto) associando 0 all’elemento nullo di Hm(M,M \ p) e, ad ognielemento non nullo σ ∈ Hm(M,M \ p), l’unico intero positivo |σ| per cui σ/|σ|sia un generatore di Hm(M,M \ p). Poniamo

M(k) = σ ∈ M | |σ| = k.

Proposizione 23.3. (1) Se k ∈ Z+, l’applicazione

(1.3) γk : M(k) 3 σ −→ π(σ) ∈ M

e un diffeomorfismo per k = 0 ed un rivestimento a due fogli per k > 0.(2) Il fibrato ˜M(k)

πk−−→ M(k) delle orientazioni di M(k) e il pullback di M

π−−→

M mediante la (1.3).(3) Per ogni intero positivo k la varieta M(k) ha un’orientazione naturale,

definita da

(1.4) oM(k)(σ) = γ∗k(σ/k).

(4) Per ogni coppia di interi positivi k1, k2, esiste un unico diffeomorfismoφk1,k2 , che preservi le orientazioni e renda commutativo il diagramma

M(k1)φk1 ,k2 //

γk1 ##FFFFFFFF M(k2)

γk2xxxxxxxx

M.

Page 415: Nacinovich - Geometria differenziale

1. IL FIBRATO DEGLI ORIENTAMENTI DI UNA VARIETA DIFFERENZIABILE 415

Definizione 23.3. La varieta M(1) si dice la varieta di orientazione di M.

Proposizione 23.4. Una varieta connessa M e orientabile se e soltanto se M(1)non e connessa.

Corollario 23.5. Sia M una varieta connessa. Se il suo gruppo fondamentaleπ1(M) non contiene sottogruppi di indice due, allora M e orientabile.

Dimostrazione. Supponiamo che M non sia orientabile e consideriamo la suc-cessione esatta di Serre per la fibrazione M(1)

π−→ M. Poiche M(1) e connessa per

archi, π0(M(1)) = 0 e dunque dall’esattezza di

π1(M(1)) −−−−−→ π1(M) −−−−−→ Z2 −−−−−→ 0

segue che l’immagine di π1(M(1)) in π1(M) e un suo sottogruppo di indice due1.

Osservazione 23.6. Poiche H1(M) e l’abelianizzato π1(M)/[π1(M), π1(M)] di π1(M),una condizione sufficiente affinche M sia orientabile e che H1(M) non contengasottogruppi di indice due.

Sia A un qualsiasi sottoinsieme di M. Per ogni punto p ∈ A, l’inclusione(M,M\A) → (M,M\p) definisce un’applicazione naturale

(iM,M\pM,M\A )∗ : Hm(M,M\A) −→ Hm(M,M\p).

Otteniamo in questo modo una sezione

JA[z] : A 3 p→ (iM,M\pM,M\A )∗[z] ∈ M.

Proposizione 23.7. Sia A un qualsiasi sottoinsieme di M. Ogni elemento [z] ∈Hm(M,M\A), la JA[z] e una sezione continua di M su A. Se A e una sottovarietadifferenziabile di M, allora JA[z] ∈ Γ(A, M).

La corrispondenza [z] → JA[z] e funtoriale: se B e un sottoinsieme di A,abbiamo un diagramma commutativo

Hm(M,M\A)JA

−−−−−→ Γ0(A, M)

(ιM,M\BM,M\A)∗y yrA

B

Hm(M,M\B) −−−−−→JB

Γ0(B, M),

ove abbiamo indicato con Γ0 lo spazio delle sezioni continue e con rAB la restrizione

da A a B.

Definizione 23.4. Se A ⊂ M, una sezione oA ∈ Γ0(A, M) si dice un’orientazione diM lungo A se |oA(p)| = 1 per ogni p ∈ A.

Se esiste una tale oA, diciamo che M e orientabile lungo A.Chiaramente M e orientabile se e soltanto se e orientabile lungo M.

Abbiamo1 Piu in generale, uno spazio topologico connesso e connesso per archi ammette un rivestimento

a due fogli se e soltanto se il suo gruppo fondamentale contiene un sottogruppo di indice due.

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416 23. CLASSI CARATTERISTICHE

Proposizione 23.8. Condizione necessaria e sufficiente affinche M sia orientabilelungo il suo sottoinsieme A e che Γ0(A, M) contenga una sezione che non si annullain nessun punto.

Dimostrazione. Se s ∈ Γ0(A, M) ed s(p) , 0 per ogni p ∈ A, possiamoconsiderare oA(p) = s(p)/|s(p)| per ogni p ∈ A.

Se M e orientabile lungo A ⊂ M ed oA e un’orientazione di M lungo A, allora

A × Z 3 (p, k) −→ k · oA(p) ∈ M|Ae un isomorfismo di Z-fibrati principali su A: gli elementi di Γ0(A,Z) si possonoallora identificare alle funzioni su A, a valori in Z, che sono localmente costanti suA.

Orientazione di un prodotto. Siano M ed N due varieta differenziabili, didimensioni m ed n rispettivamente.

Per la formula di Kunnet,

Hm+n(M × N,M × N\(p, q)) ' Hm(M,M\p) ⊗Z Hn(N,N\q)∀p ∈ M, ∀q ∈ N

e qundi una sezione JA[z] ∈ Γ(A, M). Ne segue che

Teorema 23.9. Il fibrato di orientazione M×NπM×N−−−−→ M×N della varieta prodotto

M×N e il prodotto tensoriale dei Z-fibrati principali fibrati di orientazione MπM−−→

M e NπN−−→ N.

Ricaviamo in particolare il

Corollario 23.10. Il prodotto di due varieta orientabili e orientabile.

Dimostrazione. Il prodotto tensoriale definisce un’applicazione continua

M × N 3 (u, v) −→ u ⊗ v ∈ M ⊗Z N ' M×N.

Quindi, se A ⊂ M e B ⊂ N, otteniamo un’applicazione continua

Γ0(A, M) × Γ0(B, N) 3 (s1, s2) −→ s1 ⊗ s2 ∈ Γ0(A × B, M×N).

Se oM ∈ Γ(M, M) e un’orientazione di M ed oN ∈ Γ(N, N) un’orientazione di N,allora oM ⊗ oN e un’orientazione di M × N.

2. Varieta a bordo

Consideriamo ora il caso di varieta a bordo.Sia M una varieta a bordo di dimensione m. Denotiamo con M la varieta senza

bordo che consiste dei suoi punti interni, e con ∂M il bordo di M. Ricordiamo che∂M e una varieta senza bordo di dimensione m−1.

Ogni aperto V di M e a sua volta una varieta a bordo, con parte interna V =

V ∩ M e bordo ∂VV = V ∩ ∂M.In modo analogo a quanto fatto in precedenza, possiamo definire omomorfismi

naturaliJV : Hm(M,M\V) −→ Γ(V , ˜M),

Page 417: Nacinovich - Geometria differenziale

2. VARIETA A BORDO 417

utilizzando l’isomorfismo di excisione Hm(M,M\V) ' Hm(M, M\V).Otteniamo ancora un omomorfismo naturale

J∂VV : Hm−1(M\V ,M\V) −→ Γ(∂VV, ∂M)

utilizzando l’isomorfismo di excisione

Hm−1(M\V ,M \ V) ' Hm−1(∂M,M\∂VV)

(la coppia (∂M,M\V) e excisiva).Con queste definizioni, otteniamo per ogni p ∈ V e q ∈ ∂VV diagrammi

commutativi

Hm(M,M\V)JV

−−−−−→ Γ(V , ˜M)y yHm(M,M\p) −−−−−→

'Hm(V , V \p),

Hm−1(M\V ,M\V)J∂VV−−−−−→ Γ(∂VV, ∂M)y y

Hm−1(M\V , (M\V)\q) −−−−−→'

Hm−1(∂VV, ∂VV \q),

e le applicazioni sono compatibili con le restrizioni: se V ′ e un altro aperto di Mcon V ⊂ V ′, abbiamo diagrammi commutativi

Hm(M,M\V ′)JV′−−−−−→ Γ(V ′, ˜M)y y

Hm(M,M\V)JV

−−−−−→ Γ(V , ˜M)

Hm−1(M\V ′,M\V ′)J∂V′V

−−−−−→ Γ(∂VV ′, ∂M)y yHm−1(M\V ,M\V)

J∂VV−−−−−→ Γ(∂VV, ∂M).

Proposizione 23.11. Se M e una varieta a bordo di dimensione m, esiste un’unicafamiglia di omomorfismi

∂V : Γ(V , M) −→ Γ(∂V, ∂M), per V aperto in M,

compatibile con le inclusioni e che renda commutativi i diagrammi

Hm(M,M\V)JV

−−−−−→ Γ(V , ˜M)y yHm−1(M \ V ,M\V) −−−−−→

J∂V VΓ(∂V, ∂M).

Page 418: Nacinovich - Geometria differenziale

418 23. CLASSI CARATTERISTICHE

Se V e un aperto di M ed oV ∈ Γ(V , ˜M) un’orientazione di V, allora la suaimmagine ∂V (oV ) = o∂V ∈ Γ(∂V, ∂M) e un’orientazione su ∂V, che is dice indottada oV .

In particolare, se M e orientabile, anche ∂M e orientabile.

Dimostrazione. Usando l’excisione, possiamo ricondurre lo strudio delle ap-plicazioni JV e I∂VV al caso in cui M = x = (x1, . . . , xm) ∈ Rm | |x| < 1, xm ≥ 0 e

quindi i fibrati ˜MπM−−→ M e ∂M

π∂M−−−→ ∂M sono banali. Se p ∈ ∂V ed s ∈ C 0(V ,Z),

allora esiste un ε(p) > 0 tale che s(p + tem) sia definita e costante per 0 < t < ε(p).La la ∂V associa ad s una ∂V s che assume in p ∈ ∂VV il valore di s(p + tem) per0 < t < ε(p).

