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Arcobaleni alati di Falco di Palude

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Arcobaleni alati

di Falco di Palude

Quaderni di Avifauna

Quaderni di Avifauna Quaderni di Avifauna

Arcobaleni alati

A cura della Redazione di Avifaunafree.comN°3- anno I°

In omaggio ai soci di Avifauna - Club degli Allevatori

© Avifauna/Club degli Allevatori 2006 tutti i diritti riservati© Falco di Palude / 2006 © Ryan Photographic - Strigops habroptilus - kakapo

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Della stessa collana:

• I Colibrì di Falco di Palude

• Il kakapò di Falco di Palude

I Colibrì

• Il kakapòdi Palude

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Coraciformi:

Il Gruccione (Merops apiaster) brevi cenni sulla specieNella storia della Mitologia, sono comuni le associazioni tra uomini ed animali. Molti dei nomi Scientifi ci soprattutto delle Famiglie, hanno una connotazione in tal senso.

Secondo la Mitologia Greca, Merops fu parente del Re Priamo di Troia, ed addirittura si narra che ne fu il Mentore. Egli fu Re di Kos* e marito della ninfa Etemia. Ma quando questa morì pre-cipitando da una rupe, Merops si uccise a sua volta. La dea Era, commossa da tanto amore, trasformò il corpo dello sfortunato Re nella costellazione dell’aquila.

*[Kos o Coo, è un’isoletta del Dodecanneso che assieme a Kefalos (dal Greco, testa), vista dall’alto, ha forma che ricorda vagamente un agnello; Kefalos ne è appunto la testa. Coo, è famosa per aver dato i natali ad Ippocrate il padre della Medi-cina].

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Linneo, diede alla famiglia dei Gruccioni il nome di Merops.Appartenente all’Ordine dei Cora-ciformi, Famiglia Meropidi, questo splendido volatile è molto interes-sante dal punto di vista della tipicità, ed è forse il più vistoso e colorato dei Coraciformi.Colorazione marrone-rossiccio su dorso ed ali, gola gialla, ventre ver-de ed azzurro, mascherina nera ca-ratterizzano il piumaggio del Gruc-cione; la parte frontale del capo è chiara tendente al bianco mentre il becco è scuro con base all’attaccatu-ra più chiara, l’iride è rossa. Nella nostra Penisola il Gruccione, è presente in una sola specie: il Merops apiaster (Linneo) 1758.La famiglia dei Meropidi consta di circa 25 specie distribuite oltre che in Europa, anche in Africa, Asia e persino in Oceania. Abilissimo cac-ciatore, questo insettivoro cattura in volo insetti come Imenotteri ed Odonati come le velocissime libel-lule dimostrando un’abilità nel volo comune a pochissime specie di uc-celli. In Italia arriva verso fine Aprile dopo il lungo soggiorno nei luoghi di svernamento Africani, e durante il periodo di permanenza, fa strage di insetti anche velenosi come Api, Vespe e Bombi ai quali riesce ad estrarre il pungiglione con una tec-nica molto particolare: una volta cat-

turata la preda, sfrega su un’asperità l’addome della vittima eliminandone la parte pericolosa.La nostra “saetta multicolore”, nidifica in gal-

lerie a volte molto lunghe scavate nel terreno: sono state trovate tane di Gruccioni scavate anche per quasi due metri. Ma come può il l’animale sopportare la rarefa-

zione d’ossigeno a tale profondità e l’accumulo di sostanze nocive (come l’anidride carbonica e i vapori di ammoniaca) dovute alla fermenta-zione degli escrementi e dei residui di cibo in putrefazione?I Gruccioni, hanno sviluppato un alto livello di sopportazione di tali sostanze, e grazie alla emoglobina particolare, questi uccelli come detto, tollerano quantità tali di anidridi che sa-rebbero letali per qualsiasi altro animale.

Una volta formatasi la coppia, il maschio offre delle prede alla femmina inducendola all’ac-coppiamento. Questa, depone successivamen-te dalle 3 alle 6 uova covandole per circa 24/25

giorni. I pullus alla nascita sono completamente nudi e ciechi, e saranno entrambi i partners ad occu-parsi del loro nutrimento, che si protrarrà per un altro mese circa. Dopo l’involo, il loro piumaggio sarà pressoché simile a quello degli adulti; la sola differenza sarà nella lunghezza delle penne remiganti pri-marie e nella lunga coda.

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Al genere Merops appartengono anche le specie:Merops bulocki, Merops bullockoides, Merops pusillus, Merops oreobates, Merops hirundinus, Merops persicus, Merops albicollis, Merops orientalis, Merops boehmi Merops viridis, Merops superciliosus, Merops philippinus, Merops ornatus, Merops leschenaultii, Merops nubicus, Merops nubiciodes.

