Mrk
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Transcript of Mrk
Fotografie di:
Matteo Angelino
Ebe Babini
Marina Balzola
Nicola Boccaccini
Alessio Bonatti
Paolo Di Falco
Nicola Fanini
Roberto Fochi
French
Nicola Gatti
Gianmarco Stocchi
Iacopo Vaja
Massimo Valicchia
Umberto Verdoliva
Linda Vukaj
Federico Zovadelli
Poesie di:
Giuseppe Armani
Linda Armelius
Mirco Assandri
Ylenia Bagato
Enrico Barbieri
Sabina Biasuzzo
Massimo Bondioli
Antonio Bonelli
Myrna Bongini
Martina Bottazzi
Tina Caramanico
Maria Tiziana Cerabino
Saverio Cristiani
Alberto Cocco
Gabriele D’angeli
Salvatore Dario D’Angelo
Erika De Bortoli
Gennaro De Falco
Lisa Diazzi
Lucia Diomede
Maurizio Di Paolo
Roberto Drioli
Fiorenzo Fedrigo
Franco Frainetti
Tommaso Gianno
Pietro Illica Magrini
Laura Latini
Marzia Lucchesi
Marisa Madonini
Fosca Massucco
Roberto Minardi
Enza Montingelli
Francesco Onìrige
Antonella Ortolani
Roberto Ragazzi
Rita Sacchetti
Silvia Secco
Rosanna Spina
Rossella Tamponi Maiore
Rodolfo Vettorello
Aurelio Zucchi
Antologia della 6a edizione del «Concorso di poesia inedita»© 2013 Associazione Culturale Tapirulanwww.tapirulan.it | [email protected] | [email protected]
Responsabile del concorso: Lorena MontiniSegreteria organizzativa: Mathyas Giudici, Andrea RampiGiuria del concorso: Paolo Briganti (presidente),Giovanni Catalano, Ilaria Dazzi, Alberto Manzoli,Stefano Mazzacurati, Alessandro Silva, Luca RizzatelloGrafica e impaginazione: FrenchStampa: Fantigrafica, Cremona, aprile 2013Con il patrocinio di: Università degli Studi di ParmaSi ringrazia: Mirella Cenni, Padre Agostino, Len, Massimo Zilioli
QUESTO LIBRO È STAMPATO SU CARTA ECOLOGICA FREELIFETM VELLUM E SU CARTA SIRIO STARDUST NERODI FEDRIGONI CARTIERE SPA
ISBN 978-88-97199-33-5
mrk
Indice
11 Prefazione Paolo Briganti
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19 Buio Maurizio Di Paolo (1)
20 Alma parens Giuseppe Armani21 Estranea Linda Armelius23 I vecchi tempi Maurizio Di Paolo (1)
24 Veglia Mirco Assandri25 Domenica Ylenia Bagato27 Non è così brutto [...] Maurizio Di Paolo (1)
28 Se lancio i dadi Enrico Barbieri29 A poem 251 [...] Sabina Biasuzzo31 [ Fu notte. Sogni... ] Antonella Ortolani (2)
32 Nubi Antonio Bonelli33 Neve Myrna Bongini35 [ Avevamo noi luce... ] Antonella Ortolani (2)
36 Autunno Martina Bottazzi37 Morto amore Maria Tiziana Cerabino39 [ Nella pace del sonno... ] Antonella Ortolani (2)
40 Succede di maggio Saverio Cristiani41 Luce fuggiasca Alberto Cocco
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43 Come dire Roberto Minardi (3)
44 San Giovanni Gabriele D’angeli45 Carni fa carni, pani fa [...] Salvatore Dario D’Angelo47 Senza sudare Roberto Minardi (3)
48 Resa creativa Erika De Bortoli49 Vitamina C Gennaro De Falco51 Il punto è che Roberto Minardi (3)
52 Mi serve un dizionario Lisa Diazzi53 Dissolvenze Roberto Drioli55 Attese Massimo Bondioli (4)
56 Acropoli Fiorenzo Fedrigo57 Amarti Franco Frainetti59 Partita a scacchi Massimo Bondioli (4)
60 Manca solo mezz’ora Tommaso Gianno61 [ Eccoti di nuovo: ed io... ] Pietro Illica Magrini63 Come lo zero al tutto Rita Sacchetti (4)
64 Un attimo d’amore Laura Latini65 Cocci Marzia Lucchesi67 Il lanciatore di coltelli Rita Sacchetti (4)
68 Vizi capitali Marisa Madonini69 [ Deve trovarmi pronta... ] Fosca Massucco71 [ Casca Laconico quel... ] Lucia Diomede (4)
72 Aridità Enza Montingelli73 [ Fossimo noi su un volo ] Francesco Onìrige75 [ Ma forse la pazzia... ] Lucia Diomede (4)
76 E se l’amore Roberto Ragazzi77 Anita Silvia Secco79 A volte lascio che risalgano Tina Caramanico (4)
80 Ed è con grazia che [...] Rosanna Spina81 Soppresso Rossella Tamponi Maiore83 Quel giorno Tina Caramanico (4)
84 Un altro altrove Rodolfo Vettorello85 Roba intima Aurelio Zucchi
(3) Terzo classificato
(4) Finalista
(1) Vincitore
(2) Seconda classificata
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Indice delle fotografie
4 Senza titolo Nicola Gatti6 Senza titolo Iacopo Vaja
10 My daily journey Nicola Fanini18 Roger Waters Federico Zovadelli22 Senza titolo Nicola Boccaccini26 Cimitero Ebe Babini30 Mystic trees Nicola Fanini34 L’urlo French38 Lights Linda Vukaj42 Senza titolo Umberto Verdoliva46 Senza titolo Alessio Bonatti50 Il muro Roberto Fochi54 Senza titolo Nicola Gatti58 Scacchi Matteo Angelino62 Senza titolo Massimo Valicchia66 Orme Gianmarco Stocchi70 Senza titolo Nicola Boccaccini74 Foglia Linda Vukaj78 Stage Marina Balzola82 Fuori dal coro Paolo Di Falco
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Prefazione
Sentite: facciamo che sia andata così.
