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Monitoraggio Media SIFA srl - Via G. Mameli, 11 – 20129 MILANO +390243990431 [email protected] - www.sifasrl.com Giovedì 09 gennaio 2020

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Giovedì 09 gennaio 2020

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SommarioN. Data Pag Testata Articolo Argomento1 09/01/2020 25, 2 IL GAZZETTINO DI PORDENONE VISITE AL SABATO, IL NODO PERSONALE SANITÀ LOCALE2 09/01/2020 28 IL GAZZETTINO DI UDINE DOPO L'ICTUS SVUOTA ESTINTORI IN CORSIA ASSOLTO, CHIEDE I DANNI ALL'OSPEDALE SANITÀ LOCALE3 09/01/2020 28 IL GAZZETTINO DI UDINE LA LEGA ATTACCA: CHI HA CHIUSO L'OSPEDALE ORA PROTESTA SANITÀ LOCALE4 09/01/2020 28 IL GAZZETTINO DI UDINE L'AZIENDA SANITARIA «VALUTEREMO L'ISTANZA E POI DECIDEREMO» SANITÀ LOCALE5 09/01/2020 29 IL PICCOLO L'INIZIATIVA TABLET E GIOCHI HI-TECH AL BURLO PER I PICCOLI PAZIENTI RICOVERATI SANITÀ LOCALE6 09/01/2020 1, 22 MESSAGGERO VENETO IL NUOVO DIRETTORE: I PICCOLI OSPEDALI SI SPECIALIZZINO SANITÀ LOCALE7 09/01/2020 22 MESSAGGERO VENETO LA CARENZA DI MEDICI SÌ AGLI STUDENTI IN CORSIA DUBBI SUI PENSIONATI SANITÀ LOCALE

8 09/01/2020 22 MESSAGGERO VENETO I TEMPI DEGLI ESAMI TAGLIO ALLE LISTE D'ATTESA «NON È UN TABÙ PENSARE DIRICORRERE AI PRIVATI» SANITÀ LOCALE

9 09/01/2020 21 MESSAGGERO VENETO PORDENONE L'ANALISI «OSPEDALI E CURE, LA PROVINCIA HA DIMEZZATO L'ATTRATTIVITÀ» SANITÀ LOCALE

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Esami il sabato, ma manca il personale L'idea è ottima: visite ed esami diagnostici anche il sabato per bloccare la fuga di pazienti che vanno a curarsi fuori provincia dove le liste d'attesa sono meno lunghe. Ma c'è un problema: per ampliare gli orari di utilizzo delle diagnostiche e lavorare il sabato manca personale. E pure i soldi. Lisetto a pagina IV

Visite al sabato, il nodo personale •Per ampliare l'orario degli ambulatori delle radiografie •Sulla fuga di pazienti Pordenone è maglia nera in regione è necessario assumere tecnici e infermieri. Non sarà facile Conficoni: siamo al confine, la Regione investa più risorse

LA SANITÀ DIFFICILE

PORDENONE La proposta contenu­ta nel Piano attuativo dell'Azien­

da sanitaria per il 2020 di am­pliare l'orario per l'utenza degli ambulatori della Radiodiagno­stica si scontra con la necessità

di ampliare anche l'organico. E inevitabile che un ampliamento del servizio - di esami e visite per radiografie, Tac e Risonanze ma-

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gnetiche in particolare - fino a dodici ore giornaliere e il sabato mattina richiede una diversa or­ganizzazione del personale e an­che una diversa turnazione. Una riorganizzazione che dunque ri­chiederà una implementazione sia di personale tecnico che in­fermieristico. «È chiaro che non si può pensare - sottolinea Pier­luigi Benvenuto, della Cgil Sani­tà - a una riorganizzazione di un servizio così importante per l'utenza senza passare per l'ade­guamento dell'organico. Ben-venga la previsione di migliore un servizio per i cittadini, ma è necessario ragionare sulle ne­cessità del personale. Se sarà all'ordine del giorno, di questa questione come delle altre lega­te sempre al personale, ne discu­teremo con la nuova direzione non appena saremo convocati». La misura, assieme a una serie di altre azioni come l'incremen­to dell'utilizzo delle sale operato­rie nei diversi ospedali del terri­torio, è prevista dal piano azien­dale come un'azione per frenare la fuga di pazienti verso altri ospedali.