Corologia:Cosmopolita: Paleartico-paleotropicale / Paleartico-afro-tropicale / Paleartico-orientale / Oloartico / Antartico - Neartica / Paleartica - Europea / Mediterranea - Endemica italica.

Habitat: suo habitat ideale e la campagna aperta e rico-perta di cespugli e pochi alberi. Il gruccione vive spesso in gruppi non molto numerosi a volte lungo le rive dei fi umi ove si contende il primato di bellezza con un altro formidabile esemplare: Il Martin Pescatore.

Dimensioni:Lunghezza: 25/30 centimetriPeso: 45/60 grammiAp. alare: 40 cm. Circa (la femmina è di minori dimensioni)Becco: 35 millimetriTarso: 1,3 millimetriCoda: 14 centimetri

Meropsbulocki

Merops bullockoides

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Merops pusillus

Merops albicollis

Meropsnubiciodes

Merops boehmi

Merops ornatus

Meropspersicus

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Esperienza in Kenya.E‛ il mese di Gennaio del 2006.Salvatore (Medico Veterinario), Giovanni (Ornitologo) con la moglie Annalisa (Biologa), ed il sottoscritto, avevamo già da tempo discusso e progettato quel viaggio; ma vuoi per im-

pegni di lavoro, vuoi per motivi familiari, il progetto era sem-pre stato rimandato. L‛occasione ghiotta si presentò quando Giovanni, di ritorno da un convegno Nazionale d‛Orni-tologia, ci raccontò in termini entusiastici, tutti i particolari delle fasi salienti e delle di-scussioni fatte con i colleghi, e dei progetti di studio con le altre Fondazioni estere, inter-venute all‛incontro.

Giovanni, ci raccontò di un Progetto del quale era stato chiamato a far parte riguardante lo studio sul comportamento di alcune specie insettivore Africane. I dati acquisiti, oltre allo studio per il progetto, sarebbero serviti per la stesura di una recensione scientifi ca, a cui stava lavorando da tempo. Giovanni era sempre stato convin-cente nel coinvolgerci nei suoi sempre nuovi programmi; del resto ad onor del vero e per onestà intellettuale, non è che ci volesse poi più di tanto a “convincerci” ; non si aspettava che la scusa. E Giovanni conoscendoci bene, seppe pizzicare le giuste corde. Contattammo quindi la nostra agenzia di fi ducia, e stabilimmo fi nalmente la data di partenza; espletammo in fretta le formalità tecniche e sanitarie necessarie. La partenza avvenne dalla Malpensa, destinazione Malindi; dopo un volo di circa otto ore, atterrammo a Mombasa, anchilosati ma contenti. Attendemmo un‛altra oretta circa, per

Merops philippinus

Merops viridis

Meropssupercilious

Esperienza in Kenya.

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il disbrigo delle formalità aeroportuali e doganali. Dovemmo ancora affrontare altre due ore circa di viaggio per Malindi , e eravamo già un poco giù di umore, per via di alcuni pic-coli contrattempi per problematiche da parte delle Autorità aeroportuali, la cui curiosità sembrava essere attirata dalle nostre attrezzature.La guida locale ci aspettava con il classico cartellino, col nome scritto sopra. Lo individuam-mo quasi subito; era un Keniota alto, dallo sguardo penetrante e dagli occhi vivaci, che ci accolse con un sorriso simpatico. Scambiammo qualche parola in inglese, ed egli ci invitò a seguirlo alla Jeep, dandoci una mano per trasportare i bagagli di Annalisa, che com‛era prevedibile si era portata dietro parecchia roba, tra le vibrate proteste del marito. La nostra guida, percorse la strada per il Resort a cui ci avevano destinati, evitando le buche con abilità impressionante e senza nemmeno troppi scossoni, vista anche la vetustà dell‛au-tomezzo sul quale eravamo trasportati. Finalmente arrivammo, e dopo aver preso possesso delle stanze e consumato una frugale cena, ci gettammo sui letti esausti. L‛indomani prendemmo subito contatto con il nostro riferimento sul luogo, il quale ci fornì una spiegazione tecnica e molto dettagliata sul come raggiungere i luoghi d‛osservazio-ne dei volatili (consigliatici da un amico fotografo Naturalista, che aveva realizzato dei servizi molto belli), promettendoci d‛accompagnarci egli stesso dopo che avessimo deciso come muoverci, ed esserci informati sui mezzi a disposizione e non per ultimo, avute le necessarie autorizzazioni da parte delle Autorità locali per le ricerche. Fortunatamente il nostro uomo, era ben addentrato nei meandri della burocrazia locale e soprattutto, aveva le opportune conoscenze; Le autorizzazioni arrivarono subito.La destinazione era la foresta di Sokoke e le sponde del Sabaki River a nord di Malindi, ad

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appena pochi chilometri dalla nostra “base logistica”.(con tutti i moderni comfort. n.d.a.).

