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Scienza e società 3 Misurare l’innovazione digitale Gli indicatori di successo delle politiche di innovazione territoriale a cura di Elvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi, Antonio Candiello Edizioni Ca’Foscari

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Scienza e società 3

—Misurare l’innovazione digitaleGli indicatori di successo delle politiche di innovazione territorialea cura di Elvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi, Antonio Candiello

EdizioniCa’Foscari

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EdizioniCa’Foscari

Scienza e società

Collana diretta da Agostino Cortesi

3

Misurare l’innovazione digitale

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Scienza e società

Direttore scientifico Agostino Cortesi (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Comitato scientificoStefano Campostrini (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Marta Cardin (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Achille Giacometti (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Silvio Giove (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Chiara Mio (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Salvatore Orlando (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)Irene Poli (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Direzione e redazioneDipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e StatisticaUniversità Ca’ Foscari VeneziaDorsoduro 213730121 Venezia

http://edizionicafoscari.unive.it/col/exp/39/ScienzaSocieta

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Venezia

Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing

2015

Misurare l’innovazione digitaleGli indicatori di successo delle politiche di innovazione territoriale

a cura di Elvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi, Antonio Candiello

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Misurare l’innovazione digitaleElvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi, Antonio Candiello (a cura di).

© 2015 Elvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi, Antonio Candiello© 2015 Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing per la presente edizione

Qualunque parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero dati o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o mecca-nico, senza autorizzazione, a condizione che se ne citi la fonte.Any part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means without permission provided that the source is fully credited.

Edizioni Ca’ Foscari - Digital PublishingUniversità Ca’ Foscari VeneziaDorsoduro 324630123 Veneziahttp://edizionicafoscari.unive.it/[email protected]

1a edizione aprile 2015ISBN 978-88-97735-89-2 (pdf)

Progetto grafico di copertina: Studio Girardi, Venezia | Edizioni Ca’ Foscari

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Sommario

Elvio Tasso, Antonino Mola, Agostino Cortesi e Antonio CandielloPrefazione 7

Michele BugliesiPremessa 11

PARTE PRIMA MODELLO E SISTEMA SmeD: IL LABORATORIO VENETO DI EGOVERNMENT

Andrea Boer, Antonino MolaIl modello di eGovernment Intelligence 13

Agostino Cortesi, Antonio Candiello Il Sistema informativo SmeD 23

PARTE SECONDA IL CONTESTO: COME ESTRARRE E GESTIRE LE INFORMAZIONI PER CITTÀ PIÙ REATTIVE

Fosca GiannottiBig data e social miningI dati, a saperli ascoltare, raccontano storie 49

Flavia MarzanoCome e perché misurare indicatori digitali nella PA 63

PARTE TERZA FAVORIRE E MONITORARE L’INNOVAZIONE DIGITALE NELLE SMART CITY VENETE

Maurizio CarlinCome cambia il Comune (di Venezia) 75

Marcello MissagiaL’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza 83

Federico Brenzoni, Francesca SiliprandiInnovazione tecnologica al servizio dei cittadini nel Comune di Verona 89

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Roberto Meneghetti, Michela Mingardo, Daniela PivatoStrumenti digitali per le smart city venete, Comune di Treviso 97

Mauro BarattinIl software libero nella PA, Comune di Belluno 107

Giancarlo Lovisari, Marco MontagnaEsperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo 115

PARTE QUARTA L’investimento ICT in ottica di competitività del territorio

Serafino Pitingaro, Renato ChahinianSezione impresaCome misurare l’investimento ICT in ottica di competitività del territorio per le imprese 123

Roberto Santolamazza, Anilkumar DaveL’ICT come motore per l’innovazione e il ruolo dei CITT 131

Federico Della PuppaDa smart city a smart landL’ICT a supporto dello sviluppo territoriale 139

Stefano Barbieri Come misurare l’investimento ICT in ottica di competitività del territorio per le imprese Agricoltura/Alimentare/Rurale 149

PARTE QUINTA APPROFONDIMENTO SCIENTIFICO

Antonio Scipioni, Anna MazziUn cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano 159

Intervista a Patrizia Messina 167

Giovanni Bertin, Stefano Campostrini, Silvio GioveIl progetto Oltre il PIL un processo di valutazione multidimensionale del benessere a livello regionale 171

Corrado PetruccoScuole onlineUn indicatore importante per la cittadinanza digitale e lo sviluppo territoriale 181

Profili degli autori 189

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Prefazione

Elvio Tasso, Antonino Mola (Sezione Sistemi Informativi, Regione del Veneto)Agostino Cortesi, Antonio Candiello (DAIS, Università Ca’ Foscari Venezia)

Il percorso pluriennale di collaborazione della Sezione Sistemi Informativi della Regione Veneto con il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informa-tiche e Statistiche dell’Università Ca’ Foscari Venezia ha consentito di sperimentare l’efficacia delle tecnologie dell’informazione applicate ai processi della Pubblica Amministrazione (PA) locale.

Il Laboratorio Veneto di eGovernment, attivo dal 2006, ha potuto operare considerando quella che è probabilmente la scala più appropriata per valu-tare come portare l’innovazione digitale nella PA, ovvero la scala regionale.

Di seguito si ricordano le progettualità successive gestite dal Laboratorio: – Citizens iTV, per l’utilizzo della multicanalità offerta dalle TV digitali

quale vettore per interazioni con i cittadini; – Sistemi collaborativi e portali di servizi ai cittadini: strumenti di orche-

strazione e di misurazione della qualità, per un sistema di misurazione della soddisfazione del cittadino relativamente ai servizi online;

– Centro di competenza per lo sviluppo aperto, partecipato e condiviso dei portali di servizio al cittadino, con l’obiettivo di una misurazione della qualità dei portali di servizio;

– eGovernment Intelligence, che ha identificato un modello per la pia-nificazione, attuazione, verifica e assestamento relativo ai progetti di innovazione ICT territoriale;

– Donne e Tecnologie Informatiche (questo progetto è stato operato in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità) che ha appli-cato le tecnologie sperimentali di rilevazione su base territoriale ad un contesto definito, il gender gap nelle tecnologie.

L’ultima linea di ricerca è quindi maturata con l’obiettivo di valutare la fattibilità tecnica di un sistema di rilevazione modulare di scala regionale a supporto delle amministrazioni locali:

– Smart eGovernment Dashboard (SmeD), al fine di progettare, speri-mentare e convalidare un sistema tecnologico in grado di supportare il modello di eGovernment Intelligence – di fatto identificando un nuovo tipo di infrastruttura tecnologica.

È stato quindi aperto un confronto in relazione alla misurabilità dell’in-novazione ICT, alla misurabilità dell’impatto che tale innovazione ha sui territori e sull’opportunità di convergere su un comune strumento di

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Misurare l’innovazione digitale

8 Tasso, Mola, Cortesi, Candiello. Prefazione

classe regionale in grado di facilitare le rilevazioni da parte degli am-ministratori.

Il confronto ha coinvolto esperti di ambito accademico, specialisti che operano nell’innovazione a supporto delle imprese, amministratori e tec-nici che operano nelle realtà locali, al fine di individuare quali possibili linee di evoluzione andranno valutate per una tale infrastruttura di rile-vazione.

Il presente lavoro (unitamente ai contributi multimediali, disponibili a parte) rappresenta quindi la deposizione delle considerazioni emerse, in relazione alle parti coinvolte.

Di seguito la struttura del testo.

Una breve premessa del rettore dell’Università Ca’ Foscari Venezia, prof. Michele Bugliesi, apre il volume.

Nella parte 1 Modello e Sistema SmeD: Il Laboratorio Veneto di eGo-vernment, i team di Regione del Veneto e dell’Università Ca’ Foscari Venezia che hanno collaborato nel laboratorio introducono: a) il modello di eGovernment Intelligence, b) il Sistema informativo SmeD.

Nella parte 2 Il contesto: come estrarre e gestire le informazioni per città più reattive, con l’aiuto di alcuni esperti ed il racconto delle loro esperienze in merito si procede ad un inquadramento del fenomeno big data e dell’innovazione digitale nella PA.

Nella parte 3 Favorire e monitorare l’innovazione digitale nelle smart city venete, le esperienze di innovazione digitale sono riportate dai re-sponsabili dei Sistemi Informativi delle principali città capoluogo venete, in modo da valutare concretamente il livello di informatizzazione sul quale poi far leva nella rilevazione degli indicatori.

Nella parte 4 L’investimento ICT in ottica di competitività del territorio sono stati invece coinvolti coloro che interagiscono a supporto delle imprese del territorio, al fine di valutare stato dell’informatizzazione e strategie di rilevazione potenziali per estrarre indicatori di misura dell’innovazione e del relativo impatto.

Nella parte 5 Approfondimento scientifico sono stati coinvolti esperti accademici delle Università di Venezia e di Padova per approfondire da diverse prospettive le difficoltà e le opportunità di rilevazione nei diversi contesti relativi alla specifica esperienza scientifica. I profili degli autori chiudono il testo.

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Tasso, Mola, Cortesi, Candiello. Prefazione 9

Misurare l’innovazione digitale

Di seguito sono elencate le interviste, con tra parentesi la data, in forma-to multimediale, disponibili presso il repository regionale Veneto Library (http://uce.regione.veneto.it/library/):

Parte 1 – Carlo Carraro, rettore, Università Ca’ Foscari Venezia (13-03-2014); – Agostino Cortesi, prorettore, responsabile scientifico del Laboratorio

di eGoverment, Università Ca’ Foscari Venezia (14-02-2014).

Parte 2 – Mauro Draoli, AgID Agenzia per l’Italia Digitale (03-12-2013).

Parte 3 – Gianfranco Bettin, assessore all’Informatizzazione e Cittadinanza digitale,

Comune di Venezia (29-10-2013); – Ivo Rossi, vicesindaco, Comune di Padova (13-11-2013); – Filippo Zanetti, assessore alla Semplificazione e Innovazione, Comune

di Vicenza (11-10-2013); – Flavio Tosi, sindaco, Comune di Verona (23-01-2014 [intervista scritta]); – Giovanni Manildo, sindaco, Comune di Treviso (23-10-2013); – Jacopo Massaro, sindaco, Comune di Belluno (18-12-2013); – Germano Rizzi, assessore, Comune di Rovigo (09-12-2013).

Parte 4 – Roberto Santolamazza, direttore, t2i - Trasferimento Tecnologico e

Innovazione S.c.a.r.l. (22-11-2013); – Serafino Pitingaro, direttore, Centro Studi Regionale Unioncamere

(18-11-2013); – Gianni Potti, presidente, Servizi Innovativi Confindustria (22-11-2013); – Stefano Barbieri, Veneto Agricoltura (23-01-2014); – Federico della Puppa, docente a contratto Università IUAV di Venezia

e project manager (09-12-2013); – Luciano Gallo, direttore, Sistemi informativi IPA Camposampierese

(16-01-2014).

Parte 5 – Antonio Scipioni e Anna Mazzi, Università degli Studi di Padova (18-

11-2013); – Patrizia Messina, Università degli Studi di Padova (16-01-2014); – Chiara Mio, Università Ca’ Foscari Venezia (22-01-2014); – Silvio Giove, Università Ca’ Foscari Venezia (07-02-2014); – Luciano Gamberini, Università degli Studi di Padova (13-02-2014); – Corrado Petrucco, Università degli Studi di Padova (20-03-2014).

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Premessa

Michele Bugliesi (Rettore, Università Ca’ Foscari Venezia)

Due compiti fondamentali a cui sono chiamati gli organi di governo del-la Pubblica Amministrazione attengono a) alla scelta delle strategie di allocazione delle risorse necessarie per conseguire gli obiettivi di svilup-po delle aree territoriali di pertinenza; e b) alla valutazione dell’impatto delle scelte operate. Ciò vale, in particolare, per le politiche connesse all’Agenda Digitale (europea, nazionale, regionale, urbana) per le quali emerge urgente la necessità di identificare un modello sistematico per la valutazione degli effetti sul territorio degli interventi di innovazione negli ambiti ICT e smart city.

L’identificazione di tale modello è stato l’oggetto di uno studio condotto negli ultimi due anni all’interno del Laboratorio Veneto di eGovernment in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia nell’ambito del proget-to SmeD. Il modello si caratterizza per la grande flessibilità e dinamicità con cui è in grado di intercettare gli indicatori di valutazione. La crescente disponibilità di dati rende infatti possibile realizzare strategie di valuta-zione finora inesplorate, perché inattuabili, basate sulla rilevazione fine e dinamica di un ampio numero di indicatori in grado di evidenziare cambia-menti nei comportamenti sociali e culturali e negli effetti economici. I big data in cui siamo immersi, continuamente alimentato dai cittadini/utenti web 2.0 con i loro apparati fissi e mobili, consente verifiche sperimentali accurate e continuative di sempre maggiore precisione.

Il modello presuppone che gli organi di indirizzo e di gestione delle politiche individuino gli indicatori di impatto ed i relativi obiettivi di mi-glioramento in un’ottica di promozione dei principi di benessere sociale, economico e territoriale. Nell’ambito del progetto SmeD, sono stati indi-viduate tre classi di indicatori misurabili su scale territoriali ‘fini’: il BES (Bilancio Equo Sostenibile) quale indicatore di impatto trasversale, e gli indicatori delle piattaforme Benchmarking Smart Cities e Benchmarking Digital Europe per quanto attiene all’ambito più strettamente legato alle tecnologie dell’informazione.

