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3 La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale Guido Samarani A fine 2005 fu pubblicato da parte del go- verno cinese un ‘libro bianco’ (white paper) significativamente intitolato China’s Peaceful Development Road. Il documento è composto da cinque parti: in esso, il lega- me tra crescita interna e pace internazionale ricorre costantemente. In particolare, nel- la prima parte si enfatizza come la via dello ‘sviluppo pacifico’ si collochi pienamente nel solco storico dell’impegno della Cina per la pace internazionale e per la cooperazione tra i popoli. Il forte e costante impegno verso lo sviluppo economico e sociale – si evidenzia nella seconda e terza parte – necessita di un contesto pacifico e stabile in campo interna- zionale. Nelle ultime due parti e nella con- clusione l’accento viene posto sul fatto che la Cina è pienamente consapevole di essere an- cora largamente un paese in via di sviluppo e che uno dei nodi più difficili che ancora sta di fronte alla comunità internazionale, e in par- ticolare ai paesi ricchi, è il forte e crescente divario tra nord e sud. I contenuti e i toni del documento appaiono estremamente moderati e concilianti e rap- presentano la base sulla quale si è sviluppata negli anni successivi la strategia internazio- nale di Pechino. Tale approccio, in partico- lare negli ultimissimi anni sotto la direzione della nuova leadership cinese guidata da Xi Jinping, è andato tuttavia sempre più intrec- MONDO E TENDENZE ciandosi con una forte assertività su vari temi relativi alle relazioni con il mondo esterno, soprattutto là dove venivano messe in discus- sione e potenzialmente minacciate aree che vengono considerate da Pechino come ‘que- stioni interne’. La Cina nel mondo globale Poco più di due anni fa (1° ottobre 2014), in occasione del 65° anniversario della fondazio- ne della Repubblica popolare cinese (Prc), la casa editrice in lingue estere di Pechino (Fo- reign Languages Press) pubblicava il volume The Governance of China, una raccolta di va- rie decine di discorsi, commenti e istruzioni del segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc) Xi Jinping relative al periodo novembre 2012 (poco dopo la sua ascesa al vertice del Pcc)-giugno 2014. Articolato in 18 sezioni che toccano tutti i più importan- ti problemi, interni ed internazionali che la Cina è chiamata a fronteggiare, il volume affronta in cinque distinte parti una serie di temi inerenti le relazioni esterne della Prc: lo ‘sviluppo pacifico’; un nuovo modello di relazioni tra i paesi più importanti; l’azione diplomatica verso i paesi limitrofi; la coope- razione con i paesi in via di sviluppo; le rela- zioni multilaterali. I ‘libri bianchi’ (white papers) di Pechino, pubblicati a cura dell’Information Office of the State Council (il governo cinese) e reperibili sia nella versione in lingua cinese che in lingua in- glese (anche se non sempre coincidenti quan- to a documenti disponibili) presso il sito www. china.org.cn, sono degli strumenti di analisi e di informazione che la Cina ha utilizzato negli ultimissimi decenni al fine di fornire, in parti- colar modo alla comunità e all’opinione pub- blica internazionali, risposte a tutta una serie di temi e questioni rilevanti sul piano interno ed estero. I primi ‘libri bianchi’ risalgono agli inizi degli anni Novanta del XX secolo: non è probabil- mente un caso che essi vengano pubblicizzati a distanza di poco più di due anni dai dram- matici eventi di Tian’anmen, quando l’atten- zione internazionale è estremamente forte nei confronti di Pechino, e che i i primi temi trat- tati riguardano problemi quali quelli dei diritti umani, del Tibet e di Taiwan. In questi 25 anni sono stati resi pubblici oltre 120 white papers: di questi, una ventina possono essere definiti come documenti rela- tivi alla visione del mondo e alla strategia di relazioni internazionali cinese. Tra quelli più rilevanti appaiono quelli sulla disputa con le Filippine in relazione alle aree contese nel Mare della Cina meridionale (lu- glio 2016); sul foreign aid cinese (luglio 2014); sulla cooperazione economico-commerciale con il continente africano (agosto 2013); sulla contesa con il Giappone relativa alle isole Dia- oyu/Senkaku (settembre 2012); sullo svilup- po pacifico della Cina (settembre 2011), già anticipato alcuni anni prima (dicembre 2005) da un analogo documento; il policy paper sulle relazioni con l’EU (ottobre 2003). I ‘libri bianchi’ di Pechino

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale

Guido Samarani

A fine 2005 fu pubblicato da parte del go-verno cinese un ‘libro bianco’ (white

paper) significativamente intitolato China’s Peaceful Development Road. Il documento è composto da cinque parti: in esso, il lega-me tra crescita interna e pace internazionale ricorre costantemente. In particolare, nel-la prima parte si enfatizza come la via dello ‘sviluppo pacifico’ si collochi pienamente nel solco storico dell’impegno della Cina per la pace internazionale e per la cooperazione tra i popoli. Il forte e costante impegno verso lo sviluppo economico e sociale – si evidenzia nella seconda e terza parte – necessita di un contesto pacifico e stabile in campo interna-zionale. Nelle ultime due parti e nella con-clusione l’accento viene posto sul fatto che la Cina è pienamente consapevole di essere an-cora largamente un paese in via di sviluppo e che uno dei nodi più difficili che ancora sta di fronte alla comunità internazionale, e in par-ticolare ai paesi ricchi, è il forte e crescente divario tra nord e sud.

I contenuti e i toni del documento appaiono estremamente moderati e concilianti e rap-presentano la base sulla quale si è sviluppata negli anni successivi la strategia internazio-nale di Pechino. Tale approccio, in partico-lare negli ultimissimi anni sotto la direzione della nuova leadership cinese guidata da Xi Jinping, è andato tuttavia sempre più intrec-

MONDO E TENDENZE

ciandosi con una forte assertività su vari temi relativi alle relazioni con il mondo esterno, soprattutto là dove venivano messe in discus-sione e potenzialmente minacciate aree che vengono considerate da Pechino come ‘que-stioni interne’.

La Cina nel mondo globale

Poco più di due anni fa (1° ottobre 2014), in occasione del 65° anniversario della fondazio-ne della Repubblica popolare cinese (Prc), la casa editrice in lingue estere di Pechino (Fo-reign Languages Press) pubblicava il volume The Governance of China, una raccolta di va-rie decine di discorsi, commenti e istruzioni del segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc) Xi Jinping relative al periodo novembre 2012 (poco dopo la sua ascesa al vertice del Pcc)-giugno 2014. Articolato in 18 sezioni che toccano tutti i più importan-ti problemi, interni ed internazionali che la Cina è chiamata a fronteggiare, il volume affronta in cinque distinte parti una serie di temi inerenti le relazioni esterne della Prc: lo ‘sviluppo pacifico’; un nuovo modello di relazioni tra i paesi più importanti; l’azione diplomatica verso i paesi limitrofi; la coope-razione con i paesi in via di sviluppo; le rela-zioni multilaterali.

I ‘libri bianchi’ (white papers) di Pechino, pubblicati a cura dell’Information Office of the State Council (il governo cinese) e reperibili sia nella versione in lingua cinese che in lingua in-glese (anche se non sempre coincidenti quan-to a documenti disponibili) presso il sito www.china.org.cn, sono degli strumenti di analisi e di informazione che la Cina ha utilizzato negli ultimissimi decenni al fine di fornire, in parti-colar modo alla comunità e all’opinione pub-blica internazionali, risposte a tutta una serie di temi e questioni rilevanti sul piano interno ed estero.

