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1 Master di I livello “Didattica metacognitiva: insegnare a studiare con le nuove tecnologie” CONSORZIO ITALIAN UNIVERSITY LINE c.f./p.iva 05507870482 – Via Buonarroti 10 – 50122 Firenze MODULO 5: LO STUDIO DELLE LINGUE G. Compagno 1. Spunti per una glottodidattica metacognitiva Ciò che caratterizza la prassi glottodidattica è che lo strumento e l’oggetto di insegnamento coincidono. In altri termini, si utilizza la lingua per insegnare la lingua stessa, diversamente da ciò che avviene in altri contesti didattici nei quali la lingua ha solo funzione veicolare rispetto al contenuto disciplinare selezionato. Questo aspetto, il quale richiede un lavoro costante di ricognizione e di messa in campo delle parti costitutive della competenza linguistico-comunicativa (conoscenze, abilità, risorse interne), invita a riflettere su un’altra peculiarità dello studio delle lingue, ovvero la naturale consonanza tra competenza metalinguistica e competenza metacognitiva. Il fatto linguistico possiede in se stesso una dimensione “meta” proprio per la sua dimensione di cifra categoriale rispetto ad una porzione della realtà della quale la lingua si fa mimesi sostanziale. Per dirla con De Mauro (2002), ogni lingua è dotata di una sua forza meta riflessiva che la vede quasi ripiegata su se stessa nell’atto preciso dell’auto-decifrarsi e definirsi. Nello specifico, De Mauro fa luce sulla inseparabilità di due attività linguistiche: l’attività referenziale e quella autonimica e riflessiva. La prima fa capo alla funzione per cui la parola serve a riferirsi ad una realtà non linguistica (es. “Giorgio mangia

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MODULO 5: LO STUDIO DELLE LINGUE

G. Compagno

1. Spunti per una glottodidattica metacognitiva

Ciò che caratterizza la prassi glottodidattica è che lo strumento e

l’oggetto di insegnamento coincidono. In altri termini, si utilizza la lingua

per insegnare la lingua stessa, diversamente da ciò che avviene in altri

contesti didattici nei quali la lingua ha solo funzione veicolare rispetto al

contenuto disciplinare selezionato. Questo aspetto, il quale richiede un

lavoro costante di ricognizione e di messa in campo delle parti costitutive

della competenza linguistico-comunicativa (conoscenze, abilità, risorse

interne), invita a riflettere su un’altra peculiarità dello studio delle lingue,

ovvero la naturale consonanza tra competenza metalinguistica e

competenza metacognitiva. Il fatto linguistico possiede in se stesso una

dimensione “meta” proprio per la sua dimensione di cifra categoriale

rispetto ad una porzione della realtà della quale la lingua si fa mimesi

sostanziale. Per dirla con De Mauro (2002), ogni lingua è dotata di una

sua forza meta riflessiva che la vede quasi ripiegata su se stessa nell’atto

preciso dell’auto-decifrarsi e definirsi. Nello specifico, De Mauro fa luce

sulla inseparabilità di due attività linguistiche: l’attività referenziale e

quella autonimica e riflessiva. La prima fa capo alla funzione per cui la

parola serve a riferirsi ad una realtà non linguistica (es. “Giorgio mangia

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una mela”); la seconda si riferisce al fatto che la parola designi il valore

grammaticale della parola stessa (es. “cantare è un verbo”).

Ciò spiegherebbe perché la competenza linguistico-comunicativa

possiede già in sé una dimensione metacognitiva la quale risulta centrale

in un percorso di didattica metacognitiva, sia dal punto di vista del

docente sia soprattutto dal punto di vista del discente. Ma procediamo con

ordine.

Per competenza linguistica intendiamo tutto ciò che un individuo

“sa” di una data lingua a livello fonologico, morfologico, sintattico e

semantico. Il termine “competenza” non contiene un giudizio valoriale e

non coincide con l’idea di “bravura”, ma designa l’insieme delle

conoscenze delle strutture della lingua, le abilità di combinare tali sapere e

le risorse interne per applicare tali saperi e abilità per risolvere problemi di

espressione e comunicazione. Per quanto la competenza linguistica

costituisca un indicatore della padronanza di una determinata L1 o L2, non

è detto che ad essa corrisponda un uso appropriato della lingua, cioè una

data performance.

Per competenza comunicativa si intende, invece, un sapere più

spiccatamente socio-pragmatico declinabile in “saper fare lingua”, “saper

fare con la lingua”, “sapere integrare la lingua con i linguaggi non verbali”.

Comunicare in un’altra lingua NON coincide con il tradurre dalla L1 alla

lingua straniera. Comunicare significa instaurare un contatto che è, a un

tempo, linguistico ed extra-linguistico poiché la lingua non è solo

strumento di configurazione del pensiero, ma veicolo di identità culturali,

di modelli comportamentali, di valori di riferimento.

La metacognizione è quella “dimensione mentale che va oltre o sta

al di là della cognizione e quindi la coscienza o la conoscenza che un

soggetto ha dei suoi propri processi mentali e la capacità di controllarli ,

organizzandoli, dirigendoli e modificandoli in base alle mete di

apprendimento che deve conseguire (Flavell cit. in La Marca, 1999, 24).

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Porre la metacognizione come anello di congiunzione tra lingua e

comunicazione in ambito didattico equivale a dire che uno sviluppo

armonico, consapevole ed autoregolato della propria competenza

linguistica e di quella comunicativa consentirebbe non solo di raggiungere

un grado di considerevole efficacia nell’apprendimento di una lingua

straniera, ma anche uno slittamento ed una applicazione di tali

competenze ad altre lingue. In una parola, lo studio delle lingue

“attraversato” da una riflessione metacognitiva sui percorsi di

apprendimento linguistico rispetto ad una determinata LS o L2 favorirebbe

un ampliamento del bagaglio comunicativo complessivo dell’apprendente.