FUGA FUORI REGIONE Il nodo dei residenti nel Friuli

occidentale che decidono di cu­rarsi in ospedali fuori dal territo­rio - in particolare in Veneto e soprattutto su alcune specialità - resta uno dei principali che la Regione intende affrontare. Da una serie di dati resionali emer­

ge che dal 2013 al 2018 il costo che la Regione deve pagare ad al­tre Regioni per la fuga di pazien­ti è incrementato: il saldo è oggi

LA RIORGANIZZAZIONE RICHIEDEREBBE ANCHE UN CAMBIO NELLA TURISTICA INSUFFICIENTI GLI OPERATORI ATTUALI

negativo per circa 18 milioni di euro. Ma quasi la metà è da im­putare al peggioramento del sal­do che ha registrato l'Azienda di Pordenone. Nel 2013 il Friuli Ve­nezia Giulia incassava 97 milio­ni da altre Regioni per pazienti provenienti da fuori che decide­vano di curarsi negli ospedali friulani. Pagava, invece, 72 mi­lioni ad altre regioni per i costi dei cittadini friulani che usciva­no dal proprio territorio per cu­rarsi. Il saldo era positivo per ol­tre 25 milioni. Nel 2018 i soldi in­cassati dal Fvg sono stati pari a 91 milioni. Quelli spesi sono au­mentati a 84: il saldo è sempre positivo, ma a soli 7 milioni. An­ziché gli oltre 25 dei sei anni pre­cedenti. Un saldo che, dunque, è peggiorato per complessivi 18 milioni. Ma per circa 9 milioni il peggioramento del saldo è da imputare alla sanità pordenone­se. Essendo la provincia di Por­

denone quella di confine con il Veneto il dato è presto spiegato.

AREA DI CONFINE «I numeri - sottolinea il consi­

gliere regionale Pd Nicola Confi-coni, che ha preparato il "dos­sier" sulle fughe di pazienti rac­cogliendo i dati degli ultimi sei anni - parlano chiaro. Siccome l'Azienda pordenonese è quella di confine è ovviamente più esposta. Per questo se si vuole re­cuperare terreno e rendere più attrattivi i nostri ospedali, come l'assessore alla Sanità Riccardi ha più volte detto essere un obiettivo primario, è necessario investire più risorse negli ospe­dali della provincia e nel perso­nale. È positivo che il Piano aziendale abbia dedicato atten­zione a questo aspetto. Monito­reremo nei prossimi mesi se le azioni previste vengano messe in campo e con quali risultati. Se non migliora l'attrattività degli ospedali pordenonesi non mi­gliora il dato complessivo regio­nale. Perciò è su questo territo­rio che l'attenzione della Regio­ne deve essere massima».

D.L.

UN DOSSIER DEL CONSIGLIERE REGIONALE DENUNCIA IL PEGGIORAMENTO NEGLI ULTIMI SEI ANNI «PIÙ SOLDI E ADDETTI»

Strumenti per il nuovo ospedale

Task-force per l'acquisto della tecnologia PORDENONE II 2020 sarà l'anno in cui l'Azienda sanitaria dovrà stabilire - in collaborazione con Arcs - le procedure per l'acquisizione delle tecnologie e degli arredi per il nuovo ospedale. Nel dicembre scorso la Regione ha stanziato gli oltre cinquanta milioni necessari all'acquisto delle strumentazioni tecnologiche e degli arredi. I tempi per gli acquisti dovranno però essere stabiliti già quest'anno. E per fare questo è stato prevista la costituzione di una task-force tecnica, amministrativa e

sanitaria che si occupi solo di questi aspetti. Il piano aziendale prevede delle assunzioni aggiuntive, rispetto alle risorse umane oggi disponibili, per la costituzione di questo gruppo di lavoro. La previsione è di inserire le nuove figure nelle strutture primariamente coinvolte nel processo di allestimento. In particolare il piano prevede di reperire due amministrativi o a tempo determinato o indeterminato, al fine di costituire una rete di collegamento operativo con la componente amministrativa

dell'Azienda regionale che gestirà le gare per gli acquisti egli allestimenti. Sarà poi assunti un tecnico impiantista a tempo indeterminato. Un medico di direzione sanitaria a tempo determinato, cioè fino all'attivazione del nuovo ospedale. Necessari anche due ingegneri, un clinico e uno Ict. La definizione della "squadra" - si legge ancora nel piano - fa riferimento alla soluzione organizzativa per la fase di approvvigionamento del futuro ospedale e potrà comunque essere oggetto di rivalutazione alla luce del modello organizzativo.

