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eriferie direttore Vincenzo Luciani Poste Italiane SpA - Sped. Abb. Postale 70% -DCB Roma 69 ANNO XVIII N. Direzione - Redazione: via Lepetit 213/1 00155 Roma Tel-Fax 06.2286204 Trimestrale REGISTRAZIONE Tribunale di Roma n. 623/96 del 13/12/96 euro 5,00 GENNAIO/MARZO 2014 RICORDO DI... Fernando Bandini, Federico Tavan, Vito Tartaro P. 6-12 IL LIBRO Mario Melis P. 13 Lia Cucconi P. 14 Sebastiano Aglieco P. 15 ANTOLOGIA: A. Longega, A. Spagnuolo A. M. Curci, A. Molinari PP. 17-21 CONCORSI: Premio “Città di Ischitella-Pietro Giannone” e “Salva la tua lingua locale” II ed. PP. 30-31 SPECIALE: I poeti del Duca. Excursus nella poesia contemporanea di Ferrara PP. 3-5 A FERRARA Ferrara arieggiata dalle sue donne che cavalcano le bici con adeguata consuetudine a volte sbucando felici da quel torpore di urbe allineata ai suoi silenzi nella nebbia indefinita raccolta tra le mura dove trapela con cura il clamore della vita Ferrara rosea città di luce marina sospesa tra vanto e vezzo di sentirsi accanto al Po regina Roberto Dall’Olio A FERRARA Ferrara arieggiata dalle sue donne che cavalcano le bici con adeguata consuetudine a volte sbucando felici da quel torpore di urbe allineata ai suoi silenzi nella nebbia indefinita raccolta tra le mura dove trapela con cura il clamore della vita Ferrara rosea città di luce marina sospesa tra vanto e vezzo di sentirsi accanto al Po regina Roberto Dall’Olio

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eriferiedirettore Vincenzo Luciani

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69ANNO XVIII N.

Direzione - Redazione: via Lepetit 213/100155 RomaTel-Fax 06.2286204Trimestrale

REGISTRAZIONETribunale diRoman. 623/96 del 13/12/96euro 5,00

GENNAIO/MARZO 2014

RICORDO DI...Fernando Bandini, Federico Tavan, Vito Tartaro P. 6-12IL LIBROMario Melis P. 13Lia Cucconi P. 14Sebastiano Aglieco P. 15ANTOLOGIA: A. Longega, A. SpagnuoloA. M. Curci, A. Molinari PP. 17-21CONCORSI: Premio “Città di Ischitella-PietroGiannone” e “Salva la tua lingua locale” II ed. PP. 30-31

SPECIALE: I poeti del Duca. Excursus nella poesia contemporanea di Ferrara PP. 3-5

A FERRARA

Ferrara arieggiatadalle sue donne

che cavalcano le bicicon adeguata consuetudine

a volte sbucando felicida quel torpore

di urbe allineataai suoi silenzi

nella nebbia indefinitaraccolta tra le mura

dove trapelacon cura

il clamore della vitaFerrara

rosea cittàdi luce marina

sospesatra vanto e vezzo

di sentirsiaccanto al Po

regina

Roberto Dall’Olio

A FERRARA

Ferrara arieggiatadalle sue donne

che cavalcano le bicicon adeguata consuetudine

a volte sbucando felicida quel torpore

di urbe allineataai suoi silenzi

nella nebbia indefinitaraccolta tra le mura

dove trapelacon cura

il clamore della vitaFerrara

rosea cittàdi luce marina

sospesatra vanto e vezzo

di sentirsiaccanto al Po

regina

Roberto Dall’Olio

Sommario

SPECIALEI poeti del Duca 3-5

RICORDO DI...Fernando Bandini di Matteo Vercesi 6Federico Tavan di Anna De Simone 9Vito Tartaro di Giuseppe Samperi 12

IL LIBRONotizie dall’Isola di Mario Melis 13Al couròni di dè di Lia Cucconi 14Compitu re vivi di Sebastiano Aglieco 15

ANTOLOGIAAntonio Longega (17), Antonio Spagnuolo (18) A. Maria Curci (19), Alberto Molinari (21) 16

NEWSI vincitori del Premio “Salvala tua lingua locale” 22

RECENSIONI E NOTE’insicutivu di Salvatore Di Marco 23Corde de tempo di A. Elisa De Gregorio 23Sulla strada per Leobschütz di D. Santoro 25Robe de no creder di Roberto Pagan 26Er pallonaro di Leone Antenone 28

CONCORSIPremio “Città di Ischitella-Pietro Giannone” 30Premio “Salva la tua lingua locale” 31

Periferie Gennaio/Marzo 20142

eriferieANNO XVIII N. 69GENNAIO/MARZO 2014TRIMESTRALE

DIRETTORE RESPONSABILEBruno CiminoDIRETTORE Vincenzo LucianiREDAZIONE Ombretta Ciurnelli, AnnaMaria Curci, Claudio Porena, CosmaSiani, Rosangela Zoppi

DIREZIONE E REDAZIONE: via RobertoLepetit 213 int. 1 - 00155 RomaTel-Fax 06.2286204E-mail [email protected]

REGISTRAZIONE Tribunale diRoma n. 623/96 del 13/12/96REALIZZAZIONE Cofine srlvia Lepetit 213/1 - 00155 RomaIN COPERTINA Ferrara, lungo le Mura

STAMPA Palombi & Lanci00010 Villa Adriana - TivoliFINITO DI STAMPARE marzo 2014QUOTA ANNUA SOSTENITORI 20,00 €(con 4 numeri della rivista) sul c/c/p59612879 intestato a AssociazionePeriferie via Nino Ilari 11 - 00169Roma. – ARRETRATI: 10,00 €.

COME RICEVERE PERIFERIE - INVIARE 20,00 euro sulc/c/p/ 59612879 intestato a Associazione Periferie, viaNino Ilari 11 - 00169 Roma indicando nella causale “soste-nitore Periferie” o richiederlo al tel. 06.2253179.

Il CENTRO POESIA DIALETTALE “VINCENZO SCARPEL-LINO” (presso la Biblioteca G. Rodari, in via Francesco Tova-glieri 237a - 00155 Roma - tel. 06-2286204) invita ad inviaree a far inviare gratis testi dialettali (poesie, antologie, riviste,monografie, dizionari e grammatiche, materiali video e audio). Il bollettino dei libri del Centro è sul sito www.poetidel-parco.it (sezione Poeti in dialetto: “Centro di documenta-zione” del menù).

Lodevole opera di divulgazione poe-tica è l’antologia I poeti del duca.Excursus sulla poesia contemporanea aFerrara, a cura di Matteo Bianchi, editada Kolibris, patrocinata dal Comune,dalla Provincia di Ferrara e dallaCamera di Commercio col marchio diqualità «Ferrara - Terra & Acqua».

Il curatore, degno figlio della cittàestense, si dedica con amorevole curaalle voci poetiche che negli ultimi annihanno riempito i silenzi della città pen-tagona, andando oltre la logica locali-stica, e dando molto spazio a coloro che,non nativi di Ferrara, hanno deciso persvariati motivi di stabilirvisi e di svol-gere lì la loro attività lirica.

«Venticinque voci» ci dice Bianchi nellaricca prefazione «per diffondere tra lagente la poesia di Ferrara. Poeti di unDuca che altro non è se non l’ombrametafisica di un passato aureo, una tra-dizione umanista che, dai fasti dell’etàestense, ha lasciato segni tangibili». Sitratta di voci sparse, ciascuna col pro-prio timbro, con la propria intensità,messe insieme e legate da un unicodestino: fare poesia ancora, nonostantetutto, avvertendo, come aristocraticidecaduti, quasi fossero degli odierni bar-nabotti (ma qui andiamo a finire suVenezia, grande rivale che mai riuscì aconquistare Ferrara, precisa fieramenteBianchi), il sentimento di bellezza, dialte lettere, di «felicità lontane» – perdirla col D’Annunzio di Ferrara (Cittàdel silenzio) – che impregnarono la cittàdei duchi e che oggi lasciano ancoraun’eco tra i vicoli, gli angiporti, gli eternimonumenti della città.

I poeti cheBianchi metteabilmente as-sieme condivi-dono le stesseesperienze, lestesse vite,nuotano neimarosi delpostmoderno,ciascuno conil propriostile, i propri rimedi, i propri medica-menti. Essi, nella loro solitudine, nonsono soli, essi sanno di appartenere,perché «inappartenenza è impotenza»,suggerisce Bianchi memore del Montaledi Dicono che la mia. Le solitudini,messe assieme, non sono più tali, oalmeno, non sono più solo solitudini,perché l’individuo smarrisce quell’in-gombrante prefisso in- e diventa con-divisibile, spartibile, si mette in rela-zione con gli altri, si compensa, trovauna comunione d’intenti con coloro checome lui scrivono le proprie pene inversi; nel coro dei soli non esiste isola-mento: l’isola diventa un arcipelago, el’arcipelago non teme i marosi quantola sperduta isoletta obliata dal mondo.Un esempio emblematico di questo èl’intreccio in versi messo in atto da JeanRobaey e Filippo Secchieri che, nellaloro corrispondenza lirica, concretizza-tasi proprio in queste pagine dopo lascomparsa dello stesso Filippo, hannotrovato la via poetica a loro più conge-niale.

Il primo della lista dell’antologia èAngelo Andreotti, che di primo acchito

Periferie Gennaio/Marzo 2014 3 SPECIALE

I poeti del Duca. Excursus nella poesiacontemporanea a Ferrara

di Alessio Casalicchio

vi appare legato a doppio filo, quasiossessionato, alla poetica degli spettrielettromagnetici, angosciato dalla scom-parsa della luce, dal buio nel quale sicelano fantasmi ancestrali, presagi dimorte, ma che sa riconoscere la stretta,intima, connessione che vige tra la lucee il suo contrario, in una necessità dicontinuo scambio: «Ma è / la luce; /viene / e sporge le labbra / soffiandoaurorale sui lumi. / Dolcemente lispegne in / penombra / lasciandoappena un abbozzo di luna» (II) oppure«L’ultima luce / sulla cima di un alberosi appende, / ma già non è / e cade /da quel filo di orizzonte, / e cadendo èraccolta da dolcezza / mossa dall’ondascura della sera. / E l’infittirsi / del-l’ombra? / E il buio?» (IV).

Violento e pacato, fulmineo e reitera-tivo, colpisce Claudio Gamberoni,imprevedibile, alle prese con ardite bat-taglie contro il tempo selvaggio che fuggee ritorna quando non lo si vorrebbe, ei mostri annidati nelle stive dellamemoria umana: «anch’io / anch’iosono! / anch’io sono un a s s a s s i no / quante volte / quante volte protesonel dopo / nel domani / nel poi / houcciso? / ho ucciso il presente / e l’a-nima mia ho / mortificata» (Anch’iosono) oppure «è lei, / la memoria. /questa lupa famelica / che il presentesbrana / e in brandelli di passato riduce/ quel futuro cercando / che poi in leiresta soltanto / lontano ricordo» (È lei,la memoria).

C’è poi Matteo Pazzi, che non è piùsolo una promessa: padovano dinascita, si dimostra forse il più ferra-rese di tutti per poetica e stile, buondiscepolo del primo Govoni (quello del1903-1918, per seguire Mengaldo) conle sue elencazioni crepuscolari poitenute e portate all’estremo dal giovaneDe Pisis. Con i suoi versi-frase ricchi di

icastiche metafore e schietti paradossi,Pazzi ci dice molto della vita di un gio-vane uomo nei difficili, a tratti desolanti,anni duemiladieci: «Ad un tratto ti sveglie dici: – la mia generazione leggera comeun pettirosso di una tonnellata – il coitointerrotto di una globalità senza occhi– questi giorni mettono in scena la sceltadi chi non ha destino – la presenza pocofashion di una donna sola con tre figlipiccoli da sfamare – la libertà è una pro-prietà sempre più ad esclusivo consumodi chi può permettersela – la moscaimpigliata nella ragnatela assaggia lasolidarietà del ragno – la decadenza dellespie così famose all’epoca della guerrafredda» (citata da Bianchi in prefazione)e poi, con apertura sereniana, per poivirare subito sull’inventario govoniano:«le 8 del mattino, il traffico / auto incolonna / il lavandino del bagno inta-sato / una multa per / divieto di sosta/ il cammino di una candela bendata /questo giro-giro-tondo / il manicomiodi un / tappeto muto come un pesce /la canonica telefonata muta» (Inventario).

