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Capitolo 8 Mixer bilanciati Come si è visto nel capitolo precedente, un mixer può essere ricondotto allo studio di una rete a più porte elettriche (non fisiche). Questo comporta che l’adattamento alle diverse frequenze risulta complicato, dovendo essere realizzato sulla stessa porta fisica. Per aggirare questo problema, si possono utilizzare dei filtri o multiplexer in modo da selezionare le componenti a frequenze diverse lungo percorsi fisici separati come riportato in figura 8.1. Figura 8.1: Esempio di schema per la separazione delle tre porte RF , LO e RF . Un modo particolare e molto usato per realizzare una separazione fisica dei cammi- ni delle diverse porte elettriche è dato dallo sfruttamento delle proprietà di simmetria dei circuiti bilanciati. In questo modo non solo si semplifica la sintesi delle reti di cari- co, ma si ottiene anche un buon isolamento tra le varie porte, necessario per il buon funzionamento del sistema. I vantaggi nell’uso di configurazioni bilanciate sono essenzialmente i seguenti: 160

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Capitolo 8

Mixer bilanciati

Come si è visto nel capitolo precedente, un mixer può essere ricondotto allo studio

di una rete a più porte elettriche (non fisiche). Questo comporta che l’adattamento

alle diverse frequenze risulta complicato, dovendo essere realizzato sulla stessa porta

fisica. Per aggirare questo problema, si possono utilizzare dei filtri o multiplexer in

modo da selezionare le componenti a frequenze diverse lungo percorsi fisici separati

come riportato in figura 8.1.

Figura 8.1: Esempio di schema per la separazione delle tre porteRF , LO eRF .

Un modo particolare e molto usato per realizzare una separazione fisica dei cammi-

ni delle diverse porte elettriche è dato dallo sfruttamento delle proprietà di simmetria

dei circuiti bilanciati. In questo modo non solo si semplifica la sintesi delle reti di cari-

co, ma si ottiene anche un buon isolamento tra le varie porte, necessario per il buon

funzionamento del sistema.

I vantaggi nell’uso di configurazioni bilanciate sono essenzialmente i seguenti:

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• Maggiore isolamento fra le porteLO eRF .

Nel mixer a singolo diodo questo è possibile tramite filtraggio, solo quando le

bande diLO eRF non sono sovrapposte. In realtà se anziché un diodo si usasse

un FET, l’isolamento sarebbe gia in parte ottenuto, perché come vedremo i due

segnali vengono applicati a due terminali differenti ed intrinsecamente isolati fra

loro. Tale isolamento è un parametro di sistema importante nelle applicazioni

radar o per telecomunicazioni, poiché la potenza del segnale di oscillatore locale

è considerevolmente maggiore di quella del segnaleRF : il leakage dall’ingresso

del ricevitore può essere causa di interferenza, e inoltre ha l’inconveniente, in

sistemi militari, di rendere facilmente localizzabile il ricevitore stesso.

• Reiezione del rumore additivo dovuto alla modulazione AM del segnaleLO.

Tale rumore presenta componenti alla frequenza di uscitaIF che normalmente,non

possono essere eliminate per filtraggio.

• Maggiore isolamento intrinsecoLO/IF .

Sebbene un filtro aIF sia comunque presente, esso dovrà soddisfare specifiche

meno stringenti nella banda oscura se l’attenuazione del segnaleLO è ottenuta

in altro modo. La necessità di un buon isolamento è legata al pericolo di saturare

lo stadio successivo di amplificazione.

• Migliore reiezione delle armoniche diLO e di alcune frequenze spurie derivanti

dal processo di miscelazione.

Tali frequenze variano a seconda delle realizzazioni di mixer bilanciato usata.

• Possibilità di avere un circuito equivalente a singolo componente che abbia le

stesse perdite di conversione e la stessa temperatura di rumore.

8.1 Ibride

I mixer di tipo bilanciato spesso utilizzano delle struttureibride per la realizzazione

dei percorsi bilanciati. Molte delle proprietà del mixer sono determinate proprio dal-

l’ibrida utilizzata e quindi sono influenzate dal comportamento reale di queste. Infatti

un’ibrida in realtà ha un comportamento prossimo a quello ideale solo su un inter-

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vallo di frequenza limitato. Di conseguenza è solitamente l’ibrida stessa a limitare la

larghezza di banda su cui il mixer può operare.

E’ proprio per questi motivi che è importante accennare alle ibride più comuni,

comerat-race, branch-lineo Lange coupler, al fine di prendere coscienza delle limi-

tazioni in banda, in modo tale da poter fare utili considerazioni nell’applicazione sui

mixer.

Un’ibrida è in generale un circuito 4-porte, realizzato su strutture guidanti di natu-

ra diversa: microstrisce, guide d’onda o componenti concentrati. Hanno la caratter-

istica che il segnale entrante a una porta viene trasferito solo verso due delle porte

di uscita mentre non viene trasmesso sulla quarta porta, come si può notare nella

schematizzazione ideale di figura 8.2.

Figura 8.2: Schema con cui si rappresentano ibride a180◦ e a 90◦.

La fase con cui il segnale entrante esce dalle porte opposte, rappresenta una prima

classificazione delle ibride, che si dividono quindi in:

• ibride a 180◦

• ibride a 90◦

Il rat-raceo il branch-linecostituiscono due esempi di ibride rispettivamente a 180◦ e

90◦.

