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ANNO VI GIUGNO 2013 N. 2 IN QUESTO NUMERO La formazione a distanza: La formazione a distanza: MISURARSI CON LA COMPLESSITÀ E MISURARE LA COMPLESSITÀ MISURARSI CON LA COMPLESSITÀ E MISURARE LA COMPLESSITÀ Una nuova sfida per l’Associazione Una nuova sfida per l’Associazione IN VITA ASSOCIATIVA: I NOTEVOLI CONTRIBUTI DELLE SEZIONI REGIONALI OSDI

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IN QUESTO NUMERO

La formazionea distanza:La formazionea distanza:

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MISURARSICON LA COMPLESSITÀE MISURARELA COMPLESSITÀ

Una nuova sfidaper l’AssociazioneUna nuova sfidaper l’Associazione

IN VITA ASSOCIATIVA: I NOTEVOLI CONTRIBUTI DELLE SEZIONI REGIONALI OSDI

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La rivista In...formazione OSDI pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenzialiriguardanti il diabete e gli argomenti correlati.Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del

lavoro.- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a

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del lavoro e risultati.- I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente

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IN...FORMAZIONEPeriodico trimestraledell’Associazione OSDIOperatori Sanitaridi Diabetologia ItalianiVia Guelfa, 9 - 40138 Bolognawww.osdi.itAutorizzazione del tribunaledi Lecce n. 1014 - marzo 2009

DIRETTORE RESPONSABILEMaria Teresa Branca

VICE-DIRETTORERoberta Chiandetti

COMITATO SCIENTIFICORoberta ChiandettiMaria Teresa BrancaGiovanni Lo GrassoLia Cucco

COMITATO DI REDAZIONEGemma AnnicelliElisa BelliniLia CuccoRaffaella FiorentinoGiuseppe FrigauElisa LevisGiovanni Lo GrassoAlberto PambiancoClara ReboraAnna Satta HaiAnnamaria TeseiClaudio Vitiello

PROGETTAZIONE GRAFICA,IMPAGINAZIONE E STAMPACarra Editrice73042 Casarano (Le)Tel. 0833.502319

som mario

a cura di Lia Cucco 28nursing diabetologico

editoriale del direttoredi Maria Teresa Branca 4

12vita associativaa cura di Maria Teresa Branca

6notizie dall’associazionea cura di Roberta Chiandetti

37Articolo originaleAmbulatorio territoriale, a prevalente gestioneinfermieristica, per prevenzione, assistenzae cura del piede diabetico:l’esperienza della casa della salutedi Colorno-Torrile

L’assistenza infermieristicain ambito penitenziario… Obiettivo cambiamento

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editorialedirettoredel

di Maria Teresa Branca

Nessuno commise un errore più gran-Nessuno commise un errore più gran-

de di colui che non fece nulla perchéde di colui che non fece nulla perché

poteva fare poco.poteva fare poco. (Edmund Burke)

Questa citazione del filosofo irlande-

se Burke, sintetizza, nel senso positi-

vo del messaggio, quello che in questi

mesi siamo riusciti a realizzare e che

riportiamo in questo numero della ri-

vista. Con la situazione difficile che

stiamo vivendo si poteva correre il

rischio di fare poco, invece abbiamo

registrato molte attività e anche di

un certo rilievo.

“Lavorare sulla base di evidenze scien-

tifiche applicabili nella pratica clinica,

il diabete nel paziente straniero,

l’Health Tecnology Assestement ,

l’assistenza infermieristica in una so-

cietà multietnica” questi sono solo

alcuni degli argomenti affrontati nei

vari corsi e congressi regionali di que-

sto ultimo trimestre. Una intensa at-

tività regionale che ha restituito vigo-

re alle regioni interessate, che hanno

tutte manifestato un grande impegno

e un grande entusiasmo oltre ad aver

registrato un apprezzamento vivissi-

mo dei partecipanti.

Ma questo numero non racconta solo

le attività formative, mi preme sotto-

lineare anche la validità dei due articoli

originali, che affrontano due temi mol-

to interessanti . Uno r iguarda

l’esperienza dei colleghi dell’Emilia Ro-

magna sull’ambulatorio per la cura del

piede a prevalente gestione infermie-

ristica, e l’altro affronta un tema nuo-

vo e toccante: l’assistenza infermie-

ristica nella popolazione carceraria,

un articolo che esula dall’argomento

diabete, ma che raccontadi una real-

tà della quale non ci si ricorda spesso

ma che, purtroppo, esiste con una ple-

tora di difficoltà tutte ben descritte

dalla collega, autrice dell’articolo.

Abbiamo anche una anticipazione da

parte della Presidente Osdi, R. Chian-

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detti, sulla Forma-

zione a Distanza,

(FAD) una strategia formativa nuova,

per noi, ma che si sta facendo spazio

nel mondo della didattica e della for-

mazione professionale poiché offre al-

cuni vantaggi legati soprattutto al

contenimento dei costi pur mantenen-

do una certa qualità formativa. È un

argomento che rientra nelle politiche

associative, sono in cantiere, infatti,

alcuni progetti di Formazione a Distan-

za su diversi argomenti che ci auguria-

m o s i c o n c r e t i z z i n o a b r e v e .

L’evoluzione di questi progetti sarà

messa a disposizione dei soci attra-

verso il sito www.osdi.itwww.osdi.it che, a tal pro-

posito, vi ricordo di consultare, non

solo per gli aggiornamenti, ma anche

per fornirci un aiuto a completarlo. La

ristrutturazione del sito sta compor-

tando molto più tempo di quello previ-

sto, di fatto, ancora oggi è carente di

alcune sezioni. Sono, quindi, molto gra-

diti i vostri suggerimenti per poterlo

perfezionare. Potete mandare i vostri

contributi alla segre-

teria Osdi (segrete-

[email protected]) o direttamente alla Pre-

sidente Osdi ([email protected]).

La rubrica sul nursing diabetologico, a

cura di Lia Cucco, questa volta affron-

ta un tema nuovo - Misurarsi con la

complessità- un argomento particola-

re che vi invito a leggere con molta at-

tenzione e del quale ho mutuato una

frase, che secondo me, è l’emblema

dell’argomento: più la medicina è effi-

cace (perché salva e allunga la vita),

più produce problemi (per l’aumento

dei bisogni). Un messaggio che ci obbli-

ga ad una riflessione e a una presa di

coscienza sull’importanza del nostro

ruolo come operatori nella sanità.

Mi auguro che possiate leggere la rivi-

sta all’ombra di un ombrellone su una

spiaggia assolata o, al fresco, in qual-

che amena località montana. In ogni

caso vi auguro buona lettura e buone

vacanze.

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In un clima di grande cordialità e

unità si è svolta a Bologna l’11 e 12

maggio la III Conferenza Nazionale

delle Associazioni di Volontariato

organizzata come di consueto da

Diabete Italia. Hanno partecipato 188

delegati di 144 Associazioni fra

persone con diabete e di queste

almeno 60 hanno preso la parola

negli interventi programmati e nei dibattiti che hanno seguito alcune relazioni.

Molto successo hanno avuto le sessioni “a Microfono Aperto” che hanno permesso

ai diversi rappresentanti delle Associazioni presenti non solo di affrontare tematiche

di grosso interesse generale nel campo del diabete ma anche di sviluppare un

proficuo scambio fra le diverse esperienze. Questo ha fatto si che tutti, in primo

luogo Diabete Italia, possano ‘ascoltare i bisogni’ del Volontariato nel campo del

diabete.

Oltre alle sessioni di Microfono Aperto, il programma ha previsto una sessione

dedicata allo sviluppo delle forme di coordinamento regionale tra le Associazioni

e una dedicata alla organizzazione della prossima Giornata Mondiale del Diabete.

E’ importante sottolineare che iniziative come queste sono importantissime perché

non solo permettono ai diversi attori del “team diabetologico” di dialogare fra loro

notiziedall’associazione

a cura di Roberta Chiandetti

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partendo proprio dal “centro” cioè dal punto di vista del paziente e dei suoi bisogni, ma

hanno anche lo scopo, certamente non meno importante, di “fare gruppo”.

L’Associazionismo permette una migliore conoscenza del problema di salute e permette

un utile confronto “fra pari”, fra persone che hanno gli stessi bisogni e le stesse difficoltà.

Essere Associazione però permette anche una collaborazione utile e costruttiva insieme

e verso le Istituzioni al fine di avere servizi sempre più qualificati. che possono portare

ad un più facile rapporto con le autorità sanitarie sia a livello locale sia regionale che

nazionale, promuovendo azioni sinergiche in collaborazione con coordinamenti regionali

e/o nazionali a seconda dell’obiettivo da raggiungere.

Anche OSDI si è espressa in favore ed a supporto del Team allargato all’interno del quale

i bisogni del paziente sono al centro dei percorsi e degli interventi con lo scopo di agire

realmente sull’autonomia delle persone con diabete e sull’essere vicino in un’assistenza

attenta e di qualità.

Approfondimenti e interventi sono consultabili sul sito www.diabeteitalia.it

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Lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e le caratteristiche della domanda

emergente, che si colloca in un momento storico e sociale di grande attenzione

rispetto alle risorse disponibili, anche in termini temporali, ha suggerito

all’Associazione grande attenzione nei confronti di una programmazione di eventi

FAD con lo scopo di permettere di utilizzare materiali didattici elaborati per questa

particolare strategia formativa sfruttando la tecnologia multimediale e le

caratteristiche dell’apprendimento tipiche dei new media: (interattività, dinamicità,

possibilità di personalizzare il percorso di apprendimento,..) tenendo conto anche

degli spunti offerti dai corsi residenziali. Inoltre, la possibilità di abbattere i costi

di erogazione dei corsi residenziali, prevedendo la ripetibilità dei moduli in diversi

contesti e momenti, è stato attentamente valutato e, soprattutto in periodi di

spending review, è argomento tutt’altro che trascurabile!!!. Il consentire all’utente

di rimanere nella struttura operativa in cui opera, se non al proprio domicilio,

rendendo immediatamente spendibile e verificabile quanto viene appreso attraverso

sistemi di autoapprendimento e di autovalutazione è stato un ulteriore punto di

forza. Infine, ma non per importanza , è stato valutato il possibile contatto con

un grande numero di infermieri, soci e non, anche alla luce della necessità di

condividere il sapere diabetologico in linea con i mandati organizzativi più recenti

e coerentemente con il nuovo Statuto OSDI.

Utile conoscere anche la nota della Commissione Nazionale per la Formazione

Continua, nella seduta del 7 febbraio u.s. dove si evidenzia che è stato eliminato

il criterio che vincolava gli infermieri ad acquisire non oltre il 60% del monte dei

crediti triennali ottenibili attraverso percorsi FAD. (Criteri per l’assegnazione dei

crediti alle attività ECM” - punto 8, nota 4 titolato “auto apprendimento senza

tutoraggio” FAD). La citata nota, infatti, prevedeva che, per la tipologia della

formazione a distanza con o senza tutoraggio, il numero massimo dei crediti

acquisibili dagli infermieri non poteva eccedere complessivamente il 60% del monte

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dei crediti triennali ottenibili da ogni singolo infermiere , n. 90 crediti formativi su n.