Alla fine mi telefona French, laconico (non è una no-vità... lui è un po’ così... ma la comunicazione è anche disturbata,ondivaga, precaria), e mi dice qualcosa tipo «allora ho pensato al ti-tolo». Ah, bene, rispondo; cioè? Segue un suono indistinto (io sonoanche un po’assonnato).Come? «...m...rc...». Eh?! (forse sono anchesuonato). Allora, dopo un ennesimo vuoto, scandisce: «emme / erre/ cappa». Ma che dici? dico.
La comunicazione cade. Non mi richiama. Ci provo io. «Ilnumero da lei chiamato è inesistente o momentaneamente irrag-giungibile». Splendido! D’un tratto,preso quasi inspiegabilmente dauna curiosità morbosa, digito in google, assurdamente,“m r k”, di-cendo fra me “figùrati!...”.Appaiono invece miriadi – dico: paginate– di “mrk”!!! Ma che roba è?
Clicco il primo. Viene fuori: «MRK / Merck & Co., Inc.(NYSE:MRK) / Finance...». Roba di finanza, New York Stock Exchan-ge,Wall Street... Dioneguardi!
Proviamo con un altro: «MRK / Corsi di Alta Formazione/ Chi siamo / MRK nasce nel 1997 dall’incontro di un gruppo diconsulenti operanti da oltre vent’anni nel settore dell’Information& Technology. / La società, attiva su tutto il territorio nazionale, ha
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E qual è quei che volontieri acquista,e giugne ’l tempo che perder lo face,che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;tal mi fece la bestia sanza pace,che, venendomi ’ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove ’l sol tace.Dante, Inf. I, 55-60
*
sede a Milano e a Roma».Un motivo in più,direi, per evitare entram-be le metropoli.
Ri-clicco: «MRK di Timo S.r.l. Official Website / MRK, unsinonimo ed una garanzia di qualità nel mondo dell’abbigliamentoper bambini».Nooo!:quando i bambini fanno “nooo”! I bambini no:lasciamoli fare i bambini, prego.
Altro giro: «MRK: MRKism: MRKfolio / MRK is a visual ar-tist, freelance director, motion designer, and design lecturer basedin London. MRK’s work fuses science with visual art...». Boia!: unfreelance londinese. Ma freelance di che? Vediamo... immagini inmovimento, arte visiva... Beh, niente male, forse... Ma la serie di epi-teti mi fa pensare irresistibilmente a quella scena, di quel film diMoretti, ricordate? Lui dice: «Insomma, come campi?». E lei: «... ggi-ro... vedo ggente...mi muovo... conosco... faccio ccose...».Diosanto.
Ultimo tentativo: «Corsi per la ricostruzione unghie conM.R.K NAILS / finalmente arrivano i corsi di mrk nails aperti a tut-ti... / corsi di ricostruzione unghie a Rivoli». Unghie?! Corsi di rico-struzione unghie?! Aperti a tutti! A Rivoli! (non nel senso di “rivolo”al plurale, come dire “a bizzeffe”: nel senso della cittadina di Rivoli,provincia di Torino). Perbacco: se ne sentiva il bisogno. Meno male!Tutti a Rivoli, ragazzi! Ah, ecco: in fondo alla schermata c’è anche«Chiedere di Sara». Manca solo “no perditempo”. Comunque, buonoa sapersi: semmai chiederemo di Sara: ci chiederà un pagamento“sull’unghia”?... E se avessimo una risposta “graffiante”...
Per fortuna French, alla fine, mi richiama. Una voce, sepossibile, ancor più distante, disturbatissima – sembra in un tunnel–: sento solo qualche mozzicone di frase: «emmerrecappa... sloveno... riflette... attuale...». Poi è inghiottito dal nulla. Torno a google, e, in-ciprignito,digito:“MRK”e “sloveno”.Trovato! Trovato! Mrk, l’indicibi-le mrk (comprarsi una vocale, prego; anche se, in sloveno, la r è unasemivocale... vabbè...), in sloveno mrk vuol dire “eclissi”! Leggo, adesempio:Soncev mrk:“eclissi di sole”. E poi mrk vuole anche dire “lu-gubre”,“tenebroso”. Ha a che fare con la sottrazione, di luce, e anchedi voce, tipo “oscuramento”(radijski mrk: “silenzio radio”)... e infor-macijski mrk: “oscuramento dell’informazione”... Ecco addirittura(in traduzione italiana) un brano esemplare: «... l’oscuramento del-l’informazione o strategie di comunicazione inappropriate da partedei governi e delle agenzie intergovernative possono condurre a unasituazione di sfiducia, dichiarazioni erronee e disinformazione...».
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Mi ricordo d’improvviso la frase smozzicata di French:«riflette ... attuale». Forse... Forse voleva dire che un titolo comeMRK “riflette la situazione attuale oscura”,una specie di “eclissi del-la società”,“eclissi della civiltà”... Ma è così profondo ’sto French?!
Mah! Magari alludeva a un’altra, meno tragica, eclissi,chissà... Magari – semplicemente – al nostro concorso di poesia...Già:“eclissi” della poesia? Beh, in un certo senso...
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Sì, in un certo senso il nostro concorso, mentre quest’an-no è cresciuto drasticamente d’una rigogliosa sezione B (per una sil-loge inedita), va riducendosi nella sezione base (A) quanto a nume-ro di partecipanti: questa volta 177, solo 177... Beh, insomma, 177son sempre tanti,per carità! (e vuol dire più di 500 testi da esamina-re)... Ma sono quasi dimezzati rispetto a due/tre edizioni fa. Stan-chezza? Sfiducia? Crisi? Eclissi... Ecco, ecco: eclissi. Mrk! (che dettocosì può anche somigliare a un’imprecazione fra i denti... MRK!).