A partire da questa considerazione, si dimostra facilmente l’enunciato.

Osservazione 23.12. In generale, dato uno spazio di Hausdorff X, possiamo defi-nire Xm =

⊔p∈X Hm(X, X\p) e definire su Xm la topologia che ha come base degli

aperti gli

Vm =(ιX,X\pX\V

)∗(τ)

∣∣∣∣ p ∈ V, τ ∈ Hm(X, X\V),

al variare di V tra gli aperti di X. Otteniamo una fibrazione naturale Xm πm−−→ X

che non e in generale localmente banale, anche se πm e un omeomorfismo localesurgettivo.

Se

H j(X, X\p) =

0 se j , m,Z se j = m,

la X si dice una varieta generalizzata di dimensione m.

3. La classe di Eulero e la classe di Thom

Sia ξ = (Eπ−→ M) un fibrato vettoriale reale di rango due, orientato. Una

metrica Riemanniana sulle fibre di ξ definisce su di esse una struttura complessa epossiamo quindi considerare ξ come un fibrato complesso in rette. Consideriamoun atlante

Page 419: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 24

Appendice: Omologia

1. Notazione

N = 0, 1, 2, . . . e l’insieme degli interi non negativi.(X, A) indica una coppia topologica, cioe la coppia formata da uno spazio

topologico X e da un suo sottospazio topologico A.

La coppia topologica (X, ∅) sara indicata semplicemente con X. Se A = xe un singoletto, scriveremo a volte, per semplicita di notazione, (X, x) invece di(X, x).

Se (X, A) ed (Y, B) sono due coppie topologiche con X ⊂ Y ed A ⊂ B, indichia-mo con ı(Y,B)

(X,A) l’inclusione X → Y ed A → B.

Se A = ∅ scriveremo ı(Y,B)X invece di ı(Y,B)

(X,∅) e,

se B = ∅, ıYX invece di ı(Y,∅)(X,∅).

Useremo la notazione h∗(X) ed hp(X) invece di h∗(X, ∅) ed hp(X, ∅).

Definizione 24.1. Una triade (X; A, B) di spazi topologici, con A ∪ B = X, si diceexcisiva se

X = intX(A) ∪ intX(B).

Definizione 24.2. Un’applicazione continua f : X → Y e una n-equivalenza debo-le se, per ogni x ∈ X, le applicazioni f∗ : πh(X, x) → πh(Y, f (x)) sono bigettive perh < n ed f∗ : πn(X)→ πn(Y) e surgettiva.

E un’equivalenza debole se e una n-equivalenza debole per ogni n.Un’applicazione continua f : (X, A) → (Y, B) tra coppie topologiche si dice

una equivalenza debole se sia X 3 x → f (x) ∈ Y che A 3 x → f (x) ∈ B sonoequivalenze deboli.

Alcune costruzioni topologiche. Ricordiamo che uno spazio puntato e unospazio topologico non vuoto X su cui si sia fissato un punto distinto x0 ∈ X. Scri-veremo nel seguito X, invece che (X, x0), sottintendendo il punto base quando nonvi sia rischio di confusione.

Se X, Y sono spazi puntati con punti base x0 ∈ X ed y0 ∈ Y rispettivamente,definiamo:

X ∨ Y = X × Y/((X × y0) ∪ (x0 × Y)

)(bouquet di X e Y),(1.1)

X ∧ Y = X × Y/X ∨ Y (smash di X e Y).(1.2)

419

Page 420: Nacinovich - Geometria differenziale

420 24. APPENDICE: OMOLOGIA

Il bouquet e lo smash (che si dice anche prodotto tensoriale) sono a loro volta spazipuntati, con punti base corrispondenti alle immagini di (X × y0) ∪ (x0 × Y) e diX ∨ Y , rispettivamente.

Siano I = [0, 1], con punto base 1 ed S 1 = z ∈ C | |z| = 1, anch’esso conpunto base 1. Dato lo spazio puntato X con punto base x0 definiamo:

CX = X ∧ I (cono ridotto di X)(1.3)

ΣX = X ∧ S 1 (sospensione ridotta di X).(1.4)

Cofibrazioni. Un’applicazione ι : A → X si dice una cofibrazione se ha laproprieta dell’esensione dell’omotopia, se cioe, per ogni spazio topologico Y , perogni applicazione continua f : X → Y ed ogni omotopia F : A × I → Y di f ι,esiste un’omotopia F : X × I → Y che renda commutativo il diagramma:

Aı0 //

ι

??????? A × I

F||xxxxxxxxx

ι×id

Y

X

f??

ı0// X × I,

FbbE

EE

EE

Esempio 24.1. L’inclusione ι : A → X, per una coppia cellulare (X, A), e unacofibrazione.

Definizione 24.3. Un punto x0 di uno spazio topologico X e un punto base nondegenere se l’inclusione x0 → X e una cofibrazione.

Chiamiamo spazio puntato non degenere uno spazio puntato X il cui puntobase sia non degenere.

2. Definizione assiomatica

Un’omologia e un funtore covariante

(2.1) (A, B) −→ h∗(A, B) =

∞⊕p=0

hp(A, B)

dalla categoria delle coppie topologiche a quella dei gruppi abeliani N-graduati,che soddisfa gli assiomi 1 − 5 seguenti.

Prima di enunciare gli assiomi, ricordiamo che il fatto che h∗ sia un funtorecovariante significa:

Funtorialita. Se f : (X, A) → (Y, B) e un’applicazione continua, allora sonodeterminati omomorfismi di gruppi abeliani

(2.2) f∗ : h∗(X, A) −→ h∗(Y, B), con f∗(hp(X, A)) ⊂ hp(Y, B) ∀p ∈ N,

in modo tale che, se idX : (X, A) → (X, A) e l’identita ed f , g due applicazioni

continue con (X, A)f−→ (Y, B)

g−→ (Z,C), allora

(idX)∗ = idh∗(X,A),(2.3)

Page 421: Nacinovich - Geometria differenziale

2. DEFINIZIONE ASSIOMATICA 421

(g f )∗ = g∗ f∗.(2.4)

Gli assiomi che caratterizzano l’omologia sono i seguenti:

1. Assioma d’omotopia. Se (X, A)f0−−→

f1(Y, B) definiscono la stessa classe di

omotopia in π(X, A; Y, B), allora f1 ∗ = f0 ∗.

2. Assioma della frontiera. Ad ogni coppia topologica1 (X, A) e associa-to un omomorfismo frontiera (che si dice anche omomorfismo di connessione odifferenziale)

(2.5) ∂ = ∂X,A : hp(X, A) −→ hp−1(A)

in modo tale che per ogni applicazione continua f : (X, A) → (Y, B) ed ogni interopositivo p si abbia un diagramma commutativo

(2.6)

hp(X, A)f∗

−−−−−→ hp(Y, B)

∂X,A

y y∂Y,B

hp−1(A) −−−−−→fA∗

hp−1(B).

3. Assioma di excisione. Se (X; A, B) e una triade excisiva, allora

(2.7) (ιX,BA,A∩B)∗ : hp(A, A ∩ B)'

−−−−−→ hp(X, B),

e un isomorfismo per ogni p ∈ N.

4. Assioma di esattezza. Per ogni coppia topologica (X, A), abbiamo unasuccessione esatta lunga di omologia:

(2.8)

· · · −−−−−→ hp+1(A)(ıXA)∗−−−−−→ hp+1(X)

(ı(X,A)X )∗−−−−−→ hp+1(X, A)→

∂X,A−−−−−→ hp(A)

(ıXA)∗−−−−−→ hp(X)

(ı(X,A)X )∗−−−−−→ hp(X, A)→

∂X,A−−−−−→ hp−1(A) −−−−−→ · · ·

5. Assioma dimensionale. Se pt e uno spazio topologico composto di un solopunto, allora

(2.9) hp(pt) = 0 ∀p > 0.

Definizione 24.4. Il gruppo G = h0(pt) si dice il gruppo dei coefficienti dell’omo-logia h∗.

1Identifichiamo uno spazio topologico X alla coppia topologica (X, ∅). Quindi hp(X) :=hp(X, ∅). Converremo inoltre, per semplicita, che hp(X, A) sia definito per ogni p ∈ Z ed ugualea 0 per ogni p negativo.

Page 422: Nacinovich - Geometria differenziale

422 24. APPENDICE: OMOLOGIA

Osservazione 24.1. Se rafforziamo l’assioma di omotopia richiedendo in piu cheper ogni equivalenza debole f : (X, A) → (Y, B) la corrispondente f∗ : h∗(X, A) →h∗(Y, B) sia un isomorfismo, allora l’omologia h∗ e completamente determinata dalsuo gruppo dei coefficienti. Scriveremo allora

(2.10) hp(X, A) = Hp(X, A; G) se h0(pt) = G.

Il gruppo h∗(X, A) e comunque completamente determinati dal gruppo dei coeffi-cienti nel caso in cui (X, A) sia una coppia cellulare2.

Osservazione 24.2. Per ogni spazio topologico X ed ogni omologia, abbiamohp(X, X) = hp(∅) = 0. L’uguaglianza hp(X, X) ' hp(∅) segue dall’assioma diexcisione, applicato ad A = ∅, B = X. Applicando l’assioma di esattezza al casoA = ∅, B = ∅, troviamo una successione esatta lunga di omomorfismi di gruppiin cui tutti i termini sono uguali e le applicazioni ı∗ e ∗ sono isomorfismi. Se neconclude che tutti i gruppi sono banali.