Nel rapporto tra didattica metacognitiva e didattica delle lingue gioca

un ruolo significativo il concetto di “interlingua”, ossia quella “lingua di

mezzo”che si sviluppa allorché si apprende una nuova lingua. L’interlingua

è una sorta di idioma del già e del non ancora poiché in essa confluiscono,

a un tempo, gli elementi della lingua madre (L1) che funge da schema di

riferimento sotterraneo e quelli della lingua bersaglio verso cui si tende. Si

tratta di un sistema linguistico vero e proprio che ciascun parlante

sviluppa in maniera del tutto personale operando meta-cognitivamente

sulla lingua in fieri mediante processi di sintesi, rielaborazione, revisione,

riutilizzo, controllo della performance. “A second language is not an

imperfect copy of the target language, but a rule-governed linguistic

system in its own right” (Selinker, 1972). L’interlingua, così come

delineate da Selinker e descritta da Ellis (1990) si basa su una conoscenza

implicita della lingua ed è permeabile, variabile nonché lingua di

transizione. Essa può dipendere da diversi fattori cognitivi quali il transfer,

i meccanismi generali di apprendimento, i modi di elaborazione dell’input

così come da diversi fattori meta cognitivi, quali la motivazione all’uso

della lingua, la percezione reale della propria competenza linguistico-

comunicativa, la capacità di organizzare il discorso, direzionare la

produzione/ricezione dell’input, controllare la riuscita dell’interazione

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comunicativa in LS/L2 (Nisbet-Schucksmit,1987). In questi termini,

l’interlingua si configura come spazio ideale per orientare lo studio delle

lingue in senso meta cognitivo, richiamando l’apprendente non tanto a

sviluppare meccanicamente il nuovo bagaglio linguistico nella lingua

target, ma ad attenzionare i modi ed i procedimenti mediante i quali egli

riesce più facilmente ed efficacemente ad appropriarsi del nuovo idioma

con l’intento di utilizzarlo a fini comunicativi.

Di ciò tiene conto, nel suo tessuto epistemologico, la didattica delle

lingue (o glottodidattica) la quale, già a partire dal suo percorso evolutivo,

mostra una tendenza naturale a privilegiare percorsi di insegnamento e di

apprendimento nel segno della scoperta, della co-costruzione, dello slancio

motivazionale intrinseco, dell’autonomia nell’apprendere, della volontà di

applicazione, dell’autoregolazione dei propri processi cognitivi.

2. La didattica delle lingue: un breve profilo

Le basi teoriche dell'insegnamento delle lingue straniere sono

sempre state dominate da una sorta di oscillazione per la quale Balboni

(2008) ha spesso fatto riferimento alla metafora del pendolo per delineare

lo spostamento del focus dalla lingua come sistema alla lingua in atto, cioè

dall’oggetto da apprendere al soggetto che apprende. In sostanza, si

guarda alle varie posizioni teoriche più come un eterno conflitto tra

formalismo e attivismo.

In questo dualismo, il formalismo si identifica con l’apprendimento

delle regole, cioè della grammatica della lingua che la ghettizza in un

sistema formale insegnata in un contesto di istruzione formale. Di contro,

l’attivismo consiste nell’apprendimento della lingua attraverso l’uso

comunicativo, informale o pratico, in cui si pone l'accento maggiormente

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sulle abilità orali proprio come avviene nella fase di acquisizione della

lingua madre.

L'oscillazione del pendolo ha messo in evidenza diverse posizioni

teoriche che, via via, si sono succedute sostituendosi l'una all'altra. Le

posizioni glottodidattiche più significative sono costituite dal metodo

grammaticale-traduttivo, dal metodo audio-linguistico o audio-orale, dal

metodo diretto, dai metodi funzionali, dall'approccio comunicativo e dai

vari approcci umanistico-affettivi.

Il metodo audio-linguistico si espleta in attività che iniziano con

un dialogo contenente le strutture e il lessico della lezione ed in cui lo

studente deve memorizzare il materiale linguistico proposto attraverso la

ripetizione, esercizi di sostituzione, di trasformazione (ad esempio

cambiare una frase da negativa a positiva) e la traduzione. Solitamente,

alla fine degli esercizi, vi è la presentazione esplicita della regola, mentre il

docente rappresenta il leader delle attività intento all’organizzazione del

piano didattico, alla stimolazione degli apprendenti e fornendo loro il

modello linguistico da imitare.

Il metodo diretto nasce in reazione al formalismo grammaticale

traduttivo ed ha fortuna soprattutto nei paesi di forte immigrazione dove

si avverte l'urgenza di far apprendere agli immigrati la lingua di arrivo.

Infatti, durante le attività fondate su tale metodo, non è ammesso l'uso

della L1: le lezioni iniziano con dialoghi in L2, l'azione è utilizzata per

chiarire i significati, la grammatica viene appresa induttivamente.

I metodi funzionali basano le azioni didattiche sugli aspetti

pragmatici della lingua, dando rilievo agli aspetti operativi e alla

strumentalità comportamentale dei processi linguistici. In questo senso,

l'apprendente viene considerato un attore sociale e l'apprendimento

linguistico ruota intorno ai bisogni di comunicazione dell'apprendente.