E c’è anche l’altro Pazzi, il più notoRoberto, maestro dei giovani poeti fer-raresi, anche lui visitato sovente dal-l’angoscia esistenzialistica ci dà ladichiarazione di un’appartenenza post-moderna «Di tutte le cose che potevofare / ho sempre scelto una sola, /monco di troppe vite non fatte / tu seiil Niente che mi ha scelto. / E ti appar-tengo sempre» (Il mio niente) e continuaa fare i conti con la tremenda eresia del-l’essere poeta, non una vocazione maun destino, perché è il poeta che è desti-nato a parlare con le ombre: «Non eronato per vivere nell’ombra, / ho dovutosubirla, / ma di quali doni ricompensa/ splendere nell’oscurità!» (L’eretico). Ilpoeta impara ad amare l’oscurità, atrarne profitto, a rubare al buio i suoisegreti.

Periferie Gennaio/Marzo 20144SPECIALE

Eleonora Rossi invece indugia su unapoetica essenziale, evocativa, dal versobrachilogico ma non avaro di senti-mento e di femminile ansia di libertà«puntami / di spilli / le ali / ma io /ancora / volerò / mettimi / dietro a /un vetro / e vedrai / di / me solo /quello che / vorrai tu» oppure «Respira/ anima amica / lacera la veste / delpianto / sbrana le nuvole / viola / haipugni tesi / e gambe forti / per correre/ controvento» (Controvento). Poi c’èspazio, in questa antologia che si amadi più nel mentre in cui la si sfoglia,anche per Roberto Dall’Olio, sempreattento ai flussi e agli impeti della Storia,della Politica, viste dalla parte dei piùdeboli, dei più fragili, dei sommersi,avrebbe detto Levi: « da alcuni anni unfilare di olivi / sul viale del Liceo /ricorda / gli studenti e il preside / israe-liti / deportati e dispersi / nella Shoah/ venticinque chiome / in memoria /dello sterminio / venticinque chiome /sferzate / dagli inverni padani / cuigelano / foglie / tronchi / rami» (Nonsono tornati, alla memoria delle vittimedel Liceo “Ariosto” nella Shoah).

Va dato il merito a Matteo Bianchi,

giovane poeta ferrarese coraggioso etenace, di avere consentito, con questaraccolta, una splendida panoramicadella poesia estense contemporanea,buona per il lettore di oggi, ancora dipiù per quello di domani, con il suoessere efficace prontuario del senti-mento poetico ferrarese di questi tempibizzarri e angosciosi.

I venticinque autori sono: AngeloAndreotti, Carla Baroni, Arnaldo Benatti(1941-2005), Emanuela Calura, Ric-cardo Corazza, Roberto Dall’Olio, ChiaraDe Luca, Lamberto Donegà, GiuseppeFerrara, Claudio Gamberoni, PatriziaGarofalo, Carlo Gardenio Granata, RitaMontanari, Alessandro Moretti, GiorgioPalmieri (1947-2010), Monica Pavani,Matteo Pazzi, Roberto Pazzi, EdoardoPenoncini, Jean Robaey, Eleonora Rossi,Paola Sarcià, Filippo Secchieri (1958-2011), Gian Pietro Testa, GiovanniTuzet.

A.A. V.V., I poeti del Duca. Excursus sullapoesia contemporanea a Ferrara, a cura diMatteo Bianchi, nota di Monica Farnetti,Kolibris Edizioni, pp. 286, Ûeuro 16,00.

Periferie Gennaio/Marzo 2014 5 SPECIALE

Sogni cinerini

Queste buie mattine di brinaricamano gli umori degli autistiche dirigono pensieri e bagliorial futuro ostinato del giorno.Sulle viscide strisce lascio passarei sogni e gli aironi cineriniche temerari scendono a ricordarci il cielo.Migranti quotidiani in vista di una costa.Menzogne gonfie di verità.

Giuseppe Ferrara

muro di cinta;tra i fondi di bottiglia,rosso, un papavero.

porte del ghetto,rimossi i cardini,ferri vecchi.

Arnaldo Benatti

Fernando Bandini è scomparso aVicenza il giorno di Natale del 2013,dopo lunga malattia.

Poeta trilingue, il cui dettato si diramaattraverso le stratificazioni di italiano,latino e dialetto, Fernando Bandinisembra proteso alla riesumazione di unmondo scomparso: equazione di ‘civiltàumana’ e letteraria il cui dato sensibilepare progressivamente dissolversi in untessuto memoriale intriso di malinconia,privo però di toni rivendicativi; di con-verso, tale opera di rinvenimento è sup-portata dall’adozione di un tono affa-bulatorio, delicato ed onesto (il pensierova al magistero di Saba, e alla poesia-racconto che ‘raduna’ Pascoli, Gozzano,Sereni e Giudici), solo apparentementeradicata in un’originaria simplicitas: inrealtà essa si configura come il risul-tato di un sofisticato processo di ridu-zione e livellamento, anche formale,della ‘materia-lingua’.

Per Bandini “il dialetto della poesia èuna lingua della memoria” (cfr. Il Venetoche amiamo. Incontri con Fernando Ban-dini, Luigi Meneghello, Mario Rigoni Sterne Andrea Zanzotto, prefazione di Gof-fredo Fofi, Edizioni dell’asino, Roma2009, p. 173), la quale presenta nonpoche insidie ideologiche: “Il dialettousufruisce oggi di una tale risonanza econsenso di ascolto (in un mondo dilingue alienate e alienanti) che, quandouna cosa è scritta in dialetto, vieneapprezzata anche al di là della sua man-canza di novità e di maggior impegno”(ivi, p. 172). Tale distanziamento critico– o razionale consapevolezza dei limitiespressivi dell’idioletto in relazione aduna sua ricezione allargata – non gliimpedisce di veicolare, con una patina

di nostalgia dai tratti fiabeschi, gli indizidella sorda deflagrazione dei valori del-l’umanesimo, irradiatisi fino all’epocamoderna e poi frantumatisi entro igorghi del Novecento.

La città di Vicenza – trasfigurata inpoesia nell’anagramma, dal vago saporeslavo-orientale, Aznèciv (“ContemploAznèciv chiusa nella ghiera / del suoceleste breve e circoscritto”, recita unsuo verso) – diviene archetipo d’infanzia,scenario ove si stagliano figure e micro-luoghi emblematici, in un innestosognante di dettagli urbani e natura(una natura impastata di alberi, acquee uccelli, che possiede sovente contornileggeri, primaverili), denso degli echidella grande tradizione, lirica e narra-tiva, veneta.

Per Bandini, la lingua della poesia nonpuò che essere lingua archeologica,aggrappata alla dinamica catàbasi/ana-basi: perlustrazione dei territori dellamemoria e riaffioramento di ciò che nonè più presente (una sorta di sinopiadella forza vitale che permeava l’esi-stente nel passato). In tale processoconoscitivo – il quale non può che attri-buire alla scrittura lirica il valoreaggiuntivo di testimonianza – il dialetto,a differenza del latino – lingua meta-storica e sacrale –, si carica del portatovaloriale che struttura il senso dell’i-dentità e dell’appartenenza: “Consideroi poeti in dialetto poeti di lingua morta,alla stessa stregua di chi compongaversi in latino. La differenza è soltantonel più sottile diaframma che ci separadal mondo di sentimenti e di cose unavolta espresso dal dialetto. Quel mondodorme nel fondo della nostra coscienza;rivisitarlo significa trovarci coinvolti in

Periferie Gennaio/Marzo 20146RICORDO DI...

Fernando Bandinidi Matteo Vercesi

qualcosa che avevamo dimenticato mache pure ci era appartenuto” (in Santidi Dicembre, p. 119).

Poesia consapevole della sua impli-cita sconfitta, connaturata com’è all’ef-

fimero e al transeunte, ma che pure sifa tenue ‘gioco di parole’ con le ombre,verso le quali è destino di ognunoapprossimarsi.

Periferie Gennaio/Marzo 2014 7 RICORDO DI...

Sta lingua

Sta lingua la xe quelache doparava me nona stanotevardandome da dentro la soàsa.La boca stava sarà, le parolemi le sentiva ciare.

Me nonala ga imparà sta lingua da le anguaneche vien zo da le groteco sona mesanotecaminando rasente le masiere:e da le rósedove le lava fódare e nissóise sente ciof e ciof sora le pieree te riva un ferume de parolesupià dal ventoche zola par le altane.

Me nonase ga levà na note co le anguanepar vegnere in sità.Par paura dei spiriti che vade sbrindolon tel scurola diseva pai trosi la corona.La xe rivà de matina bonora:subito dopo un brolo de pomarighe iera case e case da ogni banda.

La domandava el nome de na strada,scoltando na sirena la xe rivà in filanda.«Senti sta tosa come che la parla»,i pensava vardandola tei oci

i botegari e i coci,«la pare un stelarin che vien dai orti»…

Sta linguala so ma no la parlo,la xe lingua de morti.

QUESTA LINGUA - Questa lingua è quella / che mia nonna adoperava stanotte / guar-dandomi da dentro la cornice. / La bocca restava chiusa, le parole / io le sentivochiare. // Mia nonna / ha imparato questa lingua dalle fate d’acqua / che scendonodalle grotte / quando suona mezzanotte / camminando rasente le muricce; / e dallerogge / dove lavano fodere e lenzuola / si sente ciof e ciof sulle pietre / e ti arriva unapolvere di fieno di parole / soffiata dal vento / che vola attraverso le altane. // Mianonna / si è alzata una notte assieme alle fate d’acqua / per venire in città. / Perpaura degli spiriti che vanno / a zonzo nel buio / diceva per i sentieri il rosario. / Èarrivata di mattina presto: / subito dopo un brolo di meli / c’erano case e case da ogniparte. // Chiedeva il nome di una strada, / ascoltando una sirena / è arrivata infilanda. / «Senti come parla questa ragazza», / pensavano guardandola negli occhi /i negozianti e i fiaccherai, / «sembra un fiorrancino che viene dagli orti»… // Questalingua io / la so ma non la parlo, / è lingua di morti.

Da Santi di Dicembre, Garzanti, Milano 1994

Periferie Gennaio/Marzo 20148RICORDO DI...

FERNANDO BAN-DINI (Vicenza, 1931 –2013) dopo aver svoltola professione di mae-stro elementare, hainsegnato Stilistica eMetrica all’Universitàdi Padova e Letteraturaitaliana contemporanea

all’Università di Ginevra.Ha scritto saggi ed articoli sul manie-

rismo dialettale del Cinquecento e sul lin-guaggio poetico del Novecento ed è statoautore di un commento ai Canti di Leo-pardi. Poeta neolatino – oltre che autorein lingua e in dialetto –, ha ricevuto premial Certamen Hoeufftianum indetto dal-l’Accademia Reale Olandese di Amsterdame al Certamen Vaticanum della Fonda-zione Latinitas.

È stato direttore dell’Istituto per le Let-tere, il Teatro e il Melodramma della Fon-dazione Cini di Venezia, presidente del-

l’Accademia Olimpica di Vicenza (dal 2003al 2011) e presidente del Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna.

Tra le pubblicazioni: In modo lampante,Neri Pozza, Venezia 1962; Per partitopreso, Neri Pozza, Venezia 1965; Memoriadel futuro, Mondadori, Milano 1969; Lamantide e la città, Mondadori, Milano1979; Il ritorno della cometa, AccademiaOlimpica, Vicenza 1982 (A1, Padova 1985,con illustrazioni di Emilio Farina). Sueraccolte più recenti: Santi di Dicembre,Garzanti, Milano 1994; Meridiano diGreenwich, Garzanti, Milano 1998; Dietroi cancelli e altrove, Garzanti, Milano 2007;e la plaquette Quattordici poesie, L’O-bliquo, Brescia 2010, con tre note diPietro Gibellini, Massimo Raffaelli e Fran-cesco Scarabicchi.

Nel 2007 gli è stato conferito il Premiodi poesia “Dino Campana”e nel 2012 si èaggiudicato il Premio Librex Montale.

