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n.4 ott_dic 2010 Una città antica alla ricerca di una mobilità moderna Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia? Le associazioni del centro storico dicono la loro Arte millenaria nell’acropoli perugina

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  • n.4ott_dic 2010

    Una città antica alla ricerca di una mobilità moderna

    Forum

    Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Le associazioni del centro storico dicono la loro

    Arte millenaria nell’acropoli perugina

  • La nostra impresa è sostenere la Tua impresaCamera di Commercio di Perugiaè servizi per le imprese

    Contributi e incentiviper il sostegno di medie, piccole e micro impresesui mercati italiani ed esteri

    Anagrafe delle imprese, visure, bilanci e protestile uniche informazioni ufficiali su imprese, soci e amministratori per operare in un mercato trasparente

    Servizi di conciliazione e arbitratoper la risoluzione delle controversie attraverso un percorso veloce, efficace ed economico

    Promozione e tutela delle eccellenzeper valorizzare tutte le risorse culturali, ambientalie produttive del nostro territorio

    Centro Congressi e Centro Servizi Galeazzo Alessispazi prestigiosi e attrezzati per convegni, incontri d’affari e manifestazioni, al servizio del territorio

    Sportello di informazione economicae centro documentazionel’intero patrimonio di studi della Camera, accessibile anche on-line, per una conoscenza approfondita della realtà economica

    Impresa digitalegli strumenti informatici e telematici più innovativi per la gestione dell’impresa e l’accesso on-line ai servizi camerali con Carta Nazionale dei Servizie Business Key

    Borse e prezzicontrattazioni per il mercato agricolo e immobiliare, quotazioni trasparenti delle merci e informazionisui mercati, a tutela degli interessi degli operatorie dei consumatori

    Servizi per l’esteroa disposizione degli operatori per pratiche amministrative, rapporti commerciali e promozione sui mercati esteri

    www.pg.camcom.gov.it

  • L’anno 2010 è trascorso senza che si sia consolidata

    una ripresa forte, diffusa e omogenea in tutti i settori

    produttivi. Questo è un dato di fatto, che tuttavia non

    significa che non siano stati compiuti passi avanti verso

    l’uscita da una crisi che è stata tra le peggiori di sempre.

    I risultati dell’ultima indagine trimestrale Banca

    d’Italia - Il Sole 24 sulle aspettative di inflazione e cre-

    scita delle imprese mostrano come, nell’ultimo scorcio

    del 2010, l’economia internazionale e anche l’attività

    produttiva in Italia abbiano rallentato il ritmo di cre-

    scita.

    Certo gli effetti della recessione sulla nostra strut-

    tura produttiva devono essere ancora valutati. Come ha

    recentemente affermato il governatore della Banca d’Ita-

    lia, “è possibile che la crisi abbia accelerato la ristrut-

    turazione almeno di parti del sistema, accrescendone

    efficienza e competitività; è possibile un semplice, lento

    ritorno al passo ridotto degli anni pre-crisi; è anche pos-

    sibile un percorso più negativo”.

    Il punto di vista dell’osservatorio camerale, attesta-

    to sull’orizzonte del territorio provinciale e regionale,

    non si discosta in verità dal quadro nazionale e inter-

    nazionale. Nonostante ciò il sistema produttivo umbro

    si mostra tuttora complessivamente sano e fonda su un

    desiderio di intraprendere e una determinazione che la

    crisi per ora non è riuscita a sfibrare.

    La crisi e la progressiva erosione delle risorse del-

    le amministrazioni pubbliche impongono in modo non

    rinviabile che si agisca con la massima concretezza per

    il rilancio economico e sociale dei territori, per non di-

    sperdere le energie vitali del nostro sistema d’impre-

    sa. Per questo motivo le politiche di intervento della

    Camera di Commercio di Perugia per l’anno 2011, cui

    abbiamo dato spazio in questo numero della rivista,

    tenderanno a sostenere in modo attivo e partecipato la

    crescita del sistema economico provinciale, ripartendo

    dalla centralità dell’impresa, dai temi della valorizza-

    zione del territorio, del sostegno alle imprese e all’occu-

    pazione, dell’innovazione.

    L’ultimo Forum del 2010 è dedicato al futuro pre-

    vedibile del centro storico della città di Perugia, un

    tema che senza dubbio appassiona e divide l’opinione

    pubblica: ne abbiamo chiamato a discutere Nilo Arcudi,

    vicesindaco di Perugia, Paolo Belardi, professore asso-

    ciato della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pe-

    rugia, Michele Bilancia, architetto perugino che da oltre

    trent’anni studia le cinte murarie della città di Perugia,

    Nicola Minelli e Ivano Ruscelli, entrambi consulenti di

    marketing urbano e territoriale, e Angelo Patrizio, archi-

    tetto e autore di decine di progetti di riqualificazione

    urbana.

    Ne è emersa, fra i tanti interventi, i progetti auspi-

    cati e il dibattito vivace col pubblico che ha fatto se-

    guito, l’opportunità di seguire la strada della partecipa-

    zione di tutti i differenti portatori di interesse per poter

    affrontare efficacemente i problemi del centro storico,

    tenendo conto che “la città è di tutti”.

    Senza dimenticare che la grande industria di Peru-

    gia è la sua storia millenaria, il suo giacimento cultu-

    rale: una città con le “radici di pietra”, ovvero quindici

    chilometri di mura medievali e tre di mura etrusche,

    a fare da testimoni tangibili e irripetibili di un popo-

    lo straordinario, queste ultime candidate a patrimonio

    mondiale dell’umanità.

    Siamo certi che gli spunti emersi durante il Forum

    saranno di aiuto agli amministratori pubblici e a tutti

    coloro che sono impegnati a rendere il centro storico

    della città un’attrattiva per la cittadinanza e per gli

    operatori economici.

    Mario Pera

    Editoriale

  • 2

    Direttore editorialeMario Pera

    Direttore responsabileGiuseppe Occhioni

    Comitato di RedazioneGiuseppe Occhioni, Federico Fioravanti, Paola Buonomo, Egidio Urbanella, Roberto Vitali, Massimo Duranti

    Segreteria di RedazioneRoberto Vitali

    RedazioneVia Cacciatori delle Alpi, 42 – 06121 Perugia Tel. 075/5748312 - Fax 5748205

    Autorizzazione del Tribunale di Perugia N. 319 del 7 maggio 1963

    ISSN 1824 - 887X

    Abbonamento annuo (quattro numeri) Euro 25,00 con versamento su CCP. n. 134064 – Una copia Euro 7,00Spedizione in abb. post. 70% - Filiale di Perugia

    04 Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    > Nilo Arcudi

    > Paolo Belardi

    > Michele Bilancia

    > Giorgio Mencaroni

    > Nicola Minelli

    > Angelo Patrizio

    > Ivano Ruscelli

    22 Rocca Paolina crocevia di un rinascimento

    > Urbano Barelli

    24 La città di tutti > Renzo Massarelli

    26 Una mobilità non vessatoria > Gerardo Gatti

    30 L’Umbria dei ventidue gioielli > Laura Buco

    32 Notizie dall’Europa > Lorenzo Robustelli

    34 Le imprese sotto la lente > Pietro Aimetti

    36 Parole d’ordine 2011: valorizzazione del territorio, innovazione e occupazione

    Forum Economia&Territorio

    Sommarioanno 120 n. 4 ottobre_dicembre 2010

  • 3

    Progetto grafico e impaginazioneArchi’s Comunicazione, Pg

    FotografieArchivio Camera di Commercio di Perugia, Archivio Archi’s Comunicazione Lorenzo Sonaglia

    StampaLitograf, Todi

    Foto di copertina Archivio Archi’s Comunicazione

    Le opinioni espresse impegnano soltanto gli autori. La riproduzione, anche parziale, dei testi è consentita solo citando la fonte. La collaborazione è per invito. I materiali non si restituiscono.

    42 Alla ricerca dell’identità > Silvia Angelici

    46 “Gimo ‘n zu” > Giuseppe Occhioni

    50 Il pittore e la sua città > Anna Lia Sabelli Fioretti

    54 Le sentinelle del Corso > Antonio Carlo Ponti

    58 Perugia un centro storico di musei

    > Massimo Duranti

    Marchi&Brevetti63 > a cura di Michele Caforio

    CameraNotizie65 > a cura della Redazione

    Note di legislazione regionale69 > a cura di Massimo Duranti

    Lo scaffale71 > a cura di Antonio Carlo Ponti

    Punti di vista

    Arte

    n.4ott_dic 2010

    Una città antica alla ricerca di una mobilità moderna

    Forum

    Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Le associazioni del centro storico dicono la loro

    Arte millenaria nell’acropoli perugina

    rubriche

  • Forum

    Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Il rischio museificazione. Il rapporto con la

    contemporaneità. La sicurezza. I progetti futuri.

    Le polemiche. Ztl, telecamere e parcheggi. Le cifre

    sui residenti. Il commercio che langue. Le idee per il

    rilancio. E un nuovo, grande sogno: le mura etrusche

    patrimonio mondiale dell’Unesco.

  • NILO ARCUDI. Vicesindaco di Perugia dal 2004, nella giunta guidata da Renato Locchi, ha mantenuto lo stesso incarico con il sindaco Vladimiro Boccali. Ha la delega al Centro storico, alla Protezione ci-vile, alle Relazioni internazionali ed alle Città gemellate. È stato di recente nominato vicepresidente dell’Anci Umbria. Nato a Cassano dello Ionio (Cosenza) nel 1973, è residente da molti anni a Perugia dove ha studiato. È laureato in Economia e commercio con specializzazione in Marketing alla Luiss di Roma. Nel 1998 ha lavorato a Parma per Banca Intesa nella direzione marketing.Dal 1999 lavora nella filiale di un istituto di credito perugino di cui dal 2003 è vice titolare.

    I protagonisti al forum

    PAOLO BELARDI. Professore associato nella Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Peru-gia, dove è coordinatore della Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale. Attualmente insegna “Rilievo dell’architettura” e “Architettura e com-posizione architettonica II” nell’ambito del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile-Architettura. Ha insegnato anche nella Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e nella Facoltà di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli. Ha ottenuto menzioni e riconoscimenti in importanti premi di architettura. È autore e curatore di volumi monografici tra cui: Camminare nella storia. Nuovi spazi pedonali per la Perugia del terzo millennio, Perugia 2009.

    MICHELE BILANCIA. Michele Bilancia è un architetto perugino che da a oltre trenta anni studia la cinta muraria della sua città. Perugia vanta tre chilometri di mura etrusche e quindici chilometri di mura medievali. Bilancia ha scritto il libro “Il muro etrusco di Perugia. La Cupa”. E ha fondato con il docente universitario Franco Ivan Nucciarelli ed altri professionisti perugini “Radici di pietra”, una associazione che vuole conservare e valorizzare l’identità storica della città. La loro battaglia è far riconoscere la cinta muraria di Perugia come “patrimonio dell’umanità” da parte dell’Unesco.