3. Prime conseguenze degli assiomi

Si ricava immediatamente dagli assiomi

Teorema 24.3 (invarianza omotopica). Se (X, A) ed (Y, B) sono due coppie omoto-picamente equivalenti, allora h∗(X, A) ' h∗(Y, B).

Abbiamo poi, nel caso dei complessi di celle:

Teorema 24.4 (quoziente). Sia (X, A) una coppia cellulare. Allora

(3.1) hp(X, A) = hp(X/A, ptA), ∀p ∈ N,

ove ptA e l’immagine di A nella proiezione sul quoziente X → X/A.

Dimostrazione. Il cono CA = (A × [0, 1])/(A × 0) di base A ha lo stessotipo d’omotopia di un punto. Poiche (X, A) e una coppia cellulare, possiamo esten-dere un’omotopia che collassa CA ad un punto ad un’omotopia F della sommatopologica X ∪A CA. Otteniamo cosı un’equivalenza omotopica

(X ∪A CA,CA) ' (X/A, ptA).

Per l’assioma di excisione,

hp(X ∪A CA,CA) ≡ hp(X, X ∩CA) = hp(X, A).

La tesi segue quindi per l’invarianza omotopica.

Osservazione 24.5. Nell’enunciato del teorema precedente potremmo sostituireall’ipotesi che (X, A) sia una coppia cellulare l’ipotesi che ι : A → X sia unacofibrazione.

dove ı0(x) = (x, 0).

2Vedi ad esempio il Cap. 13 in J.P.May: A concise course in Algebraic Topology, ChicagoLectures in Mathematics, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1999.

Page 423: Nacinovich - Geometria differenziale

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI 423

Teorema 24.6. Sia X uno spazio topologico non vuoto ed x0 ∈ X. Allora

h0(X) = h0(X, x0) ⊕ h0(pt),hp(X) = hp(X, x0) ∀p > 0.

Dimostrazione. Utilizzando la successione esatta lunga della coppia (X, x0)si ottiene subito che hp(X) = hp(X, x0) per ogni p ≥ 2. Abbiamo quindi unasuccessione esatta

(∗) 0→ h1(X)→h1(X, x0)→h0(x0)→h0(X)→h0(X, x0)→ 0.

Consideriamo l’applicazione costante f : X → x0. Essa induce un omomorfismof∗ : h0(X) → h0(x0). Se ι : x0 3 x0 → x0 ∈ X, da f ι = idx0 otteniamo che lacomposizione

h0(x0)ι∗

−−−−−→ h0(X)f∗

−−−−−→ h0(x0)e l’identita. In particolare, ι∗ e iniettiva e quindi la successione esatta (∗) si spezzanelle due successioni esatte

0 −−−−−→ h1(X) −−−−−→ h1(X, x0) −−−−−→ 0,

0 −−−−−→ h0(x0)ι∗

−−−−−→ h0(X) −−−−−→ h0(X, x0) −−−−−→ 0.

Inoltre, h0(X, x0) ' ker( f∗ : h0(X) → h0(x0)), perche f∗ e un’inversa destra di ι∗.Otteniamo cosı la tesi.

Definizione 24.5. Il gruppo hp(X, x0) non dipende dalla scelta del punto base x0.Lo indichiamo con hp(X) e lo chiamiamo omologia ridotta di X.

Se X , ∅, x0 ∈ X, ed f : X → x0 e l’applicazione costante, abbiamo

hp(X) = ker( f∗ : hp(X)→ hp(x0)), ∀p ∈ N.

Se (X, A) e una coppia con A , ∅, poniamo hp(X, A) = hp(X, A).

Possiamo allora riformulare il Teorema 24.4 nella forma

Teorema 24.7 (quoziente). Siano X uno spazio topologico ed A un sottoinsiemenon vuoto di X. Se l’inclusione A → X e una cofibrazione, allora

(3.2) hp(X, A) = hp(X, A) = hp(X/A), ∀p ∈ N.

Proposizione 24.8. Se (X, A) e una coppia topologica, con A , ∅, allora abbiamoanche per l’omologia ridotta la successione esatta lunga:

(3.3)

· · · −−−−−→ hp+1(A)ı∗

−−−−−→ hp+1(X)∗

−−−−−→ hp+1(X, A)→∂

−−−−−→ hp(A)ı∗

−−−−−→ hp(X)∗

−−−−−→ hp(X, A)→∂

−−−−−→ hp−1(A) −−−−−→ · · ·

Proposizione 24.9 (omologia delle sfere). Per ogni intero n ≥ 0 abbiamo

(3.4) hp(S n) '

G se p = n,0 se p , n.

Page 424: Nacinovich - Geometria differenziale

424 24. APPENDICE: OMOLOGIA

Dimostrazione. Calcoliamo l’omologia della sfera S 0 = ±1. Per l’excisione,abbiamo hp(S 0,−1) ' hp(pt) per ogni p ∈ N. Otteniamo percio dalla successioneesatta della coppia (S 0,−1) che hp(S 0) = 0 se p > 0 ed h0(S 0) ' G ⊕ G, cheequivale ad h0(S 0) ' G.

Utilizziamo poi il fatto che S n si ottiene dal disco Dn identificando ad un puntola sua frontiera ∂Dn = S n−1. Poiche (Dn, S n−1) e una coppia cellulare, otteniamoche hp(S n) ' hp(Dn, S n−1) per ogni intero p. Dalla successione esatta della coppia(Dn, S n−1), poiche Dn ha il tipo di omotopia di un punto, otteniamo che hp(S n) 'hp−1(S n−1) per ogni n ≥ 1. La tesi segue per ricorrenza su n dal caso n = 1.

Teorema 24.10 (omologia della sospensione). Se X e uno spazio cellulare puntato,allora

(3.5) hp(X) ' hp+1(ΣX), ∀p ∈ Z.

Dimostrazione. Poiche il cono CX e contrattile, abbiamo hp(CX) = 0 per ognip ∈ N. La successione esatta lunga di omologia della coppia (CX, X) ci da alloraisomorfismi

∂ : hp(X)'−−→ hp−1(CX, X), ∀p ∈ Z.

Osserviamo ora che, se X e cellulare, allora (CX, X) e una coppia cellulare e quindi,poiche ΣX e omeomorfo al quoziente CX/X,

hp(CX, X) ' hp(CX/X) ' hp(ΣX), ∀p ∈ Z,

da cui segue la tesi.

Questo risultato ci permette di calcolare in un altro modo l’omologia ridottadelle sfere, utilizzando il fatto che, per ogni n ∈ N, abbiamo un omeomorfismoΣS n ' S n+1.

Data una tripla di spazi topologici A ⊂ Y ⊂ X definiamo un differenziale∂ : hp(X,Y)→ hp−1(X, A) mediante la composizione

(3.6) hp(X,Y)∂

−−−−−→ hp−1(Y)∗

−−−−−→ hp−1(Y, A),

ove = ı(Y,A)Y e l’inclusione (Y, ∅) → (Y, A).

Teorema 24.11 (successione esatta di una tripla). Sia X uno spazio topologico esiano A, Y due sottospazi di X con A ⊂ Y ⊂ X. Abbiamo allora una successioneesatta lunga

(3.7)

· · · −−−−−→ hp+1(X,Y)→

−−−−−→ hp(Y, A) −−−−−→ hp(X, A) −−−−−→ hp(X,Y) →

−−−−−→ hp−1(Y, A) −−−−−→ · · ·

Definiamo le applicazioni

φ : hp(A ∩ B) 3 γ −→((ıAA∩B)∗(γ), (ıBA∩B)∗(γ)

)∈ hp(A) ⊕ hp(B),

ψ : hp(A) ⊕ hp(B) 3 (α, β) −→ (ıA∪BA )∗(α) − (ıA∪B

B )∗(β) ∈ hp(A ∪ B),

Page 425: Nacinovich - Geometria differenziale

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI 425

d : hp(A ∪ B)ı∗−→ hp(A ∪ B, A) ' hp(B, A ∩ B)

∂−→ hp−1(A ∩ B),

cioe

d = ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗.

Teorema 24.12 (successione di Mayer-Vietoris). Se A e B sono sottospazi topolo-gici di uno spazio topologico X, abbiamo una successione esatta lunga

(3.8)

· · · −−−−−→ hp+1(A∪B)→d

−−−−−→ hp(A∩B)φ

−−−−−→ hp(A) ⊕ hp(B)ψ

−−−−−→ hp(A∪B)→d

−−−−−→ hp−1(A∩B) −−−−−→ . . .

Dimostrazione.

1. Esattezza in hp(A) ⊕ hp(B). Chiaramente φ ψ = 0. Sia (α, β) ∈ hp(A) ⊕hp(B), con A∗(α) = B∗(β). Consideriamo dapprima il caso in cui α = 0. Abbiamoun diagramma commutativo

hp+1(A, A ∩ B)∂A,A∩B−−−−−→ hp(A ∩ B)

'

y y(ıBA∩B)∗

hp+1(A ∪ B, B) −−−−−→∂A∪B,B

hp(B),

dove la prima freccia verticale e l’isomorfismo dato dall’excisione. Allora, perl’esattezza della successione

hp(A, A ∩ B) ' hp(A ∪ B, B)∂(A∪B),B−−−−−−→ hp(B)

(ıA∪BB )∗−−−−−→ hp(A ∪ B)

esiste un elemento δ ∈ hp(A, A ∩ B) tale che

β = (ıBA∩B)∗∂A,A∩B(δ).