Era la notte del 7 novembre 2013quando Federico Tavan lasciava persempre la piccola Andreis: “Un troi /cjases / arbi / prâtz / montz, / a semèa’na conta…” (Un sentiero case alberiprati monti, sembra una fiaba). Duegiorni prima aveva compiuto sessanta-quattro anni. Ma non era più lui damolto tempo, da quando la poesia gliaveva voltato le spalle, lasciandolo soloa discorrere con i suoi fantasmi, primanel Centro di Igiene Mentale in cui èstato curato e assistito, dopo nella suaminuscola casa, in quella Andreis dadove se non si fugge, dice in un’altrapoesia, si diventa come lei, sasso,silenzio e solitudine. Tavan, che è statouno degli autori più interessanti e ori-ginali del suo Friuli, amava definirsi ilpoeta delle pantegane, una sorta dipoeta maudit: “’E soi al poeta de li pan-tianes / ch’i me impaltamèa li mans”(Sono il poeta delle pantegane che miinfangano le mani; da Augh, Bibliotecadell’Immagine e Circolo culturaleMenocchio, Pordenone 2007, p. 37), maè stato anche il poeta pasoliniano dellelucciole (“Oh, se podarés / dî / ch’i sontornâtz!”: Oh, se potessi dire che sonotornate).

Nel giorno dei funerali, tutto il paeseha voluto salutarlo, stipandosi dentrola chiesa e fuori, sul piazzale. Forse dalì è salito in cielo trasportato da quellanave spaziale con la quale nella poesiasi era liberato tante volte dell’angosciadi convivere con il suo male oscuro, lesue paure e l’incomprensione del mondoesterno: “’E soi ch’e sgôrle / in ta la nâfspaziâl, / no stei desturbâme, / vô ’esèi de un antre mont” (Sono in volo nellanave spaziale, non disturbatemi, voi

siete di un altro mondo; da La nâf spa-zial, in Cràceles cròceles, Circolo cul-turale Menocchio, Montereale Valcel-lina, PN, 1997, p. 69).

Eppure Federico Tavan aveva saputoanche ridere e far ridere, giocare, diver-tirsi; aveva una vitalità straripante e isuoi reading erano strepitosi. Nessunoleggerà mai più le sue liriche come leleggeva lui. La sua poesia è nata sì dallasofferenza del bambino maltrattato, noncapito, rifiutato dagli altri; è nata sì daldolore di essere finito in manicomio asoli 12 anni, dopo la morte di unamadre adorata, ma è anche il frutto diuna ”disperata vitalità”, per alcuni versisimile a quella del suo amatissimo Paso-lini, il poeta a lui più congeniale,assieme a Leopardi. E dell’usignolo diCasarsa è stato considerato, in un certosenso, l’erede, legato a lui dal filo sot-tile di versi dove le lucciole ancoraaccendono la notte, dove la felicità signi-fica ancora qualcosa. Ce lo gridano iversi spezzati e limpidissimi di Vorrei:“’E vorès mitant / favelâ / de flours /de ucèi / e de mil colours / ulà che lavita / èis contenta” ( Vorrei così tantoparlare di fiori, di uccelli e di mille colorilà dove la vita è felice, ’E vorès, da Crà-

Periferie Gennaio/Marzo 2014 9 RICORDO DI...

Federico Tavandi Anna De Simone

celes cròceles, cit., p. 11).Ma come poteva pensare di essere

felice chi era nato “t’un pegnatòn / trazovatz e zufignes / de stries cencjaprozes / e al dolour grant de ’na mare./ Me soi cjatàt a passâ / da chê bandes”(in un pentolone tra rospi e intrugli distreghe senza processo e il dolore gran-de di una madre. Io mi sono trovato apassare da quelle parti, Al destin de unom: Il destino di un uomo, in Augh, cit.p. 111). Questa poesia rappresenta unpo’ la chiave di volta dell’intero edificiodi un’esistenza vissuta ai margini, chegli è passata tante volte accanto, senzache lui riuscisse mai a trattenerla:

Fèrmete Federicola ploia èis passâdai vuoe i te rîtfèrmetea sintî la vitach’a cjamina.

Fermati Federico la pioggia è passata gli occhiti ridono fermati a sentire la vita che cam-mina. (Da Augh, cit., p. 67).

C’erano stati, sì, momenti felici, comequelli vissuti col nonno, che lo adoravae che per lui era diventato una leggenda:

Gno nonu

Par lui jo ere al Signoureri li steles e l’agaere dut ce ch’al è al mont.E dut al ben ch’a m’à datjo no sai là ch’al zîva a tuôilu.Nissuna poesia nissun paradìsa me torna al ben de gno nonu.

Mio nonno. Per lui io ero il Signore, ero lestelle e l’acqua, ero tutto quello che c’è almondo. E tutto il bene che mi ha dato io nonso dove andava a prenderlo. Nessuna poesia,nessun paradiso mi rende il bene di miononno. (Da Cràceles cròceles, cit., p. 37).

Il regalo più bello glielo aveva fatto

proprio lui, il nonno: un pezzo di legnocon due buchi al posto degli occhi. Loaveva chiamato Màcheri. Quel pimpinot,quel bambolotto grezzo, è stato l’inter-locutore dei suoi giochi di bambino edelle sue nostalgie di adulto (“… Ce tantben a chiel prim amic de zoucs, / forsel’unicu. / Màcheri, al timp al passa parduç.” Quanto bene a quel primo amicodi giochi, forse l’unico. Màcheri, il tempopassa per tutti. Da Cràceles cròceles,cit., p. 22).

Ma è un testo teatrale autobiografico,L’assoluzione, quello che consente aTavan di mettere a nudo tutto se stesso,di gridare le sue angosce e il suo attac-camento agli altri, alla vita, alla natura,che ama francescanamente, con tuttele sue creature, come si desume dallastraziata conclusione, con quei “volevo”che scandiscono altrettante impossibi-lità: «Vi amo tutti, tutti! Io non sonopazzo. Io volevo essere voi, io volevoessere me, io volevo essere Dio, io volevoessere il vento, io volevo essere una far-falla, io volevo essere un sacco a pelo[…] un grande artista, un trullo di Albe-robello, un usignolo, un ciclamino, uncolibrì, una lucciola, un arcobaleno, unaquilone, un grande artista!» (Da L’As-soluzione, in Augh, cit., p. 87).

Ida Vallerugo, altra grande esponentedella poesia in Friuli, conosce bene ladifficoltà di definire in poche righe lapoesia di Tavan. Lasciamo a lei, allora,il compito di chiudere questo ricordo diTavan, di esprimere con l’incandescenzadelle sue parole la grandezza di questopoeta: “Come dire con parole brevi esemplici della poesia di Federico? Diquel suo grido lacerante e nuovo che haattraversato la cultura friulana. […]Come dire di questo Menocchiomoderno, che gira per le strade facendoa pugni col nulla? Che ha in sé grazia,verità, eresia e rogo. Cosa dire di Fede-

Periferie Gennaio/Marzo 201410RICORDO DI...

rico, questa nostra preziosa eresia? […]Per sua stessa dichiarazione egli è lapantiana, la pantegana, brutta, sporca,pelosa, che vive in basso, nell’infernodelle fogne della solitudine, fra genteche non ha storia se non quella dellepedate che prende. Tra pantianes,appunto, che tutti con la loro presenzainfastidiscono, ma si badi, quella gente,quelle pantianes hanno la grazia delladivinità, sono per la coscienza delmondo ciò che lui stesso è, è voce di crà-cela, la raganella di legno che il venerdìsanto sostituisce il silenzio delle cam-pane. È, in definitiva, la poesia” (I. Val-

lerugo, La poesia di Federico Tavan, inF. Tavan. Nostra preziosa eresia, Forum,Editrice Universitaria Udinese, Udine2008, p. 127).

E su una poesia di Federico Tavan,una delle poche scritte in italiano, nellaquale ci interroga e si interroga, misembra sensato concludere questeannotazioni dettate a caldo dal senso divuoto che ha provocato in tutti coloroche amavano i suoi versi la scomparsadi questo poeta, unico nella sua singo-larità e nella sua indifesa innocenza.

La foto di pag. 9 è di Luca d’Agostino

Periferie Gennaio/Marzo 2014 11 RICORDO DI...

Dimmi

Dimmi un po’ tuDimmi un po’ tu

quello che perdoquale amico

quello che mi ha sbattutola porta in faccia

o quello che ho lasciato

Dimmi un po’ tuDimmi un po’ tu

quello che perdoquale donna

quella che ho sognatoo quella che non ho avuto

Dimmi un po’ tuquello che perdo

se me ne vado

Dimmi un po’ tuDimmi un po’ tu

quello che perdoquale canzone

quella che non ho sentitoo quella che non ho cantato

(Da Augh, cit., pp. 72-73)

A 75 anni il 12 febbraio 2014 ci halasciato il poeta e scrittore in dialettoVito Tartaro (1938-2014).

La Sicilia, come il mondo, la Sicilia-mondo, è isola di uomini eccezionali(che, cioè, vivono una vita d’eccezione)vissuti nell’ombra o nella penombra. Unodi questi uomini la cui vita è stata unprogressivo ripiegamento su se stesso èVito Tartaro di Ramacca. Poeta, narra-tore, studioso severo di dialetto.

Impiegato comunale, si avvicinò allascrittura in tarda età, pubblicando, dal1980 ad oggi, un saggio storico-archeo-logico sulla montagna del suo paese,cinque libri di poesia (più una sillogeantologica inserita in un collettivo dipoeti), un romanzo, una raccolta di rac-conti, un volume di racconti alternati apoesie, altro saggio sulla storia dellaSicilia e, infine, di prossima uscita, unlibro di prose postumo. Tutta la sua pro-duzione è in dialetto, ad esclusione dellasua opera saggistica d’esordio.

La scrittura di Tartaro gira essenzial-mente attorno a determinati nuclei-regi-stri: l’essere ateo, condizione che si svi-luppa approdando ad una “religiosità”della Natura e dell’Uomo; il canto acco-rato per gli umili e gli oppressi; gli affettifamiliari come unico elemento salvifico;lo scavo nella parola dialettale pura, ori-ginaria, su una scrittura tesa, nonscevra da neologismi e ricerca stilisticacontinue; il rimpianto per una sicilia-nità (e per la Parola siciliana) irrime-diabilmente perduta. I toni sono quellipolemici dell’impegno politico-sociale,satirici, elegiaci, modulazioni liriche,senza mai scadere nei cascami tipici ditanta letteratura folclor-popolare.

Sulla sua opera hanno scritto in molti,

da Vincenzo Di Maria a Manlio Cortel-lazzo, da Silvana La Spina a GiuseppeCavarra, da Salvatore Di Marco ad Adal-gisa Biondi e tanti altri. Svariati i premiletterari ottenuti, fra cui il “Città diMarineo”, il “Vann’Antò-Saitta” per l’i-nedito e il “Musco”.

Con lui se ne va (già Peppino Cavarraci aveva lasciati) un pezzo della Sicilialetteraria dialettale di prestigio.

Le opere di Tartaro: La Montagna diRamacca e l’antica città di Eryke,Ramacca 1980 (saggio storico); le rac-colte di poesie in dialetto Ateismu prim’etuttu, Ramacca 1990, Lu friddu di lastoria, Catania 1992, Russu Ramacca,Caltagirone 1994, I senza anima,Catania 1996, Nannaparola, Palagonia1999, Camina ca ti camina, in Chiana eBiveri di AA. VV., Catania 2002; ilromanzo in diletto Strata e terra, Catania2001; i racconti in dialetto Cuntannu-cuntannu, Catania 2004; Carcariari,Castel di Judica 2007 (Racconti e poesiein dialetto) e la storia della Sicilia in dia-letto Siculicani (Parte I), Castel di Judica2011.

Periferie Gennaio/Marzo 201412RICORDO DI...

Vito Tartarodi Giuseppe Samperi

Notizie dall’Isola, di Mario Melis, Roma,Ed. Cofine, marzo 2014, pp. 56, ISBN978-88-98370-09-2, euro 10,00

Questo libro, durissimo soprattuttonelle sue tenerezze, finisce con l’essereun poema unitario che va letto tutto diseguito: solo così la poesia centrale “Allaragazza di Auschwitz” risulta davverola chiave di volta per ottenere un sensoche nulla concede a lirismi di manierao a invettive moraleggianti [...].

Un poema insolito questo del sardo-navarrino Mario Melis al suo secondo epiù importante lavoro a cui invito adaccostarci liberi da raffinatezze estetiz-zanti o da aridi formalismi di avan-guardie consunte. Facciamoci inveceprendere dalle sue parole petrose,pronte a ferire, svelando tutta intera lanostra vanità e forse potremo non per-dere del tutto il senso della pietà.