I primi ‘libri bianchi’ risalgono agli inizi degli anni Novanta del XX secolo: non è probabil-mente un caso che essi vengano pubblicizzati a distanza di poco più di due anni dai dram-matici eventi di Tian’anmen, quando l’atten-zione internazionale è estremamente forte nei confronti di Pechino, e che i i primi temi trat-

tati riguardano problemi quali quelli dei diritti umani, del Tibet e di Taiwan.

In questi 25 anni sono stati resi pubblici oltre 120 white papers: di questi, una ventina possono essere definiti come documenti rela-tivi alla visione del mondo e alla strategia di relazioni internazionali cinese.

Tra quelli più rilevanti appaiono quelli sulla disputa con le Filippine in relazione alle aree contese nel Mare della Cina meridionale (lu-glio 2016); sul foreign aid cinese (luglio 2014); sulla cooperazione economico-commerciale con il continente africano (agosto 2013); sulla contesa con il Giappone relativa alle isole Dia-oyu/Senkaku (settembre 2012); sullo svilup-po pacifico della Cina (settembre 2011), già anticipato alcuni anni prima (dicembre 2005) da un analogo documento; il policy paper sulle relazioni con l’EU (ottobre 2003).

I ‘libri bianchi’ di Pechino

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Guido Samarani

Come è stato osservato da più parti, l’ap-proccio di Xi Jinping presenta consistenti elementi di continuità con il recente passato ma anche alcune novità.

Tra i primi: la necessità di portare avanti un progetto a lungo termine basato sullo svi-luppo pacifico (peaceful development); la pro-mozione di relazioni tra gli stati caratterizza-te da un forte spirito di cooperazione grazie al quale tutte le parti possano trarre benefici (win-win pattern); l’opposizione verso ogni forma di ‘egemonismo’, ‘espansionismo’ e ‘politica di potenza’; la non interferenza negli affari interni degli altri paesi e il rispetto per le diversità esistenti nei vari sistemi sociali e nelle diverse forme dello sviluppo; la risoluta difesa della sovranità, integrità e degli inte-ressi della Cina; l’esigenza che le dispute tra i vari paesi siano risolte pacificamente, attra-verso il dialogo; il sostegno alle azioni che possano portare alla creazione di un mondo più giusto ed equo.

Tra i secondi: l’intreccio sempre più stretto tra, da una parte, l’impegno ad operare per lo sviluppo pacifico e dall’altra parte la riso-luta difesa degli interessi fondamentali della Cina; il rifiuto dell’idea secondo cui possa esistere un qualche modello cui fare riferi-mento per lo sviluppo dei singoli paesi; una più forte enfasi sul ruolo delle Nazioni Unite (Un) in aree quali quelle della cyber-securi-ty e della lotta al terrorismo; l’enunciazione di una ampia strategia finalizzata a dare vita ad una cooperazione economica su larga scala che attraversi i continenti e gli oceani legando

la Cina e il Pacifico con l’Europa e l’Africa (One Belt, One Road, Obor); la forte enfasi sul fatto che lo sviluppo della Cina non av-verrà mai a spese degli interessi di altri paesi; l’indicazione di due obiettivi rispettivamente di medio e di lungo termine (Two Centenary Goals) lungo il percorso per realizzare il ‘so-gno cinese’ (Chinese Dream) di fare della Cina un paese forte, prospero e in pace con il re-sto del mondo: l’anno 2021 (centenario della fondazione del Pcc) e l’anno 2049 (centenario della fondazione della Prc).

Il filo conduttore generale del volume ed in particolare delle parti relative alla politica estera cinese è rappresentato dallo sforzo di rassicurare il mondo, a cominciare dai paesi confinanti, che la Cina continuerà nella sua politica di sviluppo e che essa sarà di bene-ficio non solo a Pechino ma a tutto il mon-do. Allo stesso tempo, l’obiettivo di fondo è di mettere in luce come la crescita della Cina contribuirà a rafforzare la prosperità e la pace in campo internazionale e non sarà segnata da atteggiamenti ed approcci aggressivi. Il perno della strategia cinese a medio e lungo termine appare dunque legato all’impegno prioritario a garantire e sostenere uno svilup-po pacifico delle relazioni internazionali: un impegno che appare radicato nella profonda convinzione che il mondo oggi e domani sarà sempre più caratterizzato dall’interdipenden-za e che esso è chiamato a rafforzare ulterior-mente la cooperazione tra gli stati se si vorrà effettivamente affrontare in modo positivo e concreto le nuove sfide globali.

LO SPAZIO GEOPOLITICO DELLA CINA

Corea del Sud

Okinawa(Giappone)

Diego Garcia(Regno Unito)

Gibuti

Qatar

Iraq

Afghanistan

Uzbekistan

IRAN

PAKISTAN

INDIA

CINA

RUSSIA

NEPAL

BANGLADESH

BHUTAN

MYANMAR

THAILANDIAFILIPPINE

SINGAPORE

INDONESIA

SRILANKA

MALAYSIA

UAE

KUWAIT

ARABIASAUDITA

7,2

0,85,8

2,0 0,3

5,2 1,6

1,5 2,9

1,01,5

0,3

Paesi sotto influenza cinese

Sotto influenza cinese e indiana

Paesi partner/alleati con l’India

Partner/alleati con India e Cina

Paesi sotto influenza indiana

Paesi partner/alleati con la Cina

Zone di dispute territoriali

Presenza di indiani nel paese(in milioni di persone)

Presenza di cinesi nel paese(in milioni di persone)

Basi militari statunitensi

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale MONDO E TENDENZE

A partire dai primi anni Duemila la leadership cinese ha mostrato una crescente consapevo-lezza dell’importanza del soft power per pro-muovere un’immagine più positiva della Cina all’estero e coltivare lo status di ‘grande po-tenza’ all’interno del sistema internazionale. Il soft power è diventato lo strumento privilegiato per aumentare l’influenza culturale cinese nel mondo. Tale concetto, coniato nel 1990 da Jo-seph Nye, è stato introdotto in Cina negli anni Novanta e all’inizio del nuovo secolo ha gua-dagnato sempre più popolarità presso le élite intellettuali e i leader cinesi come strumento adatto a contrastare il diffondersi in Occiden-te della percezione della Cina come minaccia all’ordine globale post-Guerra fredda e delle critiche al ‘neocolonialismo’ cinese in Africa. Non a caso la nozione di soft power è entrata a pieno titolo nel linguaggio politico ufficiale cinese in singolare coincidenza con la formu-lazione di due concetti chiave della politica estera della Cina sotto la leadership di Hu Jin-tao (2004-12), quello di ‘ascesa pacifica’ e di ‘mondo armonioso’, volti a rassicurare gli Stati Uniti e il resto del mondo della natura pacifica dell’ascesa cinese. Va poi detto che nell’ambito dell’approccio ‘morbido’ di Pechino, alla cultu-ra è assegnato un ruolo fondamentale in quan-to ‘fonte del potere nazionale’ e strumento di diplomazia.

Nondimeno, le strategie di soft power del-la Cina tendono ad assumere caratteristiche specifiche a seconda dei paesi e delle aree del mondo verso cui sono indirizzate. L’Africa è particolarmente importante da questo pun-to di vista essendo stata tra l’altro individua-ta dai cinesi come principale terreno di prova per perfezionare l’arte del soft power e colti-varlo presso la comunità internazionale. Qui, ad esempio, leve economiche e diplomatiche più coercitive come gli aiuti allo sviluppo (non contemplati nella formula teorica di soft power proposta da Nye) rappresentano lo strumen-to principale della strategia di costruzione del soft power cinese.