Vabbè, il territorio entro cui scegliere s’è ridotto,ma que-sto non deve turbare più di tanto. Le scelte, alla fine, si son fatte, cisono e convincono. Avevamo solo un parco scelta più limitato,que-sto sì. Ma i tre del podio offrono testi validi. Ancora una volta abbia-mo accolto, con loro, tre modi poetici divaricati. Tra l’altro, scoper-te alla fine le carte, ci accorgiamo che i tre poeti vengono da tre ca-pitali (due attuali ed una ex-capitale): Roma, Firenze, e addiritturaLondra. E nessuno dei tre aveva mai partecipato prima al nostroconcorso.Vediamo.
Il primo classificato è Maurizio Di Paolo, da Roma. Ciòche, alla fine, ha convinto la giuria è anche quello che, almeno inparte, l’aveva trattenuta un poco, all’inizio, sulla soglia di qualcheplausibile perplessità; cioè una certa naïveté di forma e di linguag-gio (nel senso del “dire pane al pane”), che non è, ma a tutta primapuò parere quasi “casuale”. Si tratta di un mix d’espressionismocontrollato e di realismo allucinato: a partire dal capoverso di Buio,«Mi si è inclinata la casa» (per cui poi «armadi aperti e i letti cerca-no di scivolare fuori»); passando, in I vecchi tempi, per l’inconteni-bile turpiloquio tragico della madre che non ce la fa più a stare almondo; per finire con straniate dichiarazioni dell’autore circa la
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morte («C’è stato un periodo in cui i miei parenti morivano da / unaparte e dall’altra, a destra e a manca») e col saluto stoico e argutodel padre che, in limine mortis, par significare, come anticipa il ti-tolo,Non è così brutto come dicono.Tre momenti di una prolunga-ta tragedia dell’esistenza, espressa in versi liberi, obbedienti solo aun’interna impellente necessità fàtica, entro tre quadri di trattenu-ta intensa forza nativa.
La seconda classificata è Antonella Ortolani, da Firenze.Accensioni verbali “contratte”nelle sue due prime liriche (tutt’e trecomunque così femminili, anche prima di conoscere l’identità del-l’autore): nella breve «Fu notte. Sogni indolenzivano...» – otto ver-si – è la vicenda accelerata di notte-giorno-ancora notte (come inuno di quei raccourci cinematografici di transizione...), con esitipoi sùbito di rallentato “respiratorio” nel ritmico finale di tre sette-nari (e la raffinata assonanza a clausola “mare: occidentale”); nelledue strofette di «Avevamo noi luce e ombra», è l’opposizione esta-te/autunno (se prima «gridava l’estate indomabile», ora è «l’autunnorassegnato») corrispettivi di una precedente pienezza vitale, perdu-ta poi in una rassegnazione che va raggelando. La terza lirica, «Nel-la pace del sonno navigando», rivela infine echi più complessi emescidati, sognanti, misteriosi, in cui velature e toni di sapore anti-co si intrecciano a moderne vibrazioni («e la luna bianca mano / dis-solve l’ombra con l’intatto lume»), per chiudere su un ben tornitoalessandrino: «a tentoni cercando l’impronta della luce».
Il terzo classificato è Roberto Minardi, da Londra (per laprecisione da Hackney, che è una zona di Londra). Ciascuno deisuoi componimenti è costituito, graficamente, da un blocco unita-rio di versi ipermetri, all’occhio pressoché omogenei (neppurel’infrazione ottica delle maiuscole...), di andamento piano, pacato,riflessivo, e di tono colloquiale. Solo qualche sporadico, e vario,“sfaglio” linguistico: «l’aria alquanto crespa», nel primo testo; «con-tunde» e «ciò che cuoce e lo tartassa», nel secondo; e l’inaspettatoflash siculo «i viri i vacchi, Robbertù?» in epigrafe al terzo. Dominanei primi due la stasi: in Come dire, è una pausa prandiale, su unapanca, insieme a un grillo («né io mi sono mosso, né lui ha dettoniente»); in Senza sudare, è l’aspirazione all’immobilità del geco,alla fine insostenibile. Chiave interpretativa – opponibile a questericercate atarassie – è il terzo testo (Il punto è che): se «a furia dievitare la piena esposizione / finiamo per stagnare», «sarebbe mol-
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to meglio / fuggire»... Esplicita la conclusione: ci vuole una «dosedi squilibrio (anche se circoscritta) / che serve per il canto e peroltrepassare». Magari una ventata-flashback di ricordi primari (co-me da epigrafe).
Quattro, poi, i poeti inclusi – con due testi ciascuno –nella rosa dei “finalisti” (solo quattro, sì: meno di altre volte, in lineacol calo relativo dei partecipanti,con l’“eclissi”insomma).Ma la sor-presa è poi – ad identità disvelate – che tutt’e quattro sono “vecchieconoscenze”del nostro concorso: tutt’e quattro sono stati infatti giàpubblicati da Tapirulan,e magari finalisti,o addirittura sul podio deipremiati, ciascuno di loro in due precedenti edizioni. Questa è dun-que la terza volta che li pubblichiamo. Persistenza tanto della loroscelta quanto della nostra: quale più tenace fedeltà? Eccoli, in stret-to ordine alfabetico.
Massimo Bondioli, da Piadena (Cremona), con due brevitesti di brevi versi, imperniati entrambi sulla compresenza quotidia-na, eppure straniante, delle – ormai nostre e consuete – diverse et-nie: in Attese, è l’immagine in primo piano di un’incongrua ragazzacinese che «Rigira l’uovo tra le mani / nel giorno di pasquetta» (sul-lo sfondo alcuni «vecchi che il tempo / tagliano a calici di vino»); e,in Partita a scacchi, è la saggia “veggenza”, oltre dense nebbie esi-stenziali, di «Tarek, tunisino», mentre gioca a scacchi.
