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quaderni

italiani

di musicoterapia

A.N.F.F.A.S.

sezione di Genova

Associazione Professionale

Italiana Musicoterapeuti

www.psmusic.com/apim.htm

Musicoterapia e autismo

Conoscenze attuali intema di autismo

Il modello Benenzonnell’approccio al soggetto autistico

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musica & terapianumero

2direttore editoriale

Gerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio Bonanomi

Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri

Agostino Pigna Alfredo Raglio

Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Gian Luigi di FrancoDocente a contratto, Università di Napoli

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Roberta GattiDirettore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Giuseppe Porzionato Facoltà di Psicologia, Università di Padova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria,

Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania

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pag 1Editoriale

pag 2Conoscenze attuali intema di etiopatogenesidell’autismo infantileGiovanni Lanzi, Carlo A. Zambrino

pag 15Il trattamento musicotera-pico di soggetti autisticiGerardo Manarolo, FerruccioDemaestri

pag 23La musicalità autistica:aspetti clinici e prospettivedi ricerca in musicoterapiaAlfredo Raglio

pag 29Il modello Benenzon nell’approccio al soggettoautisticoRolando Benenzon

pag 37Autismo e musicoterapiaSimone Cangiotti

pag 43Dalla periferia al centro:spazio-suono di una relazioneClaudio Bonanomi

pag 50Recensioni

pag 52Notiziario

pag 56Articoli pubblicatisui numeri precedenti

pag 58Norme redazionali

som

mar

io

2numero

Edizioni CosmopolisCorso Peschiera 320

10139 Torino011 710209

progetto grafico

Harta Design, Genova

Paola Grassi

Roberto Rossini

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L’ autismo ( inteso sia come manifestazione sintomatolo-gica che come sindrome a sé stante) ha rappresentato, findalle prime esperienze di Juliette Alvin e di RolandoBenenzon, un ambito clinico particolarmente reattivoall’approccio musicoterapico. Si potrebbe forse affermareche la musicoterapia nasce e si diffonde proprio in ragio-ne delle positive esperienze condotte soprattutto nei con-fronti dell’autismo infantile. Memori di ciò si è volutoriproporre una riflessione su tale ambito clinico quasi avoler ridefinire la specificità dell’approccio musicoterapi-co e per tracciare una linea di contatto con contesti appli-cativi (Malattia di Alzheimer, Stati post-coma) di cui cisiamo recentemente occupati e che condividono con l’au-tismo la permanenza di modalità espressive e comunicati-ve primordiali. La monografia si apre con la ricerca biblio-grafica di Giovanni Lanzi e di Carlo Zambrino che presen-tano un’esauriente rassegna delle principali ipotesi etio-patogenetiche. La molteplicità dei dati raccolti deponeper una difficile generalizzazione delle conoscenze.L’autismo appare come un insieme di realtà fra loro diver-se ; ogni caso ha probabilmente un differente profilo etio-patogenetico e richiede quindi diversi approcci terapeuti-ci. Lo specifico musicoterapico è poi affrontato daGerardo Manarolo, Ferruccio Demaestri e Alfredo Raglio; iloro contributi, pur descrivendo diverse strategie d’inter-vento e riferendosi a differenti contesti applicativi ( etàevolutiva / adulti ), precisano la specificità dell’approcciomusicoterapico individuando nelle teorizzazioni di DanielStern ( gli affetti vitali, la sintonizzazione ) un fondamen-tale riferimento concettuale. Non si può parlare di musi-coterapia e di autismo senza fare riferimento a RolandoBenenzon.Tutti i contributi presentati in questo numero diMusica et Terapia gli sono debitori.Benenzon ha elabora-to un modello teorico e metodologico per il trattamentodel soggetto autistico che viene presentato sinteticamen-te in queste pagine. La monografia si conclude con dueinteressanti contributi esperienziali.Simone Cangiottidescrive un intervento musicoterapico rivolto ad unragazzo autistico di 22 aa. proponendoci l’analisi del con-testo familiare e delle conseguenti difficoltà gestionali.Claudio Bonanomi riporta il trattamento musicoterapicodi un ragazzo di 25 aa. affetto da grave ritardo mentale eda una psicosi d’innesto con tratti autistici; la descrizionedel caso e l’evoluzione del trattamento richiamano allamente i concetti di tempo biologico e di tempo terapeu-tico elaborati da Rolando Benenzon. Da questo numero ogni articolo di Musica et Terapia èpreceduto da un breve abstract in lingua inglese. Ci augu-riamo in questo modo di promuovere una maggiore cono-scenza della musicoterapia italiana.

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The report presents the main interpretative pos-sibilities concerning children’s autism etio-pathogenesis. The autor relates synthetically thechief explicative models of reference:• Psychogenetic type hypotesis; • Genetical hypotesis; • Immune theories;• Neurochemistry hipotesis; • Neuroimages;• Mind theory.They will stress how, in the understandingprocess of the phenomenon autism, anintegration of avaible knowledges proceedingfrom different theoretical trend is necessary.Particular importance is to be awarded to thesupport work to the mother and family nucleusof the autistic persons putting the relationaldimension (be it influenced by constitutional orby psycho-affective factors) to the centre oftherapeutical plan, considering each single caseof autism in its inseparable biopsychicaldimension.

L’autismo infantile suscita oggi molto interessenei vari ambienti clinici e di ricerca, in quest’ar-ticolo cercheremo di riassumere i principali con-tributi che si sono succeduti negli anni, dopo cheKanner nel 1943 descrisse per primo la forma.Egli la definiva come una “inabilità innata per icontatti interpersonali”, dovuta ad un disturbodello sviluppo cerebrale. Aveva anche colto dellecaratteristiche comportamentali particolari neigenitori, specie nella madre, e una maggioreincidenza nelle classi socio-culturali elevate. ConEisemberg poi, nel ’56, tornò sull’argomento,considerando l’autismo come quadro clinicoespressione sia di fattori ambientali precoci sia difattori innati. Dopo le prime segnalazioni diKanner molti contributi furono consegnati allaletteratura, alcuni con orientamento costituzio-nalistico, altri più psicogenetico. Cominceremo

Vi è ancora molto

da approfondire

per arrivare ad

una conoscenza

vera delle cause

che determinano

l’insorgenza

dell’autismo

infantile e per

mettere

a punto una

terapia adeguata

ed efficace.

Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismo infantile*

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maginabili”), tenutaperò a bada dallamadre che ha unabuona cura di lui. L’Ioinfatti si caratterizza,secondo l’autore, pertre tendenze: 1) la ten-

denza all’integrazione, in relazione alla funzionedi holding della madre; 2) la tendenza alla perso-nalizzazione che significa abitare il propriocorpo, sentire un’unione solida tra Io e Corpo inrelazione al modo come la madre cura il bambi-no; 3) la tendenza all’instaurazione delle relazio-ni d’oggetto, in relazione alla presentazione del-l’oggetto da parte della madre, lasciando al bam-bino l’illusione di creare l’oggetto. Quando ciònon può avvenire si sviluppa la psicosi.4) La Klein precisa come nel bambino normale lapresa di realtà, i progressi maturativi, il permane-re delle pulsioni libidiche permettono di supera-re la posizione schizoparanoidea, sopportare laposizione depressiva e accedere all’ambivalenzanevrotica: nel bambino psicotico l’intensità dellepulsioni aggressive, sia congenite che acquisiteper un maternage inadeguato, impedisce qual-siasi realtà dell’Oggetto e dell’Io, accenta la scis-sione e l’identificazione proiettiva e mantiene ilsoggetto in queste posizioni arcaiche.5) Secondo la Tustin vi è in questi bambini una“depressione psicotica”, un sentimento di rotturanella continuità e ciò crea “un buco nero spa-ventoso” contro il quale il bambino lotta con deimeccanismi arcaici del tipo incistamento o ripie-gamento autistico o con l’identificazione proiet-tiva e maniacale. In questo modo il bambinocerca di negare ogni discontinuità tra il suocorpo e l’ambiente che lo circonda per preserva-re un minimo sentimento di continuità. Tutto ciòpuò essere dovuto a: a) un difetto di cure della madre; b) un’incapa-cità del bambino ad utilizzare correttamente lecure materne; c) una rottura troppo precoce nel

ad accennare ai secon-di, che tanta diffusioneebbero in passato sia inambito culturale checlinico-assistenziale,contributi che oggisembrano però averperso gran parte del loro valore, perlomeno perquanto riguarda il momento strettamente etio-patogenetico. Gli autori che si riferiscono a que-sta ottica, pur ammettendo la presenza di unpossibile difetto biologico nel bambino autistico,pongono l’interesse per spiegare il quadro clinicosoprattutto sulla relazione madre-bambino, sulleanomalie della organizzazione della personalitàdel bambino, i fantasmi angoscianti e i meccani-smi di difesa messi in atto contro l’angoscia.Accenneremo qui solo ad alcuni di essi.1) La Mahler, facendo riferimento allo sviluppoemotivo del bambino e cioè alla fase dell’autismonormale, alla fase simbiotica e alla fase dellaseparazione-individuazione, parla di autismo pri-mario e secondario e di psicosi simbiotica intesicome una fissazione o una regressione a questolivello dovute all’intervento di meccanismi dimantenimento (soprattutto la condotta allucina-toria negativa che annulla la percezione dellamadre e del mondo esterno).2) Bettelheim sostiene che un bambino diventaautistico quando si trova nell’impossibilità diesercitare un ruolo attivo, non riesce a viverevere relazioni mutuali e alla fine, dopo vari ten-tativi per sollecitare il mondo esterno a ricono-scerlo, fa, ancora senza successo, “l’esperienzaestrema”, dopo di che ritira i suoi investimenti sulmondo esterno e anche sul suo mondo internosino a divenire una fortezza vuota.3) Winnicot intende le psicosi infantili come uninsuccesso dell’adattamento dell’ambiente albambino, ambiente essenzialmente rappresenta-to dalla madre. Secondo l’autore il lattante èsempre sull’orlo di una angoscia (“angosce inim-

Dopo Kanner molti con-tributi furono conse-gnati alla letteratura,

alcuni con orientamentocostituzionalistico,

altri più psicogenetico

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nesia di supporto del pensiero astratto che impe-direbbe al bambino di adattarsi alle esigenze delmondo, di acquisire le possibilità di anticipazionee di preparazione, provocando una reazione cata-strofica. Rimland (1969) parla di una suppostaanomalia di tipo cognitivo in questi bambini: lostimolo sarebbe appreso ma non compreso per undifetto della sostanza reticolare. Per Pronovost(1966) vi sarebbe un difetto dei recettori adistanza (vista ed udito), migliore funzionamentodei recettori di contatto (tatto, olfatto e gusto) eciò comporterebbe un insuccesso nell’adattamentodel bambino a partire dal momento in cui i recetto-ri a distanza diventano necessari per l’adattamento. Quelle sin qui riferite sinteticamente sono soloipotesi ma alcune di esse esprimono intenzioniassai acute e in parte plausibili anche alla luce deidati recentemente acquisiti sperimentalmente.Oggi l’encefalo del bambino autistico viene inda-gato sperimentalmente sotto diversi punti di vistae la letteratura è molto ricca; faremo però qui cennosolo ai contributi che ci sembrano più interessanti eche esprimono filoni di ricerca al momento attualepiù seguiti e che riteniamo più promettenti. Cominciamo dagli studi sulla genetica.

GeneticaGli studi genetici di Rutter e Bayley condotti contradizionali metodiche quantitative (concordanzanei gemelli e studio degli alberi genealogici)hanno fornito sufficienti prove sull’importanzadelle componenti genetiche nell’autismo, ma lacomplessità del quadro clinico suggerisce che iloci genetici coinvolti siano particolarmentenumerosi e che i fattori ambientali rivestano unruolo strategico. La percentuale di rischio diricorrenza nelle famiglie affette viene quindi sti-mato tra 3-8 %, mentre esiste una concordanzaper la diagnosi di circa 90% negli studi di gemel-li omozigoti e del 5-10% nei gemelli dizigoti dellostesso sesso. Tuttavia la possibilità di identificarei loci genetici coinvolti passa attraverso lo studio

rapporto di dipendenza madre-bambino.6) Vari altri contributi in questa ottica andrebbe-ro menzionati, come ad esempio quello diMeltzer, ma rimandiamo per questo approfondi-mento alla letteratura specifica. Interessante èperò notare che già nel 1953 la Bender avevasostenuto che la psicosi infantile non poteva farriferimento solo ad una ipotesi psicogenetica:pensava, infatti, che, ad esempio, un difetto dellefunzioni neurovegetative e della regolazione deltono potessero impedire ad un bambino di stabi-lire una comunicazione soddisfacente con lamadre e a lei un corretto adattamento verso dilui. Un difetto costituzionale viene visto quindidalla Bender come un elemento importante cherende dificile lo sviluppo di una buona relazionemadre-bambino. Pressappoco sulla stessa linea sicolloca anche Antony (1958) che attribuisce losviluppo di una psicosi a varie cause: 1) una ano-malia costituzionale che impedisce una buonarelazione colla madre; 2) un difetto dei mezzi adisposizione che rende difficile la relazionemadre-bambino e che diventa pertanto patologi-ca; 3) una non-risposta della madre al bambino.I concetti espressi dalla Bender hanno avuto scarsarilevanza a suo tempo, ma sembrano ora di grandeattualità visto il fiorire, oggi, di ricerche sul pianobiologico e che alcuni dati interessanti in questalinea si cominciano ad avere. Al momento attuale,si è in generale persuasi che sia poco realistico cer-care di spiegare l’autismo soltanto nell’ottica psico-genetica, persuasi invece, come sono gran partedegli studiosi, che una base organica, anche seancora poco nota e chiara, giochi un ruolo assaiimportante nel determinismo e nello sviluppo delquadro autistico: è questo un concetto che, peral-tro, ha dei riferimenti piuttosto antichi.Già nel 1949, pochi anni dopo la prima descrizio-ne di Kanner, Bergman ed Escalona ipotizzanoche nei bambini con autismo vi sia una sensibilitàesagerata agli stimoli sensoriali, specialmentevisivi e uditivi. Goldstein (1959) parla di una age-

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del linkage e necessita di una precisa definizionedei sottogruppi e della eventuale comorbidità. Lacomplessità clinica dell’autismo fa ipotizzareinfatti che una via patogenetica comune possaessere “triggerata” dalla combinazione di fattoriepigenetici ed ambientali diversi.Restano numerose questioni aperte relativeall’applicabilità dei risultati delle indagini geneti-che agli altri Disturbi generalizzati dello sviluppoe alla sindrome di Asperger nonché ai rapporti fraautismo e altre patologie di interesse psichiatri-co. Dai lavori di De Long e Comings emerge infat-ti un possibile linkage familiare con i disturbiaffettivi maggiori e la sindrome di Tourette. Unaltro problema aperto e necessario di studi rigo-rosi sotto l’aspetto metodologico, resta quellodell’eterogeneità dell’espressione genetica nellefamiglie e l’identificazione di sottogruppi defini-ti in rapporto a caratteristiche cliniche, neurochi-miche o di risposta ai farmaci. Le indagini di bio-logia molecolare possono aprire interessanti pro-spettive; gli studi di Cook (1997) hanno identifi-cato un legame fra l’autismo e anomalie di genilegati al controllo di trasporto di serotonina.Resta tuttavia evidente che l’autismo costituiscecomunque un’entità multifattoriale che coinvol-ge loci e geni diversi.

Teorie immunitarieAlla base di queste teorie esiste l’evidenza del-l’associazione tra infezioni prenatali e autismoinfantile (Ivarsson 1990, Gillberg 1991,Ghaziuddin 1992). Se la ricerca di evidenze diret-te dell’agente virale risulta spesso negativa, lapresenza del virus non è condizione necessariaper l’instaurarsi di una patologia indotta damicrorganismi. Questi ultimi, infatti, possonointerferire con i processi di differenziazione cel-lulare oppure influenzare l’immunità cellularealterando l’espressione delle caratteristiche dimembrana, inducendo la liberazione di chitochi-ne o influenzando le funzioni neuroendocrine.

Inoltre dati sperimentali indicano come il sistemaimmunitario ed il sistema nervoso centrale comu-nicano fra di loro con una modalità bidirezionale.Il cervello influenza il sistema immunitario attra-verso due vie: stimoli neurocrini mediati da neu-rotrasmettitori che interagiscono con recettorifunzionalmente attivi localizzati sulle cellule delsistema immunitario e liberazione di sostanzeneuroendocrine ed endocrine. A sua volta il siste-ma immunitario informa il sistema nervoso cen-trale sulla dinamica delle risposte immunitarieattraverso la liberazione di sostanze quali le chi-tochine (interleuchine e Tnf-4) in grado diinfluenzare circuiti neuronali o la secrezione diormoni ipotalamo-ipofisari. Il ruolo centrale,nelle interazioni immuno-neuroendocrine, è eser-citato dall’ipotalamo che riveste una posizionechiave nel mediare le risposte immunitarie con iprocessi cognitivi ed emozionali. Sulla base diqueste evidenze sperimentali, sono state elabora-te teorie che individuano anomalie delle risposteimmunitarie eventualmente implicate nell’eziolo-gia del disturbo autistico, sia con azione diretta,sia come fattori interagenti con il terreno geneti-co. È possibile che nell’autismo si determini unadisregolazione dei meccanismi di riconoscimentofra sé e non-sé determinando un difetto dell’im-munità cellulare attraverso alterazioni dirette delsistema immunitario causato da infezioni prena-tali ovvero un difetto genetico primario dell’im-munità mediata dalle T-cells che renderebbero ilfeto più suscettibile alle infezioni virali con con-seguenti danni al sistema nervoso centrale.Inoltre una riduzione delle NK cells induce unaumentato rischio di infezioni prenatali. Altririlievi sperimentali nel disturbo autistico possonoessere correlati con una disfunzione dell’immu-nità cellulare-NK cells, quali l’iperserotoninemia,che avrebbe un effetto soppressivo sulle funzionilinfocitarie, alterazioni della neocortex che pos-sono indurre disfunzioni nell’attività delle T-cellse NK-cells o, infine, elevati livelli di testosterone

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Il coinvolgimento dei sistemi serotoninergici èstato proposto da Coleman (1973) e Young (1982)sulla base dell’osservazione che tali sistemimodulano un’ampia gamma di comportamentispesso compromessi nell’autismo. Gli studi con-dotti nel campo della neurochimica lascianoancora numerose perplessità sul ruolo di una pos-sibile disfunzione dei sistemi neurotrasmettitoria-li, in quanto non appare chiaro se le alterazionirappresentino un fattore causale o un sempliceepifenomeno. Va, inoltre, sottolineata la difficoltàmetodologica nello studio dei neurotrasmettitorie dei loro metaboliti nei fluidi biologici. Perrispondere al quesito su quanto sia rilevante ilruolo dei sistemi neurochimici nella patofisiologiadell’autismo bisogna inoltre considerare come inun’area strategica dello sviluppo del sistema ner-voso centrale, quale l’ippocampo, siano espressioltre 3.000 geni, il che conduce a ipotizzare che,in linea teorica, siano circa 100.000 gli agentineurochimici potenzialmente coinvolti.

NeuroimmaginiIn questo settore, a partire dagli anni ’70, sonostati effettuati numerosi studi nel tentativo ditrovare un possibile marker biologico: i risultatisono controversi. Riporteremo alcuni dati recentiottenuti attraverso l’utilizzo della MR che focaliz-zano l’attenzione sulle strutture della fossaposteriore. Verme cerebellare: ipoplasia dei lobulivermiani VI-VII (Courchesne 1994) non confer-mata da altri studi. Hashimoto et al. (1995) hannosegnalato una ipoplasia dei lobuli I-V, VI-VII eVIII-X del verme in 102 pazienti. Emisferi cerebra-li: aumento del volume degli emisferi (Filipek1992) soprattutto a carico dei lobi temporali edelle porzioni parieto-occipitali. Studi con latomografia ad emissione di positroni non hannopermesso di evidenziare pattern funzionali defici-tari (Horwitz 1994), sebbene un ipometabolismotemporale sia segnalato in soggetti autistici conspasmi infantili (Chugani 1996).

fetale che potrebbero interferire con lo sviluppodelle funzioni cerebrali (ritardata crescita dellaparte posteriore dell’emisfero sinistro) e dell’im-munità cellulare (disordini autoimmunitari, sensi-bilità ed infezioni).

Ipotesi neurochimicaMeccanismi neurochimici sono coinvolti nei pro-cessi di differenziazione cellulare e di prolifera-zione delle cellule del sistema nervoso centrale.Esistono tuttavia differenze nella funzione diregolazione del firing dei sistemi cellulari nelcorso dello sviluppo dell’individuo maturo. Adesempio la liberazione di serotonina durante losviluppo influenza l’espressione dei recettori alivello post-sinaptico mentre in età adulta agiscea livello degli autorecettori regolando i livelli delneurotrasmettitore stesso. Differenti tipi di rego-lazione neurochimica influenzano l’attività cere-brale in tempi diversi: ad esempio la regolazionedell’apertura o chiusura dei canali ionici avvienenell’arco di msec., l’azione dei neurotrasmettitorisugli autorecettori o sui secondi messaggeri (Ampciclico inositolo trifosfato) necessita di svariatisecondi o minuti, la fosforilazione delle proteinene influenza le concentrazioni nel corso di minu-ti od ore. Eventuali disfunzioni dei sistemi neuro-trasmettitoriali e della neuromodulazione, sonostate ipotizzate sulla base spesso di dati empiriciderivanti da esperienze neurofarmacologiche(Anderson 1994) e sono state chiamate in causadiverse sostanze. L’osservazione che l’Aloperidolofosse in grado di controllare alcuni dei sintomiautistici (Campbell 1978, Andersen 1984) ha fattoipotizzare che la Dopamina possa essere implica-ta nella patogenesi di questi sintomi. La modula-zione da parte di sistemi dopaminergici mesence-falici delle funzioni corticali prefrontali, limbichee striate (Simon 1985) ha ulteriormente rafforza-to tale ipotesi. Alcuni lavori (Martineau 1992,Lanzi 1997) hanno evidenziato una riduzione deltono dopaminergico.