Otteniamo allora

φ(∂A,A∩B(δ)) = ((ıAA∩B)∗(∂A,A∩B(δ)), (ıBA∩B)∗∂A,A∩B(δ)) = (0, β).

Consideriamo ora il caso generale.Se α ∈ hp(A), β ∈ hp(B) e (ıA∪B

A )∗(α) = (ıA∪BB )∗(β), allora

(ı(A∪B,B)A∪B )∗((ıA∪B

A )∗(α)) = (ı(A∪B,B)A∪B )∗((ıA∪B

B )∗(β)) = 0.

Consideriamo il diagramma commutativo

hp(A)(ıA∪B

A )∗−−−−−→ hp(A ∪ B)

(ı(A,A∩B)A )∗

y (ı(A∪B,B)A∪B )∗

yhp(A, A ∩ B)

'−−−−−−−→(ı(A∪B,B)

(A,A∩B))∗hp(A ∪ B, B).

Page 426: Nacinovich - Geometria differenziale

426 24. APPENDICE: OMOLOGIA

Abbiamo

(ı(A∪B,B)(A,A∩B))∗ (ı(A,A∩B)

A )∗(α) = (ı(A∪B,B)A∪B )∗ (ıA∪B

A )∗(α)

= (ı(A∪B,B)A∪B )∗ (ıA∪B

B )∗(β) = 0.

Quindi, per l’excisione, (ı(A,A∩B)A (α) = 0. Per l’esattezza della successione

hp(A ∩ B)(ıAA∩B)∗−−−−−→ hp(A)

(ı(A,A∩B)A )∗−−−−−−−→ hp(A, A ∩ B)

otteniamo che esiste un elemento γ ∈ hp(A ∩ B) tale che α = (ıAA∩B)∗(γ). Abbiamo

(α, β) − φ(γ) = (0, β − (ıBA∩B)∗(γ)) = (0, β′), conψ(0, β′) = 0,

e ci siamo quindi ricondotti al caso speciale considerato all’inizio.

2. Esattezza in hp(A ∪ B). Osserviamo innanzi tutto che d ψ = 0. Infatti, seα ∈ hp(A), allora (ıA∪B

A )∗ (ı(A∪B,A)A∪B = 0 e quindi a maggior ragione

∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗(ıA∪BA )∗(α) = 0.

Se β ∈ hp(B), utilizziamo il diagramma commutativo

hp(B)(ıA∪B

B )∗−−−−−→ hp(A ∪ B)

(ı(B,A∩B)B )∗

y y(ı(A∪B,A)A∪B )∗

hp(B, A ∩ B)'

−−−−−−−→(ı(A∪B,A)

(B,A∩B))∗hp(A ∪ B, A).

Otteniamo

∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗(ıA∪BB )∗(β)

= ∂B,A∩B (ı(B,A∩BB )∗(β) = 0

per l’esattezza della successione

(∗) hp(B)(ı(B,A∩B)

B )∗−−−−−−−→ hp(B, A ∩ B)

∂B,A∩B−−−−−→ hp−1(A ∩ B).

Sia ora δ ∈ hp(A ∪ B) con d(δ) = 0. Per l’esattezza di (∗), otteniamo che

∃β ∈ hq(B) tale che (ı(A∪B,A)A∪B )∗(δ) = (ı(A∪B,A)

(B,A∩B))∗ (ı(B,A∩B)B )∗(β).

Per la commutativita del diagramma

hp(B)(ı(B,A∩B)

B )∗−−−−−−−→ hp(A, A ∩ B)

(ıA∪BB )∗

y '

y(ı(A∪B,A)(A,A∩B))∗

hp(A ∪ B) −−−−−−−→(ı(A∪B,A)

A∪B )∗hp(A ∪ B, A)

otteniamo che(ı(A∪B,A)

A∪B )∗(δ − (ıA∪BB )∗(β)) = 0.

Page 427: Nacinovich - Geometria differenziale

3. PRIME CONSEGUENZE DEGLI ASSIOMI 427

Per l’esattezza della successione

hp(A)(ıA∪B

A )∗−−−−−→ hp(A ∪ B)

(ı(A∪B,A)A∪B )∗−−−−−−−→ hp(A ∪ B, A)

segue che esiste un α ∈ hp(A) tale che

δ − (ıA∪BB )∗(β) = (ıA∪B

A )∗(α), cioe δ = ψ(α, β).

3. Esattezza in hp(A ∩ B). Dimostriamo in primo luogo che φ d = 0.Abbiamo

(ıBA∩B)∗ d = (ıBA∩B)∗ ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗

= 0 (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗ = 0.

D’altra parte, dal diagramma commutativo

hp+1(B, A ∩ B)(ı(A∪B,A)

(B,A∩B))∗−−−−−−−→ hp+1(A ∪ B, A)

∂B,A∩B

y y∂A∪B,A

hp(A ∩ B) −−−−−−−−−−→(ıAA∩B)∗

hp(A)

segue che

(ıAA∩B)∗ d = (ıAA∩B)∗ ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗

= ∂A∪B,A (ı(A∪B,A)(B,A∩B))∗ (ı(A∪B,A)

(B,A∩B))−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗

= ∂A∪B,A (ı(A∪B,A)A∪B )∗ = 0.

Questo completa la dimostrazione del fatto che φ δ = 0.Sia ora γ ∈ hp(A ∩ B), con φ(γ) = 0. Dalla (ıBA∩B)∗(γ) = 0 segue che esiste un

elemento µ ∈ hp+1(B, A ∩ B) tale che γ = ∂B,A∩B(µ). Sia η = (ı(A∪B,A)(B,A∩B))∗(µ). Poiche

0 = (ıAA∩B)∗(γ) = (ıAA∩B)∗ ∂B,A∩B(µ)

= (ıAA∩B)∗ ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (η)

= ∂A∪B,A(η),

abbiamo η = (ı(A∪B,A)A∪B )∗(δ) per un elemento δ ∈ hp+1(A ∪ B). Quindi

γ = ∂B,A∩B(µ)

= ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (η)

= ∂B,A∩B (ı(A∪B,A)(B,A∩B))

−1∗ (ı(A∪B,A)

A∪B )∗(δ)

= d(δ).

La dimostrazione e completa.

Page 428: Nacinovich - Geometria differenziale

428 24. APPENDICE: OMOLOGIA

4. La formula di Kunnet

Definiamo il prodotto di due coppie topologiche nel modo seguente:

(4.1) (X, A) × (Y, B) = (X × Y, X×B ∪ A×Y).

Vale il

Teorema 24.13 (Kunnet). Se (X, A), (Y, B) sono due coppie topologiche ed (X ×B, A × Y) e una coppia excisiva, allora, per ogni intero non negativo p, abbiamo

(4.2) hp((X, A) × (Y, B)) =⊕

p1+p2=php1(X, A) ⊗Z hp2(Y, B).

5. Gruppi di omologia dei complessi cellulari

Sia X un complesso cellulare di dimensione m. Indichiamo con Xn lo scheletron-dimensionale di X, cioe l’unione delle sue celle di dimensione ≤ n.

Se G = h0(pt), definiamo i gruppi abeliani Cn(X,G) mediante

(5.1) Cn(X,G) = hn(Xn, Xn−1)

e consideriamo le applicazioni

(5.2) ∂n = (ı(Xn−1,Xn−2)

Xn−1 )∗ ∂Xn,Xn−1 : Cn(X,G) −→ Cn−1(X,G).

Otteniamo in questo modo una successione di gruppi abeliani e di omomorfismi:

(5.3)· · · → Cn(X,G)

∂n−−−−−→ Cn−1(X,G)

∂n−1−−−−−→ Cn−2(X,G)→

· · · → C2(X,G)∂2

−−−−−→ C1(X,G)∂1

−−−−−→ C0(X,G)→ 0

Teorema 24.14. Se X e un complesso cellulare, allora (5.4) e un complesso, cioe

(5.4) ∂n−1 ∂n = 0, ∀n ∈ N.

Dimostrazione. Infatti ∂n ∂n−1 e la composizione

hn(Xn, Xn−1)∂Xn ,Xn−1−−−−−−→ hn−1(Xn−1)

(ı(Xn−1 ,Xn−2)

Xn−1 )∗−−−−−−−−−−→ hn−1(Xn−1, Xn−2)

∂Xn−1 ,Xn−2−−−−−−−−→ hn−2(Xn−2)

(ı(Xn−2 ,Xn−3)

Xn−2 )∗−−−−−−−−−−→ hn−1(Xn−2, Xn−3),

che e nulla perche (ı(Xn−1,Xn−2)

Xn−1 )∗ ∂Xn−1,Xn−2 = 0.

Proposizione 24.15. Sia X un complesso cellulare finito e sia qn il numero di celledi dimensione n di X. Se h0(pt) = G, allora

(5.5) Cn(X,G) ' Gqn = G ⊕ · · · ⊕G︸ ︷︷ ︸qn volte

.

Abbiamo inoltre

(5.6) hp(Xn, Xn−1) = 0, ∀p , n, p > 0.

Page 429: Nacinovich - Geometria differenziale

5. GRUPPI DI OMOLOGIA DEI COMPLESSI CELLULARI 429

Dimostrazione. Consideriamo il caso n = 0. Poiche Xn−1 = ∅, C(X,G) =

h0(X0) ' Gq0 perche X0 e uno spazio discreto con q0 punti.Sia ora n > 0. Per il Teorema 24.4, abbiamo

hp(Xn, Xn−1) ' hp(Xn/Xn−1, ptXn−1) = hp(Xn/Xn−1), ∀p,

= hp(Xn/Xn−1) se p > 0.

