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VITE Famiglia: Vitaceae Genere: Vitis Specie: Vitis vinifera L. Nome comune: BESGANO NERO Codice iscrizione Registro nazionale: Sinonimi accertati: Basgano o Basgana, Besagana, Besegano o Besegana, Bersegano, Colombana rossa Sinonimie errate: Denominazioni dialettali locali (indicare la località): Basgàn (Piacentino); Besgan (Parmense) Rischio di erosione: Elevato Data inserimento nel repertorio: 09/04/2014 Ultimo aggiornamento scheda: 09/04/2014 Accessioni valutate N. piante presenti Anno d’impianto 1) Mossi aziende agricole vitivinicole ss, loc. Albareto Ziano Piacentino (PC) 31 2003 2) Az. Agr. Solari, Castellana di Gropparello (PC) 30 Anni ’60 3) Az. Agr. Segalini, Castellana di Gropparello (PC) 50 Anni ’40 Luoghi di conservazione ex situ: Mossi aziende agricole vitivinicole ss, loc. Albareto Ziano Piacentino (PC). Il ceppo originario da cui è stato prelevato il materiale di moltiplicazione era in loc. Lodola di Gropparello. Apice del germoglio alla fioritura Schema della foglia media Foglia Grappolo

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VITE

Famiglia: Vitaceae Genere: Vitis Specie: Vitis vinifera L.

Nome comune: BESGANO NERO Codice iscrizione Registro nazionale:

Sinonimi accertati: Basgano o Basgana, Besagana, Besegano o Besegana, Bersegano, Colombana rossa

Sinonimie errate:

Denominazioni dialettali locali (indicare la località): Basgàn (Piacentino); Besgan (Parmense)

Rischio di erosione: Elevato

Data inserimento nel repertorio: 09/04/2014 Ultimo aggiornamento scheda: 09/04/2014

Accessioni valutate N. piante

presenti Anno d’impianto

1) Mossi aziende agricole vitivinicole ss, loc. Albareto – Ziano

Piacentino (PC) 31 2003

2) Az. Agr. Solari, Castellana di Gropparello (PC) 30 Anni ’60

3) Az. Agr. Segalini, Castellana di Gropparello (PC) 50 Anni ’40

Luoghi di conservazione ex situ: Mossi aziende agricole vitivinicole ss, loc. Albareto – Ziano Piacentino (PC). Il ceppo originario da cui è stato prelevato il materiale di moltiplicazione era in loc. Lodola di Gropparello.

Apice del germoglio alla fioritura Schema della foglia media

Foglia Grappolo

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CENNI STORICI, ORIGINE, DIFFUSIONE

La ricerca della presenza storica del Besgano nero nel Piacentino può partire dal “Dizionario dei vitigni antichi

minori italiani”, di recente pubblicazione, che alla voce “Besgano” (bianco e nero), così recita: “In passato

diffusa anche nel Cremonese, nel Mantovano, nel Piacentino, da dove si pensa sia originario, con i sinonimi di

Besegana, Bersegano, Besgan e Colombaia nera, quest’uva è attualmente distribuita sotto forma di ceppi

isolati nei vigneti più antichi e marginali dell’Oltrepò Pavese e del Piacentino. Conosciuta in tre varianti che

differiscono per alcuni caratteri ampelografici e fenologici (B. bianco, B. nero gentile e B. nero rustico),

manifesta una produttività abbastanza bassa e un’epoca di maturazione medio-tardiva. Veniva impiegata in

passato come uva da tavola a consumo locale” (Scienza et al., 2004).

Troviamo poi una prima caratterizzazione ampelografica realizzata con criteri moderni, nel tentativo di essere il

più oggettivi possibile, pur nella soggettività di una descrizione visiva, nel volume realizzato dal prof. Fregoni

e collaboratori nel 2002 (Fregoni et al., 2002).

Il Besgano viene indicato in questi testi come vitigno ad uva da tavola e in effetti la provincia di Piacenza è

stata una delle poche aree settentrionali italiane che ha goduto della fama di un’importante viticoltura da

mensa, perlomeno tra fine Ottocento e la prima metà del 1900. Infatti nel 1877, Francesco Cirio e i fratelli

Zerioli di Castel San Giovanni iniziarono, primi in Italia, l’esportazione dell’uva da tavola sul mercato di

Parigi, per poi allargare i loro orizzonti a Germania, Svizzera e Austria (Parenti, 1933). La Verdea, uva da

mensa e da serbo di antichissima coltivazione sul territorio, era la varietà caratterizzante, tanto che nei primi

anni ’70 era ancora presente su circa 250 ettari. Oltre a Verdea, il censimento del 1970 aveva rilevato, in

“coltura principale pura”, altri 300 ettari circa di vigneti per uva da tavola, costituiti per lo più dalle varietà

consigliate nel periodo della ricostruzione post-fillosserica (Parenti, 1933) e post-bellica (AA.VV., 1948), come

Italia, Regina, Delizia di Vaprio, Chasselas dorè, ecc., ma comprendenti anche 8 ettari circa di Besgano bianco

e 28 circa di Besgano nero, varietà da tavola storiche del Piacentino unitamente alle Bianchette (Maserati,

1974).

La prevalenza di Besgano nero può essere messa in relazione con le indicazioni fornite dei tecnici nei primi

anni ’60, dopo l’entrata in crisi della viticoltura da tavola piacentina, conseguente all’enorme espansione di

questa coltura nel Meridione d’Italia: “… attualmente si consiglia la diffusione delle sole cultivar «Verdea» e

«Italia»,…. Si consiglia pure la diffusione della sola «Bianchetta di Diolo» limitatamente alla località di Diolo

e del «Besgano rosso» per certi terreni del comune di Gropparello, perché sono uve di ottima qualità (Fregoni,

1963). Vista la crisi, quindi, si consigliava di ridurre la viticoltura da mensa, limitandola alle aree più vocate e a

quelle varietà che ancora avevano un mercato. Riferisce il prof. Fregoni che “Un tempo la provincia di

Piacenza esportava uve da tavola su alcuni mercati esteri e su quelli di Milano, Torino, Genova, Lecco,

Bologna, Como, Brescia, Cremona: ma oggi si deve accontentare dei mercati provinciali o delle città limitrofe.

Unico mercato particolarmente favorevole si è manifestato quello Bergamasco limitatamente all’uva

«Besgano»”. Il Besgano bianco e rosso detenevano circa il 4% della produzione, che nei primi anni ’60 si

attestava intorno agli 80 mila quintali (Fregoni 1963).

L’importanza di Piacenza per la coltivazione e il commercio dell’uva da tavola è attestato anche dalla

realizzazione di diverse mostre “pomologiche” che, partite a livello locale, si trasformarono in interregionali

per poi acquisire carattere nazionale nel 1932 (Parenti, 1933; Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa,

1933; AA.VV., 1948). Nel 1956 si tenne l’ultima mostra nazionale delle uve da tavola a Piacenza e dati del

1954 riportano di una superficie interessata da questa coltura intorno agli 850 ettari (Fregoni, 1963).