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L’autismo come possibile difetto dei processiattentivi.Fin dalle prime descrizioni della fenomenologiadell’autismo è stato considerato come “centrale”il difetto dell’interazione sociale e delle reazioniagli stimoli ambientali. Numerosi autori (Burke1991, Courchesne 1994, Pierce 1995) hanno ipo-tizzato che un deficit dei processi attentivi possaessere alla base di numerosi aspetti della sinto-matologia autistica. I pazienti autistici mostrano,infatti, una indifferenza nei confronti di stimoliuditivi inaspettati con assenza di risposte diorientamento o di sorpresa e di ricerca dellafonte dello stimolo. Nei soggetti autistici adulti siosserva una impossibilità ad orientare l’attenzio-ne verso stimoli uditivi e visivi quando questivengono proposti in rapida successione(Courchesne 1994). È stata inoltre dimostrata unacarenza della “joint attention”, ovvero una inca-pacità di coordinare le interazioni sociali con idiversi stimoli ambientali (Lewy & Dowson 1992).Un altro fenomeno, indicativo di un possibiledeficit attentivo, è la cosiddetta “stimulus over-selectivity” che indica come i bambini autisticirispondano ad un range estremamente ristrettodi stimoli ambientali. Questa modalità di com-portamento è stata riscontrata utilizzandoun’ampia varietà di stimoli quali quelli sonori,luminosi, tattili semplici e/o complessi e stimolisociali, quali istruzioni verbali o situazioni ludi-che. Anomalie nella processazione delle informa-zioni sociali e delle interazioni con il partner sonostate individuate come componenti della sinto-matologia autistica. Fra queste possiamo ricorda-re la capacità di attribuire agli altri uno statomentale, di interpretare le espressioni facciali,vocali e gestuali nella comunicazione degli affet-ti, l’interazione di sguardo, la capacità di arousale di rispondere a stimolazioni tattili e propriocet-tive. Gli studi condotti dalla Happè (1994) dimo-strerebbero che i soggetti autistici presentanouna difficoltà ad interpretare gli stati mentali dei

personaggi sulla base delle loro verbalizzazioni,se confrontati con soggetti normali o con ritardomentale. Non è tuttavia chiaro se questi deficitsiano in realtà da attribuirsi al fatto di dovermettere in opera processi attentivi multipli.Infatti i soggetti autistici appaiono in grado dirispondere e di interpretare stimoli sociali quan-do questi richiedano un’attenzione limitata. Quando a questi soggetti viene proposta unasituazione nella quale è presente un singolo sti-molo sociale le loro risposte non differiscono daquelle dei soggetti normali, a differenza di quan-to avviene quando gli stimoli sono multipli(Pierce 1997). I dati di numerosi studi neurofisio-logici e neurobiologici sembrano, in parte, forni-re supporti sperimentali a questa ipotesi.

Basi neurofisiologichePossiamo suddividere gli studi su questo argo-mento sia in base alle caratteristiche del poten-ziale studiato (uditivo, visivo, somatosensitivo),sia in relazione alla latenza e all’ampiezza delpotenziale registrato lungo le vie neuronali depu-tate alla trasmissione dello stimolo. L’esame deipotenziali evocati acustici rappresenta sicura-mente uno dei terreni più fertili della ricerca degliultimi anni. I risultati sono tuttavia contradditto-ri in relazione spesso a differenze metodologiche. Un paziente normale mantiene non solo unorientamento attento verso la sorgente di infor-mazione, ma anche un orientamento concettua-le al tipo e al significato della specifica informa-zione, che si aspetta provenga dalla sorgente. Ilsoggetto autistico sembra avere un deficit dientrambe le funzioni (Courchesne, 1983).Risultati interessanti si sono ottenuti soprattuttonello studio dell’onda P300, in rapporto alla pro-babilità/improbabilità di un evento uditivo atte-so dal soggetto. Questi studi, sempre nel gruppodi Courchesne, hanno dimostrato una diminuzio-ne dell’ampiezza dell’onda in autistici con ritardomentale. Utilizzando tasks che richiedono un

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zate in diverse regioni del cervello (amigdala, cor-teccia orbito-frontale, ippocampo, corpi mam-millari, lobo temporale e cervelletto): il ruolo ditali rilievi appare tuttavia di difficile interpreta-zione. Tuttavia il numero di cervelli studiati altavolo anatomico è tuttora esiguo ed i repertispesso non comparabili. I risultati degli studi con-dotti con Mri, a loro volta, hanno di fatto fornitodati non univoci in quanto le alterazioni riscon-trate non sono presenti in tutti i soggetti autisti-ci e non sono di per sé specifiche di tale condi-zione in quanto si ritiene possano costituire laconseguenza piuttosto che la causa dell’autismo. L’utilizzo di modelli animali ha aperto interessan-ti prospettive nell’interpretazione fisiopatologicadi alcuni comportamenti del soggetto autistico.Non è tuttavia chiarito se l’autismo possa consi-derarsi una patologia per la quale si possa ricer-care un modello animale in quanto i sintomi“centrali” comportano una disfunzione delle fun-zioni superiori non presenti in altri mammiferi.Tuttavia i primati sottoposti all’ablazione del lobotemporale mediale in epoca neonatale sviluppanocomportamenti autistic-like e deficit nell’intera-zione sociale. Nel macaco il lobo temporale par-tecipa alla processazione delle informazioni rela-tive al riconoscimento delle espressioni facciali eneuroni singoli polimodali del solco temporalesuperiore sono responsabili del contatto oculare edi specifiche manifestazioni mimiche correlate astati emotivi. Le aree associative dei lobi parieta-le, temporale e frontale sono responsabili dell’at-tività integrativa-motivazionale e sono connessecon il cervelletto (via cortico-ponto-cerebellare evia cerebello-talamo-corticale con proiezioninelle strutture limbiche). È noto come una lesio-ne precoce del complesso amigdala-ippocampoprovochi nelle scimmie un’alterazione del com-portamento sociale e nell’attaccamento(Bachevalier et al. 1991). Tali dati indicano che alla base delle anomaliecognitive osservate nell’autismo possa esservi un

continuo shift dell’attenzione fra stimoli uditivied acustici, si è osservato come pazienti autisticicon ipoplasia neocerebellare siano incapaci didiscriminare la fonte e focalizzare l’attenzione inmeno di 2 sec., con assenza della risposta evento-correlata tardiva. Analizzando più specificata-mente i potenziali sia acustici che visivi possiamoconcludere che i soggetti affetti da autismo sem-brano reagire con ampiezze P3 parietali più basseai potenziali acustici, mentre non esiste un’altera-zione specifica a quelli visivi. Wong e Wong(1991) hanno esaminati i potenziali evocati acu-stici in 109 bambini con autismo, confrontandolicon un campione di soggetti sani, e hanno evi-denziato una latenza di trasmissione maggiorenei primi: questo sarebbe da imputare a disfun-zioni cerebrali forse anche sulla base dei disturbicognitivi, linguistici e di sviluppo. Nel normaleuna risposta elettrocorticale di associazionecross-modale fra stimoli di differente origine puòessere registrata in seguito all’applicazione di sti-molazioni sonore e visive. Nei pazienti autistici lostudio elettrofisiologico confermerebbe un difet-to nella filtrazione degli input sensoriali e unadifficoltà nell’associazione cross-modale (Lelord1991). Altre differenze significative si sono rileva-te nello studio di onde quali N1 e P2, probabil-mente riferibili all’attivazione di vie serotoniner-giche della corteccia uditiva. Studi volti ad esplo-rare l’attenzione visuo-spaziale mediante i poten-ziali evocati visivi hanno evidenziato nei soggettiautistici e in soggetti con lesioni della cortecciaparietale una esagerata fissazione dell’attenzioneverso stimoli luminosi ristretti associata ad unariduzione della risposta sensoriale verso stimoliperiferici. Si realizzerebbe quindi una “overselec-tive attention” verso stimoli funzionali estrema-mente ristretti.

Basi neurobiologicheGli studi condotti in vivo e post-mortem hannomesso in evidenza una serie di alterazioni localiz-

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disfunzionamento delle strutture temporali efrontali e che le funzioni della neocorteccia pos-sano essere negativamente influenzate dalleregioni limbiche che mediano i comportamentisociali ed emozionali.Sulla base dei dati precedentemente descritti, sipuò ipotizzare che tali difetti strutturali-funzio-nali possano determinare un’assenza ovveroun’alterazione delle relazioni interpersonali pre-coci. Le distorsioni emotive conseguenti potreb-bero riflettersi in una disfunzione dinamica deiprocessi di plasticità neuronale con conseguenzesulle performance cognitive e comportamentali.Se è infatti noto che la struttura primaria di orga-nizzazione neuronale è geneticamente determi-nata, è altresì vero che la microstruttura puòessere influenzata in larga misura da stimoliambientali (relazione madre-bambino). I modellianimali illustrano l’importanza del ruolo dei pro-cessi evolutivi nel determinismo della cascata dieventi patofisiologici alla base del disturbo auti-stico. In relazione al timing della lesione possiamoinfatti ipotizzare che danni intervenuti precoce-mente possano indurre deficit successivi in piùremote regioni cerebrali. I difetti rilevati nell’au-tismo suggeriscono un potenziale interessamentodi strutture cerebrali coinvolte nei comportamen-ti sociali ed emozionali, quali l’amigdala e la cor-teccia orbito-frontale (sistema limbico). Lesionidel sistema limbico possono a loro volta causaredisfunzioni della neocorteccia responsabili adesempio dei difetti pragmatici del linguaggio edell’organizzazione visuo-spaziale.Appare quindi importante in termini eziologicinon tanto focalizzare l’attenzione sulle struttureprimitivamente alterate, quanto identificare idiversi livelli del sistema nervoso centrale coin-volti nel determinismo dei sintomi. Tale approcciopotrà rendere ragione di come certi aspetti delfunzionamento cerebrale possano essere conser-vati o ipersviluppati.La messe di dati derivanti dalla ricerca neurobio-

logica fornisce oggi le basi di una conoscenza,seppur parziale, di alcuni dei meccanismi fisiopa-tologici del comportamento autistico. Nonostantequesto si avverte l’impossibilità di ricondurre lecomplesse informazioni, ricavate dall’utilizzo ditecnologie sempre più raffinate, ad una via pato-genetica comune in grado di fornire una convin-cente spiegazione della complessità e “pervasività”dei disturbi riconducibili allo spettro autistico.Cercheremo ora di dire qualcosa sulla “sindromeevolutiva dell’emisfero destro” (Drhs) e sulla “teo-ria della mente”.

Sindrome evolutiva dell’emisfero destroÈ stata descritta da Meklebust e Johnson (1971)ed è ancora poco studiata specie per quantoriguarda la sua probabile implicazione nell’auti-smo. I soggetti che presentano questa sindromesono incapaci di comprendere bene alcuni aspet-ti della realtà, mancano di condotte anticipatorie,sono incapaci di apprezzare e di apprendere nonsolo le normali implicazioni della gestualità quo-tidiana, ma anche le espressioni mimiche dei volti.Nel 1991 Blonder e altri sottolineano il fatto chequi è colpita la capacità di comprendere e direstituire adeguatamete i segnali affettivo-emo-zionali inviati dall’ambiente, non riuscendo adecodificare i segnali più raffinati del comporta-mento sociale della razza umana. Si sa che lacomunicazione non verbale, mediata dall’emisfe-ro destro, inizia subito dopo la nascita ed è parteessenziale nel legame tra la madre e il bambino.Il quadro della Drhs andò sempre più precisando-si in questi anni, col contributo di altri autori epossiamo dire sinteticamente che, al di là dimodesti segni neurologici, alcuni disturbi dell’elo-quio e dell’apprendimento e deficit neuropsicolo-gici ben precisi, si è potuto confermare in questisoggetti alcune precise caratteristiche della per-sonalità:a) Estrema difficoltà di adattamento a nuovesituazioni, condizione, ambiente con inappropria-

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to comportamento;b) Deficit socio-emozionale, scarse interazionisociali, marcata tendenza all’isolamento;c) Difficoltà nel riconoscimento, nell’espressione,nell’integrazione degli stati affettivo-emotivi;d) Elevato rischio di evoluzione verso franchepatologie di interesse psichiatrico.Sembra chiaro, quindi, come un difetto costitu-zionale come quello qui descritto possa giocareun ruolo importante nell’ostacolare la nascita diuna relazione tra il bambino ed il suo mondoesterno, come appunto avviene nell’autismo.

Teoria della menteAccenneremo, infine, alla “teoria della mente” diSimon Baron-Cohen di cui oggi molto si parla eche sembra gettare un po’ di luce sui processimentali difettosi del bambino autistico oltre chefar prevedere alcune possibilità di intervento ade-guato ed efficace. È una teoria assai recente eancora poco conosciuta e applicata, ma che ciporterà sicuramente elementi nuovi di conoscenzadel bambino autistico e non mancherà di orienta-re i nostri progetti terapeutici e pedagogici futuri.Secondo l’autore esistono quattro meccanismi sucui si fonda lo sviluppo della mente: ognuno di essiriflette le quattro proprietà innate del mondo psi-chico: l’atto di volontà, la percezione, l’attenzionepartecipata, gli stati epistemici. Le riportiamo inmodo molto sintetico qui di seguito:1. The intentionaly detector (Id) (rivelatore dell’in-tenzionalità): è una modalità percettiva che inter-preta gli stimoli al movimento come dei primitivistati mentali che esprimono uno scopo e un desi-derio. Sono la base necessaria per essere capaci didare un senso ai movimenti universali di tutti glianimali. L’idea di base è che questa modalità èattivata ogni qual volta vi è un input percettivo ingrado di identificare qualcosa come un agente;un agente può essere qualsiasi cosa che abbia unmovimento come persona, farfalla, palla, gatto,nuvola, uomo, ecc. Proprio per il loro movimento

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autoindotto, tutti quanti sono subito interpretaticome agenti con scopi e desideri, al di là dellavarietà delle forme. Id è veramente basilare elavora attraverso i sensi (visione, tatto, udito).2. The eye direction detector (Edd) (rilevatoredella direzione degli occhi). Questo meccanismofunziona solo attraverso la visione e ha tre fun-zioni basilari:a) Rileva la presenza degli occhi o degli stimolicome gli occhi;b) Realizza se gli occhi sono rivolti verso di sé overso qualcun altro (contatto mutuale);c) Deduce se gli occhi di un altro organismo sonodiretti su qualcosa e che cosa esso sta vedendo(l’agente vede me, io vedo l’agente): rappresenta-zione diadica.3. The shared-attention mechanism (Sam) (ilmeccanismo dell’attenzione condivisa). La fun-zione chiave è la costruzione delle rappresenta-zioni triadiche che sono la rappresentazione diuna relazione triadica: un agente e il Sé, ambe-due attenti ad un terzo-oggetto (la mamma vedeche io vedo il bambino). Dai 14 mesi il bambinogira gli occhi nella stessa direzione in cui un’altrapersona sta guardando e mostra più volte sguar-di alternativi per essere sicuro che lui e l’altrapersona stanno guardando lo stesso oggetto.4. The theory of mind mechanism (Tomm) (la teo-ria del meccanismo della mente). Tomm è unsistema utile per ricavare tutta la gamma deglistati mentali dal comportamento. Gli altri mec-canismi consentono di leggere il comportamentoin termini di stati mentali volontari (desiderio escopo) o di leggere la direzione degli occhi instati mentali percettivi (ad es. vedere) o di verifi-care che una persona diversa può sperimentaregli stessi stati mentali con lo stesso oggetto oevento (attenzione condivisa).Occorre anche:a) Una via per rappresentare la serie degli stati men-tali epistemici (fingere, pensare, conoscere, credere,immaginare, sapere, supporre, ingannare, ecc.);

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b) Una via per legare insieme tutti questi concet-ti di stati mentali (volitivo, percettivo, epistemico)entro una coerente comprensione di come glistati mentali e le azioni sono tra loro legati.Nel soggetto autistico le cose andrebbero perònel modo seguente: Id e Edd sono intatti mentreSam, che costruisce le rappresentazioni triadichenecessarie per verificare se un agente pone atten-zione allo stesso oggetto o evento, è molto alte-rato per quanto riguarda la modalità visiva, tatti-le e uditiva. Gli autistici non mostrano alcuncomportamento d’attenzione congiunta o condi-visa, né sguardi per controllare, né comportamen-ti collegati al tentativo di catturare l’attenzionedi altri, usando gesti protodeclarativi. Nessunarappresentazione triadica può essere fatta e Samnon ha alcuna possibilità di stimolare Tomm. Ibambini autistici hanno difficoltà a comprenderegli stati mentali epistemici e non distinguono ilvero dal falso, ecc., riconoscono le semplici emo-zioni ma hanno difficoltà a riconoscere le emo-zioni di sorpresa, legate alle opinioni. Sanno giu-dicare quando le emozioni sono causate da situa-zioni, desiderio, ma ben poco capiscono delleemozioni basate sulle opinioni.

Considerazioni conclusiveAbbiamo esposto, sia pure in modo molto sinteti-co, le principali ipotesi interpretative dell’autismoinfantile che oggi si avanzano, sostenute, almenoalcune, da dati sperimentali che meritano unacerta considerazione. Come già detto, non vi èdubbio che l’interesse del mondo scientifico èoggi assai vivo ed i risultati che si ottengonosembrano assai promettenti per cui è giustificatosperare che poco a poco i tanti aspetti ancorasconosciuti di questa sindrome si chiariscano inmodo definitivo. Ma è anche molto probabile checolle nuove conoscenze arriveremo a capire chel’autismo come ora lo intendiamo altro non è, senon un insieme di realtà diverse tra loro: scopri-remo che c’è quindi autismo e autismo e che le

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stesse conoscenze che andremo a fare non saran-no più di tanto generalizzabili. Entro certi limiti,ogni caso farà un po’ a sé, riconoscendo una etio-patogenesi almeno per alcuni aspetti differente,così come differente sarà l’intervento terapeuti-co. Abbiamo sopra riportato in sintesi le ipotesiinterpretative dell’autismo infantile che si rifannoal mondo psicologico, quella costituzionale e bio-logica e infine le ipotesi miste, e come tuttisanno, dopo alcuni decenni in cui le prime gode-vano maggiore considerazione, ora, invece, sonole seconde ad avere più credito nel mondo scien-tifico e assistenziale. Sembra però doveroso eonesto affermare che, pur riconoscendo che saràproprio dalle ricerche nell’ambito biologico chenei prossimi anni ci verranno i dati di conoscenzepiù interessanti e promettenti, sarebbe però unerrore ritenere che questa ottica sia l’unica viaper arrivare a comprendere in modo globale esoddisfacente la complessa situazione del bambi-no autistico. Ciò anche se oggi siamo persuasi chel’etiopatogenesi dell’autismo infantile sia in granparte di natura biologica. Quando andava per lamaggiore l’ipotesi etiopatogenetica e l’approccioterapeutico di tipo psicodinamico una attenzioneparticolare veniva posta alla relazione madre-bambino e si tendeva, almeno da parte di molti,ad attribuire alla madre un ruolo nel determini-smo del disturbo, concetto che suscitò giusta-mente una progressiva reazione da parte dellepersone direttamente interessate al problema.Oggi al contrario si focalizza l’attenzione tutta sulcervello del bambino inteso come l’origine ditutto il quadro autistico. Eppure continua adessere vero che l’autismo esprime essenzialmenteuna mancanza di relazione coll’altro e col mondoesterno in generale e molti aspetti che il bambi-no presenta nel suo comportamento conseguonoa questo. Il problema quindi esiste ancora e con-serva tutto il suo valore, anche se in termini unpo’ diversi rispetto al passato. Superata giusta-mente la posizione che dava “tutte le colpe” alla

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madre, occorre oggi evitare però di dare “tutte lecolpe” al bambino e al suo cervello, perché sepure anch’esso gioca un ruolo molto importantealtri fattori possono intervenire ad ostacolare o arendere difficile la nascita della relazione stessa.Esistono ad esempio anche cause legate allemadri o alle persone che si prendono cura di lui.Perché è vero che le stesse difficoltà costituzio-nali che si vedono nel bambino possono esserepresenti, in forma più o meno evidente, anchenell’adulto determinando in loro difficoltà a com-prendere il bimbo e a relazionarsi con lui.C’è autismo e autismo ed anche questa sembraessere una evidenza tutt’altro che eccezionale.L’esperienza clinica, d’altro canto, a volte ci ponedavanti a madri che hanno, non certo per colpaloro, questa difficoltà a capire il figlio, a com-prendere i suoi messaggi e i suoi bisogni, le suesollecitazioni ecc. Questo ci sembra vada dettoperché anche alle madri va posta attenzione perdar a loro, se necessario, l’aiuto di cui hanno biso-gno. Ma sarebbe un errore anche considerare ilbambino solo un cervello difettoso e non unaentità biopsichica inscindibile, quindi biologicama anche psichica, dove il biologico e lo psichicosi influenzano positivamente o negativamente sindalla nascita e per tutto lo sviluppo che segue. Èben noto come qualsiasi handicap o malattianeurologica che ostacoli o impedisca un normalesviluppo biologico del bambino e renda difficile ilsuo inserimento sociale, comporta in modo più omeno evidente anche una sofferenza psicologicache può a volte peggiorare almeno in parte il suosviluppo globale. Per questo se si vuol compren-dere a fondo e abbastanza bene un bambino nonsi può che avvicinarsi a lui in un’ottica globale esenza preconcetti, che tenga conto di tutta la suarealtà che è appunto biopsichica.Questo pensiamo debba essere anche l’approcciodi chi fa ricerca sul bambino autistico se vuoleche le acquisizioni che va facendo costituiscanoun vero progresso nella sua conoscenza.