La misura degli indicatori rilevanti avviene per via automatica (mediante l’utilizzo di webbot/scraper) e/o semi-automatica (via estrattori/wrapper), con la possibilità di completare i dati ove necessario con campagne di inda-gine focalizzate. I dati vengono successivamente rappresentati su una da-shboard aggiornata dinamicamente sulla base dei dati rilevati sul territorio e in relazione ai diversi punti di osservazione (sociale, economico, urbano, ambientale, sanitario, etc). Alta frequenza e granularità fine sono due re-quisiti primari di SmeD: il sistema è infatti progettato per registrare con

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Misurare l’innovazione digitale

12 Bugliesi. Premessa

continuità l’andamento degli indicatori su periodicità minima giornaliera raggiungendo una scala territoriale comunale. Ove non sia possibile ga-rantire gli standard di alta frequenza e granularità fine per tali indicatori, verranno a questi affiancati dei proxy estratti dal web e dai social media.

A fronte dei risultati rilevati e delle analisi di trend, benchmarking e comparazione, il modello consente il riesame delle politiche di innovazio-ne, l’applicazione dei necessari correttivi e quindi l’istituzione di un vero e proprio ‘ciclo di miglioramento per l’innovazione ICT e le smart city’.

Le misurazioni sperimentali condotte nell’ambito della collaborazione del Laboratorio Veneto di eGovernment tra l’Università Ca’ Foscari e la Re-gione del Veneto hanno comprovato l’efficacia della strategia complessiva. Il confronto in sede internazionale nelle conferenze di settore ha inoltre registrato diverse conferme e suscitato interesse per il modello.

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1 Modello e sistema SmeD Il Laboratorio Veneto di eGovernment

In questa sezione verranno illustrati gli obiettivi metodologici – il modello di eGovernment Intel-ligence identificato dalla SSI (Sezione Sistemi Informativi) della Regione del Veneto – e gli obiettivi scientifici – connessi allo strumento tecnologico Smart eGovernment Dashboard, come proget-tato dal Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatiche e Statistiche dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Il contesto nel quale sono state sviluppate queste ricerche è il Laboratorio Veneto di eGovernment, attivo dal 2006 grazie alla collaborazione di Regione del Veneto e Università Ca’ Foscari Venezia.

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Il modello di eGovernment Intelligence

Andrea Boer, Antonino Mola (Sezione Sistemi Informativi della Regione del Veneto)

Abstract This article introduces the system Smart eGovernment Dashboard (SmeD) for the measurement of the effectiveness of Local Government actions on eGovernment & ICT. The SmeD system is designed as a tool to support the eGovernment Intelligence model. The model is devel-oped as a specialisation of the Plan-Do-Check-Act Deming cycle applied to local government. Each phase of the cycle is then described, and the relation of the model with the SmeD system is shown.

Sommario 1. Introduzione. – 2. Processi e fasi del ciclo di innovazione. – 2.1. Vincoli di funziona-mento dei moduli software. – 2.2. PLAN, ACT: modulo Policy Manager. – 2.3. DO: modulo Engine Manager. – 2.4. CHECK: modulo View Manager.

1 Introduzione

La collaborazione della Regione del Veneto con l’Università Ca’ Foscari Vene-zia prevede l’ideazione, la definizione e la specifica di un sistema tecnologico denominato Smart eGovernment Dashboard (SmeD), che richiama l’idea di un ‘cruscotto intelligente per l’eGovernment’, per rilevare oggettivamente l’efficacia degli interventi di Regione del Veneto con particolare enfasi su e-Government ed ICT.

Il Sistema SmeD dovrà essere lo strumento tecnologico alla base del pro-cesso di eGovernment Intelligence. Secondo tale processo, la Pubblica Ammi-nistrazione (PA) potrà adottare una specifica declinazione del modello PDCA di Deming applicato alle politiche di intervento territoriale della PA (fig. 1).

Plan

Do

DefinizionePolitiche Locali

per l’Innovazionein ambito ICT

InterventoI Progetti di

Innovazione ICT hanno inizio

VerificaAnalisi di Impatto

dei Progetti di Innovazione ICT

RiesameRiesame delle

Politiche di Innovazione ICT

Act

Check

TargetingScelta Indicatori e definizione obiettivi

programmati

MonitoraggioMisurazione degli

Indicatori di Innovazione ICT

AnalisiGeovisualizzazionee Analisi Statistica

dei dati

ValutazioneIdentificazione dei

punti critici

Figura 1. Il modello PDCA di Deming alla base del processo di gestione indicatori SmeD

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Misurare l’innovazione digitale

16 Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence

Il sistema di produzione, totalmente gestibile in modalità cloud computing, dovrà consentire un’appropriata qualificazione e quantificazione di para-metri territoriali socio-economici (indicatori statistici classici) ma anche dei valori ambientali e di mobilità ove disponibili (indicatori smart city). La raccolta degli indicatori viene gestita con webbot/scrapers e tramite estrattori/wrapper; è prevista la possibilità di completare le rilevazioni con campagne di indagine mirate. Gli indicatori, disponibili esternamente in open data, dovranno essere rappresentati su diverse dimensioni di analisi e messi a relazione georeferenziata con il territorio al fine di evidenziare il rapporto esplicito con i progetti di innovazione e le aree da questi inte-ressate.

L’analisi dei requisiti e le specifiche potranno consentire l’eventuale predisposizione di un bando di concorso per le fasi di realizzazione, che prevedono progettazione tecnica, realizzazione e test dello stesso e messa a disposizione finale della Regione del Veneto del sistema in produzione.

2 Processi e fasi del ciclo di innovazione

SmeD deve dare visibilità e trasparenza al ciclo di innovazione. Tale siste-ma dovrà pertanto prevedere le seguenti fasi (fig. 2):

– Gestione delle Politiche e Pianificazione (PLAN), – Attuazione Progetti (DO), – Monitoraggio (CHECK), – Assestamento /Riesame delle Politiche (ACT).

Dai Moduli SW alle Interfacce UtentePlan

Do Act

Check

PolicyManager

EngineManager

PolicyManager

Def. PoliticaDef. Azioni

Def. ProgettiDef. Obiettivi

webbots

adapters

ViewManager

Vis. PoliticheVis. Progetti

surveys

Data & Infrastructure Manager

Def. IndicatoriVer. Obiettivi

Ver. Indicatori

Figura 2. Il modello di SmeD ed i connessi moduli software

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Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence 17

Misurare l’innovazione digitale

Il sistema SmeD potrà quindi rendere operativo il ciclo PDCA secondo la seguente modalità applicativa:

a) PLAN, gestito dal politico/funzionario tramite l’immissione di politi-che, azioni e progettualità di intervento: Policy Manager – da asso-ciarsi a specifici indicatori che espone l’Engine Manager;

b) DO, per la pianificazione periodica della raccolta dati via webbots, adapters e spiders; i motori renderanno disponibili al sistema ciascuno uno specifico set di indicatori: Engine Manager;

c) CHECK, per la gestione delle visualizzazioni dei dati e delle politiche: View Manager;

d) ACT, per la revisione delle politiche di intervento pubblico a fronte delle risultanze di misura degli indicatori: Policy Manager.

2.1 Vincoli di funzionamento dei moduli software

Il modello ciclico PDCA è previsto ‘a regime’. Vi sono però alcuni vincoli nel funzionamento iniziale dei tre moduli indicati:

View

PolicyManager

EngineManager

ViewView ManagerView View

Figura 3. Interrelazioni dei tre moduli principali di SmeD

1) è necessario, come primo passaggio, configurare l’Engine Manager con un set di motori in grado di esporre una lista di indicatori. I motori andranno quindi lanciati per un periodo di tempo sufficiente per avere una prima rilevazione oggettiva di tali indicatori (snapshot run);

2) solo in seguito si potrà dare attivazione al Policy Manager, per defini-re, oltre a politiche/progetti/azioni, anche gli indicatori target e per ciascuno dei specifici obiettivi/soglia, che andranno definiti sulla base della raccolta dati iniziale (prima approssimazione);

3) a sua volta, il View Manager, nella componente di visualizzazione indi-catori, ha come prerequisito il popolamento dei valori numerici degli indicatori. Quindi, potrà essere eseguito solo dopo lo snapshot run.

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Misurare l’innovazione digitale

18 Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence

2.2 PLAN, ACT: modulo Policy Manager

Il modulo in oggetto consente l’inserimento di Politiche di intervento per l’innovazione territoriale. In relazione alle Politiche sarà possibile inserire i Progetti di intervento.

Per ogni Progetto dovrà essere infatti possibile dichiarare ex-ante su quali indicatori questo potrà incidere, di quanto potrà essere il migliora-mento e con che tempi questo potrà avvenire.

Politiche di Innovazione ICT

Progetti

Milestones

Indicatori Territorialid’Impatto

Check IndicatoriTempo

Obiettivi

Polit. 5

Proj. 1

Proj. 2

Proj. 3

Plan

Do Act

Check

Azioni

Azi

one

# 4

Figura 4. PLAN: Pianificazione delle Politiche

Le fasi sono: – messa in atto delle politiche, azioni e progetti per modalità di in-

tervento, si dà il via libera al sistema per il monitoraggio tramite indicatori;

– attivazione dell’Engine Manager per agganciare nuovi motori (web-bots/survey/estrattori) e relativa misurazione degli indicatori cor-relati.

Gli indicatori saranno quelli per i quali si sono predisposte le logiche di raccolta dati. Più in dettaglio, avremo:

– individuazione e dichiarazione politiche, azioni e progetti a seconda delle possibilità di intervento, definizione delle condizioni finanziarie per la realizzazione delle politiche e azioni progettuali;

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Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence 19

Misurare l’innovazione digitale

– dichiarazione degli indicatori (tra quelli esposti dall’Engine Mana-ger) su cui si interviene; questa dichiarazione è relativa agli ambi-ti d’azione e specifica quali indicatori potranno essere associati ai progetti, successivamente si dichiareranno gli indicatori relativi ai progetti in base agli ambiti;

– definizione obiettivi strategici della politica in merito alle finalità dell’intervento sul territorio, definizione delle soglie per ogni indi-catore selezionato ed associato ai singoli progetti;

– in questa fase interviene il modulo Policy Manager: si inseriscono o si modificano politiche, azioni, progetti. A questi si associano quindi indicatori, relativi obiettivi e soglie che si intendono raggiungere nei tempi stabiliti.

Tramite questo Modulo, si potrà infine chiudere il ciclo e, a fronte di po-litiche o progetti non particolarmente efficaci, sarà possibile modificare politiche e progetti e ripartire con il PLAN. In dettaglio:

– revisione (Policy Manager) delle politiche sulla base delle valutazio-ni fatte nelle fasi precedenti, in maniera tale da poter correggere il piano d’intervento sul territorio se opportuno per ottenere un rag-giungimento degli obiettivi in maniera ottimale;

– visualizzazione degli indicatori (View Manager).

modifica

Ok Ko

Riesame delle Politiche di Innovazione ICT

Plan

Do Act

Check

Politiche di Innovazione

ProgettiPolit. 5

Proj. 1

Proj. 2

Proj. 3

Azioni

Azi

one

# 4

Figura 5. ACT: Riesame delle Politiche

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Misurare l’innovazione digitale

20 Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence

2.3 DO: modulo Engine Manager

La fase di pianificazione ed analisi prevede le seguenti funzionalità:a) visualizzazione delle mappe con la rappresentazione degli indicatori; b) raccolta dei dati connessi agli indicatori con meccanismi di schedula-

zione programmata differenziata a seconda dell’indicatore; c) inserimento ed attivazione indicatori e connessi script/programmi di

raccolta dati (parte di editing & modifica).

DBindicatori

indirect feed

spiders &webbotsspiders &webbots

raw webraw web

keywordscanale AF

alta frequenza

direct feed

online DBs

canale BFbassa frequenzasourcessources

Indicatore #1Indicatore #1Indicator

e #1Indicatore #1survey #1survey #1

ritorni dei cittadinisu ICT & servizi surveys su ICT

campagnedi indagine

consolidamento progressivo dei dati

Plan

Do Act

Check

dataadapters

Figura 6. DO: attuazione delle politiche.

la raccolta dai dati potrà essere in tre forme:a) via crawlers/webbots/spiders, ovvero raccogliendo i dati direttamen-

te dal web ‘destrutturato’;b) per tramite di opportuni adattatori (adapters) in grado di interfac-

ciarsi con banche dati interne regionali o esterne pubbliche (come Eurostat), con la capacità di raccogliere dati via file di testo, file xml, file pdf, o dati accessibili via web;

c) attraverso la somministrazione e relativa raccolta delle risposte a survey/questionari.