150 crediti formativi.

Attualmente tale criterio è stato modificato e, i crediti formativi ottenibili con percorsi

Fad, possono raggiungere il 100% : Infatti, si evince dalla citata nota: “Gli infermieri

professionali, per il triennio in corso (2011/2013), possono acquisire il 100% dei crediti

formativi per la tipologia formazione a distanza con o senza tutoraggio, fatte salve le

restanti indicazioni riportate nel richiamato punto 8”.

OSDI ha in programma di partire già dall’autunno con la proposta di alcuni percorsi

FAD attraverso la piattaforma all’interno del nostro sito www.osdi.it; nell’attesa,

cerchiamo di chiarirci un po’ le idee su che cos’è un Percorso di Formazione a Distanza.

La Formazione a Distanza (FAD) è “una strategia formativa che consente di partecipare

ad un insieme di attività formative strutturate in modo da favorire una modalità di

apprendimento autonomo e personalizzato, discontinuo nel tempo e nello spazio.” (Isfol,

Glossario di didattica della formazione, lsfol Strumenti e ricerche, E Angeli, Milano,

1991). 

Negli anni, si è assistito ad una evoluzione di significato rispetto al concetto di “formare

a distanza”. Nello specifico, si possono distinguere tre momenti storici che hanno

caratterizzato la sua evoluzione, che sono riassunti nella tabella:

Come si vede, l’evoluzione tecnologica ha permesso di migliorare soprattutto la parte

inerente alla qualità dell’interazione e dell’apprendimento collaborativo arrivando ai

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PERIODO MEDIA UTILIZZATI QUALITA’DELL’INTERAZIONE

PRIMAGENERAZIONE

SECONDAGENERAZIONE

TERZAGENERAZIONE

Dal 1830 alla metàdegli anni ‘60 del secolo

successivo

Dalla seconda metàdegli anni ‘60 alla prima

metà degli anni ‘80del XX secolo

Dalla seconda metàdegli anni ‘80 fino ad

oggi

Dal 1830 alla metàdegli anni ‘60 del secolo

successivo

Dalla seconda metàdegli anni ‘60 alla prima

metà degli anni ‘80del XX secolo

Dalla seconda metàdegli anni ‘80 fino ad

oggi

Bassa

Media

Alta

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risultati attuali nei quali la formazione avviene prevalentemente in rete, le conoscenze

vengono costruite attivamente dai partecipanti stessi e le interazioni, sia con il

docente, sia tra i discenti, assumono un ruolo fondamentale.

CARATTERISTICHE DELLA FAD

Per definire un sistema di

Formazione a Distanza si devono

considerare i seguenti punti:

1. L’attività formativa non è

contemporanea all’erogazione della

medesima

2. C’è separazione fisica fra docente

e discente nel processo didattico

3. L’attività didattica è strutturata

4. Docente e discente sono collegati da una struttura tecnologica

5. Esiste una comunicazione a due vie

6. Si considera una forma industrializzata dell’istruzione

7. C’è chiarezza formale su criteri e regole di studio

La necessità di attivare processi di apprendimento a distanza nasce dal fatto che

le persone, attualmente, hanno bisogno di apprendere più cose che in passato: si

registra, infatti, una forte crescita del bagaglio di conoscenze ed informazioni

necessarie agli individui per assumere un ruolo attivo nelle attività sociali e

professionali cui partecipano.

Contemporaneamente, decresce il periodo di validità temporale delle conoscenze

e delle competenze da loro possedute. Ciò comporta l’esigenza sempre più pressante

di soddisfare un bisogno d’apprendimento e di formazione continua nel corso della

vita di ciascuno.

Se le nuove tecnologie, con la loro presenza sempre più sfacciata all’interno della

vita privata e professionale degli individui, non fanno che aumentare questo bisogno,

allo stesso tempo, forniscono dei mezzi che aiutano ad affrontare questa sfida.

Una di queste tecnologie è certamente la multimedialità.

Il termine “multimedialità o multimediale deriva dal latino medium (= “mezzo”,

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qui inteso come mezzo di comunicazione) e si può grossolanamente tradurre in “con

molti mezzi”. Si parla di contenuti multimediali quando per comunicare un’informazione

riguardo a qualcosa ci si avvale di molti media diversi: immagini in movimento (video),

Immagini statiche (fotografie), musica e testo”.

Ancora oggi la Formazione a Distanza viene vista con una certa diffidenza o, comunque,

tende ad essere considerata una forma di didattica di serie B rispetto a quella tradizionale.

Questa prospettiva, però, non tiene conto in modo adeguato del fatto che la FAD e, nella

fattispecie, la formazione in rete, differisce sostanzialmente dalla didattica tradizionale,

faccia a faccia, al punto che risulta, per certi versi azzardato un confronto con essa.

Inoltre, le due forme di insegnamento non si escludono necessariamente a vicenda, ma

possono trovare una proficua integrazione, che può dare luogo ad un modello di

educazione innovativo, in cui vengono privilegiati: la formazione della conoscenza come

processo, mai concluso, continuamente arricchito, modificato, ampliato.

Certamente in rete si trova molto materiale e molti siti, alcuni dei quali sono stati

utilizzati per trarre le informazioni tecniche qui riportate, che permettono di approfondire

l’argomento e ai quali vi rimandiamo per un più attento ed esaustivo approccio.

Intanto, l’augurio è che questo più moderno mezzo di aggiornamento e confronto ci

trovi pronti e al passo con i tempi, con la solita voglia di migliorare e di metterci in gioco

che da sempre ci accompagna nel nostro non sempre facile cammino quotidiano.

Sitografia

Wikipedia.org. l’enciclopedia libera.

http://www.urp.gov.it, comunicazione pubblica in rete

www.ipasvi.it/ecm/fad.htm

http://www.comunitazione.it

Bibliografia

R. Grandi, Il nuovo ruolo della formazione on-line

V. Eletti, Che cos’è l’e-learning, Carocci, Roma, 2007

Primiana Leonardini Pieri, Formazione a distanza (FaD): un percorso introduttivo.

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L’evento e’ stato aperto ufficialmentedalla Presidente regionale in carica, Valen-tina Toffoletti che, evidenziandol’importanza e l’attualità dell’argomentotrattato, ha introdotto le autorità invitatea presenziare l’evento.

Presenti la Presidente Ipasvi di Udinedott.ssa Sabrina Spangaro , il PresidenteFVG. SID dott. Roberto Da Ros, la Presi-dente Nazionale OSDI dott.ssa RobertaChiandetti

Tutte le autorità presenti sono stateconcordi nell’affermare che per ottenereuna qualità e una efficacia di valore supe-riore e’ necessario che tutte le figuresanitarie che ruotano intorno alla personacon diabete collaborino affinchéquest’ultima possa arrivare ad una auto-gestione che gli permetta di ottenere unabuona qualità di vita.

Nella prima relazione, percorsi di rior-ganizzazione dell’assistenza: Health Thec-nology Assestement a l serv iz iodell’assistenza, Roberta Chiandetti hadapprima chiarito che cosa si intende perHTA , cioè quel processo basato

sull’evidence based che esamina le conse-guenze dell’utilizzo delle tecnologie me-diche tenendo conto del contesto medico,sociale, economico e non da ultimo etico.Continuando ha precisato che è auspica-bile riuscire ad ottenere delle scelte diassistenza sanitaria focalizzata sulle esi-genze dei pazienti e nello stesso tempoattuare un buon controllo sulla spesasanitaria fornendo contemporaneamenteprestazioni efficienti. Ovviamente ciò èpossibile attraverso processi sistematici econdivisi all’interno dei quali le evidenzesiano valutate equamente.

La seconda relazione della giornata e’stata presentata dalla collega Levis che haparlato di adherence da utilizzare comestrategia per una assistenza di qualità. Ilbuon livello di adherence dei pazienti,infatti, permette non solo di raggiungerel’autogestione in modo responsabile ecompleto, ma anche di mettere in attodelle politiche di risparmio nell’assistenzaglobale della malattia diabetica.

Come per i processi applicati utilizzatinell’HTA , anche in questo caso il ruolodel Team e’ essenziale e insostituibile.

a cura diMaria Teresa Branca

VI CONGRESSO OSDI FVGUDINE 18 MAGGIO 2013

Health Tecnology Assestmentee diabete: quale strada per il futuro?

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Laura Tonutti , medico diabetologo,ha parlato delle nuove terapie del diabete.Anche qui è emersa l’importanza che inuovi farmaci, fra l’altro molto costosi,vengano usati nel migliore dei modi, sele-zionando i pazienti e procedendo ad unfollow up sistematico in modo tale danon disperdere farmaci, energie e denaro.

Simonetta Cannella ha parlatodell’assistenza al paziente con microinfu-sore e pazienti portatori di monitoraggiocontinuo della glicemia.

Queste tecnologie, fino a poco tempofa non fruibili se non in particolari contesti,ora sono facilmente avvicinabili e utilizza-bili. In questi casi le caratteristiche direclutabilità dei paziente dovranno essereparticolarmente attente; l’adherence do-vrebbe essere altissima, poiché solo at-traverso uno scambio continuo tra ope-ratore e paziente questi strumentitroveranno una loro specifica e proficuautilizzazione con efficacia massima espesa contenuta.

Infine la relazione di Nevia Daris, col-lega di Trieste, porta alla conclusione delcongresso raggruppando in qualche modoil tema della giornata in un unico punto:la centralità del paziente in tutti i percorsi

descritti. La collega ha anche mostrato irisultati di una indagine conoscitiva sulgradimento dei corsi di istruzione residen-ziali nei pazienti con diabete.

A conclusione del congresso possiamosicuramente affermare che l’evento è statoparticolarmente apprezzato, i partecipantisono intervenuti dimostrando interesseper un argomento relativamente nuovo ocomunque ancora poco conosciuto nelmondo dell’assistenza sanitaria.

Un grazie speciale a tutti coloro chehanno collaborato per portare a terminequesto importante appuntamento , anchequesto fatto in Team: il Consiglio direttivoosdi regionale, tutti i relatori presenti:Laura Tonutti, Simonetta Cannella, NeviaDaris. Un grazie particolare a RobertaChiandetti Presidente Nazionale Osdi.

Grazie anche alla segreteria organiz-zativa Osdi, in particolare a Cristina Clozzaper la sua azione antistress durante lagiornata.