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* Il presente articolo è già apparso in Quaderni di Psichiatria Pratica,Anno IV, n° 10/11, Maggio 1999

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The musictherapic service of “Paolo VI” Centre(consisting of a Psychiatrist acting as a supervi-sor and of a Musictherapist) has been interestedfor more than ten years in the treatment of auti-stic subjects. The steady clinical practice accom-pained by a theoretical accurate reflection hasallowed to define a specific method of musicthe-rapic intervention aimed at the inerease if com-municative.relational capacities of the peoplesuffering from Autism. In the course of theaccount they will zero in on the speficity of themusictherapic approach and on the role of thesounding/musical element in the treatmentabove-said case record. In particular they willanalise the communicative, relational andexpressive abilities, mediated by such an ele-ment, of the autistic child inside the relationshipwith the Musictherapist. The work subjects will bedeveloped by means of a theoretical introductionand the illustration of two clinical situations.

Aspetti teoriciL’approccio musicoterapico in relazione al conte-sto clinico in cui si applica può essere considera-to sia un intervento a largo spettro (quando il suocontributo rientra in un globale e pluridisciplina-re piano di trattamento che si prefigge ad es. lamaturazione delle modalità espressive,relazionalie cognitive), sia un intervento specifico ad eleva-ta penetratività (ad es. quando permette di con-tattare un soggetto altrimenti isolato e refratta-rio ad altre proposte, o consente una catarsi emo-tiva in un individuo coartato ed inibito, o ancorapermette la riabilitazione di specifiche compe-tenze). Nell’ambito dei gravi disturbi della comu-nicazione di tipo autistico (disturbi spesso asso-ciati ad un ritardo mentale) la musicoterapiacostituisce un intervento specifico in virtù dellalettura in chiave sonoro/musicale che è possibilecompiere della fenomenologia autistica, per viadelle competenze sonoro/musicali spesso rilevabi-li e in ragione dei processi espressivi, comunicati-

Nell’ambito dei

gravi disturbi

della

comunicazione di

tipo autistico la

musicoterapia

costituisce un

intervento

specifico in virtù

della lettura in

chiave

sonoro/musicale

che è possibile

compiere della

fenomenologia

autistica

Il trattamentomusicoterapico di soggetti autistici

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inconscia, della madre direstituire al figlio nonsolo un’imitazione (sep-pur variata) ma unarilettura metaforica eanalogica che sottoli-neando il “come” più che

il “cosa” pone l’accento non sul fenomeno ma suciò che sta dietro di esso, sulla qualità dello statod’animo. Questa interazione riguarda soprattuttogli affetti vitali vale a dire le qualità dinamiche ecinetiche delle sensazioni e dei profili di attiva-zione. I parametri che caratterizzano gli affettivitali e su cui si modula la sintonizzazione sonol’intensità, la durata, la forma. Ritroviamo anchein questo caso parametri attinenti al ritmo, alsuono, alla musica. Lo stesso Stern cita la danza ela musica come esempi dell’espressività degliaffetti vitali. Da questa prospettiva le primeforme di compartecipazione affettiva utilizzereb-bero codici espressivi intimamente connessi almusicale. D’altra parte anche Giorgio Moretti ciricorda che la dimensione ritmico-melodica (maanche quella timbrico-agogica) è parte integran-te delle dotazioni di base dell’individuo e Gardnerdefinisce la musica come una competenza intel-lettuale che si sviluppa su di una base innata. In quest’ottica possiamo considerare la musicote-rapia come una metodica che va ad agire in modoisomorfico su competenze primitive ed innate alfine di attivarle, qualificarle, potenziarle.Considerando i comportamenti autistici come l’e-spressione di un disturbo quali-quantitativo dellacompetenza a comunicare (disturbo di varia ecomplessa eziologia), l’approccio musicoterapicopuò essere ritenuto specifico nella misura in cuiva a sollecitare, organizzare e qualificare propriotali competenze nei loro aspetti elementari ebasilari utilizzando codici e modalità analoghe. Inaltre parole l’elemento ritmico e quello sono-ro/musicale ci consentono di contattare il sog-getto “autistico” ad un livello che gli è proprio

vi e relazionali che essapermette di attivareintervenendo su taliaspetti. In questi casi èdi frequente osserva-zione una particolareinterazione con l’ele-mento ritmico e con quello sonoro/musicale: sipuò trattare di un’intensa risposta psicomotoriaa determinati ascolti, di spontanee e originaliproduzioni sonore, di competenze imitative su diun piano ritmico e melodico, di attività motoriepiù o meno stereotipe scandite ritmicamente. Percerti aspetti possiamo ritenere tali comporta-menti l’espressione distorta di competenze inna-te finalizzate alla comunicazione e alla relazione.Trevarthan definisce tali competenze “il sistemaregolatore centrale della comunicazione umana”,vale a dire una dotazione innata, propria di ogniindividuo, che consente l’attuarsi di processiintersoggettivi fin dai primi giorni di vita. Talesistema costituisce una base su cui si struttureràil linguaggio verbale e quello musicale e questosubstrato neurobiologico consente alla coppiamadre-bambino di attivare la loro specifica inte-razione non verbale. Le competenze che caratte-rizzano il sistema regolatore della comunicazio-ne rimangono invariate per tutta la vita esopravvivono in soggetti affetti da processi invo-lutivi o da handicap intellettivi. In una prospetti-va musicoterapica è interessante osservare comegli elementi che fondano tali competenze costi-tuiscano anche gli aspetti strutturali e qualitati-vi dell’esperienza musicale: le variazioni d’inten-sità, altezza, timbro, ritmo e durata sono tipichedi qualsiasi comunicazione primordiale e sonoanche, seppur articolate in raffinate costruzionisimboliche, proprie dell’arte musicale. Stern daparte sua pone a fondamento del rapporto inter-soggettivo che si instaura fra madre e bambino(a partire dai 9 mesi) il comportamento di sinto-nizzazione; si tratta della competenza, per lo più

La musicoterapia è unametodica che va ad

agire in modo isomorfi-co su competenze primitive ed innate

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(livello sensoriale, motorio, cenestesico), livellocaratterizzato da competenze espressive e comu-nicative elementari e spesso distorte da processipsicopatologici. Attraverso una costante riletturain chiave “musicale” del comportamento del sog-getto l’approccio musicoterapico propone albambino una continua interrelazione che attri-buisce senso e significato alle sue manifestazioni.La potenziale gratificazione sensoriale ed “esteti-ca” indotta dal musicale, l’isomorfismo che ilmusicale mantiene con le primitive modalitàespressive e comunicative possono facilitare uncontatto sensoriale ed emotivo, possono attivareun punto d’incontro. Questo contatto, comeafferma Zappella, “propone al bambino il rappor-to con un’altra mente che si pone in sintonia conlui e gli restituisce in forma modificata il messag-gio che esso manda… questo contatto può con-sentire lo sviluppo di un certo grado di reciprocitàsociale”. Il musicoterapista si pone come un “interprete”di fronte ad una partitura, partitura costituita inquesto caso dal bambino, da come esso “risuona”dentro il musicoterapista, dalla relazione instau-ratasi fra bambino ed adulto, dalla identità sono-ro/musicale di entrambi (questa si manifesta pri-mariamente a livello tonico, motorio, vocale enelle modulazioni d’intensità della globaleespressività soggettiva). Il musicoterapista“interpreta” e quindi opera una scelta; alcuniaspetti della realtà fenomenica del soggetto sonocolti e vengono restituiti rielaborati altri aspettisono scartati. Tale scelta, oltre ad essere fruttodelle inevitabili e preziose risonanze controtran-sferali (che il musicoterapista deve saper utilizza-re come informazioni di ciò che sta accadendo),privilegerà gli elementi che in virtù della loromodulabilità e della loro reattività al contestorelazionale e alle emozioni in esso presenti appa-riranno maggiormente connotati in sensoespressivo e comunicativo. Il gesto, il suono, ilvocalizzo, la scarica ritmica saranno rielaborati e

restituiti al paziente; la riproposta del musicote-rapista ha l’obiettivo di attirare l’attenzione,vuole ordinare il mondo del bambino proponen-do elementi costanti e tratti distintivi, cerca diconnotare di un possibile senso e di una possibi-le forma ciò che in apparenza ne è privo. Questiobiettivi potranno essere perseguiti solo se l’ope-ratore sarà capace di modularsi sui tempi e suimodi propri di ciascun caso (sulla “sua musica”) esappiamo quanto questa operazione sia difficile,precaria e faticosa. L’interazione con l’adultoinoltre, come ricorda Stern, si pone come poten-ziale fattore di regolazione del livello di arousal edi eccitazione; il musicoterapista individuandol’area ottimale di stimolazione per ciascun bam-bino potrà nella dimensione interattiva esercitar-la e ampliarne i confini. Le produzioni del bam-bino saranno quindi organizzate, variate, ampli-ficate o destrutturate in relazione all’obiettivo ealle strategie prefissate, in ragione di un approc-cio che sarà sempre oscillante fra la “comunioneinterpersonale” e “il tentativo di modificare ecorreggere comportamenti disturbati”.

Aspetti applicativiIllustreremo ora due situazioni cliniche. Per ognicaso sarà presentata una breve anamnesi,il bilancio psicomusicale (lo studio delle caratte-ristiche sonoro/musicali del soggetto), leindicazioni al trattamento (quali sono gli ele-menti che hanno fatto ritenere opportuno iltrattamento musicoterapico), gli obiettivi (cosa ciaspettiamo dal nostro intervento), lemodalità d’intervento (come abbiamo agito), lastruttura del “setting” (com’è stata organizzatala stanza di musicoterapia in funzione del sog-getto trattato), la descrizione dell’intervento(viene presentato l’estratto di una seduta), uncommento all’intervento al fine di precisarele strategie impiegate e i risultati ottenuti.

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Luigi

AnamnesiL. (Luigi) è nato nel 1991. La diagnosi concordacon quella di Autismo atipico secondo i critericlassificativi dell’ICD10. Le indagini strumentaliescludono la presenza di un danno organico acarico del SNC. Sulla base dei colloqui anamnesti-ci non si rilevano patologie psichiatriche in ambi-to familiare. Attualmente il bambino si esprimeattraverso una sorta di pseudolinguaggio senzaapparente scopo comunicativo. L. ha manifestatomomenti d’isolamento a partire dai tre anni unitia comportamenti di carattere autoaggressivodurante gli episodi di frustrazione oppure neimomenti di rabbia. Teme i rumori forti, manifestainstabilità psicomotoria, non manifesta interesseper il gioco e tende ad utilizzare l’adulto come sefosse un oggetto.

Bilancio PsicomusicaleL., dopo aver percorso la stanza circolarmente,esplora gli strumenti musicali già dal primoincontro. Sollecita i tamburi rivelando interesse ecompetenza. L’esplorazione-manipolazione appa-re ricca e varia: il bambino produce sequenze rit-miche alternando i battiti, associa sonorità voca-li onomatopeiche (ba-ba) e fruisce degli ogget-ti/strumento ricercando un contatto percettivo-sensoriale. L. ascolta il suono prodotto, guarda lostrumento mentre lo manipola, a volte lo esploraoralmente. Le caratteristiche sonoro/musicalidelle produzioni presentano un’intensità medio-bassa e la ricerca di situazioni timbriche partico-lari: il bambino vocalizza all’interno della cassa dirisonanza del campanaccio. In alcuni casi il bam-bino produce spontaneamente delle sequenze chepresentano repentini aumenti della velocità edell’intensità di percussione associando un irrigi-dimento mimico-gestuale-corporeo in crescendo,atteggiamento armonico ad esprimere unaumento di tensione. Le proposte di brani

improvvisati al pianoforte dal musicoterapista,caratterizzati dalla presenza di elementi ridon-danti, determinano una risposta attentiva nelsoggetto ed un incremento delle produzionivocali. Durante questi momenti L. sospende l’e-splorazione degli strumenti fissando con lo sguar-do l’adulto. L’imitazione delle produzioni vocalidel bambino favorisce l’instaurarsi di un circuitoimitativo nella condivisione dell’esperienza sono-ro/musicale.

Indicazioni al trattamento• presenza di atteggiamenti esplorativi rivolti agli

strumenti musicali;• produzione di espressioni vocali imitative ed

onomatopeiche;• atteggiamenti caratterizzati da attenzione ed

ascolto rivolto alle produzioni musicali delmusicoterapista;

• competenze imitative mediate dagli strumentimusicali.

Obiettivi• miglioramento competenze comunicativo-

relazionali;• contenimento instabilità motoria.

Modalità di trattamento• ascolto empatico;• ricerca componenti sinestesiche;• correlazione strutturante tra codice

sonoro/musicale ed espressività corporea delbambino.

Struttuta del “setting“La disposizione in forma circolare degli strumentimusicali (piatto, tamburo imperiale, tamburelli,xilofono, metallofono, e vari strumenti a scuoti-mento), posti al centro della stanza di terapia, èstata scelta per fornire al bambino un “polo” cen-trale fortemente caratterizzato nello spazio.Questa opzione desunta dall’osservazione di una

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membrana dello strumento e subito si allontanariprendendo a saltellare. Il terapista attende che ilbambino osservi nuovamente le azioni sugli stru-menti e ripropone con le stesse modalità l’eventosonoro causato in precedenza da L. Il bambino siavvicina ancora, entra nel cerchio di strumenti edafferra la maracas in maniera decisa, sorridendo.Inizia poi a sollecitare lo strumento associando unmovimento di rotazione del corpo sul proprioasse. Il musicoterapista riprende timbricamente laproduzione di L. e associa le parole “gira-gira-gira” al fine di rinforzare il movimento di rotazio-ne del bambino. L. si sofferma a guardare l’adul-to e riprende a deambulare seguendo la circonfe-renza del cerchio di strumenti. Il bambino inizia acorrere scuotendo la maracas e il musicoterapistariprende il ritmo della corsa con i tamburi, L.guarda e sorride all’adulto, poi si siede sul cubo digommapiuma. Quest’azione è sottolineata dalterapista che introduce una evidente variazionetimbrica all’interno della sequenza sonoro/ritmi-ca, sollecitando il piatto sospeso.

Commento (cos’è avvenuto ?)Nel caso di L. assistiamo ad una correlazionestrutturante tra il codice sonoro/musicale e l’agi-re psicomotorio del bambino. Il musicoterapistadopo aver osservato i comportamenti prevalentiespressi dal soggetto vi adegua le proposte relati-ve alla costruzione dello spazio all’interno dellastanza di musicoterapia, alla disposizione deglistrumenti musicali e alla scelta delle caratteristi-che dei segnali sonoro/musicali da proporre albambino. In questo caso esiste una modalitàespressiva che rende peculiare l’agire di L. (ilmovimento circolare) che costituisce un campopotenziale sul quale strutturare (metaforicamen-te “comporre” seguendo un “movimento coreuti-co”) il codice sonoro/musicale che viene confor-mato a quello del soggetto. A sua volta L. dimo-stra di accettare la proposta del terapista ade-guando il suo comportamento alle stimolazioni

tendenza spontanea alla “corsa in tondo” è statamotivata dall’esigenza di dare a L. uno spaziopotenziale per finalizzare l’azione motoria iperat-tiva. Analogamente la posizione assunta dalmusicoterapista, a “completamento della circon-ferenza di strumenti”, si è resa necessaria al finedi conferire un’ancora maggiore stabilità e preve-dibilità al contesto.

“Setting”

L’Intervento (riportiamo l’estratto di una seduta)Il bambino deambula seguendo la “circonferenza”ideale delimitata dagli strumenti musicali.Osserva gli strumenti e il movimento di percus-sione del musicoterapista che sollecita i tambuririprendendo il ritmo della sua camminata.A tratti il bambino si allontana saltellando e cor-rendo verso i limiti estremi della stanza. L’adultodopo aver interrotto la produzione sonoro/musi-cale attende che il bambino si riavvicini al “set” distrumenti prima di riprenderla. L. produce unascarica ritmica con i piedi che subito è ripresa dalmusicoterapista sui tamburelli. Il bambino si avvi-cina agli strumenti e afferra un battente posto difianco al tamburo imperiale. Lo lascia cadere sulla

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sonoro/musicali. Gli atteggiamenti psicomotoridel bambino sono ripresi dal terapista su canaliespressivi diversi i quali però mantengono un’a-nalogia con la proposta originale modulata suparametri quali: ritmo, velocità, sincronizzazione,durata, ecc… Attraverso la traduzione di un cana-le espressivo corporeo in un canale sonoro/musi-cale si perviene alla definizione di un ordine nel-l’azione iperattiva di L. che consente il conteni-mento e l’adeguata fruizione di uno stimolo dellarealtà esterna, nonché un iniziale aggancio rela-zionale col musicoterapista.

Giorgio

AnamnesiG. (Giorgio) è nato nel 1995. La diagnosi concor-da con quella di “Autismo infantile” secondo icriteri classificativi dell’ICD10. Le indagini stru-mentali EEG e TAC encefalica non rilevano dannia carico del SNC. A partire dal secondo anno divita si é osservato una tendenza all’isolamento eun disinteresse per gli stimoli ambientali. Leprime parole sono state pronunciate intorno aldiciottesimo mese. Il bambino attualmente rivelauno scarso interesse per le attività ludiche spon-tanee e spesso si rivolge all’adulto per ottenereciò che desidera.

Bilancio PsicomusicaleIl bambino appare immediatamente attrattodagli strumenti musicali. Tende a fissare losguardo sugli oggetti sonori presenti ed evita ilcontatto oculare diretto col musicoterapista. Lasollecitazione degli strumenti avviene attraver-so la produzione di sequenze isocrone conaccenti d’intensità medio-alta. Durante questefasi compare un sorriso di gratificazione. Lostrumento scelto è lo xilofono soprano cheviene esplorato in un primo momento in unazona limitata della tastiera e successivamente

nell’intera estensione. Le proposte strumentaliformulate dal musicoterapista sono accolte dalbambino che si adegua sincronizzandosi al pul-sare ritmico dell’operatore mantenendo l’espe-rienza per un tempo prolungato. Le condotteesplorative si estendono gradualmente ancheagli altri strumenti musicali presenti (metallofo-no, tamburelli, sonagli) mantenendo le caratte-ristiche ritmico-sonore osservate nel dialogo colterapista.

Indicazioni al trattamento• presenza di atteggiamenti esplorativi rivolti

agli strumenti musicali disponibili;• presenza di competenze specifiche ritmico-

musicali;• presenza di atteggiamenti di condivisione nel

dialogo sonoro-strumentale con l’adulto;• manifestazione di competenze imitative sono-

ro/musicali.

Obiettivi• miglioramento aspetti comunicativo-relazionali;• incremento competenze “musicali”.

Modalità d’intervento• ascolto empatico;• ricerca sincronizzazione ritmica;• variazione strutturale e formale.

Struttura del “setting” Il setting preparato per G. è stato studiatoseguendo un criterio di organizzazione spaziale etemporale finalizzato al contenimento dei trattid’instabilità psicomotoria espressa dal bambino.È da intendere in questo modo la disposizione diun gruppo di strumenti nelle adiacenze dell’an-golo destro della stanza, la caratterizzazione del-l’angolo opposto con materiali non strutturati ela chiara definizione dello spazio data dalla pre-senza del pianoforte.

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rello e xilofono) origina una sequenza di condi-visione dell’esperienza che si protrae per alcunisecondi. È presente il contatto oculare diretto edil sorriso nell’espressione mimica del bambino.In altri momenti G. si trova in piedi di fronte alpianoforte impugnando i due battenti. Inizia asollecitare lo strumento nella regione acuta uti-lizzando i “mallets” con entrambe le mani.Successivamente abbandona gli oggetti peresplorare la tastiera con le mani. Appoggia ilpalmo sulla tastiera ed osserva l’azione compiutaspostandosi verso la regione media dell’estensio-ne dello strumento. Riprende i battenti mentrenel frattempo il musicoterapista si avvicinaponendosi di fianco a lui verso la regione gravedella tastiera. Le caratteristiche del dialogo sono-ro-musicale-ritmico si ripresentano anche al pia-noforte, l’alternanza dello schema “percussione-glissato-percussione” viene arricchito con la pro-duzione di semplici e prevedibili sequenze armo-niche sui gradi I e V della tonalità di DoMaggiore. Compaiono momenti di silenzio edascolto proposti dal bambino all’interno di ungioco ”stop-via” che rende caratteristico ilmomento relazionale.

