MUOVERSI COME Educazione alla Sicurezza Stradale come... · 2007-04-26 · Educazione alla...

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MUOVERSI COME Educazione alla Sicurezza Stradale

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MUOVERSI COME

Educazione alla Sicurezza Stradale

Renata Freccero

Educazione alla Sicurezza Stradale

Elementi Formativi

Autore Renata FrecceroTutti i diritti sono riservati

È vietata la riproduzione anche parzialeStampato presso Officine Grafiche Torino aprile 2006

II ristampa gennaio 2007

Autore Renata FrecceroTutti i diritti sono riservati

È vietata la riproduzione anche parzialeStampato presso Officine Grafiche Torino

Aprile 2006II edizione aggiornata

Gennaio 2007

Dedicato a mio padre

Fra gli uomini che hanno percorso il mondo, pervasi dalla sete di conquiste, ne troviamo pochi la cui forza di impulso non era sete di guadagno e di ambizione.

Sono questi gli uomini che hanno costruito il progresso della storia.I valori permanenti che sopravvivono nei secoli sono quelli elaborati con serietà e

dedizione dai popoli di ogni nazione.

Dalla premessa alla tesi di laurea di mio padre Mario Freccero“La Lavorazione della gomma con speciale riguardo alla fabbricazione dei

pneumatici” Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali Università degli Studi di Genova anno accademico 1950/1951.

Premessaa cura del Prof. Benigno Bartoletti

Conosco Renata Freccero da diversi anni, dal lontano 1974, quando io seguii come responsabile medico delle squadre Rally Fiat e Lancia il Rallye di Montecarlo. Era la mia prima esperienza nel campo degli sport motoristici, avendo seguito sino ad allora il calcio e la pallacanestro.

La conobbi al Sestriere nei giorni precedenti la corsa e mi stupì la sua conoscenza nel mondo motoristico, ma soprattutto la sua passione che oserei definire amore per tutto quanto riguardava questo mondo per me allora sconosciuto. Mi fu veramente di aiuto nei primi anni di questa mia nuova attività e gara dopo gara, scoprivo che la sua cultura era non solo fondata sui dati puramente tecnici, bensì sui valori umani dello sport, quelli che legano un intero team proteso alla riuscita dell’evento e al risultato. Lei era presente nell’intero contesto dell’attività oltre il binomio pilota/macchina per comprendere e forse migliorare. Capii allora che la sua non era solo una ricerca di dati, di risultati e statistiche, ma uno studio sui valori, le passioni, le gioie e le delusioni dell’uomo legato alla guida o allo sviluppo del mezzo vettore.

La sua era la passione vera, il voler porre queste sue conoscenze a disposizione del tecnico, del progettista, del pilota, in relazione all’utente finale: l’uomo. Ecco perché ho collaborato volentieri con lei alla stesura di lavori, libri, conferenze perché ho visto nella sua attività il connubbio ricercatore/medico. In effetti, le ricerche, gli esami come le analisi sono sempre finalizzate al bene dell’utente, dell’umanità in movimento verso il futuro. Vero è che l’uomo deve conoscere la storia del “fatto motorio” dai primi passi dell’homo erectus al movimento applicato attraverso un mezzo vettore.

Grazie Renata per quanto mi hai arricchito sia dal punto di vista pragmatico ma soprattutto umanistico e spero che altri possano apprezzare e fruire di questi tuoi lavori

BEN

I

Archivio Priuli & Verlucca collezione Museo dell’Automobile Carlo Biscaretti di Cuffia, Torino

II

IntroduzioneDal Libro dell’Arte Gymnastica in quibus excercitationum omnium vetustarum

genera, loca, modi, facultates, & quidquid denique ad corporis humani exercitationes pertinet, diligenter explicatur

Hieronymus Mercurialis Forlivensis 1569

Libro Terzo – Dello Andar in CocchioAbbiamo detto in genere esser due le maniere dello esercitarsi; l’una, quando le

persone da sé sole si muovono; l’altra quando son mosse per forza altrui, ovvero, per usar l’espressione di Aristotile, l’una, quando si muovono per loro natura, l’altra, quando si muovono per lo movimento altrui. Della prima già abbiamo trattato; dell’altra nomata da Celio Aureliano e da Plinio col vocabolo comune gestatio, da Antillo, Erodoto, Galeno e da altri più antichi medici della Grecia sollevazione […]. In tal mania vennero le matrone Romane per lo andare in cocchio e a tanto crebbe il lusso che i Romani furono alle strette da farne per decreto del senato prescrivere la proibizione. Ma che? S’accesero di tal furia tutte le Romane che per vendicarsi, d’accordo, cospirarono di non voler più né concepire, né partorire, di guisa che i Romani si videro forzati a procacciare che fosse tolta la legge e permesso alle donne novellamente andare in cocchio. Ciò è stato scritto da Plutarco. […] E chi di grazia non sa essere la corsa dei cocchi stata introdotta tra i ludi olimpici alla nonagesimanona olimpiade? Chi ignora le sinoridi (cui elegantissimamente Platone nel suo Fedro assomigliò le nostre anime), le bighe e le quadrighe, tutti carri diversi, essere di frequente alle contese nei pubblici e sacri certami? E tale studio dappoi presso i Romani si coltivò e si elevò tanto, che pochi o nullo spettacolo pubblico ordinatamente si faceva senza la corsa dei cocchj e con premio onorifico.

Libro Sesto- Degli Effetti particolari delle Gestazioni dei VeicoliOra che abbiamo esposte le facoltà delle gestazioni in generale discenderemo a

defire degli effetti particolari di ciascuna […]. I nostri antichi ebbero molte maniere di veicoli, ed in Roma un tempo ne crebbe a tanto il lusso, che dice Plinio (Lib.33. Cap. 11) averne i Romani fabbricati talora d’oro e d’argento. Ma ciò non è del nostro argomento. I veicoli usati dai medici a prò dei sani, o degli infermi si tiravano a bestie, come da muli, da cavalli; ovvero anche si tiravano da uomini: e gli uni e gli altri tiravano quando adagio adagio, quando con celerità. La gestazione nel veicolo, da Celso (Lib.2 Cap.15) venga riputata più veemente delle altre, per sentenza di Galeno (Lib.2 De Tuenda Valetudine Cap.11) si annovera tra le esercitazioni deboli[…]. Seneca nell’Epistola 55a scrisse: Avergli questa gestazione mirabilmente giovato […]. Ausonio Gallo (Epist.14a ad Paulum) poeta, figlio di Ausonio medico citato da Marcello, allorquando scrisse ad un suo amico convalescente e lo ammonì che pianamente si facesse condurre diverse specie di cocchi sul Cisio e sul Veredo, mai sulle Rede e sui Petoriti, e sfuggisse il veloce correre dei cavalli. Ecco i suoi versi:

Pelle soporifera senium, nubemque veterni,/ atque alacri medium carpe vegore viam. / Sed Cisium, aut pigrum cautus conscende Veredum./Non tibi sit rhedae, non amor acris equi./ Cantherii moneo male nota petorita vites,/Non

celeres mulas ipsae ….metiscus agas

III

La Sicurezza Stradale e gli sport dei motori nascono nella seconda metà del secondo millennio unitamente alle Scienze Motorie ad opera del medico filosofo Hieronymus Mercurialis di Forlì che fa rinascere pratiche e discorsi di un tempo lontano di oltre mille anni, cancellato dalle rinnovate consuetudini, tradizioni e costumi del medioevo. Questa parte dell’opera mercurialense, tanto lungimirante, diventa un discorso da rinnovare, importante nel novecento per l’evento della motorizzazione e della necessità della consapevolezza della nuova realtà stradale, dei suoi utenti e dei suoi veicoli.

IV

OBIETTIVI FORMATIVIConoscere la Storia, l’Economia, la Società e gli Usi di ieri per Comprendere oggi

Conoscere l’Evoluzione della Comunicazione Stradale per saper concettualizzare

Conoscere e Comprendere il Lessico dell’Educazione alla Sicurezza Stradale

Saper valutare i Rischi degli Infortuni conoscendo i loro prerequisiti

Saper riconoscere i Contesti degli Ambienti stradali e i Veicoli

Conoscere a linee generali la Prevenzione e l’Assicurazione

Conoscere le Regole dei diversi Utenti della strada

Conoscere l’Educazione alla Convivenza Civile

Conoscere l’Educazione alla Legalità

Conoscere la Cultura Stradale

Apprendere

Applicare

Fare

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LE ORIGINI

Il primo “carro-mobile” non a trazione animale di cui conosciamo risultati pratici è quello dell’ufficiale francese Cugnot, realizzato intorno al 1770, nell’intento di servire l’artiglieria con un nuovo modo per trainare. Sulle tracce del Cugnot lavorarono inglesi e tedeschi. Con l’obiettivo di rinnovare i tentativi d’applicazione del vapore come forza motrice. I risultati, piuttosto incerti, fecero poi deviare le ricerche a favore della locomotiva.

La concreta applicazione delle miscele esplosive come sorgente d’energia si realizza nella seconda metà dell’ottocento, quando il padre scolopio Eugenio Bersanti insieme all’amico Felice Matteucci1, iniziarono una serie d’esperienze sui motori a gas, utilizzando la miscela d’aria e gas illuminante che portò alla nascita del 1° motore a gas. Nel 1870 proprio l’applicazione del motore a scoppio da parte di Lenoir2, creò i presupposti per lo sviluppo pratico di un’automobile. L’attuazione venne portata avanti in Francia da uno fra i primi “fabbricanti-artigiani”, Amedeo Bollèe3, nelle sue officine di Le Mans. Il progetto fu perfezionato nel 1884 da De Dion-Bouton4, poi da Serpollet5 e Scotte nel 1887. L’energia impiegata continuava ad essere il vapore, ma richiedeva un generatore pesante e voluminoso.1 Matteucci, (Lucca 1808/Firenze1887), studioso di meccanica e di idraulica si associa a Barsanti per costruire il motore endotermico industriale: motore a scoppio, che fu brevettato nel 1853. Questo tipo di motore funzionante a gas illuminante, fu ben presto prodotto in serie per soddisfare le crescenti richieste in Italia e all’estero. Inoltre progettò su incarico del Gran Duca di Toscana un sistema per prosciugare il lago di Bolsena. L’incontro di Barsanti con Matteucci e la successiva collaborazione con l’ingegnere lucchese rappresentò per il padre scolopio il completamento ideale delle conoscenze scientifiche e tecniche indispensabili per portare avanti il suo programma di ricerca. Il rapporto scientifico tra i due personaggi fu sempre paritetico, infatti nel 1858, per smentire definitivamente alcune voci che attribuivano al solo Barsanti la paternità dell’invenzione del motore a scoppio, fu pubblicato un articolo apparso sull’Almanacco Etrusco. Il padre scolopio fece pubblicare una pronta replica sul Monitore Toscano N. 12 Sabato 16 gennaio 185 pag. 3 Durante i dodici anni della comune ed incessante attività di ricerca fu studiato il motore a scoppio e ne furono realizzati diversi prototipi. Si trattò del primo vero motore a combustione interna, costituito, nella sua realizzazione più semplice, da un cilindro ad asse verticale nel quale lo scoppio di una miscela di aria e idrogeno o gas illuminante proiettava verso l’alto uno stantuffo creando il vuoto nello spazio sottostante. Nella corsa di ritorno, sotto l’azione della pressione atmosferica, lo stantuffo, per mezzo di un’asta dentata ad esso solidale ed un rocchetto a ruota libera, trasmetteva il movimento all’albero motore. L’ambiente dove venne svolta la parte principale della ricerca era quello dell’Osservatorio Ximeniano, prestigioso istituto fondato circa un secolo prima dal gesuita Leonardo Ximenes e gestito all’epoca dai padri scolopi. Barsanti e Matteucci poterono contare sempre sulla dotta scienza matematica di padre Giovanni Antonelli, direttore dell’Osservatorio e sulla geniale sensibilità meccanica di padre Filippo Cecchi, ma in ultima analisi furono loro due – Barsanti con la sua determinazione e Matteucci con la sua conoscenza della meccanica a concepire ed a costruire il primo motore a scoppio della storia. Le difficoltà furono enormi, non solo scientifiche e tecniche, ma specialmente organizzative, legate alle modeste condizioni artigianali ed industriali dell’Italia di allora. Gli ostacoli ed i malintesi, le disillusioni ed i dolori accompagnarono l’esistenza dei due inventori. Infine la morte prematura di Barsanti nel 1864 spezzò per sempre le speranze di veder loro riconosciuta la priorità dell’invenzione.2 J.J.Lenoir, di origine franco-belga, fra il 1853 e il 1861, studia la messa a punto di motori a scoppio monocilindrici e bicilindrici, dove l’accensione è ottenuta tramite una scintilla elettrica. 3 A. Bollée, ex fonditore di campane a Le Mans. L’Odéissante e la Mancelle sono le sue prime creazioni e fondano un nuovo passo avanti nella filosofia costruttiva dell’auto. Possiedono un motore anteriore collegato con un albero longitudinale alle ruote posteriori motrici. Oltre a queste novità Bollée realizza il differenziale.4 De Dion- Bouton, il marchese De Dion fondatore della prima casa automobilistica insieme a due costruttori di giocattoli: Bouton e Tréparoux. 5 Serpollet, originario di Culoz in Francia, inventa la caldaia a vaporizzazione istantanea. Nel 1889 a Parigi fonda una piccola officina per costruire tricicli a vapore che, grazie al consenso delle autorità locali, potevano circolare per le vie della Capitale.

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Fra le numerose ricerche messe in atto nell’ultimo ventennio di quel secolo, fu concepita anche l’auto elettrica, che consentiva una messa in azione a velocità minima. Il fenomeno eliminava le scosse brusche dello spunto, facilitava la messa in moto del veicolo, non richiedeva particolari cure nella stagione fredda e aveva due grandi pregi: la silenziosità e l’assenza del tubo di scarico da emanazioni dannose, già allora considerate altamente nocive. Il motore elettrico non necessitava di pignoni, catene e pesanti ingranaggi, ma rimaneva un handicap insuperabile: il peso degli accumulatori. A Parigi la vettura elettrica Vedrine, nel concorso “vetture in città” percorse ben 100 chilometri alla media di 24 km/h. In seguito Alfred Dinin detto Puteaux, perfezionò il progetto e costruì una vetturetta elettrica dotata di una velocità massima di 30 km/h, capace di percorrere 120 chilometri senza ricarica. Il suo costo all’epoca s’aggirava dai 7.000 agli 8.000 franchi. Ancora troppo alto. A questi “fabbricanti-pionieri” va il merito di aver iniziato la prima produzione di veicoli a motore, frutto di un’esigua seppur complessa lavorazione artigianale.

Le macchine degli esordi sono a vapore, benzina, elettriche e di tipo misto, ovvero sia a benzina che elettriche.

La carrozzeria era considerata un optional rispetto alla meccanica, al punto che un compratore poteva non acquistarla e appoggiarsi poi, secondo il suo portafoglio, ad un carrozziere di fiducia e assemblarla come meglio riusciva, il desing non era importante.

I tempi di fabbricazione delle carrozze a motore, rimanevano comunque lunghi. Questi veicoli erano concepiti come un assemblaggio logico di elementi messi a punto individualmente gli uni dagli altri: motore, trasmissione, direzione e carrozzeria.

Le prime automobili a benzina le troviamo intorno al 1880. Furono messe a punto quasi contemporaneamente dall’austriaco Markus e dal francese Delaman, ma l’impulso determinante a favore di questo nuovo mezzo di trasporto arrivò nel 1886 da Carlo Benz6, che aveva inventato un motore a benzina introdotto in Francia tramite l’industriale Koger. Il brevetto portava la seguente dicitura: “1896 Brevetto Vettura senza cavalli, 20 Km di velocità all’ora su buona strada. Motore a quattro tempi ”. Inizialmente era stato un altro costruttore ad aver più successo, Daimler7, noto per aver costruito un tram a vapore per la città di Brema. Rispetto a Benz era più venduto il brevetto di Daimler, grazie ad una vetturella le cui ruote posteriori erano mosse da un motore di 462 cm³ erogante 1,1 C.V. a 650 giri al minuto. La forza propulsiva di

6 Benz, a Mannheim in Germania, nel 1885, realizza un triciclo con motore a scoppio poi, l’anno seguente fabbrica una vetturella a quattro ruote mossa da un motore monocilindrico a quattro tempi alimentato a benzina che sviluppa una potenza di 1,5 C.V. corrispondente a una velocità di ca.20Km/h. Questo mezzo possiede una serie di attributi interessanti: raffreddamento a vaporizzazione d’acqua; accensione con magnete ad alta tensione e candela; albero di trasmissione fra il motore e una sorta di cambio molto rudimentale. Il veicolo monta ruote a raggi fissi, gommate. Il modello Viktoria del 1891, contribuì, come dice il nome stesso, a segnare il successo di questo fabbricante. 7 Daimler, fonda la sua fabbrica a Coventry, tramite la licenza di costruzione dei motori tedeschi per la G.B. Questa società, creata da Gottlieb Daimler, nasce da una serie di precedenti esperienze compiute da Otto e Langen per il perfezionamento del motore a quattro tempi. Grazie al suo tecnico/progettista Maybach, avviene lo sviluppo del motore con alimentazione a benzina e gas. Nel 1883, Daimler aveva fabbricato una vetturella a quattro tempi dove l’accensione era prodotta tramite un tubetto di platino mantenuto incandescente da un bruciatore esterno. Nell’85 inventava una bicicletta che montava un motore verticale, nel 1892 aveva motorizzato la vettura Panhard-Levassor che ottenne uno fra i primi record di velocità. Nel ’97, riuscì a produrre un motore bicilindrico da 4 HP, ispirato alla Panhard.

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questo motore, sistemato sotto il doppio sedile posteriore, veniva trasmessa alle due grandi ruote posteriori per mezzo di una ruota dentata. Lo sterzo a manubrio possedeva un piantone verticale raccordato direttamente alla timoniera della sala anteriore, che recava due ruote fisse più piccole. Il secondo passaggio determinate in questa enorme ricerca scientifico tecnologica a favore del movimento meccanico dei veicoli, avvenne nel 1899 quando il console austro-ungarico Jellinek, gestore a Nizza di un’agenzia di vendita Daimler, convinse il progettista Maybach a disegnare un modello più potente, la cui messa a punto comportò una serie di difficili ricerche nell'aerodinamica che in seguito, all’inizio del novecento, portarono alla fabbricazione della prima Mercedes.

L’unione dei marchi Benz/Daimler avverrà in seguito, negli anni venti grazie a un team di progettisti eccezionali: Ferdinand Porsche, Hans Nibel e Fritz Nallinger.

Ettore Bugatti è il fabbricante pioniere che scrive le più affascinanti pagine della storia dell’automobilismo europeo, con una genialità tutta italiana, le sue macchine erano arrivate a montare un motore otto cilindri di derivazione aeronautica, anche se le vetture presentavano gravi inconvenienti di tenuta stradale. La vettura che aveva messo in luce questo costruttore era stata una macchina nuovissima con un motore a 4 cilindri. Questo mezzo esordisce in una gara disputata in Francia a Gaillon. Si tratta di una prova in salita, Bugatti vince e da questo momento in avanti la sua fortuna continuerà in territorio francese con la produzione della Bébé Peugeot modello Bugatti 19. Di questi veicoli se ne venderanno migliaia. La grande crisi di quest’uomo, inizierà nel 1939, poco prima del secondo conflitto mondiale. Il suo modello d’eccellenza, rimane la Bugatti Tipo 41 Royale, nata quando la casa aveva perso smalto e nelle competizioni Bugatti non era più il favorito. L'introduzione di doppi alberi a camme in testa e il riutilizzo dei propulsori della Royale nel campo ferroviario, recuperarono l’impresa. L’evento determinante per la produzione e la vita di Ettore avverrà dopo la vittoria a Le Mans. Durante un collaudo muorirà il figlio Jean per incidente stradale. La sciagura segna la fine di Bugatti8 e l’inizio del suo mito.

Tutti i marchi in genere erano nati dall’entusiasmo di ragazzi dotati di un grande spirito d’invenzione e tutti preda del contagio dei motori. Fra questi giovani talentati, troviamo Louis Renault, all’età di vent’anni con pezzi in parte costruiti da lui e in parte acquistati, aveva fabbricato un veicolo a due posti con motorino da 1,75 De Dion/Bouton. Il giovane non apparteneva ad una classe sociale elevata, ma una volta notato da alcuni giovani dell’alta società parigina durante una delle sue passeggiate al

8 Ettore Bugatti, nato a Milano nel 1881, dopo la Scuola d’Arte inizia a lavorare presso la fabbrica di biciclette Prinetti&Stucchi. A 17 anni equipaggia un motore a tre ruote e partecipa a una corsa di fine secolo. Nel 1901 all’Esposizione Nazionale di Milano presenta la sua prima vettura costruita con i fratelli Gulinelli e riceve il T2, uno dei premi messi in palio dall’Automobil Club di Francia. A seguito di una serie di dissapori con Dietrich e Mathis, nel 1906 sviluppò una 50 cv che offrì nel 1907 alla fabbrica di motori a gas Deutz quello fu l’inizio della sua nuova vita. Deutz fabbricò il veicolo su licenza e Bugatti divenne direttore del reparto produzione a Colonia. Nel 1909, grazie a un credito contratto con la banca Darmstadt, costruì 10 automobili e 5 motori da aereo. Nel 1910 iniziò a partecipare alle corse automobilistiche e fu un successo. Nel 1911 stipulò il contratto di licenza con Peugeot per la Bébé. Dopo la prima guerra mondiale riprese con la sua attività e nel 1923 al GP dell’A.C.F. si presentò con una Tank motore 8 cilindri, una macchina rivoluzionaria, a ruote coperte, con la forma di profili ad ali. Nel campo della serie progettò la Royale, la vettura più costosa di tutti i tempi. Ne furono vendute solo tre esemplari e quella fu l’origine della crisi. Vinse ancora un appalto avuto dal governo francese per realizzare un treno ad alta velocità che gli permise di costruire la sua ultima vettura da turismo realizzata in 750 esemplari. Si spense nel 1947.

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Bois de Boulogne, fu invitato all’unanimità al Circolo dei Nobili. Da quel momento la vita di Louis e dei suoi fratelli Marcel e Fernand, ebbe una svolta decisa.

Nella vague, entra l’Italia che esprime sinergie nuove tramite uomini dinamici e sportivi, capaci d’inserirsi con intelligenza e fair-play nel business del secolo. All’inizio del novecento a Brescia era nato un cenacolo di appassionati di vetturelle. Da questa città prendevano avvio i primi raduni e le giornate “records”, ma è a Torino che nasce il logo dei veicoli senza cavalli. A sostegno dell’iniziativa si era costituita un’èlite di ricchi borghesi e aristocratici come il conte Emanuele di Bricherasio, il banchiere Gustavo Deslex e altri soci finanziatori. Il professor Bernardi9 aveva inventato un motore a quattro fasi con accenditore e reticella di platino, la discussione sui nuovi veicoli si animava in tante città italiane, ma il terreno più fertile rimaneva a Torino. L'idea di fabbricare vetture in modo industriale era venuta in mente all'avvocato Cesare Goria Gatti. Gli imprenditori si riunivano al Caffè Burello, in un palazzo ormai scomparso di Corso Vittorio Emanuele, angolo via Rattazzi, centro d’interesse del mercato dei cavalli e delle carrozze o alla Birreria Vanig, i frequentatori più assidui erano: Agnelli, un ex ufficiale di cavalleria, originario di Perosa in Val Chisone; Lanza, un fabbricante di candele di Via Genova che costruiva macchine nelle officine dei fratelli Martina in via Buniva; i Ceirano, proprietari di un’attrezzata officina forte di un ottimo tecnico progettista, l’ingegner Aristide Faccioli. Da quelle lontane esperienze nacque la Welleyer, vetturella finanziata da Goria-Gatti e costruita dall’Accomandita Ceirano &C. su disegno di Locati. Il nuovo veicolo fu presentato all’Esposizione Nazionale di Torino del 1898. Il successo fu così grande al punto da ottenere come riconoscimento una medaglia d’oro. Goria-Gatti decise quindi di acquistare l’Accomandita Ceirano & C., di cui era socio per fabbricare le vetture su scala industriale. Nel mese di luglio 1899 sul periodico “L’Automobile” di Faccioli e Goria – Gatti si legge: “… Siamo informati che sull’iniziativa dei più noti automobilisti torinesi si è costituita una Società Anonima con capitale di un milione circa (…) tale vigore, energia e potenza di capitale non potrà fare a meno di dare valido impulso allo sviluppo dell’automobilismo italiano”. Cesare Goria-Gatti è passato alla storia per essere stato il fondatore dell'Automobil Club d’Italia.