Andando indietro al Secondo Dopoguerra, il panorama varietale piacentino, tratteggiato dal dott. Elvio

Consolani nel 1948, individuava le seguenti percentuali di diffusione: “Perla di Csaba (bianca) 0,5%, Panse

precoce (bianca) 3,5%, Chasselas 2%, Delizia di Vaprio 15%, Moscato d’Amburgo (nera) 1%, Regina 20%,

Pirovano 2 (rosata) 1%, Italia (bianca) 12%, Verdea (bianca) 28%, Besgano (nera) 5%, Besgano (bianca) 5%,

Bianchetta di Bacedasco e Diolo 7%”, per una produzione di circa 91 mila quintali nel 1946 e di 65 mila nel

1947 (AA.VV., 1948)

A proposito del Besgano, sempre Consolani, scrive: “È tipico dell’Appennino Piacentino, soprattutto della

zona di Gropparello. Un tempo era molto richiesto sui mercati interni ed esteri, ma dopo l’introduzione di

nuove migliori uve da tavola, la sua importanza è andata scemando. È un vitigno vigoroso, di cui si conoscono

due varietà: la nera e la bianca, che press’a poco si equivalgono come diffusione. Ha grappolo tendente a

grande, piramidale, spargolo, con pedicelli rossi verso il cercine; acini piuttosto rotondeggianti e medi, con

buccia assai resistente se coltivato nei terreni meno freschi e meno grassi; polpa croccante e assai gustosa,

anche se non troppo zuccherina. Resistenza normale alle crittogame. Matura nella prima quindicina di ottobre

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ed è molto produttivo. Presenta buona affinità con i portinnesti americani, specie col Kober 5BB” (AA.VV.,

1948).

Piuttosto precisa è la descrizione dell’evoluzione della viticoltura da tavola in Emilia proposta da Luigi Zerbini

nei primi anni ’40, da cui si evince che nel 1941 il Begano nero era presente su 30 ettari in coltura specializzata

e su 8 ettari un coltura promiscua, che fornivano mediamente una produzione di circa 1600 quintali. Dedica

anche alcune righe alla descrizione del Besgano, senza distinguere tra bianco e rosso: “Coltivato specialmente a

Gropparello e paesi limitrofi, da lungo tempo. È vitigno ferace, costante nella produzione e di vegetazione

gagliarda. Ama i terreni profondi, sciolti, ricchi di calce e le esposizioni a mezzogiorno. Ha grappolo

spargolo, acino regolare con buccia dura e resistente, polpa croccante, sapore non troppo zuccherino, ma

aggradevolissimo. Sopporta assai bene, senza soffrire, i lunghi viaggi (Zerbini, 1943).

Diversi sono i documenti che illustrano l’evoluzione della viticoltura da mensa nel Piacentino nei primi decenni

del Novecento, periodo interessato dalla ricostruzione post-fillosserica, che si fece particolarmente importante

dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

Piuttosto nitido il quadro conoscitivo ed evolutivo tracciato in un’indagine del Ministero dell’Agricoltura del

1934: “In genere, l’esperienza ha dimostrato che le uve precoci trovano più favorevole adattamento nel settore

di Bacedasco e Diolo, mentre la Val Tidone, la Val Trebbia e la Val Nure preferiscono quelle a maturazione

normale, e le colline di Gropparello le uve tardive. Sino al 1913 le uve generalmente diffuse erano la Verdea,

seguita a notevole distanza dal Besgano bianco, Besgano rosso e dalla Bianchetta. (Ministero dell’Agricoltura

e delle Foreste, 1934).

Alla prima mostra nazionale delle uve da tavola, nel 1932, il dott. Parenti, della Cattedra Ambulante di

Piacenza, diceva: “Nel dopo guerra la ricostruzione si fa più intensa nella Val Tidone, più specialmente nei

Comuni di Ziano, Castelsangiovanni e Borgonovo; in questa vallata la produzione delle uve da tavola –

Verdea, più specialmente e Besgano – dopo aver toccato il minimo nel 1920 con 14.350 quintali, riprende, nel

1921, con quintali 18.000 circa e sale, da allora, lentamente ma continuamente, fino a quintali 26.500 nel

1931” (Parenti, 1933). Parenti, fornisce anche una breve descrizione del Besgano rosso: “Delle uve a

maturazione tardiva il Besgano rosso, diffuso un po’ in tutti i nostri centri viticoli, ma più specialmente in

comune di Gropparello, è tuttora la varietà più largamente coltivata; nei terreni magri e bene esposti, dà

grappoli più o meno spargoli con acini di media grandezza, polpa carnosa, buccia resistente; nei terreni fertili

e freschi dà facilmente grappoli grossi e serrati, acini grandi e buccia meno resistente” (Parenti, 1933).

Nella seconda metà degli anni ’20, Toni sintetizza così lo stato della viticoltura da tavola piacentina: “La

provincia di Piacenza ha notevole importanza nella coltivazione delle uve da tavola che vengono esportate in

Svizzera e Germania e, in piccola parte, a Milano e Genova. La varietà più largamente coltivata è la verdea,

assai rinomata e che occupa il primo posto, poi in misura assai limitata, il chasselas dorato e la regina

coltivati specialmente a Ziano; il besgano coltivato in comune di Gropparello, la vernaccia e la bianchetta

coltivate in frazione di Bacedasco del comune di Castell’Arquato. Sono complessivamente 40-50 mila quintali

di uve da tavola che la provincia di Piacenza produce ed esporta nei principali mercati” (Toni, 1927). Non

viene specificato il colore della bacca del Besgano, ma è ragionevole pensare che fossero presenti entrambe le

tipologie.

Pirovano dedica una breve descrizione al Besgano nero, che in realtà chiama Besnago nero e gli attribuisce i

sinonimi di Grignolò, Persegone e Brugnolera: “Vigoroso vitigno estesamente coltivato sui colli piacentini per

la sua serbevolezza; foglie grandi, verde-cupo, lanose al di sotto, tralci bruni esili e lunghi. Grappolo medio o

grosso, conico, spargolo, ramificato. Acini quasi grossi, sferici, neri, pruinati, con polpa molle a gusto

semplice, ma dolce. Matura in 3.a epoca e si conserva ottimamente su graticci o sospesa. Ben produttivo a

lungo taglio” (Pirovano, 1925).