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Dopo l'ictus svuota estintori in corsia Assolto, chiede i danni all'ospedale •Il malato non ricorda nulla di quella notte •La figlia: «Non lo faccio per i soldi, ma per principio Sentenza assolutoria: «Incapace di intendere» Nella struttura sanitaria avrebbero dovuto tutelarlo»

IL CASO

UDINE Quell'ictus, che ha colpito il padre nel 2018, per la figlia è stato l'inizio di «un'odissea» inimmaginabile, prima negli ospedali e quindi anche nelle au­le giudiziarie. «Una cosa tragicis­sima, che non avrei mai pensato potesse accadere», dice la donna ora che il papà, che compirà 78 anni fra pochi giorni, è stato as­solto «per difetto assoluto di ca­pacità di intendere e di volere» al momento del fatto, come ha mes­so per iscritto il giudice, nella sentenza assolutoria pronuncia­ta in autunno (e l'assoluzione perché il reato era stato commes­so da un soggetto non punibile, l'aveva chiesta anche il pm, cui si era associata la difesa) che ha chiuso la vicenda nel processo con rito abbreviato condiziona­to. Nell'aula del Tribunale, il si­gnore era stato chiamato in cau­sa, con l'accusa di aver turbato la regolarità dei servizi pubblici e di imbrattamento, perché il 5 aprile 2018, nell'ospedale di Pal-manova, dove era ricoverato in seguito all'ischemia che lo aveva colpito il 3 aprile nella sua casa della Bassa, aveva preso degli estintori di Medicina nord e li aveva azionati nei corridoi, im­brattando di polvere estinguen­te, provocando l'inagibilità del reparto per una giornata e co­stringendo il personale ad eva­cuare temporaneamente i locali, come si legge nella sentenza. Erano stati chiamati i carabinie­ri di Ajello. L'anziano, dopo aver

dato in escandescenza, era crol­lato e aveva perso conoscenza, stremato. Di quella notte, non ri­corda nulla. La relazione del pe­rito psichiatra incaricato dal Tri­bunale ha precisato che, in quell'occasione, a causa dell'ic­tus, non era in grado di intende­re e di volere. Ora, con l'assolu­zione, per il malato la pagina giu­diziaria si è chiusa. Ma la figlia, assistita dall'Associazione di tu­tela diritti del malato di Udine, fa sapere che sta valutando di «chiedere un eventuale risarci­mento all'ospedale di Palmano-va. Sono determinata ad andare avanti. Non per i soldi, ma per una questione di principio. Dei soldi, non me ne faccio niente, ma lo farei per rispetto non solo di me ma anche di altri che han­no questi problemi. Mio padre avrebbe dovuto essere messo in sicurezza subito. Se mi dovesse­ro dare dei soldi, li darò in bene­ficenza», dice la figlia. RISARCIMENTO

Secondo la presidente del so­dalizio, l'avvocato Anna Agrizzi, che ha seguito la vicenda, «il pa­ziente, affetto da ictus, con un precedente di agitazione moto­ria notturna, oltre a non essere stato opportunamente seguito dal punto di vista medico - sostie­ne Agrizzi -, ha dovuto anche su­bire un processo penale. Stiamo valutando l'opportunità di fare una richiesta risarcitoria per questa brutta situazione in cui si è trovato il signore». Agrizzi cita anche la relazione medico-legale redatta su incarico dell'associa­zione dall'esperta Antonia Fan-zutto, «da cui risulta che sarebbe

stato onere dell'azienda ospeda­liera monitorare il signore». L'episodio per cui la vicenda è fi­nita in tribunale, infatti, si è veri­ficata nella seconda notte di de­genza, quando aveva manifesta­to «un importante episodio di di­sorientamento e dispercezione, provocando un danneggiamen­to delle strutture» «e aggreden­do il personale che tentava di fer­marlo», come scrive il perito di parte. Secondo Fanzutto il qua­dro del signore, assieme «avreb­be richiesto una sorveglianza stringente del paziente, con una prevenzione del rischio di cadu­ta e una limitazione delle possi­bili (e prevedibili) reazioni di ag­gressività e agitazione psico-mo­toria tramite la contenzione far­macologica o eventualmente an­che meccanica». Secondo il me­dico incaricato dal sodalizio, «i fatti occorsi si sarebbero potuti evitare se vi fosse stata una cor­retta valutazione delle condizio­ni del paziente e del rischio di suoi atteggiamenti aggressi­vi-agitati, dei quali vi era già sta­to un primo segnale» la notte pri­ma. Conclude Agrizzi: «Stiamo valutando con il medico legale se chiedere il risarcimento all'ospe­dale di Palmanova».