L'11 luglio 1899 nella sede del "Banco di Sconto e Sete" fu sottoscritto l'atto di "Costituzione della Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili" redatto dal Cav.

9 Enrico Zeno Bernardi, è considerato fra i “padri” dell’automobilismo italiano, seppur la società da lui fondata, a causa dei soci, non incontrò successo commerciale. A soli dodici anni aveva incominciato a pensare a un veicolo non a trazione animale, con l'aiuto di alcuni compagni di scuole e di giochi, aveva costruito un rivelatore per studiare la differenza delle traettorie in curva delle ruote esterne e interne. Si trattava della prosecuzione degli studi intrapresi secoli prima da Erone Alessandrino e poi da Leonardo da Vinci. Bernardi concluse questi percorsi con la scoperta del differenziale. Inventore di un motore 3/4HP a benzina per biciclette, quest’uomo geniale aveva già realizzato un motore a gas. In pochi anni perfezionò i suoi lavori al punto da diventare il primo costruttore della storia italiana. Nel 1895 mise a punto un motore a quattro fasi con accenditore e reticella di platino, fondato sulle proprietà di tale metallo e su quelle di altre reti metalliche scelte. Nel 1896 fondò a Padova la società Miari e Giusti. Nel 1896 realizzò l'invenzione dello sterzo singolo delle ruote direttrici di un quadriciclo. Il 9 gennaio 1897 brevettò la sua vetturetta. La società si sciolse all’inizio del novecento. Dopo il ritiro dalla vita accademica, svolta soprattutto a Padova, nel 1917 si trasferì a Torino. Deceduto del 1919, ottenne numerose onorificenze. La Città di Padova, in suo onore, ha dedicato un Museo d’Auto d’Epoca.

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Dott. Ernesto Torretta, Notaio Patrimoniale della Real Casa. La presidenza venne affidata al Cavalier Ludovico Scarfiotti. La FIAT acquistò la “Accomandita Ceirano & C.”. In quell’anno Fiat fabbricò n.8 vetturelle copie della Welleyes, il modello “3½ HP”. In seguito la proprietà della Casa torinese passò quasi in modo completo a Giovanni Agnelli, poi nominato senatore e a capo dell’azienda sino al termine del secondo conflitto mondiale.

La gente incominciava a sentirsi minacciata dalla diffusione di questo nuovo veicolo che si muoveva da solo con una potenza assordante, inoltre era considerato altamente tossico per le emanazioni di gas. A fine ottocento l’automobile superava la soglia dei 100 km/h. Il muro della velocità era stato superato dalla Jamais Contente del belga Jenatzy per aver sfruttato le eccezionali doti in fatto di velocità istantanea. Camillo Jenatzy passerà alla storia come autore della prima carrozzeria aerodinamica, il suo primato durerà solo dodici anni, nel 1911 la Fiat 300cv, raggiungerà la velocità di ben 248Km.h.

In quest’epoca eroica dei veicoli a due e quattro ruote, nell’interland torinese oltre alla F.I.A.T. erano sorte altre fabbriche per la costruzione di macchine, moto e biciclette, ma non riuscirono a decollare, come nel caso di Bertoldo di Forno Rivara, o di Carlo Mantovani, che per evitare il tracollo economico convertirono i loro marchi e manufatti in altro. Esperienze analoghe s’incontrano a Padova con la Maggiora, a Milano, a Trieste con la Alba, società messa in liquidazione nel 1908, anno in cui venne liquidata anche la Italia di Bologna. Il successo sorrise ad altri industriali come Edoardo Bianchi, che, il 1° aprile 1905, convertì la ragione sociale in Fabbrica Automobile e Velocipedi. L’ultima produzione automobilistica Bianchi sarà la S9, che riuscì a resistere fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, dopo di che tutte le risorse della fabbrica furono convogliate sul settore ciclistico e motociclistico. Il successo commerciale delle due ruote aveva recuperato il terreno perduto sull’auto. Nel 1905 nasce l’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, l’A.L.F.A.10, l’anno seguente, Vincenzo Lancia11 crea a Torino la sua omonima fabbrica d’automobili.

Fra le tante difficoltà iniziali incontrate dai pionieri dell’industria, c’era un problema sociale da risolvere in fretta: rassicurare l’opinione pubblica di fronte al fenomeno dirompente rispetto alle abitudini del vicino passato. Tale impegno era determinante per il buon prosieguo dell’impresa che diversamente rischiava di essere rallentata dalle reticenze e dalle polemiche. Fu così che all’ora del tè, molti fabbricanti uscivano in macchina nel cuore dei centri cittadini e nei parchi insieme alla propria famiglia o agli amici per passeggiate propagandistici.

10 A.L.F.A: le sue origini risalgono alla “Società di Automobili Darracq Milano”, costituita nel 1906 per la fabbricazione italiana delle omonime francesi. Nel 1909, un gruppo di finanzieri italiani rileva la fabbrica sita in località Portello per dar vita all’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili. La prima vettura è la 24HP nei modelli turistico e sportivo. Nel 1914 l’ALFA fu presa in gestione dall’ing. Nicola Romeo che nel dopoguerra mutò il nome in Alfa Romeo. 11 LANCIA: fabbrica fondata nel 1906 da Vincenzo Lancia (Fobello 1881/Torino 1937), pilota automobilistico.

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I cavalli, elementi fondamentali per il trasporto e il commercio su strada, costituivano un grande rischio sociale poiché facilmente s’imbizzarrivano al rombo del motore. Creavano episodi di panico e mettevano a rischio persone e merce trasportata. Uno stratagemma efficace per abituare gli animali a famigliarizzare con le macchine si rivelò quello di addobbare i veicoli a motore con generosi ciuffi di biada. In materia di circolazione stradale, non era ancora stata prodotta alcuna normativa specifica per i nuovi mezzi e non era necessaria la patente di guida, in giurisprudenza valevano solo le norme applicate alla viabilità ordinaria dell’epoca.

Una prassi ordinaria era l’acquisto del carburante in latte sigillate presso le farmacie, dopo si conservava in casa. Durante i viaggi più lunghi le latte di riserva venivano direttamente caricate in macchina. Ricordiamo che ancora nei rally degli anni sessanta12, il carburante di riserva era caricato direttamente sulla vettura.

Negli anni che vanno dal 1901 e il 1911 avviene l’impiego volitivo del nuovo mezzo meccanico e nel giro di pochi anni i fabbricanti diventano costruttori a tutti gli

12 Freccero Renata, Sanremo Rally Story, Stampato presso Graziano Torino 1985, pag.45

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effetti. Nel 1903 le automobili registrate in Italia erano circa duemila. L’ingegneria si applicava per studiare e progettare l’automobile come possibile e nuovo mezzo di trasporto rapido ad uso pubblico e privato. L’effetto più visibile era già presente alle prestigiose Esposizioni di Parigi e di Torino di fine ottocento, in cui assistiamo alla rapida trasformazione e manifatturizzazione dei veicoli a motore che rispondono all’interesse economico e politico dell’enorme rivoluzione industriale in atto.

Il treno al nuovo secolo non bastava più. S’imponeva la necessità di un mezzo più sbrigativo per soddisfare anche i crescenti bisogni commerciali d’aggancio, non solo fra città e città, ma fra grandi metropoli e piccoli centri urbani. Fra i primi mezzi pesanti nasce “l’omnibus-automobile”13 in linea con le nuove esigenze sociali. Questi grandi veicoli velocizzavano trasporti pubblici, postali, a domicilio e per “reclame”. La comparsa dei tram e dei corrieri motorizzati sulle strade di Torino fu causa del primo sciopero dei “pubblici cocchieri”. L’automobile cominciava a cambiare le abitudini e il vissuto sociale quotidiano. L’ing. Emilio Marenco sulla rivista “L’Elettricità Popolare” proponeva una scuola per chauffeurs. Aderiscono all’iniziativa tredici meccanici e ventisei gentlemen del volante. L’anno seguente gli iscritti erano già duecentoventidue. La scuola prevedeva l’insegnamento di una parte teorica dov’era inserita una sezione descrittiva di legislazione, sanità e pratica. Nel 1907 vengono dedicate “lezioni a parte” alle “signore automobiliste”, che non potevano scendere a troppa familiarità né con uomini della loro classe sociale e tanto meno d’altre. L’automobile da adesso in avanti verrà sempre più accompagnata da immagini di donne eleganti e prestanti, utili per accendere nella psicologia del compratore l’identificazione del prodotto con l’oggetto dei suoi desideri.

Il “carro-automobile” diventa una delle innovazioni più grandi di fine millennio, i primi autocarri rivelano subito la loro utilità pratica. Sono mezzi rapidi, adatti ad un costante trasporto merci. Fra le nuove applicazioni del motore incontriamo i “carri – automobile” utili per diverse tipologie di servizi: pompieri, ambulanza, spurgo dei pozzi neri, innaffiamento stradale. In questo periodo iniziano le ricerche a favore di veicoli da impiegare in agricoltura, capaci di sostituire il bestiame nel lavoro dei campi. Dobbiamo pensare che all’epoca l’Italia era sostanzialmente un paese agricolo ed un simile contribuito tecnologico era finalizzato a incrementare l’economia nazionale.

In campo militare iniziano le sperimentazioni a favore dell’impiego dei mezzi pesanti, detti “carri militarizzati”, il loro impiego durante i conflitti mondiali accrescerà i grandi massacri della storia .

13 Omnibus-automobile: Carrozzone a cavalli con molti posti che nel secolo 19° faceva servizio regolare nelle grandi città prima che fossero adibiti allo stesso scopo i tram. 2) Treno a velocità limitata con fermata a tutte le stazioni. (Vocabolario della lingua italiana Treccani).

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L’INVENZIONE DELLO SPORT PER L’INDUSTRIA

Rendere commerciale i veicoli senza cavalli significava per i fabbricanti dimostrarne l’affidabilità. Partner ideale per la vendita fu l’invenzione dello sport dei motori. La stampa sportiva nasce come strumento essenziale per la diffusione della notizia e della sua cultura. Testimone di questo intrinseco connubio si rivela la prima corsa su strada avvenuta il 20 aprile 1887, quando Fossier, un giornalista francese, indisse un’anomala prova di resistenza: un triciclo a vapore avrebbe dovuto sfidare un percorso lungo 32 Km: Neuilly-Versailles-Neuilly. L’impresa fu realizzata in un’ora e quattordici minuti, da un personaggio noto fra l’aristocrazia parigina, il marchese George Bouton. L’evento creò una certa ilarità, ma provocò anche interesse per l’originalità della sfida, era la prima volta in cui una carrozza veniva ufficialmente mossa da una forza meccanica14. L’episodio costituì l’inizio del coinvolgimento sociale a favore dell’enorme trasformazione ambientale ed economica. Il problema da superare era come finanziare le nuove tecnologie e in molti casi il dover trasformare le fabbriche e i loro manufatti per non soccombere. La storia dell’homo ludens, la voglia di competere, sfidare, misurarsi, inventare le regole per giocare e fare sport, è stato un colpo di genio applicato ai veicoli senza cavalli.

L’Exposition Universelle di Parigi del 1889, rimane la prima kermesse del pensare l’industria legata alla scienza e alla tecnica e lo sport è stato il grande partner.

Il Principato di Monaco il 26 agosto 1890 crea il Club “Sport Velocipidi Monegaschi”, è il primo presupposto del futuro dell’Automobil Club.

Il 6 settembre 1891, il Petit Journal indisse la famosa corsa ciclistica Parigi-Brest-Parigi, per un totale di 1200 Km. La famiglia Peugeot doveva convertire la propria produzione di sottogonne in acciaio con altri manufatti. Questa fabbrica era entrata in crisi per il movimento politico delle donne che rivendicavano il diritto di voto e stavano modificando, insieme alle idee, anche il proprio modo di porsi nella società presentandosi con abiti più pratici, per agevolare il nuovo stile di vita. La materia prima dei fabbricanti Peugeot era la lamiera in acciaio, così, grazie ad un accordo con Daimler ottennero in cambio dell’acciaio l’uso del loro brevetto. Il vincolo fra le pareti era che i motori sulle Peugeot fossero montati trasversalmente rispetto ai veicoli tedeschi. Fu così che da fabbricanti di sottane per signore la famiglia Peugeot iniziò a produrre quadricicli a motore. Per commercializzare i nuovi manufatti e pubblicizzare la conversione aziendale usarono lo sport. Scesero sul campo di gara battendosi con un quadriciclo contro le biciclette. L’idea era di staccare subito nell’immaginario collettivo l’associazione “auto/ bicicletta” già alla partenza della I manifestazione. Così, il 6 settembre 1891, mentre l’avventura per le due ruote prese il via dalla rue Chateaudun, davanti alla redazione del giornale, invece per le quattro ruote l’attenzione del pubblico venne portata al Valentigney, di fronte alla sede della fabbrica Peugeot. L’andamento della gara per la vetturella fu costellato da una serie di inconvenienti fortunatamente tutti risolti, fatto che suscitò un crescente interesse fra la gente. Al comando del quadriciclo s’avvicendarono oltre ad Armand Peugeot, l’ingegnere Riguolot e il meccanico Doriot. Questa vetturella era riuscita a tenere la media di 14,71 Km/h contro i 16,8Km/h del ciclista Terrout vincitore della corsa. La

14 Freccero Renata op. cit. 1985 pag. 9.

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prima vettura della produzione Peugeot, in pianura toccava i 20 Km/h e solo i 4Km/h in salita. Dopo 39 ore di corsa il quadriciclo fu capace di rientrare a Parigi, non era stato il più veloce, ma aveva resistito alla prova.

Lo sport dei motori era all’inizio di una nuova storia.Nel 1893, sul giornale parigino Figarò, apparve un articolo sportivo scritto con

foga appassionata, firmato “Jean sans terre”, la novità proposta era un avvenimento senza precedenti, una corsa su strada per vetture senza cavalli. Un evento unico non solo per i parigini, ma per il mondo intero. I primi miracoli dello sport furono immediati: la produzione Peugeot che nel 1891 aveva ottenuto una commessa di 5 quadricicli, l’anno successivo l’aumentò a 29 fino a raggiungere le 40 commesse nel 1894, anno in cui la Parigi-Rouen-Parigi, passò alla storia dell’automobilismo come la I competizione internazionale per vetture senza cavalli correlata da classifica. Questo evento costituisce tra l’altro il primo passo verso l’ufficializzazione dello sport dei motori. Nel 1895 i successi sportivi di Panhard- Levassor produssero una vendita di 201 macchine e solo 150 per Benz. Calcoliamo che in tutta la Francia circolavano 500 vetture, una 2HP costava 6.500 vecchi franchi e una 4HP 8.200. Lo sport si rivelava la promozione più sincera per far toccare con mano l’affidabilità dei quadricicli e la folla si dimostrava sempre più interessata al nuovo spettacolo promosso gratuitamente sulle strade di tutti i giorni.

“…un centinaio di veicoli, dei più disparati modelli, si radunò il 22 luglio alle porte di Maillot. C’erano 35 macchine a vapore, 38 a benzina, 5 elettriche, 5 ad aria compressa, altre ancora di tipo misto. Solo dopo un accurato controllo tecnico, furono ammesse alla gara 21 vetture. La corsa ebbe luogo alle ore 8 del mattino in un tumulto indescrivibile, ma nonostante l’ora poco propizia, era presente tutta la Parigi della Belle Époque. Circa nove ore dopo, alle h.16,50 un cocchio di stile vittoriano rimorchiato da un trattore a vapore, raggiunse trionfalmente Rouen, a bordo c’era il marchese De Dion. Qualche istante più tardi, gli spettatori assistettero esterefatti all’arrivo in volata di una Panhard-Levassor ed una Peugeot equipaggiata con un motore Daimler di 3 HP di potenza. La competizione, organizzata dal giornalista Pierre Giffard15, si concluse con il completo trionfo delle macchine a benzina di Panhard e Peugeot, seppur primo classificato risultò il colossale mezzo a vapore di De Dion alla media di 21 Km orari16” .

La manifestazione che vedrà l’affermazione definitiva del motore a benzina sarà la “Parigi – Bordeaux – Parigi” del 1895 ed è questa la gara in cui si metterà definitivamente in luce la famiglia Peugeot17. Fra i diversi tipi di vetture partecipanti ne troviamo una dotata di pneumatici18, è la l’Éclaire di Eduard Michelin19. Era un 15 Pierre Giffard, capo del servizio informazioni del Petit Journal, animatore di tutte le manifestazioni automobilistiche del XIX secolo.16 Da “Storia dell’Automobile” di Luigi Cucco, U.T.E.T., TO, 1961, pag. 42/47. “Storia Illustrata” di Gianni Marin e Andrea Mattei Scharz, Ed Milano, Tipografia Toso, TO, 1961. 17 Pierre Peugeot, insieme ai cugini Armand, Jules e Robert, fu il tecnico preponderante nella messa a punto dei primi tricicli e delle vetturelle. Il successo di questa famiglia è legato alla collaborazione con Serpollet e al sapiente uso del motore Daimler.18 Nel 1889 il pneumatico era già noto in Inghilterra grazie al chirurgo irlandese Dunlop. 19 I fratelli Michelin erano specialisti nella fabbricazione di oggetti di gomma a Clermont-Ferrand, quando si presentò a loro per caso un operaio per farsi riparare la propria bicicletta d’origine inglese. I cerchioni del ciclo erano contornati da gomma vuota e da una copertura. Dopo la riparazione i Michelin invitarono l’uomo, di nome Grandpierre, a far parte del loro personale e solo in seguito costruirono le tre vetturelle Hirondelle, Araignée e la Eclair munite di pneumatici. I Michelin dovettero comunque lottare per ottenere l’applicazione del pneumatico

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mezzo inadatto per le strade che erano sterrate o acciottolate prive del manto stradale, eppure i Michelin nonostante una cinquantina di forature, riuscirono a conseguire il 17° posto della classifica finale. Per iniziativa del marchese De Dion e del giornalista Paul Meyen, nel novembre dello stesso anno nasce a Parigi l’Automobil Club de France. La capitale francese in questi anni diventa il punto di riferimento di tutto l’automobilismo europeo. Nel 1896 si registrano sette corse su strada; ventuno nel 1897 e 1898; trentuno nel 1899.

Le corse diventano sempre più spettacolari, onerose e difficili, lo sport dei motori inizia a mettere in palio ambiti riconoscimenti a favore del primo classificato. Alla Parigi-Bordeaux-Parigi, in premio c’era un’ambita “Coppa” donata dal noto giornalista americano James Gordon Bennet, attento testimone d’oltreoceano verso il nuovo evento dell’industria e dello sport europeo. Parigi costituiva il punto di riferimento del fenomeno. Dopo la Parigi-Marsiglia-Parigi; Parigi-Cabourg-Parigi; Parigi-Nizza-Parigi e il primo giro di Francia del 1899, si parte dalla Capitale francese per raggiungere le altre Capitali europee. La prima vera gara internazionale è la Parigi-Amsterdam-Parigi, ma la più autorevole, considerate le implicanze storiche e politiche del periodo, sarà la Parigi-Berlino-Parigi:

“ …la coppa offerta in premio al vincitore dall’imperatore di Germania era opera artistica dell’orafo berlinese Friedlander. D’argento massiccio dalla forma di un vaso antico con le anse quadrate, foglie intrecciate a guisa di corona, ornavano l’orlo in tutta la sua circonferenza. Su un intero fianco del vaso era incisa l’aquila imperiale e dall’altro la seguente incisione: Kaiser Wilhelm II fur die Automobil Fernfarht Paris-Berlin 1901. Sopra la facciata dell’aquila imperiale era incisa la corona degli Hohenzollern. […] Si raggiunsero i 102 e 110 Km. orari il primo classificato fu Fournier con una Mors di 28 HP. Al pranzo del Kaiser-Hoff offerto agli automobilisti francesi a Berlino. Il sig. Moller, Ministro del Commercio tedesco, fece il seguente brindisi- L’automobile non è soltanto uno strumento di sport, esso conquista il mondo ed in particolare in guerra come in pace, sarà il mezzo di locomozione per eccellenza-20”

Le parole del Ministro tedesco sono l’espressione di una volontà determinata a promuovere l’invenzione di un mezzo importante sia per velocizzare il commercio su gomma via terra che per avvicinare i popoli, ma soprattutto vede nell’innovazione dei trasporti un grande sussidio in caso di guerra, al punto che nel discorso la parola “guerra” precede la parola “pace”. Per queste ragioni non mancheranno i finanziamenti a favore della messa a punto dell’automobile che d’ora innanzi diviene un “affare di Stato”.

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Giovanni Agnelli si incontrava facilmente in tutte le manifestazioni legate al mezzo meccanico. Il 22 gennaio si segnala la sua presenza all’inaugurazione dell’Automibil Club d’Italia; l’11 marzo dello stesso anno vinceva con Racca, su 18 concorrenti, la

in Francia. * vd. inoltre pag. 3220 Da “Automobilia”, Bollettino della Cooperativa Automobilistica Piemontese C.A.P.Torino, 1928.

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“Verona – Brescia – Mantova – Verona” a bordo di un quadriciclo fabbricato dall’amico Storero al 37 in Corso Valentino vicino al Lungopò. Il Valentino è quindi stata la magnifica cornice che ha accompagnato l’impresa di Agnelli, che doveva diventare un soggetto attivo importante nel contesto della politica economica italiana ed europea. Questa zona di Torino ha comunque contribuito a dare i natali a tutto lo sport italiano.

Fra le gare nazionali più significative di questo momento troviamo il primo giro d’Italia:

“ ..quel primo memorabile giro d’Italia ebbe inizio il 27 aprile dal Ponte Isabella a Torino per concludersi dopo 15 tappe a Milano. Furono percorsi 1642 Km. e per un buon tratto della gara, sino a Roma, i concorrenti subirono il flagello della pioggia. Ciò nonostante 27 vetture terminarono la corsa e raggiunsero Milano ove arrivarono precedute da una singolare scorta d’onore, costituita da un drappello di guardie daziarie in bicicletta. I poveretti dovevano faticare per reggere il passo delle automobili superstiti 21”.