    NICOLA MINELLI. Coordinatore di Iscom Group, si è laureato in Economia Aziendale con una tesi sul venture capital. Dal 2001 al 2005 ha lavorato nel settore delle ricerche e valutazioni economiche e finanziarie. Ha seguito la predisposizione di diversi piani di marketing urbano e territoriale a Brescia, Perugia, Pordenone, Città di Castello, Terni e La Spezia. È associato all’IPM (Institute of Place Manage-ment) di Londra, istituto di ricerca internazionale per la riqualificazione e gestione degli ambiti urbani nato nel 2006 con il supporto della Manchester Metropolitan University e della Associazione dei Town Centre Manager inglesi). Ha scritto, con altri autori, “Gli interventi di rivitalizzazione commerciale dei centro storici e delle aree urbane” (Maggioli editore) e “Il project finance in Italia” (edizioni il Mulino).

    ANGELO PATRIZIO. Architetto e urbanista, Iscritto all’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano. Dirige dal 2009 il Settore Urbanistica e Progettazione Urbana della Confcommercio. Intensa attività saggistica e didattica. Ha diretto dal 1992 al 2008 la Direzione Servizi Urbanistici dell’Unione del Commercio del turismo dei Servizi e delle Professioni delle Provincia di Milano. Intensa attività sag-gistica e didattica. Ha firmato molti ed importanti progetti. Fra i tanti il progetto per L’Aquila dopo il terremoto del 2009 e il progetto partecipato di riqualificazione urbana e rivitalizzazione economica per Mantova. Decine di progetti di riqualificazione urbanistica e architettonica e di rivitalizzazione commerciale. Numerosi piani urbani per il commercio in varie città italiane.

    IVANO RUSCELLI. Town centre manager della città di Parma dal 2009. Dal 1991 è stato incaricato della direzione dell’Istituto per lo sviluppo del Commercio e del Turismo dell’Emilia Romagna dove ha svolto anche la funzione di direttore consulenze e ricerche fino al 2001. Dal 2001 è stato direttore di Iscom Group, società specializzata nella consulenza e ricerca nei settori commercio, turismo e servizi fino al 2005, a partire da quando ha mantenuto una collaborazione permanente con Iscom Group come re-sponsabile dello sviluppo e come responsabile tecnico scientifico, attivando inoltre una propria società “Ruscelli sviluppo impresa & territorio”. Ha sviluppato numerosi piani di marketing urbano per città di medie dimensioni.

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    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    BELARDI. Prima di tutto voglio ringraziare gli organizzatori per avermi invitato a partecipare a questo forum. Il che mi

    ha gratificato moltissimo, visto il prestigio dell’iniziativa,

    ma ad onor del vero mi ha anche un po’ preoccupato. Que-

    sto per tre ragioni. Prima di tutto perché non sono né un

    futurologo né un veggente. Poi perché sono consapevole di

    poter facilmente andare fuori tema, in quanto ho sempre

    creduto e credo tuttora che non ha senso parlare del futuro

    del centro storico di Perugia in particolare (ma ha senso

    parlare del futuro dei centri storici italiani in generale, visto

    che si tratta di un caso del tutto singolare; e meno ancora

    ha senso parlare del centro storico di Perugia senza con-

    siderare l’intera città). Infine perché il centro storico è un

    tema talmente vasto che gran parte dei dibattiti ad esso

    dedicati rimangono ineffettuali ovvero finiscono in una

    bolla di sapone, producendo un elenco di slogan retorici

    (tipo: “riportiamo i residenti nel centro storico” piuttosto

    che “restituiamo il centro storico ai pedoni”).

    Al massimo, infatti, i dibattiti sul centro storico ispirano

    qualche suggestione metaforica, come ad esempio quelle

    tratteggiate recentemente da Mario Botta (“il centro stori-

    co è un albero dalle radici antiche”) e da Renzo Piano (“chi

    vive nel centro storico è un nano portato a spalla da un

    gigante”). Ma io non ho né la sensibilità di Mario Botta né

    la saggezza di Renzo Piano.

    Di conseguenza, temendo di non avere nulla d’interessan-

    te da dire sul futuro del centro storico della nostra città,

    ero un po’ preoccupato. Poi però, navigando in internet,

    mi sono imbattuto in un illuminante aforisma di Alan Kay

    (uno dei pionieri dell’informatica statunitense) secondo

    cui “il modo migliore di predire il futuro è inventarlo”.

    E allora mi sono sentito più a mio agio, perché la mia

    missione di docente è proprio quella di formare cittadini

    del mondo capaci d’inventare il futuro. Rimaneva un’ulti-

    ma perplessità: la vastità del tema. Ora sono molto meno

    preoccupato, perchè, come mossiere, posso orientare la

    discussione.

    In tal senso, ho pensato di sollevare il dibattito su tre temi

    precisi: il rapporto del centro storico con la contempora-

    neità; il rischio di museificazione del centro storico; il ruo-

    lo della ricerca nel rilancio del centro storico. Ma andiamo

    per ordine.

    Il rapporto dei centri storici con la contempora-neità alimenta polemiche continue.

    BELARDI. Parto da un esempio concreto. Quando, qual-che anno fa, il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, decretò

    l’abbattimento delle famigerate “Gocce”, realizzate nella

    piazza centrale del capoluogo emiliano da Mario Cucinella,

    ricevette un plauso generale. La gran parte dei bolognesi

    (di destra, di centro e di sinistra) non tollerava che proprio

    nel cuore della città potessero sorgere due strutture high-

    tech di forma e materiali schiettamente contemporanei. E

    ai pochi che sottolineavano che l’intervento di Cucinella

    era di dimensioni modeste, rimovibile e tale da risolve-

    re brillantemente la penosa storia di un sottopasso ab-

    bandonato, si rispondeva che mai nessuno aveva osato

    accostare forme tanto stridenti alla piazza simbolo della

    storia della città e sede del palazzo di Re Enzo. Dimen-

    ticando, ovviamente, che questo edificio apparentemen-

    te medievale è in realtà il frutto di successivi rifacimenti,

    peraltro molto fantasiosi, condotti nel Settecento da Gio-

    vanni Giacomo Dotti e nel Novecento da Alfonso Rubbia-

    ni. L’episodio è emblematico. Perché, al giorno d’oggi,

    l’intolleranza per l’architettura contemporanea è l’unico

    argomento capace di coalizzare una maggioranza trasver-

    sale. Maggioranza che crede ancora al mito del Belpaese,

    che gode nell’acquistare un sorbetto della “Antica Gela-

    teria del Corso” e il cui sogno proibito è abitare nella casa

    del “Mulino Bianco”. E che suggella con orgoglio l’insegna

    della propria attività commerciale “dal 1898”, dal “1956”

    o addirittura “dal 1988”: come se il tempo passato fosse

    di per sé sinonimo di qualità. Il risultato di questa insi-

    curezza (se non addirittura di questa paura della contem-

    poraneità) è sotto gli occhi di tutti: il nostro paese si sta

    proponendo come un luogo vecchio e ammuffito. Lo testi-

    monia la recente proliferazione di campagne pubblicitarie

    che vantano i centri storici italiani come luoghi in cui il

    tempo si è fermato. Penso in particolare a quella promossa

    recentemente dalla città di Ferrara, dove si mostra la foto

    di una strada del centro storico senza persone e senza vei-

    coli. Proprio per questo quindi, sarebbe utile ripensare la

    comunicazione dei nostri centri storici umbri (a cominciare

    da quello di Perugia), rinnovandone l’identità pur senza

    sradicare le radici tradizionali. Così come è avvenuto con

    le scale mobili, ma come forse non è ancora avvenuto con

    il minimetrò.

  • 7

    E il rischio di museificazione del centro storico?

    BELARDI. Dico subito con chiarezza che questa prospetti-va, che dai più viene considerata “tombale”, non mi spa-

    venta. Tuttaltro. Quando ero bambino (correvano i mitici

    anni Sessanta), mio padre Mario, che peraltro cinquant’an-

    ni fa è stato uno dei firmatari della “Carta di Gubbio”, mi

    ha spesso portato con sé in occasione dei tanti convegni

    in cui si dibatteva in modo sistematico su questo tema. E

    ricordo distintamente le violente battaglie volte a riven-

    dicare la necessità di mantenere la vita nel centro storico.

    Cosa che peraltro ho vissuto in prima persona, perché i

    miei nonni materni abitavano a Gubbio nel quartiere di

    San Martino, che come noto è stato teatro di uno dei pochi

    interventi di recupero edilizio in cui nei primi anni Settan-

    ta (con finanziamento Gescal) si è anteposta la tutela della

    popolazione alla tutela dei reperti. Peraltro con successo:

    perché se è vero che molte delle arcate gotiche sono state

    occluse in nome dell’adeguamento tipologico e tecnolo-

    gico (con grande scandalo dei nostalgici antiquari), è al-

    trettanto vero che oggi il quartiere di San Martino è ancora

    abitato dai sanmartinari. Tuttavia, dopo cinquant’anni di

    battaglie feroci, nonostante questo precedente felice, mi

    sento di poter dire che è inutile continuare a battersi con-

    tro i mulini a vento. La guerra è persa e, di fatto, i centri

    storici hanno ormai intrapreso la via della museificazione.

    Soprattutto perché, come risponde il Marco Polo di Italo

    Calvino al Kublai Kahn: “Di una città non godi le sette o

    le settantasette meraviglie, ma godi le risposte che dà alle

    tue domande”. E il centro storico, con la sua intagibilità,

    non può dare risposte soddisfacenti a chi intende viverci

    con le stesse comodità garantite dalla villetta individuale.

    In tal senso, invece di disperarsi e perdere tempo, occorre

    adoperarsi per orientarli verso le forme museali più inte-

    ressanti e utili. In fondo, nel resto dell’Europa (ma anche

    e soprattutto negli Stati Uniti) i musei sono tra i luoghi più

    vivaci e più frequentati delle città. Questa, in ogni caso,

    è una tendenza mondiale. Pochi giorni fa sono stato alla

    conferenza conclusiva della Biennale di Venezia. Laddove

    la curatrice Kazuyo Sejima ha presentato un progetto che

    sta realizzando in Giappone e che è volto a rivitalizzare il

    villaggio dell’isola di Inujima, che negli ultimi trent’anni

    è passato da 3000 abitanti a 52 abitanti. E, guarda caso, il

    progetto prevede la trasformazione del villaggio in un mu-

    seo diffuso, in cui cioè il museo non è ricavato nel palazzo

    più bello e più nobile del villaggio, ma nella rete di molti

    piccoli edifici minori (per lo più case di pescatori) ricom-

    posti in nuove forme dalla mano della Sejima. Secondo

    me non poteva esserci conclusione migliore per una Bien-

    nale intitolata People meet in architecture. Forse, anche

    nei nostri centri storici, è necessario che si torni a credere

    nella capacità dell’architettura di far incontrare la gente.