La matrice di scattering di un’ibrida ideale è rispettivamente per il caso di sfasa-

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mento a 180◦ e a 90◦ la seguente:

S180 =1√2·

0 0 1 1

0 0 1 −1

1 1 0 0

1 −1 0 0

S90 =1√2·

0 0 −j 1

0 0 1 −j

−j 1 0 0

1 −j 0 0

(8.1)

Come risulta chiaro da queste matrici, il caso ideale prevede che gli sfasamenti

vengano mantenuti indipendentemente dalla frequenza. Questo non è ovviamente vero

nel caso reale, come si vedrà fra breve, quando saranno riportati i grafici relativi per

esempio alrat-race.

8.1.1 Ibride a 180◦

Un esempio di ibrida a 180◦ è il rate race, che è un circuito in microstriscia realizzato

nel modo riportato in figura 8.3.

Figura 8.3: Schema di unrat-racea microstriscia (ibrida a 180◦).

Se il segnale entra dalla porta denominataΣ, allora le due uscite (3 e 4) sono in fase

tra loro, hanno cioè uno sfasamento comune rispetto all’ingresso (λ/4); se il segnale

entra invece dalla porta∆, allora le due uscite (sempre 3 e 4) sono sfasate tra loro di

180◦, ed una ha lo stesso sfasamento del caso precedente (λ/4, porta 3).

Il segnale entrante alle porte si divide in due, e si riunisce alle varie porte dopo

aver girato in versi opposti sul cerchio in microstriscia.

Consideriamo per esempio il caso di ingresso dalla portaΣ (portaP1).Il segnale

percorrerà da una parteλ/4 e dall’altra5λ/4 = λ/4, ovvero cammini equivalenti sia

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all’uscita alla portaP3 che sulla portaP4. I due contributi si sommeranno così in fase

su entrambe le porte. Alla portaP2 invece i due cammini saranno sfasati diλ/2 e λ

per cui i due contributi saranno in opposizione di fase, e si cancelleranno.

Nel caso invece di ingresso alla porta∆ P2, i cammini percorsi verso la portaP3

saranno rispettivamente pari aλ/4 e5λ/4 = λ/4 e quindi ancora in fase, sommandosi.

Verso la portaP4 invece i cammini saranno da una parte3λ/4 e dall’altra ancora3λ/4,

per cui ancora una volta si sommeranno tra loro. Ma rispetto al segnale in uscita alla

portaP3 quello sulla portaP4 ha uno sfasamento diλ/2 = 180◦. Alla portaP1 gli

sfasamenti subiti dal segnale entrante inP2 saranno diλ/2 eλ, e quindi in opposizione

di fase, ovvero mutuamente cancellantesi.

Ovviamente quanto descritto è il comportamento dell’ibrida a centro banda (ed

ideale). Un tipico comportamento in frequenza reale è illustrato in figura 8.4.

(a) (b)

(c)

Figura 8.4: Andamento normalizzato in frequenza dell’accoppiamento (a),

dell’isolamento (b) e della fase (c) tra le porte delrat-race.

A seconda del tipo di realizzazione dell’ibrida, ossia con tecnologia ibrida o mono-

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litica, ed a seconda della frequenza di funzionamento, può essere non conveniente o

troppo ingombrante l’uso delrat-race distribuito (tramite linee). E’ possibile allora

fare ricorso ad una versione di tipo concentrato, riportata in figura 8.5 insieme alle

prestazioni in frequenza tipiche.

Figura 8.5: Schema di realizzazione di unrat-raceconcentrato.

Per lo schema riportato si hanno le seguenti formule di progetto:

L =R√

C =1

ωR√

2ωL =

1ωC

= R√

2 (8.2)

Come si può vedere dalle caratteristiche in frequenza tali strutture hanno una ban-

da relativamente stretta, attorno al 10-15%. Se negli elementi si hanno perdite non

trascurabili, le prestazioni dell’ibrida possono facilmente degradare. Sono comunque

possibili strutture sia ibride che concentrate a banda relativa più ampia, al costo però

di una maggiore complessità circuitale.

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8.1.2 Ibride a 90◦

Un esempio di ibrida a 90◦ è il Lange-coupler, riportato in fig. 8.6.

Figura 8.6: Esempio di ibrida a 90◦ realizzata medianteLange-coupler.

Un altro esempio di ibrida a 90◦ è il branch-line, riportato in fig. 8.7. Anche in

Figura 8.7: Schema di realizzazione di unbranch-linedistribuito.

questo caso è possibile ricorrere ad una realizzazione a componenti concentrati.

8.1.3 Non idealità delle ibride

Le caratteristiche delle ibride sopra riportate, si riferiscono al caso ideale. Nella realtà,

le prestazioni dei circuiti in microstriscia si discostano sensibilmente dalle risposte

ideali per i seguenti motivi:

• effetti di giunzione (inevitabilmente presenti);

• natura non rigorosamente TEM della propagazione, che rende diverse le velocità

di fase dei modi pari e dispari nei tratti a linee accoppiate;

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• effetti che la teoria trascura, ma che possono essere determinanti, neibonding

wires(fili di collegamento);

• effetti dei contatti verso massa.

Le strutture bilanciate utilizzate nei mixers si possono generalmente ricondurre

alle strutture

• singolarmente bilanciate

• doppiamente bilanciate

8.2 Mixer singolarmente bilanciato

I mixer singolarmente bilanciati di cui ci occuperemo nel seguito, sono realizzati con-

nettendo un mixer completo, o più usualmente una coppia di diodi, l’uno alla porta∆

e l’altro alla portaΣ di un accoppiatore a 180◦, figura 8.8(a), o di un accoppiatore a

90◦, figura 8.8(b).

Figura 8.8: Schemi di Mixers singolarmente bilanciati.

Le diverse prestazioni tra le diverse realizzazioni sono dovute a dettagli come: il

tipo di ibrida (accoppiatore) usato, l’uso o meno di circuiti di adattamento, l’uso di reti

di polarizzazione in continua, ecc...

