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N. 4/2014 Aprile Legge Delrio: le novità in materia di città metropolitane, province, unione di comuni Legge 7 aprile 2014, n. 56 Decreto Irpef: le novità per enti locali, aziende pubbliche di servizi e organismi partecipati Decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014

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N. 4/2014 Aprile

Legge Delrio: le novità in materia di città metropolitane, province, unione di comuni Legge 7 aprile 2014, n. 56 Decreto Irpef: le novità per enti locali, aziende pubbliche di servizi e organismi partecipati Decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014

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INDICE

Legge Delrio: le novità in materia di città metropolitane, province, unione di comuni Legge 7 aprile 2014, n. 56

Pag. 1

Decreto Irpef: le novità per enti locali, aziende pubbliche di servizi e organismi partecipati Decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014

Pag. 20

Limiti a retribuzioni e trattamenti pensionistici nella p.a.: i chiarimenti della Funzione Pubblica Dipartimento Funzione Pubblica, Circolare 3/2014

Pag. 35

Attestazione delle assenze per visite: i chiarimenti della Funzione Pubblica Dipartimento Funzione Pubblica, Circolare 2/2014

Pag. 40

Gare: niente accesso agli atti se l’impresa non ha impugnato l’esclusione Consiglio di Stato, sentenza 1446/2014

Pag. 42

Valutazione offerte tecniche: illegittimo avvalersi di esperti esterni alla commissione Tar Liguria, sentenza n. 453/2014

Pag. 45

Reperimento risorse per interventi socio-culturali: illegittima la costituzione di una fondazione Corte dei Conti, sez. controllo della Sardegna, deliberazione 19/2014

Pag. 47

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Legge Delrio: le novità in materia di città metropolitane, province, unione di comuni Legge 7 aprile 2014, n. 56 di Manuela Ricoveri e Alessio Tavanti E’ stata pubblicata sulla G.U. n. 81 del 7 aprile 2014, la legge 56/2014, concernente “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, così detta “legge Delrio”. Il provvedimento, in vigore dall’8 aprile 2014, disciplina un’articolata riforma in materia di enti locali, prevedendo l’istituzione delle Città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province e una nuova disciplina delle unioni e delle fusioni di comuni.

Città Metropolitane (commi 2; 5-24; 40-50)

Le città metropolitane sono riconosciute quali enti territoriali di area vasta con le seguenti finalità istituzionali generali:

cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano;

promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana;

cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.

La legge disciplina, in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, ai sensi e nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 114 e 117, comma 2, lett. p), della Costituzione e ferma restando la competenza regionale. I principi contenuti nella legge in commento valgono altresì per la disciplina di città e aree metropolitane da istituire dalla Regione Sardegna, dalla Regione Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, in conformità ai rispettivi statuti. Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima, ferma restando l'iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe, ai sensi dell'articolo 133, comma 1, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l'adesione alla città metropolitana. In tal caso, qualora la regione interessata, entro 30 giorni dalla richiesta nell'ambito della procedura di cui al predetto articolo 133, esprima parere contrario, in tutto o in parte, con riguardo alle proposte formulate dai comuni, il Governo promuove un'intesa tra la regione e i comuni interessati, da definire entro 90 giorni dalla data di espressione del parere. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro il predetto termine, il Consiglio dei ministri decide in via definitiva in ordine all'approvazione e alla presentazione al Parlamento del disegno di legge contenente modifiche territoriali di province e di città metropolitane, ai sensi dell'articolo 133, comma 1, della Costituzione.

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Sono organi della città metropolitana: a) il sindaco metropolitano; b) il consiglio metropolitano; c) la conferenza metropolitana.

Il sindaco metropolitano rappresenta l'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il consiglio metropolitano è l'organo di indirizzo e controllo, propone alla conferenza lo statuto e le sue modifiche, approva regolamenti, piani e programmi; approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Su proposta del sindaco metropolitano, il consiglio adotta gli schemi di bilancio da sottoporre al parere della conferenza metropolitana. A seguito del parere espresso dalla conferenza metropolitana, con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della popolazione complessivamente residente, il consiglio approva in via definitiva i bilanci dell'ente. La conferenza metropolitana ha poteri propositivi e consultivi, espressamente previsti dallo statuto, è l’organo chiamato a adottare o respingere lo statuto e le sue modifiche proposte dal consiglio metropolitano con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della popolazione complessivamente residente. Lo statuto stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, ivi comprese le attribuzioni degli organi nonché l'articolazione delle loro competenze e inoltre:

a) regola le modalità e gli strumenti di coordinamento dell'azione complessiva di governo del territorio metropolitano;

b) disciplina i rapporti tra i comuni e le loro unioni facenti parte della città metropolitana e la città metropolitana in ordine alle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane e comunali, prevedendo anche forme di organizzazione in comune, eventualmente differenziate per aree territoriali. Mediante convenzione che regola le modalità di utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie, i comuni e le loro unioni possono avvalersi di strutture della città metropolitana, e viceversa, per l'esercizio di specifiche funzioni ovvero i comuni e le loro unioni possono delegare il predetto esercizio a strutture della città metropolitana, e viceversa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

c) può prevedere, anche su proposta della regione e comunque d'intesa con la medesima, la costituzione di zone omogenee, per specifiche funzioni e tenendo conto delle specificità territoriali, con organismi di coordinamento collegati agli organi della città metropolitana, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La mancata intesa può essere superata con decisione della conferenza metropolitana a maggioranza dei due terzi dei componenti;

d) regola le modalità in base alle quali i comuni non compresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.

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Le città metropolitane (salvo Reggio Calabria, comma 18, e Roma Capitale, commi 101 ss.) sono costituite dall’8 aprile 2014 (data di entrata in vigore della legge) nel territorio delle province omonime. Il sindaco del comune capoluogo indice le elezioni per una conferenza statutaria per la redazione di una proposta di statuto della città metropolitana. La conferenza è costituita con un numero di componenti pari a quello previsto per la composizione del relativo consiglio metropolitano ed è eletta in conformità alle disposizioni previsto per detto organo. Le liste sono presentate presso l'amministrazione provinciale il 5° giorno antecedente la data delle elezioni. La conferenza, presieduta dal sindaco del comune capoluogo, dovrà terminare i suoi lavori il 30

settembre 2014 con la trasmissione al consiglio metropolitano della proposta di statuto. In deroga alla previsione del commissariamento delle amministrazioni provinciali a scadenza naturale del mandato o in caso di cessazione anticipata degli organi provinciali che intervengano tra il 1º gennaio e il 30 giugno 2014 (articolo 1, comma 325, della legge 147/2013), il presidente della provincia e la giunta provinciale, in carica all’8 aprile 2014, restano in carica, a titolo gratuito, fino al 31 dicembre 2014 per l'ordinaria amministrazione, comunque nei limiti di quanto disposto per la gestione provvisoria degli enti locali dall'articolo 163, comma 2, del Tuel di cui al d.lgs. 267/2000, e per gli atti urgenti e improrogabili. Il presidente assume fino a tale data anche le funzioni del consiglio provinciale. Nel caso in cui la provincia sia commissariata, il commissariamento è prorogato fino al 31 dicembre 2014. Entro il 30 settembre 2014 dovranno tenersi le elezioni del consiglio metropolitano, indette dal sindaco del comune capoluogo, e l’insediamento del consiglio e della conferenza metropolitana. Entro il 31 dicembre 2014 il consiglio metropolitano dovrà approvare lo statuto. Il 1° gennaio 2015 le città metropolitane subentreranno alle province omonime e succederanno ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne eserciteranno le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno. A tale data il sindaco del comune capoluogo assumerà le funzioni di sindaco metropolitano e la città metropolitana opererà con il proprio statuto e i propri organi. In caso di mancata approvazione dello statuto della città metropolitana, troverà applicazione, in via provvisoria, lo statuto della provincia. Le disposizioni dello statuto della provincia, relative al presidente della provincia e alla giunta provinciale, si applicheranno al sindaco metropolitano e quelle relative al consiglio provinciale al consiglio metropolitano. La mancata approvazione dello statuto entro il 30 giugno 2015 comporterà l’applicazione della procedura per l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 131/2003. A decorrere dalla suddetta data alla città metropolitana saranno attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni di detti enti, nonché, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera p), della Costituzione, le seguenti funzioni fondamentali:

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a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'ente e per l'esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all'esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza;

b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;

c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D'intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;

d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano;

e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);

f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

Restano ferme le funzioni spettanti allo Stato e alle regioni nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, nonché l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 118 della Costituzione. Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, possono attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'articolo 118, comma 1, della Costituzione. Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui succederanno a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all'atto del subentro alla provincia. Il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili è esente da oneri fiscali. Al personale delle città metropolitane si applicano le disposizioni vigenti per il personale delle province. Il personale trasferito dalle province mantiene, fino al rinnovo contrattuale, il trattamento economico in godimento. Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo. Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da:

a) 24 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti;

b) 18 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti;

c) 14 consiglieri nelle altre città metropolitane.

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Il consiglio metropolitano dura in carica 5 anni. In caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro 60 giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo. Lo statuto della città metropolitana può prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. A tal fine, è condizione necessaria che entro la data di indizione delle elezioni il territorio del comune capoluogo sia stato articolato in più comuni. Il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale, adottata secondo la procedura prevista dall'articolo 6, comma 4, del Tuel per l’approvazione dello statuto. La proposta del consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana, da effettuare sulla base delle rispettive leggi regionali, e deve essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto. E' altresì necessario che la regione abbia provveduto con propria legge all'istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione. In alternativa a tale procedura, per le sole città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, è necessario che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana. Le cause di ineleggibilità e incompatibilità previste dagli articoli 60 e ss. del Tuel sono estese anche ai componenti degli organi metropolitani. L'incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana (o della conferenza statutaria), è esercitato a titolo gratuito. Il sindaco metropolitano può nominare un vicesindaco, scelto tra i consiglieri metropolitani, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il vicesindaco esercita le funzioni del sindaco in ogni caso in cui questi ne sia impedito. Qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla titolarità dell'incarico di sindaco del proprio comune, il vicesindaco rimane in carica fino all'insediamento del nuovo sindaco metropolitano. Il sindaco metropolitano può altresì assegnare deleghe a consiglieri metropolitani, nel rispetto del principio di collegialità, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto. La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana. Lo statuto determina le maggioranze per le deliberazioni della conferenza metropolitana, fatte salve quelle qualificate espressamente indicate dalla presente legge. Alle città metropolitane si applicano, per quanto compatibili, le norme del Tuel e quelle di cui all’articolo 4 della legge 131/2003.

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Province (commi 51-59; 65-68; 85-100)

Le province sono definite quali enti territoriali di area vasta. E’ altresì riconosciuta la specificità delle provincie montane, intendendosi per tali le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri. Restano ferme le funzioni delle regioni nelle materie di cui all'articolo 117, commi 3 e 4, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione. Le regioni riconoscono alle province forme particolari di autonomia nelle materie di cui al predetto articolo 117, commi 3 e 4, della Costituzione. Le norme della presente legge non si applicano alle province autonome di Trento e di Bolzano e alla regione Valle d'Aosta. Sono organi delle province:

a) il presidente della provincia; b) il consiglio provinciale; c) l'assemblea dei sindaci.

Il presidente della provincia rappresenta l'ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il consiglio è l'organo di indirizzo e controllo, propone all'assemblea lo statuto, approva regolamenti, piani, programmi; approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal presidente della provincia; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Su proposta del presidente della provincia il consiglio adotta gli schemi di bilancio da sottoporre al parere dell'assemblea dei sindaci. A seguito del parere espresso dall'assemblea dei sindaci con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente, il consiglio approva in via definitiva i bilanci dell'ente. L'assemblea dei sindaci ha poteri propositivi, consultivi e di controllo espressamente previsti dallo statuto, è l’organo chiamato ad adottare o respingere lo statuto proposto dal consiglio e le sue modifiche con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente. L'assemblea dei sindaci è costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia. Gli statuti delle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, di cui al comma 3, secondo periodo, possono prevedere, d'intesa con la regione, la costituzione di zone omogenee per specifiche funzioni, con organismi di coordinamento collegati agli organi provinciali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Gli incarichi di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell'assemblea dei sindaci sono esercitati a titolo gratuito. Il presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e dura in carica quattro anni. Il presidente della provincia decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco. Il presidente può nominare un vicepresidente, scelto tra i consiglieri provinciali, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il

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vicepresidente esercita le funzioni del presidente in ogni caso in cui questi ne sia impedito. Il presidente può altresì assegnare deleghe a consiglieri provinciali, nel rispetto del principio di collegialità, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da:

16 componenti nelle province con popolazione superiore a 700.000 abitanti;

12 componenti nelle province con popolazione da 300.000 a 700.000 abitanti;

10 componenti nelle province con popolazione fino a 300.000 abitanti. Il consiglio provinciale dura in carica 2 anni ed è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia. Le province, quali enti con funzioni di area vasta, esercitano le seguenti funzioni fondamentali:

a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell'edilizia scolastica; f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari

opportunità sul territorio provinciale. Le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri esercitano altresì le seguenti ulteriori funzioni fondamentali:

a) cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;

b) cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.