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Boer, Mola. Il modello di eGovernment Intelligence 21

Misurare l’innovazione digitale

2.4 CHECK: modulo View Manager

In questo caso la domanda di riferimento è nella sostanza: «quale è l’im-patto della politica sul territorio?». Tramite un menu di scelta potrò se-lezionare la politica da validare, quindi si dovrà prevedere una efficace di modalità di rappresentazione che metta insieme mappe territoriali e successioni temporali. In dettaglio:

– rilevazione sistematica ad intervalli temporali definiti dagli indicato-ri con l’attributo periodicità, verifica del raggiungimento delle soglie stabilite per indicatore e progetto, con la possibilità di verificare gli obiettivi intermedi della politica;

– visualizzazione degli indicatori secondo diverse modalità: su mappa (georeferenziata), tramite istogrammi, grafici, diagrammi a torta, a bolle;

– analisi temporale/trend con strumenti grafici paragonabili a Google Motion Charts;

– confronti di specifiche selezione degli indicatori tra territori; – analisi delle aggregazioni di più comuni; – analisi di impatto delle politiche/azioni/progetti sui territori interes-

sati.

business intelligencemodello a stratigeo-referenziazione dbms indicatori

Web Adapters

canale semiautomatico:

Bassa Frequenza (BF), Alta Affidabilità

Webbots & Scrapers

canale automatico:

Alta Frequenza (AF), Bassa Affidabilità

Questionari Online

canale manuale/web

Frequenza Personalizzabile, Media Affidabilità

Plan

Do Act

Check

Figura 7. CHECK: Controllo delle Politiche

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Il Sistema Informativo SmeD

Agostino Cortesi, Antonio Candiello (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Abstract This article describes the design of the system Smart eGovernment Dashboard (SmeD) for the measurement of the effectiveness of Local Government actions on eGovernment & ICT. The SmeD system is built around four main subsystems: the Engine Manager, to gather the data from raw & deep web through webbots, crawlers, spider webs and other tools; the Policy Manager, to declare, structure and monitor the hierarchy of policies, actions, projects and the fulfilment of the related indicators and goals at the planned times; the Data Manager, to maintain the instances of data in the distributed database; and finally the View Manager, to present the col-lected data and manage the user interface.

Sommario 1. Architettura del Sistema. – 2. Engine Manager. – 3. Data Manager ed indicatori. – 3.1. Indicatori e Metodo Scientifico. – 3.2. Infrastruttura Tecnologica. – 4. Policy Manager. – 4.1. Policy Editor. – 4.2. Policy Goals. – 4.3. Policy Scheduler. – 4.4. Funzioni di Policy. – 5. Struttura della Policy. – 6. View Manager. 6.1. Pannello Risultati.

1 Architettura del Sistema

Il Sistema Informativo SmeD si compone (fig. 1) di quattro moduli principali: – l’Engine Manager, – il Data Manager, – il Policy Manager, – il View Manager.

Multiple Devices Interface

PolicyManager

EngineManager

DBMS

Infrastruttura (distribuita)

View Manager

Data Manager

Politiche RaccoltaRisultati

Figura 1. Architettura del sistema informativo SmeD

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Misurare l’innovazione digitale

24 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

2 Engine Manager

L’Engine Manager (fig. 2) rappresenta il sottosistema che fornisce l’input al sistema SmeD. Ha natura modulare, sulla base di opportuni ‘motori’ (engines) che possono essere aggiunti/rimossi. Al suo interno sono presenti uno scheduler per la programmazione temporizzata delle esecuzioni, un sistema per l’inserimento e la rimozione dei motori, una console/monitor per la visualizzazione della coda di esecuzioni, e lo ‘store’ di gestione dei motori stessi.

I motori sono predisposti dagli sviluppatori appoggiandosi ad alcune APIs di SmeD che sono utilizzate per interagire con l’Engine Manager, che potrà così caricarli, rimuoverli, istanziarli, sospenderli, riattivarli. Il com-ponente engine loader si occupa di caricare i motori (di fatto, caricarne il codice sorgente), lanciare una batteria di self-test e metterli a disposizione degli altri componenti; ove necessario (ad esempio per una sostituzione/evoluzione dei motori), potrà rimuoverli – disattivando tutte le istanze.

L’engine scheduler è il componente per l’esecuzione pianificata dei mo-tori. Questi vengono ‘istanziati’ scegliendo determinati parametri di confi-gurazione: un motore potrà generare diverse istanze differenti a seconda di tali parametri, che determinano in tal modo la natura degli indicatori che vengono raccolti dalla particolare istanza.

L’engine monitor è un’interfaccia che consente il controllo e la gestione manuale delle istanze dei motori.

enginescheduler

istanza

istanza

istanza

indicatori

engine monitor

motore

motore

startstopsuspresume

Struttura DB del motore specifico

engineloader

istanza motore

sviluppatori

Figura 2. Il modulo Engine Manager e sue sottocomponenti

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Misurare l’innovazione digitale

I motori, quando vengono istanziati, rendono disponibili gli indicatori (i Key Performance Indicators, indicatori di misura d’impatto/performance), che a questo punto appaiono nel sistema e divengono selezionabili negli altri mo-duli del sistema (in particolare: nel Policy Manager di pianificazione dei de-siderati impatti delle politiche nei confronti di specifici indicatori territoriali). I motori di estrazione degli indicatori sono essenzialmente di tre categorie:

1) adattatori/estrattori (adapters) predisposti per banche dati ufficiali accessibili in forma libera o riservata via web o attraverso specifiche interfacce accessibili alla Regione del Veneto. – Caratteristiche: alta affidabilità del dato estratto, ma generalmen-

te bassa frequenza (tipicamente annuale), bassa granularità terri-toriale, piena copertura territoriale;

2) web-robots ripetitivi (webbots), navigatori del web (spider web), ricer-catori di dati a largo spettro (crawlers), in grado di utilizzare il web indifferenziato quale fonte di dati sulla cui base costruire indicatori misurabili. L’indicazione è quella di identificare in questo ambito degli adeguati proxies di dati ufficiali in grado di ‘estendere’ gli indicatori di cui alla categoria 1 nelle componenti ad alta frequenza e granularità territoriale fine. – Caratteristiche: medio-bassa affidabilità del dato estratto (con pro-

blemi di bias ove l’aggancio territoriale avvenga per parole chiave con significati nel linguaggio comune), alta/altissima frequenza, alta granularità del dato, piena copertura territoriale (al netto del bias sui nomi di località);

3) somministratori (semi-)automatici di questionari online (survey en-gines), per la gestione di campagne mirate di raccolta dei ritorni dei cittadini su aspetti specifici. Tipicamente operanti sul doppio canale e-mail (push) e web (pull). – Caratteristiche: bassissima frequenza, bassa copertura territoria-

le, alta affidabilità del dato raccolto.

Tali indicatori, ora disponibili, non sono però a questo punto ancora mi-surati. La misura avverrà nel momento in cui lo scheduler completerà l’esecuzione programmata delle relative istanze oppure quando dall’en-gine monitor il motore verrà manualmente istanziato e completerà la sua esecuzione. Gli indicatori saranno inoltre suscettibili di più misure su ba-se temporale, a seconda della modalità desiderata e programmata nello scheduler. Gli indicatori misurati vengono denominati ‘risultati’ e quando raggiungono questo stato possono alimentare il View Manager per la pro-duzione di grafici, mappe e tabelle.

Gli indicatori misurati dall’Engine Manager sono essenzialmente di due categorie:

a) indicatori ICT che misurano lo stato della digitalizzazione nei terri-tori osservati;

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b) indicatori più generali, in grado di misurare lo stato complessivo dei territori dal punto di vista sociale, economico, ambientale ecc.

Si farà riferimento all’Agenda Digitale Europea e Nazionale, per quanto ri-guarda gli indicatori ICT di qui al punto a); agli indicatori smart city e BES, per quanto riguarda gli indicatori di cui al punto b).

Un aspetto di rilievo del sistema SmeD è la possibilità di acclarare le eventuali correlazioni esistenti tra gli indicatori ICT (come ‘vettore di cam-biamento/evoluzione’) e gli indicatori più generali del territorio. Queste analisi competono al View Manager, componente ‘Analisi’.

3 Data Manager ed indicatori

Il Data Manager (fig. 2) si compone invece del database e dell’infrastrut-tura dati distribuita di supporto. Si presuppone infatti che il sistema possa essere strutturato in coerenza con gli ambiti territoriali (province, comu-ni). In tale modulo sono anche incluse le funzioni di autenticazione, ac-counting ed autorizzazione (AAA).

Elaborazione Risultati

View Manager

Polic

y M

anag

erEngine M

anagerIndicatori& Bots

RisultatiMisure

Infrastruttura Distribuita di Dati

DB locale

DB locale

DB locale

DB locale

Indicatori & Politiche

Analisi IBAnalisi IP

bot locali bot locali bot locali bot locali

DBMS

Autenticazione, Accounting ed Autorizzazioni (AAA)

Figura 3. Modulo Data Manager e relative sottocomponenti

Gli indicatori – ed i motori (bots) che li generano – rappresentano l’ele-mento centrale attorno al quale ruota tutto il sistema SmeD. In questa

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Misurare l’innovazione digitale

sezione ne verranno illustrate brevemente proprietà, modalità di utilizzo e transizioni di stato al fine di chiarire gli obiettivi desiderati.

Di seguito (fig. 4) illustriamo il ciclo di vita dei motori.Un motore viene sviluppato dagli Engine Developers esponendo un set

di APIs predefinito che consenta a SmeD di gestirne le istanze. Una volta caricato, subisce una serie di test che, se superati, lo portano nello stato ‘disponibile’. Sarà quindi l’analista ad attivare, per lo specifico motore, le desiderate istanze pianificate, che a quel punto passeranno da schedulate ad avviate, in pausa, fermate a seconda delle necessità del sistema.

Figura 4. Diagramma di stato dei motori (bots)

Gli indicatori sono direttamente collegati alle istanze di bots, che li espon-gono a sistema e (una volta completate le esecuzioni programmate) li rendono disponibili come valori misurati. Nei bot ‘sperimentali’ gli indi-catori sono correlati a specifiche stringhe di ricerca che parametrizzano l’istanza del bot.

Attraverso un esempio è possibile comprendere meglio quanto appena descritto. Ipotizziamo di dover ricercare nel web la partecipazione all’at-

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tività politica; ecco dunque che le stringhe immesse nei vari bot potranno essere: «politica», «partecipazione politica», «elezioni», «referendum», «congressi politici», «assemblee politiche», «tasso di partecipazione fem-minile», «consiglieri» ecc., e tutte le ulteriori parole chiave che possono essere utilizzate dall’analista per ricercare nel web la partecipazione della popolazione all’attività politica. Ciò che si otterrà, alla fine di questa ricer-ca, sarà un indicatore costituito dalla somma di tutti gli esiti parametrizzati prodotti dai vari bot accesi, in modo da ottenere un risultato consistente, pronto per essere utilizzato e sottoposto ad ulteriori fasi di analisi.

Nel nostro esempio, attraverso opportune statistiche, l’analista unirà tutto ciò che è riuscito ad estrapolare dai vari bot (ossia quanto sono pre-senti nel web i parametri ricercati), ed in questo modo riuscirà ad avere con una certa approssimazione un risultato sulla partecipazione all’attività politica.

A questo punto possono delinearsi due situazioni, in base al fatto che ci troviamo di fronte ad un indicatore primario o ad un indicatore derivato, come riportato nelle figure sottostanti.

Nel primo caso (fig. 5) l’indicatore primario viene a crearsi proprio at-traverso il metodo sopra descritto, ovvero dopo aver lanciato un bot. In questo modo, infatti, una volta che l’indicatore viene raccolto, deve essere validato dall’analista, se il risultato a cui si è arrivati è consistente. Nell’e-sempio a cui facciamo riferimento, questa situazione la possiamo trovare nel caso in cui abbiamo acceso un bot «elezioni» ed il risultato ottenuto sia conforme con quello atteso. Nel caso in cui invece il dato raccolto venga invalidato, il dato stesso verrà scartato e si tornerà alla precedente fase di ricerca tramite webbots.

Successivamente, (si veda sempre fig. 5), passiamo alla fase di aggrega-zione dei vari indicatori validati, in modo da ottenere un indicatore deriva-to; questo indicatore è costituito proprio dalla somma dei risultati ottenuti dai vari bot, ognuno dei quali deve essere validato ed aggregato agli altri. Il risultato a cui andremo incontro sarà, dunque, un indicatore costituito dalla somma di tutti gli indicatori validati, ottenuti dai vari bot accesi.

Tornando al nostro esempio, l’indicatore derivato sarà la «partecipa-zione all’attività politica», costituito dalla somma dei vari bot «politica», «partecipazione politica», «elezioni», «referendum», «congressi politici», «assemblee politiche», «tasso di partecipazione femminile», «consiglieri» ecc. dopo che questi sono stati validati.

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Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD 29

Misurare l’innovazione digitale

Figura 5. Diagramma di stato: indicatore primario

Nel secondo caso (fig. 6) viene definita ed evidenziata la creazione di un indicatore derivato; come si può vedere dal diagramma di stato, e come precedentemente ribadito, l’indicatore derivato altro non è che l’aggrega-zione degli indicatori primari validati. Una volta completata l’aggregazione degli indicatori primari, l’uscita del nuovo indicatore derivato venutosi a creare si allaccia alla validazione dell’indicatore derivato del primo dia-gramma. Ultimata questa operazione, l’indicatore ottenuto passa all’ana-lista che continuerà la sua analisi.