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Per studiare in modo adeguato lo schema di figura 8.8, si approssima la caratteris-

tica i/i del diodo (o più in generale del componente che si usa) attraverso una serie di

potenze; inoltre, per semplificare ulteriormente l’analisi, supporremo tutti i coefficienti

dello sviluppo di valore unitario, al fine di individuare solo quali sono le proprietà che

derivano da una struttura bilanciata. Assumeremo, con riferimento alle notazioni in

fig. 8.9, che sia:

I = V + V 2 + V 3 + · · · (8.3)

Figura 8.9: Notazioni adottate per la rappresentazione della caratteristica

(semplificata) del diodo mediante la equazione (8.3).

Analizziamo allora il comportamento dello schema di fig. 8.8 con l’ibrida a 180◦.

Sono possibili due situazioni diverse:

• caso 1 - il segnaleLO viene inviato sulla porta∆ e quelloRF sulla portaΣ;

• caso 2 - il segnaleLO viene inviato sulla portaΣ e quelloRF sulla porta∆.

Consideriamo il caso generico, riportato in fig. 8.10.

Con riferimento alla notazione adottata, eq. (8.3), si ha:IA =

(VΣ + V∆

)+(VΣ + V∆

)2 +(VΣ + V∆

)3 + · · ·

IB =(−VΣ + V∆

)+(−VΣ + V∆

)2 +(−VΣ + V∆

)3 + · · ·

IF = IA − IB

(8.4)

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Figura 8.10: Tensioni e correnti sui diodi in un mixer bilanciato con ibrida a 180◦.

da cui

IA = VΣ + V∆ + V 2Σ + 2VΣV∆ + V 2

∆ + V 3Σ + 3V 2

ΣV∆ + 3VΣV2∆ + V∆ + · · ·

IB = −VΣ + V∆ + V 2Σ − 2VΣV∆ + V 2

∆ − V 3Σ + 3V 2

ΣV∆ − 3VΣV2∆ + V∆ + · · ·

(8.5)

e quindi

IF = 2VΣ + 4VΣV∆ + 2V 3Σ + 6VΣV

2∆ + · · · (8.6)

Da tale espressione si vede che a seconda di quale segnale (LO o RF ) viene

mandato sulla porta∆ o sulla portaΣ, si hanno effetti diversi.

• Caso 1- LO sulla porta∆ eRF sulla portaΣ

In questo caso si ha

IF = 2VRF + 2V 2RF + 4VRFVLO + 2V 3

RF + 6VRFV2LO + · · · (8.7)

per cui si nota che nel carico si avrà ancora il segnale aRF , più il segnale

prodotto traLO edRF (ovvero l’uscitaIF più l’immagine), più termini supe-

riori. Il segnaleLO invece non è presente, cancellato dalla simmetria. Questa

è una situazione molto favorevole perché l’oscillatore locale deve necessaria-

mente avere una grande ampiezza, e la sua presenza in uscita è estremamente

dannosa e difficile da eliminare tramite soli filtri. Anche l’isolamento traRF

edLO è notevolmente migliorato dalla presenza dell’ibrida. Il problema della

sintesi delle reti di carico è così notevolmente semplificato.

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• Caso 2- LO sulla portaΣ eRF sulla porta∆

In questo caso si ha

IF = 2VLO + 2V 2LO + 4VLOVRF + 2V 3

LO + 6VLOV2RF + · · · (8.8)

Nel carico si avrà ora il segnale adLO e le sue armoniche dispari, più natural-

mente il prodotto traLO edRF , più termini misti di ordine superiore. Questa

soluzione può essere preferita per esempio quandoLO è sufficientemente lon-

tana dalla frequenza di uscita, e quindi facile da filtrare. Anche in questo caso

rimane l’isolamento traRF eLO.

8.2.1 Mixer singolarmente bilanciato: altro approccio

Si vedrà ora un secondo metodo che permetterà di capire il funzionamento dei mixer

singolarmente bilanciati dal punto di vista delle proprietà di simmetria, che porterà

ovviamente agli stessi risultati del metodo esposto in precedenza, ma permetterà di

fare più agevolmente ragionamenti sullo spettro d’uscita (sempre a livello qualitativo).

Si consideri lo schema di fig. 8.11, conLO alla porta∆ e RF alla portaΣ

dell’ibrida a 180◦. Si ha quindi

Figura 8.11: Tensioni e correnti sui diodi in un mixer bilanciato con ibrida a 180◦ (caso

1).

VA = VLO + VRF

VB = VLO − VRF

(8.9)

Nella configurazione scelta i diodi vengono pilotati dall’LO in fase e questo com-

porta che, se tali componenti sono identici come quasi sempre avviene, si dovrà avere

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per le conduttanze:

gLOD,A

(t)

= gLOD,B

(t)

(8.10)

Questo comporta quindi eguali rappresentazioni dei due diodi sia nel dominio del tem-

po che nel dominio della frequenza. In figura è riportato lo spettro delle conduttanze

dei due diodi, in modo semplificato (qualitativo) e senza tener conto delle ampiezze.

Figura 8.12: Esempio di spettro di ampiezza della conduttanza dei diodi dello schema

di fig. 8.11.