Le funzioni fondamentali sono esercitate nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla legislazione statale e regionale di settore, secondo la rispettiva competenza per materia ai sensi dell'articolo 117, commi 2, 3 e 4, della Costituzione. La provincia può altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive. Lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali sopra elencate, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, nonché al fine di conseguire le seguenti finalità:

individuazione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione;

efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni;

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sussistenza di riconosciute esigenze unitarie;

adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni.

Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali. Le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell'effettivo avvio di esercizio da parte dell'ente subentrante. Tale termine sarà indicato in apposito d.p.c.m. per le funzioni di competenza statale ovvero stabilita dalla regione per le funzioni di competenza regionale. In particolare, in caso di disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica che prevedano l'attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, si applicano le seguenti disposizioni, che costituiscono princìpi fondamentali della materia e di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione:

a) il d.p.c.m. citato ovvero le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedranno la soppressione di tali enti o agenzie e l'attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, da determinare nell'ambito del generale processo di riordino, secondo i princìpi di adeguatezza e sussidiarietà, anche valorizzando, ove possibile, le autonomie funzionali;

b) per le regioni che approvano le leggi che riorganizzano dette funzioni, prevedendo la soppressione di uno o più enti o agenzie, sono individuate misure premiali, con apposito decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Entro l’8 luglio 2014, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, lo Stato e le regioni individuano in modo puntuale, mediante accordo sancito nella Conferenza unificata, le funzioni oggetto del riordino e le relative competenze. Entro il medesimo termine con d.p.c.m. saranno stabiliti, previa intesa in sede di Conferenza unificata, i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti, garantendo i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché quelli a tempo determinato in corso fino alla scadenza per essi prevista. In particolare, sono considerate le risorse finanziarie, già spettanti alle province ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, che devono essere trasferite agli enti subentranti per l'esercizio delle funzioni loro attribuite, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali e fatto salvo comunque quanto previsto dal comma 88. Sullo schema di decreto, per quanto attiene alle risorse umane, sono consultate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Il d.p.c.m. disporrà anche direttamente in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale.

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In caso di mancato raggiungimento dell'accordo ovvero di mancato raggiungimento dell'intesa, il decreto disporrà comunque sulle funzioni amministrative delle province di competenza statale. Al fine di tener conto degli effetti anche finanziari derivanti dal trasferimento dell'esercizio delle funzioni, con il decreto citato potranno essere modificati gli obiettivi del patto di stabilità interno e le facoltà di assumere delle province e degli enti subentranti, fermo restando l'obiettivo complessivo. L'attuazione della presente disposizione non deve determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La regione, entro l’8 ottobre 2014, provvederà, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, a dare attuazione all'accordo. Decorso tale termine senza che la regione abbia provveduto, si applicherà il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 131/2003. Nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni:

a) il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all'atto del trasferimento, nonché l'anzianità di servizio maturata; le corrispondenti risorse sono trasferite all'ente destinatario; in particolare, quelle destinate a finanziare le voci fisse e variabili del trattamento accessorio, nonché la progressione economica orizzontale, secondo quanto previsto dalle disposizioni contrattuali vigenti, vanno a costituire specifici fondi, destinati esclusivamente al personale trasferito, nell'ambito dei più generali fondi delle risorse decentrate del personale delle categorie e dirigenziale. I compensi di produttività, la retribuzione di risultato e le indennità accessorie del personale trasferito rimangono determinati negli importi goduti antecedentemente al trasferimento e non possono essere incrementati fino all'applicazione del contratto collettivo decentrato integrativo sottoscritto conseguentemente al primo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dopo la data di entrata in vigore della presente legge;

b) il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili è esente da oneri fiscali; l'ente che subentra nei diritti relativi alle partecipazioni societarie attinenti alla funzione trasferita può provvedere alla dismissione con procedura semplificata stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;

c) l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso; il trasferimento delle risorse tiene conto anche delle passività; sono trasferite le risorse incassate relative a pagamenti non ancora effettuati, che rientrano nei rapporti trasferiti;

d) gli effetti derivanti dal trasferimento delle funzioni non rilevano, per gli enti subentranti, ai fini della disciplina sui limiti dell'indebitamento, nonché di ogni altra disposizione di legge che, per effetto del trasferimento, può determinare inadempimenti dell'ente subentrante, nell'ambito di variazioni compensative a livello regionale ovvero tra livelli regionali o locali e livello statale, secondo modalità individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, sentita la Conferenza unificata, che stabilisce anche idonei strumenti di monitoraggio.

Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del d.p.c.m., uno o più decreti legislativi in materia di adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle

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competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quella sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) salva la necessità di diversa attribuzione per esigenze di tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica e in particolare dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, applicazione coordinata dei princìpi di riordino delle funzioni di cui alla presente legge e di quelli di cui agli articoli 1 e 2 e ai capi II, III, IV, V e VII della legge 42/2009 e smi., senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

b) le risorse finanziarie, già spettanti alle province ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, dedotte quelle necessarie alle funzioni fondamentali e fatto salvo quanto previsto dai commi da 5 a 11, sono attribuite ai soggetti che subentrano nelle funzioni trasferite, in relazione ai rapporti attivi e passivi oggetto della successione, compresi i rapporti di lavoro e le altre spese di gestione.

Al commissario di cui all'articolo 141 del Tuel, nonché ad eventuali sub-commissari si applica, per quanto compatibile, la disciplina di cui all'articolo 38, comma 1-bis, del d.lgs. 270/1999, nonché quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 60/2013, in materia di professionalità e onorabilità dei commissari giudiziali e straordinari delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Nei confronti degli stessi soggetti si applicano, altresì, le disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235. I prefetti, nella nomina dei sub-commissari a supporto dei commissari straordinari dell'ente provincia, sono tenuti ad avvalersi di dirigenti o funzionari del comune capoluogo, senza oneri aggiuntivi. Gli eventuali sub-commissari nominati in base a criteri diversi decadono alla data di entrata in vigore della presente legge.

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Elezione organi Città metropolitana e Provincia

Città metropolitana Provincia

Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo (comma 19)

Il presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e dura in carica quattro anni. Sono eleggibili a presidente della provincia i sindaci della provincia, il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data di svolgimento delle elezioni. L'elezione avviene sulla base di presentazione di candidature, sottoscritte da almeno il 15% degli aventi diritto al voto. Le candidature sono presentate presso l'ufficio elettorale appositamente costituito presso la sede della provincia dalle ore 8,00 del 21° giorno alle ore 12,00 del 20° giorno antecedente la votazione. Il presidente della provincia è eletto con voto diretto, libero e segreto. L'elezione avviene in unica giornata presso un unico seggio elettorale costituito presso l'ufficio elettorale dalle ore 8,00 alle ore 20,00. Le schede di votazione sono fornite a cura dell'ufficio elettorale. Ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato ai sensi dei commi 33 in base e 34. E' eletto presidente della provincia il candidato che consegue il maggior numero di voti, sulla base della ponderazione di cui ai commi 33 e 34. In caso di parità di voti, è eletto il candidato più giovane.

Consiglio metropolitano/provinciale (commi 25-39; 69-83)

Tali organi sono eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana/Provincia. Sono eleggibili a consigliere metropolitano/provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica.

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La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere metropolitano/provinciale. L'elezione avviene sulla base di liste (concorrenti nel caso del consiglio metropolitano), composte da un numero di candidati (per il consiglio provinciale non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e) non inferiore alla metà dei consiglieri da eleggere, sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto. Nelle liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60% del numero dei candidati, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato contenga una cifra decimale inferiore a 0,50. In caso contrario, l'ufficio elettorale riduce la lista, cancellando i nomi dei candidati appartenenti al sesso più rappresentato, procedendo dall'ultimo della lista, in modo da assicurare il rispetto della proporzione di genere. La lista che, all'esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore a quello minimo prescritto è inammissibile. Le suddette disposizioni in materia di composizione delle liste non si applicano nei primi 5 anni dalla data di entrata in vigore della legge 215/2012. Il consiglio metropolitano/provinciale è eletto con voto diretto, libero e segreto, attribuito a liste di candidati concorrenti in un unico collegio elettorale corrispondente al territorio della città metropolitana. L'elezione avviene in unica giornata presso l'ufficio elettorale. Le schede di votazione sono fornite a cura dell'ufficio elettorale in colori diversi a seconda della dimensione del comune di appartenenza degli aventi diritto al voto, secondo le fasce di popolazione di seguito indicate. Agli aventi diritto è consegnata la scheda del colore relativo al comune in cui sono in carica. Ciascun elettore esprime un voto che viene ponderato sulla base di un indice determinato in relazione alla popolazione complessiva della fascia demografica del comune di cui è sindaco o consigliere, come di seguito determinate. Ai fini delle elezioni, i comuni della città metropolitana/provincia sono ripartiti nelle seguenti fasce:

a) comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti; b) comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti; c) comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 10.000 abitanti; d) comuni con popolazione superiore a 10.000 e fino a 30.000 abitanti; e) comuni con popolazione superiore a 30.000 e fino a 100.000 abitanti; f) comuni con popolazione superiore a 100.000 e fino a 250.000 abitanti; g) comuni con popolazione superiore a 250.000 e fino a 500.000 abitanti; h) comuni con popolazione superiore a 500.000 e fino a 1.000.000 di abitanti; i) comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti.

L'indice di ponderazione per ciascuna delle fasce demografiche dei comuni appartenenti alla città metropolitana/provincia è determinato secondo le modalità, le operazioni e i limiti indicati nell'allegato A annesso alla presente legge. (solo per l’elezione del consiglio metropolitano) Ciascun elettore può esprimere, inoltre, nell'apposita riga della scheda, un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere

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metropolitano compreso nella lista, scrivendone il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome, il cui valore è ponderato ai sensi del comma 34. La cifra elettorale di ciascuna lista è costituita dalla somma dei voti ponderati validi riportati da ciascuna di esse. Per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4 ... fino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere; quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, quelli più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista consegue tanti rappresentanti eletti quanti sono i quozienti a essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. L'ufficio elettorale, costituito ai sensi del comma 29, terminate le operazioni di scrutinio:

a) determina la cifra elettorale ponderata di ciascuna lista (consiglio metropolitano); b) determina la cifra individuale ponderata dei singoli candidati sulla base dei voti di

preferenza ponderati (consiglio metropolitano/provinciale); c) procede al riparto dei seggi tra le liste e alle relative proclamazioni (consiglio

metropolitano. A parità di cifra individuale ponderata, è proclamato eletto il candidato appartenente al sesso meno rappresentato tra gli eletti della lista; in caso di ulteriore parità, è proclamato eletto il candidato più giovane. I seggi che rimangono vacanti per qualunque causa, ivi compresa la cessazione dalla carica di sindaco o di consigliere di un comune della città metropolitana, sono attribuiti ai candidati che, nella medesima lista, hanno ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata. Non si considera cessato dalla carica il consigliere eletto o rieletto sindaco o consigliere in un comune della città metropolitana. (solo province) In sede di prima applicazione, l’elezione del consiglio provinciale, presieduto dal presidente della provincia o dal commissario, è indetta:

a) entro il 30 settembre 2014 per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014; b) entro trenta giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero dalla decadenza o

scioglimento anticipato degli organi provinciali. Sono eleggibili anche i consiglieri provinciali uscenti. Per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014 è prevista la permanenza in carica fino al 31 dicembre 2014 del Presidente della Provincia, il quale assume anche le funzioni del consiglio provinciale nonché della giunta, per l’ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti e indifferibili (comunque nei limiti di quanto disposto dall’articolo 163, comma 2, del Tuel). La permanenza in carica è a titolo gratuito. L’assemblea dei Sindaci approva le modifiche statutarie necessarie entro 6 mesi dalla elezione dei nuovi organi provinciali. In caso di mancata adozione delle modifiche statutarie entro la predetta data, il Governo esercita il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 131/2003.

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Unioni di comuni (commi 104-115)

Le unioni di comuni sono definite quali enti locali, costituiti da due o più comuni, per l'esercizio associato di funzioni o servizi di loro competenza. La disciplina delle unioni di comuni viene semplificata attraverso l’abrogazione delle disposizioni sulle Unione di piccoli comuni (fino a 1.000 abitanti) per l’esercizio facoltativo associato di tutte le funzioni di cui al d.l. 138/2011, come modificato dall’art. 19 del d.l. 95/2012. Inoltre, è stato novellato l’articolo 32 del Tuel (Unione di comuni) prevedendo che:

il numero dei componenti del Consiglio è definito nello statuto senza predeterminazione di limiti numerici ex lege;

lo Statuto deve stabilire le modalità di funzionamento degli organi, nonché disciplinarne i rapporti;

in fase di prima istituzione, lo Statuto è approvato dai consigli del comuni partecipanti, mentre le successive modifiche sono approvate dal consiglio dell’unione;

il presidente dell’unione di comuni si avvale del segretario di un comune dell’Unione, senza che ciò comporti l’erogazione di ulteriori indennità o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Restano ferme le altre due tipologie di unione, quella per l'esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni e quello per l'esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali (articolo 14, comma 28, del d.l. 78/2010). Per quest’ultima viene indicato un limite demografico minimo di 10.000 abitanti, ma viene abbassato per i soli comuni montani a 3.000 (in tal caso le Unioni dovranno essere formate da almeno 3 comuni). Tale limite non si applica alle Unioni già costituite. L’incarico degli organi delle unione dei comuni è esercitato a titolo gratuito. Inoltre, è prevista l’applicabilità delle disposizioni in materia di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità relative ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti al primo mandato degli amministratori del comune nato dalla fusione o delle unioni di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Per semplificare l’attività amministrativa è stato previsto che:

le funzioni di responsabile anticorruzione e di responsabile per la trasparenza siano svolte da un unico funzionario nominato dal presidente dell'unione anche per i comuni associati;

le funzioni dell’organo di revisione siano demandate ad un revisore unico per le unioni formate da comuni che non superano complessivamente i 10.000 abitanti ed, in caso diverso, da un collegio di revisori;

le funzioni di valutazione e controllo di gestione siano attribuite dal presidente dell'unione sulla base di un apposito regolamento.