Gli approcci umanistico-affettivi comprendono una serie di

metodi come il Community Counseling, il Total Physical Response, il Silent

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Way, la Suggestopedia che si sono sviluppati soprattutto negli Stati Uniti

a partire dalla metà degli anni '60 del secolo scorso (Serra Borneto,

1998). Obiettivo di tali approcci è quello di creare un percorso didattico

che elimini le resistenze di carattere psico-affettivo come, per esempio, la

percezione negativa di sé, il rapporto competitivo con i compagni, il

rapporto problematico con il docente, elementi tutti che possono

compromettere l'apprendimento. Le caratteristiche comuni ai vari metodi,

anche molto diversi tra loro, riconducibili, in qualche misura, a questo

approccio, sono la centralità del discente, la valorizzazione del suo

patrimonio affettivo, la rimozione dei fattori ansiogeni, l'uso di tecniche di

rilassamento e musicali.

Il metodo grammaticale-traduttivo e l'approccio comunicativo

rappresentano gli estremi opposti di questa catena evolutiva e meritano di

essere descritti più attentamente.

Il metodo grammaticale-traduttivo è uno dei metodi più antichi

ed ha avuto una larga diffusione in tutta l'Europa. Esso focalizza la propria

attenzione sulle regole grammaticali che dominano la lingua target e sulla

convinzione che la conoscenza delle suddette regole grammaticali

garantisca l'apprendimento e l'assimilazione della lingua straniera. La

lingua target viene articolata in svariati argomenti grammaticali che sono

presentati al discente indipendentemente l'uno dall'altro. Ogni argomento

è presentato prevalentemente in L1 e l'uso della lingua target è limitato

agli esercizi e/o agli esempi forniti dal libro.

La lettura e la scrittura sono le abilità che vengono maggiormente

attenzionate a discapito delle altre e le lezioni sono strutturate in assetto

frontale. L’insegnante spiega la grammatica mediante una successione

ordinata di regole, fa fare esercizi e traduzioni e propone liste di vocaboli

da memorizzare. Il modello simbolico-ricostruttivo rappresenta l'unico

strumento che il discente ha a disposizione per imparare ed interiorizzare

la lingua target e le sue manifestazioni concrete.

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Al centro del processo di insegnamento non c'è l'alunno con le sue

esigenze e le sue necessità, ma l'insegnante con i suoi obiettivi e i suoi

traguardi. Questa impostazione sottolinea un processo unidirezionale in

cui il docente possiede delle informazioni che vengono trasmesse

all'allievo in un passaggio standardizzato e asettico.

Questo metodo è stato utilizzato nelle scuole italiane per lungo

tempo e, ad una più attenta analisi, risulta evidente che viene applicato

non solo alle lingue straniere ma anche nell'insegnamento della L1.

L'approccio comunicativo nasce all'inizio degli anni '70 come

reazione alle forme di insegnamento basate sul metodo grammaticale-

traduttivo e su quello audio-linguistico. Grazie allo studio di ricercatori

quali Larsen-Freeman e Long (1991) nonché al contributo di Stephen

Krashen (1982), il focus dell'insegnamento della lingua target si sposta

dalla competenza linguistica alla competenza comunicativa. La differenza

tra le due competenze è basilare e, conseguentemente, determina dei

cambiamenti sostanziali nelle modalità di insegnamento.

Dalla parte dell'insegnante, tutti gli atti formativi sono indirizzati allo

sviluppo, da parte del discente, di abilità linguistiche legate alle particolari

situazioni tralasciando, quindi, ogni regola grammaticale e concentrandosi

su attività orali come conversazioni, role-play, etc. Dal canto suo, il

discente diventa il protagonista assoluto del processo di apprendimento

essendo al centro di ogni attività in quanto attore principale. In altre

parole, il focus passa dal contenuto alla persona, mettendo al primo posto

le esigenze e le necessità di ciascun discente. La modalità di

apprendimento simbolico-ricostruttiva, strettamente connessa con la

struttura della disciplina incentrata sulla scrittura, lascia il posto alla

modalità percettivo-motoria in cui ogni alunno viene interamente coinvolto

in vere e proprie situazioni di apprendimento in cui non è di fondamentale

importanza la correttezza grammaticale quanto la capacità di comunicare

in linea con le proprie esigenze e i propri scopi.

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L’approccio comunicativo è articolato, a sua volta, nei metodi

situazionale e nozionale-funzionale. Secondo il metodo situazionale, la

lingua serve alla comunicazione e deve essere inserita in situazione;

l’allievo è un attivo costruttore del proprio bagaglio linguistico e procede

per gradi; l’insegnante deve essere tanto un esperto della lingua quanto

della cultura (way of life) per dar vita a situazioni reali o verosimili.

Secondo gli assunti del metodo nozionale-funzionale, si analizza la lingua

in termini di scopi comunicativi, detti “funzioni”; le situazioni comunicative

sono scelte in base ai futuri bisogni dell’allievo e graduate secondo una

logica di successione nella realtà, piuttosto che secondo principi di facilità

linguistica; all’insegnante spetta il compito di decidere quale registro, stile

e varietà della lingua utilizzare in una situazione data.

In linea con i due metodi, oggi confluiti in un unico metodo usato

nelle scuole italiane ed europee, la lingua viene presentata in contesti ben

precisi o in situazioni tipo e, soprattutto, viene proposta in termini di scopi

comunicativi universali, cioè tramite atti linguistici (le funzioni

comunicative, appunto) come “salutare”, “presentarsi”, “offrire”, etc., che,

per poter essere messe in pratica, implicano la conoscenza di specifiche

nozioni spaziali, temporali, di numero, di genere, di possesso, di quantità,

di relazione. Queste variano spesso da cultura a cultura e presuppongono

la conoscenza di un lessico di base mentre le funzioni si realizzano

attraverso esponenti e/o strutture correlate alla situazione sociale.