Per quanto riguarda il comportamento apiccolo segnale, ovvero rispetto aRF , si

ha iRFD,A

(t)

= gLOD,A

(t)· vRF

D,A

(t)

iRFD,B

(t)

= gLOD,B

(t)· vRF

D,B

(t) (8.11)

Per quanto riguarda il comportamento in frequenza, ricordando che al prodotto di

segnali nel tempo corrisponde la convoluzione in frequenza (*), si ha:IRFD,A

(ω)

= GLOD,A

(ω)∗ V RF

D,A

(ω)

IRFD,B

(ω)

= GLOD,B

(ω)∗ V RF

D,B

(ω) (8.12)

Osservando ora che

GLOD,A

(ω)

= GLOD,B

(ω)

(8.13)

e che sui diodi il segnale adRF arriva in controfase, ovvero

vRFD,A

(t)

= −vRFD,B

(t)≡ vRF

D

(t)

(8.14)

si potrà scrivere: IRFD,A

(ω)

= GLOD,A

(ω)∗[V RF

D

(ω)]

IRFD,B

(ω)

= GLOD,B

(ω)∗[−V RF

D

(ω)] (8.15)

171

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Se riportiamo in forma grafica con modulo e segno le precedenti relazioni ed andiamo

a valutare la corrente di uscita si ottengono gli spettri in fig. 8.13.

Figura 8.13: Spettri della correnti in modulo e segno al nodo di uscita del mixer di fig.

8.11.

Quindi, come gia visto con il metodo dello sviluppo in serie di potenze, scom-

paiono i termini alle frequenze multiple difLO. Si ottengono inoltre sempre i termini

VLOVRF , V2LOVRF , . . ..

Passando invece a considerare lo schema in fig. 8.14, ovvero conRF alla porta∆

eLO alla portaΣ dell’ibrida a 180◦, si ha:

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Figura 8.14: Tensioni e correnti sui diodi in un mixer bilanciato con ibrida a 180◦ (caso

2).

VA = VLO + VRF

VB = −VLO + VRF

(8.16)

In questo caso, bisogna vedere cosa succede a grande segnale sui due diodi (DA

e DB). Come detto in precedenza, l’applicazione diVLO al diodo comporta che si

potrà considerare tale componente come una conduttanza variabile di periodoTLO =

1/fLO.

Nella configurazione scelta i diodi vengono pilotati in controfase daLO e questo

comporta che, se tali componenti sono identici come quasi sempre avviene, quando

uno viene ”acceso”, l’altro viene ”spento”. Per le due conduttanze allora si dovrà

avere:

gLOD,A

(t)

= gLOD,B

(t− TLO

2

)(8.17)

Questo comporta che le due conduttanze variabili nel tempo sono sfasate di un mezzo

di periodo diLO, e quindi ai fini della rappresentazione tramite serie di Fourier si ha:

GLOD,B

(ω)

= GLOD,A

(ω)· e−j ω

ωLOπ

(8.18)

ovvero

GLOD,B

(ωLO

)= GLO

D,A

(ωLO

)e−jπ

GLOD,B

(2ωLO

)= GLO

D,A

(2ωLO

)e−j2π

GLOD,B

(3ωLO

)= GLO

D,A

(3ωLO

)e−j3π

...

(8.19)

173

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Graficamente se si riportano tali risultati qualitativamente per lo spettro espresso in

termini di modulo e segno, si ha una situazione del tipo espressa in figura 8.15.

Figura 8.15: Esempio di spettro di ampiezza delle conduttanze dei diodi dello schema

di fig. 8.14.

Per quanto riguarda ora il comportamento a piccolo segnale, sapendo che il segnale

adRF questa volta è in fase sui due diodi, ovvero

vRFD,A

(t)

= vRFD,B

(t)≡ vRF

D

(t)

(8.20)

si potrà scrivere: iRFD,A

(t)

= gLOD,A

(t)· vRF

D

(t)

iRFD,B

(t)

= gLOD,B

(t)· vRF

D

(t) (8.21)

In frequenza si ha:IRFD,A

(ω)

= GLOD,A

(ω)∗ V RF

D

(ω)

IRFD,B

(ω)

= GLOD,A

(ω)· e−j ω

ωLOπ ∗ V RF

D

(ω) (8.22)

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Se riportiamo in forma grafica con modulo e segno le precedenti relazioni ed andiamo

a valutare la corrente di uscita si ottengono gli spettri riportati in figura 8.16.

Figura 8.16: Spettri della correnti in modulo e segno al nodo di uscita del mixer di fig.

8.14.

Quindi come gia visto con il metodo dello sviluppo in serie di potenze, viene

eliminato in uscita il segnale aRF , mentre rimane il termineVLOVRF , più i termini

superiori del tipoV 3LO, ecc...

Con il metodo proposto però non si riescono a evidenziare termini del tipoVLOV2RF

che, come visto con l’approccio ”analitico” in realtà compaiono in uscita, come evi-

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denziato dall’equazione (8.8). Rimuovendo però l’ipotesi di linearità nel modello della

conduttanza del diodo, ovvero assumendo

i(t)

= g1 · v + g2 · v2 + g3 · v3 + · · ·

si riuscirebbe a mettere in evidenza anche i suddetti termini.

8.3 Mixer doppiamente bilanciati

In questo tipo di mixers la simmetria viene sfruttata opportunamente allo scopo di iso-

lare il carico da entrambi gli ingressi. Utilizzando per esempio diodi in configurazione

ad anello (reperibile sul mercato in forma monolitica dettaQUAD) e due trasformatori

a presa centrale, realizzati in genere tramite componenti equivalenti planari, si ha il

circuito in figura .

Figura 8.17: Schema di un Mixer doppiamente bilanciato. Sono posti in evidenza i 2

mixers singolarmente bilanciati in antiparallelo di cui è composto.

