Modelli integrati di interventi psicoeducativi per la ...

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Modelli integrati di interventi psicoeducativi per la disabilità intellettiva e dei disturbi generalizzati dello sviluppo SCUOLA SECONDARIA (G2) Corso di Specializzazione per il Sostegno Anno Accademico 2018/2019 Prof. Fedele Cataldi

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Modelli integrati di interventi psicoeducativi per la disabilità

intellettiva e dei disturbi generalizzati dello sviluppo

SCUOLA SECONDARIA(G2)

Corso di Specializzazione per il Sostegno

Anno Accademico 2018/2019

Prof. Fedele Cataldi

Informazioni generali

Crediti Formativi Universitari: 4

Ore di lezione: 30

Settore Scientifico Disciplinare: M-PSI/04

Prerequisiti necessari: Nessuno

Informazioni generali

Orario lezioni

SABATO 28 SETTEMBRE 08-13 Polo Bertelli – C.da Vallebona

VENERDI’ 04 OTTOBRE 14-19 Polo Bertelli – C.da Vallebona

SABATO 02 NOVEMBRE 08-13 Polo Bertelli – C.da Vallebona

DOMENICA 03 NOVEMBRE 08-13 Polo Bertelli – C.da Vallebona

SABATO 16 NOVEMBRE 14-19 Polo Bertelli – C.da Vallebona

VENERDI’ 20 DICEMBRE(ESAME)

14-19 Polo Bertelli – C.da Vallebona

Informazioni generali

Contatti: [email protected]

Ricevimento: su appuntamento

Informazioni generali

Materiale da studiare: dispense fornite dal docente

Testo consigliato: «Disabilità intellettiva a scuola: strategie efficaci pergli insegnanti», 2014, Erickson

Modalità d’esame: questionario scritto con 30 domande a rispostamultipla

Informazioni

Obiettivi:

Nella prima parte del corso, gli studenti acquisiranno i principaliconcetti teorici inerenti le caratteristiche e i modelli di funzionamentopsico-cognitivo relativo a specifiche fasce di età. Apprenderanno leprincipali definizioni presenti in letteratura, con riferimento alle cause ea ai criteri diagnostici, relativamente alla disabilità emotiva e aiprincipali disturbi pervasivi dello sviluppo.

Nella seconda parte del corso, gli studenti verranno a conoscenza deiprincipali approcci metodologici al fine di comprendere, pensare eattuare un intervento psico-educativo in modo consapevole ed efficace.

Argomenti del corso:

- La disabilità intellettiva: definizione, cause e accenni diagnostici;

- L'intelligenza cognitiva: principali modelli, metodi di misurazione e disturbi;

- I principali disturbi della comunicazione;

- Il disturbo dello spettro autistico: storia e attuali frontiere;

- Il disturbo da deficit di attenzione;

- I pilastri educativi per l'intervento psico- educativo: principali metodi e strategie di intervento per migliorare i processi di apprendimento e di socializzazione;

- Dall‘integrazione all‘inclusione: agire con la classe.

Informazioni generali

RUOLO DELL’INSEGNANTE

COMPETENZE RELAZIONALI

COMPETENZE CUTURALI E PROFESSIONALI

CAPACITA’ OPERATIVE

Intelligenza e passione, logos e pathos interagiscono strettamente per sostenere con responsabilità la scelta che è stata fatta e che diventa quella che dà il senso alla stessa vita.

L’adolescenza: una storia naturale

Invenzione culturale o fenomeno biologico?

Adolescenti. Una storia naturale

Bainbridge (2015)

- Approccio storico-naturalistico

- Tre scoperte molto importanti:

1. «l’adolescenza è quel processo intorno al quale ruota la vita umana, in quanto punto centrale del cambiamento fisico, mentale, comportamentale, emozionale, romantico e sessuale;

2. il flusso e il cambiamento che avvengono in adolescenza portano gli adolescenti ad essere in modo drammatico ed inevitabile in conflitto con gli adulti

3. la comprensione degli adolescenti è notevolmente progredita negli ultimi dieci anni» (p 47)

La biologia degli esseri umani è particolare per:

- Bipedalismo

- Enormi abilità cognitive (pianificazione, astrazione, uso di strumenti)

- Biologia riproduttiva

Queste tre principali caratteristiche hanno permesso delle alterazioni incredibili nel modo di vivere e «gli adolescenti sono la chiave di questo cambiamento: sono la ragione per cui sono diventati umani». (Bainbridge, 2015, p 48)

La differenza focale tra il cervelloumano e quello animale è la suadimensione: esso è cinque volte piùgrande

Nel corso della sua evoluzione, ilvolume del cervello umano èpassato da 400 ml(Austrolopithecus) a 800 ml(Homo erectus) a 1200 ml(Homo sapiens).

- Queste transizioni relativamente improvvise sono risultate dalla necessità di adattarsi alle nuove, insolite ma ad alto valore nutritivo, risorse di cibo seguite dai cambiamenti climatici storici

Questa transizione ha lasciato tre cambiamenti importanti:

1. Da questo periodo, gli essere umani ci hanno impiegato 10 anni in più per diventare adulti (a differenza di altri mammiferi longevi come le scimmie). Gli esseri umani hanno un secondo decennio di sviluppo continuativo («gli adolescenti si sono evoluti»);

2. Incorporamento di una fase del tutto unica di crescita negli anni adolescenziali.

ANIMALECrescita rapida in 10 anni

Rallentamento della crescita

Età adulta

Crescita rapida in 10 anni

Rallentamento della crescita

Scatto aggiuntivo di

crescita (adolescenza)

Età adulta

UOMO

Aumento improvviso nelle dimensioni corporee ma ritardo nella crescita del cervello

Negli ultimi anni, le moderne tecniche neuroscientifiche (MRI) hanno individuato tre processi importanti:

1. Potatura sinaptica: in adolescenza molte connessioni tra le cellule cerebrali vengono tagliate, spazzando il cervello di individui diversi allo stesso modo (sostanza grigia più sottile in adolescenti sani);

2. Mielinizzazione: molti percorsi pre-esistenti di sostanza bianca acquisiscono l’isolamento mielinico per la prima volta, trasmettendo informazioni più velocemente;

3. Dopamina: neurotrasmettitore coinvolto in molti processi; durante l’adolescenza si attiva un percorso dopaminergico che proietta alle regioni dei lobi frontali, coinvolti in molte funzioni superiori

IL CERVELLO SI RI-ORGANIZZA ma con tempi diversi da regione a regione (Giedd, 2004, 2008)

Comportamenti idiosincratici

Es: aree coinvolte nelle reazioni emotive maturano prima rispetto a quelle deputate al controllo di esse (Bainbridge, 2015)

Osservazioni- Alcuni comportamenti potrebbero essere causati dallo sconvolgimento dovuto

alla riorganizzazione cerebrale («effetti collaterali):

• Difficoltà a svegliarsi la mattina (molte scuole hanno adeguato gli orari di ingresso e uscita)

- Alcuni comportamenti, invece, potrebbero avere vantaggi positivi

• Esporsi al rischio (adolescenza come fase di sperimentazione tuttavia il cervello non è nato con la capacità di calcolare i rischi del mondo moderno e attuale)

• Diventare psicologicamente autonomi dai propri genitori (conflitto con i genitori benessere in età adulta)

• Linguaggio più complesso (nuove abilità, dimensione sociale)

• Amicizia (permette di «co-costruire» una visione del mondo)

«L’adolescenza non è semplicemente il momento in cui le persone si comportano in parte come bambini e in parte come

adulti – ma è il momento in cui tutte le più importanti forze della nostra vita si uniscono e, forse, si scontrano. Ed è questo scontro adolescenziale ciò che ci rende umani» (Bainbridge, 2015, p 61).

1. Le intelligenze: principali modelli, metodi di misurazione e disturbi.

2. La disabilità intellettiva: definizione, cause e accenni diagnostici.

«Il ritardo mentale non è qualcosa che una persona ha, come gli occhi azzurri, o il cuore malato. Non è nemmeno qualcosa che la persona è,

come essere piccolo o magro. Non è un disturbo medico, né un disturbo mentale […]»(AAME, 2005)

La disabilità intellettiva in numeri• 1-4% della popolazione mondiale (Maulik, Mascarenhas, Mathers, Dua & Saxena,

2011)

• I paesi in via di sviluppo presentano una prevalenza doppia rispetto ai Paesi industrializzati (Maulik et al., 2011)

• In Italia, non esistono banche dati nazionali utilizzabili

• Secondo un’utenza dei servizi NPIA: 4-6%

• Incremento con picco tra i 10 e i 14 anni; declino in adolescenza

• Maggiore prevalenza nei maschi (Verri, 2014)

Che cos’è l’intelligenza?

L’intelligenza o le intelligenze?

«L’intelligenza è estremamente difficile da precisare» (Ravizza, 1993)

INTELLIGENZA COGNITIVA VS INTELLIGENZA EMOTIVA

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La Prospettiva Bifattoriale

Modello di Spearman, 1904

G

S

S S

S

S

Il fattore G è innato

Le abilità specifiche sono modificabili nel tempo

Thurstone (1938), secondo cui è possibile individuare sette abilità primarie

indipendenti Comprensione verbale

Fluidità verbale

Abilità numerica

Inferenza

Abilità spaziale

Velocità percettiva

Memoria

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La prospettiva Multifattoriale (1)

Modello di Cattell-Horn (1978) il fattore di intelligenzagenerale è distinto in intelligenza fluida (Gf) edintelligenza cristallizzata (Gc)

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La prospettiva Multifattoriale (2)

G

GCGF

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La prospettiva Multifattoriale (3)

La teoria delle intelligenze multiple (Gardner, 1983), precursore della teoriadell’Intelligenza Emotiva (IE):

Intelligenza linguistica

Intelligenza musicale

Intelligenza logico-matematica

Intelligenza spaziale

Intelligenza corporeo-cinestetica

Intelligenza intrapersonale

Intelligenza interpersonale

+

Intelligenza naturalistica

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La prospettiva Multifattoriale (4)

Teoria triarchica (Sternberg, 1985)

Tre forme di intelligenza: l’intelligenza analitica, pratica e creativa. Laprima forma di intelligenza è collegata alla capacità di valutazione edanalisi; l’intelligenza pratica si riferisce all’abilità di mettere in praticaciò che si è appreso a livello teorico; l’intelligenza creativa richiama lacapacità di affrontare e risolvere i problemi in maniera innovativa.