La politica di assistenza ai paesi africani si è diversificata e affinata negli anni. Accanto ai progetti infrastrutturali, Pechino ha presta-to crescente attenzione alle attività in grado di sedurre e suscitare l’interesse verso la Cina tanto dell’élite quanto degli strati popolari. A questo scopo, dal 2009 crescenti risorse sono state destinate a progetti che vanno incontro ai bisogni sociali ed educativi della popolazione africana, come dimostra il crescente impegno cinese non solo nella fornitura di servizi nel settore medico-sanitario e nella costruzione di ospedali e scuole, ma anche e soprattutto nel campo dell’istruzione e della formazione delle risorse umane. Ne sono un esempio le sempre

Il soft power della Cina in Africa

di Sofia Grazianipiù numerose borse di studio governative cine-si destinate a studenti africani.

Nella strategia di aiuto cinese all’Africa, cre-scente interesse sta suscitando il programma del volontariato gestito dalle organizzazioni giovanili ufficiali cinesi sotto stretto controllo governativo. La Cina ha finora inviato poco più di 400 giovani laureati in diversi paesi africani per fornire assistenza nel settore medico-sani-tario, in progetti legati alla tecnologia informa-tica e all’agricoltura, nonché nell’insegnamento della lingua cinese. Al contempo questi giovani volontari sono stati investiti di una missione ideologica. Il programma è, infatti, considera-to da Pechino come un importante strumento per rafforzare i contatti people-to-people e pro-pagare la cultura e i valori cinesi, aumentando l’attrattiva della Cina presso le comunità loca-li. Ma la sua efficacia sembra essere scarsa, quantomeno a giudicare dalle critiche solleva-te da alcuni intellettuali cinesi.

Nel contesto africano il soft power cinese si presenta, dunque, come una combinazione di iniziative in cui strumenti socio-culturali e aiuti allo sviluppo tendono a sovrapporsi e a intrec-ciarsi. La cornice retorica all’interno della quale Pechino colloca la propria azione in Africa è un aspetto altrettanto importante della strategia cinese. Il discorso ufficiale tende a differenzia-re l’approccio cinese da quello dell’Occidente e a presentare la Cina come attore morale ecce-zionalmente adatto ad assistere l’Africa trami-te un costante richiamo tanto ai principi etici alla base della cooperazione sud-sud, quanto alla continuità storica della cooperazione si-no-africana. Il richiamo ai trascorsi storici e, in particolare, a un passato segnato da analoghe sofferenze (sottosviluppo e colonialismo) è in larga parte finalizzato a rassicurare i leader africani del fatto che la Cina, benché sia or-mai un’emergente potenza globale, mantiene l’identità di paese in via di sviluppo e la sua presenza nel continente africano non sfocerà nello sfruttamento o in qualche nuova forma di colonialismo.

Stando ai risultati del sondaggio di opinione del Pew Research Center pubblicato nel 2013, gli africani manifestano in larga maggioranza (72%) un atteggiamento favorevole nei con-fronti della Cina e in alcuni paesi, come ad esempio la Nigeria, i progressi cinesi nel cam-po della scienza e della tecnologia sono ogget-to di particolare ammirazione. La valutazione dell’efficacia delle strategie cinesi in una realtà tutt’altro che omogenea come quella africana rimane, tuttavia, una questione complessa che richiede maggiori notizie e ricerche sui modi in cui le élite e le popolazioni africane nei diversi contesti nazionali percepiscono e rispondono alla ‘charm offensive’ di Pechino.

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Guido Samarani

NIGERIA

CAMERUN

REPUBBLICA CENTRAFRICANA

MAROCCO

ALGERIA

TUNISIA

LIBIAEGITTO

SUDAN

MAURITANIA

MALI NIGER

CIADERITREA

ETIOPIA

SOMALIA

SENEGALGAMBIAG. BISSAU

GUINEASIERRA

LEONE

LIBERIA

COSTA D’AVORIO

BURKINA FASO

GHANA

TOGO

BENINSUD

SUDAN

GUINEA EQ.

GABONCONGO

REP. DEM.CONGO

UGANDA

KENYARUANDA

BURUNDI

TANZANIA

ANGOLA

ZAMBIA

MALAWI

NAMIBIA

BOTSWANA

ZIMBABWE

MOZAMBICO

MADAGASCAR

COMORE

SWAZILAND

LESOTHO

SUDAFRICA

GIBUTI

Come è stato sottolineato da vari osservato-ri, le indicazioni del leader cinese e le stesse linee portanti della nuova visione del mondo della Prc appaiono tuttavia ancora piuttosto carenti e anche vaghe per quanto concerne le indicazioni su come e con quali azioni e strumenti Pechino sarà in grado di affron-tare efficacemente le tensioni ed incertezze, peraltro già manifestatesi negli ultimi anni e mesi su vari fronti (competizione marittima, presenza e penetrazione nel continente africano, rapporto con gli Usa soprattutto dopo l’elezione di Trump, ecc.), che stanno accompagnando e accompagneranno la cre-scita dell’influenza e del potere di intervento della Cina a livello regionale e globale.

Negli ultimissimi anni (2014-16), è possibi-le affermare che la strategia di fondo cinese in campo internazionale non è sostanzialmente mutata.

L’impressione generale è che anche sui temi più cari a Pechino nella richiesta di riforme dell’attuale ordine internazionale (in partico-lare: rendere tale ordine più equo, accresce-re il ruolo dei paesi in via di sviluppo, ecc.) siamo in presenza di opzioni e di richieste che mirano per l’appunto ad aggiustamenti e miglioramenti del sistema delle relazioni in-ternazionali più che ad atti finalizzati ad una sua contestazione di fondo o addirittura ad un suo sovvertimento. Ciò nonostante, varie indicazioni portano a ritenere che sia in corso in seno alla leadership cinese un’approfondi-ta ed articolata riflessione e valutazione circa alcune questioni legate a quella che viene de-finita come global governance, ossia a come le questioni globali vengono affrontate e gestite dagli stati e dagli attori non statali in assenza di un governo globale, anche se ad oggi non appare ancora sufficientemente chiaro quali siano le possibili priorità di tali riflessioni. Per certo, in quest’ultimo biennio si sono in-tensificate le prese di posizione ufficiale cinesi circa l’esigenza di procedere con più deter-minazione verso l’obiettivo di rendere più equo, libero e democratico il sistema di global governance. Tale obiettivo è stato sempre più strettamente collegato al raggiungimento del traguardo fondamentale di un nuovo model-lo di relazioni internazionali imperniato sul concetto di win-win cooperation. Come ha più volte messo in luce il ministro degli Esteri Wang Yi, gli obiettivi di cui sopra tendono innanzitutto a superare quella che Pechino considera come ‘la tradizionale dottrina delle relazioni internazionali basata sul realismo’ (realpolitik) ed affermare al suo posto ‘una vi-sione della global governance con importanti caratteristiche cinesi’.

Uno degli obiettivi costanti della critica cinese è rappresentato dagli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda la gestione attraverso strumenti egemonici e in violazio-ne delle norme internazionali di varie crisi, tra cui quella della Siria. In essa, a parere di Pechino, Washington ha fornito un chiaro ‘modello’ di utilizzo strumentale del dramma umanitario per favorire l’intervento militare senza ricorrere di fatto agli strumenti di me-

PECHINO IN AFRICAProgetti finanziati dal fondo di sviluppo cinese in Africa tra il 2000 e il 2013

Dati: AidData

LA CINA E IL SOFT POWER IN AFRICAPercentuale di persone

che percepiscono la Cina positivamente

Dati: Pew Research Center

Africa 72%

Asia 58%

Canada 43%

America Latina 58%

Medio Oriente 45%

Europa 43%

USA 37%

Numero di progetti:

100-130

70-100

50-70

30-50

10-30

1-10

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale MONDO E TENDENZE

diazione politica (negoziato) per risolvere i problemi.