Cristiano Franceschi

Periferie Gennaio/Marzo 2014 13 IL LIBRO

Notizie dall’Isola di Mario Melis

Alla ragazza di Auschwitz

ILeggo una notizia sul giornale,misuri i passi fino alla finestrae seguirai la lenta decadenza delle stellemi domandoMai l’ora è la sua stessa ora.O arretra: l’aria di un altro tempo,l’immagine di un amante.Era il fumo di un autistico sognoesalato da una radura di alberi stranierio corre avanti nell’attesacome le anime di una radiografiao un orologio retrogrado sepolto tra le vene del polsouna vecchia foto per domaninon quella della ragazza sul computer.Occupa i possessivi dello spazioquando vogliono toccare le parole.

IIE tu venivi per un ombroso vicolo.Ti presto i miei pensieri della strada.Sorprendi che possano abitare corpi umanidentro il nome dell’isolacome solo l’amore senza ragione è eternocontemplando la caducità di un paesaggio dal balcone.

MARIO MELIS è nato aRoma il 2 febbraio 1942e vive a Palestrina (RM).Ha insegnato lettere inun istituto statale dellaCapitale.Ha pubblicato ricerchedi carattere storico-archeologico e il libro dipoesie L’altro (Roma,Ed. Cofine, 2004).Sue poesie sono pre-senti sul sito www.poe-tidelparco.it.

Secondo la convenzione verrà anche l’invernoall’isola tra intervalli di acquee cadranno le foglie di una donnain attesa di un frutto.Il velo che copre il silenzio al fondoperché le case recludono fuoriinciampando le tracce del cammino

Al couròni di dè di Lia Cucconi

Periferie Gennaio/Marzo 201414IL LIBRO

Al curòuni di dè (Le corone dei giorni),poesie nel dialetto di Carpi (MO) di LiaCucconi, prefazione di Cosma Siani,Roma, Ed. Cofine, ISBN 978-88-98370-08-5, pp. 56, euro 13,00

Quella di Lia Cucconi si configuracome “poesia civile”, o dir civil, nel suolessico. Ma non è certo la poesia civiledi marca neorealistica, che veicola l’in-dignazione attraverso i fatti concreti.L’autrice è molto meno diretta, moltopiù articolata, allusiva, e anche soffertanel suo civile indignarsi. Lo testimoniaquel sostantivo usato in titolo, corona,

dalle multiplerisonanze: “co-rona” per il funerale, in primo luogo,perché molti brani della raccolta si rife-riscono ad ammazzamenti; “corona”come oggetto religioso che accompagnala preghiera, e perciò preghiere per levittime dei casi riferiti; “corona” comesequela di cronache angoscianti.

[...] E l’abilità di Lia Cucconi sta nelsaper conferire al suo “dir” una pro-porzione, un equilibrio, che non fa sen-tire lo sforzo o la forzatura di crearemetafore e impastarne i fatti. [...]

Cosma Siani

Lunedè: vitta?

Dô man nòvi dèìnter un sôi vèc.In nisùn lìbber ghè scrit ti nê gnint,te ti n’om, mia ’na parpàia clumbèina che te spòrch al to tèimp per pùlir piat,mèinter al vèint sèinsa incànt l’è ’na pèstacal fa fiurìr bêgh in di oc deschèlsa.Te, putèin, sèinsa savêr fer l’ôrelal visti dal Pepa, it- drovèn cme n’usˇleinc-an capìs la vôs dal rusgnôl al sôle al to lavôr cl’è al vòl prim’èlaal te tin dèinter ’na mastèla pinadal vôd dal mond, mèinter al to corp nôval crès in dla curòuna di dè, sôrda la verìte: te fê còmed acsè!

Per tut i putèin sfrutê al mond.

LUNEDÌ: VITA? - Due mani nuove dentroun mastello vecchio. / In nessun libro c’èscritto che sei nato un nulla, / tu sei unuomo, non una farfalla bianco grigia / cheti fa sporco il tempo nel lavare piatti /mentre il vento senza incanti è una pesti-lenza / che fa fiorire vermi negli occhiscalzi. / Tu, bambino, senza sapere farel’orlo / al vestito del Papa, ti usano comeun uccellino / che non capisce la voce del-l’usignolo nel sole / e il tuo lavoro, che èil volo di prima ala, / ti trattiene dentroad un mastello colmo / del vuoto delmondo, mentre il tuo corpo nuovo / crescenella corona dei giorni sordo / alla verità:tu fai comodo così!

Per tutti i bambini sfruttati nel mondo.

Sebastiano Aglieco:dalla poesia in lingua al dialetto

Periferie Gennaio/Marzo 2014 15 IL LIBRO

LIA CUCCONI è nata a Carpi (MO). ma dal1961, vive a Torino.Ha pubblicato le raccolte in dialetto: Can-teda, 2005; Pelasurela, 2006; Sirela, 2007;L’elber dal debit, 2008, Ed. Baracca Verde,Torino-Albenga; Cal tut cl’è gnint / cal gnintcl’è tut, Phasar Ed., Firenze, 2009; L’ôra ela pôlvra, Phasar Ed., Firenze, 2010; dalluntan i dman, Phasar Ed., Firenze, 2011,D’èter pan, Ed. Cofine, Roma, 2013. In ita-liano ha pubblicato i libri: Intrusiva, Ed.Bernasconi, Lugano, 2000; D’Albenga, Ed.Quartino, Torino, 2002; In ora Torino, Bar-Verd, Alberga, 2004; L’imposta Midgard Edi-trice, Perugia, 2010.Testi poetici e saggistici sono stati pubbli-cati su riviste ed ha collaborato con disegniper opere di poeti dialettali.

L’ispirazione che muove la poetica diSebastiano Aglieco, al fondo, è genui-namente religiosa, una religiosità allostato sorgivo, scevra da ogni commi-stione confessionale e attenta, semmai,alla sacralità della vita e della storia.Altrettanto potente in lui, però, è l’af-flato etico, una sete di giustizia che sitraduce nella disposizione all’aperturaall’altro e all’amore per il prossimo,soprattutto qualora si tratti degli ultimio dei bambini, con una forte compo-nente evangelica e profetica. Questo,però, comporta un costo, un prezzoaltissimo che il poeta paga sovente intermini di marginalità, solitudine efraintendimento, un pedaggio impostosoprattutto da parte dei «compagni distrada», i poeti.

Ma la poesia, in lui, assolve anche adun’altra funzione che potremmo chia-mare terapeutica, nel senso che solo la

poesia può suturare (perché sanarli deltutto è molto più difficile) quelle feriteo quegli strappi che la vita ha inflitto,a cominciare dal distacco doloroso dallaterra d’origine (la Sicilia, nell’area delsiracusano), per giungere sino all’iconadi tutti i distacchi, quello dalla madre.

Su questi temi, ovvero sulle contro-verse relazioni familiari, sulla casa, sul-l’uomo e sul suo rapporto con la storia,si focalizza l’intera produzione di Agliecoche prende le mosse dal terreno dellalingua per riattingere, in tempi piùrecenti, anche il dialetto dell’infanzia(Compitu re vivi, 2013), con un indubbioguadagno in termini di forza espressiva.

L’approdo al dialetto, tuttavia, non èda intendersi come una concessione allemode, né come un diversivo o unadigressione, bensì piuttosto come neces-sità di esprimere l’inesprimibile nell’u-nica lingua che possa tentare di farlo,

quella che ci ha visto nascere e crescere,magari - con Ungaretti - frementi d’in-consapevolezza. Si tratta, anche, di unasfida con se stessi e di un cimento conla sperimentazione di inedite soluzioni,dal momento che il dialetto in oggettoviene riesumato dai ricordi e in partereinventato.

Contano poco, nel suo caso, le sug-gestioni di altri poeti dialettali: non tantoperché Aglieco non ne abbia conoscenzao non li abbia frequentati, ma piuttostoperché la genesi di questa scelta affondale radici e trova alimento nel serrato

confronto con se stessi e con nodi maidel tutto sciolti, in una parola con l’im-mersione a tutto campo nelle sabbiemobili dell’io.

Lingua della madre o lingua delpadre? E l’una e l’altra, ovvero linguadella mansuetudine e del dono gratuito,come pure lingua della sopraffazione edello sfregio, ma soprattutto lingua delpoeta che si riappropria dell’identità difiglio nell’atto di risillabare quei suonidimenticati e quasi rimossi.

Maurizio Casagrande

Periferie Gennaio/Marzo 201416IL LIBRO

A prima lìttira

Forsi, stu scantuè na jastìma ’nfracirùta ri tantu tempun’ùmmira senza raggia, lassàta astutàrisi rarrèri a ’m mururi muffa e rina, e ora ti nnòminati vuli canùsciri.Jucàunu ’n terra– c’era n’aria ri mari – u piccirìddusintju na uci ca unciàva a stanza’n ciàuru ri rosi sicchina navi ’mbriaca.Eff comu focucomu patri e matri.Nun c’era chiù tempu prima ri ognieff, prima ri ogni zita.

LA PRIMA CONSONANTE - Forse, questa paura / èuna maledizione infracidita da tanto tempo / un’ombraquieta lasciata a / spegnersi dietro un muro / di muffae sabbia, e ora ti chiama per nome / vuole conoscerti./ Giocavano a terra / – c’era un’aria di mare – il bam-bino / sentì una voce che gonfiava la stanza / un odoredi rose secche / una nave ubriaca. / Eff come fuoco/ come padre e madre. / Non c’era più tempo primadi ogni / eff, prima di ogni sposa.

(Da Compitu re vivi, Il Ponte del Sale, Rovigo 2013)

SEBASTIANO AGLIECO è natoa Sortino (SR). Ha vissuto trai monti e il mare, in Sicilia, finoa 24 anni, poi accasato, maper sbaglio, a Monza, dove nonha messo mai radici. Daqualche anno è ritornato ainsegnare a Milano, nellascuola elementare. Ha pubbli-cato diversi libri di poesia. Iprimi, quasi clandestini, poiGiornata (La vita felice 2003,con una nota di Milo DeAngelis, premio MontaleEuropa 2004), Dolore dellacasa (Il ponte del sale 2006),Nella Storia (Aìsara 2009), e laraccolta di saggi Radici delleisole (La vita felice 2009), cheraccoglie il suo lavoro critico.Di recente è stato pubblicatoper l’associazione “Il ponte delsale” di Rovigo il libro in linguasiciliana Compitu re vivi.

ANDREA LONGEGA

* Forse da picolo i me tirava su par el còloinvense che par sóto i scagiforse xe sta tuto quel umidole matine presto a pescar gambe e brassi a mògie nei ghèbi

ma me so messo a girar de nòte par l’isola(sóra i ponti me fermoun poco a vardar)

«ti farà la finede un can senza parón»me ga dito un pèr de voltemia mama a oci bassiprima de star mal.

Forse da piccolo / mi tiravan su tenendomi per il collo / invece che per sotto leascelle / forse è stato tutto quell’umido / le mattine presto a pescare / gambe ebraccia / immerse nei canali // ma mi sono messo a girare / di notte per l’isola/ (sopra i ponti mi fermo / un poco a guardare) // «farai la fine / di un cane senzapadrone» / mi ha detto mia mamma / un paio di volte a occhi bassi / prima distar male.

* Te vardo venir vantito marìo a brassosul pavimento lustro de linoleumla vestaglia grigiai cavéi mèzisenza tinta.A ogni portati buti l’ocio dentrofin quando ti te inacorzi de mi in fondo al coridoioe ti me ridicome par strada.

Ti guardo venire avanti / tuo marito a braccio / sul pavimento lucido di linoleum/ la vestaglia grigia / i capelli per metà / senza tinta. / Ad ogni porta / guardi

Periferie Gennaio/Marzo 2014 17 ANTOLOGIA

A N D R E ALONGEGAè nato aVenezia nel1967 e vivea Murano.Ha pubbli-cato le rac-colte di

poesie: Ponte de mèzo (Campa-notto, 2002), Fiori nòvi (Lieto-colle, 2004), El tempo de i basi(Edizioni d’if, 2009), Da staltraparte de la riva (tre poesie eun’incisione, Edizioni del-l’Ombra, 2010) e Finio de zogàr(Il ponte del sale, 2012). Suepoesie sono contenute nel librofotografico venicevenezia diLeonard Freed e Claudio Cor-rivetti (Postcart, 2006) e nelleriviste: “L’Ulisse”, “Poeti ePoesia”, “Tratti”, “Il monte ana-logo”.

dentro / fino a quando ti accorgi di me / in fondo al corridoio / e mi sorridi /come per strada.

