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I GRUPPI PSICOEDUCATIVI A I GRUPPI PSICOEDUCATIVI A “VILLA RATTI”“VILLA RATTI”

UN’ESPERIENZA DI COMUNITA’ TERAPEUTICO-UN’ESPERIENZA DI COMUNITA’ TERAPEUTICO-RIABILITATIVA PER I DISTURBI DELLA RIABILITATIVA PER I DISTURBI DELLA

PERSONALITA’PERSONALITA’

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I DISTURBI DELLA PERSONALITA’Tutti i Disturbi della Personalità (DP) si codificano sull’Asse II del DSMIV

CLUSTER A CLUSTER CDisturbo Paranoide Disturbo EvitanteDisturbo Schizoide Disturbo DipendenteDisturbo Schizotipico Disturbo Ossessivo-Compulsivo

CLUSTER BDisturbo AntisocialeDisturbo BorderlineDisturbo IstrionicoDisturbo Narcisistico

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TASSI DI DROP-OUT NEI DP

- La letteratura riporta tassi di drop-out in pazienti ospedalizzati pari al 44-66% (Gunderson et al., 1989, Kelly et al. 1992)

- Un tasso maggiore è riscontrato nei pazienti con disturbo borderline di personalità rispetto ai non-borderline, in particolare nelle fasi precoci del trattamento (early drop-out) (Chiesa, Drahorad e Longo, 2000; Aringolo 2006)

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LA RELAZIONE TERAPEUTICA CON QUESTI PAZIENTI È “DIFFICILE”:

I PAZIENTI MANCANO DELLA CAPACITÀ DI IDENTIFICARE LE PROPRIE DIFFICOLTÀ PSICOLOGICHE E DELLA DISPONIBILITÀ A RISOLVERLE IN UN CONTESTO INTERPERSONALE COLLABORATIVO

I TERAPEUTI HANNO DIFFICOLTÀ A GESTIRE LE REAZIONI EMOTIVE INTENSE PROVOCATE DAL CONTATTO CON QUESTI PAZIENTI E SONO SPINTI AD AGITI ANTITERAPEUTICI

LA CONOSCENZA SPECIFICA DEL DISTURBO È IL FATTORE CENTRALE PER UN BUON TRATTAMENTO

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Criteri diagnostici per il dbp secondo il dsm-iv-tr

Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sée dell’umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato da 5 (o più) dei seguenti elementi:1. Sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono2. Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate

dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione3. Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e

persistentemente instabili4. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto

(quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate)5. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o automutilanti6. Instabilità affettiva dovuta a marcata reattività dell’umore (es. episodica intensa

disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore e raramente più di alcuni giorni)

7. Sentimenti cronici di vuoto8. Rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia9. Ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

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Caratteristiche patognomoniche del dbp

1. VARIABILITA’

2. ETEROGENEITA’

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1. LA VARIABILITA’Nessun tratto è sempre presente

Periodi di sofferenza si alternano con fasi di benessere e di buon adattamento sociale

Un quadro clinico grave può cambiare rapidamente per un efficace intervento terapeutico e/o un evento favorevole

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2. L’ETEROGENEITA’

Essendo necessari per la diagnosi 5

criteri diagnostici su 9 è possibile che due soggetti ricevano la stessa diagnosi anche se in realtà condividono un solo criterio

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IL DBP: UNITA’ NOSOGRAFICA AUTONOMA O NO?

Tutto questo ha lungamente posto in discussione il DBP come un’unità nosografica autonoma.

La diagnosi e il trattamento di queste patologie sono oggetto del dibattito attuale.