IL COSTRUTTO DI INTELLIGENZA PSICOMETRICA: La prospettiva Multifattoriale (5)

Modello tripartito delle abilità cognitive (Carroll, 1993):

• Strato I, in cui sono presenti circa 69 abilità o fattori di primoordine, quali, la Visualizzazione (Vz), lo Span di memoria (MS) el'Induzione (I);

• Strato II include l’intelligenza fluida (Gf o 2F), l’intelligenzacristallizzata (Gc o 2C) ed una serie di abilità cognitive ampie: laPercezione visiva (Gv), la Percezione uditiva (Ga), la Memoriagenerale ed apprendimento (Gy), l'Abilità di rievocazione (Gr),la Velocità cognitiva (Gs) e la Velocità di elaborazione (Gt);

• Strato III (3G o Intelligenza Generale).

INTELLIGENZA EMOTIVA

- Nel periodo tra il 1990 e il 1993 viene data la prima definizione di intelligenza emotiva:

- Salovey e Mayer (1990) definiscono il costrutto come la capacità di monitorare, discriminare ed utilizzare, nei vari contesti, le proprie emozioni e quelle degli altri, attraverso tre abilità cognitive di base.

- Gli Autori fanno leva sull’aspetto cognitivo alla base delle emozioni, come l’identificazione dell’esperienza emotiva, l’assimilazione dell’emozione per facilitare il pensiero e l’uso dell’emozione per favorire il ragionamento.

- Le abilità definite da Salovey e Mayer sono: “appraisal and expression of emotion” (valutazione ed espressione dell’emozione); “regulation of emotion” (regolazione dell’emozione); “utilization of emotion” (uso dell’emozione).

INTELLIGENZA EMOTIVA (Salovey & Mayer) • appraisal and expression of emotion si riferisce alla capacità di percepire e

discriminare chiaramente i propri sentimenti e alla loro espressione, attraverso il canale verbale e non verbale;

• regulation of emotions concerne la capacità di regolare le proprie emozioni attenuandole, intensificandole e mantenendole.

• utilization of emotions comprende quattro abilità: 1. "flexible planning", ovvero la capacità di modificare i propri programmi

per trovare soluzioni alternative di fronte a situazioni problematiche; 2."creative thinking", ovvero la capacità di rintracciare in memoria le

informazioni .utili per risolvere problemi nei vari contesti; 3. “mood redireted attentino”, ossia la capacità di spostare la propria

attenzione verso nuove risorse quando ci siano forti emozioni 4. “motivating emotion”, ossia la capacità dell’umore di motivare la

perseveranza di fronte a situazioni problematiche.

INTELLIGENZA EMOTIVA (Bar-On)

La definizione più controversa risulta quella proposta da Bar–On (1997).

L’IE viene descritta come un insieme di abilità non cognitive, competenze ed abilità apprese che influenzano la qualità degli individui nel far fronte efficacemente alle richieste ed alle pressioni ambientali.

INTELLIGENZA EMOTIVA (Bar-On)

Bar–On identifica cinque dimensioni dell’intelligenza emotiva:

1. “Intrapersonal Emotional Intelligence”, ovvero la capacità di comprendere ed esprimere in modo appropriato le proprie emozioni e si compone di cinque sottoscale: la considerazione di sé, la consapevolezza delle proprie emozioni, l’assertività, l’indipendenza e l’autorealizzazione.

2. La seconda dimensione è l’ ”Interpersonal Emotional Intelligence”, che annovera tre sottoscale: l’empatia, la responsabilità sociale e le relazioni interpersonali.

3. La “Stress Management Emotional Intelligence” si compone di due sottoscale: la tolleranza dello stress ed il controllo degli impulsi.

4. La quarta dimensione, cioè la “Adaptability Emotional Intelligence” si compone di tre sottodimensioni, ovvero l’esame di realtà, la flessibilità di pensiero e la capacità di comportarsi in maniera adattiva alle situazioni sociali ed il problem solving.

5. L’ultima dimensione, la “General Mood Emotional Intelligence”, ha due sottoscale: l’ottimismo e la felicità.

INTELLIGENZA EMOTIVA (Bar-On)

• Il modello di Bar–On (1997) è incluso nel “mixed model” (Salovey et al, 2000), perché non prende in considerazione solo l’aspetto dell’intelligenza, ma annovera varie dimensioni, quali l’autoconsapevolezza, l’empatia e l’autoregolazione emotiva. Infatti, l’Autore definisce l’intelligenza socio–emotiva, che include l’aspetto sociale ed emotivo e che facilita il processo di comprensione di noi stessi e degli altri.

INTELIGENZA EMOTIVA (Petrides & Furnham)

• Dal 1997 ad oggi si aprono nuove prospettive sulla definizione delcostrutto: in questo periodo Petrides e Furham (2001) propongonouna nuova distinzione di IE: quando l’intelligenza emotiva è concepitacome tratto è denominata “emotional self-efficacy”: si riferisce aduna costellazione di disposizioni comportamentali e percezionirelative a sé che riguardano la propria capacità di processare,riconoscere ed utilizzare le informazioni legate alle emozioni. Quando,invece, l’IE è concepita come abilità ci si riferisce all’abilità effettiva diriconoscere, processare ed utilizzare le informazioni legate alleemozioni ed appartiene al dominio delle abilità cognitive (Ciucci,Menesini, Primi, Gavazzi e Antoniotti, 2009).

Il panorama teorico dell’IE

AUTORI DEFINIZONE

Salovey e Mayer (1990; 1997) Abilità cognitive di base:

Appraisal and expression of emotion

(valutazione ed espressione delle emozion);

Regulation of emotion (regolazione delle

emozioni);

Utilization of emotion (uso delle emozioni);

Capacità di generare e/o accedere ai

sentimenti che possono facilitare i pensieri.

Bar On (1997) Fattori misti di personalità ed intelligenza:

“Intrapersonal Emotional Intelligence”;

”Interpersonal Emotional Intelligence”;

“Stress Management Emotional Intelligence”;

“Adaptability Emotional Intelligence”;

“General Mood Emotional Intelligence”.

Petrides e Furnham (2001) L’IE si colloca ai livelli inferiori della personalità

QUALE INTELLIGENZA EMOTIVA?

• Ciò che emerge, all’interno del panorama scientifico, è una non definizionedel costrutto, quindi, una non delimitazione dei confini all’interno dei qualicollocare l’intelligenza emotiva: dalla prima definizione di Mayer e Saloveyad oggi, vi sono diverse posizioni teoriche sul costrutto che l’hannoinscritto ora all’interno di una certa area della psiche (socio-affettiva o dipersonalità) ora di un’altra (cognitiva o meta cognitiva) rendendone icontorni sempre più vaghi ed indefiniti (De Caro e D’Amico, 2008). Inoltre,ciò che emerge dalle definizioni teoriche, è una non chiarezza dei fattoriche compongono l’intelligenza emotiva (Di Fabio, 2011).

• Questa ambiguità della definizione operativa porta il costrutto a non avereuna scientificità: perché un costrutto sia scientifico deve avere buonaattendibilità (precisione) e buona validità, quindi, deve essere chiaramentedefinito lo specifico ambito di appartenenza dell’intelligenza emotiva(personalità od intelligenza).

DISABILITÀ INTELLETTIVE

PERSONE CON RITARDO MENTALE O CON DISABILITÀ INTELLETTIVE?

RITARDO MENTALE VS DISABILITÀ INTELLETTIVE- Distinzione non solo terminologica ma anche teorica e culturale

- Ripercussioni sia sulla definizione delle caratteristiche delle persone con disabilità intellettiva sia sulle procedure diagnostiche e di valutazione

- Passaggio ad una definizione multidimensionale e ad un approccio bio-psico-sociale

- Fattori individuali concorrono con fattori culturali e sociali

- Convivenza di entrambi i termini che vengono utilizzati per definire persone con deficit cognitivi permanenti emersi nell’età dello sviluppo

(Zambotti & Ruggerini, 2014)

Intellectual disability (2013)

Le parole hanno un peso…

- Ritardo mentale (mentalretardation)

- Disabilità intellettiva (intellectual disability)

- Handicap mentale (mentalhandicap)

- Disabilità di apprendimento (learning disability)

76%: ritardo mentale

58,6%: disabilità intellettiva

il termine ufficiale è disabilità intellettiva (World Psychiatric Association, Associazione Europea per la Salute Mentale nel Ritardo

Mentale, 2005)

OMS, 2007:

- «ritardo mentale» contesti amministrativi e clinici

- «disabilità intellettive» contesti comunitari

La definizione di disabilità intellettive

• «gravi alterazioni permanenti dello sviluppo che si manifestano come sindromi globali, legate al deficit di sviluppo delle funzioni astrattive della conoscenza, sociali e dell’adattamento, che originano prima dei 18 anni» (Luckasson et al., 2002)

• Tali condizioni di povertà e di insufficienza compromettono in modo duraturo la conquista delle funzioni più elevate della specie (Nota, Rondal & Soresi, 2002)

• In passato venivano indicate con il termine di ritardo mentale

• Sono diverse da difficoltà di apprendimento, di attenzione e di comprensione sociale (Vianello, 2009)

La definizione di disabilità intellettive

• Disabilità come una risultante delle capacità della persona in relazione al contesto nel quale funziona (American Association of Intellectual and DevelopmentalDisabilities, 2002)

• Stato di funzionamento alterato rispetto a quello tipico e non ad una condizione data, interna alla persona (Wehmeyer et al., 2008)

• Modello bio-psico-sociale (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2001)

• Funzionamento umano può essere valutato prendendo in considerazione 5 dimensioni: le abilità intellettive, il comportamento/funzionamento adattivo, la salute, la partecipazione e il contesto (Luckasson et al., 1992; Luckasson et al., 2002; Buntinx, 2006).