Le corse italiane su strada erano iniziate con la Verona-Brescia-Mantova-Verona l’11 marzo 1899 con 11 italiani iscritti e 7 stranieri. A trionfare nella I° categoria è un triciclo con meccanica Bugatti di Prinetti Stucchi, costruttore milanese. Le vetturette Miari del professor Bernardi e le Orion Marchand erano all’altezza delle Hortù, delle Benz e delle Mors. Data l’affidabilità dimostrata dai mezzi, sempre lo stesso anno furono organizzate altre manifestazioni. Il 30 aprile fu la volta della Torino-Orbassano-Airasca-Pinerolo-Torino. Fra i partecipanti troviamo: Agnelli, Biscaretti di Ruffia, Bricherasio, Rosselli, Goria-Gatti, Lanza e Ceirano, si tratta, come già avvenuto in Francia, di piloti che sono fabbricanti e sponsor. A vincere la I° categoria anche in questa occasione è la Bugatti. Le Wellejs con Goria.Gatti e Faccioli, vincono la II°, le Orion Marchand, la III°. In contemporanea alla corsa organizzata ai piedi della Val Chisone, sull’attuale statale per il Sestriere, avviene un’altra gara la Limone Piemonte-Cuneo-Torino. L’8 maggio a Reggio Emilia fu allestita un’Esposizione in occasione della quale si organizzò anche una corsa. Il 12 maggio fu la volta della Capitale Lombarda con la Lecco-Erba-Como-Milano; il 20 e 21 maggio a Bologna avvenne una corsa e un Convegno. Il 19 giugno la corsa su strada fu indetta a Padova, ma in questo pandemonio di motori, mancava ancora la grande messa a punto italiana dello sport nazionale che avvenne nel 1902 con la Susa-Moncenisio. Era in palio la Coppa Principe Amedeo, segno dell’adesione del Governo alla nuova promozione dell’industria italiana. Le vendite in Italia aumentarono, ma l’anno seguente un decreto prefettizio bloccò la seconda corsa Susa-Moncenisio.

Le corse su strada in ambito internazionale si complicarono perché ormai la gente si era abituata agli eventi e così, pur di fare notizia nacquero prove mozzafiato, che presero spunto dai romanzi di Giulio Verne. Nel 1901 un inglese di origine tedesca E.E. Lehwess, era partito da Londra con un mezzo simile ad un autobus di costruzione Panhard-Levassor, il “Passe-Partout”, con questa macchina secondo altro copione rispetto al Giro del Mondo, si era diretto a San Pietroburgo. L’effetto fu strepitoso, Lehwess riuscì a polarizzare l’attenzione su di sé per mesi e grazie al successo di

21 Da “Storia Illustrata” di Gianni Marin e Andrea Mattei Scharz, Ed Milano, Tipografia Toso, TO, 1961.

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quell’impresa, trovò una folta schiera di simpatizzanti disposti a cimentarsi in simili avventure. L’americano Charles Glidden, su Napier nel 1903, dopo aver scorrazzato per tutta l’Europa continentale, risaliva la Scandinavia fino al Circolo Polare Artico. L’esempio porterà altri a compiere queste imprese nell’America del Nord, in Australia, Malesia, Nuova Zelanda, Cina e Giappone.

Il processo dello sport e dell’industria sembrano andare a gonfie vele, quando le corse su strada subiscono un improvviso arresto. La Parigi-Madrid del 1903, scrive le prime pagine buie della storia dello sport dei motori: in una curva pericolosa esce di strada Marcel Renault, fratello di Louis, investe sei spettatori e nell’incidente vengono coinvolti anche altri tre piloti. Il Ministro degli Interni interviene e sospende la corsa, la stampa comunica l’evento a tutto il mondo e lo sconcerto è forte. Da allora in poi questa tipologia di gara sarà proibita.

Lo sport strumento di pubblicità e commercio, rischia di diventare un bomerang nel momento in cui diventa pericoloso. È lungo il filo di questa logica che i costruttori rimodellano e cambiano le regole e i giochi, per offrire un’immagine di progresso sociale e successo garantito dal divertimento e dalla passione possibile grazie all’uso sapiente dei mezzi. In questo periodo storico si delineano i primi manager dello sport motoristico e i pionieri/professionisti del volante. I costruttori europei reagiscono solidali, non hanno alcuna intenzione di rinunziare a un tale business: nasce la corsa su circuito.

La Coppa Gordon Bennet, programmata per il 1905, si svolgerà su circuito, a caratterizzare la gara sarà una lotta all’ultimo sangue fra le macchine italiane affidate a Lancia, Cagno e Nazzaro contro le rivali francesi. Il podio sorriderà a Thery su Richard-Brasier. Il 10 settembre dello stesso anno un facoltoso armatore siciliano, Vincenzo Florio, coadiuvato da Arturo Mercanti, Enrico Minetti e il sindaco di Brescia, inaugurano una corsa su circuiti cittadini, la Brescia-Cremona-Mantova-Brescia, da ripetersi tre volte per un totale di 501 Km. Si tratta della prima Targa Florio.

L’inverno del 1906 quando Luigi Pirandello ultima “Il fu Mattia Pascal” e Giovanni Verga corregge le bozze “Dal tuo al mio” il rombo dei motori scuote le tranquille strade della Sicilia. Da Cerda a Catavuturo, da Castellana a Petralia Sottana, da Geraci a Bonfornello si snoda la prima combattutissima Targa Florio. A portare a casa l’ambita targa d’oro massiccio è Alessandro Cagno su Itala, alla media di 47 Km. orari. Con l’affermarsi dell’industria dell’automobile, che concluderà il suo periodo di potenziamento all’inizio della prima guerra mondiale, nello sport si inserisce un elemento innovativo. Alle corse viene affidata una crescente funzione di progresso e d’immagine legata ai risultati agonistici che determinano la bilancia dell’economia aziendale. L’attività sportiva si complica sempre più, su questa grava sia la capacità sportiva, determinata dal talento del pilota, in più il progresso tecnologico industriale giocato in diretta. Di conseguenza questo tipo di sport rispetto agli altri assume connotazioni particolari di cui sarà sempre più difficile discernere i lineamenti. Pilota/macchina/tecnici/meccanici formano le sinergie della vittoria.

Il fenomeno della partecipazione diretta delle case costruttrici alle corse automobilistiche rimane ancora a inizio novecento un fenomeno limitato all’Europa, i poteri sportivi sono demandati agli Automobil Club nazionali, più tardi federati nella Federation International de l’Automobile, che redigerà un Codice Sportivo in cui la

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materia verrà minuziosamente regolamentata. Alle gare di velocità prendono parte solo i mezzi realizzati per questo fine e siccome i problemi tecnici che la rapida evoluzione propone e continuamente rinnova, sono ormai il fine delle corse, i regolamenti preparati in sede internazionale tendono a interpretare tali esigenze di progresso attraverso formule in continuo mutamento. La normale tecnica ne è profondamente influenzata, particolarmente per quanto si riferisce ai perfezionamenti introdotti sui motori e conseguentemente si aggrava la prevalenza della meccanica sullo sport. I criteri d’impostazione delle Formule da Corsa dopo l’inevitabile empirismo iniziale, quando la tecnica motoristica conosceva solo poche leggi fondamentali e non era ancora scienza, in tempi successivi acquisiscono contorni precisi. L’evoluzione viene promossa e stimolata da orientamenti che limitano uno o più parametri del problema generale e sono in linea assoluta dei compromessi tecnici. Significa che ai costruttori viene proposto un tema vincolante in pochi punti fondamentali e variabili, a periodi abbastanza brevi, ad esempio un limite di peso o di cilindrata del motore, oppure di consumo del carburante, o ancora, l’obbligo o l’esclusione di determinati particolari di fabbricazione.

Una tipologia di gara che si conferma rispetto alle corse su strada è il raid. Un inglese, R.L.Jefferson nel 1905 partirà da Coventri a bordo di una Rover con destinazione Costantinopoli. Le premesse poste da Lehwess e Glidden costituirono le basi di questa nuova specialità sportiva.

Le Matin stimolato da una certa rivalità fra Italia e Francia, nel 1907 realizzò il Raid Pechino-Parigi. I concorrenti partirono da Pechino il 10 settembre alla volta della Capitale francese per un percorso totale di circa 16.000 Km. Al seguito dell’incredibile competizione c’erano tre giornalisti: Luigi Barzini corrispondente del Corriere della Sera e del Daily Telegraf, al seguito del pilota Scipione Borghese; Longoni del Secolo con Collignon; Jean Dutallis del Matin con Cormier. Questo raid, coinvolse per mesi l’interesse di milioni di persone tutte col fiato sospeso e si concluse felicemente a Parigi che per l’occasione aveva organizzato una festa trionfale dedicata al vincitore: il principe Borghese su Itala.

Nell’inverno del 1908 da New York partirà un altro raid con destinazione Parigi. I passaggi obbligati erano l’Alaska e lo stretto di Bering. Aderirono all’impresa sei macchine di cui tre francesi, una italiana, una tedesca e una statunitense. Baciato dalla buona stella sarà l’equipaggio americano che porterà a buon fine l’avventura, secondi classificati gli italiani, terzi i tedeschi.

Le competizioni sportive più mature di questo periodo rimangono i due Rallie di Montecarlo ridefinito “rallye” dalla fusione del vocabolo francese rallie e da quello inglese rally. Le mitiche edizioni anteguerra rimangono legate al 1911 e al 191222. Questo tipo di competizioni riprenderanno la loro vogue nel 1924. L’anno seguente, il 29 marzo 1925, nasce l’Automobil Club di Montecarlo in sostituzione del Club “Sport, Automobili e Velocipedi” del 1907.

22 Vd. pag. 26

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LA PRIMA COMMERCIALIZZAZIONE DELL’AUTO

Concluso il secolo XIX segnato dal traffico ferrato, inizia l’era dell’automobile. L’11 ottobre 1909 viene stipulato un primo accordo sulle leggi per la regolazione del traffico stradale, noto come Convenzione di Parigi, ratificata in Italia il 6 gennaio 1910 con Regio Decreto n.169. Questo primo decennio del secolo determina per l’industria un enorme progresso tecnico – costruttivo sia in Europa che in America. L’automobile modifica i costumi sociali e per i grandi finanzieri diventa un business senza precedenti.

In campo letterario gli autori scoprono nel “bolide” l’incarnazione delle loro tendenze vitalistiche e irrazionali23, Marinetti trova più bello e affascinante della Vittoria di Samotracia il cofano dell’auto da corsa. Nell’opera Dannunziana l’automobile diventa oggetto di fantasie amorose. In “Forse che si forse che no”, Paolo, all’essenza d’Isabella, preferiva quella del serbatoio dell’Ardea, che lo attendeva sotto la tenda per la gara.

Il primo novecento in Europa è proiettato verso il lancio della vettura popolare. L’obiettivo era di produrre un veicolo leggero, dotato dei pezzi essenziali, poco accessoriato per ridurre all’osso la manodopera. Un esempio di queste vetturette sono la Sizaire et Naudine24 7hp a due posti, prezzo 2.950 fr. (vecchi franchi). I costruttori garantivano ai clienti che le loro macchine erano in grado di muoversi in salita, sotto neve e pioggia. Altri esempi di questi tipi erano la “prima 7/9 hp”, ad un cilindro, costo 1.975 fr. (franchi vecchi), la “Orel 6/7 hp”, due cilindri, costo 2.750 fr. (franchi vecchi). In realtà queste esperienze pongono i prerequisiti al vero lancio dell’auto popolare che avviene negli anni trenta.

Negli U.S.A. Henry Ford crea a Dearborn in Michigan, la “Ford Motor Company” è il 1903, la fabbrica nasce in ritardo rispetto all’Europa, ma l’organizzazione dell’impianto basato sulla divisione del lavoro, sarà l’asso vincente che già nel 1908 consentirà di produrre un tipo di macchina utilitaria, il modello T. In America, la macchina diventa subito un fenomeno sociale molto più diffuso che non in Europa. L’utilitarismo, la praticità, la necessità, fanno diventare gli americani automobilisti. La macchina avvicina le città, i paesi, la gente, rende il trasporto pubblico e privato più agevole. Le vetture d’oltreoceano hanno una guida agevole, grazie al quadro di bordo essenziale, semplice e chiaro, agli strumenti e ai comandi molto funzionali a portata di mano, ma in realtà questi mezzi risultano tecnicamente meno affidabili delle macchine europee e non sempre sono di buon gusto per ciò che concerne stile e comfort, in compenso hanno il grande vantaggio di velocizzare il trasporto a prezzi contenuti.

23 Giorgio Boatti “Bolidi” Ed. Mondadori, MI 200624 Sizaire-Naidin, Maurice Sizaire, architetto, insieme al fratello Georges si erano impiegati presso una fabbrica di biciclette in seguito aiutati dall’amico Louis Naudin, cominciarono a lavorare su una carrozzella con motore monocilindrico, cambio a tre velocità, trasmissione a cinghia. La trasmissione ebbe subito una serie di inconvenienti risolti nel tempo da Sizaire che inventò un cambio che prevedeva tre rapporti tutti in presa diretta, ottenuti mediante un pignone provvisto di tre diverse dentature che potevano essere innestate su una corona conica. Nel marzo 1905, questa vetturella fu presentata all’Éxposition des Petits Inventeurs. La macchina ebbe successo e grazie ai finanziamenti ottenuti dal duca D’Uzes, migliorarono la produzione finchè non furono licenziati poiché il duca riteneva di poter far a meno di loro. L’assenza dei tre fondatori portò ben presto la fabbrica alla chiusura. Fra il 1923 e il 1929 i tre amici produssero un loro marchio Sizaire-Frères e inventarono la prima auto al mondo con sospensioni a ruote indipendenti.

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Nei primi anni del novecento, vengono realizzati i nuovi dispositivi per la messa in moto automatica ad aria compressa, in sostituzione della scomoda manovella. Il motore è fuso in un blocco unico, i regimi di rotazione dell’albero motore s’aggirano sui duemila giri. Le vetture sono dotate di cristalli laterali e parabrezza, vengono costruite con pezzi intercambiabili, per agevolarne l’eventuale sostituzione. Restano i grandi fari in ottone illuminati dall’acetilene.

Fra il 1911 e il 1924 in Europa l’auto privata si conferma “ bene di pochi eletti”, è una comodità e un lusso aristocratico.

I perfezionamenti tecnici, causa dell’aumento dei costi, determinarono il nuovo mercato.

La prima importante commercializzazione dell’auto si data intorno al 1910 per stabilizzarsi fra l’11 ed il 14, anno che segna l’inizio della prima guerra mondiale. In questo periodo abbiamo: ruote in acciaio stampato in due metà; fari elettrici sterzanti; ammortizzatori di tipo pneumatico, idraulico, a pressione d’olio; diffusione del motore “monoblocco” in cui i condotti per l’aspirazione della miscela esplosiva e per lo scarico dei gas combusti, sono fusi in blocco con il gruppo dei cilindri, i telai sono in lamiera stampata.

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La ricerca tecnologica si accompagna alla ricerca dello stile. Sul radiatore delle grosse cilindrate è di moda avere un trofeo alato, una figura femminile, una freccia. Sentori di un certo gusto liberty di nobiltà ed eleganza segno di classe sociale sono: Rolls – Royce25, Isotta Fraschini26 e autista.

La migliore vetrina per il Vecchio Continente è allestita nel 1911 a MonteCarlo dove esiste la più bella scenografia per celebrare un fenomeno sportivo mondano destinato a un’élite raffinata. Il primo Rallie di Montecarlo è un successo, che si conferma tale anche nella seconda edizione del 1912.

Le magnifiche fuori serie “otto A” hanno una linea elegante, slanciato, grazie al cofano allungato, il loro motore è potente, ma soprattutto è silenzioso.

In questo decennio la commercializzazione dell’auto deve allargare il suo mercato, l’aristocrazia è una fascia di utenti già acquisiti e non basta più, ormai l’obbiettivo determinante per i fabbricanti diventa la conversione della loro fabbrica a industria, grazie al passaggio verso la produzione delle vetture di serie. Ai modelli Fiat 2 e 3, succede la “0” comparsa al Salone di Torino nel 1913. Questa macchina riesce ad avere costi inferiori rispetto alle precedenti e il suo mercato è rivolto alla classe media.

Il 1914 scoppia Grande Guerra. Nel settore automobilistico si mettono a frutto tutti gli studi effettuati sui mezzi pesanti nel decennio precedente, questi sono i presupposti che aprono lo sviluppo scientifico ed economico della grande industria.

Fino agli anni ’20 l’evoluzione tecnica continuerà a crescere per consolidarsi all’inizio del trenta, periodo in cui l’automobile otterrà un desing e una struttura generalmente confermata fino agli anni sessanta.

L’Alfa Romeo, forte delle sue esperienze agonistiche immette sul mercato mezzi che per quegli anni potevano considerarsi sullo stesso piano delle vere e proprie vetture gran turismo.

Isotta Fraschini, porta avanti il suo programma confermato a favore di un mercato d’élite. Asso portante per le magnifiche fuoriserie è la “otto A” dalla linea elegante e slanciata, grazie ad un cofano motore allungato, seppur ancora a cubo. Il motore potente e silenzioso è un otto cilindri.

L’aumento della velocità s’accompagna alle migliorie del comfort.

25 Rolls-Royce, nel 1884 a Manchester, Royce con l’amico Ernest Claremont fonda una fabbrica di costruzioni elettromeccaniche. All’inizio del novecento acquista una Decauville, considerata fra le vetture più leggere del tempo. S’ispira a questa particolare tipologia d'auto per realizzare tre esemplari con motore bicilindrico da 10 HP, presentati nel 1904 con marchio Royce. Queste vetture incontrano l’interesse di un pioniere dell’automobilismo, Hon C.S. Rolls gestore a Londra di un’agenzia di vendita d’auto, interessato allo sviluppo di una vettura leggera ad altissime prestazioni e qualità, questo commerciante s’impegnò ad acquistare tutti i modelli di produzione Rolls a patto di poterli commercializzare con marchio Rolls-Royce. Tale marchio comparve quindi al Salone di Parigi del dicembre dello stesso anno, forte di una serie di modelli derivati concettualmente dalla Decauville, ma riproposti con più eleganza. 26 Isotta Fraschini, fondata nel 1904 dalla famiglia Ceirano in società con Guido Bigio, Angelo Moriondo, Leone Fubini e Giovanni Carenza, grazie all’intervento di un gruppo finanziario genovese. Questo marchio era il preferito dalla regina Margherita di Savoia.

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Dall’11 al ’24 l’enorme progresso tecnico – costruttivo europeo e statunitense, si conferma per i grandi finanzieri uno fra i maggiori business della storia contemporanea.

In Europa, in linea di massima l’automobile privata mantiene alti i suoi costi. In campo industriale si consolidano le diverse possibilità d’impiego del mezzo con particolare riferimento al settore bellico, ad esempio la produzione Daimler fu diversificata e dal suo stabilimento uscirono vetture di servizio per lo Stato Maggiore dell’Esercito, autocarri, ambulanze, motori aeronautici, trattori e munizioni.

Per le migliorie sul fondo stradale e sulla viabilità in genere, dobbiamo attendere il dopoguerra, solo a partire dagli anni venti troviamo i primi studi sulla bitumatura per realizzare l’asfalto o costruire un nuovo selciato. Quest’ultimo, in particolare, era usato nei tornanti o su strade di montagna molto accidentate, oppure nelle corsie esterne dove i cubetti di porfido garantiscono una maggior resistenza all’usura.

In Italia nel 1923 nasce la prima rete autostradale ad una corsia, la “Milano –Laghi”, seguita dalla “Milano – Bergamo”. I pedaggi erano costosissimi, ma all’epoca, dato lo scarsissimo traffico autostradale, era consentito collaudare la velocità delle auto più avanzate proprio sulla Milano-Laghi. Un articolo della rivista mensile “La Scuderia Ferrari” cita l’esperienza tecnologica definita una fra le tappe più interessanti della storia automobilistica italiana: “ La monoposto Alfa Romeo con carrozzeria aerodinamica, disegnata dall’ingegner Marchese Pallavicino, apprezzato tecnico aeronautico, direttore delle Officine Caproni di Ponte S. Pietro, è stata sottoposta a un nuovo severo collaudo. L’ultima di queste prove è stata eseguita sull’autostrada Milano-Laghi, campo ideale per macchine lanciate ad oltre 270 Km. orari. A fine collaudo la macchina è stata caricata su un camion ed è partita per Berlino.[…] Le nostre Alfa Romeo si trovarono di fronte macchine che ben poco hanno a che vedere colla formula e, data la liberalità del regolamento reggente il Gran Premio dell’Avus, disponevano di motori di cilindrata di circa 4 litri quindi di notevole peso. Ecco tutto: ecco perché dei trecento chilometri circa all’ora delle Auto Union ed ecco anche perché all’Avus doveva debuttare, e solo all’Avus, la produzione tedesca.[…] senza tanta pubblicità si era pensato, con pochi mezzi e tanto entusiasmo, a studiare qualcosa in fatto di aerodinamica…27” Ai bordi dell’autostrada spettatori al test, decisivo per la partecipazione dell’Alfa Romeo alla competizione tedesca, c’erano: il progettista comm. Iano, il progettista Pallavicino, l’Ingegner Gobbato28, direttore dell’Alfa Romeo e Enzo Ferrari, responsabile della Scuderia Ferrari dell’Alfa Romeo. Questi test servivano per mettere a punto le macchine che avrebbero dovuto

27 Da La Scuderia Ferrari, maggio 1934. Direzione e Amministrazione Modena, Viale Trento Trieste N. 11, pag. 29 a firma Enzo FERRARI.28 Ing. Gobbato, uno dei grandi artefici dell’automobilismo italiano. Grazie alla preziosa testimonianza del figlio, ing. Pierugo, anch’egli figlio d’arte, è stato possibile reperire molti significativi elementi, per approfondire la ricostruzione storica.

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contrastare l’esperienza delle temibili rivali tedesche, le Auto Union29 sul circuito di Avus a Berlino.

Nel 1925 avviene il varo del nuovo regolamento urbano avviato a favore di un processo di unificazione di alcune norme che variavano ancora da città a città. Nel 1926 venivano stipulate le due Convenzioni Internazionali di Parigi riferite alla circolazione dei veicoli in genere e a quella dei veicoli a motore. Queste due Convenzioni, in Italia diverranno esecutive dal 1928 in avanti. Solo nel 1933 si metterà a punto il nuovo Codice della Strada, in base alle due Convenzioni di Parigi.

L’era fascista avrebbe voluto portare ordine sulla rete stradale italiana, ma gli automobilisti faticavano a rispettare le regole e tanto più a mantenere la destra, gli incidenti iniziavano a crescere, anche nelle città dove si era sempre circolato a sinistra, mentre il Codice imponeva un altro senso di marcia. Un fattore di caos, da non sottovalutare come causa d’infortuni stradali, era la mancanza o la disomogeneità della segnaletica che continuò a rimanere nel caos per parecchi anni. Nel 1925 in Italia circolavano 117.555 veicoli, dieci anni dopo erano già 326.141.

La prima commercializzazione dell’auto diventa un affare anche per le Assicurazioni. Gli anni Venti possiedono ben 204 Compagnie nazionali

29 Auto Union, industria automobilistica tedesca nata nel 1932 a Chemnitz dalla fusione della Horchwerken AG, Wanderer, Audiwerken AG e DKW. La sua più grande affermazione si realizza grazie al progettista Porsche. Ne sono testimonianza le numerose competizioni vinte tra il 1934 e il ’38. Nel ’45 il suo complesso di 35.000 unità lavorative, andò quasi interamente distrutto a causa degli eventi bellici e i pochi impianti salvati furono trasferiti in Unione Sovietica. In seguito risorse a Inglolstadt e nel 1951 aprì uno stabilimento a Düssendorf con la produzione DKW. Nel 1958 l’intero pacchetto azionario venne acquistato dalla Daimler-Benz di Stoccarda, ma nel ’56 passò alla Volkswagen. Nel ’69 entrò in società con la Audi e la NSU Motorenwerke AG. L’intero pacchetto azionario della nuova società è stato acquistato dalla Volkswagen.