In pratica la struttura, detta doppiamente bilanciata (doubly-balanced mixer) con-

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siste di due mixer singolarmente bilanciati con segno dellaRF opposto montati in

parallelo, evidenziati in figura 8.17 dalle zone tratteggiate. Il segnaleLO è isolato

dalle altre porte; infatti se i diodi sono uguali e la struttura è perfettamente simmetrica,

si ha

VA = VB = GND (0)

Con tale situazione il segnaleLO non compare né alla portaRF né a quellaIF . Anche

l’ingressoRF è isolato dalle altre due porte; infatti per esso sia ha

VC = VD = GND (0)

In questo modo alla portaLO non emergerà il segnaleRF .

Per il segnaleIF presente in maniera antisimmetrica sui punti A e B si ha ancora

VC = VD = GND (0)

ovvero anch’esso è isolato daLO.

L’uscita è così isolata da entrambi gli ingressi, a loro volta isolati tra loro. A

differenza delle strutture che fanno uso di accoppiatori in quadratura, questo schema

non modifica sostanzialmente l’adattamento dei singoli ingressi in quanto le riflessioni

sono ricombinate indietro senza particolari accorgimenti. L’adattamento dovrà quindi

essere realizzato separatamente, o sul diodo oppure prima del trasformatore per ogni

porta.

Per convincersi che il mixer funzioni come detto si può ripetere l’analisi qualitativa

sulle correnti e tensioni ai capi di ciascun diodo. La situazione è riportata nella figura

8.18, ove per semplicità di notazione si considera2VLO per il segnaleLO e2VRF per

il segnale aRF . Si ha

ID1 =(VLO + VRF

)+(VLO + VRF

)2 +(VLO + VRF

)3 + · · ·

ID2 =(VLO − VRF

)+(VLO − VRF

)2 +(VLO − VRF

)3 + · · ·

ID3 =(−VLO − VRF

)+(−VLO − VRF

)2 +(−VLO − VRF

)3 + · · ·

ID4 =(−VLO + VRF

)+(−VLO + VRF

)2 +(−VLO + VRF

)3 + · · ·

(8.23)

177

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Figura 8.18: Schema di correnti e tensioni presenti nel mixer doppiamente bilanciato

di fig. 8.17.

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Mixer bilanciati

ovvero

ID1 = VLO + VRF + V 2LO + V 2

RF + 2VLOVRF + · · ·

ID2 = VLO − VRF + V 2LO + V 2

RF − VLOVRF + · · ·

ID3 = −VLO − VRF + V 2LO + V 2

RF + 2VLOVRF + · · ·

ID4 = −VLO + VRF + V 2LO + V 2

RF − VLOVRF + · · ·

(8.24)

Dalla somma delle correnti ai nodi si ottiene:IDA = ID1 − ID2 = 2VRF + 4VLOVRF + · · ·

IDB = ID3 − ID4 = −2VRF + 4VLOVRF + · · ·(8.25)

Il bilancio delle correnti sul nodo di uscita adIF fornisce:

IIF = IDA + IDB = 8VLOVRF + · · · (8.26)

quindi in uscita sono scomparsi i termini aRF eLO ed è sopravvissuto il termine di

mixing voluto.

8.4 Sub-harmonically-pumped mixers

Un ulteriore schema di mixer molto utilizzato sfrutta due diodi in antiparallelo pilotati

dalla somma dei segnaliLO +RF , come illustrato in figura 8.19.

Per la somma di tali segnali si può ricorrere ad un ibrida, soprattutto seLO edRF

sono sufficientemente vicini in frequenza.

Per valutare le componenti dell’uscita si utilizza il solito metodo qualitativo:ID1 =

(−VLO − VRF

)+(−VLO − VRF

)2 +(−VLO − VRF

)3 + · · ·

ID2 =(VLO + VRF

)+(VLO + VRF

)2 +(VLO + VRF

)3 + · · ·(8.27)

e quindi, arrestandoci alla terza potenza:ID1 = −VLO − VRF + V 2

LO + V 2RF + 2VLOVRF − V 3

LO − 3V 2LOVRF − 3VLOV

2RF − V 3

RF + · · ·

ID2 = VLO + VRF + V 2LO + V 2

RF + 2VLOVRF + V 3LO + 3V 2

LOVRF + 3VLOV2RF − V 3

RF + · · ·(8.28)

La corrente di uscita è la differenza tra le due correnti nei diodi, per cui si ha:

IIF = ID1− ID2 = −2VLO − 2VRF − 2V 3LO − 2V 3

RF − 6VLOV2RF − 6V 2

LOVRF + · · ·

(8.29)

179

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Mixer bilanciati

Figura 8.19: Schema di principio di un mixer pilotato in subarmonica.

180

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Mixer bilanciati

In questo esempio si vede che in uscita sopravvivono i termini aRF eLO ed il termine

di mixing si ha a2ωLO + ωRF .

Questo permette una traslazione in frequenza molto ampia utilizzando oscillatori

perLO a frequenze contenute. L’uscita in tale caso è isolata dalla 2 armonica diLO

che la componente più ”fastidiosa” in quanto potrebbe trovarsi pericolosamente vicina

all’uscitaIF e difficile da filtrare.

8.5 Mixer a reiezione di immagine

L’immagine è una delle spurie che spesso risultano più fastidiose. Essa può capitare

vicino a LO o a IF stessa tanto da essere arduo un filtraggio che la elimini. La

situazione è riassunta nella figura 8.20.

Figura 8.20: Esempio di mixer con la frequenza immagine messa in evidenza.

A tale scopo è certamente utile lo schema di mixer a reiezione di immagine ripor-

tato nella figura 8.21.

In questo caso non si ha alcun beneficio in termini di perdita di conversione rispetto

al mixer semplice, anzi spesso è improponibile proprio per le perdite troppo elevate.