Appena giunti, attraverso una strada tortuosa e sterrata, ci inoltrammo nella foresta, attraverso un sentiero che ci condusse ad una ampia radura erbosa. Qui, potemmo subito osservare, degli esemplari maschi di Leptopelis fl avomaculatus piccoli e coloratissimi anfi bi, sui rami di un albero di Mangrovia, mentre un Alcionide

dai colori sgargianti, l‛ Halcyon senegaloides parente del nostro domestico Martin pescatore, fuggiva rumorosamente fra i rami dopo averci donato la meravigliosa vista del suo splendido piu-maggio.

Una volta avvicinatici all‛acqua, nella speranza di individuare il suo eventuale nido o la presenza del partner, potemmo capire il motivo del suo interesse:Poco sotto il pelo dell‛acqua rossastra ma abbastanza limpida, notammo un branco abba-stanza numeroso di Garra dembeensis un piccolo Ciprinide di cinque o sei centimetri, dal dorso argenteo con rifl essi verdastri e la testa rossastra. L‛uccello ne aveva fatto proba-bilmente una buona scorta e spaventato dalla nostra presenza era fuggito via lasciando in pace i pesci terrorizzati. Potemmo osservare anche dei grossi Ciclidi i Tilapia rendalli di un bel color argenteo, con striature sui fi anchi scure e parti ventrali rosse. Mi ricordai di averne veduti di simili, in un grande negozio di acquariologia che frequentavo.

Il tempo trascorreva veloce, e dovevamo rientrare. Assumemmo la nostra dose di antimalarico (alcuni far-maci utilizzati nella profi lassi, necessitano di assun-zioni giornaliere e pressoché alla stessa ora), e ammi-rando il meraviglioso tramonto ci incamminammo verso l‛automezzo. Secondo giorno: Il primo avvistamento.

Tornammo al luogo di sosta del giorno precedente, dopo aver lasciato la jeep nel piccolo spiazzo che era ormai diventato il nostro punto di riferimento. Annalisa e Salvatore sono alle prese con la macchina fotografi ca che non ne vuole sapere di funzionare; il winder aveva le pile quasi scariche, e non faceva avanzare la pellicola. Giovanni ed io più distanti dal resto del gruppo, osservammo uno strano mo-vimento fra l‛erba e ci avvicinammo con cautela. Osservammo con riverente timore, la caccia di uno dei più grandi Viperidi Africani; la vipera del Gabon (Bitis gabonica). Questo rettile può agevolmente raggiungere il metro e mezzo di lunghezza e il nostro esemplare

Poco sotto il pelo dell‛acqua rossastra ma abbastanza limpida, notammo un branco abba-stanza numeroso di Garra dembeensis un piccolo Ciprinide di cinque o sei centimetri, dal

caccia di uno dei più grandi Viperidi Africani; la vipera del Gabon (Bitis gabonica). Questo

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sembrava davvero enorme. Riconoscemmo le caratteristiche losanghe nere dai bordi avana ricoprire il suo manto, mentre ne osservammo le fauci serrate attorno ad un Cricetomys gambianus o Criceto del Gambia, ormai immobile sotto l‛effetto del micidiale veleno. La nostra guida, ci osservava con aria di compatimento: per un Africano vedere un ser-pente che divora un topo, è un fatto naturale che non signifi ca molto, ma per uno ‘‛mzungu‛‛ come ci chiamano loro (Europeo), è una esperienza straordinaria. Quasi vergognandoci, ci rimettemmo in cammino invitandolo a farci strada. Dovevamo ancora percorrere un bel po‛di chilometri, e la fame cominciava a farsi sentire. Decidemmo di fare una sosta-pran-zo.

Pomeriggio ore 15.00

Eravamo ad una cinquantina di chilometri dalla costa sabbiosa dell‛Oceano Indiano e il ter-ritorio si elevava gradualmente verso le aree più interne, il caldo umido e le zanzare ci tor-mentavano, e rendevano la nostra avanzata una fatica enorme. La nostra guida ci informò che eravamo vicini al sito di osservazione degli uccelli; infatti dopo una ventina di minuti, vedemmo una serie di rocce biancastre in lontananza, che sembrano formate da arenaria. Riuscimmo a scorgere una quarantina di uccelli variopinti, che notata la nostra presenza s‛involarono sui rami degli alberi, nascondendosi tra le fronde alla nostra vista.

Con il cannocchiale, Giovanni riuscì ad identifi care la specie con precisione: si trattava di Merops nubicus, uccelli dallo splendido colore rosso carminio.