Commento (cos’è avvenuto ?)Nel caso di G. assistiamo alla produzione sponta-nea di sequenze ritmiche con accenti isocroni.Tale produzione fa ipotizzare la presenza di unaspecifica competenza relativa al fare musica, ilbambino si pone in rapporto col contesto inmaniera adeguata. Le caratteristiche del dialogosonoro/musicale sono da ricercare inizialmentenella sincronizzazione ritmica tra il terapista ed ilbambino che gradualmente si arricchisce di unnuovo elemento: il glissato sullo xilofono. Taleelemento viene acquisito e riproposto da G. chein maniera spontanea contribuisce alla variazio-ne della sequenza dialogica proponendo metafo-ricamente una forma musicale costituita da due

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“Setting”

L’intervento (riportiamo l’estratto di una seduta)G. si trova di fronte al musicoterapista tra glistrumenti musicali, impugna i due battenti epercuote il tamburello ed i bongos in alternanza.Il bambino è seduto a gambe incrociate, tiene ilbusto eretto e sembra prestare molta attenzioneagli eventi. La proposta ritmica isocrona delmusicoterapista viene immediatamente accoltadal bambino che sincronizza il proprio movimen-to percussivo su quello dell’adulto. Il terapistaintroduce alcune variazioni ritmiche sulla pulsa-zione mantenuta da G. il quale rimane per alcu-ni secondi coinvolto dalla sequenzasonoro/musicale. Il musicoterapista propone unglissato sullo xilofono come nuovo elemento deldialogo sonoro, G. segue con lo sguardo l’azionedell’adulto e immediatamente ripete l’azione disollecitazione dello strumento, sorridendo.Questa nuova azione sonora è rinforzata dall’a-dulto che produce un gesto e una sonorità con-venzionalmente legata alla richiesta-proposta dimomenti di silenzio. Successivamente G. ripren-de a suonare i tamburelli e viene imitato dalterapista. La combinazione e l’alternanza di que-sti schemi sui due strumenti sollecitati (tambu-

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temi contrastanti e ben definiti. Tali aspetti for-mali si riscontrano anche nel dialogo al pia-noforte dove il contrasto tra suono e silenziosvolge la stessa funzione. Nel caso in questionel’arricchimento delle competenze sonoro/musi-cali attraverso la variazione strutturale e forma-le delle condotte spontanee del bambino costi-tuisce la base per raggiungere un più alto gradodi integrazione nell’analisi e nella fruizione dellarealtà relazionale.

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The intervention put the attention on autistic“musicality” considered as expressive modalityon sound-music level, with wich autistic patienshave relations in musictherapeutic setting, buteven in daily life.This is reminding us the idea of sound-musicuniverse intimatelly peculiar of autistic world.The musictherapist, with these introductions,trues to introduce himself in this world with his“musicality” and trues to find a point of meetingby a common “feeling”.The sound music element can be, besides of therelation’s mediator, the instrument throughvalue the therapeutic concept of “change”.Are besides illustrated some observations of aresearch in music therapy with autistic patientsand sane persons.These considerations, that put the attentionboth to the music-sound dimension and relatio-nal ones, can be important occasions of reflec-tion in order of musictherapeutic’s applicationwith autistic persons.

La “musicalità” autistica può essere intesa comeuna modalità espressiva con cui i pazienti auti-stici si relazionano nel setting musicoterapico,ma non solo.Questa modalità si riscontra, infatti, anche nellaquotidianità e ciò sembra ricondurci all’idea diun universo sonoro-musicale intimamenteappartenente al mondo autistico.Con queste premesse il musicoterapeuta cerca diaddentrarsi in tale mondo utilizzando la sua“musicalità” e cercando un punto di incontrorisultante da un “sentire” comune.Pensando alla patologia in esame e all’interventomusicoterapico credo che si possa fare riferimen-to alla teoria psicologica di D. Stern.Tale teoria rimanda alla comunicazione pre-ver-bale e non-verbale in cui è possibile prescinderedal simbolico, dalle capacità di astrazione e dal

La “musicalità”

autistica può

essere intesa

come una

modalità

espressiva che i

pazienti autistici

impiegano nel

setting

musicoterapico e

nella loro

quotidianità

La musicalitàautistica:aspetti clinici e prospettive di ricerca inmusicoterapia

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Il contesto musicotera-pico a cui mi riferisco èquello non verbale,basato sull’improvvisa-zione sonoro-musicale;il musicoterapeutapone massima atten-

zione alla relazione in atto attraverso un atteg-giamento di ascolto dell’altro. Quanto evocato e suscitato dal paziente, attra-verso l’interazione sonoro-musicale e non, vieneevidenziato, elaborato e restituito dal musicote-rapeuta con l’obiettivo di pervenire a momenti disintonizzazione.L’esperienza musicoterapica con soggetti autisti-ci riconduce a molteplici situazioni relazionali esonoro-musicali:a) isolamento, rifiuto;b) non interazione/produzione spontanea;c) stereotipie sonoro-musicali e/o motorie;d) comunicazione/relazione attraverso l’elemen-to sonoro.Nelle condizioni a) e b) il musicoterapeuta attuageneralmente un lavoro di contenimento; l’at-tenzione e l’ascolto sono rivolti alla persona conlo scopo di cogliere potenziali stimoli o segnali diapertura che possano attivare la proposta sono-ro-musicale del musicoterapeuta.Nella situazione c) l’obiettivo è fondamental-mente quello di favorire, nel paziente, una mag-giore presa di coscienza dell’altro: vi è un’oscilla-zione continua fra dentro e fuori la realtà; il ten-tativo di aumentare il livello di consapevolezzaavviene cercando di modificare le stereotipie,introducendo variazioni sonoro-musicali che inparte riproducono la stereotipia stessa e in partese ne discostano.La situazione d) coincide con il dialogo sonoro: ilsuono viene utilizzato come “oggetto interme-diario” e si sviluppa pienamente la “relazioneintersoggettiva” nei suoi aspetti di comparteci-pazione dell’attenzione, delle intenzioni e degli

culturalmente appreso. È possibile, in tale ambi-to, riattivare e sviluppa-re modalità espressive erelazionali arcaiche mapersistenti per tutta lavita dell’individuo.Ci si riferisce a un “universo affettivo primario”in cui l’elaborazione delle sensazioni e delle per-cezioni avviene per via “amodale” (cioè secondouno stile percettivo arcaico che comporta“incroci sensoriali” per cui ogni sensazione tendea globalizzarsi, coinvolgendo più settori delcorpo), attraverso “sinestesie” (quando due sensidistinti vengono attivati da una stimolazione cheriguarda uno solo di essi) e attraverso gli “affet-ti vitali” (quelle qualità dinamiche e cinetiche deisentimenti quali crescere, decrescere, fluttuare,svanire). In musicoterapia il suono e la musica, in quantocomponenti essenziali di quell’“universo affettivoprimario” ed elementi che si pongono all’originedel processo comunicativo-relazionale, facilitanoil determinarsi delle modalità elaborative sopramenzionate nonché di “sintonizzazioni affettive”.Stern pone le “sintonizzazioni affettive” a fonda-mento dello sviluppo della “relazione intersog-gettiva” riconoscendole anche come momentiriparatori delle funzioni del Sé.Anche la teoria benenzoniana, sviluppata intornoai concetti di “iso” e di “oggetto intermediario”,in riferimento all’autismo sembra in qualchemodo amplificarsi: l’identità sonoro-musicaleemerge infatti, in questi casi, più direttamentedal “repertorio” sonoro-musicale spontaneo chegeneralmente caratterizza la seduta di musicote-rapia con una persona autistica; allo stesso modoil concetto di “oggetto intermediario” si evince eviene colto dalla valenza che assumono il suonoo lo strumento sonoro, i quali divengono, conmolteplici sfumature, oggetti di incistamentopiuttosto che mediatori nella relazione.

Stern pone le “sintoniz-zazioni affettive” a fon-damento dello sviluppodella “relazione inter-

soggettiva”

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variazioni sonoro-musicali modificando l’agogica,la dinamica e anche la produzione ritmica chediviene più complessa e articolata.Paziente e musicoterapeuta seguono lo stesso“profilo di intensità”, la relazione è molto coin-volgente dal punto di vista emotivo ma anchecorporeo; il dialogo sonoro diventa intenso; ilsuono e gli strumenti musicali assumono la fun-zione di “oggetti intermediari” favorendo la rela-zione intersoggettiva.

Il concetto di “terapia” implica quello di “cambia-mento” e quest’ultimo si riflette anche sul pianosonoro-musicale:- da un punto di vista “formale”, quindi esteriore,le produzioni si arricchiscono, variano; - da un punto di vista “qualitativo”, quindi piùinteriore, cambia la modalità di produrre, si modi-ficano la qualità del suono e lo stato d’animo dacui questo scaturisce. Il suono si riveste di unsignificato affettivo favorendo i processi di sinto-nizzazione.Nel primo caso varia la produzione sonora manon necessariamente varia con essa l’intensitàdella relazione; nel secondo caso il cambiamentodella produzione può riguardare anche uno solodei parametri musicali e ciò non lo rende sempreimmediatamente evidente, se non fosse per unarisonanza emotiva che si sviluppa tra il musicote-rapeuta e il paziente.Tale risonanza comprova l’avvenuta sintonizza-zione sviluppatasi sulla base di un “sentire”comune e di un punto d’incontro fra due identitàsonoro-musicali.Nel trattamento musicoterapico di persone auti-stiche il cambiamento, espresso anche musical-mente, si riflette maggiormente sulla qualità delsuono, sul “come” questo viene prodotto piutto-sto che sul “che cosa” si produce.Il soggetto autistico, spesso con deficit sul pianocognitivo, agisce il suono più che elaborarlo e ciòci rimanda a quei parametri “qualitativi” del

stati affettivi.Ciò conduce inoltre al determinarsi di sintonizza-zioni.Propongo ora alcuni esempi musicali tratti dasedute di musicoterapia.A) Si tratta di una produzione vocale spontaneadi un soggetto autistico; questa produzione vieneeffettuata utilizzando la sillaba “gü” (intensità,altezza e frequenza medie): il ritmo prodotto ècostituito da una successione di croma, semimini-ma e croma che crea un effetto sincopato.Tale effetto caratterizza l’identità sonoro-musi-cale del paziente, quindi ogni produzione (voca-le e non) divenendo un elemento fondamentaleutilizzato dal musicoterapeuta al fine di instau-rare una relazione.B) La produzione sonora in questo caso è il risul-tato di un movimento di dondolamento che unaragazza autistica produce facendo entrare a con-tatto il proprio corpo con la porta d’ingresso dellastanza di musicoterapia; il musicoterapeutariprende ritmicamente al metallofono tale movi-mento suscitando curiosità nella paziente la cuistereotipia si trasforma gradualmente in unprofondo contatto empatico che implica attese eproposte (anche variate) in perfetta sintonia conl’andamento della relazione.Persino il respiro della paziente (perfettamenteudibile nella sequenza sonora) è sintonizzato conl’andamento ritmico prodotto.C) Un paziente, che non entra in contatto con glistrumenti musicali, produce con la voce, in modoonomatopeico, un suono che dal punto di vistatimbrico è perfettamente sovrapponibile a quelloprodotto dal musicoterapeuta con un tubo sono-ro; lo stile delle produzioni è dialogico, l’intensitàdella relazione elevata.D) Il musicoterapeuta propone una melodia ter-naria allo xilofono; il paziente si inserisce nellaproduzione, sullo stesso strumento, adeguandosiall’andamento ritmico; al termine della propostadel musicoterapeuta il paziente introduce alcune

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suono che caratterizzano l’ambito arcaico degli“affetti vitali” prima menzionati.

Quanto affermato introduce, a mio avviso,un’idea centrale rispetto al musicale in musico-terapia:la musicoterapia considera il nesso suono-relazio-ne e non considera l’evento sonoro-musicalesganciato dal contesto relazionale.Per questa ragione la “dimensione estetica” deri-va, in questo ambito, dalla sinergia tra compo-nente musicale e componente relazionale e nonesclusivamente dalla componente musicale.In sintesi si potrebbe dire che la qualità della rela-zione cambia il modo di sentire e fare musica cosìcome il modo di sentire e fare musica incide sullaqualità della relazione.

L’evoluzione del trattamento può essere meglioevidenziata da questo schema che illustra il pro-cesso musicoterapico dal punto di vista relaziona-le e sonoro-musicale:

Frequentemente, nei casi di autismo (e in modo

Percorso dinamico/relazionale

• isolamento, non comunicazione

• relazione pz./ambiente-setting

• relazione pz./ ogg. sonoro/pz.

• relazione pz./ogg. sonoro(ogg. intermediario)/mt.

• relazione pz./mondo socialedi appartenenza

Percorso musicoterapico

• produzione stereotipata o esplorativa

(valenza espressiva ma noncomunicativa)

• dialogo sonoro indotto ospontaneo, imitativo o

variato(valenza comunicativa)

• interruzione dell'interventomusicoterapico (suggerita

dallo stesso paziente)

ancor più accentuato in soggetti adulti), il puntodi partenza dell’intervento musicoterapico ècostituito da una situazione di isolamento e diassenza di comunicazione, in cui il setting musi-coterapico gradualmente facilita la prima presa dicontatto del paziente con la realtà.In un secondo momento si può assistere allanascita di una relazione tra il paziente e l’ogget-to sonoro consistente in una fase preliminare incui le produzioni (spesso stereotipate) hannouna valenza essenzialmente esplorativa, noncomunicativa.Questo momento costituisce comunque unaimportante tappa che conduce alla relazione conl’oggetto sonoro con finalità comunicative; intale contesto si creano momenti di dialogo sono-ro che possono riflettere (nonostante la valenzacomunicativa) le condotte stereotipate e imitati-ve (ecolalie, ecoprassie) tipiche dell’autismo, mapossono anche evolvere positivamente assumen-do i tratti di una comunicazione/espressionevaria, creativa, con rilevanti sfumature e modula-zioni emotive.Se e quando le capacità espressive e comunicati-vo-relazionali si ripercuotono anche nel mondosociale di appartenenza, quindi non solo nel set-ting musicoterapico, lo stesso paziente invia almusicoterapeuta segnali che spingono quest’ulti-mo a porre fine all’intervento.Ciò presuppone che siano stati raggiunti, almenoin parte, gli obiettivi legati allo sviluppo del Sé eallo sviluppo e mantenimento delle capacitàaffettivo-comunicativo-relazionali a cui corri-spondono significative modificazioni sul pianocomportamentale e dell’interazione sociale.

Vorrei anche riportare alcune considerazioni,effettuate in alcuni anni di ricerca, relative agliaspetti relazionali e sonoro-musicali riscontratinelle sedute di musicoterapia con soggettiautistici.Nell’esperienza di ricerca si è riscontrato che:

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peuta che dall’osservatore.

Queste considerazioni riportate in modo sinteticomeriterebbero certo un maggiore livello diapprofondimento, ma nonostante ciò possonocostituire, a mio avviso, importanti spunti diriflessione sull’applicazione della musicoterapianell’autismo.Proprio pensando alla mia esperienza di ricerca,che ha coinvolto anche gruppi di controllo costi-tuiti da persone sane, poste nelle stesse condizio-ni dei soggetti autistici, mi chiedevo se davvero lapersona autistica comunica meno della personasana oppure, semplicemente, comunica in mododiverso.In questo caso si tratterebbe di trovare strumentidi comprensione e comunicazione maggiormenteadeguati e probabilmente anche più raffinati diquelli usuali.E ancora: le difficoltà (non le modalità!) di comu-nicazione e di relazione non possono forse acco-munare la persona autistica e la persona sana?Basti pensare, ad esempio, alle stereotipie sonoreche si riscontrano negli autistici accostate all’a-naloga valenza non comunicativa che spessocaratterizza le produzioni di gruppi (di personesane) che convergono su un ritmo binario mante-nuto inalterato per lungo tempo.Riflettendo sui contenuti del mio intervento misono anche chiesto se molte delle considerazionirelative all’applicazione della musicoterapia nellapatologia qui considerata non si potrebberoaddurre anche in un contesto più ampio.Mi sono allora ricordato di un’affermazione fattadal Prof. Benenzon nel corso di un’intervista incui gli avevo posto alcune domande sulla musico-terapia applicata in diversi ambiti. Riporto di seguito un breve stralcio della suarisposta: “...La musicoterapia è una terapia relazionale.In passato avrei detto che la musicoterapia èadatta a tutti quei pazienti che non hanno il lin-

• il suono ha avuto potenzialità attivanti indi-pendente dal processo musicoterapico;

• le sedute di musicoterapia hanno favorito ildeterminarsi di un maggior numero dimomenti con valenza relazionale, sia riguar-danti la relazione diretta con il terapeuta chequella mediante gli strumenti. Questi momen-ti sono stati per lo più determinati da stimolisonoro-musicali;

• L'elemento sonoro-musicale facilita la rela-zione intersoggettiva e favorisce i momenti disintonizzazione;

• la “musicalità” di alcuni pazienti e la positivitàdel transfert si rivelano elementi determinan-ti nella relazione musicoterapica;

• nelle produzioni emerse vi è stata una preva-lenza dell’elemento ritmico;

• l’“intensità” ha costituito il parametro sonoroche ha maggiormente facilitato le sintonizza-zioni;

• nei pazienti si è riscontrato un uso elevatodell'elemento corpo/voce che è parso essere lo"strumento" più significativo per l'espressionee la comunicazione;

• nei pazienti vi è stato un rapporto di direttaproporzionalità tra movimento e relazione;non è sembrata esistere distinzione tra avvici-namenti e allontanamenti (entrambe le situa-zioni hanno assunto un paritetico significatocomunicativo-relazionale);

• si è constatata la particolare rilevanza, rela-zionale e sonoro-musicale, di un “setting”costituito da strumenti a corde;

• i vari “setting” non hanno sostanzialmentemodificato l'identità sonora di ciascun indivi-duo, ma piuttosto sono stati più o meno sti-molanti o induttivi di creatività;

• i momenti di silenzio hanno suggerito signifi-cativi impulsi creativi;

• le sedute con soggetti autistici sono statequelle in cui si è avuta una prevalenza di statid’animo positivi provati sia dal musicotera-

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guaggio, la parola o per quei pazienti che sonoisolati, autistici.Oggi penso di no: credo che la musicoterapia siaveramente una terapia universale che può affron-tare tutti i problemi di relazione dell’essereumano...”Forse proprio questi problemi comuni trovanoconferma nella “musicalità” delle persone autisti-che e delle perone sane, a tratti così diversa, atratti così simile.

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bibl

iogr

afia

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This article clearly explains the Benenzon metho-dology main lines with reference to the autisticperson treatment.It examines the following areas:• Symptomatic aspects connected with

the autor reflections;• Theoretical aspects of Musictherapy;• Applications aspects.

1) Alcune precisazioni

• L’applicazione della musicoterapia nei soggettiaffetti da autismo è sempre integrata a unaserie di altre tecniche terapeutiche, di recuperoe di riabilitazione. La musicoterapia non puòessere considerata l’unica prescrizione per iltrattamento dell’autismo. La musicoterapiapuò, invece, essere la prima tecnica di approc-cio per l’apertura di canali di comunicazione insituazioni di isolamento.

• La valutazione del trattamento musicoterapeu-tico nell’autismo si può realizzare solo in fun-zione di un processo relazionale tra il musicote-rapeuta e la persona affetta da autismo.

• Ogni valutazione dei cambiamenti comporta-mentali del paziente al di fuori della relazionemusicoterapeutica può essere dovuta ad unaserie di concause che non necessariamentehanno a che fare con l’applicazione dellamusicoterapia.

• La diagnosi di autismo secondo il DSM IV è sol-tanto un’approssimazione; ogni caso è unico eparticolare.

Ogni persona affetta da autismo presenterà unasintomatologia diversa a seconda:

a) delle componenti organiche o dei deficit che visi associano;

b) del processo evolutivo proprio dell'età;c) del trattamento psicofarmacologico;d) degli interventi dell'equipe sociosanitaria;

La musicoterapia

può essere

la prima tecnica

di approccio

per l’apertura

di canali

di comunicazione

in situazioni

di isolamento.

Il modello Benenzon nell’approccio al soggettoautistico

Rola

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e) del contesto fami-liare e sociale;

f) della formazione edell'esperienza deglioperatori a cui èaffidato.

Pertanto le statistichefalsano la realtà.