Il mixer è composto da due mixers, eventualmente bilanciati, connessi tra loro

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Mixer bilanciati

Figura 8.21: Schema di un mixer a reiezione di immagine.

tramite due ibride a 90◦. Il segnaleLO è unico e, dopo essere stato partizionato in due

con un divisore tipoWilkinson, alimenta entrambi i mixers.

Nelle figure seguenti andremo a valutare i segnali presenti in ciascuna sezione della

struttura nel caso di undown-converter mixer, in particolare nei punti A, B, C, D.

Nella figura 8.22 viene mostrato il segnale di ingresso aRF presente nel punto A

(blu), ovvero sfasato di 90◦ in ritardo rispetto al punto B (rosso). Si noti che questo

significa -90◦ per la parte positiva dello spettro e +90◦ per quella negativa. Nella stessa

figura è riportato anche lo spettro del segnale di uscita aIF che emerge dal 1◦ mixer

e che conserva le relazioni di fase presenti in ingresso.

Nella figura 8.23 viene mostrata la situazione relativa al secondo mixer, ovvero ai

punti B (blu) e D (rosso). Nel punto B il segnale di ingresso ad RF arriva con fase

relativa nulla e con tale fase ne emerge aIF alla sua uscita.

Se consideriamo ora come uscita la porta E avremo che in essa verranno ricombi-

nati i segnali presenti ai nodi C e D dopo essere stati sfasati rispettivamente di -90◦ e

di 0◦.

Le componenti relative alla parteUPPER(che per l’uscita considerata rappresenta

la frequenza immagine) dello spettro vengono automaticamente eliminate ed in uscita

sopravvive solo la parteLOWERdello spettro. Analogo e simmetrico il discorso può

essere ripetuto per l’uscita F dove verranno eliminate le componentiLOWERa favore

182

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Mixer bilanciati

Figura 8.22: Spettro dei segnali sul mixer 1 di fig. 8.21.

Figura 8.23: Spettro dei segnali sul mixer 2 di fig. 8.21.

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Mixer bilanciati

delle UPPER. La situazione finale in termini di righe spettrali ai punti E ed F viene

riassunta nella figura 8.24.

Figura 8.24: Ricombinazione di tutte le componenti alle due possibili uscite del mixer

di fig. 8.21.

8.6 Mixer a FET

Nella ricerca di un componente che sostituisca in modo efficace l’interruttore di figura

7.2, il transistor è stato il passo successivo rispetto al diodo. In particolare il Fet su

GaAs ha permesso di avvicinarsi alle frequenze raggiunte dai diodi. Il diodo infatti, è

oggi l’unico dispositivo che permette di realizzare mixer oltre i 100 GHz, grazie sia al

ridottissimo tempo di transito delle cariche, che alla bassissima capacità di giunzione

che si riesce ad ottenere, soprattutto con i diodi Shottky.

Utilizzando Fet a canale corto con tecnologia pseudomorfica, le frequenze di fun-

184

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Mixer bilanciati

zionamento dei mixer a Fet sono notevolmente aumentate, tanto da renderli una valida

alternativa al diodo per le frequenze sotto il centinaio di GHz.

Il principio con cui impiegare il Fet in un mixer è sempre quello di riprodurre il

comportamento di un interruttore: un componente che vari il più rapidamente possi-

bile il suo stato tra due condizioni molto differenti tra loro. In quest’ottica, l’uso più

comune del Fet è quello di transconduttanza variabile. Questo tipo di mixer vengono

chiamatimixer a transconduttanzao gate mixer, perché il segnale di oscillatore locale

è applicato al gate per far commutare il Fet dal pinch-off alla saturazione. In questi

mixer si sfrutta il generatore di corrente controllato in tensioneVgate · gm · ejωt interno

al Fet e che tiene conto del fenomeno di amplificazione di un segnale applicato al gate.

Rispetto ad un mixer a diodo i vantaggi sono i seguenti:

• possibilità di avere un guadagno di conversione di diversi dB, sfruttando l’am-

plificazione in saturazione (gm 6= 0); quando un tipico mixer a diodi ha perdite

che nel migliore dei casi arrivano a -6 dB;

• sono molto adatti ad essere integrati, mentre i diodi che si riescono ad ottenere in

un circuito integrato sono di bassissima qualità ed occupazione d’area notevole;

• hanno una cifra rumore più bassa.

Gli svantaggi invece sono:

• maggiore intermodulazione legata sia all’amplificazione che all’alta non linear-

ità della caratteristica del Fet in saturazione;

• aumento della complessità del circuito, dovendo ora progettare reti di chiusura

ed adattamento per il gate ed il drain del dispositivo. Necessità di reti polariz-

zazione di gate e drain, con conseguente assorbimento di potenza in continua e

necessità di due circuiti per la gestione della polarizzazione;

• gestione della stabilità del dispositivo, che essendo attivo, può oscillare se non

viene opportunamente caricato.

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Mixer bilanciati

Nel complesso, il principale svantaggio di questo tipo di mixer è l’elevato livello

d’intermodulazione rispetto a quello ottenibile con i diodi; altrimenti nel complesso, la

possibilità di un guadagno di conversione notevole e la facilità di integrazione, rendono

il mixer a Fet un ottimo concorrente di quello a diodi.

8.7 Mixer Resistivi

I mixer resistivi rappresentano una terza possibilità per riprodurre il più fedelmente

possibile il circuito di figura 7.2. Per capire il modo in cui si giunge alla definizione

di questo nuovo tipo di mixer, è bene comprendere quali siano le prestazioni che in

genere si desiderano in un mixer.