    Perché, citando un celebre scritto di Aldo Rossi (Che fare

    delle vecchie città?) “non credo che il problema sia come

    rendere abitabile Venezia. Anzi credo che il problema vero

    sia come abbandonarla e ridurla a una città monumento.

    Al pari dell’Alcazaba a Granada e del Cremlino a Mosca. Il

    problema è costruire nuovi monumenti, capaci di assurge-

    re a punti fissi della città nuova”.

    C’è un problema estetico della città...

    BELARDI. Nel caso di Perugia, penso che architetture di qualità come la biblioteca di Italo Rota a San Sisto siano

    fondamentali. Non a caso, negli ultimi anni, l’ecceziona-

    lità figurativa dell’astronave rosa è assurta a protagonista

    delle locandine con cui viene propagandata la “Sagra del-

    le sagre” ovvero è stata eletta a vero e proprio landmark di

    San Sisto. In altre parole, ciò che oggi più dovrebbe pre-

    occuparci non è lo spopolamento di corso Vannucci, ma è

    lo squallore estetico dei luoghi più frequentati dai giova-

    ni: penso a Collestrada e al Gherlinda. Difficile coltivare il

    senso del bello in luoghi tanto mediocri dal punto di vista

    figurativo.

    Belardi: “La centralità dei nostri centri storici dipenderà dalla nostra

    capacità di amplificarne l’attrattività. Ovvero, come vado dicendo da

    tempo, dipenderà dalla nostra capacità di mettere da parte la gomma, evitando di cancellare parti importanti della città di cui magari non

    abbiamo ancora compreso appieno l’importanza, per riprendere in mano la penna e la matita. Ovvero per tornare a studiare e a progettare”.

  • 8

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Per quanto riguarda, infine, il ruolo della ricerca nel rilancio

    del centro storico, credo che questo sia un tema centra-

    le, perché gran parte dei problemi che affliggono i nostri

    centri storici derivano dalla nostra inadeguatezza culturale.

    Sia come cittadini che come progettisti. Come cittadini per-

    ché, a differenza degli stranieri che si trasferiscono nelle

    nostre città, la maggior parte degli italiani non sono pronti

    ad accettare le scomodità del centro storico a fronte del-

    la piacevolezza di vivere sotto una volta affrescata. Come

    progettisti perché, come ha vaticinato tanti anni fa Mario

    Ridolfi, “a forza di progettare in periferia siamo diventati

    degli architetti cafoni”. Nel senso che, invece di esportare in

    periferia la bellezza del centro storico, abbiamo importato

    nel centro storico la “deregulation” della periferia. E allora,

    possiamo fare qualcosa per rimediare? Secondo me mol-

    to. Sia con l’attività conoscitiva che con l’attività ideativa.

    Soprattutto possiamo smontare con i fatti il convincimen-

    to (a mio avviso opinabile) secondo cui il

    centro storico è un bene finito e limitato.

    Con l’attività conoscitiva, infatti, possia-

    mo ampliare il centro storico dal punto

    di vista immateriale, annettendovi a pie-

    no titolo nuove componenti: ad esempio

    quelle realizzate nel Novecento. Penso,

    nel caso di Perugia, all’acropoli moderna

    realizzata da architetti del calibro di An-

    nibale Vitellozzi, Dino Lilli e Mario Ciarlini

    a Piazza dei Partigiani (che meriterebbe

    maggiore attenzione oltre che un’adeguata valorizzazione).

    D’altra parte non si può rimanere con le mani in mano,

    perché la competizione tra le città turistiche è spietata: chi

    mai avrebbe pensato, trent’anni fa, di trascorrere un fine

    settimana in città-fabbrica come Torino, Bilbao o Glasgow?

    Eppure oggi questo avviene ed è stata proprio la realizzazio-

    ne di nuove architetture all’interno della città consolidata

    ad attrarre fiumi di turisti. Così come: chi potrebbe pensare

    che la tutela del patrimonio storico-artistico è più avanzata

    nell’Azerbaijan che in Italia? Eppure, mentre la mia équipe

    non riesce ad ottenere neppure il finanziamento per il ri-

    lievo digitale di uno dei tanti monumenti del centro storico

    di Perugia, all’università di Baku è stato commissionato il

    rilievo digitale della città murata. Ma non è tutto. Con l’at-

    tività ideativa, infatti, possiamo ampliare il centro storico

    anche dal punto di vista materiale: possiamo ad esempio

    svuotare il sottosuolo delle piazze, ricavando spazi pubblici

    ipogei capaci di mettere in luce le vestigia archeologiche, e

    possiamo coprire le vie, riparandole con strutture leggere

    capaci di creare nuovi luoghi per la socializzazione, magari

    contribuendo alla produzione di energia. E qui il cerchio

    del mio discorso si chiude. Perché, tornando nuovamen-

    te a Perugia (e, in particolare, venendo dalle parti di via

    Mazzini), questo è proprio quanto abbiamo proposto con il

    progetto di ricerca Camminare nella storia, allorquando la

    mia équipe (insieme allo studio viennese “Coop Himmelb(l)

    au), grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio

    di Perugia (oltre che della società Nova Oberdan e della Ca-

    mera di Commercio di Perugia), ha ipotizzato di svuotare la

    piazza del Sopramuro, ricavando una galleria archeologica

    ipogea, e di coprire via Mazzini, introducendo una galleria

    energetica vetrata. Sapete tutti come è andata: il resto del

    mondo ha guardato con interesse e ammirazione all’ini-

    ziativa, mentre in città è stato addirittura creato un blog

    (talora anche offensivo) contro il sogno trasparente di Wolf

    Prix. Il che è abbastanza deprimente, ancorpiù se si pensa

    che nessuno ha mai alzato la voce contro la devastazione

    ambientale prodotta a Magione dalla lottizzazione intitola-

    ta pomposamente “Collina del sole”. Così come nessuno ha

    mai detto niente contro le tante case bifamiliari disegnate

    con un improbabile stile neopalladiano.

    Per concludere: io non so quale sarà il futuro dei nostri

    centri storici. Ho premesso che non sono né un futuro-

    logo né un veggente. Tuttavia, volendovi lasciare con un

    messaggio, penso che, nei prossimi anni, la centralità

    dei nostri centri storici dipenderà dalla nostra capacità di

    amplificarne l’attrattività. Ovvero, come vado dicendo da

    tempo, dipenderà dalla nostra capacità di mettere da par-

    te la gomma, evitando di cancellare parti importanti della

    città di cui magari non abbiamo ancora compreso appieno

    l’importanza, per riprendere in mano la penna e la mati-

    ta. Ovvero per tornare a studiare e a progettare.

    Angelo Patrizio, architetto, urbanista, è respon-sabile del settore Urbanistica e progettazione urbana della Confcommercio. Ha un’intensa saggistica didattica. A L’Aquila ha firmato un grande progetto per il dopo terremoto. E si è oc-cupato della rivitalizzazione dei centri storici di

    Patrizio: “Per affrontare e risolvere i problemi

    dei centri storici c’è solo la strada della

    partecipazione. Le città non vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti. Bisogna lavorare insieme”.

  • 9

    molte città italiane, tra le quali Mantova: una città d’arte, come Perugia, ma dalla struttura urbanistica completamente diversa.

    PATRIZIO. Intanto sottoscrivo in pieno l’intervento dell’ingegner Belardi, per rimarcare che è tempo di spo-

    salizio tra discipline diverse. Diciamo subito che un tema

    così interessante non è un tema solo perugino. E mi pre-

    occupa chi, su questo argomento, ha un metodo da calare

    in ogni situazione, a Palermo come a Rotterdam. Quindi,

    passo qui oggi non per dire come dovete fare, ma per dire

    come si è fatto in altre realtà, seppure diverse da Perugia.

    Mi occupo di questi temi, per conto di Confcommercio da

    oltre venti anni. I commercianti, la mia gente, sono spesso

    identificati come i “signori del no”. Si fa il piano regola-

    tore? No. E iI piano urbano del traffico? No. Poi, quando si

    arriva al litigio a mezzo stampa, si ricordano di avere un

    architetto in casa e mi scaraventano sulla pubblica piazza.

    E quasi si aspettano- mi perdonino le signore- che io arri-

    vi per dire “pirla” al sindaco di turno. Non può essere così.

    Non è così. La Confcommercio, nell’ambito della Commis-

    sione politica aree urbane, ha elaborato sui temi relativi

    ai centri storici posizioni che non sono solo del commercio

    ma che caratterizzano la vita di tutta la città.

    Quando Guttuso, pittore ormai ricco e famoso, pensa ad un

    omaggio da fare alla sua città, non trova nulla che pos-

    sa raccontare meglio Palermo della “Vucciria”, un grande,

    profumato e colorato mercato. Un posto dove si vive, ci si

    vede, che ci rappresenta. Come i caffè dei nostri centri sto-

    rici: luoghi di scambio e di incontro di culture diverse. È

    questo il senso e il ruolo di un pubblico esercizio. Non solo

    nel centro storico, ma nella città. La città dei mercati, dei

    bar, dei caffè. La città che forse stiamo perdendo. Una città

    fatta di relazioni tra le persone. È questa relazione che ci

    porta al centro storico. È l’insula, è l’unità edilizia minima

    di costruzione della città romana. Millenni di storia hanno

    costruito la città così. Botteghe artigiane, commerciali, ser-

    vizi. E i piani superiori destinati alla residenza. Me ne sono

    andato in giro per Perugia, a guardare i vicoli, le strade e

    i palazzi. Splendida, ma con qualche punta di scricchiolio.

    Allora dobbiamo affrontare quello che accade alla quota

    superiore al primo piano, nel luogo della residenza.

    Con che tipo di interventi da un punto di vista urbanistico?