La definizione di disabilità intellettive

• Abilità intellettive :« un ampio numero di funzioni cognitive, come ilragionamento, la pianificazione, la soluzione di problemi, l’astrazione,la comprensione di idee complesse, l’apprendimento rapido el’apprendimento dall’esperienza (Gottfredson, 1997).

Classificazioni di disabilità intellettive

• Il concetto di disabilità intellettive è un concetto dinamico, in profonda evoluzione e di recente condivisione a livello internazionale.

• Per comprenderne il significato e la sua evoluzione nel tempo, è necessario fare riferimento ai sistemi internazionali di classificazione e alle definizione di ritardo mentale e disabilità intellettiva che in essi sono contenuti.

(Zambotti, 2014)

ICD-10 (International Classification of Diseases) (OMS, 1992)• Capitolo V – «Descrizioni cliniche e le direttive diagnostiche» delle

«Sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali»

«una condizione di interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da una compromissione delle abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche, motorie e sociali.[…]Gradi di ritardo mentale sono convenzionalmente individuati sulla base di test standardizzati di intelligenza. Questi test possono essere completati da scale che valutano l’adattamento sociale in un dato ambiente. Queste misure forniscono un’indicazione approssimata del grado di ritardo mentale».

ICD-10 (International Classification of Diseases) (CDDG-10; OMS, 1992)La definizione di ritardo mentale comprende quattro tipologie che si caratterizzano per livelli diversi di efficienza intellettiva rilevata ai test psicometrici (QI) e i livelli diversi di autonomia (Ruggerini & Manzotti, 2014):

1. Ritardo mentale lieve: 50<x<69

2. Ritardo mentale moderato: 35<x<49

3. Ritardo mentale severo: 20<x<34

4. Ritardo mentale profondo o gravissimo: <20

Ritardo mentale lieve: 50<x<69

• Il ragazzo ha di solito difficoltà di apprendimento nelle materie scolastiche

• Riesce ad instaurare un minimo di buone relazioni sociali

• Può dare un contributo minimo attivo all’organizzazione sociale

Ritardo mentale moderato: 35<x<49

• Gli individui di solito hanno un marcato ritardo nello sviluppo nell’infanzia ma la maggior parte può imparare a sviluppare alcune autonomie nella cura di sé, nella comunicazione e nella abilità scolastiche

Ritardo mentale severo: 20<x<34

• Richiedono sostegni in modo continuo

Ritardo mentale profondo o gravissimo: <20

• Hanno limitazioni rilevanti nel prendersi cura di sé, nel controllo sfinterico, nella capacità di comunicazione e nell’autonomia motoria

DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental disorders)(APA, 2013)

• Introduce per la prima volta il termine «disabilità intellettiva»

• Fa riferimento al concetto di funzionamento adattivo

«la disabilità intellettiva comporta un deficit nelle abilità mentali generali, che influenzano il funzionamento adattivo in tre aree o domini. Questi domini determinano in che modo un individuo affronta le azioni della vita quotidiana:

- Il dominio intellettivo include abilità nell’area del linguaggio, lettura, scrittura, calcolo, ragionamento, cognizione e memoria;

- Il dominio sociale è riferito all’empatia, giudizio sociale, capacità di comunicazione interpersonale, all’abilità di stringere e mantenere amicizie e ad abilità simili;

- Il dominio pratico è focalizzato sulla gestione autonoma in aree come la cura personale, le responsabilità lavorative, la gestione del denaro, il tempo libero e la gestione e l’organizzazione di compiti scolastici e lavorativi (…) i sintomi devono emergere durante l’età dello sviluppo (…). Il disturbo è considerato cronico e spesso co-occorre con altre condizioni mentali quali la depressione, il disturbo di attenzione e iperattività e disturbi dello spettro autistico».

DSM-5 (APA, 2013)

Grado QI

Lieve Da 50-55 a circa 70

Moderato Da 35-40 a 50-55

Grave Da 20-25 a 35-40

Gravissimo < 20

I livelli di gravità hanno punteggi che si sovrappongonoNel margine di sovrapposizione, la gravità è determinata dal livello di

funzionamento adattivoIl sistema multiassiale è composto da cinque assi

Lieve

- Capacità comunicative sufficientemente sviluppate

- Compromissioni sensomotorie di minima entità

- Incapacità a raggiungere il pensiero formale

- Pensiero concreto persistente

- I livelli di autonomia possono essere sufficienti

(Venuti, 2010)

Moderato

- DISARMONIA EVOLUTIVA CON SVILUPPO DISCONTINUO DELLE FUNZIONI COGNITIVE (linguaggio, attenzione, memoria, funzione simbolica, comunicazione)

- Capacità comunicative elementari prevalentemente per esprimere propri bisogni

- Con una supervisione possono provvedere alla cura di se stessi

- Possibilità di una discreta autonomia

(Venuti, 2010)

Grave

- Compromissioni nell’ambito sensomotorio, fin dai primi anni di vita

- Capacità comunicative rudimentali

- Presenza di manifestazioni comportamentali incontrollate nei momenti di disagio e di frustrazione (isolamento, impulsività, aggressività auto ed eterodiretta)

- Assenza di autonomia personale e sociale (necessitano di assistenza e tutela)

- Possono arrivare a svolgere attività in ambiente protetto

(Venuti, 2010)

Gravissimo• Rilevanti compromissioni sensomotorie

• Capacità comunicative molto compromesse

• Comunicazione limitata a forme elementari

• Autonomia personale non raggiunta

• Assistenza specialistica continua

• Adattabilità alla vita relazionale nulla

(Venuti, 2010)

IMPORTANTERispetto alle versioni precedenti del DSM, il DSM-5 si caratterizza in particolare per il riconoscimento che:

- “Un sistema categoriale eccessivamente rigido non coglie l’esperienza clinica o importanti osservazioni scientifiche.” (pag.5);

-“I disturbi mentali non sempre rientrano completamente all’interno dei confini di un singolo disturbo.” (pag. LIV)

-“I confini fra molte categorie di disturbi sono più fluidi nel corso della vita di quanto il DSM-IV abbia riconosciuto.”(pag.5);

-“I confini tra i vari disturbi sono meno impenetrabili di quanto si ritenesse in passato.” (pag. 6).

AAIDD (American Association of Intellectualand Developmental Disabilities) (2010)*«Il ritardo mentale è una disabilità caratterizzata da limitazioni significative,

sia nel funzionamento intellettivo sia nel comportamento adattivo, che si manifestano nelle abilità adattive concettuali, sociali e pratiche. Tale inabilità

insorge prima dei 18 anni […] Il ritardo mentale si riferisce ad uno stato particolare del funzionamento che insorge nell’infanzia, è multidimensionale

ed è influenzato positivamente da sostegni individualizzati» (AAMR, 2005)

Tale modello è molto simile a quello dell’ International Classification of Functioning, Disability and Health (in sigla, ICF) (2001) poiché entrambiadottano una vision ecologica del funzionamento umano definito come l’interazione persona-ambiente a diversi livelli (bio-psico-sociale) (Ruggerini, Manzotti e Canovi, 2014).

* Precedentemente era American Association of Mental Retardation (AAMR)

ICF (OMS, 2001) e ICF-Children & Youth (OMS, 2007)

• Non nasce come strumento per essere utilizzato ai fini diagnostici

• Particolarmente utile per stilare profili di funzionamento, che analizzino e descrivano il funzionamento adattivo dell’individuo, rispetto ad un approccio bio-psico-sociale

• Insieme a strumenti diagnostici validati (diagnosi funzionale), risulta fondamentale per la stesura di una diagnosi realmente funzionale ai fini educativi

• Rivoluzione culturale valore fortemente antropologico: una qualunque persona in un qualunque momento della vita può avere una condizione di salute che, in un ambiente sfavorevole, diventa disabilità

• Non è uno strumento per classificare persone disabili bensì le condizioni di salute delle persone

(Leonardi, 2014)

Eziologia: le cause della disabilità intellettivaEsse possono essere di due tipologie:

1. Cause biologiche (genetiche o non genetiche)

2. Cause ambientali

Varietà di fattori causali:

- Genetici (es. Sindrome di Down)

- Prenatali (es. rosolia materna)

- Perinatali (es. bambini prematuri)

- Postnatali (es. traumi)

- Psicosociali (es. ambiente deprivante)

(Menghini e Costanzo, 2014; Venuti, 2014)

Gli strumenti per la diagnosi di disabilità intellettiva • Il rilevamento di un funzionamento intellettivo significativamente inferiore

alla media deve avvenire mediante l’impiego di test di efficienza intellettiva standardizzati, i quali devono rilevare un QI inferiore a 70

• Forniscono valori che possono essere soggetti a errori di misurazione

• Misure di efficienza intellettuale relative al momento dell’esame e non ad una caratteristica stabile dell’individuo