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d’Assicurazione e 85 estere, ma 74 nazionali e 25 straniere sono in liquidazione. Il panorama dell’Assicurazione Auto in Italia è ampio e complesso. Oltre al “Rischio d’Impresa” le Società di Assicurazione entrano in partita garantendo i rischi connessi alla circolazione e alla commercializzazione dei veicoli stradali. I rami assicurativi riferiti ai conducenti, in genere comprendevano: Trasporti, Responsabilità Civile, Infortuni, Incendio. Alla fine degli anni Venti l’eccezionale aumento di sinistri evidenziava la necessità di una maggiore assistenza tecnica da parte delle Agenzie per la liquidazione dei sinistri, tranne che per i casi più complessi, assunti direttamente dalle varie sedi delle Direzioni Centrali. Per gestire con maggior efficienza la realtà assicurativa, erano nate nuove figure professionali come gli “ispettori viaggianti” a cui era demandato il compito di coadiuvare il lavoro di liquidazione delle Agenzie.

Le Case Costruttrici europee tendevano a mettere sul mercato automobili a basso costo in grande quantità, sullo stile dell’americana Ford. Nel 1925 la Fiat e la Sai, Assicurazione nata nel 1921 con finalità legate soprattutto alla tutela dai rischi industriali, avevano dato vita alla SAVA, Società Anonima di Vendita Autoveicoli con il fine di introdurre nel mercato automobilistico italiano una rete di vendita rateale necessaria alla crescita di mercato. La possibilità di appoggiarsi a una rete di vendita capillare solida, aveva contribuito ad ampliare il ramo assicurativo del settore auto. Chiunque avesse acquistato un veicolo Fiat a rate, otteneva una polizza Omnia, comprensiva di responsabilità civile, furto e incendio. Grazie a questa innovazione, il contraente diventava inoltre un potenziale cliente per altri prodotti. Tale sinergia commerciale contribuirà a far superare la crisi del ramo trasporti legata al 1929. Se nel biennio 1930/1931 la vendita rateale delle auto si era abbassata per effetto della congiuntura internazionale, già dal 1932 si manifestavano significativi segni di ripresa anche per effetto del lancio della Fiat 508 Balilla30.

In questo decennio, le evoluzioni tecnologiche, patrimonio delle vetture gran turismo o da corsa, diventano oggetto di nuovi studi e ricerche, la loro messa a punto è il passo seguente per la crescita del business della nuova industria: trasportare la precedente tecnologia a bassi costi sulle vetture più modeste e continuare a produrre l’innovazione sulla serie d’élite. Le vetture di piccola e media cilindrata hanno in genere: freni idraulici sulle quattro ruote, sospensioni indipendenti, avviamento elettrico, impianto di riscaldamento, cambi di velocità sincronizzati e consumi più ridotti.

Negli U.S.A gli imperativi della produzione industriale predominanti sono a favore della grande serie, al contrario delle richieste del mercato europeo. Da queste divergenze tecniche di fabbricazione si riorganizza il processo produttivo. L’obiettivo comune è: rispondere ad una domanda di espansione, che comunque è decisamente in disaccordo con la sofisticata tecnologia.

Dalla razionalizzazione della situazione di mercato emerge una radicale innovazione commerciale fondata sul rinnovamento delle gamme che prevedono modelli indirizzati alle varie esigenze sociali. Nel 1926 la linea dell’automobile s’ammorbidisce, la carrozzeria viene abbassata all’altezza del marciapiedi e dotata di bagagliaio. Valori che ne rendono più agevole l’uso. L’applicazione progressiva delle

30 Direzione Comunicazione e Immagine SAI 1921/2001 Ritratto di un’evoluzione. Per il periodo 1921/1996 Maria Silvestrini –SAI La Storia e la Memoria, Diakronia 1996 in occasione del 75° anniversario della SAI.

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concezioni tecniche di questi anni, allargata alla quasi totalità della produzione europea, costituirà la molla di rilancio del mercato dell’automobile nel dopoguerra.

Gli anni trenta in America vedono il passaggio dal taylorismo, più noto come “scientific management”, al fordismo. Ricordiamo che Henry Ford fu il primo ad introdurre la catena di montaggio in un processo produttivo ampiamente standardizzato. Charly Chaplin nel film “Tempi Moderni” s’ispira a questo grande fenomeno industriale, economico, sociale altamente umano.

L’automobile di questi anni è in grado di sopportare le prove più impervie, a garantirlo sono i nuovi freni che agiscono sulle quattro ruote, si affermano con successo i nuovi tipi idraulici. Le ruote di lamiera stampata consentono agevoli sostituzioni e i pneumatici più grandi e gonfiati a pressioni più basse, conferiscono una migliore tenuta di strada, nonostante il progresso in atto, la maggior parte dei veicoli circolanti montava ancora le gomme piene o i semipneumatici, che differiscono dalle prime in quanto nella parte interna del fascione venivano lasciati dei canali che consentivano una maggiore deformabilità. Le gomme piene erano invece costituite da un fascio di gomma di grosso spessore che era montato su cerchi di acciaio con l’interposizione di una fascia di ebanite che aveva il compito di realizzare il migliore attacco della gomma al metallo. Il pneumatico, unitamente ai veicoli, deve considerarsi l’oggetto più importante della grande produzione industriale contemporanea 31.

L’uso considerevole del cauciù a livello industriale, aveva provocato la ricerca di sostanze analoghe prodotte in modo sintetico a prezzi inferiori. In quest’ordine d’idee erano stati preparati sotto il nome di factix dei succedanei che avevano trovato applicazione come plastificanti. Si dava il nome di factx ai prodotti a base di olio vulcanizzato, che si presentavano sotto una forma elastica e pieghevole. Il potere di assorbimento degli olii da parte dello zolfo è noto. Le prime ricerche intorno agli olii zolforati furono effettuate dall’inglese Anderson. I procedimenti e le combinazioni applicate in seguito divennero oggetto di nuovi e preziosi brevetti che portarono alla creazione di mescole in cui l’addizione di sostanze minerali permetteva di variarne la colorazione, la consistenza, l’elasticità. Succedanei del cauciù erano l’elaterite che è una materia bituminosa, nerastra, compressibile e al tempo stesso elastica, si trova nelle miniere di Castelton; la fichtelite, un idrocarburo trovato in diversi scavi, principalmente a Fichtelgebirge; la gilsonite, che è un bitume dei più duri presente nelle miniere della riserva di Indiana di Uncompahgre. Lo sviluppo e il rapido accrescimento dell’industria della gomma può essere diviso in due periodi: il primo in cui la gomma naturale divenne una delle più importanti materie grezze conosciute dall’uomo, l’età contemporanea legata all’industria della gomma sintetica. Negli USA l’attività economica dedicata alla gomma fu enorme. Appelli di uomini di Stato furono rivolti a più riprese ai grandi complessi industriali per creare una potente organizzazione in questo campo*.

Il 1927 è l’anno delle “Mille Miglia”, corsa creata apposta per rispondere alle esigenze delle case costruttrici europee determinate a reagire alla crisi esplosa nel ’29 con Wall Street, gli industriali cercavano anche nello sport una strada per

31 Mario Freccero “La Lavorazione della gomma con speciale riguardo alla fabbricazione dei pneumatici”. Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali Università degli Studi di Genova anno accademico 1950/1951, pag 207. * Op. cit. pp. 87/96

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pubblicizzare e incrementare la validità dei loro prodotti. Per aiutare le vendite, presentavano sulle strade delle grandi metropoli, come dei paesini più sperduti, la robustezza delle proprie macchine sottoposte in gara alle più dure prestazioni.

L’industria della moda era attenta al nuovo fenomeno sociale e studiava capi confortevoli e utili a gentleman e signore automobiliste. Per la stagione invernale è brevettata la pelliccia ecologica Rumble Seat Coat, che ha il vantaggio di essere elegante e pratica nella guida, in caso di perdite d’olio è lavabile, nell’evenienza di restare in panne, è calda, inoltre non patisce nell’emergenza della sostituzione di un pneumatico, allora fenomeno frequente.

Il mondo italiano dell’automobilismo sportivo dal 1926 in avanti s’arricchisce dei nomi più rappresentativi del nostro Paese. I fratelli Maserati da Bologna trasferiscono le loro officine a Modena, città che da questo momento in avanti diventerà il polo più caldo degli appassionati dei motori. Enzo Ferrari, alla fine degli anni venti emerge sulla scena automobilistica come pilota, organizzatore, dirigente, senza specifiche competenze e riesce ad ottenere, tra l’altro, la gestione del reparto corse dell’Alfa Romeo per Emilia-Romagna e Marche. Il 16 novembre 1929 costituisce in Modena la Scuderia Ferrari. Le macchine da corsa erano quelle della casa milanese, che vedeva nella piccola società modenese un suo naturale completamento sul piano sportivo.

Alla fine di questo decennio, oltre le vetture Gran Turismo e Turismo, emerge la nuovissima Fiat 508, conosciuta come Balilla, la prima utilitaria italiana indirizzata alla media borghesia. È dotata di tre o quattro marce in rapporto al modello. Il bagagliaio è integrato al corpo della vettura. In realtà gli sforzi da parte della casa costruttrice per coinvolgere il mercato medio erano stati molteplici per le iniziative intraprese. Il costo dell’utilitaria s’aggirava sulle 10.000 lire per il modello base, ma erano poche le auto ad essere vendute complete di carrozzeria, alla cifra sborsata per la meccanica bisognava infatti aggiungerne un’altra, non troppo lontana da quella già versata per avere un’auto completa. La novità della 508 era di possedere una solidissima carrozzeria interamente in acciaio, eppure leggera per i tempi: 685 Kg., dotata di un robusto telaio a X in lamiera stampata per eliminare le complesse saldature che indebolivano l’intera struttura dei veicoli. La scocca e il telaio erano fattori di distinzione, in un periodo in cui era ancora frequente l’uso di tela e legno. La potenza erogata era di 20 cv. a 3400 giri/minuto, velocità massima 80 Km./h, consumo contenuto sui 12,5 Km. al litro.

La svolta qualitativa della “carrozzeria tutta in metallo” permise alla Fiat il passaggio da una fase di produzione quasi artigianale all’adozione di una vera e propria catena di montaggio non troppo lontana da quella esaminata da Giovanni Agnelli alla Ford durante i suoi frequenti viaggi negli USA.

Negli ultimi anni ’30 si profila una situazione concorrenziale “autotrasporto/trasporto ferroviario” che crea non poche bagarre e polemiche che si protrarranno nel tempo. La politica di partito inizia a prendere coscienza delle potenzialità del veicolo stradale e comincia a tassare fortemente la circolazione in base alla cilindrata, a discapito dell’economia del mercato italiano. In questi anni le strade vengono via, via depolverizzate. La polvere viene fissata mediante l’innaffiamento con una soluzione di catrame.

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All’autostrada dei Laghi seguono la dorsale ovest-est Torino-Milano-Brescia, la Firenze Mare, la Napoli-Pompei, Roma-Ostia e la camionale che da Genova porta alla Pianura Padana.

La Germania, sulla scia italiana, progetta una rete d’autostrade a doppia corsia, separate da una zona neutra per il sorpasso e l’emissione o l’uscita dei veicoli. L’industria tedesca solo nel 1938 metterà sul mercato la nuova vettura del popolo, la Volkswagen VW a motore posteriore.

Queste innovazioni sul trasporto creano squilibri e innescano una fase concorrenziale tra autotrasporto e trasporto ferroviario.

L’automobile è ufficialmente considerata dal regime di allora un enorme fattore di sviluppo economico, ma in realtà la politica non ne agevola la diffusione e l’inasprimento fiscale aumenta. Sono gli istituti corporativi creati dalla rivoluzione fascista a predisporre le condizioni e le nuove filosofie di mercato per il potenziamento di questo patrimonio a favore dello Stato e della difesa nazionale.

La macchina è concepita come un bene industriale perché coinvolge tutta la grande industria, è costruita con: acciaio, vetro, legno duro, rame, zinco, stagno, alluminio, nichel, cuoio, cotone, cauciù e necessita di carburante. Nascono nuovi tipi di benzine raffinate ultraleggere, antidetonanti o supercarburate, ad alto contenuto di ottani, capaci di resistere agli alti gradi di compressione senza accendersi spontaneamente.

Le tasse sui mezzi diventano feroci e peggiori in caso di esportazione temporanea della vettura. Fare un viaggio in un paese vicino all’Italia significava l’esporto temporaneo della propria macchina. Per evitare di pagare i diritti di dogana al momento del rientro in Italia bisognava possedere una complessa “bolletta di esportazione ordinaria modello A37”. Se per caso scadeva, poiché il viaggio si era protratto più del previsto, al momento del rientro scattava alla dogana il sequestro conservativo dell’auto. Diventava quindi una necessità ricorrere al Ministro delle Finanze e pagare multe salate per ottenerne il dissequestro. Per esportare l’auto nei Paesi Esteri, comprese le colonie italiane, esistevano depositi cauzionali di una somma almeno pari al valore dell’automobile al momento dell’entrata, deposito che poi sarebbe stato rimborsato con l’uscita. Le norme relative al turismo motorizzato erano talmente complesse che la “Consociazione Turistica Italiana” dedicava all’argomento circa una ventina di pagine a numero.

La politica commerciale dell’industria automobilistica italiana iniziava una nuova filosofia importante per fondare i prerequisiti “dell’auto per tutti” come caposaldo della nuova svolta economia dell’industria portante nazionale. Nel 1937 nasce la prima vera e ultima utilitaria anteguerra, il “baby nato adulto” come l’hanno definita gli inglesi, la Topolino. Il prezzo rimane comunque alto a causa del telaio costoso nell’insieme della complessa architettura costruttiva.

Questo è il primo grande successo dell’industria automobilistica. L’aumento della circolazione comincia a farsi sentire e ai suoi effetti positivi s’affiancano anche quelli negativi: gli infortuni. Nascono così i primi studi statistici sulle cause degli incidenti stradali.

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Muoversi Come

Archivio Priuli & Verlucca collezione Museo dell’Automobile Carlo Biscaretti di Cuffia, Torino

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STATISTICHE E INFORTUNI DEGLI ANNI TRENTA

ANNO 1938MORTI

Categoria di veicoli Anni sino a: Oltre: Sesso:Veicoli 6 15 25 60 60 ? M F Tot.

Auto privata 56 76 26 126 88 33 278 127 405Auto pubblica 7 7 3 5 4 0 18 8 26

Autobus 5 5 0 7 11 0 16 12 28Autocarro 18 35 7 28 33 10 98 33 131Autotreno 12 15 3 19 7 1 43 14 57

Motociclo 1 p. 5 3 1 11 18 6 31 13 44Motociclo 2 pp. 4 0 0 5 8 1 11 7 18

Motocarrozzetta 0 0 0 0 1 0 0 1 1Motofurgoncino 0 1 0 3 3 1 5 3 8

Altri Veicoli 2 1 0 1 0 1 5 0 5Velocipede 1 3 3 15 30 2 35 19 54

V.Traz.Animale 14 8 5 6 7 2 32 10 42Veicolo a mano 0 0 0 0 0 0 0 0 0Tram o filobus 8 9 2 22 16 3 47 13 60

Treno 16 5 16 63 28 16 102 42 144Altri incidenti 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Totale 148 168 66 311 254 76 721 302 1023

ANNO 1938FERITI

Categoria di veicoli Anni sino a: Oltre: Sesso:Veicoli 6 15 25 60 60 ? M F Tot.

Auto privata 473 1047 755 2082 682 256 3742 1553 5295Auto pubblica 42 70 54 163 53 10 279 113 392

Autobus 6 33 41 121 32 26 188 71 259Autocarro 73 164 98 349 100 43 593 234 827Autotreno 4 18 15 56 9 5 85 22 107

Motociclo 1 p. 101 141 110 364 137 48 565 336 901Motociclo 2 pp. 23 30 24 74 33 10 126 68 194

Motocarrozzetta 6 8 9 39 15 1 52 26 78Motofurgoncino 11 21 23 71 28 10 117 47 164

Altri Veicoli 3 7 9 20 8 4 34 17 51Velocipede 394 593 176 805 541 142 1493 1158 2651

V.Traz.Animale 93 113 39 126 69 21 322 139 461Veicolo a mano 7 12 2 10 11 4 29 17 46Tram o filobus 39 92 91 347 190 93 572 280 852

Treno 2 4 7 19 6 8 38 8 46Altri incidenti 0 2 1 4 0 1 6 2 8

Totale 1277 2355 1454 4650 1914 682 8241 4091 12332

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Categoria di veicoli e incidenti totali con pedoni (n ° 12555)

Auto privata 5265 Motofurgoncino 164Auto pubblica 402 Altri veicoli 55

Autobus 266 Velocipede 2644Autocarro 872 V.Traz.animale 489Autotreno 145 Veicolo a mano 45

Motociclo 1 p. 888 Tram o filobus 892Motociclo 2 pp. 172 Treno 184

Motocarrozzetta 64 Altri incidenti 8

Incidenti stradali classificati a seconda delle condizioni della strada , del tempo e della luce:

ANNO 1938

NUMERO INCIDENTI Totale 31265

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 1775 1704 2495 2591 2820 2986 3214 3434 2913 2816 2537 1980

ANNO 1938

CONDIZIONE DELLA STRADANormale

Totale 24596Mesi Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 1498 1409 2040 2114 2194 2500 2600 2637 2111 2200 2004 1289

Inghiaiata Totale 293

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 21 17 20 25 21 29 20 31 25 26 27 31

In cattivo statoTotale 275

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 13 17 14 34 19 20 20 27 19 28 34 30

In riparazioneTotale 273

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 15 17 16 27 28 32 27 39 26 19 16 11

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Imprecisate Totale 5828 Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 228 244 405 391 558 405 547 700 732 543 456 619

ANNO 1938 STATO DELLA SUPERFICIE STRADALE

Asciutta Totale 22608

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 1232 1227 1796 1913 1891 2346 2339 2510 2165 2225 1830 1134

BagnataTotale 1996

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 231 123 45 103 205 121 68 110 192 219 240 239

GhiacciataTotale 176

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 110 10 2 1 0 0 0 0 0 0 6 47

Con neveTotale 106

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 27 13 1 1 0 0 0 0 0 0 0 64

ImprecisatoTotale 6379

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 175 331 651 573 724 519 807 814 556 372 361 496

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ANNO 1938CONDIZIONE DEL TEMPO

Totale 22700Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 1336 1240 1845 1941 1942 2213 2393 2207 2147 2205 1959 1272

NebbiaTotale 330

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 103 42 19 3 7 0 1 2 3 27 89 34

PioggiaTotale 1153

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 83 65 30 82 168 48 32 69 138 136 154 148

Vento forteTotale 129

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 10 19 16 47 7 2 5 3 3 0 4 13

NeveTotale 93

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 32 13 1 0 0 0 0 0 0 0 0 47

ImprecisatoTotale 6860

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 211 325 584 518 696 723 783 1153 622 448 331 466

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ANNO 1938CONDIZIONE DELLA LUCE

Giorno – Luce normale Totale 19152

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 910 973 1482 1749 1732 2012 2037 2073 1868 1795 1580 941

Giorno – Luce abbaglianteTotale 220

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 1 2 16 14 10 25 46 38 31 19 10 8

Semi-oscuritàTotale 1701

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 151 116 141 112 162 92 120 205 115 190 160 137

Notte – Strada illuminataTotale 2704

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 186 171 214 182 190 156 188 229 254 257 296 381

Notte – Illuminazione insufficienteTotale 201

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 11 14 26 19 16 18 25 12 10 5 14 31

Notte – Non illuminataTotale 778

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 120 63 109 52 151 61 65 54 37 43 18 5

ImprecisateTotale 6509

Mesi: Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.N°.: 396 365 507 263 559 622 733 823 598 507 459 477

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La produzione negli anni quaranta è convertita all’esigenza bellica, la viabilità data la contingenza storica era pericolosa, strade e ponti erano interrotti e a rischio d’esplodere, inoltre era una difficoltà reperire carburante. Il rischio della confisca dell’auto e di ogni veicolo in genere, soprattutto verso la fine del conflitto, era all’ordine del giorno.

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Muoversi Come

PRIMI STUDI SULLA SICUREZZA STRADALE E SUI CONSUMI

La commercializzazione dei veicoli è legata alla ricostruzione post bellica e alle nuove strategie dell’economia di mercato in cui prestazioni e sicurezza erano la frontiera tecnologica da raggiungere. In questo discorso è rilevante una grande novità: la gomma sintetica.

Nel 1946 Michelin inventava il radiale e rivoluzionava il mondo del pneumatico. Tutta l’economia degli anni della ricostruzione è caratterizzata da un uso crescente della gomma sia come materia prima che come materia sussidiaria nelle più svariate applicazioni industriali, al punto da poter parlare dell’“era della gomma”. A partire dai pneumatici, alle guarnizioni dei veicoli, ai mastici, alle colle, agli isolanti, fino ai tessuti impermeabili e alle suole per calzature, che nel dopoguerra hanno invaso i mercati di tutti i Paesi, l’intera economia mondiale è stata influenzata da questo processo economico.

Una statistica del 1948 trasmessa dal Departement of Commerce in USA informava che la produzione di gomma offriva sul mercato circa trentamila differenti prodotti32. Dal 1941 gli USA avevano seguito gli studi effettuati dai tedeschi per svincolarsi dall’approvvigionamento della gomma delle piantagioni. L’occupazione di Pearl Harbor da parete dei Giapponesi aveva fatto perdere agli americani la principale fonte d’approvvigionamento, quella fu la molla che fece subito partire il programma

32 Mario Freccero, op. cit. pag. 91

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della gomma sintetica. In vari Stati della Confederazione americana sorsero complessi industriali finalizzati alla produzione della gomma sintetica, specialmente in vicinanza di pozzi o di raffinerie di petrolio, in quanto è dai loro derivati che trovano impiego primario quasi tutti i tipi di gomma sintetica. Prima del secondo conflitto mondiale, in questi campi, i progressi stentavano. Nazioni come l’Inghilterra, la Germania e specialmente la Russia a causa della difficoltà nell’approvvigionamento della materia prima naturale per motivi geografici, finanziari e politici, non decollavano. Alla ricerca della gomma sintetica si erano dedicati i chimici Ostromislensky, Kondakow e Lebedeff che in seguito, per cause politiche, furono costretti a lasciare i loro Paesi d’origine per vivere negli Stati Uniti.

In Italia, la produzione di gomma sintetica partendo dal carburo era stato un procedimento già tentato a Ferrara negli stabilimenti Pirelli durante il ventennio fascista33.

I materiali che “entravano” in un pneumatico di questo periodo erano: gomma mescolata con opportuni ingredienti chimici, tessuti di cotone e rayon, nella maggior parte nylon o sottilissimi fili d’acciaio. La copertura è formata da una carcassa resistente alla pressione, costituita da sottili strati sovrapposti di materiale tessile e di gomma, alla quale viene applicata una fascia di gomma detta battistrada. Durante la vulcanizzazione, sulla superficie esterna che può avere uno spessore superiore ai 20cm, s’imprimono l’escolfiture per migliorare l’aderenza del pneumatico alla strada

Le berline sono le protagoniste più celebri degli anni cinquanta, periodo in cui avviene la ripresa del mercato automobilistico che aumenta ancora in modo significativo verso i primi anni sessanta, epoca della grande e vera commercializzazione della vettura popolare.

Questi anni passano alla storia europea come il“miracolo dell’automobile”.