In ultimo, ma non per importanza,grazie a tutte le aziende sponsor che cihanno sostenuto

Il direttivo regionaleFVG

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Anche questo biennio di lavoro nonsempre facile si è concluso l’11 maggio2013 con il IV Congresso Regionale OsdiMarche. Il tema di questo Congresso èstato fortemente voluto da tutto il Direttivo“Il diabete nel terzo millennio, la societàche cambia“ poiché dobbiamo prendereatto di essere di fronte ad un cambiamentosociale che ci obbliga ad un confrontoculturale. E’ un dato di fatto che viviamoin una società multietnica, l’ambito sani-tario non e’ immune a questi movimenti

e gli operatori sanitari vengono coinvoltiin prima persona. Le pratiche infermieri-stiche quotidiane ci portano sempre piùa confrontarci con lingue, culture e modellidi organizzazione sociale e familiare diversi.

La giornata è stata articolata in tresessioni, nella prima parte abbiamo svilup-pato argomenti riguardanti le ultime lineeguida sul diabete gestazionale,l’alimentazione nelle diverse etnie, il dia-bete tra passato presente e futuro,

IV CONGRESSOREGIONALE OSDI MARCHE

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l’assistenza infermieristica in una societàmultietnica.

A volte ci sentiamo impotenti di frontealla molteplicità di richieste, in minimaparte legate alla malattia, ma l’essereinfermiere ci aiuta perché l’infermieristicaè una disciplina pratica che si prefigge dirispondere al bisogno di assistenza dellapersona con la sua storia, la sua culturae le sue aspettative. La terza sessione delpomeriggio è stata dedicata interamenteall’attività fisica, argomento fino ad oranon trattato pienamente nei nostri prece-denti corsi di formazione. All’interno diquesta sess ione s i è sv i luppataun’interazione tra le diverse figure profes-sionali coinvolte: medico Diabetologo,Dott. scienze motorie, infermiere e pazienticon diabete. Gli argomenti trattati dairelatori e le testimonianze fornite daipazienti, ognuno con le proprie esperienzesul campo, hanno dato un valore aggiuntoall’incontro, portando ad una discussioneglobale dell’argomento trattato eviden-ziandone l’importanza e l’efficacia.Nell’ambito del Congresso si sono svoltele votazioni per il rinnovo del nuovo Diret-tivo Regionale Marche con comunicazione

a fine lavori dei tre nuovi membri eletti:Ciccarelli Catia, Sisti Maria Teresa e Papa-russo Anna Maria alle quali auguriamoun buon lavoro.

In conclusione la giornata è stata im-portante in quanto ha approfondito leconoscenze già acquisite ed ha portatoallo sviluppo di nuove tematiche future.Nonostante le varie difficoltà organizzativee logistiche, non ci siamo fatti mancareneanche il giro d’Italia, questa giornata èstata l’ennesima conferma e la testimo-nianza di un gruppo che lavora con grandeimpegno, con obiettivi condivisi e congrande serietà e positività.

Direttivo Osdi Marche

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Il 20 Aprile 2013 si è svolto a Roma,presso l’Ergife Palace Hotel, il corso avan-zato sulle Position Osdi dal titolo ”LeRaccomandazioni di trattamento assisten-ziale OSDI: uno strumento di lavoro”. Nelcodice Deontologico dell’infermiere, sisottolinea quanto la conoscenza cambiae arricchisce il mind set degli operatori edè proprio partendo da questo concettoche l’Osdi ha prodotto le “Raccomanda-zioni di trattamento assistenziale in campoDiabetologico”. Un Documento di indirizzorealizzato attraverso un lavoro di accuratarevisione della letteratura scientifica dispo-

nibile, che ha come obiettivo quello diaiutare gli infermieri che si occupano didiabetologia a prendere decisioni appro-priate sulle modalità di assistenza nellediverse situazioni cliniche. Un infermiere“esperto” è sinonimo di garanzia, unoperatore formato, infatti, garantisce aipazienti sicurezza e standard di cura otti-mali.

Gli argomenti trattati nel corso sonostati estratti dai capitoli dello stessodocumento di indirizzo pubblicato loscorso giugno, focalizzando maggior-mente l’attenzione su:

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DALL’OSDI LAZIO

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1) Le Position Statement Osdi2) Position Osi sull’alimentazione del

paziente con Diabete.3) Position Osdi in tema di insulina e

tecniche di iniezione4) Position Osdi sull’Autocontrollo5) Position Osdi sull’alimentazioneAll’evento hanno partecipato molti

operatori sanitari provenienti da varierealtà territoriali del Lazio. Molti si affac-ciavano per la prima volta al mondo Osdied hanno avuto l’occasione di conoscerel’associazione e tutte le attività che ven-gono svolte sia a livello locale che nazio-nale.

Per l’occasione abbiamo avuto la par-tecipazione di una relatrice particolare: laPast President Nazionale M. Teresa Brancache ha fatto parte del gruppo di progettoper la stesura delle raccomandazioni Osdi2011

I partecipanti si sono dimostrati sindall’inizio molto interessati agli argomentitrattati, sapere di avere delle raccomanda-zioni a cui fare riferimento, ci distinguesicuramente come professionisti, renden-doci “ESPERTI”e “SPECIALISTI” su aspettifondamentali dell’assistenza al pazientecon diabete. E’ stata molto apprezzata la

figura del “Professionista Competente”che è chiaramente emersa dalle varierelazioni e nei lavori di gruppo. Moltesono state le richieste sul materiale oggettodell’evento. La giornata si è conclusapositivamente grazie anche al lavoro deitutors Osdi: Claudio Vitiello e Anna Penzama anche di tutte quelle persone chelavorano dietro le quinte e che tra milledifficoltà fanno in modo che gli eventiformativi si realizzino nel migliore dei modi.

Grazie a tutti.

Per il direttivo Osdi LazioAnna Penza

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Come Presidente OSDI Abruzzo mi èdifficile trovare un aggettivo che possadefinire in una unica parola il risultato diquesto corso. Sono state due giornate diconfronto costruttivo, di partecipazione,di organizzazione che hanno reso il corsodal titolo “L’assistenza alla persona condiabete dall’Evidence Based Nursingall’applicabilità clinica” un grande even-to istituzionale. Dopo una breve introdu-zione al corso e il saluto delle autorità, hocolto l’occasione per dare informazionisulle attività dell’associazione e del recenterinnovo del nostro statuto che prevedel’apertura delle iscrizioni a tutti gli infermieri

La scelta del titolo non è stata casualema rappresenta l’evoluzione raggiuntadagli infermieri che operano nell’assistenzaal paziente con diabete, che chiedonosempre di più di lavorare sulla base dievidenze scientifiche applicabili nella pra-tica clinica.

L’assistenza infermieristica alle persone

con diabete deve tener conto delle migliorievidenze scientifiche contestualizzate nellereali situazioni di cura. Questo corso diaggiornamento, si è proposto di stimolarela best practice a partire da ciò che laletteratura scientifica dimostra e dallapossibilità dell’applicabilità clinica in con-testi di cura in evoluzione sia nei modelliassistenziali che nelle responsabilità pro-fessionali. Il Corso ha coinvolto 35 infer-mieri che lavorano in ambito non solodiabetologico. La diversità dell’approccioalla persona diabetica derivante da uncontesto di cura diverso da quello delladiabetologia specialistica, ha notevolmentearricchito il dibattito e il ragionamentointorno al percorso che la persona condiabete avrebbe diritto ad avere comefacilitante per la prevenzione delle com-plicanze. E’ stato proposto un programmaparticolarmente impegnativo: si è parlatodi team, di evoluzione dell’infermiere didiabetologia, di farmaci vecchi e nuovi,

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DALL’OSDI ABRUZZOPINETO (TE) HOTEL PARCO DEGLI ULIVI10-11- MAGGIO 2013

L’ASSISTENZA ALLA PERSONACON DIABETE DALL’EVIDENCEBASED NURSINGALL’APPLICABILITÀ CLINICA

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delle aspettative dei pazienti, ma anchedi come dalla letteratura internazionale,presente nelle Raccomandazioni OSDI, sipossano trarre indicazioni per la sommini-strazione della terapia insulinica,l’automonitoraggio glicemico, l’attivitàfisica e il piede diabetico, della necessitàdi percorsi assistenziali strutturati e deldiabete in età evolutiva. Nonostante lanumerosità degli argomenti, la struttura-zione su due giornate e i lavori di grupposviluppati con tecniche diverse (metaplan,casi clinici,role-playing) e di esercitazionipratiche con strumenti di I° livello per ladiagnosi di neuropatia e arteriopatia dia-betica (biotesiometro, diapason, monofi-lamento, mini doppler portatile per lamisurazione dell’A.B.I. o indice di Winsor)ha permesso un approfondimento deitemi proposti e il coinvolgimento di tuttii partecipanti con notevole contributodegli infermieri non operanti nelle diabe-tologie. Le valutazioni condivise alla finedelle due giornate hanno evidenziatoalcuni punti di forza emersi dalle relazioni,dalle discussioni e dai lavori di gruppo,che hanno rappresentato una sorta diofficina di idee. Primo importante punto

emerso è la necessità di “non perdersi divista” tra gli infermieri che in qualchemodo incontrano nella loro vita professio-nale le persone con diabete per creareuna rete che intercetti i loro bisogni diassistenza infermieristica in genere com-plessi e riguardanti molti operatori sanitarie molti infermieri in contesti di cura ospe-

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dalieri e territoriali. Ma l’intercettazionenon è sufficiente se non si creano deipercorsi assistenziali che prendano in caricole persone con una condivisione e unoscambio di competenze tra il team diabe-tologico specialistico, del quale si è ribadital’importanza, e le competenze specifichedi altri infermieri (per esempio cardiologiao della psichiatria……).

Altro punto rilevante sottolineato èl’importanza di lavorare con le evidenzescientifiche e la responsabilità etica dellaloro diffusione nella comunità professio-nale, perché le evidenze ci aiutano nellescelte, stimolano il ragionamento clinicoquando dobbiamo applicarle nel contestospecifico e con le risorse che si hanno adisposizione. (La coniugazione dei principidelle evidenze con l’applicabilità clinica èstato sintetizzato emblematicamente conle modalità della somministrazione dellaterapia insulinica nei reparti che dispon-gono di siringhe con aghi da 8 o 12 mme quindi delle conseguenti modalità diesecuzione….). Il dibattito sulle evidenzeproposte nelle relazioni ha motivato unariflessione critica sulle attività che ogniinfermiere fa e su cosa facilita e/o ostacolail cambiamento.

A questo proposito, in tutti i lavori digruppo è stata sottolineata con forzal’attenzione alle emozioni e la rilevanza

della relazione, fattore più importante trai cinque proposti dall’OMS per l’aderenzaal trattamento, non solo con le personediabetiche ma anche tra gli infermieri perfavorire il coinvolgimento attivo nel per-corso terapeutico. Non possiamo aspettarciperò che siano altre figure, amministrativeo dirigenziali, a proporre il cambiamento.Piuttosto dobbiamo essere noi proattivi einiziare a proporre dal basso delle trasfor-mazioni organizzative e la valorizzazionedelle competenze. In particolare si è moltodiscusso della consulenza infermieristicache deve essere proposta come consulenzaall’utente, agli altr i infermieri eall’organizzazione.