Il quoziente Xn/Xn−1 e un bouquet di qn sfere S n. Dalla successione esatta diMayer-Vietoris ricaviamo immediatamente che hp(Xn/Xn−1) = 0 se p , n, p > 0,e che hn(Xn/Xn−1) e la somma diretta di qn copie di hn(S n), che, per la Proposizione24.9 e isomorfo a G.

Proposizione 24.16. Se X e un complesso cellulare di dimensione finita, abbiamo:

hp(Xn) = 0 se p > n,(5.7)

(ıXXn)∗ : hp(Xn) −→ hp(X) e un isomorfismo per p < n.(5.8)

Dimostrazione. Consideriamo le successioni esatte della coppie cellulari (Xn, Xn−1):

· · · −−−−−→ hp+1(Xn, Xn−1)→

−−−−−→ hp(Xn−1) −−−−−→ hp(Xn) −−−−−→ hp(Xn, Xn−1)→

−−−−−→ hp−1(Xn−1)→ · · ·

Se p > 0, p , n, da hp(Xn, Xn−1) ' hp+1(Xn, Xn−1) = 0 ricaviamo che hp(Xn) 'hp(Xn−1). Se p > n, abbiamo per ricorrenza hp(Xn) ' (hp(pt))q0 ' 0.

Se invece p < n, otteniamo per ricorrenza che hp(Xn−1) ' hp(Xn) se n− 1 > p.Questa di da per ricorrenza un isomorfismo hp(Xn) ' hp(Xm) per m, n > p. PoicheX ha dimensione finita, X = Xm per m sufficientemente grande, ed otteniamo perciola tesi.

Definizione 24.6. Se

(5.9) · · · → CnDn−−−−−→ Cn−1 → · · ·

D2−−−−−→ C1

D1−−−−−→ C0 −−−−−→ 0

e un complesso di gruppi abeliani e di omomorfismi, il quoziente

(5.10) Hp(C∗,D∗) =ker(Dp : Cp → Cp−1)

Imm(Dp+1 : Cp+1 → Cp)

si dice il p-esimo gruppo di omologia del complesso (5.9).

Per il Teorema 24.14 ad ogni complesso cellulare X e ad ogni gruppo abelianoG e associato un complesso (Cn(X,G), ∂∗) di gruppi abeliani e di omomorfismi(5.4).

Teorema 24.17. Se X e un complesso cellulare, abbiamo un isomorfismo naturale

(5.11) hp(X) ' Hp(C(X; G), ∂∗).

Page 430: Nacinovich - Geometria differenziale

430 24. APPENDICE: OMOLOGIA

Dimostrazione. Formiamo un diagramma commutativo scrivendo in orizzon-tale la successione esatta della tripla (Xp+1, Xp, Xp−1) ed in verticale quella dellatripla (Xp, Xp−1, Xp−2). Poiche hp(Xp+1, Xp) = 0, hp+1(Xp+1, Xp) = Cp+1(X,G)ed hp(Xp, Xp−1) = Cp(X,G), abbiamo un diagramma commutativo con righe ecolonne esatte:

0∥∥∥∥hp(Xp−1, Xp−2)y

Cp+1(X,G) −−−−−→ hp(Xp, Xp−2) −−−−−→ hp(Xp+1, Xp−2) −−−−−→ 0yCp(X,G)

∂p

yCp−1(X,G)

Per l’esattezza della colonna, otteniamo

ker ∂p = hp(Xp, Xp−2).

D’altra parte,(ı(X

p,Xp−1)(Xp,Xp−2)

)∗ e iniettiva. Quindi, poiche

∂p+1 =(ı(X

p,Xp−1)(Xp,Xp−2)

)∗

(ı(X

p,Xp−1)Xp

)∗ ∂Xp+1,Xp

abbiamoImm ∂p+1 ' Imm

(ı(X

p,Xp−1)Xp

)∗ ∂Xp+1,Xp .

Questo ci dahp(C∗(X,G), ∂∗) ' hp(Xp+1, Xp−2).

Dalla successione esatta

0 = hp(Xp−2)→ hp(Xp+1)→ hp(Xp+1, Xp−2)→ hp−1(Xp−2) = 0

otteniamo che hp(Xp+1, Xp−2) ' hp(Xp+1). La tesi segue quindi dalla (5.8) dellaProposizione 24.16.

Calcolo esplicito dei gruppi di omologia a coefficienti in Z di un complessocellulare.

Per ogni cella eλ ∈ Cp(X) indichiamo con 〈eλ〉 il generatore 1 corrispondentealla p-cella eλ. Possiamo scrivere

(5.12) ∂p〈eλ〉 =∑

eµ∈Xp−1[eλ : eµ]〈eµ〉,

per opportuni numeri interi [eλ, eµ], che si dicono numeri d’incidenza.Sia

hλ : ∂eλ −→ Xp−1

Page 431: Nacinovich - Geometria differenziale

5. GRUPPI DI OMOLOGIA DEI COMPLESSI CELLULARI 431

la funzione d’attaccamento. Poiche le celle chiuse hanno lo stesso tipo di omotopiadel punto, abbiamo, per ogni p > 0, un isomorfismo

∂eλ,∂eλ : Hp(eλ, ∂eλ;Z) −→ Hp−1(∂eλ;Z) ' Z.

Definiamo quindi un omomorfismo

hλ ∗ = hλ ∗ ∂eλ,∂eλ : Hp(eλ, ∂eλ;Z) ' Z −→ Hp−1(Xp−1,Z).

Inoltre, l’applicazione caratteristica di eµ

φµ : eµ −→ Xp−1

induce un omomorfismo iniettivo

φµ ∗ : Hp−1(eµ, ∂eµ;Z) ' Z −→ Hp−1(Xp−1, Xp−2;Z) = Cp−1(X,Z) ' Zqp−1 .

Possiamo definire un’inversa destra di φµ ∗ mediante

Cp−1(X,Z) 3∑

eν∈Xp−1kν〈eν〉 −→ kµ ∈ Z ' Hp−1(eµ, ∂eµ;Z).

Otteniamo allora

Teorema 24.18. Sia X un complesso cellulare, eλ ∈ Xp, eµ ∈ Xp−1. Il numerod’incidenza [eλ : eµ] e definito dalla formula

(5.13) [eλ : eµ] =

((φµ ∗)−1

(ı(X

p−1,Xp−2)Xp−1

)∗ hλ ∗

)(1) ∈ Z ' Hp−1(eµ, ∂eµ;Z),

ove 1 ∈ Z ' Hp(eλ, ∂eλ;Z).

Nel caso di un complesso cellulare regolare, per cui cioe le applicazioni carat-teristiche φλ : eλ → X siano omeomorfismi con l’immagine, il valore dei numerid’incidenza [eλ : eµ] e 0 se φµ(eµ) non e contenuto in hλ(∂eλ), altrimenti e uguale a±1, ove il segno dipende dal fatto che l’orientamento di eµ coincida o sia oppostoa quello della frontiera di eλ.

Page 432: Nacinovich - Geometria differenziale
Page 433: Nacinovich - Geometria differenziale

CAPITOLO 25

Appendice: Elementi di algebra omologica

1. Complessi

Definizione 25.1. Chiamiamo complesso una coppia (A, α) formata da un gruppoabeliano A e da un suo endomorfismo nilpotente α ∈ Hom(A,A) con α2 = α α =

0.

Poniamo

B(A, α) = α(A) = α(a) | a ∈ A,(1.1)Z(A, α) = kerα = a ∈ A | α(a) = 0.(1.2)

Per la condizione α2 = 0, abbiamo

B(A, α) ⊂ Z(A, α)

e possiamo quindi considerare il gruppo quoziente

(1.3) H(A, α) =Z(A, α)B(A, α)

.

Definizione 25.2. Il gruppo H(A, α) si dice l’omologia del complesso differenziale(A, α).

Definizione 25.3. Siano (A, α), (B, β) due complessi. Un omomorfismo φ ∈ Hom(A,B)e un omomorfismo di complessi se commuta con i differenziali, se cioe il diagram-ma

(1.4)

−−−−−→ A

φ

y yφB −−−−−→

βB

e commutativo.

Lemma 25.1. Siano (A, α), (B, β) due complessi e φ ∈ Hom(A,B) un omomorfi-smo di complessi. Allora

φ(B(A, α)) ⊂ B(B, β),φ(Z(A, α)) ⊂ Z(B, β),

e risulta percio definito un unico omomorfismo dei gruppi di omologia [φ] : H(A, α)→H(B, β) tale che

[φ]([a]) = [φ(a)], ∀a ∈ Z(A, α).

433

Page 434: Nacinovich - Geometria differenziale

434 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Definizione 25.4. Una successione di gruppi abeliani

−−−−−→ B

−−−−−→ Ce esatta se im ı = ker .

Se inoltre ı e iniettiva e surgettiva, diciamo che

(1.5) 0 −−−−−→ Aı

−−−−−→ B

−−−−−→ C −−−−−→ 0e una successione esatta corta.

Una successione esatta corta di omomorfimsi di complessi e il dato di tre com-plessi di catene (A, α), (B, β) (C, γ) e di una successione esatta corta (2.8) in cui ıe siano omomorfismi di complessi.

2. Complessi di catene

Definizione 25.5. Un complesso di catene e il dato di un gruppo abeliano Z-graduato C =

⊕p∈ZCp e di un omomorfismo omogeneo di grado (−1) δ : C→ C

con δ2 = δ δ = 0, che si dice il differenziale od operatore bordo del complesso.