*El poeta, lo savemo,xe un tipo curioso:el leze le etichete su i flaconiel conosse i nomide infermieri e dotoriel vede in coridoio su i carèliguanti e niziòli come stadivisi par colorparché elo lo sache solo quelo che xe ben descrìtose podarà, dopo, scancelàr.

Il poeta, lo sappiamo, / è un tipo curioso: / legge le etichette sui flaconi / conoscei nomi / di infermieri e dottori / vede in corridoio sui carrelli / guanti e lenzuolicome stanno / divisi per colore / perché lui lo sa / che solo ciò che è ben descritto/ si potrà, dopo, cancellare.

ANTONIO SPAGNUOLO

Segni

Sono scomparsi,tutti quei segni che fingevano le noteavvolte nella pigriziaquello strano connettersi alle mani,quando il sogno aveva gestiper aggiungere al sonno il fiduciosorintocco di campane.Svolgo ancora incertezzetra le zone del grigio ed il riverberodelle illusioni, al respiro che cadenzagli strappi del ricordo, le sbiadite traccedi lunghi mormorii, allucinazioniche sfidavano giorni alla deriva…Quando ogni magia è svanitaho conservato per le nuove pretesele tue labbra a soccorrere finzionie a disvelare gli improvvisi ritrovi dell’amore.

Periferie Gennaio/Marzo 201418ANTOLOGIA

Solitudine

Ho cercato di spezzare il panefra gli amici che restanoper quelle parole che segnano ancorauna sottile speranza di fulgore.Ed ogni bisbiglio insapora il quotidiano,ai primi appelli dello sgomento,per i miei attimi a volta digressivi:fibrillanti granelli di una probabileillusione del prodigio,Così ho consumato l’antico presagioquasi che le bugie trascrittepotessero giocare…a carezzare il legno di un liuto.

(da Il senso della possibilità)

ANNA MARIA CURCI

IPuò un acquerello urlare a chi lo guardao resta il suo colore falda piattaarrangiato conforto all’emergenzaalla simulazione dello scoppio

che s’offre come rito prepagato- basta una coda al bancomat, è fatta –centrifuga risciacquo asciugatoredi commedianti lacrime d’autore?

La diceria dell’angelo che guardaprova da tempo a farsi mio custode.Se è un canto dal silenzio o di sirene,sta tra l’ugola e il tubo digerente.

11 settembre 2013

IVA geometrie e congegni tu t’affidie la forma conclusa ti confortaanestetizza il balzo o il suo pensiero

Periferie Gennaio/Marzo 2014 19 ANTOLOGIA

ANTONIO SPAGNUOLO è nato il 21luglio 1931 a Napoli, dove vive. Poetae saggista, è specialista in chirurgiavascolare presso l’Università Fede-rico II di Napoli. Nel 2007 ha realiz-zato l’antologia di poeti contempo-ranei Da Napoli/verso (EditoreKairòs); sono seguite, per lo stessoeditore l’antologia Frammenti impre-visti (2011), e l’antologia L’evoluzionedelle forme poetiche (2013). Dirige ininternet il sito “Poetry dream”(h t tp : //an ton i o - spagnuo l o -poetry.blogspot.com ). Il suo ultimovolume di poesie Il senso della pos-sibilità riceve il primo premio asso-luto al “Concorso della Città di San-t’Anastasia 2013”.

ANNA MARIA CURCI è nata a Romadove vive e insegna. Poetessa bi-lingue (tedesco e italiano) dal 1994,scrive sul blog “Cronache di MutterCourage”, su “Unterwegs/In cam-mino”, su “Lettere Migranti” ed èredattore di “Poetarum Silva”. Suoitesti sono apparsi in riviste e nelleantologie La notte (Roma 2008),Oltre le nazioni (CFR, Rende 2011)Cuore di preda (CFR, Rende 2012).Nel 2011 ha pubblicato la raccoltaInciampi e marcapiano.

lenisce le ferite ancora in nuce.Ma la terra di mezzo o la sua strisciadi sabbia flutto rabbocco pontileha le braccia conserte e semoventighigna gorghi nella mano a conchetta.Allestisci il traghetto lo decoritraccheggi e sbocconcelli (non mittendus!)ti siedi sulla riva. I canestrariti passano davanti e tu li invidi.

8 ottobre 2013

VIun fantasma la serva di scenanei giorni del gelo senza voce

Gli occhi abbassati sulla tela grezzanon scorgono altri cenni d’intesamentre esamina lembi e suddividetoppe e rinforzi di primo soccorso.La schiena scricchiola senza spartitoprecipita la suite della speranzanel duetto di farsa e illusioneperso per sempre il notturno d’incanto.

11 dicembre 2013

Le poesie sono tratte da Canti dal silenzio (Carte sensibili rivista on line).

ALBERTO MOLINARI

Al gal

In cl’aria c’l’è on gristàl da giàs taià dal sól, in cl’aria dasgranàda sbrisolàda sóta ’l sél, in cl’aria cànta on gal e cl’aria

Periferie Gennaio/Marzo 201420ANTOLOGIA

col sò argài lü al l’inpinìs e tüt al mónd al fnìs.

IL GALLO - In quell’aria / ch’è un cristallo / di ghiaccio/ tagliato dal sole, / in quell’aria / sgranata / sbricio-lata / dal gelo, / in quell’aria / canta un gallo / quel-l’aria / del suo canto roco / lui riempie / e tutto ilmondo / finisce.

Malinconìa

On dispiasér sütìl, ’na nebia fina l’as pògia in sal cantón di mè pensér, i a bagna apéna, con malinconìa. On bóf ad vent e la sa sfànta via.

MALINCONÌA - Un dispiacere sottile, una nebbia fine/ si posa sul bordo dei miei pensieri, / li bagna appena,con malinconia. / Uno sbuffo di vento e svanisce.

Al vìcol

L’è ’l vìcol d’na cità, dla mè cità, longh e stricà tra i mür dle case grìse, fnèstre c’a gh’è di pagn e dle camìse mòie, che fórsi on dì le’s sügarà. L’onbra al la quàcia come on vél da spósa parché n’al pèrda mia al sò parfüm, c’l’è fat da préda mòia e d’on po ’d füm, d’na porta vèrta e, déntar, lé c’la vósa... Vìcol dla mè cità, salgà da sas col müs-d in mès, at sé on rosghìn c’am fóra sénpar al pèt e c’al ma ¸sléna ’l pas; vìcol dla mè cità, cóntam ’l ancóra cal söch ’csì cürt, c’l’è cominsià là bas e ’dès mi al sénti vif conpàgn d’alóra.

IL VICOLO - È il vicolo di una città, della mia città, / lungo e stretto fra i muridelle case grigie, / finestre con panni e camicie / bagnate, che forse un giorno siasciugheranno. / L’ombra lo copre come un velo da sposa / affinché non perdail suo profumo, / fatto di pietra bagnata e d’un po’ di fumo / di una porta apertae, dentro, lei che grida... / Vicolo della mia città, selciato di sassi / col muschioin mezzo, sei un rimpianto che mi trafigge / costantemente il petto e mi sfinisceil passo; / vicolo della mia città, parlami ancora / di quel giuoco così breve, checominciò laggiù / ed ora io lo sento vivo come allora.

Periferie Gennaio/Marzo 2014 21 ANTOLOGIA

ALBERTO MOLINARI, nato nel1934 a Mantova, vi trascorre tuttala sua fanciullezza, la sua giovi-nezza e vi compie gli studi fino alliceo, laureandosi poi in ScienzePolitiche al Cesare Alfieri diFirenze. Operando nel settore dellagestione del personale e dell’orga-nizzazione aziendale, rivesteresponsabilità in varie società delGruppo FIAT, sino ad assumerequella di amministratore delegatodi una di queste. Oggi vive aTorino.Nel 2011 pubblica la sua primaopera Scarfòi, Ricordanze manto-vane - raccolta, in tre sezioni, di111 poesie in dialetto mantovano.Nel 2013 completa la sua secondaraccolta di versi in dialetto man-tovano, Mèse préde, inedita, fina-lista al Premio Ischitella-PietroGiannone.

La premiazione del Premio Nazionale“Salva la tua lingua locale”, indetto dal-l’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia eLegautonomie Lazio, in collaborazionecon il Centro di documentazione per lapoesia dialettale “Vincenzo Scarpellino”e il Centro Internazionale Eugenio Mon-tale, si è tenuta giovedì 16 gennaio2014, alle 10.30, presso la Sala dellaProtomoteca in Campidoglio a Roma.

La Giuria del Premio Nazionale “Salvala tua lingua locale” composta da PietroGibellini (Presidente), Toni Cosenza,Angelo Lazzari, Franco Loi, VincenzoLuciani, Luigi Manzi, Cosma Siani, UgoVignuzzi ha decretato i vincitori dellaprima edizione 2014: POESIA INEDITA:1) Nelvia Di Monte, dialetto friulano, 2)Fernando Gerometta, dialetto friulano,3) Benedetto Bagnani, dialetto di Sub-iaco.

PROSA INEDITA (storie, favole rac-conti): 1) Alberico Bojano dialetto cam-pano di San Gregorio Matese (BN); 2)Aurora Fratini dialetto di Sambuci(Roma); 3) Antonina Pistorio Gervasi(dialetto siciliano).

POESIA EDITA: 1) Giovanni Nadiani,dialetto romagnolo; 2) Maurizio Casa-grande, dialetto veneto; 3) Giuseppe

Tirotto, dialetto sardo.PROSA EDITA (storie, favole racconti):

1) Grazia Galante, Fiabe e Favole – Rac-colte a San Marco in Lamis, Levante edi-tori, Bari, 2010 – in dialetto di SanMarco in Lamis (Foggia); 2) DiegoManna e Michele Zazzara, Polska…Rivemo!, Nativi Società Cooperativa,Trieste, 2013 – in dialetto triestino; 3)Franco Pinto, E quist’ate, mo’, chevonne?, Ed. “ManfredoniaNews.it”, Man-fredonia, 2012 – dialetto di Manfredonia(Foggia).

SEZIONE SPECIALE AUTORI SIAE:1) Nevio Spadoni, dialetto romagnolo;2) Vincenzo Mastropirro, dialettopugliese di Ruvo di Puglia (BA); 3) Leo-poldo Attolico, dialetto romanesco.

La Giuria infine ha deciso di attribuirealcune menzioni speciali a: Sergio Sub-azzoli, Bruno Proserpio, Pro Loco Tor-nimparte e Istituto ComprensivoComenio (di Tornimparte, Scoppito eLucoli), Nicola Stragapede, Pro Loco SanPietro in Lama, Pro Loco Cantalice (Rieti)e Ferentino, Angelica D’Agostino.

Alla prima edizione hanno preso 251partecipanti (Sez. A 144 partecipanti 322poesie; Sez. B 40 partecipanti 59 raccon-ti; Sez. C 67partecipanti67 libri).

U n ’ a n t o -logia dei vin-citori e dei fi-nalisti è statapubbl icatadall’UNPLI eda Legauto-nomie conEdizioni Co-fine (pp. 80).

Periferie Gennaio/Marzo 201422NEWS

I vincitori della prima edizione delPremio nazionale “Salva la tua lingua locale”

’insicutivudi Salvatore Di Marco

Nella collana “I Palmini” di Ila di Palma- Mazzoni editore (Palermo) è uscita nel2011 la plaquette ’insicutivu di SalvatoreDi Marco. In tutto 10 poesie, stampatedall’Editore come regalo per l’ottantesimocompleanno dell’Autore. Le liriche sonotradotte a fronte con particolare cura e idue codici – lingua e dialetto – non sonol’una subordinato all’altro.

Emerge con particolare evidenza che lacondizione dell’uomo è quella di un cam-minanti stancu in cerca di ’na paci antica(viandante stanco… in cerca di una paceantica), colto da sgomento quando nel-l’ultimo tratto della vita la strada si ficiassa’ cchiù curta / e cchiù strittu lu so’pinninu (si sia fatta molto più corta / epiù stretto il suo pendio). Non sarà il con-forto dei ricordi a placare il tormento e ilcammino si farà più amaro pensandoanche alle jurnati smarruti / campati tan-t’anni […] cu li mascari nna li facci (gior-nate smarrite / vissute per tanti anni […]con le maschere sui volti); solo unadimensione immaginifica può consentirefughe o mirabili sogni, come recita la liricaCànciu a cappricciu (Cambio a capriccio).

