Motonave Costa Concordia - parrocchiadelrosario.pe.it · La testimonianza del Cappellano della...

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La testimonianza del Cappellano della Costa Concordia La tragedia del mare all’Isola del Giglio: come sappiamo, l’incidente alla nave da crociera Costa Concordia, è semi-affondata dopo aver urtato, venerdì sera, uno scoglio al largo dell’isola. Restano molte dom ande sulla dinamica dell’incidente. Il comandante è accusato di naufragio, omicidio colposo plurim o e abbandono della nave. Ma cosa è successo dopo l’urto? Questa la testimonianza del cappellano di bordo, don Raffaele Malena : Quei momenti sono momenti di panico…. Forse non hanno dato subito l’allarme, l’abbandono nave… Cercavano un’altra cosa, quando si è verificato il fatto, lo squarcio alla nave: erano, infatti, andati a vedere in sala macchina se potevano risolvere il black out…. Ma è stato troppo tardi, perché in meno di 20 minuti la sala macchina era invasa dall’acqua: non c’è stato niente da fare! Il comandante ha cercato di arrivare con la nave sottoriva, vicino al porto: ma la nave ha incominciato ad inclinarsi a 150-200 metri dal porto, non più lontano. E’ troppo facile parlare di “impreparazione” dell’equipagio…. Il disordine non è stato creato dall’equipaggio, l’ha creato il panico, l’ha creato la paura tra i passeggeri. Il panico fa quello che fa. Per carità di Dio, lì, in quei momenti, si vede la propria vita in pericolo! L'equipaggio si è prodigato, non è vero che era passivo. Ma io, quando ho capito che c’era stato uno squarcio di 60-70 metri, ho detto a Gesù: “Pensaci Tu!”. Il cappellano dove è chiam ato deve correre, anche in quei momenti drammatici. Li ho incoraggiati… C’erano tanti bambini, una bambina me la sono presa in braccio, ho chiamato la mamma e ho detto di m andarla subito nella scialuppa e la mamma l’hanno fatta evacuare per prima. Sono m omenti di panico e di paura per i passeggeri. Poi, devo ringraziare molto il parroco del Giglio, che ha aperto subito la chiesa. Q uesta è un’isola di mille e 200 persone in estate e 700 in inverno. Tutti volevano dare un mano: hanno aperto gli alberghi, ci hanno dato da mangiare, ci hanno dato coperte e tutto quello che avevano ce lo davano. Agli abitanti dell’Isola del Giglio dovremmo fare un monum ento… Non ci hanno abbandonati! Si sta ancora cercando di salvare le persone che sono sulla nave: persone che c redevamo m ort e, perché non so a c he piano sia arrivat a l’acqua… questo non lo so. Abbiam o ancora 6-7 persone dell’equipaggio che io conosco tutte e che penso che se sono al ponte 7 o 8 saranno ancora vive; ma se sono al ponte 0 o al ponte A B C, non so …. La nave ha preso lo scoglio e uno squarcio di 70 metri non ti perdona…. Ti manda subito a fondo!

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La testimonianza del Cappellano della Costa Concordia

La tragedia del mare all’Isola del Giglio: come sappiamo, l’incidente alla nave da crociera Costa Concordia, è semi-affondata dopo aver urtato, venerdì sera, uno scoglio al largo dell’isola. Restano molte dom ande sulla dinamica dell’incidente. Il comandante è accusato di naufragio, omicidio colposo plurim o e abbandono della nave. Ma cosa è successo dopo l’urto? Questa la testimonianza del cappellano di bordo, don Raffaele Malena:

Quei momenti sono momenti di panico…. Forse non hanno dato subito l’allarme, l’abbandono nave… Cercavano un’altra cosa, quando si è verificato il fatto, lo squarcio alla nave: erano, infatti, andati a vedere in sala macchina

se potevano risolvere il black out…. Ma è stato troppo tardi, perché in meno di 20 minuti la sala macchina era invasa dall ’acqua: non c ’è stato niente da fare! Il comandante ha cercato di arrivare con la nave sottoriva, vic ino al porto: ma la nave ha incominciato ad inclinarsi a 150-200 metri dal porto, non più lontano. E’ troppo facile parlare di “impreparazione” dell ’equipagio…. Il disordine non è stato creato dall ’equipaggio, l ’ha creato il panico, l ’ha creato la paura

tra i passeggeri. Il panico fa quello che fa. Per carità di Dio, lì, in quei momenti, si vede la propria vita in pericolo! L'equipaggio si è prodigato, non è