Com‛è facilmente intuibile, eravamo abbastanza entusiasti della scoperta, dopo tutto era-vamo solo al secondo giorno ed eravamo stati molto fortunati. Difatti, in quella stagione, non era inusuale lo spostamento degli uccelli alla ricerca degli insetti di cui si nutrono. La fortuna fu che, sebbene facesse parecchio caldo, il tasso di umidità era abbastanza eleva-to e ciò favoriva il mantenimento in loco degli insetti. Trovammo infatti intorno a noi, diversi insediamenti di imenotteri del Genere Polistes simili a vespe in cospicue quantità, dovuta an-che alla presenza di piante di fi chi selvatici, che evidentemente attiravano gli insetti. Ci avvicinammo alle tane osservandone la con-formazione; erano cunicolari di forma quasi perfettamente circolare. Alcuni uccelli, si trovavano ancora all‛interno celati cautamente nelle profondità della camera. Osservando l‛interno di alcune di queste tane, potemmo osservare una grande quantità di residui dei pasti degli uccelli, ed intere colonie di formiche “Sisimizi” come le chiamava la nostra guida Africana (in lingua Swahili signifi ca appunto “formica”). Esse trasporta-vano ai loro formicai tali residui organici, contribuendo alla pulizia dei cunicoli medesimi. Riuscimmo con un poco di fortuna, a scorgere diverse femmine ed i loro piccoli all‛interno delle tane.Annalisa, decise di prelevate alcune borre** per analizzarle.

**[ Il termine borra, deriva dal Latino “burra”. Con questo termine, si indicava la lana grezza non lavorata (n.d.a.)

Gli uccelli, essendo privi di apparato masticatore, devono ingurgitare le loro prede intere e di conseguenza hanno la necessità di espellere le parti indigeste costituite da peli, piume, esoscheletri di insetti, unghie ed altro a seconda delle proprie abitudini alimentari. Com‛è noto questa caratteristica è conosciuta nei Rapaci, ma anche altre specie si avvalgono di questa comoda soluzione.I nostri Gruccioni, non fanno eccezione. In defi nitiva, le pallottole vengono compattate dalla muscolatura dello stomaco ed espulse attraverso il cavo faringeo. Codeste masse, vengono denominate appunto borre o “boli”]. Raccolte quindi le borre, la nostra Biologa sotto lo sguardo interessato del marito, riempì

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alcuni piccoli contenitori di vetro numerati che riponeva in un piccolo fl ight case mentre Giovanni prendeva appunti sul suo immancabile taccuino. Osservai che ad un esame visivo, i campioni raccolti si presentavano piccoli e compatti e di colore scuro; erano facilmen-te visibili i frammenti di ali iridescenti che davano loro un aspetto insolito. In alcune di

esse, erano presenti dei peluzzi coriacei che facevano pensare a certi bruchi setolosi. Eviden-temente alcuni uccelli si erano nutriti di questi ultimi.

Venne anche riscontrata at-traverso un piccolo kit di mi-surazione, la concentrazione di ammoniaca, nelle tane dei gruc-cioni. (Con il termine “ammo-niaca”, si fa riferimento a due specie chimiche in equilibrio fra loro (NH3, e lo ione ammonio NH4+). Questi tests, servirono ovviamente a misurare solamen-te l‛ammoniaca totale (NH3 più NH4+). [La tossicità dell‛ammoniaca è soprattutto attribuibile alla sua forma indissociata (NH3), in contrasto con lo ione ammonio (NH4+). In generale, la tossici-tà dell‛ammoniaca (NH3) è tan-to più elevata quanto più sono elevati i valori di pH. – e della temperatura. - n.d.a]

Venne misurata una concentrazione di ammoniaca all‛interno dei cunicoli (che si sviluppava dai residui fecali soprattutto in presenza dei nidiacei) in misura di 200/500 ppm. ed un pH di 8.5. La temperatura in alcuni tratti raggiungeva i 36/38° centigradi. Ma come facevano gli uccelli, a resistere a queste condizioni letali per qualsiasi altro animale? Tali concen-trazioni vengono sopportate, proprio grazie alla presenza elevata in tana di CO2; essa

provoca un effetto-tampone in grado di rendere sopportabili tali esalazioni.

La giornata volgeva al termine e dovevamo rientrare al Resort. Di controvoglia raccogliem-mo l‛attrezzatura e c‛incamminammo alla radura che ci avrebbe portato all‛automezzo. Du-rante il tragitto di ritorno, notammo dei nuvoli muoversi velocemente da nord in direzione sud-est; la nostra guida, affrettò il passo pigiando sull‛acceleratore. Sapeva bene come fossero pericolosi gli acquazzoni in quella stagione. Se il maltempo ci avesse sorpresi, la strada sterrata e polverosa si sarebbe allagata facendola divenire una palude fangosa insormontabile diffi cile da attraversare con una jeep. Finalmente, dopo una serie intermi-nabile di scossoni da brivido, giungemmo alla nostra confortevole “base”.

Terzo giorno: pausa forzata.