Al presidente dell'unione, ove previsto dallo Statuto, spettano le funzioni di polizia locale, laddove sia stata conferita all’Unione la funzioni fondamentale della polizia municipale.

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Qualora i comuni appartenenti all’Unione conferiscano alla stessa la funzione di protezione civile, all’unione spettano i compiti di approvazione e aggiornamento dei piani di emergenza e alle connesse attività di prevenzione e approvvigionamento. Rimangono in capo ai sindaci dei singoli comuni dell’Unione, in qualità di autorità comunale di protezione civile, la direzione dei servizi di emergenza, i compiti di coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni, nonché gli interventi necessari, dandone immediata comunicazione al Prefetto e al Presidente della Giunta regionale. Nel caso di Unioni a cui siano state conferite le funzioni di polizia municipale, la disciplina vigente relativa alle funzioni di polizia giudiziaria si intende riferita al territorio dei Comuni in cui l’Unione esercita le medesime funzioni. In caso di trasferimento di personale dal Comune all’Unione, le risorse già quantificate dal Comune e destinate a finanziare istituti contrattuali ulteriori rispetto al trattamento economico fondamentale, confluiscono nelle corrispondenti risorse dell’Unione. E’ prevista l’estensione alle Unioni composte da Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti delle disposizioni normative relative ai piccoli Comuni.

Fusione di comuni (commi 116-134)

Sono state previste alcune misure agevolative e organizzative per la fusione di comuni, ovvero: - la possibilità per il comune risultante dalla fusione di prevedere, nello statuto, forme

particolari di collegamento tra il nuovo comune e le comunità che appartenevano ai comuni oggetto della fusione;

- possibilità per i comuni che hanno dato avvio alla fusione di definire, anche prima dell’istituzione del nuovo ente, uno statuto provvisorio che rimarrà vigente fino alle modifiche dello stesso da parte degli organi del nuovo ente istituito, modificando l’articolo 15, comma 2, del Tuel;

- l’applicabilità delle norme di maggior favore, incentivazione e semplificazione previste per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e per le Unioni di Comuni anche al nuovo Comune nato dalla fusione di Comuni aventi ciascuno meno di 5.000 abitanti;

- la possibilità di utilizzare i margini di indebitamento consentiti anche ad uno solo dei comuni originari e nei limiti degli stessi, anche nel caso in cui dall’unificazione dei bilanci non risultino spazi di indebitamento per il nuovo comune.

- la possibilità per i sindaci dei comuni che si fondono di costituire un comitato consultivo al fine di collaborare con il commissario fino all’elezione dei nuovi organi;

- l’esenzione, per la durata di un mandato elettorale, dall’obbligo di esercizio associato delle funzioni fondamentali; la deroga si applica ai comuni istituiti mediante fusione che raggiungono una popolazione pari o superiore a 3.000 abitanti, oppure a 2.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a comunità montane, salva diversa previsione della normativa regionale;

- la validità degli incarichi esterni dei consiglieri comunali dei comuni oggetto di fusione e degli incarichi di nomina comunale in enti, aziende, istituzioni o altri organismi, fino alla nomina dei successori;

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- il trasferimento, in un unico fondo del nuovo comune, delle risorse destinate ai singoli comuni per le politiche di sviluppo delle risorse umane e alla produttività del personale.

Vengono poi definite alcune disposizioni organizzative di tipo procedurale per regolamentare il passaggio dalla vecchia alla nuova gestione, principalmente per quanto riguarda l'approvazione dei bilanci. In particolare, è stato previsto che:

tutti gli atti normativi, i piani, i regolamenti, gli strumenti urbanistici e i bilanci dei comuni oggetto della fusione, vigenti alla data di estinzione dei comuni, restino in vigore, con riferimento agli ambiti territoriali e alla relativa popolazione dei comuni che li hanno approvati, fino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti atti del commissario o degli organi del nuovo comune;

gli organi di revisione contabile dei comuni estinti decadono al momento della fusione e, fino alla nomina dell’organo di revisione contabile del nuovo comune, le funzioni sono svolte provvisoriamente dall'organo di revisione contabile in carica, alla data dell'estinzione, nel comune di maggiore dimensione demografica;

in assenza di uno statuto provvisorio, fino alla data di entrata in vigore dello statuto e del regolamento di funzionamento del consiglio comunale del nuovo comune si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dello statuto e del regolamento di funzionamento del consiglio comunale del comune di maggiore dimensione demografica tra quelli estinti;

il bilancio di previsione del nuovo comune, in deroga a quanto previsto dall’articolo 151, comma del Tuel, deve essere approvato entro 90 giorni dall’istituzione, fatto salvo l’eventuale diverso termine di proroga disposto con decreto del Ministro dell’interno.

ai fini dell’esercizio provvisorio e della gestione provvisoria di cui all’articolo 163 del Tuel, per l’individuazione degli stanziamenti, si prende come riferimento la sommatoria delle risorse stanziate nei bilanci definitivamente approvati dai Comuni estinti nell’anno precedente;

il nuovo comune, nato da fusione, approva il rendiconto di bilancio dei comuni estinti, se questi non hanno già provveduto, e subentra negli adempimenti relativi alle certificazioni del patto di stabilità e delle dichiarazioni fiscali;

la popolazione del nuovo comune, ai fini della determinazione della popolazione legale, corrisponde alla somma delle popolazioni dei comuni estinti;

l’indicazione della residenza nei documenti dei cittadini e delle imprese con riguardo ai riferimenti dei Comuni estinti, resta valida fino alla naturale scadenza degli stessi, anche se successiva alla data di istituzione del nuovo Comune;

l’istituzione del nuovo comune non priva i territori dei comuni estinti dei benefici che a essi si riferiscono, stabiliti in loro favore dall'Unione europea e dalle leggi statali. Il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili dai comuni estinti al nuovo comune è esente da oneri fiscali;

i codici di avviamento postale dei comuni preesistenti possono essere conservati nel nuovo comune nato da fusione.

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Viene introdotto un nuovo procedimento di fusione di comuni per incorporazione di un comune contiguo. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 15 del Tuel (fusione di comuni con legge regionale e referendum tra le popolazioni interessate), il nuovo procedimento prevede che il comune incorporante conservi la propria personalità e i propri organi, mentre decadano gli organi del comune incorporato. Lo statuto del comune incorporante deve assicurare adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi alle comunità del comune cessato. Le popolazioni interessate sono sentite ai fini dell'articolo 133 della Costituzione mediante referendum consultivo comunale, svolto secondo le discipline regionali e prima che i consigli comunali deliberino l'avvio della procedura di richiesta alla regione di incorporazione. Nel caso di aggregazioni di comuni mediante incorporazione è data facoltà di modificare anche la denominazione del comune. Con legge regionale devono essere definite le ulteriori modalità della procedura di fusione per incorporazione. Vengono, inoltre, previste ulteriori misure incentivanti per le unioni e fusioni di comuni. In particolare, è stato previsto che:

le regioni, nella definizione del patto di stabilità verticale, possono individuare idonee misure volte a incentivare le unioni e le fusioni di comuni, fermo restando l'obiettivo di finanza pubblica attribuito alla medesima regione;

qualora il nuovo comune nato per fusione istituisca municipi, è consentito il mantenimento di tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei terreni degli enti preesistenti alla fusione;

i comuni risultanti da fusione hanno tempo tre anni dall'istituzione del nuovo comune per adeguarsi alla normativa vigente che prevede l'omogeneizzazione degli ambiti territoriali ottimali di gestione e la razionalizzazione della partecipazione a consorzi, aziende e società pubbliche di gestione, salve diverse disposizioni specifiche di maggior favore;

nel 2014, i progetti presentati dai comuni sorti da fusione o dalle unioni di comuni hanno la priorità nell’accesso alle risorse del Primo Programma “6.000 campanili”, di cui all’articolo 18, comma 9, del d.l. 69/2013, concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, ivi compresi gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, ovvero di realizzazione e manutenzione di reti viarie e infrastrutture accessorie e funzionali alle stesse o reti telematiche di NGN e WI-FI, nonché di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio.

Disposizioni relative alla composizione dei consigli e delle giunte comunali

(commi 135-139) E’ stato novellato l’articolo 16, comma 17 del d.l. 138/2011 prevedendo l’aumento del numero di Consiglieri e di Assessori comunali nei Comuni fino a 10.000 abitanti. In particolare:

nei Comuni fino a 3.000 abitanti, il numero dei Consiglieri comunali, oltre al Sindaco, è pari a 10 e il numero massimo degli Assessori è 2;

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nei Comuni da 3.001 a 10.000 abitanti, il numero massimo dei Consiglieri comunali, oltre al Sindaco è pari a 12 e il numero massimo degli Assessori è 4.

Al fine di assicurare l’invarianza di spesa connessa all’aumento del numero dei componenti degli organi, è previsto che i Comuni interessati provvedano a rideterminare gli oneri connessi allo status degli amministratori locali (indennità, rimborsi spese ecc.), previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti. Viene prevista la parità di genere nella composizione delle giunte comunali dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti: nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico. Disposta, inoltre, la non applicazione, nei comuni fino a 3.000 abitanti, delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuel, secondo cui chi ha ricoperto la carica di Sindaco per due mandati consecutivi non può essere immediatamente rieleggibile alle medesime cariche, a meno che uno dei due mandati precedenti abbia avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie: viene, dunque, consentito un terzo mandato consecutivo ai sindaci dei Comuni fino a 3.000 abitanti. Infine, è stato previsto che le cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti, alla data di indizione delle elezioni o della nomina (prima 5.000 abitanti).

Disposizioni finali (commi 142-150)

Infine:

eliminazione dell’obbligo previsto dalla legge 182/1991 di tenere le elezioni per il rinnovo degli organi provinciali esclusivamente nel periodo 15 aprile -15 giugno;

abrogazione del comma 115 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 che proroga i termini per il riordino delle province: si ricorda che un’ulteriore proroga è prevista dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 325, legge 147/2013);

adeguamento da parte delle regioni ordinarie, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, alle disposizioni introdotte dal provvedimento e da parte delle regioni speciali Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia ai principi della legge, nonché applicabilità in Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta delle disposizioni sulle unioni e le fusioni di comuni, nel rispetto dei rispettivi statuti;

obbligo per le città metropolitane e le nuove province di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, fino a revisione del patto di stabilità;

previsione che il livello provinciale o della città metropolitana non sia obbligatorio ai fini dell'organizzazione periferica delle amministrazioni dello Stato e riorganizzazione della rete periferica che, in base alle disposizioni aggiunte dal Senato, avviene secondo piani adottati dalle p.a. entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge con indicazione dei risparmi attesi nel successivo triennio, e sua comunicazione ai Ministri dell'economia e dell'interno, al Commissario per la revisione della spesa pubblica, nonché alle Commissioni

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parlamentari competenti. In caso di inadempimento, il Presidente del Consiglio nomina un commissario per la redazione del piano;

previsione della non incidenza della nuova disciplina sull'assetto territoriale degli ordini e collegi professionali nonché delle camere di commercio;

elaborazione da parte del Ministro per gli affari regionali di programmi di attività con la finalità di accompagnare e sostenere l’applicazione degli interventi di riforma previsti dal presente provvedimento;

previsione di una clausola di invarianza finanziaria del disegno di legge, la cui attuazione non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

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Decreto Irpef: le novità per enti locali, aziende pubbliche di servizi e organismi partecipati Decreto legge n. 66 del 24 aprile 2014 di Federica Caponi e Manuela Ricoveri E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 95 del 24 aprile 2014 il d.l. 66/2014, entrato in vigore lo stesso giorno, concernente “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”, che contiene novità in materia fiscale, di revisione della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle spese per acquisti di beni e servizi, e di pagamenti dei debiti della p.a. Di seguito le norme di maggior interesse per enti locali, organismi partecipati e aziende pubbliche di servizi. Art. 1 - Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati In attesa dell'intervento normativo strutturale da attuare con la legge di stabilità 2015, al fine di ridurre nell'immediato la pressione fiscale e contributiva sul lavoro, è stato modificato il comma 1 dell’articolo 13 del d.p.r. 917/1986. La novellata norma stabilisce che qualora l'imposta lorda determinata sui redditi sia di importo superiore a quello della detrazione spettante, è riconosciuto un credito, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari: 1) a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; 2) a 640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro, ma inferiore 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro. Il credito è rapportato al periodo di lavoro nell'anno e solo per il periodo d'imposta 2014. Per il 2014, i sostituti d'imposta riconoscono il credito, eventualmente spettante, ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente al 24 aprile 2014 (data di entrata in vigore del decreto) a partire dal primo periodo di paga utile. Il credito è riconosciuto, in via automatica, dai sostituti d'imposta. Tale credito attribuito sugli emolumenti corrisposti, in ciascun periodo di paga è rapportato al periodo stesso. A tal fine, il sostituto d'imposta utilizza, fino a capienza, l'ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali non si procede al versamento della quota, ferme restando le aliquote di computo delle prestazioni. L'importo del credito riconosciuto è indicato nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD). L'Inps recupera tali contributi non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta. Art. 2 - Disposizioni in materia di IRAP Tale disposizione ha modificato alcune norme del d.lgs. 446/1997, abbassando le aliquote Irap.