(Menghini & Costanzo, 2014; Balsamo, Cataldi e Sergi, 2017)

I test psicologici

Test psicologici

Test di massima performance

Test di intelligenza

Test di abilità Test attitudinali Test di profitto

Test di tipica performance

Test di personalità

Proiettivi Oggettivi

Inventari di interesse

Scale di atteggiamento

I test psicologici

Test di massima

performance

‘cognitivi’

valutano le abilità

raggiunte o potenziali

degli individui

Risposte esatte VS Risposte sbagliate

Limite di tempo

I test psicologici

Test di massima performance

Test di intelligenza

Test di abilità

Test attitudinali

Test di profitto

I test psicologici

Test di tipica performance

‘non cognitivi’

Misurano le preferenze e gli interessi

tipici dell’individuo

Non ci sono risposte esatte e risposte sbagliate

Nessun limite di tempo

I test psicologici

Test di tipica performance

Test di personalità - proiettivi

- oggettivi

Inventari di interesse

Scale di atteggiamento

I test psicologici

- la forma migliore, più economica e corretta per raccogliere le informazioni necessarie al fine di prendere decisioni di un certo livello di importanza riguardo gli individui (Wigdor e Garner, 1982a; 1982b)

- misure imperfette e, come tutte le misurazioni in natura, sono soggetti a errore

- indagarne le fondamentali caratteristiche psicometriche, ossia la validità e l’attendibilità (Balsamo, Cataldi & Sergi, 2017)

I test di intelligenza per la valutazione delle funzioni cognitive• I test maggiormente usati a livello internazionale sono:

- Wechsler Preschool and Primary Scale Intelligence (WPPSI) che si applica a bambini dai 4 ai 6 anni

- Wechsler Intelligence Scale for Children-IV (WISC-IV) che si applica per i soggetti dai 6 ai 16 anni

- Wechsler Adult Intelligence Scale-Revised (WAIS-R) che si applica a partire dai 17 anni di età

IL QUOZIENTE INTELLETTIVO (Q.I) HA MEDIA = 100 E DEVIAZIONE STANDARD = 15

Wechsler Intelligence Scale for Children-IV (WISC-IV) - dai 6 ai 16 anni

- È una batteria complessa che misura i diversi aspetti dell’intelligenza sia verbale che non verbale

- 15 scale (10 principali e 5 supplementari): Disegno con i cubi (principale), Somiglianze (principale),Memoria di cifre (principale; suddiviso in diretta e inversa), Concetti illustrati (principale),Cifrario (principale), Vocabolario (principale), Riordinamento di lettere e numeri (principale),Ragionamento con le matrici (principale), Comprensione (principale): Ricerca disimboli (principale), Completamento di figure (supplementare), Cancellazione (supplementare;suddiviso in casuale e strutturata), Informazione (supplementare), Ragionamentoaritmetico (supplementare), Ragionamento con le parole (supplementare).

- Ogni scala ha un punteggio standardizzato

- Il test fornisce 5 punteggi: un quoziente intellettivo totale (QIT) per rappresentare le capacità cognitive complesse del bambino, e 4 punteggi aggiuntivi: l'indice di Comprensione verbale (ICV), l'Indice di Ragionamento percettivo (IPR), l'Indice di Memoria di lavoro (IML), l'Indice di Velocità di elaborazione (IVE).

Wechsler Adult Intelligence Scale-Revised (WAIS-R) - a partire dai 17 anni di età

- amplia la linea di sviluppo sulla valutazione dell'intelligenza negli adulti

- 11 subtest, di cui 6 compongono la Scala Verbale (Informazione, Comprensione, Ragionamento aritmetico, Analogie, Memoria di cifre e Vocabolario) e 5 la Scala di Performance (Associazione simboli a numeri, Completamento di figure, Disegno con i cubi, Riordinamento di storie figurate e Ricostruzione di oggetti); insieme, gli 11 subtestcostituiscono la Scala Totale.

- Il QI, calcolato dai dati della Scala Verbale, di Performance o Totale, è ricavato dal confronto diretto dei risultati ottenuti al test dal soggetto con quelli ottenuti dai soggetti appartenenti alla stessa classe d'età.

Si ricordano, inoltre:

• Leiter International Performance Scale 3 (Leiter-3)

• Matrici Progressive di Raven (SPM)

• Vineland Adaptive Behavior Scale

Leiter International Perfomance Scale-3 (Leiter-3)

• Valuta le funzione cognitive non verbali in bambini e adolescenti di età compresa tra i 3 e i 21 anni (ma può essere usata con soggetti fino a 75+ anni)

• È composta da due batterie: Cognitiva (Figura/sfondo, Completamento di forme, Classificazione/analogie, Ordine sequenziale, Pattern visivi) e Attenzione e Memoria (Attenzione sostenuta, Memoria in avanti, Attenzione divisa, Memoria all’indietro, Stroop non verbale), ognuna delle quali è costituita da 5 subtest.

• Ogni scala consente il calcolo di un punteggio standardizzato

• L’uso della Leiter si rileva di notevole importanza nei casi in cui ragazzi mostrino difficoltà di linguaggio (es. stranieri)

È UTILE PER

• Ritardo cognitivo e disturbi uditivi o di linguaggio, ADHD o disturbi dello spettro autistico, Disturbi specifici dell’apprendimento, Difficoltà nel padroneggiare la lingua italiana., Disabilità motorie gravi.

Le Matrici Progressive di Raven

• Rappresentano un test per la misurazione dell’efficienza intellettiva non verbale, quindi possono essere utilizzate nel momento in cui sono presenti difficoltà nelle abilità verbali

• Compito: scegliere tra 6 o 8 disegni quello che completa in maniera corretta il modello presentato.

• Le figure modello comprendono motivi grafici che si modificano da sinistra a destra secondo una certa logica, e dall’alto verso il basso secondo un’altra

• Il soggetto deve comprendere queste logiche e applicarle per giungere alla soluzione

• Esisono tre versione di tale test:

Coloured Progressive Matrices (CPM)

• Utilizzata con i bambini dai 4 agli 11 anni, con gli anziani o con soggetti che non hanno raggiunto la capacità di, o hanno difficoltà nel, ragionare per analogie

Standard Progressive Matrices 38 (SPM-38)

Utilizzata con gli adulti

Advanced Progressive Matrices (APM)

• Utilizzata con gli adolescenti e gli adulti con capacità superiori alla media

Vineland Adaptive Behavior Scales• Permettono di valutare il comportamento adattivo, ossia l’insieme delle prestazioni che consentono a un

individuo di rispondere alle richieste di autonomia personale e di responsabilità sociale

• Valutano quali attività svolge il soggetto tra quelle che abitualmente rendono una persona sufficientemente autonoma «come fa quello che fa abitualmente?»

• Considerano anche il livello di adeguatezza della prestazione in rapporto al proprio ruolo sociale e alle attese dell’ambiente

• Somministrate per soggetti dai 0 ai 18 anni (sia normodotati che con disabilità)

• Sono compilate insieme ai genitori, educatori o agli insegnanti

• Ne esistono tre versioni: Vineland Forma breve (VABS-S), Forma completa (VABS-E), e la Versione per la scuola (VABS-C) (differiscono per il numero di item, rispettivamente, 261, 540 e 244, e materiali)

Vineland Adaptive Behavior Scales

• Sono costituite da quattro scale:

1. Comunicazione, con le sottoscale Ricezione, Espressione, Scrittura

2. Abilità del vivere quotidiano, con le sottoscale Personale, Domestico, Comunità

3. Socializzazione, con le sottoscale Relazioni interpersonali, Gioco e tempo libero, Regole sociali

4. Abilità motorie, con le sottoscale Grossolane e Fini

Vineland Adaptive Behavior Scales

• PUNTEGGI ETA’ EQUIVALENTI (P.E.) esprimono, in unità di anni e mesi, il livello di funzionamento adattivo del soggetto rispetto allo sviluppo medio del comportamento adattivo in normodotati

3. I principali disturbi della comunicazione

Competenze relazionali

1. Sapere entrare in contatto e comprendere i bisogni, le richieste e i vari punti di vista

2. Gestire la complessità interpersonale nell’incontro con l’altro

3. Offrire accoglimento e disponibilità a ricevere e a contenere

Come?

- Comunicazione efficace

- Assertività

- Empatia

1 Comunicazione

• Comunicare significa trasferire dei significati da una persona ad un’altra persona o a più persone (Fulcheri, 2005; Vallimira, 1997 )

• È uno scambio di informazioni (Gabbriellini, 2005)

• È necessario che i messaggi in partenza dall’emittente, siano percepiti e interpretati dal ricevente e che le funzioni emittente-ricevente possano essere scambiate a vicenda

• È retroattiva: una volta messa al centro dell’attenzione l’informazione, entra in gioco anche in concetto di feedback, di ritorno, verso l’emittente di un pacchetto di informazioni relativo allo stato del ricevente dopo che ha ascoltato il messaggio dell’emittente (Watzlawick, Beavin & Jackson, 1997)

Comunicazione

Concetto di feedback o retroazione

Colonese, (2013)

Comunicazione

LA SCUOLA DI PALO ALTO

I CINQUE ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE

(Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967)

GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE

1. Non si può non comunicare2. Una comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di

relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione

3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicati

4. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quelloanalogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessae di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settoredella relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma nonha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non siaambiguo la natura delle relazioni.

5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, aseconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.