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Figura 6. Diagramma di stato: indicatore derivato

La fase successiva nella ‘vita’ di questi indicatori, sarà quella della visibi-lità: infatti l’analista dovrà rendere visibile all’utente finale ciò che è stato creato e prodotto, attraverso apposite interfacce che rendano facilmente consultabile il risultato ricercato ed ottenuto.

Accanto a tutte queste fasi della ‘vita’ degli indicatori, è necessario ri-cordare ed evidenziare quali sono le caratteristiche che gli indicatori stessi devono avere, così come gli eventuali limiti e le eventuali complessità a cui si va incontro nella gestione del processo sopra descritto.

Una caratteristica fondamentale degli indicatori, a cui bisogna dare notevole importanza, è il territorio. Gli indicatori, durante tutto il loro percorso, e soprattutto durante la prima fase di ricerca nel web attraver-so i bot, devono essere georeferenziati: devono cioè essere estrapolati attraverso particolari impostazioni che consentano di poter visualizzare i risultati in aree ben distinte e facilmente intuibili (ad esempio regioni, province, comuni ecc.).

Una seconda caratteristica fondamentale è quella del tempo. Soprattut-to l’analista e tutti coloro che entrano in contatto con gli indicatori stessi, devono tener conto della variazione degli indicatori nel tempo.

È proprio per questo che tutto il progetto è basato non su semplici rile-vazioni istantanee, bensì su rilevazioni perduranti nel tempo (settimane,

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mesi, trimestri, anni ecc.) in modo da poter analizzare i dati raccolti in base al loro trend, per poter osservare e valutare come essi cambiano, e cercare di capire i motivi di queste variazioni temporali.

Inoltre risulta di vitale importanza riuscire ad avere uno storico nel database, per tutte le analisi da effettuare, e la pianificazione di nuove politiche da attuare.

Una terza caratteristica, non meno importante rispetto alle altre, è la classificabilità. Gli indicatori, per una questione di efficacia ed efficienza nel loro utilizzo devono essere classificabili. Questa condizione fa si che l’analista, prima di un’accensione di un bot, individui il genere di indicatore che sta cercando: le categorie su cui ci siamo maggiormente soffermati sono le seguenti.

Indicatori BES (Bilancio Equo Sostenibile). Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile – nato da un’iniziativa del Cnel e dell’Istat – si inquadra nel dibattito internazionale sul cosiddetto ‘superamento del PIL’, stimolato dalla convinzione che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico, ma anche sociale e ambientale, corredati da misure di diseguaglianza e sostenibilità.

Vengono forniti una serie di ‘macroindicatori’ all’interno dei quali si svi-luppano una moltitudine di altri semplici indicatori che, secondo appositi studi, garantiscono una notevole copertura di tutto ciò che conta davve-ro per la popolazione. Questi macroindicatori sono: Salute, Istruzione e Formazione, Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere Economico, Relazioni Sociali, Politica ed Istituzioni, Sicurezza, Benessere Soggettivo, Paesaggio e Patrimonio Culturale, Ambiente, Ricerca e Innovazione, Qua-lità dei servizi.

Indicatori smart city. In questo caso invece vengono fornite sei categorie di macroindicatori, suddivisi al loro interno in una moltitudine di indicatori, con un elevato grado di granularità. Le sei categorie sono: Smart Economy, Smart People, Smart Governance, Smart Mobility, Smart Environment, Smart Living.

Al fine di adottare efficacemente questi indicatori è necessario un dupli-ce adattamento in termini di:

– granularità: applicare gli indicatori ai comuni veneti (che non sono small-medium cities),

– frequenza: rilevare gli indicatori a periodicità ravvicinate (mese/settimana, fino al giorno).

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Misurare l’innovazione digitale

32 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

KPIsSmart City

Smart People

Smart Living

Smart

Gov

erna

nce

Smar

t Env

ironm

ent

Smart Econom

y

Smart M

obility

12 KPIs

15 KPIs

9 KPIs

9 KPIs 9 KPIs

20 KPIs

Figura 7. Le 6 famiglie dei 74 indicatori smart city (Smart cities Ranking of European medium-sized cities, ottobre 2007, http://www.smart-cities.eu)

Accanto alle precedenti due categorie di macroindicatori, troviamo tutta una serie di altri indicatori, parametri e statistiche, complementari o so-stitutivi di quelli appena elencati.

Per reperire questi indicatori risultano di notevole importanza le fonti di dati: esse sono innumerevoli (ad esempio: Istat, Arpav, Camere di Com-mercio, dati relativi ai singoli comuni ecc.) e spetta all’analista riuscire ad individuarle con tempestività ed efficacia, ai fini della ricerca.

Passando ora ad analizzare una criticità di cui è necessario tener conto nell’affrontare tutto il processo di analisi, ossia la stabilità degli indicatori, si può notare come essa sia strettamente correlata alla variabile temporale sopra descritta.

Per stabilità degli indicatori intendiamo quella particolare situazione in cui i bot ‘modificano’ il loro stato d’essere.

Attraverso un esempio possiamo spiegare meglio la criticità in questio-ne: supponiamo di effettuare una particolare istanza nel web, attraverso webbot, per un periodo di tempo di circa un anno; nel caso in cui io decida di bloccare l’istanza stessa, per un periodo di tempo di sei mesi, il problema si manifesta quando io, trascorsi i sei mesi, voglio riprenderla e mandarla nuovamente in esecuzione.

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3.1 Indicatori e metodo scientifico

Gli indicatori ‘di stock’ cambiano lentamente e quindi non sono di pecu-liare interesse del progetto. Gli indicatori ‘di flusso’, invece, presentano una dinamicità in grado di evidenziare i trend di cambiamento. La maggior parte di questi misurano ‘interazioni tra/azioni di persone’ o correlati ef-fetti. Le misure degli indicatori possono avvenire da diverse fonti, con una disponibilità di dati che aumenta negli anni:

– rilevazioni ufficiali (es. Istat): precise ma di bassa frequenza; – open data: puntuali ma ancora immaturi/incompleti; – big data (es. cellulari, mobilità, grandi banche dati): molto dettagliati

ma con problemi di anonimizzazione e con errori di misura da valu-tare;

– smart city/sensori fisici: operativi solo in poche città ad oggi; – social media: garantiscono molti dati già ora ma vi sono errori di

misura elevati; – questionari/campagne di misura: precisi ma inapplicabili (a causa dei

costi e dei volumi necessari); – PA ‘di processo’ (es. procedimenti ecc.): validi, ma solo per casi spe-

cifici.

L’intento del progetto SMED è di supportare la PA nelle sue azioni sull’inno-vazione (digitale ma non solo) con il ‘classico’ metodo scientifico, comune nelle scienze dure (come la fisica): si misura in maniera ‘fine’ (molti dati, dettagliati) e considerando un ineliminabile errore di misura (che può essere piccolo per dati ufficiali o grande per dati da social network), si rileva l’impatto delle azioni (investimenti sui territori, infrastrutturazioni, azioni di R&D). A seguire si potranno costruire dei solidi modelli costituiti su razionali basi scientifiche.

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Misurare l’innovazione digitale

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Figura 8. Interazione Figure e Attività in SmeD

3.2 Infrastruttura Tecnologica

Il progetto SMED ha completato la progettazione tecnica di un sistema informatico che potrebbe divenire una vera e propria infrastruttura di sup-porto per la Pubblica Amministrazione (comuni & regione) della Regione del Veneto composta da:

– un sistema di rilevazione ‘fine’ di indicatori su scala regionale a det-taglio comunale e frequenza giornaliera in grado di operare senza interruzioni per lunghi periodi (anni);

– un sistema di visualizzazione per restituire le rilevazioni ai territo-ri;

– un sistema di supporto alla pianificazione delle politiche locali con correlata pianificazione degli impatti attesi in termini di indici ter-ritoriali.

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Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD 35

Misurare l’innovazione digitale

4 Policy Manager

Come ogni progetto, esistono delle linee guida che determinano cosa si può o non può fare. Questo pensiero viene tradotto con la policy: linee di condotta che identificano tutte quelle regole che accomunano situazioni che devono essere controllate.

È importante precisare che le policy vengono delineate anche da enti maggiori, non solo dai protagonisti del progetto in questione. Le policy, definite a questo punto, diventano pressoché indispensabili per i fini dei progetti in generale, al fine della tutela delle innovazioni, non solo nel senso pratico di ingegneria, ma anche di nuove idee. Quindi l’innovazione consiste nella produzione, l’assimilazione e lo sfruttamento con successo delle novità in campo economico e locale, essa viene intesa come una sorta di discontinuità tra conoscenza e saper fare, la quale genera nuovi pro-dotti e/o un sensibile aumento di produttività: a parità di risorse si fanno più cose (si parla di sviluppo), o si fanno le stesse cose con meno risorse (sostenibilità).

Il processo viene inteso come la consequenzialità delle azioni. Nella policy specifica di SmeD vediamo cha questo avviene con tre diversi com-ponenti (nel sottoparagrafo seguente sono spiegati meglio), parlando in generale le diverse azioni che si susseguono danno vita alla specifica del progetto.

Le linee guida sono state definite dalla Commissione Europea, definendo le policy ICT in cinque diversi temi, che a loro volta sono suddivisi in sotto-obiettivi. Di seguito vediamo l’elenco.

Tema 1. Cloud if Public and smart city1.1 Cloud of Public Services1.2 Smart Sustainable Mobility1.3 Preparing public procurement for innovation on resource efficient

data centres for smart city

Tema 2. Digital Content, Open Data and Creativity2.1 Europeana and creativity2.2 Open Data2.3 ICT for learning2.4 Digital content technologies for a better Internet for kids2.5 eArchiving service

Tema 3. ICT for Health, Ageing and Inclusion3.1 Preparing large scale deployment of targeted solutions to support

active and healthy ageing3.2 Supporting public procurement for innovative solutions in eHealth,

active and healthy ageing and assisted living

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Misurare l’innovazione digitale

36 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

3.3 Networking for health, ageing well and inclusion3.4 Assisted mobility/navigation for older or impaired users3.5 Biophotonics solutions for diagnosis, monitoring and treatment of

diseases

Tema 4. Trusted e-Service4.1 Protection of Websites against attack4.2 Security for networked infrastructure 4.3 Secure and trustworthy reporting of malware and suspected cyber-

crime

Tema 5. Open Objective for Innovation and Other Action5.1 Open objective for innovation5.2 Support to advance Corporate Social Responsibility in the ICT sectors5.3 Support to the Grand Coalition for ICT jobs

All’interno di SmeD il Policy Manager viene inteso come il sottosistema che consente agli amministratori pubblici di mantenere un sistematico monitoraggio delle politiche sul’effetto delle politiche di intervento ICT sul territorio.

Il processo attraverso le tre fasi definite dai tre componenti in modo se-quenziale: per primo si trova il Policy Editor, poi il Policy Goals, ed infine il Policy Scheduler.

È stata delineata una struttura su tre livelli:1) il componente Policy Editor consente l’immissione nel sistema delle

politiche di intervento, quindi per ciascuna di queste azioni e per ogni azione i relativi progetti;

2) con il componente Policy Goals i soggetti che rappresentano la Pub-blica Amministrazione hanno la possibilità di dichiarare e/o stabilire gli obiettivi;

3) infine, il componente Policy Scheduler permette di monitorare le im-missioni dei dati prese in precedenza e quindi verificarle successiva-mente al periodo di attuazione.

Ora nello specifico spieghiamo le tre componenti.

4.1 Policy Editor

In questo componente troviamo l’interazione tra politica, azione e progetti. Per mezzo della politica si possono delineare le azioni, che a loro volta servono per poter creare il progetto. Nella compilazione della tabella della policy, si vedrà meglio nel dettaglio come ogni tassello della componente sia costituita da diversi requisiti, e come queste siano collegate tra loro.

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Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD 37

Misurare l’innovazione digitale

4.2 Policy Goals

Nel modulo Policy Goals troviamo gli obiettivi e le soglie al fine di giunge-re all’indicatore definitivo. Gli obiettivi sono definiti come la definizione dell’indicatore stesso, ossia per quale motivo si sia prefissato di trovare l’indicatore, e questo avviene grazie ad una temporizzazione ben definita, a intervalli sequenziali.

4.3 Policy Scheduler

L’ultimo componente dell’intera policy consiste nel Policy Scheduler, una componente molto complessa che sussiste nella interazione tra Policy Edi-tor e Policy Goals di molti progetti. All’interno dello scheduler troviamo anche i segnalatori di allerta in caso di errori o mal funzionamenti nel recupero dei dati.

Il Policy Scheduler permette di monitorare l’intero progetto prima di definire l’indicatore finale.

4.4 Funzioni di Policy

Le funzioni previste per il Policy Manager consistono in: – compilazioni di form per l’inserimento delle politiche; – essere a conoscenza del nucleo fondante dello scheduler (prima com-

ponente della policy); – gestore di avvisi (presenti nel terzo componente) per allertare nel

caso in cui avvenisse un superamento o un calo degli indicatori segui-ti, ossia se c’è un qualche sovrastima o sottostima dei dati prefissati inizialmente;

– monitoraggio delle politiche, azioni e progetti (gli elementi che si vedranno più in dettaglio della policy, nel contesto della struttura);

– preliminare alla dichiarazione degli obiettivi di dettaglio bisogna fare una fotografia degli indicatori;

– verifica o successo parziale o completo degli interventi.