Se nella pratica si riuscisse a realizzare il circuito di figura 7.2, si potrebbe ottenere

la conversione di frequenza di un segnaleRF senza introdurre (teoricamente) alcun

prodotto di intermodulazione. Il solo ”fenomeno” collaterale sarebbe la generazione

di eventuali armoniche dell’oscillatore localeLO, fenomeno comunque eventualmente

controllabile e non troppo deleterio.

E’ evidente allora che una delle specifiche fondamentali di un mixer è che es-

so operi una conversione di frequenza introducendo la minore distorsione possibile.

Per quanto riguarda le perdite di conversione, sebbene siano importanti ai fini di non

deprimere eccessivamente il livello del segnale aIF , non sono vitali nel senso che

è sempre comunque possibile recuperare il livello del segnaleIF mediante even-

tuali amplificazioni sia dello stadio Low Noise (LNA) generalmente presente prima

del mixer stesso, sia mediante stadi di guadagno inseriti dopo il mixer (amplificando

direttamenteIF ).

Per quanto riguarda invece la distorsione in frequenza, questa è difficilmente ”recu-

perabile” da apparati esterni al mixer, essendo generata tra frequenze differenze (7.26).

In particolare, si osservi come sia proprio il mixer a determinare la linearità di tutta la

catena ricevente e di buona parte di quella trasmittente, anche se in quest’ultimo caso

l’effetto maggiore è imputabile soprattutto allo stadio finale di potenza.

Si intuisce quindi che la necessità prioritaria delle moderne radiotrasmissioni, in

cui il numero di canali in un ristretta porzione di spettro è sempre maggiore, è quella

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Mixer bilanciati

di avere apparati di trasmissione il più lineari possibili.

Essendo quindi disposti ad accettare delle perdite di conversione, per avere più

bassa intermodulazione, l’alternativa più efficace ai diodi è il Fet operante in regione

lineare o resistiva. Dall’analisi svolta nel §7.3 (matrice di conversione) risulta chiaro

che l’intermodulazione nasce perché la caratteristica tensione-corrente del diodo non è

lineare, ed è necessario introdurre termini d’ordine superiore al primo nella equazione

(7.5). In altri termini, l’intermodulazione risulta essere causata dal fatto che si sta uti-

lizzando un componente non lineare per compiere un’operazione fondamentalmente

lineare com’è la conversione di frequenza. Se si riuscisse a trovare un componente con

caratteristica lineare in grado di commutare tra il circuito aperto ed il corto, alle fre-

quenze di decine di GHz, potremmo pensare di realizzare la conversione di frequenza

in completa assenza d’intermodulazione.

Fino ad ora gli unici componenti in grado di funzionare a tali frequenze, per tem-

pi ragionevoli, sono i diodi e i transistor (Fet), ovvero componenti sicuramente non

lineari. La possibilità di realizzare la conversione di frequenza in assenza d’intermod-

ulazione rimane quindi solo teorica, ma è comunque possibile avvicinarsi molto ad una

situazione ideale di quasi assenza della stessa. Per farlo si deve ricercare nelle possibili

modalità di funzionamento del diodo o del transistor quella che più si avvicina ad un

comportamento lineare nei due stati (ON e OFF).

In un diodo non esistono zone in cui la caratteristica tensione-corrente possa essere

considerata sufficientemente lineare in entrambi gli stati, mentre nel transistor sì. In

questo caso infatti la caratteristica i-v di un Fet prima del ginocchio (regione ohmica)

risulta essere molto ben approssimabile mediante una retta (anziche l’esponenziale o

più semplicemente la parabola del diodo). Il transistor in questa regione si comporta

come una resistenza il cui valore è controllato dalla tensione applicata sul gate (vgs.

Un esempio della caratteristica di un HEMT in zona lineare è riportato in figura 8.25.

Utilizzare il Fet come un resistore controllato in tensione, è sicuramente un’ap-

prossimazione di un interruttore ideale nettamente migliore di quelle ottenibili con un

diodo o con Fet in saturazione. Tipicamente si utilizza il dispositivo polarizzato a

VDS = 0V , cioè nell’origine delle caratteristiche, dovegm è nullo ed il Fet può essere

descritto in prima approssimazione mediante la resistenzards tra drain e source.

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Mixer bilanciati

(a) (b)

Figura 8.25: Caratteristica i-v in zona lineare di un HEMT.

In queste condizioni operative ovviamente si perde completamente l’effetto d’am-

plificazione (tipico del Fet) e quindi, un tipico mixer resistivo, presenterà delle perdite

di conversione maggiori di zero. Inoltre, il Fet in regione resistiva non è una vera

resistenza, in quanto la sua caratteristica i-v non è propriamente una retta, a causa del-

la non linearità intrinseca del dispositivo. Questa ”imperfezione” fa sì che un mixer

resistivo a Fet continui a presentare una certa intermodulazione non nulla, anche se

inferiore rispetto a quella ottenibile con un mixer a diodi o da ungate mixer.

Lo schema circuitale di un mixer resistivo è quello di figura 8.26, in cui l’oscil-

latore locale è applicato al gate, il segnaleRF è applicata al drain e l’uscitaIF si

preleva dal drain stesso con una rete che la disaccoppi dal segnale d’ingresso.

Figura 8.26: Schema equivalente di un mixer resistivo.

8.7.1 Prestazioni di un mixer resistivo

Saranno analizzati ora i parametri prestazionali di un mixer resistivo, confrontandoli

con quelli deigate mixere di quelli a diodo.