Altra descrizione del Besgano nero di inizio Novecento è quella di Tamaro, che adduce come sinonimi

“Basgano, Besgano di San Colombano, Besgan e Colombano” e come origine “Italiana del Piacentino

(Gropparello) e nel Pavese (Caminata e Ruino)”. Della pianta scrive: “Ceppo vigoroso con tralci grossi,

rossicci, rigati e punteggiati, non tanto lunghi e internodi lunghi con gemme grosse. Foglia media, 5 lobate;

seni superiori grandi, aperti, elissoidi; seno al picciolo aperto a V. Dentatura larga e grande. Pagina

superiore ondulata, l’inferiore tomentosa; nervature rossiccie come il picciolo, che è breve”. Mentre del frutto:

“Grappolo grande, alato; piramidale, di bellissimo aspetto, con peduncolo grosso, nodoso, lungo e

leggermente rossastro da un lato; pedicelli verrucosi e pure rossastri; acino grande sferico o sub-rotondo, di

colore nero bluastro; buccia grossa, polpa carnosa ricca di succo, dolce piacevole. Riporta anche altre

considerazioni di carattere fenologico e agronomico: “Clima. – Dell’albicocco e del pesco a pieno vento

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nonché delle piante da granella. Terreno. – Calcare, asciutto, sciolto e ricco. Esposizione e situazione. – A

levante od a mezzogiorno, in collina. Maturazione. – IIIa epoca, tardivo. Fioritura tardiva, resiste alle

crittogame e non soggetta a colatura. Le piogge autunnali non lo danneggiano, ma allora si conserva meno.

Soffre il gelo invernale e quello primaverile” (Tamaro, 1915).

Nel 1914 esce la prima edizione del volume “Viticoltura”, di Domizio Cavazza, in cui si trova un’accurata

descrizione del Besgano nero: “Besgana, Besegano, Colombano, Colombano rosso. – È vitigno diffuso,

sebbene non intensamente coltivato, nell’Emilia, nel Veneto e nel Pavese; in questi ultimi anni l’uva di

Besgano ha assunto, specie nel Piacentino, una certa importanza come uva da tavola. È vite di gagliarda

vegetazione e di notevole feracità, specialmente nei terreni profondi e sciolti, mediamente calcari. Si coltiva

maritata all’albero ed anche a vigneto. Ha portamento espanso. Tralci relativamente esili. Foglie medie,

quinquelobate, a lobi irregolari; seni profondi; seno picciolare largo e aperto. Grappolo grande, conico, per

lo più alato. Acini subrotondi, grossi, a buccia spessa, pruinosa, color violaceo-opaco; polpa croccante,

sugosa; sapore zuccherino, semplice, gradevole. Matura alla fine di settembre o ai primi di ottobre. Resiste al

marciume. Raccolta per tempo asciutto e ben conservata, può durare tutto l’inverno. Nel Piacentino,

specialmente nella Val Tidone (comuni di Ziano, Gropparello, Bacedasco, Castellarcuato), giusta le notizie

fornite dal prof. Zago al Congresso di Piacenza del 1902, il Besgano si coltiva sempre più estesamente per

esportarlo, assieme alla Verdea, come uva da tavola. Però fino a pochi anni fa era più coltivato come uva da

vino, unendola ad altre uve, perché il vino di sola Besgano è fiacco, poco colorito e poco serbevole” (Cavazza,

1923).

Nel 1912 esce la prima edizione delle “Uve da mensa” di Norberto Marzotto; di seguito si riporta la descrizione

del Besgano nero della III edizione del 1935: “Sinonimi: Besgano rosso – Besegano – Besegana – Bersegano –

Brugnolera – Bosegan – Grignolò rosso (per errore). È un vitigno che ha la sua sede speciale, quasi esclusiva,

nelle colline del Piacentino e del Pavese, in terreno ricco di calcare, dove le uve riescono asciutte, saporite e

ben resistenti ai trasporti. Il Besgano e la Verdea del Piacentino costituiscono i tipi unici di uve di cui si

esercità colà un largo commercio di esportazione. Il Besgano è estesamente coltivato nelle colline di

Gropparello (Piacenza), di Caminata e Ruino (Pavia). Il Molon nella sua ampelografia indica tre varietà di

Besgano, cioè il nero gentile, il nero rustico e il rosso. Riferendosi alle due prime, egli riporta quanto notava il

dott. Marenghi nella sua tesi di Laurea: che il Besgano nero gentile ha grappolo più spargolo, acino più

piccolo, foglia meno ampia, tralci meno vigorosi della varietà detta rustica, la quale probabilmente è discesa

dall’altra. Il Besgano gentile, scrive lo stesso Molon, «è preferito nelle colture come uva da tavola, perché di

mondatura più facile, di più comodo imballaggio e di più lunga conservazione; ed esso, non va dubbio si debba

riunire anche il Besgano rosso che alcuni credettero differire dalla varietà tipo per colorazione nell’acino

meno accentuata». «Vuol essere tenuto a potatura lunga, in collina, ad ottima esposizione ed in terreno sciolto,

ricco e profondo, ben provvisto di calcare (come nel Piacentino, circa il 30%). Allega bene il frutto, e dà

prodotto abbondante tanto più pregiato, quanto più la vendemmia fu fatta in tempo asciutto». …. Il Besgano

nero gentile ha vegetazione vigorosa. Tralcio grosso, rossiccio, rigato e punteggiato; internodi piuttosto lunghi

con nodi ingrossati. Foglia di media grandezza a 5 lobi marcati; seno superiori profondi, elissoidi, larghi,

aperti, quello peziolare molto aperto, semicircolare; pagina superiore un po’ vescicolosa, inferiore con

tomento vellutato; dentatura larga, grossa; picciuolo verde rossiccio; Grappolo grande, conico, alato, un po’

ramificato, raramente piramidale, compatto o spargolo, con peduncolo grosso, nodoso, leggermente rossigno;

acino grande, un po’ elissoide; buccia piuttosto grossa consistente, di color violetto nerastro alla maturazione,

pruinosa; polpa un po’ carnosa con succo zuccherino di buon sapore; peduncoletti leggermente tinti di

carminio al punto d’inserzione. Matura nella terza epoca. Produzione abbondante, non soggetto a colatura e

bene resistente alle malattie crittogamiche.

Riguardo al sinonimo di Grignolò nero o rosso, dato da qualche autore al Besgano, è d’uopo rilevare che il

vero Grignolò nero o Grignolato che si coltiva nel circondario di Alessandria, è un tipo affatto differente nei

caratteri ampelografici, da non potersi in alcun modo giustificare la sinonomia che erroneamente gli venne

applicata. Il tipo descritto dal Pulliat con nome di Besgano nero, a foglie poco lobate e con gli acini ovali ben

marcati come nel Barbera, corrisponde appunto al vero Grignolato nero di Alessandria; percui sarebbe un

errore l’ammettere questo fra i sinonimi del Besgano” (Marzotto, 1935; Molon, 1906).