La dimensione esistenziale cui alludeDi Marco trova un’efficace rappresenta-zione nella metafora dell’Àrbulu persu,che, privo delle estati e delle primavere,né campa né mori (né vive né muore), inlotta con la memoria cui volano intornominacciosi acceddi rapini di muntagna(uccelli rapaci di montagna) mentre l’ac-ceddu di tutti li biddizzi… riturnau vecchiucu l’ali rutti (l’uccello di tutte le bellezze…è ritornato vecchio con le ali spezzate).

Nella premessa Di Marco avverte che isuoi versi sono “aspri e amari, acerbi e tal-volta d’impervio dettato” e “velati di sof-ferte memorie”, come quelle d’amore chenell’erta dell’ultimo tratto del viaggio,quando per ogni uomo è la solitudine adominare, sembrano sfuggire o impallidire.

In ‘insicutivu c’è la volontà di raccon-tare l’impotenza dell’uomo di fronte allaforza immane della natura anche attra-verso un contatto ‘fisico’ con la naturastessa (Cu tia passu la manu / supra stumunnu d’erba lucenti: Con te passo lamano / su questo mondo d’erbe lucenti),capace di auscultarne la grandezza che,se posta a confronto con la voce umana– la poesia – stordisce per la sua potenza.È nenti ’sta jurnata chi s’astuta, è unniente una vita che si spegne rispetto alleforze che fremono nel cosmo, al currivu’nfruscu di li celi (rabbia fosca dei cieli).

Salvatore Di Marco, indefesso propu-gnatore della cultura siciliana, ha sempresentito “il fascino del dialetto […] caricodi suoni inediti e di significati nuovi” e,sulla scia della poesia del Novecento, lousa in una lingua poetica ricca di simbolie di efficaci metafore tra cui ci piace ricor-dare l’acceddu granni / di lu ventu (l’uc-cello grande / del vento), la pampina di lipenzera / [che] ancora dormi a la ramade di l’arba (la foglia dei pensieri / (che)ancora dorme sul ramo dell’alba).

Salvatore Di Marco, ’nsicutivu, ila palma– Mazzone editori, Palermo 2011.

Ombretta Ciurnelli

Corde de tempodi Anna Elisa De Gregorio

Anna Elisa De Gregorio, dopo due rac-colte in lingua (Le rondini di Manet, Ed.Polistampa, 2010 e Dopo tanto esilio, Raf-faelli Ed., 2012), affida il suoi pensieri aldialetto anconetano nella silloge Corde detempo (“Quaderni di poesia”, Dars, 2013)vincitrice della VII edizione del Premiointernazionale “Elsa Buiese”.

Corde de tempo è un racconto che partedal dopoguerra con immagini che più voltericordano il cinema neorealista: le vacanzein colonia, il costumino da bagno co’ lapeturina ’ntesito d’acqua de mare di una

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bambina triste, magra, dai grandi boc-coli, i suoi giochi poveri, le sue fantasiecapaci di trasformare le lucciole in stelle,le prime lettere tracciate incerte sul fogliobianco che già sono ‘fili’ di pensiero.

Seguono altre corde de tempo (C’era’na volta ’n curtile) e al c’era una volta…si sovrappone il c’è. La miseria del dopo-guerra è alle spalle, il materasso non èpiù di foglie di granturco tuto gonfio desbrozzi, gli archi delle stalle, alti / comede chiesa / tenti de ’ntonaco roscio, arri-vano a tucà ’l zilenzio, / ch’adè rintronaa voto e scompaiono le antiche stanzeimpregnate di odori-ricordi. I luoghi dellamorte si trasformano e nei cimiteri ilnuovo sembra impedire gli intensi dia-loghi di un tempo, quando con una fotoa purtata d’ochi / pasavi dó parole cunQúlatro / e la tera purtava l’imbasciata,(nella lirica’N albero d’ulivo).

Le corde de tempo parlano nei respiridi un bambino e di un vecchio, in unosfocato dagherrotipo di due sposi de stra-cheza straniti, / e muti di incertezza, nellasolitudine dell’adolescenza che ha frettadi correre ’n viagio / sulitario de alberi /che fugene in avanti, perché l’Autrice ciracconta il viaggio della vita di cui il trenodiviene metafora, suspeso / sopra le dopierote, / come in punto de morte. Nel trenoc’è chi fa ’ndata e ritorno / e chi va viaper zempre in un ‘viaggio’ in cui si alter-nano vita e morte: dal neonato che tra-disce ancora la sua angelicità all’amicoscomparso. Afferma Antonella Sbuelz,“l’arco di una vita, dilatata fra corde deltempo ora tese ora lasche, ora amare oraraddolcite, ora lievi e sospese, altre volteinquiete e disincantate” si snoda “fra l’e-sordio dei primi testi poetici – un esordioaperto e dilatato, lontano nel tempo elegato all’infanzia – e la fine della raccolta– una fine circoscritta a uno spazio dome-stico e legata alla maturità dell’io poetico”.

La De Gregorio, in un breve intermezzobiblico, indugia su antiche figure (Davantia ’n specchio de storia, Cantico de Zacaria,

El dono) quasi per bisogno di archetipi incui confermare il senso delle corde deltempo o trovare spiegazioni all’esperienzadella vita. Archetipi che ricordano l’ine-luttabile svolgersi del destino, la neces-saria compresenza di agnèlo e lupo /pr’inverà la prufezia, o più semplicementeil nostro essere ospiti al mondo, in cui eldestì nun se gambia, quello stesso destinoche in una dimensione minimalista tra-pela anche nei piccoli gesti della quoti-dianità, come lavare vetri o tendine,quando nella solitudine si coglie lo scor-rere della vita che va senza di noi.

E della memoria che resta? Per sbia-dirne i contorni basta soltanto che unmuratore, metafora di un crudele de-miurgo, metta in fuga sinestetici profumidi ombre e rumori, elementi fisici chesostanziano di sé la memoria, perché iricordi da per loro… / ndo’ se tàca?

A volte le liriche sono piccoli acquerelli,con figure appena accennate, con alberie fiori, qualche animale – pretesto per direaltro. Non immagini logore e usurate, maspazi e oggetti della quotidianità, come ilcostumino di lana, una finestra, un lavan-dino sbrecciato o uno stendibiancheriasu cui, senza retorica, si appoggianonostalgie, su cui l’Autrice lascia sfuggire,quasi in un singhiozzo, la rinnovata sor-presa di fronte all’inspiegabile mecca-nismo del tempo, della vita e della morte.

Sottesa qua e là, la riflessione meta-poetica sul ‘filo’ della scrittura: ’Riva sma-grito filo / de scritura ntun gesto / cunu-sciuto da fiola: / artròvi ’l filo de casa /smarito, te cunzóli e la salvezza, nello sgre-tolarsi della memoria e nell’indifferentesvolgersi del destino, sembra essere cosìnella poesia.

I suoni morbidi del dialetto anconitano,a volte con una patina arcaica, si appog-giano in versi generalmente brevi; pre-valgono, infatti, settenari composti instrofe regolari. Il tono è umile, aderenteal minimalismo descrittivo che caratte-rizza in più parti un racconto in cui gli

Periferie Gennaio/Marzo 201424RECENSIONE E NOTE

spazi riflessivi sono brevi e pregnanti, avolte, quasi per pudore, posti tra paren-tesi. Qualche haiku in esergo ad alcuneliriche a confermare, con lo slancio rapidoe garbato proprio di questa forma poe-tica, il senso del viaggio, con toni semprepacati, anche nel racconto di momentitristi della vita su cui i versi della De Gre-gorio si posano con leggera compostezza,con malinconico stupore che mai divienerimpianto struggente.

Anna Elisa De Gregorio, Corde detempo, “Quaderni di poesia”, Dars, 2013.

Ombretta Ciurnelli

Sulla strada per Leobschützdi Daniele Santoro

Ha in epigrafe quattro versi di PaulCelan, riportati nell’originale in tedesco,la raccolta di Daniele Santoro Sulla stradaper Leobschütz. Titolo e versi palesano unprogramma preciso e coraggioso: il con-fronto della scrittura in versi con l’indi-cibile, l’inaudito, sterminio, Sonderkom-mando, marce della morte, Shoah. Queiquattro versi, da Cenotaffio, suonano cosìnella traduzione di Giuseppe Bevilacqua:«Colui che qui dovrebbe giacere, non giace/ in alcun luogo. Ma giace il mondoaccanto a lui. / Il mondo, il cui sguardos’aprì / a tanti e tanti fiori.» Dire di chinon giace in alcun luogo – eppure ilmondo giace accanto a lui – è l’obiettivotracciato e perseguito con la tenacia dellamemoria, il rigore della ricerca, la pro-fondità del sentire da Daniele Santoro.

Nella bella prefazione, Giuseppe Conteprecisa che non ci troviamo dinanzi a unlibro lirico, né a un libro narrativo, ma aun libro epico ed etico. Concordo e ag-giungo che l’opera si compone di uninsieme di quadri che portano con sé etrasportano, Sulla strada per Leobschütz,appunto, fino a noi che leggiamo e ascol-

tiamo, esattezza della ricostruzione sto-rica insieme respiro e andamento dram-matico. L’uso alternato dei tempi, imper-fetto, passato remoto, passato prossimoe presente, ne è una prova. Nei due movi-menti del testo che ferma l’attenzione suJ. Mengele (joseph mengele – I) è l’imper-fetto a prevalere: quegli accurato, solennenella sua uniforme verde / dirigeva l’or-chestra con abnegazione / grande // trebattute a sinistra, una battuta a destra/ e mai che lo sfinisse il Melodramma.

nuda non ha reagito porta invece il pas-sato prossimo già nel titolo: lei si è lasciatafare, nuda non ha reagito / ma sonagliered’ossa, senza un grammo / d’occhi, sfi-nita per la fame, indifferente. // quellidopo aver fatto hanno tirato su / le brachese ne sono andati in ghingheri / ridendosghignazzando dopotutto / lo sfizio eracostato a ognuno una patata. In altri com-ponimenti il passaggio dal presente al pas-sato unisce la desolazione della disumanaquotidianità alla irreversibilità della tra-gedia (l’autocarro): arriva l’autocarro colcassone aperto e / sta a motore acceso,intanto che di fretta / salgono quelli senzafare storie, guardano / nel vuoto, comeinebetiti / tra loro un Uomo e il suo affet-tuoso gesto della mano / – era mio padree fu l’ultima volta che lo vidi.

C’è una ricerca molto accurata dietroogni episodio, ogni testo. Il valore di docu-mento storico di ciascun componimentonulla toglie alla forza evocativa della scrit-tura. A chi legge può capitare, così, dioperare collegamenti con altre testimo-nianze da Auschwitz. È stato per me ilcaso della poesia la sua preghiera: Calma/ la sua preghiera a sera, viva fiamma /illuminava il cuore / e lo stringeva forte.// Peccato che durasse poco lo stupore/ se dalla branda il tonfo della morte…

Ho immediatamente associato i versi alla vicenda di Massimiliano Kolbe. Propriosu questo punto ho rivolto a Daniele San-toro il quesito circa la fonte di ispirazionedel componimento e la sua risposta è

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stata un ulteriore passo lungo la stradaper Leobschütz: «Sì, ho pensato anche aKolbe e Neururer, anche se in effetti lapoesia mi fu inizialmente ispirata dallarilettura de “La notte” di Elie Wiesel: nellibro l’autore evocava il ricordo di AkibaDrumer, che a sera di rientro nel bloccocantava melodia chassidiche; era una vocecosì grave e profonda la sua che – scriveWiesel – spezzava il cuore di tutti gli inter-nati. Ho immaginato allora che quel cantorappresentasse per quei prigionieri unmomento di straordinario stupore, unapausa di pace in tutto quell’universo diumana Malvagia e quivi ho immaginato– quello che poi dico all’ultimo verso – lafine di quell’incanto… ancora una volta iltrionfo della Morte.» Voci si alzano, som-messe o più forti, contro il latrato dellamorte e il sotterraneo incessante tenta-tivo di negazione. A queste voci ha datocorpo e forma e storia Daniele Santoro.

Daniele Santoro, Sulla strada per Leob-schütz (La Vita Felice 2012).