Nello slittamento dal metodo grammaticale-traduttivo all’approccio

comunicativo, passando per i diversi stili e/o strategie inaugurate di volta

in volta dalla glottodidattica, si registra un progressivo spostamento

dell’attenzione da chi insegna a chi apprende (il passaggio dalla teaching

unit alla learning unit è già nominalmente una spia di tale mutamento

ideologico-prassico). Non solo. Gli accorgimenti di chi gestisce l’azione

didattica sono volti particolarmente ad una personalizzazione

dell’apprendimento linguistico ed all’acquisizione di una sorta di

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consapevolezza strumentale, da parte dell’apprendente, dei modi in cui

questi si appropria della LS o della L2 e la utilizza in contesti reali.

3. Tecnologia e glottodidattica metacognitiva

Rispetto alla didattica delle altre discipline, l'insegnamento delle

lingue straniere si è sempre servita delle tecnologie intese come risorse,

sussidi, ma soprattutto come ambienti di apprendimento. Basti pensare

che l'esperienza di insegnanti e alunni è passata attraverso l'uso di

trasmissioni radio, registratori, programmi TV, fino ai più recenti supporti

informatici come il lettore DVD, il computer, Internet e le LIM. Grazie al

loro utilizzo, l'insegnante può potenziare la qualità dell’offerta formativa e

può fornire esperienze linguistiche non sempre veicolate da libri e lezioni

tradizionali.

Proprio a partire dagli anni '60 si intuì la straordinaria importanza

delle tecnologie nella glottodidattica tanto che la scuola, sebbene con

qualche anno di ritardo, ha fornito ai propri docenti di lingua un

registratore/riproduttore a nastro in grado sia di riportare stralci di

conversazioni da ascoltare e ripetere sia pure di registrare gli interventi

degli alunni per poi ri-analizzarli in fase di feedback metalinguistica. Tale

tendenza iniziale nella glottodidattica del secolo scorso, induce ad una

prima considerazione sul rapporto tra studio delle lingue e metacognizione

alla luce delle tecnologie. Queste ultime, per il loro spiccato carattere

multi-codico, permettono di lavorare su più abilità allo stesso tempo e

consentono di ritornare successivamente sulle piste operative battute

dall’apprendente onde innescare una riflessione critica sul suo modo di

“fare lingua”, ovvero di ricevere e produrre input linguistici.

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Dagli strumenti prettamente audio si è passati a tecnologie che

permettono di integrare il sonoro e il video come videoregistratori

successivamente evoluti in lettori DVD. Il valore aggiunto di questi

strumenti è palese. Lo studente/user non solo vive un'esperienza sonora

autentica ma, contemporaneamente, viene coinvolto in un contesto con

personaggi che compiono delle azioni e delle interazioni a sostegno di una

conversazione in lingua originale. Grazie a questo tipo di strumenti, il

processo di insegnamento si distacca dal supporto cartaceo

monodimensionale e si arricchisce di due nuove dimensioni: il suono e

l’immagine. Tramite le sue funzioni di pausa, riavvolgimento e replay, il

riproduttore audio-video garantisce una fruizione qualitativamente diversa

consentendo parimenti una serie di interruzioni ragionate nel corso delle

quali fare assaporare allo studente alcune sfumature della lingua che il

libro di testo non riesce a fornire.

Un ulteriore passo avanti si è potuto registrare con la nascita e la

diffusione del computer e della maxi rete di navigazione nella conoscenze

che è Internet. Il computer comporta svariati vantaggi che ne fanno il

perfetto strumento didattico. Al pari degli altri mezzi tecnologici, esso non

è nato per essere utilizzato come mezzo didattico diretto, ma, grazie alle

sue caratteristiche tecniche ed alla sua malleabilità tecnologica, risulta

essere uno strumento particolarmente idoneo ad essere impiegato in

classe.

Il PC integra e sintetizza in un unico mezzo le qualità del

registratore/riproduttore audio, del videoregistratore e del lettore DVD

superando i loro limiti strutturali. Le modalità audio e video si integrano in

prodotti di facile fruizione grazie a software che permettono tanto l'utilizzo

quanto la creazione (editing) di filmati importabili mediante altri tools

(macchina fotografica, telecamera digitale, videofonino). La

multimedialità, chiamata in causa dal pc, permette all’apprendente di

attivare tutte le funzioni cognitive legate sia alla vista sia all'udito

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garantendo un processo di decodifica della realtà, elaborazione e

riorganizzazione concettuale e linguistica qualitativamente superiore.

È chiaro che l’essenza multimediale del computer non è sufficiente

da sola a fare del pc uno strumento didattico completo. Esso può però

qualificarsi come strumento didatticamente valido grazie alla possibilità

che offre ai suoi utenti di interagire direttamente sulle informazioni

parallelamente alla fruizione dei prodotti multimediali. In altre parole, alla

multimedialità dei file si affianca l’interattività, ossia la possibilità del

sistema, il cui comportamento non è fisso, di variare al variare dell'input

dell'utente. Quella del pc è tuttavia una forma di interattività pre-

controllata e gestita. A differenza della interazione conversazionale reale,

infatti, nella quale i modi di reagire e scambiare porzioni di informazione

dipende in larga parte dal margine di imprevedibilità presentato dall’uomo,

nell’interfacciarsi con il pc, lo studente di lingua può predisporsi più

agevolmente ad un’azione comunicativa (seppur in assetto di

simulazione), prevedendo possibili feedback e prefigurando diversi esiti

strategici nella messa in atto della propria competenza linguistica. Il pc

attiva fortemente, in questi termini, l’intuizione e la creatività nella

gestione autonoma del proprio bagaglio comunicativo in ordine alla

esecuzione corretta dei percorsi di apprendimento linguistico veicolati dal

pc stesso.

