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Nell’ambito delle ricerche promosse dall’Istituto di Storia delle Tradizioni Popolari dell’Università “La Sapienza” di Roma (Facoltà di Lettere), in collaborazione e con il contributo dell’Istituto Storico Germanico di Roma e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Carpitella, accompagnato da Linda Germi, si reca in questo paese della provincia di Salerno e registra i brani contenuti nella raccolta 136h. I giorni di ricerca sul campo sono tre: il 7 Febbraio, in cui vengono registrati quattro brani, l’8 Febbraio, giorno in cui sono raccolti 19 brani e il 3 Marzo, quando vengono registrati tre brani alla chitarra. Allo stato attuale, però, possiamo contare su soli 21 brani, in quanto le bobine che con-tengono gli altri cinque non sono state ancora trovate; i brani rimasti rappresentano, comunque, la summa della musica tradizionale palomontese. I generi sono disparati, legati alle varie fasi dell’anno e feste religiose oppure a occasione indeterminata, eseguiti come mezzo di svago e divertimento. Gli esecutori sono tutti di una località di campagna, lontana dal centro del paese, la frazione Scorzo, accomunati da legami di parentela e comparanza, riconosciuti dalla comunità come abili esecutori e musicisti. Gli strumenti utilizzati sono quelli tradizionali della cultura agro-pastorale meridionale: la zampogna, la ciaramella e l’organetto Degli esecutori di allora oggi ne sono rimasti in vita quattro: Vito Fornataro, zampognaro, organettista e cantante, Antonietta Monteforte, cantante, Paolo Fornataro, zampognaro, e sua moglie, la cantante Maria Di Muro. Di questa ricerca non si è serbata memoria collettiva, ma è ricordata e custodita gelosamente, ancora oggi, solo dagli informatori.

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IVV

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Universit degli Studi di Roma La Sapienza - Facolt di Lettere e FilosofiaCorso di Laurea in Teorie e Pratiche dellAntropologiaElaborato di Laurea in Etnomusicologia

LAUREANDOSimone ValituttoMatricola 1103157RELATOREGiovanni Giuriati

MUSICA A PALOMONTE-1975.Le registrazioni della raccolta 136 degli Archivi di Etnomusicologia dellAccademia Nazionale di Santa Cecilia.

Editrice

Nuova Cultura RomaAnno Accademico

2007 2008

Composizione grafica a cura dellAutore

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Indice

Introduzionepag. XIParte Prima FASI E PROTAGONISTI DELLA RACCOLTApag. 1Capitolo primo Le ricerche in Campania pag. 3Capitolo secondo La ricerca a Palomonte pag. 9Capitolo terzo Gli strumenti delle registrazionipag. 13Capitolo quarto Gli esecutoripag. 174.1. Vito Fornataropag. 174.2. Paolo Fornataropag. 19

4.3. Maria Di Muropag. 21

4.4. Gli altripag. 23

Parte Seconda I BRANIpag. 25Premessapag. 27

Capitolo primo Canti ad occasione determinata pag. 281.1. Il ciclo della vitapag. 28

1.1.1. Ninne Nannepag. 29

1.1.2. Filastrocchepag. 30

1.1.3. Canti damorepag. 32

1.2. Il ciclo dellannopag. 33

1.2.1. Canto del Gioved Santopag. 33

1.2.2. Canti per la Madonnapag. 36

1.2.3. Canto per San Gerardopag. 40

1.2.4. Novena di Natalepag. 43

Capitolo secondo Canti di lavoropag. 472.1. Canti allaria e di mietiturapag. 47Capitolo terzo Canti ad occasione indeterminatapag. 533.1. Canto militarepag. 533.2. Tarantellapag. 54

3.3. Canto alla cilentanapag. 56

Conclusionipag. 61Appendicepag. 65

Testipag. 65Altri testipag. 85

Proposta di ricatalogazionepag. 93Immaginipag. 102

Bibliografiapag. 115Sitografiapag. 119

Se lelaborato di laurea non prevede una Dedica, eliminare, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) posta alla fine.

Ad Angelo, Antonia, Armando e Maria,le mie radici.

Se lelaborato di laurea non prevede una Premessa, eliminare, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) posta alla fine.

Introduzione

Dopo aver sentito parlare in una lezione di etnomusicologia degli Archivi di Etnomusicologia dellAccademia Nazionale di Santa Cecilia, per saperne di pi, ho visitato il suo sito e, per scherzo, ho inserito nel motore di ricerca il nome del mio paese, Palomonte. La sorpresa nel vedere la pagina con i risultati stata grande: la musica tradizionale di questo piccolo paese della provincia di Salerno era stata al centro di una ricerca sul campo effettuata da uno dei pionieri e fondatore delletnomusicologia italiana, Diego Carpitella, nel 1975. Allepoca il paese era ancorato alla cultura agro-pastorale plurisecolare, poich nelle abitazioni solo da pochi anni erano arrivate le trasformazioni tecnologiche legate allelettricit, allacqua corrente, i telefoni non erano ancora molto diffusi, lutilizzo di mezzi meccanici aveva, da poco, rivoluzionato i lavori agricoli. Il cambiamento vero e proprio, per, arriv, violentemente, col sisma del 1980, che caus labbandono del centro storico, determin la nascita di un grosso centro abitativo a valle formato da container e, con gli anni della ricostruzione, disperse il paese nelle campagna, fino ad allora scarsamente abitate.

Nellambito delle ricerche promosse dallIstituto di Storia delle Tradizioni Popolari dellUniversit La Sapienza di Roma (Facolt di Lettere), in collaborazione e con il contributo dellIstituto Storico Germanico di Roma e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Carpitella, accompagnato da Linda Germi, si reca in questo paese della provincia di Salerno e registra i brani contenuti nella raccolta 136h. I giorni di ricerca sul campo sono tre: il 7 Febbraio, in cui vengono registrati quattro brani, l8 Febbraio, giorno in cui sono raccolti 19 brani e il 3 Marzo, quando vengono registrati tre brani alla chitarra. Allo stato attuale, per, possiamo contare su soli 21 brani, in quanto le bobine che contengono gli altri cinque non sono state ancora trovate; i brani rimasti rappresentano, comunque, la summa della musica tradizionale palomontese. I generi sono disparati, legati alle varie fasi dellanno e feste religiose oppure a occasione indeterminata, eseguiti come mezzo di svago e divertimento. Gli esecutori sono tutti di una localit di campagna, lontana dal centro del paese, la frazione Scorzo, accomunati da legami di parentela e comparanza, riconosciuti dalla comunit come abili esecutori e musicisti. Gli strumenti utilizzati sono quelli tradizionali della cultura agro-pastorale meridionale: la zampogna, la ciaramella e lorganetto Degli esecutori di allora oggi ne sono rimasti in vita quattro: Vito Fornataro, zampognaro, organettista e cantante, Antonietta Monteforte, cantante, Paolo Fornataro, zampognaro, e sua moglie, la cantante Maria Di Muro. Di questa ricerca non si serbata memoria collettiva, ma ricordata e custodita gelosamente, ancora oggi, solo dagli informatori. Per reperire le informazioni mi sono servito delle registrazioni (ho avuto la possibilit di riversare in un Cd 14 dei 21 brani della raccolta 136h registrati a Palomonte e ho consultato i brani restanti), ho potuto leggere le schede redatte sul campo, ho letto vari scritti sulla musica tradizionale campana e meridionale, sugli strumenti popolari ed articoli su riviste specializzate. Insieme al lavoro in biblioteca e in archivio, ho effettuato una piccola ricerca sul campo, incontrando Linda Germi, gli informatori ancora in vita, i parenti di coloro che, purtroppo, sono morti, anziani estranei alle registrazioni, ma abili esecutori e cantori. Le informazioni ricavate hanno permesso di integrare, con alcune parti mancanti, i canti registrati in maniera incompleta e di ricostruirne modi e tempi di esecuzione.

Questa tesi si pone lobiettivo di redigere un quadro quanto pi completo sui brani registrati a Palomonte che fanno parte della raccolta 136h ed costituita da due diverse parti. Il primo capitolo della prima parte dedicato alla descrizione delle ricerche effettuate, dal 1972 al 1976, da Diego Carpitella e dai suoi collaboratori in Campania. Ho tratto da diverse fonti scritte notizie circa la spedizione in questa regione, elencandone le motivazioni, le fasi e gli incontri sul campo. Nel capitolo successivo ho descritto le fasi della ricerca che port Diego Carpitella e Linda Germi a Palomonte (avvicinamento degli esecutori, preparativi e effettuazione delle registrazioni) basandomi esclusivamente sulle notizie ricavate da miei incontri con gli esecutori ancora in vita. Lapproccio diverso di questo capitolo lo rende ricco di particolari ed aneddoti, che la narrazione scientifica del primo capitolo non ha. Il secondo capitolo comprende anche lelenco delle bobine registrate e dei brani contenuti. Il terzo capitolo dedicato alla descrizione degli strumenti suonati durante le registrazioni (zampogna, ciaramella, organetto e chitarra a quattro corde) dal punto di vista organologico e dal punto di vista delle funzioni assunte sia nel passato che oggi. Il capitolo successivo, il quarto, contiene tutte le informazioni ricavate dallincontro con tre esecutori delle registrazioni ancora in vita, comprendente cenni biografici, rapporto con la musica popolare dei protagonisti e notizie su fasi ed esecuzioni delle registrazioni. Sempre in questo capitolo, ho tracciato dei brevi ritratti degli esecutori, purtroppo, non pi in vita, ricavando informazioni dai loro parenti, dai superstiti e da altri anziani. La seconda parte comprende lanalisi dei brani registrati divisi in base alloccasione in cui venivano eseguiti. Nel primo capitolo di questa parte ho studiato i canti ad occasione determinata, ho descritto i brani legati al ciclo della vita (ninne nanne, filastrocche e canti damore) e a quello dellanno (canto del Gioved Santo, canti mariani, canto per San Gerardo e novena natalizia). Nel capitolo successivo, ho analizzato i canti di lavoro o allaria. Nel terzo capitolo sono presenti i brani eseguiti in occasioni indeterminate (canti militari, tarantelle, canti alla cilentana). Di ogni canto sono stati analizzati il repertorio di appartenenza, modalit e tecniche di esecuzione, funzione sociale o educativa, il testo e eventuali rime. Nella parte successiva ho inserito le osservazioni finali riguardo ai brani e alla mia prima esperienza di ricerca sul campo. Lappendice, costituita da ulteriori informazioni aggiuntive su brani e protagonisti della ricerca a Palomonte. Inizia con la trascrizione dei testi dei canti e dei dialoghi contenuti nelle bobine, corredata da informazioni riguardanti data, esecutori ed eventuali strumenti suonati. Successivamente ho inserito i testi, corredati dalle stesse informazioni, di canti simili o raccolti successivamente (da me o da altri) ai brani registrati nel 1975. Sono presenti, inoltre, una proposta di ricatalogazione dei brani, per correggere alcune imprecisioni individuate durante lanalisi e una galleria di mie fotografie dedicata ai protagonisti e ai luoghi legati alle registrazioni.

Parte Prima

FASI E PROTAGONISTI DELLA RACCOLTASe lelaborato di laurea non diviso in parti, ma in capitoli, eliminare questa pagina, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) che segue.

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Capitolo primo

LE RICERCHE IN CAMPANIA Le registrazioni effettuate a Palomonte fanno parte della raccolta 136h, una delle tredici raccolte registrate, sotto la direzione di Diego Carpitella, nellambito dellattivit scientifica dellIstituto di Storia delle Tradizioni Popolari dellUniversit La Sapienza di Roma (Facolt di Lettere), in collaborazione e con il contributo della sezione musicale dellIstituto Storico Germanico di Roma e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), tra il 1972 e il 1976 in Campania e custodite oggi negli Archivi di Etnomusicologia dellAccademia Nazionale di Santa Cecilia.