    PATRIZIO. Si tende a occuparsi sempre di grandi progetti, grandi infrastrutture, perché è interessante, per mille mo-

    tivi. Vorrei fare un ragionamento all’insegna di una cosa

    che amo definire “l’urbanistica degli ultimi cinquecento

    metri”, l’ultimo miglio, quella che mi porta in relazione

    diretta con la gente in carne e ossa, e non solo i commer-

    cianti. Penso ad un progetto innovativo di partecipazione

    a Desio, con l’idea di una nursery da realizzare nel piano

    di riqualificazione della via principale della città. Oppu-

    re, a proposito dei “signori del No”, l’esempio di Binasco,

    un piccolissimo borgo, 7 mila abitanti a sud di Milano. Il

    presidente dell’associazione dei commercianti e il sindaco

    erano già alle male parole a mezzo stampa per la chiusura

    al traffico della via commerciale della città, ridotta a ca-

    mera a gas e intasata dalle doppie file per il carico/scarico

    merci. L’idea proposta è stata quella di affidare il carico

    e scarico delle merci a piccoli mezzi elettrici, non ingom-

    branti e non inquinanti, che partivano a 300 metri dalla

    via congestionata, da una “piattaforma merci di vicinato”.

    La strada, faticosa, è quindi quella di costruire percorsi

    condivisi tra amministrazione e mondo del commercio. Ho

    vissuto situazioni simili anche a Cinisello Balsamo dove

    sono stato anche chiamato a fare l’assessore alla “Riqua-

    lificazione urbana”.

    In sostanza, lei propone i commercianti in cabi-na di regia...

    PATRIZIO. Per affrontare e risolvere i problemi dei centri storici c’è solo la strada della partecipazione. Le città non

    vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti.

    9

    presidente dell’associazione dei commercianti e il sindaco

    erano già alle male parole a mezzo stampa per la chiusura

    al traffico della via commerciale della città, ridotta a ca-

    mera a gas e intasata dalle doppie file per il carico/scarico

    merci. L’idea proposta è stata quella di affidare il carico

    e scarico delle merci a piccoli mezzi elettrici, non ingom-

    branti e non inquinanti, che partivano a 300 metri dalla

    via congestionata, da una “piattaforma merci di vicinato”.

    La strada, faticosa, è quindi quella di costruire percorsi

    condivisi tra amministrazione e mondo del commercio. Ho

    vissuto situazioni simili anche a Cinisello Balsamo dove

    sono stato anche chiamato a fare l’assessore alla “Riqua-

    lificazione urbana”.

    In sostanza, lei propone i commercianti in cabi-na di regia...

    PATRIZIO. Per affrontare e risolvere i problemi dei centri storici c’è solo la strada della partecipazione. Le città non

    vivono solo di commercio e non vivono solo di residenti.

  • 10

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Bisogna lavorare insieme. È la sfida che stiamo affrontan-

    do a L’Aquila, per cercare di far rinascere il commercio e

    l’artigianato in una zona terremotata e ancora “militariz-

    zata”. È quello che si è riusciti a fare a Venezia, una città

    che ha, in itinere, una serie infinita di progetti. E dove

    l’ex sindaco Cacciari e Sangalli, presidente Confcommercio,

    hanno firmato insieme l’idea di un laboratorio di proget-

    tazione partecipata per il futuro della città.

    A Mantova sul tema della accessibilità e della sosta del-

    le automobili in centro, l’associazione dei commercianti

    e la municipalità erano di fatto allo scontro frontale. La

    sintesi è stata questa: Comune di Mantova, Associazione

    dei commercianti di Mantova, Confcommercio nazionale e

    Università di Mantova si mettono insieme per predisporre

    un laboratorio di progettazione partecipata, che non vo-

    glio né in casa del comune né in casa dei commercianti ma

    all’università per lavorare insieme. È questo l’elemento di

    novità: portare in cabina di regia un gruppo di coproget-

    tazione composto da artigiani e commercianti, con i quali

    confrontarci lungo il percorso.

    Non esiste quindi la città dei commercianti e la città dei

    cittadini, esiste la città. Per progettare il futuro serve una

    unica cabina di regia: dalla panchina alla fioriera, dalla

    piazza alle grandi cose, la città si può cambiare insieme, in

    un percorso faticoso ma concreto. So poco di Perugia e del

    suo centro storico. Ma penso ad una citazione pasoliniana:

    “C’è differenza tra il punto di vista del letterato ed il punto

    di vista del regista”. Cosa voglio dire? Che il letterato da un

    paesaggio, da una sala, dalla descrizione di un ambiente

    può decidere di escludere quello che vuole, selezionando

    con la sua sensibilità e la sua fantasia. Un regista non può

    farlo. Un architetto, un urbanista, nel fare progettazione

    urbana, nell’affrontare il tema del centro storico, deve

    porre attenzione a tutte le cose che sono presenti. Non

    può scartare nessun particolare. Ecco perchè le nostre cit-

    tà hanno la necessità di porre l’attenzione all’urbanistica

    degli ultimi cinquecento metri. Pennac, con la sensibili-

    tà dello scrittore diceva che “all’interno di una comuni-

    tà dove il piccolo commerciante non esiste più si spegne

    la comunicazione, c’è la desertificazione dell’umanità”.

    Vale anche per Perugia: qualunque disegno urbanistico,

    richiede la consapevolezza che il mediatore tra la mente e

    la mano debba essere il cuore.

    Due temi: la necessità, l’obbligo della parteci-pazione, della massima condivisione possibile, intorno al tavolo di progettazione. E il ruolo, centrale dell’università, territorio neutro, valo-re della città e, per questo luogo comune, casa

    di tutti. Ivano Ruscelli, è town manager di Par-ma. Una splendida città d’arte, molto diversa da Perugia...

    RUSCELLI. Vengo dall’esperienza del consulente, di chi lavora per dare spunti, idee e suggestioni a chi ha il com-

    pito di scegliere ed amministrare. Il problema è poi ren-

    dere concreti i progetti e passare alla fase dell’attuazione.

    Un percorso che non è semplice. Ho provato ad affrontarlo

    passando dall’altra parte del tavolo, come “town mana-

    ger” della città di Parma. E adesso, nella stessa città, sono

    il direttore del Settore sviluppo economico della città, e il

    project manager di una serie di progetti di trasformazione.

    Nella mia esperienza, quando ho iniziato a marcare il

    cartellino dentro un’amministrazione comunale, la prima

    cosa di cui mi sono preoccupato è stata quella di non es-

    sere incardinato nella funzione di un solo ufficio, come

    quello del commercio. Volevo guardare le cose in modo

    più ampio e avere il potere di intervenire per cambiare le

    cose. Sono gli strumenti a disposizione quelli che permet-

    tono di trasformare la città. Faccio un discorso più che di

    progettazione di marketing: abbiamo bisogno che in una

    città ci sia effervescenza, che il prodotto sia in sintonia con

    le esigenze del consumatore, e le esigenze del consuma-

    tore posano essere misurate. Il prodotto città deve essere

    fruibile. Occorre quindi studiare il comportamento delle

    persone e in base a questo comportamento, creare delle

    dinamiche che adeguino il prodotto.

    Ma per lei la città è un prodotto da vendere come una merce qualsiasi?

    RUSCELLI. Capisco che l’approccio può far discutere. Ma

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Bisogna lavorare insieme. È la sfida che stiamo affrontan-

    do a L’Aquila, per cercare di far rinascere il commercio e

    l’artigianato in una zona terremotata e ancora “militariz-

    zata”. È quello che si è riusciti a fare a Venezia, una città

    che ha, in itinere, una serie infinita di progetti. E dove

    l’ex sindaco Cacciari e Sangalli, presidente Confcommercio,

    hanno firmato insieme l’idea di un laboratorio di proget-

    tazione partecipata per il futuro della città.

    A Mantova sul tema della accessibilità e della sosta del-

    le automobili in centro, l’associazione dei commercianti

    e la municipalità erano di fatto allo scontro frontale. La

    sintesi è stata questa: Comune di Mantova, Associazione

    dei commercianti di Mantova, Confcommercio nazionale e

    Università di Mantova si mettono insieme per predisporre

  • 11

    il “prodotto città” che proponiamo al cittadino deve es-

    sere efficiente, rapido nella fruizione. Perché i paradigmi

    di valore riconosciuti dal consumatore, dal cittadino non

    sono solo quelli economici. C’è il problema del tempo: se

    un prodotto non è facile da fruire rimango fedele ad un

    altro. È questa la sfida di marketing che abbiamo davanti

    per capire su quali leve agire. Tenendo presente il breve,

    il medio ed il lungo termine. Mescolando suggestioni del

    passato ed eventi del presente. Quando parliamo di futuro

    sappiamo che ci sono cose che hanno un futuro a prescin-

    dere da noi. La via Emilia, ad esempio, funziona da due-

    mila anni e la mobilità non può prescindere da quell’asse

    viario.

    Per lasciare il segno, incidere, ce lo insegna la Storia, ser-

    vono potere, risorse ed una continuità di tempo. I faraoni,

    gli imperatori hanno potuto trasformare la realtà perché

    disponevano di risorse e di una catena di comando molto

    rapida. Ma il nostro vivaddio, non è più il tempo dei fa-

    raoni...

    Le risorse sono molto limitate per tutte le pub-bliche amministrazioni...

    RUSCELLI. Ecco, è questo il punto: non abbiamo un bec-co di quattrino. E nel nostro Paese viviamo spesso, una

    discontinuità politica che impedisce di pensare a progetti

    di grande respiro. Siamo costretti a lavorare sul breve ter-

    mine. Se non abbiamo risorse sufficienti, siamo costretti a

    ricorrere a forme nuove di finanziamento. Siamo costretti

    dalla situazione a rendere reali i meccanismi partecipati-

    vi. Il problema non è quindi raccontare come si fa, come

    spiegava l’intellettuale organico di una volta. Ma crescere

    nella capacità di ascolto di pezzi della società. E scegliere,

    fra le tante idee, quella che si può costruire insieme. Tro-

    vare quindi disegni condivisi e realistici.

    A Parma, per valorizzare un asse stradale che aveva come

    perno principale una piazza molto degradata, abbiamo

    realizzato un intervento insieme a chi lavora in quel luo-

    go: abbiamo deciso la dimensione dei marciapiedi da re-

    alizzare insieme ai baristi che lavorano in quell’area. E ab-

    biamo recuperato quello spazio pubblico degradato, dove

    la gente andava ad ubriacarsi, costruendo una struttura

    nuova, in vetro: metà pubblico esercizio, metà luogo di

    ritrovo culturale. Così quell’area, per gli abitanti di Parma,

    è diventato, la sera, un luogo di ritrovo...

    Per noi il problema è un po’ più complicato. Anche nella nostra bellissima piazza IV No-vembre qualcuno la sera va ad ubriacarsi. Un

    salotto che la notte sembra abbandonato dai cittadini...