Pechino tra Mosca e Washington

In questo scorcio del XXI secolo, un ruo-lo centrale nell’ambito dei mutamenti della visione e della strategia globale cinese hanno avuto le relazioni con, da una parte, gli Stati Uniti e, dall’altra, con la Russia erede dell’e-sperienza sovietica.

La visione che Pechino ha del ruolo de-gli Stati Uniti nel mondo è ovviamente oggi centrale nella interpretazione della funzione che Pechino intende sempre più svolgere nell’ambito delle relazioni internazionali. In-fatti, un obiettivo primario della politica este-ra cinese in questi ultimi anni è stato – ed è – l’opposizione alla trasformazione del mon-do da bipolare a unipolare e lo sforzo per fa-vorire un sistema multipolare. La Cina è co-sciente della forza americana ma d’altra parte ritiene che essa sarà sempre più costretta a crescenti vincoli nella propria azione, per ra-gioni interne ed internazionali. L’attiva par-tecipazione e sostegno da parte cinese in que-sti ultimissimi anni ad un numero crescente di associazioni regionali e internazionali si inserisce proprio in questa ottica di rafforzare l’ottica del multilateralismo e di limitare gli spazi d’azione americani.

Anche l’attività diplomatica in Africa e nel-la stessa America centrale e America Latina – aree queste ultime nelle quali la presenza ci-nese è stata storicamente debole – si inserisce indubbiamente in questa azione a tutto cam-po finalizzata, da una parte, a supportare gli interessi economici e politici cinesi e, dall’al-tra, a limitare e vincolare qualsiasi ambizione di dominio globale da parte degli Usa.

Il tema del rapporto tra Washington e Pe-chino è sempre stato uno degli elementi si-gnificativi nei dibattiti condotti nell’ambito delle campagne presidenziali statunitensi e allo stesso tempo continua a rappresentare un problema fondamentale nella politica estera cinese. L’impressione generale che si trae dai commenti sulla stampa cinese e dalle analisi della stampa internazionale nei mesi in cui si è sviluppata la campagna per le elezioni pre-sidenziali statunitensi è che la valutazione di Pechino sui due candidati ha messo in luce una larga cautela motivata dal fatto che le au-torità cinesi non intendono pregiudicare sin dall’inizio i rapporti con il nuovo presiden-te, chiunque esso sia. In generale, le opinioni sulla Clinton sono sembrate più ottimistiche, radicate in una valutazione relativamente po-sitiva degli approcci del Partito democratico in materia di politica estera e della probabi-le composizione del futuro staff clintoniano; d’altra parte, meno solida sembra la fiducia sulla candidata in sé e anche sull’eredità sto-rica che le fa da sfondo, in quanto Bill Clin-ton usò ampiamente il tema della crisi di Tian’anmen del 1989 per accusare gli avver-sari repubblicani di brindare di fatto con un paese che aveva ucciso la democrazia.

IL ‘G2’: USA E CINA A CONFRONTO

Dati: World Bank, IMF

Popolazione totale (in milioni)

Popolazione urbana (% su totale)

Popolazione con età superiore a 65 anni (% su totale)

PIL (in miliardi di dollari)

Tasso di crescita del PIL

PIL pro capite (dollari)

Debito (% su PIL)

Consumo di energia primaria (in ktep)

Rimesse in entrata (in miliardi di dollari)

Totale personale in servizio attivo nell’esercito

Rimesse in uscita (in miliardi di dollari)

Numero (massimo) di testate atomiche

Emissioni di CO2 (in migliaia di tonnellate)

321

USACina

1371

81,6%55,6%

14,8%9,6%

18,511,4

1,6%6,6%

57.29415.424

108,2%46,3%

2.206.0203.009.472

7,144,4

1.381.2502.333.000

57,620,4

7315250

5.305.5709.019.518

5.305.570

2.206.020

1.381.250

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MONDO E TENDENZE

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Guido Samarani

La Cina ha una disputa territoriale nel Mar cinese orientale (con il Giappone) e numerose altre dispute territoriali nel Mar cinese meridio-nale (con alcuni paesi del Sudest asiatico). Nel Mar Cinese orientale, la disputa sino-giappone-se è relativa alla sovranità sulle isole Senkaku (in giapponese) e isole Diaoyu (in cinese), che il Giappone ha annesso dopo la vittoria sul-la Cina durante la guerra sino-giapponese del 1894-95. Oggi, queste isole sono sotto il con-trollo giapponese e sono protette dalla guardia costiera del Giappone. Il Giappone continua a disconoscere l’esistenza di una disputa territo-riale con la Cina nel Mar cinese orientale (infatti secondo il governo giapponese, le isole Senkaku sono parte del territorio giapponese dal 1895), dall’altra parte Pechino continua a far sconfina-re regolarmente le navi da pesca cinesi e le sue navi della guardia costiera all’interno di queste acque territoriali controllate dal Giappone. Tut-tavia, la probabilità che il Giappone e la Cina possano andare in contro ad una guerra a causa di questa disputa sui territori Senkaku/Diaoyu da sempre inabitati, continua a rimanere assai remota. Lo stesso non si può necessariamente dire relativamente alle dispute territoriali che la Cina ha con numerosi paesi del Sudest asia-tico. Nel Mar cinese meridionale, Pechino ha continue dispute territoriali con il Vietnam e con Taiwan (legate alla sovranità sulle isole Pa-racel), con Taiwan, Vietnam, Filippine, Malaysia e Brunei (relativamente alla sovranità sulle isole Spratly) e con le Filippine e Taiwan (per la so-vranità su Scarborough Shoal). Circa il 30% del commercio marittimo mondiale viene spedito in tutto il Mar cinese meridionale. Il Mar cinese meridionale conta per oltre il 10% della produ-zione mondiale di pesca e si ritiene che esistano notevoli giacimenti di petrolio e di gas naturale sotto i suoi fondali marini. Inoltre, annualmente transitano attraverso il Mar cinese meridionale circa il 75% del greggio mondiale e del gas natu-rale. La Cina rivendica la sua sovranità su tutte le isole e scogli di cui sopra, riferendosi così alla cosiddetta ‘Nine-Dash Line’, una linea che segna il confine delle acque territoriali cinesi risalenti al 1947 e la prima rilasciata dall’ex presidente cinese Chiang Kai-shek. La ‘Nine-Dash Line’ ci-nese, di fatto, circonda l’intero sud della Cina e Pechino utilizza tale linea come prova del fatto che oltre il 90% del Mar cinese meridionale è parte del territorio sovrano cinese. Pechino so-stiene che i suoi diritti territoriali nel Mar cinese meridionale risalgono a secoli fa, momento in cui le isole Paracel e le Spratly sono state consi-derate come parte integrante dell’Impero cine-se. Nel corso degli anni 2015 e 2016 la Cina ha costruito tutta una serie di strutture sulle isole contestate nel Mar cinese meridionale. Mentre la Cina continua a dichiarare che le strutture sono di natura civile, ci sono forti preoccupazio-ni che alcune di queste potrebbero in futuro es-

Le dispute territoriali della Cina in Asia

di Axel Berkofskysere facilmente trasformate in strutture militari e dotate di piste di decollo.