Durante la nottata, piovve a dirotto e quindi era impossibile raggiungere i siti d‛osservazione dei gruccioni. Il tempo era comunque tornato splendido. De-cidemmo che era meglio far asciugare il terreno. Salvatore ed io, pensammo bene di dedicarci agli “ozi” della strut-tura che ci ospitava; Giovanni si dedicò per quasi tutta la giornata ai suoi ap-punti mentre Annalisa, dopo aver ter-minato di catalogare i reperti raccolti, ci raggiunse sulla meravigliosa spiaggia di Casuarina dalla sabbia fi ne e bian-chissima, che si affacciava sull‛Oceano. Tenendo fede al proprio nome, potem-mo osservare sul tratto di spiaggia riservato all‛Hotel, decine di palme da cocco (Coconut per l‛appunto). Fummo assaliti da un nugolo di ragazzini che con il loro simpatico: << Jambo bwua-na (salve signore) e Jambo bibi (salve signora) >>, tirandoci per le braccia, ci volevano portare con loro per offrirci

Terzo giorno: pausa forzata.

Durante la nottata, piovve a dirotto e

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le loro prestazioni, consistenti in gite organizzate con mezzi scalcinati in cui gli adul-ti prendevano parte. Devi veri e propri procacciatori d‛affari insomma. Rifi utammo con cortese fermezza, regalando loro qualche spicciolo che accettarono ridendo mostrando i loro denti bianchissimi, mentre fuggivano gridandoci << Asantè (grazie) >>, e via di corsa, a caccia di altri potenziali clienti.

Il resto della giornata trascorse in modo piacevole, all‛insegna del relax più totale. Del resto, la nostra non era una vera e propria spedizione scientifi ca, sebbene ne avesse tutte le connotazioni; quindi ne approfi ttammo godendoci la tanto agognata vacanza e tacitando in tal modo le nostre coscienze.

L‛alba del quarto giorno.

Era una meravigliosa giornata e decidemmo di partire presto per il sito d‛osservazione ap-profi ttando dell‛aria fresca del mattino. Così ci mettemmo in viaggio di buon‛ora. Giungemmo sul luogo, notando che gli uccel-li si erano in parte assuefatti alla nostra presenza. Infatti non si allontanarono subito in volo al nostro apparire; ci con-sentirono di avvicinarci un poco di più della volta precedente prima di mettersi in salvo sulle cime degli alberi. Lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era indescrivibile: decine di uc-celli variopinti in cui spiccava il rosso acceso del piumaggio che si levavano in volo quasi con-temporaneamente ci dava delle fortissime sensazioni, restam-mo senza parole per parecchi minuti osservando la magnifi -

cenza della Natura. Avevamo parecchio lavora da fare e Salvatore, ci riportò bruscamente alla realtà con la sua solita ruvidità bonaria ed i suoi commenti “coloriti” sulle nostre, diciamo così, “capa-cità cognitive”…

La prima cosa da fare era quella di montare il capanno mimetico per l‛osservazione degli uccelli; scegliemmo quindi con cura il luogo più adatto, al fi ne di evitare di disturbarli troppo e renderci quanto più possibile poco visibili. Non fu facile trovare il luogo adatto a causa della vegetazione che ci impediva la visibilità, e quasi l‛intera giornata trascorse nel-la costruzione del rifugio e nella eliminazione di parte della vegetazione per fa sì d‛avere una visuale diretta sulle tane; utilizzammo le fronde divelte per mimetizzare il capanno e cercare di ricreare un ambiente che si presentasse quanto più simile a quello originario, in modo tale che gli uccelli si abituassero al nuovo habitat. Certamente era rischioso, ma era l‛unica soluzione anche se sofferta. Decidemmo di abbandon re la postazione, per dar modo agli animali di assuefarsi alla presenza del capanno; espletammo quindi le ultime operazioni di sistemazione della nostra postazione fi ssa d‛osservazione, e ci incamminam-mo verso l‛automezzo.

Quinto giorno.

Giungemmo alla “base” con ottimo antici-po sulla tabella di marcia. Gli uccelli era-no già ben attivi sebbene ancora il sole non fosse completamente levato; il cielo presentava una colorazione rossastra molto spettacolare. Sembrava piuttosto un tramonto anziché l‛alba. Si respirava la stessa “aria virtuale”, vissuta più volte durante la lettura dei racconti del gran-de Hemingway. Alla nostra sinistra nella radura, osservammo un branco di Orici (Oryx gazella) dalle lunghe corna, compo-sto da una ventina d‛individui. Essi veni-vano ad abbeverarsi alle rossastre acque del fi ume, restando pur sempre guardin-ghi per il sempre presente pericolo del-l‛assalto dei leoni, che approfi ttavano di

quei momenti in cui gli Orici erano meno vigili per sferrare l‛attacco micidiale.