Queste informazioni dovrebbero (nel limite del possibile) essere visibili al cittadino; è importante notare che quest’ultimo passo è presente anche nei criteri delle ICT definite dalla Commissione Europea.

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Misurare l’innovazione digitale

38 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

5 Struttura della Policy

Tracciare una linea guida utilizzando le definizioni della policy aiuta di molto la stesura del progetto. Nel seguito verranno delineate tutte le sin-gole parti che determinano le tre componenti della policy.

Figura 9. Struttura Policy

Politica. Con politica viene intesa tutta la linea generale che si deve se-guire all’interno della delineazione di un progetto, nel dettaglio vengono specificati gli attributi:

– denominazione, – descrizione, – referente politico (assessorato), – referente tecnico (direzione), – obiettivo specifico.

Una piccola nota per referente politico e referente tecnico: essi identifica-no la cooperazione che intercorre per le persone strettamente a contatto con i partecipanti al progetto e con figure che si interessano in senso lato.

Azione. Con azione si definisce come procedere con un passo del progetto: – denominazione; – descrizione;

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Misurare l’innovazione digitale

– riferimento politica; – risorse economiche (euro o altro); – fonte dei finanziamenti; – obiettivo specifico; – range temporale.

Una possibile definizione può avvenire utilizzando una gerarchia con più livelli, utilizzando azioni e sottoazioni, similmente alla notazione con rife-rimenti (PON/POR/FESR).

Progetto. Quindi viene specificato il progetto stesso: – denominazione; – descrizione; – riferimento azione; – data inizio; – data fine; – soggetto attuatore.

Tramite esso troviamo le specifiche inerenti al periodo di sviluppo, lo scopo ed il soggetto, in collegamento con gli elementi di politica, azione ed obiettivo.

Obiettivo. L’obiettivo prevede le seguenti attribuzioni: – denominazione; – descrizione; – motivazione dell’obiettivo; – classe:

a. obiettivo specifico di progetto;b. obiettivo di ICT;c. obiettivo di impatto;

– riferimento progetto; – indicatore (quelli monitorati da SmeD); – valore attuale (misurato in uno o più trimestri); – successo/insuccesso definito come un insieme di soglie da raggiun-

gere.

Soglia. Le soglie sono dei livelli definiti, all’interno del progetto, che si vogliono raggiungere, e sono caratterizzate da:

– riferimento obiettivo; – valore indicatore voluto in tempi:

a. a trimestri;b. anni;c. dopo la chiusura del progetto;

– indicatori;

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Misurare l’innovazione digitale

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Figura 10. Diagramma Elementi Policy

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Misurare l’innovazione digitale

6 View Manager

Il View Manager (fig. 11) gestisce le interfacce sul Policy Manager e le vi-ste sui dati (ex Engine Manager). Anche questo sottosistema è modulare, sulla base del Multiple Devices Interface (MDI) che dovrà poter gestire le interfacce con i principali apparati PC/Web via browsers (Windows, Mac, Linux) e tablet/mobile via apps dedicate (IOS, Android, Windows). Il sottosistema view loader consente l’estensibilità del sistema in collega-mento con gli sviluppatori: ogniqualvolta si rende disponibile una nuova interfaccia, questa può venire caricata ed aggiunta al sistema.

Multiple Devices Interface

PolicyManager

EngineManager

remove

add

interfacce

Politiche RaccoltaRisultati

Interfaccia alsistema di raccoltamotori/indicatori

Interfaccia algestore delle

politiche

Interfaccia di presentazione deiKPI x mappe/grafici

viewloader sviluppatori

AnalisiCorrelazioni & def. KPI secondari

Figura 11. View Manager e relative sottocomponenti

Il View Manager espone alcuni pannelli, collegati ai tre moduli Policy Manager, Engine Manager e Data Manager:

– il pannello Politiche, per l’inserimento, la gestione e la pianificazione di politiche, azioni, progetti, il collegamento con gli indicatori presen-ti a sistema e la definizione delle soglie desiderate di raggiungimento nei tempi stabiliti; tale pannello è gestito dal politico/funzionario lo-cale ed è supportato da un insieme di meccanismi di alert automatico; (si veda: Policy Manager)

– il pannello Risultati, per la rappresentazione dei dati raccolti dai mo-tori dell’Engine Manager. Tale pannello dovrà consentire la visualiz-zazione dei dati in forma grafica ad istogrammi 2D, 3D, torte, grafici semplici a punti, a linee, a bolle ecc. come nei principali sistemi di Business Intelligence. Dovrà essere possibile una visualizzazione nel tempo (stile Google Motion Charts), e le viste georeferenziate dovran-

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42 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

no essere supportate con possibilità di assegnare automaticamente gradienti di texture/colori alle aree visualizzate;

– il pannello Raccolta, per l’interazione con il sistema di motori gestito dall’Engine Manager (caricamento e rilascio dei motori, schedulazio-ne, sospensione, stop, resume ecc.). Il sistema dovrà essere multith-reading per garantire la massima flessibilità. E dovrà essere in grado di gestire un elevato numero (migliaia) di motori senza problemi di interruzione e garantendone la corretta esecuzione programmata per anni interi (si veda: Engine Manager);

– il pannello Analisi, per consentire agli analisti di rilevare le correla-zioni tra gli indicatori misurati, ovvero tra indicatori specifici ICT ed indicatori generali smart city, e definire indicatori secondari calcolati in base agli indicatori primari.

6.1 Pannello Risultati

Il pannello risultati è sostanzialmente diviso in tre modalità di visualizza-zione:

1) visualizzazione di un indicatore su un gruppo di comuni (da uno o a cinque comuni) in funzione del tempo;

2) visualizzazione complessiva, ovvero su tutti i comuni disponibili, di un indicatore (ad una data scelta);

3) confronto/benchmark generale tra comuni (su una lista di indicatori).

Nel seguito riportiamo un maggiore dettaglio di ciascuna visualizzazione avvalendoci quale esempio di grafica quella generata nell’ambiente Google Charts.

Modalità 0: il mio ComuneCon questa modalità, sono esposti i dati rilevanti di un solo Comune.

Indicatori, storico.

Modalità 1: un indicatore su un gruppo di ComuniDopo aver selezionato un particolare indicatore, sarà possibile scegliere,

attraverso un menù a scelta multipla, una lista di Comuni (fino a cinque) di cui si vuole visualizzare l’andamento in funzione del tempo. Una lista di grafici metteranno in evidenza tale trend in maniera differente per rendere la visualizzazione più efficace.

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Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD 43

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Figura 12. Istogramma

Figura 13. Grafica in movimento

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44 Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD

Figura 14. Diagramma a mappa geo-referenziata

Modalità 2: un indicatore su tutti i ComuniTale modalità permette di avere un’idea complessiva dell’andamento di

un indicatore a scelta, per far ciò verrà visualizzato una mappa più generale (con presenti i valori di tutti i comuni della Regione o di una Provincia) con evidenziati i Comuni con colori diversi a seconda dell’andamento dell’indi-catore. Sarà inoltre presente una classifica con presenti i Comuni ordinati (in ordine crescente o decrescente) in base al valore dell’indicatore.

Classifica1) Venezia 256602) Verona 225563) Treviso 198884) Vicenza 185555) …

Modalità 3: confronto/benchmark tra 2-3 Comuni di più indicatoriCon questa modalità, si potranno confrontare un gruppo ristretto di

Comuni (fino a 3) sulla totalità o un sottoinsieme di indicatori. Per far ciò sarà visualizzata una tabella organizzata in modo tale da avere posti sulle

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Cortesi, Candiello. Il Sistema Informativo SmeD 45

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colonne i comuni e sulle righe invece la lista degli indicatori per poter effet-tuare un confronto avendo sottomano direttamente i valori degli indicatori e non una rappresentazioni degli stessi.

Tabella 1. Benchmark di confronto tra Comuni

Venezia Treviso Padova

Reddito Medio 22225 24555 25651

Investimento Banda Larga 100000 120000 95000

Tasso Disoccupazione 10% 5% 8%

Num_Twit_Elezioni 1536 5252 3333

… … … …

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2 Il contesto: come estrarre e gestire le informazioni per città più reattive

In questa sezione si provvederà ad identificare dati ed indicatori disponibili, e come misurarli, con il supporto di alcuni ‘esperti trasversali’ in grado di fornire un meccanismo interpretativo e sugge-rire alcune strategie per la raccolta dei dati. Verrà inquadrato il contesto del big data delle tante informazioni ora accessibili in diverse forme e modalità relative specificamente ai contesti urbani e locali (smart city). Queste fonti informative saranno il fulcro del costituendo sistema regionale di valutazione degli indicatori di impatto dell’ICT sulla competitività dei territorio e dell’evoluzione delle città intelligenti. Gli esperti andranno a delineare alcuni ambiti: reti cellulari e mobilità (cfr. Giannotti, CNR), web e twitter, Pubblica Amministrazione (cfr. Marzano, Stati Generali dell’Inno-vazione), visione evolutiva (cfr. contributi multimediali).

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Big data e social miningI dati, a saperli ascoltare, raccontano storie

Fosca Giannotti (Knowledge Discovery & Data Mining, KDD Lab, CNR)

Abstract The most relevant sources of big data for social analysis are reviewed, and the related opportunities for new analytic processes are discussed. A selection of pilot cases of data mining analysis on big data are presented, aiming at understanding the complexity of social phenomena. The most critical ethical aspects emerging from the big data analysis are discussed.

Sommario 1. Opportunità e rischi dei big data. – 2. Le sorgenti di big data: gli effetti laterali dei servizi ICT che usiamo. – 3. Esperienze di big data analytics per analisi sociali. – 4. Comprendere la mobilità umana con i big data. – 5. Conclusioni.

1 Opportunità e rischi dei big data

Nel mondo che abitiamo, oggi abbiamo l’opportunità di osservare da vi-cino e misurare il funzionamento della società attraverso i big data, le briciole digitali che le nostre attività quotidiane lasciano per effetto del nostro uso dei sistemi ICT. Briciole che registrano la nuda verità sui com-portamenti individuali e collettivi con una precisione senza precedenti, in modo che le diverse dimensioni della nostra vita sociale trovano un’im-magine riflessa nello specchio digitale: desideri, opinioni, stili di vita, movimenti, relazioni.

I nostri desideri, opinioni, sentimenti lasciano traccia nei social media a cui partecipiamo, nelle domande che facciamo ai motori di ricerca, nei tweet che inviamo e riceviamo, così come i nostri stili di vita lasciano trac-cia nei record dei nostri acquisti. I nostri movimenti lasciano traccia nelle traiettorie disegnate dai nostri smartphone e dai sistemi di navigazione delle nostre auto.

Anche le nostre relazioni sociali lasciano traccia nella rete dei nostri con-tatti telefonici e delle e-mail e nei link di amicizia del nostro social network preferito. Possiamo cominciare a esplorare la rete di relazioni che costi-tuisce la nostra società, il tessuto sociale e la sua robustezza o debolezza.

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Misurare l’innovazione digitale

50 Giannotti. Big data e social mining

I big data sono il nuovo microscopio che rende ‘misurabile’ la società. Come la scoperta di ogni nuovo microscopio o telescopio nel passato, i big data stanno spingendo verso una nuova scienza dei dati: il social mining, in grado di misurare e, in prospettiva, prevedere crisi economiche, epidemie e pandemie, diffusione di opinioni, distribuzione delle risorse economiche o energetiche, bisogni di mobilità.

Certo, bisogna tenere conto della qualità dei dati e della loro rappresen-tatività. Certo, bisogna essere consapevoli delle grandi opportunità così come dei nuovi rischi: occorrono tecnologie a sostegno della privacy, oc-corre un ‘new deal’ sui temi della privacy, della trasparenza e della fiducia per far si che l’accesso alla conoscenza dei big data sia bene pubblico per tutti. Certo, bisogna superare la fase attuale, in cui la maggior parte dei big data interessanti sono tutt’altro che ‘open’ e se ne stanno chiusi nei database delle web corporations e degli operatori telecom. Certo, questi problemi – qualità, privacy e proprietà dei big data – sono decisivi.

Sicuramente questo nuovo percorso ha forti ripercussioni su molti aspet-ti etici: privacy e protezione dei dati personali (chi può accedere ai miei dati?), proprietà e sfruttamento dei dati (di chi sono i miei dati? per quali scopi vengono usati?), trasparenza (chi può fare cosa con i miei dati?), consapevolezza e conoscenza di sé (come posso accedere alla conoscenza nascosta nei miei dati?), monopoli ed asimmetrie (come controbilanciare il potere delle grandi corporation della conoscenza?). Nel nostro mondo interconnesso non possiamo permetterci di perdere l’opportunità offerta dai big data, ma dobbiamo trovare un nuovo ecosistema socio-tecno-legale in cui la conoscenza sia un bene comune sicuro.