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Art. 8, commi 1 e 2 - Nuovi obblighi di pubblicazione La disposizione in commento prevede nuovi obblighi di pubblicazione, aggiuntivi rispetto a quelli imposti dagli articoli 29, 33 e 37 del d.lgs. 33/2013, a norma dei quali le p.a. sono tenute a pubblicare i dati relativi:

al bilancio di previsione e a quello consuntivo di ciascun anno in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità, nonché il piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio;

ai tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”.

alle procedure per l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture

La disposizione in commento dispone la pubblicazione, inoltre: 1. dei dati relativi alla spesa di cui ai propri bilanci preventivi e consuntivi; 2. dell’indicatore di tempestività dei pagamenti.

Lo schema tipo e le modalità attuative saranno definite con decreto del presidente del Consiglio dei ministri entro il 24 maggio 2014. L’inadempimento di tale obbligo di trasparenza costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione ed è comunque valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. Il responsabile non dovrà rispondere dell’inadempimento nel caso in cui dimostri che lo stesso è dipeso da causa a lui non imputabile. Relativamente all’ambito soggettivo di applicazione, la norma sembrerebbe vincolare solo le p.a. di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 (e quindi anche i comuni), ma non anche le società totalmente pubbliche e quelle controllate, tenute esclusivamente, in base all’articolo 11, comma 2 del d.lgs. 33/2013, alla pubblicazione dei dati previsti dall’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 190/2012, limitatamente alla attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea. A tal proposito è necessario ricordare la recente interpretazione fornita dal Dipartimento della funzione pubblica con la Circolare 1/2014, che di fatto ha ritenuto tali organismi assoggettati a tutti i vincoli propri delle p.a. Il Dipartimento della funzione pubblica ha infatti ritenuto che i vincoli in materia di trasparenza siano applicabili “necessariamente” anche ad altri soggetti non richiamati dallo stesso decreto 33/2013, ma dal d.lgs. 39/2013. Art. 8, commi 4-9 - Riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi Viene imposta una riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi. In particolare:

le Province e le città metropolitane devono assicurare una riduzione della spesa pari a 340 milioni di euro nel 2014 e di 510 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017

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proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE (di cui alla tabella A allegata al decreto legge);

i Comuni devono assicurare una riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi pari a 360 milioni di euro nel 2014 e di 540 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE (di cui alla tabella A allegata al decreto legge).

Per realizzare l’obiettivo di riduzione imposto, la p.a. è: autorizzata a ridurre del 5% gli importi dei contratti in essere relativi all’acquisto o alla

fornitura di beni e servizi, per tutta la durata residua dei contratti medesimi. Le parti potranno rinegoziare le prestazione in funzione della riduzione dell’importo contrattuale. Altresì, l’appaltatore potrà decidere di recedere dal contratto entro 30 giorni dalla richiesta di riduzione avanzata dalla stazione appaltante, senza alcuna penalità. Il recesso ha effetto trascorsi 30 giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da parte dell’amministrazione. Nelle more dell’espletamento delle nuove procedure di gara, la stazione appaltante, al fine di assicurare comunque la disponibilità di beni e servizi necessari, potrà acquisire le prestazioni presso la Consip o centrali di committenza regionali, ovvero tramite affidamento diretto nel rispetto della disciplina europea e nazionale sui contratti pubblici;

tenuta a verificare che gli acquisti effettuati dopo il 24 aprile 2014 (data di entrata in vigore del decreto), rientrino nel taglio imposto e, comunque, non siano superiori ai prezzi di riferimento, se esistenti, o ai prezzi dei beni e servizi previsti nelle convenzioni quadro stipulate da Consip. In caso contrario, è prevista la nullità degli atti e la rilevanza della violazione ai fini della performance individuale e della responsabilità dirigenziale.

Articolo 9 – Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e prezzi di riferimento Questa disposizione reca norme sull’acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e prezzi di riferimento. Nello specifico viene disposta l’istituzione, nell’ambito dell’anagrafe unica delle stazioni appaltanti operante presso l’AVCP, di un Elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte:

la CONSIP;

una centrale di committenza per ogni regione (se non istituita, le regioni dovranno designare o istituire un soggetto aggregatore entro il 31 dicembre 2014, ovvero stipulare apposita convenzione con Consip S.p.A. affinché sia questa a svolgere l’attività di centrale di committenza sul territorio nazionale).

In ogni caso i soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non potranno essere in numero superiore a 35. Potranno altresì richiedere l’iscrizione all’elenco tutti i soggetti qualificati come centrali di committenza ai sensi dell’articolo 33 del d.lgs. 163/2006 che saranno inseriti nell’elenco da parte dell’Avcp sulla base dei requisiti che saranno individuati con apposito Dpcm entro il 24 giugno 2014.

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La disposizione in commento riformula nuovamente la norma dell’articolo 33, comma 3 bis del codice dei contratti pubblici. In particolare, viene confermato l’obbligo di aggregazione per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture, ma viene modificato l’ambito soggettivo di applicazione (non più i comuni con popolazione inferiori a 5.000 abitanti, ma tutti i comuni non capoluogo di provincia), nonché gli strumenti a disposizione degli enti interessati. I Comuni non capoluogo di provincia dovranno procedere all’acquisizione di lavori, beni e servizi soltanto nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle Province, ai sensi della legge 56/2014. In alternativa, gli stessi comuni potranno effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. Si segnala, infine, l’eliminazione della deroga introdotta dal comma 343 dalla legge di stabilità che aveva escluso da tale obbligo le acquisizioni di lavori, servizi e forniture, effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché di importo inferiore a quarantamila euro, per le quali è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento. Vengono attribuiti, infine, nuovi compiti all’Autorità di vigilanza. L’Avcp dovrà pubblicare sul proprio sito web, entro il 1° ottobre 2014, un’elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza dei beni e servizi di maggiore impatto sui costi della p.a. Detti costi costituiranno il prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure gestite con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente una convenzione stipulata ai sensi dell’articolo 26, comma 1, della legge 488/1999. I contratti stipulati in violazione di tali prezzi massimi sono nulli. Articolo 10 – Attività di controllo La disposizione in commento assegna all’Avcp il compito di controllo sulle attività finalizzate all’acquisizione di beni e servizi. A tal fine, l’Avcp potrà:

a. avvalersi del supporto della Guardia di finanza, della Ragioneria Generale dello Stato, delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico, sulla base di apposite convenzioni che possono prevedere meccanismi per la copertura dei costi per lo svolgimento delle attività di supporto;

b. ricevere dalle p.a dati e documenti; c. trasmettere alle strutture, agli uffici e agli organi preposti alle funzioni di controllo delle

amministrazioni pubbliche dati e circostanze ritenuti rilevanti ai fini dell'esercizio delle predette funzioni.

Entro il 30 settembre 2014 le amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 25 del d.lgs. 163/2006 (ovvero le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi,

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comunque denominati, costituiti da detti soggetti) dovranno trasmettere all’Osservatorio dei contratti pubblici le seguenti informazioni:

a. i dati dei contratti non conclusi attraverso centrali di committenza di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria aventi ad oggetto una o più delle prestazioni individuate entro il 30 giugno 2014 con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;

b. i dati dei contratti aventi ad oggetto beni o servizi di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria e relativa determina a contrarre, in essere alla data del 30 settembre 2014, stipulati a seguito di procedura negoziata ai sensi degli articoli 56 o 57 del d.lgs. 163/2006, ovvero a seguito di procedura aperta o ristretta di cui all'articolo 55 del medesimo d.lgs. 163/2006 in cui sia stata presentata una sola offerta valida.

Le modalità di attuazione, nonché i dati oggetto della trasmissione verranno stabiliti con deliberazione dall’Avcp. Art. 13 - Limite al trattamento economico del personale pubblico e delle società partecipate Dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione è fissato in euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Da tale data i riferimenti a tale limite retributivo contenuti in disposizioni legislative e regolamentari vigenti al 24 aprile 2014, si intendono sostituiti dal predetto importo. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari e statutarie che prevedono limiti retributivi inferiori a quello previsto dal presente articolo. Art. 14 - Controllo della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa Ad eccezione delle Università, degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del servizio sanitario nazionale, le p.a. inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 196/2009, a decorrere dal 2014, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi sia superiore rispetto alla spesa per il personale, come risultante dal conto annuale del 2012:

al 4,2% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro;

all'1,4% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro. Questi limiti si sommano a quelli previsti dall’articolo 6 del d.l. 78/2010 e dall’articolo 1 del d.l. 101/2013. Ferme restando le disposizioni che disciplinano l’affidamento di incarichi a soggetti esterni alle p.a. (ex commi 6-6-quater, art. 7, d.lgs. 165/2001) e quelle relative ai limiti di spesa di tali incarichi (ex art. 9, comma 28 d.l. 78/2010), le p.a. inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, con esclusione delle Università, degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del servizio sanitario nazionale, dal 2014, non possono stipulare contratti di co.co.co. quando la spesa complessiva per tali contratti sia superiore rispetto alla spesa del personale, come risultante dal conto annuale del 2012:

al 4,5% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro;

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all'1,1% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro. Per le amministrazioni non tenute alla redazione del conto annuale nell'anno 2012, ai fini dell'applicazione di tali disposizioni, si fa riferimento ai valori risultanti dal bilancio consuntivo 2012. Gli incarichi e i contratti in corso dovranno essere rinegoziati entro il 24 maggio (30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto), ai fini di assicurare il rispetto di tali nuovi vincoli. Art. 15 - Spesa per autovetture E’ stato novellato il comma 2 dell'articolo 5 del d.l. 95/2012, stabilendo che dal 1° maggio 2014, le p.a. inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Consob, non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30% della spesa sostenuta nel 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Tale limite potrà essere derogato, per il solo 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS S.p.a., nonché per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero. I contratti di locazione o noleggio in corso al 24 aprile 2014 possono essere ceduti, anche senza l'assenso del contraente privato, alle Forze di polizia, con il trasferimento delle relative risorse finanziarie sino alla scadenza del contratto. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è indicato il numero massimo, non superiore a cinque, per le auto di servizio ad uso esclusivo, nonché per quelle ad uso non esclusivo, di cui può disporre ciascuna amministrazione centrale dello Stato. Art. 20 - Società partecipate (dallo Stato) Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza e del contenimento della spesa pubblica, le società a totale partecipazione diretta o indiretta dello Stato e le società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato, i cui soci di minoranza sono p.a. di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, e gli enti pubblici economici, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, dovranno realizzare, nel biennio 2014-2015, una riduzione dei costi operativi, esclusi gli ammortamenti e le svalutazioni delle immobilizzazioni nonché gli accantonamenti per rischi, nella misura non inferiore al 2,5% nel 2014 ed al 4% nel 2015. Ai fini della quantificazione di tale risparmio, si farà riferimento alle voci di conto economico ed ai relativi valori risultanti dai bilanci di esercizio approvati per l'anno 2013.

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Entro il 30 settembre di ciascun esercizio, tali società provvederanno a distribuire agli azionisti riserve disponibili, ove presenti, per un importo pari al 90% dei risparmi di spesa conseguiti in attuazione di quanto previsto. In sede di approvazione dei bilanci di esercizio 2014 e 2015, le stesse società provvederanno a distribuire agli azionisti un dividendo almeno pari ai risparmi di spesa conseguiti, al netto dell'eventuale acconto erogato. Le società a totale partecipazione pubblica diretta dello Stato provvederanno, per ciascuno degli esercizi considerati, a versare ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato gli importi percepiti dalle proprie controllate ai sensi del presente articolo. Per il biennio 2014-2015, i compensi variabili degli amministratori delegati e dei dirigenti per i quali è contrattualmente prevista una componente variabile della retribuzione, sono collegati in misura non inferiore al 30% ad obiettivi riguardanti l'ulteriore riduzione dei costi rispetto agli obiettivi di efficientamento indicati. Il Collegio sindacale verificherà il corretto adempimento di tali vincoli, dandone evidenza nella propria relazione al bilancio d'esercizio, con descrizione delle misure di contenimento adottate. Tali vincoli non si applicano alle società per le quali al 24 aprile 2014 risultano già avviate procedure volte ad un’apertura ai privati del capitale. Art. 23 - Riordino e riduzione della spesa di aziende, istituzioni e società controllate dalle amministrazioni locali Il Commissario straordinario per la spending review, entro il 31 ottobre 2014, predisporrà un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dagli enti locali, individuando in particolare specifiche misure: a) per la liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione di tali organismi, in funzione

delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività; b) per l'efficientamento della loro gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori

che operano a livello nazionale e internazionale; c) per la cessione di rami d'azienda o anche di personale ad altre società, anche a capitale privato

con il trasferimento di funzioni e attività di servizi. Art. 24 – Disposizioni in materia di locazioni e manutenzioni di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni La disposizione in commento reca previsioni in materia di contenimento della spesa per le locazioni passive e per la manutenzione degli immobili, nonché in tema di razionalizzazione degli spazi in uso alle Amministrazioni pubbliche. In particolare, la disposizione prevede che le Amministrazioni pubbliche, qualora necessitino di immobili per i loro fabbisogni allocativi e non vi siano immobili statali disponibili, devono individuare immobili di proprietà di terzi mediante indagini di mercato, ma devono riconoscere priorità agli immobili presenti sull’apposito applicativo informatico messo a disposizione dall’Agenzia del demanio.