Notammo un maschio dalle corna lunghissime che doveva essere il dominante, e sei o sette maschi giovani, mentre alcune femmine si guardavano at-torno nervosamente avendo notato la nostra pre-senza, seppur discreta. Avevamo inoltre notato anche la presenza di una femmina di Ghepardo che rendeva ancor più nervosi gli animali, sebbene poco avessero da temere da essa; infatti un Orice adul-to può facilmente mettere in fuga anche dei leoni adulti che preferiscono battere in ritirata piutto-sto che affrontare le corna e gli zoccoli di questi grossi Bovidi.

Ritornando al capanno, notammo la presenza di orme sul terreno; sono inconfutabilmente delle tracce di Primati. Addentrandoci ancora nella foresta, li av-vistammo. Alla nostra destra, una piccola tribù di Babbuini ci osservava. I maschi, erano quasi tutti degli adulti e sembrano minacciosi; il grosso capo-branco invece, ci apparve stranamente calmo; egli ci osserva con i suoi occhietti acuti più con curiosità che con timore; le femmi-ne, avevano molti piccoli con loro, aggrappati ai dorsi. Avremmo avuto voglia di attirare la loro curiosità, ma sapevamo di dover stare molto attenti agli adulti, i quali potevano dive-nire molto pericolosi. Tememmo che il nostro capanno, che potesse essere stato distrut-to dall‛atavica curiosità delle scimmie, ma fortunatamente ritrovammo tutto in ordine, a parte qualche corda dei tiranti masticata e spezzata. Eravamo arrivati appena in tempo; o forse gli animali l‛avevano risparmiata stanchi del gioco. I babbuini innervositi dalla nostra presenza si allontanarono rumorosamente e fi nalmente prendemmo possesso del nostro “osservatorio”. La colonia di Gruccioni, ci sembrava essere aumentata numericamente, le “frecce rosa” come le chiamava Annalisa, erano invece sempre le stesse più o meno, come potemmo evincere dagli appunti dell‛attentissimo Giovanni.Decidemmo di catturare alcuni esemplari da sottoporre ad alcune analisi, e ci preparammo all‛impresa mentre la nostra brava e simpatica Biologa, preparava il necessario tirato fuori dalla sua inseparabile valigetta (che io avevo ribattezzato “la borsa di Mary Poppins”).

mo verso l‛automezzo.

Quinto giorno.

Giungemmo alla “base” con ottimo antici-

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Dovevamo sbrigarci a piazzare le nostre Mist-nets* prima del tramonto e così Giovanni, Salvatore ed il sottoscritto ci mettemmo all‛opera.

*[Mist-net, denominate “reti-nebbia”, sono delle speciali reti sottilissime che devono essere piazzate in punti strategici per essere pressoché invisibili agli uccelli. La caratteristica mol-to importante (se non fondamentale), è quella di essere assolutamente innocue per i volatili (n.d.a.)]

La cattura momentanea dei Gruccioni, si rendeva necessaria al fi ne di permetterci di ef-fettuare le opportune misurazioni biometriche (operazioni standardizzate per ottenere dati precisi su sesso, età, muta, peso, lunghezza delle penne etc.), controllare attraverso i dati di eventuali anelli di marcaggio presenti su qualche individuo, gli spostamenti degli esemplari medesimi; infi ne attraverso l‛esame impedenziometrico** e clinico-patologico, rispettivamente lo stato di peso e di salute degli uccelli e loro eventuali patologie in atto.

**[L‘analisi impedenziometrica (o della bioimpedenza), consiste nell’attraversamento del corpo del soggetto da esaminare di una corrente a frequenza molto bassa. Sollecitati dalla stessa, i liquidi cellulari si comportano come un conduttore di resistenza (riferito alla conduttanza), mentre le membrane di queste ultime si comportano come conduttore reattivo (capacitanza). Si avrà conseguenzialmente, una conduttività molto più elevata in presenza di massa magra,

in quanto essa contiene ovviamente molti degli elettroliti e dell’acqua presenti nell’organismo (n.d.a.)]. Piazzammo dunque le reti, ed i relativi contenitori con liquido zuccherino per attirare gli insetti/esca ,che sarebbero serviti per attirare i Gruccioni. Fu un lavoro certosino che ri-chiese del tempo, conseguentemente decidemmo di trascorrere la notte nel sito (sebbene l‛idea non ci allettasse molto per via delle scarse “comodità”, e di un certo timore dei sel-vatici residenti in zona); accendemmo un fuoco e ci accingemmo a consumare la cena dopo aver organizzato i turni di guardia. La notte trascorse tranquilla ma nessuno di noi aveva intenzione di dormire, vuoi per la tensione, vuoi per l‛ambiente a cui non eravamo abituati. In buona sostanza, ogni minimo rumore ci creava “tremarella”. Fu solo dopo parecchie ore che stanchi, ed in preda ad un irrefrenabile impulso di chiudere gli occhi, alcuni di noi crollarono e andarono a riposare per qualche ora all‛interno del capanno.

Sesto giorno.