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Giannotti. Big data e social mining 51

Misurare l’innovazione digitale

2 Le sorgenti di big data: gli effetti laterali dei servizi ICT che usiamo

Il social mining si basa su collezioni massive di tracce digitali di attività umane mediate dalla tecnologia ICT. Spesso tali tracce sono le semplici memorizzazioni delle richieste di accesso a servizi: i cosiddetti ‘log’ di tali servizi. Sono quindi registrazioni che memorizzano il contenuto minimale per attivare il servizio. Spesso tali registrazioni consistono di un identifica-tivo del richiedente, di un time-stamp temporale, talvolta anche spaziale, talvolta un piccolo contenuto testuale o multimediale. In altri casi i dati sono i contenuti veri e propri dei servizi. La sfida sta nell’utilizzare questi dati per scopi diversi dal servizio come specchio di un qualche fenomeno sociale da osservare e capire.

Molti degli esperimenti in letteratura si basano sull’utilizzo di dataset messi a disposizione della comunità scientifica con diverse modalità di accesso:

– accesso aperto: ad esempio i log di accesso ad un servizio ‘open’ su Internet da parte di un identificativo di utente (es. Europeana), le foto geo-localizzate condivise sui social network su Internet (es. Flickr), i log delle reti sociali (es. Foursquare, Twitter ecc..) e ovviamente gli Open Data disponibili sia nelle pubbliche amministrazioni che nel Linking Open Data cloud. Buoni strumenti di crawling su rete pos-sono realizzare velocemente raccolte massive di questi dati, oppure i servizi stessi mettono a disposizione delle funzionalità (API) per scaricarli;

– accesso ristretto: sono il risultato di accordi tra ricercatori ed azien-de per condurre sperimentazioni con un limitato diffusione dei risul-tati e non condivisione con la comunità scientifica dei dati. Esempi sono i record di utilizzo dei telefoni cellulari (GSM CDR, Call Detail Records Datasets) messi a disposizione da alcuni operatori telefonici, le tracce dei dispositivi GPS sia su veicoli che su smartphone. Esem-pio del secondo tipo sono i dispositivi di tracking forniti da compagnie assicurative (in Italia l’azienda Octotelematics, che offre il servizio per diverse compagnie serve dal 3% to 7% di veicoli private registra-ti). Esistono esperimenti con datasets della compagnia TomTom su flotte di taxi (un dataset a NewYork ed uno a Shanghai), datasets di query di motori di ricerca, comunità di Facebook che danno l’accesso ai loro profile ed alla rete delle loro amicizie, raccolte di e-mail da volontari, accessi ai servizi di Skype;

– Participatory crowd sensing: una modalità nuova di realizzare raccol-ta dati ed indagini coinvolgendo attivamente gruppi di utenti volonta-ri nell’esprimere fatti, opinioni usando sistemi di gioco con scopo ed attività collaborative immerse in realtà più o meno virtuali.

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52 Giannotti. Big data e social mining

3 Esperienze di big data analytics per analisi sociali

L’uso di big data per misurare e comprendere fenomeni sociali è un’area recente, ma molto vivace. Illustriamo qui un elenco non esaustivo di prime esperienze.

3.1 Nowcasting con le tracce delle ricerche su Web

Vari studi hanno esaminato la capacità predittiva dei record di interroga-zioni sui motori di ricerca web (query logs), come quelli messi a disposi-zione dal servizio di Google Trends, che fornisce il volume giornaliero e settimanale dei termini di ricerca più usati dagli utenti di Google (http://www.google.com/trends). I ricercatori Choi e Varian (Choi 2009) di Goo-gle hanno introdotto il termine «predire il presente», o «nowcasting», in contrapposizione a «forecasting», per indicare la correlazione che spesso esiste tra ricerche su web e vari indicatori socio-economici, correlazione che può rivelarsi utile per previsioni a breve termine. Il rilascio di indi-catori di attività socio-economiche avviene in genere con un ritardo di diverse settimane o mesi, ed è quindi chiaramente utile avere stime più tempestive di questi indicatori.

Attività influenza in US. Blu: Stima di Google Flu Trends; Arancio: Dati ufficiali Influenza-like illness data (ILI) forniti da U.S. Centers for Disease Control. Figura 2. Attività dell’influenza in US. Blu: stima di Google Flu Trends; arancio: dati ufficiali

Influenza-like illness data (ILI) forniti da US Centers for Disease Control

Un esempio popolare in ambito epidemiologico è lo studio in (Ginsberg 2008) che ha dimostrato come i query logs possano predire l’incidenza del-le malattie influenzali. Intuitivamente, si osserva una stretta correlazione tra il numero di persone che cercano in rete argomenti riguardanti l’in-fluenza e il numero delle persone che in realtà hanno sintomi influenzali. Gli autori hanno confrontato i conteggi delle query con sistemi di sorve-glianza dell’influenza tradizionali ed hanno scoperto che molte di queste query tendono ad essere molto popolari in coincidenza con la stagione influenzale. È quindi possibile stimare l’incidenza del fenomeno influenzale

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Giannotti. Big data e social mining 53

Misurare l’innovazione digitale

nei diversi paesi e regioni di tutto il mondo in tempo quasi reale. Questa scoperta è importante perché le agenzie di sorveglianza sanitaria elabo-rano le loro stime con un ritardo di settimane, mentre la tempestività è fondamentale per consentire agli operatori sanitari di rispondere meglio alle epidemie stagionali e alle pandemie. Altri studi di nowcasting basati sui dati di ricerca web hanno interessato la stima di disoccupazione, in-flazione, domanda commerciale ecc.

3.2 Misurare la felicità con le tracce nei Social Media

Una direzione popolare di ricerca focalizza sull’analisi del contenuto di Social Media, in particolare Twitter per misurare e monitorare lo stato emotivo di una popolazione a varie scale geografiche e temporali. Diversi autori hanno proposto di utilizzare i tweets come proxy per la felicità, uti-lizzando metodi per mappare i 140 caratteri di testo in ogni tweet in uno stato emotivo, che viene poi aggregato utilizzando gli ancoraggi geografici e temporali. Un primo esempio è il progetto Twittermood (di: Alan Mislove, Sune Lehmann, Yong-Yeol Ahn, Jukka-Pekka Onnela, J. Niels Rosenquist, Northeastern University, 2010, http://www.ccs.neu.edu/home/amislove/twittermood) , volto a mappare lo stato d’animo negli Stati Uniti su tutta la giornata, come inferito da centinaia di milioni di tweets.

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54 Giannotti. Big data e social mining

Il contenuto di ogni tweet è mappato in uno stato emotivo usando il metodo ANEW (Affective Norms for English Words) che fornisce rating emotivo per un gran numero di parole in lingua inglese. Le valutazioni sono aggre-gate per stato degli Stati Uniti e ora del giorno, in modo che la semplice infografica riveli pattern evidenti.

3.3 Misurare il benessere con le tracce delle Reti Sociali

La varietà delle relazioni sociali correla La varietà delle relazioni sociali correla con il benessere wih well-being Una direzione di ricerca emergente è quella di utilizzare concetti dall’ana-lisi di reti sociali e relative misure inferite da record di attività telefonica rilevati a livello nazionale, al fine di stimare indicatori socio-economici di povertà, benessere e progresso sociale. La logica è che le reti sociali mo-dellano il tessuto della società e costituiscono la spina dorsale della vita sociale ed economica: i dati di telefonia espongono la struttura macrosco-pica della rete sociale di una intera nazione e permette quindi di studiare a società con un approccio quantitativo. Uno studio pionieristico in questa linea è quello in (Eagle 2010), dove gli autori combinano una registrazione completa di una rete di comunicazione nazionale con dati nazionali di cen-simento sul benessere delle comunità. Gli autori mostrano che la varietà delle relazioni individuali è fortemente correlata con lo sviluppo economico delle comunità locali. L’ipotesi è che la varietà dei propri contatti sociali sia proporzionale all’accesso alle opportunità. La figura mostra la forte correlazione misurata, tra la varietà dei contatti sociali della rete e l’Indice di Deprivazione Multipla del Governo inglese, una misura composita di prosperità, in base al reddito, occupazione, istruzione, salute, criminalità, alloggi e la qualità ambientale di ogni regione.

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Giannotti. Big data e social mining 55

Misurare l’innovazione digitale

4 Comprendere la mobilità umana con i big data

L’ingrediente chiave per il rinnovato interesse nell’anali del funzionamen-to delle città emerso durante l’ultimo decennio è la disponibilità di big data relativi alla mobilità umana, favorito dalla diffusione capillare delle tecnologie wireless, come il Global Positioning System (GPS) abilitato dai satelliti e le reti di telefonia mobile. Queste infrastrutture di rete, come sottoprodotto del loro normale esercizio, consentono il rilevamento e la raccolta di enormi archivi di dati spazio-temporali, quali i record delle chiamate provenienti da telefoni cellulari e le tracce GPS dei dispositivi di navigazione, che rappresentano i proxy a livello globale per le attività mobili umane. Questi dati possono aiutarci a capire i pattern e modelli che caratterizzano le traiettorie seguite dalle persone durante la loro at-tività quotidiana. Su questa base, è fiorita una vivace linea di ricerca che ha attratto scienziati di diverse discipline, non solo per la grande sfida intellettuale ma anche per l’importanza in settori applicativi quali la pia-nificazione urbana, la mobilità sostenibile, l’ingegneria dei trasporti, la salute pubblica, e la previsione economica (Giannotti 2008; Batty 2012).

Gli analisti ragionano su concetti di alto livello, come sistematicità o oc-casionalità del movimento, scopo di un viaggio, e caratteristiche di pendo-lari, residenti, visitatori. Di conseguenza, gli strumenti analitici tradizionali di ingegneria dei trasporti, come ad esempio le matrici origine/destinazio-ne , si basano su dati semanticamente ricchi raccolti attraverso indagini sul campo e interviste. Non è quindi ovvio capire come usare big data per superare i limiti delle indagini tradizionali, ossia il loro costo elevato, la pe-riodicità infrequente, la rapida obsolescenza, l’incompletezza e l’impreci-sione. D’altra parte, i dati di mobilità rilevati automaticamente fotografano la nuda verità: le attività mobili reali sono direttamente e continuamente campionate senza avere però alcuna annotazione semantica o di contesto. Molti ricercatori hanno cominciato ad investigare come colmare questo divario. Esperimenti su larga scala stanno dimostrando come sia possibile rispondere a molte domande analitiche complesse sul comportamento in mobilità sulla base di big data.

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Misurare l’innovazione digitale

56 Giannotti. Big data e social mining

4.1 Costruire l’Atlante della mobilità urbana dai dati GPS

L’Atlante della Mobilità Urbana Figura 3. L'Atlante della mobilità urbana

I dati, a saperli ascoltare, raccontano storie. Prendiamo ad esempio un territorio come la Toscana, osserviamo per qualche tempo i viaggi compiuti da un campione di automobilisti registrandone i viaggi e le soste. In uno dei nostri esperimenti abbiamo analizzato le tracce digitali lasciate da auto equipaggiate con una ‘scatola nera’ che, per conto della compagnia di assicurazione dell’auto, registra la traiettoria di ogni viaggio attraverso il segnale di localizzazione via satellite (GPS): in 5 settimane, osservando il territorio intorno a Pisa, Lucca e Livorno, abbiamo contato circa 40.000 auto che hanno compiuto un milione e mezzo di viaggi, percorrendo oltre 16 milioni e mezzo di chilometri (più di 400 volte la lunghezza dell’equa-tore!) per una durata complessiva di oltre 60 anni. Il sistema di mobility data mining (Giannotti 2011) è stato utilizzato su questi dati per creare un atlante (http://kdd.isti.cnr.it/uma) della mobilità urbana, cioè un cata-logo completo dei comportamenti di mobilità in una città, sviluppata per tutte le città della Toscana, sulla base di dati GPS istallati su veicoli privati che copre circa il 7 % del autovetture private registrate, le cui tracce GPS sono state osservate per un lungo periodo. Ogni città è rappresentata attraverso una infografica che illustra nuovi indicatori di mobilità, come il raggio di girazione dei residenti (la distanza media quadratica di ogni persona dalla sua posizione preferita) e la sua distribuzione geografica e temporale. Inoltre sono evidenziati i pattern spaziali e temporali dei viaggi dei pendolari (in ingresso ed in uscita), insieme con l’impatto del pendo-larismo e della mobilità non sistematica sulla città (vedi figura). L’atlante della mobilità urbano è un punto di partenza per caratterizzare diverse città rispetto ai loro profili di mobilità.

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Giannotti. Big data e social mining 57

Misurare l’innovazione digitale

4.2 Stimare i flussi di movimento dai dati della telefonia mobile

I dati, a saperli ascoltare, raccontano storie. I record delle comunicazioni della telefonia cellulare forniscono un interessante immagine sia di tra-iettorie individuali che di relazioni sociali, infatti mantengono la traccia di ogni telefonata tra due utenti e la localizzazione nello spazio e nel tempo dell’utente che avvia la chiamata. L’alta penetrazione dei telefoni cellulari fa sì che tali dati catturino una grande frazione della popolazione di un in-tero paese. La disponibilità di enormi quantità di CDR (Call Detail Records) ha attirato l’interesse di molti ricercatori in molti campi con una varietà di risultati interessanti. Recentemente, Orange France Telecom ha reso disponibile alla comunità scientifica un anno di dati di telefonia mobile di tutti gli abitanti della Costa d’Avorio in A frica. Lo studio condotto (Nanni 2013) ha dimostrato che con questi dati è possibile stimare con precisione i flussi di mobilità e sostenere la creazione di strumenti di pianificazione sostenibili, anche in un paese in via di sviluppo, senza una infrastruttura di sensori sulle strade. I risultati empirici di questo studio mostrano come creare un modello della domanda di trasporto per la Costa d’Avorio e le sue principali città, stimando una matrice origine-destinazione dei flussi di mobilità dai dati di telefonia mobile, in combinazione con l’uso di dati della rete stradale accessibili al pubblico e un software di modellazione di trasporto standard. I risultati indicano che un stima continua ed affidabile dei flussi di mobilità dai dati GSM è a portata di mano.