Negli Stati Uniti, tra gli anni Trenta e Sessanta, prevalevano i modelli eleganti, grandi e d’effetto disegnati da Harley Earl per la General Motors e da Virgin Exner per la Chrysler. In Europa il gusto era orientato verso vetture meno appariscenti ma estremamente curate e differenziate nei dettagli. Un’auto al top per pochi, ma a cui tutti avrebbero ambito, era la Mercedes 300 SL derivata da una vettura da competizione dotata di porte che si aprivano ad ala di gabbiano, forte di un motore a sei cilindri in linea di 2996 centimetri cubi, era in grado di erogare una potenza di 215 cv. per una velocità che toccava i 260Km/h. 33 In Italia la società Pirelli aveva iniziato la lavorazione del lattice di gomma nel 1933. In una relazione allegata al bilancio del 1933 leggiamo: …una particolare segnalazione …meritano due nuove lavorazioni che abbiamo intraprese; quella dell’imbottitura ottenuta da crine animale imbevuto di lattice di gomma e quello stesso tipo di articolo, ma ottenuto con schiuma di lattice vulcanizzato…in questo campo che apre nuove vie alla tecnica della nostra industria con applicazioni varie ed originali, siamo stati fra i pionieri ed abbiamo ritenuto conveniente di aderire all’invito rivoltoci da altri gruppi che, l’uno in America e l’altro in Europa, hanno fatto un analogo sforzo costituendo un ragruppamento di tutti i ridspettivi brevetti per l’impiego del lattice e stabilendo con essi accordi di collaborazione. Op.cit. pag. 206

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Anno Rete stradale in Km. Parco veicoli

1955 176.558,755 - 4.021.566 1956 176.917,539 - 4.413.047 1957 181.027,431 - 4.988.546 1958 180.890,725 - 5.438.511 1959 186.169,345 - 5.984.361

Il 19 settembre del 1949 avviene la Convenzione di Ginevra che consisteva in una serie di atti redatti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui trasporti stradali ed i trasporti automobilistici. Questi atti erano entrati a far parte dell’ordinamento giuridico italiano con legge 12 maggio 1952 n. 1049. Fra gli obiettivi della Convenzione di Ginevra troviamo l’intento di favorire lo sviluppo della circolazione stradale internazionale e di garantire la sicurezza. Un’iniziativa importante che non ha avuto seguito nell’immediato, era stata l’unificazione dei segnali stradali sul territorio europeo. Un’altra meta che i contraenti si erano posti già allora, era la compilazione e l’adozione di un Codice della Strada europeo.

Con D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 è stato introdotto in Italia il nuovo Codice della Strada sostituito oltre trent’anni dopo il 1 gennaio 1993.

Nel dopoguerra, in Europa da anni si discuteva sulla questione sicurezza e l’Italia iniziava a entrare in partita e prendere atto dei problemi per esprimere adeguata competenza in materia.

Il 7 ottobre 1950 si svolgeva la 7° edizione della Conferenza di Stresa, la prima dopo la guerra, l’obiettivo era l’avvio di un organico ampliamento e rilancio della dissestata rete autostradale. Nel 1954 l’ACI promuoveva il primo Convegno sulla Tecnica della Circolazione un altro passaggio importante era avvenuto nel 1958 a Vallombrosa con il primo ciclo di studi sull’Educazione Stradale.

Le Istituzioni scolastiche autonome saranno più sensibilizzate del valore dell’insegnamento dell’educazione stradale negli anni novanta con la legge 230 del Nuovo Codice della Strada, messa in pratica attraverso altre leggi delega (Educazione alla Convivenza Civile, Educazione alla Legalità, Educazione alla Salute), progetti ministeriali via via definiti e la realizzati tramite il piano di offerta formativa P.O.F. dei singoli istituti scolastici dell’intero territorio nazionale, supportati anche da Enti esterni.

In coerenza alle finalità educative, progetteranno e realizzeranno interventi mirati alla prevenzione e allo sviluppo della persona secondo finalità e obiettivi generali del sistema d’Istruzione Pubblica. L’esigenza del Legislatore rimane quella di migliorare l’efficacia del processo d’insegnamento e di apprendimento, nell’ottica di prevenire gli infortuni stradali e assicurare a ciascun individuo il “successo formativo”: legge 59 del 15 marzo 1997, art. 21; D.P.R. n.233 del 18 giugno 1998; D.L. 59/98; L.440/99; Regolamento D.P.R. 275/99 del 25 febbraio 1999. L’esigenza di promuovere nei giovani comportamenti stradali corretti e informazioni complete riguardo alla

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sicurezza stradale trova il suo fondamento nell’art.23 del Codice della Strada che fissa l’obbligatorietà dell’educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado e da successivi atti ministeriali. In particolare con D.L. 30 aprile 1992, n.285; D.L. 5 agosto 1994, O.M. n.292 del 17 ottobre 1994. In sintesi, l’obbligatorietà delle attività di educazione stradale dovranno avere carattere di continuità, intesa come previsione di organici percorsi formativi sia all’interno di ciascun ciclo che nel raccordo tra i diversi gradi di istruzione; la programmazione dell’educazione stradale nel quadro dell’offerta formativa; la collaborazione tra scuola ed extrascuola, allo scopo di promuovere iniziative dentro e fuori la scuola, nonché di elaborare e diffondere materiale informativo; la programmazione di interventi formativi rivolti ai docenti e finalizzati alla diffusione dell’educazione stradale in collaborazione con Istituzioni, Enti e Associazioni.

Con decorrenza 1° luglio 2004, l’art. 116 comma bis del Codice della strada introduce l’obbligo del certificato di conducenza per il ciclomotore “patentino”

L’I.S.E.F. di Torino, sensibile al valore di questa formazione umana, come educazione preventiva agli incidenti stradali, nell’anno accademico 1994/’95, in collaborazione con il Centro Varano de Melegari diretto da Andrea De Adamich, aveva istituito per i suoi studenti il primo corso complementare teorico-pratico di Educazione alla Sicurezza Stradale.

La durata dell’interocorso era stata di tre mesi. Nell’anno accademico 2005/’06 la S.U.I.S.M. Università degli Studi di Torino, promuove il primo corso teorico pratico di Cultura della Sicurezza Stradale insieme al M.I.U.R. della Regione Piemonte e al Corpo di Polizia Municipale della Città di Torino.

Dal 1958, anno in cui nasce la prima iniziativa per promuovere l’inserimento dell’Educazione Stradale nelle Scuole Secondarie, sono trascorsi oltre trent’anni eppure i lavori della commissione, meritano tutt’oggi spunti di riflessione per le tematiche proposte. Gli studi presentati in quella sede illustre dal nome profetico: Vallombrosa, restano i primi elementi di ricerca scientifica per realizzare a breve termine una completa educazione dei ragazzi utenti della strada coinvolti nel popolo dei pedoni, ciclisti, passeggeri, considerati i più a rischio, futuribili conducenti di ciclomotori, moto, macchine veicoli pesanti. Le strade urbane ed extraurbane erano già allora vissute come una nuova e complessa realtà sociale quotidiana da capire e affrontare.

L’anno seguente nasceva il nuovo Codice della Strada. L’ingegnere Giovanni Canestrini, passato alla storia dell’automobilismo non solo per aver realizzato con Renzo Castagneto, Aymo Maggi e Franco Mazzotti Biancinelli la MILLE MIGLIA e in seguito il Rally di SANREMO, è anche ricordato per esser stato autore di spicco nel Codice del 1959. Canestrini aveva suggerito tutta quella serie di norme comportamentali pratiche e fondamentali agli italiani ormai avviati verso la motorizzazione di massa. Fra le norme più significative degli anni cinquanta, troviamo l’obbligo di lampeggiatori direzionali su tutte le auto in circolazione, del triangolo, il rispetto dei limiti di velocità, dei divieti di sorpasso e una nuova classificazione delle

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patenti di guida e dei relativi esami riferiti ai tipi di permessi di conduzione dei veicoli a due ruote.

La biblioteca privata di Giovanni Canestrini è stata donata al Museo dell’Automobile di Torino.

Gli elementi della sicurezza nel traffico erano elementi indispensabili alla crescita socio/economica del nostro Paese. La sicurezza costituiva un elemento importante di ogni opera pubblica. I principi erano stati fissati in linea di massima in n.10 punti

1) Profilo trasversale2) Profilo longitudinale3) Curve planimetriche4) Capacità delle strade e numero delle corsie5) Caratteristiche dello spartitraffico centrale6) Caratteristiche della pavimentazione7) Opere complementari8) Illuminazione della sede stradale9) Sistemazione a verde10) Attrezzatura delle intersezioni.

Obiettivi:1) l’eliminazione delle sezioni trasversali a piccolo raggio di curvatura -a botte-

con riduzioni della pendenza trasversale al 2% o 1,5% per non accentuare la monta trasversale fonte di gravi inconvenienti soprattutto con la strada umida o gelata. Fra i molti, l’inconveniente peggiore, su strade e autostrade con pendenza superiore a 4,5% , consisteva nel rallentamento degli autotreni per i quali, come era già avvenuto negli U.S.A. e in Germania, si auspicavano corsie e piste di sosta destinate esclusivamente al traffico di mezzi pesanti.

2) la dichiarazione di Ginevra del 1957, per le curve verticali convesse, prevedeva, per le strade a senso unico, un raggio minimo di curvatura non inferiore a 4m/1 o 6m/1 per le strade bidirezionali, dove la velocità di base fosse limitata a 100Km/h. con pendenza max del 5%.

In Italia il Comitato di studio istituito dalla Commissione permanente per l’automobilismo, suggeriva per tali raggi di curvatura misure doppie.

3) le curve planimetriche diventano un altro elemento della sicurezza stradale. Considerato che il veicolo entra in curva con velocità decrescente e ne esce con velocità crescente, le curve planimetriche diventavano oggetto di studi accurati sia per quanto riguarda i raggi di curvatura, che per il loro sviluppo e la loro figura geometrica. Un attento esame era avvenuto per lo smaltimento delle acque. Era previsto un certo numero di bocchette di raccolta sul margine dello spartitraffico, così da evitare ogni possibile ristagno d’acqua sulla corsia di sorpasso della carreggiata esterna.

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4) si valutava la possibilità di realizzare due carreggiate a due corsie oltre a due “piste” per la sosta laterale e spartitraffico centrale. Tale soluzione era prevista dal piano autostradale in corso di approvazione per le autostrade di tipo A –larghezza totale m.24, ad eccezione dei tratti su viadotto o in galleria in corrispondenza dei quali era prevista la soppressione delle banchine di sosta.

Tuttavia si considerava questa soluzione più che soddisfacente anche per le autostrade di tipo B, cioè a due carreggiate con due corsie ciascuna e spartitraffico non sormontabile da m.0,50, con esclusione delle “piste” di sosta per una larghezza totale di m.18,70.

A tale larghezza veniva aggiunta la piazzola di sosta che doveva fiancheggiare la corsia esterna ogni trecento metri. Su autostrade di tipo C o super strade in corso di approvazione, si prevedeva una sezione mista: tratti a sezione trasversale come nelle autostrade di tipo B alternati a tratti ad unica carreggiata a tre corsie per una larghezza complessiva totale di m.14,10. Anche questa soluzione prevedeva piazzole di sosta che in un secondo tempo, con l’aumento del traffico, potevano essere assorbite dal nuovo piano stradale per una trasformazione della strada da tre corsie a doppia carreggiata.

5) Caratteristiche dello spartitraffico centrale: aiuole, spartitraffico centrale e prime esperienze su Autosole

Elementi a favore sistema antiabbagliante possibilità d’impianti drenantigaranzia dallo scavalcamento dello spartitrafficoeventuali piedritti centrali o candelabri per l’illuminazione delle autostrade o dei

cartelli segnaletici.

Elementi contronon ha mai un’assoluta opacità e non può essere del tutto continuo e quindi

potrebbe costituire un’altra causa d’insicurezzale spese notevolmente onerose per costruire adeguate condizioni estetichelo spartitraffico da tre metri è troppo esiguo per dare sicurezza, inoltre se il veicolo

esce di strada trovando sullo spartitraffico terra vegetale, si pianta con le ruote anteriori e facilmente si ribalta sulla carreggiata opposta.

La doppia barriera di sicurezza come quella installata per oltre 122 Km. sulla New Jersey Turnpike in U.S.A. con la striscia mediana di 8m., era stata l’esempio campione per trasformare la striscia centrale dell'autostrada in un grosso cunettone.

Questa soluzione aveva i seguenti vantaggi:

I) smaltimento delle acque da una sede autostradale non solo dei tratti rettilinei1. possibilità per disporre di uno strato di coltre vegetale di adeguata potenza2.

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6) Caratteristiche della pavimentazione:a) aderenza-uniformità di coefficienteb) colorazione della superficie stradale. Era auspicabile una colorazione particolare

negli incroci ove esistesse divieto di sorpasso o comunque ove fosse opportuno richiamare l’attenzione dell’utente della strada

c) pavimentazione speciale delle piste di sosta - le banchine di sosta dovevano essere trattate con pavimentazione diverse da quelle delle corsie secondo il criterio statunitense. La rugosità particolare doveva creare una sonorità che risvegliasse il conducente dall’eventuale sonnolenza.

7) opere complementari erano considerati su strade e autostrade guardrails, parapetti, paletti segna limite, gemme rifrangenti, segnaletica orizzontale e verticale, vernici rifrangenti. Si sperimentano guardrails in acciaio di varie forme e tipi in calcestruzzo armato e precompresso.

8) L’illuminazione della sede stradale era indispensabile nei casi in cui si richiama l’attenzione dell’utente della strada o autostrada per l’approssimarsi di un bivio, in prossimità degli svincoli o dei raccordi ai piazzali delle aree di servizio e sulle strade ordinarie, in tutti i casi in cui si verificano intersezioni a livello. L’illuminazione era considerata indispensabile nelle gallerie autostradali e nelle strade ordinarie a traffico intenso.

9) La sistemazione a verde delle banchine e sulle scarpe a monte ed a valle di strade e autostrade, era divenuto un valore aggiunto della sicurezza.

Elementi a favore della sicurezza del traffico erano considerati:a) la sistemazione a verde per la sua azione stabilizzante che impedisce

deformazioni del corpo stradaleb) per la funzione drenante dei veicoli che escono di stradac) come spartitraffico perché svolge un’azione antiabbagliante sulle due carreggiate

Elementi negativia) le piante d’alto fusto a bordo strada sono pericolose, vanno allontanate.Considerato l’aumento del parco macchine circolante e degli incidenti In caso d’urto non assorbono l’impatto. D’estate l’ombra proiettata sulla strada crea disturbo ad una visibilità uniforme e

nitida. D’inverno la presenza di questi alberi a bordo strada crea una pavimentazione

bagnata o gelata che potrebbe provocare slittamenti.

10) Gli incroci sono sempre stati visti come le vere zone di pericolo delle strade ordinarie. La soluzione immediata al problema era stata individuata nelle isole e nelle opportune semaforizzazioni. La realizzazione era inquadrata nell’efficienza della canalizzazione e nella disciplina del traffico, concentrando la vera e propria intersezione in due o tre punti singolari.

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1958 incidenti stradali 201236 7137 morti 153710 feriti1959 225116 7160 167798

Il problema sicurezza si conferma un traguardo da raggiungere a breve termine. L’ACI sul merito promuoverà convegni con scadenza annuale dal 1959 in poi. Oggi l’attenta riletture delle proposte di lavoro e degli interventi stupisce per la lungimiranza. Purtroppo queste iniziative per ragioni legate alla politiche e alle strategie commerciali, non trovarono immediatamente la necessaria applicazione pratica. Per gli addetti ai lavori il nuovo decennio avrebbe dovuto centrare l’obiettivo sicurezza e fondare le basi delle nuove ricerche scientifiche di laboratorio per ridurre le possibilità d’incidente e gli effetti.

Si era stabilito che la sicurezza nasce da:

1) un buon progetto2) da una buona costruzione3) si mantiene sulle buone strade4) finisce con il conducente distratto, inetto o/e trasgressivo

Dalle ricerche di allora, emergeva che la maggior parte degli incidenti avveniva intorno ai 40Km/h. su strade urbane e 75 Km/h. su strade extraurbane. Le velocità indicate appartenevano all’istante dell’urto.

La maggior percentuale degli incidenti si riferiva a scontri frontali. 66% su strade urbane e 54% sulle extraurbane.

Lo scontro laterale rappresentava il 17% su strade urbane e il 7% sulle extraurbane.Il ribaltamento costituiva il 25% degli incidenti sulle strade extraurbane.Le cause principali dei contusi erano state individuate nelle seguenti parti

dell’abitacolo: volante al 30%; cruscotto al 21%; parabrezza al 17%. I posti più pericolosi risultavano già quelli anteriori. I passeggeri erano compresi

nella categoria più a rischio rispetto al conducente.Gli studi sulla collisione iniziano negli USA a cui segue la Germania con un

margine d’anticipo di una decina d’anni sull’Italia. Gli esperimenti d’oltreoceano sono stati condotti da Ford e General Motor fra il 1954 ed il 1958. Centro delle ricerche era la Cornell University. Presso gli uffici tecnici e i nuovi laboratori di ricerca della FIAT, una volta acquisiti i dati ricavati dalle ricerche statunitensi, era iniziato uno studio orientato a calcolare l’effetto dell’urto sui passeggeri che si spostano dentro l’abitacolo a seguito dell’impatto.

Questa ricerca era stata possibile anche grazie alla collaborazione con la Clinica Chirurgica di Torino che aveva analizzato gli elementi necessari per effettuare studi ed esperienze. I dati emersi erano i seguenti:

I) la “cinghia di sicurezza” in diagonale è l’immediato compromesso che garantisce conducenti e passeggeri

II) le imbottiture del tetto, del cruscotto e di altre parti dell’abitacolo tendono a ridurre le conseguenze dell’urto se il conducente è bloccato con la “cinghia”.

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Individuati questi primi elementi della sicurezza stradale, le prove pratiche erano proseguite sulla tipologia e la consistenza del materiale da utilizzare nella costruzione del mezzo.

Gli obiettivi da risolvere rispondevano alle seguenti domande:

I ) dove iniziano i pericoli per l’integrità dell’uomo?

II) quali sono i limiti che l’uomo può sopportare senza danno durevole.

Équipe d’esperti in fisiologia ed anatomia, si adoperarono per fornire le prime conoscenze scientifiche sulle reazioni umane in caso d’incidente. Alla fine emerse:

il mezzo sicuro è quello capace di assorbire l’energia d’urto deformandosi plasticamente nella zona d’impatto con l’ostacolo

l’abitacolo per garantire sicurezza deve offrire la massima rigidità possibilei montanti anteriori e posteriori dovevano essere irrobustiti per consentire al tetto di

non deformarsi in caso di ribaltamento ad alta velocità.

Secondo le linee indicate dalle nuove ricerche, venivano eliminate le sporgenze esterne contundenti come le maniglie a forma di gancio, paraurti a forma appuntita, fregi sulla maschera, radiatore e cofano, cornici spigolose, volante colassabile. Le porte dovevano evitare la proiezione dei passeggeri fuori della vettura ed essere ancora manovrabili dopo l’incidente per consentirne l’uscita. Va aggiunto un altro particolare riguardo lo studio sugli avvisatori acustici, già previsti negli anni sessanta dal Ministero dei Trasporti per gli incroci pericolosi.

Il comfort si delinea una meta da raggiungere a breve termine da parte di tutti i costruttori, le ricerche condotte avevano già stabilito con certezza che la maggior parte degli incidenti sono provocati dalla fatica fisica.

In materia di prevenzione sull’auto, in ordine d’importanza andavano rivisti, migliorati e potenziati i seguenti elementi:

visibilità –buona da ogni angolatura dell’autoparasole- doveva garantire un’efficace protezione nella marcia contro sole ed

eliminare ogni causa di riflessi delle superfici brillanti all’interno del parabrezzaparabrezza- doveva mantenere la sua trasparenza, avere una forma, la più ampia

possibile a curvatura costante, per non causare deformazioni ottiche e facilitare il compito del tergicristallo.

insonorizzazione dell’abitacolo ventilazione interna- costante anche d’inverno mentre è in funzione il

riscaldamento per consentire che una parte di aria fresca e ossigenata entri in vetturaprese d’aria- avevano una collocazione ben precisa per evitare di convogliare

all’interno i gas di scarico delle vetture che precedonodeflettori- largamente usati in questi anni erano già stati posti sotto accusa per il

rumoroso fruscio d’aria soprattutto con le alte velocità. Questi vetri, agendo in

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Muoversi Come

depressione, attiravano gas di scarico nocivi emessi dalla vettura stessa attraverso le fessure del bagagliaio

impermeabilità- veniva segnalata l’assoluta chiusura della parete divisoria fra abitacolo e vano bagagli.

I primi passi nel campo dell’ergonomia iniziano in questi anni. I medici stabilivano che anche una piccola variazione degli angoli ideali delle articolazione, delle caviglie, ginocchia, anche, spalle, collo e gomiti, influiva profondamente sulla fatica della guida. Il molleggio, la sofficità dei sedili, andavano analizzati e riconsiderati. Le stesse sospensioni della vettura dovevano creare un equilibrio che non esaltasse le scosse e le oscillazioni del corpo. I sedili dovevano essere realizzati in modo da evitare un’eccessiva pressione per eliminare dannosi intorpidimenti, anzi consentire un’inclinazione regolabile per ogni singolo passeggero. Allora si parlava solo di poggiabraccia e non del poggia testa. I sedili anteriori, da questo momento in poi, saranno saldamente ancorati al pianale della vettura poiché, in caso d’impatto, dovevano sopportare l’urto dei passeggeri posteriori.

Tutti questi studi in Italia trovarono via via una importante applicazione pratica anche in base ai costi sull’acquisto dell’auto che dovevano restare nei parametri di mercato.

Dopo gli anni cinquanta i costruttori europei adottano una nuova strategia commerciale, che consisteva nel testare le innovazioni tecnologiche prima sulle nuove fuori serie, per poi generalizzarle sulla grande serie. In questo decennio abbiamo il lancio europeo della vettura per tutti, l’auto a prezzo popolare accessibile alle masse. In realtà questa nuova vettura non è frutto di grandi innovazioni tecnologiche, ma di una messa a punto meccanica più funzionale delle berline anteguerra, eccezion fatta per la Citroen 2 CV, la Renault ACV e la FIAT 600. Quest’ultima era comparsa al Salone di Ginevra l’8 marzo 1955. Si tratta di un’utilitaria capiente, quattro/cinque posti. Parte da un prezzo base di 590 mila lire. Pensiamo che per una FIAT Giardinetta Belvedere quattro posti, occorrevano già 750 mila lire, ma il vero business per la casa torinese rimane la FIAT 500. La sua comparsa iniziale, non fu facile e stentò a partire sul mercato di casa, soprattutto per il prezzo, 490 mila Lire, ancora alto se confrontato alla 600, tanto più se consideriamo che i vetri erano fissi, eccezion fatta per i deflettori anteriori.

Nel 1961, in Gran Bretagna compare la prima utilitaria impostata su una tecnica non tradizionale. È una piccola vettura inglese, ha stile e comfort d’eccezione, è la 850 Mini Minor della BMC. La mini fa intravedere la possibilità di costruire anche piccole cilindrate dalle grandi prestazioni. L’abitacolo di questa macchina è ben sfruttato ed è comodo. Ha un’innovazione importante sulle sospensioni, pur di concezione classica, che hanno la particolarità di adottare un elemento elastico, tronchi di gomma. Monta un motore surdimensionato, quindi capace di dare ottime prestazioni col vantaggio di avere una maggior durata in quanto sfruttato al di sotto delle sue possibilità. Dalla Mini derivò la Wolseley Hornet, un primo tentativo di creare un’utilitaria tre volumi. Negli anni sessanta lo styling delle vetture di grossa cilindrata crea fiancate rigonfie e vetri piani fino al ’63. Nel 1964 fiancate e vetri sono più campanati, i tetti risultano tondeggianti, le linee architettoniche delle ammiraglie e delle vetture sportive raggiungono rifiniture e ricercatezza legate al nuovo status symbol nato dal boom

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economico. Nasce la Giulietta Alfa Romeo 2, poi la Giulietta Super e la Lancia Flavia. L’inizio degli anni sessanta segna l’avvio di tecnologie sofisticate, dagli U.S.A. giunge la trasmissione automatica, nel 1964 la Rover sulla Vanden Plas modello Princess 4L motore Rolls Royce, possiede un valore aggiunto, quando sono accese le luci di posizione, quindi soprattutto durante la marcia in centri abitati, l’intensità dei lampeggiatori posteriori e degli stop diminuisce per evitare di infastidire i conducenti che seguono.