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IL DBP: elementi disfunzionali

CONTENUTI PROBLEMATICI:

STATI MENTALI PROBLEMATICI

CICLI INTERPERSONALI DISFUNZIONALI

FUNZIONI CORRETTIVE DEFICITARIE:

FUNZIONI METACOGNITIVE (METARAPPRESENTATIVE)

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GLI STATI MENTALI PROBLEMATICI SONO

IL MODO COGNITIVO ED EMOTIVO IN CUI SI

ORGANIZZA L’ESPERIENZA SOGGETTIVA DEL

PAZIENTE, SI TRATTA DI UNO STATO IN CUI

SONO COMPRESENTI ALCUNI CARATTERISTICI

TEMI DI PENSIERO (SIGNIFICATI/NARRAZIONI),

EMOZIONI E SENSAZIONI SOMATICHE CHE

CARATTERIZZANO LA SUA SOFFERENZA

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I CICLI INTERPERSONALI DISFUNZIONALI sono strutture mentali prototipiche con cui leggiamo, interpretiamo e prevediamo l’andamento delle nostre relazioni.

Si formano nel corso delle prime relazioni di attaccamento ed evolvono nel tempo.

Per la persona diventano strategie di gestione degli eventi in modo tale da generare negli altri esattamente quei comportamenti che portano alla conferma dello schema.

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LE FUNZIONI METACOGNITIVE SONO

L’INSIEME DELLE ABILITÀ CHE

PERMETTONO DI IDENTIFICARE GLI STATI

MENTALI PROPRI ED ALTRUI E DI

REGOLARLI, CIOÈ DI RIFLETTERE SU DI

ESSI E DI AGIRE IN BASE AI RISULTATI DI

QUESTA RIFLESSIONE (Dimaggio G., Semerari A.,

2003)

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“Occorre insegnare al paziente a gestire, regolare e

controllare la sua emotività, limitando i

comportamenti disadattivi direttamente dipendenti

dallo stato affettivo e validare le sue emozioni, i

suoi pensieri e le sue azioni.”

M. Linehan – “Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline” (2001)

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Il modello dialettico-comportamentale di Marsha

Linehan

• Il modello bio-psico-sociale nella patogenesi del DBP (Perris, 1993, 1998, 2000; Paris 1996)

• Il trattamento dialettico-comportamentale

• L’obiettivo: comportamenti da sviluppare e comportamenti da ridurre

• La strutturazione del trattamento: - il contratto con il paziente - la co-terapia (setting terapeutici

multipli)

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IL MODELLO BIOPSICOSOCIALE

La premessa fondamentale è che nel DBP vi sia una compromissione dell’attività dei sistemi di regolazione delle risposte emozionali.

Questa rappresenta la conseguenza di anomalie biologiche costituzionali individuali associate ad aspetti disfunzionali dell’ambiente e delle loro reciproche interazioni.

In un ambiente invalidante il bambino non ha modo di sviluppare la capacità di scegliere e regolare le sue risposte agli eventi.

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È utile adottare, nell’analisi dei DPs, il

concetto di vulnerabilità individuale, ossia

di ipersensibilità derivata dall’interazione,

nel corso dello sviluppo, tra fattori biologici

e psicosociali, che ha portato

all’interiorizzazione di modelli operativi

poco funzionali in termini di adattamento.

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IL TRATTAMENTO DIALETTICO-COMPORTAMENTALE

Consiste in un processo di progressivo coinvolgimento dell’individuo nel dialogo, finalizzato al cambiamento.

La dialettica è intesa come la relazione tra due opposti, tesi e antitesi, la sintesi tra le due posizioni porta alla creazione di nuovi significati e comportamenti.

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L’OBIETTIVO: COMPORTAMENTI DA SVILUPPARE E DA RIDURRE

L’obiettivo è costituito da una categoria di comportamenti che si riferiscono ad una determinata area di funzionamento.

Nell’ambito di ciascuna categoria comportamentale gli specifici comportamenti bersaglio sono personalizzati per ogni singolo paziente alla luce di una valutazione comportamentale complessiva che dà l’avvio e accompagna tutto il trattamento.