Non si dimentichi, poi, l’Ampelografia del Molon del 1906, che riporta dettagli ampelografici del tutto simili a

quelli già incontrati, ma fornisce anche una bella descrizione dell’ambito di diffusione del Besgano tra fine

Ottocento e inizio Novecento: “... Vuolsi che la vite in parola sia indigena del Piacentino; ma non vi sono

documenti per dimostrarlo. L’estendersi della sua coltivazione, come uva da tavola di buon commercio, si può

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ammettere sia avvenuto un po’ dopo la metà del secolo scorso, ed abbia cominciato collo smercio del prodotto

dapprima sulla piazza di Milano, poi sui mercati della Svizzera, Germania, Francia e Inghilterra. La sua

coltivazione è principalmente estesa in provincia di Piacenza sulle colline dell’Appennino; ma dove acquista la

massima importanza è a Gropparello…, ed ancora trovasi assai diffusa a Castelarquato ed a Ziano; negli altri

paesi di quella provincia è assai meno coltivata e trovasi frammista ad altre viti per uve da vino, mentre nei

luoghi citati la coltivazione è fatta per avere uva da tavola. Nel Pavese trovasi molto diffusa, principalmente a

Caminata ed a Ruino, poi qua e là in altri comuni se ne trovano pure non pochi ceppi in quasi tutte le vigne. In

altri luoghi della Lombardia, del Piemonte, del Veneto e della parte orientale dell’Emilia, non è raro trovarne

qualche ceppo, ma senza che se ne faccia coltivazione speciale” (Molon, 1906).

Sempre in termini generici, senza specificare se a bacca bianca o nera, la Besgana viene citata anche dal

Tamaro nel suo volume sulle uve da tavola del 1897: “La coltivazione nell’Italia centrale. 1. Emilia. – In

questa regione è tradizionale la piccola coltivazione delle uve da tavola, specialmente negli orti. Qui si trovano

eccellenti varietà e condizioni di terreno le più adatte; mancano soltanto le persone di iniziativa, le quali,

estendendone la coltivazione, organizzino un commercio di esportazione. La provincia più rinomata è quella di

Piacenza, e, dopo questa, Bologna. Nella prima prevale la Verdea, la Besgana e la Luglienga” (Tamaro,

1897).

L’ampelografia universale del conte di Rovasenda riporta un generico “Besgano” di Pavia e Piacenza,

probabile sinonimo di Grignolò, facendo riferimento ad Acerbi (AC 251) (Rovasenda, 1877).

Il rimando si riferisce ad una delle “Viti della provincia milanese, descritte dai traduttori e commentatori degli

elementi del Mitterpacher”, ed in particolare alla “Vite Besgano di S. Colombano pur essa detta Grignolò. Uva

grossa e nera, migliore per cibo che per bevanda” (Acerbi, 1999).

Sempre Rovasenda cita anche un “Besgano rosso” di Piacenza che aveva nella sua collezione di Bicocca e una

“Besegana” con rimando sempre all’Acerbi: “A. descr. 42 e 60. V. Besgano” (Rovasenda, 1877).

Infatti a pagina 42 della sua Pubblicazione del 1825, Acerbi descrive una “Besegana” tra le uve colorate della

provincia di Cremona: “Fusto lungo, robusto. Sermenti grossi, verdi. Viticci corti, tenaci. Foglie 5-lobe,

inegualmente dentate, con peziolo rosso. Frutto grosso, ovato, dolce, con polpa soda, poco succoso, rosso-

carico. Grappoli lunghi, grossi, rari di acini. Semi 1-2. Maturazione consueta dal principio alla metà di

settembre. Uso. Mangereccia. Fa vino debole. Forse è una degenerazione del bramestone”. Mentre a pagina 60

si legge di un “Bersegano o Basgano” tra le uve colorate de’ colli dell’Oltrepò Pavese: “Foglie trilobate,

opposte, coi due lobi laterali leggermente divisi; lembi dentellati, con denti quasi uguali; picciuolo scanalato,

lungo da 4 a 5 centimetri. Grappolo grosso, ora spargolo, ora fitto. Acino discretamente grosso, di color

rosso-nero. È uva dolce, e si conserva; ma non è molto buona da far vino, giacchè questo riesce di poca forza e

poco colorato” (Acerbi, 1999).

A metà dell’Ottocento, il Besgano era arrivato fino al Ferrarese, come ci attesta un volumetto sullo stato

dell’agricoltura ferrarese del 1845: “Le qualità delle uve più in uso sono, per le uve nere forti l’uva d’oro, il

berzemino, e la lambrusca, per le nere dolci l’albana, la cremonese, il melgone, la rossiola, la basgana, ed il

moscatello; per le bianche il moscato, il torbiano, la speziala, la pellegrina, la grilla albana, la leonza forcella,

la leatica, la marona montana” (Casazza, 1845).

Sempre nella prima metà dell’Ottocento, poi, si trovano attestazioni del Besgano in vari vocabolari dialettali

del tempo: il Foresti scrive che il piacentino “Basgan” potrebbe forse corrispondere alla “Colombana”, il

Peschieri cita un “Besgàn” tra i termini dialettali parmensi che indicano delle uve, ma non riesce a trovare un

corrispondente termine italiano; il milanese Cherubini riporta il nome “Besgàn o Besgànna” e rimanda a

“Grignolò”, “Uva d’acino grosso e oblunghetto e di grappolo per lo più spargolo. Ve n’ha di rossa e di bianca.

Fra noi è sempre detta Grignolò; verso il Piacentino Besgàn o Besgànna” (Foresti, 1836; Peschieri, 1828;

Cherubini, 1843).

Passando al Settecento, il Besgano è citato nella traduzione del Mitterpacher: “Vite Besgano di s. Colombano

pur’essa, detta Grignolò, d’uva grossa e nera, migliore per cibo, che per bevanda” (Mitterpacher e Lavezari,

1784). Ma possiamo andare ancora più indietro nel tempo, fino ad arrivare a metà del Cinquecento, con

Agostino Gallo, che nelle sue “Dieci giornate di agricoltura” annovera le besegane tra le varietà da coltivare:

“Similmente sono buone le besegane, e rossere, le quali, per essere conformi di grossezza, di tenerezza, e di

sapore, abondano anco di vino in copia; onde, per esser debole, e di poco colore, migliora non poco a

compagnarlo con lo cropello, o marzamino” (Gallo, 1564).