La Mercedes Benz nel ’57 montava di serie sul modello 300 l’iniezione sui condotti d’aspirazione. Nel ’58, la Mercedes 220 S.E. è dotata di un sistema semplificato del tipo d’aspirazione. Va sottolineato che i motori Mercedes d’aviazione nel periodo bellico erano tutti a iniezione. Rari costruttori come Citroen applicano la nuova tecnologia su tutte le gamme e fondano la propria marca sull’immagine della ricerca avanzata. Questa strategia non proseguirà a lungo per difficoltà finanziarie. Ricerca ed innovazione sono operazioni commerciali enormi che determinano costi eccessivi, tanto più in condizioni di conoscenza nazionale ed internazionale. Nel 1964, Ford e General Motor in U.S.A. realizzano il primo sistema di accensione elettronica. In Italia la prima vettura dotata di questa sofisticata tecnica sarà la Dino Fiat del 1968. In questo periodo migliora la tenuta di strada con la progressiva introduzione dei radiali Michelin con il pneumatico X e il cinturato della Pirelli. La politica statale favorisce il trasporto individuale e le compagnie assicurative adottano nuove strategie per incrementare l’utenza. L’11 novembre 1964 alla chiusura del Salone di Torino, viene abolita la pesante tassa d’acquisto sull’auto, tanto criticata dall’opinione pubblica come dagli addetti ai lavori. In realtà la politica statale si rende conto che questa tassa costituiva un ostacolo per la stessa economia del Paese.

A Torino nel 1966, , dopo la reggenza di Valletta, uomo di qualità non comuni, Gianni Agnelli, divenne il Presidente della FIAT .

Gli anni sessanta sono ricchi d’iniziative e nuove politiche nel campo dell’industria automobilistica, a comprendere la portata sociale della motorizzazione di massa e dei suoi effetti fu un avvocato statunitense Ralph Nader che all’inizio del decennio intraprese un pubblico processo contro l’industria automobilistica colpevole di omicidio nei confronti delle migliaia di persone che ogni anno morivano per incidenti stradali.

Il legale aveva aperto un dibattito che coinvolse e trovò solidale l'opinione pubblica al punto che determinò l’approvazione del National Traffic and Safety Act- legge 89- 563 del 1966 da parte del Congresso. La fase di regolamentazione normativa degli standars fu delegata al Ministero dei Trasporti D.O.T. Departement of Trasportation che attraverso la sua emanazione N.H.T.S.A. National Highway Traffic Administration, poteva dettar legge all’intera industria automobilistica del Paese con potere su tutta l’area economica, dall’industria automobilistica a quella del petrolio, della gomma e altre consociate.

Questa presa di posizione condizionò di riflesso l’industria europea impegnata nell’esporto delle proprie vetture oltre oceano.

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L’obbligo di stipulare l’assicurazione ricade sulle diverse figure che in qualche modo hanno un rapporto con il veicolo a motore.

Alla fine degli anni sessanta l’R.C.A. garantisce i danni materiali e fisici subiti da terzi o provocati a terzi e si identifica come strumento di protezione del patrimonio dell’individuo. L’assicurazione della Responsabilità Civile Auto diventa un obbligo sancito dalla legge 990 del 24/1969. Inizialmente l’R.C.A. escludeva oltre al conducente responsabile, anche il proprietario ed i rispettivi coniugi, i genitori, i figli, i parenti e gli affini entro il 3° grado di parentela, se conviventi o fisicamente a carico.

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LA SECONDA COMMERCIALIZZAZIONE DELL’AUTO

La fine degli anni sessanta veniva caratterizzata da una progressiva saturazione dei mercati dei paesi industrializzati. Lo sbocco dei costruttori era essenzialmente alimentato da una domanda di sostituzione delle auto vecchie e dalla multimotorizzazione, ovverossia più di una macchina per famiglia. Questa strategia commerciale fonderà il marketing anni ottanta. In questi anni le marche dei paesi socialisti erano bloccate all’esportazione, gli altri paesi in via di sviluppo non riuscivano a creare il grosso rilancio.

Contemporaneamente nei paesi europei industrializzati avveniva una presa di coscienza dei costi sociali generata dalla massiccia diffusione dell’automobile. La risoluzione anche parziale dei rumori, dell’emissione dei gas di scarico, della sicurezza passiva e dell’ingombro urbano dei veicoli, diviene un obiettivo prioritario richiesto dal pubblico potere, non obbligato.

I costruttori, grazie a sostanziali aiuti finanziari, seguivano ricerche appropriate ai nuovi regolamenti. Obbiettivi politico-economici vincenti si profilavano i dispositivi antipolluzione; in parole semplici nacquero i nuovi criteri applicati alla fabbricazione delle marmitte.

Alla Conferenza di Stresa del 1973 si affrontava il problema ambiente e ci furono grandi polemiche. Solo quattro anni prima si era affrontato il tema “mobilità aree metropolitane” ed era emerso il massiccio inurbamento, frutto degli anni sessanta che avevano creato il fenomeno del pendolarismo di massa, problema da arginare con criteri differenti date le situazioni urbane riferite alle diverse città. Sulla riorganizzazione del traffico nelle aree urbane si spendevano fiumi di parole, soprattutto nella valutazione economica dovuta alla perdita di tempo procurata dalla congestione legata anche ad una maggiorazione dei costi di trasporto, rimaneva ancora in secondo piano la ricaduta dei danni sull’ambiente.

Gli anni settanta passano alla storia anche come gli anni dell’austerity.

La crisi energetica cambiò la mentalità della popolazione su alcuni importanti temi. Si diffuse una maggior consapevolezza dell’instabilità del sistema produttivo e si rivalutò l’importanza del petrolio, che non fu più visto come l’unica fonte di energia possibile. Con la crisi energetica del 1973 cominciarono ad entrare nel vocabolario comune nuovi vocaboli come ecologia, risparmio energetico, simboli di un cambiamento in atto in genere recepito della gente.

I “piani urbani di traffico” diventano obbligatori a norma del Nuovo Codice della Strada.

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Curva di Marion King Huppert, geofisico americano che nel 1956 formula un modello astratto della futura disponibilità di petrolio nel mondo in rapporto alla domanda.

In particolare gli anni settanta tra il ’73 ed il ’74, vivono la prima grande crisi petrolifera, il risparmio energetico diventava un problema prioritario. Assistiamo alla proliferazione di programmi di ricerca volti alla prima messa a punto dell’auto elettrica, prototipi individuali e collettivi.

Nel 1975 l’art. 78 del Codice della Strada del 1959, viene modificato e prevede l’installazione di impianti a gas.

Le vetture cambiano styling, aumenta lo spazio nell’abitacolo, i tetti sono piatti e sottili. Le strade seguono la logica dei tempi, diventano più larghe per rispondere all’aumento della massa dei veicoli circolanti, compaiono le prime tangenziali, la rete autostradale è in pieno sviluppo, migliorano man mano anche i fondi stradali. La contestazione politica dovuta alle condizioni di lavoro insite nella costruzione operativa dei veicoli, spiega i progressi raggiunti nelle tecniche produttive d’automazione industriale, ma anche la crisi nel mondo del lavoro operaio, risale infatti al 1972 il nuovo contratto dei metalmeccanici. Questo passaggio costituisce la prima grande virata verso la sostituzione della macchina all’uomo in relazione al lavoro legato alle diverse fasi di montaggio/assemblaggio che negli anni novanta determinerà il ricorso definitivo alla robotica e la fase di post industrializzazione.

Alla vigilia del Salone di Torino del 1971, il Presidente della Fiat affermava: “…l’automobile, nel decennio in corso, costituirà un fulcro d’interesse e studi forse superiore a quello raggiunto sinora [..]. Non dimentichiamo che assieme alle soluzioni prevedibili dei problemi dell’inquinamento e della sicurezza assisteremo al decollo dell’elettronica con applicazioni e controlli che limiteranno al minimo o

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aboliranno la possibilità di errore da parte dell’uomo al volante [..]. Non vi è dubbio che i nuovi oneri derivanti dall’applicazione delle migliorie relative alla sicurezza e all’inquinamento atmosferico, incideranno sui costi di produzione in misura a seconda dei modelli non inferiore al 30-50% [..]. La difficoltà di mettere a punto sistemi che soddisfino legislazioni comuni porterà presumibilmente all’applicazione di dispositivi simili da parte di tutti i Costruttori e pertanto aumenti di listino uniformi, ma rimane tuttavia un rischio: che qualcuno giunga a un dato momento a risolvere lo stesso problema con una propria soluzione più economica 34”.

Tali parole si realizzarono puntuali alla fine del decennio.

A Londra, nell’ottobre del ’71, vengono fondate in linea di massima le basi del veicolo sicuro europeo. Si trattava di un lavoro di ricerca comune portato avanti da Francia, Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Italia. La Germania è solo compartecipe del progetto, non lo finanzia in quanto la Volkswagen aveva già stretto un precedente accordo con gli USA finalizzato alla costruzione di un prototipo sicuro. A questo incontro ne seguirà un altro a Roma, dove i lavori verranno opportunamente distribuiti ed esaminati via, via in sede collegiale.

All’Italia, in particolare, vengono attribuite sei tematiche specifiche: dispositivi di tenuta passeggeri, comportamento del veicolo in caso d’urto, comportamento del veicolo in caso di ribaltamento sul tetto, frenata, dispositivi d’illuminazione e di segnalazione luminosa, tenuta di strada. A questi accorgimenti s’aggiunge il miglioramento delle prestazioni del veicolo in marcia nella nebbia. All’incontro aveva partecipato anche un ristretto comitato d’esperti dell’ONU preposto allo studio dei problemi “sicurezza degli autoveicoli”.

I lavori dei comitati, protratti nell’arco di cinque giorni, valutavano la prevenzione dei rischi d’incendio, la visibilità dal posto di guida, il comportamento del veicolo in caso d’urto frontale o laterale, la disposizione dei comandi manuali di bordo.

La nuova svolta della storia dell’automobilismo, creava grandi ripercussioni sullo stile.

Il desing non era più completamente libero nella formulazione estetica dell’auto all’interno come all’esterno.

Esterno VetturaParaurti - erano sinora progettati attribuendo notevole importanza all’elemento

estetico e tutt’al più si dimostravano validi per assorbire piccoli urti di parcheggio, adesso subiscono una radicale trasformazione. Devono essere strutturati in modo tale che, in caso d’urto frontale e laterale a 30° fino a 16 km./h, assorbano l’energia d’urto evitando qualsiasi rottura della fanaleria e di altri organi vitali come il radiatore. Le prove per testare tale sistema vengono effettuate in un primo tempo con urti contro batterie fisse a 8 km/h. Successivamente verrà utilizzato un pendolo il cui battacchio doveva avere lo stesso peso del veicolo da provare. Lo strumento veniva lasciato

34 L’Auto Oggi e le Prospettive future- Quattroruote Editrice Domus Milano 1971 pag.. 98/99

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cadere contro la parete anteriore e posteriore del mezzo, secondo varie angolazioni, ad intervallo di cm.50, e da una altezza che corrispondeva ad una velocità di 16 km/h: parte anteriore della vettura e 8 km/h parte posteriore.

Fiancata VetturaIl progetto ESV Experimental Safety Vehicle richiedeva una resistenza laterale

degli urti a 48 Km/h. Per ottenere ciò si rendono necessarie strutture laterali sufficientemente robuste e tali da integrarsi bene con le rimanenti strutture che garantiscono l’indeformabilità dell’abitacolo in caso di urti frontali e di capottamento. Lo stilista dovrà fare in modo che tali parti si adeguino il meglio possibile ai motivi estetici del profilo vettura. Anche qui si prevede un leggero aumento della larghezza media degli autoveicoli. L’adozione di vetri laterali fissi, richiesti dalle nuove norme, permettono al desing una maggiore libertà espressiva del disegno della fiancata.

Padiglione La richiesta “garanzia di sopravvivenza” per conducente e passeggeri in caso di

capottamento a 112 km/h, condiziona e determina di per se stessa l’intero disegno del padiglione. Il tetto ritornerà a profili curvilinei che si raccorderanno con la fiancata senza soluzione di continuità. A seguito di queste varianti l’altezza media delle vetture risultava notevolmente aumentata.

Accessori Esterni- Manigliera: si adottano maniglie completamente annegate nella carrozzeria,

compresi eventuali pulsanti di scatto.- Tergicristallo: le spazzole vengono opportunamente defilate dalla carrozzeria.Antenna radio: tende a scomparire o essere incorporata con altri elementi della

carrozzeria, come ad esempio i cristalli.Speccietti retrovisori: nascono specchi retrovisori di tipo periscopico.

Il concetto che fonda il nuovo esterno della vettura è che devono scomparire tutti quegli accessori che possono in qualche modo diventare fonte di pericolo soprattutto per i terzi in caso di urto o di capottamento.

Interno VetturaL’abitacolo subisce innovazioni rivoluzionarie. L’obiettivo principale è che in caso

d’urto, conducente e passeggeri non debbano essere “sballottati” violentemente. Tale esigenza modifica i sedili che diventano monolitici, ancorati al pavimento del mezzo, aumentano le dimensioni e vengono muniti di robusti poggiatesta. A seguito di questa innovazione, la pedaliera e i comandi assumono nuovi parametri di regolazione rispetto alle esigenze anatomiche del conducente.

L’adozione di sedili fissi esclude autonomamente le vetture a due porte, l’una per lato, in cui l’accessibilità ai sedili posteriori, allora, era subordinata alla possibilità di movimento di quelli anteriori. Va aggiunto che le auto a due porte laterali sono strutturalmente più solide di quelle a quattro.

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I cruscotti vengono imbottiti e progettati in funzione del contenimento degli air bag, all’epoca ancora in fase di sperimentazione.

I volanti, un tempo rigidi, sono concepiti con materiali nuovi, imbottiti e indeformabili in caso d’impatto.

Una serie di spie luminose e sonore inizia a profilarsi come ottima soluzione per accertarsi di aver chiuso bene le porte, di aver allacciato le cinture di sicurezza e aver tolto il freno a mano.

Un efficace impianto di climatizzazione si renderà necessario a seguito dell’adozione di cristalli fissi.

Tutta questa serie d’innovazioni su un prodotto di consumo destinato a una massa sempre più crescente di utenti, al momento comportava grossi problemi che esulavano completamente dalla progettazione e dallo stile dell’auto che andava ripensato in funzione della sicurezza.

Restano:

problemi di natura economica: aumento del 30% dei pesi con un conseguente rialzo dei costi di almeno il 30/40%)

problemi di traffico.

Gli anni settanta passano alla storia della cultura della sicurezza stradale come un periodo di transizione in cui si esploravano tutte le possibilità espressive alla ricerca di un rinnovato equilibrio dei veicoli, dell’economia di mercato, della riduzione degli infortuni, fino ad arrivare alle auto più sobrie e funzionali, figlie della massificazione dell’uso di questi veicoli.

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L’AUTO ad ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO

Gli anni ottanta segnano l’inizio della nuova frontiera tecnologica da raggiungere tout court. Nel 1978 sulla Mercedes 450 S.E.L. 6.9, viene montato un nuovo sistema di sicurezza elettronico: l’antibloccaggio messo a punto dalla Bosch. L’anti-Bloker-System, noto come A.B.S., si tratta di un dispositivo d’élite che, inserito nel sistema frenante, evita il bloccaggio istantaneo delle ruote, assicura stabilità alla vettura durante una manovra brusca o una rapida frenata con qualsiasi tipo di fondo stradale. Ottimizza inoltre gli spazi di frenata, perché frutta al massimo l’aderenza delle ruote sulla strada ed offre la possibilità di manovrare lo sterzo durante la frenata per evitare gli ostacoli.

Il passaggio seguente è stato l’applicazione sulle vetture di media e piccola cilindrata a bassi costi.

Gli anni ottanta vivono le grandi lotte tecnologiche fra motori turbo35 e aspirati. In Inghilterra iniziano le prime ricerche di laboratorio sull’elettronica applicata alle auto di serie: carburatori elettronici, strumentazioni digitali, misuratori di portata aria e benzina, turbocompressori regolati elettronicamente, sistemi d’iniezione integrati con la curva d’anticipo, apparecchi radio in grado di eseguire un’infinità di compiti e perfino il controllo elettronico dell’iniezione dei motori diesel. Questi alti contenuti tecnologici inizialmente costituiscono il patrimonio di una ristretta élite, ancora lontana dall’ottica di portare questi dispositivi sulle vetture di media e piccola cilindrata, non tanto per problemi tecnici, quanto per l’inevitabile maggiorazione dei costi. Costruire sicurezza ed offrire alte prestazioni a prezzi competitivi apre il nuovo antagonismo industriale legato al mercato dell’auto. Su queste basi si delinea il primo vero grande conflitto mondiale che sconvolgerà le tradizionali politiche di marketing delle più prestigiose case costruttrici.

La crisi del mercato europeo è il risultato di grandi squilibri dovuta alla produzione del Sol Levante che immette sul mercato mondiale veicoli a prezzi super competitivi con tecnologie altamente avanzate. Per reagire al fenomeno le case europee solidali, aggiornano la Commissione della Comunità Europea. L’obiettivo comune è: contrastare la concorrenza giapponese con un’immediata strategia di sopravvivenza.

I criteri applicativi in linea di massima erano i seguenti:- capacità di resistenza alle fluttuazioni congiunturali- aumento della vita produttiva della serie - maggior ammortamento dei costi di produzione a favore della ricerca e dello

sviluppo produttivo- investimenti sulla robotica ed automatismi secondo gli studi ed i metodi

giapponesi

35 Il 13 marzo 1976 Jean Pierre Jabouille sulla pista di Clermont-Ferrand in Francia inizia la messa a punto della prima monoposto Renault Turbo di F.1. La RS 01

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- concezione assistita tramite l’informatica estesa a tutta la serie di computer applicati all’intero del settore amministrativo per velocizzare le vecchie tecniche burocratiche

- rinnovati criteri organizzativi per la distribuzione del prodotto, trattenimento e sua commercializzazione.

Gli anni ottanta fondano i presupposti di quel prodotto di qualità, altamente tecnologico realizzato a costi contenuti e, data la cilindrata e la fascia d’utenza a cui si rivolge, concorrenziale nei sistemi di sicurezza passiva. Per sistema di sicurezza passiva s’intendono gli elementi che intervengono autonomamente su conducente e passeggeri in caso d’urto36.

Il primo soggetto della sicurezza attiva è il conducente ed in particolare le sue capacità di controllo del veicolo dovute a esperienza, prontezza di riflessi, abitudini, buon senso, a questo va aggiunta la sicurezza attiva, costituita da tutti quei dispositivi di cui viene dotato l’autoveicolo per prevenire e ridurre i rischi inerenti la circolazione, ad esempio: freni, sistema A.B.S., trazione integrale, quattro per quattro, paraurti integrato, sospensioni intelligenti.

Al salone di Ginevra del 1980 si presentavano le vetture d’oltreoceano riccamente equipaggiate, i prezzi di listino risultavano abbastanza vantaggiosi. Le marche presenti erano Chevrolet, Buik Skylark, Oldsmobile Omega, Pontiac Phoenix, Cadillac Seville, dotata di freni assistiti, motore a V8 ad iniezione elettronica, con risparmio di consumo da 7 a 6 litri, potenza di 145 cv, la Pontiac Trns AM, equipaggiata con un motore più piccolo V8 di 4,9 litri, grazie al turbocompressore forniva 210 cv netti. La Lincol Continental MK serie lusso, disponeva di un trasmissione automatica con overdrive supplementare a 0,67:1.

I concorrenti giapponesi e statunitensi sembravano disporre non solo di una tecnologia più avanzata, ma soprattutto di un’esperienza già consolidata nell’applicazione concreta delle nuove tecnologie industriali. Da tali presupposti si delineano i radicali cambiamenti dei diversi costruttori europei avvenuti nell’ultimo decennio.

Materiali e tecnologie garantiscono alle vetture una durata pressochè illimitata senza interventi di restauro, inoltre, se un’auto degli anni cinquanta difficilmente arrivava a percorrere 120.000 chilometri, adesso, una vettura tenuta con cura, può arrivare a percorrerne 300.000. L’automobile è diventata un bene di massa. Le case produttrici hanno orientamenti molto simili e anche le classificazioni delle categorie sono omologate a livello mondiale- Classe A, Classe B, Classe C. Molte aziende producevano la medesima auto in paesi diversi con nomi diversi, come nel caso della Honda, Toyota e Nissan in Gran Bretagna. La localizzazione di alcune fabbriche era solo dettata da ragioni di convenienza. Le tre grandi aziende americane avevano stabilimenti in tutti i continenti e nella maggior parte dei paesi europei e tutte avevano partecipazioni nelle aziende giapponesi. La quarta casa americana, l’American Motors si era unita alla Renault. 36 Cinture di sicurezza con pretensionatore, dispositivi antincendio F.P.S. Fire Prevention System che comprende l’interruttore inerziale, airbag, barre antintrusione nelle portiere, sedili antiscivolamento, poggiatesta davanti e dietro, struttura ad assorbimento di energia differenziata.

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La collaborazione tra aziende e marchi, d’ora in avanti andrà sempre e progressivamente aumentando per far fronte ai costi di sviluppo e realizzazione dei progetti.37

La concezione tradizionale concentrata sul binomio benzina-motore termico, sembra inalterabile tuttavia potevano ancora essere realizzati significativi progressi. La risposta verrà soprattutto dall’elettronica applicata.

Altro elemento di rilevanza diventa sempre di più la grande industria legata al pneumatico, elemento fondamentale nella conduzione dell’auto che segue la ricerca tecnologica in atto e migliora la tenuta della strada dei mezzi. Il Kleber V15T1 a struttura radiale, con doppia cintura d’acciaio e teleincrociata, dotate di rinforzi stabilizzatori nella zona delle spalle, conferiva un’ottima tenuta sul bagnato e limitava l’effetto aquaplaning38.

Nel 1979 la FIA reitroduce nel rally la trazione integrale39 e la Audi aveva già pronta una vettura dedicata a emergere proprio tramite la competizione sportiva. Nel 1981 l’Audi commercializza la prima autovettura a trazione integrale40. La promozione del nuovo prodotto sulla scena degli sport dei motori, in particolare il rally, scatenò una vera guerra fra i team ufficiali.

Questo decennio fonda grandi ricerche nel campo della sovralimentazione dei motori turbo e dell’aerodinamica. L’alimentazione s’indirizza decisamente verso il monopolio dell’elettronica.

I carburanti sono fonte di nuove ricerche nel campo dell’industria chimica, settore che assume via, via un ruolo di spicco. I conflitti petroliferi dopo gli eventi del 1979, vedono nascere nuove tecnologie applicate alla tradizionale concezione dell’auto. Si trattava in particolare di dispositivi per la riduzione dei consumi. All’inizio degli anni ottanta negli U.S.A. troviamo il progetto P.R.O.C.O., creato per la messa a punto dei motori che funzionano con benzina senza piombo. Questa soluzione doveva soddisfare il mercato americano che già allora prevedeva severe sanzioni in materia ambientale.