Comunicazione

La comunicazione svolge cinque funzioni (Fulcheri e Pallanza, 2005):

1. Referenziale (scambio di informazione tra interlocutori su un oggetto)

2. Espressiva (esprimere il proprio modo di sentirsi e può essere più spontanea)

3. Sociale (per entrare in contatto con altri essere umani)

4. Controllo (regolazione del comportamento altrui attraverso modalità espressive dirette o indirette)

5. Regolativa (che concerne le regole che sottostanno a ogni comunicazione)

Comunicazione

Tante parole ma…. più del 55% non sono parole ma gesti, espressioni COMUNICAZIONE NON VERBALE (Mehrabian, 1972)

COMUNICAZIONE NON VERBALE

A cosa serve?

+ sostituire o sostenere il linguaggio

+ essere mezzo di comunicazione in rituali, cerimonie e manifestazioni sociali

+ comunicare atteggiamenti interpersonali

+ esprimere emozioni (Fulcheri, Dotti e Pallanza, 2005)

EMOZIONI

• Risposta affettiva molto intensa e anche di breve durata, causata da uno stimolo ambientale (Fulcheri, 2005)

• Ci sono delle emozioni che sono definite universali (Ekman, 1972)

• Quali sono queste emozioni?

I gesti

• Possono essere automatici (indipendenti dalla nostra volontà), innati (non necessitano di apprendimento) e acquisiti (frutto di imitazione o apprendimento a partire dalla propria infanzia)

• Posizione delle braccia

• Mani

C.N.V

Ma come avviene la comunicazioni non verbale? (Cook, 1971)

- Aspetti dinamici

- Aspetti statici

COMUNICAZIONE NON VERBALE

Aspetti dinamici

+ prossemica

+ postura

+ orientazione

C.N.V.PROSSEMICA

“L’uso che le persone fanno dello spazio sociale e personale”

C.N.V.PROSSEMICAzona intima 0 a 45 cm

zona personale 45 cm a 1,20 m (zona amicale 60-70 cm)

zona sociale 1,20 m a 3,65m (lavoro)

zona pubblica da 3,65 in poi (cerimonie, spettacolo)

(Hall, 1966)

C.N.V.POSTURA

“Modalità con cui il corpo, nella sua globalità, si atteggia nello spazio”

C.N.V.ORIENTAZIONE

“Angolazione secondo cui le persone si situano nello spazio l’una rispetto all’altra”

- Faccia a faccia

- Fianco a fianco

C.N.V.

Aspetti statici

+ lo sguardo

+ abiti

+ voce

Entriamo in relazione… la prima impressioneÈ importante presentarsi in maniera semplice e limpida (soprattutto in

una prospettiva esteriore) e soprattutto in relazione al contesto in cui ci si trova

+ l’odore

+ l’abbigliamento

+ la capigliatura

TOCARE E TOCCARSI

Toccarsi è spesso un modo per rivivere il senso di sicurezza e conforto dato dal contatto fisico con i genitori

Un uomo che si passa la mano sul torace mentre stiamo parlando è un uomo che ci sta dando un segnale di dominanza (Pacori, 2010)

Assertività

• L’assertività viene definita come la capacità di mantenere, sostenere (ed eventualmente anche modificare in modo critico) le proprie opinioni, i propri bisogni, i propri diritti riuscendo a rispettare anche quelli degli altri.

• È anche quella competenza relazionale che permette di riconoscere le proprie emozioni e i propri bisogni e di comunicarli agli altri, nel rispetto reciproco.

• In altre parole è il diritto/capacità di poter dire anche NO senza offendere l’interlocutore o sentirsi in colpa

• Legato al concetto di Intelligenza Emotiva e a quello di autostima

(Pedrotti, 2008)

Assertività

Tre tipi di comportamenti:

Comportamento passivo (IO NON SONO OK, TU SEI OK)

Comportamento aggressivo (IO SONO OK, TU NON SEI OK)

Comportamento assertivo (IO SONO OK, TU SEI OK)

Comportamento aggressivo

fare violenza ai diritti altrui

essere convinti di non sbagliare

attribuire i propri errori agli altri

iper-valutarsi

non accettare il punto di vista altrui

non cambiare la propria opinione anche di fronte all'evidenza dei fatti

colpevolizzare e inferiorizzare gli altri

arrogarsi il diritto di giudicare

Comportamento passivo

_ Subire gli altri,_ non essere in grado di dire la propria opinione,_ avere difficoltà nel prendere decisioni,_ pensare che gli altri siano migliori di noi,_ avere paura del giudizio degli altri e richiedere la loro approvazione,_ non essere in grado di dire "no" ad una richiesta;

Spesso può succedere che la persona passiva emetta dei comportamenti "aggressivi", per sentirsi, subito dopo,colpevole e quindi ritornare al suo comportamento abituale, quello passivo.

Subire gli altri crea un elevato senso di frustrazione: la persona si sente impotente e tende ad isolarsi

Comportamento assertivo

Il comportamento assertivo

· non fa violenza sugli altri, ma non permette che gli altri siano

· aggressivi nei suoi confronti,

· accetta il punto di vista altrui,

· è pronto a modificare la propria opinione,

· non pretende che gli altri si comportino come fa piacere a lui

Frasi tipo:

È un comportamento assertivo usare l' "io", è aggressivo usare il "tu".

Assertivo: "Non mi piace. Non ho voglia. Non mi trovo a mio agio"; stiamo comunicando sensazioni che proviamo noi, e questo è corretto.

Aggressivo: "Tu mi fai stare male. Tu non mi capisci";

stiamo attribuendo agli altri il nostro disagio, quando invece il disagio è

"nostro".

AssertivitàCome ci si può esercitarsi ad essere assertivi?

Nel suo lavoro Salter aveva proposto 6 esercizi (Salter, 1949):

1. uso di un linguaggio emozionale che secondo Salter includeva la pratica di esprimere letteralmente qualsiasi sentimento, addestrando la persona a parlare dei propri sentimenti e delle proprieemozioni; 2. uso di un linguaggio mimico facciale, con la pratica di fare movimenti facciali che normalmenteaccompagnano le emozioni per arrivare ad utilizzare l’espressione facciale coerentemente alcontenuto dell’espressione dei sentimenti; 3. esercitarsi ad esprimere un’opinione contraddittoria quando si è in disaccordo, imparare quindi asostenere un parere contrario a quello di un’altra persona; 4. esercitarsi nell’usare la parola “io”, non rifugiandosi come invece molte persone fanno dietro agiudizi impersonali, preferendo il parere degli altri o nascondendosi dietro a frasi ti tipoimpersonale; 5. esercitarsi ad accettare un complimento, in tal modo a sapersi valorizzare e formulare apprezzamentisu se stessi; 6. esercitarsi ad improvvisare, imparare ad essere spontanei.

3 Empatia

L’empatia è la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona e coglierne emozioni e idee, la capacità di immaginare come possa essere la sua vita, anche quando questa persona si trova in una situazione con cui non abbiamo molta familiarità. Ad esempio, provare empatia può aiutare a capire e ad accogliere persone che appartengono a culture diverse dalla nostra ed è uno degli elementi che spingono a offrire sostegno a chi ha bisogno di cure o di soccorso (Pedrotti, 2008)

Empatia

Ascolto attivo

L’ascolto è attivo nel senso che non ci si limita a memorizzare quanto dice l’altro, ma tramite un mix di tecniche non verbali e verbali comunicano il nostro interesse a quanto l’altro ci dice (Rogers, 1951)

Alcune tecniche …

• Uso delle domande (aggiunta, estensione, precisazione)

• Tipi di domande (aperte, chiuse, indirette o implicite, proiettive)

ASSOLUTAMENTE NON APPROCCIO PATERNALISTICO!

Riformulazione

“Credevo che avrei preso 7 dopo il tuo aiuto….”

Semplice

In cui si restituisce il contenuto

utilizzando le stesse parole.

“credevi che avresti preso 7?»

Parafrasi

In cui si restituisce il contenuto ma

con parole diverse.

“tu forse pensavi che saresti andato meglio ”

Quindi, come si comunica efficacemente?

- Attraverso l’ascolto attivo

- Minore distanza

- Maggiore contatto visivo

- Orientazione più diretta, inclinazione del busto verso l’altro

- Postura aperta e disponibile

- Postura rilassata

(Capozza, Contarello, Manganelli, 1978)

I disturbi della comunicazione, che sono stati rinominati a partire dal disturbo della fonazione e dalla balbuzie del DSM-IV, comprendono:

- il disturbo del linguaggio (che unisce i precedenti disturbo della espressione del linguaggio e disturbo misto della espressione e della ricezione del linguaggio),

- il disturbo fonetico-fonologico (in precedenza, disturbo della fonazione); e il disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (in precedenza, balbuzie).

È compreso anche il disturbo della comunicazione sociale (pragmatica), una nuova condizione che comporta persistenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale.

(APA, 2013)

Disturbo del linguaggioA. Difficoltà persistenti nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio (cioè linguaggio parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovute a deficit della comprensione o della produzione che comprendono i seguenti elementi:

• 1. Lessico ridotto (conoscenza e uso delle parole).

• 2. Limitata strutturazione delle frasi (capacità di mettere insieme parole per formare frasi fondate sulle regole sintattiche e morfologiche).

• 3. Compromissione delle capacità discorsive (capacità di usare le parole e di connettere le frasi tra loro per spiegare o descrivere un argomento o una serie di eventi o per sostenere una conversazione).

B. Le capacità di linguaggio sono al di sotto di quelle attese per l’età in maniera significativa e quantificabile, portando a limitazioni funzionali dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o delle prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione.

C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

D. Le difficoltà non sono attribuibili a condizioni organiche o mediche

(APA, 2013)

Disturbo fonetico-fonologico

A. Persistente difficoltà nella produzione dei suoni dell’eloquio che interferisce con l’intelligibilità dell’eloquio o impedisce la comunicazione verbale di messaggi

B. L’alterazione causa limitazioni dell’efficacia della comunicazione che interferiscono con la partecipazione sociale, il rendimento scolastico o le prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione.