Tina Caramanico,da Milano (ma pure – lo sappiamo – davari altri precedenti “altrove”), finalista anche lo scorso anno, qui ciconfida abituali distonie: in A volte lascio che risalgano, son feriteesistenziali con cui convivere (desideri, ricordi, soprusi...), alterna-te alla più stupida routine quotidiana; mentre, in Quel giorno, il fa-to, imperscrutabile, non consente che accada quel che invece do-vrebbe, sicché resta poi solo da vivere, surrettiziamente,nell’univer-so parallelo di quella inattuata inattingibile potenzialità.
Lucia Diomede, da Mola di Bari – seconda classificata loscorso anno –, offre testi metapoetici in terzine di endecasillabidantescamente incatenati, terzine perfette, expolite (qui noi abbia-mo scelto «Casca laconico quel disincanto» e «Ma forse la pazziao la poesia», che potrebbero anche stare, per le rime, in sequenza).La dizione “alta”, inevitabilmente anche “ardua”, ma robusta, sem-brerebbe voler tutelare – oltre ogni possibile corrosione del lin-guaggio – i suoi «versi caparbi e ancora abbarbicati / alla vita».
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Rita Sacchetti, da Torino – già finalista anche due anni fa– nega anzitutto (in versi liberi) che il suo «stare al presente» («unpresente rarefatto») Come lo zero al tutto sia «rinuncia», anche sesi lascia sfuggire che la sedurrebbe «l’arte della fuga» (ma in questocaso Bach è solo un calembour); e poi confessa apertamente (nelsonetto Il lanciatore di coltelli) le molteplici ferite provocate da un«distratto lanciatore», sempre inadempiente, e la raggelata disillusio-ne circa «quell’inverno che tu chiamavi amore».
Infine i segnalati,con un componimento a testa. Sono,sta-volta, solo trentaquattro: qualcuno di meno del solito (anche quil’“eclissi” ha colpito, certo; anzi, soprattutto qui). Non possiamo, alsolito, dar conto dei singoli testi, ma qualche curiosità va indicata.Anzitutto che parecchi di questi segnalati (12 su 34) sono, anch’es-si, già noti per essere stati segnalati o finalisti o premiati in una o piùdelle cinque precedenti edizioni. Il recordman, meglio, record-poetè Gennaro De Falco (da Milano), tre volte segnalato (con questaquattro) e una volta anche finalista. E c’è Rodolfo Vettorello (anch’e-gli da Milano) due volte (con questa) segnalato, finalista la scorsaedizione, e, due anni fa, addirittura vincitore: una ripetuta, importan-te presenza la sua.Seguono:Saverio Cristiani e Salvatore Dario D’An-gelo (entrambi da Parma) tre volte segnalati (con questa quattro).Va-le la pena di rilevare che queste loro due sono le sole presenze “par-migiane”; allargando alla provincia (Fidenza), ne possiamo contaretre in tutto di “locali” in questa raccolta: almeno non ci si potrà accu-sare di provincialismo,direi (ed è una riprova che la giuria opera deltutto all’oscuro delle identità, fino alla fine).
A proposito:da quali province vengono i 34 poeti segna-lati di MRK? Oltre a Parma, ecco, nella nostra regione: Piacenza eBologna (2).Al nord: Genova,Asti,Aosta, Cremona (ch’è la vera pa-tria di Tapirulan: a riprova ulteriore di quanto sopra), Brescia, Man-tova (2), Milano (3), Lodi, Rovigo,Verona,Venezia, Belluno, Gorizia.Al centro: Pesaro-Urbino, Massa, Livorno, Firenze, Roma (2), Latina,Ascoli Piceno, Chieti. Al sud (e isole): Cagliari, Barletta-Andria-Tra-ni,Taranto. Un bel ventaglio di rappresentatività nazionale, vero? Ei versi di questi segnalati testimoniano anche, ancora una volta, unampio ventaglio di opzioni, temi, esecuzioni, toni; ci sono versi ditutti i tipi: estatici, straziati, arguti, minimi, ritmici, slogati, metrici,liberi, forbiti, parlati, desolati, meditativi, naïve, cólti, constatativi,ottativi, rassegnati, ribelli...
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No – in fondo, no – non è ancora proprio l’eclissi, alme-no non l’eclissi totale.Qualcuno continua a vedere,o a sognar di ve-dere, tenace, intento, una luce... quantomeno un proprio personalebarlume. Noi li abbiamo riconosciuti, o così ci pare. Sapete, ancheper noi è luce di crepuscolo...
Qual è colui ch’adocchia e s’argomentadi vedere eclissar lo sole un poco,che, per veder, non vedente diventa;tal mi fec’ ïo a quell’ultimo focoDante, Par. XXV, 118-121
*
Alla fine di tutto mi vien da ripensare a com’è nata – co-me s’è rivelata – la faccenda del titolo: qualcosa mi dice che forse(forse) quell’impulso un po’ da internet-coatto (la ricerca compul-siva di un senso per dei fonemi/grafemi insicuri, improbabili, quasiimpronunciabili) mi ha messo in traccia d’una mappa che potreb-be essere solo apparentemente casuale e dispersiva... Forse la pere-grinazione attraverso assurdi link può anche avere un senso: sta ame, a noi, trovarlo? forse... come nei tarocchi di Calvino, o nei resi-dui del caffè in fondo a una tazza, o nelle foglie di coca, o nelle pie-tre-ossicini-bastoncelli gettati per estrarne sortes... Le sorti, ecco!,un responso, un vaticinio!... Ma quale?... Quale?