vero che era passivo. Ma io, quando ho capito che c ’era stato uno squarcio di 60-70 metri, ho detto a Gesù: “Pensaci Tu!”. Il cappellano dove è chiam ato deve correre, anche in quei momenti drammatici. Li ho incoraggiati… C’erano tanti bambini, una bambina me la sono presa in braccio, ho chiamato la mamma e ho detto di m andarla subito nella scialuppa e la mamma l’hanno fatta evacuare per prima. Sono m omenti di panico e di paura per i passeggeri. Poi, devo ringraziare molto il parroco del Giglio, che ha aperto subito la chiesa. Questa è un’isola di mille e 200 persone in estate e 700 in inverno. Tutti volevano dare un mano: hanno

aperto gli alberghi, ci hanno dato da mangiare, ci hanno dato coperte e tutto

quello che avevano ce lo davano. Agli abitanti dell ’Isola del Giglio dovremmo fare un monum ento… Non ci hanno abbandonati! Si sta ancora cercando di salvare le persone che sono sulla nave: persone che credevamo m orte, perché non so a che piano sia arrivata l’acqua… questo non lo so. Abbiam o ancora 6-7 persone dell ’equipaggio che io conosco tutte e che penso che se sono al ponte 7 o 8 saranno ancora vive; ma se sono al ponte 0 o al ponte A B C, non so …. La nave ha preso lo scoglio e uno squarc io di 70 metri non ti perdona…. Ti manda subito a fondo!

I cappellani di bordo: preti in missione sulle navi

Per accompagnare i marittimi nella loro vita di " dimenticati da tutti " esiste , in Italia, la figura del cappellano di bordo che, come un missionario, im barca per mesi e naviga con loro per condividere, in tutto e per tutto, la vita ed il lavoro della gente di bordo. Il cappellano e' a servizio dell 'equipaggio e dei passeggeri. Il Cappellano cura il benessere spirituale e materiale della "gente di mare" occupandosi di qualche festa insiem e, di momenti di ricreazione e svago, di partite a pallone ma soprattutto di un ascolto attento delle lontananze di ciascuno. Celebra la S. Messa, e' disponibile per le confessioni, e fa del Vangelo il suo pane quotidiano. Su queste citta' galleggianti e viaggianti, gli equipaggi arrivano a contare dalle 600 ad oltre 1400 unita' con fino a 4000 passeggeri. La presenza del cappellano di bordo, vuole essere la testimonianza vera e concreta di quanto sia possibile essere “una famiglia lontana da casa” con questi itineranti del mare, e condividere con loro, fatiche, gioie e lontananza. Il direttore dell’Apostolato del Mare

Don Giacom o Martino, direttore dell’ufficio per la pastorale dei lavoratori della navigazione marittima ed aerea, della Conferenza Episcopale italiana, intervistato sul naufragio, ha detto che “l ’equipaggio probabilmente ancora non ha assimilato interamente il colpo, e le accuse che girano nei mezzi di comunicazione contro di loro, li fanno sentire naufraghi per la seconda volta”. Ha sottolineato che “parlando con tante persone, ho visto che non è vero quanto si dice sull’incompetenza di cui alcuni mezzi di comunicazione hanno parlato. Si fanno dei simulacri di naufragio, ma è diverso quando si tratta di un vero naufragio nel quale si diffonde il panico”.

Il ruolo di un cappellano a bordo

“Cosa fa un cappellano a bordo? Fa l’uomo di Dio. Certo – ha proseguito don Giacomo – senza fare differenza tra passeggeri e l ’equipaggio, anche se il suo principale compito si svolge nel settore dell’equipaggio”. Ha ricordato che “questi lavoratori contano sulla presenza di un cappellano, anche se sono di alt re confessioni religiose” e ha aggiunto: “Anche nel Ramadan, ad esempio, non in modo automatico, m a molte volte mi chiedono che faccia la preghiera finale”.

L’equipaggio: diverse nazionalità, religioni e contributi

Nell’equipaggio di una nave, ha proseguito, “le persone sono di diverse nazionalità, quindi di religioni diverse e ciascuna apporta la propria professionalità: i filippini per esempio sono bravi barman, i cinesi sono impegnati nelle lavanderie. Scommetto, per esempio, a t rovare dei sudam ericani nelle navi da carico, invece li trovi in quelle di passeggeri. I brasil iani sono bravi nella parte artistica”.