Per ogni intero p, la restizione a Cp del differenziale definisce un omomorfismoδp : Cp → Cp−1, e δp−1 δp = 0.

Indichiamo con (C, δ) il complesso di catene

(2.1) · · · −−−−−→ Cp+1δp+1−−−−−→ Cp

δp−−−−−→ Cp−1

δp−1−−−−−→ Cp−2 −−−−−→ · · ·

Anche le δp si dicono i differenziali, od anche operatori bordo del complesso (C, δ).Poiche δ2 = 0, abbiamo

(2.2) δ(C) = B(C, δ) ⊂ Z(C, δ) = ker δ.

Definizione 25.6. Il quoziente

(2.3) H(C, δ) =Z(C, δ)B(C, δ)

si dice l’omologia del complesso di catene (C, δ).L’omologia di (C, δ) e un gruppo Z-graduato: abbiamo

(2.4) H(C, δ) =⊕

p∈ZHp(C, δ),

ove gli Hp(C, δ) sono i gruppi quoziente

(2.5) Hp(C, δ) =ker δp : Cp → Cp−1

im δp : Cp+1 → Cp.

Chiamiamo gli Hp(C, δ) i gruppi di omologia del complesso (C, δ).Scriveremo anche

Zp(C, δ) = ker δp : Cp → Cp−1,

Bp(C, δ) = im δp+1 : Cp+1 → Cp,

dimodoche

Z(C, δ) =⊕

p∈ZZp(C, δ),

Page 435: Nacinovich - Geometria differenziale

2. COMPLESSI DI CATENE 435

B(C, δ) =⊕

p∈ZBp(C, δ),

Hp(C, δ) =Zp(C, δ)Bp(C, δ)

.

Definizione 25.7. Siano (A, α) e (B, β) due complessi di catene. Un omomorfismoφ : A→ B si dice un omomorfismo di complessi di catene se e omogeneo di gradozero e commuta con i differenziali, se cioe

φ(Ap) ⊂ Bp, ∀p ∈ Z,(2.6)φ α = β φ.(2.7)

Un omomorfismo di complessi di catene determina un diagramma commutati-vo

−−−−−→ A

φ

y yφB −−−−−→

βB.

Indicando con φp : Ap 3 ap → φ(ap) ∈ Bp gli omomorfismi definiti da φ per ogniintero p, possiamo riscrivere il diagramma precedente come:

· · · −−−−−→ Ap+1αp+1−−−−−→ Ap

αp−−−−−→ Ap−1 −−−−−→ · · ·

φp+1

y φp

y φp−1

y· · · −−−−−→ Bp+1

βp+1−−−−−→ Bp

βp−−−−−→ Bp−1 −−−−−→ · · ·

Lemma 25.2. Sia φ : (A, α) → (B, β) un omomorfismo di complessi di catene.Allora, per ogni intero p ∈ Z,

φp(Zp(A, α)) ⊂ Zp(B, β)), φp(Bp(A, α)) ⊂ Bp(B, β))

e risulta percio definito un unico omomorfismo dei gruppi di omologia [φ]p :Hp(A, α)→ Hp(B, β) tale che

[φ]p([a]) = [φp(a)], ∀a ∈ Zp(A, α).

Definizione 25.8. Una successione di gruppi abeliani

−−−−−→ B

−−−−−→ Ce esatta se im ı = ker .

Se inoltre ı e iniettiva e surgettiva, diciamo che

(2.8) 0 −−−−−→ Aı

−−−−−→ B

−−−−−→ C −−−−−→ 0e una successione esatta corta.

Una successione esatta corta di omomorfimsi di complessi e il dato di tre com-plessi di catene (A, α), (B, β) (C, γ) e di una successione esatta corta (2.8) in cui ıe siano omomorfismi di complessi di catene.

In particolare

0 −−−−−→ Apıp

−−−−−→ Bpp

−−−−−→ Cp −−−−−→ 0

Page 436: Nacinovich - Geometria differenziale

436 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

e, per ogni p ∈ Z, una successione esatta corta ed abbiamo

β ı = ı α, γ = β,

cioeβp ıp = ıp−1 αp, γp p = p−1 βp, ∀p ∈ Z.

L’omomorfismo di connessione. Ad una successione esatta corta di omomor-fismi di complessi di catene

(2.9) 0 −−−−−→ (A, α)ı

−−−−−→ (B, β)

−−−−−→ (C, γ) −−−−−→ 0

possiamo associare una corrispondenza

(2.10) ı−1p−1 βp

−1p : Zp(C, γ) 3 cp ap−1 ∈ Zp−1(A, α)

nel modo seguente.Sia cp ∈ Zp(C, γ). Poiche p : Bp → Cp e, per ipotesi, surgettiva, possiamo

trovare un elemento

bp ∈ Bp tale che p(bp) = cp.

Abbiamo allorap−1 βp(bp) = γp p(bp) = γp(cp) = 0

e quindi, per ipotesi,

∃! ap−1 ∈ Ap−1 tale che ıp−1(ap−1) = βp(bp).

Inoltre,

ıp−2 αp−1(ap−1) = βp−1 ıp−1(ap−1) = βp−1 βp(bp) = 0=⇒ αp−1(ap−1) = 0, cioe ap−1 ∈ Zp−1(A∗, α∗).

Abbiamo cioe cp ap−1 se:

(2.11)

ap−1 ∈ Zp−1(A∗, α∗), bp ∈ Bp, cp ∈ Zp(C∗, γ∗),p(bp) = cp,

βp(bp) = ıp−1(ap1).

Osserviamo che, se fosse cp = γp+1(cp+1) per qualche cp+1 ∈ Cp+1, esisterebberoun bp+1 ∈ Bp+1 ed ap ∈ Ap tali che

cp = γp+1(cp+1),pbp = γp+1(cp+1) = γp+1 p+1(bp+1) = p βp+1(bp+1),bp − βp+1(bp+1) = ıp(ap),=⇒ βp(bp) = βp(bp − βp+1(bp+1)) = βpıp(ap) = ıp−1(αp(ap)),=⇒ ap−1 = αp(ap) ∈ Bp(A∗, α∗).

Quindi ı−1p−1 βp

−1p (Bp(C∗, γ∗)) ⊂ Bp−1(A∗, α∗) e percio la corrispondenza

(2.10) definisce, per passaggio al quoziente, un’applicazione

(2.12) δq = [ı−1p−1 βp

−1p ] : Hp(C∗, γ∗)→ Hp−1(A∗, α∗).

Page 437: Nacinovich - Geometria differenziale

2. COMPLESSI DI CATENE 437

Definizione 25.9. L’applicazione (2.12) si dice l’omomorfismo di connessione as-sociato alla successione esatta corta (2.9).

Teorema 25.3. Ad ogni successione esatta corta di complessi di catene

0 −−−−−→ (A∗, α∗)ı∗

−−−−−→ (B∗, β∗)∗

−−−−−→ (C∗, γ∗) −−−−−→ 0corrisponde una successione esatta lunga in omologia:

· · · −−−−−→ Hp(A∗, α∗)[ı]p−−−−−→ Hp(B∗, β∗)

[ ]p−−−−−→ Hp(C∗, γ∗)

δp−−−−−→ Hp−1(A∗, α∗) −−−−−→ · · ·

ove δp = [ı−1p−1 βp

−1p ] e l’omomorfismo di connessione.

Dimostrazione. Verifichiamo in primo luogo che la successione lunga e uncomplesso.

Abbiamo [ p] [ıp] = [ p ıp] = [0] = 0.Sia poi bp ∈ Zp(B∗, β∗) e sia cp = p(bp). La (2.11) e verificata da

0 ∈ Zp−1(A∗), bp ∈ Zp(B∗, β∗), cp ∈ Zp(C∗, γ∗),cp = p(bp),0 = βp(bp) = ıp−1(0)

e quindi cp 0 e δp([cp]) = δp [ p]([bp]) = 0.Siano ora ap−1, bp, cp elementi che soddisfano la (2.11). Allora

ı j−1(ap−1) = βp(bp) ∈ Bp−1(B∗, β∗)

e quindi anche [ıp] δp = 0.Dimostriamo ora l’esattezza.Esattezza in Hp(A∗, α∗). Sia ap ∈ Zp(A∗, α∗) e supponiamo che esista

bp+1 ∈ Bp+1 tale cheβp+1(bp+1) = ıp(ap).

Allora, posto cp+1 = p+1(bp+1) ∈ p+1 β−1p+1 ıp(Zp(A∗, α∗)), abbiamo

γp+1(cp+1) = γp+1 p+1(bp+1) = p βp+1(bp+1) = p ıp(ap) = 0=⇒ cp+1 ∈ Zp+1(C∗, γ∗).

Quindi [αp] = δp+1(cp+1).Esattezza in Hp(B∗, β∗). Sia bp ∈ Zp(B∗, β∗) e supponiamo che esista un

cp+1 ∈ Cp+1 tale checp = p(bp) = γp+1(cp+1).

Sia bp+1 ∈ Bp+1 tale checp+1 = p+1(bp+1).

Allora

p(bp − βp+1(bp+1)) = cp − γp+1 p+1(bp+1) = cp − γp+1(cp+1) = 0

e vi e quindi un unico ap ∈ Ap tale che

ıp(ap) = bp − βp+1(bp+1)

Page 438: Nacinovich - Geometria differenziale

438 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

=⇒ ıp−1 αp(ap) = βp ıp(ap) = βp(bp − βp+1(bp+1)) = 0=⇒ αp(ap) = 0, cioe ap ∈ Zp(A∗, α∗).