    RUSCELLI. Anche noi avevamo una situazione simile in pieno centro storico. Il problema è rendere vivace e vi-

    vibile la piazza per i cittadini. A Parma abbiamo gestito

    cinque gare per la ripavimentazione. C’erano antiestetici

    cassonetti per l’immondizia che abbiamo eliminato grazie

    ad un compattatore. Abbiamo creato una animazione cul-

    turale continua dentro questa nuova struttura in vetro. Il

    Comune ha messo i soldi per il piano urbanistico, le pavi-

    mentazioni e la struttura grezza. Il resto del finanziamento

    è arrivato da un privato, che ha completato l’intervento

    su un nostro disegno e recupererà nell’arco di trenta anni

    l’investimento fatto.

    Ma così si potrebbe dire, che avete venduto una piazza...

    RUSCELLI. Vendiamo una piazza che prima era un luogo assolutamente insicuro. Quando la sera si andava a man-

    giare Oltretorrente c’era un continuo viavai di volanti della

    polizia. Adesso quel luogo è restituito ai cittadini di Par-

    ma, ai giovani, alle diverse provenienze culturali ed et-

    niche che arricchiscono la città. È diventato un luogo di

    socialità, che è stato recuperato in meno di due anni.

    È chiaro che bisogna osare. E sfruttare le verticalità. Se noi

    pensiamo di poter intervenire anche commercialmente sul

    centro storico facendo la riserva indiana dei piccoli, sce-

    gliamo una strada di declino. Le medie strutture non spa-

    riscono dal mondo, vanno a concentrarsi attorno ai cen-

    tri commerciali. A Parma abbiamo permesso l’apertura di

    Zara, dalla quale abbiamo monetizzato 250mila euro gra-

    zie ai quali finanziamo le politiche di sviluppo dei centri

    commerciali naturali. Io ho potuto realizzare tutto il piano

    di attività di quest’anno, dell’anno prossimo, dell’anima-

    zione del Consorzio di gestione centro città. Attività che

    siamo riusciti a finanziare nonostante le ristrettezze di bi-

    lancio che angustiano tutte le amministrazioni pubbliche.

    In questo modo l’area si valorizza due volte: c’è una at-

    tività commerciale attrattiva che se non fosse venuta nel

    centro storico avrebbe rafforzato i flussi degli spostamenti

    dei cittadini nella periferia della città. E i commercianti del

    centro storico di Parma vedono rafforzato il polo del com-

    mercio in un’area che si era indebolita. Abbiamo corso il

    rischio che Coin lasciasse il centro. Erano tutti preoccupati.

    È stata creata una unità di crisi per vedere come risolvere

    il problema perché avevamo bisogno della attrattività di

    quel marchio.

  • 12

    ruscelli: “È chiaro che bisogna osare. E sfruttare le

    verticalità. Se noi pensiamo di poter intervenire anche

    commercialmente sul centro storico facendo la riserva

    indiana dei piccoli, scegliamo una strada di declino.

    Le medie strutture non spariscono dal mondo, vanno a concentrarsi attorno ai centri commerciali”.

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

  • 13

    Il centro urbano di una città suscita passioni che qual-

    che volta sconfinano negli isterismi. Spesso non si riesce

    a sommare i progetti, le idee, le diverse visioni. È molto

    difficile. Mi sono occupato molto di questo problema. La

    prima cosa che ho fatto per far partire un processo con-

    diviso è stata quella di definire un documento di accor-

    do nel quale elencare le criticità da affrontare e le linee

    di sviluppo da intraprendere. Su un documento firmato

    un anno e mezzo fa stiamo cercando la convergenza dei

    progetti operativi. Tenendo presente che il ritorno su un

    progetto così articolato non è certo immediato. Quando

    si cerca un posizionamento su delle scelte strategiche bi-

    sogna perseguire il disegno per tre, quattro anni almeno,

    con tenacia e determinazione. Altrimenti succede come

    per Bologna: uno spot, una bella mostra. Poi, per alcu-

    ni anni, più niente. E l’investimento sul quale sono state

    puntate energie e risorse si perde per strada.

    Nicola Minelli ha redatto un piano per il centro storico di Perugia. Qui la situazione è diversa: latitano gli investimenti privati e le casse co-munali sono prosciugate. Si tratta di fare uno sforzo di fantasia.

    MINELLI. Lo dico ai perugini: a Perugia si sta muovendo qualcosa. Valorizzare un territorio vuol dire soprattutto ca-

    pire che il pubblico ed il privato devono lavorare insieme.

    Una partnership sulla quale, come “sistema Paese” dob-

    biamo ancora fare grandi passi in avanti. Ho davanti agli

    occhi molti esempi sbagliati che hanno portato all’inges-

    samento e non alla liberazione delle risorse. Capita ancora

    oggi: per spostare un cestino di cinque metri lungo una

    strada bisogna mettere d’accordo cinquanta persone. E

    interpretare cinquantamila regolamenti... Dobbiamo re-

    cuperare responsabilità: lavorare bene, aprirci agli altri

    per evitare di ingessare la vita delle città. La ricchezza di

    un territorio è, prima di tutto, quella rappresentata dalle

    persone. Il compito di chi arriva da fuori per dare consigli

    è quello di aiutarle a farle lavorare in squadra. Quindi è

    sulle persone che va fatto il primo investimento. Penso a

    Barcellona, al progetto “Barcellona Activa”, un programma

    nato per attirare investimenti ed imprese nella città cata-

    lana. Ma per attrarre investimenti ed imprese, bisogna,

    prima di tutto, attrarre persone. Persone vuol dire servizi.

    Si chiama un’impresa? L’impresa è fatta di persone. Per

    trasferirmi a lavorare devo trovare servizi per la mia fami-

    glia, aiuti per trovare una casa, opportunità di vita nel-

    la città. Servizi, innanzitutto. E spesso se ne parla troppo

    poco. Dopodiché, a proposito di centro storico, sono mol-

    tissime le tematiche sulle quali confrontarsi. Alcune inso-

    lite e, in apparenza, anche provocatorie. Una delle idee

    di città è quella di lavorare sugli odori. Noi abbiamo una

    concezione degli odori associata ai rifiuti, al degrado, alla

    pulizia. Trasformiamo gli odori in opportunità. Rivaloriz-

    ziamo il gusto dell’olfatto, che è tra l’altro uno dei sensi

    meno utilizzati. Ci sono città che promuovono i loro odori,

    che rendono quell’esperienza del visitatore unica. Penso

    MiNelli: “Oggi il Comune sta lavorando sul tema della sicurezza, il progetto del marchio e la qualità urbana”. “Abbiamo avviato una sperimentazione, la prima in Italia, insieme

    al Collegio Arti e Mestieri e al Comune di Perugia: è un sistema

    di monitoraggio, di rilevazione dei flussi pedonali. Per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, sappiamo quante persone passano e in quali orari, in un determinato punto della città. Abbiamo così un dato scientifico, oggettivo, sul quale confrontarci”.

  • 14

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    a Grasse, in Francia. Penso a Dancaster che ha realizzato

    un “percorso degli odori”: dal mercato all’area ristorati-

    va, agli odori etnici. Lo dico come provocazione, come un

    ragionamento: magari un punto di debolezza può essere

    trasformato in un’opportunità. Oggi, purtroppo, molti pa-

    nettieri producono il pane da un’altra parte. Io da bambi-

    no, quando passavo di fianco al panettiere, sentivo il pro-

    fumo del pane. Come a casa. E il centro è la casa di tutti...

    Ma al di là delle provocazioni, c’è un metodo condiviso di lavoro?

    MINELLI. Sul centro storico di Perugia non si parte da zero. C’è un seme che è stato piantato. Con il Comune di

    Perugia, con le associazioni di categoria, con i commer-

    cianti e insieme ai residenti, abbiamo sviluppato il pro-

    getto integrato del PUC 2. L’intento era quello di mettere

    insieme tutto. E il progetto ha messo tutto insieme: opere

    pubbliche, edilizia residenziale, attività culturale, sviluppo

    economico, ecc.ecc. Il piano di marketing urbano è il col-

    lante di tutti questi interventi. Sono arrivate anche risorse

    dalla Regione: circa 400 mila euro, per la realizzazione del

    piano di marketing urbano. Come vanno usate queste ri-

    sorse? La sfida è svolgere una funzione da volano, rendere

    operative azioni di partnership tra pubblico e privato per

    moltiplicare le risorse e realizzare progetti che rimangano

    nel tempo. In una logica di sistema. C’è tutto il tema delle

    attività economiche. C’è il tema della comunicazione degli

    eventi. C’è il tema dei servizi ai city user, l’accessibilità, la

    sicurezza e la qualità urbana, con dei progetti individuati.

    Anche questi con l’attuazione di momenti partecipativi.

    Ma chiariamoci: una volta l’anno ci si può trovare tutti

    insieme, come “città ampia” a discutere di linee generali.

    Poi c’è un altro livello di partecipazione, sui progetti con-

    creti. Ma non possiamo passare la vita a discutere su tutto.

    Abbiamo discusso molto nella prima fase del marketing

    urbano. Cosa è nato da questo piano di marketing? Prima

    di tutto una struttura, un ufficio, che all’interno dell’am-

    ministrazione si occupa con continuità del centro storico.

    C’è un tavolo di coordinamento che si riunisce in modo

    periodico per fare la sintesi, ora del Puc 2 e in futuro, mi

    auguro, di altri interventi. A questo tavolo, dove si ragiona

    dei progetti e in cui nascono poi gruppi di lavoro su temi

    specifici, siedono la parte politica, i tecnici del Comune, le

    associazioni di categoria, il rappresentante della Camera di

    Commercio, dell’Università di Perugia e, su invito, in base

    alle tematiche, altri soggetti vitali per la vita cittadina.

    Oggi il Comune sta lavorando sul tema della sicurezza, il

    progetto del marchio e la qualità urbana. Faccio solo un

    esempio. Quello di una prova sperimentale che abbiamo

    avviato insieme al Collegio Arti e Mestieri e al Comune di

    Perugia:è un sistema di monitoraggio, di rilevazione dei

    flussi pedonali. Per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24,

    sappiamo quante persone passano e in quali orari, in

    un determinato punto della città. Abbiamo così un dato

    scientifico, oggettivo, sul quale confrontarci.

    È una sperimentazione, la prima in Italia, che abbiamo

    sviluppato in partnership con Springboard, una società

    britannica che lavora per i “town centre manager” inglesi

    in tutto il mondo. Questo sistema di rilevazione ci darà

    dati oggettivi e preziosi per fare delle scelte di politica ur-

    bana.

    Sono fiducioso. Sul centro storico di Perugia si è messo in

    moto un meccanismo virtuoso che può migliorare con il

    tempo. Pubblico e privato devono sviluppare la partner-

    ship e lavorare meglio insieme. Evitando casi di clamorosa

    incomunicabilità, come è successo di recente, in un centro

    nei pressi di Bologna, dove un vigile ha multato un nego-

    ziante colpevole di aver messo un albero di Natale davanti

    il proprio negozio.