Il successo del Corso e speriamo unaumento del numero delle iscrizioni dicolleghi, veramente interessati, è un ulte-riore spinta ad essere proattivi anche conle Istituzioni. Infine un ringraziamento vaa tutti coloro che hanno reso possibile,insieme al lungo lavoro del Direttivo Re-gionale queste due belle giornate: glisponsor, i relatori e tutor medici e infermieridi tutta la Regione oltre ai colleghi diUmbria, Lazio e Marche e a Vanessa che,con discrezione e professionalità ha curatola parte logistica del corso.

Roberto BerardinucciPresidente OSDI Abruzzo

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VI CONGRESSOREGIONALEOSDI CAMPANIA

NOTIZIEDALL’OSDI CAMPANIAPOZZUOLI (NA) HOTEL DEGLI DEI24 MAGGIO 2013

“L’approccio globaleal paziente diabetico: quandoil diabete parla straniero”

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Si è svolto nella magnifica e affasci-nante terra puteolana il VI CongressoRegionale Osdi Campania.

L’obiettivo dell’evento è stato quellodi formare gli operatori sanitari alla cono-scenza e consapevolezza della multietnicitàdella malattia diabetica, e alle possibilimisure da adottare per gestire al meglioil paziente diabetico straniero.

Il tema trattato sicuramente ha attiratol’attenzione degli operatori sanitari cam-pani, difatti c’è stata un’ampia richiestadi partecipazione.

L’intero corso si è svolto in un climadi condivisione attiva dei partecipanti chehanno mostrato sempre un forte interessesu tutti gli argomenti trattati.

Nella prima sessione si è parlato deiriferimenti legislativi, dei costi del diabetenel paziente straniero e dell’importanzadella figura del mediatore culturale, evi-denziando la difficoltà che s’incontra quo-tidianamente dal punto di vista legislativonazionale e regionale sull’erogazione delleprestazioni sanitarie e sull’erogazione deipresidi per diabetici. Inoltre si è evidenziatal’importanza del Mediatore culturale, fi-gura professionale non riconosciuta e nonsempre presente nelle ASL, e laddove èpresente è una figura rappresentata davolontari.

Nella seconda sessione si è parlato deibisogni dell’immigrato e della cultura delpaese di origine. Di notevole interesse èstata la relazione presentata sui bisognidegli immigrati che ha posto particolareattenzione su tutte le problematiche dellecondizioni socio-culturali in cui vivono gliimmigrati in Italia.

Altro argomento trattato è la culturadelle comunità straniere più presenti inCampania, andando ad approfondire gliaspetti legati alla religione di appartenenzae alle abitudini alimentari. Anche questasessione ha destato molto interesse neipartecipanti.

L’ultima sessione invece ha postol’attenzione sulle problematiche della ge-stione del bambino diabetico straniero. Siè messo in forte evidenza quanto sia dif-ficile gestire il diabete tipo 1 nei bambiniimmigrati che richiedono il supporto nonsolo dei genitori ma anche di tutta lacomunità. In questa sessione con l’utilizzodel role playing è stato simulato un mo-mento educativo all’autogestione del pa-ziente diabetico straniero. Le “attrici”hanno simulato una situazione tipica nelleattività ambulatoriali e ci siamo avvalsidella collaborazione di una paziente origi-naria del Marocco, che realmente nonconosce la nostra lingua, la simulazione

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è stata completata dall’intervento di unaamica della paziente, anch’essa con pocheconoscenze della lingua italiana, e dalmediatore culturale che aiutava l’infermieraa stabilire un dialogo

Nella simulazione sono emerse tuttele criticità del momento educativo, spa-ziando dalla difficoltà linguistica (che è sì,superata dall’aiuto del mediatore, ma chediventa una comunicazione fredda perchénon diretta tra infermiera e paziente), allebarriere prodotte dalla diversità culturaleche sono di ostacolo per una comunica-zione efficace (elemento indispensabileper creare un rapporto di fiducia tra ope-ratore e paziente).

Infine i lavori si sono conclusi con unatavola rotonda, dove i componenti prove-nienti da varie realtà campane, hannomesso a confronto la propria esperienzapersonale con i diabetici stranieri.

Durante la giornata si è votato per ilrinnovo del CDR Campania, e la comuni-cazione dei risultati delle elezioni con ilpassaggio di Presidenza hanno chiuso ilVI Congresso Regionale OSDI Campania.

Doveroso ringraziare tutto il CDR, irelatori e tutti i partecipanti a questoCongresso, ma un ringraziamento parti-colare lo voglio rivolgere alla Presidenteuscente Gemma Annicelli che in questidue anni ha svolto un ottimo lavoro orga-nizzando sempre dei corsi interessanti einnovativi.

Altro ringraziamento particolare va aBrigida Trocchia Past President uscente,che con la sua esperienza e preparazioneè stata di grande sostegno per tutto ildirettivo, a Carmela Punzo consigliereuscente che non si è mai risparmiata neldare il suo validissimo contributo all’internodel CDR.

In ult imo e non per ordined’importanza ringraziamo il collega e ami-co Francesco De Lillo che ci ha supportatoe risolto brillantemente una forte criticitàemersa nella 1° sessione del congresso, adimostrazione della validità e professiona-lità dei colleghi campani.

Per il direttivo Osdi CampaniaNunzia Di Palma

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a cura di Lia Cucco

nursingdiabetologico

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MISURARSICON LA COMPLESSITÀ,MISURARE LA COMPLESSITÀ

COMPLESSITÀ: UNA PAROLAPROBLEMA

Il termine complessità ha conosciutoin tempi recenti una grande diffusionenegli ambienti scientifici, anche in campimolto diversi tra loro quali l’ecologia, lafisica, la biologia, l’economia, la sociologia,la chimica o la medicina. Non è facile peròdare una definizione chiara e contempo-raneamente precisa del termine, anzi pro-vandolo a spiegare si ricorre spesso adiscorsi complessi che lasciano nel vagoe nell’ambiguo. John Horgan nel suo sag-gio del 1995 nell’editoriale di ScientificAmerican intitolato “From complexity toperplexity”, ha menzionato 31 definizionidi complessità.

La spiegazione che il dizionario ci dàdi complesso è: “che risulta dall’unionedi più parti od elementi” (Vocabolariodella lingua italiana, Istituto della Enciclo-pedia Treccani), simile a quella inglese:“ciò che è composto da più di una cosa,ovvero di molte parti (Chambers Dictio-nary); la parola contraria, semplice, è invece

definita come “ciò che è costituito da unsolo elemento” ovvero “ciò che consistedi una cosa o un elemento”. Un aspettostrutturalmente connesso con la comples-sità è la non linearità dei processi. Unproblema è lineare se lo si può scomporrein una somma di sotto-problemi compren-sibili autonomamente. Quando, invece, ivari componenti/aspetti di un problemainteragiscono gli uni con gli altri a costituirereti complesse così da rendere impossibilela loro separazione per risolvere il problemapasso dopo passo, allora si parla di non-linearità [1]. “Il comportamento emergentedi un sistema compresso è dovuto allanon-linearità. Le proprietà di un sistemalineare sono infatti additive: l’effetto diun insieme di elementi è la somma deglieffetti considerati separatamente enell’insieme non appaiono nuove proprietàche non siano già presenti nei singolielementi. Ma se vi sono termini/elementicombinati, che dipendono gli uni daglialtri, allora il complesso è diverso dallasomma delle parti e compaiono effetti eproprietà nuove ” [ 2].

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I sistemi e i problemi che si presentanoin natura sono essenzialmente non-linearie quindi complessi, non affrontabili conmetodologie riduzionistiche in quantorichiedono un approccio di tipo olistico[3]. Viene proposto un profondo cambia-mento di prospettiva che abbandonal’oggettivismo deterministico della scienzaclassica e la concezione dell’essere comeinsieme di oggetti manipolabili e misurabilie si assume un punto di vista relazionalee dialogico nei confronti dell’essere [4 ].Suggestiva e molto intrigante è la defini-zione di complessità di E. Morin che parte dal termine latino complexus ( stringere,abbracciare, comprendere…. ciò che ètessuto insieme): “…la complessità è untessuto di costituenti diversi inseparabil-mente associati: pone il paradosso dell’unoe del molteplice… Il tessuto di una tap-pezzeria contiene dei fili di lino, di cotone,di seta, di lana, di vari colori”….[4 ]. Ilrisultato è dato dal loro intreccio, dallaloro vicinanza o distanza, dall’estro dellatessitrice, ma se dipaniamo i fili il loroinsieme non darà il tessuto, ma tanti filidistinti che non lasciano comprenderecom’era organizzato il tessuto originario.L’etimologia del termine aiuta a compren-dere il senso ultimo dell’atteggiamentocomplesso”: un sistema complesso, infatti,non può essere compreso mediante il soloesame delle sue componenti e, per analo-gia, le “cause ultime” di un problemacomplesso non sono banalmente quelledelle sue parti essenziali, perché esso nonpuò essere risolto mediante semplice scom-posizione ma richiede di considerarel’interazione tra le parti e una visioned’insieme. Perciò “ la complessità nonpotrà mai essere definita in modo semplicee prendere il posto della semplicità. Inogni modo la complessità si presenta comedifficoltà e incertezza, non come chiarezzae come risposta. La complessità è unaparola problema e non una parolasoluzione” [4 ].