L'interattività e la multimedialità, insieme, modificano l'essenza

stessa dell'informazione mono-dimensionale del libro, trasformandola in

un'occasione per imparare agendo sulla realtà (virtuale) tramite un’azione

diretta. Grazie al mouse, alla tastiera e allo schermo, prosecuzione

meccanica della penna con cui si esercita la writing skill o della voce con

cui si sviluppa la speaking skill, il discente viene coinvolto interamente

nella ricerca delle informazioni ed è proprio lui che decide cosa è

importante e cosa, invece, non lo è.

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Queste sue straordinarie potenzialità fanno del computer lo

strumento ideale per una glottodidattica che miri ad orientare l’allievo ina

sequenza di sforzi apprenditivi ragionati e consapevoli tesi al successo

linguistico, garantendo una grande libertà di ideazione e progettazione al

docente, il quale può scegliere tra una vastissima gamma di software o di

piattaforme, a pagamento, gratuite o open source.1

Inteso in questo modo, il computer cessa di essere un semplice

strumento di svago e acquisisce una valenza nettamente più complessa,

grazie alla possibilità di reperire le informazioni, visionarle, vagliarle,

selezionare le più adatte e ricomporle in un prodotto assolutamente nuovo

creato in base alle necessità dell'apprendente/user, alle sue motivazioni e

ai suoi scopi.

A rendere il PC uno strumento ancora più efficace nella classe di

lingua interviene Internet. Tramite il collegamento alla rete, aumenta

esponenzialmente il numero delle occasioni che l'insegnante può proporre

affinché il discente esperisca la lingua come mezzo vivo, autentico,

realmente comunicativo. La rete fornisce una serie di strumenti

particolarmente utili ai fini di una glottodidattica incentrata sullo studio

delle lingue in prospettiva comunicativa. Si pensi, per esempio, alle

applicazioni per la comunicazione sincrona e asincrona (e-mail, chat,

virtual class, ) o alla possibilità di creare dei blog o dei forum, nonché di

ricercare e scaricare materiale di qualsiasi genere e/o area del sapere.

Anche la rete concorre a fare del computer uno strumento che esula dalle

sue funzioni più banali espandendo le sue infinite potenzialità e

trasformandosi in un valido ambiente di apprendimento.

1 In relazione ai propri scopi, ogni insegnante ha la possibilità di scaricare dalla rete i software più adatti a soddisfare le proprie esigenze mirando alla costruzione di un ambiente di apprendimento digitale stimolante che abbia come caratteristiche essenziali la personalizzazione del percorso di apprendimento, l'interattività e la multimedialità.

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Nella glottodidattica, il computer può fornire ottime possibilità

formative in modalità sia on sia off line, sia in aula sia a casa, sia per il

lavoro di gruppo sia per quello individuale.

Nella fruizione di gruppo, ciò che acquista importanza è la

collaborazione e la condivisione delle esperienze nella co-costruzione delle

conoscenze. In situazioni simili, il docente funge da facilitatore ed il suo

compito è quello di fornire una linea di azione ed intervenire in caso di

difficoltà. Attività di questo genere possono essere, ad esempio, quelle

finalizzate alla creazione di progetti interdisciplinari in lingua straniera (è il

caso dei percorsi CLIL)2, oppure quelle in cui è richiesto agli studenti di

trovare ed organizzare tutte le informazioni che riguardano usi o costumi

del Paese di cui si studia la lingua (si pensi alla costruzione di un Project

Work in lingua straniera). I contributi della classe possono essere raccolti

anche nelle ore extrascolastiche grazie all'utilizzo di blog e forum, in cui

ognuno è libero di esprimere le proprie idee e di socializzare il materiale

con i compagni in un tempo di resoconto sfalsato rispetto a quello del

lavoro condiviso in classe.

Nella fruizione individuale, il docente può ideare e progettare attività

multimediali ed interattive in cui ogni alunno è chiamato a mettere alla

prova se stesso e le sue competenze. A tal scopo, non è necessario

utilizzare software strutturati, ma si possono impiegare applicazioni

comuni come MS Power Point o OpenOffice Impress. In questo caso,

l'abilità del docente consiste proprio nel piegare le potenzialità del

2 L’acronimo inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning) è stato coniato da David Marsh e Anne Maljers, nel 1997, per indicare una metodologia di apprendimento integrato di lingua e contenuto. Tale metodologia si innesta all’interno dei programmi di educazione bilingue presentando, tuttavia, connotazioni fortemente innovative. L’espressione “educazione bilingue”, usata ormai da anni, ha carattere molto generale e racchiude un’ampia gamma di programmi che promuovono l’uso veicolare della lingua, che si possono ricondurre a due orientamenti: un primo orientamento, incentrato principalmente sull’apprendimento linguistico e un secondo orientamento, di contro, incentrato sull’apprendimento della disciplina veicolata (Coonan, 2002).

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software ai propri bisogni onde costituire attività dotate di audio e video,

con registrazioni della propria voce e varie forme di personalizzazione.