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Inoltre, la consultazione sul sistema, ovviamente nel caso di esito positivo, si considera idonea ad assolvere i prescritti obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni. Trattasi di norma di semplificazione delle procedure di individuazione degli immobili da utilizzare in conduzione passiva, da selezionare prioritariamente tra quelli appartenenti a soggetti pubblici, in modo da non incidere sui saldi strutturali di finanza pubblica.

La disposizione, intervenendo sull’articolo 2 della legge 191/2006, opera delle modifiche al comma 222bis e introduce il comma 222quater.

Quanto alla modifica del comma 222bis, segnatamente agli obblighi previsti dal medesimo comma in relazione alla comunicazione dei piani di razionalizzazione degli spazi e al rapporto metri quadrati per addetto, è previsto che in caso di inadempienza, l’Agenzia del Demanio effettua la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza. Inoltre, l’introduzione del comma 222quater impone alle amministrazioni di predisporre, entro il 30 giugno 2015, un nuovo piano di razionalizzazione nazionale in modo tale da garantire, dal 2016, una riduzione del 50% in termini di spesa per locazione passiva e del 30% in termini di spazi utilizzati negli immobili di proprietà pubblica (ad esclusione dei penitenziari e per le forze dell'ordine). Il piano deve essere trasmesso all’Agenzia del Demanio che entro 60 giorni dalla sua presentazione comunica al MEF se è compatibile con gli obiettivi della presente norma. Nel caso in cui il piano non sia presentato o non rispetti gli obiettivi di risparmio fissati con questa norma, il Ministero dell’Economia effettua una riduzione sui capitoli relativi alla spesa per acquisto di beni e servizi al fine di garantire i risparmi attesi. Viene inoltre previsto che le p.a. comunichino, ogni 6 mesi, gli interventi di manutenzione effettuati sugli immobili di loro proprietà in locazione passiva (eccetto quelli decisi direttamente dal Demanio). Art. 25 – Anticipazione obbligo fattura elettronica La disposizione in commento anticipa al 31 marzo 2015 l’obbligo di fatturazione esclusivamente elettronica, introdotto dalla legge 244/2007 (finanziaria 2008) e disciplinato dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 55 del 03.04.2013. Le fatture elettroniche emesse verso le p.a., al fine di assicurare la tracciabilità dei pagamenti, dovranno riportare:

il CIG, ove obbligatorio;

Il CUP, ove previsto In mancanza, le p.a. non potranno procedere al pagamento delle fatture elettroniche.

Art. 26 – Pubblicazione telematica di avvisi e bandi E’ stato novellato il comma 7 dell’articolo 66 del d.lgs. 163/2006, eliminando l’obbligo di pubblicazione per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locali.

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Analoga previsione è stata introdotta per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, attraverso la modifica dell’articolo 122 comma 5 del d.lgs. 163/2006. In entrambi i casi, viene precisato che le spese per la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana sono rimborsate alla stazione appaltante dall’aggiudicatario entro il termine di 60 giorni dall'aggiudicazione. Art. 27 - Monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni E’ stato inserito al d.l. 35/2013 l’articolo 7-bis, rubricato “Trasparenza nella gestione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni”, stabilendo che allo scopo di assicurare la trasparenza al processo di formazione ed estinzione dei debiti, i titolari di crediti per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali nei confronti delle p.a. potranno comunicare i dati riferiti alle fatture o richieste equivalenti di pagamento emesse a partire dal 1° luglio 2014, riportando, ove previsto, il relativo cig. Le p.a. dovranno comunicare le informazioni inerenti alla ricezione e alla rilevazione sui propri sistemi contabili delle fatture o richieste equivalenti di pagamento relative a debiti per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni relative a prestazioni professionali, emesse a partire dal 1° gennaio 2014. Nel caso di fatture elettroniche trasmesse alle p.a. attraverso il sistema di interscambio, i dati delle fatture comprensivi delle informazioni di invio e ricezione, saranno acquisiti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni in modalità automatica. Le p.a. dovranno comunicare, mediante la medesima piattaforma elettronica, entro il 15 di ciascun mese, i dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni relative a prestazioni professionali, per i quali, nel mese precedente, sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi moratori. Con riferimento a tali debiti, le p.a., contestualmente all'ordinazione di pagamento, immetteranno obbligatoriamente sulla piattaforma elettronica i dati riferiti alla stessa. Tali informazioni saranno accessibili alle p.a. e ai titolari dei crediti accreditati sulla piattaforma elettronica, anche ai fini della certificazione dei crediti e del loro utilizzo, nonché utilizzabili per la tenuta del registro delle fatture da parte delle p.a. Il mancato rispetto di tali obblighi è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale del dirigente responsabile e comporterà responsabilità dirigenziale e disciplinare o misure analogamente applicabili. Il competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile verificherà la corretta attuazione delle predette procedure. Art. 28 - Monitoraggio delle certificazioni dei pagamenti effettuati dalle p.a. con le risorse trasferite dalle Regioni E’ stato inserito il comma 6-bis all’articolo 2 del d.l. 35/2013, stabilendo che con d.m., da emanarsi entro il 22 giugno 2014, saranno stabilite le modalità e la tempistica di certificazione e di raccolta, per il tramite delle Regioni, dei dati relativi ai pagamenti effettuati dalle p.a. con le risorse trasferite dalle Regioni a seguito dell'estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento nei confronti delle stesse pubbliche amministrazioni.

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Art. 29 - Attribuzione di risorse della Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali E’ stato modificato il comma 9 dell'articolo 13 del d.l. 102/2013, stabilendo che con le procedure individuate con citato decreto sono altresì attribuite agli enti locali le disponibilità non erogate nelle precedenti istanze. Art. 30 - Debiti fuori bilancio inclusi nei piani di riequilibrio finanziario pluriennale All'articolo 1 comma 10-bis del d.l. 35/2013, relativamente ai debiti fuori bilancio inclusi nei piani di riequilibrio, sono stati aggiunti anche quelli contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-bis del d.lgs. 267/2000, approvato con delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. Art. 31 - Finanziamento dei debiti degli enti locali nei confronti delle società partecipate Al fine di favorire il pagamento dei debiti da parte delle società partecipate da enti locali, la dotazione della “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali” del “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” di cui all'articolo 1, comma 10, del d.l. 35/2013, è incrementata per l'anno 2014 di 2.000 milioni di euro. Tale incremento potrà essere concesso agli enti locali per il pagamento dei propri debiti nei confronti delle società partecipate. Il pagamento dovrà riguardare: a) i debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013; b) i debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto

termine; c) i debiti fuori bilancio che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31

dicembre 2013, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva, ivi inclusi quelli contenuti nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-bis del d.lgs. 267/2000, approvato con delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti.

Con d.m., da adottare entro il 22 giugno 2014, saranno stabiliti, i criteri, i tempi e le modalità per la concessione agli enti locali di tali risorse. La concessione dell'anticipazione è subordinata alla presentazione da parte degli stessi enti locali di una dichiarazione attestante la verifica dei crediti e debiti reciproci nei confronti delle società partecipate, asseverata dagli organi di revisione dello stesso ente locale e, per la parte di competenza, delle società partecipate interessate. Le società partecipate dagli enti locali, destinatarie dei pagamenti effettuati a valere sulle anticipazioni, dovranno destinare prioritariamente le risorse ottenute all'estinzione dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Le società partecipate comunicheranno agli enti locali interessati gli avvenuti pagamenti, unitamente alle informazioni relative ai debiti ancora in essere, per la successiva trasmissione nell'ambito della certificazione. I collegi sindacali delle società partecipate dagli enti locali verificheranno tali comunicazioni, dandone atto nei propri verbali e nella relazione al bilancio di esercizio.

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Articolo 33 – Anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti dei comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario La disposizione in commento attribuisce ai comuni che hanno dichiarato il dissesto finanziario a far data dal 1° ottobre 2009 e sino alla data di entrata in vigore della legge 64/2013 e che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall'articolo 258 del Tuel, previa apposita istanza dell'ente interessato, un'anticipazione fino all'importo massimo di 300 milioni di euro per l'anno 2014 da destinare all'incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi con le modalità di cui all'anzidetto articolo 258, nei limiti dell'anticipazione erogata. La disposizione determina le modalità di riparto dell'anticipazione, individuando nella massa passiva censita e nella dimensione demografica i criteri per ripartire le somme disponibili tra gli enti dissestati. Spetterà al Ministero dell’interno, entro il 24 maggio, regolamentare l’anticipazione. L’ente locale a cui è erogata l’anticipazione è tenuto a mettere a disposizione dell’organo straordinario di liquidazione la predetta somma. A sua volta l'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento dei debiti ammessi entro tempi prestabiliti, ovvero 90 giorni dalla disponibilità delle risorse. Vengono dettati i tempi della restituzione ed il tasso di interesse da corrispondere: la restituzione dell’anticipazione dovrà essere effettuata con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, in un periodo massimo di 20 anni a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è erogata la medesima anticipazione, con versamento ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, distinti per la quota capitale e per la quota interessi, fatta eccezione per le anticipazioni a valere sul versamento in entrata di cui al comma 6, pur erogate nel 2014, la cui restituzione dovrà avvenire a partire dal 2014. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni. In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme saranno recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell'Interno. Articolo 37 – Strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati Tale disposizione introduce strumenti volti a favorire il completo ed immediato pagamento di tutti i debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture ed appalti e per prestazioni professionali, maturati al 31 dicembre 2013 e certificati ai sensi dell’articolo 9, comma 3bis e 3ter del d.l. 185/2008. In particolare, per tali debiti è prevista la concessione della garanzia dello Stato dal momento dell’effettuazione delle operazioni di cessione ovvero di ridefinizione con banche o intermediari finanziari. I debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili non ancora certificati al 24 aprile 2014 (data di entrata in vigore del decreto) ma comunque maturati al 31 dicembre 2013, potranno essere assistiti dalla garanzia dello Stato a condizione che:

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a) i soggetti creditori presentino istanza di certificazione improrogabilmente entro il 24 giugno 2014, utilizzando la piattaforma elettronica di cui all'articolo 7, comma 1, del d.l. 35/2013;

b) i crediti siano oggetto di certificazione, tramite la suddetta piattaforma elettronica, da parte delle pubbliche amministrazioni debitrici. La certificazione deve avvenire entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza. Il diniego, anche parziale, della certificazione, sempre entro il suddetto termine, deve essere puntualmente motivato. Ferma restando l’attivazione da parte del creditore dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 9, comma 3bis, del d.l. 185/2008, il mancato rispetto di tali obblighi comporta a carico del dirigente responsabile l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 7, comma 2, del d.l. 35/2013. La pubblica amministrazione inadempiente non potrà procedere ad assunzioni di personale o ricorrere all’indebitamento fino al permanere dell’inadempimento.

I pagamenti di tali debiti di parte corrente non rilevano ai fini dei vincoli e degli obiettivi del patto di stabilità interno. I soggetti creditori potranno cedere pro-soluto il credito certificato e assistito dalla garanzia dello Stato ad una banca o ad un intermediario finanziario, anche sulla base di apposite convenzioni quadro. Avvenuta la cessione del credito, la p.a. debitrice diversa dallo Stato potrà chiedere, in caso di temporanee carenze di liquidità, una ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei debiti, per una durata massima di 5 anni, rilasciando, a garanzia dell’operazione, delegazione di pagamento, a norma della specifica disciplina applicabile a ciascuna tipologia di pubblica amministrazione, o altra simile garanzia a valere sulle entrate di bilancio. Le p.a. debitrici sono comunque tenute a rimborsare anticipatamente il debito, alle condizioni pattuite nell’ambito delle operazioni di ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento del debito di cui al presente comma al ripristino della normale gestione della liquidità. L’operazione di ridefinizione, le cui condizioni finanziarie devono tener conto della garanzia dello Stato, potrà essere richiesta dalla p.a. debitrice alla banca o all’intermediario finanziario cessionario del credito, ovvero ad altra banca o ad altro intermediario finanziario qualora il cessionario non consenta alla suddetta operazione di ridefinizione; in tal caso, previa corresponsione di quanto dovuto, il credito certificato è ceduto di diritto alla predetta banca o intermediario finanziario. La Cassa depositi e prestiti S.p.A e le istituzioni finanziarie dell’Unione Europea e internazionali potranno acquisire, dalle banche e dagli intermediari finanziari, i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato, anche al fine di effettuare operazioni di ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei relativi debiti. Per la concessione delle predette garanzie, è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo di garanzia, cui sono attribuite risorse pari a 150 milioni di euro per l’anno 2014. L’escussione della garanzia attribuisce allo Stato il diritto di rivalsa sugli enti debitori: questa comporta, ove applicabile, la decurtazione, sino a concorrenza della somme escusse e degli

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interessi maturati alla data dell’effettivo pagamento, delle somme a qualsiasi titolo dovute all'ente debitore a valere sul bilancio dello Stato. Articolo 38 – Semplificazione degli adempimenti amministrativi per la cessione dei crediti tramite piattaforma elettronica

La disposizione in commento stabilisce che le cessioni dei crediti certificati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 del d.l. 35/2013 possono essere stipulate mediante scrittura privata e possono essere effettuate esclusivamente a favore di banche o intermediari finanziari autorizzati, ovvero da quest’ultimi alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.