    Si è detto che non va dimenticato che una cit-tà e fatta, prima di tutto di persone. Perugia ha tremila anni di storia e un incredibile gia-cimento culturale. L’architetto Michele Bilancia si aggira da oltre trent’anni tra questi tesori. È tra i fondatori dell’associazione “Le radici di pietra”. Queste radici sono le mura di Perugia: 3 chilometri di mura etrusche e 15 chilometri di mura medievali. Un “unicum” che per quanto riguarda le mura etrusche si vuole valorizzare con la grande iniziativa della richiesta di ri-conoscimento delle mura etrusche di Perugia come patrimonio mondiale dell’Unesco.

    BILANCIA. Se parliamo di strategie e suggerimenti per il centro storico di Perugia, dobbiamo partire da questo. Per

    vivificare il centro di Perugia, non c’è bisogno di un salto

    eccezionale di “invenzione”. L’eccezionalità di Perugia è

    nella sua vita quotidiana, spendibile per 365 giorni l’anno.

    Il problema allora è la strategia attraverso la quale mettere

    in moto riflessioni e ricette come quelle che sono state fin

    qui proposte. Prima di tutto, direi che ogni città deve guar-

    dare dentro se stessa, per capire cosa possiede. Mi verrebbe

    da dire: guardiamo in soffitta, facciamo una ricognizione

    nei luoghi dimenticati della nostra casa comune.

    Ma ancora prima di arrivare alla soffitta, che è obiettivo fi-

    nale della riscoperta di un luogo, io sostengo che bisogna

  • 15

    guardare all’identità di una città. Allora dico che Perugia

    deve cercare le radici della propria identità. E mettere in

    piedi un processo virtuoso di conoscenza, fatto di due mo-

    menti importanti. Il primo è quello dell’orgoglio: una città

    motivata, abitata da cittadini orgogliosi, nel nostro caso,

    della peruginità, ha una grande forza e può fare molto di

    più di qualunque tipo di strategia aziendale. Lo abbiamo

    visto quando questa nostra città ha messo in piedi il di-

    battito alto e colto sul destino dell’area di Monteluce: un

    salto nel futuro davanti al quale non ci si può nascondere

    dietro ad affermazioni come “Non so cosa fare, cosa posso

    toccare”. No, è una sfida della città nella quale bisogna

    sporcarsi le mani con il più alto profilo professionale pos-

    sibile. Lo dico da tempo: Perugia ha una

    sola grande industria, che è quella della

    cultura. Perugia ha l’Università, la grande

    istituzione che da 700 anni traina la cit-

    tà. Perugia ha le mura etrusche figlie di

    una civiltà sulle quali, insieme a Roma, è

    nata e cresciuta l’identità di tutto il mon-

    do occidentale. Questa è la realtà. Quin-

    di una città capace di recuperare dentro

    se stessa i valori da mettere in gioco per

    poterne fare il capitale del futuro. Ci rie-

    scono in Finlandia con una nave vichin-

    ga, perchè non possiamo riuscirci noi con

    le mura etrusche? Abbiamo il dovere di

    andare a guardare dentro il nostro por-

    tafoglio per studiare e riscoprire la nostra

    identità, la ricchezza che ci accompagna

    da secoli. La città è fatta per la gente. Le

    mura di questa città, come di qualunque

    altra città murata, sono come la pelle di

    una mano, capace di contenere tutta l’anima l’identità ab

    origine, ma anche di toccare il nuovo, la Perugia vecchia,

    la Perugia nuova, l’Umbria, l’Italia, il mondo... Come va-

    lorizzare queste nostre mura? Lo stiamo facendo, con l’ini-

    ziativa lanciata l’11 dicembre con il forum che si è tenuto

    al teatro Pavone sulla valorizzazione dei siti archeologici

    urbani, condotto da Philippe Daverio e al quale hanno

    partecipato molti eccellenti studiosi e tanti cittadini. Ab-

    biamo candidato le mura di Perugia a sito Unesco come

    Patrimonio dell’Umanità.

    Le mura etrusche di Perugia rappresentano le ultime vesti-

    gia tangibili e vive dell’arte costruttiva di un popolo stra-

    ordinario. Sono la presenza ancora viva e fruibile di un

    mondo conosciuto soprattutto per le sue necropoli. Qui,

    da noi, a Perugia, rappresentano invece un monumento

    ancora perfettamente spendibile nella quotidianità della

    vita sociale e culturale. Viviamo ancora, tutti i giorni, a

    contatto con queste mura. Sono sopravvissute all’insulto

    del tempo, alla frammentazione, alla marginalizzazione,

    alla delocalizzazione. Non sono ruderi inanimati. Vivono.

    Oltre l’oblio che ha invece ammantato tutte le altre undici

    città storiche della Dodecapoli etrusca. In una parola, le

    mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripe-

    tibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo

    devono essere candidate dall’Unesco a Patrimonio mon-

    diale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità

    collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’as-

    sociazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo

    convinto tutta la città. Perché possiamo trasmettere al

    BilaNcia: “Non c’è bisogno di eventi

    eccezionali. Perugia ha una sola grande

    industria, che è quella della cultura”.

    “Le mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripetibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo devono essere candidate dall’Unesco

    a Patrimonio mondiale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’associazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo convinto tutta la città”...

    15

    da noi, a Perugia, rappresentano invece un monumento

    ancora perfettamente spendibile nella quotidianità della

    vita sociale e culturale. Viviamo ancora, tutti i giorni, a

    contatto con queste mura. Sono sopravvissute all’insulto

    del tempo, alla frammentazione, alla marginalizzazione,

    alla delocalizzazione. Non sono ruderi inanimati. Vivono.

    Oltre l’oblio che ha invece ammantato tutte le altre undici

    città storiche della Dodecapoli etrusca. In una parola, le

    mura etrusche di Perugia sono testimoni uniche ed irripe-

    tibili di un mondo che altrove non esiste più. Per questo

    devono essere candidate dall’Unesco a Patrimonio mon-

    diale dell’Umanità. È una battaglia culturale, di identità

    collettiva, per la quale insieme a “Radici di pietra”, l’as-

    sociazione che abbiamo fondato, deve lottare, in modo

    convinto tutta la città. Perché possiamo trasmettere al

  • 16

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    mondo una immagine di Perugia di alto profilo, quella di

    una storia straordinaria, sedimentata nei secoli. Una cit-

    tà privilegiata, orgogliosa della sua vera grande industria,

    quella della cultura. Che può diventare leva di ricchezza

    nella gestione di flussi turistici legati non solo ad eventi

    clou ma gestiti nella quotidianità. Le mura possono iden-

    tificare la città e darle una visibilità straordinaria in tutto

    il mondo. Ripeto: la cultura è la leva del nostro sviluppo.

    Spesso rifletto su quanto Shakespeare con il balcone di

    Giulietta a Verona abbia reso florida la città di Verona. Le

    mura di Perugia sono un monumento unico che è vissuto

    ancora ogni giorno dai cittadini in modo spesso incon-

    sapevole. Dobbiamo prendere coscienza di questo fatto e

    raccontarlo al mondo. Allora, se la città fosse capace di

    attrarre l’interesse di tutto il mondo, grazie ad un monu-

    mento vivo e secolare, anche i segni di interventi moderni

    e innovativi, come il minimetrò diventerebbero una for-

    midabile attrazione da valorizzare.

    Il Comune di Perugia ha deciso di istituire un apposito ufficio per affrontare i problemi del centro storico. È un segnale politico forte, di interesse per una tematica che segnerà il futu-ro della città. Da circa un mese è anche opera-tivo un Tavolo per il Centro Storico, promosso dall’amministrazione comunale, del quale fan-no parte, insieme alle parti sociali, associazioni di residenti, associazioni di categoria e cultu-rali. Il vicesindaco Nilo Arcudi ha la delega al centro storico. Quali sono le strategie per il pros-simo futuro?

    ARCUDI. Le riflessioni di urbanisti, architetti e ingegneri di così elevata qualità ci consentono di costruire una vi-

    sione, un percorso di programmazione e di pianificazione

    anche strategico. Il dibattito sul centro storico è assolu-

    tamente centrale in questa fase, non solo nel nostro Pa-

    ese ma in tutto il mondo occidentale. Alcune dinamiche

    sono comuni. Ma il centro storico di Perugia ha particolari

    caratteristiche dalle quali non possiamo prescindere. Ne

    cito due, su tutte. Il centro storico ha un’orografia stra-

    ordinaria perché ci consente di avere dei panorami uni-

    ci. Ma questa orografia caratterizza l’identità stessa della

    città ed è collegata al tema della accessibilità nel centro

    storico. Io invidio molto i miei amici sindaci di Parma, di

    Lucca. Sono capitato di recente a Ferrara e a Padova. Cit-

    tà con una bellissima pianura che consente ai cittadini di

    arrivare in centro a piedi o in bicicletta, magari solo per

    comprare pane e salame. Perugia è diversa. Per arriva-

    re in centro bisogna arrivare a Pian di Massiano per poi

    prendere il minimetro. Oppure utilizzare l’auto e raggiun-

    gere i parcheggi. A piedi e in bici, è molto difficile. I vicoli

    che salgono verso l’acropoli di Perugia sono un patrimo-

    nio straordinario, i panorami che abbiamo sono unici, ma

    dobbiamo sempre considerare questa difficoltà di accesso,

    che non è naturale.

    Secondo punto: Perugia è una città universitaria, che

    ha nel centro storico il fulcro della vita di circa 40 mila

    studenti dell’Università italiana e 6-7-8.000 studenti

    dell’Università per Stranieri. Qualunque analisi e qualun-

    que scelta da fare devono partire da questo stato di cose.

    Con un problema in più: quello del potere e delle risorse

    a disposizione. In Italia, il potere politico è sfilacciato. E

    le autonomie locali non sono nelle condizioni di gestire

    grandi risorse. Abbiamo quindi il dovere di utilizzare bene

    i pochi denari disponibili. In questi anni, la discussione

    sul centro storico ha assunto troppo spesso un carattere

    ideologico e, in qualche modo, è stata poco approfon-

    dita rispetto alle reali dinamiche della città. Faccio due

    esempi. Per anni, si è ripetuto che “il centro storico si è

    spopolato”. È falso. Nel Duemila avevamo 9700 residenti.