COMPLESSITÀ E SISTEMI SANITARI

I sistemi sanitari sono oggi consideraticome organizzazioni adattative complesse,al pari degli organismi viventi e dei sistemiecologici, economici e sociali che non è

sufficiente analizzare o modificare conapprocci selettivi tesi alla scomposizionedelle singole parti. Caratteristiche comunia tutti i sistemi complessi sono: tantecomponenti più o meno complesse, leinterazioni tra le componenti, l’assenza digerarchie piramidali. A queste si aggiunge l’interazione adattativa con l’ambienteche rende adattativi i sistemi complessi.Tanto più il sistema è complesso, quantopiù numerosi sono i fattori che influisconosul suo adattamento all’ambiente. In essoogni determinante interferisce con ognunodegli altri, così da creare un vero e propriotessuto in cui azioni e retroazioni reciprochecausano un continuo adattamento delsistema alle minime modificazioni di ognielemento. Primo determinante del sistemaè il forte grado di autonomia dei compo-nenti dello stesso, condizionato da com-petenze, tecnologie, responsabilità, risorse,modelli organizzativi. Secondo determi-nante è la l iber tà d ’az ione el’interdipendenza dei componenti chemanifesta il principio diaologico dellacomplessità. Libertà di azione e interdipen-denza trovano elementi di definizione nellecaratteristiche proprie dell’approccio siste-mico nei sistemi complessi: sviluppo di unsapere condiviso, elevati livelli di specializ-zazione con conseguenti aree di contiguitàe necessità di coordinamento tra esse . Leinterazioni tra le varie componenti rendonoi sistemi sanitari molto sensibili ai cambia-menti prodotti in qualsiasi parte del siste-ma. Di qui la necessità di decifrarne lacomplessità attraverso un approccio inte-grato fatto di strumenti e percorsi cheprevedono il coinvolgimento di tutti iportatori di interesse, la concettualizzazio-ne di potenziali effetti di un intervento sututto il sistema e la stretta integrazioneoperativa tra intervento e valutazione. Isistemi sanitari sono oggi chiamati a gestirela complessità su più fronti: dalle dinamicheorganizzative e gestionali, alle relazioni eai cambiamenti di funzione, fino ad arrivareagli aspetti etici relativi all’equità e allasolidarietà nella salute, che sono di impor-tanza primaria per la particolarità delservizio che viene erogato [5 ]. In partico-lare, a livello organizzativo vi è un forteinteresse a comprendere quali siano i servizi

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alternativi all’ospedalizzazione, a comeridefinire la mission degli ospedali e laloro organizzazione interna. Ma la diffi-coltà odierna non è tanto decidere dicambiare, che è ineludibile, quanto dareun senso, orientare, gestire i processi dicambiamento e misurarne/consolidarnegli effetti e considerare quali siano lepreoccupazioni degli infermieri rispetto aicambiamenti e come evolveranno neltempo [6 ].

COMPLESSITÀ E SALUTE

Il mutamento di prospettiva, dal ridu-zionismo alla complessità, riguarda davicino anche la salute globale: un campointerdisciplinare, con affluenze provenientida scienze sociali, naturali e umane, cheprende in esame la molteplicità degli attorie dei temi della salute, dalle migrazioni aiconflitti, dai diritti umani al ruolo delcommercio e l’accesso ai farmaci [7 ].

La salute è sempre più intesa comecapacità di adattamento e di autogestionedi fronte a cambiamenti fisici, emozionalie sociali cui la persona va incontro durantela vita [8 ]. Ma non sono solo i cambia-menti epidemiologici intervenuti a livelloglobale -prevalenza delle malattie croniche,invecchiamento del la popolazio-ne,medicalizzazione - che portano adallontanarsi dalla definizione dell’OMS disalute come “completo benessere fisico,psicologico e sociale”; c’è il bisogno diriconsiderare una definizione di troppoforte impronta positivista e assolutista.D’altra parte la nuova espressione nonvuole presentarsi come una definizione,che richiede confini e significati precisi,quanto come quadro concettuale in ar-monia con una nuova epistemologia cherifiuta i confini e il principio logico di noncontraddizione. Un articolo di Lancet, cheprende l’avvio dalle riflessioni contenutenel saggio di Georges Canguilhem “Ilnormale e patologico” [9] considera par-ticolarmente rilevante il riferimento allacapacità di adattamento degli esseri umanial proprio ambiente e alla salute non piùcome entità fissa, ma come dipendentedal contesto, dalle preferenze dell’assistito,dalle diverse circostanze e opportunità[10 ]. Una visione che richiama la questione

dell’assistenza centrata sulla persona (per-son-centred care) ripresa anche nel WorldHealth Report 2008 e sempre più evocatanella riorganizzazione dei servizi sanitari.A ben considerare, la capacità di adatta-mento all’ambiente circostante è una dellecaratteristiche dei sistemi complessi.

COMPLESSITÀ ASSISTENZIALE

“L’essere umano è nel contempo fisi-co, biologico, psichico, culturale, sociale,storico. La sfida è riconoscere l’unità e lacomplessità dell’essere umano riunendoe organizzando le conoscenze dispersenelle scienze della natura, nelle scienzeumane, nella letteratura e nella filosofiae come sia possibile mostrare il legameindissolubile tra l’unità e la diversità ditutto ciò che è umano”[11 ]. .

Il concetto di complessità assistenzialeè molto dibattuto in campo infermieristico,ma rimane confuso e non ben delineatonelle sue caratteristiche definenti. Non viè un linguaggio condiviso che descriva lacomplessità assistenziale, che sembrainfluenzata da competenze, contesti evisioni [12 ].

Essa è, per alcuni, misurata dal caricodi lavoro/intensità, inteso come la quantitàe il tipo di risorse umane per assistere ilpaziente [ 13]; per altri dipende non solo dall’intensità delle cure, ma anche dalleabilità (skill), dalla concentrazione e dallivello di sorveglianza necessario per ilsingolo paziente o per gruppi di pazienti[14 ]; può essere fortemente legata allivello di abilità degli operatori [15 ].Moisetnel 2003 indica la complessità assistenzialecome “l’insieme degli interventi che siriferiscono alle diverse dimensionidell’assistenza infermieristica espressi intermini di intensità di impegno e di quan-tità/lavoro dell’infermiere” [ 16].L’International Council of Nurse (ICN)definisce il lavoro infermieristico (nursingwork) come l’assistenza effettuata in modoautonomo o in collaborazione a personedi tutte le età, famiglie, gruppi o comunitàin salute o malattia in tutti i contestiassistenziali. L’intensità assistenziale puòinvece essere definita come la relazionetra i bisogni assistenziali del paziente e ledisponibilità di risorse del personale ,

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oppure come quantità di attività assisten-ziale diretta e indiretta richiesta per esple-tare la funzione infermieristica influenzatada dipendenza del paziente, complessitàdelle skill mix, tempo di nursing wolk egravità della malattia [17].

Per intensità di cura si intende invecela determinazione dell’intensità clinica-mente richiesta, in base alla patologia ea specifiche alterazioni di parametri fisio-logici. Generalmente vengono individuatitre livelli di intensità di cure che tengonoconto delle tecnologie disponibili, dellecompetenze presenti e della tipologia dipersonale assegnato: alta intensità, mediaintensità, bassa intensità

[18].Il livello di complessità clinica ela complessità assistenziale infermieristicanon necessariamente coincidono e ladiagnosi medica non è di per sé unica eindiscutibile origine del bisogno di assi-stenza infermieristica.

Nel Modello di Analisi della Comples-sità Assistenziale, le autrici, Silvestri ePitacco [19 ], hanno tradotto in chiaveassistenziale le variabili che definisconola complessità organizzativa: l’incertezzadei fattori di entrata e uscita dal sistema,l’interdipendenza degli elementi del siste-ma, la discrezionalità decisoria decentratadegli abitanti del sistema, la dimensionedel sistema [20 ] .

La variabile incertezza declina la con-dizione di salute/malattia della persona;la variabile interdipendenza riferisce lacapacità/incapacità della persona di ri-spondere autonomamente ai propri biso-gni o la necessità di collegarsi o interagirecon altri perché tali bisogni vengano ac-colti; la variabile discrezionalità decisoriariguarda la capacità/ possibilità della per-sona di decidere che cosa desidera persé in termini curativi e assistenziali. Ladimensione del sistema sta ad indicare lanumerosità dei pazienti da assistere: piùelevato sarà il numero di pazienti daassistere maggiori saranno le relazioni ele connessioni da gestire e quindi aumen-terà la complessità della situazione. Inogni caso ad un’alta instabilità clinicadella persona assistita corrisponde unabassa discrezionalità decisionaledell’infermiere sul processo diagnostico-terapeutico, un’alta capacità di interpre-

tare segni e sintomi, nonché prevedereproblemi inattesi, un’alta capacità di mo-bilizzare altre risorse professionali. Nellavariabile interdipendenza l’infermiere hainvece un’alta discrezionalità nel prenderedecisioni sulla base della sua autonomiaprofessionale, ha un’alta e specifica com-petenza educativa e capacità di rilevazionedei bisogni assistenziali. Nella variabiledecisoria l’infermiere ha un’alta discrezio-nalità nel decidere le modalità con cuisoddisfare i bisogni della persona assistita.

Tanto più la situazione assistenziale èricca di elementi, interconnessioni, fattoriincidenti, ossia complessa, tanto più èimportante estrarre elementi generali,piuttosto che studiarne i singoli compo-nenti[21]. Per il diabete sono state indivi-duate nel 2009 nel Documento di indirizzopolitico e strategico per la buona assisten-za alle persone con diabete concordatofra le Società Scientifiche AMD, SIMG,SID, 7 classi di intensità di cura e perognuna di esse sono state indicate lecaratteristiche cliniche, gli interventi pre-vedibi l i , la prevalenza, l ’attoredell’assistenza maggiormente coinvolto(responsabile della presa in carico), leinterazioni, gli indicatori e gli standardper il monitoraggio [22].

MISURARE LA COMPLESSITÀ

La sfida nella classificazione dei pa-zienti è quella di riuscire a cogliere ilmaggior numero possibile di variabili emutamenti, accettando nel contempol’incertezza.

I sistemi di classificazione dei pazientivengono definiti “ metodi o processi dideterminazioni, convalidazione e controllodelle richieste di cura dei singoli pazientiche guidano nel prendere decisioni, in undeterminato tempo, nei riguardi degliinterventi assistenziali, nell’allocazionedelle risorse rispetto ai carichi di lavoro,nella programmazione del budget, nellavalutazione dei costi dei servizi infermie-ristici, nel mantenimento di standard disicurezza, nell’assegnazione dei pazienti[23]. Tipicamente i sistemi complessi ven-gono descritti attraverso il ricorso ad indicie indicatori (per esempio il PIL in campoeconomico) .

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I criteri adottati per misurare la com-plessità assistenziale fanno riferimentoprincipalmente a documentazione dellaattività svolte e tempo richiesto, profilodel paziente o categorie di pazienti, indi-catori di assistenza basati sulla complessitàassistenziale prendendo in considerazionei bisogni specifici derivanti sia dalla condi-zione clinica sia dalle necessità assistenziali[24] .

I sistemi di classificazione più diffusiattualmente in Europa e in Italia, hannoscelto come modello di riferimentol’intensità assistenziale e la complessità,mentre il modello dell’acuity viene ripresodall’AUKUH Acuity and Dependecy Tool,sviluppato dall’ Association of UK Univer-sity Hospitals, considerando l’acuzie comeuna misura della gravità della malattia delpaziente e dell’intensità dell’assistenzainfermieristica richiesta [25].

Di seguito vengono elencati alcunimetodi.

Il Proiect Research of Nursing (PNR),canadese, è una metodologia basatasulla quantificazione del bisogno di assi-stenza in correlazione con il tempo ne-cessario all’assistenza stessa. A partiredai bisogni del paziente si redige unpiano di assistenza con la lista delleattività infermieristiche da attuare nelle24 ore successive all’ammissione. Il pianoviene revisionato tutti i giorni dall’equipeassistenziale fino alla dimissione. Ogniatto assistenziale ha un punteggio pro-prio e ciascun punto equivale a 5 minutidi lavoro infermieristico. E’ un approcciodi tipo analitico e si imposta sulla previ-sione dell’assistenza infermieristica ne-cessaria per quel paziente.