Pechino considera la questione delle isole contese nel Mar cinese meridionale come un ‘interesse di base’ cinese a fianco di altri ‘fonda-mentali interessi’ come la sovranità su Taiwan e sul Tibet. In termini di realpolitik ciò ha il se-guente significato: a meno che non ci sia un cambiamento fondamentale di approccio e di politica all’interno del governo cinese, Pechino continuerà a rifiutarsi di rinunciare alla sovra-nità sulle isole contese e non negozierà con gli altri paesi sulla sovranità sulle suddette isole. In realtà, vi è una contraddizione evidente nel fatto che Pechino va affermando che la sovra-nità sulle isole contese non è negoziabile e nello stesso momento va dichiarando di essere di-sposta ad affrontare le controversie territoriali con gli altri paesi coinvolti. In altre parole: per un osservatore esterno, non è affatto chiaro che cosa esattamente Pechino intenda negoziare, basandosi sulla già enunciata ‘Nine-Dash Line’. Con l’eccezione della Cina, tutti i paesi coinvol-ti nelle controversie territoriali, giustificano le loro rivendicazioni territoriali nel sud della Cina in base alle loro coste e alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos). Anche la Cina ha firmato la Un-clos, ma ha unilateralmente deciso di citare le antiche mappe storiche cinesi come prova del fatto che, di fatto, l’intero Mar cinese meridio-nale appartiene alla Cina. Tuttavia, un verdetto della Corte permanente di arbitrato dell’Aia nel luglio del 2016, ha stabilito che le affermazio-ni di cui sopra e i relativi diritti storici vantanti dalla Cina non sono una base giuridica che Pe-chino può utilizzare, per rivendicare la sovranità sulle isole contese nel Mar cinese meridionale. La sentenza ha anche stabilito che la Cina ha violato i diritti sovrani delle Filippine, interferen-do illegalmente con i diritti di pesca tradizionali delle Filippine e provocando dei rischi di naviga-zione che possono andare contro le pratiche di sicura navigazione. La Cina, tuttavia, ha dichia-rato che il verdetto della corte è ‘irrilevante’ e ha annunciato di ignorarlo. In effetti, il verdetto non ha impedito a Pechino, nel 2016, di continuare a costruire strutture sulle isole contese. In realtà, si teme che la costruzione di isole artificiali nel Mar cinese meridionale potrebbe presto esten-dersi a Scarborough Shoal. Scarborough Shoal si trova a 123 miglia nautiche dall’isola principale delle Filippine, a 250 miglia nautiche dalle iso-le Spratly e Paracel contestate, e a 530 miglia nautiche dall’Isola di Hainan. L’espansionismo territoriale di Pechino nel Mar cinese meridio-nale, nel corso degli ultimi tre anni, ha portato ad un incremento di pattuglie navali americane e il governo giapponese dalla fine del 2015 ha valutatola possibilità di schierare navi militari giapponesi per condurre pattugliamenti con-giunti con la marina militare americana.

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale MONDO E TENDENZE

Per quanto riguarda Trump, le impressioni negative sono sembrate assai consistenti, le-gate in particolare alla prese di posizione ed alle ‘esternazioni’ del candidato repubblica-no; dall’altra, tuttavia, in certi ambienti cine-si pare emergere una certa fiducia che, alla fin fine, con Trump come nuovo presidente sarà possibile trovare delle intese concrete e che certe prese di posizioni radicali espresse du-rante la campagna presidenziale lasceranno il posto a un approccio assai più pragmatico.

Successivamente alla vittoria di Donald Trump, i primi commenti cinesi hanno mes-so tra l’altro in luce come vi siano buone pro-spettive che il nuovo presidente americano possa ridurre sostanzialmente la passata en-fasi sul Pivot to Asia e limitare altresì la pres-sione statunitense nei confronti della Cina sul tema delle rivendicazioni nel Mar ci-nese meridionale. A parere di Xi Jinping, Trump non avrà altra scelta che imboccare la strada della cooperazione: nella telefonata tra i due leader successiva all’esito delle ele-zioni presidenziali, Xi avrebbe sottolineato con forza come tra Cina e Stati Uniti esistono molte aree nelle quali è utile e possibile una stretta cooperazione.

Restano, tuttavia, evidenti preoccupazio-ni legate alle affermazioni di Trump nel corso della campagna presidenziale non-ché ad alcune sue recentissime (fine novem-bre-inizi dicembre 2016) affermazioni e ge-sti (ad esempio la telefonata con la leader di Taiwan), in particolare riguardo al tema del protezionismo economico e a quello della ra-tifica da parte statunitense dell’accordo per la Free Trade Area of the Asia-Pacific.

Per quanto riguarda i rapporti tra Pechino e Mosca in questi ultimissimi anni si sono svi-luppati sull’onda di una ampia identità di ve-dute su numerosi problemi e di una larga co-munanza di interessi. Non mancano tuttavia differenze e opzioni diverse, e in particolare, una velata quanto effettiva competizione in numerosi settori. Elementi di concertazione

‘La fine della Tpp [Trans Pacific Partnership, un ampio accordo sulle relazioni commerciali che dovrebbe riunire 12 paesi dell’area dell’A-sia Pacifico, tra cui il Giappone ma non la Cina] non porterà ad un rovesciamento del ruolo de-gli Stati Uniti in Asia’. Così scrive Amitai Etzio-ni, professore di relazioni internazionali presso la George Washington University, il 7 dicembre 2016 sulle pagine di The Diplomat.

Così l’autorevole studioso commenta il dif-fondersi di voci e di illazioni circa il fatto che l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe probabilmente portare ad una so-stanziale cancellazione di tale progetto. Come è noto, la Tpp è stata concepita negli anni di Obama come un progetto che doveva riguar-dare temi di grande rilievo e complessità quali accordi commerciali, eliminazione di barriere tariffarie, regole inerenti la proprietà intellet-

tuale, il lavoro, l’ambiente, ecc.: temi, in par-ticolare questi ultimi, che – è risaputo - sono considerati molto sensibili da parte cinese. Inoltre, la Tpp sembra rappresentare una rispo-sta alternativa alla strategia di Pechino della Regional Comprehensive Economic Partner-ship (Rcep): un’alternativa che a parere di non pochi esperti potrebbe rappresententare per i paesi aderenti un’opportunità di acquisire maggiori benefici rispetto alla Rcep. A parere del prof. Etzioni, tuttavia, anche nel caso della cancellazione del progetto Tpp ciò non significa affatto – come diversi osservatori statuniten-si sembrano temere – che Washington voglia rendere meno forte il suo impegno in Asia. In-somma, anche una decisione negativa da par-te del nuovo presidente degli Stati Uniti non avrebbe alla fin fine quelle serie conseguenze geopolitiche che certi sembrano paventare.