Le suddette cessioni dei crediti certificati sono efficaci ed opponibili nei confronti delle amministrazioni cedute, qualora queste non le rifiutino entro 7 giorni dalla ricezione della loro comunicazione.

Articolo 39 - Crediti compensabili La disposizione in commento, modificando l’articolo 28quinquies del D.P.R. 602/1973, elimina il riferimento alla data del 31 dicembre 2012 che costituiva un limite temporale di maturazione dei crediti non prescritti certi liquidi ed esigibili nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazioni, forniture e appalti che possono essere oggetto di compensazione con somme dovute in base ad istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso. La compensazione potrà quindi operare anche nei confronti di crediti maturati successivamente a detta data. Art. 40 - Termine di notifica delle cartelle esattoriali ai fini della compensabilità con i crediti certificati La disposizione in commento, modificando l’articolo 9, comma 2, del d.l. 35/2013, differisce dal 31 dicembre 2012 al 30 settembre 2013 il termine entro il quale devono essere state notificate le cartelle di pagamento per poter usufruire delle compensazioni con crediti certificati (ai sensi dell’articolo 9, comma 3bis e 3ter del d.l. 185/2008). Art. 41 - Attestazione dei tempi di pagamento La disposizione in commento introduce, a decorrere dall’esercizio 2014, l’obbligo per le p.a. di allegare alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio, un prospetto sottoscritto dal rappresentante legale e dal responsabile finanziario, attestante l’importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal d.lgs. 231/2002, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati. In caso di superamento dei predetti termini, le medesime relazioni dovranno indicare le misure adottate o previste per consentire la tempestiva effettuazione dei pagamenti. L’organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile è tenuto a verificare tali attestazioni, dandone atto nella propria relazione. La disposizione, inoltre, prevede sanzioni o premialità connesse ai tempi di pagamento.

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In caso di ritardi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, nell’anno successivo a quello di riferimento, le amministrazioni pubbliche, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale, non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. E’, inoltre, previsto un meccanismo incentivante per gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno volto a prevedere che la riduzione degli obiettivi di cui al comma 122 dell’articolo 1 della legge 220/2010 è applicata esclusivamente agli enti locali che risultano rispettosi dei tempi di pagamento. Art. 42 - Obbligo della tenuta del registro delle fatture presso le pubbliche amministrazioni Dal 1° luglio, le p.a. sono tenute ad adottare il registro unico delle fatture nel quale devono essere annotate, entro 10 giorni dal ricevimento, le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti. Il registro deve essere unico per tutto l’ente, non essendo ammessi registri di settore. Il registro delle fatture costituisce parte integrante del sistema informativo contabile. Per ciascuna fattura, nel registro dovranno essere inserti i seguenti dati:

a) il codice progressivo di registrazione; b) il numero di protocollo di entrata; c) il numero della fattura o del documento contabile equivalente; d) la data di emissione della fattura o del documento contabile equivalente; e) il nome del creditore e il relativo codice fiscale; f) l'oggetto della fornitura; g) l'importo totale, al lordo di IVA e di eventuali altri oneri e spese indicati; h) la scadenza della fattura; i) nel caso di enti in contabilità finanziaria, gli estremi dell'impegno indicato nella fattura o

nel documento contabile equivalente ai sensi di quanto previsto dal primo periodo del presente comma oppure il capitolo e il piano gestionale, o analoghe unità gestionali del bilancio sul quale verrà effettuato il pagamento;

j) se la spesa è rilevante o meno ai fini IVA; k) il Codice identificativo di gara (CIG), tranne i casi di esclusione dall'obbligo di tracciabilità

di cui alla legge 136/2010; l) il Codice unico di Progetto (CUP), in caso di fatture relative a opere pubbliche, interventi di

manutenzione straordinaria, interventi finanziati da contributi comunitari e ove previsto ai sensi dell'articolo 11 della legge 3/2003;

m) qualsiasi altra informazione che si ritiene necessaria.

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Art. 43 - Anticipo certificazione conti consuntivi enti locali La disposizione in commento ha modificato l'articolo 161 del Tuel stabilendo che comuni, province, unioni di comuni e comunità montane sono tenuti a redigere apposite certificazioni ai principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione e a trasmetterli al Ministero dell’interno. Con decreto ministeriale saranno disciplinate le modalità per la struttura, la redazione e la data di scadenza per la trasmissione delle certificazioni. La mancata trasmissione del certificato comporta la sospensione del pagamento delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'interno. I dati delle certificazioni sono pubblicati sul sito del Ministero dell'interno e sono resi disponibili per l'inserimento nella banca dati unitaria di cui all'articolo 13 della legge 196/2009. Si stabilisce che i certificati al rendiconto della gestione degli enti locali dell'esercizio finanziario 2014 e successivi sono trasmessi al Ministero dell'interno entro il 31 maggio dell'esercizio successivo, mentre la trasmissione dei certificati al bilancio di previsione resta fissata con decreto ministeriale. Art. 44 - Tempi di erogazione dei trasferimenti fra pubbliche amministrazioni Al fine di agevolare il rispetto dei tempi medi di pagamento, i trasferimenti tra p.a., con esclusione delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e delle risorse spettanti alle Regioni a statuto speciale e Province autonome, sono erogati entro 60 giorni dalla definizione delle condizioni per l’erogazione, ovvero entro 60 giorni dalla comunicazione al beneficiario della spettanza dell’erogazione stessa. Art. 48 - Edilizia scolastica Per gli anni 2014 e 2015, nel saldo finanziario espresso in termini di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, non sono considerate le spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica. L'esclusione opera nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. I comuni beneficiari dell’esclusione e l’importo dell’esclusione stessa saranno individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro il 15 giugno 2014.

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Limiti a retribuzioni e trattamenti pensionistici nella p.a.: i chiarimenti della Funzione Pubblica Dipartimento Funzione Pubblica, Circolare 3/2014 di Alessio Tavanti Il dipartimento della Funzione Pubblica con la circolare n. 3/2014 concernente “Nuove disposizioni in materia di limiti alle retribuzioni e ai trattamenti pensionistici - Articolo l, commi 471 ss. della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014)” ha fornito indicazioni e chiarimenti relativi all'applicazione delle disposizioni in materia di limiti alle retribuzioni e ai trattamenti pensionistici introdotte dalla legge di stabilità per il 2014. La circolare, in particolare, fa riferimento, oltre che alle nuove disposizioni della citata legge di stabilità, all'articolo 23-ter del d.l. 201/2011 e al d.p.c.m. 23 marzo 2012. Essa richiama altresì alcune ulteriori disposizioni relative al contenimento dei trattamenti economici nel settore pubblico, che continuano a trovare applicazione. Disposizioni in materia di limiti retributivi

L'articolo 23-ter, comma l, del citato d.l. 201/2011, che detta Disposizioni in materia di trattamenti economici, ha imposto un limite al trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (anno 2014, pari a € 311.658,53). In attuazione di tale disposizione, il d.p.c.m. 23 marzo 2012 ha definito il livello remunerativo massimo onnicomprensivo annuo degli emolumenti, prevedendo che, ai fini del raggiungimento del limite, rilevano gli emolumenti percepiti nell'ambito di rapporti di lavoro subordinato o autonomo e, quindi, gli stipendi e le altre voci di trattamento fondamentale, le indennità e le voci accessorie, nonché le eventuali remunerazioni per consulenze, collaborazioni o incarichi aggiuntivi conferiti da amministrazioni pubbliche, anche diverse da quelle di appartenenza. In caso di superamento del limite massimo di trattamento economico, sopra indicato, la retribuzione complessiva si riduce a tale parametro, secondo le modalità applicative previste dalla circolare n. 8/2012. Le nuove disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2014 L'articolo 1, comma 471, della legge di stabilità per il 2014 interviene sull'ambito di applicazione dell'articolo 23-ter del d.l. 201/2011 chiarendo che il limite retributivo ivi previsto si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2014, anche al personale delle autorità amministrative indipendenti, nonché delle amministrazioni diverse da quelle statali.

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Il successivo comma 472 chiarisce che sono soggetti al suddetto limite anche gli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle amministrazioni pubbliche di cui al citato articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. Per quanto riguarda le amministrazioni regionali, il comma 475 ha previsto che nell'ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, adeguino i propri ordinamenti alle nuove norme entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di stabilità (1° luglio 2014). Nelle more del suddetto adeguamento troverà applicazione la disciplina generale dei limiti retributivi in virtù della loro inclusione nell'elenco di cui all'articolo l, comma 2, del d.lgs. 165/2001. L'estensione dell'ambito di applicazione riguarda l'intero articolo 23-ter sopra citato e, quindi, anche la normativa limitativa dei trattamenti nel caso di incarichi per l'esercizio di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate presso ministeri, enti pubblici nazionali e autorità amministrative indipendenti. Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis trovano applicazione anche nei confronti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo l, comma 2, del d.lgs. 165/2001. Per tutte le altre società partecipate dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali, la Funzione pubblica suggerisce alle p.a. socie l'opportunità di esercitare i propri poteri di azionista in modo da estendere alle suddette società gli stessi principi. L'articolo 1, comma 473, della legge di stabilità stabilisce che, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui ai commi 471 e 472, sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni, "fatti salvi i compensi percepiti per prestazioni occasionali". Per prestazioni occasionali, ai sensi dell’articolo 61, comma 2, del d.lgs. 276/2003, si intendono i rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5.000 euro. Diversamente i relativi importi saranno computati ai fini dell'applicazione della suddetta disciplina. I soggetti già titolari di trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche, ai sensi dell'articolo 1, comma 489, della legge 147/2014, ai fini del raggiungimento del limite di cui al citato articolo 23-ter del d.l. 201/2011, cumulano i trattamenti economici onnicomprensivi eventualmente erogati dalle amministrazioni comprese nell'elenco ISTAT di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 196/2009. Il riferimento a tale elenco, più ampio di quello di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, ha esteso l'ambito soggettivo di applicazione della disposizione rispetto a quanto previsto dal comma 1 del citato articolo 23-ter del d.l. 201/2011 e dei commi 471 e 472 precedentemente esaminati. Vi rientrano, infatti, anche soggetti ai quali l'ordinamento giuridico attribuisce natura privata, quali gli enti produttori di servizi economici, gli enti a struttura associativa e quelli inseriti tra le “altre amministrazioni locali”.

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Per gli organi costituzionali, la legge prevede che essi applichino i princìpi di cui al citato comma 489 nel rispetto dei propri ordinamenti. Per trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche devono intendersi tutte le pensioni erogate nell'ambito di gestioni previdenziali obbligatorie, rimanendo pertanto escluse solo le forme di previdenza complementare e integrativa. Nell’ambito dei trattamenti pensionistici sono ricompresi anche i vitalizi, quali quelli derivanti da funzioni pubbliche elettive. Per trattamento economico onnicomprensivo devono intendersi gli stipendi e le altre voci di trattamento fondamentale, le indennità e le voci accessorie, nonché le eventuali remunerazioni per consulenze, incarichi o collaborazioni a qualsiasi titolo conferiti a carico di uno o più organismi o amministrazioni compresi nel suddetto elenco ISTAT. Ai fini della verifica del raggiungimento del limite, le amministrazioni devono operare secondo il criterio di competenza per i trattamenti economici, verificando quanto dovuto al dipendente complessivamente in ragione d'anno, sia a titolo di trattamento per rapporto di lavoro subordinato, sia a titolo di corrispettivo per collaborazioni autonome e per incarichi (secondo quanto indicato nella circolare 8/2012), e secondo il criterio della cassa per i trattamenti pensionistici. Come precisato nella circolare 8/2012, la retribuzione di risultato per il personale dirigenziale e altri analoghi emolumenti, la cui corresponsione è subordinata alla verifica successiva del raggiungimento degli obiettivi assegnati nell' anno precedente, seguono il criterio della cassa. Per esempio, sono assoggettati al regime limitativo dell'anno 2014 i trattamenti retributivi di risultato erogati nell'anno stesso pur se riferiti all'attività svolta nell'anno 2013. Per l'anno in corso, quindi, tali trattamenti si cumulano con i trattamenti di competenza del medesimo anno ai fini del raggiungimento del tetto. Qualora concorrano trattamenti pensionistici e altri trattamenti economici, nel caso di superamento del limite, la riduzione dovrà essere operata dall'amministrazione che eroga il trattamento economico e non da quella che gestisce il trattamento previdenziale. In presenza di una pluralità di incarichi e connessi trattamenti economici, che si cumulano al trattamento pensionistico, l'amministrazione che assume o che conferisce l'incarico prevalente in termini economici dovrà agire come soggetto di coordinamento nei confronti delle altre amministrazioni coinvolte, operare la riduzione e curare le necessarie comunicazioni alle altre amministrazioni coinvolte, anche ai fini delle eventuali ulteriori riduzioni. A tal fine, all'atto dell'assunzione o del conferimento dell'incarico, ciascuna amministrazione avrà cura di far sottoscrivere all'interessato una dichiarazione che indichi l'eventuale trattamento pensionistico in godimento, al netto dell'eventuale decurtazione per il contributo di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 486, della legge di stabilità per il 2014, specificandone l'importo annuo e il tipo, nonché gli altri trattamenti economici in godimento, rientranti nell'ambito di applicazione della disciplina in esame. Sulla base di tale dichiarazione, in caso di superamento del limite, l'amministrazione procederà come sopra indicato o segnalerà il superamento all'amministrazione che assume o che conferisce l'incarico prevalente in termini economici. In assenza di tale dichiarazione, l'incarico non potrà essere perfezionato.