Camilla De Mori

L'AVVOCATO DEL PAZIENTE: «STIAMO DECIDENDO SE FARE ISTANZA RISARCITORIA CON IL MEDICO LEGALE»

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La Lega attacca: chi ha chiuso l'ospedale ora protesta LA POLEMICA

UDINE "Paradossale che il Parti­to democratico rinneghi se stesso, quando è stata l'Ammi­nistrazione regionale Serrac-chiani a chiudere definitiva­mente l'ospedale di Cividale. Il Pd ha ribadito il declassa­mento a presidio ospedaliero di Cividale con la legge 17/2014, sorprende quindi la raccolta firma degli esponenti proprio di quella parte politi­ca". LA NOTA

Lo affermano in una nota i consiglieri regionali della Le­ga, Ivo Moras ed Elia Miani. "Il concetto di reparto di Medici­na - spiegano i due esponenti della Lega - oggi è molto diver­so da ciò che troviamo a Civi­dale, in quanto nella città du­cale vengono ospitati pazienti con bassa e media complessi­tà che non necessitano di un ospedale. Nel presidio di Civi­dale aumenteranno invece i

posti in Hospice, Rsa e nella specialistica ambulatoriale. Il primo intervento passerà alle 24 ore e ci sarà inoltre un ac­cordo con l'Università di Udi­ne per sviluppare a Cividale la Geriatria". "Struttura e perso­nale del day surgery rimarran­no invariati", precisa inoltre Miani. I due consiglieri della Lega evidenziano poi "l'incoe­renza degli esponenti politici che si mettono in piazz^j^er^ raccogliere firme avverso una decisione che hanno preso lo­ro e i loro alleati di governo. Il Movimento 5 Stelle in piena crisi di consensi, cercando di prendersi meriti che non ha, si inserisce in una sterile pole­mica pre-elettorale al fine di ottenere qualche voto in più".

LA LEGA

CIVIDALE IL CARROCCIO

DI GOVERNO PUNTA IL DITO CONTRO DEM E CINQUE STELLE

"Questa maggioranza regio­nale - sottolineano gli espo­nenti della Lega - ha riordina­to le cose aumentando le pre­stazioni specialistiche ambu­latoriali e i posti letto delle de­genze intermedie. Inoltre, ha previsto in legge una presen­za dell'università per le com­plessità geriatriche. Dispiace -concludono Moras e Miani -che si faccia campagna eletto­rale sulla salute dei cittadini, raccontando bugie e falsando la realtà a seconda di un torna­conto politico". Un attacco frontale, dunque al Pd e ai 5Stelle che su questa vicenda stanno raccogliendo le firme in piazza. Ma non solo questo l'unico fronte aperto per la sa­nità.

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L'azienda sanitaria

«Valuteremo l'istanza e poi decideremo» L'Azienda sanitaria nel cui comprensorio ora ricade il nosocomio palmarino, fa sapere che «quando e se arriverà la richiesta di risarcimento, l'azienda effettuerà tutti i controlli del caso e farà le opportune valutazioni». La procedura di prassi, infatti, prevede che le richieste risarcimento vengano prima affidate agli Affari legali, per la valutazione del caso con il medico legale. Poi, in base all'esito dell'istruttoria, l'ospedale può decidere se dar corso al risarcimento o no. L'associazione di tutela, «se ha la delega del paziente, sarà tempestivamente informata dei passaggi».

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L'INIZIATIVA

Tablet e giochi hi-tech al Burlo per i piccoli pazienti ricoverati Supporti tecnologici in arrivo per lo studio e il divertimento dei bambini che devono affrontare lunghi percorsi di ospedalizzazione

Strumenti tecnologici e sup­porto qualificato a disposizio­ne per aiutare i bambini rico­verati al Burlo a studiare e gio­care. Il progetto "Scuola e gio­chi in corsia" realizzato in tut­ta Italia dall'Amgen, società che opera nel campo delle biotecnologie, in collabora­zione con l'Aieop, l'Associa­zione italiana ematologia on­cologia pediatrica, ha come principale obiettivo proprio quello di aiutare i minori con leucemia o altre neoplasie ad affrontare un lungo percorso di ospedalizzazione fornen­do supporti come tablet, gio­chi di realtà virtuale e perso­nale specializzato. Ogni an­no in Italia si ammalano di tu­more circa 1.500 bambini di età compresa tra gli zero e i 14 anni e circa 800 adolescen­ti fra i 15 e i 18 anni. I tumori pediatrici più comuni sono ematologici con circa 500 ca­si di leucemie acute di cui 400 di Leucemia linfoblasti-caacuta (Ila).