Probabilmente il Gallo si riferisce all’ambiente bresciano, che conosceva bene, ma quest’uva era ben nota

anche in ambito cremonese, visto che viene indicato nel Catasto di Carlo V d’Asburgo (Archivio di Stato di

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Cremona, Estimo di Carlo V, 1559) un appezzamento “avidato”, in comune di Piadena, denominato

“Beseganelle”. Si tratta di un diminutivo plurale derivato dal dialetto cremonese “besgàn «sorta di uva dolce

che dà molto vino, Mostaja» (Peri 47. Ndr Vocabolario Cremonese Italiano) o besegàn «qualità di uva dolce»

(DDCr 27. Ndr Dizionario del dialetto cremonese; Cremona, 1976.), od anche del dialetto mantovano ùa

basgàna «specie d’uva nera, grossa, rotonda e molto succosa, altrove detta grignolò» (Cherubini 176) che

rappresenta il riflesso del latino medievale (vinum) bescanum (Sella, GLI, 624) indicante, oltre al vino, anche

uno speciale vitigno storicamente coltivato in area veneta ed emiliana, detto besgano (DEI, I, 499). Come

avviene per i … campi detti Bonarda, Camp balsemìn, Camp fugarina, ecc., non è raro riscontrare, in

territorio piadenese, appellativi fondiari dipendenti dal nome di un vitigno ivi coltivato. Lo stesso fenomeno,

del resto, è riscontrabile un po’ in tutta l’area basso-cremonese, casalasca o mantovana. … anche nel vicino

terr. di Bozzolo, comune già mantovano, sono noti campi in vocabolo Moscatelli, Schiave, Turbiane provocati

dal nome di uve o vitigni, rispettivamente moscato, schiava e trebbiano” (Ferrari e Torchio, 2009; Ferrari,

2012).

La ricognizione realizzata dalla Provincia di Parma nei primi anni Duemila, ha riscontrato la presenza di alcune

piante di Besgano nero sul territorio, dove sarebbe coltivata sin dal 1700 (AA.VV., 2006).

ZONA TIPICA DI PRODUZIONE

Piacentino, con particolare riferimento alla Val Chero e ancor più specificamente al comune di Gropparello.

Aveva una certa diffusione anche nel Parmense.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

AA.VV. (1948) – Atti del Congresso Nazionale Viticolo. V Mostra Nazionale della Uve da Tavola. Piacenza

18-19-20 settembre 1948. Stabilimento Tipografico E. Rebecchi e figli, Piacenza.

AA.VV. (2006) – Frutta e buoi … Quaderno della biodiversità agricola parmense. Gruppo Cabiria, Parma.

Acerbi G. (1999) – Delle viti italiane. Giampiero Zazzera, Libraio in Lodi. Ristampa anastatica dell’edizione

del 1825.

Casazza A. (1845) – Stato agrario economico del Ferrarese. Taddei, Ferrara.

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Fregoni M., Zamboni M., Colla R. (2002) – Caratterizzazione ampelografica dei vitigni autoctoni piacentini.

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Zerbini L. (1943) – Le uve da tavola nell’Emilia. Tipografia Paolo Cuppini, Bologna.

NOTE

Scheda a cura di Marisa Fontana

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DESCRIZIONE MORFOLOGICA (Descrittori OIV edizione 2007) *= descrittori minimi obbligatori per l’iscrizione a repertorio (Prioritari e GlBA); A= descrittori accessori, per una

maggiore completezza; i restanti descrittori senza indicazioni particolari sono complementari.

GERMOGLIO FINO ALLA FIORITURA. Osservazioni su almeno 10 germogli di lunghezza non inferiore a 30 cm e fino alla

fioritura, inseriti su tralci o speroni di un anno.

OIV 001 *

UPOV 2 Bioversity 6.1.1

GIOVANE GERMOGLIO: APERTURA

DELL’APICE

OIV 003 A

UPOV 5 Bioversity 6.1.2

GIOVANE GERMOGLIO: INTENSITÀ

PIGMENTAZIONE ANTOCIANICA DEI PELI

STRISCIANTI DELL’APICE

1 – Chiuso (Vitis riparia) 1 – Nulla o molto bassa (Garganega)

4

3 – Semi-aperto (Kober 5BB, S.O.4) 3 – Bassa (Riesling)

5 – Media (Muller Thurgau, Barbera)

5 – Completamente aperto (Vitis

vinifera, Vitis Berlandieri)

7 – Elevata (Cabernet Sauvignon, Vernaccia di

San Gimignano) 9 – Molto elevata (Vitis aestivalis)

OIV 004 *

UPOV 7 Bioversity 6.1.3

GIOVANE GERMOGLIO: DENSITÀ DEI

PELI STRISCIANTI DELL’APICE

OIV 007

UPOV 11 Bioversity 6.1.6

GIOVANE GERMOGLIO: COLORE LATO

DORSALE DEGLI INTERNODI

1 – Nulla o molto bassa (Rupestris du

Lot) 1 – Verde (Sauvignon, Grenache, Regina)

3 – Bassa (Granache, Moscato bianco)

3 – Verde e rosso (Moscato bianco, Primitivo,

Montepulciano) 5 – Media

7 – Elevata 5 – Rosso (Riesling, Cabernet Sauvignon)

9 – Molto elevata OIV 008

UPOV 12

Bioversity 6.1.7

GIOVANE GERMOGLIO: COLORE LATO

VENTRALE DEGLI INTERNODI

OIV 016 *

UPOV 16 Bioversity 6.1.14

GERMOGLIO: NUMERO DI VITICCI

CONSECUTIVI

1 – Verde (Sauvignon, Grenache, Regina)

1 – 2 o meno (Vitis vinifera)

3 – Verde e rosso (Carignan, Riesling,

Montepulciano)

2 – 3 o oltre (Vitis labrusca, Vitis Coignetiae) 5 – Rosso (Mourvedre)

OIV 051 *

UPOV 7 Bioversity 6.1.16

FOGLIA GIOVANE: COLORE PAGINA

SUPERIORE (4a foglia)

OIV 053 *

UPOV 8 Bioversity 6.1.17

FOGLIA GIOVANE: DENSITÀ PELI

STRISCIANTI TRA LE NERVATURE

PRINCIPALI PAGINA INFERIORE (4a foglia)

1 – Verde (Silvaner) 1 – Nulla o molto bassa (Rupestris du Lot,

Grenache, Regina) 2 – Giallo (Carignan) 3 – Bassa (Moscato bianco, Cinsaut)

3 – Bronzato (Pinot nero) 5 – Media (Merlot, Riesling)

4 – Ramato-rosso (Chasselas) 7 – Elevata (Furmint, Malvasia bianca lunga)

9 – Molto elevata (V. labrusca, Meunier) OIV 151 *

UPOV 18 Bioversity 6.2.1

FIORE: ORGANI SESSUALI

1 – Stami completamente sviluppati

e assenza di gineceo (R. du Lot)

2 – Stami completamente sviluppati

e gineceo ridotto (3309 Couderc)

3 – Stami completamente sviluppati

e gineceo completamente

sviluppato (Chasselas dorato)

4 – Stami reflessi e gineceo

completamente sviluppato (Picolit,

Lambrusco di Sorbara, Ohañez,

Kober 5 BB)

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FOGLIA ADULTA. Osservazioni tra le fasi di allegagione e invaiatura su almeno 10 foglie adulte localizzate sul terzo mediano del

germoglio inserito su tralcio o sperone di un anno. OIV 065

UPOV 20 Bioversity 6.1.22

DIMENSIONE DEL LEMBO OIV 067 *

UPOV 20 Bioversity 6.1.22

FORMA DEL LEMBO

1 – Molto piccolo (Vitis rupestris)