*
Sarà il caso
Sarà il caso di curarsi le unghie(ricostruite o meno)ed arrotarle bene (altro che lacca)se si vorrà salvezzadalla protervia in giacca (od in maglione)della finanza, dalle astuzie della tecnologia e comunicazione…Innocenti, freelance, uomini liberi:attenzione, vi dico, pay attention! L’eclissi – ricordiamolo – è vicina.
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*
Paolo Briganti
Mi si è inclinata la casa –Dal cassetto della scrivania escono mappe di tutto il mondo –Le colleziono da bambino –Deserti, oceani, montagne, c’è tutto –È tutto lì – Basta cercare –Mentre le porte si spalancano –Si schiudono o sbattono.Armadi aperti e i letti cercano di scivolare fuori –In giardino.Spengo tutte le luci – Resto seduto al buio –Scolo l’ultima goccia di rum.Mi alzo e faccio il giro della casaaccompagnato soltanto dal rumore del mio respiro –Poi, nulla. Altrimenti nulla.
(vin
cito
re)
Bu
ioM
au
rizi
o D
i Pa
olo
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L’inverno cola dai vetri delle finestre.
Ripassa sulle facciate delle case la sua grammatica elementare,
nuda, atrofizzata.
Un uomo si disfa della sua sintassi,separato da quel che forse sente,da quel che forse vede.
Sulla strada sterrata una pioggia insistente cancella le orme
dei passi.
Quell’aria che non manca mai,adesso
sul viale si sottrae. Ansima. Tende lineamenti di pietra a chi per caso
la attraversarestituendo nel fiato che condensa,attonita, riemersa
la voce silenziosadei nevai.
Sull’asfalto rovinatosi cerca
una luceche si è persa.
Alm
a p
aren
sG
iuse
ppe
Arm
an
i
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Il verde si fa nero nel tramontoindora il cielo dietro la montagna,bocca molle nella notte.Sul respiro roco del suo petto nel sonnosi muovono le foglie che alza il ventoe si nasconde con le sue bestie il giorno.Tutto fugge e si ritira al rumore segreto dei miei passiche sgretolano, sulla breccia bianca lunare,il silenzio della campagna buia.Preda e predatrice sono nell’oscuro del nero che viene.Neanche questa è casa.
Est
ran
eaLi
nda
Arm
eliu
s
21
Mia madre telefona per gli auguri di Natale.Aspetta ancora qualche ora,regge fino a mezzogiorno, spera che mi ricordi di chiamarla.Cazzo, almeno a Natale!Poi non ce la fa più e mi telefona.Mi informa che ha voglia di morire.Le vorrei dire che stamattina – come tutte le mattine –non mi sento bene.Invece le dico che devo rifare il tetto di casa.Oggi niente abbacchio con le patate,non deve più preoccuparsi così tanto di me.Lei mi ascolta. Poi mi informa che vuoledavvero andarsene da questo cazzo di mondo.Da quando le hanno tagliato la gamba
[ ha iniziato a dire parolacce.D’un tratto le ho chiesto se ricorda di quando papà per farla star male la chiamava “Carmelo”.Lei – invece – ha un bel nome – Elidia.Parlo per un po’ dei vecchi tempi – ancora non riesco a spiegarle quello che sento veramente.
(vin
cito
re)
I ve
cch
i te
mp
iM
au
rizi
o D
i Pa
olo
23
Mentre stai già dormendonon badi più al levitare delle galassie.Non badi a me che mi rigiroe alla rotazione terrestrenon così lontana dai nostri assi.
Dormi già, e non può importarti.Nel sonno compiuto e costante torni un astro e non sono niente.
Lo sappiamo senza dirlole nostre orbite si dividono.Non c’è nulla più da condividerese non il nostro piccolo lutto.
Veg
lia
Mir
co A
ssa
ndri
24
Cantare delle rondini sul muronello scendere di ombre,si sente un pianoforte nella serae voci sulla piazzae il gorgogliare fresco di fontanae cani e biciclette in lontananza.È la carezza andata di questo giorno solo.Respiro nel tramonto– quante luci si accenderanno adesso –
Risuona nella via la solitudine.
Do
men
ica
Yle
nia
Ba
gato
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C’è stato un periodo in cui i miei parenti morivano da una parte e dall’altra, a destra e a manca.Tranne qualcuno che se n’era andato in anticipo –Ora toccava a quelli nati negli anni ‘20 –I miei genitori – i loro cugini, fratelli, amici –Poi fu la volta di mio padre – Ho assistito alla sua morte,io e lui da soli – vicino al suo letto che prendeva
[ gran parte della stanza.In quel letto erano morti i miei nonni –I genitori di mia mamma –Lui aveva sopportato di viverci la vita nella loro stessa casa –Abbiamo avuto il tempo di salutarci – niente di che – Mi ha fatto ciao con la mano e un sorriso a rassicurarmi,non ti preoccupare, non è poi così brutto come dicono.
(vin
cito
re)
No
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co
sì b
rutt
o c
om
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ico
no
Ma
uri
zio D
i Pa
olo
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Se lancio i dadi anche soloper sfidar me stesso, chi perdela mano non prova tormentochi vince non ha di che gioire.In palio uno scarto d’emozionigiocattoli di latta arrugginitisconfitti da una tecnologiain fermento elettronico; e sogniconcepiti mai nati o svezzatialtra coperta pesante, altro stratotra me e me stesso e il cieloimbarcato sulla carrozza di un trenoverso Roma, muto come un clochardun viaggiatore che non ha dirittoal rimborso del biglietto, un occhionel quale si condensa di questa vitaspuria magari l’essenza, ma si rivelasolo un’altra inutile mano ai dadigiocata nelle bettole illegalial bordo tra il confine ed i millerivi in cui si divide questo immanefiume millenario, scisso nei giorni.
Se l
anci
o i
dad
iE
nri
co B
arb
ieri
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Ti ho sentita uscire la mattina presto,«Ciao mamma»,lo zainetto in spalla,i capelli piastrati di fresco.