C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

D. Le difficoltà non sono attribuibili a condizioni congenite o acquisite, come paralisi cerebrale, palatoschisi, sordità o ipoacusia, danno cerebrale da trauma, o ad altre condizioni mediche o neurologiche.

(APA, 2013)

Disturbo della fluenza con esordionell’infanzia (balbuzie)

A. Alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, che sono inappropriate per l’età dell’individuo e per le abilità linguistiche, persistono nel tempo e sono caratterizzate dal frequente e marcato verificarsi di uno (o più) dei seguenti elementi:

1. Ripetizioni di suoni e sillabe.

2. Prolungamenti dei suoni delle consonanti così come delle vocali.

3. Interruzione di parole (per es., pause all’interno di una parola).

4. Blocchi udibili o silenti (pause del discorso colmate o non colmate).

5. Circonlocuzioni (sostituzioni di parole per evitare parole problematiche).

6. Parole pronunciate con eccessiva tensione fisica.

7. Ripetizioni di intere parole monosillabiche (per es., “Lo-lolo- lo vedo”).

B. L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, o del rendimento scolastico o lavorativo, individualmente o in qualsiasi combinazione.

C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

D. L’alterazione non è attribuibile a deficit motorio dell’eloquio o a deficit sensoriali, a disfluenzaassociata a danno neurologico (per es., ictus cerebrale, tumore, trauma) o ad altra condizione medica, e non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale. (APA, 2013)

Disturbo della comunicazionesociale (pragmatica)

A. Persistenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale come manifestato da tutti i seguenti elementi:

1. Deficit dell’uso della comunicazione per scopi sociali, come salutarsi e scambiarsi informazioni, con modalità appropriate al contesto sociale.

2. Compromissione della capacità di modificare la comunicazione al fine di renderla adeguata al contesto o alle esigenze di chi ascolta, come parlare diversamente a seconda che ci si trovi in un’aula scolastica o in un parco giochi, parlare con un ragazzo diversamente da come si parla con un adulto, ed evitare l’uso di un linguaggio troppo formale.

3. Difficoltà nel seguire le regole della conversazione e della narrazione, come rispettare i turni in una conversazione, riformulare una frase quando male interpretata e saper utilizzare i segnali verbali e non verbali per regolare l’interazione.

4. Difficoltà nel capire ciò che non viene dichiarato esplicitamente (per es., fare inferenze) e i significati non letterali o ambigui del linguaggio (per es., idiomi, frasi umoristiche, metafore, significati molteplici la cui interpretazione dipende dal contesto).

B. I deficit causano limitazioni funzionali dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, delle relazioni sociali, del rendimento scolastico o delle prestazioni professionali, individualmente o in combinazione.

C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo (ma i deficit possono non manifestarsi pienamente fino al momento in cui le esigenze di comunicazione sociale non eccedono le capacità limitate).

D. I sintomi non sono attribuibili a un’altra condizione medica o neurologica o a basse capacità negli ambiti della struttura della parola e della grammatica, e non sono meglio spiegati da disturbo dello spettro dell’autismo, disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo), ritardo globale dello sviluppo o da un altro disturbo mentale (APA, 2013)

4. Il disturbo dello spettro autistico: storia e attuali frontiere

- https://youmedia.fanpage.it/video/ag/VwLQ4OSwZ7ZYIQWH

- https://www.youtube.com/watch?v=8mrgA1Tt1kM

- https://www.youtube.com/watch?v=XwvAfQwOznY

- https://it-it.facebook.com/iBambinidelleFate/videos/niccol%C3%B2-%C3%A8-autistico-ma-dietro-lautismo-c%C3%A8-un-bambino-le-parole-di-una-mamma-che-/10154819535045047/

Eziopatogenesi

Ipotesi eziologiche

1. Psicodinamiche

2. Biologiche

3. Genetiche

4. Infettive

Ipotesi psicodinamiche

Bruno Bettelheim: fu uno dei primi autori a proporre una letturadell’autismo come conseguenza di un’anomalia del rapporto madre-bambino. L’ipotesi base è che il bambino che percepisce da parte dellamadre una intenzione distruttiva sviluppa una reazione di dis-umanizzazione come tentativo difensivo dall’aggressività materna. Inrisposta ad una madre-frigorifero il bambino costruisce una barrierache lo isola dal mondo esterno, e ne deriva un progressivoimpoverimento dell’Io.

Ipotesi biologiche

• Bauman e Kemper (1994) hanno evidenziato una anomalia a livello cerebellare in soggetti autistici di differente età

• Courchesne (1996) ha rilevato scarsità numerica, a livello cerebellare, di cellule di Purkinje, deputate all’integrazione delle informazioni. Sempre Courchesne, in uno studio nel 2001 ha identificato anomalie morfologiche cerebrali nei soggetti autistici da lui esaminati attraverso la fRMI, in particolare una ipertrofia della materia grigia della corteccia cerebrale e della materia bianca che contiene le fibre che connettono la corteccia cerebrale con il cervelletto.

Ipotesi genetiche

• Tecniche di indagine: studi sui gemelli, indagini genetiche sui nuclei famigliari (Autism Genome Project Consortium, 2007)

• I gemelli monozigoti hanno probabilità maggiori rispetto ai gemelli Eterozigoti di essere entrambi affetti da autismo.

• Genitori di un ragazzo autistico rischio di avere un altro figlio autistico da 50 a 100 volte > rischio popolazione generale

• comorbidità con autismo di condizioni patologiche ereditate geneticamente ( Sindrome da X Fragile Sclerosi Tuberosa)

Ipotesi infettive

- Infezioni pre o perinatali>>>non chiara evidenza causale

- Ipotesi metaboliche

È un disturbo pervasivo dello sviluppo

In più del 50% dei casi i genitori si preoccupano entro il primo anno di vita.

In quasi il 90% dei casi i genitori si preoccupano entro il 2° anno di vita.

Generalmente viene osservato un ritardo di linguaggio, il disturbo dell’interazione e/o si sospetta che il bambino sia ipoacusico

Tre elementi caratteristici

(APA, 2013)

1. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti

• 1. Deficit della reciprocità socio-emotiva, che vanno, per esempio, da un approccio sociale anomalo e dal fallimento della normale reciprocità della conversazione; a una ridotta condivisione di interessi, emozioni o sentimenti; all’incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni sociali.

• 2. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale, che vanno, per esempio, dalla comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata; ad anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti; a una totale mancanza di espressività facciale e di comunicazione non verbale.

• 3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni, che vanno, per esempio, dalle difficoltà di adattare il comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali; alle difficoltà di condividere il gioco di immaginazione o di fare amicizia; all’assenza di interesse verso i coetanei.

2. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi, come manifestato da almeno due dei seguenti fattori, presenti attualmente o nel passatoa. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi (per es., stereotipie motorie semplici, mettere in fila giocattoli o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche).

b. Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale (per es., estremo disagio davanti a piccoli cambiamenti, difficoltà nelle fasi di transizione, schemi di pensiero rigidi, saluti rituali, necessità di percorrere la stessa strada o mangiare lo stesso cibo ogni giorno).

c. Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o profondità (per es., forte attaccamento o preoccupazione nei confronti di oggetti insoliti, interessi eccessivamente circoscritti o perseverativi).

d. Iper- o iporeattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente (per es., apparente indifferenza a dolore/temperatura, reazione di avversione nei confronti di suoni o consistenze tattili specifici, annusare o toccare oggetti in modo eccessivo, essere affascinati da luci o da movimenti).

Disturbo dello spettro autisticoTre elementi caratteristici

3. I sintomi devono essere presenti nel periodo precoce dello sviluppo (entro i 3 anni di età)

Trattamenti: con chi potreste collaborare?

- APPROCCIO PSICODINAMICO

- I TRATTAMENTI COMPORTAMENTALI

Fondamenti teorici

L’approccio psicodinamico al trattamento dell'autismo deriva da una concezione dell'autismo come malattia specifica causata da una patologia del genitore, ed in particolare della madre, che sfocerebbe in un ritiro del bambino da un mondo percepito come ostile. I trattamenti basati su questa concezione sono stati applicati estensivamente a partire dagli anni '40, quando l'autismo fu individuato e definito, fino agli anni '70, ma nessuna evidenza empirica ne ha mai sopportato l'efficacia.

I TRATTAMENTI COMPORTAMENTALI(da M. Powers, Teaching Strategies for Children and Adults With Autism Adattato da Powers & Harris, 1999)

Tutte le forme di trattamento comportamentale derivano dall'analisi sperimentale del comportamento, ovvero dalla scienza deputata alla comprensione delle leggi che regolano l'influenza dell'ambiente sul comportamento. Lo studio e l'applicazione di queste leggi a problemi socialmente significativi (fra i quali l'autismo) viene chiamata Analisi

Applicata del Comportamento (Applied Behaviour Analysis; ABA).

L'ABA non è un modello specifico di trattamento, ma una metodologia di applicazione e di ricerca che implica una

progettazione sperimentale specifica dell'intervento.

Applied Behaviour Analysis; ABA

L'ABA prevede l'insegnamento sistematico di piccole unità misurabili dicomportamento. I compiti da apprendere, individuati sulla base delprofilo di sviluppo, delle scelte e delle preferenze individuali, vengonosuddivisi in piccole tappe, ognuna delle quali viene insegnata in sessionid'insegnamento ripetute e ravvicinate, inizialmente in rapporto 1:1,secondo specifiche consegne (Stimoli discriminanti). Lo studente vieneguidato a dare risposte semplici, sistematicamente incorporate inrepertori di risposte appropriata all'età (apprendimento senza errori)attraverso suggerimenti (prompting) e conseguenze che funzionanoefficacemente da rinforzo. Viene anche insegnato ad apprenderedall'ambiente naturale attraverso procedure d'insegnamentoincidentale sulle competenze acquisite.