Fino ai primi anni 70, si confondeva la musica popolare campana, prettamente agro-pastorale, con la canzone napoletana, di natura artigiano-urbana; la mancata distinzione di queste due tipologie musicali non teneva conto delle marcate differenze tra i due livelli culturali di repertori, modalit esecutive, rapporto con la scrittura e strumenti (Giuriati 1996: 281). La ricerca promossa da Carpitella aveva lobbiettivo di indagare in questarea folklorica poco esplorata e analizzare repertori di musica vocale e strumentale particolarmente ricchi e significativi. Scrive Sandro Biagiola, che dal 1949 al 1971 le ricerche di Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi in Campania avevano prodotto la registrazione di 299 brani, suddivisi in 7 raccolte (Biagiola 1993: 192). Il catalogo on line degli Archivi di Etnomusicologia dellAccademia di Santa Cecilia, contiene varie raccolte di origine campana: la raccolta 006 (RAI-Sede di Napoli), la raccolta 024T (Alan Lomax), la raccolta 105 (Mario De Concilio), la raccolta 118 (E. Di Paolo). Unaltra raccolta, effettuata nel 1965 da Carpitella a Napoli, per la festa di S.Gennaro (la Raccolta 11 LM) depositata presso la Discoteca di Stato (Biagiola 1986). Per quanto riguarda le ricerche di Leydi, probabilmente sulla zampogna campano-lucana, non ho trovato alcun riferimento nei cataloghi consultati.

Il progetto iniziale della ricerca dellIstituto di Storia delle Tradizioni Popolari era verificare la persistenza della pratica della lamentazione funebre in Campania, ma i risultati, sotto questo punto di vista, furono poco significativi; furono, infatti, registrate delle lamentazioni solo a Felitto, in provincia di Salerno, il 2 Novembre 1975. Le localit toccate dai ricercatori furono trenta: tre in provincia di Caserta (Marcianise, Prata Sannita e Recale), otto nel napoletano (Afragola, Frattamaggiore, Frattaminore, Giuliano, Pomigliano dArco, Somma Vesuviana e la stessa Napoli), cinque in provincia di Benevento (Castelvetere, Cerreto, Motta, SantAgata dei Goti e Solopaca), cinque in provincia di Avellino (Bellizzi, Cassano Irpino, Celzi, Montemarano con le frazioni Casale e Ponteromito, Serino) e sei in provincia di Salerno (Atena Lucana, Auletta, Felitto, Laurino con le frazioni Pruno e Villa Littorio, Palomonte e Polla) (Ricci 1999/2000: 73). Parteciparono alle raccolte studenti e borsisti della cattedra di Diego Carpitella: Sandro Biagiola, Maria Linda Germi, Fiorella Greco, Aurora Milillo, Franca Romano. Dal 72 al 76 furono registrati circa 1560 brani, suddivisi in 13 sottoraccolte, catalogate in lettere progressive dellalfabeto, in base a data e luogo di registrazione. Di questa grande quantit di documenti, pochissimi sono stati studiati o hanno rappresentato il punto di partenza per ulteriori ricerche da parte dei membri dellequipe di ricerca o di altri etnomusicologi. Il flauto doppio di Celestino Coscia, il cui repertorio contenuto nella raccolta 136i, stato analizzato dallo stesso Carpitella in due occasioni (Carpitella 1974 e 1992). Le registrazioni della tarantella del Carnevale di Montemarano, sempre della raccolta 136i, integrate da altre registrazioni sul campo effettuate da Giovanni Giuriati, sono state il punto di partenza di un articolo del 1982 (Giuriati 1982). Le ninne nanne e i canti dei venditori ambulanti del vesuviano sono state registrate e analizzate da Sandro Biagiola (Biagiola 1989 e 1992). Infine, un brano della raccolta 136f, la ninna nanna Santu Nicola registrata a Motta (Bn) il 29 giugno 1974, analizzato da Giorgio Adamo (Adamo 1994).

Lequipe di ricercatori guidata da Carpitella, pi volte, si trov a contatto, sullo stesso campo di ricerca o a scambiarsi informazioni, con altri gruppi di studiosi, che negli stessi anni stavano effettuando registrazioni o sopralluoghi in varie localit campane, formati in primis da Roberto De Simone e Annabella Rossi, a cui si aggiungono i loro collaboratori, Paolo Apolito e Marialba Russo o studiosi indipendenti, come Lello Mazzacane. La presenza, in tempi e luoghi identici per motivi affini, comport momenti di collaborazione (molte informazioni furono fornite dagli studiosi campani che ricevevano direttamente dai loro studenti segnalazioni di feste in cui era presente anche lelemento musicale) e di antagonismo (al Carnevale di Montemarano del 1975, racconta Paolo Apolito, ci fu uno scontro tra Diego Carpitella ed Annabella Rossi, che erano buoni amici) (Ricci 1999/2000: 81). Le spedizioni in Campania furono caratterizzate anche dallimportanza, che sarebbe diventata sempre pi preponderante, dellelemento visivo durante le ricerche sul campo. Infatti, e non solo da membri dellequipe vera e propria, furono scattate una lunga serie di fotografie; nel biennio 73-75, inoltre, Diego Carpitella (Giannattasio 1991: 98-99), una di queste interess proprio larea campana. I registratori utilizzati erano UHER e NAGRA, i nastri originali da di pollice sono 129, pi 11 cassette, contenenti per lo pi interviste, e sono stati conservati, fino al 1993, dal Dipartimento di Studi glottoantropologici e discipline musicali - Cattedra di Etnomusicologia della Facolt di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma, quando, insieme alle schede da campo, gli indici, lelenco dei nastri e delle fotografie a corredo, sono stati donati agli Archivi di Etnomusiclologia. Tra il 1994 e il 1996 la raccolta stata duplicata su supporti DAT e analogici, 44 sono conservati presso la Discoteca di Stato, dove sono stati riversati, e 84 presso gli Archivi di Etnomusicologia , insieme ai nastri originali, il prof. Antonello Ricci si occupato della duplicazione e catalogazione sul computer (Ricci 1997: 208). Una terza copia, composta da 30 cassette analogiche, si trova presso la Cattedra di Etnomusicologia della Facolt di Lettere e Filosofia della Sapienza di Roma (Ricci 1999/2000: 73-74). La raccolta 136h stata digitalizzata nel luglio 2008 nel laboratorio tecnico degli Archivi di Etnomusicologia dal dott. Walter Brunetto e da Luciano DAleo.

La raccolta 136h comprende, oltre ai brani registrati a Palomonte venerd 7 e sabato 8 Febbraio 1975, nove tarantelle registrate a Serino (Av) il 9 Febbraio, domenica di Carnevale, quattro brani registrati a Somma Vesuviana (Na) l11 Febbraio, giorno di Carnevale, e domenica 6 Aprile, sette brani registrati a Pomogliano dArco (Na) luned 31 Marzo. Ad effettuare le registrazioni sono sempre gli stessi studiosi, Diego Carpitella e Linda Germi. Questa raccolta si intreccia con la successiva, la 136i, in quanto il 16 Febbraio, domenica successiva al Carnevale, e sabato 29 Marzo i ricercatori si recano nuovamente a Montemarano (Av). Inoltre, sono presenti, sempre nella raccolta 136i, brani registrati sabato 5 e domenica 6 Aprile rispettivamente a Somma Vesuviana e Pomigliano DArco. Gli ultimi brani di questa raccolta sono datati sabato 3 Maggio e arrivano ancora da Somma Vesuviana. Da quanto emerge, il percorso delle ricerche stato organizzato in modo da assistere ai Carnevali di Serino, Somma Vesuviana e Montemarano. La divisione in due raccolte (la h e la i), probabilmente, dovuta al fatto che la 136h stata registrata interamente da Diego Carpitella e Linda Germi, che preferirono iniziare una nuova raccolta a Montemarano. In seguito, nella raccolta 136i si aggiunsero i brani registrati da Sandro Biagiola e Fiorella Greco a Somma Vesuviana e Pomigliano DArco. Ci spiegherebbe anche il perch brani registrati negli stessi paesi e negli stessi giorni sono contenuti in due raccolte diverse. La presenza a Palomonte il 7 e 8 Febbraio sarebbe dovuta alla vicinanza geografica con la provincia di Avellino, non dalla presenza di festeggiamenti rituali e spettacolari del Carnevale.

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Capitolo secondo

LA RICERCA A PALOMONTE Palomonte un paese della provincia di Salerno, la sua posizione geografica situata tra la Basilicata e lIrpinia, ne ha influenzato la cultura popolare e, in modo particolare, la musica tradizionale. Non sono riscontrabili generi e strumenti dellarea vesuviana e della parte settentrionale della provincia salernitana, come la tammurriata e le fronne, la tammorra e il putip, mentre luso della zampogna lo avvicina, culturalmente, alla Lucania (Gala 1999 e 2007). Le poche ricerche in Campania effettuate prima degli anni 70, lambirono il territorio di Palomonte: nel 1955 Alan Lomax si rec a SantArsenio, Caggiano, Polla, tutti paesi del Vallo di Diano, e a SantAndrea di Conza (Av), situati nellarco di 30 km di distanza e, inoltre, erano ben conosciute le zampogne di Colliano e San Gregorio Magno, paesi confinanti. Sempre nel 1975, Carpitella e la Germi effettuarono delle registrazioni ad Auletta, Atena Lucana e Polla, paesi, geograficamente e culturalmente, molto vicini a Palomonte, contenute nella raccolta 136l.

Le informazioni circa le fasi e i momenti della ricerca a Palomonte le ho avute grazie ai ricordi, in alcuni particolari, fervidi, degli esecutori che ho incontrato, mentre Linda Germi non mi ha fornito nessuna notizia in merito, avendo pochissimi ricordi confusi di quei giorni. I contatti con gli esecutori di Palomonte furono stretti quattro mesi prima, nellottobre del 1974, precisamente la prima domenica, giorno in cui la tradizione popolare celebra San Gerardo Maiella presso il santuario di Materdomini, frazione di Caposele, paese in provincia di Avellino. In questo giorno, racconta Paolo Fornataro, pellegrini di Palomonte, accompagnavano una centa votiva, portata, per ringraziare il santo del buon esito di un intervento chirurgico, da Maria Di Muro. Come si usava in quegli anni, la centa era accompagnata da numerose persone che avevano il compito di sostenere, fisicamente ed emotivamente, la penitente. Gli aiuti fisici potevano tradursi in sostenimento della struttura, agevolando i momenti in cui ci si doveva chinare o bisognava indossare o deporre la centa, gli aiuti emotivi erano costituiti da incoraggiamenti, esortazioni a continuare la forma penitenziale e, soprattutto, in momenti di canto e musica strumentale. Ha raccontato Vito Fornataro che Linda Germi fu attratta da questa pratica e dalla grande condivisione che lelemento musicale creava tra i partecipanti. Vi prendevano parte Vito e Paolo Fornataro in funzione di zampognari, insieme ad altri ciaramellari di San Gregorio Magno ingaggiati appositamente. Il canto era appannaggio delle donne, parenti, come z Ndinuccia (Antonia Di Muro), commare, come Antonietta Monteforte o vicine, come Rosaria Cupo e Maria Valitutto, di Maria Di Muro. I brani eseguiti furono quelli dedicati al santo di Muro Lucano, suonate con zampogna e ciaramella, mentre lorganetto, probabilmente, non era presente. La ricercatrice, secondo alle notizie fornite da Vito Fornataro, fece numerose domande ai pellegrini di Palomonte, scatt alcune fotografie e cerc di avere dei contatti per rincontrare questi musicisti ed effettuare delle registrazioni. Dopo circa quattro mesi, alcuni giorni prima del 7 Febbraio, ci fu la notizia che sarebbero arrivati da Roma dei professori per registrare canti e ballate tradizionali. Il lasso di tempo trascorso pu essere letto in diversi modi, primo fra tutti, come limpossibilit dei ricercatori di recarsi sul campo, per motivi legati ad impegni accademici o personali (ad esempio, il 5 Dicembre 1974 muore il regista Pietro Germi, padre di Linda). Il ritorno a Napoli, il 23 Dicembre, di Carpitella che, insieme a Giuseppe Rocca, registra la raccolta 136g, interamente dedicata alla Cantata dei pastori, potrebbe significare che la spedizione a Palomonte fosse gi inserita nellitinerario legato al Carnevale. Ritornando agli esecutori, tutti i partecipanti al pellegrinaggio furono contattati da Paolo Fornataro e Maria Di Muro, nella cui casa si sarebbero effettuate le esecuzioni. La piccola stanza che, il 7 e l8 Febbraio 1975, ospit le registrazioni era gremita da una trentina di persone, esecutori e loro parenti, e dalle attrezzature, registratore e luci, portate dai ricercatori, come ricordato da Maria Di Muro. Latmosfera era abbastanza eccitata, in quanto si stava facendo qualcosa dimportante e assolutamente nuova, la confusione che traspare dallascolto dei nastri incisi in quei giorni rovina, in alcune parti, le registrazioni, ma, al contempo, le rende pi veritiere, ricreando, a piccole dosi, il clima in cui erano effettuate suonate e canzoni. Furono registrati venticinque brani, divisi in sei bobine secondo questordine:Numero bobinaBrano