Il Metodo Svizzero poggia sulla indi-cazione del bisogno globale di assistenza(diretta, indiretta e alberghiera) e sullaclassificazione dei pazienti in tre classi didipendenza, assegnate con un punteggiorilevato mediante una scheda che contem-pla i criteri adatti ad esprimere i bisognidi assistenza.

Il PINI (Patient Intensity for NursingIndex), di Baltimora, si fonda su quattodimensioni: severità della patologia, gradodi dipendenza del paziente, complessitàdelle attività assistenziali, tempo impiegato.Il metodo parte dal presupposto che pa-

zienti con la stessa patologia possanotrovarsi in condizioni di stabilità-instabilitàclinica molto differenti e pertanto i 10parametri che ne definiscono la comples-sità hanno a loro volta una scala (di cinquepunti).

L’OPC (Oulu Patient Classification Sy-stem (OPC), metodo finlandese, prevedeche ogni paziente sia valutato secondosei dimensioni dell’assistenza: pianificazio-ne e coordinamento; respirazione, circo-lazione e sintomi fisici; nutrizione e terapiefarmacologiche; igiene e secrezione; atti-vità, sonno e riposo; insegnamento dellecure e supporto emozionale. La rilevazioneper la classificazione avviene giornalmen-te attraverso quattro alternative: pazienteperlopiù autosufficiente, paziente che avolte necessita di assistenza, paziente cheha ripetutamente bisogno di assistenza,paziente totalmente dipendente. Sullabase del punteggio raggiunto, i pazientivengono inseriti in quattro categorie condiverso bisogno di assistenza. Alla basedel metodo c’è una partecipazione attivadi tutti gli infermieri, fondamentale perla classificazione che è sostanzialmentebasata sulla valutazione del professionista.Inoltre, attraverso una formula, vienecalcolata la complessità assistenziale perinfermiere [26].

Il Sistema Rafaela, finlandese, si com-pone essenzialmente di due fasi: classifi-cazione dei pazienti secondo OPC e va-lutazione dell’intensità assistenziale di unaUnità Operativa in rapporto ai bisogniassistenziali del paziente: PAONCIL (Pro-fessional Assessment of Optimal NursingCare Intensiry Level). Con PAONCIL si vaa valutare un livello soglia ottimale sottocui la qualità dell’assistenza non devescendere [27].

Il Zebra System, Svezia, è un metodoche si fonda sulla classificazione dei pa-zienti e sullo studio delle attività. La valu-tazione avviene attraverso sei dimensionidell’assistenza infermieristica: igiene, mo-nitoraggio, mobilizzazione, nutrizione,risultati non prevedibili, ulteriori bisognidi assistenza. Ogni dimensione viene va-lutata considerando il grado di autonomiadel paziente, in base al quale viene classi-ficato come autonomo, parzialmente au-tonomo o totalmente dipendente e suc-

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cessivamente valutato per essere inseritoin quattro categorie. Da ultimo vieneeffettuato lo studio delle attività per quan-tizzare il tempo necessario al loro svolgi-mento.

Il PANDA (Paediatric Acuity and Nur-sing Dependency Assessment) è il sistemapiù diffuso di misurazione della complessitàassistenziale in ambiente pediatrico (In-ghilterra). Con l’aiuto di schede gli infer-mieri rilevano le 50 tipologie di caratteri-stiche assistenziali previste per unbambino, i dati vengono inseriti in softwa-re che calcola in quale categoria di assi-stenza infermieristica il bambino è collo-cato. L’elaborazione dei dati indica, per ilperiodo di rilevazione, il numero ottimaledi infermieri necessari, la complessitàtotale dell’unità operativa, le caratteristi-che assistenziali più frequenti, i perioditemporali in cui è maggiore il fabbisognodi infermieri.

Il NEMS (Nine Equivalent of ManpowerScore) e la successiva rielaborazione NAS(Nursing Activities Score) (Europa) permet-tono il monitoraggio e il calcolo del fab-bisogno assistenziale nelle terapie intensivemediante un sistema di punteggio cheassegna la quantità di tempo necessarioper l’espletamento delle cure.

In Italia i modelli sperimentati sonomolto recenti e si rifanno sostanzialmentea due modelli di riferimento: il modello dianalisi della complessità assistenziale (MAP)e il modello delle prestazioni infermieristi-che (SIPI, ICA).

Il MAP (Metodo Assistenziale Profes-sionalizzante) ha come riferimento tasso-nomico la “Classificazione Internazionaledel Funzionamento della Disabilità e dellaSalute (ICF) dell’OMS, basato su un ap-proccio biopsicosociale.

Il metodo è stato elaborato a partiredalla Teoria della Complessità quale chiavedi lettura dell’organizzazione sanitaria edal Modello di Analisi della Complessitàcome riferimento infermieristico.

Per la valutazione della complessitàassistenziale si tengono conto di tre va-riabili: stabilità/instabilità clinica della per-sona assistita (dimensione della stabilitàclinica), la capacità dell’assistito di definirele proprie necessità e di scegliere i com-portamenti più idonei (dimensione dellaresponsività), la capacità dell’assistito diagire su se stesso autonomamentee in modo efficace (dimensionedell’indipendenza). A queste tre variabilisi aggiunge il fattore ambiente nelle di-mensioni fisiche, sociali e di relazioni.

Il MAP all’interno delle variabili iden-tifica funzioni e parametri attraverso iquali realizzare il processo di valutazionedella complessità assistenziale. Le modalitàdi valutazione della complessità sono 19per la stabilità clinica, 7 per la responsività,7 per l’indipendenza, 27 per il contesto,alle quali si aggiungono le sei modalitàper la valutazione in ambito ostetrico. Perogni modalità sono state declinate da unminimo di 2 a un massimo di 5 variabili.Lo scopo delle variabili è quello di descri-vere i possibili stati osservabili nella personaassistita e guidare nell’effettuare unavalutazione sintetica. Attraverso una spe-cifica scala proposta dalla classificazioneICF e un sistema bilanciato di pesaturalo strumento permette di riconoscere adogni modalità un’importanza diversa nelladefinizione della complessità assistenzialee attribuire a ogni variabile un punteggiocoerente con la gravità/entità del sistema.Il MAP è supportato da un software dedi-cato, lo SKY MAP, per rendere più facilela gestione delle informazioni sulla com-plessità e sulla gestione delle risorse uma-ne. E’ collegabile con gli altri sistemi efunzioni dell’organizzazione sanitaria con-siderata [21].

Il SIPI (Sistema Informativo della Per-formance Infermieristica) classifica i profilidi complessità dell’assistenza sulla basedella performance infermieristica, intesacome insieme di interventi infermieristicirappresentativi della complessità assisten-

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ziale. Si serve di una scheda di rilevazionefondata sui dati rappresentativi della per-formance infermieristica che fornisce unquadro sintetico e completo dei profili dicomplessità dell’assistenza; è uno stru-mento in grado di sviluppare dati oggettivie confrontabili consentendo una classifi-cazione dei profili di complessitàdell’assistenza infermieristica che si confi-gurano nelle Unità Operative delle AziendeSanitarie. Ha dimostrato di essere unostrumento semplice e utile che potrà essereadottato in futuro per una distribuzioneottimale della cura e delle risorse [28]

L’ ICA (Indice di Complessità Assisten-ziale) è stato elaborato sulla base delModello delle Prestazioni Infermieristiche[29]. Tale metodologia si propone comeun sistema integrato di analisi organizza-tiva per supportare l’applicazione di mo-delli professionali assistenziali e garantireall’infermiere un coerente processo deci-sionale. Il fulcro della metodologia è ilnomenclatore, ovvero una lista di attivitàinfermieristiche con diverso peso o livello,dove il peso rappresenta il punteggiodell’azione o attività in termini di comples-sità organizzativa, conoscitiva, manuale,educativa ecc. Attraverso schede di rileva-zione vengono assunti i dati dell’assistitoche permettono di identificarne le gene-ralità e misurare la complessità totale eparticolare per le singole prestazioni, apartire dal continuum salute/malattia,autonomia/dipendenza dell’individuo edalle conseguenti azioni infermieristicheper indirizzare, guidare, sostenere, com-pensare, sostituire [30].

CONCLUSIONI

Il mondo sanitario è per eccellenzadefinito il mondo della maggiore comples-sità. La sfida della globalità palesa comesia necessario muoversi nella dimensionedella complessità, poiché la realtà non èaffatto prevedibile. Edgar Morin sottolineacome la complessità sia il paradigma deinostri tempi:”c’è complessità quandosono inseparabili le diverse componentiche costituiscono il tutto”.

Guardare con gli occhi della comples-sità apre scenari rappresentativi di nuovipunti di vista e di paradossi: più la medi-

cina è efficace (perché salva e allunga lavita), più produce problemi (per l’aumentodei bisogni), il benessere ha creato malattiee le malattie della povertà sono dovuteanche al nostro benessere… Se si assumeil proprio limite, si ammette la considera-zione della persona presa in carico noncome paziente (oggetto), ma come alterità(soggetto). L’accettazione dell’alterità portaad identificare l’altro come diverso da mee quindi ad ammettere una sua titolaritàdi responsabilità nell’assistenza.

La sfida della complessità fa scoprirei nostri saperi disgiunti come inadeguatipoiché le singole discipline non bastanoper risolvere una realtà complessa e lacomplessità non è al momento adeguata-mente presente nella nostra formazione.I cambiamenti nelle organizzazioni sanitariesono un processo continuo, influenzatodalle modifiche nei bisogni di salute, nelmercato, nell’offerta di professionisti e deiloro profili, nelle politiche sanitarie edeconomiche. Sono cambiamenti complessie probabilmente dovremo imparare a con-vivere con un certo grado di incertezza e con le preoccupazioni che esse generano.Molte scelte future saranno condizionatedal contenimento dei costi della sanità, lade-crescita può essere un’opportunità perprogettare modelli organizzativi innovativied efficienti e misurare le loro ricadute suipazienti? “La de-crescita è sviluppo dibeni, conoscenze, pratiche metodologieche sappiano stare dalla parte delle perso-ne, non a parole, ma con una riorganizza-zione dei saperi e delle modalità di presen-za e di intervento”[31]. In questo contestoclassificare i pazienti cronici non ospeda-lizzati aiuta nell’allocazione delle risorse?Dobbiamo contare il numero di infermieriper numero di pazienti o piuttosto dob-biamo puntare agli effetti del nume-ro/abilità degli infermieri rispetto agli esitidel paziente? Perché in quest’ultimo casosaremmo a pieno titolo responsabili deiprocessi e non delle prestazioni. Bisogne-rebbe anche ripensare a un riposiziona-mento nella formazione post-base perarrivare alle definizione di competenze eresponsabilità più visibili ai cittadini masoprattutto per rispondere ai sempre piùcomplessi bisogni dei pazienti.