ABA

Procedure d'insegnamento ABA

Le procedure d'insegnamento dell'ABA prevedono la predisposizione di una struttura e l'uso di tecniche sistematiche d'insegnamento per creare un ambiente favorevole all'apprendimento. I compiti vengono presentati in modo comprensibile, frammentandoli nelle loro componenti e limitando i fattori estranei alla situazione di apprendimento che rendono difficile al ragazzo con autismo apprendere nuove competenze.

ABA

- Rinforzi

- Aiuto (Prompting)

Le modalità di aiuto comprendono, in ordine decrescente di intrusività:

L'aiuto fisico (accompagnare la mano)

L'aiuto gestuale (additare la risposta corretta)

Un modello del compito completato

L'aiuto verbale (suggerimenti verbali per eseguire il compito)

La dimostrazione dell'esecuzione del compito

L'aiuto visuale (immagini che spiegano come eseguire il compito)

L'aiuto scritto (istruzioni scritte che spiegano come eseguire il compito)

Lo stimolo intrinseco (l'esecuzione del compito è fortemente motivante per il ragazzo)

ABA

• Attenuazione (Fading) – può creare dipendenza

• Modellamento (Shaping)

• Concatenamento (Chaining) - In Avanti e A Ritroso.

TEST E QUESTIONARI SPECIFICI

• Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 2000) Adatto all’utilizzo a partire dai 2 anni (anche per bambini non verbali), fino all’età adulta. L’ADOS è basata sull’osservazione diretta

• Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) (Lord et al, 1994) complementare all’ADOS. Intervista semistrutturata per genitori, con domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco.

TEST E QUESTIONARI SPECIFICI

• Childhood Autism Rating Scale (CARS) – (Schopler et al., 1988) valutazione del comportamento autisticoraccogliendo informazioni in contesti vari e da fonti multiple, 15 aree di sviluppo. Uso: dai 2 anni di età.

• Autism Behavior Checklist (ABC) (Krug, Arid, Almond, 1980) Scala di valutazione: comportamenti "problema", divisi in 5 categorie: linguaggio, socializzazione, uso dell’oggetto, sensorialità e autonomia, a partire dai 18 mesi.

• Gillian Autism Rating Scale (GARS) (Gilliam, 1995). checklist per genitori. Utilità: diagnostica e riabilitativa. Uso: dai dai 3 ai 22 anni)

Altri disturbi pervasivi dello sviluppo?

• Il disturbo dello spettro dell’autismo è un nuovo disturbo del DSM-5, che riunisce il disturbo autistico (autismo), il disturbo di Asperger, il disturbo disintegrativo dell’infanzia, il disturbo di Rett e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, precedentemente descritti nel DSM-IV.

• È caratterizzato da deficit in due ambiti principali:

1) deficit nella comunicazione sociale e nelle interazioni sociali e ,

2) pattern di comportamento, interessi e attività limitati e ripetitivi.

5. Il disturbo da deficit di attenzione

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è caratterizzato da un pattern di disattenzione e/i iperattività che interferisce con il funzionamento dell’individuo o dello sviluppo.

I bambini con questa diagnosi presentano disattenzione (non riesce a prestare attenzione ai particolari, commette errori di distrazione nei compiti scolastici, spesso non sembra ascoltare quanto gli viene detto, non segue le istruzioni e non riesce a portare a termine i compiti, ha difficoltà nell’organizzazione di attività) e/o iperattività o impulsività(spesso agita o batte mani e piedi, non riesce a stare seduto, corre e salta in contesti dove non dovrebbe essere fatto, spesso parla troppo o «spara» una risposta quando la domanda non è ancora completata, interrompe gli altri)

LAVORARE IN CLASSE: l’intervento psicoeducativo nella scuola dell’infanzia

1. La risorsa compagni di classeI compagni di classe sono la risorsa più preziosa per attivare processi psico-educativi. Fin dal primo giorno è necessario incentivare e lavorare su collaborazione, cooperazione e clima di classe. In particolare sono da valorizzare le strategie di lavoro collaborativo in coppia o in piccoli gruppi. L’apprendimento non è mai un processo solitario, ma è profondamente influenzato dalle relazioni, dagli stimoli e dai contesti tra pari.

2. L’adattamento come strategia inclusivaPer valorizzare le differenze individuali è necessario essere consapevoli e adattare i propri stili di comunicazione, le forme di lezione e gli spazi di apprendimento. Inoltre, adattare significa variare i materiali rispetto ai diversi livelli di abilità e ai diversi stili cognitivi presenti in classe. L’adattamento più funzionale è basato su materiali in grado di attivare molteplici canali di elaborazione delle informazioni, dando aiuti aggiuntivi e attività a difficoltà graduale. L’adattamento di obiettivi e materiali è parte integrante del PEI (PEP) e del PDP.

3. Strategie logico-visive, mappe, schemi e aiuti visiviPer attivare dinamiche inclusive è fondamentale potenziare le strategie logico-visive, in particolare grazie all’uso di mappe mentali e mappe concettuali. Per gli alunni con maggiori difficoltà sono di grande aiuto tutte le forme di schematizzazione e organizzazione anticipata della conoscenza e, in particolare, i diagrammi, le linee del tempo, le illustrazioni significative e le flashcard delle regole, così come la valorizzazione delle risorse iconografiche, degli indici testuali e dell’analisi delle fonti visive.

4. Processi cognitivi e stili di apprendimentoProcessi cognitivi e funzioni esecutive come attenzione, memorizzazione, pianificazione e problem solving consentono lo sviluppo di abilità psicologiche, comportamentali e operative necessarie all’elaborazione delle informazioni e alla costruzione dell’apprendimento. Allo stesso tempo, una didattica realmente inclusiva deve valorizzare i diversi stili cognitivi presenti in classe e le diverse forme di intelligenza, sia per quanto riguarda gli alunni, sia per quanto riguarda le forme di insegnamento.

5. Metacognizione e metodo di studioSviluppare consapevolezza in ogni alunno rispetto ai propri processi cognitivi è obiettivo trasversale a ogni attività didattica. L’insegnante agisce su quattro livelli di azione metacognitiva, per sviluppare strategie di autoregolazione e mediazione cognitiva e emotiva, per strutturare un metodo di studio personalizzato e efficace, spesso carente negli alunni con difficoltà.

Un modello è l’apprendimento significativo di Ausubel (2004): “Se dovessi condensare in un unico principio l’intera psicologia dell’educazione direi che il singolo fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertatele e comportatevi in conformità nel vostro insegnamento”. Tale processo rende il ragazzo consapevole del proprio apprendimento. Parla di organizzatore anticipato.

6. Emozioni e variabili psicologiche nell’apprendimentoLe emozioni giocano un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nella partecipazione. È centrale sviluppare una positiva immagine di sé e quindi buoni livelli di autostima e autoefficacia e un positivo stile di attribuzione interno. La motivazione ad apprendere è fortemente influenzata da questi fattori, così come dalle emozioni relative all’appartenenza al gruppo di pari e al gruppo classe. L’educazione al riconoscimento e alle gestione delle proprie emozioni e della propria sfera affettiva è indispensabile per sviluppare consapevolezza del proprio sé.

7. Valutazione, verifica e feedbackIn una prospettiva inclusiva la valutazione deve essere sempre formativa, finalizzata al miglioramento dei processi di apprendimento e insegnamento. È poi necessario personalizzare le forme di verifica nella formulazione delle richieste e nelle forme di elaborazione da parte dell’alunno. La valutazione deve sviluppare processi metacognitivi nell’alunno e, pertanto, il feedback deve essere continuo, formativo e motivante e non punitivo o censorio.

Nella scuola…

• Osservare

• Conoscere

• Modalità di comunicazione

• Interessi

• Tempi di lavoro

• Alleanza

• Complicità

• Regole

• Autonomia

Quale modello di intervento?

Al fine di comprendere e valutare in maniera approfondita e significativa il funzionamento di ciascun bambini speciali ed essere in grado di progettare un intervento psico-educativo efficace e basato sulle reali potenzialità della persona, è importante approfondire i concetti di potenzialità, di sviluppo tipico e atipico

Potenziali di sviluppo VS potenziali di apprendimento

individuo educazione, istruzione, ecc.

Come progettiamo un intervento educativo significativo, rispettoso dei potenziali di sviluppo?