Al Burlo, come centro di ri­ferimento del Fvg, viene dia­gnosticato ogni anno un nu­mero variabile tra i 35 e i 40 nuovi casi oncologici in pa­zienti con età inferiore ai 18 anni: di questi, 15 nuovi casi

PRONro •

INCORSO. PEOiATRicc

L'esterno dell'istituto materno-infantile Burlo Garofolo

sono rappresentati da leuce­mie acute e 10 nuovi casi so­no leucemie linfatiche acute che rappresentano per l'ap­punto la neoplasia più fre­quente in età pediatrica.

"Scuola e giochi in corsia" fornirà così al Burlo supporti tecnologici come Kindle e iPad. Marco Rabusin, diretto­re della Struttura complessa di Onco-ematologia, spiega che «grazie ai moderni proto­colli internazionali, basati su un approccio polichemiotera-pico, attualmente utilizzati al Burlo, più dell'80% dei pa­zienti affetti da Lia guarisco­no ma rimane una percentua­

le non piccola che risulta resi­stente ai trattamenti di prima linea o che presenta una reci­diva di malattia alla sospen­sione delle cure». «Program­mi come "Scuola e giochi in corsia" - osserva Maria Luce Vegna, direttore medico Am-gen Italia - sono pienamente coerenti con la visione dell'A-mgen, che, a partire dall'atti­vità di Ricerca e Sviluppo di nuove terapie, si impegna a offrire risposte efficaci sia sul profilo strettamente terapeu­tico sia in termini di qualità di vita dei pazienti».—

An.Pi. IEJRIPRGDUZIONERISERVATA

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IL NUOVO DIRETTORE: I PICCOLI OSPEDALI SI SPECIALIZZINO PERT0LDI/PAG.22

«Udine resta centrale Ma i piccoli ospedali devono specializzarsi» Intervista a Massimo Braganti, neodirettore generale dell'Azienda Friuli Centrale «L'università è una risorsa in più, utile anche per operazioni di raccolta fondi»

Mattia Pertoldi

UDINE. Massimo Braganti si è in­sediato al Santa Maria della Mi­sericordia da una manciata di giorni. Il nuovo manager chia­mato da Massimiliano Fedriga e Riccardo Riccardi a guidare la neonata Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale -quella che da Tarvisio va a Li-gnano - sa bene di avere di fron­te a sé la sfida più impegnativa dell'intera riforma. Ma, alme­no a parole, pare avere la consa­pevolezza di cosa lo attende e, soprattutto, sembra davvero al­lineato in tutto e per tutto alle posizioni della giunta e alla "ra­tio" con cui è stata mandata in archivio la legge Telesca.

Braganti, come si inserisce l'ospedale di Udine in un baci­no ampio come quello dell'in­tera ex provincia?

«È e resterà uno dei nuclei di forza dell'Azienda dal punto di vista dell'assistenza. Uno degli slogan più veritieri della sani­tà, però, dice che un ospedale funziona se funziona il territo­

rio. Parlando di appropriatez-za, infatti, una persona deve andare in ospedale quanto real­mente ne ha necessità. E in un livello di maggiore complessi­tà rivolgersi a Udine, nei livelli successivi, invece, l'obiettivo sarà quello di arrivare a una dif­ferenziazione specifica dell'of­ferta».

È qui che entrano in gioco gli altri presidi?

«Sì, da Palmanova a Tolmez-zo passando per San Daniele, Gemona, Latisana e Cividale a seconda del diverso livello di assistenza. Vogliamo cercare di permettere il più possibile la fruizione dei servizi per quello che serve effettivamente alle persone. Non è corretto pensa­re di svolgere l'attività di base all'ospedale di Udine e allo stes­so tempo non si può pretende­re di arrivare a quella di terzo li­vello nei piccoli nosocomi. L'e­sperienza che stavo coltivando in Umbria, e che conto di ripro­porre in Friuli, era quella di uti­lizzare i piccoli ospedali come sponda, da supporto, all'Azien­da. Magari facendo anche muo­

vere i professionisti». Quale sarebbe il vantaggio

in quest'ultimo caso? «Possono esserci medici

dell'Azienda ospedaliera che hanno interesse ad affrontare una quantità maggiore di casi­stica territoriale, garantendo allo stesso tempo alcune pre­stazioni di base che evitino ai cittadini di muoversi per anda­re in un altro presidio, magari intasando le liste d'attesa».

Quindi lei è favorevole alla specializzazione dei piccoli ospedali come peraltro so­stiene la giunta?