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58 Giannotti. Big data e social mining

4.3 Quantificare la popolazione urbana dai dati della telefonia mobile

GSM

Social

I dati, a saperli ascoltare, raccontano storie. Un altro esempio di come utilizzare i dati GSM per il monitoraggio continuo di indicatori demografici è il sociometer della popolazione urbana proposto (Furletti et al. 2012). Il sociometer è finalizzato a stimare la percentuale di city users che rien-trano in tre categorie: residenti, pendolari, e visitatori. In questo studio, un dataset di dati di chiamata di telefonia mobile (CDR) è utilizzato per caratterizzare i profili di chiamata delle persone osservate in un’area ur-bana per un arco temporale di cinque settimane. Il profilo di chiamata di un utente cattura le sue abitudini di chiamata durante i giorni feriali o nei fine settimana nell’intero periodo di osservazione: quanto appare duran-te le prime ore del mattino, durante l’orario di lavoro, o le ore notturne. Per mezzo di una campagna di rilevamento mirato, alcuni dei profili di chiamata disponibili sono classificati secondo le tre classi; il classifica-tore è costruito su un sottoinsieme di dati annotati utilizzando tecniche di apprendimento automatico/data mining, poi viene applicato a tutta la popolazione di utenti di telefonia mobile disponibile nel dataset, al fine di monitorare continuamente la percentuale di residenti, pendolari e visitato-ri in città. Sorprendentemente, i profili di chiamata delle tre classi di utenti della città sono stabili nel tempo: i residenti chiamano essenzialmente in qualsiasi momento, i pendolari tendono a chiamare solo durante i giorni feriali e orari di lavoro, i visitatori chiamano sporadicamente. Al contrario, la proporzione tra le tre categorie tendono può variare in modo significati-vo nel corso del tempo, e monitorare queste variazioni è una informazione importante per la pianificazione di servizi urbani, come la gestione dei rifiuti, l’approvvigionamento energetico o con i mezzi pubblici.

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Giannotti. Big data e social mining 59

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4.4 Scoprire i bordi geografici della mobilità umana

Figure 6: the borders of I dati, a saperli ascoltare, raccontano storie. Per riuscire a raccogliere una storia, però, bisogna porre le domande giuste. Con le persone, così come con i dati che registrano aspetti della vita delle persone. Bisogna fare in modo che la conoscenza nascosta in questo apparente caos, nell’intricata trama dei nostri viaggi, venga fuori. Un esempio di domanda di questo tipo è: quali sono i confini geografici della mobilità umana? I nostri spostamen-ti possono suggerirci come delimitare le aree entro cui la nostra attività si svolge prevalentemente? In altre parole, è possibile far emergere gli ‘spartiacque’ della mobilità dalle tracce digitali dei nostri viaggi?

Il problema di scoprire i confini geografici delle attività umane a bassa risoluzione spaziale dei comuni o delle province è un problema di vasta portata, motivato dalla necessità di fornire ai responsabili politici sugge-rimenti sui migliori partizioni amministrative per il governo del territorio. In Rinzivillo (2012), si utilizzano metodi analitici di rete applicati a dati di mobilità sfruttando le connessioni nascoste che la mobilità umana stabi-lisce tra luoghi diversi. La figura illustra il processo analitico. Partendo da una suddivisione iniziale del territorio in zone censimento, gli autori costruiscono una rete i cui nodi sono le zone e gli archi pesati tra due zone rappresentano il numero di viaggi originari primo e terminando nel secon-do. La fase di analisi consiste nella scoperta di aree densamente connesse per mezzo di un metodo di scoperta comunità, quindi si aggregano in co-munità quelle zone che sono fortemente collegate da molti viaggi mentre rimane bassa la connettività tra diversi comunità/cluster evidenziando. Quando si torna alla geografia, queste comunità suggeriscono confini ben definiti, delimitano i bacini di mobilità dettate dalla vera motivazione della permanenza umana.

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Misurare l’innovazione digitale

60 Giannotti. Big data e social mining

5 Conclusioni

Da un lato il pubblico chiede di veder più fatti e preme per la trasparenza dell’informazioni delle pubbliche amministrazioni; dall’altro lato i cittadini chiedono che la sfera individuale sia protetta. Che cosa deve rimanere un segreto e cosa no? Come garantire trasparenza e privacy? Un punto chia-ve è adottare l’approccio privacy-by-design per far coesistere l’analitica con la protezione delle informazioni personali nei big data. C’è ormai una tecnologia solida che consente di costruire servizi analitici, per esempio di info-mobilità, a partire da dati trasformati in modo che non rilevare al-cuna informazione sensibile degli utenti a cui i dati si riferiscono. Ma più in generale è necessario un cambio di paradigma nel concetto di proprietà del dato personale, che ponga il singolo individuo al centro del gioco re-stituendogli trasparenza e diritti. In una parola democratizzare i big data.

Questo è un vero e proprio new deal dei dati personali che realizza alcuni principi di base:

– Self-awareness: l’utente ha pieno controllo e consapevolezza dei propri dati personali e della conoscenza che può essere estratta da questi. Quindi una evoluzione da ‘consenso informato’ a ‘consape-volezza’;

– Data liberation: la possibilità di fare dei propri dati ciò che vogliamo, ad esempio ritirarli da un qualunque operatore (data portability);

– Oblivo: il diritto di richiedere che i dati vengano dimenticati; – Public good: il diritto di avere accesso alla conoscenza collettiva come

bene comune.

La grande sfida è come progettare ecosistemi per i dati personali che diano a tutti la possibilità di gestire la propria informazione personale e l’interscambio con le entità esterne, persone ed istituzioni, promuovendo self-awareness, trasparenza e trust.

Una ricca sorgente di articoli, news, e opinioni legali su questi temi si trova sul Privacy Observatory Magazine realizzato nell’ambito del progetto Europeo MODAP, Mobility, Data Mining and Privacy (http://www.modap.eu). Il maga-zine è disponibile online all’indirizzo http://www.privacyobservatory.org ed ha un board scientifico che integra competenze tecnologiche, sociali e legali sui temi della data privacy e data protection, e più in generale di aspetti etici dei big data.

Ultima considerazione ma non meno importante è il fatto che sta emer-gendo una nuova figura professionale: il ‘data scientist’ capace di combi-nare competenze di programmatore software, competenze di statistico e capacità giornalistiche da ‘story teller’ per estrarre pepite d’oro da mon-tagne di dati.

Hal Varian, un economista di Google predice che questa figura professio-nale diventerà la più affascinante nei prossimi anni: i dati saranno sempre

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Giannotti. Big data e social mining 61

Misurare l’innovazione digitale

più largamente disponibili mentre è ancora molto scarsa la capacità di estrarre ‘saggezza’ da essi. L’Economist nel 2010 ha dedicato un numero speciale ai dati intitolato: Data, data everywhere.

È quindi dovere della comunità scientifica ed accademica di promuovere iniziative formative di carattere interdisciplinari tra ICT, statistica, scienze umane e scienze economiche e sociali: la Laurea magistrale (MSc) in Busi-ness Informatics, dell’Università di Pisa va in questa direzione.

Bibliografia

Rinzivillo, S.; Mainardi, S.; Pezzoni, F.; Coscia, M.; Pedreschi, D.; Giannot-ti, F. (2012). «Discovering the Geographical Borders of Human Mobil-ity». Künstliche Intelligenz, 26 (3), pp. 253-260.

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Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

Flavia Marzano (Associazione Stati Generali dell’Innovazione)

Abstract An overview of the state of the art of information technology & innovation in Italy is re-ported with respect to international, outlining strength points (few) and weakness points (many, and focussing on the Public Administration (PA) role in this context. A governance proposal is hence suggested for policies regarding ICT innovation. Relevant indicators for PA are listed: PA internal indicators, PA, enterprises & citizens, PA & territory.

Sommario 1. Lo scenario di riferimento italiano. – 2. Una proposta di governance. – 3. Monito-raggio, indicatori, esempi. – 4. Conclusioni.

1 Lo scenario di riferimento italiano

In Italia mancano una strategia unica e condivisa per l’innovazione del Paese e una politica organica sui temi dell’innovazione.

Restano inoltre grandi problemi l’approccio settoriale e la mancanza di cultura della valutazione basata su indicatori concreti e misurabili.

Si procede con scelte di breve termine in un progressivo declino sociale ed economico. Secondo dati Istat, un giovane su tre che cerca lavoro non lo trova e una donna su due non lavora. Nel 2013, in Italia più di due milioni di giovani (il 26,0% della popolazione tra i 15 e i 29 anni) risultava fuori dal circuito formativo e lavorativo. La quota dei Neet1 è più elevata tra le donne (27,7%) rispetto a quella degli uomini (24,4%). Dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 e il 2007 si era passati dal 20,0 al 18,9%) l’incidenza dei Neet torna a crescere durante la recente fase ciclica negativa, segnalando l’incremento più soste-nuto degli ultimi anni (+2,1 punti percentuali rispetto ad un anno prima).2

Queste non sono coincidenze. Sono, circolarmente, effetto e causa. L’indebolimento del welfare (assistenza, asili, scuole) ha effetti deva-

stanti: secondo EUROSTAT, la presenza di un figlio riduce l’occupazione femminile del 20%, per cui l’occupazione delle donne con un figlio tra i 25 e i 54 anni è del 59%, contro una media europea del 71,3%. Siamo una società che disinveste sulle leve di crescita e benessere sociale, e si avvita in un circolo vizioso su cui non si può intervenire se non spezzandolo: investendo sulle persone, all’interno di una società strettamente interconnessa.

1 Not in Education, Employment or Training: giovani non più inseriti in un percorso scola-stico/formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa.

2 Fonte Istat, Noi-Italia 2011.

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Misurare l’innovazione digitale

64 Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

– In Italia lavora il 63,9 di donne senza figli contro l’82,2% in UK, l’81.8% in Germania, l’83,1% in Olanda.

– La percentuale cala al 59% in Italia con il primo figlio, mentre è al 75% in UK, al 76,5 in Germania, al 78% in Francia.

– Le lavoratrici con 2 figli sono il 54,1% contro il 78% della Francia, il 72% dell’Uk, il 75% in Portogallo.

– Quando i figli diventano tre la percentuale italiana scende al 41,3% (prima di Malta che arriva a 29,6%) mentre si arriva al 68% in Fin-landia, al 71% in Olanda, al 79% in Slovenia.

– A confronto con l’Europa, abbiamo un ritardo di 23 anni: il nostro attuale tasso di inattività delle donne è uguale a quello registrato nel 1987 dai Paesi dell’allora Comunità Europea.

Ma il percorso su cui si è proceduto negli ultimi anni è in direzione opposta: secondo il Global Information Technology Report 2011 del World Economic Forum, l’indice di ‘networked readiness’ (vedi fig. 1), che misura la propen-sione a sfruttare le opportunità offerte dall’ICT, vede l’Italia al 58° posto, in continua regressione (ha perso 13 posizioni in 5 anni).

Figura 1. Punteggio e posizione in graduatoria dell’Italia su alcuni elementi valutati per il Networked Readiness Index, nell’ambito del Global Information Technology Report 2013-2014 del World Economic Forum (la posizione complessiva dell’Italia per il Networked Readiness Index è la cinquantottesima, su 148 Paesi analizzati)

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Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA 65

Misurare l’innovazione digitale

I fattori che più contribuiscono a questo risultato sono purtroppo noti: mancanza di strategia a livello di Governo, bassa qualità del sistema edu-cativo, insufficiente formazione del personale aziendale, limitatezza del rapporto tra Università e industria. La copertura con banda larga non è sempre adeguata, ma preoccupa ancor di più il fatto che la percentuale di cittadini che la utilizzano sia tra le più basse d’Europa (meno del 50%).

Figura 2. Competitiveness vs. broadband penetration, 2010Fonte: World Economic Forum, 2010; ITU, 2010; Booz & Company analysis. Note: «Competitiveness is defined by the World Economic Forum as the set of institutions, policies, and factor that determinate the level of productivity of a country.»

Per comprendere quanto l’Italia sia poco pronta alla trasformazione in at-to, quella che Jeremy Rifkin indica come la «Terza rivoluzione industriale», è molto significativo l’indicatore che misura l’impatto delle ICT sull’innova-zione organizzativa: qui l’Italia è al novantesimo posto, in abissale distanza da tutti i maggiori Paesi. Ineludibile un cambiamento in discontinuità.