Era l‛alba e decidemmo di andare a verifi care se le reti avevano compiuto il loro dovere (non è inusuale che i Gruccioni siano attivi di notte); infatti avemmo la sorpresa di trovare in due dei tramagli, tre splendidi esemplari. Con molta cautela li liberammo ponendoli in dei sacchetti di tela, al fi ne di farli tranquillizzare e trasportarli al capanno per sottoporli alle misurazioni ed alle analisi cliniche di routine.

Notammo che uno degli uccelli presentava un anello colorato; più tardi scoprimmo che era stato inanellato due anni prima, proprio in Italia. Non vennero riscontrate particolari ca-renze a carico dell‛apparato muscolo/scheletrico e due dei soggetti apparivano ben nutriti; vennero effettuati tamponi e prelevati campioni ematici, e di piume, nonché fecali. Non si riscontrarono parassitosi esterne da acari.Il terzo soggetto invece, presentava alla palpazione ingrossamento dell‛addome, tempera-tura basale elevata, diffi coltà respiratorie ed eccitamento, ed altri sintomi che facevano supporre un‛infezione da Istoplasmosi, una malattia polmonare causata dall‛inalazione delle spore fungine dell‛Histoplasma capsulatum; Salvatore arrivò a questa ipotesi in considera-zione del fatto, esperienza personale a parte, che codesta infezione, è tipica degli ambien-ti umidi e chiusi (come grotte e cunicoli) con all‛interno temperature elevate, come quelle appunto dove i Gruccioni nidifi cano.

Ovviamente, non avendo a disposizione un laboratorio per le analisi specifi che, né tampoco gli strumenti idonei per indagini approfondite in tal senso, il tutto non poteva avere og-

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gettivi riscontri. Ci chiedemmo, quanti al-tri volatili della colonia potessero essere infetti a causa del micete; ovviamente in quella situazione, non avremmo mai potuto avere la risposta. Annotammo comunque, fedelmente e con molta cura tutti i dati in nostro possesso. Annalisa, Salvo, e Gio-vanni continuarono per tutto il pomerig-gio con gli accertamenti e le osservazioni, che essi annotavano meticolosamente. Io ne approfi ttai per osservare i dintorni dei luoghi di nidifi cazione ed ispezionare an-cora una volta da vicino i cunicoli. Venni distratto da un acuto verso molto stridulo, e sui rami di una grossa acacia, osservai un bellissimo esemplare di Buce-ro dalle guance argentate (Ceratogymna brevis) che mi guardava con curiosità, per nulla intimorito. Questo strano volatile di grosse dimensioni, presenta piumaggio nero ardesia su collo, ventre e zampe: dorso biancastro a volte picchiettato di grigio; ma la caratteristica predominante è l‛immenso becco bicorne (da non confondere con il parente Asiatico) ricurvo rosso-giallastro dalla punta acuta. Caratteristico anche il ciuf-fo di piume su testa e collo e la punta della coda bianca. Rimasi ad osservarlo in silenzio, rapito dalla sua singolarità, fi nché, stanco della mia presenza, con un fragoroso battito d‛ali s‛involò per spari-re nel folto.

Settimo giorno.

I Gruccioni catturati erano stati liberati, ad eccezione del soggetto che presen-tava i sintomi sopra descritti. Salvatore osservò un peggioramento dello stato pa-tologico riscontrato, decise pertanto di

tenerlo in osservazione. Al contempo, alcuni dei dati sulle analisi cliniche effettuate erano disponibili. L‛indagine microscopico-coprologica quantitativa (Mac Master), rivelò anche la presenza di uova e larve di elminti ; l‛esame ematologico, non rilevò stati alterativi del quadro generale.

Dati ematici riscontrati (media):RBC 0.75x103/µl - PCV 32% - HB 12.0 - WBC 4.0x104/µ/l - HCT 22% - Linfociti 30% - Eosinofi li 1.0% - Eterofi li 12% - Basofi li 5% - Monociti 1%Dati ematochimici:Glucosio 50 mg/dl – BUN 40 mg/dl – Ac.urico 4 mg/dl – Sodio 140 mcg./l – Potassio 6.5 mcg./l Cloro 90 mcg./l – Fosforo 3.0 mg./dl – AST 60 Ui/l - AP 65 g/dl – PT 3.9 g/dl – al-bumina 2.0 g/dl – globulina 2.8 g/dl – LDH 550 Ui/l – Ck 1500 Ui/l – colesterolo 90 mg/dl – bilirubina totale 1.0 mg/dl

Ponemmo pertanto il soggetto al riparo, e lo lasciammo un poco tranquillo. Decidemmo di rinunciare alle nostre comodità e pernot-tare sul luogo; informammo quindi la no-stra guida, che con incredulità scuotendo il capo, ci salutò avviandosi alla macchina. Consumammo una frugale cena e stabilim-mo dei turni di guardia, riposandoci due alla volta. La notte trascorse serena, ed il suo silenzio venne interrotto solamente dal canto di una civetta, che doveva avere la tana a poca distanza da noi. L‛alba si annunciò con il fragoroso schiamazzo di un branco di uccelli acquatici posatisi a pelo d‛acqua.