«Devo ancora capire dove so­no seduto, però l'esperienza di Pitigliano o Castel del Piano (in provincia di Grosseto ndf) mi insegna e conferma che ave­re l'ospedale generalista si tra­duce nell'anticamera della chiusura. Non si può pretende­re di avere tutto quanto in un piccolo presidio da, magari, po­che decine di interventi chirur­gici l'anno. Caratterizzare un ospedale secondo un certo tipo di attività funge invece da pun-

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to di riferimento per un territo­rio e può pure costituire una va­lida attrazione per i professio­nisti del settore».

In modo tale da combatte­re la penuria dei medici?

«Esatto. Specializzare un ospedale consente di aumenta­re le chance di avere a disposi­zione più medici. Se invece non si caratterizza il nosoco­mio tutto diventa più difficile. A Spoleto ho dovuto richiama­re in servizio cinque pensionati per evitare di chiudere il punto nascita considerata l'impossibi­lità di trovare professionisti di­sponibili a venire a lavorare in un presidio così piccolo».

Avrà letto le resistenze, in questo senso, nate a Palma-novaeCividale...

«Certo, ma penso sia norma­le. Conosco l'ospedale di Pal-manova perché ci sono stato una decina di anni fa a svolge­re formazione. Ho rivisto il pre­sidio in questi giorni e mi ha fat­to un'ottima impressione. Ho letto le polemiche sul punto na­scita, ma dall'ortopedia alla ria­bilitazione Palmanova possie­

de una serie di attività che con­sente la caratterizzazione, e quindi il successivo potenzia­mento, dell'ospedale».

Come prevede la legge ap­provata in estate?

«Ho intravisto le idee conte­nute nel Pai e "disegnate" dal mio precedessore. Le condivi­do anche se magari proporrò

qualche piccola limatura. Civi-dale? Adesso vediamo, sono ar­rivato da una settimana. Com­patibilmente con i calendari an­dremo a trovare il prima possi­bile istituzioni e cittadini. A Ci-vidale, come in tutti gli altri ter­ritori della provincia».

Come valuta i rapporti con l'università?

«L'Ateneo è una risorsa in più. Non penso soltanto alla medicina, ma anche ad altri ra­mi di interesse. Ricerca, senza dubbio, però l'Ateneo può rap­presentare anche un arricchi­mento e un'ottima sponda per operazioni difund raising».

Un problema non da poco sarà l'assistenza nelle zone montane...

«Vero e su questo mi baserò

sulle esperienze maturate in Umbria e pure in Toscana dove ho dovuto gestire il Mugello. Le nuove tecnologie servono, ma dobbiamo utilizzare ogni ri­sorsa a disposizione. Magari qui ci sono abitudini diverse, ma penso, ad esempio, alle far­macie, cui mi sono appoggiato per lo screening al colon al Mu­gello, alle associazioni di volon­tariato e agli enti locali».

Manterrà un presidio sani­tario estivo a tignano?

«Ragioniamoci, per quanto mi verrebbe da dire che anche nelle zone turistiche i tempi di risposta devono essere i più ve-locipossibili».

Lei ha un contratto valido fino al 2024: che obiettivo si pone per la sanità del Friuli Venezia Giulia da qui a quel­la data?

«Non faccio programmi. Se date un'occhiata al mio curricu­lum noterete come in carriera abbia chiesto di cambiare una volta sola. Nelle altre circostan­ze c'è sempre stato qualcosa, o qualcuno, che mi ha prelevato e spostato».—

Un passato in Toscana e in Umbria Negli ultimi sei mesi, prima di es­sere chiamato in Friuli Venezia Giulia da Massimiliano Fedriga e Riccardo Riccardi, Massimo Bra­ganti è stato Commissario dell'U­si Umhria 2, mentre prima ha ri­coperto il ruolo di Direttore ammi­nistrativo dell'Usl2 Toscana Cen­tro e, in precedenza, per tre anni a capo del Consorzio servizio sa­nitaria della Regione Toscana.

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« LA NUOVA AZII AZIENDA SANITARIA UNIVERSITARIA FRIULI CENTRALE

Oltre

5 3 0 mila cittadini serviti

Più di

w mila operatori

al lavoro

Circa

D mila

chilometri quadrati di territorio

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LA CARENZA DI MEDICI

Sì agli studenti in corsia Dubbi sui pensionati Il manager apre alla possibilità di reclutare specializzandi Perplessità sul tenere a lavoro i camici bianchi fino a 70 anni

> *

Uno dei problemi della sanità regionale è la carenza di medici

Mattia Pertoldi

UDINE. L'occhiolino strizzato - pur con alcuni distinguo -agli specializzandi in corsia, sul modello di quanto aveva proposto il governatore del Veneto Luca Zaia, fa il paio con i forti dubbi sia sui pen­sionati al lavoro sia sulla pos­sibilità di mantenere in cor­sia, come promesso dal mini­stro della Sanità Roberto Speranza, i medici fino al compimento dei 70 anni di età.