Trasversalmente alle due modalità di utilizzo sopra descritte, si

possono individuare un uso light e un uso strong delle tecnologie nella

classe lingua (Ardizzone-Rivoltella, 2008). Per uso light delle tecnologie si

intende la possibilità di integrare gli strumenti digitali in aula, gestendo

tanto attività individuali quanto attività gruppo in grado di motivare e

stimolare l’allievo alla messa in opera delle proprie competenze.

Per uso strong delle tecnologie, si intende la creazione di un

ambiente di apprendimento il cui valore aggiunto risieda nella dimensione

virtuale. In sostanza, si fa riferimento alle piattaforme LMS (Learning

Management System) le quali consentono la creazione e la gestione di uno

spazio virtuale in rete in cui è possibile fare l'upload e il download di

materiali, pubblicare avvisi, svolgere test e questionari, usare strumenti

per la comunicazione (VoIp, e-mail, blog, chat, etc.), gestire gruppi di

lavoro a distanza.

Un'ottima alternativa alla piattaforma è il blog, meno strutturato ma

con una forma, per così dire, più “leggera” che permette al docente

(anche a chi non possiede dimestichezza eccessiva con le tecnologie) di

pubblicare materiale, scaricarlo, commentarlo. L'ambiente di

apprendimento risultante dall'integrazione tra la didattica in classe, l'uso

delle piattaforme e quello dei blog è stato definito “terza aula” (Ardizzone-

Rivoltella, 2008, 216), ossia una situazione intermedia tra la presenza

dell'aula fisica e la completa autonomia di apprendimento dei cosiddetti

corsi on line.

4. Lo studio delle lingue con le nuove tecnologie

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Per la sua natura multiforme e prettamente sensoriale,

l'insegnamento della lingua straniera si struttura attorno ad una

molteplicità di stimoli differenti al fine di garantire un apprendimento di

qualità. Emerge la necessità di andare oltre il semplice supporto cartaceo

e cercare gli strumenti che possano garantire un processo di

insegnamento/apprendimento efficace e completo.

Il punto cruciale delle tecnologie non sta tanto nella loro struttura

intrinseca, nel loro hardware, ma nel modo in cui vengono integrate nel

processo di insegnamento/apprendimento e quale ruolo esse acquisiscono

nei rapporti tra insegnante e allievi. In una visione strutturalista, la

tecnologia, ed in particolare il computer, ha sostituito il docente

determinando programmi chiamati CALL (Computer Assisted Language

Learning) costituiti da esercizi strutturali o programmi per il testing &

assessment di tipo grammaticale o lessicale in cui si concretizzava il

principio comportamentista stimolo-risposta-rinforzo.

Nella cornice di un approccio glottodidattico cognitivo prima e

metacognitivo poi, si lascia grande autonomia all'apprendente il quale può

scegliere quali percorsi intraprendere grazie a tecnologie multimediali e

ipermediali. In linea con tali assunti, si sviluppano diversi prodotti come

corsi di lingua su CD-ROM che spesso sono delle semplici trasposizioni su

supporto digitale di contenuti analogici.

Una spinta ideologico-prassica di rilievo giunge dall’approccio

costruttivista, la cui applicazione in campo educativo riguarda le modalità

di apprendimento e rigenera la relazione tra soggetto che apprende la

lingua e realtà circostante in cui tale lingua si parla. L'apprendimento si

presenta come un processo attivo; esso avviene, cioè, solo quando colui

che apprende viene messo in relazione con la realtà da apprendere. Si

tratta di un processo in cui la conoscenza linguistica acquista significato

attraverso le esperienze dirette del discente a contatto con fonti reali o

verosimili di input linguistico. A ciò fa seguito la costruzione di significati

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integrati in un sistema transitorio e perfettibile (l’interlingua) in cui ogni

conoscenza acquisita è essenziale al fine di conferire senso tanto

all’esperienza stessa quanto a quelle porzioni di lingua che di tale

esperienza si fanno mezzo e canale.

La lingua, trasversalmente a qualsiasi ambito disciplinare,

rappresenta di fatto lo strumento basilare utilizzato per costruire

conoscenza, tramite il dialogo e la comunicazione. Ne deriva che la co-

costruzione dei significati è strettamente connessa ad operazioni

transdisciplinari e metacognitive complessive quali il misurarsi con la

relazionalità sociale, il confronto con l’altro, i modi e le forme

dell’interazione, le strategie della collaborazione efficace, il ricorso

funzionale alla cooperazione. In altre parole, qualsiasi percorso

metacognitivo non può essere disancorato dalla padronanza linguistica, la

quale consente di scindere il piano fattuale dell’apprendimento da quello

intellettivo della riflessione e del ragionamento sull’apprendimento stesso.

In un siffatto assetto, le tecnologie assumo un rilievo fondamentale

in quanto permettono la creazione di ambienti di apprendimento

caratterizzati dalla simulazione di situazioni reali e dalla possibilità di

libera ed autonoma espressione. “Con l'evoluzione tecnologica, che ci ha

fatto passare dalle Tecnologie dell'Informazione a quelle per la

Comunicazione, il computer non è più un sostituto o un esperto, ma

piuttosto un catalizzatore, un facilitatore dell'interazione e del dialogo tra

persone” (Ardizzone-Rivoltella, 2008, 86). Questo aspetto risulta

particolarmente consonante con il fatto che, nella glottodidattica, gli

approcci comunicativi e quelli umanistico-affettivi hanno come base

comune la centralità dell'apprendente, i suoi bisogni e le sue motivazioni

proiettate in situazioni “autentiche”. A tale scopo, il docente può servirsi di

diversi mezzi tecnologici che possono essere utilizzati anche in

concomitanza e che consentono di ricreare, entro il perimetro della classe,

scenari reali nei quali co-costruire la competenza linguistico-comunicativa.