Bobina 1 (mancante)Tre stornelli di mietitura

Canto per San Gerardo (frammenti)

Bobina 2001 Nina nanna (frammento)

002 Canto del Gioved Santo

003 Canto per la Madonna

Bobina 3 a004 Tarantella

005 Tarantella

006 Novena di Natale

007 Tarantella

008 Canto per San Gerardo

009 Canti di mietitura

Bobina 3 b010 Tarantella

011 Alla morese

012 Tu scendi dalle stelle

013 Canto militare

Bobina 4 a014 Serenata

015 Tarantella

Bobina 4 b016 Due canti allaria

017 Canto allaria

018 Filastrocca

019 Filastrocca

020 Canto religioso

021 Canto per la Madonna di Montevergine

Nei due giorni di lavoro, furono raccolti brani eseguiti in occasioni diverse e in diverse modalit, costituendo un riassunto della musica tradizionale palomontese. I ricercatori, per, si accorsero che mancava un pezzo importante del repertorio strumentale, le suonate ed accompagnamenti della chitarra, in questo paese fornita di sole quattro corde. Linda Germi ritorn da sola, luned 3 Marzo, suscitando qualche commento dimbarazzo, a casa di Paolo Fornataro per registrare alcuni brani con la chitarra, lo zampognaro, non potendo eseguire i canti allaria da solo, si rec a casa del vicino Angelo Cruoglio, anziano musicista, insieme alla moglie e alla figlia che fungeva da interprete alla ricercatrice. Furono registrati tre brani, in una bobina.

Numero bobinaBrano

Bobina 13 (mancante)Serenata

Serenata

Tarantella

Purtroppo, oggi, di questa bobina non c traccia, probabilmente andata perduta, come la bobina numero uno.

Se il presente capitolo non viene utilizzato, eliminarlo, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) posta alla fine.

Capitolo terzoGLI STRUMENTI DELLE REGISTRAZIONI

Per lesecuzione dei brani registrati sono stati utilizzati i tipici strumenti della cultura agro-pastorale meridionale: la zampogna, la ciaramella e lorganetto.

La zampogna diffusa a Palomonte del tipo centro-meridionale a chiave, fornito di quattro canne disuguali, due bordoni e due chanters, impiantate nel blocco frontale, lotre costituito soprattutto da pelli di capra, raramente di pecora. Le dimensioni variano, modificando nome e timbro dello strumento, l unit di misura, variabile, il palmo, nellarea salernitana sono presenti zampogne di 2 e , 2, 3, 4, 5 e 6 palmi. La ciaramella un oboe senza piroette (Guizzi 2002: 215) ad ancia doppia, costruito con diverse qualit di legno, strutturato in 7 + 1 fori. Dalle schede redatte sul campo, sappiamo che per le registrazioni utilizzata la zampogna a tre palmi e che suonata da Paolo Fornataro, mentre, la ciaramella, suonata da Vito Fornataro. Questi strumenti sono utilizzati per lesecuzione della novena natalizia (parte cantata, 006, e pastorale, 012), di una tarantella (007) e di un canto in onore di S. Gerardo (008). Si nota, quindi, lutilizzo di questi strumenti soprattutto per canti religiosi e devozionali, per questo posso essere definiti (Germi 1977). La zampogna e la ciaramella a Palomonte sono ancora suonati, le tecniche esecutive sono state tramandate dai primi suonatori (come Vito e Paolo Fornataro) ai loro figli, per arrivare ora ai nipoti; sono, infatti, gli ultimi discendenti, residenti sempre nella zona Scorzo, coloro che oggi utilizzano questi strumenti, oramai suonati esclusivamente in occasione delle festivit natalizie. Pochi lo fanno in altre circostanze e conoscono repertori diversi dalla novena, nessuno, oggi come allora, li sa costruire, oggi, come nei decenni passati, ci si rifornisce dai costruttori di Colliano o di San Gregorio Magno, anche dal punto di vista organologico c stata unevoluzione degli strumenti (utilizzo di nuovi legni, ance costruite con materiali plastici).

Altro strumento, oramai, divenuto tradizionale lorganetto, (Giannattasio 1979: 12), diffuso, a partire dalla seconda met dell800, nelle varianti di due, quattro, otto e dodici bassi. Nei brani della raccolta 136h sono stati usati due tipi di organetto: un 4 bassi, suonato da Vito Fornataro, e un 8 bassi, suonato da Donato Di Muro. Lorganetto accompagna il ballo (sono registrate solo tarantelle,004, 005, 015, ma il repertorio tradizionale comprende anche mazurca, polka e quadriglia ) e alcuni canti (010, 011, 014), anche se queste esecuzioni sono le pi scadenti perch i versi cantati si sentono male. Questo strumento di transizione (Giannattasio 1979: 86) ampiamente suonato oggi a Palomonte, in molti iniziano a suonarlo da piccoli (in media, da otto o nove anni) guidati da maestri, pi o meno professionisti, perdendo dunque lautonomia di repertorio propria dellimparare a suonare ad orecchio, osservando o imitando abili suonatori. Oggi sono suonate perlopi canzoni o melodie del centro Italia (abruzzesi, marchigiane) o del repertorio canzonettistico ( Carnevale di Venezia, La Campagnola ecc.) presenti in libricini usati per linsegnamento o riprese da audiocassette e cd di campioni e virtuosi dellorganetto, mentre solo poche melodie tradizionali resistono, quelle suonate dagli anziani e quelle legate ad alcuni canti. Al giorno doggi, per alcuni, lorganetto lunico strumento della musica tradizionale, ed accompagna soprattutto le feste, sia di piazza che cerimonie private come matrimoni e battesimi, perdendo la funzione aggregante di protagonista dello svago nelle serate non ancora egemonizzate dalla televisione.

Dalle schede di campo risultano registrate il 3 Marzo 1975 due serenate e una tarantella con chitarra a quattro corde eseguite da Antonio Cruoglio, ma ancora non sono state trovate negli Archivi. Ho avuto loccasione di ascoltare e vedere questo strumento suonato da Paolo Fornataro, uno degli ultimi conoscitori di questa forma particolare di chitarra. Probabilmente, questo strumento deriva da un antico utilizzo della chitarra battente a quattro corde, attestato nellarea lucana, particolarmente nel Cilento e Vallo di Diano (Gala 2007: 315). Col tempo, per, alcune caratteristiche della chitarra battente, come il fondo bombato e la rosa (Gala 2007: 316), sono sparite e si adattata la chitarra francese. Sono rimaste le resistenze del numero delle corde, tutte alte, e del modo di suonarla, > (Gala 2007: 316). Le quattro corde sono suonate per pochissimi accordi di accompagnamento ai canti allaria e alle tarantelle. Questo strumento, come daltronde la zampogna, era diffuso principalmente nella zona Scorzo di Palomonte, anche se erano presenti alcuni abili esecutori anche nella localit limitrofa di Pezzelle. Purtroppo in questi anni le chitarre a quattro corde sono scomparse a causa della venuta meno degli antichi musicisti e al mancato ricambio generazionale. Lunico suonatore, a mia conoscenza, ancora in vita Paolo Fornataro.

Altri strumenti della tradizione, non suonati durante le registrazioni sono i flauti di canna e le castagnole (Gala 2007: 435).

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Capitolo quarto

GLI ESECUTORI Gli esecutori delle registrazioni di Palomonte hanno numerosi tratti in comune: la provenienza, risiedevano, infatti, tutti nella frazione chiamata Scorzo (Fig. 2 pag. 103 dellAppendice), limitrofa ad una pianura molto fertile, sede, fino al 1800, del Lago di Palo e ai territori di Buccino, Colliano e San Gregorio Magno, erano legati da rapporti di parentela o comparanza e tutti si trovavano nella stessa situazione economico-sociale, tutti erano contadini (questa informazione stata inserita nelle schede di campo) con un livello bassissimo di scolarizzazione. Oggi, dopo 33 anni, ne sono rimasti in vita solo quattro, poich gli altri esecutori erano, gi nel 1975, in et avanzata.