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Mixer bilanciati

• Perdite di Conversione

Le perdite di conversione di un mixer resistivo sono fortemente legate al valore

della tranconduttanza del Fet nel punto di polarizzazione scelto. Tipicamente

ci si polarizza aVDS = 0V , e questo inevitabilmente determina dei valori

di CL > 0, ma non è detto che l’origine sia la polarizzazione migliore per

l’intermodulazione. Si può ad esempio verificare (sperimentalmente) che per

VDS > 0, ma sempre in zona ohmica, un mixer resistivo può avere perdite di

conversione molto basse o addirittura negative (ossia guadagnare). Comunque,

in genere un mixer resistivo ha delle perdite e i valori ottenibili sono sicura-

mente inferiori a quelle di un mixer a diodi. I valori diCL tipici oscillano tra

5 ÷ 10dBm, contro quelle dei mixer a diodi il cui valore tipico è intorno agli

8÷ 10dBm, ma possono raggiungere anche i 15dBm.

• Intermodulazione

I mixer resistivi sono quelli che presentano il punto di intercetta del terzo ordine

(IP3) maggiore di tutti, anche dei diodi, proprio grazie all’alta linearità della

caratteristica del Fet. Si raggiungono valori anche di+30dBm perIP3.

• Cifra di rumore

Nell’origine delle caratteristiche l’unica sorgente di rumore è quella termica

delle resistenze parassite, mentre per polarizzazioni aVDS > 0, in cui il canale

comincia ad essere attraversato dalle cariche, si aggiunge il rumoreshot. In gen-

erale però la cifra di rumore è inferiore sia di quella deigate mixerche dei mixer

a diodi.

• Isolamento

Va ricordato che l’isolamento tra le porte di un mixer dipende in grandissima

parte dalla configurazione delle reti di chiusura e filtraggio, nonché dalla pos-

sibilità di usare configurazioni bilanciate. Comunque per un Fet si osserva che

la zona ohmica è caratterizzata da valori della capacità tra drain e gate del Fet,

Cgd, piuttosto elevati, e quindi il dispositivo è scarsamente unidirezionale se

confrontato con uno polarizzato in regione di saturazione. Questa caratteristi-

ca impone di prestare molta attenzione alleekagenotevole tra gate e drain. In

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Mixer bilanciati

particolare le reti di chiusura dovrebbero quanto più possibile cortocircuitare sul

drain il segnaleLO e sul gateRF . L’isolamento è particolarmente importante,

oltre che per quanto detto in precedenza (§7.11), anche perchè il segnaleRF

sul gate può modulare il segnale diLO che pilota il Fet ed introdurre quindi un

rumore di fase notevole; inoltre, l’eventuale leekage diLO sul drain sposterebbe

il punto di polarizzazione del dispositivo, facendo crescere l’intermodulazione

prodotta.

• Complessità realizzativa

Sicuramente la complessità realizzativa di un mixer a Fet è notevolmente mag-

giore di uno a diodi. Però, rispetto ad ungate mixer, il mixer resistivo, special-

mente se polarizzato nell’origine, non necessita del circuito di polarizzazione di

drain, cosa che riduce enormemente la complessità, non tanto della parte aRF ,

quanto di tutto il circuito a bassa frequenza per l’alimentazione. Una caratter-

istica peculiare del mixer resistivo è che l’ingresso aRF e l’uscita aIF sono

entrambi collegati al drain; è necessaria quindi una rete che disaccoppiRF eIF

sul drain. Questa rete non è altro che un diplexer, una rete tre porte che realiz-

za contemporaneamente un filtro passa alto ed uno passa basso, come riportato

in fig. 8.26. La complessità progettuale e realizzativa di un diplexer è sicura-

mente non trascurabile e rappresenta uno degli ostacoli maggiori da superare nel

progetto del mixer.

8.8 Configurazioni bilanciate di mixer resistivi

Per quanto riguarda le possibili configurazioni circuitali di mixer a FET si ha che fon-

damentalmente possono essere suddivise in due famiglie a seconda dell’accoppiatore

direzionale utilizzato: ibrida a 180◦ o 90◦. La configurazione con ibrida a 180◦ nelle

due versioni mostrate in fig. 8.27 garantisce un elevato adattamento alle porteRF e

LO grazie alle sue proprietà topologiche, indipendentemente da quello ottenuto ai ter-

minali dei dispositivi. Tale configurazione garantisce l’elevato isolamentoRF − LO

a fronte della complessità imposta dall’utilizzo di divisori e/o ibride.

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Mixer bilanciati

Figura 8.27: Mixer bilanciato con ibrida a 180◦.

Un ulteriore configurazione che sfrutta proprietà di simmetria differenti utilizza

delle ibride a 90◦ così come riportato nella figura 8.28.

Figura 8.28: Mixer bilanciato con ibrida a 90◦.

L’isolamentoRF − LO in questo caso è ottenuto nel modo seguente: i segnali

d’oscillatore locale giungono sui FET A e B con uno sfasamento relativo di 90◦; il

quale si ripete nell’ibridaRF , cosicché si presenteranno alla portaRF in opposizione

di fase, cancellandosi. Per garantire tale risultato è necessario che le due ibride coprano

la stessa banda (siaLO cheRF ).

Rispetto alla configurazione precedente (con ibrida a 180◦) IF deve essere ora

ricombinata in fase, operazione che può essere eseguita utilizzando strutture dalle

dimensioni più contenute.

Scelto il tipo di configurazione bilanciata da adottare, è necessario progettare sia

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Mixer bilanciati

la rete d’adattamento per l’oscillatore locale, che il diplexer perRF edIF . La strut-

tura di tali reti dipende essenzialmente dalle frequenze in gioco e dalla tecnologia a

disposizione. Particolarmente critica è la progettazione del diplexer, in quanto es-

so deve garantire sia l’isolamento della porta aIF dal segnaleRF e viceversa, che

l’adattamento sulle bande di frequenza di entrambi i segnali.

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