È questa, in estrema sinte­si, la linea di Massimo Bra-ganti che si basa sia sul suo pregresso professionale sia sulle convinzioni maturate

da manager del settore. «Penso che mettere un 70en-ne in turno in un reparto po­trebbe portare a qualche pro­blema - sostiene il nuovo di­rettore generale dell'Azien­da sanitaria universitaria Friuli Centrale -, anche se è vero che esistono professio­nisti ancora abilissimi a quell'età. È vero che a Spole­to ho salvato il punto nascita richiamando cinque profes­sionisti in pensione in servi­zio, ma la realtà dice che pos­siamo pensare di intervenire in questo modo soltanto per un periodo limitato di tem­po. Non si può credere di an­dare avanti mesi con perso­nale in quiescenza. La pianifi­cazione rispetto alle nuove

specializzazioni, inoltre, di­venterà determinante, an­che se i risultati si vedranno esclusivamente tra qualche anno».

Cambia, invece, la situa­zione se parliamo degli spe­cializzandi. Zaia in Veneto, a settembre, ha fatto approva­re in giunta una delibera che consente il loro utilizzo in corsia già a partire dal secon­do anno di specializzazione sfidando il Governo. Bragan-ti non si espone fino a questo punto, ma ricordando quan­to realizzato in Toscana pro­muove, pur con certi limiti, questo tipo di soluzione. «A Firenze ne abbiamo assunti un buon numero - conferma­to -. Nei pronto soccorso so­no stati presi più o meno 130 specializzandi. La strategia, che ho impostato e che poi è stata portata avanti dai colle­ghi dopo il mio trasferimen­to in Umbria, è stata quella di ampliare il numero di bor­se di studio di specializzazio­ne vincolando gli studenti ad almeno tre anni di contrat­to di lavoro nel sistema sani­tario locale. Un po' come av­viene per i piloti dell'aero­nautica militare che in cam­bio della loro formazione pa­gata dallo Stato assicurano un vincolo di, chiamiamolo fedeltà, di alcuni anni prima di passare all'aviazione civi­le. Questa teoria, però, non può essere valida per ogni

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specializzazione. In pedia­tria, ad esempio, un medico deve aver completato il suo iter di studi prima di essere

Completata la squadra con le nomine di Regattin, Faldon e Caporale

assunto». Idee chiare in materia,

dunque, da parte di Braganti che nel frattempo ha comple­tato la squadra con cui ammi­nistrerà l'Azienda nei prossi­mi anni. Tra i primi atti del manager, infatti, c'è stata la nomina del team che lo af­

fiancherà a Udine con Laura Regattin come direttore sani­tario, Alessandro Faldon nu­mero uno amministrativo e Denis Caporale al vertice dei servizi socio-sanitari. A bre­ve, inoltre, andrà recepito il Pai e si comincerà a ragiona­re sul nuovo schema organiz­zativo dell'Azienda. —

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I TEMPI DEGLI ESAMI

Taglio alle liste d'attesa «Non è un tabù pensare di ricorrere ai privati» UDINE. Pensare di tagliare le liste d'attesa utilizzando anche i privati convenzio­nati non è un tabù. Anzi, an­che in questo settore Massi­mo Braganti si dimostra perfettamente allineato al suo assessore di riferimen­to, Riccardo Riccardi, che nell'ultima parte dello scor­so anno ha approvato il ri­corso ai privati fino a un massimo del 6%.

Il nuovo numero uno del­la sanità friulana è consape­vole di come una parte rile­vante del suo lavoro si gio­chi sui tempi per gli esami e, da questo punto di vista, punta a muoversi lungo tre assi diversi, ma che si inca­strano tra di loro. «Serve ap-propriatezza, prima di tut­to nelle prescrizioni dei me­dici- sostiene Braganti-, e dobbiamo affrontare un ra­gionamento con i professio­nisti sulle prese in carico analizzando anche i possi­bili margini esistenti sul ter­ritorio». Come a dire, ap­punto, guardare senza pa­temi ai privati. «Esistono istituti già convenzionati che stanno operando bene sul territorio - prosegue -. Per me sono una risorsa, l'importante è che i servizi siano realmente utili al si­stema. Non ci servono pre­stazioni generiche, bensì specifiche in relazione alle nostre esigenze, ai bisogni

del servizio pubblico. Sa­rebbe però sbagliato pensa­re a una ricetta univoca per­ché bisognerà calarsi nelle singole circostanze consi­derato come ogni area pos­sieda alcune specifiche pe­culiarità».