2) Principali sintomi che si osservano nel sog-getto autistico.a) La persona affetta da autismo possiede unopsichismo di tipo fetale.Questo significa che conserva molte caratteristi-che della vita intrauterina pur dovendosi adatta-re alla vita extrauterina.Le principali caratteristiche sono le seguenti:a.1) “Isolamento apparente”:L’isolamento nella vita intrauterina permette alfeto di occuparsi del suo sviluppo utilizzando almeglio la relazione materna.Il termine “isolamento apparente” sottolineacome l’isolamento sia la sensazione che avvertechi cerca di relazionarsi con l’autistico; in realtàl’autistico non è isolato, bensì comunica in unmodo particolare, un modo diverso da quelliconosciuti.È per questo che l’altro, in questo caso il terapeu-ta,si sente isolato.a.2) “Attrazione per l’acqua”:Non esiste un soggetto autistico che non siaattratto dall’acqua. È questo l’ambiente (il liquidoamniotico) nel quale si sviluppa il feto durante lavita intrauterina.a.3) “Un particolare tempo biologico ”:Il tempo biologico dipende esclusivamente daipropri tempi psico-organici. Questi tempi psico-organici vengono mantenuti fin dalla vita intrau-terina e risultano poco modificati dalla vita direlazione. Per questo motivo ogni persona affettada autismo ha un tempo biologico che caratteriz-zerà il suo modo di rispondere alle percezioni del-

l’ambiente nella vitaextrauterina (sensazionecosmica).a.4) “Conservazione delriflesso di retrazioneglobale e/o fuga datutte le fonti di stimola-

zione”. È il riflesso che caratterizza l’atteggiamen-to fetale di fronte ad uno stimolo esterno nonriconosciuto come proprio del corpo materno.a.5) “Ricerca e utilizzo di luoghi di protezione”.Ad esempio sotto i letti, le sedie, i tavoli, negliangoli; questi posti rimandano alla protezioneche il feto riceve dalle membrane intrauterine.a.6) “Preferenza per una alimentazione liquida osemi-solida”:Questa rimanda alla sensazione del flusso sangui-gno attraverso il cordone ombelicale (meccani-smo di nutrizione fetale).a.7) Sensorialità sinestesica.

b) Non prendo in considerazione l’esistenza dicondotte stereotipate o ritualistiche.Credo che le stereotipie, quando si manifestano,rappresentino mezzi d’espressione che caratteriz-zano una determinata reazione a circostanzerelazionali.

c) La presenza e il mantenimento di una precisaterritorialità, propria di ogni autistico.

3) Teoria della musicoterapia sulla quale sibase la metodologia Benenzona) Ogni essere umano ha un ISO (identità sonora)che lo caratterizza.a.1) Io riconosco nell’inconscio due ISOs: l’ISOuniversale e l’ISO gestaltico (tutto questo saràampiamente sviluppato nel corso della esposizio-ne del Benenzon Model, BMT).a.2) Nel pre-conscio si trova l’ISO culturale.

b) L’embrione e poi il feto, percepisce multisen-

Ogni persona affetta da autismo

ha un tempo biologicoche caratterizza il suo

modo di rispondere agli stimoli

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e) Nei geni di questo feto ci saranno inoltre tuttii fenomeni che fanno parte dell’ISO universale,espressione di ciò che appartiene all’evoluzionedell’essere umano.Tra i suoni che fanno parte dell’ISO universale sitrovano il ritmo binario del battito cardiaco, isuoni di inspirazione ed espirazione, i suoni del-l’acqua, e varie strutture musicali che si sono tra-sformate, per lo meno nel mondo occidentale, inparte dell’ISO universale.Ad esempio la scala pentatonica (tipica delleninna nanne e delle canzoni infantili).

f) Diverse teorie ritengono che nell’autismo siapresente una disregolazione della secrezione diendorfine.Pertanto i suoni percepiti sono elaborati in mododistorto.f.1) Questo porterebbe ad una tendenza all’isola-mento apparente nella vita intrauterina e allaformazione di sistemi di percezione particolari.f.2) Questo stesso meccanismo viene poi mante-nuto nella relazione materno-infantile.

4) Metodologia dell’applicazione della musico-terapia nell’autismo secondo il ModelloBenenzon.a)“La musicoterapia è un processo relazionale”:La prima cosa che si evidenzia è l’importante con-tenitore che si stabilisce attorno all’autistico.Questo grande utero che lo circonda è direttoquasi esclusivamente a favorire, sviluppare emantenere una relazione tra la coppia terapeuti-ca e l’autistico.Soltanto attraverso questa storia relazionale siosserveranno i cambiamenti e attraverso questolegame si aiuterà il soggetto autistico ad entrarein contatto con gli altri.

b) “La coppia terapeutica”:“Lavorare” in musicoterapia significa coinvolgeree mettere in funzione tutto il corpo del musico-

sorialmente una infinita gamma di suoni, movi-menti, cambi di gravità e un numero infinito dicodici non verbali che costituiscono una sorta dicomunicazione analogica.Questa percezione viene realizzata attraverso unsistema unificatore di percezioni, dove predomi-nano quei sensi che non si svilupperanno nellavita extrauterina.L’udito e la vista non sono sensi importanti nellavita intrauterina.Nell’autistico l’udito e la vista non sono i sensiprincipali che devono preoccuparci per riuscire arelazionarci.b.1) Queste multipercezioni non sono solo ester-ne al corpo del feto, ma vengono percepite ancheal suo interno.Il flusso sanguigno che scorre si introduce attra-verso il cordone ombelicale e permette la perce-zione interna di un ritmo di tipo binario (battitocardiaco materno), che si confonde con il proprioritmo binario accelerato (battito cardiaco fetale).Entrambi questi ritmi binari rappresentano l’ossi-genazione, la nutrizione, la termoregolazione,cioè la vita del feto. Nel soggetto autistico dob-biamo interpretare molte manifestazioni cheavvengono all’interno del suo corpo come sensa-zioni cinestesiche.

c) Il feto riceve quattro fonti sonoro-vibrazionali:I) dal corpo della madre (battito cardiaco,rumori intestinali, scricchiolii delle pareti uterine,rumori respiratori, voce della madre);II) dall’inconscio della madre all’inconscio delfeto;III) i suoni esterni percepiti attraverso il liquidoamniotico;IV) i suoni propri dell’interno del corpo del feto.

d) Tutti questi fenomeni dinamici, che si svilup-pano durante i nove mesi di vita intrauterina eche sono peculiari di ogni individuo, farannoparte dell’ISO gestaltico.

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terapeuta.Questo è uno sforzo impressionante che se nonviene controllato porta al burn-out.Nell’intervento con pazienti nei quali la relazioneporta a stati di profonda regressione, come glistati comatosi, o come i soggetti autistici, è moltopositivo il lavoro simultaneo di due terapeuti.Idealmente un uomo e una donna.b.1) I benefici del lavoro svolto in coppia tera-peutica sono:• il paziente si sente maggiormente contenuto;• il paziente può stabilire o prediligere l’una o

l’altra relazione, secondo i conflitti che ha vis-suto nel rapporto con i propri genitori;

• vengono maggiormente stimolati i movimentitransferali e sono maggiormente compresiquelli controtransferali;

• i componenti della coppia terapeutica sisostengono l’un l’altro;

• è possibile una lettura diversificata di ciò cheavviene in seduta, pertanto è possibile unariflessione più approfondita sull’accaduto.Chi assume il ruolo di musicoterapeuta entra incontatto e risponde della sua dimensione cor-porea-sonora-musicale, questo significa che ilsuo ISO interagisce e si confonde con quello delpaziente. Chi assume il ruolo di co-terapeutanon entra direttamente all’interno della dimen-sione relazionale mantenendo una posizione diosservatore partecipe;

• i protocolli d’osservazione sono più completigrazie a questa doppia lettura;

• diminuisce lo sforzo attentivo ed il timore di uncoinvolgimento corporeo, pertanto è possibileprevenire il burn-out dei musicoterapeuti;

• diminuisce la tendenza all’acting-out. Gliimpulsi suscitati dalla relazione sono più conte-nuti e si vive in misura minore il timore di uncoinvolgimento;

• il lavoro in coppia terapeutica aiuta a rimargi-nare più rapidamente la ferita narcisistica dientrambi i conduttori;

c)Caratteristiche del paziente autistico all’internodel setting musicoterapico.c.1) Il paziente autistico possiede una dimensioneinconscia superiore a quella dei componenti lacoppia terapeutica. Egli risponde ad un ISO uni-versale, gestaltico e anche ad un ISO culturale.Per stabilire un primo rapporto suggerisco di ini-ziare a lavorare con i fenomeni sonori caratteri-stici della vita fetale intrauterina i quali possiedo-no una forza maggiore per aprire i primi canali dicomunicazione.c.2) Le sue modalità di comunicazione sono mul-tiple: sonorità bizzarre, movimenti, spostamentinello spazio, gesti e infinite forme d’espressioneche si riconoscono e si manifestano nel momentoin cui il musicoterapeuta si sta relazionando conl’autistico. Per questo motivo durante una super-visione tutti questi fenomeni non sono osservabi-li tramite una registrazione video o audio. Le regi-strazioni video e audio sono tecniche riduzionisti-che e semplicistiche che mostrano solo alcunidettagli della dimensione relazionale multisenso-riale in atto. È come se pretendessimo di sapereciò che avviene tra il bebè e sua madre nel corsodel loro processo comunicativo-relazionale. Sololoro conoscono ciò che sta avvenendo. Questomomento relazionale è unico ed irripetibile. Sullabase di queste motivazioni quando supervisionoun lavoro preferisco analizzare i protocolli redat-ti dal musicoterapeuta.c.3) Le modalità espressive dell’autistico sonovariabili:• alcune cadono nel vuoto;• altre sembrano dirigersi verso una dimensione

a noi oscura, oppure ad un oggetto in formaincistata;

• altre ancora sembrano dirigersi direttamenteall’inconscio di uno dei terapisti. Però tuttehanno un significato e rispondono alla dimen-sione multipercettiva che lega i terapeuti.

c.4) Territorialità e distanza ottimale.L’autistico conosce perfettamente il proprio spa-

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sonorità determinata, ma è semplicementeaccarezzato, manipolato, colpito come se fosseparte del proprio corpo. Il paziente lo avvolgecon le mani, con la bocca in modo da determi-nare un’ autogratificazione sensoriale. A voltesembra essere un’azione masturbatoria senzanessuna valenza comunicativa rivolta all’ester-no. Questo utilizzo dello strumento alimental’isolamento del soggetto autistico, il suocorpo e lo strumento si trasformano in unaunità indifferenziata.

• L’utilizzo come oggetto transizionale. Lo spazio tra l’oggetto transizionale (il pollicetenuto in bocca dal bambino, o l’orsetto dipeluche) ed il bebè rappresenta la zona inter-media tra l’erotismo orale e la vera relazioneoggettuale, all’interno dell’azione creativa pri-maria e la proiezione di ciò che è già statointroiettato. Tra il Sé e il non Sé. L’oggetto inci-stato e l’oggetto transizionale non sono utiliper sviluppare la comunicazione. Nel caso del-l’autistico l’assenza dell’altro può determinareuna situazione in cui un oggetto intermediarioutilizzato per comunicare si converte in ogget-to transizionale.

d.2) L’acquaPersonalmente ritengo che l’acqua sia uno deglielementi intermediari più importanti per lavorarecol soggetto autistico. L’acqua ricorda il liquidoamniotico. L’acqua si adatta al corpo della perso-na, pertanto la territorialità si avvicina notevol-mente alla stessa pelle. L’esperienza di lavoro conquesti pazienti in piscina ha dimostrato che leattitudini comunicative rispetto all’altro si modi-ficano totalmente: nell’acqua l’autistico cambiala sua postura, si muove in maniera diversa, modi-fica la percezione del proprio peso corporeo. Ilsoggetto accetta il contatto corporeo, quindimodifica la sua territorialità. Aumenta anche ilcontatto oculare e le sonorità prodotte sonocaratteristiche della prima epoca di vita. Tuttequeste modalità espressive scompaiono quando il

zio territoriale. Altrettanto bene percepisce lospazio dell’altro che cerca di relazionarsi con lui.Il musicoterapeuta può individuare il momento incui il suo avvicinamento invade il territorio delpaziente perché immediatamente si produce unarisposta: alcuni soggetti producono espressionistereotipate, altri producono sonorità bizzarre ogrida, altri ancora fuggono dal contesto, ecc.Pertanto è possibile stabilire qual è la distanzaottimale per non determinare le suddette reazio-ni e per favorire lo scambio e la comunicazione.Definisco “distanza ottimale” quella che permet-te di avvicinare il paziente rispettando la sua ter-ritorialità al fine di favorire le migliori condizioniper attivare la comunicazione.

d) Lo spazio relazionale.È lo spazio all’interno del quale il paziente e ilmusicoterapeuta producono i principali processidi interscambio energetico e tutti i fenomenicomunicativi. A questo spazio appartengono glistrumenti corporei-sonoro-musicali, il fenomenodella regressione, i fenomeni transferali e contro-transferali, il riconoscimento dell’ISO in interazio-ne e altre infiniti eventi che noi non riconoscia-mo o non siamo preparati a percepire.d.1) L’impiego degli strumenti corporei-sonoro-musicali.Il soggetto autistico tende ad utilizzare gli stru-menti in tre modalità principali: come oggettointermediario, come oggetto transizionale, comeoggetto incistato.• Chiamo oggetto intermediario tutti gli elemen-

ti capaci di permettere l’instaurazione di unprocesso comunicativo tra un individuo e unaltro. Può essere uno strumento convenzionale,oppure appositamente creato, ecc.

• L’utilizzo dello strumento come oggetto inci-stato è l’utilizzo più caratteristico del soggettoautistico. Lo strumento diviene una sorta diparassita attorno al corpo del paziente. Lostrumento non è utilizzato per produrre una

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paziente si trova sulla terra ferma. Per questimotivi l’elemento acqua permette il passaggio dienergie comunicative. Personalmente ho impie-gato tale elemento in piccole catinelle, dentro avasi e bottiglie. Invece di essere l’unico strumen-to intermediario l’acqua può divenire, all’internodel setting, uno strumento in più per contattare ilsoggetto autistico, al fine di perseguire i seguen-ti risultati:• il paziente rimane nel medesimo spazio per

molto tempo, attratto dal gioco con l’acqua;• si pone in relazione con noi attraverso tale ele-

mento;• emette particolari sonorità essendo stimolato

dal suono dell’acqua;• ci permette di accarezzarlo e toccarlo senza

determinare reazioni di allontanamento;• il corpo del paziente e del musicoterapeuta si

attivano tramite il contatto diretto mediatodall’acqua. Questa situazione richiama il con-tatto corporeo del feto con la madre attraversoil liquido amniotico.

d.3) L’ascolto sonoro/musicalePer molti anni, quando ancora credevo nellamusicoterapia recettiva, mentre utilizzavo l’ac-qua come oggetto intermediario, proponevo l’a-scolto per accompagnare il tempo della seduta.Questa musica era selezionata secondo l’ISO uni-versale, ossia: battito cardiaco, sonorità d’acqua,suoni sinusoidali intervallati a musica struttura-ta, selezionata in base alla storia sonoro/musica-le del paziente. Proponevo anche le voci e/o lecanzoni cantate dai genitori del soggetto autisti-co. Oggigiorno, personalmente, non credo piùnella musicoterapia recettiva, e attraverso la miaesperienza di supervisore sono giunto alla con-clusione che chi utilizza l’ascolto lo fa a scopodifensivo, interponendo la sequenza utilizzatatra sé ed il paziente al fine di diminuire la propriaansia di porsi in relazione con l’autistico.Pertanto per modificare questa situazione, le

sonorità sopraelencate possono essere prodottedal musicoterapeuta, ovvero il corpo del tera-peuta diviene uno strumento per la comunica-zione. Il musicoterapeuta potrà produrre il ritmobinario del battito cardiaco con un piccolo tam-buro, potrà cantare alcune canzoni relative allastoria del paziente, ecc. Tutti questi aspetti, incluso l’impiego dell’acqua edelle sonorità proprie dell’ISO universale edell’ISO gestaltico del pz, fanno parte della primafase del nostro intervento, quando approcciamoper la prima volta un bambino autistico.Questa prima fase è definita: regressiva.d.4) La regressioneProporre un intervento in un contesto non-ver-bale può indurre una regressione.Sia il musicoterapeuta che il pz sperimentanorelazioni primitive e arcaiche (materno-fetali,materno-infantili, paterno-infantili ecc…).In musicoterapia la regressione è un fenomenobipersonale,entrambi,musicoterapeuta e paziente,regrediscono e convivono in tale contesto. In questa regressione bipersonale il corpo delmusicoterapeuta può percepire fenomeni tran-sferali e controtransferali che si vanno a definireall’interno della relazione instauratasi. Sia chiaroche non sto affermando che si ritrovano espe-rienze passate ma bensì che nel presente si ricrea-no nuovamente esperienze passate.Questa condi-visione all’interno di un processo regressivo evi-denzia la forza dell’ISO nell’interazione.d.5) Il TempoNel soggetto autistico il tempo biologico è moltoimportante. Definiamo tempo biologico ciò chesintetizza il tempo dell’organismo.Il tempo biologico è caratterizzato dall’interrela-zione dei vari meccanismi omeostatici e dai pro-cessi che regolano la percezione di uno stimolo, lasua elaborazione e la produzione di una risposta.Ogni soggetto autistico possiede un tempo biolo-gico che lo caratterizza. Ci sono soggetti autisticiche elaborano una risposta dopo cinque minuti,

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cale affinchè siano in grado di comunicare erelazionarsi con il pz. Nella fase regressiva la cop-pia terapeutica riconosce gli ISO del pz, com-prende il suo tempo biologico e gli permette dimettere in atto i cambiamenti necessari per pas-sare alla seconda fase dell’intervento, la fasedella comunicazione.

e) Conclusioni Il percorso terapeutico attuato nei confronti di unsoggetto autistico si articola come segue:e.1) Il pz dev’essere seguito da un equipe multi-disciplinare.e.2) L’intervento musicoterapico prevede unaprima fase con caratteristiche regressive.L’anamnesi musicoterapica verrà raccolta daifamiliari e da chiunque potrà fornire delle infor-mazioni sulla storia del pz. Questa storia saràoggetto di studio e di riflessione da parte dellacoppia terapeutica che lavora con il bambinoautistico.e.3) Il trattamento si attua sempre nello stessospazio utilizzando gradualmente strumenti cor-porei-sonoro-musicali (ad esempio l’acqua e altristrumenti non convenzionali: tubi, clessidra conacqua, carta, sfere contenenti acqua ecc…)e.4) Da parte di tutti quelli che partecipano allarelazione vi è la comprensione delle modalità dipercezione e di comunicazione, vi è la scopertadell’ISO, degli ISOs in interazione (Wagner).e.5) Seconda fase: comunicazione.A questo punto del trattamento compaiono glistrumenti costruiti e creati dal musicoterapeuta ealtri strumenti convenzionali. In questa fase lesedute sono meno frequenti. Vengono attivaticon maggiore precisione gli strumenti interme-diari riconosciuti nella fase precedente. Ad esempio se si è osservato che i suoni inspira-tori ed espiratori sono importanti per aprire certicanali di comunicazione, s’inizierà a utilizzare ilflauto dolce come se fosse un tubo in cui inspira-re ed espirare.

altri dopo mezz’ora, altri ancora richiedono duegiorni. È competenza del musicoterapeuta saperriconoscere questo tempo e attendere una rispo-sta in rapporto ad esso. Si viene a definire così iltempo terapeutico, vale a dire quel momento incui i tempi biologici del pz e del musicoterapeutasi armonizzano.Per tali aspetti nel corso della prima fase dell’in-terveno le sedute sono frequenti, da tre a quattroper settimana, senza una durata prefissata.d.6) Lo spazioIl nostro intervento può attuarsi in una stanza dimusicoterapia, preparata appositamente, comenella vasca di una piscina.Lo spazio in cui operiamo, nel corso della primafase del nostro intervento, rimanda ad unambiente intrauterino.Il luogo di trattamento deve essere sempre lostesso, con i medesimi strumenti, senza variazioninella loro disposizione e con un adeguato isola-mento acustico.In tal modo tutto ciò che si manifesta nel conte-sto non verbale sarà l’esclusivo prodotto dellainterrelazione tra il pz e il musicoterapeuta.d.7) l’istituzioneQuesta riveste un ruolo fondamentale; deverispettare lo spazio del nostro lavoro e soprat-tutto il tempo biologico e terapeutico dellaregressione.L’istituzione deve sapere che con un pz si puòlavorare anche solo dieci minuti e che viceversacon un altro può essere necessario lavorare perpiù di un’ora.d.8) La supervisioneL’intervento musicoterapico dev’essere supervi-sionato, almeno mensilmente, da un idoneo pro-fessionista non compromesso né col pz né con l’i-stituzione.La supervisione è il contenitore finale di.ogniincontro musicoterapico. La supervisione previe-ne il burn-out e l’acting-out dei musicoterapeu-ti e prepara il loro stato corporeo-sonoro-musi-

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Compaiono anche gli elementi propri dell’ISOculturale: le canzoni.Il tempo biologico si adatta gradualmente altempo cronologico.Stiamo intervenendo nell’ambito del processosecondario, ad un livello preconscio.e.6) Terza fase: l’integrazione.In questa fase è coinvolto attivamente il gruppofamiliare. Non vi è alcuna possibilità di recupera-re un soggetto autistico se non si intervieneanche con la famiglia in cui il nostro pz vive.

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The article is a summary of difficulties that Imet, of results that I achieved and emotions thaI felt in the course of one year of weekly mee-tings of one hour.I described the journey that I maked: the mee-ting with family, the elaboration of a musi-cotherapeutic project and subsequent changesin the respect of subject’s necessity and ele-ments come out in the supervisions.I focused the accent on family difficulties andcommunication difficulties – of nonverbal andverbal type – with an unknown world: the psy-chosis, that imply relational and personal parti-culars reactions.