Anna Maria Curci

Robe de no crederdi Roberto Pagan

In questo secondo librodi poesie in dialetto trie-stino, intitolato Robe de nocreder, si avverte l’esigenzadi Roberto Pagan di allon-tanarsi dai temi autobio-grafici già felicemente can-tati in Alighe, per cercare

altro. In realtà l’allontanamento avvienesoltanto nella seconda parte del libro.Nella prima parte, infatti, i titoli delleprime sezioni parlano chiaro: No stamedir, No gavessi mai pensà, Robe de nocreder: tutte espressioni idiomatiche assaiusate dalle comari triestine e tante volteascoltate dal nostro poeta in gioventù.Espressioni iperboliche, in cui il quoti-

diano si trasforma in straordinario peresigenza di protagonismo o per sconfig-gere la monotonia di una vita da babe,da pettegole.

Lo strumento linguistico usato da Paganè un triestino desueto, forse non più com-prensibile, soprattutto da parte dei gio-vani, ma il poeta stavolta non se ne preoc-cupa, come aveva fatto in Alighe. Sentedi non aver ancora vuotato tutto il sacco,vuole raccontare e noi vogliamo ascoltare.Il racconto si fa più lungo: quasi unostream of consciousness che ci fa pen-sare a Joyce e al difficile e ambiguo rap-porto che il “maestro d’inglese”, come lochiamavano i triestini, ebbe con Trieste.Anche in questo libro ritroviamo tutta l’i-ronia e il disincanto che caratterizzano lascrittura di Pagan, strumenti preziosi peralleggerire temi scottanti o troppo gravosi.Proprio in ultima di copertina il poeta cioffre un esempio della sua ironia: Goimparà sto qua, sì, de la Storia: che xe tra-gedia sempre, ma a ciaparla sul serio xeanca pezo. Ironia che ritroviamo anchenella bonaria protesta contro i ladri eputanieri che comanda, per i quali noi’ssai liberamente votemo (“Quarantena”)o contro il mercimonio del sacro, in cuiciò che interessa è solo il business (PadrePio). In questo cammino a ritroso neltempo è ancora d’obbligo un salto a casa,dove il poeta, sotto la pergola, ritrova, tar-lati e marciti dalla pioggia, il tavolo e glisgabelli che ha costruito con le sue maniquando era giovane (“La pergola”) e il vec-chio servizio di bicchieri buoni dellamamma, anche se il loro numero si èmolto assottigliato nel tempo (“I bicèri”).Il tema dell’amore viene affrontato nellapoesia “La bronza”, e quello della mortenella poesia “Butime una zima” (Gettamiuna cima), dove il poeta invita la veciastriga, una volta che egli sarà giunto inporto, a gettargli una cima per farlo scen-dere un’ultima volta a terra.

L’atmosfera che si respira nella terzasezione della prima parte del libro è deci-

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samente diversa: più rarefatta, più medi-tativa, come nella poesia “Surogati”. Diogni cosa può esserci il surrogato, dice ilpoeta, anche dell’amore, tranne che dellavita, poiché forse è proprio lei il surrogatodi se stessa: in questo aspettare dal lunedìche arrivi presto sabato, aspettare Natalee Pasqua e Ferragosto, ferie, vacanze, per-sino la pensione, sperare che prima o poiarrivi la vita vera, piena, viva. E intantoche si aspetta si muore e te vedi ciaro ete capissi el truco.

Ma ancora più da sogno si fa l’atmo-sfera in “Controluse”, in cui il poeta rac-conta una specie di favola dal sapore dan-tesco, che ci riporta alla mente il II cantodel Purgatorio, che si svolge alle primeluci dell’alba sulla spiaggia ai piedi dellagrande montagna, dove giungono le animeche devono iniziare la loro espiazione.Anche Pagan si trova all’alba su unaspiaggia, dove giunge come il fulmine nonun “vasello snelletto e leggiero”, bensì ungran barcon / con tanta zente strenta’torno el bordo, vestita di bianco e con ivisi / come de gesso. E poi, quell’anzeloslusente… perso in quel ciaror che lo scon-deva, non ricorda forse l’angelo nocchierodel canto dantesco, che giunge e ripartecon grande velocità traghettando in con-tinuazione le anime che devono purifi-carsi?

Con la poesia “El pergolo” (Il balcone)ha inizio la sezione intitolata “De un altromondo”, quella legata alla storia, che, pro-prio da quel balcone, il poeta fanciullo egiovinetto ha visto passare.

Sempre con ironia e disincanto Paganvuole farci rivivere, in un flashback dellamemoria, alcuni momenti delle grandivicende legate alla Seconda Guerra Mon-diale, attraverso i suoi occhi puri diragazzo, che da quel balcone cercava ilsuo pezzetto di azzurro, il suo spicchio dimare. E così: l’ 8 settembre 1943, i Tede-schi con i loro sìdecar rabiosi. A fineaprile 1945, i partigiani di Tito (come nonpensare al terribile colpo inferto a Trieste,

all’Istria e alla Venezia Giulia con la tra-gedia delle foibe?) Poi l’arrivo dei carriarmati neozelandesi, gli indiani con i loroturbanti, gli scozzesi con i gonnellini, etamburi e trombe. E noi a rider, ricordail poeta, alludendo all’innocente inco-scienza dei fanciulli che riescono semprea vedere il lato comico delle cose.

Trieste, come sappiamo, è stata ilgrande porto dell’impero austro-ungarico.Con gli Asburgo la città ebbe il massimosviluppo e, dunque, irresistibile è per ilpoeta la tentazione di ripercorrere in versila storia di questo impero, dagli splendorialla catastrofe, dalla Felix Austria allaInfelix Austria.

Personaggi folli e geniali popolano il per-corso narrativo di Pagan nella FelixAustria, come Arcimboldo, alias GiuseppeArcimboldi (1527-93), pittore milanesemanierista del Cinquecento appassionatodi botanica che lavorò a Vienna divenendopittore di corte sotto Ferdinando I, Mas-similiano II e infine a Praga sotto RodolfoII, lo stravagante imperatore degli alchi-misti. O come il musicista Franz JosephHaydn (1732-1809), anch’egli artista dicorte, compositore dell’inno austro-unga-rico, divenuto, dopo la I Guerra Mondiale,inno nazionale tedesco e noto a Triestecome il Serbidiola, dalle prime parole initaliano che recitavano: Serbi Iddio l’Au-striaco Regno e l’Austriaco Imperator.Entrambe queste figure di artisti offronoun pretesto a Pagan per poter entrarenella struttura delle famiglie imperialidelle relative epoche, con tutti gli intrighie le vicissitudini che hanno accompagnatoi loro regni, ma anche un pretesto perpoter rintracciare alcuni membri dellapropria famiglia, che ha origini austro-ungariche.

Prima di intraprendere un discorso sugliAsburgo, però, per dare omogeneità e percostruire un’impalcatura solida atta a reg-gere la sua narrazione, cosa a cui tienemolto, Pagan crea una sezione-filtro, unintermezzo, che intitola Quatro figurini,

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in antizipo de quel che vien dopo, unasorta di epitaffi che richiamano alla mentequelli raccolti nell’Antologia di SpoonRiver, di Edgar Lee Masters, in cui quattrodonne commentano in versi gli usi, icostumi e la mentalità dei quattro secolicui sono appartenute: Seicento, Sette-cento, Ottocento e Novecento.

Ci sembra giusto spendere qualcheparola sulla felice idea di articolare il dis-corso prendendo come base il concettodei Lumi. L’ironia spinge il poeta a vedereil secolo dei Lumi attribuendo al termineLumi il significato più letterale possibile:quello della luce. E allora: Prima dei Lumi;Tasi che ’riva i Lumi, almeno de candela;Studandose i Lumi, pecà, perché propioadesso iera vignù luce letrica e infine Alumi spenti: pezo de cussì no se pol, e ierascuminzià anca oscuramento.

Si passa poi alla Infelix Austria, infe-lice per gli esiti della Prima Guerra Mon-diale e per la dissoluzione dell’imperoasburgico. Per evocare l’atmosfera di deca-denza Pagan sceglie l’operetta, tipo dispettacolo minore in cui temi, personaggie ambienti perdono di importanza edignità. Mentre l’impero rovina, la genteo non capisce o cerca di dimenticare aritmo di valzer. Proprio in questa atmo-sfera da “gaia apocalisse” si assiste allafine degli Asburgo: dalla morte di Massi-miliano in Messico, alla tragedia di Mayer-ling, dalla morte dell’imperatrice Sissi aGinevra a quella di Francesco Ferdinando,ucciso a Sarajevo con la moglie, da quelladel vecchio Francesco Giuseppe a quelladel giovane Carlo d’Asburgo, sopranno-minato Carlo Piria, cioè “imbuto”, per lasua propensione al bere.

Con il “Poema autarchico”, articolato intre sezioni, si conclude questa secondaopera in dialetto di Roberto Pagan. Perchéquesto titolo? Certamente a ricordo delsistema adottato dall’Italia all’epoca dellesanzioni economiche imposte dalla Societàdelle Nazioni a seguito della guerra con-dotta dal nostro Paese nell’Africa Orien-

tale negli anni 1935-1936. I Lumi ormaisono definitivamente spenti, ma restasempre acceso quello della memoria delpoeta bambino che, affacciato al suo per-golo, vedeva passare la storia. Siamo tuttidentro la Seconda Guerra Mondiale ePagan gioca sul tema dell’oscuramento insenso materiale, poiché in guerra biso-gnava oscurare le finestre per via degliattacchi aerei. In questa sezione del libroci viene offerta una sintesi di quello chelo storico britannico Eric J. Hobsbawm,in un poderoso saggio, definisce secolobreve, la cui estensione temporale va dal1914 al 1990, periodo denso di avveni-menti nefasti per l’Europa, che, dopo averricoperto per secoli un ruolo dominante,rischia di sparire e comunque vede di fattoridimensionata la sua importanza a tuttovantaggio prima della Russia e degli StatiUniti d’America, poi anche delle nuovepotenze emergenti.

Roberto Pagan, Robe de no creder, Edi-zioni Cofine, Roma, 2012

Rosangela Zoppi

In margine a Er pallonarodi Leone Antenone

«Otto più otto sedici»: così scrive inesergo a questa sua raccolta (giocandocon il sedici ~ se dici, in enatiometria eambivalenza) il poeta Antenone (l’uomo-Leone, l’artista Scartaccia)…

Otto, peraltro, anche le poesie inclusenella silloge Er Pallonaro, EdizioniCofine, e otto sono quelle di altrettantisuoi amici poeti dislocate in secondasezione (poesie di Claudio Porena, Da-vide Finesi, Alessandro Valentini, Mau-rizio Rossi, Marcello Nardo, Patrizia For-miconi, Giuseppe Caporuscio, StefanoAmbrosi).

Componimenti rigorosamente di 14versi endecasillabi: sonetti? Nossignore!Troppo insulso sarebbe stato – forse –

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riproporre la forma certamente più tra-dizionale della poesia in vernacolo dasempre! Sonetti scardinati? Nossignore!Altrettanto banale sarebbe stato infran-gere la gabbia del sonetto senza un po’d’ironia e di maestria al tempo stesso!Nossignore: la forma è un’invenzionetutta sua! Si tratta di poesie “a pallonci-no”. Sono, cioè, poesie con una formatutta originale (o almeno in parte): labase è data dalla forma chiusa del“rondò all’italiana” (del poeta Masini diFirenze), sulla quale il nostro innesta undistico (due versi) in varia rima (espostae/o al mezzo) che sigillano il tutto a mo’di spago, come il filo che regge il pallon-cino (si veda in copertina!). Le rimehanno lo schema: ABAB, BCBC, CACA,A-A/(a)B(b)A/(b)A(a)B ecc.

E l’idioma? Il poeta non è idiota: adot-ta il romanesco non nell’ottica del puri-smo, bensì con la visuale di chi lo parlae scrive come parla. È un romanescovivo, senza marche di obsolescenza oeccesso di arcaismo: la varietà romana –stemperata nell’italiano medio – che unadulto dai trenta ai quarant’anni puòverosimilmente adoperare nell’attualeRoma. Ma Antenone – si sa – conosce amenadito, a perfezione, il romanescodella Roma sparita: la sua è una sceltacomunicativa e al tempo stesso il docu-mento di un dialetto plausibile…

Leggiamone una, “Er pescatore”:Quanno t’abbocca all’amo la passione /te je dai spago, vivi l’avventura, / er filotira verso l’emozione / è segno che ciaibona la pastura. / De giorno ar sole o cola notte scura, / la canna flette e nun serompe mai; / che sia successo oppurefregatura / comunque vada resti indovestai. / Smulinelli, sai bene quer che fai /avanti, indietro, scambi posizione / avorta prenni, quarche vorta dai / finchéer pesce rimane a pennolone. / Quann’èfinita l’immaginazzione / s’avvera d’im-provviso un’illusione.