Abbiamo chiaramente [ıp]([ap]) = [bp − βp+1(bp+1)] = [bp].Esattezza in Hp(C∗, γ∗). Sia cp ∈ Zp(C∗, γ∗). Dire che δp([cp] = 0 e equi-

valente ad affermare che se Sap−1, bp, cp soddisfano (2.11), allora vi e ap ∈ Ap taleche

ap−1 = αp(ap).

Abbiamo allora

βp(bb) = ıp−1(ap−1) = ıp−1 αp(ap) = βp ıp(ap).

Allora b′p = bp − ıp(ap) ∈ Zp(B∗, β∗) e, poiche p(b′p) = p(bp − ıp(ap)) = p(bp) =

cp, otteniamo che [ p]([b′p]) = [cp].

Definizione 25.10. Diciamo che una successione esatta corta

(2.13) 0 −−−−−→ Aı

−−−−−→ B

−−−−−→ C −−−−−→ 0si spezza se esiste un endomorfismo di proiezione $ : B → B su ker . Abbiamocioe:

(2.14) $ ∈ Hom(B,B), $2 = $ $ = $, $ = 0, $ ı = ı.

Lemma 25.4. Sia (2.13) una successione esatta corta. Sono equivalenti

(1) (2.13) si spezza;(2) ı ammette un’inversa sinistra in Hom(B,A);(3) ammette un’inversa destra in Hom(C,B);(4) esistono un’inversa sinistra φ ∈ Hom(B,A) di ı ed un’inversa destra ψ ∈

Hom(C,B) di tali che

(2.15) 0 −−−−−→ Cψ

−−−−−→ Bφ

−−−−−→ A −−−−−→ 0sia una successione esatta corta.

Dimostrazione. (1)⇒ (2), (3), (4). Abbiamo la decomposizione

B = B0 ⊕ B1, con B0 = ker$, B1 = im $.

Le applicazioni

α : A 3 a→ ı(a) ∈ B0 eβ : B1 3 b→ (b) ∈ C

sono isomorfismi e le applicazioni

φ : B 3 b→ α−1($(b)) ∈ A e

ψ : C 3 c→ β−1(c) ∈ B

sono, rispettivamente, un’inversa sinistra di ı ed un’inversa destra di . Inoltre, percostruzione, esse definiscono una successione esatta corta (2.15)

Page 439: Nacinovich - Geometria differenziale

2. COMPLESSI DI CATENE 439

(2) ⇒ (1). Se φ : B → A e un’inversa sinistra di ı, possiamo porre$ = ı φ. Verifichiamo la (2.14). Abbiamo

$2 = ı (φ ı) φ = ı idA φ = ı φ = $,

$ = ( ı) φ = 0 φ = 0,$ ı = ı (φ ı) = ı idA = ı.

(3) ⇒ (1). Se ψ : C → B e un’inversa destra di , possiamo definire $mediante B 3 b→ $(b) = b − ψ( (b)) ∈ B. Abbiamo

$2 = $ (idB − ψ ) = idB − ψ − ψ (idB − ψ )= idB − ψ ( ψ) = idB − ψ idC

= idB − ψ = $,

$ = (idB − ψ ) = − ( ψ) = − idC = 0,$ ı = (idB − ψ ) ı = ı − ψ ı = ı − 0 = ı.

Definizione 25.11. La (2.15) si dice inversa della (2.13).

Osserviamo che le successioni esatte corte che si spezzano sono esattamentequelle che ammettono un’inversa, in generale non unica. Nello studio dei gruppidi coomologia dei complessi, e spesso utile il seguente lemma algebrico:

Teorema 25.5 (Lemma dei cinque). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe e colonne esatte:

0 0 0y y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y y

0 0 0Abbiamo supposto cioe che α1 sia surgettiva, α2 e α4 siano isomorfismi ed α5 siainiettiva. Allora α3 e un isomorfismo.

Dimostrazione. Dimostriamo che α3 e iniettiva. Sia a3 ∈ A3, con α3(a3) = 0.Abbiamo

α4( f3(a3)) = g3(α3(a3)) = 0 =⇒ f3(a3) = 0 =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. a3 = f2(a2)=⇒ α3( f2(a2)) = g2(α2(a2)) = 0 =⇒ ∃ b1 ∈ B1 t.c. α2(a2) = g1(b1)

=⇒ ∃ a1 ∈ A1 t.c. α1(a1) = b1,=⇒ α2(a2) = g1(α1(a1)) = α2( f1(a1))=⇒ a2 = f1(a1) =⇒ a3 = f2 f1(a1) = 0.

Page 440: Nacinovich - Geometria differenziale

440 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Dimostriamo ora che α3 e surgettiva. Abbiamo:

∃ a4 ∈ A4 t.c. g3(b3) = α4(a4) =⇒ 0 = g4 g3(b3) = g4 α4(a4) = α5 f4(a4)=⇒ f4(a4) = 0 =⇒ ∃ a3 ∈ A3 t.c. f3(a3) = a4

=⇒ g3(b3) = α4 f3(a3) = g3(α3(a3)) =⇒ g3(b3 − α3(a3)) = 0=⇒ ∃b2 ∈ B2 t.c. g2(b2) = b3 − α3(a3) =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. α2(a2) = b2

=⇒ b3 − α3(a3) = g2 α2(a2) = α3( f2(a2)) =⇒ b3 = α3(a3 + f2(a2)).

Dalla dimostrazione segue che

Teorema 25.6 (Lemmi dei quattro). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte:

0 0y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

α1

y α2

y α3

y α4

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4y

0Se α1 e surgettiva ed α2, α4 iniettive, allora α3 e iniettiva.

Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfi-smi, con righe esatte:

0yA2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α2

y α3

y α4

y α5

yB2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y

0 0Se α5 e iniettiva ed α2, α4 surgettive, allora α3 e surgettiva.

3. Complessi di cocatene

Definizione 25.12. Un complesso di cocatene, o complesso differenziale, e il datodi uno spazio vettoriale C su un campo k, di una sua Z-gradazione C =

⊕q∈Z Cq e

Page 441: Nacinovich - Geometria differenziale

3. COMPLESSI DI COCATENE 441

di un omomorfismo dC : C → C, omogeneo di grado 1, con dC2 = 0. Indichiamo

il complesso mediante

(3.1) · · · → Cq−1 dC−−−−−→ Cq dC

−−−−−→ Cq+1 → · · ·

La coomologia di (3.1) e la somma diretta di spazi vettoriali:

H(C, dC) =⊕

q∈ZHq(C, dC),(3.2)

ove Hq(C, dC) = (ker dC ∩ Cq)/dC(Cq−1).

Lo spazio vettoriale Hq(C, dC) si dice anche il q-esimo gruppo di coomologia di(3.1).

Dati due complessi differenziali (A, dA) e (B, dB) sullo stesso campo k, un’ap-plicazione lineare f : A→ B si dice un omomorfismo di complessi se

f (Aq) ⊂ Bq, ∀q ∈ Z,(3.3)f dA = dB f .(3.4)

Essa induce un’applicazione naturale

(3.5) f∗ : Hq(A, dA)→ Hq(B, dB),

che fa corrispondere alla classe [aq] di aq ∈ ker dA ∩Aq la classe [ f (aq)] di f (aq) ∈ker dB ∩ Bq.

Una successione

(3.6)· · · → Vq−1

fq−1−−−−−→ Vq

fq−−−−−→ Vq+1 → · · ·

di k-spazi vettoriali su di applicazioni k-lineari si dice esatta se

(3.7) fq−1(Vq−1) = ker fq, ∀q ∈ Z.

Una successione esatta della forma

(3.8) 0 −−−−−→ Aα

−−−−−→ Bβ

−−−−−→ C −−−−−→ 0si dice una successione esatta corta.

Se (A, dA), (B, dB) e (C, dC) sono complessi differenziali di spazi vettoriali suk e la (3.8) e una successione esatta corta di omomorfismi di complessi, possiamodefinire delle applicazioni k-lineari

(3.9) ∆q : Hq(C, dC)→ Hq+1(A, dA)

nel modo seguente.Sia cq ∈ Cq con dCcq = 0. Poiche β e surgettiva, esiste un elemento bq ∈ Bq

tale che cq = β(bq). Abbiamo

β(dBbq) = dCβ(bq) = dccq = 0

e quindi, per l’esattezza di (3.8) esiste uno ed un solo aq+1 ∈ Aq+1 tale che

α(aq+1) = dBbq.

Poicheα(dAaq+1) = dBα(aq+1) = d2

Bbq = 0 =⇒ dAaq+1 = 0

Page 442: Nacinovich - Geometria differenziale

442 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

per l’esattezza di (3.8), l’elemento aq+1 definisce per passaggio al quoziente unaclasse [aq+1] ∈ Hq+1(A, dA).

Siano ora

c′q = cq + dCcq−1, con cq−1 ∈ Cq−1,

b′q ∈ Bq con β(b′q) = c′q = cq + dCcq−1,

a′q+1 ∈ Aq+1 con α(a′q+1) = dBb′q.

Utilizzando ancora l’esattezza di (3.8), otteniamo

∃ bq−1 ∈ Bq−1 tale che

β(b′q − bq) = c′q − cq = dCcq−1 = dcβ(bq−1) = β(dBbq−1)

=⇒ ∃ aq ∈ Aq tale che b′q − bq − dBbq−1 = α(aq−1)

=⇒ α(a′q+1 − aq+1) = dBb′q+1 − dBbq

= dB(b′q − bq − dBbq−1)= dBα(aq) = α(dAaq)

=⇒ a′q+1 − aq+1 = dAaq.