Già pensavo a che farti mangiare stasera,prima che uscissi con i tuoi amici.
Già pensavo al magoneche avrei provato finché non fossi rientrata,alle prime luci dell’alba,come tutti i sabato notte.
Ora resta solo l’odore della tua pelletra le lenzuola.
Il mio ventreancor più vuoto e sterile,privo del suo germoglio sbocciato.
A p
oem
251 -
L’u
ltim
o s
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oSa
bin
a B
iasu
zzo
29
Fu notte. Sogni indolenzivano. Fu mattina.Il giorno arse(desiderio di fontane).La poesia, un’impronta di luce.Fu notte ancora.Lucciole come un mare nella quiete sommersadel bosco occidentale
(sec
on
da
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[ Fu
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So
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31
A me non me ne frega proprio nientese lor signori a Roma fanno i durie oltre all’ICI e all’IRAP c’hanno in mentedi triplicare l’estimo dei muri.
Se fino ad oggi infatti son campatosenza por piede in un’esattoria manco ci penso a rinnegà ‘l passato:quest’era la mia legge e così sia!
Però, se come dicono, quei ladrisi mettono a contare i metri cubianziché, com’è d’uso, quelli quadri.
Nere sul capo mio s’addensan nubi:non dormo infatti in un monolocalema sotto i portici della Centrale.
Nu
bi
An
ton
io B
on
elli
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Mia madre ama la nevee ogni invernochiede direttamente al cieloquando giungecome un cane da punta annusa l’ariasta sulle sue indecisapoi «stanotte no» farfugliama domattina sarà tutto imbiancato:una meraviglia.
Nev
eM
yrn
a B
on
gin
i
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Avevamo noi luce e ombratutto, tutto possedevamonelle mani solecosì nude, così accesee negli occhitrasaliva il risoe nella golagridava l’estate indomabiletutto, tutto possedevamo.
Qui,nell’autunno rassegnatoancora non si ghiaccia la rugiadaancora non trascolora la lunanell’alto cielo gelato
(sec
on
da
cla
ssif
ica
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[ A
veva
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35
Tra fumighi sobborghialla periferia del cuorein bilico sulla voraginedell’assenza di sensosi sofferma il fiatoalla mancanza d’appiglioe soffia invano il solefuggendo all’inverno iroso.
L’albero si liberadel peso delle foglie,io attendo l’autunnodi questo morto amore.
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Nella pace del sonno navigandoquando le stelle nell’alto cielosorgono lucenti come l’elmo di Hermes– e più lucenti –e la luna bianca manodissolve l’ombra con l’intatto lume(già fu rossa e stridente di veli,gorgogliante di capelli e tempeste)– la notte solitaria e senza desideri –
nella mezzanotte dei ricordi stonella lumaca della saggezza – voltaa occidente, alla radura del bosco,a tentoni cercando l’impronta della luce
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Il primo taglio d’erba a primaverason lucertole leste a fuggiretra siepi, ombree sottoscala.
Memorie di calorein luce e ariapromettono estatementre un passaparola di foglieè contorno al ronzìodel calabrone.
Curioso il topoannusa nemicie pianifica meteall’imbrunire.
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40
Una lunafuggiasca fra nubiscorrenti la mia notteinsonne traversa.
La strada è deserta.
Medesima luna, un lampioneillumina corpi di donne discinteche attizzano fuochi di cartae questa mia smania perversa.
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41
il grillo sembra aver scelto di passeggiare sul braccio della panca, al limite di un solco di ruggine. ho mangiato, un panino al formaggio e bevuto una birra, al suo fianco, seduto.nell’aria alquanto crespa, di una giornata piena di luce, ho immortalato il verde e le antennine.né io mi sono mosso, né lui ha detto niente.
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San Giovanni desertaè come questo cocciocolmo di mozziconiacre di ceneregonfia di polvere.Ognuno vi ha spento la propriasolitudinesolo me lo sciroccoconsuma lentorelitto della città che si decompone.
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Qui,nella trappola delle piccole cose a portata di mano,far bottega dell’anima.
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dentro un contenitore, sbiadito e arrugginito,fra i calcinacci spicca un fondo di bottiglia,il vetro della quale contunde riflettendola violenza che il sole, sotto forma di raggi,impone ai miei occhiali, mentre mi poggio a un muro.ed io mi lascio amare da questa indifferenza,come se fossi un geco, per caso lì appostato,che non aspetta niente e resta a bocca chiusae gonfia e si contrae, chiude così le palpebrecon lentezza sacrale, con l’ovvio desideriodi restarsene fermo ad assorbire il caldo,ad immagazzinare il nulla più totale;in posizione tale da asciugare del tuttofigure ed omissioni, manie che si hanno in vita,fino a trovare quiete, istante per istante,per un minuto intero (un tempo dignitoso),prima di incamminarsi verso una pensilinadi nuovo alla ricerca di un’ombra che ripari.è nella direzione del refrigerio, quindi,che tende l’individuo un poco impolverato,perché non ha la pelle che ci vorrebbe qui.
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47
S’è rannicchiato il Tempo,incapace di consolare.Gioca a trascorrersicon la polvere del sottoscala.
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Salgonoarancionile bolle artificiali.
Scompaiono come i nostri sogni,nel tempo di un respiro.
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i viri i vacchi, Robbertù?
*
accumulando foto, cose da raccontare,magneti e cartoline che legano ai ricordi,capita di distrarsi, di saturare gli occhi,ed ecco che se un vento si immette in certi trattidelle stradine che per caso percorriamo,ci possono sfuggire le cime che possiede,non ci si chiede, quindi, cos’è che andrà a scalfire...a furia di evitare la piena esposizionefiniamo per stagnare. ed anche se non c’entra (all’apparenza, almeno) sarebbe molto megliofuggire a bocca chiusa da un punto che è diverso;dedicare del tempo a ritrarre le vaccheche infastidite, al sole, da mosche e moscerini,le orecchie aprono e chiudono, dimenano la testacon scatti repentini. se adesso dalla pagina riaffiorano gli odori di terra e dello sterco,di qualche filo d’erba portato alle narici,vuol dire, in qualche modo, che è più che necessariala dose di squilibrio (anche se circoscritta)che serve per il canto e per oltrepassare.