4.1. Vito Fornataro Ho incontrato Vito Fornataro (Z Vit r Purtus), contadino di 69 anni con una breve esperienza emigratoria in Germania, a casa sua la sera del 18 Ottobre 2008. Avendogli gi accennato il motivo della mia visita, era preparato e per nulla sorpreso dalle mie domande. Conserva un vivido ricordo di quei giorni del 1975 ed lui a informarmi di alcune fasi della ricerca che non conoscevo. Il signor Fornataro racconta che i suonatori di Palomonte furono contattati da una donna (probabilmente Linda Germi) la prima domenica dellottobre del 1974 a Caposele durante un pellegrinaggio al santuario di S.Gerardo Maiella. Lui, ed altri suonatori, accompagnavano una centa, per effettuare le registrazioni. Vito Fornataro lesecutore di sei brani: suona la ciaramella nei brani 006, 007, 008 e 012, canta in 006 e 014 e suona lorganetto nel brano 004. Gli ho fatto ascoltare alcuni brani della raccolta 136h, ha riconosciuto subito chi cantava o suonava e commentato le esecuzioni, apprezzandone alcune, criticandone altre. In particolar modo ha criticato lesecuzione canora di Donato Di Muro del brano numero 014, a causa della voce poco chiara. Al contrario, le strofe cantate da lui stesso gli risultavano pi gradite e la voce possente. Ascoltando gli altri brani, insieme alla moglie, che ricorda di aver assistito alle registrazioni avvenute in casa di Paolo Fornataro, zio di Vito e zampognaro, pi volte pronunciava la frase: , ricordando chi morto. Un altro brano che ha colpito in modo particolare Vito Fornataro il numero 002 (Canto del Gioved Santo), poich da molto tempo non pi eseguito, ha esclamato: , ricordando come le voci delle cantanti riecheggiassero grazie alla buona acustica della Chiesa madre Santa Croce (Fig. 11 pag. 111). Gli piace risentirsi, soprattutto nel suonare la zampogna o la ciaramella, poich si ritiene un bravo esecutore di questi strumenti che considera superiori agli altri, in quanto dotati di unaura magico-religiosa, unici strumenti tradizionali suonati per canzoni religiose, come la novena di Natale (006, 012) e il canto per S.Gerardo (008). Pi volte, esaltando le sue doti di esecutore, ha raccontato episodi particolari capitati durante la sua attivit di zampognaro, che possono dividersi in due tipologie ricorrenti: quando ha fatto sfigurare altri suonatori di Palomonte e quando la sua abilit stata riconosciuta da gente che capisce. Non apprezza il modo di suonare dei suoi compaesani, probabilmente frutto di antiche rivalit, sorte forse anche durante le gare di zampogna e organetto che fino a pochi anni fa erano organizzate a Palomonte, ha raccontato diversi aneddoti accaduti mentre suonava insieme o sostituiva un compaesano, dove coloro che assistevano alla novena apprezzavano di pi il suo modo di suonare e di cantare piuttosto che quello di altri zampognari palomontesi. Fatti del genere sono accaduti a Napoli, Olevano sul Tusciano, Ponticelli. Gli unici con cui si trova bene sono i suonatori di Colliano, da cui si rifornisce degli strumenti, con cui suona spesso e che segue durante loro eventuali spettacoli. Altre volte gli capitato di essere apprezzato da gente acculturata e forestiera, professionisti (come professori, avvocati) o studiosi di musica e tradizioni popolari, si cruccia ancora di non aver dato il suo numero di telefono a una signora di Roma conosciuta a Valva durante i festeggiamenti in onore si San Michele Arcangelo. Non sapeva, di essere apprezzato come un esecutore tradizionale da alcuni studiosi che lo hanno conosciuto direttamente, quando lo ha saputo il suo orgoglio cresciuto ulteriormente. Apprezzato dalla comunit come musicista, dice di saper suonare la doppia ciaramella, ma di non apprezzarne il suono, e di non aver voluto imparare a suonare la chitarra, ma soprattutto come cantante, da circa sei anni non canta pi in seguito a problemi alle corde vocali. Ancora, per, cita i versi di canti tradizionali che conosce, recitandoli. Ha detto che tra qualche anno suoner solo per s stesso, non porter pi, come fa ora, le novene in giro per le frazioni di Palomonte, n ai defunti del cimitero e si dedicher ad unaltra sua passione, la costruzione di posate di legno. 4.2. Paolo Fornataro Paolo Fornataro (Paul r Purtus) un contadino, classe 1929, che, da membro di una famiglia che stava a mezzaparte, riuscito ad acquistare terreni propri e a permettere ai figli lavvio di unattivit imprenditoriale nel campo dei trasporti. Ha la grande passione della musica, un abile polistrumentista (ha suonato per molti anni la zampogna, suona ancora oggi la chitarra e lorganetto) e cantante. Ho incontrato Paolo Fornataro e sua moglie Maria Di Muro nella loro casa, circondata dalle abitazioni di tre figli, il pomeriggio del 18 Dicembre 2008. Avevo gi accennato al loro primo figlio lintenzione di chiedergli notizie e informazioni circa la venuta, nel 1975, di ricercatori di Roma che avevano registrato canti e suonate tradizionali, perci avevano avuto modo di ritornare con la mente a quei giorni di trentatre anni fa. I ricordi del sig. Fornataro sono vividi e precisi, ricorda le modalit in cui era stato contattato a Caposele, lavviso, alcuni giorni prima del 7 Febbraio, che i ricercatori sarebbero andati a trovarlo a casa sua, gli inviti fatti a coloro che avevano partecipato al pellegrinaggio nellottobre dellanno precedente, le possenti attrezzature di registrazione, le luci poste sulla scena. I ricordi di Paolo Fornataro si spingono anche al 3 Marzo, quando Linda Germi ritorn da sola a Palomonte con lintento di registrare altri canti ad aria e lui volle, per avere un compagno nel canto, recarsi a casa del vicino Angelo Cruoglio, insieme alla moglie e alla figlia, che fungeva da tramite tra la ricercatrice e gli esecutori, dicendo in italiano, quello che i musicisti eseguivano e cantavano, in modo da far compilare le schede di campo correttamente. Il rapporto con la Germi sarebbe continuato anche in seguito, quando un suo figlio, che lavorava a Roma, incontr la ricercatrice che lo ospit a casa sua. Ha suonato la sua zampogna a tre palmi nei brani 006, 007, 008 e 012. Ascoltando le registrazioni ha riconosciuto subito i musicisti dalla tecnica esecutiva e gli strumenti (la zampogna tre palmi e gli organetti di diversi bassi). Riguardo ai canti, soprattutto quelli ad aria, si chiesto il motivo dellassenza di un accompagnamento strumentale ed la moglie a rispondere dicendo che i professori di Roma avevano voluto cos per sentire le parole. Il rammarico di essere lunico in famiglia a suonare, fatta eccezione di un figlio che suona la zampogna esclusivamente e durante la novena natalizia a Capaccio-Paestum e Campagna, forte in lui che ancora oggi suona la chitarra e lorganetto. Inoltre, ha preso una chitarra a quattro corde, regalatagli dal figlio circa trenta anni fa di ritorno dalla Germania, ha impiegato circa tre quarti dora per accordarla secondo i suoi gusti, ha suonato ed accompagnato il canto di sua moglie (pag. 91-92 dellAppendice). In seguito ha suonato una tarantella con il suo organetto a due bassi e ha musicato il canto della moglie, usando solo i bassi e i primi tasti del lato destro. Mi ha permesso di registrare tutto, la sua generosit si spinta fino alla proposta di registrazioni successive, anche insieme ad altri musicisti e cantanti.

4.3. Maria Di Muro Maria Di Muro, classe 1934, una contadina la cui semplice vita stata segnata ed allietata dal canto. Sin da piccola andava, per cantare accompagnata dal padre Donato Di Muro, presente nella registrazione, nelle case di parenti ed amici; la sua notevole abilit nei canti ad aria e nellimprovvisazione stata un mezzo con cui si relazionava agli altri. Ha raccontato diversi episodi in cui, cantando, ha lanciato diversi messaggi a suoi ammiratori, ha rotto un fidanzamento, ha ammaliato altri ragazzi, ha conquistato il marito, con cui, a diciannove anni, avrebbe fatto la fuitina. Il canto ha contrassegnato altri momenti importanti della sua vita, legati a problemi di salute, quando, in varie occasioni ha accompagnato con la sua voce le cente di familiari e parenti o lei stessa stata a portarla. Lottobre del 1974 fu lei a portare la centa al santuario di S. Gerardo Maiella, dopo un intervento ai calcoli renali, anche se non sosteneva il peso intero della costruzione votiva, perch, per evitare complicazioni alla ferita, era aiutata da altre persone. Verso il suo canto si rivolsero le attenzioni di Linda Germi che fece numerose domande sulle tecniche e le finalit del canto, di l a qualche mese ci fu la visita a Palomonte della stessa ragazza e di Diego Carpitella. La sig.ra Maria chiam le parenti e vicine che lavevano accompagnata a Caposele, con loro esegu diversi canti. La sua voce riconoscibile nella maggior parte dei brani (002, 003, 009, 010, 011, 016, 017, 018, 019, 020, 021). I suoi ricordi sono vividi, il riascoltare le voci di persone ormai scomparse molto emozionante. Il primo canto ascoltato stato quello eseguito il Gioved Santo, appena ha sentito la sua voce ha detto di aver sentito un brivido, ricorda le strofe e la magia che questo canto esercitava, in quanto erano in molti a chiedere a lei e alle sue compagne cantanti di eseguire questo canto durante ladorazione in chiesa. Altri momenti per lei molto emozionanti sono stati lascolto della voce del padre, Donato Di Muro, che non ascoltava dalla morte di lui e dei primi versi del brano numero 016, dove viene messa in versi la morte di un bambino, in questi momenti si zittita e la sua solarit scomparsa. Numerosi sono i commenti sulle altre esecutrici, di z Ndinuccia (Antonia Di Muro) ricorda la conoscenza di numerosissime canzoni, di Antonia Monteforte commenta la risposta nel canto ad aria numero 009, quando la chiama cara cummara, di Rosaria Cupo esclama che si rivolge direttamente al figlio (Antonj mije), nella ninna nanna, il brano 001. Dei brani non da mai un giudizio tecnico, ma ne apprezza tutte le parti, soprattutto quelle polivocali. La sua abilit nel canto sempre riconosciuta, ancora oggi accompagna diverse cente al santuario di Materdomini, quando non potuta andare per motivi di salute, racconta che le donne pi giovani sono andate da lei a chiedere informazioni circa le tecniche e le modalit desecuzione del canto, mancando alla sua funzione di guida in loco, ha sopperito fungendo da guida spirituale. Oggi le occasioni di canto sono sempre minori, essendo legate soprattutto a momenti religiosi, la mancata esecuzione di altri repertori le sta facendo lentamente dimenticare la grande quantit di canti conosciuti, anche a causa di mancanza di fiato che le impedisce di cantare come una volta. Accompagnata dal marito con chitarra e organetto, ha eseguito due canti ad aria, in cui la sua capacit dimprovvisazione risaltata in maniera eccellente e la forza della sua voce riecheggiata nella stanza (pag. 91-92 dellAppendice).

4.4. Gli altri

Un altra esecutrice ancora in vita, si tratta di Antonietta Monteforte (nata nel 1936), ma non ho potuto incontrarla perch, dopo la morte del marito, non vive pi a Palomonte, ma abita con la figlia a Contursi Terme. Di lei, per, da Maria Di Muro, ho saputo che prese parte anche al pellegrinaggio a Montevergine, poich erano strette da un legame di comparanza e che era una delle compagne frequenti nel canto, sia in occasioni comunitarie, come le celebrazioni religiose, che in occasioni private. Canta nei brani 003, 009, 010, 011, 018, 021. Suonatore del suo organetto otto bassi e cantante, Donato Di Muro (conosciuto come Runat r Cazzera) il padre di Maria. Era considerato un abile esecutore, si racconta che andasse a persino a pascolare il gregge con il suo strumento, e per questo era molto ricercato durante le serate dincontro in casa di parenti e amici, in cui accompagnava le danze e i canti, e per lesecuzione delle serenate. Molte volte si faceva accompagnare dalla figlia Maria. Suona lorganetto nei brani 005, 010, 015, canta e suona nei brani 011 e 014. Antonia Di Muro morta da molti anni, essendo la pi anziana delle esecutrici; conosceva molte canzoni, colei che in varie occasioni guidava il canto ed esortava le altre donne a cantare intervenendo fuori campo. Canta nei brani 002, 003, 009, 010, 011, 013, 016, 017, 018, 019, 020 e 021. La sua famiglia ha avuto ed ha ancora oggi (un figlio e un nipote sono zampognari) uno stretto rapporto con la musica popolare.

Maria Valitutto ricordata con affetto poich scomparsa prematuramente prima di cinquantanni a causa di una cirrosi epatica. Partecipa al canto nei brani 009 e 021Unaltra cantante Rosaria Cupo, deceduta da alcuni anni. Canta nei brani 001, 003, 009, 016, 017 e 021. Angelo Cruoglio, sappiamo dalle schede di campo, nel 1975 aveva 68 anni; sarebbe scomparso da l a qualche anno, lasciando un grande ricordo di abile esecutore alla chitarra e di cantante dalla voce molto profonda.

Parte Seconda

i braniSe lelaborato di laurea non diviso in parti, ma in capitoli, eliminare questa pagina, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) che segue.