Prima Dio poi la famiglia

“Quali sono le inquietudini dell’equipaggio? Innanzitutto vogliono ringraziare

Dio e in secondo luogo pensano alle loro famiglie”. Il direttore dell’Ufficio per la pastorale dei mari ha dichiarato che domenica, nel porto di Grosseto, ha celebrato la santa messa alla quale hanno partec ipato in molti, anche se pochi hanno ricevuto la comunione, quindi probabilm ente i cattolici non erano molti. “Quello che mi piace di questa gente - ha aggiunto - è la naturalezza che hanno nel rapporto con Dio, visto che vivono la dimensione religiosa come quals iasi altra attività. Sulla religiosità del naviganti ha precisato: “Ho visto che esiste una cultura religiosa in loro con una profonda conoscenza delle differenze. Loro sanno che sono un sacerdote cattolico e nella coscienza della differenza si manifesta la perfezione dell’unità. Non c’è confusione, né l’idea di una fede che è una ‘marm ellata’. Non qui”.

Il mare visto da un marittimo e da chi sta a terra

“Chi è a bordo – conclude – è quasi obbligato a sottolineare ciò che ci unisce e non quello che ci divide. È come quando s i guarda il mare dalla terra ferma: si pensa che il mare ci divide. Invece il marittimo che è sulla nave dice: no, il mare ci unisce”.

L’equipaggio: “siamo il capro espiatorio”

Il direttore dell’Ufficio per la pastorale marittima ci ha fatto conoscere alcuni degli sms che ha ricevuto sulla tragedia. Uno dice: “Ciao don Giacomo. Sai cosa mi viene in mente sentendo le notizie? Si parla male di equipaggio, tutti bravi e buoni gli altri ma il nostro equipaggio che diventa un caprio espiatorio. Spero che qualcuno dalla compagnia prenda le difese dei membri di equipaggio. Stiamo male… tutti quanti... perché sentiamo di accuse contro l ’equipaggio e solo questo. Ho letto un articolo su un giornale (…): La gente rompeva armadi di vetro per rubare salvagenti...". Ma chi ha pubblicato questo? Ma per favore... da quando si tengono salvagenti in armadi di vetro sui corridoi? Credimi, tutti

nell ’equipaggio stanno male. Anche noi abbiamo perso qualcuno, anche i nostri amici soffrono e non si trovano. Ci sarà qualcuno che prende le nostre difese? Scusami per lo sfogo.... ciao Carissimo”. Un altro messaggio di un compagno di missione dice: “Carissimi confratelli tutti. St iamo vivendo moment i di grande dolore per la vicenda del Concordia, nave che porto nel cuore, in quanto è per me il primo amore, avendoci fatto circa 8 mesi a bordo, da Marzo a Novembre 2011. Ora pensare che ci sono delle vittime e altre persone disperse ci addolora per la loro attuale situazione! (…) Stiamo sperimentando l’attenzione che i membri dell’equipaggio hanno nei nostri confront i, si nota grandemente questo. St iamo riscontrando che i ragazzi sono turbati, si nota la loro preoccupazione e sofferenza, dobbiamo per tanto essere forti prima noi e conseguentemente essere vicini alla loro situazione di disorientamento attuale. Il Signore ci dia la forza per svolgere la nostra delicata missione di cappellani di bordo e viverla nel modo

migliore (…). Mi piace richiamare passo del vangelo di Emmaus che in qualche modo esplicita il nostro essere a bordo della navi: ‘Gesù si accostò ai due discepoli e camminava con loro!’. Un saluto grande e grazie di tutto, il Signore ci benedica”.

Preghiera

alla Madonna,

Stella del Mare.

O Maria Stella del Mare, veglia

propizia sulla nostra navigazione. Tu che sei l'aiuto dei cristiani , ottieni dal Signore, padrone dei

venti e dei cuori, che sia lungi da noi ogni tempesta e ogni pericolo

per l'anima e per il corpo.

Ci accompagni in questo viag-gio la Sua grazia , e mai si allon-

tani dalla nostra mente il pensiero della sua presenza, dai nostri occhi l'immagine della nostra

famiglia, dai nostri cuori il

desiderio della nostra patria.

Fa che arrivati felicemente in porto, possiamo abbracciare i

nostri cari e, insieme ad essi innalzare l 'inno del ringraziamen-to, preludio di quello che cantere-

mo, arrivati al porto della salvez-

za eterna.

Amen

Ave Stella Maris