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Per gli incarichi eventualmente già conferiti o rinnovati a partire dal 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore della legge di stabilità), la suddetta dichiarazione sarà raccolta dall'amministrazione con immediatezza. Se il trattamento pensionistico interviene in costanza di rapporto al quale si riferisce il trattamento economico, l'interessato dovrà comunicarlo tempestivamente all'amministrazione. A tale scopo, la suddetta dichiarazione, sottoscritta all'atto dell'assunzione o del conferimento dell'incarico, dovrà contenere un impegno in tal senso. Allo scopo di garantire il rispetto del limite previsto dalla normativa, l'amministrazione avrà cura di operare verifiche con gli enti previdenziali sulle dichiarazioni ricevute dagli interessati, in percentuale congrua rispetto al numero di soggetti ai quali eroga trattamenti economici. Le verifiche riguarderanno sia i soggetti che hanno dichiarato di avere trattamenti pensionistici, sia i soggetti che non lo hanno dichiarato. Allo stesso scopo, l'amministrazione potrà verificare la corrispondenza dei dati relativi agli eventuali ulteriori incarichi del soggetto beneficiario con quelli pubblicati sui siti istituzionali delle amministrazioni che li hanno conferiti, ai sensi dell'articolo 15 del d.lgs. 33/2013, e prendere contatto con il Dipartimento della funzione pubblica per eventuali riscontri con le informazioni contenute nella banca dati PERlaPA mediante i dati identificativi dei soggetti interessati. Le amministrazioni di cui all' articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 dovranno versare annualmente le somme provenienti dall’applicazione dell'articolo 1, commi 472 e 473, al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (articolo 1, comma 474, legge di stabilità 2014). Le altre amministrazioni potranno acquisire le somme per migliorare i saldi dei propri bilanci. Ulteriori disposizioni rilevanti in materia di trattamenti economici L'intervento normativo contenuto nella legge di stabilità per il 2014 si pone in linea di continuità con precedenti disposizioni in materia di contenimento dei trattamenti economici nel settore pubblico. Tra queste rientrano, in particolare, quelle previste dalla legge 244/2007 (articolo 3, commi 44 ss.), dal d.l. 98/2011 (articolo 1) e dal già citato d.l. 201/2011 (articoli 23-bis e 23-ter). A tali interventi si aggiunge il d.p.r. 122/2013, con il quale è stata prorogata sino al 31 dicembre 2014 l'efficacia delle misure limitative di cui al d.l. 78/2010 (articolo 9). Tali norme riguardano, in particolare, la c.d. cristallizzazione dei trattamenti economici (articolo 9, commi 1 e 2, nella parte vigente a seguito della sentenza della Corte costituzionale 223/2012), nonché i fondi per il trattamento accessorio (articolo 9, comma 2-bis), il blocco dei rinnovi contrattuali per gli aspetti economici, il blocco degli automatismi retributivi e della progressione automatica degli stipendi, la valenza a fini esclusivamente giuridici delle progressioni di carriera (articolo 9, comma 21). Con il medesimo d.p.r., infine, sono state introdotte limitazioni, a valere anche per il 2014, agli incrementi dell'indennità di vacanza contrattuale [articolo 1, comma 1, lettera d)]. Sulla disciplina dell'indennità è altresì intervenuta la legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 452), ponendo ulteriori vincoli per il triennio 2015-2017.

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Nei confronti dei soggetti titolari di trattamento pensionistico, interessati dall'articolo 1, comma 489, della legge di stabilità, trovano, altresì, applicazione le preclusioni previste per i soggetti collocati in quiescenza o dimissionari, ossia:

non possono essere destinatari di incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell'amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali hanno avuto rapporti di lavoro o impiego nei 5 anni precedenti a quello della cessazione dal servizio nei confronti di coloro i quali siano stati collocati in quiescenza o dimissionari (articolo 25, legge 724/1994)

non possono ricevere incarichi di studio e di consulenza coloro che, appartenenti ai ruoli delle p.a. di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, di quelle inserite nel conto economico consolidato individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 196/2009 nonché alle autorità indipendenti, abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza (articolo 5, comma 9, d.l. 95/2012).

non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della p.a. , coloro che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle p.a. di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 (articolo 53, comma 16-ter, d.lgs.165/2001).

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Attestazione delle assenze per visite: i chiarimenti della Funzione Pubblica Dipartimento Funzione Pubblica, Circolare 2/2014 di Alessio Tavanti Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato la circolare n. 2/2014 concernente “decreto legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 - "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni" - art. 4 comma 16 bis - assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici” con la quale ha fornito chiarimenti sulla disposizione introdotta dal d.l. 101/2013 in materia di assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici da parte dei dipendenti pubblici.

In merito alle assenze per malattia dei dipendenti delle PA di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs.

165/2001, il d.l. 101/2013 ha novellato il comma 5-ter dell'articolo 55-septies del T.U. sul pubblico impiego prevedendo che “Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all'orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmesse da questi ultimi mediante posta elettronica.". Secondo l’indirizzo fornito dalla Funzione pubblica, con l’entrata in vigore della suddetta disposizione il dipendente, per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici deve fruire dei permessi per documentati motivi personali in base alla disciplina dei CCNL, o di istituti contrattuali similari o alternativi (come i permessi brevi o la banca delle ore), che devono essere giustificati dall'attestazione, anche sull'orario, rilasciata dal medico della struttura pubblica o privata che ha svolto la prestazione. L'attestazione di presenza è consegnata al dipendente (che provvede successivamente all'invio all'amministrazione di appartenenza) oppure viene trasmessa direttamente per via telematica a cura del medico o della struttura. Nella circolare si chiarisce che, in quest'ultimo caso, la mail dovrà contenere il file scansionato in formato PDF dell'attestazione. La Funzione pubblica, inoltre, ha fornito alcune precisazioni in merito al contenuto dell'attestazione, la quale dovrà contenere:

- la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige; - l'indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione; - il giorno, l'orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la

prestazione. Non deve essere riportata, invece, la diagnosi, in quanto l'attestazione di presenza non è una certificazione di malattia, né il tipo di prestazione somministrata. In caso di concomitanza tra l'espletamento di visite specialistiche, l'effettuazione di terapie od esami diagnostici e la situazione di incapacità lavorativa, trovano applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell'assenza per malattia. Pertanto, il medico redige la relativa attestazione di malattia che viene comunicata all'amministrazione secondo le consuete modalità (circolari nn. 1 e 2 del 2010) e, in caso di controllo medico legale, l'assenza dal domicilio dovrà essere giustificata mediante la produzione

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all'amministrazione, da parte del dipendente, dell'attestazione di presenza presso la struttura sanitaria (salva l'avvenuta trasmissione telematica ad opera del medico o della struttura stessa). Come di regola, il ricorso all'istituto dell'assenza per malattia comporta la conseguente applicazione della disciplina legale e contrattuale in ordine al trattamento giuridico ed economico. Per i dipendenti che, a causa delle patologie sofferte, debbono sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro, la Funzione pubblica, in ottica di semplificazione, ritiene sufficiente anche un'unica certificazione del medico curante che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Gli interessati dovranno produrre tale certificazione all'amministrazione prima dell'inizio della terapia, fornendo il calendario previsto. A tale certificazione dovranno poi far seguito le singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l'effettuazione delle terapie nelle singole giornate. In questi casi l'attestazione di presenza dovrà contenere anche l'indicazione che la prestazione è somministrata nell'ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante. Infine, il Ministero della pubblica amministrazione evidenzia che l'attestazione di presenza può anche essere documentata con una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata ai sensi del combinato disposto degli articoli 47 e 38 del dpr. 445/2000. In tal caso le amministrazioni dovranno richiedere dichiarazioni dettagliate e circostanziate e inoltre attivare i necessari controlli sul loro contenuto ai sensi dell'articolo 71 del citato decreto, provvedendo alla segnalazione all'autorità giudiziaria penale e procedendo per l'accertamento della responsabilità disciplinare nel caso di dichiarazioni mendaci (articolo 76 dpr. 445/2000).

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Gare: niente accesso agli atti se l’impresa non ha impugnato l’esclusione Consiglio di Stato, sentenza 1446/2014 di Manuela Ricoveri Il concorrente escluso da una gara di appalto non ha diritto di accedere alle offerte delle altre ditte partecipanti, nel caso in cui non abbia tempestivamente impugnato il provvedimento di esclusione. Questo il principio espresso dal Consiglio di stato, sez. V, con la sentenza in commento, con la quale ha riformato la decisione del Tar Toscana che, al contrario, aveva riconosciuto il diritto di accesso alla società. Nel caso di specie la società, esclusa per mancanza dei requisiti di capacità tecnica, pur non avendo impugnato detta esclusione, aveva chiesto la copia dei verbali di gara e della documentazione amministrativa delle ditte partecipanti alla procedura selettiva e, successivamente, di tutta la documentazione tecnica. Secondo il Tar Toscana, l’accesso ai documenti amministrativi costituisce “un diritto soggettivo perfetto che può essere esercitato indipendentemente dal giudizio sull’ammissibilità o sulla fondatezza della domanda giudiziale eventualmente proponibile sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso”, cosicché la eventuale inoppugnabilità degli atti oggetto della domanda di accesso non preclude l’esercizio del diritto. Di diverso avviso il Consiglio di Stato nella sentenza in commento. L’articolo 13 del d.lgs. 163/2006 (accesso agli atti e divieti di divulgazione) detta un vero e proprio micro sistema normativo per il settore delle procedure di affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture che si sovrappone, con alcune differenze, a quello della legge 241/1990. Sono presenti, innanzitutto, divieti espliciti per certi documenti in determinate fasi delle procedure di gara. Il comma 2 dell’articolo 13 individua, infatti, alcune specifiche ipotesi di differimento, in deroga alla disciplina generale del diritto di accesso contenuta nella 241/1990, prevedendo che:

a. i partecipanti possono conoscere l’elenco di tutti i partecipanti solamente dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Tale regola subisce un’eccezione, nel caso di procedure ristrette e negoziate, per i soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta (normalmente per il mancato possesso dei requisiti richiesti): solo a questi soggetti è consentito conoscere l’elenco degli invitati prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, ma non prima che l’elenco degli invitati sia reso ufficialmente noto. Colui al quale è inibita l’ammissione a concorrere ha quindi l’immediato diritto, una volta definito il relativo sub-procedimento, e solo allora, di conoscere l’operato della commissione con esclusivo riferimento ai nominativi prescelti;

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b. le offerte e l’eventuale procedimento di verifica dell’anomalia sono segreti fino all’aggiudicazione definitiva.

Lo scopo del differimento all’accesso è rinvenibile sia nell’esigenza di tutelare la riservatezza dei partecipanti alle procedure concorsuali, sia nella necessità di salvaguardare la libera concorrenza e la trasparenza delle offerte, ovvero mantenere la competizione indenne da meccanismi di collusione, di impedire intese tra operatori economici volte a concordare i rispettivi comportamenti per influenzare l’esito della selezione, di evitare flussi informativi (anche involontari) tra potenziali concorrenti, e di eliminare il rischio di condizionamenti commerciali, economici e tecnici nella formulazione e presentazione delle offerte. Il comma 5 dell’articolo 13 poi, a salvaguardia del diritto alla riservatezza dei partecipanti alle procedure di affidamento, introduce un divieto di accesso e di divulgazione assoluto e non circoscritto alla fase anteriore rispetto all’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, in quanto finalizzato non già a tutelare la regolarità della procedura di affidamento quanto a proteggere le posizioni giuridiche soggettive dei concorrenti in gara. Tale disposizione esclude dal diritto di accesso le informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazioni delle medesime che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali. Il legislatore ha inteso quindi escludere dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il know-how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, in modo da evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l’accesso per avvalersi delle specifiche conoscenze possedute da altri al fine di conseguire un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato. E’ comunque consentito l’accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi. In base all’articolo 13, comma 6, del d.lgs. 163/2006, infatti, il diritto di difesa prevale sui segreti tecnici o commerciali, purché la conoscenza degli stessi sia rilevante ai fini della controversia. Previsione, questa, che riafferma quella tendenziale prevalenza del c.d. accesso difensivo, in generale disposta della legge 241/1990. Tuttavia la disposizione contenuta nel codice dei contratti è più restrittiva e puntale. In primo luogo, la disposizione riguarda solo il concorrente che abbia partecipato alla selezione. La preclusione all’accesso è invece totale qualora la richiesta sia formulata da un soggetto terzo, che pure dimostri di avere un interesse differenziato, alla stregua della legge generale sul procedimento. In secondo luogo, sul piano oggettivo, l’accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di una difesa in giudizio, ancorché potenziale (ciò in quanto, la locuzione “in vista”, contenuta nel comma 6 dell’articolo 13, non presuppone che il giudizio sia già instaurato, essendo quindi sufficiente che la lite sia anche solo potenziale). In definitiva, nell’ambito del codice dei contratti, l’accesso assume una particolare natura, in quanto non è sufficiente il riferimento alla cura di propri interessi giuridici ma è richiesto espressamente che l’accesso sia effettuato in vista della difesa in giudizio.