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Fra le complicanze del diabete, ruolodi particolare rilievo è determinato daquelle che interessano il piede: il 40-70%delle amputazioni è diabete correlata,l’85% è secondaria ad ulcere del piede.I programmi di screening/prevenzionesono elemento chiave potendo ridurre del50% l’insorgenza di lesioni del piede e lesuccessive amputazioni. Ritenendo chefattore determinante siano la rapidità diintervento, l’accessibilità dei servizi e laloro vicinanza anche logistica alla residenzadei pazienti, abbiamo realizzato un per-corso di assistenza di livello intermedioche ha tra i suoi compiti la prevenzionedelle lesioni attraverso l’educazione deipazienti e dei familiari, la diagnosi, laterapia delle lesioni in fase attiva e lariabilitazione dei pazienti nella fase postulcerativa mediante ortesizzazione e fisio-terapia riabilitativa. La struttura di assisten-za che abbiamo posto in opera comprende3 livelli:

a) Ambulatorio di I livello per lo scre-ening in pazienti a rischio, con funzione

di identificazione, sorveglianza del rischiodi lesione e delle recidive;

b) Ambulatorio terapeutico di II livello,con presa in carico per medicazioni, esamistrumentali e di laboratorio di pazienticon lesioni sino al III grado di Wagner enon necessitanti di ospedalizzazione;

c) Ambulatorio riabilitativo con valu-tazione Fisiatrica per supporti protesici e/oprocedure riabilitative con la collaborazionedi Tecnico Ortopedico e Fisioterapisti econ procedure di accesso preferenziale.

MATERIALI E METODI

L’ ambito territoriale della Casa dellaSalute di Colorno-Torrile (PR) comprendesei comuni con circa 36.500 abitanti, vioperano un Day Service medico per sup-porto diagnostico e terapeutico, un Am-bulatorio vulnologico, un Servizio fisiatricoe riabilitativo oltre che un Centro diabe-tologico avente in carico 1700 pazienticirca.

L’Ambulatorio di I livello esegue il Testcon monofilamento di Semmes-Weinsteinper la valutazione della neuropatia sensitivo

AMBULATORIO TERRITORIALE,A PREVALENTE GESTIONEINFERMIERISTICA,PER PREVENZIONE, ASSISTENZAE CURA DEL PIEDE DIABETICO:L’ESPERIENZA DELLA CASA DELLASALUTE DI COLORNO-TORRILE

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T.Risolo*; A.Azzi; S.Bellingeri; S.Busi; G.Colla; A.R.Capiferri; M.C.Cimicchi; C.PercudaniCasa della Salute di Colorno-Torrile – Distretto di Parma – AUSL di Parma

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motoria, la misurazione PAS con Minidoppler per la valutazione dell’indice ca-viglia braccio (ABI), la valutazione dellaneuropatia autonomica con Neuropad®e la valutazione dell’ossimetria transcuta-nea con Ossimetro MTC. Valuta i pazientia rischio identificati nell’Ambulatorio dia-betologico, ed esegue il follow up neipazienti già seguiti presso l’ambulatoriodi II livello e guariti.

L’Ambulatorio di II livello prende incarico i pazienti con ulcere in atto e necura medicazione, terapie topiche e siste-miche, esami strumentali e di laboratorio.Le procedure avvengono in modo stan-dardizzato secondo un protocollo prede-finito che tiene conto della gravità dellalesione sec. Wagner, della presenza diarteriopatia, neuropatia, ed infezione(secondo una scala progressiva validata)1.Le modalità operative vedono esaltata lafunzione infermieristica, a cui è affidata

prioritariamente la responsabilità educati-va, di screening e di ordinaria medicazionedelle lesioni; il Medico interviene per laprescrizione delle terapie e per il debride-ment chirurgico.

L’Ambulatorio fisiatrico cura la prescri-zione delle ortesi adeguate e la fase diriabilitazione.

RISULTATI

Dal gennaio 2007 all’aprile 2008 gliaccessi dei diabetici all’Ambulatorio di IIlivello, per medicazioni sono stati 50; 8di questi solo occasionali. Dei 42 soggettiseguiti in modo continuativo (18 m e 18f), 21 si sono presentati per recidive, 5 diquesti hanno avuto più di una recidivanel periodo in esame. 10 pz presentavanopiù di una lesione nello stesso momento.L’età media era 70.2 + 11 anni; il controllometabolico medio era non soddisfacente(Hb A1c 8.4 + 2 %). Le lesioni del piedeerano così suddivise: 3 in sede calcaneare,7 in sede plantare, 13 alle dita, 4 al piedein sede laterale; le lesioni rimanenti, posttraumatiche, in sede malleolare o allacresta tibiale mono o bilateralmente. Iltempo medio di guarigione è stato 14settimane (min 2 - max 60).

Ci sono stati 3 drop out (2 per ricoveroospedaliero; 1 per trasferimento della sededi medicazione); 1 ha subito amputazioneminore.

I tempi di guarigione ed il successonei trattamenti è comparabile con i datir iportat i in letteratura, tuttavial’accessibilità dei servizi, la prossimità deglistessi ai pazienti, l’istituzione di un percorsointegrato, hanno consentito di intercettarele lesioni in fase più precoce.

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1. Diabetic foot in-fection classifica-tion system valida-ted. L. Barcay, C.Vega. Clin Infect.Dis. 2007; 44:562-565

2. AME NationalMeeting, Verona2006, atti pag. 29.

Wagner class N. di Pts. HbA1c Neuropatia Arteriopatia Amputazioni

0 1 11.5 0 0

1 28 8.3 + 1.6 19 10 2 maggiori

pregresse

2 9 8.8 + 2.2 7 4 1 pregressa

minore

3 3 7.4 + 2.3 3 3

4 1 7.5 1 1 Si/minore

Monofilamento

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Il nostro Ambulatorio di II livello dispo-ne di dati statistici pregressi riferiti al 2004-2005 2, epoca in cui iniziammo ad occu-parci in modo sistematico di piede diabe-tico. All’epoca non era però ancora statostrutturato un percorso integrato, non erastato attivato l’Ambulatorio per lo scree-ning precoce delle complicanze nél’Ambulatorio fisiatrico-riabilitativo. Con-frontando i dati precedenti con gli attuali,risulta confermato quanto sopra riportatoriguardo il rapporto dell’arteriopatia el’apparente scarsa influenza del compensoglicemico con la gravità delle lesioni. L’etàmedia dei pazienti trattati è leggermenteaumentata (70.2+11 vs 68,5+10 anni).Le lesioni di più lieve (Classe 0-1-2 sec.Wagner) entità sono notevolmente au-mentate (90,6% vs 72,5%) e conseguen-temente si sono ridotte quelle più gravi(Classe 3-4) (9,4% vs 28,5%).

STIVALE DA SCARICO (TOTALCONTACT CAST)

Dal 2010 l’Ambulatorio ha iniziato aconfezionare in proprio, a cura del perso-nale infermieristico, gli apparecchi dascarico, indicati per il trattamento di ulcereplantari di grado 1 e 2 di Wagner, ancheprofonde, ma non infette e non ischemi-che.

Per evitare complicanze secondarieall’uso di TCC, il personale infermieristicoaddetto al confezionamento è stato ap-positamente formato, opera secondo unprotocollo standardizzato, e può richiedereuna immediata consulenza medica in casodi necessità. Per evitare l’insorgenza diinfezioni inattese dell’ulcera, il TCC vienesempre sostituito con cadenza settimanale.

Abbiamo quindi effettuato uno studiocomparativo, individuando pazienti porta-tori di ulcere da compressione alle dita

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Numero pazienti Età (media) Neuropatia diabetica Arteriopatia HbA1C (media) Tempi di risoluzione

Pazienti trattati 11 64,6 10Si/1No 6Si/5No 8,2 3,4 weeksconTCC (10M/1F)

Pazienti trattati 10 M 68,1 9Si/1No 7Si/3No 8,2 15,2 weekscon scarpa

Stivale da scarico (Total Contact Cast)

Ossimetria

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ed all’avampiede di grado 1-2 di Wagner,che non presentassero infezioni severe oarteriopatie che richiedessero una rivasco-larizzazione e che presentassero caratte-ristiche confrontabili.

Da questo è chiaramente emerso ilvantaggio, in termini di rapidità di risolu-zione, del TCC rispetto ad altri “mezzi discarico” tradizionali (scarpa da scaricodell’avampiede i.e. “mezza scarpa”), datodall’efficacia nel ridurre la pressione plan-tare, ottenere l’immobilizzazione dellestrutture anatomiche del piede, ridurrel’edema locale, e soprattutto dalla carat-teristica di non essere rimovibile da partedel paziente.

COMMENTO

Il modello organizzativo proposto, aprevalente gestione infermieristica e conla sinergia di profili medici multidisciplinari,ha permesso una miglior presa in caricodei pazienti, una miglior percezione dellaqualità di vita favorendone la compliance,ed ha m ig l i o r a to l ’ e f f i c i enzanell’allocazione delle risorse assistenzialidisponibili.

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BIBLIOGRAFIA

1) Shishir Shah, DO: Clinical and Economic Benefits of Healing Diabetic Foot Ulcers With a Rigid Total ContactCast Wounds. 2012;24(6):152-159.

2) Nidal A. Younes, MD, MS, Azmi T. Ahmad, MD: Diabetic Foot Disease Endocr Pract. 2006;12(5):583-592.

3) James A. Birke, PhD, PT, CPed, Charles A. Patout, Jr., MD, Louisiana State University Medical Center,Diabetes Foot Program Baton Rouge, LouisianaThe Contact Cast: An Update and Case Study ReportWounds. 2000;12(2)

4) Documento di Consenso internazionale sul Piede DiabeticoGruppo di Studio Internazionale Piede DiabeticoGruppo di Studio Piede Diabetico della Società Italiana di Diabetologia

Rilevazione ABI

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L’apertura a tutti i nostri colleghi ope-rata dal cambiamento dello statuto dellanostra associazione aumenta sia la nostraconsapevolezza del valore che portiamo,sia la nostra responsabilità nei confrontidi tutti i nostri colleghi, anche i più scono-sciuti e lontani.

Durante la frequenza al master ininfermieristica ed ostetricia legale e forenseche ho conseguito l’anno scorso ho avutooccasione di svolgere una parte del miotirocinio presso la casa di reclusione diOpera, una delle più grandi e completed’Italia.

Il nostro lavoro come ben sappiamonon è facile e comporta una buona dosedi fatica sia per la sua caratteristica diessere una professione basata sulla“relazione d’aiuto”, sia per le condizioniorganizzative (spesso “disorganizzative”)in cui talvolta siamo costretti ad operare.

Riflettete quindi sulle difficoltà in cuilavorano i nostri colleghi curando deipazienti così particolari come le personeprivate della libertà e a volte anche di altridiritti fondamentali che noi diamo perscontati.