Compito di un manager, infine, è anche quello di te­nere sotto controllo i costi di una sanità che continua­no a crescere - e ormai ai ag­girano attorno al 60% dell'intero bilancio regiona­le - a ritmi che difficilmen­te potranno essere "soppor­tati" a lungo grazie all'at­tuale livello di comparteci­pazioni erariali garantite al Friuli Venezia Giulia. «Più che contenere i costi - con­clude Braganti -, l'ordine di scuderia che mi è sempre stato impartito in carriera è quello di spendere il giu­sto, cioè utilizzare ciò che serve. Bisogna farsi, ad esempio, alcune domande: la spesa farmaceutica è cor­retta? Tutte le prescrizioni sono indispensabili alla sa­lute del cittadino? Ci sono specialità in cui va corretta la situazione? Sono ragio­namenti che dobbiamo fa­re, e anche in fretta, consi­derato come, a ragione, il cittadino chieda risposte veloci ed efficienti dal siste­ma sanitario, non a distan­za dimesi».—

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L'ANALISI

«Ospedali e cure, la provincia ha dimezzato l'attrattività» Nel 2013 le strutture sanita­rie che fanno capo all'azien­da per l'assistenza sanitaria numero 5 e quindi che rica­dono in provincia di Porde­none attraevano prestazio­ni per 15milioni 987mila eu­ro a fronte di una fuga quan­tificabile in 26,3 milioni. Quel delta negativo, pari a 10.3 milioni, è quasi raddop­piato in sei anni. Nel 2018 il saldo tra attrazione e fuga di pazienti, infatti, per l'Aas 5 è salito a quota 19,2 milioni. I calcoli, attraverso un acces­so agli atti alla Regione, li ha fatti il consigliere regionale del Pd, Nicola Conficoni.

L'altro dato di rilievo, se­condo Conficoni, è il fatto che il delta negativo dell'a­zienda pesa per il 48,4 per cento su quello della Regio­ne che in sei anni ha perso 18.4 milioni di euro. Se l'at­trazione della sanità del Friuli Venezia Giulia è passa­ta dai 97,4milioni del 2013 (passaggio tra la giunta Ton­do a quella Serracchiani) ai 91,3 del 2018 (passaggio dalla giunta Serracchiani a quella Fedriga), con punta più bassa pari a 8 7,4 milioni di euro del 2015, la fuga nel­lo stesso intervallo di tempo è è aumentata da 72 a 84 mi­

lioni di euro (con un balzo tra il 2017 e il 2018 da 78 a 84 milioni). Per quanto ri­guarda l'Aas 5, il picco della fuga (31 milioni di euro) e il tasso più basso di atrazione (12 milioni) si è registrato nel2018.

«Il tema che abbiamo di fronte come Regione - pun­gola il consigliere di mino­ranza - è quello di come po­ter migliorare la mobilità ex­traregionale. Da Pordenone­se e dopo aver analizzato i dati, mi sento di dire che, se si vuole ridurre la fuga dei pazienti verso il Veneto e al­tre regioni, bisogna partire proprio dal Friuli occidenta­le, che è il territorio in cui si registra il saldo negativo peggiore. Questo lo si fa po­tenziando i servizi anche at­traverso il trasferimento di adeguate risorse. Bene che nel Pai (il piano di azione lo­cale) della Asfo sia stata de­dicata una sezione alle ini­ziative da intraprendere per limitare le fughe e favorire l'attrazione. Ne monitorere­mo l'attuazione e l'effica­cia».

Guardando i dati nel det­taglio o meglio suddivisi per

Conficoni: «Servono più risorse a quest'area per recuperare il terreno perduto»

aree, Conficoni ha poi evi­denziato che, se sul fronte dei ricoveri ospedalieri la perdita di attrattività è stata costante, ma con incremen­ti lenti, è stato il dato della specialistica ambulatoriale a far crollare la capacità at­trattiva della provincia di Pordenone. Il saldo tra pre­stazioni a pazienti da fuori territorio e quelle ai residen­ti è comunque positivo, ma il margine si è drasticamen­te ridotto.

Se nel 2016 l'Aas 5 ha ga­rantito più di 163 mila pre­stazioni a pazienti di fuori provincia, nel 2018 questo numero è sceso a 140mila. Questione dei tempi delle li­ste d'attesa? Una domanda che sicuramente merita di essere approfondita, così co­me va compresa meglio la mobilità interna alla regio­ne. Nel dato dell'attrazione e della fuga, infatti, figura­no anche pazienti di altre province della regione. —

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