PREMESSA

I diversi repertori della musica tradizionale, per poter essere studiati meglio, sono stati classificati in base ai modi desecuzione e alle occasioni. I modi desecuzione sono le norme melodico-ritmiche acquisite e cristallizzate dalla comunit e sono rappresentati dai canti a voce sola, polivocalit e polifonia, brani vocali-strumentali e brani strumentali. Le occasioni si distinguono in: determinate, dove ad un tipo di esecuzione corrisponde un'unica circostanza, distinguibili in ciclo della vita (canti che scandiscono le diverse fasi della vita composti da ninne nanne, canti di nozze e lamenti funebri), ciclo dellanno (musiche e canti eseguiti in un preciso momento dellanno, in occasione di festivit religiose o fasi del ciclo vegetale) e canti di lavoro (accompagnano ritmicamente lesecuzione di lavori agricoli, artigiani, legati allestrazione di materie prime o alla pesca) e indeterminate, dove lo stesso genere musicale si adatta a diverse circostanze con puro intento dintrattenimento (Giuriati 1983: 559) (Giuriati 1996: 286-287).

Poich i 21 brani registrati a Palomonte rappresentano una summa dei generi musicali tradizionali di questo paese, ho preferito, anche per delinearne una breve descrizione dei tratti della cultura contadina e pastorale, in cui lelemento musicale accompagna tradizioni, gestualit, costruzioni e doni votivi, momenti di superstizione e preghiera, classificare i brani in base alle occasioni di esecuzione, non tralasciandone completamente le modalit.

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Capitolo primo

CANTI AD OCCASIONE DETERMINATA 1.1. Il ciclo della vita I canti riferibili al ciclo della vita sono legati allet, non dellesecutore, ma del destinatario, si passa dallinfanzia delle ninne nanne, alla giovinezza dei canti di nozze e (di norma) alla vecchiaia dei lamenti funebri. Ogni fase dellesistenza segnata da un repertorio ben definito dal punto di vista testuale, ritmico e melodico, con temi e figure ricorrenti e modalit desecuzione specifiche. Destinare ad ogni fase della vita suoni e ritmi propri significa cadenzare il passaggio dal rapporto madre-figlio allimmersione nella societ, da unet allaltra, da un gruppo familiare allaltro, dalla vita terrena alla morte. La particolarit di questi repertori la debolezza nei confronti di nuovi repertori musicali extra-tradizionali e di nuovi mezzi per combattere le crisi che il passaggio comporta. Infatti, mentre altri repertori tradizionali, come i canti religiosi o i canti dintrattenimento sono eseguiti, con la stessa funzione, ancora oggi, questi sono perlopi scomparsi e sostituiti, mentre sono rimasti i rituali tradizionali di protezione (per ci che concerne i bambini), di prosperit (per le nozze) e di facilitazione del cammino dopo la morte. Le registrazioni del 1975, fortunatamente, hanno cristallizzato alcuni brani di questo repertorio, permettendo di analizzarli puri, cos comerano eseguiti un tempo. Non abbiamo, per, esempi di lamenti funebri, questa mancanza non sintomo dellassenza, ma della diversa concezione che questo genere aveva assunto, in quanto modalit di elaborazione del lutto da sfuggire, perch considerata inutile e sintomo di arretratezza; in alcuni casi, per, la ritroviamo con caratteristiche e finalit diverse.

1.1.1. Ninne nanne

La ninna nanna il primo repertorio del ciclo esistenziale (Giuriati 1983: 559), oltre alla funzione principale di far addormentare i bambini ne sopperisce altre (Durante 2002): il primo mezzo che avvicina il bambino allelemento musicale e linguistico della sua cultura, momento di sfogo del disagio femminile in una societ patriarcale come quella agro-pastorale dellItalia meridionale, le cui tecniche di esecuzione vocale e mimica si avvicinano molto a quelle della lamentazione funebre (Lomax 1955/56), permette la protezione del bambino quando il sonno ne diminuisce le difese, attraverso implorazioni (alla personificazione del Sonno, alla Madonna, ai santi) o promesse, riflessioni sulla bellezza e rassicurazioni (Biagiola 1989: 131). Grazie alla molteplicit di funzioni, la ninna nanna un genere molto diffuso, non solo nella cultura contadina. Numerose sono le registrazioni effettuate, anche durante le ricerche in Campania dal 72 al 76.

A Palomonte stata registrata una sola ninna nanna, dalle note di campo si deduce che un frammento, il brano 001 (pag. 65 dellAppendice), il 7 Febbraio, eseguita da Rosaria Cupo. Carpitella chiede allinformatrice di ripetere il brano in maniera pi lenta. La strofa eseguita nel brano precedente contiene una variazione, introdotta tra quattro nuovi versi (due iniziali e due finali). Dal punto di vista metrico, ogni strofa divisa in due versi, di misure diverse, la rima ricorre solo negli ultimi due versi (cicilion / ragion). Il ritmo libero e sono presenti piccole pause e melismi a fine strofa. Il brano caratterizzato da continui inviti espliciti (adduorm nenna mia, c suonn fn / E ruom Antonj mije, ca suonn e fan / ruorm figlj mij c hai ragion) e impliciti (Vol rorm e vol rumine / stu creature mij vol rorm) ad addormentarsi, dalla presenza di stereotipi (Ninna ninna nonna) e rassicurazioni materne (ruorm figlj mij c hai ragion). Rosaria Cupo inserisce nel canto una vena di realismo riferendosi direttamente al figlio Antonio.

1.1.2. Filastrocche

Inserita nel repertorio del ciclo della vita, la filastrocca legata al repertorio infantile della musica popolare; pu assumere diverse funzioni, come far saltellare il bambino sulle ginocchia, incoraggiarlo ai primi passi, favorire la fisiologica propensione al movimento del bambino, legare, ancora di pi, madre e figlio, fornire occasione di gioco (Leydi 2001: 14-15). A volte, sidentificano, per tematica e formule, alla ninna nanna, da cui differiscono per ritmo e modalit desecuzione. Questo il caso del brano 019 (pag. 81-82 dellAppendice) della raccolta 136h, catalogato come ninna nanna, infatti presenta la formula nonsense allincipit (E ninna ninna nonna) e il tema religioso (sono citati la Madonna, Ges Bambino, SantElisabetta, San Giovanni, lAnnunziata), ma la struttura ritmico-melodica ne fa una filastrocca. Il canto eseguito da Maria Di Muro. Analizzando il testo, accanto ad episodi narrati nel Vangelo, come la nascita di Ges e la visita di Maria alla zia Elisabetta, si delineano i personaggi fornendo attributi fisici (bellu bambin, piett tonna), descrivendone le azioni ( figliata, coglj li fiur bell, faca lu pan, sngunucchjaj, passa, sta assettat, paddurare), semplici, compiute nella vita di tutti i giorni, che non hanno nulla di divino. Altro elemento da notare lattribuzione di tre sorelle a Ges bambino. Sono presenti quattro rime baciate e altrettante assonanze a fine verso, che conferiscono ai versi brevi la possibilit di essere ricordati facilmente e di eseguirli velocemente. Questa filastrocca stata raccolta di nuovo, nel 1996, da alcuni studenti di Palomonte, con piccole variazioni (pag. 85-86 dellAppendice). Il brano seguente, il numero 020 (pag. 82 dellAppendice), stato erroneamente classificato come un canto religioso dedicato alla Madonna del Rifugio, probabilmente perch si confuso cruc (croci) con rifuggiu (rifugio). In realt, questo non un canto religioso, bens la continuazione della filastrocca precedente, il brano 019. La confusione pu essere stata causata dalla presenza di due cantanti, infatti cantato da Antonia (due versi) e Maria Di Muro (un verso), e dalla presenza di una figura sacra come la Madonna. Al contrario, la forma quasi recitata, il ritmo veloce e la presenza di una reminescenza nel brano analogo raccolto nel 1996 (pagina 85-86 dellAppendice) rende questi versi la parte conclusiva della filastrocca. Linvocazione alla Madonna delle croci, anche se le caratteristiche a lei attribuite fanno riferimento alla luna (luc, S bella e s calant), la cantante paragona, probabilmente, le altre donne che avrebbero partecipato al canto, a delle zingarelle che vengono (in pellegrinaggio?) da lontano.

Il brano numero 018 (pag. 80-81 dellAppendice) indicato nelle schede di campo come canzonetta, ma gli elementi ritmici e testuali ne fanno una filastrocca. Esso comprende due componimenti diversi. A differenza del brano precedente, analizzando il testo, in cui lelemento centrale il matrimonio, possiamo catalogare questi due pezzi come filastrocche contenenti insegnamenti di ordine pratico, che, scherzosamente, trasmettono al bambino i parametri sociali entro cui dovr vivere. Pi specificamente, si tratta di due pezzi distinguibili sia per motivi metrici (il secondo costituito da versi pi lunghi), che per motivi ritmici e melodici.

La prima parte, eseguita da Maria Di Muro, incentrata nel giorno festivo della domenica (anche se il primo verso udibile recita E festa lunaria, elemento riconducibile ad una rassegna di tutti i giorni della settimana), giorno di buon augurio per nozze felici, dove lamore , in senso metaforico, una catena indissolubile. Dal punto di vista metrico, abbiamo una rima baciata (matina / cucina) e una alternata (alluntan / salut), il resto dei versi contiene delle assonanze. Curiosa la presenza di tre ragazze in giro per casa (chi ncamera, chi in cucina, chi funesta) e la contestazione di, probabilmente, unaltra cantante, che fuori campo afferma che lesecuzione della filastrocca non giusta. La seconda parte eseguita da Antonietta Monteforte, che canta la prima strofa, e Antonia Di Muro, che canta la seconda. Il testo sincentra sulle aspettative del banchetto di nozze, invitati compresi, e sulla scoperta, da parte dei genitori della sposa, della presenza dellamato. Lesecuzione delle due strofe, in rima baciata particolare: i primi due versi della prima strofa, diventano gli ultimi due della seconda, e viceversa. Da notare la presenza di due piante, la malva e lortica, in connessione con il pranzo di nozze.

1.1.3. Canti damore

Occorre parlare di canti damore al posto dei canti di nozze perch a Palomonte non sono rimasti brani di questo repertorio, mentre nel 1975 stata registrata una serenata, genere legato al corteggiamento e al fidanzamento, quindi, anticamera, delle future nozze. Repertorio esclusivamente maschile sia per ci che concerne il canto, anche se raramente cantava linnamorato, in quanto ci si rivolgeva a cantanti professionisti, che per laccompagnamento musicale, strumento principale era la chitarra e, a volte, lorganetto. Portare la serenata sotto casa dellamata significava manifestare il proprio amore alla ragazza e alla sua famiglia e ufficializzarlo agli occhi dellintera comunit. Questo repertorio era eseguito prettamente di notte e i musicisti, a volte, erano ingaggiati allultimo momento. Oltre ai messaggi trasmessi dalluomo, inseriti in testi ricolmi di amore in cui si elogiava la bellezza dellamata, anche colei che riceveva la serenata poteva lanciare dei messaggi, anche se velati e simbolici, come una finestra socchiusa o una luce accesa. Oltre alla serenata amorosa, in passato, esistevano altri tipi di serenate: quella nuziale, eseguita alla vigilia o la sera delle nozze, quella amicale, dedicata ad un amico in procinto di partire (per il servizio militare o come emigrante) e quella a dispetto, in cui chi aveva subito un torto cantava tutta la propria rabbia (Gala 2007: 213-216). Il brano 014 (pag. 76-77 dellAppendice) eseguito da Donato Di Muro, che oltre a cantare, suona lorganetto e da Vito Fornataro; lalternanza del cantante ad ogni strofa, permette di confrontare le due tecniche esecutive: pi chiara e fiorita, con melismi ricorrenti, soprattutto a fine strofa, quella del Fornataro, poco chiara e subordinata allorganetto, con cui sostituisce, nelle ultime strofe, i melismi, quella di Di Muro. Dopo ogni strofa c un intermezzo strumentale, di lunghezza variabile, che serve a differenziare le esecuzioni e ad intonare il canto, suonato solamente con i bassi e i primi tasti del lato destro dellorganetto. I pochi versi che sono riuscito a trascrivere non forniscono molte informazioni circa la forma testuale, anche se si evince che il canto indirizzato direttamente allamata (s la mia, vaje tu, Me haje fatt) e compaiono delle evocazioni a chi accompagna lesecuzione (cumpare mija).