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Obiettivi preliminariOrientamento alla terapia e accordo sugli obiettivi

Obiettivi comportamentali1. Diminuire i comportamenti suicidari

2. Diminuire i comportamenti che interferiscono con la terapia

3. Diminuire i comportamenti che interferiscono con la qualità di vita

4. Incrementare le abilità comportamentali

- abilità di mindfulness

- efficacia interpersonale

- regolazione delle emozioni

- tolleranza della sofferenza mentale

- autogestione

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IL TRATTAMENTOIl trattamento prevede setting terapeutici multipli,

individuali e di gruppo (Liotti, 1999, 2000; Dimaggio & Semerari, 2007). Il terapeuta principale, attraverso la condivisione con il paziente della concettualizzazione del problema e degli obiettivi del trattamento, costruisce la cornice entro cui il paziente è aiutato ad integrare i vari processi.

Con il terapeuta principale il paziente stipula un contratto, conditio sine qua non per l’avvio del trattamento. La mancata osservanza delle regole stipulate e condivise compromette la possibilità per il paziente di proseguire il trattamento.

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I GRUPPI DI SKILLS TRAINING

QUATTRO MODULI (ciclo di circa sei mesi di trattamento):

ABILITA’ DI MINDFULNESS

ABILITA’ DI EFFICACIA INTERPERSONALE

ABILITA’ DI REGOLAZIONE EMOZIONALE

ABILITA’ DI TOLLERANZA DELLA SOFFERENZA MENTALE

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1. Abilità di mindfulness

Si tratta di versioni psicologiche e comportamentali delle tecniche di meditazione insegnate nell’ambito delle pratiche spirituali orientali, in particolare Zen (Kabat-Zinn, 1990).

Vengono descritti tre particolari stati della mente: la mente razionale, la mente emotiva e la mente saggia. Le capacità di mindfulness rappresentano il veicolo per equilibrare la mente emotiva e la mente razionale nel perseguimento della mente saggia.

Ci sono tre abilità che fanno riferimento all’oggetto dell’attività mentale:

osservare, descrivere, partecipare e tre abilità riferite al modo in cui l’attività mentale si estrinseca:

assumere un atteggiamento non giudicante concentrarsi su una cosa sola per volta essere efficaci.

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2. Abilità di efficacia interpersonale

I pattern di risposte interpersonali insegnati nel programma di skills training assomigliano molto a quelli dell’assertività e del problem-solving interpersonale.

Il modulo risponde alla necessità di insegnare specifiche abilità sociali per richiedere ciò di cui si ha bisogno, la capacità di dire di no e di gestire i conflitti interpersonali.

“Efficia”, in questo contesto, significa ottenere i cambiamenti desiderati mantenendo la relazione con l’altro e il rispetto di sé.

Il modulo è suddiviso in più parti: le abilità interpersonali di base l’identificazione dei fattori che favoriscono e di quelli che ostacolano

l’efficacia interpersonale gli elementi da considerare prima di dire di no a qualcuno, di chiedere

qualcosa e di esprimere un’opinione.

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3. Abilità di regolazione emozionale

La TDC parte dal presupposto che l’incapacità di regolare e modulare le emozioni dolorose (rabbia, frustrazione, ansia, depressione, colpa) sia un elemento cruciale per spiegare le difficoltà comportamentali di questi pazienti. I gesti suicidari, l’abuso di sostanze, l’autolesionismo rappresentano spesso la soluzione comportamentale alle loro intollerabili emozioni negative.

La regolazione delle emozioni può essere insegnata soltanto nel contesto di un’atmosfera non giudicante e di validazione emozionale.

Le abilità specifiche di regolazione emozionale sono: identificare e denominare le emozioni, i sentimenti e gli stati d’animo identificare gli ostacoli al cambiamento delle emozioni incrementare l’autostima incrementare gli eventi a valenza emozionale positiva incrementare l’attenzione consapevole e non giudicante (mindfulness) alle

emozioni del momento attuare comportamenti che si oppongano all’emozione.

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4. Abilità di tollerare la sofferenza mentale

Nella TDC imparare a sopportare adeguatamente la sofferenza è molto importante. Tale capacità è un elemento essenziale per il raggiungimento del benessere psicologico per due ragioni:

• il dolore e l’angoscia fanno parte della vita e di conseguenza l’incapacità di accettare questo fatto ineluttabile porta di per sé a un aumento della sofferenza

• la tolleranza della sofferenza mentale è, almeno a breve termine, una parte essenziale di ogni tentativo di trasformazione; se così non fosse avremmo solo azioni impulsive senza possibilità di cambiamento.