IntroduzioneCercando di liberarmi dall'ansia di ritrovare unaconferma teorica in un comportamento o in unsetting, voglio provare a descrivere quella chepotrebbe essere una relazione umana fra chi,come me, neolaureato in psicologia si è affaccia-to per la prima volta a un nuovo modo di "cono-scere e parlare all'altro", la relazione musicotera-pica, e chi potrebbe essere un destinatario privi-legiato di tale linguaggio: un ragazzo autistico di22 anni.Il primo contatto, il primo incontro è con lafamiglia, in questo caso solo con la madre laquale, con le risorse che ha a disposizione, si facarico più degl'altri (marito,figlia) di un qualcosache, attraverso un percorso di dolore, è divenutoora "un problema quotidiano", interrotto a trattida momenti di intimo contatto, serenità e soste-gno e da momenti di difficili rievocazioni emoti-ve se non di sconforto innanzi alla sostanzialeimmutabilità di una condizione a dispetto deglisforzi fatti.Se sia una "famiglia-madre autistica" a creare unfiglio autistico o viceversa, non è solo un quesitopoco interessante ma anche un modo di ragiona-re per causa ed effetto logicamente inadeguato

La sindrome

autistica

presenza

un’eziopatogenesi

multifattoriale.

Per tale motivo

ricercare un’unica

causa patogena

appare

inadeguato

Autismo e Musicoterapia

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varsi l'uso.Chiedersi perchè unacosa "funziona" o qualeprobabilità avrò diottenere successorispetto a determinatesindromi o popolazioni

o quali siano gli aspetti specifici ed aspecifici delmio intervento terapeutico è importante maquanto è funzionale nei confronti del paziente?Tali "preoccupazioni" riguardano primariamenteil lavoro di un ricercatore, non quello di un clini-co che ha il compito di raggiungere obiettiviterapeutici utilizzando le strategie e i mezzi chesemplicemente ritiene più opportuni.Affinchè tale discrezionalità del professionista,dell'operatore, dell'insegnante ecc. non si risolvain irresponsabilità, è necessario un accurato per-corso formativo e personale su di sè dal momen-to che in musicoterapia si è lo strumento piùimportante dell'agire terapeutico.È ovvio che tali premesse sulla discrezionalità nonvalgono solo per la musicoterapia.In tale ottica la garanzia sulla validità, attendibi-lità e indicazione di un intervento si lega anchealla preparazione del professionista, nel nostrocaso del musicoterapeuta.Tutto questo può sembrare poco scientifico finchènon si considerino le particolarità epistemologi-che legate alla valutazione e sperimentazione diinterventi terapeutici fondati sulla relazione,sulla comunicazione umana; in questi casi, dovel'attenzione si focalizza non su un oggetto inerte(come ad es. in un laboratorio di chimica) ma suuna soggettività che interagisce con l'osservato-re, il numero delle variabili da considerare è altis-simo.È tenendo presente tali premesse che mi accingoa descrivere questa mia esperienza.

AnamnesiLa madre non parla della primissima infanzia e

in tali circostanze.Una tale situazione creanell'ambiente famiglia-re delle barriere fatte ditante cose (che possonoandare dall'adeguarsi-adattarsi alle modalitàdi rapporto del figlio\a, alla complicazione deirapporti sociali esterni, a ingiustificabili sensi dicolpa, vergogna, alla non accettazione o alla ras-segnazione ecc.); sono queste le sensazioni che siprovano sia nei confronti della famiglia che delsoggetto autistico: si è soli di fronte a un "muro",come la madre del resto.Se il nostro obbiettivo finale, teoricamente, è"risolvere" queste problematiche, il nostro compi-to, nell'immediato, è costruire\ricostruire dalcaos, dal disordine e dall'ambiguità di relazionisimbiotiche, un ordine, un'armonia che soffochil'ambiguità, oltrepassi le barriere e ciò grazie auna relazione terapeutica che possa permettereuna sintonizzazione e un’armonizzazione dellevariabili che sono innanzi a noi.È chiaro che un tale agire terapeutico presuppo-ne un approfondito lavoro su se stessi, altrimentirischiamo di essere "vittime del disordine, delcaos, della psicosi".Possiamo fare questo con la musicoterapia?Cosa possiamo fare con essa? Cosa significa faremusicoterapia? Cosa significa musicoterapia?Tantissime volte (nella mia breve esperienza) hosentito porre domande di questo tipo.Tali quesiti (come quelli sulla validità, attendibi-lità, efficacia, specificità vs aspecificità dell'inter-vento ecc.) sono di alto interesse ma a volte, inparticolari circostanze, possono celare bisogni disicurezza, la ricerca di una sedazione dell'ansia, diconferme narcisistiche ecc. Potrebbe essere più funzionale una visione prag-matica di tali problematiche, pensando ad esem-pio alla musicoterapia come ad uno strumento dicui un professionista può a sua discrezione riser-

Negli interventi terapeuticifondati sulla relazione,sulla comunicazione

umana, il numero dellevariabili da considerare

è altissimo.

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anni) si potrebbe avanzare un'ipotesi diagnosticadi schizofrenia piuttosto che di autismo, ma lascarsità delle informazioni e i dubbi sulla loroattendibilità (dal momento che tutto è "filtrato"dalla madre) non ci permettono di trarre conclu-sioni, l'unica cosa "certa" è l'osservazione delcomportamento del figlio, della madre e dellafamiglia.Analogo discorso può essere fatto per l'anamnesisonora. In generale i colloqui con i famigliari(qualora le condizioni cliniche del paziente nonpermettano un colloquio diretto) sono più utilialla comprensione delle dinamiche interne allafamiglia(le quali indirettamente contengonoinformazioni sullo stato mentale del paziente)che alla compilazione di anamnesi; se è plausibi-le pensare che un certo tipo di famiglia, di lega-me, di stimolazione ambientale possa facilitare(insieme a molte altre variabili) l'insorgenza diuna malattia mentale, conseguenza di ciò è ilfatto che ad esempio la presenza di un figlio auti-stico può innescare dinamiche famigliari tali percui diviene irrealistica l'aspettativa di una colla-borazione ad un compito strutturato come lacompilazione dell'anamnesi se non si intervieneprima su tali dinamiche.

Obiettivi Musicoterapici. Con l'aiuto della supervisione, si sono definiti iseguenti obiettivi terapeutici:1) Consentire ad A. di ritrovare dei momenti di“pace” all'interno di un contesto accogliente e diascolto per contenere e diminuire l'ansia, la sof-ferenza,la tensione (A. talora sputa, è rigido, daspinte, passeggia nervosamente ecc.), per ottene-re un allentamento delle difese autistiche, dellestereotipie che gli precludono la possibilità diavere un rapporto con la realtà più evoluto.2) "Esportare" tali momenti di "pace" a più livellicioè fuori dal contesto musicoterapico: famiglia,centro di riabilitazione, istituti ecc. Ciò si puòraggiungere solo grazie ad un'unicità di intenti

del parto, fa in un certo qual modo intendere che"andava tutto bene finchè...", a partire dalle ele-mentari, si evidenziò una grave balbuzia cheinfluenzava anche la mimica facciale. Per lamadre questo era "l'unico problema" rispetto alquale i tentativi di cura furono inutili. Secondo lapercezione della madre è alle soglie dell'adole-scenza (all'età di 11 anni A. viene diagnosticatoautistico: A.S.I.) che il comportamento del figliosubisce un cambiamento qualitativo: cambia lapostura, l'andatura, il tono muscolare, l'aspettofisico, l'espressione ed emerge una aggressività eviolenza inspiegabili ed esplosive.Tale condizione dura cinque anni, oggi (all'età di22 anni) il suo umore è più stabile, vi sono rarereazioni impulsive, prevale il ritiro e l'isolamento.In tale periodo di tempo i tentativi di cura furonovari (farmacologici e psicologici); questi tutt'orasi susseguono ma la madre -sebbene li gestiscaarbritrariamente in prima persona- non ne parla,o fornisce vaghe indicazioni così come non"ricorda" o non è in grado di parlare di molti altriaspetti importanti: l'infanzia del figlio, il suo rap-porto con lui, il ruolo di suo marito(che sembranon esistere),la gravidanza, il parto, l'allattamen-to. Il tipo di legame della madre col figlio è sim-biotico: la madre si riferisce al figlio dicendo "ilmio bambino", lo imbocca, rimane a "giocare" sulletto con lui, lo aiuta a orinare, regola i suoi tempifisiologici, attribuisce significati ai suoi gesti emovimenti ecc..Talora A. trattiene le feci e vengono usate delleperette.Il linguaggio del figlio è limitato e telegrafico, ilsuo comportamento è caratterizzato da stereoti-pie (passeggia, muove le mani, sbava), la motricitàè prepuberale, ha difficoltà di equilibrio, è lentonei movimenti complessi, ha grandi capacità diidentificazione (aspetto questo che lo rende par-ticolarmente sensibile ai forti rumori, a scene e\oracconti di violenza, al tono di voce alto ecc.).Data la tarda età di insorgenza dei sintomi (11

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che implica una coordinazione degli interventi, ilriconoscimento della necessità dell'interdiscipli-narietà, di una mutua collaborazione.Tutto questo, anche se può sembrarlo, non èscontato: se la psicosi (tra le altre cose) è caos,disordine, dissociazione ecc. questi ultimi aspetti,veicolati dall'ansia e dall'angoscia personali, siriflettono sia a livello famigliare che istituzionale.Quindi un primo compito terapeutico è portare"l'ordine"(coordinazione, collaborazione, infor-mazione reciproca) là dove c'è la "psicosi" degliinterventi: un coinvolgimento disordinato (detta-to dall'ansia) di professionisti, enti, linee terapeu-tiche, di cui poche -nessuna nel caso di A.- por-tate a compimento.3) Instaurare un rapporto di fiducia e compren-sione empatica cercando di distinguere fra un"dentro" e un "fuori" un IO ed un non-io, sfrut-tando l'uso di tecniche musicoterapiche.4) Coordinare i vari interventi affinchè si possaandare incontro (sintonizzarsi) alla disarmoniaevolutiva di A. facendo in modo che tutte le suecapacità e tutte insieme raggiungano una armo-nizzazione, cioè un livello di sviluppo che con-temporaneamente sia un punto di equilibrio, diarmonia evolutiva funzionale ai suoi bisogni.

Strategie operative1) Strutturazione dell'incontro: ascolto di unbrano iniziale e canto del nome (rituale di inizio),una parte centrale di improvvisazione (con varistrumenti a percussione e il pianoforte), unaparte finale di ascolto (rituale conclusivo).2) Ricerca, analisi, isolamento e amplificazione diframmenti musicali (cellule ritmico-melodiche)riconducibili all'ISO di A.3) Ricalco (matching) degli atteggiamenti di A.per favorire una comprensione empatica, instau-rare un rapporto di fiducia, di accettazione, dirispetto dei tempi, spazi, silenzi e della relazionesimbiotica di A. dato che è essa che A. proponeper conoscere il mondo ed è a questo tipo di rela-

zione che bisogna adeguarsi per poter entrare incontatto con lui e da cui è necessario distanziar-si per aiutarlo a fare un percorso terapeutico(pacing & leading).

Alcune riflessioniA. è stato descritto come un "perfetto esempio didisarmonizzazione evolutiva", infatti in un corpodi una persona di 22-23 anni (cosa questa cheinduce a relazionarsi con lui come se fosse una"persona adulta") vi è un funzionamento menta-le di tipo simbiotico dove il linguaggio è quello diun bambino di non più di un anno di età e la psi-comotricità è prepuberale. La disarmonizzazionedi tali livelli evolutivi impone un intervento cheeviti la ricerca di performance di singole capacità(aumentando il livello di disarmonizzazione evo-lutiva) e punti invece a un livellamento di taliscarti evolutivi per raggiungere un punto di equi-librio, di armonia evolutiva, promuovendo unosviluppo che sia integrato e parallelamente pro-gressivo sia a livello sensoriale, motorio e corpo-reo che simbolico ed emotivo. Il funzionamentomentale di A. è sostenuto dal rapporto con lamadre che “telepaticamente” conosce e anticipa isuoi bisogni fisiologici e intenzioni (interpretazio-ne della mimica).Ciò è funzionale solo nelle prime settimane di vita maora A. è come se fosse ancora "nel grembo materno".A. a sua volta, riproponendo la stessa relazionesimbiotica che ha con la madre, lascia fare tuttoall'altro, anche pensare e agire al suo posto. Èquindi necessario riuscire a provare le stesse coseche A. fa sentire alla madre contenendo però l'an-sia e l'angoscia conseguenti; queste porterebberoad agire, a fare ma senza pensare, senza lasciarespazio all'espressione di A., agendo cioè il tipo direlazione patologica che viene proposta da A. e setale comportamento è consentito alla madre nonpuò esserlo al terapeuta il quale attraverso il con-tenimento di tale angoscia (che è anche quella diA.), che spinge al fare (acting-out), deve trasfo-

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mare tali modalità relazionali simbiotiche, taleassetto "telepatico", in un assetto relazionaledove è possibile l'esistenza di altro da sè.Il ricalco è un valido strumento per entrare all'in-terno di tale modalità relazionale e lanciare ilmessaggio "io ti ascolto"; ovviamente occorre poila capacità di distanziarsene per condurre (lea-ding) A. verso modalità relazionali più evolute.È altresì fondamentale la capacità di "aspettare",cioè di sintonizzarsi con i tempi di risposta (psi-cologici e fisiologici) di A., lasciandogli adeguatispazi di risposta, evitando così di agire l'ansia ol'impotenza personale (facendo ad esempio infe-renze sul comportamento di A. che il più dellevolte sono solo proiezioni frutto di uno stato"telepatico" che il tipo di relazione proposta-imposta da A. implica). L'aspetto centrale saràquello di individuare dei nessi tra gli eventi sono-ri (compreso il silenzio) e le risposte di A., cercan-do di individuare semplicemente quello che è ilrapporto di A. con il suono.Per far questo è necessaria la disponibilità amodellarsi in base alle esigenze mentali di A. perpoter comprendere i suoi bisogni e ciò a sua voltaimplica una certa dose di umiltà personale, nelsenso che è necessario porsi nei confronti di A.come un "ascoltatore" che ha molte cose daimparare; cose che solo A. può insegnare.Questo è un primo passo per tutelarsi da inferen-ze, controtransfert negativi, proiezioni e vari altrimeccanismi difensivi legati alle nostre difficoltàpersonali. Sicuramente questa è una premessaindispensabile per poter incontrare l'altro nelsenso analitico del termine.Nel corso di questa esperienza sono stato "vitti-ma" di ogni meccanismo difensivo sopra citato, ilmerito è stato quello di accorgermene (graziesoprattutto alle supervisioni), di riuscire a costrui-re un piano di intervento che definisse tempi,spazi e ruoli, portando cioè un ordine nella con-fusione ambientale (susseguirsi di interventisenza una comunicazione reciproca, appunta-

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menti non rispettati, apparente impossibilità didefinire un setting ecc.), riflesso del nucleo psi-cotico famigliare; le dinamiche interne possonoinfluenzare quelle esterne fino a coinvolgere gliinterventi terapeutici, gli enti,le scuole, “risuc-chiando” ogni cosa (ogni intervento) che si lasciatrascinare, ottenendo come risultato il più dellevolte un nuovo fallimento, che va ad incremen-tare altra angoscia che a sua volta esige più con-fusione per mantenere l'illusione dell'esistenza diuna soluzione magica: la terapia risolutiva.Prima di proporre un intervento è necessariovagliare attentamente la portata di tali dinamiche(ciò è già in sè terapeutico), altrimenti si corre ilrischio di perseguire obiettivi disfunzionali.

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The following writing describes the evolution ofa music-therapy treatment with a Down’ssyndrome patient increased by a heavy mentaldisease and autistic behaviours.

The analysed experience shows thedevelopment of the relation through theaffective tuning methodology In this approach the therapist researches thetuning with the patient simply listening to anysound proposal and waiting for any type ofbehaviour.After the first six meetings in which the patientkeeps sitting in the same extreme corner of theroom, crossing his legs, bending his body as hewas a shell, a labial sound, like the one we useto call a cat, becomes the bridge between thetherapist and the patient, a sound mediator ofa real relationship.Gradually the “language” evolves and so theposture and the conquest of space, bothconsidered as signals of a relation development.Relying on a reassuring sound relationship thepatient becomes able to communicate bysounds, to move in the centre of the room andto be upright.This kind of experiences allows to put theattention on:

- the importance of observing and “meeting”the patient;

- the music therapist ‘s attitude during themeetings;

- the values the of the tuning techniques- the communicative function of the prosodic

modulation;- the many functions of the musical

instruments;- the correspondence between indicators of a

relation development as the spatial and thepostural and the musical ones

Roberto è un

ragazzo di 25

anni, affetto

da sindrome

di Down, con un

grave ritardo

mentale ed una

psicosi di innesto

con tratti

autistici; il

trattamento

musicoterapico,

condotto dal

settembre 1997

al giugno 1998,

si è svolto

presso un CSE

della Provincia

di Como.

Dalla periferia al centro: spazio-suono di una relazione*

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resto del gruppo senzaintrattenere qualsivo-glia relazione duale.

Descrizione del lavoroL’intervento di musico-terapia si è svolto pres-

so il CSE in cui Roberto si trova inserito da cin-que anni.Dopo una prima fase riservata all’osservazione diRoberto, in contesti e situazioni differenti, allalettura delle cartelle cliniche e ai colloqui con leeducatrici, ho iniziato il trattamento musicote-rapico. Le sedute di musicoterapia, della durata di 35minuti, si sono tenute con cadenza settimanaleall’interno di un locale del centro socio educati-vo, adibito appositamente.La stanza di musicoterapia è uno spazio rettan-golare con una finestra, su uno dei lati corti, cheguarda sul giardino. Vicino alla finestra, controla parete, c’è un armadio e al centro della stanzasono disposti gli strumenti musicali: due tambu-relli con battente, quattro maracas, due timpani,due metallofoni, due xilofoni, un set di triango-li, un piatto sospeso e battenti vari.Nell’osservazione condotta precedentemente siera rilevato che Roberto non aderiva a nessunaproposta ne tanto meno si relazionava dialogica-mente con alcuno.Un primo dato quindi da verificare era la dispo-nibilità di Roberto a recarsi nella stanza di musi-coterapia ed a rimanervi.Diversamente dal solito, la prima volta che unadelle educatrici lo invita a seguirla per andare a“fare musica” Roberto accetta la proposta.Appena entrato nella stanza di musicoterapiaRoberto si mette a sedere nell’angolo destro difianco alla porta di entrata. Si siede mettendo legambe incrociate con il busto reclinato in avan-ti; resta fermo in quella posizione per tutto il

Descrizione del casoNel mio contributodescriverò il caso diRoberto, un ragazzo di25 anni, affetto da sin-drome di Down, con ungrave ritardo mentaleed una psicosi di innesto con tratti autistici, cheho incontrato, dal settembre 1997 al giugno1998, presso un Centro Socio-Educativo (CSE)della Provincia di Como.Nato a termine, a partire dal terzo anno di vitaRoberto ha subito numerosi interventi ed opera-zioni.Durante le prime osservazioni Roberto, che è unragazzo di media statura e magro, passa il suotempo seduto principalmente sul pavimento inun angolo contro la parete; a volte si spostaandandosi a sedere sul termosifone posto sotto lafinestra oppure sul contenitore della spazzatura.Quando si sposta nello spazio Roberto “getta“ legambe in avanti dando un certo ritmo al suomovimento; a volte gira su se stesso, si abbrac-cia, alza la gamba destra e guarda fuori dallafinestra, poi riprende la sua deambulazione.Solitamente sta contro il muro, seduto sul pavi-mento, tenendo le gambe stese oppure incrocia-te, con il busto piegato in avanti fino toccare lecosce; rimane per lunghi periodi di tempo chiu-so in questa posizione.Nel corso dei suoi spostamenti produce dei suonigutturali con la voce, due o tre suoni di mediaintensità emessi in sequenza e mai indirizzativerso qualcuno, così come con il suo deambula-re “sfiora” i presenti senza incontrarli mai.Alle proposte delle educatrici Roberto nonrisponde, rimane fermo dove si trova e ogniqualvolta le educatrici cercano di farlo alzare, sidivincola dalla presa irrigidendosi tutto. Il risultato di tale comportamento è che Robertoresta per lunghi periodi di tempo isolato dal

Nell’osservazione si erarilevato che Roberto

non aderiva a nessunaproposta e non si rela-zionava dialogicamente

con alcuno.

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modificando le accentazioni all’interno di esse,arrivando a creare un andamento prosodico incui è chiaramente riscontrabile, all’interno dellarelazione tra lui e me, a volte un andamentointerrogativo, a volte un andamento affermativooppure di negazione. È sulla base di questanostra “lingua”, “il gattese”, che avviene l’am-pliamento e l’arricchimento del materiale sonoroche si accompagna contestualmente alla modifi-cazione di altri parametri:

• La frequenza, nell’unità di tempo, delle produ-zioni sonore di Roberto aumenta, fino a stabiliz-zarsi su di una frequenza del tutto simile a quel-la che normalmente caratterizza un comune dia-logo tra persone.• L’atteggiamento posturale varia nel corso dellesedute, la posizione “chiusa” con il busto appog-giato alle gambe si presenta sempre meno ed èsostituita da quella con il busto eretto.• Il contatto visivo, inizialmente sfuggente e dibrevissima durata, si amplia fino a mantenersicostante per tutto il tempo delle sedute.