    E nel 2008 ne sono stati censiti 10.400. Quindi, in 8 anni

    i residenti non sono diminuiti ma sono aumentati. Certo,

    queste cifre vanno lette. E tutti siamo consapevoli che il

    mutamento è stato straordinario: meno perugini, meno

    nonni in centro a comprare le paste da Sandri e molti più

    stranieri, tanti studenti in più. Uno scenario diverso del

    quale bisogna tener conto: il centro di Perugia non si è

    spopolato ma è cambiato in modo profondo. Stessa si-

    tuazione per quanto riguarda il commercio: 671 operatori

    commerciali nel 2000, 673 nel 2008. Ma dove prima c’era

    la bottega, il fabbro o l’artigiano, ora insistono negozi di

    medie dimensioni e grandi catene internazionali. Una si-

    tuazione nuova, ma tipica di tutte le città del mondo occi-

    dentale. Quindi, per fare delle scelte, dobbiamo partire da

  • 17

    questi dati. Certo, non siamo felici che i perugini vivano

    meno di prima in centro e che tante botteghe artigiane

    siano scomparse. Come amministrazione comunale abbia-

    mo un compito, da affrontare con pragmatismo: definire

    quegli assi che ci consentano di invertire una tendenza

    che è quella del libero mercato degli affitti e del libero

    mercato delle attività commerciali.

    Quali sono le iniziative a breve termine?

    Lavoriamo su quattro o cinque temi-chiave. Il primo è

    quello della accessibilità. Abbiamo fatto una scelta, senza

    guerre all’ultimo sangue con le associazioni di categoria,

    che, anzi, hanno avuto grande sensibilità e hanno ma-

    turato la consapevolezza di costruire insieme un centro

    storico più moderno e più europeo: siamo riusciti, in-

    sieme, a chiudere il centro storico al traffico, aprendo il

    centro storico ai cittadini residenti attra-

    verso la Ztl. Alcune cose vanno corrette.

    Possiamo riaprire un tavolo di confronto

    per migliorare l’accessibilità nel cen-

    tro storico. Corso Vannucci e Piazza IV

    Novembre, che sono dei posti tra i più

    belli al mondo, non possono essere de-

    gli spazi occupati, tutto il giorno, dal-

    le auto. Chiuderemo a tutti. E nessuno,

    dopo il carico e lo scarico delle merci per

    i negozi, potrà più parcheggiare in Piazza

    IV Novembre e Corso Vannucci. I veico-

    li di pubblica utilità potranno transitare

    ma non fermarsi. Via Baglioni e Piazza

    Matteotti vivono una situazione inaccet-

    tabile. Con le associazioni di categoria miglioreremo la

    situazione in maniera armonica, graduale e condivisa. Il

    carico e lo scarico delle merci parte troppo tardi e finisce

    troppo tardi. Va ridotto in termini di orario: non più alle

    10.30, ma alle 9.30. E le regole vanno rispettate. Non è

    possibile che nel centro storico di Perugia si arrivi alle tre

    del pomeriggio per scaricare le merci. Poi, il tema della

    residenza. I residenti che vogliamo hanno una identità

    precisa: famiglie e giovani coppie. Il Comune, nell’ambito

    del PUC 2, nell’ambito del contratto di quartiere, e con

    scelte fatte negli anni passati, metterà a disposizione –

    intanto partiamo, sono poche – 10 nuovi alloggi in via

    Fratti, recupereremo la Torre degli Sciri, 12 nuovi alloggi

    per giovani coppie di Perugia, o cittadini, ovviamente,

    di Perugia, non solo perugini, ma cittadini di Perugia;

    perché tutti sono cittadini di Perugia, quando vivono a

    Perugia, hanno residenza a Perugia.

    Il rischio è che però comprino senza poi vivere nel centro storico...

    ARCUDI. No, devono vivere a Perugia. Non si potrà né subaffittare né vendere. In via Oberdan, come sapete, c’è

    un’asta in corso, altri 12 appartamenti. Saranno 100-150

    le nuove coppie che nel giro di pochi mesi potranno venire

    a vivere nel centro storico. Insieme alla Regione abbiamo

    costruito un tavolo per riaprire il grande tema della resi-

    denza. Partendo da tre elementi: noi abbiamo dei con-

    tenitori straordinari, inutilizzati. È vero, il governo ci ha

    tagliato i fondi ma almeno ci deve consentire di utilizzare

    al meglio le strutture che abbiamo. Ci sono due ex caser-

    me, due ex aree del demanio, dell’esercito, una in Corso

    Garibaldi, una in Via dei Priori, straordinarie, bellissime, e

    molto grandi, che ora non sono utilizzate. Riprendiamoci

    questi contenitori per far rivivere il centro. La proprietà

    rimarrà dell’Esercito. Il Comune è pienamente disponibi-

    le a trovare un accordo. Lo abbiamo ripetuto più volte al

    ministero del Tesoro, che ha bisogno di rivalorizzare gli

    immobili e fare cassa. Per noi, per la città, è prioritario

    riportare in centro residenze, servizi e commerci.

    Il decoro e la sicurezza del centro storico sono nervi scoperti per tutti i cittadini.

    ARCUDI. Non ci nascondiamo: abbiamo bisogno di ordi-ne ed attenzione per questi temi. A partire dalle piccole

    cose come fioriere e marciapiedi. Per questo è nato l’ap-

    posito ufficio al decoro urbano. Nelle frazioni di Perugia

    c’è un grande presidio sociale da parte delle associazioni.

    Il centro, invece, è di tutti e di nessuno. Dovremmo per

    primi curare gli elementi di decoro. Per questo vogliamo

    potenziare la raccolta differenziata porta a porta dei rifiu-

    arcudi: “Qualunque scelta sul grande museo naturale rappresentato dal centro divide la città. Ma noi abbiamo il dovere di fare delle scelte. Cercando di non fare errori. Ma non scegliere vorrebbe dire arretrare. Forse non avremo la condivisione totale della

    cittadinanza. Ma accettiamo una sfida che va affrontata nell’interesse di tutti”.

    questi dati. Certo, non siamo felici che i perugini vivano

    meno di prima in centro e che tante botteghe artigiane

    siano scomparse. Come amministrazione comunale abbia-

    mo un compito, da affrontare con pragmatismo: definire

    quegli assi che ci consentano di invertire una tendenza

    che è quella del libero mercato degli affitti e del libero

    mercato delle attività commerciali.

    Quali sono le iniziative a breve termine?

    Lavoriamo su quattro o cinque temi-chiave. Il primo è

  • 18

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    ti. Servirà a rendere il servizio più efficiente ma anche ad

    eliminare antiestetici cassonetti in vie così belle. La sicu-

    rezza è una priorità. L’acropoli è ricca di vicoli nei quali

    è facile nascondersi per spacciare droga. Su questo tema

    dobbiamo essere molto più decisi e molto più determina-

    ti. Guardia di Finanza e Polizia hanno incrementato i con-

    trolli. Ma è ovvio che il centro è più sicuro soprattutto se

    è vivo e ricco di iniziative. Per questo, è molto importante

    migliorare l’illuminazione. Su questo fronte abbiamo fatto

    molto. In alcune aree del centro storico le luci prima erano

    accese fino alle due: ora sono in funzione tutta la notte.

    Ma penso a quanto già detto dall’architetto Bilancia: tutte

    queste iniziative hanno senso se saremo capaci di recupe-

    rare una identità, il senso delle radici, la storia millenaria

    della città della quale dobbiamo avere tutti maggiore con-

    sapevolezza. Perugia, con il suo straordinario centro stori-

    co, si candida a capitale europea della Cultura. Per questo

    ha l’obbligo di continuare ad offrire proposte culturali di

    grandissimo livello. Abbiamo ospitato la mostra del Pe-

    rugino, quella del Pinturicchio, la rassegna su Arnolfo di

    Cambio. Ora la bellissima mostra su “Il teatro del sogno,

    da Chagall a Fellini”. E poi l’Università, la Stranieri, il Con-

    servatorio, l’Accademia delle Belle Arti. Grandi risorse di

    cultura per il nostro centro storico. Come la candidatu-

    ra delle mura etrusche di Perugia a patrimonio mondiale

    dell’Unesco, un grande obiettivo per tutta la città, che ab-

    biamo sposato con forza. Siamo consapevoli, come am-

    ministrazione comunale, che le scelte da fare per il cen-

    tro storico rischiano di essere impopolari e non portano

    consenso elettorale. Qualunque scelta sul grande museo

    naturale rappresentato dal centro divide la città. Ma noi

    abbiamo il dovere di fare delle scelte. Cercando di non fare

    errori. Ma non scegliere vorrebbe dire arretrare. Forse non

    avremo la condivisione totale della cittadinanza. Ma ac-

    cettiamo una sfida che va affrontata nell’interesse di tutti.

    La parola al pubblico, per qualche rapido inter-vento.

    ROBERTO BISELLI, residente centro storico, direttore ar-tistico del Teatro di Sacco.

    Stiamo ragionando su temi enormi. E ho ascoltato con in-

    teresse progetti innovativi per il futuro. Ma bisogna an-

    che fare autocritica per capire i processi. Mi chiedo: chi ha

    abbandonato il centro storico? Io? No, i perugini. Chi ha

    lasciato le proprie case in centro a dieci, dodici studenti

    senza controllo, senza igiene, speculando su questi ra-

    gazzi? Io? No, i perugini. Partiamo allora da questo. Dalla

    nostra grave responsabilità storica: quella di aver abban-

    donato la nostra città a se stessa ed di aver poi chiesto alla

    politica di risolvere tutti i problemi che abbiamo causato

    anche noi. Quindi smettiamola di essere ipocriti! Smettia-

    mo di non affrontare mai il problema che è fondamental-

    mente il problema della “nostra città”.

    La democrazia non funziona se non è partecipativa. In

    questo chiamo in causa anche i commercianti. Il centro

    storico di Perugia era il salotto della città, e di fatto era

    anche il luogo dove tutti si incontravano. La Fiera dei Mor-

    ti non a caso avveniva qui. Che è successo? Che i primi a

    non avere consapevolezza del fatto che il centro storico è

    il centro commerciale della città sono stati i commercianti

    stessi. Non è stato colto il cambiamento in atto rappre-

    sentato dai grandi centri commerciali. Per quanto mi ri-

    guarda, molte volte, in discussioni come questa, ho pro-

    posto di rilanciare il grande centro commerciale e culturale

    rappresentato dal centro storico. Perugia ha una unicità

    che nessun centro commerciale può offrire. Piuttosto che

    vedere famiglie disperate che passano la domenica pome-

    riggio in questi contenitori vuoti, allucinanti e deliranti,

    il centro storico, con i commercianti in primis, dovrebbe

    capire che la domenica pomeriggio è il giorno fondamen-

    tale di apertura, gestione e rilancio di iniziative culturali

    e spettacoli. Apriamo i negozi la domenica. La gente si

    riporta in centro con una potente e coraggiosa operazio-

    ne di marketing. Allora, dobbiamo dircelo: in questo, la

    città ha completamente fallito. C’è un fatto, emerso nel

    recente Think Tanks di Todi che mi ha molto colpito. Uno

    degli oratori, esperto in Comunicazione, ha spiegato a me,

    perugino, con tutti i pregiudizi di un perugino, che la cosa

    italiana più visionata, all’Expo mondiale di Shangai 2010

    è stata il minimetrò di Perugia. Ogni giorno 80 mila visita-

    tori! I cinesi erano incuriositi da questo giocattolino vero,

    che entrava in una vera città. Allora, al di là delle scelte,

    qual è stato il problema? La mancanza di un marketing in-

    torno al minimetrò, che non è stato fatto vivere in maniera

    intelligente rispetto alla città. Tutti abbiamo pensato, so-

    gnando: “Ah, la filovia... Ah, se potessi...”.