Quattro sono le strategie per il superamento della crisi:

1. distrarsi2. prendersi cura di se stessi3. superare il momento4. valutare i pro e i contro.

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Ma qualsiasi esperienza non può prescindere dal contesto in cui avviene…

LA CULTURA

LA RESIDENZIALITÀ

L’ ÉQUIPE MULTIDISCIPLINARE

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A volte non è possibile l’applicazione rigorosa di un modello – che rischia di rispondere più ai bisogni del terapeuta, dell’équipe o della ricerca che a quelli degli utenti – né l’approccio direttivo del terapeuta psicoeducativo.

Ma mettere da parte il modello di riferimento può significare l’abbandono della coerenza generale del progetto, correndo il rischio di diventare “eclettici”.

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Abbiamo individuato come specifico

dei gruppi psicoeducativi l’aspetto

informativo,

insieme all’importanza di uno

sviluppo personalizzato e condiviso

per i partecipanti delle nozioni

espresse.

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Una premessa:negli ultimi anni in ambito cognitivista è cresciuto l’interesse per terapie di gruppo volte al trattamento di specifiche categorie diagnostiche (disturbi di tipo ansioso, depressivo, ossessivo-compulsivo, borderline e schizofrenici). La rassegna dei contributi più significativi (A.

Ivaldi, 2006) fa emergere la mancanza nel cognitivismo di una cultura di base relativa alla terapia di gruppo, che invece esiste nell’ambito di altre scuole, principalmente di orientamento psicodinamico.

In ambito cognitivista il contesto gruppale risulta volto principalmente a favorire l’utilizzo di alcune tecniche terapeutiche specifiche per il trattamento dei disturbi più che come contesto in sé dotato di potenziale terapeutico.

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In verità un fattore terapeutico del gruppo

che può accomunare trasversalmente i

differenti approcci è l’indicazione

all’individuo, attraverso il contesto di

gruppo, di un modello di funzionamento.

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I. Yalom individua undici fattori terapeutici della terapia di gruppo:

1. Infusione della speranza2. Universalità3. Informazione4. Altruismo5. Ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare6. Sviluppo di tecniche di socializzazione7. Comportamento imitativo8. Apprendimento interpersonale9. Coesione di gruppo10. Catarsi11. Fattori esistenziali

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W. Bion formula i concetti di

“cultura di gruppo” come risultante del conflitto tra mentalità del gruppo e desideri del singolo

e di

“mentalità di gruppo” espressione unanime della volontà del gruppo a cui il singolo contribuisce in modo inconscio.

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A “VILLA RATTI”:

il gruppo psicoeducativo ha cadenza settimanale

dura 2 ore circa

è un gruppo aperto

a termine (cicli di 7/8 mesi)

ripetibile (la figura del senior)

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L’avvio dei gruppi ha visto l’applicazione rigorosa del modello di M. Linehan. Ma la percentuale di drop-out dei partecipanti ci ha rapidamente spinto a graduali passaggi di adattamento del modello alle specificità del nostro contesto di intervento.

La modalità di conduzione risulta così meno direttiva rispetto ai gruppi psicoeducativi “classici” (passaggio dall’esperto che insegna a esperto e ospite cooperano nella costruzione di nuovi significati e comportamenti). La figura del co-conduttore coadiuva nelle situazioni di drop-out.

Gli strumenti: oltre alle tecniche e alle schede indicate nel manuale di M. Linehan, il gruppo comprende altri strumenti e concetti facenti riferimento sia all’approccio teorico cognitivo che a quello sistemico (Trantor Emotions Questionaire, descrizione della rete sociale).

L’alleanza terapeutica è, come in ogni setting terapeutico, requisito fondamentale.