1.2. Il ciclo dellanno La scansione del tempo nella societ contadina era condizionata dal ciclo vegetale, determinato dal susseguirsi delle stagioni, dalle condizioni atmosferiche e dai lavori agricoli, congiunto al ciclo delle festivit religiose, ampliamente dipendente dal primo, in quanto molti culti e pratiche religiose sorsero per scongiurare crisi del raccolto ed ebbero una connotazione stagionale. I brani raccolti a Palomonte eseguiti in questoccasione sono tutti legati alle celebrazioni religiose pi importanti per la comunit (Pasqua, Annunciazione e Assunzione celebrate nel santuario di S. Maria di Sperlonga, festa di S. Gerardo, Natale). Non sono presenti, dunque, canti di fertilit, di buona riuscita del raccolto, di protezione dai fenomeni atmosferici, in quanto, questa funzione assolta perlopi da scongiuri in versi e da rituali domestici.

1.2.1. Canto del Gioved Santo La Settimana Santa, anticamera della rinascita pasquale, un periodo altamente ritualizzato, in cui ogni singolo giorno caratterizzato da usanze diverse a seconda della posizione geografica. In molti paesi dellItalia meridionale, tra cui Palomonte, sono ricorrenti alcuni tratti: il silenzio delle campane legate, interrotto la notte del Sabato Santo, lutilizzo di idrofoni a raschiamento chiamati troccole per sostituire il richiamo delle campane, la preparazione di pani e dolci tradizionali, lallestimento nelle chiese del sepolcro e di una scenografia che richiama lultima cena, il dono di germogli di cereali cresciuti al buio, rappresentazioni penitenziali della passione, processioni, riti con elementi comico-carnascialeschi. Probabilmente, deriva da unantica rappresentazione dei Misteri e della ricerca dellAddolorata del figlio il bel canto liturgico eseguito la notte del Gioved Santo durante ladorazione del S.S. Sacramento dalle donne, purtroppo non pi eseguito, ma cristallizzato da Carpitella nel 75 nel brano 002 (pag. 66-67 dellAppendice), che lo definisce Passione del Gioved Santo, della raccolta 136h, eseguito da Maria Di Muro e Rosaria Cupo. Il canto polivocale ed guidato dalla signora Cupo, che intona le prime parole dogni verso, seguita dallaltra cantante ad unaltezza diversa. Ogni verso termina con un lungo melisma, le voci sono acute, a volte, strozzate. Il testo, a differenza di altri canti eseguiti durante la Settimana Santa, in dialetto, le strofe sono ripetute due volte, tranne la nona, la decina e la dodicesima e, tra la prima e la seconda esecuzione dello stesso verso, sono presenti delle piccole differenze testuali. La messa in scena della passione di Cristo vede come protagonisti diversi personaggi che i Vangeli descrivono ai piedi della croce o lungo la Via Crucis (San Giovanni, Maria Maddalena, Simone di Cirene, Santa Veronica). Il personaggio principale sicuramente Maria Addolorata, che in questo canto parla o la destinataria del canto, attraverso il suo dolore, rappresentato scenograficamente da una violenta caduta, e il suo canto protetto assurge alla sua funzione culturale di: (De Martino 2000: 301). I topos presenti sono numerosi: labolizione del canto il Gioved Santo (Cc oje Giovr Sant e nun si cante) la descrizione del dolore di Ges (Ges Crist staje in Passione, lu suo figlj fac u gran lamenta) e di quello di Maria, trasformato, simbolicamente, in caduta (era alerta e cara nfaccia a terra, Ma tanta fort f quera caru ta, Maria nun se put lv ra la terra ), la descrizione delle fasi della Passione (il velo di Santa Veronica che asciuga il volto di Cristo, la deposizione dalla croce), seguire il viaggio-itinerario indicato da Ges (O viv o muort e nuje lu truarame, la strada chi amm f add vaggiarane?, Quann simm arruat in quella cittne). Con certezza pu essere attribuito allAddolorata il quarto verso in cui si rivolge a San Giovanni, che parla in prima persona in questa scena, mentre in altri versi descritta con il manto nero o mentre cade (paradossalmente, al posto di Cristo). Sappiamo dalle stesse cantanti (alla fine del canto) e dallincertezza e ripetitivit dellultimo verso che il testo incompleto, mancante della parte finale. Numerose assonanze nelle parti melismatiche permettono la ripetizione di suoni ricorrenti: -ante (cante, mante, sant(e)), -ort (puort, muort), -ane (viaggiarane, cittane), -ella (novella), -accia (faccia). Per fortuna, anche se il canto non pi eseguito, altri versi sono serbati nella memoria delle anziane di Palomonte. E Antonia Grossi, di ottantanni, a cantarmi i versi finali, in cui si narra della ricerca di Cristo da parte della madre, lincontro e il dono materno di un manto per coprire le carni nude (pag. 86-87 dellAppendice).

Numerose sono le analogie con altri canti eseguiti i Gioved Santo in altre localit meridionali, soprattutto lucane e irpine, in cui, insieme al canto, si conservata la tradizionale rappresentazione per le vie del paese dei Misteri, di cui non c traccia a Palomonte (pag. 87 dellAppendice). Questa sacra rappresentazione, in origine, si divideva in due giorni: il Gioved era rappresentata la ricerca di Ges da parte di Maria, la peregrinazione tra le vie di Gerusalemme, i colloqui con San Pietro, Ponzio Pilato e San Giovanni e, infine, il ritrovamento durante la flagellazione alla colonna; il Venerd erano rappresentate la Via Crucis, la crocifissione e la morte di Cristo (Acocella 1936: 37-38). Questo non era lunico brano ad essere eseguito la sera del Gioved Santo. Uninformatrice mi ha recitato i versi di un canto in cui era percorso il corpo straziato di Cristo in croce (pag. 87-88 dellAppendice), tema ricorrente in altre esecuzioni folkloriche meridionali (Ricci 1996: 97).

1.2.2. Canti per la Madonna I culti mariani a Palomonte, come in tutto il meridione, sono importantissimi non solo dal punto di vista religioso, ma anche socio-culturale, in quanto, nei giorni di festa dedicati alla Madonna, la comunit si ritrova unita a pregare, implorare, cantare, comprare, ballare in cambio di una grazia. Il culto di diverse madonne, caratterizzate da nomi e attributi particolari, pu essere inserito interamente nel filone dei culti delle antiche divinit femminili erogatrici di fertilit e della buona riuscita del raccolto (Cibele, Iside, Demetra o Cerere), di cui conservano i tratti musicali del canto e del ballo orgiastico. A Palomonte sono presenti quattro chiese dedicate alla Vergine: il santuario della Madonna di Sperlonga, di origine bizantina, lAnnunziata (o Madonna del Rosario), posta alla sommit del monte su cui erto il centro storico, di origine paleocristiana, la cappella della Madonna delle Grazie di origine quattrocentesca e la parrocchia Madonna di Pompei, della prima met degli anni 50. Oltre al culto delle titolari di queste chiese e alle feste annuali, anche in altre occasioni si venera la Vergine, come nel caso della festa della Madonna del Carmine e del recente fervore religioso per la Madonna di Medjugorje, nato in seguito ad un sogno miracoloso i cui sviluppi sono molto interessanti dal punto di vista etno-antropologico. La fede popolare esplode, per, maggiormente in occasione di due date, dal forte valore simbolico, il 25 Marzo, lAnnunciazione, e il 15 Agosto, lAssunzione, che sono celebrati nellantico santuario di Sperlonga (Fig. 12, pag. 112). La leggenda vuole che fu proprio la Madonna, apparendo ad una bambina infreddolita a cui avrebbe donato dei carboni ardenti nel grembiule da portare alla madre, a volere lerezione di questa chiesa nella posizione attuale, in prossimit di un sistema cavernicolo abitato sin dal paleolitico, che ospit un comunit di primi cristiani che consacr al nuovo credo i luoghi di antichi culti sacrificali con croci e simboli cristiani e, in seguito, una laura di monaci brasiliani di rito greco. Il culto della Madonna di Sperlonga, chiamata cos, poich, si racconta, che la statua in pietra provenga da una grande caverna (la grotta Palomma), sempre stato centrale non solo per i palomontesi, che in questi giorni ritrovano lunit, in quanto la presenza di tre grandi frazioni (Bivio, Valle e Perrazze) che si contendono il primato commerciale e si dividono in fazioni durante le elezioni comunali, ne ha lacerato lo spirito di comunit; ma anche per tutti gli abitanti del comprensorio. Il 24 Marzo e il 14 Agosto nei pressi del santuario si fanno due grandi fiere dove, fino a pochi anni fa, era ancora presente la compravendita del bestiame. Oggi si vendono soprattutto indumenti, stoviglie e piantine di ortaggi e rappresentano ancora momento centrale per leconomia della comunit e domestica. Il 25 Marzo e il 15 Agosto una grande folla si reca in pellegrinaggio, gli emigrati ritornano dalla Germania e dallItalia settentrionale, si riallacciano i fili spezzati di vecchie amicizie e parentele, si formano numerosi gruppetti di persone desiderose di salutarsi, di sapere notizie, di vedere come si cambiati. Molti sono i doni votivi alla Madonna in cambio di una grazia: chi consegna del denaro, chi dona oggetti in oro e argento, altri portano ceri pi o meno grandi. Altrettanto varie sono le forme penitenziali, alcune donne, sedendosi di fronte alla facciata del santuario, accendono i ceri, aspettando che lentamente si consumino, inoltre, da pochi anni, si ripresa lusanza di portare la centa, formata da una struttura di legno cubica cui sono legate numerose candele, decorata con fiori di plastica, nastri colorati e unimmagine della Madonna di Sperlonga, infine, camminando scalzi durante la processione serale. Anche dal punto di vista musicale questa festa centrale, poich si esegue lunico canto religioso tradizionale resistito al tempo e gli zampognari della prima generazione riprendono gli strumenti per suonare davanti la statua della Madonna antiche pastorali.