Quindi la ∆q risulta ben definita da

(3.10) ∆([cq]) = [aq+1].

Abbiamo il

Teorema 25.7. Se (3.8) e una successione esatta corta di complessi differenzialidi spazi vettoriali su k, allora abbiamo una successione esatta lunga

(3.11)

· · · · · · −−−−−→ Hq−1(B, dB)β∗

−−−−−→ Hq−1(C, dC)∆q−1−−−−−→ Hq(A, dA)

α∗−−−−−→ Hq(B, dB)

β∗−−−−−→ Hq(C, dC)

∆q−−−−−→ Hq+1(A, dA) −−−−−→ · · · · · ·

Nello studio dei gruppi di coomologia dei complessi, e spesso utile il seguentelemma algebrico:

Teorema 25.8 (Lemma dei cinque). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe e colonne esatte:

0 0 0y y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α1

y α2

y α3

y α4

y α5

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y y

0 0 0

Page 443: Nacinovich - Geometria differenziale

3. COMPLESSI DI COCATENE 443

Abbiamo supposto cioe che α1 sia surgettiva, α2 e α4 siano isomorfismi ed α5 siainiettiva. Allora α3 e un isomorfismo.

Dimostrazione. Dimostriamo che α3 e iniettiva. Sia a3 ∈ A3, con α3(a3) = 0.Abbiamo

α4( f3(a3)) = g3(α3(a3)) = 0 =⇒ f3(a3) = 0 =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. a3 = f2(a2)=⇒ α3( f2(a2)) = g2(α2(a2)) = 0 =⇒ ∃ b1 ∈ B1 t.c. α2(a2) = g1(b1)

=⇒ ∃ a1 ∈ A1 t.c. α1(a1) = b1,=⇒ α2(a2) = g1(α1(a1)) = α2( f1(a1))=⇒ a2 = f1(a1) =⇒ a3 = f2 f1(a1) = 0.

Dimostriamo ora che α3 e surgettiva. Abbiamo:

∃ a4 ∈ A4 t.c. g3(b3) = α4(a4) =⇒ 0 = g4 g3(b3) = g4 α4(a4) = α5 f4(a4)=⇒ f4(a4) = 0 =⇒ ∃ a3 ∈ A3 t.c. f3(a3) = a4

=⇒ g3(b3) = α4 f3(a3) = g3(α3(a3)) =⇒ g3(b3 − α3(a3)) = 0=⇒ ∃b2 ∈ B2 t.c. g2(b2) = b3 − α3(a3) =⇒ ∃ a2 ∈ A2 t.c. α2(a2) = b2

=⇒ b3 − α3(a3) = g2 α2(a2) = α3( f2(a2)) =⇒ b3 = α3(a3 + f2(a2)).

Dalla dimostrazione segue che

Teorema 25.9 (Lemmi dei quattro). Consideriamo un diagramma commutativo digruppi abeliani e di omomorfismi, con righe esatte:

0 0y yA1

f1−−−−−→ A2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

α1

y α2

y α3

y α4

yB1

g1−−−−−→ B2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4y

0

Se α1 e surgettiva ed α2, α4 iniettive, allora α3 e iniettiva.

Page 444: Nacinovich - Geometria differenziale

444 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Consideriamo un diagramma commutativo di gruppi abeliani e di omomorfi-smi, con righe esatte:

0yA2

f2−−−−−→ A3

f3−−−−−→ A4

f4−−−−−→ A5

α2

y α3

y α4

y α5

yB2

g2−−−−−→ B3

g3−−−−−→ B4

g4−−−−−→ B5y y

0 0Se α5 e iniettiva ed α2, α4 surgettive, allora α3 e surgettiva.

4. I funtori Hom e Tor

Richiamiamo in questo paragrafo alcuni risultati standard di algebra omologi-ca.

Sia A un anello commutativo e unitario e siano E1, E2 due A-moduli unitari.Indichiamo con Hom(E1, E2) l’A-modulo delle applicazioniA-lineari di E1 in E2 econ E1⊗E2 il loro prodotto tensoriale su A, cioe il quoziente dell’A-modulo liberogenerato da E1 × E2 rispetto all’ideale bilatero generato dagli elementi

(a1u1 + a2u2, b1v1 + b2v2) −∑2

i, j=1aib j(ui, v j),

con a1, a2, b1, b2 ∈ A, u1, u2 ∈ E1, v1, v2 ∈ E2.

Teorema 25.10. Sia E un A-modulo unitario. Allora(1) Hom( · , E) e un funtore controvariante esatto a destra sulla categoria

degli A-moduli unitari.(2) Hom(E, · ) e un funtore convariante esatto a sinistra sulla categoria

degli A-moduli unitari.(3) E ⊗ · e un funtore covariante esatto a sinistra sulla categoria degli

A-moduli unitari.

Dimostrazione. L’enunciato del teorema e equivalente all’affermazione che,se

(4.1) 0 −−−−−→ E1α

−−−−−→ E2β

−−−−−→ E3 −−−−−→ 0e una successione esatta di A-moduli unitari, allora sono esatte le

0 −−−−−→ Hom(E3, E)β∗

−−−−−→ Hom(E2, E)α∗

−−−−−→ Hom(E1, E),(4.2)

0 −−−−−→ Hom(E, E1) −−−−−→ Hom(E, E2) −−−−−→ Hom(E, E3),(4.3)

0 −−−−−→ E1 ⊗ E −−−−−→ E2 ⊗ E −−−−−→ E3 ⊗ E .(4.4)

Dimostriamo l’esattezza della (4.2).

Page 445: Nacinovich - Geometria differenziale

5. RELAZIONE CON L’OMOLOGIA SINGOLARE 445

Fissata una φ3 ∈ Hom(E3, E) e supponiamo che β∗(φ3) = φ3 β = 0. Poiche βe surgettiva, questa relazione implica che φ3 = 0.

Sia ora φ3 ∈ Hom(E2, E) e supponiamo che α∗φ2 = φ2 α = 0.

5. Relazione con l’omologia singolare

Per collegare la coomologia di de Rham e l’omologia singolare, e convenienterestringere la classe dei simplessi singolari ai simplessi singolari lisci. Indichiamocon

(5.1) ∆k =

t ∈ Rk+1

∣∣∣∣∣ti ∈ [0, 1],∑k

i=0ti = 1

il simplesso k-dimensionale standard.

Definizione 25.13. Sia M una varieta differenziabile. ∆k in M. Gli elementi dellospazio C∞(∆k,M) delle applicazioni di classe C∞ di ∆k in M si dicono simplessisingolari lisci k-dimensionali in M. Indichiamo poi con ∆k(M) l’insieme delle k-catene singolari lisce di M, cioe di quelle della forma

∑σnσσ (somme finite) con

nσ ∈ Z e σ ∈ C∞(∆k,M).

Osservazione 25.11. Si possono utilizzare solo simplessi lisci per calcolare l’o-mologia singolare di una varieta differenziabile. Utilizzando l’approssimazione, sipuo verificare che l’omologia calcolata con i simplessi singolari lisci e la stessa chesi ottiene utilizzando tutti i simplessi singolari.

Definizione 25.14. Definiamo l’orientazione del simpesso standard ∆k per ricor-renza, fissando l’orientazione positiva per ∆0 e definendo su ∆k, per k > 0, l’orien-tazione per cui l’applicazione ∆k−1 3 (t1, . . . , tk) → (t0, t1, . . . , tk) ∈ ∂∆k preserval’orientazione.

Se ω ∈ Ωk(M) e σ ∈ C∞(∆k,M), possiamo definire

(5.2)∫σω =

∫∆k

σ∗ω.

Se c =∑σnσσ ∈ ∆k(M), porremo

(5.3)∫

cω =

∑σ

∫σω.

Otteniamo cosı un’applicazione bilineare

(5.4) ∆k(M) × Ωk(M) 3 (c, ω) −→ 〈c, ω〉 =

∫cω ∈ R.

Lemma 25.12 (Stokes). Per ogni intero k ≥ 1 abbiamo1

(5.5) 〈c, dω〉 = 〈dc, ω〉, ∀c ∈ ∆k(M), ∀ω ∈ Ωk−1(M).

1Ricordiamo che, se k ≥ 1,

dσ =∑k

i=0(−1)iσ Fi, ∀σ ∈ Σk(M),

ove Fi : ∆k−1 3 (t0, . . . , tk−1)→ (t0, . . . , ti−1, 0, ti, . . . , tk−1) ∈ ∂∆k.

Page 446: Nacinovich - Geometria differenziale

446 25. APPENDICE: ELEMENTI DI ALGEBRA OMOLOGICA

Abbiamo quindi un diagramma commutativo

(5.6)

Ωk−1(M) −−−−−→ Hom(∆k−1(M),R)

dy yHom(d,1)

Ωk(M) −−−−−→ Hom(∆k(M),R).

Le applicazioni Hom(d, 1) sono definite per dualita:

(5.7) Hom(d, 1)(φ) = φ d, ∀φ ∈ Hom(∆k−1(M),R).

Definizione 25.15. I gruppi Hom(∆k(M),R) si dicono i gruppi delle k-cocatenesingolari lisce di M. La successione

0→ Hom(∆0(M),R)Hom(d,1)−−−−−−−→ Hom(∆1(M),R)

Hom(d,1)−−−−−−−→ · · ·

· · · −−−−−→ Hom(∆k−1(M),R)Hom(d,1)−−−−−−−→ Hom(∆k(M),R)

Hom(d,1)−−−−−−−→ Hom(∆k+1(M),R) −−−−−→ · · ·

e un complesso, che si dice il complesso delle cocatene singolari di M.