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D’altra parte la struttura reticolare degli ipermedia, dei social

network e di strumenti quali la LIM produce una frammentazione dei

contenuti linguistici complessi in concetti più semplici che rendono più

agile la fase di apprendimento. La sinergia, poi, determinata dalla

cooperazione di più livelli sensoriali potenzia lo sviluppo della competenza

innescando negli allievi il gusto di parlare una lingua e usare la lingua in

contesti svariati della vita, non solo del tempo scolastico.

Nel vasto campo delle nuove tecnologie, che si intersecano con

l’universo didattico, un posto di particolare rilievo è occupato dalla LIM, la

Lavagna Interattiva Multimediale (o digitale), entrata a far parte del

nostro tessuto scolastico, seppur in maniera ancora non del tutto

sistematica e geograficamente disomogenea. L’apporto che la LIM può

fornire alla didattica della LS è, infatti, di marcato rilievo poiché essa

ingloba in sé tutti gli strumenti solitamente in uso nella classe lingua

(video, lettore cd, flashcard, poster, lavagna luminosa, registratore,

apparecchiatura di laboratorio, etc.) ed essendo una superficie interattiva

dotata di canali multipli, consente di lavorare con e sulla lingua ad ampio

raggio. La LIM non deve essere percepita come “l’intrusa”, ma come

“supporter” del docente di lingua il quale potrà trovare in essa risorse,

spunti, strumenti per rendere ogni lezione un evento dell’apprendimento.

Grazie alla lavagna digitale è possibile, infatti, ripensare le consuete

procedure didattiche vivacizzandone le fasi di progettazione e gestione

complessiva.

Se l'insegnante propone un testo, magari tratto dal manuale o dal

coursebook, la LIM lo aiuta a focalizzare l'attenzione degli alunni su alcuni

tratti grazie alla possibilità di sottolineare, cerchiare, evidenziare,

spostare, marcare, indicizzare, etc. Ad esempio, si possono mettere in

risalto alcuni termini con lo scopo di focalizzare gli elementi

morfosintattici, oppure è possibile creare delle batterie di drills per le

esercitazioni di riempimento con lo scopo di rinforzare le competenze

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grammaticali. La LIM permette di modificare dei testi in formato digitale

grazie ad alcuni software che celano le parole chiave che lo studente deve

inserire tramite la penna o la tastiera della LIM.

Un'altra opportunità è quella finalizzata al riordino di sequenze di

pezzi di frase (linguistic chunks). Lo scopo è quello di far riflettere gli

alunni sulla struttura della frase. Anche qui interviene una delle tante

applicazioni disponibili per le LIM, tramite la quale è possibile frammentare

sequenze di un brano e far ricostruire il testo trascinando i segmenti nella

corretta posizione.

È anche possibile progettare e preparare attività di matching, in cui

l'allievo deve unire l'immagine proposta al lemma corrispondente.

Un’attività del genere risulta particolarmente idonea nelle prime fasi di

apprendimento facilitando l’acquisizione del lessico di base.

Le attività di Drag & drop sono quelle in cui lo studente deve

effettuare delle associazioni tra immagini e testo utilizzando l'apposita

penna o con l'impiego delle dita. Lo scopo è quello di approfondire il

lessico, le categorie grammaticali, il bagaglio semantico.

Oltre ad esercitazioni ed attività in cui si predilige la scrittura, la LIM

fornisce l'opportunità di proporre filmati e tracce audio. Questi possono

essere quelli forniti dai CD dei manuali oppure recuperati da siti

specializzati (es. BBC o Australianetwork) 3 in cui sono presenti filmati

creati appositamente allo scopo glottodidattico. L’utilizzo dei filmati

autentici risulta particolarmente utile nell’apprendimento delle lingue in

quanto rinforza sia le abilità di ascolto e di comprensione sia le capacità

deduttive e inferenziali. Quando un docente decide di proporre simili

attività, è fondamentale che la scelta del materiale sia adeguata e

proporzionata alle reali competenze della classe. Ciò perché audio e video

troppo complessi otterrebbero sullo studente un effetto demotivante,

3 Per un approfondimento sulle risorse citate, si consultino rispettivamente i siti: http://www.bbc.co.uk/languages/ e http://australianetwork.com/studyenglish/.

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mentre, a parità di complessità linguistica, per lo studente sarà più

semplice la comprensione di un video in cui al supporto audio si

accompagna lo stimolo visivo. Prima della fruizione dei filmati, sarà

opportuno predisporre alcuni esercizi preparatori, incentrati

sull’argomento generale che verrà trattato e sul lessico. Per la fase di

ascolto, insieme al filmato, si possono proporre semplici quesiti o griglie

da compilare, mentre, al termine dell’intervento didattico, si possono

proporre dei role-play o attività incentrate su vari livelli di comprensione.

Grazie alla LIM tutto ciò diventa possibile senza cambiare aula o ricorrere

ad altri mezzi, avendo in un unico strumento tutto ciò di cui si ha bisogno.