- È necessaria la comprensione della fase di sviluppo in cui si trova il ragazzo;

- Si devono avere conoscenze sulla fase di sviluppo che di norma segue la fase in cui egli si trova

- Individuare i potenziali di apprendimento effettivi all’interno delle differenze tra le due fasi

1) OSSERVAZIONE

• Conoscere lo sviluppo tipico

- SPESSO TALE CONOSCENZA E’ UNILATERALE E SI RIDUCE ALLA COMPRENSIONE DI ALCUNI FENOMENI studio serio e sistematico

• Il ragazzo speciale richiede un efficiente lavoro di gruppo per la sua inclusione nel contesto sociale vale a dire a casa, a scuola e nell’ambiente ludico

• Spesso è necessario un sostegno psicoeducativo per il nucleo familiare

• Inclusione scolastica

• Difficoltà di gestione

• Necessità di preparazione e conoscenza del problema da parte degli operatori scolastici attraverso una formazione didattica specifica e sul campo

• La presenza di un ragazzo speciale nella classe può arricchire la capacità didattica ed educativa degli insegnanti e la solidarietà dei compagni

Il piano educativo e l’intervento scolastico

Cinque aspetti principali

1. Allestimento dello spazio

2. Sviluppo della capacità di scelta

3. Strutturazione del tempo

4. Sviluppo della motivazione

5. Definizione dei contenuti da insegnare

Allestimento dello spazio

In generale:

- La strutturazione dello spazio varia a seconda del caso (es: ADHD: pochi stimoli)

- Gli spazi hanno una grossa importanza

- Lo spazio fisico e l’ambiente possono essere un modo per coinvolgere il ragazzo e farlo partecipare

- La strutturazione dipende dal grado e dalla tipologia di compromissione

- In campo delle disabilità intellettive, ausili per lo scrivere e il leggere o ausili per la comunicazione possono aiutare in campo di disabilità intellettive gravi o medio-gravi

- In campo di disturbo pervasivo dello sviluppo, è importante osservare la reazione del ragazzo ai diversi stimoli prima di pianificare lo spazio

- In entrambi i casi, bisognerebbe prevedere la realizzazione di uno spazio esterno all’aula per i determinati momenti (riposo, agitazione)

Sviluppo delle capacità di scelta

• Scegliere ed esprimere le proprie esigenze e i propri desideri è un elemento importante nel lavoro educativo con le persone con il sostegno

• Spesso, i ragazzi «subiscono» decisioni e modi di fare «capricciosi e testardi» o «passività»

• Essere passivo significa «non fare»• La scelta deve diventare una parte integrante e fondamentale del lavoro

con i bambini speciali• Occorre condurli continuamente a operare su che cosa fare, che cosa

prendere, che cosa indossare e proporre sempre alternative di scelta che sia possibile soddisfare (es: ADHD non sa stare fermo: pulizia del tavolo, leader della classe, mettere in ordine i giochi; DI scegliere la merenda, scegliere il tipo di musica da ascoltare)

ATTIVAZIONE DELLE SCELTE

• Che cosa è nascosto nella mano?

Si nasconde una caramella nella mano destra o sinistra e si chiede al ragazzo di indovinare dove si trova. Se il ragazzo indovina, può mangiarla. Può trasformarsi in un gioco a punti, nascondendo a turno un gettone (rompe la rigidità dello schema). L’insegnante dovrà cambiare continuamente la mano del gettone, facendo capire al ragazzo che dovrà fare lo stesso.

• Scegliere il compagno di banco o i compagni con cui stare insieme durante la ricreazione. Nel caso di disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, potenziare la socializzazione.

Ogni giorno l’insegnante chiede al ragazzo di scegliere il suo compagno di banco, anche solo per poco tempo, oppure i compagni con cui fare un’attività durante la ricreazione o in una pausa. Cura nel dare delle regole: es,: scegliere a rotazione.

• Scegliere l’ordine delle attività da svolgere o da aggiungere a proprio piacere (quest’ultima non deve essere sempre la stessa)

Strutturazione del tempo

• Lentezza (disabilità) oppure senso del tempo distorto (disturbo dello spettro autistico o ADHD)

• Pianificare attività a breve termine (di brevissima durata)

• Terminandola, il ragazzo rafforza il senso di autoefficacia e di stima di sé

• Instaurare routine

Sviluppo della motivazione

• Difficoltà di condurli in attività nella quali si sentono in difficoltà

• Pianificare attività pratica (laboratori)

• Utilizzo di mappe e schematizzazioni pianificate direttamente dal ragazzo può essere utile

Definizione dei contenuti da insegnare

• Contenuti adattati e ridotti in base alla situazione specifica

• Non è possibile stabilire alcuna regola che aiuti in tale compito

• Fondamentale: l’insegnante deve cercare di capire quale può essere il progetto di vita (obiettivo chiave) futuro della persona, individuando gli obiettivi da raggiungere affinché si realizzi tale progetto (Rogers).

• Adattare gli obiettivi

ADATTARE GLI OBIETTIVI

- modificare qualcosa nella coppia di elementi principali che costituisce l’essenza di qualunque obiettivo (input e azione)

- INPUT = stimolo; AZIONE = quello che il soggetto farà nelle componenti di comprensione (decodifica delle informazioni) , elaborazione (lavoro mentale sui significati per costruire ciò che l’azione richiede) e output (programmazione dell’agito)

- Nell’affrontare le possibilità di adattamento è importante considerare:

1. Principio di parsimonia = meno si adatta, meglio è (introdurre meno cambiamenti possibili oppure i cambiamenti più naturali)

2. Principio di efficacia = l’adattamento che facciamo deve essere realmente decisivo per la facilitazione dell’alunno

Cinque livelli dell’adattamento degli obiettivi

1. Sostituzione (non vi è una semplificazione vera e propria ma si agisce in modo da rendere più accessibile il percorso attraverso la traduzione di elementi dello stimolo, per esempio fornendo una versione audio di un brano) INPUT

2. Facilitazione = può riguardare gli elementi legati ai contesti di apprendimento (gli altri, gli ambienti, gli strumenti) es: svolgere attività in gruppo (gruppi cooperativi) o nel contesto pratico INPUT

3. Semplificazione = agire su una o più componenti dell’azione (comprensione, elaborazione, output). Es: ridurre la complessità concettuale attraverso materiali più semplici AZIONE

4. Scomposizione dei nuclei fondanti della disciplina. Individuare all’interno del percorso curriculare degli aspetti essenziali che possano essere più agevolmente tradotti in obiettivi significativi e accessibili AZIONE

5. Partecipazione alla cultura del compito. Es: partecipazione anche come osservatore

Educare all’autonomia è fondamentale in ogni contesto: il ragazzo speciale sarà un adulto che dovrà quanto più possibile essere autonomo.

Autonomia

• «Capacità di governarsi con proprie leggi […] indipendenza, caapcitàdi pensare e agire liberamente; capacità di funzionare per un periodo senza rifornimento di energia (macchine ma anche persone in senso figurato), […] distanza che un mezzo di trasporto può percorrere con un dato quantitativo di combustibile» (dizionario Zingarelli)

• «Capacità di provvedere con mezzi propri alle proprie necessità, assenza di vincoli di subordinazione» (dizionario Devoto-Oli)

Autonomia(Coduri, 2014)

Autonomia pratica

Che riguarda la cura di sé, la gestione dell’ambiente di vita, e abilità come quelle di viaggiare e

usare il denaro

Autonomia di

applicazione

Che riguarda la capacità degli alunni di applicarsi nelle attività

scolastiche, ricreative e occupazionali senza supervisione

e controlli e di pianificare e organizzare i propri impegni

Autonomia di pensiero

Che riguarda la capacità di esercitare propri criteri di giudizio, formarsi opinioni

personali, esprimere preferenze e rifiuti, costruire un proprio codice di valori, mantenere le

proprie scelte, mantenere autocontrollo sui propri impulsi

Autonomia relazionale e

affettiva

Ovvero, il superamento sia della dipendenza sia dell’opposizione

verso le figure parentali pur mantenendone i il legame

affettivo nei propri confronti

• Il cammino verso l’autonomia può essere irto di ostacoli per un bambino con disabilità intellettive o con diagnosi

• Difficoltà legate al deficit cognitivo o ai sintomi o all’aspetto emotivo

• «Continuare a trattare un* ragazz* come un* bambin* anche quando è cresciut* è uno degli errori che si commettono più facilmente nei suoi confronti» (Coduti, 2014, p 269)

• Bisogna fare tutto il possibile per rendere autonomo l’individuo

Essere più autonomo

autostima benesseresenso di

normalità

Il ruolo della famiglia

• Alleanza tra l’insegnante di sostegno e la famiglia

• Molti genitori credono che il proprio figlio non sarà per nulla autonomo (iperprotezione del bambino) VS Molti genitori che hanno aspettative molto elevate (pressioni sull’insegnante)

• Nessun intervento deve essere fatto in antagonismo

COSA FARE?

Il ruolo della famiglia

• Prendersi cura dei loro timori e delle loro angosce («contenerli emotivamente»)

• Fare con loro lo sforzo di immaginare il proprio figlio adulto nella situazione più positiva realisticamente possibile e studiare insieme come realizzarla

• Dare importanza e verbalizzare le piccole conquiste ottenuto

• Invitarli a «lasciar andare» il figlio (es: lontananza da casa per qualche piacevole esperienza)

• Incoraggiarli SEMPRE, anche davanti ai piccoli insuccessi

Educare all’autonomia in pre-adolescenza e adolescenza (Contardi e Castignani, 2014)• Sostituire la formula «Mi aiuti?» [che crea dipendenza] affidando degli

incarichi con incoraggiamento «So che puoi farlo, mi fido di te, ti riconosco che stai crescendo»

• Invitarlo ad usare il cellulare per includerlo nella classe: dunque per comunicare e non per giocare

• Lavorare in classe con l’uso del denaro («Le sei fasi»: Riconoscimento, Distinzione del «più grande-più piccolo», Conteggio [adattarlo], Lettura dei prezzi, Dare il corrispettivo in denaro, Il resto [Adattarlo]. (Berarducci, Castignani e Contardi, 2014) prevedere una fase al bar

• Orientarlo nella scuola: quando possibile esplorare insieme l’ambiente scolastico, dargli piccoli compiti (andare a chiamare il collaboratore scolastico), preparare anche delle mappe

• Insegnarli a chiedere e prendere informazioni : «Se ti trovi in difficoltà, chiedi informazioni a qualcuno»

• Stimolare i genitori a lavorare a casa sulle autonomia (cura di sé, abbigliamento, uso dei mezzi di trasporto).