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51
Mi serve un dizionario per capirtie non solo d’ingleseeppure tu –non so chi sei –qualcosa del passatomi richiama.
Mio figlioti somigliaanche tua modo tuogattonavi curioso.
L’aria caldasoffia piano.Sul fornelloannoiatoscaldo e scaldomentre le mascellerigidecoprono la pellestanca.
Dimmise sono ancoraviva
(ti cercoda quando non ti trovo).
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Mi ha tradito il tempo correndo più veloce dei miei occhi rimasti impigliati in colori che qui non trovo più come sogni o promesse che non ha saputo mantenere
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53
Rigira l’uovo tra le maninel giorno di pasquettala ragazza cinese.
Fra uno scialbo banconee gli sguardi lontanidi vecchi che il tempotagliano a calici di vino.
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55
Le Persone in proscenio fanno semprela voce grossa per farsi sentirefino all’ultimo banco della fila.Noi si esce a turno per piccole provedi memoria; in pausa, il Coro commentao si lamenta al meglio dell’azione.Hortus conclusus, Teatro chiuso, Acropoliper peripatetici da collegio.Anonimi dintorni, Stazione Esso.Sugli Ostraca influisce l’attenzione;meglio dunque evitare le Sirene,Circe, i Fiori di Loto ed ogni eccesso;ammessa solo un po’ di bulimia,d’anoressia, di nostalgia di casa.Ci prepariamo per Scilla e Cariddi,duro passaggio al giro del quinquennio;solletichiamo sensibilitàda poca barba sui lirici greci,mal celate lussurie su Catullo.C’è commozione quando viene sera.Atene per fortuna ha l’assemblea,Sparta ti porta un’ora di palestra.Quello che adesso in fondo non capisco,è perché sopra a tutto questo spreco,ogni ricordo è nostalgia sincera.
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– Mio faro è la meta nella nebbia densa.Se guardi vicinonon vedi che un muro –mi dice sicuro,Tarek, tunisino,muovendo di torreall’attacco del re.
(fin
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Le figurine di carta erano ferme davanti al portone di casa,al numero settantuno.L’auto giallo limone era ferma davanti al semaforo rosso.Le parole, a volte, fuggono dalle finestre lasciate aperte,senza mai dire perché,ma poi finiscono dentro le tasche di viaggiatori distratti.Semaforo verde... è ora di ripartire.Del resto il mare si trova a mezz’ora dal tuo sorriso.M
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60
Eccoti di nuovo: ed io che ti pensavosfigurato dalle basse fiamme del tempo.Riemergi d’un colpo dal tuo cavo che mai non ho sceso. Ti porta la marea sempre uguale; poi il contraccolpo che vale in volto il segno che mi ha leso.M’attraevi, ti ho raccolto lungo il litoraleche ritira. Ho forse violatocosì la legge dispotica a cui l’uomo è obbligato trovando il calco di me,
il sasso levigato.
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Non è rinunciaIl mio stare al presenteIn forme leggereCome lo zero al tuttoNon so affondare i dentiNella carne e nebbiaDi quei mattini ferialiQuando si sfida il giorno ai coltelli Disfatta l’ira degli eroiS’è fatta vento e nubi Mai più tempestaDilemmi Spine Mi sedurrebbe L’arte della fugaMa non possoResto qui a dire il non possoLacrimando parole Ho già venduto agli zingariLe ipotesi future e le passate I figli mai pensatiI sogni sciolti nel bicchiereNel presente rarefatto Inconcreto Mi ritaglio un abito di velo
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In questo mio tempodi crudeli incertezzeritarda la tua penao amore appena nato
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Vieni a vederequante mammole sono sbocciatee col suo quieto cipiglioil tarassaco è fiorito,e come il giallo sfacciatoe il viola di vellutostiano accostotravolti nell’abbracciodi questa strepitosa primavera...
Soltanto questoavrei voluto sentirti dire.
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Sulle strade ora ghiacciano i cristalliDi quest’ultima neve di febbraioIo conto sulle dita dentro un paioDi guanti logori sui polpastrelli
Quante sono le volte che il coltelloTu distratto giocoliere hai piantatoNel mio ingenuo sperare che un passatoDi lame si curvasse in un anello
Quanti i semi che ho sparso e mai raccoltoNon mente il gelo come fa il mio stoltoCuore smarrendo il filo del discorso
Ormai vano su quello che è trascorsoRestavo sola al gelo e nel rancoreQuell’inverno che tu chiamavi amore
(fin
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67
Viene indagata in studi recenti,diagnosi non del tutto negativa,l’ira, la stessa che da antico dei tempiinfiniti addusse lutti e contese divampò,solo di pochi giorni ha la prognosi
si risveglia in ogni epoca, premeditata,se l’intende nelle piazze con odi,vendette e biechi risentimenti di palazzo,eppure, forse perché è una passioneveemente, temiamo i suoi morsi pazzi
Altro che gli altri smorti sentimenti:la mitezza se la mangia e il dubbio,l’amletica coscienza, fa tutti vili,l’ira no, l’ira è ispirata e frusta il tempo,si leva con irosi bagliori, sa cosa fare:bisogna obbedire, questo lo scopoche raggiunge senza tentennamenti
non le importa quanti lascia sul camminorisoluta e tenace s’impenna in una nuovascenata: potrebbe comparire in nuove righedi un fino Proemio, la sua fama non si smorzaeccola in una nuova triste pagina, triste, di storia
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Deve trovarmi pronta l’armoniadelle cose –un gatto, un falò, un invernoo pressappoco –prima che cambi idea.