1 – Cordiforme (Petit verdot)

3 – Piccolo (Gamay, Traminer

aromatico)

(talora)

2 – Cuneiforme (Merlot)

5 – Medio (Cabernet Sauvignon,

Barbera, Moscato bianco)

3 – Pentagonale (Cabernet franc, Barbera)

7 – Grande (Carignan, Merlot,

Trebbiano toscano)

4 – Orbicolare (Cabernet Sauv., Riesling)

9 – Molto grande (Vitis Coignetiae,

Emperor)

5 – Reniforme (Rupestris du lot)

OIV 068 *

UPOV 23 Bioversity 6.1.23

NUMERO DEI LOBI OIV 070 *

UPOV 31 Bioversity 6.1.24

DISTRIBUZIONE PIGMENTAZIONE

ANTOCIANICA SU NERVATURE

PRINCIPALI PAGINA SUPERIORE

1 – Uno (Foglia intera. Rupestris du

Lot, Famoso) 1 – Assente (Regina, Grenache, Isabella,

Sauvignon, Aglianico)

2 – Tre (Chenin, Aramon, Verdicchio,

Croatina) 2 – Al punto peziolare (Zibibbo)

3 – Cinque (Riesling, Barbera, Chasselas

dorato)

3 – Fino a 1a biforcazione (Palomino fino,

Primitivo, Riesling)

4 – Sette (Vermentino, Cabernet

Sauvignon, Primitivo, Malvasia bianca

lunga)

4 – Fino a 2a biforcazione (Traminer

aromatico)

(talora)

5 – Oltre 7 (Hebron, Malvasia di

Lipari, Ansonica)

5 – Oltre la 2a biforcazione (Chenin,

Dolcetto)

OIV 072

UPOV -

Bioversity - DEPRESSIONI DEL LEMBO

OIV 073

UPOV -

Bioversity -

ONDULAZIONE DEL LEMBO TRA LE

NERVATURE PRINCIPALI O SECONDARIE

1 – Assenti o molto deboli (Gamay, Grenache, Sangiovese)

1 – Assente (Grenache) 3 – Deboli (Cabernet Sauvignon,

Barbera)

5 – Medie (Trebbiano toscano,

Merlot, Aglianico, Müller Thurgau)

9 – Presente (Malbech, Terrano, Lambrusca

di Alessandria, Riparia Gloire de Montpellier,

34 EM) 7 – Forti (Carignan)

9 – Molto forti (Villard Noir)

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OIV 074

UPOV 21 Bioversity 6.1.25

PROFILO DEL LEMBO IN SEZIONE

TRASVERSALE

OIV 075

UPOV 22 Bioversity 6.1.26

BOLLOSITÀ PAGINA SUPERIORE DEL

LEMBO

1 – Piano (Cabernet Sauvignon,

Gamay) 1 – Nulla o molto debole (Rupestris du Lot)

2 – A V (Pinots, Rupestris du Lot,

Croatina)

3 – Bassa (Chasselas dorato, Sangiovese,

Gamay)

3 – Involuto (Trebbiano toscano,

Sangiovese, Montepulciano, Kober

5BB) 5 – Media (Sémillon, Barbera, Sauvignon)

4 – Revoluto (Alicante Bouschet,

Melon, 34 EM)

7 – Elevata (Riesling, Traminer aromatico,

Pinots)

5 – Contorto (Grenache, Sauvignon,

Malvasia bianca lunga) 9 – Molto elevata (V. amurensis)

OIV 076 *

UPOV 30 Bioversity

6.1.27

FORMA DEI DENTI OIV 078

UPOV 29 Bioversity 6.1.29

ALTEZZA DEI DENTI IN RAPPORTO ALLA

LORO BASE

1 – Entrambi i lati concavi (Vitis

aestivalis)

1 – Molto corti (Vitis aestivalis, Kober 5 BB)

2 – Entrambi i lati rettilinei (Muller Thurgau, Nebbiolo, Chardonnay,

Moscato bianco)

3 – Corti (Marsanne, Sylvaner verde,

Traminer aromatico).

3 – Entrambi i lati convessi (Sauvignon, Sylvaner verde, Barbera,

Cabernet Sauvignon) 5 – Medi (Chasselas dorato, Barbera, Merlot)

(talora)

4 – Uno concavo e uno convesso (Garganega, Sangiovese, Croatina,

Piccolit)

7 – Lunghi (Zibibbo, Moscato bianco,

Picolit, Sangiovese)

5 –Misto tra livello 2 e 3 (Cabernet

franc) 9 – Molto lunghi (Vitis solonis)

OIV 079 *

UPOV 26 Bioversity 6.1.30

GRADO

APERTURA/SOVRAPPOSIZIONE DEI

BORDI DEL SENO PEZIOLARE

OIV 080 *

UPOV -

Bioversity - FORMA DELLA BASE DEL SENO PEZIOLARE

1 – Molto aperti (Rupestris du Lot,

Grenache) (talora)

1 – A U (Grenache, Merlot, Ciliegiolo)

3 – Aperti (Sangiovese, Merlot)

2 – A parentesi graffa (140 Ruggeri,

Pinots, Uva rara, Dolcetto)

5 – Chiusi (Sauvignon, Barbera,

Cabernet franc, Moscato bianco)

3 – A V (Gamay, Moscato bianco, Vernaccia

di San Gimignano, Aramon)

7 – Sovrapposti (Cabernet Sauvignon,

Riesling, Aglianico, Traminer aromatico)

9 – Molto sovrapposti (Marsanne,

Malvasia bianca lunga)

OIV 081-1

UPOV -

Bioversity 6.1.31 DENTI NEL SENO PEZIOLARE

OIV 081-2 *

UPOV 27 Bioversity 6.1.32

BASE DEL SENO PEZIOLARE DELIMITATA

DALLE NERVATURE

1 – Assenti (Chasselas dorato) 1 – Non delimitata (Chasselas)

9 – Presenti (Bombino bianco, Cabernet

franc, Trebbiano toscano)

2 – Su di un lato (Cabernet Sauv., Muller Th.)