Donald Trump, la Cina e la TPP

Dati: South China Morning Post

I CINESI E LE ELEZIONI STATUNITENSIPercezione della popolazione cinese circa i due candidati

alle elezioni statnuitensi del 2016

L’ESPANSIONE MARITTIMA DELLA CINA DAL 2006

Molto positiva 19% 13%Clinton Trump

Positiva 31% 32%

Neutrale 26% 35%

Negativa

1 Golfo di Adendicembre 2008

per la prima volta in 600 anni la Cina

dispiega unità navali in Africa per opera-zioni anti-pirateria

6 Stretto di Malacca dicembre 2013

per la prima volta la Cina invia un sot-

tomarino nucleare nell’Oceano Indiano

2 Libia febbraio 2011

prima operazione nel Mediterraneo,

per evacuare i citta-dini cinesi presenti

in Libia

7 Stretto di Sunda febbraio 2014

prima operazione navale cinese a sud

dell’Indonesia

3 Dalian, Cinamaggio 2012

viene commissiona-ta la prima portaerei

8 Hawaiigiugno 2014

navi cinesi per la prima volta parteci-pano all’esercitazio-

ne Rim of the Pacific, guidata dagli USA

4 Senkaku/Daioyu gennaio 2013

una nave cinese punta un fire control

radar contro una nave giapponese

9 Isole Spratly settembre 2014

l’ammiraglio cinese Wu ispeziona

diverse isole artifi-ciali che la Cina sta

costruendo

4 Mare delle Filippine

ottobre 2013la Cina conduce

la sua più grande operazione aerea e

naale di sempre

10 Oceano Pacifico maggio 2016

la Cina annuncia che potrebbe inviare i

primi sottomarini nu-cleari nel Pacifico per

contenere gli USA

15% 14%

Molto negativa 9% 6%

Area in cui operava la marina cinesefino al 2006

1

2

3

5

6

7

9

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4

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MONDO E TENDENZE

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Guido Samarani

Nel 2015 Pechino e Bruxelles hanno celebra-to i 40 anni di relazioni diplomatiche e l’oc-casione è stata propizia per valutare l’evolu-zione di un rapporto che è passato dall’essere espressione di due realtà che nelle dinamiche della Guerra fredda hanno a lungo giocato un ruolo marginale rispetto alle due superpoten-ze, a quello di due grandi attori protagonisti sulla scena internazionale, uniti da una ‘par-tnership strategica globale’ che, insieme all’e-norme interscambio commerciale, costituisce uno dei più importanti traguardi raggiunti dal-le due parti.

Le relazioni sino-europee hanno conosciuto un andamento altalenante. Dopo una breve fase di raffreddamento, seguita alla repres-sione del giugno 1989, gli accadimenti che hanno sancito la fine della Guerra fredda han-no costituito l’occasione per un loro rilancio. Nei primi anni Novanta Pechino era, infatti, proiettata verso il recupero della propria im-magine internazionale e la costituzione di un nuovo ordine multipolare, all’interno del quale l’Europa rivestiva un ruolo cruciale. Dal canto suo, all’indomani del famoso ‘viaggio al sud’ di Deng Xiaoping (1992) e il rilancio della politica riformista, la neonata EU seppe intravvedere le opportunità costituite dal mercato cinese e le élite europee scelsero di giocare la carta cine-se in chiave multipolare, al fine di aumentare il peso internazionale dell’Unione. Nella prima metà degli anni Duemila il rapporto visse una sorta di ‘epoca d’oro’, in corrispondenza della pubblicazione di alcuni importanti documenti da ambo le parti, tra cui un inedito libro poli-tico in cui Pechino esplicitava la sua strategia nei confronti dell’EU, e della costituzione di una ‘partnership strategica globale’, interpre-tata da alcuni studiosi come l’emblema di un nuovo ‘asse emergente’, in grado di fungere da elemento stabilizzatore in uno scenario globa-le sempre più volatile. Dalla seconda metà del decennio le relazioni sino-europee hanno però subìto un nuovo deterioramento, complici la crisi dell’euro, il declino del settore industriale e, soprattutto, l’elezione di politici assertivi in alcuni paesi europei che fino ad allora aveva-no perseguito politiche favorevoli a Pechino. Infine, negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo riavvicinamento e l’EU risulta ora inserita ufficialmente nella strategia globale cinese, come emerge dalla sua partecipazio-ne a due tra le più importanti iniziative adot-tate dalla pRc, ovvero la nuova via della seta (nelle sue due componenti) e la Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (Asian In-frastructure Investment Bank, Aiib) alla quale hanno aderito 14 su 28 paesi dell’eurozona, di cui quattro alleati storici degli UsA.

Al di là dell’esistenza di alcune problemati-che legate sia ad aspetti generali che ad aspetti

Le relazioni tra la Cina e l’Unione Europea

di Barbara Onnisspecifici – dalla persistente difficoltà nella ge-stione di un rapporto tra due entità fondamen-talmente differenti, che ha teso a rafforzarsi con l’allargamento dell’EU a 28 realtà tutt’altro che omogenee; all’annosa questione sui diritti umani; al dibattito sulla revoca dell’embargo sulle armi; alla controversia relativa alla con-cessione dello status di economia di mercato; alla crescente debolezza dell’Unione culmina-ta con la Brexit, che rischia di rafforzare la ten-denza cinese a cercare degli interlocutori nei singoli paesi o gruppi di paesi – nel quaranten-nale della loro storia, le relazioni sino-europee appaiono discretamente solide nel complesso, sia sotto il profilo economico, sia sotto il pro-filo politico.

La pRc è, per il 13° anno consecutivo, il se-condo partner commerciale dell’EU, mentre l’EU è il primo partner commerciale di Pechi-no, per il dodicesimo anno consecutivo. Dai primi anni Duemila il volume degli scambi è più che quadruplicato e anche gli investimenti hanno subìto un trend di crescita positivo, che si presume verrà confermato da un eventuale accordo bilaterale sugli investimenti, in fase di negoziazione. Anche dal punto di vista po-litico-strategico, le relazioni sembrano giunte ad una fase importante di maturazione e il nuovo libro politico pubblicato dal ministero degli Esteri cinese nell’aprile del 2014, a 10 anni di distanza dalla precedente edizione, sembra esserne una conferma, anche in con-siderazione del fatto che non tutti i partner economico-politici di Pechino hanno goduto di un simile privilegio. Oltremodo significativa è l’attenzione che la massima leadership cine-se ha dedicato ai rapporti con l’EU negli ultimi anni. Il viaggio compiuto nel marzo del 2014 da Xi Jinping presso le istituzioni comunitarie, il primo in assoluto di un presidente cinese in carica, è stato interpretato dai più come una chiara dimostrazione degli sforzi di Pechino di sostenere il ruolo dell’EU come attore globale importante negli affari internazionali. Analo-gamente, le frequenti missioni compiute dai governanti cinesi in alcune capitali europee la-sciano trapelare la rilevanza cruciale rivestita dall’Europa nell’ambito del progetto colossale relativo alla rinascita dell’antica via della seta.

In definitiva, le convergenze potenzialmen-te in grado di ridimensionare le questioni che attanagliano il rapporto bilaterale non sono poche, come emerge da un’analisi dell’Agenda strategica EU-Cina 2020, e vanno dalla firma di un trattato bilaterale sugli investimenti, che faciliterebbe la firma di un accordo di libero scambio, alla cooperazione su alcune que-stioni cruciali a livello globale, quali il cam-biamento climatico, la lotta al terrorismo, la collaborazione per la stabilizzazione di Africa e Medio Oriente, per citarne alcune.

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale MONDO E TENDENZE

con Mosca si intrecciano con la competizione per l’accaparramento delle risorse energeti-che, alla quale si congiunge l’evidente timore russo per l’ascesa di Pechino.

In seguito alla fine dell’Urss, l’interesse della Cina finalizzato a sviluppare le relazio-ni con la Russia e gli stati dell’Asia centrale è andato espandosi. Tale interesse fu dovuto dapprima sostanzialmente all’esigenza di af-frontare e risolvere gli storici problemi delle dispute territoriali e di frontiera; in seguito, tuttavia, la strategia di Pechino si è arricchita di nuove motivazioni ed obiettivi, legati sia al rafforzamento delle ambizioni e del protago-nismo cinesi in ambito regionale e globale, sia all’esigenza di garantire una solida protezio-ne ai propri interessi economici e di sicurezza nell’area, garantendone le prospettive di svi-luppo.