Le registrazioni del 1975 contengono due brani eseguiti durante la visita a questo santuario: lo 003 (pag. 67-68 dellAppendice), eseguito da Maria Di Muro, Rosaria Cupo, Antonia Di Muro, Antonietta Monteforte, e lo 021 (pag. 83-84 dellAppendice), in cui, alle stesse esecutrici, si aggiunge Maria Valitutto; la polivocalit dei canti religiosi determina la partecipazione al culto dellintera comunit, anche se a guidare il canto sono le cantanti con un ruolo definito, riconosciuto da tutti. Il ritornello del brano 003 (Ebbiva Maria, Maria ebbiva/Ebbiva Maria e chi la cre) eseguito ancora oggi durante la processione del 15 Agosto, anche perch coincide con un canto liturgico in italiano. Si persa, quindi, la parte enumerativa, in cui si contavano le dodici stelle (secondo altre versioni quindici) che coronavano il capo di Maria. Le donne che guidavano il canto, a braccetto durante tutto il tragitto, arrivate nella parte antistante il santuario, intonando i versi conclusivi, non registrati da Carpitella, entrano in chiesa allindietro, voltando le spalle allaltare. I versi sono caratterizzati da assonanze ( cre, pu, and) e dalla ripetizione della parola crona. Il brano 021 composto da due parti, di cui solo la seconda eseguita sporadicamente oggi, mentre la prima ha richiamato Diego Carpitella e Linda Germi al culto della Madonna di Montevergine, il santuario mariano forse pi famoso della Campania, poich licipit si rivolge alla Madonna del Monte, anche se gli informatori dicono di non essere mai stati in pellegrinaggio in questo santuario. Linvocazione alla Madonna del Monte, pu essere letta come indizio di un antico culto mariano presente a Palomonte fino al dopoguerra, caratterizzato da processioni penitenziali sulla cima di alcune colline (Monte Magno, Monte Tre Croci) in cui i fedeli salivano grandi pietre, ponendole alla base di croci di legno. Analizzando il testo, per, presente unaltra caratteristica attribuita alla Madonna, la sua casa in una pianta di olivo; tema ricorrente in numerosi santuari italiani lapparizione della Vergine ad un pastore in una pianta (olmo, quercia ecc.), la Madonna dellOlivo pi vicina a Palomonte a Serre (Sa), a circa 25 Km di distanza. La presenza di un altro epiteto, che non sono riuscito a decifrare dalle registrazioni (Madonna di nunzuel), rende generica la prima parte di questo brano, non indirizzata ad una Madonna in particolare, ma molto significativa poich permette di ipotizzare la partecipazione ad altri antichi culti mariani, di cui resterebbero pochi versi di canti appositi. Lespressione la grazia chi ti cerc, fannella p carit riscontrabile anche nel canto per la Madonna delle Grazie diffuso nellarea vesuviana. La richiesta di grazia strettamente legata al canto (Maria fangi grazia e quann sient a nuje cant). Solo successivamente, ho capito che questa parte maggiormente influenzata, dal punto di vista testuale, dal culto mariano per eccellenza dellarea lucana, quello della Madonna di Viggiano. Infatti, consultando lincipit di due brani della raccolta 136l registrati ad Atena Lucana dedicati al pellegrinaggio in questo santuario e il testo, trovato on-line, del canto ufficiale (pag. 89-90 dellAppendice), si possono constatare numerosissime analogie. La seconda parte del canto dedicata alla Nunziata (anche se citata anche lImmacolata), perci strettamente legata alla festa del 25 Marzo, anche se eseguito anche il 15 Agosto, i versi si ripetono con piccolissime variazioni ed invitano al pellegrinaggio la comunit (popul r Ddij), per visitare colei che nominata per mare e per terra, cui si aggiungono altre caratteristiche (piena di virt, matra r Ges), questa parte eseguita ancora oggi, con ulteriori versi (pag. 88-89 dellAppendice). Le parole finali dei versi sono, per la maggior parte, richiudibili in due categorie: quelle che finiscono con il suffisso t (majest, carit, piet, Trnt, cant) e quelle che terminano in (tu, vert, Ges). La guida del canto Antonia Di Muro, la polivocalit tarda ad entrare nel primo verso, realizzandosi completamente solo a fine strofa, la prima voce sostituita nei momenti di crisi del canto, dopo il quarto verso c una pausa, interrotta da unaltra cantante che riprende la strofa precedente, a questo punto di nuovo la Di Muro a guidare, cambiando leggermente melodia e ritmo, intona i versi della seconda parte, pi familiari, anche se laltra solista altre volte riprende la guida del canto, introducendo piccole variazioni (Facitili a bbon presto) e risolvendo unaltra breve pausa.

1.2.3. Canto per San Gerardo San Gerardo Maiella un missionario redentorista, nato a Muro Lucano (Pz) nel 1726. Nella sua breve vita ha viaggiato molto tra Campania, Basilicata e Puglia compiendo numerosi miracoli ed morto a Caposele (Av) il 16 Ottobre 1755. E stato nominato santo nel 1904, anche se gi in vita la sua figura miracolosa richiam lattenzione del culto della povera gente, venerato come il protettore delle mamme e dei bambini, cui ci si rivolge in caso di sterilit e gravidanze difficili, soppiantando in tale compito figure femminili, prima fra tutte la Madonna, fin dallantichit, sostitute di antiche divinit della fertilit. A Palomonte un santo molto venerato poich si ferm durante i suoi viaggi anche in questo paese compiendo miracoli; la relativa vicinanza di Caposele ha fatto s che, in numerosi pellegrinaggi, i palomontesi si recassero presso la sua tomba. I pellegrinaggi si effettuavano soprattutto nel mese di ottobre (in quanto il 16, anniversario della morte, dedicato a questo santo), in modo particolare la prima domenica; si partiva il primo pomeriggio del sabato e, a piedi, passando per Colliano, Valva, Laviano, guadando il fiume Sele, e salendo (alcuni a piedi scalzi o inginocchiati) le larghe scale allentrata del santuario (Fig. 13, pag. 113). Gli anziani che ho incontrato mettevano in risalto il fatto che fosse ripercorso lo stesso tragitto compiuto da S. Gerardo prima di morire. Si arrivava a tarda sera alla meta, i fedeli passavano la notte, sistemandosi in chiesa, cantando, recitando il rosario, mangiando, in pochi riuscivano a dormire. La permanenza notturna allinterno del santuario e lesecuzione di canti e preghiere in onore di S. Gerardo insieme a persone provenienti da territori diversi (perlopi napoletano, salernitano, avellinese, potentino e foggiano) permetteva lo scambio e ladattamento di nuovi testi e forme melodiche, contribuendo a rendere il canto leffetto visibile della commistione culturale che i pellegrinaggi rappresentavano per la societ agro-pastorale. Chi chiedeva una grazia portava in testa una centa, che era trasportata durante il viaggio da carri a traino animale, poi sostituiti da camionette e automobili, ristoro anche per i piccoli e gli anziani che partecipavano al lungo cammino. Il penitente, aiutato da parenti e amici, entrava addret cul, voltando le spalle allaltare, in ginocchio, con la centa in testa; altri strisciavano la lingua sul pavimento dalla porta dentrata allaltare. Il culto di San Gerardo stato osservato da Annabella Rossi nel 1967, i dati raccolti confluiscono nel suo scritto del 1969 nel quale sono elencate altre forme di venerazione al santo, quali labbandono ad estesi comportamenti isterici e il parlare con leffige (Rossi 1971: 256).

La prima domenica dellottobre 1974, i musicisti di Palomonte furono contattati da Linda Germi a Caposele. Per questo, probabilmente, il Canto per S. Gerardo, contenuto nella prima bobina, purtroppo perduta, stato il primo canto ad essere registrato il 7 Febbraio, inoltre non inusuale la presenza, nella raccolta 136h, di un altro canto in onore di S. Gerardo, il brano 008 (pag. 69 dellAppendice), poich i canti destinati al culto gerardino furono i primi ad essere ascoltati dalla ricercatrice. Il brano 008 interessante perch eseguito con zampogna e ciaramella, costituito da ununica strofa, ripetuta due volte. La lunga introduzione, che fa scrivere alla Germi sulle note di campo pastorale, poi sostituita con canto per san Gerardo, denota, ancora una volta, come i canti religiosi siano eseguiti con le zampogne. Il testo del canto non chiaro, a causa del prevalere del suono della zampogna e del disordine vocale delle cantanti. Lesecuzione polivocale femminile, anche se non sappiamo chi siano le cantanti, e il testo ci fornisce la dedica a S. Gerardo glorioso, forse un altro epiteto grande, ma non ne sono sicuro. Del secondo verso, in un primo momento, avevo confuso la rosa (ricorrente anche in altri canti tradizionali dedicati a questo santo) con donna, interpretando una vicinanza celeste tra S. Gerardo e la Madonna. Dalle schede di campo sappiamo che questo canto solo un frammento, sia perch incompleto, sia perch solo uno del vasto repertorio gerardino. Ho avuto la possibilit di registrare altre versioni di canti in onore del santo redentorista, il primo molto simile alla versione contenuta nella raccolta 136h (pag. 90 dellAppendice), la seconda versione stata anche incisa (pag. 90-91 dellAppendice), il terzo era cantato durante la salita della scalinata che permetteva la salita al santuario (pag. 91 dellAppendice). Numerosi altri canti sono stati composti e cantati in onore di questo santo meridionale, Annabella Rossi, ne trascrive uno cantato da Aurelio Fierro (Rossi 1971: 134), molto devoto a San Gerardo. Nel 1991 il culto di San Gerardo stato osservato da Paolo Apolito (Apolito 1991) che attesta il tentativo, da parte dei redentoristi, di allontanare le poche forme di ritualit popolare rimasta (salita cantata della Scala Santa, penitenza con le cente, desiderio di avvicinarsi alla statua del santo) dal rito ufficiale. Un caso esemplare il racconto di un episodio in cui un redentorista contesta lesecuzione di balli tradizionali da parte di fedeli nel piazzale antistante il santuario, i pellegrini, a loro volta, affermano che non c nulla di peccaminoso nei loro movimenti, al contrario di ci che si vede in televisione.