3 – Su entrambi i lati (Chardonnay)

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OIV 082 A

UPOV 25 Bioversity 6.1.33

GRADO DI APERTURA/SOVRAPPO-

SIZIONE SENI LATERALI SUPERIORI

OIV 083-1 A

UPOV –

Bioversity –

FORMA DELLA BASE DEI SENI LATERALI

SUPERIORI

1 – Aperti (Folle blanche, Ancellotta,

Canaiolo nero, Dolcetto)

1 – A U (Cabernet Sauvignon, Ancellotta,

Nebbiolo)

2 – Chiusi (Chasselas dorato,

Sangiovese)

2 – A parentesi graffa (Chasselas dorato,

Cinsaut, Croatina)

3 – Leggermente sovrapposti (Merlot, Cabernet Sauvignon, Barbera,

Aglianico)

(talora)

4 – Molto sovrapposti (Clairette)

3 – A V (Vitis riparia, Franconia,

Marzemino, Refosco dal peduncolo rosso,

Malvasia istriana)

5 – Assenza del seno (Vitis riparia, Melon)

OIV 083-2 *

UPOV

Bioversity

DENTI NEI SENI LATERALI

SUPERIORI

OIV 084 *

UPOV 32 Bioversity 6.1.35

DENSITÀ DEI PELI STRISCIANTI TRA LE

NERVATURE PRINCIPALI SULLA PAGINA

INFERIORE DEL LEMBO

1 – Assenti (Chasselas dorato,

Chardonnay)

1 – Nulla o molto bassa (Chassselas dorato,

Grenache, Regina, Aleatico)

3 – Bassa (Pinots, Chardonnay, Moscato

bianco, Garganega)

9 – Presenti (Cabernet franc,

Nebbiolo, Aglianico)

(talora)

5 – Media (Cabernet Sauvignon, Merlot,

Trebbiano toscano)

7 – Elevata (Barbera, Tempranillo,

Marzemino, Verdicchio)

9 – Molto elevata (Isabella, Concord)

OIV 087 *

UPOV 33 Bioversity 6.1.38

DENSITÀ DEI PELI ERETTI SULLE

NERVATURE PRINCIPALI DELLA

PAGINA INFERIORE DEL LEMBO

OIV 093 A

UPOV 34 Bioversity 6.1.40

LUNGHEZZA PICCIOLO IN RAPPORTO A

LUNGHEZZA NERVATURA MEDIANA

1 – Nulla o molto bassa (Chardonnay,

Grenache, Sultanina bianca) 1 – Più corto (Primitivo, Grenache)

3 – Bassa (Gamay, Italia, Moscato

bianco, Montepulciano)

3 – Leggermente più corto (Garganega,

Montepulciano)

5 – Media (Clairette, Furmint) 5 – Uguale (Ancellotta)

7 – Elevata (Barbera, Primitivo) 7 – Leggermente più lungo (Verdicchio)

9 – Molto elevata (Vitis cinerea, Uva

rara) 9 – Più lungo (Nebbiolo)

OIV 094

UPOV 24 Bioversity 6.1.34

PROFONDITÀ DEI SENI LATERALI

SUPERIORI

1 – Assente o molto poco

profondi (Rupestris du Lot)

3 – Poco profondi (Gamay)

5 – Medi (Merlot, Barbera)

7 – Profondi (Primitivo)

9 – Molto profondi (Chasselat

cioutat)

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GRAPPOLO. Osservazioni da realizzare a maturità. Il livello di espressione viene desunto dalla media dei grappoli

normo-conformati di almeno 10 germogli. OIV 202

UPOV Bioversity 7.1.5

LUNGHEZZA OIV 204

UPOV 37 Bioversity 6.2.3

COMPATTEZZA

1 – Molto corto (≤ 80 mm: Kober 5BB) 1 – Molto spargolo (Ancellotta, Uva

rara, Malbo gentile, Lacrima nera, Picolit)

3 – Corto (circa 120 mm: Traminer

aromatico, Meunier, Manzoni bianco)

3 – Spargolo (Prosecco, Malvasia

bianca di Candia, Vermentino)

5 – Medio (circa 160 mm: Muller Thurgau,

Barbera)

5 – Medio (Chasselas dorato,

Chardonnay)

7 – Lungo (circa 200 mm: Trebbiano toscano,

Merlot, Malvasia bianca lunga)

7 – Compatto (Barbera, Sauvignon,

Pinots, Moscato bianco)

9 – Molto lungo (≥ 240 mm: Albana) 9 – Molto compatto (Meunier,

Sylvaner verde, Grignolino) OIV 206

UPOV 38 Bioversity 6.2.4

LUNGHEZZA DEL PEDUNCOLO DEL

GRAPPOLO PRINCIPALE

OIV 208 *

UPOV -

Bioversity -

FORMA (osservazione tra il 3/5 e

il 4/5 dell’asse del grappolo)

1 – Molto corto (≤ 30 mm: Grenache,

Sylvaner verde, Montepulciano)

1 – Cilindrico (Barbera)

3 – Corto (circa 50 mm: Pinots, Traminer

aromatico, Sauvignon, Primitivo)

5 – Medio (circa 70 mm: Barbera,

Trebbiano toscano)

2 – Conico (Schiava grossa, Merlot,

Grenache, Dolcetto)

7 – Lungo (circa 90 mm: Aramon,

Nebbiolo)

9 – Molto lungo (≥ 110 mm: Freisa)

3 – A imbuto (Trebbiano toscano,

Malvasia bianca lunga)

OIV 209 A

UPOV - Bioversity -

NUMERO DI ALI DEL GRAPPOLO

PRINCIPALE

OIV 502

UPOV

BIOVERSITY

7.1.14

PESO

1 – Assenti (Kober 5 BB) 1 – Molto basso (≤ 100 g: Albariño)

3 – Basso (~ 300 g: Chardonnay)

2 – Una o due ali (Chardonnay,

Vermentino, Barbera)

5 – Medio (~ 500 g: Garnacha tinta)

7 – Elevato (~ 700 g: Trebbiano

toscano)

3 – Tre-quattro ali (Verdicchio, Merlot,

Nebbiolo) 9 – Molto elevato (≥ 900 g: Airèn)

4 – Cinque-sei ali (Trebbiano toscano,

Malvasia bianca lunga, Malvasia bianca di

Candia)

5 – Più di sei ali

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ACINO. Osservazioni da realizzare a maturità. Il livello di espressione viene desunto dalla media di

30 acini non deformati e di normale dimensione, prelevati nella parte centrale di almeno 10 grappoli. OIV 220

UPOV

IPGRI LUNGHEZZA

OIV 221

UPOV

IPGRI LARGHEZZA

1 – Molto corto (≤ 8 mm: Corinto nero) 1 – Molto stretto (≤ 8 mm: Corinto nero)

3 – Corto (~ 13 mm: Cabernet Sauv., Riesling) 3 – Stretto (circa 13 mm: Riesling)

5 – Medio (~ 18 mm: Schiava grossa) 5 – Medio (circa 18 mm)

7 – Lungo (~ 23 mm: Italia) 7 – Largo (circa 23 mm: Moscato

Alessandria)

9 – Molto lungo (≥ 28 mm: Cardinal) 9 – Molto largo (≥ 28 mm: Cardinal) OIV 223 *

UPOV 40 Bioversity 6.2.6

FORMA

1 – Sferoidale schiacciato ai poli (Riesling)

6 – Troncovoidale (Sant’Anna di

Lipsia)

2 – Sferoidale (Chasselas dorato,

Trebbiano toscano) 7 – Ovoidale (Olivetta Vibonese)