Nei primi anni novanta in Italia, fra i vari sistemi integrati nel campo della mobilità urbana troviamo il progetto PROCOND finalizzato a contrastare l’inquinamento dell’aria e acustico mediante un nuovo concetto di utilizzazione dell’auto. Prevedeva un progetto A) per l’alimentazione e la gestione dei veicoli elettrici e un progetto B) per la centralina di monitoraggio a bordo del veicolo. Il discorso auto elettrica ed auto a tipo misto, fa parte di un programma di rottura e di una nuova concezione dell’auto, questa strada nell’anno duemila avrebbe dovuto aprire i nuovi sbocchi commerciali, ma alla fine del novecento i costi dei veicoli restano ancora troppo elevati. Nascono i nuovi concetti per il trasporto individuale e collettivo, in cui il rinnovato concepimento della vettura e delle alimentazioni alternative è previsto entro una complessa programmazione di mercato.

37 Auto Classiche Edizioni White Star spa periodico trimestrale ottobre 2005 pag. 20638 Aqualaning effetto che si avvera quando il pneumatico scivola sopra un velo d’acqua più o meno spesso.39 Op. Cit. Auto Classiche pag. 21540 Questa soluzione era già stata sperimenttata in F.1 dalla Cisitalia nel 1949, grazie ad uno studio condotto dalla Porsche.

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Tale cambiamento è un passaggio delicato per l’intero sistema che ruota intorno al mercato dell’auto e rischia di provocare l’annientamento di miliardi di euro e di dollari investiti dai costruttori in funzione dell’odierna concezione del mezzo. Pensiamo all’enorme assemblaggio industriale che coinvolge un macrocosmo di aziende, parte integrale del prodotto finito, come al fitto microcosmo di attività e servizi che vanno dalla piccola auto officina al distributore di benzina.

I prerequisiti del terzo millennio hanno vissuto una nuova rielaborazione del concetto di esperienza. L’esperienza è la base della scienza e la rivoluzione scientifica di fine novecento è paragonabile per effetto alla svolta epocale segnata nel 1600 da Galileo Galilei e seguita da Newton41. La scienza informatica ha creato le basi di un’esperienza inedita: l’esperienza virtuale. Questo cambiamento sanciva il passaggio delle ricerche dal laboratorio reale a quello virtuale. Il cambiamento aveva per effetto immediato:

a) la riduzione dei costib) la risposta veloce e certa

L’obbiettivo era: 1) velocizzare la produzione e le esperienze, migliorando la qualità tecnologica

fondata sul software2) creare microprocessori ad alte performance3) organizzare l’integrazione di manufacturing technologie per business

processes4) rispondere all’emergenza della new technologie5) higt performance computing6) cost: performance ratio7) new: information infrastrutture

NET WORKING >>----------->> ACCESSIBILITY

Qui l’esperienza entra nello specifico dei sistemi e diventa esclusiva materia per gli “addetti ai lavori”, ma ci sono alcuni passaggi incisivi che meritano una riflessione per comprendere l’uso dei sistemi informatici avanzati nell’ottica della “progettazione/sperimentazione”:

- new levels of performance & cost/performance;- doing what was not previously technologycally/economically possible

scalable;- both application performance and size;- advanced communications tecnologias;- network technology;- network management;- telematics applications at common interest;- user centredions at common interest- extensive consultation whit industry;- simulation and design priorities;

41 Seminario Calcolo Parallelo -Centro Ricerche FIAT- Ing. R. Vio Torino 29/11/1994

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- priority to new problems & new industrial sectors;- design applications;- coupled problems;- optimisations applications.

L’odierna ricerca d’equipe si basa su applicazioni di sistemi informatici, analisi strutturali e calcolo parallelo che coinvolge l’industria chimica e s’inserisce in progetti di sperimentazione europei che sconfinano oltre oceano.

In questo panorama da fantascienza qual è quindi la realtà storica di fine millennio? Uno scenario congiunturale sia in Italia come all’estero.Le marche nazionali, con 75.390 vetture commercializzate a febbraio 1994,

avevano incrementato la quota di mercato. La rimonta di FIAT era dovuta alla “Punto”, l’auto venduta in Italia in ben 20.104 esemplari, seppur la vecchia e gloriosa “Uno”, il modello destinato a essere soppiantato dalla nuova “Punto”, era stata preferita da 56.069 acquirenti nei primi due mesi del ’93. Significa che nel ’94 durante lo stesso periodo, sommando le “Punto” e le “Uno” vendute, si ottenevano 63.701 unità: appena 7.632 vetture in più.

Nel ’97, la Mercedes costruiva la monovolume ultracompatta, la “All Activity Vehicle”, una vettura multiuso che aveva ottenuto subito una buona commercializzazione soprattutto in Italia, dove le vetture medio-piccole costituiscono il grosso parco auto circolante per ragioni di spazio e ambiente42. Nella nostra penisola, infatti, convive un traffico congestionato tra mezzi pubblici, ad uso commerciale e mezzi privati, in cui i centri urbani sono un valore storico che costituisce un patrimonio nazionale da salvaguardare con piani di urbanizzazione dedicati, è in questo periodo che infatti si diffondono le zone a traffico limitato, ZTL e le isole pedonali.

Qual è allora la strategia costruttiva dell’auto di questo millennio? Da alcuni tempi è presente sul mercato automobilistico una tecnologia di

trattamento dei gas di scarico dei motori ad accensione spontanea (diesel) che consente di abbattere in modo efficace le polveri fini e ultrafini emesse dai motori per autotrazione funzionanti a gasolio. Tale tecnologia viene applicata per il momento su alcuni modelli di autovetture ed è anche disponibile per bus, camion e macchine operatrici. A linee generali la circolazione odierna orienta il parco macchine a favore delle Euro 3 e 4 classificate nelle diverse gamme, per poi arrivare alle Euro 5 e 6 che nel 2016 abbasseranno le emissioni inquinanti di circa un quinto rispetto ai veicoli odierni. I costruttori immettono sul mercato vetture più leggere rispetto al passato, aerodinamiche, a basso consumo, agili e dotate di motori tradizionali meno inquinanti43 sia a benzina che a gasolio.

42 Nella nostra penisola convive un traffico congestionato in centri urbani dove i piani di urbanizzazione risalgono anche ad epoche medioevali. 43 Negli anni sessanta una vetture da turismo come la 750 ABART, pesava intorno agli 800Kg; la OPEL Commodore, un 3000 di cilindrata, intorno ai 1100 Kg. Erano macchine leggere perché non avevano rinforzi, mancava il valore aggiunto della sicurezza, in più erano rumorose, non possedevano coibenti per eliminare le vibrazioni interne. La carrozzeria era concepita come un guscio, un riparo dalla pioggia e dalla polvere. Solo in seguito gli studi sulla sicurezza e l’inquinamento da rumore, hanno rinforzato e appesantito l’intera struttura dell’auto. Il risultato è stato l’aumento dei pesi che a parità di dimensioni è stato di circa il 25%. Le ricerche più avanzate sui materiali costruttivi, oggi consentono alle vetture di essere di nuovo più leggere e silenziose senza

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Le berline d’élite oggi sono creative. Per il modello XF destinato a sostituire la “S” che è in commercio dal 1999, la Jaguar ha abbandonato le classiche linee tondeggianti e il musetto ovale, collegamento diretto con le berline Mk degli anni cinquanta e sessanta a favore di uno stile molto diverso. Il prototipo della XF ricorda una graffiante coupé, più che una berlina, pur avendo quattro porte. La zona posteriore, con diffusore aerodinamico per migliorare l’aderenza, ricorda l’Aston Martin. All’interno non ci sono salotti in radica, ma molto hi-tech. Il motore è ancora un V8 sovralimentato da 420 Cv.

La nuova Phantom Rolls Royce possiede un desing forte, ha un tipo di apertura delle porte che è controvento, come quelle della maggior parte delle auto di cinquant’anni fa. Le cerniere sono infatti posizionate nella parte posteriore, quindi, chi scende o sale ha la strada davanti a sé. Monta un motore V12 aspirato da 460 Cv e impiega 5”7 per passare da 0 a 95km/h.44

L’utilitaria della prossima tradizione, importante per il trasporto privato deve essere ancora ripensata, non “raffazzonata”.

Riuscire a definire un veicolo non inquinante che si sposi con l’idea di partenza, onesto nelle aspettative, indica una nuova motorizzazione di massa indirizzata verso un packaging d’ingombro minimo, ecologico, elegante e razionale, con un’abitabilità ideale per viaggiare in città e autostrada, economico nel modello base, agile, brillante, progressivo, ma soprattutto sicuro. Costruire una vettura ecologica di piccola cilindrata a due volumi o monovolume, dotata di questi requisiti a basso costo, diventa l’obiettivo del terzo millennio.

Obiettivo vincente potrebbe delinearsi in un veicolo essenziale, con un certo grip, logica, capace di un’abitabilità ideale per viaggiare nei diversi contesti stradali, sicura, con un’architettura specifica capace di andare dappertutto, potrebbe essere per ipotesi, una 4X4 filante, compatta e corta, un S.U.V., sui 4 metri massimo di lunghezza 1,85 metri di larghezza, dotata di un abitacolo confortevole, panoramico, ampio e modulare. Lo spazio sarebbe ricavato anche dal pavimento piatto, aderente alla scocca quasi a formare un unico guscio comodo, con sedili anatomici differenti per conducente e passeggeri, abbattibili per prolungare l’abitabilità. Motore centrale posteriore piatto in grado di conferire alla macchina un baricentro basso per ottenere una migliore aderenza, motricità e maggior trazione. Questa vettura dovrebbe contenere i seguenti nuovi contenuti tecnologici:

poter percorrere 100 Km con 2 litri di carburante, quindi sarebbe meno inquinante e i costi sarebbero bassissimi;

dati i bassi consumi, sarebbe in linea con i limiti del Codice della Strada, che impone di non superare i 130 Km/h.;

dovrebbe essere logica, con una grande ripresa ai bassi come agli alti regimi, non dovrebbe superare i 130Km/h, perché è illogico mettere sul mercato macchine di

perdere in sicurezza. L’AUDI A2, ha un peso in ordine di marcia di 895Kg., totale ammesso: 1380Kg.; passo 240,5 cm.; carreggiata 146/143 cm.; altezza 11cm; diametro di sterzata 10,5 m.; cofano 390/1085 dm³.; lunghezza 382,5 cm.; larghezza 167,5cm.; altezza 155m. 44 Autosprint n.1/2 del 9/15 gennaio 2007 pag. 92

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Muoversi Come

grande potenza intanto la velocità è limitata e punita dalla legge. Chi corre oltre i limiti consentiti, mette a rischio la propria vita e quella altrui, inquina e consuma più del necessario;

sarebbe sicura perché alta e rinforzata da protezioni laterali e rollbar affogato direttamente nella scocca. Significa aumentare la sicurezza in caso d’incidente frontale, laterale e ribaltamento;

godrebbe di sospensioni anteriori e posteriori senza compromessi, nate specificamente;

6) sarebbe dotata di tutti gli elementi essenziali di sicurezza attiva e passiva a costi contenuti.

Costi ridottissimi.La vettura tradizionale non si è ancora espressa per tutto ciò che può dare, ma per

riuscirci sono necessari forti investimenti, bisognerebbe fondarne i presupposti con una o più vetture definite di “passaggio”, che diventassero un successo commerciale tout-court, un po’ com’era avvenuto negli anni sessanta per la Elite che era stata supportata dall’Elan45 nella storia della Lotus.

Come potrebbe essere questa macchina e a chi indirizzarla? Potrebbe essere un semplice quadriciclo cittadino fornito di barre laterali

antisfondamento e di roll bar, spartano, essenziale, sicuro a uno o due posti max. Potrebbe essere una piccola auto sportiva, forte di un design aggressivo, datata di alti contenuti tecnologici, a due posti secchi, con un comfort essenziale, semplice ma affidabile, immessa sul mercato a costi ragionevoli proprio perché “netta”. Indirizzata ai giovani e a una fascia d’utenza di età media che ama l’immagine sportiva. Dovrebbe essere un mezzo da competizione capace di circolare su strada, secondo la normativa vigente, riuscendo a coniugare l’uso quotidiano con la voglia sportiva senza l’apporto di alcuna modifica tecnica, rispondendo così all’esigenza del piacere competitivo sfogato nel fair-play sui circuiti permanenti e non sulle strade aperte al traffico.

Fantasia a parte, i segni dell’evoluzione futura, si fondano non tanto su una visione più razionale e creativa dell’auto, quanto sulla ricerca del cambiamento radicale che è ancora lontano dalla sua commercializzazione legata alle Euro e a step industriali già predefiniti. I rifornimenti di gas, idrogeno e le colonnine per ricaricare l’auto elettrica non si trovano facilmente lungo i percorsi stradali, il rischio è di restare “a piedi”.

Le vetture ibride composte da un motore tradizionale a scoppio e un altro elettrico per la trazione, oppure un motore a trazione elettrica con un motore a scoppio o a gas per ricaricare le batterie, non fanno parte della circolazione di massa, eppure si tratta di

45 Colin Chapman nato a Londra nel 1928, era un ingegnere con conoscenze d’ingegneria navale e aeronautica, messe sapientemente a frutto sulla terra ferma. Quest’uomo aveva “guardato in alto” e aveva lanciato la sua sfida contro la V12 di Maranello. Colin sapeva che il motore è il cuore della vettura e la potenza di cui disponeva avrebbe dovuto supportare le defaiance dello chassis della sua macchina, ma per battere Enzo Ferrari, non bastava, si doveva riformulare daccapo il concetto della monoposto. Da questa sfida nacque l’era dell’aerodinamica, ma averlo capito non bastava ancora, bisognava supportare i costi della ricerca e per farlo ci voleva un successo commerciale. Dopo tante peripezie per la sopravvivenza dell’Elite, all’inizio degli anni sessanta arrivò l’Elan e con lei Chapman guadagnò tutto. Adesso i rari fortunati che possiedono un esemplare di quella fantastica Elite, hanno uno fra i più fantastici compendi tecnologici espressi nella seconda metà del novecento.

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Muoversi Come

motorizzazioni che, a regime costante, consentono un forte abbattimento delle emissioni inquinanti e dei consumi. Rimane ancora da superare l’aumento del peso complessivo della macchina dovuto alle batterie. In special modo le vetture alimentate ad idrogeno come la BMW 750 sono veicoli d’eccezione.

I carburanti del futuro più vicino sono il gasolio vegetale e le benzine a base di alcool sempre di origine vegetale. Questo tipo di alimentazione, una volta messa a punto e commercializzata sulle vetture di massa, provocherà una drastica diminuzione del consumo petrolifero mondiale con forti implicazioni e ricadute economiche dirompenti rispetto agli equilibri presenti.

L’incremento europeo delle immatricolazioni dell’anno 2006 rispetto al 2005 è aumentato circa del 4.1%. Le caratteristiche tecniche di prestazioni e sicurezza a basse velocità, sono date per scontate su tutti i veicoli. A fare la differenza, nella scelta del veicolo da acquistare, è nella maggior parte dei casi il suo aspetto, la sua capacità di esprimere l’identità e la personalità di chi la guida.

La grande inversione di mercato avverrà non prima di vent’anni con la commercializzazione di massa di veicoli concepiti in modo totalmente diverso, realizzati in assenza di ricorso al petrolio, anche privi di pneumatici tradizionali, alimentati senza la raffinazione petrolifera e nessun suo derivato, altamente tecnologici, ma allora si estrarrà la bratta e dopo i pozzi saranno raschiati fino al fondo. A quel punto l’aria sarà nuova! Tutto ripulito, o tutto pulito e forse la scienza per andare al futuro ritornerà al 1895…..:

“…un centinaio di veicoli, dei più disparati modelli, si radunò il 22 luglio alle porte di Maillot. C’erano 35 macchine a vapore, 38 a benzina, 5 elettriche, 5 ad aria compressa, altre ancora di tipo misto. Solo dopo un accurato controllo tecnico, furono ammesse alla gara 21 vetture. La corsa ebbe luogo alle ore 8 del mattino in un tumulto indescrivibile, ma nonostante l’ora poco propizia, era presente tutta la Parigi della Belle Époque. Circa nove ore dopo, alle h.16,50 un cocchio di stile vittoriano rimorchiato da un trattore a vapore, raggiunse trionfalmente Rouen, a bordo c’era il marchese De Dion. Qualche istante più tardi, gli spettatori assistettero esterefatti all’arrivo in volata di una Panhard-Levassor ed una Peugeot equipaggiata con un motore Daimler di 3 HP di potenza. La competizione, organizzata dal giornalista Pierre Giffard, si concluse con il completo trionfo delle macchine a benzina di Panhard e Peugeot, seppur primo classificato risultò il colossale mezzo a vapore di De Dion alla media di 21 Km orari” .

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Muoversi Come

Nuova evoluzione dei tipi e dei modelli, nuovi eventi sportivi.

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Muoversi Come

Categorie e Permessi di Conducenza

A Motoveicoli;B Autoveicoli e tricicli a motore con peso totale non superiore a 3500 kg e con non più di otto posti a sedere,

conducente non compreso; con un veicolo di questa categoria può essere trainato un rimorchio con un peso totale non superiore a 750 kg; Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della categoria B e un rimorchio di oltre 750 kg, nella misura in cui il peso del convoglio non superi 3500 kg e il peso totale del rimorchio non superi il peso a vuoto del veicolo trattore;

C Autoveicoli – esclusi quelli della categoria D - con un peso totale ammesso di oltre 3500 kg; con un autoveicolo di

questa categoria può essere trainato un rimorchio con un peso totale non superiore di 750 kg;D Autoveicoli adibiti al trasporto di persone con più di otto posti a sedere, conducente non compreso; con un

autoveicolo di questa categoria può essere trainato un rimorchio con un peso non superiore di 750 kg;BE Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della categoria B e un rimorchio che come

combinazione non rientrano nella categoria B;CE Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della categoria C e un rimorchio con un peso totale

superiore a 750 kg;DE Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della categoria D e un rimorchio con un peso totale

superiore a 750 kg;

SottocategorieA1 Motoveicoli di cilindrata non superiore a 125 cm3 e una prestazione del motore massima di 11 kW;B1 Quadricicli e tricicli a motore con peso a vuoto non superiore a 550 kg;C1 Autoveicoli – esclusi quelli della categoria D - con un peso totale superiore a 3500 kg, ma non a 7500 kg; con un

autoveicolo di questa sottocategoria può essere trainato un rimorchio con un peso totale non superiore a 750 kg;D1 Autoveicoli adibiti al trasporto di persone con più di otto posti a sedere, ma non più di sedici, conducente non

compreso; con un autoveicolo di questa sottocategoria può essere trainato un rimorchio con un peso totale non superiore a 750 kg;

C1E Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della sottocategoria C1 e un rimorchio con un peso

totale di oltre 750 kg, nella misura in cui il peso del convoglio non superi 12000 kg e il peso totale del rimorchio non superi il peso vuoto del veicolo trattore;

D1E Le combinazioni di veicoli costituite da un veicolo trattore della sottocategoria D1 e un rimorchio con un peso

totale di oltre 750 kg, nella misura in cui il peso del convoglio non superi 12000 kg e il peso totale del rimorchio non superi il peso a vuoto del veicolo trattore e il rimorchio non sia adibito al trasporto di persone;

Categorie specialiF Veicoli a motore, esclusi motoveicoli e motoleggere, la cui velocità massima non supera 45 km/h;G Veicoli a motore agricoli la cui velocità massima non supera 30 km/h ad esclusione dei veicoli speciali;M Ciclomotori.Osservazioni

Le future categorie saranno suddivise in gruppi. L'attuale categoria A2 sarà sostituita dalla nuova sottocategoria B1. La categoria D2 sarà abrogata.

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Muoversi Come

Elementi di Antinfortunistica in Italia

I Corpi di Polizia Stradale e Municipale intervengono giornalmente per la constatazione di incidenti stradali più o meno gravi.

Sovente gli infortuni sono risolvibili dai conducenti stessi con il formulario delle “constatazioni amichevoli” prestampato presso le Assicurazioni, invece è necessario richiedere l’intervento dei Pubblici Ufficiali e la relativa stesura del loro verbale, per chiarire la dinamica in caso di incidenti gravi.

In presenza di feriti è obbligatorio chiamare la Polizia. In particolare nel ramo assicurativo, va segnalato che sono avvenuti alcuni cambiamenti riguardo l’indennizzo diretto - PUBBLICAZIONE DEL REGOLAMENTO IN GAZZETTA UFFICIALE- pubblicato nella Gazzetta Ufficiale s.g. n.199 del 28 agosto 2006, il D.P.R. n. 18 luglio 2006, n.54 recante il Regolamento attuativo del risarcimento diretto dei danni derivanti da circolazione stradale, ai sensi degli articoli 149 e 150 del Codice delle assicurazioni. Il Regolamento stabilisce che la nuova procedura di risarcimento diretto entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2007, con riferimento ai sinistri che si verificheranno a partire dal 1° febbraio 2007.

Negli incidenti particolarmente gravi o complessi anche la Polizia Scientifica è chiamata in causa, e collabora con i magistrati alfine di poter stabilire le cause dell'incidente e punire i contravventori.

L’opinione pubblica teme di più gli incidenti aerei rispetto alle sciagure stradali, non è ancora sensibilizzata sul fatto che gli infortuni accadono soprattutto sulle strade di tutti i giorni. Le cause principali sono: droga, alcool, velocità, stress psicofisico, sonnolenza, distrazione nella conducenza.

Guidare con prudenza rispettando il Codice della Strada, le sue regole, limiti e segnali, significa rispettate la propria vita e non mettere a rischio quella altrui.

Sulla Strada

Se possibile lasciare immediatamente le corsie di scorrimento e portare il veicolo sulla corsia d'emergenza. Prestare particolare attenzione al traffico quando si scende dal veicolo.

Inserire le luci d'avvertimento lampeggianti.Evacuare gli eventuali passeggeri in un luogo sicuro. Segnalare il luogo dell'incidente camminando lungo la corsia d'emergenza in senso

contrario al traffico. In orario notturno, potrebbe essere utile agitare lentamente il triangolo a scopo di richiamo per gli altri utenti. La distanza minima per il segnale di veicolo fermo (triangolo) raccomandata é di metri 100.

Prestare soccorso ai feriti nella misura in cui possibile. Non mettere mai in pericolo la propria vita.

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Muoversi Come

Avvisare la Polizia in caso d'incidente con feriti ed ugualmente quando una corsia resta ostruita. Su molte strade esiste la possibilità di recarsi presso una colonnina di soccorso e collegarsi con i mezzi d'intervento. La colonnina permette un facile riferimento del luogo esatto del sinistro e del perturbamento, oppure, se la situazione lo consente, visto che ormai tutti gli utenti della strada dispongono di un telefono cellulare, comunicare immediatamente con precisione, tramite cellulare, il luogo esatto per garantire un rapido intervento dei soccorsi.

E’ importante poter continuare a prestare soccorso ai feriti (Primo Soccorso), come pure evitare ogni movimento inutile sulla carreggiata.

In Autostrada

Spostare immediatamente i veicoli ancora in grado di circolare sulla corsia d'emergenza, oppure su un'area di sosta.

Accendere i lampeggiatori d'emergenza. Posare il triangolo almeno a 100m. Prevenire i veicoli in arrivo.

Allontanare i feriti dalla zona di pericolo senza aggravarne i danni. Non restare sulla carreggiata.

Soccorso

La freccia indica dove si trova il telefono d'emergenza più vicino. Chiamare la polizia. Indicare: Chi? Che cosa? Dove? Quando? Quanti? Prestare i primi soccorsi.