1.2.4. Novena di Natale Il periodo che inizia a novembre e termina a febbraio ha sempre rappresentato nella cultura agro-pastorale un tempo dal forte valore simbolico, il predominio delloscurit sulla luce, il susseguirsi di giornate sempre pi corte e la relativa impossibilit, in una societ priva di elettricit, di lavorare nei campi o di fare lavori domestici, la contemporanea morte vegetale, spingeva a superare questa crisi con riti e modalit diverse. Dalla risoluzione di questa crisi nascono momenti di comunione della luce, come i grandi fal che ardono per le vie di numerosi paesi meridionali in diverse occasioni (il 6 Dicembre in onore di San Nicola, il 17 Gennaio per la festa di SantAntonio Abate e il 19 Marzo per San Giuseppe), le ritualit legate al carnevale e le festivit natalizie, in cui sinseriscono anche le celebrazioni per larrivo dellanno nuovo (Rossi-De Simone 1977: 50-60). Lavvicinarsi dellignoto (il nuovo anno) e, con lavvento del cristianesimo, le celebrazioni natalizie, sono risolti con la musica, che funge da svago per le lunghe serate invernali e da mezzo di scambi economici. La vita del pastore, detentore del suono della zampogna, nel periodo invernale subisce un brusco cambiamento. Il ritorno a valle dai pascoli montani, la minor produzione resa dal gregge, la necessit di beni di consumo non reperibili autonomamente, determinano la creazione, per un periodo determinato, di un altro mestiere, si passa da essere zampognaro per passione a zampognaro di mestiere. Questi fattori socio-economici hanno determinato la permanenza, nellimmaginario collettivo, della zampogna come strumento natalizio. In effetti, la societ urbana entra in contatto con questo strumento solo in questo periodo, quando gruppi di musicisti, dalle campagne, si recano nei medi e grandi centri urbani per lesecuzione delle novene del periodo natalizio. Due sono i momenti principali desecuzione delle novene, la festa dellImmacolata (8 Dicembre) e la vigilia di Natale (24 Dicembre), cui si aggiungono esecuzioni sporadiche e volontarie intorno al Capodanno e lEpifania. I mesi autunnali sono caratterizzati dalla preparazione degli strumenti, piccole riparazioni, accordatura, decorazioni e da numerose suonate in compagnia o da soli per esercitarsi. Si parte di solito in coppia, uno zampognaro e un ciaramellaio, che funge anche da cantante. Rari sono i casi oggi, nel passato pi diffusi, di gruppi con pi di due elementi (maggiormente un altro ciaramellaio o un suonatore di arpa, per quanto riguarda i viggianesi, o un chitarrista). In passato i tempi erano rispettati e si partiva nove giorni esatti prima della festivit, mentre oggi molti zampognari suonano una settimana o pochi giorni prima della giornata di festa (sintomo del laceramento della tradizione e di una diversa interpretazione del fenomeno). La festa dellImmacolata relativamente recente, ma ha assunto unimportanza tale da dedicarle un ciclo di novene apposite, dal 29 Novembre al 7 Dicembre, con un testo specifico in alcuni casi, in altri lesecuzione simile a quella del periodo natalizio, molto probabilmente, per, prima del 1854, anno in cui Pio IX proclam l8 Dicembre giorno dedicato al dogma dellImmacolata Concezione, la novena era eseguita gi, ma per celebrare la nascita di Cristo, non a caso, secondo molti anziani, lattivit dello zampognaro iniziava il 25 Novembre (giorno di Santa Caterina), un mese prima di Natale. La novena natalizia inizia il 16 e termina il 24 Dicembre, anche se, secondo la tradizione, molti zampognari appuntavano, vale a dire prenotavano, lesecuzione delle novene il 13 Dicembre (giorno di Santa Lucia ). La peregrinazione casa per casa comporta due modalit desecuzione della novena, alcune famiglie permettono lesecuzione degli zampognari tutti e nove i giorni nei pressi del presepe, in altre case le esecuzioni sono singole, in cambio i suonatori ricevono unofferta in denaro o, maggiormente nel passato, di prodotti alimentari e beni non costruiti dai pastori. Altre forme, pi spettacolari, desecuzione sono le suonate nei crocicchi delle strade, nei pressi di altarini devozionali, in piazza, eseguite, soprattutto fino a pochi anni fa, nelle grandi citt; oggi si sviluppato lutilizzo di zampognari, vestiti pittorescamente, in presepi viventi e rievocazioni della nativit. A Palomonte lesecuzione delle novene stata ed molto diffusa, molti zampognari, anche improvvisati, si sono recati a Napoli, Salerno e altre citt della provincia, per guadagnare qualcosa in un periodo in cui il lavoro stagionale (soprattutto di muratore e bracciante agricolo) scarseggiava, perdendo lidea della novena come preghiera e atto religioso, ma imparando a suonare la zampogna solo per eseguire questo repertorio, impoverendo funzioni e potenzialit di questo strumento, relegato a mezzo di guadagno, ricco di valori simbolici e rappresentativo di un modo destinato (se non lo gi) a scomparire (Gala 2007: 225-250).

Diego Carpitella e Linda Germi registrarono due parti della novena natalizia, la parte cantata e quella strumentale. Il brano 006 (pag. 69-69 dellAppendice), Oh Verginella bella di SantAnna, la parte cantata ed eseguita da Vito Fornataro, ciaramellaio e cantante, e da Paolo Fornataro, zampognaro. E caratterizzato dallalternanza di canto e suono di ciaramella, accompagnati, costantemente, dalla zampogna. Possiamo distinguere tre parti: lintroduzione strumentale, il pezzo cantato e il finale in cui eseguita con la ciaramella Tu scendi dalle stelle. Dal punto di vista testuale, il canto caratterizzato dalla descrizione della nativit e dallinvito ai pastori ad assistere a questevento santo. Sinizia con uninvocazione alla Madonna, presentata con una perifrasi patronimica, anzi matronimica, in cui presentata come la figlia, vergine, di SantAnna (Oh verginella bella de SantAnna), che port in grembo e partor da sola Ges (da giovane lo portasti il bambinello) in una capanna tra il bue e lasino. Linvito ai pastori a adorare il bambinello in una notte resa santa da Dio rende levento unico, ma, al contempo, ripetibile con la riproposizione del canto e del suono della zampogna. Lo schema delle rime duplice, nella prima parte ABAB (Anna / capanna, bambinello / asinella(o)), nella seconda AABB (santa / santa, guardato / presentato). Il testo perlopi in italiano, sintomo di unorigine extratradizionale, sicuramente ecclesiastica od opera, come la celebre Tu scendi dalle stelle, scritta da SantAlfonso Maria d Liguori, di una figura carismatica della religiosit popolare. Proprio la canzone pi famosa del fondatore dellordine redentorista eseguita in un altro brano della raccolta 136h, il numero 012 (pag. 75 dellAppendice). Questa esecuzione strumentale formata da una prima parte in cui per quattro volte ripetuta la prima strofa e dalla seconda parte in cui viene suonato il ritornello. Lalternanza del suono della ciaramella, accompagnata costantemente dalla zampogna, rende questo brano, chiamato nella tradizione pastorale, abbastanza vivace, nonostante le continue ripetizioni. La pastorale la parte conclusiva della novena natalizia (il pezzo iniziale quello cantato) al termine della quale gli zampognari pronunciano la frase di buon augurio Ges Maria.

Se il presente capitolo non viene utilizzato, eliminarlo, inclusa linterruzione di sezione (pagina dispari) posta alla fine.

Capitolo secondo

CANTI DI LAVORO Il legame tra il lavoro e la musica , da sempre, molto forte e variegato. Lodierna etnomusicologia distingue tra: musica di lavoro (come i ritmi dellincudine), del lavoro (come le grida degli ambulanti), durante il lavoro (come i canti allaria o gli stornelli di mietitura) e la musica sul lavoro (come i canti di protesta sociale) (Giannattasio 1998: 220). Un altro criterio classificatorio divide i canti di lavoro in quelli eseguiti durante il lavoro o nelle pause lavorative, ma che potrebbero essere cantati anche in altre occasioni e canti che scandiscono il lavoro e sono funzionalmente legati ad esso, non ripetibili al di fuori di un preciso contesto, come, ad esempio quello delle cave di marmo o della pesca (Guggino 1975: 231).

2.1. Canti allaria e di mietitura I brani registrati a Palomonte rientrano esclusivamente nella prima categoria, in quanto legati principalmente a diversi lavori agricoli, come, ad esempio, il dissodamento del terreno, la raccolta del foraggio, la raccolta delle olive, la vendemmia, anche se richiamano subito la mietitura del grano, azione, simbolicamente, centrale dellanno. I canti di mietitura o allaria erano eseguiti per rallegrare e alleggerire il duro lavoro della mietitura a mano del frumento ed erano utilizzati anche come ufficializzazione sonora del lavoro, in quanto permettevano di apprendere, anche a diversi chilometri di distanza, che in un determinato campo si stesse mietendo, fungevano da richiamo, da mezzo di scambio di informazioni (per coloro che erano rimasti a casa o altri contadini). Finito il lavoro nei campi e portate le gregne vicino allabitazione il grano veniva estratto dal calpestio dei buoi, con lavvento della trebbiatrice meccanica, veniva, invece, costruito il casazz, la sera si cantava e ballava con parenti e amici. Ma i canti ad aria sono eseguiti anche in altre occasioni, in momenti di svago e divertimento, quando ci si ritrova da soli (mentre si pascolava il gregge, si era in cammino ecc.) e si voleva ingannare lattesa o comunicare qualcosa. I canti ad aria o di mietitura sono formati per la maggior parte da momenti dimprovvisazione in cui chi canta mette in risalto le proprie capacit compositive e poetiche. Lispirazione veniva da episodi della vita quotidiana che si volevano comunicare o narrare, da emozioni e stati danimo che si volevano svelare e manifestare, da ricordi di momenti importanti della propria esistenza, soprattutto luttuosi, ancora dolorosi, da superare. In questi canti sono presenti anche elementi codificati dalla tradizione, come numerose figure retoriche ricorrenti, forme stereotipate dinizio o fine verso, immagini ed episodi ricorrenti, intere strofe sentite da altri e fatte proprie o tratte da altri canti. Per la natura delle occasioni di canto, questo repertorio veniva eseguito principalmente con la sola voce, senza accompagnamento strumentale, anche se, in situazioni domestiche, era presente la musica della chitarra e dellorganetto. Lesecuzione prevalentemente polivocale, con solisti che si alternano e si dividono i ruoli fra chi canta, cio intona la prima strofa, e chi vota, chi risponde alla cantante precedente, e di voci femminili. Pu dividersi in due modalit: (Agamennone-Lombardi 2005: 13).

Durante la ricerca a Palomonte, Linda Germi e Diego Carpitella registrarono numerosi canti di mietitura e allaria. Gi nella prima bobina, purtroppo andata perduta, erano contenuti, da quanto si evince dalle schede di campo, tre stornelli di mietitura eseguiti da Rosaria Cupo e Maria Di Muro. Allo stato attuale, il primo canto di mietitura che possiamo ascoltare il brano 009 (pag. 70-73 dellAppendice), eseguito da Maria Valitutto, Rosaria Cupo, Maria Di Muro, Antonietta Monteforte, Antonia Di Muro, sulle schede di campo indicato come tre canti di mietitura. Questo brano inizia con la conclusione di un verso ricorrente in seguito nel canto, poi lesecuzione sinterrompe e sentiamo la voce di Carpitella che invita, ripetutamente e pazientemente, le cantanti a ricominciare, le donne parlano tra loro circa i ruoli da ricoprire nella struttura della polifonia e informano che sar eseguito un canto allaria. E eseguito lincipit di questo brano (Quann pittirossa me vula), i primi due versi sono eseguiti da una solista, poi sinseriscono le parti polifoniche in cui ripetuta due volte lultima parola della strofa (la vulunt) e la forma stereotipata (Aaa- eee), secondo lo schema dell entrata in successione. C unaltra pausa, probabilmente perch nessuna prende liniziativa di iniziare a cantare una strofa, una voce di donna e Carpitella incitano a proseguire. La particolare esecuzione rende questa strofa un canto a s, il secondo canto dei tre presenti nel brano 009 (del primo abbiamo solo il verso finale). Il canto riprende, anche se tra la quinta e la sesta e la sedicesima e la diciassettesima strofa ci sono dei silenzi sintomo dincertezza, risolti con lintervento di una nuova cantante o un cambiamento nel testo. Prima della diciottesima strofa c una distorsione di registrazione, ma il canto prosegue, si evince dalla ripetizione del secondo verso. In questi versi lesecuzione si trasforma, non sono ripetute pi lultima parola e le forme stereotipate, ma la polivocalit presente soltanto nellultima vocale del distico e nella bella esecuzione della parte finale (maaa, meee, maaa). La parte solista alternata dalle varie cantanti, anche se predomina la capacit dimprovvisazione di Maria Di Muro e Antonietta Monteforte, esecutrici della maggior parte delle strofe. Dal punto di vista testuale, limprovvisazione incentrata sullargomento amoroso. Vari sono i topos: la scelta (Amm voglje seglje la cchi bbella), la simbologia sessuale della rosa ( menaje na rosa mpiett a ninn mije, a cchi si lha data la rosa la figlia mia, la rosa mi lha ddata ninn mije, la rosa nun lha data ninn mije, voglj truv nu mazz r rose, mazz r rose p t fa capace ), la pena di un amore non corrisposto (R ff capac, nenna, r ff capace, vac truvann r m ff capace / Ah, l carcerat pure son assut, e bbuje figliola quann rann facite), il viaggio (Totta st notte oggi voje cammnat, luce ri na stella so bbenute), larrivo a casa dellamata (Oi, quann so arruat nanti la casa, cc nu cappiell mman e tti salute), la presentazione dei componenti della famiglia (Prima salut quer ri la casa, piccul e grand, quant maje nge ne son e / Ah poje salut