3 – Ellissoidale largo (Barbera,

Montepulciano)

8 – Obovoidale (Zibibbo)

4 – Ellissoidale stretto (Ansonica)

9 – Corniforme (Pizzutello bianco)

5 – Cilindrico (Khalili belyi, Regina,

Victoria)

10 – Fusiforme

OIV 225 *

UPOV 41

Bioversity 6.2.8 COLORE DELLA BUCCIA

OIV 227 A

UPOV –

Bioversity – QUANTITÀ DI PRUINA

1 – Verde-giallo (Chasselas dorato,

Trebbiano toscano) 1 – Nulla o molto scarsa

2 – Rosa (Chasselas rosè) 3 – Scarsa (Terrano)

3 – Rosso (Chasselas rouge) 5 – Media (Chasselas dorato)

4 – Grigio (Pinot grigio) 7 – Elevata (Cabernet Sauvignon)

5 – Rosso scuro-violetto (Cardinal) 9 – Molto elevata

6 – Blu-nero (Pinot nero, Barbera,

Cabernet Sauvignon)

OIV 231 *

UPOV 44 Bioversity 6.2.9

INTENSITÀ DELLA PIGMENTAZIONE

ANTOCIANICA DELLA POLPA

OIV 235 A

UPOV 41

Bioversity - CONSISTENZA DELLA POLPA

1 – Nulla o molto debole (Pinot nero,

Barbera, Sangiovese) 1 – Molle (Pinot nero, Riesling) 3 – Debole (Gamay de Bouze)

5 – Media (Gamay de Chaudenay) 2 – Leggermente soda (Italia, Regina)

7 – Forte (Alicante Bouschet, Gamay

Fréaux) 9 – Molto forte 3 – Molto soda (Sultanina) OIV 236 *

UPOV 47 Bioversity 6.2.12

SAPORE PARTICOLARE OIV 241 *

UPOV 48 Bioversity 6.2.7

SVILUPPO DEI VINACCIOLI

1 – Nessuno (Trebbiano toscano) 1 – Nessuno (Corinto nero)

2 – Aroma moscato (Zibibbo, Moscato b.)

3 – Aroma foxy (Isabella) 2 – Incompleto (Sultanina)

4 – Aroma erbaceo (Cabernet Sauvignon,

Carmenère)

5 – Aroma diverso da moscato,

foxy ed erbaceo (Riesling, Traminer

aromatico, Sauvignon) 3 – Completo (Riesling)

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MARCATORI MOLECOLARI

OIV 801 VVS2 131-149 OIV 802 VVMD5 224-236

OIV 803 VVMD7 230-244 OIV 804 VVMD27 182-192

OIV 805 VrZAG62 194-202 OIV 806 VrZAG79 234-248

OSSERVAZIONI FENOLOGICHE. Elementi desunti da osservazioni dirette (O), da indicazioni di

agricoltori (A) e dalla letteratura (L)

Si tratta di una varietà abbastanza tardiva in tutte le fasi fenologiche del ciclo vegeto-produttivo (L, O).

In collina matura a fine settembre.

OSSERVAZIONI E RISCONTRI AGRONOMICI. Elementi desunti da osservazioni dirette (O), da

indicazioni di agricoltori (A) e dalla letteratura (L)

Vitigno tendenzialmente vigoroso, con un comportamento abbastanza diverso a seconda del tipo di

suolo in cui viene collocato. Preferisce terreni sciolti, ben esposti, asciutti e calcarei. Produzione

buona e costante. Predilige potatura lunga

OSSERVAZIONI E RISCONTRI SULLA TOLLERANZA/SENSIBILITÀ ALLE PRINCIPALI PATOLOGIE.

Crittogame, acari, insetti, fisio-patologie. Elementi desunti da osservazioni dirette (O), da indicazioni

di agricoltori (A) e dalla letteratura (L)

Mediamente tollerante alle principali crittogame e non soggetto a colatura. In prossimità della

raccolta mal sopporta l’acqua piovana che causa spesso lo spacco dell’acino, con scadimento della

qualità e della conservabilità dell’uva. A tal proposito, Molon scrive: “Allega bene il frutto, e dà

prodotto abbondante, tanto più pregiato, tanto più la vendemmia fu fatta in tempo asciutto” (L).

OSSERVAZIONI E RISCONTRI SULL’UTILIZZO. Elementi desunti da osservazioni dirette (O), da

indicazioni di agricoltori (A) e dalla letteratura (L)

Vitigno tipicamente impiegato come uva da mensa e da serbo, anche se spesso le eccedenze e i

grappoli non idonei per il mercato fresco venivano vinificati in uvaggio con altre varietà.

È una delle uve che si conservano di più in assoluto, tanto che in passato era tradizione consumarla

durante le festività pasquali: si raccoglievano i grappoli, o direttamente i tralci, e si appendevano in

luogo fresco e asciutto, dove rimanevano quasi intatti fino alla primavera successiva (L).

“Durante gli anni ’30 e ’40 del Novecento, gran parte della produzione di Besgano era destinata alla

commercializzazione nel meridione o sulle piazze di Milano, Svizzera, Francia, Germania e

Inghilterra. Si commercializzava preparando un cesto di vimini, decorato lungo il bordo superiore

esterno da una fascia tricolore italiana, e riempito da tre-quattro grappoli di questa uva e ricoperti da

carta velina colorata a protezione. Potevano così sopportare il lungo viaggio a cui erano destinati”

(testimonianza orale fornita da Renzo Gandolfi, di Gropparello - PC). (L, A)

Besgàn era impiegato come uva da vino solo in uvaggi con altri vitigni, perché il vino di solo

Besgano è “fiacco, poco colorito e poco serbevole” (Cavazza, 1914). Alcuni viticoltori di Besgano,

tuttavia, lo definiscono un vino chiaro, ma molto saporito (L, A).

DESCRIZIONE MORFOLOGICA IN BREVE

Foglia. Tendenzialmente grande, orbicolare o, talora, cuneiforme, con sette e, raramente, anche con

più di sette lobi. I seni laterali superiori sono da medi a profondi, con base ad U e lobi più o meno

sovrapposti. Il seno peziolare è aperto, con base a V, ma a volte anche a U (talora parte a U e parte a

V), senza elementi particolari. La pagina superiore è mediamente bollosa e con nervature

generalmente verdi che si arrossano leggermente al punto peziolare. La pagina inferiore presenta peli

coricati tra le nervature con densità media e peli eretti sulle nervature con densità elevata. I denti

sono a margini convessi e medi (rapporto altezza/base).

Grappolo. Di forma generalmente a imbuto, con 1-2 o anche più ali, di media lunghezza (15-20 cm),

di compattezza media, con peduncolo medio o medio-corto. Acino tendenzialmente ellissoide largo,

con buccia abbastanza spessa, di colore rosso scuro-violetto, piuttosto pruinosa e con polpa

leggermente soda.