La sensazione che si ha a questo punto dell’espe-rienza è di aver determinato e consolidato unarelazione che per Roberto pare possedere ilcarattere di significatività e di stabilità e talesensazione trova ulteriori elementi di confermanel corso dei successivi incontri.Anzitutto la relazione sonora tra me e Roberto sicaratterizza sempre più come un “dialogo”, in cuile “frasi sonore” che lo sostanziano, acquistanosempre più una connotazione espressiva.Non solo si assiste all’arricchimento e alla varia-zione accentuativa all’interno di ciascuna “frasesonora” ma la sequenza stessa delle “proposizio-ni sonore” comincia ad assumere valore espres-sivo.Diventano riconoscibili, all’interno di un lungodialogo, sequenze di frasi sonore che presentano

primo incontro mentre io mi siedo di fronte a luistando ad una certa distanza. La scena si ripetenei successivi tre incontri. Nel corso del quintoincontro presento gli strumenti uno alla volta,suonandoli brevemente ed avvicinandoli aRoberto che li allontana tutti con un gesto dellamano, tranne il metallofono. In questo incontro e nel precedente Robertomodifica leggermente il suo comportamento:mantiene la posizione seduta con il petto appog-giato alle cosce, ma alza ogni tanto il busto lan-ciandomi delle occhiate furtive per poi reclinarlonuovamente in avanti.Nell’incontro successivo, il sesto, lascio gli stru-menti al centro della stanza mettendo il metal-lofono nello spazio tra me e Roberto e noto unaulteriore variazione nel suo comportamento:Roberto emette due brevi suoni prodotti con labocca, suoni simili a quelli che solitamente siproducono per chiamare un gatto.I suoni prodotti da Roberto, cellule composte dadue/tre suoni, sono caratterizzati da breve dura-ta, da debole intensità e dal fatto di essere sepa-rati da lunghi periodi di silenzio.Inizio a questo punto un’azione di rispecchia-mento dei suoni prodotti vocalmente da Roberto. Nel corso di tale attività, che gradatamente sisviluppa nelle settimane e nei mesi dei nostriincontri, colgo che le sue produzioni sonore,apparentemente simili fra di loro, presentanodelle accentazioni differenti; a volte ad essereaccentato è il primo suono della cellula sonora, avolte è l’ultimo suono.Nel corso della interazione sonora, nelle mierisposte, pongo allora particolare enfasi alleaccentazioni proponendo poi delle leggere varia-zioni, rispetto alla composizione delle cellulesonore, per quanto riguarda il numero di suonicontenuti in esse.A partire da tale sollecitazione Roberto ampliaanch’egli la durata delle sue produzioni sonore,

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una “velocità” differente l’una dall’altra, oltreche una maggiore intensità.In sintesi il “codice” sonoro definito e condiviso,dopo una prima funzione di contatto e di avviodella relazione, assume funzione espressiva ecomunicativa.Questo nuovo livello della relazione si accompa-gna a due passaggi importanti: la conquistadello spazio e l’uso della gestualità.È a questo punto, siamo all’incirca al sesto – set-timo mese della nostra attività, che si rivela pie-namente la funzione espletata fino ad allora dalmetallofono. Lo strumento rimasto sempre trame e Roberto, tranne che nella prima presenta-zione dello strumentario, non era mai statousato nella funzione di strumento sonoro; ogniqualvolta accennavo a produrre alcuni suoni,Roberto allontanava subito con la mano il miobattente dalle piastre del metallofono. Qualche volta, con il piede, Roberto oltrepassavala linea determinata dallo strumento o vi avvici-nava il volto quando era reclinato in avanti; tut-tavia si può ritenere che il metallofono fossecomunque presente alla sua attenzione, dalmomento che, dopo averlo colpito casualmente,si preoccupò di risistemarlo, come a voler man-tenere una distanza che separava ma che per-metteva anche di comunicare.Nel corso di una seduta Roberto indica un puntosul pavimento, un poco più arretrato dal posto incui solitamente mi siedo; mi sposto in quelpunto e Roberto, stando seduto con le gambeincrociate e aiutandosi con leggeri spostamentidel busto e dei piedi, avanza verso di me, tenen-do innanzi a sé il metallofono e spingendolo inavanti con entrambe le mani. In questo modo Roberto si stacca dalla paretedel muro, iniziando un primo passo verso lo spa-zio circostante. Parallelamente a questo passaggio compare perla prima volta un gesto compiuto, con entrambe

le braccia, in senso rotatorio dal centro del bustoverso l’esterno passando davanti al volto.Il gesto appare coincidente con le caratteristichedelle “frasi sonore”. Infatti il gesto varia nella suaampiezza, nella velocità di esecuzione oppureviene ripetuto velocemente più volte, associan-dosi congruentemente con il variare di alcuniparametri sonori. Il gesto accompagna quindi ilsenso evocato dalla struttura sonora. Il gesto sot-tolinea il carattere di richiesta o di affermazioneo di meraviglia espresso dalla “frase sonora”.La relazione sonora acquista in questo modo unaulteriore sottolineatura espressiva dello statod’animo sotteso alla comunicazione.Roberto conquista il centro della stanza con suc-cessivi spostamenti, effettuati sempre con lamodalità descritta precedentemente, fino a tro-varsi vicino agli strumenti musicali; questi sin dalprimo incontro si trovavano al centro della stan-za.Roberto arriva ad un certo punto a sdraiarsi supi-no rimanendo in quella posizione rilassata peralcuni minuti; accetta, differentemente dalleprime sedute, la vicinanza degli strumenti ecomincia a toccare il timpano appoggiandovisopra la mano.

Considerazioni L’evoluzione dell’intervento musicoterapicoappena descritto consente di effettuare alcuneriflessioni e considerazioni, sia di carattere gene-rale, di ordine metodologico, sia di carattere par-ticolare, relativamente ad alcuni elementi chesostanziano l’operatività musicoterapica qualiindicatori del suo sviluppo.In particolare l’esperienza descritta ci consentedi compiere osservazioni attorno a:a) l’importanza dell’osservazione e della cono-scenza del paziente;b) la posizione assunta dal musicoterapeuta nelcorso delle sedute;

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dita, ma che potenzialmente gli offriva l’oppor-tunità e lo spazio in cui “giocare”, secondo lepersonali esigenze, la propria identità.Questo è infatti ciò che avviene e dallo spazio diascolto emerge il suono, prodotto da Robertocon la bocca, da cui si origina e si struttura poi larelazione.

Per venire agli aspetti più specificatamentesonori, che hanno caratterizzato il lavoro conRoberto, bisogna tenere conto che Roberto nonparla e diventa così interessante osservare l’arti-colazione motoria implicata nella sua produzionesonora, in essa è presente il movimento della lin-gua che ritmicamente viene appoggiata contro identi; tale movimento risulta importante perchèsappiamo quanto sia fondamentale per la fona-zione la capacità di articolare i movimenti lin-guali.Si può pensare che Roberto non riuscirà mai aparlare, ma rimane l’importanza di scoprire e uti-lizzare le potenzialità di una parte del proprioapparato fonatorio. In secondo luogo colpisce il tipo di suono sceltoda Roberto; questo suono nell’uso comune vieneutilizzato come richiamo per il gatto oppure persegnalare la propria presenza. Entrambi i casiesprimono una intenzionalità comunicativa: inun caso è implicato il riconoscimento di unarealtà esterna a sé, nell’altro l’affermazione diuna propria identità.I suoni prodotti da Roberto presentano variazio-ni di accentazione, intensità, durata e velocità. Sipuò pensare alle diverse accentazioni come aduna possibile differenziazione dell’investimentoemotivo e ad una possibile “articolazione” disenso attraverso le diverse combinazioni degliaccenti.La precisa, puntuale e costante attenzione agliaspetti elencati è ciò che sostanzia lo sviluppodella relazione in senso propriamente musicote-

c) il valore conoscitivo, oltre a quello comunica-tivo, che può assumere l’utilizzo della tecnicadelle sintonizzazioni;d) La constatazione che la prosodia, intesa comemelodia del linguaggio all’interno del sistemasuono-significato, assolve alla funzione comuni-cativa;e) La possibile multifunzionalità assolta daglistrumenti sonoro-musicali;f) L’evoluzione della relazione musicoterapicache, oltre allo specifico sonoro-musicale, trovacontemporaneamente manifestazione ancheattraverso altri aspetti quali quello spaziale,posturale e motorio.In merito all’importanza dell’osservazione e dellaconoscenza del paziente prima di intraprendereun trattamento, direi che l’osservazione diRoberto, svolta precedentemente l’avvio dell’at-tività musicoterapica, ha permesso di rendermiconto del carattere delle relazioni in cui Robertoera coinvolto.

Quello che si evidenzia è che le educatrici strut-turano la loro relazione nei confronti di Robertoa partire dal compito che deve essere eseguito,ovvero facendo riferimento all’attività da svolge-re. Questo punto di vista, non offrendo spazioall’attenzione e all’accoglimento dei particolarimodi di essere e di esprimersi dei ragazzi in gene-rale, contribuisce a determinare in Roberto l’at-teggiamento di chiusura e di esclusione che simanifesta nella sua condotta.Da questo punto di vista l’atteggiamento da meassunto nella relazione con Roberto, caratteriz-zato da accoglienza, disponibilità, ascolto e dal-l’evitamento di qualsiasi proposta da parte miache non fosse già risposta a qualcosa prodotta dalui - atteggiamento peraltro normalmente utiliz-zato nella pratica musicoterapica – è diventataparticolarmente adatto al caso di Roberto, pro-ponendogli una modalità relazionale per lui ine-

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rapico. E con ciò giungo a quell’importante capi-tolo dell’operatività musicoterapeutica cherisponde al nome di tecnica delle sintonizzazio-ni.Nel caso di Roberto si è rivelata importante perla conoscenza approfondita e raffinata della suaprosodia sonora, in tutta la sua specificità.Ricordo peraltro velocemente cosa si intende persintonizzazioni: le sintonizzazioni sono la tecni-ca attraverso la quale perseguire una miglioreintegrazione della personalità; sono definitecome risposte date in risonanza allo stato affet-tivo di base, e possono essere distinte in:a) sintonizzazioni esatte, da intendersi come imi-tazioni identiche del comportamento;b) sintonizzazioni inesatte, intese come leggerevariazioni o sfasature temporali e formali dellostimolo presentato;c) sintonizzazioni di tipo sinestesico, ossia tradu-zioni transmodali che colgono la sostanza (cioèla qualità affettiva) del comportamento.

Nel corso dello scritto ho parlato della relazionesonora tra me e Roberto in termini di dialogo.Effettivamente la modalità in cui si svolgeva eradel tutto simile allo scambio verbale tra due per-sone, solamente con l’assenza di parole.L’andamento dell’esperienza dimostra come cisia stata comunicazione e che, in assenza diparole, tale comunicazione ha trovato un altrocanale attraverso il quale attuarsi. Tale funzioneè stata assolta dal suono ed in particolare dalmodo in cui i suoni venivano organizzati, mododel tutto simile agli aspetti che caratterizzanol’andamento prosodico della comunicazione ver-bale.Ad esclusione dell’aspetto relativo all’intonazio-ne, tutti gli altri sono stati usati: la differenteaccentazione, la variazione ritmica e quella diintensità, andando a creare quella sorta di“andamento melodico”, portatore di una espres-

sione di senso.L’esperienza con Roberto, è quindi un ulterioreconferma della funzione espressiva e comunica-tiva svolta dagli elementi soprasegmentali dellinguaggio parlato.Per quanto riguarda l’utilizzo degli strumentisappiamo che, all’interno di un setting, glioggetti che vi stazionano possono essere inve-stiti da molteplici significati simbolici. Cosìaccade anche nel setting musicoterapico ed ilcaso di Roberto mette in evidenza che tale inve-stimento simbolico può determinare un usodegli strumenti musicali differente dal loro esse-re principalmente produttori di suoni.Sebbene inizialmente il suono abbia avuto unruolo determinante nell’accoglimento delmetallofono da parte di Roberto, lo svolgimentosuccessivo dell’intervento mostra come altrisiano stati gli attributi del metallofono che sonorisultati funzionali; probabilmente le dimensio-ni, basso e piccolo, e la forma, allungata e checonsente un “accesso” da entrambi i lati, hannocostituito, per Roberto, le condizioni necessarieper mettersi in relazione, sentirsi protetto ed alcontempo non escluso.

ConclusioniL’andamento del trattamento musicoterapicomette in evidenza che, affinché l’evoluzionedella relazione possa realizzarsi, devono neces-sariamente avvenire alcuni passaggi, e che talipassaggi possono trovare espressione ed esserequindi letti, anche attraverso indicatori extramusicali.La determinazione di una relazione significativa,funzione dell’instaurarsi di un sentimento diprotezione e sicurezza nel paziente, la cosiddet-ta “base sicura”, si è evidenziata nella capacità diRoberto di avviare una esplorazione degli “spazi”sonori e ambientali, mentre le istanze emotive

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hanno trovato espressione nella ricchezza del-l’interazione sonora e nel gesto.Il percorso realizzato da Roberto, dalla periferiaverso il centro della stanza, disegna il percorsoverso la possibiltà di essere attore in un mondoriscoperto e ritrovato.

*Relazione presentata al IV Congresso Nazionaledi Musicoterapia, 26/28 novembre 1999, Firenze.

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rigidamente delimitati nell’evoluzione del processoterapeutico che dovrebbe psicologicamente attraver-sarli. Gli autori chiariscono tale questione di fondoconsiderando come fattori dinamici dell’interazioneanalitica la “sottigliezza” e lo “spessore” di tali confini.A tal proposito Otto Kernberg, nella sua attenta efeconda prefazione, partendo da questa dimensione,parla di precondizioni del lavoro analitico introducen-do l’idea che la capacità d’empatia psicoanaliticaimplichi nell’analista “spessore” e “sottigliezza” deisuoi confini, sia interni che esterni.La seconda parte del libro affronta la disamina delleviolazioni, riportando una ricca casistica clinica enumerose esemplificazioni. Dopo aver ripercorso nellaprofessione analitica una breve storia delle violazionidei confini, capitolo V, gli autori problematizzano lacomprensione analitica della violazione sessuale e nonsessuale dei confini, capitolo VI e VII. Il testo prosegueaffrontando la questione dopo il termine dell’analisi,capitolo VIII. Il problema dei confini è anche in segui-to approfondito all’interno delle analisi e delle super-visioni di candidati durante la formazione analitica,capitolo IX. Il testo si conclude con suggerimenti “riabilitativi” oterapeutici che gli istituti analitici possono proporre,capitolo X.Il testo di Gabbard e Lester non è certamente unmanuale di indicazioni comportamentali, quantopiuttosto lo specchio di una chiara ed articolataricerca su un tema ampio e delicato; pertanto gliaspetti problematici restano aperti nella loro com-plessità fornendo anche al lettore musicoterapicooltre che un arricchimento teorico suggestivi per-corsi di riflessione. Riteniamo pertanto utile una sua lettura per chi siaccosta alle problematiche della cornice/setting inmusicoterapia. Il testo può offrire interessanti temati-che d’indagine in una duplice prospettiva. Una primaconsiderazione, di ordine teorico, può rivolgersi allaricerca musicoterapica che nel confronto con diversiambiti disciplinari si impegna oltre che di oggettivare

Violazioni del settingG.O. Gabbard, E.P. Lester, Raffaello Cortina Editore,Milano, 1999. Edizione italiana a cura di AlviseOrlandini. Titolo originale: Boundaries and BoundaryViolations in Psychoanalysis, (1995), Basic Boock.

L’edizione italiana, curata da Alvise Orlandini del testodi Gabbard e Lester, affronta il tema complesso deiconfini e delle violazioni dei confini del setting in psi-coanalisi. Gli autori presentano, relativamente al tema trattato,due ordini di questioni tra loro connesse: una riguar-da gli aspetti teorico-concettuali dei confini mentalinel processo analitico, l’altra si riferisce alla prospetti-va clinica che s’interroga sulla distinzione tra le “vio-lazioni” ed il “superamento” dei confini, sia intrapsi-chici che interpersonali, il cui riconoscimento è deter-minato dalla possibilità di analizzare l’accaduto. Laprospettiva d’indagine comprende anche le problema-tiche che tali valutazioni comportano negli aspettigestionali delle specifiche “messe in atto” in analisi.La prima parte del libro esamina attentamente laprima questione. Gli autori riprendono il concetto diconfine (come struttura e come processo), tracciando-ne un percorso storico dalla nascita al suo sviluppo,offrendo al lettore un ampio esame della letteraturapsicoanalitica sull’argomento. Il testo chiarisce manmano a quali confini gli autori si riferiscono e in qualeprospettiva sono pensati articolandosi nei seguentipunti: una rassegna della letteratura psicoanalitica sultema, capitolo I e II; una concettualizzazione dellacornice analitica, dei confini analitici e dell’oggettoanalitico, visti come costrutti correlati, capitolo III;una differenziazione di genere – relativamente ai con-fini - nella letteratura, capitolo IV. In questa parte del testo Gabbard e Lester evidenzia-no due aspetti fondamentali del setting, che ricorronoin tutta la trattazione come punti portanti della lorotesi: i confini intrapsichici (nel processo analitico) equelli interpersonali (nella situazione analitica), inter-ni od esterni, sono pensati come indispensabili ma non

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e quantificare i dati sonoro-musicali raccolti anche dicorrelarli alla dimensione psicologica/relazionale dellacornice. Una seconda considerazione, di ordine appli-cativo, può portare analogamente a possibili riflessio-ni sulla dimensione controtransferale nella prassimusicoterapica che considera il musicoterapista/eutaun osservatore partecipe nella relazione sonora.

Anna Maria Barbagallo e Luisa Mattazzi

Fare ArteterapiaElena GiordanoEdizioni Cosmopolis, Torino, 1999.

In sole 86 pagine l'autrice racchiude una grandequantità e qualità di stimoli, esposti con leggerezza,sì da renderli di piacevole e semplice fruizione.Il suo testo propone, partendo dalla operatività del-l'arteterapia, interrogativi di assoluto interesse edattualità per qualunque operatore che si trovasse adoperare nel campo della riabilitazione e della tera-pia con pazienti gravi. Così ci si trova a riflettere su questioni di setting, diselezione dei pazienti, delle proprie modalità diporsi e di difendersi, ma anche sul ruolo e sulle spe-cificità del mediatore artistico. Il volume, essendo ispirato da una professionalitàalta ed applicata da lunga data, evidenzia non solosoluzioni ideali, ma soprattutto i compromessi, più omeno accettabili, ai quali gli operatori sono costret-ti nell'attività quotidiana; si parla di istituzioni conalcune rigidità, di pazienti difficili da raggiungere edi equilibri nell'assetto interno degli operatorialtrettanto problematici da mantenere, in quell'o-scillare tra il furore terapeutico e la rassegnazioneche ricevono dall'esplicitazione e dalla consapevo-lezza le sole chance per una loro correzione in sensoterapeutico.

Massimo Borghesi

Regolazione delle Emozioni e ArtiterapiePio Enrico Ricci Bitti (a cura di), Carocci, Roma, 1998.

L'interessantissimo lavoro curato dal professor RicciBitti, Direttore del Dipartimento di Psicologiadell'Università di Bologna e Presidente dellaAssociazione Italiana per lo Studio dellaComunicazione Non Verbale (AISCNV), costituisce unnotevole contributo alla costruzione di uno statutoscientifico delle artiterapie. Il volume, di 198 pagine,è composto da due parti; nella prima il curatore,assieme al collega Roberto Caterina, delinea una cor-nice teorica composta da studi e ricerche sulla rego-lazione delle emozioni con le artiterapie. Vengonoprese in esame le varie componenti in causa nel per-corso di esteriorizzazione delle emozioni, le strategiedi controllo di queste e le possibilità di regolarne l'e-spressione consentite dalle artiterapie. Secondo gliautori il lavoro terapeutico con l'arte si colloca aponte tra pensiero ed emozioni, consentendo al lavo-ro con i simboli artistici di connettere sensi e signifi-cati in maniera tale da consentire una possibilità dirappresentazione delle istanze più profonde e diffici-li da raggiungere del sé. La seconda parte del volumecomprende cinque contributi di diversi autori chedeclinano, secondo il paradigma psicodinamico, iltema della regolazione delle emozioni in vari settoridell'arteterapia. Wilma Cipriani si occupa di espressi-vità grafica, Pier Luigi Postacchini di musicoterapia,Rosa Maria Govoni di espressività corporea, GiulioNava di terapia a mediazione teatrale e StefanoFerrari illustra analoghe possibilità espressive ed ela-borative del lavoro con la scrittura creativa.Tutti i contributi sottolineano l'esigenza di una ade-guata preparazione delle figure professionali che sidedicano a queste discipline, e di modelli formativicoerenti con la complessità del lavoro terapeutico.Da tutto ciò ne esce un volume importante, bencoordinato in tutte le sue parti e di piacevole lettura.

Massimo Borghesi

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V Congresso Europeo di Musicoterapia“Musicoterapia in Europa”Musicologia – Pratica clinica - RicercaCastel dell’Ovo, Napoli, 20 - 25 Aprile 2001

Finalità principali del congresso• Facilitare le relazioni fra paesi differenti dell’a-rea europea, specialmente oggi che la comunitàEuropea si è collocata nella prospettiva di defini-re accordi più stretti tra diversi interlocutori.• Creare un luogo di studio dove gli operatoripossano portare risultati delle esperienze secondoi diversi aspetti della disciplina Musicoterapica.Ciò includerebbe aree come la Musicologia, laRicerca e altre attività che possano dimostrarel’efficacia della Musicoterapia attraverso laPratica Clinica.Il congresso si articola in tre diverse sezioni:Musicologia, Pratica Clinica, Ricerca. Pubblichiamo di seguito le presentazioni deicoordinatori scientifici delle tre diverse sezioni.