Sul piano della lingua, da una super-ficiale lettura si rilevano forme e/o gra-

fie italianeggianti o innacquate nell’ita-liano .

Sul piano dello stile, oltre a tutto unarmamentario metrico-rimico ortodos-so, spiccano particolari equivalenze fo-niche che implicano o instaurano equi-valenze semantiche significative: per e-sempio la rima 13 immaginazione: 14illusione identifica le due parole-rimanella visione disincantata del poeta; l’al-litterazione ricca tra 2 avventura [+futuro] e 14 avvera [+ presente] tradiscel’identificazione tra futuro e presente inuna probabile concezione continua deltempo; il curioso chiasmo paronomasti-co (lettura palindroma) di 14S’AVVER(a) (d’imp)ROVVIS(o), identifi-cando fonicamente i due vocaboli, costi-tuisce un’eventuale spia della concezio-ne precaria del tempo presente (s’avverad’improvviso = TEMPO FUGACE); infine,la proporzione paronomastico-allittera-tiva L’AMO (v. 1): L’EMO(zione) (v. 3) =PAS(tura) (v. 4): PAS(sione) (v. 1), asse-risce una tautologia cruciale nel testo(l’amo = pastura [+ esca] & l’emozione =passione [+ sentimento])…

Grazie a un poeta, grazie alla suatesta fra le nuvole, un gioco tra i più ete-rei, non più giocato, eccetto nei ricordi,è diventato una realtà concreta. Ilnostro palloncino ha preso forma dimetro chiuso e il nostro metro chiuso hapreso forma di palloncino. Il filo si dipa-na, monumento-ammonimento perquelli che si apprestano a salpare…Seguiamolo nel circolo palindromo delsuo infinito volo…

Claudio Porena

Periferie Gennaio/Marzo 2014 29 RECENSIONE E NOTE

Periferie Gennaio/Marzo 201430I CONCORSI

11° Premio nazionale di poesia in dialetto“Città di Ischitella-Pietro Giannone” 2014

Il Comune di Ischitella (FG), in collaborazione con l’associazione Periferie bandisce laXI edizione del Premio nazionale di poesia nei dialetti d’Italia “Città di Ischitella - PietroGiannone”.

Sezione unica: Raccolta inedita di poesie in dialetto (con traduzione in calce)Scadenza: 30 aprile 2014 Quota di adesione: nessunaLunghezza opere ammesse: una raccolta inedita (minimo 20 – massimo 30 pagine,max 30 versi per pagina) di poesie in dialetto (con in calce la traduzione in lingua ita-liana).Numero copie da spedire: 4 copie, con le generalità complete e numero telefonico ede-mail. I partecipanti dovranno anche inviare un file Word della raccolta all’indirizzodi posta elettronica: [email protected]. È gradito un file audio con alcuni testirecitati.Indirizzo al quale inviare gli elaborati: Comune di Ischitella – Segreteria Premionazionale poesia in dialetto – via 8 Settembre - 71010 Ischitella (FG).

Premi. - 1° Premio: pubblicazione della raccolta, a cura delle Edizioni Cofine di Roma,assegnazione al vincitore di 100 copie del libro e soggiorno gratuito per 2 giorni per 2persone a Ischitella in occasione della premiazione. 2° e 3° Premio: soggiorno gratuito per 2 giorni per 2 persone a Ischitella in occasionedella premiazione e prodotti della tradizione enogastronomica locale.Alcuni testi tratti dalle raccolte vincitrici saranno pubblicati sulla rivista di poesia“Periferie” e sul sito www.poetidelparco.itPremiazione: I premi dovranno essere ritirati personalmente (pena l’esclusione) nelcorso della cerimonia di premiazione ad Ischitella in data che verrà tempestivamentecomunicata ai partecipanti.Notizie dei risultati: a mezzo lettera o e-mail ai partecipanti; attraverso la stampa ealtri canali di informazione e sul sito www.poetidelparco.it

Giuria. - Franzo Grande Stevens, Presidente onorario, Dante Della Terza, Presidente(Università di Harvard e Napoli), Rino Caputo (Università di Roma Tor Vergata), Giu-seppe Massara (Università Roma La Sapienza), Marcello Teodonio (Centro Studi G.G.Belli), Cosma Siani (Università Tor Vergata), Ombretta Ciurnelli (poetessa, Redazione“Periferie”), Vincenzo Luciani (poeta).

Patrocini: Comune di Ischitella, Regione Puglia, Provincia di Foggia, U.N.P.L.I. nazio-nale, Eurolinguistica Sud.

Note: il testo integrale del regolamento è sul sito www.poetidelparco.itInformazioni: [email protected] - tel. 062253179 (Vincenzo Luciani).

Periferie Gennaio/Marzo 2014 31 CONCORSI

Salva la tua lingua locale seconda edizione 2014

L’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia e Legautonomie Lazio, in collaborazione con il Centrodi documentazione per la poesia dialettale “Vincenzo Scarpellino” e il Centro InternazionaleEugenio Montale, indicono la seconda edizione del Premio “Salva la tua lingua locale”. IlPremio si articola nelle seguenti sezioni tutte a tema libero in una delle lingue locali d’Italia:SEZIONE A – Poesia Edita - Libro di poesia. - SEZIONE B – Prosa Edita (storie, favole, rac-conti inediti, dizionari, rappresentazioni teatrali) – Libro di prosa edito a partire dal 1 gen-naio 2012. - SEZIONE C – Poesia Inedita. - SEZIONE D – Prosa Inedita.PARTECIPAZIONE - Per le sezioni A e B, ogni autore deve inviare n. 5 copie di un solo libro.Il plico postale dovrà essere inviato a: UNPLI via Ancona 40 00055 Ladispoli (RM), entro il1° settembre 2014.Per la sezione C ogni autore può inviare fino a tre poesie inedite, con relativa traduzione initaliano, massimo 90 versi in totale. Per la sezione D, si accettano storie, favole, racconti inediti di massimo 3600 battute (spazibianchi inclusi), corredate di traduzione. Il materiale delle sez C e D dovrà essere inviato entro il 1° settembre 2014 a [email protected] assieme alla specifica scheda di partecipazione allegata al Bando. È obbli-gatoria la registrazione dei lavori inviati in file audio oppure audio-video.La partecipazione è gratuita.Il Bando e le specifiche schede d’adesione si possono richiedere a [email protected] scaricare dai seguenti siti web: www.unpli.info, www.legautonomie.lazio.it, www.poetidel-parco.it, www.eipitalia.it.PREMIAZIONE - La proclamazione dei vincitori è prevista per il 17 gennaio 2015 a Roma.Sono previsti premi in denaro, riconoscimenti e menzioni d’onore. I vincitori sono tenuti aritirare personalmente il premio assegnato.GIURIA: Pietro Gibellini (Presidente); Ugo Vignuzzi; Franco Loi; Vincenzo Luciani; ToniCosenza; Angelo Lazzari; Luigi Manzi; Cosma Siani.SEZIONI SPECIALISCUOLA - In collaborazione con l’ONG Ecole Instrument de Paix Italia (EIP). Possono par-tecipare gli studenti della scuola primaria e secondaria di I° e II° grado. I primi tre classifi-cati nelle Sezioni C e D saranno premiati con una targa e la pubblicazione sul volume finale.Giuria della sez. Scuola: Anna Paola Tantucci; Catia Fierli; Luigi Matteo; Adele Terzano.MUSICA - Sarà assegnata una menzione speciale per i materiali ritenuti più interessantidalla speciale Giuria della sezione. Il concorrente dovrà far pervenire il materiale audio rela-tivo a: canti d’amore, di sdegno, di lontananza, di vendetta; serenate; ninna-nanne; sciogli-lingua; giochi fanciulleschi; canti politici, di lavoro e d’emigrazione; indovinelli; canti nata-lizi, pasquali; leggende di santi e diavoli; maldicenze paesane; indovinelli. I partecipantidovranno inviare il materiale registrato su file Mp3 oppure su CD. Assieme al file Mp3 o CDdovranno inviare il testo in dialetto con traduzione in italiano. Il materiale dovrà essere inviatoentro lil 1° settembre 2014 a [email protected] assieme alla specifica scheda dipartecipazione allegata al Bando (Scheda Sezione MUSICA) oppure, in caso di invio su sup-porto CD/DVD, inviato all’indirizzo: “PREMIO SALVA LA TUA LINGUA LOCALE – Via Ancona,40 – 00055 LADISPOLI (RM)”. TESI DI LAUREA - Per le tesi discusse a partire dal 1 gennaio 2012 e che abbiano prodottostudi e approfondimenti sui dialetti e le lingue locali d’Italia. L’elaborato dovrà essere inviatoentro lunedì 1 settembre 2014 all’indirizzo di posta [email protected] assiemealla specifica scheda di partecipazione allegata al Bando (Scheda Sezione TESI).ORGANIZZAZIONE: Coordinamento Segreteria Premio: Gabriele Desiderio – [email protected] Segreteria: Anna Corsi; Valentina Cardinale; Claudio Porena; Luigi Poeta.

Novità 2013-2014

Vincenzo Luciani a c.d., Per Achille Serrao, pp. 120, € 15,00

Il volume, pubblicato a un anno dalla sua scomparsa, raccoglie alcune inter-viste ad Achille Serrao, un suo racconto inedito per bambini. E ancora: poesie, documenti e testimonianze sulla sua persona e sulla suaopera di poeti, di scrittori, di critici, allo scopo di evitarne la dispesione, porrein luce i molteplici aspetti della sua personalità e farne rivivere la memoria.Secondo il curatore il libro intende proseguire l’impegno allo studio e per lagiusta considerazione dell’opera di uno dei più grandi poeti italiani.

Roberto Pagan, Robe de no creder (cose da non credere) , pp. 176, € 15,00

Dopo Alighe è la seconda raccolta di poesie in dialetto triestino. SecondoPietro Civitareale, essa “restituisce alla poesia dialettale i suoi connotati tra-dizionali, storici”. Nella silloge “il dialetto torna ad esere la lingua della real-tà e della storia, che esprime con immediatezza le relazioni che unisconoun nome a un significato, le parole alle cose”.

Mario Melis, Ricordi dall’Isola, pp. 56, € 10,00

[...] Un poema insolito questo del sardo-navarrino Mario Melis al suo secondoe più importante lavoro a cui invito ad acccostarci liberi da raffinatezze este-tizzanti o da aridi formalismi di avanguardie consunte. Facciamoci inveceprendere dalle sue parole petrose pronte a ferire svelando tutta intera lanostra vanità e forse potremo non perdere del tutto il senso della pietà.

Cristiano Franceschi

Lia Cucconi, Al couròni di dè (Le corone dei giorni), pp. 56, € 13,00

[...] Quella di Lia Cucconi si configura come “poesia civile”, o dir civil, nel suolessico. Ma non è certo la poesia civile di marca neorealistica, che veicolal’indignazione attraverso i fatti concreti. L’autrice è molto meno diretta, moltopiù articolata, allusiva, e anche sofferta nel suo civile indignarsi. Lo testi-monia quel sostantivo usato in titolo, corona, dalle multiple risonanze: “corona”per il funerale, in primo luogo, perché molti brani della raccolta si riferisconoad ammazzamenti; “corona” come oggetto religioso che accompagna la pre-ghiera, e perciò preghiere per le vittime dei casi riferiti; “corona” come sequeladi cronache angoscianti. [...]

Cosma Siani

EDIZIONI COFINE

PER ACQUISTAREversare l’importo sul c/c/p 34330001 (Cofine srl via Lepetit 213/1 -00155 Roma) indicando il titolo del volume che verrà inviato a strettogiro di posta.Info: [email protected] tel. 06.2253179

catalogo completo su www.poetidelparco.it

Er pallonaro, pp. 32, € 8,00

Poesie “a palloncino” in dialetto romanesco di Leone Antenone e ClaudioPorena, Davide Finesi, Alessandro Valentini, Maurizio Rossi, Marcello Nardo,Patrizia Formiconi, Giuseppe Caporuscio, Stefano Ambrosi.