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Gli ospiti vengono inseriti nel gruppo dopo un colloquio di valutazione, programmato nel corso del mese di assessment. Nel colloquio viene presentato il gruppo psicoeducazionale nella sua specificità e obiettivi.

I contenuti affrontati sono calati all’interno del progetto terapeutico-riabilitativo comunitario e individuale e tengono presenti i contesti della quotidianità (“palestra relazionale” e contesto di apprendimento).

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… … vedremo nel tempo l’evoluzione del vedremo nel tempo l’evoluzione del

gruppo dove ci porterà nella nostra strada gruppo dove ci porterà nella nostra strada

di adattamento del modello…di adattamento del modello…

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Alcune letture...Alcune letture...

Benjamin L.S. (1999) Benjamin L.S. (1999) Diagnosi interpersonale e trattamento Diagnosi interpersonale e trattamento dei disturbi di personalitàdei disturbi di personalità. Las, Roma. Las, Roma

Dimaggio G., Semerari A. (a cura di) (2003), Dimaggio G., Semerari A. (a cura di) (2003), I disturbi diI disturbi dipersonalità. Modelli e trattamentopersonalità. Modelli e trattamento. Laterza, Roma. Laterza, Roma

Gunderson J.G. (2003), Gunderson J.G. (2003), La personalità borderline. Una guida La personalità borderline. Una guida clinicaclinica. Raffaello Cortina, Milano. Raffaello Cortina, Milano

Linehan M. (2001), Linehan M. (2001), Trattamento cogntivo-comportamentale Trattamento cogntivo-comportamentale del disturbo borderline. Il modello dialetticodel disturbo borderline. Il modello dialettico. Raffaello Cortina, . Raffaello Cortina, MilanoMilano

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Liotti G. (2001) Liotti G. (2001) Le opere della coscienzaLe opere della coscienza. Raffaello Cortina,. Raffaello Cortina,

MilanoMilano

Perris C., McGorry P. (2000), Perris C., McGorry P. (2000), Psicoterapia cognitiva dei Psicoterapia cognitiva dei

disturbi psicotici e di personalitàdisturbi psicotici e di personalità. Masson, Milano. Masson, Milano

Rezzonico G., Bisanti R., Rezzonico G., Bisanti R., I Disturbi di PersonalitàI Disturbi di Personalità. In Bara B. . In Bara B.

(a cura di) (2005) (a cura di) (2005) Manuale di Psicoterapia Cognitiva Vol. IIManuale di Psicoterapia Cognitiva Vol. II..

Bollati Boringhieri, Torino, pp.248-287Bollati Boringhieri, Torino, pp.248-287

Semerari A. (a cura di) (1999), Semerari A. (a cura di) (1999), Psicoterapia cognitiva delPsicoterapia cognitiva del

paziente gravepaziente grave. Raffaello Cortina, Milano. Raffaello Cortina, Milano

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Sui gruppi terapeutici:Sui gruppi terapeutici:

Bion W.R. (1971), Bion W.R. (1971), Esperienze nei gruppiEsperienze nei gruppi. Armando Editore,. Armando Editore,RomaRoma

De Leo G., Dighera B., Gallizioli E. (2005), De Leo G., Dighera B., Gallizioli E. (2005), Strumenti per Strumenti per l’intervento psicosocialel’intervento psicosociale. Carocci Faber, Roma. Carocci Faber, Roma

Di Berardino C. (1997), Di Berardino C. (1997), La conoscenza di sé e la conduzioneLa conoscenza di sé e la conduzionedei gruppi riabilitatividei gruppi riabilitativi. FrancoAngeli, Milano. FrancoAngeli, Milano

Kaneklin C. (1993), Kaneklin C. (1993), Il gruppo in teoria e in praticaIl gruppo in teoria e in pratica. Libreria . Libreria Cortina, MilanoCortina, Milano

Yalom I.D. (1997), Yalom I.D. (1997), Teoria e pratica della psicoterapia diTeoria e pratica della psicoterapia digruppo. gruppo. Bollati Boringhieri, TorinoBollati Boringhieri, Torino