MusicologiaSembra esserci un costante bisogno di focalizzar-si sul valore e ruolo della musica nella musicote-rapia. Come campo di studi interdisciplinare lamusicoterapia viene spesso presentata attraversostudi clinici adeguati, rilevanti teorie circa leforme di intervento o discussioni e descrizionicirca gli aspetti metodologici e pratici del faremusicoterapia. Spesso al ruolo della musica nellaterapia è stato dato solo un contributo specula-tivo e generico, che non riflette la conoscenzasistematica trattata nel campo della musicologia.Sappiamo inoltre bene come la musica nellasocietà contemporanea sta assumendo nuoviruoli come intrattenimento di massa, costruzionedell'identità, ricerca di autenticità e così via.Inoltre, c'è stato un interessante sviluppo all'in-terno del settore della musicologia stessa.Evolvendosi come nuovo campo di studi interdi-sciplinari la musicologia ha dovuto dialogare con

conoscenze emergenti dalla cultura femminista,di antropologia musicale, di musica popolare e dastudi culturali, per citare solo alcuni degli orien-tamenti. Come risultato abbiamo un nuovissimoconcetto di musica, il "musicking", come nuovaforma concepita del fare musica.In questa immagine la musicoterapia può costituireessa stessa un'interessante produttrice di nuoveconoscenze circa la musica. Sembra sia tempo dicominciare a dialogare con la musicologia. A Napolisaranno affrontati e svolti i seguenti temi:• ruolo, funzioni e natura della musica nella

musicoterapia• diversità musicale e culturale• musica e identità• recenti orientamenti nella nuova musicologia• la natura dell'improvvisazione• teoria della ricettività musicale, comunicazione

e interazione.Prof. Even Ruud

Istituto di Musica e TeatroUniversità di Oslo

Pratica clinicaNegli ultimi tre Congressi Europei è stata postamolta enfasi sulla presentazione di lavori riguar-danti la clinica. Molte persone partecipano a con-gressi di musicoterapia sperando nella possibilitèdi osservare e capire i metodi utilizzati da altriterapisti, per migliorare la propria pratica. I musi-coterapisti lavorano spesso in situazioni professio-nali isolate e le Conferenze Nazionali ed Europeecostituiscono una valida opportunità per incon-trare altri colleghi che operano nella stessa areaclinica o educativa ricavandone conoscenze e ispi-razione. Perciò l'area clinica ha sempre attratto lamaggior parte delle relazioni e dei workshop.Nel Congresso di Napoli 2001 incoraggio perso-nalmente il contributo di relazioni e workshopsincentrati sul lavoro clinico. Allo stato attualenelle istituzioni della salute e della educazione dimolti paesi è cresciuta la domanda rivolta ai

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musicoterapisti affinché essi procurino la provache il loro lavoro sia efficace e di valore. Perciòsarebbe di notevole importanza se, formulatauna proposta, gli operatori non solo usassero illoro tempo per dimostrare la loro modalità diintervento clinico, ma anche che fornissero unmodello chiaro del loro metodo di valutazione,riferendosi direttamente ai casi. È proprio nell'a-rea dell'"assessment" e della valutazione che lamusicoterapia è ancora debole in paragone conaltre professioni mediche, paramediche e in spe-ciali campi dell'educazione. È nostra speranzaoffrire la possibilità di presentare relazioni di altaqualità anche se l'esperienza avuta da preceden-ti congressi ci dice che ci sarà in tale ambito unnumero notevole di proposte. A Leuven fu utiliz-zato il modello "Seminario" per la prima volta,dove, in due ore, due presentazioni di 30 minutie quattro di 10 furono svolte insieme nella stessaarea clinica, permettendo una reale messa afuoco dell'argomento. Noi intendiamo usareancora questo modello a Napoli, dando ai parte-cipanti la possibilità di uno scambio di informa-zioni correlate sui metodi e le esperienze all'in-terno di uno specifico campo clinico. Trovo che leinformazioni più utili ottenute da relazioni clini-che e workshops diano una più chiara compren-sione dell'attuale processo della musicoterapia.Questo può essere coadiuvato da esempi fornitida supporti video e audio e dalla spiegazionechiara del ruolo che la musica sta svolgendo nelprocesso terapeutico. Al Congresso Mondiale diMusicoterapia di Washington nel 1999, sono statiidentificati cinque particolari modelli di musico-terapia che includono teoria, formazione e appli-cazione. Ce ne sono sicuramente di più e in que-sto Congresso le relazioni cliniche possono costi-tuire un punto focale per chiarire meglio i termi-ni della pratica in musicoterapia.

Prof. Tony WigramIstituto di Musica e Musicoterapia

Università di Aalborg

RicercaNegli ultimi cinque anni la ricerca in musicotera-pia si è sviluppata e ha cominciato a stabilirsiall'interno di vari centri europei, nordici e scan-dinavi. Esistono opportunità per ulteriori qualifi-che accademiche basate sulla ricerca, stannoemergendo alcune riviste accademiche e stanascendo una infrastruttura che si occupa diricerca. Questo Congresso ci darà la possibilità dipresentare lavori di ricerca ultimati e progetti diricerca in corso. Mia intenzione è far si cheun'ampia gamma di praticanti abbiano accesso aprogetti di ricerca affinché si sentano ispirati acondurre indagini su una loro pratica clinica.In queste conferenze il tempo è sempre scarso

e ciò che spero è che gli Istituti di ricerca pren-dano al volo l'opportunità di proporre seminaridei loro lavori mostrando progetti conclusi e incorso. Il modello del "Seminario" è descrittonella presentazione dell'Area Pratica Clinica. Ciòdi cui abbiamo bisogno da questi istituti è unaprospettiva circa i loro approcci nella ricerca,come approccio teoretico o come punto di vistametodologico, le loro possibilità di formazioneper lo sviluppo della ricerca e della clinica, itemi allo studio e l'approccio individuale circa itemi di ricerca. Ciò darà agli istituti l'opportu-nità di presentare la loro teoria base sulla ricer-ca e di proporre un accordo affinché i membridegli istituti abbiano il tempo di fornire brevipresentazioni del loro lavoro. Per quelli che pre-sentano relazioni delle loro ricerche concluse ein corso, noi avremo bisogno di identificare ifini dello studio, il contesto di studio nell'ambi-to di un più ampio panorama di musicoterapia oricerca in musica, una concisa bibliografia, unadichiarazione dell'ipotesi se si tratta di uno studio quantitativo, il metodo usato, una rela-

zione sui risultati e una discussione di comequesti risultati siano rilevanti per la pratica inmusicoterapia.Ci sono inoltre opportunità anche per gruppi di

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notiziariopresentare materiale di ricerca correlato a argo-menti di clinica. C'è per esempio una certa varietàdi lavori riguardanti l'uso della musicoterapianella cura della demenza, nel campo delle curepalliative, nella riabilitazione neurologica e nelledifficoltà di apprendimento.Come già detto sopra infrastrutture che si occu-pino di ricerca stanno nascendo e ci sono aree diinteresse che necessitano di essere discusse.Alcuni di questi argomenti sono l'analisi di mate-riale audio e di videotape, schede di "assessment"e questionari per la ricerca musicoterapica,appropriate supervisioni di ricerche, accesso afondi, gruppi di supporto alla ricerca e servizicirca la letteratura in questione.

Prof. David AldridgeResposabile della ricerca qualitativa in Medicina

Facoltà di Medicina, Univ. Witten/Herdecke

InformazioniValentina De Rienzo (segreteria)ISFOM via R. Morghen 36 - 80129 NapoliTel. + 39 081/5789330 - Fax + 39 081/5784059e-mail: [email protected]

Per informazioni più dettagliate consulta lapagina Web:http://www.gdifranco.it/napoli2001.html

VIIº Seminario APIM“Gli strumenti insoliti della Musicoterapia”23/24 Settembre 2000, Hotel La Fenice, Rimini

Siamo giunti al VII° Seminario riminese; unappuntamento annuale che si rivolge prevalente-mente a persone già avviate alla musicoterapia.Per questo si è andato sempre più strutturandonel tempo come momento formativo di secondolivello. Crescono i soci e con loro la qualità delleiniziative che l'associazione propone come contri-buto al mantenimento di una curiosità e fre-

schezza intellettuale, indispensabili alle sfide cheil nostro lavoro quotidianamente propone.Questo VII° Seminario APIM è testimonianza diuna profonda fiducia nel potenziale di crescitache l'appartenenza attiva ad un'associazione pro-duce, in quanto nato a partire dalle tematicheindicate nei questionari compilati dai soci presen-ti agli appuntamenti degli scorsi anni, sviluppatocon il contributo di generosi che hanno prestatoil proprio tempo ed il proprio intelletto alla strut-turazione di un'idea, e realizzato con il coinvolgi-mento di colleghi che si trovavano agli scorsiappuntamenti come uditori e che ora partecipa-no in qualità di relatori.Gli strumenti insoliti della musicoterapia sonodomande prima che risposte: è possibile affianca-re allo strumentario standard della musicoterapiaanche dotazioni inusuali come le apparecchiatu-re elettroniche, gli strumenti accademici o quelliautocostruiti? Quali sono i vantaggi e gli svan-taggi di tali scelte ed in quali contesti si sonorivelate più proficue? Fino a quali orizzonti si èspinta la riflessione sugli aspetti musicologici,simbolici e applicativi in musicoterapia di questistrumenti?Ci è parso che già queste domande valessero l'inte-ro seminario. Ma anche un'altra richiesta dei soci èstata recepita: partecipare dei contenuti.Allora sarà un seminario con più esperienze e menoastrattezze, con più partecipazione e meno distanza.Ogni parola dovrà riferirsi a qualcosa di visto, senti-to; ogni riflessione dovrà essere collettiva, fondarsisu qualcosa che sia accaduto nella stanza, che tuttiabbiano in qualche maniera condiviso.Non solo: il convegno prevede diversi momenti diconfronto tra relatori e uditorio, poiché confidiamoche domande, dubbi ed esperienze a confronto pos-sano alimentare il desiderio di crescita professionale.Invitiamo pertanto ognuno a partecipare nelsenso più cooperativo del termine, già a partireda un primo impegno di adesione e diffusionedell'iniziativa; in secondo luogo auspichiamo l'ar-

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notiziariorivo di ogni congressista affiancato da uno stru-mento, il suo preferito, quello sul quale ha lunga-mente studiato e suonato, o quello che hacostruito pensando specificatamente ad un pro-prio desiderio sonoro; infine, invitiamo tutti, socie simpatizzanti, a partecipare, perché l'APIMsiamo noi!

ProgrammaVenerdì 22/9/200021.00 Arrivo e pernottamentoSabato 23/9/20008.30 - Registrazione iscritti9.00 - PRESENTAZIONE LAVORIGerardo Manarolo9.30 - GLI STRUMENTI AUTOCOSTRUITIMauro Peddis - Fernando Monte15.30 - GLI STRUMENTI ELETTRONICIAndrea Masotti19.30 - CenaDomenica 24/9/20008.30 - Colazione9.00 - GLI STRUMENTI ACCADEMICIFerdinando Suvini - Silvia Poli12.00 - CONCLUSIONI12.30 - CONSEGNA PREMIO APIM13.00 - Pranzo14.30 - ASSEMBLEA SOCI APIM

Modalità d'iscrizioneIl Seminario è riservato ai soci.La quota prevista è di L. 150.000 (SocioSostenitore); per quanti avessero già versato laquota associativa ordinaria per il 2000 si prati-cherà una riduzione di L. 50.000; verrà altresì pra-ticata una medesima riduzione agli iscritti perl'anno in corso alle scuole di musicoterapia diAssisi, della "Linea dell'Arco" di Lecco, del CEFIG diBologna, dello I.A.L. di Saronno e a quelledell'ANFFAS di Genova e di Rivarolo Canavese(produrre documentazione). Il versamento andràeffettuato sul Conto Corrente n. 1531 della Banca

Popolare di Novara - Genova sede, entro il 9 set-tembre 2000.

Sede del seminarioHotel "La Fenice" - Viale Mantova, 96 Rimini.La Direzione dell'Hotel riserva in questa circo-stanza condizioni particolarmente favorevoli aisoci APIM: è possibile infatti usufruire di un pac-chetto di pensione completa (dal pernottamentodi venerdì sera fino al pranzo della domenica) asole L. 140.000 in camera a due letti, con un ulte-riore sconto del 10% sull'importo per l'eventualeterzo letto; il supplemento per la camera singolaè invece di L. 10.000.Chi fosse interessato ad iscriversi dovrà comuni-carlo alla segreteria organizzativa del Seminario,precisando la sistemazione alberghiera desiderata.

Informazioni"La Fenice" è un Hotel di Mirabello di Rimini(Viale Mantova 96) molto semplice da raggiunge-re: per chi arriva in treno alla Stazione di Riminisono disponibili le corse degli autobus n. 10 e 11,dai quali scendere alla fermata n.25; per chi arri-va in autostrada, appena usciti al casello diRimini sud bisogna procedere in direzione Riminiper poche centinaia di metri, fino al primo incro-cio, dove bisogna svoltare a sinistra in direzioneRiccione; procedere per 2 Km circa e al secondosemaforo svoltare a sinistra in Via Rosmini, svol-tare ancora a sinistra in Via Siracusa, e dopo averoltrepassato il sottopasso svoltare a destra inViale Mantova.

Segreteria OrganizzativaMarzia ManciniTel. e Fax 0541/730117

Segreteria ScientificaMassimo borghesiTel. 0338/7746947e-mail [email protected]

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Volume III, Numero 1, Gennaio 1995

Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali e

teleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler,

Vernero, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazione

logopedica (L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’appli-

cazione della musicoterapia con pazienti autistici e in coma

(R. Benenzon) • La musica come strumento riabilitativo (A.

Campioto, R. Peconio) • Linee generali del trattamento musi-

coterapico di un caso di "Sindrome del Bambino Ipercinetico"

(M. Borghesi) • Strumenti di informazione e di analisi della

prassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995

Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento stri-

dente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L'inventiva

del terapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La for-

mazione in ambito musicoterapico: lineamenti per un pro-

getto di modello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G.

Manarolo, C. Bonanomi) • Il suono e l'anima: la divina ana-

logia (M. Jacoviello) • Considerazioni su: dialogo sonoro,

espressione corporea ed esecuzione musicale (R. Barbarino,

A. Artuso, E. Pegoraro) • Aspetti metodologici, empatia e sin-

tonizzazione nell'esperienza musicoterapeutica (A. Raglio) •

Esperienze di musicoterapia: nascita e sviluppo di una comu-

nicazione sonora con soggetti portatori di handicap (C.

Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996

Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla perce-

zione uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M.

Gilardone, I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione

musicale (C. Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: rifles-

sioni su due esperienze di musicoterapia (M. Mancini) •

Musicoterapia e stati di coma: riflessioni ed esperienze (G.

Garofoli) • Il caso di Luca (L. Gamba) • Disturbi del linguag-

gio e Musicoterapia (P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996

Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo)

• La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M.

Gilardone, I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazio-

ne sonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso, G.

Emanuelli, P. Salza, C. De Bacco) • La creatività musicale (M.

Romagnoli) • Musicoterapia e processi di personalizzazione

nella Psicoterapia di un caso di autismo (L. Degasperi) • La

Numero 0, Luglio 1992

Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •

Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazio-

ne al parto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambi-

to psichiatrico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •

L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M.

Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993

Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) •

Metodologie musicoterapiche in ambito psichiatrico (M.

Vaggi) • Aspetti di un modello operativo musicoterapico (F.

Moser, I. Toso) • La voce tra mente e corpo (M. Mancini)

•Alcune indicazioni bibliografiche in ambito musicoterapico

(G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993

Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R.

Benenzon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair)

• La Musicoterapia: proposta per una sistemazione catego-

riale e applicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi delle

percezioni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L.

Postacchini, C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche in

ambito neurologico (M. Gilardone) • I linguaggi delle arti in

terapia: lo spazio della danza (R. De Leonibus) • La musico-

terapia nella letteratura scientifica internazionale, 1ª parte

(A. Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994

Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interio-

re (W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e la

Musicoterapia (R. Benenzon) • Ascolto musicale e

Musicoterapia (G. Del Puente, G. Manarolo, P. Pistarino, C.

Vecchiato) • La voce come mezzo di comunicazione non ver-

bale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994

Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M.

Jacoviello) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità

(D. Morando) • Gruppi di ascolto e formazione personale (M.

Scardovelli) • Esperienza estetica e controtransfert (M. E.

Garcia) • Funzione polivalente dell’elemento sonoro-musica-

le nella riabilitazione dell’insufficiente mentale grave (G.

Manarolo, M. Gilardone, F. Demaestri)56

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articoli pubblicati

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Volume VI, Numero 2, Luglio 1998

Modelli musicali del funzionamento cerebrale (Giuseppe

Porzionato) • La mente musicale/educare l’intelligenza musi-

cale (Johannella Tafuri) •

Reversibilità del pensiero e pensiero musicale del bambino

(Fulvio Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività (Maurizio

Benedetti) • Inchiostro, silicio e sonorità neuronali (Alberto

Colla) • Le valenze del pensiero musicale nel trattamento dei

deficit psico-intellettivi (Ferruccio De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999

E se la musica fosse…(Maurizio Spaccazocchi) • Una noce

poco fa (Denis Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (Gerardo

Manarolo) • La musica allunga la vita?(M. Maranto, G.

Porzionato) • Musicoterapia e simbolismo: un’esperienza in

ambito istituzionale (Anna Maria Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999

Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale

(Maurizio Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in

Musicoterapia (Giandomenico Montinari) • Formarsi in

Musicoterapia (Pierluigi Postacchini) • Prospettive formative e

professionali in Musicoterapia (Pio Enrico Ricci Bitti) • Un

coordinamento nazionale per la formazione in Musicoterapia

(Gerardo Manarolo)

Volume VIII, Numero 1, Gennaio 2000

Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (Giuseppe

Porzionato) • L’utilizzo della Musicoterapia nell’AIDS

(Andrea Ricciotti) • L’intervento musicoterapico nella riabili-

tazione dei pazienti post-comatosi (Rita Meschini) •

Musicoterapia e demenza senile (Francesco Delicato) •

Musicoterapia e AIDS (Roberto Ghiozzi) • Musicoterapia in

un Servizio Residenziale per soggetti Alzheimer (Manuela

Picozzi, Denis Gaita, Lia Redaelli)

recettività musicale nei pazienti psichiatrici: un'ipotesi di

studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Remotti) • Musica e

Psicosi: un percorso Musicoterapico con un gruppo di

pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997

La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo della

Musicoterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro che

produce senso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • La

Musicoterapia non esiste (D. Gaita) • L'Anziano e la Musica.

L'inizio di un approccio musicale (B. Capitanio) • Riflessioni

su una esperienza di ascolto con un soggetto insufficiente

mentale psicotico (P. Ciampi) • Un percorso musicoterapico:

dal suono silente al suono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • La

comprensione dell'intonazione del linguaggio in bambini

Down (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997

Gli effetti dell'ascoltare musica durante la gravidanza e il tra-

vaglio di parto: descrizione di un'esperienza (Pier Luigi

Righetti) • Aspettar cantando: la voce nella scena degli affet-

ti prenatali (Elisa Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico

dell'ascolto creativo (Massimo Borghesi) • Musicoterapia e

Danzaterapia: le controindicazioni al trattamento riabilitati-

vo di alcune patie neurologiche (C. Laurentaci, G. Megna) •

L'ambiente sonoro della famiglia e dell'asilo nido: una possi-

bile utilizzazione di suoni e musiche durante l'inserimento

(Maria Grazia Farnedi) • La Musicoterapia Prenatale e

Perinatale: un'esperienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998

Le spine del cactus (Claudio Lugo) • L’improvvisazione nella

musica, in psicoterapia, in musicoterapia (Pier Luigi

Postacchini) • L’improvvisazione in psicoterapia (Andrea

Ricciotti) • L’improvvisazione nella pratica musicoterapica

(Massimo Borghesi) • La tastiera elettrica fra educazione e

riabilitazione: analisi di un caso (Pier Giorgio Oriani) • Ritmo

come forma autogenerata e fantasia di fusione (Giovanni Del

Puente, Stefania Remotti) • Aspetti teorici e applicativi della

musicoterapia in psichiatria (Fabio Moser, Giovanni Maria

Rossi, Ilario Toso).

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.publispace.com/cosmopolis

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1) I colleghi interessati a pubblicare articoli originalisulla presente pubblicazione sono pregati di invia-re tre copie dattiloscritte ed una copia su dischet-to redatta secondo il programma Word perWindows (tipo RTF) al seguente indirizzo: Dr. Gerardo Manarolo, Vico Curletto Chiuso, 5/6 16121, Genova.

2) L'accettazione dei lavori è subordinata alla revisionecritica del comitato di redazione.

3) La comunicazione di accettazione verrà inviatanon appena il comitato di redazione avrà espressoparere favorevole alla pubblicazione.

4) Il testo degli articoli dovrà essere redatto in linguaitaliana e accompagnato dal nome e cognome del-l'autore (o degli autori) completo di qualifica pro-fessionale, ente di appartenenza, recapito postalee telefonico.

5) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenereai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunicazio-ne, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazione, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell'infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L'Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medicina, Merano,1991, pp. 197-205.

6) Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli Autori. La proprietà lettera-ria spetta all'Editore, che può autorizzare la ripro-duzione parziale o totale dei lavori pubblicati.

I Quaderni Italiani di Musicoterapia sono distribuitipresso le Librerie Feltrinelli.

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anorme redazionali

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