    Ma quando si fa una cosa bisogna anche saperla vendere.

    E se i commercianti non sanno vendere i loro prodotti, non

    funziona il meccanismo. Allora, qualche domanda dobbia-

    mo farcela tutti. Sia chiaro: senza partecipazione, il centro

    storico non lo rilanciamo. Senza nuove strategie operative,

    senza la vivibilità, il centro chiuderà i battenti. Se i perugini

    non dicono, per primi, a se stessi: l’abbiamo ammazzata

    noi Perugia... Perché, scusate, vorrei anche sapere: chi ha

    concesso la possibilità che in Piazza IV Novembre ci fossero

    tre spacciatori di alcol uno vicino all’altro? Poi ci lamentia-

    mo che ci sono 5 mila studenti in giro, che urinano dap-

    donato la nostra città a se stessa ed di aver poi chiesto alla

    politica di risolvere tutti i problemi che abbiamo causato

    anche noi. Quindi smettiamola di essere ipocriti! Smettia-

    mo di non affrontare mai il problema che è fondamental-

    mente il problema della “nostra città”.

    La democrazia non funziona se non è partecipativa. In

  • 19

    pertutto, senza che venga offerto loro neanche un luogo di

    incontro! Scusate, ma chi ha gestito questo?

    GIOVANNI CASO, Presidente Collegio Arti e Mestieri Pe-rugia.

    Iniziative come questa, incontri nei quali discutere dei pro-

    blemi della città, sono molto importanti. Ci sono due livelli

    sui quali lavorare. Dobbiamo sì guardare molto avanti per

    progettare il futuro ma dobbiamo anche osservare quello

    che, giorno per giorno, accade in città. Guardare anche il

    bidone: se cade a terra bisogna tirarlo sù. Non possiamo

    permetterci che passino sei vigili e nessuno di loro pensi

    di alzare il telefono e chiamare qualcuno. L’ho fatto io, per

    una cosa del genere, ma dopo sei giorni: volevo veder con

    i miei occhi se qualcuno si degnava di intervenire. La verità

    è che i vigili sono stati spesso istruiti solo a fare le multe.

    Ma devono anche fare altro, guardarsi in giro, occuparsi

    della città. Dobbiamo curare tutti, di più, la nostra Perugia.

    Quindi, va bene, compriamo un binocolo e guardiamo lon-

    tano, progettiamo. Ma osserviamo anche quello che accade

    ogni giorno. Se un turista viene da Hong Kong e spende

    chissà che cifra, e trova attorno a sé un degrado diffuso,

    tornerà a casa con un brutto ricordo di Perugia.

    Come Collegio Arti e Mestieri, insieme al Comune, stiamo

    portando avanti questo progetto del PUC, che è molto im-

    portante: un’occasione unica per il centro storico. C’è bi-

    sogno di dare una sveglia, di muoversi. Siamo in grosso

    ritardo. Ogni giorno che passa soffriamo sempre di più. I

    commercianti soffrono sempre di più. Va data assistenza a

    chi viene in centro, non vanno creati altri problemi a chi

    ha voglia di fare ed investire.

    C’è un’altra cosa importante da dire: se in una zona della

    città più del 50 per cento dei commercianti vuol creare un

    consorzio, deve essere obbligatorio per tutti aderire e ver-

    sare un tot al mese per la promozione del centro storico.

    Come Collegio Arti e Mestieri non posso andare in giro a

    chiedere l’elemosina: mi vuoi dare 50 euro per mettere

    le luci di Natale e i Babbi Natale? La risposta è desolante:

    “Ci devo pensare, passa domani, passate domani...”. Non

    possiamo andare avanti in questo modo! Perdiamo tem-

    po, perdiamo occasioni. E perdiamo i commercianti che

    se ne vanno. Confcommercio e Camera di Commercio, su

    questo, ci devono aiutare a risolvere il problema.

    GIAN MARIO GUBBIOTTI, presidente della associazione “Assisi for Peace TV “.

    Io mi chiedo perché la Sipa debba avere il monopolio di

    tutti i parcheggi. Perché un perugino che abita fuori non

    abbia la possibilità di accedere al centro. L’accesso deve

    essere garantito a tutti. La possibilità di parcheggio non

    va data solo agli impiegati ma anche alla gente che ama

    il centro e a chi vuol salire sull’acropoli per viverla. Non è

    giusto che solo i residenti abbiano il parcheggio riservato.

    Non si può amministrare la città solo nell’interesse di al-

    cuni gruppi, la città è di tutti!

    ROSETTA ANSIDEI, residente nel centro storico.Ho quasi 80 anni e vivo nel centro storico. Ho partecipato

    attivamente alla vita sociale della città, nelle varie istitu-

    zioni, come consultant touring, come presidente di museo

    storico, nella Sagra musicale, come consigliere comunale e

    chi più ne ha più ne metta.

    Volevo complimentarmi con Angelo Patrizio per quella

    bellissima frase: “Mediatore fra la mente e la mano deve

    essere il cuore”.

    La cosa fondamentale è questa: Perugia deve essere amata

    dai suoi abitanti, perché si ama e si rispetta quello, però,

    che si conosce. Vedo con piacere che c’è finalmente, un

    movimento concreto per il futuro del centro storico. In pas-

    sato ho partecipato a decine di commissioni, di dibattiti...

    Chi si ricorda della Saffa? E dell’altro grande problema

    dell’ex carcere, che doveva essere una cerniera fra la parte

    alta e quella più bassa della città? Mi ricordo di un bel-

    lissimo progetto di un giardino, di un parco dove adesso

    c’è il Santa Giuliana. Non se ne è parlato più. Poi il fa-

    moso progetto della ferrovia che consentiva di realizzare

    una specie di metropolitana in superficie per collegare

    alcuni quartieri. Ne ho sentite tante... Si può fare tutto

    ma ci vuole la volontà e soprattutto l’amore per la città.

    E ricordarsi che la città è lo spazio dell’uomo, perché è

    l’uomo che vive nella città. Non ci sono i problemi dei

    vecchi o dei bambini. È l’uomo, nelle varie età, nelle varie

    condizioni, nei vari momenti. C’è l’aspetto commerciale,

    l’aspetto culturale e l’aspetto sanitario. Ma prima di tutto

    il centro storico deve essere rapidamente collegato con il

    resto della città. Ora mi sembra che si stia imboccando

    una strada di concretezza. Facciamo presto. Ma mi racco-

    mando: nel Tavolo sul centro storico va affrontato il tema

    del parcheggio per i residenti. Perché la residenzialità ha

    bisogno dell’automobile.

  • 20

    Forum Quale futuro per il centro storico di Perugia?

    Il futuro del centro storico appassiona e divide l’opinione pubblica. Abbiamo ascoltato opinio-ni, progetti e notizie di iniziative concrete. La-sciamo le conclusioni a Giorgio Mencaroni, pre-sidente della Camera di Commercio di Perugia.

    MENCARONI. Ci sono molti spunti sui quali riflettere. Ho sentito parlare della “città degli odori”: interessantissimo.

    Poco tempo fa al “Think Tanks” di Todi, è stata proposta

    anche la “città carbon free”, un centro urbano libero da

    energie inquinanti. E indicato, come ideale, il modello um-

    bro: una piccola città che promuova l’iniziativa e sviluppi il

    progetto. Un’altra provocazione è quella della “città ener-

    getica”. Quindi una sorta di pedana che sia nei punti di

    accesso della città, o sulla testa del minimetrò, o della scala

    mobile, o in qualunque altro passaggio cittadino, produca,

    grazie alla pressione di chi passa, quantità di energia che

    possano servire, ad esempio per l’illuminazione pubblica.

    Tocco un attimo anche l’argomento del PUC 2. Tra l’altro ho

    partecipato anche alla stesura del progetto. Interessantis-

    simo. Come tutto il resto. Ma attenzione: dobbiamo essere

    chiari. Il PUC 2 mi fa tornare alla mente un vecchio concor-

    so di architettura pensato per l’ex Perugina, nell’area della

    stazione. Era il 1971. Un bel progetto, che piacque a tutti.

    Curiosi, indagammo sul vincitore del bando di concorso:

    si scoprì che era l’architetto giapponese Kimura. Allora, la

    frase che in quegli anni girava a Perugia era:“Kimura l’ab-

    biamo trovato, ora dobbiamo trovare chi mette i soldi!”.

    Il problema del PUC 2 è lo stesso: abbiamo trovato chi ha

    fatto il progetto, adesso dobbiamo trovare i soldi. Questo

    tenetelo sempre a mente. La storia, a distanza di anni, si

    ripete. Allora non possiamo solo cullarci sul PUC 2. Sappia-

    mo che in questo momento scarseggiano i finanziamenti.

    Al di là delle analisi, c’è un problema, concreto, di interventi.

    MENCARONI. Certo. Ho sentito buone proposte. Ma la domanda che pongo è: da dove cominciamo? E quando?

    Perchè sappiamo tutti che questo famoso PUC 2 non è an-

    cora pronto per partire perché non ci sono i fondi.

    Da dove partire e quando cominciare: è una domanda alla

    quale tutti dobbiamo dare una risposta, sia gli operatori

    commerciali che la parte pubblica. Biselli ha ricordato che

    una delle immagini più viste all’Expo di Shangai è stato

    il minimetrò di Perugia. Ma il minimetro si è dotato di

    un proprio folder, di un proprio pieghevole, solo recen-

    temente. Stesso discorso per le scale mobili. Allora, qual

    è il problema? È il solito: nel 99 per cento dei casi non

    sappiamo comunicare quello che facciamo. Poi, spesso

    non facciamo: presentiamo piani ma di frequente gli stu-

    di rimangono nei cassetti. E se realizziamo un pezzetto di

    progetto, la notizia rischia di rimanere tra noi. Ricordo, a

    questo proposito, di aver visto a Berlino la prima espe-

    rienza di una via coperta. Tornai a casa e dissi al sindaco:

    “Dobbiamo studiare anche a Perugia qualcosa del genere,

    perché uno dei punti di debolezza