In tale ambito, Pechino guarda a Mosca in relazione al ruolo essenziale di tramite e di connessione che questa può svolgere tra Asia ed Europa, ed opera al fine di evitare che si creino fratture insanabili tra i progetti strate-gici cinesi (la ‘cintura economica della nuova via della seta’ o anche i ‘corridoi economici’ tra Cina e Pakistan e tra Cina, India, Myan-mar e Bangladesh, delineati da Xi Jingping) e quelli dell’Unione economica eurasiatica di Putin. Più in generale, la partnership con la Russia appare chiaramente inserita nell’ottica della costruzione e sviluppo di quel ‘mondo armonioso’ che è stato posto come obiettivo essenziale nel corso degli anni: un ‘mondo armonioso’ cui fa da contraltare una realtà, nelle relazioni con altre potenze ed in parti-colare gli Stati Uniti, segnata da relazioni più complesse e spesso contrastate. D’altra par-te, accanto ai temi delle relazioni condivise, frutto dell’aggiornamento ed adattamento dei tradizionali ‘cinque princìpi della coesistenza pacifica’ (rispetto per l’integrità territoriale e la sovranità, non aggressione, non interferen-za negli affari interni, eguaglianza e mutuo beneficio, coesistenza pacifica), l’approccio cinese alle relazioni con la Russia (e l’Asia centrale) poggia su di un secondo, e assai di-verso, pilastro: quello della protezione degli interessi nazionali.

Negli ultimi mesi (autunno 2016), Cina e Russia hanno organizzato manovre navali congiunte nel Mar cinese meridionale, evi-denziando che la cooperazione economi-ca – pur essenziale – non è l’unico fattore di condivisione. Basti pensare alla possibile estensione verso est della Nato o alla per-sistenza della superiorità tecnologica statu-nitense nonostante gli effetti della crisi fi-nanziaria: ciò spiega l’utilizzo del termine reactive invece di assertive da parte di Mosca e di Pechino per spiegare la propria intesa e le proprie iniziative.

In generale, appare dunque assai probabile che in un contesto in cui nell’ambito delle re-lazioni internazionali coesistono politiche di engagement e di containment una solida part-nership tra Cina e Russia – anche se non ne-cessariamente un’alleanza strategica - abbia forti prospettive di consoldilamento aldilà

di evidenti diversità di interessi, tanto più considerando le evidenti debolezze dell’Oc-cidente.

La Cina nel contesto asiatico

Nel citato volume The Governance of China il tema delle relazioni con i paesi asiatici ed in particolare con l’Asia nord-orientale (Giap-pone e penisola coreana), con la decina di paesi che costituiscono l’Asia sud-orientale e con quelli che fanno parte dell’Asia centrale occupa una parte significativa, incentrata sui temi delle multilateral relations e della neigh-borhood diplomacy. A tale proposito, nel volu-me vengono messi in evidenza:

a) l’importanza della Shanghai Coopera-tion Organization (Sco) in quanto fronte co-mune con la Russia e l’Asia centrale per la lotta contro il terrorismo, il separatismo e l’e-stremismo, forze negative che pongono serie minacce alla sicurezza e stabilità nella regio-ne. Viene enfatizzato come la crisi finanziaria internazionale abbia creato serie difficoltà a numerosi paesi e come nessun paese da solo possa far fronte a tali sfide: da qui l’esigenza di una sempre più stretta cooperazione, che ponga al centro gli obiettivi di sviluppare col-legamenti logistici e nel campo dei traspor-ti, facilitare gli accordi in campo economico e commerciale, porre le basi per la creazione di una banca per lo sviluppo della SCO, dare vita ad un consorzio di paesi impegnati sul tema delle risorse energetiche, avviare mec-canismi di cooperazione nel campo della sicu-rezza alimentare e portare avanti una sempre più stretta collaborazione nel settore culturale (media, educazione, tv, turismo, sport, etc.);

b) L’esigenza di apportare conticui e co-stanti miglioramenti alle relazioni tra Cina e Asia Pacifico: sviluppo condiviso, innovazio-ne, crescita interdipendente, etc. La creazione da parte di Pechino di iniziative quali l’Apec China Business Council nonché la proposta di dare vita ad una banca asiatica per gli inve-stimenti strutturali che sostenga i progetti di sviluppo infrastrutturale dei paesi dell’Asean si inserisce in tale ottica;

c) La necessità di rafforzare sempre più la cooperazione nel campo della sicurezza nel continente asiatico, facendo leva sulla esi-stenza della Cica (Conference on Interaction and Confidence building measures in Asia), che la Cina propone di assumere quale piattafor-ma per un dialogo ed una cooperazione che copra l’intero continente;

d) La promozione di un’azione di largo re-spiro nei confronti dell’Europa attraverso il continente eurasiatico, l’edificazione della Silk Economic Road Belt che muova proprio dalla regione natale di Xi Jinping, lo Shenxi, che fu il punto di partenza della vecchia via della seta, e che ponga al centro la collabora-zione nel campo della strategia politica, delle comunicazioni, delle relazioni commerciali e delle relazioni people-to-people;

e) La costruzione di una Maritime Silk Road che leghi in modo sempre più stretto la Cina

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MONDO E TENDENZE

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Guido Samarani

e i paesi dell’Asean e che si ponga innanzi-tutto l’obiettivo di risolvere la questione del-le dispute relative alla sovranità territoriale e agli interessi e diritti marittimi, attraverso gli strumenti del dialogo e della consultazione.

Nell’insieme, gli approcci ai vari temi in questione e le iniziative intraprese al fine di rafforzare l’‘armonia’ nelle relazioni con i pa-esi asiatici ed in particolare con quelli delle aree confinanti e più vicine nonché allo stesso tempo difendere quelli che vengono conside-rati interessi vitali cinesi, mostrano negli ulti-mi anni – come già sottolineato – un graduale ma deciso allontanamento della passata enfa-si (vedi Deng Xiaoping) sul fatto che la Cina avrebbe dovuto mantenere un basso profilo nelle relazioni internazionali.

Le implicazioni di tale orientamento com-plessivo si intrecciano chiaramente sia con una tendenza più generale ad una proiezione esterna del paese legata allo sviluppo econo-mico ed alle ambizioni politiche regionali, sia con l’enfasi sempre più forte sulla inderoga-bile necessità di attrezzarsi per far fronte alle crescenti incertezze nel campo della sicurezza nelle aree di frontiera (in particolare marit-time), le quali risultano legate a dinamiche negative nelle relazioni con singoli paesi ma anche al problema del ruolo degli Stati Uni-ti nell’area. Tali incertezze sembrano altresì

collegate ad una consapevolezza di Pechino per cui, nonostante le iniziative avviate, la questione della ‘minaccia cinese’ per vari pa-esi confinanti resta attuale. E’ altresì interes-sante notare che mentre per lo più gli esper-ti ed osservatori cinesi tendono a mettere in luce gli aspetti positivi e vincenti della poli-tica della periphery diplomacy, altri (una mi-noranza) non mancano di sottolineare come sia oggi necessario che la Cina assuma un at-teggiamento di maggiore cautela e prudenza riguardo alle varie dispute. Unanime appare invece la convinzione che tali dispute debba-no e possano essere risolte solo attraverso il dialogo e la trattativa con i singoli paesi coin-volti, evitando eventuali ipotesi di arbitrati internazionali o di gestione da parte di orga-nizzazioni multilaterali.