Non solo, essi lavorano condividendocoi i loro “utenti” anche il luogo, il carce-re…quindi quotidianamente hanno nonsolo la fatica del lavoro, ma anchel’ “isolamento” sociale e professionale echiedono a noi colleghi di non dimenticarlie aiutarli portando, a loro conoscenza,tutte le “novità”.

Ho ricevuto dal referente Sitra del

carcere di Opera l’invito a partecipare alcorso che porta il titolo del’articolo chesto scrivendo e questo mi ha stimolato araccontarvi un po’ di loro.

Il termine carcere deriva dall’ebraico“carcar” che significa tumulare, indica unluogo senza tempo, quindi che nega lavita, ed è un evento drammatico cheproduce sofferenza e sofferenti restandol’ultima frontiera della disperazione e didrammi umani.

Dal latino “carcer” : recinto, chiuso,quindi prigione.

Carcere: luogo o complesso ediliziosorvegliato e chiuso in cui vengono rin-chiuse le persone condannate a penedetentive.

Queste definizioni che sono riuscitaa trovare qua e là chiarificano inequivoca-bilmente ciò di cui andrò a trattare poichèl’aspetto preponderante è proprio che lepersone bisognose di cure sono “ristrette”e gli infermieri devono fare i conti conti-nuamente con l a “ s i cu rezza”dell’amministrazione penitenzieria.

Gli infermieri, come gli agenti dellapolizia penitenziaria, sono i “detenuti perlavoro”, invisibili e invisi alla società comele persone di cui si prendono cura.

E’ un’oggettività che la nostra societàdell’apparire, dell’eterna giovinezza, dellatotale autonomia individuale nega tantoquanto la malattia inguaribile e la morte,perdendo sé stessa ed il suo significato,perché non si può raggiungere e vivere laverità negando parti della realtà.

L’ASSISTENZA INFERMIERISTICAIN AMBITO PENITENZIARIO…

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La casa di reclusione di Opera è lamaggiore delle 225 carceri italiane: con-tiene circa 1.400 detenuti, di cui 1.300con condanne definitive. Il carcere diOpera è destinato ad acquisire ulterioreimportanza all’interno del circuito carce-rario attuale per svariate ragioni: sonoinfatti presenti tutte le sezioni tipiche delcarcere giudiziario e penale, compresoquello “duro” del 41 bis, ad esclusionedel carcere femminile e di quello minorile.

Al piano terra adiacente alla terzagalleria c’è una sala visita dove è presenteil medico di guardia sulle 24 ore e fungeda primo soccorso.

In un’area separata del cortile è situatoil centro clinico che al piano terra ha gliambulatori specialistici (ORL, odontoiatria,psichiatria, dermatologia, cardiologia…),i servizi (point of care con un tecnico dilaboratorio, radiologia, farmacia), il centrodi raccolta e smistamento delle richiestesanitarie da svolgere all’esterno gestite incollaborazione con la polizia penitenziariache deve poter garantire la raccolta el’accompagnamento dei detenuti.

Al primo e al secondo piano c’è ladegenza in due braccia distinte per piano,che prima seguivano un criterio sanitario,ora invece il criterio penale e ciò peggiorala situazione sanitaria. A giorni alterni suipiani si esegue un vero e proprio “girovisita” con la presenza del responsabile,del coordinatore e dei medici di repartoche si alternano.

Ovunque nelle infermerie gli infermieripreparano la terapia e provvedono a di-stribuirla nelle fasce orarie stabilite colloro carrello sempre accompagnati dagliagenti che, quando necessario e possibile,aprono le celle permettendo all’infermierel’ingresso nel locale, altrimenti il tutto sisvolge attraverso le sbarre dopo l’aperturadella porta blindata antistante.

Nel corso della giornata i colleghieseguono le altre prestazioni prescrittecome medicazioni, rilievo parametri vitali,controllo della glicemia; inoltre rispondonoalle richieste dei detenuti riportate dagliagenti. Sono presenti due infermieri perpiano, uno solo la notte, pochissimo,tenendo conto che alcuni pazienti sonoallettati.

Nelle sezioni carcerarie la notte c’è un

solo infermiere per tutti e quattro i piani.In questi luoghi l’assistenza sanitaria pre-stata è come quella fornita all’esterno daiMMG, con in più l’assistenza infermieri-stica domiciliare. Quando le patologie siscompensano o si acutizzano, le personevengono trasferite al centro clinico doveil trattamento si avvicina a quello ospeda-liero.

I pochi infermieri italiani sono coordi-natori, per il resto si è costretti ad affidarsia due cooperative esterne che gestisconoinfermieri stranieri di varie nazionalità equesto crea non pochi problemi per ladifficoltà di armonizzare il lavoro di equi-pe, alcune etnie mal si sopportano e fannofatica a collaborare.

Occorre ricordare che solo una pato-logia seria accertata può comportare unariduzione della pena o addirittural’incompatibilità col regime di detenzione.In questo contesto si inseriscono i feno-meni di simulazione ed autolesionismoche gli infermieri devono essere in gradodi comprendere e possibilmente prevenireper non avere una riduzione dello statodi salute a fronte di quella che spesso èuna illusione. Il problema è che il detenutonon è un paziente come gli altri: non sivuole curare, non vuole guarire. Dallapersistenza della sua malattia può dipen-dere l’attenuazione del regime carcerarioquando non l’incompatibilità con la vitain cella. Un operatore sanitario che lavorain carcere deve imparare a mediare i rap-porti con la polizia penitenziaria, operarein ambiti sovraffollati, muovendosi tradiverse etnie, culture e religioni.

Nel 2008 entra in vigore la riformache avrebbe dovuto attuare il riordinoprevisto dal Dlgs 230/1999 per il quale lamedicina penitenziaria cessa di essere acarico del ministero di Grazia e Giustiziae passa al Ministero della Salute, per cuil’assistenza passa dalla Polizia Penitenziariaagli operatori sanitari. In precedenza alcunipoliziotti venivano formati con un corsodi qualche mese e autorizzati a svolgerecompetenze infermieristiche. Da allora gliinfermieri affiancano i medici ed entranoin carcere.

Potete immaginare lo stravolgimentoche questo ha comportato, cosa hannotrovato i nostri colleghi, il duro e lento

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lavoro per attualizzare e realizzareun’assistenza degna di chiamarsi tale eper farsi accettare sia dai detenuti che datutte le figure giudiziarie a cui competecomunque la decisione ultima sugli inter-venti, poiché esse sono le responsabilidella sicurezza.

Per quanto ci riguarda ciò che deter-mina il nostro comportamento è il codicedeontologico che ci aiuta a tradurre inpratica gli articoli della Costituzione cherendono la nostra una professione“protetta” in quanto collaboratrice delloStato a realizzare i suoi obiettivi. Infatti inItalia, in linea con i vincoli originati daiPatti delle Nazioni Unite e dalla Conven-zione Europea sui diritti dell’uomo, laCostituzione sancisce:

• All’art. 32, l’obbligo della Repubblicaa tutelare la salute come diritto fonda-mentale dell’individuo e interesse dellacollettività.

• All’art. 27, le pene non possono con-sistere in trattamenti contrari al sensodi umanità e devono tendere alla rie-ducazione del condannato.

La Medicina Penitenziaria, esaltata daalcuni e negata da altri nella sua specificità,trova il suo campo di applicazione in uncontesto dove l’esecuzione della pena hacome fondamento la limitazione dellalibertà individuale che, da sola, comportala riduzione del benessere soggettivo edello stato di salute, se questo è il prodottodi un benessere fisico psichico e ambien-tale come definito dall’O.M.S.

Tiziana TerniInfermiera poliambulatorio A.O. ICP

Cologno Mse. Milano

Vicepresidente Operatori Sanitaridi Diabetologia Italiani

Regione LombardiaMaster Infermieristica e Ostetricia

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Al momento della stampa della rivista altri eventi sono in fase di definizione.Rivolgersi al Presidente della Sezione Regionale per eventuali ulteriori informazioni

7-8 giugno 2013 - Ferentino (Fr) - Terme Pompeo - Emozione in azione. Il controllo emozionaleper le strategie di patient empowerment. Sponsor Sanofi

8 giugno 2013 - Cagliari - Ceasar’s Hotel - Le raccomandazioni di trattamento assistenzialeOSDI. Uno strumento di lavoro. Sponsor Bayer Healthcare

8 giugno 2013 - Milano - Hotel Michelangelo - Le raccomandazioni di trattamento assistenzialeOSDI. Uno strumento di lavoro. Sponsor Bayer Healthcare

15 giugno 2013 - Padova - Hotel NH Mantenga - Le raccomandazioni di trattamentoassistenziale OSDI. Uno strumento di lavoro. Sponsor Bayer Healthcare

22 giugno 2013 - Enna - Hotel Federico II Palace Hotel - VII Congresso regionale OSDI Sicilia.Multisponsor

2 luglio 2013 - Università di Catanzaro - Campus Germaneto - Focus on: monitoraggiocontinuo della glicemia. Sponsor Roche Diagnostics

14 settembre 2013 - Novara - Aula Magna dell’Università - Sinergie in azione: la gestioneintegrata del DMT2 in Piemonte. Sponsor Lifescan

28 settembre 2013 - Roma - Holiday Inn Roma Eur - Congresso OSDI Lazio. Il futurodell’infermiere nell’evoluzione dei modelli assistenziali. Multisponsor

28 settembre 2013 - Bologna - Hotel Europa - Congresso Regionale Emilia Romagna. Ilpercorso assistenziale delle persone con diabete 2. Multisponsor

28 settembre 2013 - Mattarello di Trento - Il ruolo dell’infermiere nella gestione del pazientediabetico ospedalizzato. Sponsor Sanofi

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Presidente

Past President

Vice Presidente

Segretario

Consiglieri

Tesoriere

Roberta Chiandetti [email protected]

Maria Teresa Branca [email protected]

Giovanni Lo Grasso [email protected]

Giuseppe Frigau [email protected]

Gemma AnnicelliLia CuccoRaffaella FiorentinoElisa LevisAlberto PambiancoClara ReboraAnna Hai SattaAnna Maria TeseiClaudio Vitiello

Michele Galantino

[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]

[email protected]

Abruzzo-MoliseCalabriaCampaniaE. RomagnaFriuli V.G.LazioLiguriaLombardiaMarchePiemontePugliaSardegnaSiciliaToscanaTrentino A.A.UmbriaVeneto

Roberto Berardinucci [email protected] Maviglia pietromaviglia55@virgilio .itNunziata Di Palma [email protected] Niero [email protected] Toffoletti [email protected] Penza [email protected] Rapino [email protected] Cattaneo [email protected] Montoni [email protected] Magliano [email protected] Grazia Accogli [email protected] Marceddu [email protected] Di Mauro [email protected] Beltrami [email protected] Carli [email protected] Lupatelli [email protected] Manfroi [email protected]

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