Passaggio libero

Creare e tenere libero un passaggio per i veicoli di soccorso. Non arrestarsi sul luogo dell'incidente quando la polizia ed il personale

sanitario è presente. Saper prestare i primi soccorsi.

In caso d'incidente in galleria, inoltre:

Occorre subito inserire le luci d'avvertimento, spegnere il motore. Se possibile lasciare immediatamente le corsie di scorrimento e portare il

veicolo sulla corsia d'emergenza. Prestare particolare attenzione al traffico stradale quando si scende dal veicolo. Inserire le luci d'avvertimento lampeggianti ed evacuare gli altri occupanti il veicolo in un luogo sicuro.

Ascoltare la radio. Abbandonare il veicolo solo in caso d'emergenza (lasciare le chiavi sul

cruscotto!). Segnalare il luogo dell'incidente camminando lungo la corsia d'emergenza in

senso contrario al traffico. E’ utile agitare lentamente il triangolo a scopo di richiamo per gli altri utenti. La distanza minima per il segnale di veicolo

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Muoversi Come

fermo (triangolo) raccomandata é di metri 100 (sull'autostrada i paletti bianchi sono equidistanti ogni 50 metri).

Prestare soccorso ai feriti, senza mettere a rischio la propria vita e creare altre situazioni a rischio d’infortuni .

Avvisare la Polizia in caso d'incidente con feriti ed ugualmente quando una corsia resta ostruita. Esiste la possibilità di recarsi presso una colonnina di soccorso e collegarsi con i mezzi d'intervento, se il proprio cellulare è rimasto attivo, chiamare immediatamente i soccorsi stradali.

E’ importante poter continuare a prestare soccorso ai feriti, come pure evitare di compiere movimenti inutili sulla carreggiata.

Breve Indagine sugli Incidentati

Pedoni- in genere riportano lesioni diffuse degli arti inferiori; ossa craniche e facciali il 51,6%; della colonna vertebrale il 7,3%; politraumatizzati il l 3,7%.

Ciclisti, ciclomotoristi e motociclisti- sono molto frequenti le lesioni osteoarticolari degli arti (dal 21 al 27 %) e del cranio (dal 5,4 all’8,1%).

Automobilisti – sono più frequenti le lesioni al cranio, del massiccio facciale e della colonna (38%); i politraumatizzati sono in prevalenza di sesso maschile al 63%, di un’età compresa tra i venti e quarant’anni.

In Italia la rilevazione sull'incidentalità stradale è frutto dell'azione congiunta di molti Enti: ACI, Ministero dell'Interno, Polizia Stradale, Carabinieri, Polizie Municipali, Uffici Statistici di Comuni, Capoluoghi di provincia e di alcune Province che hanno sottoscritto una convenzione con l'ISTAT. La serie storica in possesso dell'ISTAT inizia dal 1952, in seguito, nel 1991, i criteri delle statistiche sono state modificate in conformità alle esigenze di uniformità con gli altri Paesi. Aggiornamenti riferiti al 2003 rilevano che ogni giorno in Italia si verificano in media 617 incidenti stradali, che causano la morte di 16 persone e il ferimento di altre 874. Rispetto al 2002 si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti, del numero dei morti e dei feriti, ma la soglia d’incidentalità resta ancora alta.

La rilevazione si basa sulla compilazione del rapporto di incidente (modello CCT-INC) da parte dell'autorità che interviene sul luogo del sinistro, con il limite che vengono riportati solo incidenti con danni alle persone che si svolgono sulle strade pubbliche. In accordo con le definizioni internazionali vengono raccolti vari dati sul luogo dell'incidente, sui mezzi coinvolti e anche alcune notizie che riguardano le caratteristiche di età, sesso, anzianità di patente del soggetto alla guida, nonché condizioni psicofisiche anomale del conducente.

Il grado di copertura della rilevazione sugli incidenti è oscillato negli ultimi anni tra il 72 e l'82%; i dati relativi al 1998 forniscono una copertura del 73% circa. Tale

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Muoversi Come

stima è stata possibile confrontando i verbali degli incidenti con le schede ISTAT per la denuncia obbligatoria della causa di morte.

Per una analisi effettivamente completa di questi dati però manca il principale parametro, necessario per la realizzazione di un corretto rapporto, manca cioè il volume di circolazione. L'assenza di questo dato (se si esclude il solo traffico autostradale, per il quale il dato è disponibile) rende necessario il ricorso a dati diversi che costituiscono indici indiretti, come il consumo di carburante o il numero di veicoli circolanti, inoltre impedisce, ad esempio, un riconoscimento certo dei "black spots", i punti ove si realizza un numero particolarmente elevato di incidenti.

In generale ogni anno nel mondo muoiono circa 1 milione di persone per incidenti della strada. In Italia si registrano annualmente, a causa di incidenti stradali, circa 8.000 morti (secondo le statistiche delle cause di morte), il dato assume maggiore rilievo se lo si legge in altro modo: dei decessi per incidente stradale, infatti, il 50% avviene prima dei 41 anni di età e il 25% prima dei 23.

Assicurazione, Sicurezza, Legislazione sulle 2 ruote

Assicurazione e Sicurezza sulle due ruote sono stati i temi messi in evidenza nel VIII Rapporto Due Ruote realizzato nel 2006 in collaborazione fra ACI e Censis.

Traffico caotico, poco rispetto degli automobilisti, buche, strisce pedonali viscide, cordoli e quant’altro mettono quotidianamente a dura prova il conducente del ciclomotore, che deve essere in grado di saper costruire per sé e intorno a sé una valida rete di sicurezza a partire dal casco sempre allacciato, indossare un abbigliamento adeguato e possedere una assicurazione affidabile.

L’art. 52 del Codice della Strada definisce ciclomotori:

• i veicoli a due ruote con velocità massima fino a 45 km/h (con motore a scoppio la cilindrata massima non può superare i 50 cc; se a tre ruote la massa massima non può superare i 270 Kg.;

• a quattro ruote con velocità fino a 45 Km/h, i così detti quadricicli leggeri (con motore a scoppio fino a 50cc, se elettrico fino a 4 Kw, massa a vuoto fino a 350 Kg., escluse le batterie se dotati di motore elettrico;

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Muoversi Come

• i veicoli monoposto ad uso di invalidi, pedoni, bambini, con potenza fino a 1 KW e velocità fino a 6 Km/h, non sono considerati veicoli a motore e pertanto non sono soggetti ad immatricolazione ed alla legge che ne obbliga l’assicurazione RC.

L’art. 116 del Codice della Strada afferma che possono condurre un ciclomotore:

• i minori che abbiano compiuto 14 anni purchè muniti del certificato di idoneità alla guida (Patentino);

• i minori titolari di patente A;• i maggiorenni titolari di patente di guida per autovetture o delle

certificazioni di conducenza sopraddette.

Nel panorama della viabilità italiana, la situazione odierna è la seguente: - ogni 6,30 auto circolanti troviamo un ciclomotore, contro- le 7,30 auto per ogni motociclo, per un totale di- 3,41 auto circolanti ogni “due ruote”- 18 “due ruote” per ogni 100 abitanti (45 ogni 100 famiglie), di cui- 10 ciclomotori ogni 100 abitanti (24 ogni 100 famiglie)

Questa situazione conferma che il veicolo a due ruote ed in particolare lo scooter, rappresentano una delle poche alternative veloci e più economiche per spostarsi in città.

Il 14 luglio del 2006 è entrato in vigore il nuovo sistema di targatura e di rilascio del certificato di circolazione dei ciclomotori. In realtà l’art. 97 del Codice della Strada prevede che i ciclomotori, come tutti gli altri veicoli, devono essere dotati di un certificato di circolazione, di una targa personale non trasferibile su altri ciclomotori ed essere registrati nell’Archivio Nazionale dei veicoli. L’art.170 prevede inoltre che i conducenti maggiorenni di tali veicoli hanno la possibilità di trasportare un passeggero. I veicoli circolanti anteriormente, con particolari eccezioni, come nel caso di vendita di un ciclomotore assoggettato al vecchio regime a persona non titolare di alcun targhino del vecchio ciclomotore, è bene che aderiscano alla nuova normativa per avere la possibilità di poter trasportare un passeggero e poter usufruire dell’attivazione della procedura di risarcimento diretto dei danni prevista dal Nuovo Codice delle Assicurazioni, possibile solo per un ciclomotore univocamente identificato, ossia munito di targa e non del così detto “targhino” in uso sui vecchi veicoli.

La nuova targa è composta da sei caratteri alfabetici contro i cinque previsti invece dal targhino ed è strettamente connessa al veicolo identificato nel certificato di circolazione di cui risulta intestatario il titolare della stessa targa. Chi possiede due o più ciclomotori deve necessariamente munirsi di un corrispondente numero di certificati di circolazione e targhe e in caso di vendita del ciclomotore senza riutilizzo della targa per altro veicolo, deve provvedere alla sua distruzione dandone

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Muoversi Come

comunicazione agli Uffici della Motorizzazione per l’aggiornamento dell’Archivio nazionale dei veicoli. E’ tuttavia possibile che la stessa targa, in tempi diversi, risulti abbinata a più ciclomotori: infatti in caso di vendita del veicolo il titolare della targa la può trattenere per un altro ciclomotore di sua proprietà, richiedendo agli Uffici preposti un nuovo certificato di circolazione che risulterà quindi abbinato a quella targa informandone l’Archivio Nazionale. Il proprietario di un vecchio ciclomotore può, se lo ritiene opportuno, aderire al nuovo regime facendone richiesta agli Uffici della Motorizzazione o alle autoscuole preposte.

Garanzia R.C.A.

L’assicurazione della Responsabilità Civile Auto è un obbligo sancito dalla legge 990 del 24/1969 e sue successive modificazioni. L’unico esente dall’ombrello assicurativo della copertura è il conducente del veicolo quando è responsabile del danno provocato, che per tutelarsi può assicurarsi con la garanzia “infortuni del conducente”, pressochè presente in tutti i prodotti auto commercializzati sul mercato.

Come funziona la garanzia RCA:in caso d’incidente definito “sinistro” la compagnia assicuratrice si impegna a

pagare il danneggiato fino alla concorrenza della somma massima detta “massimale” indicata in polizza.

Il prezzo o “premio” dell’assicurazione viene stabilito attraverso l’applicazione della tariffa ossia l’elenco di una serie di parametri e regole predisposte dall’impresa che, deditamente incrociati fra loro, determinano in funzione delle diverse tipologie di rischio, ad esempio autovetture ad uso privato piuttosto che taxi, autocarri o motocicli, il corrispettivo monetario da versare alla compagnia per la copertura prestata. Uno dei parametri fondamentali considerati per la costruzione del premio è la classe di merito bonus/malus attribuita al contratto. Dal 1 luglio 1994, in seguito alla direttiva CEE sulla liberalizzazione delle tariffe RCA, le compagnie di assicurazione hanno potuto stabilire le tariffe e le condizioni dei propri contratti RCA e decidere liberamente il numero delle classi di merito e le relative regole di passaggio da una classe all’altra in base a proprie regole evolutive, inoltre, introdurre un sistema analogo al bonus/malus delle autovetture anche per i motocicli e gli autocarri. Per dare una norma comune a tutto il mercato si è stabilito che per tutte le tipologie di veicoli, a prescindere dalla classe maturata nella compagnia di appartenenza, che sull’attestato del rischio si faccia anche riferimento alla originale tabella C.I.P.(Comitato Interministeriale Prezzi) ed in virtù di tale disposizione sull’attestato del rischio di qualsiasi compagnia, vienga riportata l’indicazione “classe di provenienza CU” e “classe di assegnazione CU” accanto alla classe di assegnazione propria di quella compagnia, dove CU sta per Classe di Conversione Universale (ex classe CIP). Tale disposizione è stata emanata dall’organo di controllo ISVAP del novembre 2005 e recepita successivamente nel nuovo Codice per completare ed uniformare le regole e l’evoluzione delle classi di merito anche per ciclomotori e motocicli, come già avveniva per le autovetture.

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Muoversi Come

Attenzione, non sempre la garanzia RCA assicura:

- la responsabilità civile dei terzi trasportati, ad esempio un passeggero di un’autovettura che nell’aprire uno sportello urta un ciclista;

- i danni causati in caso di guida senza patente o con patente idonea ma scaduta;

- i danni subiti da terzi trasportati se il trasporto non è conforme alle norme vigenti o alle indicazioni della carta di circolazione ad esempio viaggiare in due su un ciclomotore non omologato al trasporto di una persona oltre al conducente

- i danni causati dal conducente in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.

Questi eventi possono dar luogo a un’azione di rivalsa della compagnia che risarcisce sempre il danneggiato nei confronti del proprietario o del conducente del veicolo.

Per evitare queste situazioni il mercato propone pacchetti di garanzie aggiuntive alla RCA in opzione o in automatico con la polizza base, che superano tali esclusioni e permettono con un aumento del premio molto contenuto, se non addirittura gratuitamente di cautelarsi da tali eventualità.

Incidenti stradali

Dal 1° aprile 2006, le sanzioni sono state maggiorate e le pene più severe per chi causa incidenti stradali. Una nuova legge, n. 102 del febbraio 2006 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo, prevede che i processi di risarcimento danni a seguito di incidenti stradali seguano lo stesso iter delle controversie di lavoro. Un modo per offrire maggiore tutela alle vittime accorciando i tempi delle indagini preliminari e la fissazione delle date del giudizio.

La norma che contiene "Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali" modifica la precedente normativa prevedendo l'inasprimento delle pene e l'aumento delle sanzioni, sui versanti civile, penale e del codice della strada.

Sospensione della patente di guida Da 15 giorni a 3 mesi per chi causa una lesione personale colposa leggera Fino a 2 anni per lesioni personali colpose gravi o gravissime Fino a 4 anni nel caso di omicidio colposo

Reclusione Da 3 mesi a 1 anno per chi provoca lesioni gravi Da 1 a tre anni per chi provoca lesioni gravissime Da 2 a 5 anni per l'omicidio colposo (se il fatto è commesso con violazione

delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro)

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Muoversi Come

Cambiamenti anche sul fronte dei risarcimenti: se dalla prime indagini risultano gravi responsabilità del conducente il giudice

potrà imporre il pagamento di una sorta di anticipo di risarcimento che oscillerà tra il 30 ed il 50 per cento della somma presumibilmente ottenibile. Il colpevole potrà essere punito anche con sanzioni amministrative.

Distrazione, Stanchezza e soprattutto la Velocità dei conducenti, sono la fonte di maggiore rischio sulle strade.

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Muoversi Come

Filtro Antiparticolato

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Muoversi Come

Composto in fibra di carbonio

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AS S ICURAZIONEVEICOLIS icurezza preventiva

a

b

L’ASSICURAZIONESICUREZZA

PREVENTIVA

BONUS/MALUSClasse di merito relativa

all’affidabilità del contraente.

R.C.A Responsabilità Civile Autoveicoli

Obbligo stipula contratti assicurati.

PREMIOEntità determinata dalla variabile

delle coperture aggiuntive.

KASKO.Copertura dei danni causati

in modo personale o da sconosciuti legati a eventi

richiesti dal contraente.

L’ASSICURAZIONE

CIDConstatazione

Incidente DanniÈ una

constatazione amichevole.

Muoversi Come

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--

Faldella G.L’automobilismo nei suoi aspetti economico e sociali

Tip. Edit. Umberto Franchini e C.Torino 1937

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Freccero MarioLa Lavorazione della gomma con speciale riguardo alla fabbricazione dei

pneumaticiFacoltà di Scienze Economiche e Commerciali

Università degli Studi di Genovaanno accademico 1950/1951.

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* Freccero Renata* Sanremo Rally Story

Stamperia Graziano Torino 1985--

* Rally – Formula 1: luce verdeLevrotto e Bella Torino 1994

--* Dispensa ISEF del Corso Complementare di Educazione alla Sicurezza Stradale

In collaborazione con il Centro di Guida Sicura Varano de MelegariAlfa Romeo Fiat Auto

Torino 1995--

* Ambiente StradaSEI – Torino 2002

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Muoversi Come

Guerreri DanteEducazione Stradale

DomusMilano 1962

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Comunicazione e Immagine SAI1921/2001

Ritratto di un’evoluzioneStamperia Artistica Nazionale S.p.A.

Torino 2001Altri dati gentilmente forniti dal Gruppo Fondaria Sai

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Marin G. e Mattei A.L’automobile, storia illustrata dalle origini ad oggi

Schwarz EdizioniMilano 1961

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Mazzucchelli E.Le Automobili

Roux e Viarengo Tipografia Torino 1906Monticelli – Delongis

Manuale e galateo degli studenti della stradaEdizioni Genova

Genova 1961--

Nader RalphUnsafe at any speed – The designed in danger of the American Automobile

Grossman Publishers New York 1965--

Orefici OscarFormula 1 = i bolidi, le vittorie, gli eroi

Fabbri Editori Milano 1991--

R.A.C.I.Incidenti stradali in Italia dal 1937 al 1940

Unione Arti GraficheCittà di Castello 1943

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Muoversi Come

ZanaldiIncidenti stradali probelmi e indagini medico-legali

Cedam Padova 1957

Indagine Statistiche ISTAT--

Riviste consultate:

AUTO CLASSICHE del 2006Michael Bowler

Edizioni Withe StarVercelli

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Autosprint: dal 1960 al 2007Conti Editore

S.Lazzaro SavenaBologna

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Quattroruote – dal 1956 al 2007Ed. DomusMilano –

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Revue Automobile – dal 1980 al 1995Ed. Hollwag

Berna

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Muoversi Come

Parti

Segmenti

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Muoversi Come

INDICE

- Premessa…………..…………………………………………. pag. I

- Introduzione……………………………………………… … pag. III

- Obiettivi Formativi………………………………………. … pag. V

- Le Origini .…………………………………………..………. pag. 1

- L’Invenzione dello Sport per l’Industria …………………. pag. 9

- La Prima Commercializzazione dell’Auto………………… pag. 16

- Statistiche e Infortuni degli Anni Trenta…………………. pag. 26

- Primi Studi sulla Sicurezza Stradale e sui Consumi……… pag. 32

- La Seconda Commercializzazione dell’Auto……………... pag. 44

- L’Auto ad Alto Contenuto Tecnologico…………………... pag. 49

- Categorie e Permessi di Conducenza……………………… pag. 58

- Elementi di Antinfortunistica .…………………………….. pag. 59

- Bibliografia………………………………………………...... pag. i

Raccolta delle Tavole Didattiche ………………………………….. pag. A

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Muoversi Come

Breve Presentazione delle Tavole Didattiche

Le Tavole Didattiche in allegato sono la sintesi di una raccolta dei primi obiettivi e contenuti formativi che sono stati proposti ai Docenti della Scuola Secondaria di primo e secondo grado dalla fine degli anni novanta ai primi anni del duemila. Si tratta di una sorta di prototipo da cui prendere spunto per promuovere, migliorare e divulgare la presente Educazione.

In particolare negli anni novanta, nonostante obbligo dell’art. 230 del Codice della Strada, l’Educazione alla Stradale non era ancora considerata una materia, ma solo un’educazione trasversale che ricadeva un po’ su tutti i docenti delle scuole dei vari ordini, ma nei fatti pochi se ne occupavano davvero, mancavano indicazioni specifiche e contenuti riferiti alle diverse gradualità scolastiche. .Non esisteva la multidisciplinarietà e non si parlava ancora di “Educazione alla Convivenza Civile” e neppure di “Educazione alla Legalità”. I principali progetti ministeriali di riferimento erano soprattutto l’Educazione alla Salute e all’Ambiente.

Per quanto riguarda la scuola materna, elementare e media, erano state realizzate programmazioni didattiche presenti nella dispensa ISEF Torino 1995 e in seguito sperimentate presso il Comune di Nichelino (TO). Rimane traccia di parte di questi lavori nelle tesi di diploma dell’ISEF di Torino, presentate dalle studentesse Aleandri Barbara, Stefania Alessi e Gabbriella Fazzalari. Queste ragazze, si erano adoperate per collaborare e lavorare costruttivamente alla prima importante applicazione di questa educazione avvenuta nell’anno scolastico 1996/1997.

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Altri Riferimenti BibliograficiAtti del Colloquio Internazionale Università di Montpellier, 29/30/31 maggio 1997;

articolo La coordinazione del professore di Educazione Fisica e Sportiva nell’Educazione alla Sicurezza Stradale (art.230 del Nuovo Codice della Strada - ottobre1994, D.L. del 30.04.92, nº 285 ), su CD pp.24 e su sito internet HTTP://www.asther.com/Colloque-UPS 1997.

Atti del Colloquio Internazionale Università di Louvain, articolo su Coerenza e sussidiarietà nell’insegnamento dell’Educazione Stradale per bambini delle Scuole Materne ed Elementare, marzo 1998 pag. 32, articolo pp.24.

Atti del Colloquio Internazionale Università di Neuchâtel, articolo L’Insegnamento dell’Educazione Stradale per gli allievi delle Scuole Medie Inferiori e Superiori, maggio 1998.pag.389/391

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Muoversi Come

Altre Esperienze FormativeDirezione e Coordinamento pedagogico del I Corso Complementare di Educazione

alla Sicurezza Stradale, per gli studenti dell’ISEF di Torino organizzato nell’anno accademico 1994/1995 nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile in collaborazione con l’Autodromo Varano de Melegari Centro Guida Sicura diretto da Andrea De Adamich- dispensa pag.158, Opera ISEF, Torino, aprile 1995.

Direzione e Coordinamento pedagogico della I sperimentazione del corso di Educazione alla Sicurezza Stradale promosso in collaborazione al Comune di Nichelino nell’anno scolastico 1996/1997 dal mese di settembre ad aprile, per un totale di 172 ore suddivise nella formazione dei Docenti della Scuola Materna, Elementare e Media del Comune e in parte sulle classi; autorizzata dal Provveditore di Torino, decreto n. 13571/C12 del 13/07/1996; pubblicazione del corso ad opera del Comune - Coordinazione dei contenuti della Prof. Renata Freccero.

Coordinazione all’interno del P.O.F. in tema di Educazione alla Sicurezza Stradale nell’anno scolastico 1999/2000; 2000/2001; presso l’I.T.I.S. Grassi (Istituto per Periti Aeronautici, Torino).

Docente di Educazione alla Sicurezza Stradale in orario extracurriculare presso l’ITIS Grassi di Torino Istituto per Periti Aeronautici negli anni scolastici 2003/2004; 2004/2005; 2005/2006.

Stesura Progetto definitivo di Educazione alla Sicurezza Stradale per il biennio e triennio della Scuola Superiore presentato all’UTS di Grugliasco TO.

Docenza presso UTS di Grugliasco TO per il Corso di aggiornamento per i Docenti di Educazione Fisica “Educazione alla Sicurezza Stradale nella Scuola Secondaria di 2° grado in rapporto all’uso delle due e delle quattro ruote”, prot. 15170/p/A29C Circ. 285, anno scolastico 2001/2002, giorni 8/13/16 lezioni teoriche e 22/23 maggio lezioni pratiche a Chivasso TO.

Docente Formatrice al “Corso Regionale di Formazione per Docenti sulla Sicurezza Stradale e Certificato d’Idoneità alla guida del Ciclomotore” indetto dal MIUR Piemonte e Liguria che si è svolto nelle sedi di Alessandria, Asti, Stresa (Verbania), Cuneo, Novara, Torino n. 2 corsi, Vercelli, Savigliano, inoltre allargato a Savona e La Spezia. Tempi: 3h di lezione ogni Sede. Durata: mesi di aprile, maggio, ottobre e novembre 2004.

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