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69
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Casca laconico quel disincantodi locuzioni convenzionalmenteconsacrate alle veci di compianto
e compassione, di espressioni intentecome un ammattonato di cementoda marciapiedi a sostenere, spente,
il passo del successo già altre centoe mille volte, a mantenere il tratto dell’ordinarietà per un momento
intatto e incolume. Ma poi quel pattod’indifferenza s’inceppa impacciatoin un mattone malmesso o malfatto
e collassa anche il masso più ostinato di torpore che spossa l’empatia su un detto troppo in fretta affettato.
(fin
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Non c’è acquamentrenon c’è ariaquandonon si capta il fuocoin questo tempo in cuiniente scorrenon c’è motivo per agirenon c’è motore per andare.Istanti in movimentoanimatamente spentiindifferentidistaccatiovattati.Allontanarsi ed essere presentinon tornare ed esserci.Neanche un pensieroche carezza la mentenemmeno un impulso rassicurantenulla di consolante.Lentamente sopravvivono,tra il sollievoe il dolore,come miraggi di vita,il pigro respirola pulsazione.
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72
Fossimo noi su un volo,su una navepotessimo feroci dirottarel’equipaggio delle nostre esitazioni,puntare dritti contro quelle altereatterrite torri da atterrare.Fosse il mondol’ordine, l’utilel’impero d’Occidente,e il nostro amorela sommossa sanguinosa,l’accidente.
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73
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Ma forse la pazzia o la poesia o il semplice respiro da speranza preferirei spuntasse in questa via,
l’urgenza e l’insorgenza di un’istanza,negli interstizi, nei testardi resti di terra e polvere e contemperanza
frapposti alle piastrelle, come innesti freschi, infestanti, lesti, inaspettati di gramigna amorosa e mesta, questi
versi caparbi e ancora abbarbicatialla vita, capaci certo anch’essi di ossigeno e glucosio generati
per fotosintesi in tali recessi cementati di luce, e d’appassire in quella luce in silenzio, sommessi.
(fin
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E se l’amore d’amato duole,che senza amorea vivere langue,destino muto infranto giaceche di stagione finita sto,ebbro di sete.Maligno cantico di prode avvezzo al tumultuoso tempodi gioventù trascorso,che di amore che si levava altonulla pareva temerne il conto,e che adesso,invece,mi si presenta al banco.
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76
Avrei scommesso sarebbe arrivata.C’era odore d’erbaappena tagliatanell’aria. In folata. E scie di rondiniin volata. Era lei:
litania del verso,un grano fra le dita/perla/pepita...Sgra-na-ta. Aveomariapian piano invocata,la spina nella mano e giusto un piantoun vagito. Era lei,
l’ho sentita: Anita,che suona una foglia a doglia finitae il suono si rimaalla vita e al nomecome se il soffio quietasse il bruciore.
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77
A volte lascio che risalganodal vuoto apparente, come bolledesideri mai estinti,ricordi dolorosi,colpedi cui non posso pentirmi,soprusi subiti e invendicati.Ferite aperte con cui convivoore, giorni.
Le altre volte mangio,faccio l’amore con sconosciuti,compro oggetti che non userò,o guardo la più stupida tv,finché non mi addormento sul divano.
(fin
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79
ed è con grazia che la poesia si piega a nudità raccolte tra la nebbia,gelosamente avvolte nella lucepiù intima e sofferta,figlia diletta sempre la parola nutrita al ventre in lancinante parto,la bocca al seno nelle vie di lattenon mastica, assapora il senso vero del crescere la mente in verticalecercando un asse d’equilibrio, un ponte tra l’essere e il mistero,gettando le sue basi parallele al nulla,più temuto della morte
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80
Sguardi puntati in altodavanti al tabellone delle ferroviee ogni moto aggrappatoa lettere e numeri rotanti.
“Soppresso”: comeuna maledizione conclamata,da pagine feroci di storia a binari illanguiditi nell’assenza.
Deve esserci un versoalla figura geometrica che formano questi corpi umani inchiodati,
puntini nell’attesa,da unire con un tratto a matitafra di loro, sotto una volta a vetro.
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81
Quel giorno, passeggiando con te,non è successo niente.
Altrove inveceè esploso un universo paralleloin cui ogni carezza involontaria,ogni lacrima di sole,ogni benedetto istantedi ogni notte maledetta e insonnegronda desiderioe feconda il tempo.In quell’universo io ho vissuto,in quel tempo ho dato frutto.
Invecchieranno quidi me solo gli avanzi irrilevanti.
(fin
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Perla di fiume, ti sorride il cielomentre ti specchi dentro il tuo silenzioe nelle trasparenze di cristallorifletti il sogno d’essere una stella.Nell’acqua che balugina di fiamma,alla tenera luce del tramonto,ti accendi di vapori di vermiglio,come di sangue da una vena d’acqua.Sogni altri fiumi e mari e sortilegiche ti facciano vivere nel fondo,chiusa tra bianche valve di conchigliae sogni paradisidi abissi profondissimi e celesti.Io, come te, mi crogiolo nel nulladi amori senza storia e senza tempo,sogno paesaggi che non mi appartengonoed altri luoghi ed altre spiagge dovepoter sognare sempre un altro altrove.
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A me non basta più immaginare.Mi si deve, come premio fedeltà,ritagliare uno scampolo di cielo per poi farne esclusivo fazzoletto.
Ai primi indizi di malinconia,lo accosterò ai miei occhi scurie di ricordi, soltanto di ricordi,intaccherò l’azzurro persistente.
Lo laverò nell’acqua immacolata,lo stenderò sul filo dei rimpianti,lo asciugherò al caldo del suo sole.
Lo stirerò nel verso dell’aurora,lo piegherò in due mosse appenacosì che all’occorrenza io l’abbia pronto.
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