Oltre l’Asia: Pechino e il significato strategico della Obor

Recenti dichiarazioni da parte di vari di-rigenti cinesi tendono sempre più a ritenere che il progetto della Obor (One Belt, One Road, la cosiddetta nuova via della seta) stia assumendo sempre più un ruolo centrale nella nuova visione del mondo e strategia di Pechino. Non a caso, nella primavera 2015 è

LA NUOVA VIA DELLA SETA

Chongqing

Changsha

Yiwu

Kashgar

GwadarKarachi

PAKISTAN

unmingDha

Kolkata

YangonMYANMAR

INDIANanning

Shwegas field

Duisburg

Amburgo

Zhengzhou

Urumqi

Xi’An

Moscow

Pechino

Kazan

Ulanbaatar

MONGOLIA

KAZAKISTAN

RUSSIA

POLONIA

GERMANIA

VladivostokHunchun

Harbin

Usan

Gyzlgaya

Gorgan

TURK- MENISTAN

IRAN

BangkokAyutthaya

Map Ta Phut

Nong Khai

UZBEKISTANKIRGIKISTAN

TAGIK.

Atasu

Novosibirsk

CINA

Venezia

Atene

Mombasa

Colombo

Giacarta

Fuzhou

Kigali

Kasese

Juba

GuluPakwachTororo

Kisumu Nairobi

KENYA

SUDSUDAN

Gibuti

Addis Ababa

Meta- hara

Dire DawaETIOPIA

Lagos Calabar

Benin City

Lobito

Luau

Huambo

Pireas

Hambantota

Chittagong

Malé

Sittwe

Chongjin

Rajin

KuantanAbidjan

Kribi

Dar es SalaamBagamoyo

LamuMogadishu

Luanda

Libreville

Tema

MassawaERITREA

SOMALIA

Lomé

Suez

EGITTO

Hanoi Beihai

Haikou

GuangzhouQuanzhou

Kuala Lumpur

Lanzhou

Bischkek

Duschanbe

Rotterdam

Nachodka

Daqing

Tayshet

Madrid

Praga

Varsavia

Aktau

AtyrauBeyneu

Budapest

Belgrade

Mtwara

Njombe

Ogaden

ITALIA SERBIA

UNGHERIA

GRECIA

TURCHIA

SRI LANKA

MALAYSIA

INDONESIA

TAILANDIAVIETNAM

Khorgas

Istanbul

Sihanoukville

Luang Namtha

Sao Tomé & Principe

Bandung

Ambarli

Anaklia

GEORGIA

Nawabshah

Changchun

Dandong

Irkutsk

SPAGNA

Samarqand

Teheran

Ankara

AngrenPop

Shenyang

Singapore

6 corridoieconomici

Ferrovie:esistentipianificateo in costruzione

Progetti della OBOR guidati da enti cinesi:Gasdotti: esistentipianificati o in costruzione

Oleodotti:esistentipianificati o in costruzione

Porti con coinvolgimento cinese:esistentipianificati o in costruzione

UGANDA

RUANDA

NIGERIACOSTA

D’AVORIO

CAMEROON

ANGOLA

TANZANIA

GABON

GHANATOGO

Via della seta marittimadel XXI secolo

Stati fondatoridell’AIIB

Cintura economicadella nuova Via della Seta

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La ‘potenza’ Cina: tra Asia e proiezione globale MONDO E TENDENZE

stato costituito uno speciale leading group il cui compito è di coordinare e monitorare le varie iniziative legate al progetto.

Sul piano dei princìpi e delle fi nalità stra-tegiche, Obor poggia sui cosiddetti ‘tre as-sieme’: discutere assieme come identifi care i progetti di cooperazione; lavorare assieme per realizzare tali progetti sulla base del comune interesse; usufruire assieme dei benefi ci dei risultati consieguiti. Esso è inoltre descritto come parte di una visione delle relazioni in-ternazionali basata sui cinque princìpi della coesistenza pacifi ca e su di un crescente ap-proccio positivo ai princìpi ispiratori delle Nazioni Unite.

Sul piano economico, esso è concepito come uno strumento fondamentale per ri-spondere alla nuova realtà economica e per ottimizzare il processo di integrazione tra mercati, risorse energetiche ed investimenti esterni al fi ne di promuovere i necessari cam-biamenti della struttura economica e l’ulte-riore sviluppo del processo di trasformazione in atto in Cina. Diversi sono gli elementi che lo compongono: tra questi, l’impegno di Pe-chino ad investire in modo consistente in una serie di progetti infrastrutturali, anche facen-do perno su meccanismi quali il Silk Road Fund e la Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), ed un vasto programma di indu-strializzazione in molti paesi dell’area al fi ne di colmare il divario nei confronti dell’Asia orientale e dell’Europa.

Sul piano regionale ed areale, la priorità do-vrebbe essere data alle relazioni con la Rus-sia e l’Asia centrale, con l’Asia sud-orienta-le e meridionale, mentre ai paesi dell’Africa orientale e del Medio Oriente saebbe asse-gnato un ruolo di ‘collegamento’ tra Asia ed Europa.

Infi ne, per quanto concerne la componen-te militare e della sicurezza, viene sottoli-neata la necessità che l’EpL (le forze armate cinesi) possa acquisire maggiore capacità di presenza difensiva lungo le vie marittime.

Un aspetto molto importante e delicato del progetto Obor riguarda altresì l’impatto potenziale sulla realtà esistente. In tal sen-so, più volte lo stesso Xi Jinping ha messo in luce come esso non mira a prendere il posto di meccanismi ed iniziative già esistenti nel campo della cooperazione regionale. Vengono inoltre segnalati dubbi ed anche opposizioni in particolare da parte statunitense nei con-fronti, ad esempio, della Asian Infrastructure Investment Bank, accompagnati dal tentati-vo di scoraggiare vari paesi in via di svilup-po ad aderirvi. Ancora: osservazioni critiche da parte occidentale circa il fatto che Obor assomiglia molto al Piano Marshall diretto dagli Stati Uniti e fi nalizzato a rivitalizzare le economie dell’Europa occidentale nel se-condo dopoguerra sono negativamente accol-te da parte di Pechino, che sottolinea come il progetto non è uno strumento geopolitico né tantomeno qualcosa che ha a che fare con lo spirito della Guerra fredda ma semmai rap-presenta essenzialmente una strategia di coo-perazione inclusiva.

Dati: China Ministry of Commerce

Dati: Dipartimento della difesa statunitense

LA RILEVANZA ECONOMICA DELLA NUOVA VIA DELLA SETA (2015)

LA CINA EGEMONE NEI MARI?Potenze navali asiatiche a confronto

Nuovi contratti ingegneristici vinti da compagnie cinesi in paesi della nuova via della seta

Progetti ingegneristici completati da compagnie cinesi in paesi della nuova via della seta

$ 15 miliardi+7,6% rispetto al 2014

$ 14 miliardi+10,3% rispetto al 2014

Importazioni totali

$ 91,5 miliardidai paesi della nuova via della seta

Esportazioni totali

$ 144 miliardiverso i paesi della nuova via della seta

Investimenti non fi nanziari totali

$ 2,5 miliardinei paesi della nuova via della seta

Cina

Portaerei1

Sottomarini58

Fregate73

Aerei da caccia2.100

Giappone

Portaerei0

Sottomarini16

Fregate47

Aerei da caccia353

Vietnam

Portaerei0

Sottomarini0

Fregate7

Aerei da caccia217

Filippine

Portaerei0

Sottomarini0

Fregate3

Aerei da caccia8

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MONDO E TENDENZE

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Guido Samarani

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