Ottavo giorno.

Eravamo stralunati dalla notte trascorsa in maniera alquanto scomoda, ogni cen-timetro della nostra epidermide era co-perto dai morsi delle zanzare. Andammo ad osservare come il nostro Gruccione

Settimo giorno.

I Gruccioni catturati erano stati liberati,

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avesse trascorso la notte, ma avemmo la sgradita sorpresa di trovarlo morto. Non aveva superato la nottata, sebbene Salvatore non avesse riscontrato indizi tali da far pensare che la sua situazione potesse essere così drastica. Restava da stabilire con esattezza le cause del decesso. Il nostro veterinario procedette all‛esame autoptico sommario, non gli fu comunque possibile stabilire con precisione scientifi ca la morte del soggetto in quanto le parti anatomiche ed organiche interne valutate, non potevano essere analizzate in un laboratorio ben attrezzato allo scopo. Ritornammo quindi al Resort, dove Salvatore aveva l‛attrezzatura per le valutazioni cliniche.

Nono giorno:

Prelevate e preparate le sezioni di polmone, cuore fegato, rene ed intestini, Salvatore poté appurare un eccesso di manganese presente in tali preparazioni tissutali, nonché stabilire le cause del decesso con buona approssimazione dovuta ad un avanzato processo fl ogistico a livello polmonare; il soggetto era deceduto a causa di una grave broncopolmo-nite muco-purulenta dovuta quasi sicuramente alla Pasteurella multocida. La cosa ovviamente, destava non poche preoccupazioni in quanto il timore che l‛intera colonia di Gruccioni potesse essere infetta, non era peregrina. Si adottarono quindi im-mediatamente le procedure precauzionali al fi ne di evitare la trasmissione della malattia a chi aveva operato, alla distruzione dei campioni esaminati e alla immediata denuncia del caso, alle Autorità Sanitarie locali, che si dimostrarono molto tempestivi mandando del personale specializzato ad effettuare i controlli del caso.

Ci recammo dunque a Chaaria, in una missione/ospedale gestita da volontari missionari per sottoporci ad esami ematologici al fi ne di appurare il nostro stato di salute e l‛eventuale “quarantena”, che ci venne “consigliata” con autorevole fermezza dalle autorità sanitarie locali. Ci trasferimmo quindi alla Missione e vi rimanemmo per quattro giorni. Trascorso quel periodo non molto piacevole a causa delle situazioni disperate e di immensa povertà in cui versavano i ricoverati, ci rendemmo conto di quanto futili fossero, certi nostri modi di pensare e di agire da occidentali. Ciò a cui assistemmo ci cambiò in parte la vita, ed occupammo i nostri giorni di permanenza in quei luoghi tanto diversi dai lussi del nostro Resort, dando una mano a quella gente che ne aveva davvero bisogno. Raccogliemmo anche una piccola somma che consegnammo alla responsabile della missione, una donna minuta ed energica che ci ringraziò con una stretta di mano calorosa, ed i grandi occhi azzurri pieni di gratitudine.Il nostro tempo nella missione, scandito dall‛andirivieni ininterrotto dei medici e degli infermieri era trascorso, gli esami erano risultati negativi (cosa di cui eravamo certi), e dovevamo rientrare in Italia.

Tredicesimo ed ultimo giorno:

Trascorremmo il nostro ultimo giorno della nostra permanenza in terra d‛Africa ripensan-do a ciò a cui avevamo assistito e ripercorrendo con il pensiero tutte le nostre esperienze di quei pochi giorni, ma pregnanti di emozioni inenarrabili. Ci rendemmo conto di cosa ave-vano provato tutti coloro che avevano visitato quel Paese; di coloro che avevano deciso di rimanere per sempre in quei luoghi aspri e selvaggi, ma dolci e struggenti al tempo stesso. Comprendemmo appieno il signifi cato che volle dare la scrittrice Danese Karen Blixer al suo romanzo. Preparammo frettolosamente i bagagli e rimanemmo a contemplare la spiaggia in attesa che la nostra guida, venisse a prelevarci per portarci all‛aeroporto che ci avrebbe riporta-to alla noiosa routine della nostra vita quotidiana…

Africa! Continente dimenticato..dimenticato nelle persone, dai suoi stessi abitanti..Africa mai la-

sciata libera, Africa ricca, Africa povera.

In te appaiono le tue risorse, I tuoi tesori, la tua bellezza.. non esistono le tue genti; neri fantasmi

destinati a dissolversi alle prime luci dell’alba...

Falco di palude.

A special thank, to Tamara van den Broek and Fernando Cerra, for permission to use of photo-graphic materials and Vadim Onischenko.

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kenia