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In applicazione dei principi sopra evidenziati, i giudici amministrativi hanno evidenziato che la concorrente esclusa, in caso di avvenuta scadenza dei termini per la presentazione del ricorso giurisdizionale, non ha alcun interesse difensivo. Ne consegue che la richiesta di accedere alla documentazione tecnica di tutte le ditte concorrenti di una gara pubblica, avanzata da una società partecipante dopo la sua esclusione dalla procedura concorsuale e dopo che quest’ultima non risulti più impugnabile, deve ritenersi infondata.

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Valutazione offerte tecniche: illegittimo avvalersi di esperti esterni alla commissione Tar Liguria, sentenza n. 453/2014 di Manuela Ricoveri Non è possibile demandare a soggetti esterni alla commissione di gara le valutazioni tecniche di determinati aspetti delle offerte. Questo il principio ribadito dal Tar Liguria, sez II, con la sentenza in commento, con la quale ha accolto il ricorso presentato da un’impresa che aveva contestato l’illegittimità dell’operato della commissione di gara che aveva deciso di avvalersi, in relazione ad alcuni argomenti tecnici, di un’attività di consulenza e valutazione di esperti esterni alla commissione stessa. Nel caso di specie la Commissione, preso atto “della complessità della valutazione delle proposte ed altresì della necessità di approfondimenti” relativi ad alcuni aspetti delle offerte tecniche, precisamente per le parti riguardanti la sicurezza e la salute dei lavoratori, le attrezzature e i macchinari, il software, i prodotti per la pulizia e la disinfezione, aveva deciso di ricorrere a competenze esterne. La gestione di un procedimento di gara presenta aspetti particolarmente complessi e non sempre definibili in modo univoco. La commissione tecnica, detta altrimenti commissione giudicatrice, è un organo collegiale con competenza tecnica finalizzata alla valutazione dell´offerta migliore ai fini dell´aggiudicazione provvisoria della gara e deve essere nominata nel caso in cui, per l’affidamento di lavori, servizi o forniture, si proceda alla scelta del miglior offerente secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In questo caso la nomina della commissione è obbligatoria. Per espressa previsione dell’articolo 84 del d.lgs. 163/2006, la commissione di gara deve essere composta in numero dispari, con un massimo di cinque componenti. I membri della commissione di gara devono essere “esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”, nel senso che i commissari devono avere competenze tali da consentire ad essi di apprezzare i contenuti tecnici delle proposte provenienti dai soggetti concorrenti. A tal fine è sufficiente che i componenti della commissione posseggano un bagaglio di conoscenze e di esperienza tali da poter valutare, con sufficiente grado di consapevolezza, i contenuti delle proposte sottoposte al loro esame (Tar Piemonte, Torino, sez. I, 8 aprile 2009, n. 954). Tale regola costituisce espressione di principi generali, costituzionali e comunitari, volti ad assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa. Il requisito generale dell’esperienza “nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”, tuttavia, deve essere inteso gradatamente ed in modo coerente con la poliedricità delle competenze di volta in volta richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare. Non è necessario, pertanto, che l’esperienza professionale di ciascun componente della commissione copra tutti i possibili ambiti oggetto di gara, potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni

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della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 3203/2013). Per quanto attiene, infine, alla composizione della commissione di gara, deve essere evidenziato che ai sensi dell’articolo 84, comma 8, del d.lgs. 163/2006, i commissari devono essere scelti, in via prioritaria, nell’ambito della stazione appaltante. Solo ove ricorrano particolari condizioni e, nei casi tassativamente previsti, in caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, è possibile nominare commissari esterni. Tale scelta del legislatore è giustificata dalla finalità di contenimento dei costi, che impone un criterio di sussidiarietà nella nomina di consulenti esterni. I giudici amministrativi hanno evidenziato che l’articolo 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici, laddove prevede che la commissione sia composta da esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto dell’appalto, afferma il principio secondo cui le specifiche professionalità necessarie per effettuare le valutazioni delle offerte tecniche devono rintracciarsi all’interno della stessa commissione. Pertanto, la commissione giudicatrice non può ricorrere all’ausilio di esperti esterni alla commissione per lo svolgimento di un’attività di propria pertinenza. La commissione può invece proporre quesiti puntuali e predeterminati per l’acquisizione di conoscenze tecniche specifiche, estranee alla competenza dei singoli componenti dell’organo, purché ciò non si risolva in una sostituzione dell’esperto al collegio perfetto, nell’esercizio di attività riservate, in via esclusiva, a quest’ultimo (attività valutative e decisorie). Si evidenzia che tale possibilità dovrebbe essere utilizzata con estrema cautela, considerato che gli esperti esterni devono limitarsi a fornire un supporto istruttorio, ammissibile nella misura in cui non influenzi sostanzialmente il giudizio finale. Al contrario, sussiste la violazione del principio di perfetta collegialità della commissione di gara quando gli esperti esterni alla commissione operano come veri e propri componenti della stessa, esprimendo una loro autonoma valutazione che inevitabilmente influenza il giudizio della commissione giudicatrice.

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Reperimento risorse per interventi socio-culturali: illegittima la costituzione di una fondazione Corte dei Conti, sez. controllo della Sardegna, deliberazione 19/2014 di Federica Caponi Non è legittima la costituzione di una fondazione da parte di un comune per il reperimento e la gestione di risorse per attivazione di interventi nel campo della cultura, della solidarietà sociale e del turismo. Tale “scopo” istitutivo è qualificabile come attività di raccolta e di gestione di provvista finanziaria per la realizzazione di politiche di carattere sociale, di diretto interesse comunale e, data la strumentalità della fondazione rispetto al comune, questa incasserebbe somme in entrata al di fuori delle garanzie e delle procedure prescritte dall’ordinamento, in quanto fattispecie gestionale di carattere atipico. Questo il principio sancito dalla Corte dei Conti, sezione controllo della Sardegna, che con la deliberazione in commento, ha risposto negativamente a un comune che aveva chiesto se era legittimo costituire una fondazione per la raccolta di risorse finanziarie (consistenti in liberalità, donazioni e similari da parte di enti e privati cittadini), per la loro successiva gestione/destinazione da parte della stessa fondazione in favore di specifici eventi culturali e di solidarietà sociale nel territorio del comune. Il comune aveva precisato che in favore della fondazione avrebbe concesso l’utilizzo gratuito di uno specifico immobile di proprietà comunale con spese di gestione, utenze, pulizia, manutenzione e similari interamente ed esclusivamente a carico della fondazione, che non avrebbe beneficiato di nessun altro ausilio economico da parte dell’ente, né di “sovvenzionamenti” in natura. L’ente aveva anche chiesto, in alternativa, attraverso quale organo gestionale e quale modulo gestorio sia possibile lo svolgimento di tali attività. I magistrati contabili della Sardegna hanno preliminarmente ricordato che la fondazione, disciplinata dagli articoli 14 e ss. del codice civile, si configura come ente avente personalità giuridica di diritto privato, che non persegue scopi di lucro, ma può essere costituita per il perseguimento di fini educativi, culturali, religiosi, sociali o di altri scopi di pubblica utilità. La fondazione, pertanto, si caratterizza per la non lucratività dello scopo sociale e implica l’assenza di distribuzione di utili. Ai fini del riconoscimento della personalità giuridica è previsto che “lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo. La consistenza del patrimonio deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda” (d.p.r. 361/2000, art.1, regolamento dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private). La Corte ha precisato che anche le fondazioni, costituite dagli enti locali, in quanto alimentate da apporti patrimoniali di provenienza pubblica, unitamente a tutti gli altri organismi partecipati dagli enti locali, “concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, perseguendo la sana

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gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza”, interpretando in maniera estensiva la disciplina contenuta nell’articolo 1, comma 553, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014). Secondo la Corte dei Conti della Sardegna, le norme che impongono vincoli agli organismi partecipati dagli enti locali “si devono intendere estensivamente e ricomprendono qualsiasi organismo, comunque denominato, dotato di personalità giuridica, non strettamente societario, ma caratterizzato dalla dominanza pubblica”. Pertanto, secondo i magistrati contabili, di volta in volta deve essere verificato se l’organismo è legato fin dalla costituzione o in sede organizzativo-finanziaria con l’ente locale e con il suo bilancio. Laddove tali indici siano verificati, tali organismi devono intendersi assoggettati alle norme che richiamano limiti di spesa e assunzionali per le società partecipate. Considerate infatti le persistenti necessità di contenimento della spesa pubblica, il Legislatore sta cercando ancora di limitare o contenere l’acquisizione/costituzione di nuove partecipazioni in organismi comunque denominati. Pertanto, nonostante l’abrogazione espressa che ha interessato alcune disposizioni del decreto “spending review” (ove si prescriveva il divieto di istituire enti, agenzie ed organismi comunque denominati e di qualsiasi natura esercitanti funzioni fondamentali o amministrative conferite agli enti locali, nel contempo disponendo l’accorpamento o la soppressione di quelli già esistenti per evidenti ragioni di risparmio, e razionalizzazione della spesa, ex art. 9 d.l. 95/2012, abrogato dall’articolo 1, comma 562, legge 147/2013), secondo la Corte dei Conti della Sardegna, “il vigente quadro normativo determina rigorosi parametri operativo-gestionali espressamente rivolti a condizionare l’istituzione (o la conservazione) delle istituzioni e delle fondazioni, oltreché delle aziende speciali e delle società partecipate, i cui bilanci sono prevalentemente se non esclusivamente alimentati da fondi pubblici”. In particolare, l’articolo 3 comma 27 della legge 244/2007, stabilisce il presupposto fondamentale secondo cui non possono essere conservate o costituite società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. La Corte dei Conti ritiene che la fondazione debba “intendersi in via interpretativa ricompresa nel genus delle partecipazioni” e rispettare i vincoli posti dall’articolo 3, commi 27-32 della citata legge 244/2007. La Corte ha ritenuto che il reperimento e la gestione di risorse per attivazione di interventi nel campo della cultura, della solidarietà sociale e del turismo, di diretto interesse comunale, debbano rientrare nella sfera di intervento proprio del comune. Se tali attività fossero trasferite a una fondazione, “si concretizzerebbe l’acquisizione di entrate al di fuori delle garanzie e delle procedure prescritte dall’ordinamento, ovvero attraverso una fattispecie gestionale di carattere atipico.” La fondazione al massimo potrebbe essere costituita legittimamente per tale scopo solo come struttura amministrativa di supporto al comune, cui sia affidata esclusivamente attività amministrativa di back office. Spetta solo all’ente locale preoccuparsi di assolvere i compiti e le funzioni ad esso spettanti attraverso la propria struttura organizzativa del comune.

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Il reperimento delle risorse per la realizzazione di finalità istituzionali non può essere “demandato o trasferito” a un organismo terzo, esterno al comune, in quanto trattasi di una funzione propria dell’ente locale, che deve essere assolta attraverso la propria struttura burocratico-amministrativa. Considerato infatti che la fondazione è un organismo strumentale del comune, tale specifico scopo si concretizzerebbe nell’acquisizione di entrate al di fuori delle garanzie e delle procedure prescritte dall’ordinamento, ovvero attraverso una fattispecie gestionale di carattere atipico. Gli organismi, che è consentito di costituire (o conservare), sono solo quelli il cui scopo o attività assicuri aderenza/coincidenza con le finalità istituzionali del comune. Le acquisizione di eventuali liberalità/donazioni di carattere finanziario o patrimoniale provenienti da terzi (enti o cittadini) “integrano fattispecie di entrate da ricondurre ai moduli procedimentali prescritti a garanzia dell’erario e devono essere assunte direttamente dal comune, a mezzo delle attività intestate ai suoi organi amministrativi, secondo le rispettive competenze e responsabilità, già delineate dall’ordinamento generale”. Anche l’appostazione nelle scritture e la successiva imputazione a spesa di tali fonti d’entrata deve seguire le regole che presiedono alla predisposizione dei bilanci pubblici. Infine, i magistrati contabili hanno rilevato che la costituzione di una fondazione da parte dell’ente non configura mai un’ipotesi “a costo zero” per il bilancio del comune, in quanto in sede istitutiva della fondazione deve essere assicurata una dotazione patrimoniale (“patrimonio adeguato alla realizzazione dello scopo”, ex d.p.r. 361/2000; art. 14 e seguenti c.c.) e ovviamente una dotazione di personale.