Anche in questo caso entra in gioco l'abilità del docente che rappresenta il

regista che recupera e organizza i materiali in attività sistematiche ed

efficaci. Inoltre, tramite la connessione alla rete, sulla LIM è possibile

usufruire di task multimediali ed interattivi direttamente on line senza la

necessità di installare applicazioni aggiuntive. Un esempio molto

interessante è quello proposto dal British Council in cui è presente una

sezione dedicata all'apprendimento della lingua inglese con giochi,

canzoni, brevi storie multimediali, esercitazioni a vario titolo.4

Un'altra straordinaria opportunità che la LIM può offrire è quella del

gemellaggio elettronico. In sostanza, è sufficiente aderire al e-Twinning5

registrandosi e immettendo una e-mail valida. Una volta iscritti, è

necessario individuare una scuola partner sul motore di ricerca, chiamato

TwinFinder. E-Twinning permette alle scuole gemellate di creare e gestire

un progetto comune per il quale il docente e la classe si serviranno di tools

gratuiti che garantiscono l'interscambio sincrono (Skype, Messenger) o

asincrono (blog, e-mail).

4 Per un approfondimento sui materiali offerti dal British Council, si veda

http://learnenglishkids.britishcouncil.org/en/ 5 A tal proposito, si veda http://etwinning.indire.it/index.php

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Il processo di insegnamento della lingua straniera, grazie

all'introduzione della LIM, non si limita alla monomedialità del manuale o

di altri supporti cartacei, ma si ri-configura su un assetto multimediale e

multisensoriale, incentivando un apprendimento di tipo attivo (l’allievo usa

la lingua da protagonista secondo i suoi reali bisogni comunicativi),

cooperativo (l’allievo collabora con i pari affinché gli scopi ultimi della

comunicazione siano raggiunti con successo) e metacognitivo (l’allievo

percepisce, grazie alla LIM, la distanza strumentale tra la lingua che

apprende e quella che usa ed è in grado di rivedere in fieri i propri modi di

interazione in lingua sì da renderli efficaci).

5. L’insegnante tecnologico di LS

Risulta evidente che utilizzare le tecnologie non è un compito facile

se queste devono essere integrate in un sistema chiuso che, per

costituzione, possiede una struttura essenzialmente analogica e basata

sulla mono-dimensionalità della tecnologia “libro”. Gli Immigranti Digitali

trovano grosse difficoltà ad immaginare una didattica senza lavagna,

senza quaderni, senza libri, senza penne. Ciò è ancor più vero nel caso

della classe di lingua, spazio dell’alterità per eccellenza, nel quale il farsi -

di necessità - “altro linguistico” e/o “altro culturale” (è la pratica del

fingersi stranieri e allofoni) comporta un attaccamento ai propri materiali

tradizionali, punti di riferimento consolidati nel tempo dall’uso e dal

un’azione didattica che si reitera senza soluzione di continuità.

Pertanto, è opportuno chiarire che l'insegnante tecnologico di lingua

non è necessariamente un “asceta della tecnologia” (Maragliano, 2007),

anzi, il suo approccio alle tecnologie deve essere meno tecnico e più

incentrato sulla creatività linguistico-metodologica che sulla tecnologia fa

leva mutuandone tecniche e strategie. L’approccio corretto sia quello della

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ricerca, ossia dell’incessante indagine e riflessione circa gli strumenti

tecnologici onde coglierne le potenzialità da sfruttare in classe, con la

classe, a vantaggio della classe. Di fatto, il docente non è qui chiamato ad

identificare un metodo educativo definitivo, oggettivo ed immutabile,

quanto piuttosto a rendersi conto che le nuove tecnologie lo immergono

“[…] nel flusso continuo dei media, in cui egli è portato a collegare, porre

in un rapporto di dialogo un codice con un altro, far rimbalzare un

elemento di informazione da un mezzo a un altro, [...] favorendo la

moltiplicazione delle intelligenze, dei linguaggi, delle componenti diverse

di ciascuna personalità individuale. [...]” (Maragliano, 2007, 6).

È evidente che le tecnologie svolgono un ruolo importante, ma non

si sostituiscono al docente, al quale spetta sempre e comunque il compito

di organizzare le attività, indirizzare gli allievi, intervenire in caso di

difficoltà, fungere da moderatore nelle interazioni. In particolare, nel caso

della classe di lingua, la figura del docente detentore della conoscenza

linguistica da trasmettere supinamente a mezzo di traduzioni da e verso la

L2 viene soppiantata dal docente/tutor o dal docente/facilitatore. Questi

non solo progetta e sperimenta la propria azione didattica, ma ha il

compito di sensibilizzare la classe all’acquisizione di una certa autonomia

al fine di costruire la conoscenza in modo collegiale.

E se il computer e la rete costituiscono dei mezzi attraverso i quali la

lingua viene più prontamente veicolata, è il docente stesso che, nel

quadro di una glottodidattica metacognitiva, si fa “interfaccia” vivente di

un apprendimento orientato all’autonomia. Proprio attraverso l’intervento

mirato del docente, l’allievo potrà, infatti,

� imparare a decodificare il proprio insuccesso e riutilizzarlo

sagacemente per ri-allineare la performance linguistica;

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� discernere le diverse tipologie di errore, risalire alle possibili cause e

socializzare la riflessione in piccoli o grandi gruppi senza timore o

ritrosia6;

� distinguere le tipologie di consegna in base alle abilità linguistiche

coinvolte, ai contenuti strutturali e lessicali, agli usi strumentali della

lingua (exercise, drill, task, activity, project);

� prevedere le ricadute della propria azione comunicativa anticipando

in fase di elaborazione riflessiva le strategie e le tecniche interattive

adeguate (turn taking, role exchanging, pause, direct/in direct

speech, etc.).

6 Si pensi ai cosiddetti “errori fossilizzati” che si sviluppano nella messa a punto

dell’interlingua: errori di omissione, di sovrageneralizzazione, errori ambigui (lapsus e sbagli meno sistematici). Questi risultano particolarmente persistenti e richiedono un intervento adeguato ed individualizzato.