Secondo l’Innovation Union Scoreboard 2014, definito dall’Unione Eu-ropea, l’Italia è nel gruppo degli Innovatori moderati, con valori al di sotto della media dei Paesi dell’Unione, lontana da Paesi come Francia, Germa-nia e Gran Bretagna. L’Italia, in particolare, è 14a nella classifica, sui 28 Paesi considerati, ben al di sotto della media europea.

Qui i peggiori risultati sono sulle risorse umane (ancora quantità e qua-lità della formazione) e sugli investimenti in innovazione. Il punto positivo lo segniamo, invece, sulla proposta di prodotti e servizi innovativi da parte delle nostre aziende. L’innovazione che c’è. Come un paziente malato che, nonostante l’assenza di cure, ha una tremenda vitalità e capacità di rea-zione. E quindi da qui, anche da qui, dobbiamo ripartire.

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Misurare l’innovazione digitale

66 Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

Figura 3. L’Innovation Union Index 2011 (su dati 2011-2012)

Il nostro maggior punto di forza è rappresentato dal capitale intellettuale, dalle imprese innovatrici e dai risultati prodotti. Le maggiori debolezze, invece, dipendono dagli investimenti in innovazione e dalla collaborazione tra aziende transfrontaliere. Dall’ultima rilevazione la crescita maggiore si è registrata tra i nuovi dottorati di laurea, mentre nel campo della spesa in innovazione non collegata alla ricerca e sviluppo c’è stato il calo maggiore.

Secondo l’edizione 2011 dell’IT Industry Competitiveness Index, realizza-to dall’Economist Intelligence Unit (EIU) e divulgato da Business Software Alliance, l’Italia guadagna una posizione nell’indice globale di competiti-vità dell’Information Technology, passando dalla 24° alla 23° posizione.

Secondo Mille, presidente di BSA Italia, «lo studio IT Industry Compe-titiveness Index [fig. 4] dimostra al di là d’ogni dubbio che investire sulle fondamenta dell’innovazione tecnologica nel lungo termine paga, e molto bene» e «il nostro Paese riceve 50 su 100 sulle infrastrutture IT, 47% sul capitale umano e 63,2% sui supporti pubblici allo sviluppo industriale, su cui sarà opportuno concentrare gli sforzi nei prossimi anni. Come dimostra l’esperienza internazionale, l’impegno sarà ben remunerato. Nel momento in cui l’economia globale inizia la ripresa, è più importante che mai che i governi assumano visioni a lungo raggio dello sviluppo industriale».3

3 Dal libro bianco del Digital Advisory Group (http://www.digitaladvisorygroup.it): «Oggi, nei paesi che sfruttano intensamente il potenziale di Internet, l’economia digitale sta già producendo benefici notevoli in termini di contribuzione diretta al PIL nazionale. In Svezia e nel Regno Unito, per esempio, il contributo diretto al PIL di Internet è superiore al 5%. [...] Nell’ultimo decennio, la capacità dell’Italia di sviluppare servizi digitali innovativi e best practice di portata internazionale è progressivamente calata e Internet è ancora un’oppor-tunità poco sfruttata in Italia: l’impatto diretto dell’economia digitale sul PIL ammonta a circa il 2%, ben al di sotto di quello di molti altri paesi dell’OCSE. Invertire questa tendenza, rilanciando la capacità di innovare in ambito digitale, costituisce un’opportunità imperdi-

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Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA 67

Misurare l’innovazione digitale

Figura 4. Indice globale di competitività dell’Information Technology. Edizione 2011 dell’IT Industry

Competitiveness Index.

Fonte: EC Digital Agenda Scoreboard (31 maggio 2011)

Si vede chiaramente come l’utilizzo di Internet ci veda molto indietro rispetto alla media europea, sia dal lato imprese sia, soprattutto, dal la-to ‘cittadini’. Certamente è un problema di natura culturale, oltre che di disponibilità di servizi e infrastrutture (vedi ad esempio la bassissima percentuale di popolazione che acquista online) ma forse anche l’aspetto del costo dei pagamenti, influenzato notevolmente dai circuiti di carta di credito, non è da sottovalutare.

bile per il nostro paese, se consideriamo che dal 2005 l’economia digitale ha costituito una porzione rilevante della crescita economica (pari a circa il 14%)».

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Misurare l’innovazione digitale

68 Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

Tabella 1. Alcuni indicatori caratteristici di innovazione tecnologica a confronto tra Europa e Italia

Europa (27) Italia

PMI che vendono online 13,4% 3,8%

Imprese che acquistano online 26,4% 16,5%

Popolazione che usa frequentemente Internet 53,1% 45,7%

Popolazione che usa servizi di online banking 36,0% 17,6%

Cittadini che usano servizi di e-Government 31,7% 17,4%

Famiglie con accesso alla banda larga 60,8% 48,9%

Famiglie con accesso a Internet 70,1% 59,0%

Popolazione che acquista online 40,4% 14,7%

Fatturato imprese attraverso e-Commerce 13,9% 5,4%

Se è vero, come sostiene anche il commissario europeo per l’Agenda Di-gitale Neelie Kroes, che l’innovazione e la cultura digitale sono la base su cui si costruisce il futuro della nostra società, allora una gran parte dei cittadini italiani rischia di rimanere esclusa perché non ha i mezzi, le condizioni o le competenze necessarie. Esclusione che mette a rischio i presupposti stessi del funzionamento democratico.

Come cambiare? Gli ingredienti sono noti, e tutti presenti nell’Agen-da Digitale Europea: infrastrutture, competenze digitali, utilizzo sociale dell’ICT, ricerca, sviluppo sempre più basato sull’interoperabilità, la colla-borazione, la condivisione, l’openness.

Ma bisogna anche cambiare modello: ecco perché alcune decine di orga-nizzazioni, che hanno promosso l’iniziativa degli Stati Generali dell’Inno-vazione, hanno identificato quattro ‘punti cardinali’ per la nuova strategia italiana: la valorizzazione della creatività e della conoscenza condivisa, l’inclusione digitale come battaglia per le pari opportunità, l’innovazione come opportunità per lo sviluppo sostenibile, l’open government.

Per cambiare modello, gli attori dell’innovazione, gli stakeholder tutti devono farsi carico dell’indirizzo e della strategia sull’innovazione del no-stro Paese.

2 Una proposta di governance

Le regole di governo delle politiche dell’innovazione devono tener conto del bilanciamento necessario di due spinte fondamentali:

– a livello centrale, per indirizzare una politica organica che consenta scambi e condivisione tra i diversi territori sulla base di una strategia di Paese oltre che europea, oltre che la valorizzazione delle diverse eccellenze e specificità;

– a livello territoriale, per costruire pragmaticamente le linee di evolu-zione sulla base di una piena presa in carico di esigenze e ricchezze locali.

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Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA 69

Misurare l’innovazione digitale

Ciò significa che a livello centrale devono essere poste in essere tutte le condizioni per una efficace azione di sussidiarietà operativa nei confronti delle realtà territoriali, al tempo stesso promuovendo un modello di svilup-po che si ispiri ai criteri di sostenibilità e openness descritti in precedenza.

Si tratta di identificare quattro livelli di governo:4 1) un livello di indirizzo, mediante la costituzione di una cabina di regia

e un tavolo di coordinamento delle politiche pubbliche; 2) un livello di coordinamento dell’architettura istituzionale, con la costi-

tuzione di un Consiglio nazionale dell’innovazione,5 in modo da coin-volgere tutti gli esponenti del sistema dell’innovazione nella proget-tazione strategica delle politiche e nella condivisione delle iniziative e costituire un tavolo multistakeholder e multidisciplinare permanente, anche declinato per temi e per singoli territori;

3) un livello realizzativo, basato su una logica territoriale e federata, in cui si sviluppa un confronto proficuo e stimolante tra le società pubbli-che in-house e le imprese private, in una logica globale di partnership e di contesto florido per l’implementazione degli interventi innovativi guidati dai diversi territori;

4) un livello di monitoraggio e controllo, per valutare gli scostamenti rispetto agli obiettivi prefissati dai piani nazionali sull’innovazione, affidato ad un organismo che garantisca terzietà, separato da respon-sabilità realizzative. Soggetto che potrebbe configurarsi come una sorta di ‘Agenzia per l’Italia Digitale federata’, articolata in una logica territoriale, per meglio seguire le evoluzioni dei progetti, pur con un settore nazionale dedicato alle attività di regolamentazione, per la de-finizione di standard, linee guida, metodologie e per la proposta di re-gole e progetti da sottoporre al Consiglio Nazionale per l’Innovazione.

3 Monitoraggio, indicatori, esempi

Per quanto riguarda specificamente il livello di monitoraggio e controllo occorre in primo luogo sottolineare l’importanza di operare con riferi-mento a obiettivi concreti e misurabili per garantire che il monitoraggio acquisti un carattere di obiettività e il controllo assicuri la possibilità di

4 Qui ci limitiamo a tracciare dei suggerimenti di tipo generale. Naturalmente la definizio-ne della governance del sistema nazionale dell’Innovazione ha bisogno di una trattazione molto più ampia.

5 I riferimenti che suggeriamo sono quelli dell’Innovation Platform dei Paesi Bassi (oggi Coalizione per la Knowledge Investment Agenda) e dell’Austria, del Research and Innovation Council della Finlandia e dell’India, del Global Innovation Framework della Nuova Zelanda. Un buon report di analisi comparativa è quello prodotto dall’OECD: http://www.mkm.ee/failid/OECD_Governance_of_innovation_systems___9205081E__2_.pdf.

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Misurare l’innovazione digitale

70 Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

identificare con precisione gli interventi correttivi che si rendessero ne-cessari e di valorizzare i risultati positivi anche in termini di best practice.

La necessità di riferirsi a obiettivi misurabili impone l’individuazione di indicatori quantitativi cui associare opportune unità di misura (e relative unità di conto differenziate per ciascun indicatore) sempre da calcolarsi per unità di tempo e da rapportare alle variazioni nel tempo.

Nel contesto della Pubblica Amministrazione (PA) gli indicatori misura-bili possono essere classificati secondo tre principali tipologie alle quali si collegano modalità di misurazione specifiche per ciascuna tipologia:

1) Indicatori riferiti ai rapporti interni alla PA. A titolo di esempio si segnalano: a. lavoro per obiettivi,b. flussi informativi interni,c. gestione del backoffice, d. contabilità dei servizi,e. acquisti ICT e Open Source, f. interoperabilità dei servizi informatici interni,g. collegamenti logici e/o funzionali,h. duplicazioni (indicatore negativo),i. riuso,j. sostenibilità,k. …

Unità di misura specifiche sono: numero delle pratiche evase, numero dei collegamenti, numero delle duplicazioni, dati contabili, acquisti condivisi ecc.

2) Indicatori riferiti ai rapporti tra PA e cittadini e imprese. A titolo di esempio si segnalano: a. servizi al pubblico e welfare, b. servizi online, c. sito e rispondenza al decreto 33/2013,d. open data, e. open bilancio,f. servizi elettorali,g. partecipazione attiva dei cittadini,h. …

Unità di misura specifiche sono: numero dei servizi erogati, certificazioni sull’accessibilità del sito, numero di accessi e servizi erogati online ecc.

3) Indicatori riferiti ai rapporti tra PA e territorio. A titolo di esempio si segnalano:a. pianificazione territoriale,b. viabilità e stato delle strade,c. livelli di inquinamento,d. stato dell’ambiente,

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Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA 71

Misurare l’innovazione digitale

e. illuminazione pubblica ,f. mobilità,g. sicurezza,h. beni culturali,i. ricerca e sviluppo,j. smartness del territorio e delle comunità sottese, k. marketing territoriale e competitività,l. turismo,m. …

Unità di misura specifiche sono: dati ambientali, numero interventi sul territorio ecc.

4 Conclusioni

Una politica di monitoraggio e controllo pienamente sviluppata e imple-mentata garantisce nel tempo:

– razionalizzazione dei servizi, – riduzione dei costi, – più facile accesso del cittadino alla PA, – partecipazione attiva, – trasparenza, – smaterializzazione.

La buona politica, facendosi carico di individuare, adottare e implementare indicatori per un corretto monitoraggio, riuscirebbe a definire meglio le proprie strategie e a rendere più efficace la propria azione garantendo da un lato maggiore efficienza ed economicità, dall’altro aumentando la fiducia da parte del cittadino nei confronti della cosa pubblica, favorendo altresì un’interazione tra tutti gli stakeholder del territorio per un migliore ecosistema.

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Misurare l’innovazione digitale

72 Marzano. Come e perché misurare indicatori digitali nella PA

Riferimenti bibliografici

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3 Favorire e monitorare l’innovazione digitale nelle smart city venete

In questa sezione verrà illustrato il punto di vista dei comuni, focalizzando l’attenzione ai comuni capoluogo della Regione del Veneto. Come interpretare lo sviluppo della società dell’informazione a partire dai dati in possesso degli enti comunali? Quale possibile misura dell’innovazione ICT delle comunità locali? Si è pertanto chiesto ai referenti tecnici – dirigenti e funzionari comunali che gestiscono l’informatica – di esplicitare in forma scritta le esperienze specifiche del comune.

Nelle interviste alla parte politica, disponibili in formato multimediale, sottoposte ai sindaci/as-sessori in possesso delle deleghe rilevanti per SmeD – ovvero informatica, smart city, città di-gitale, innovazione – si è scelto di declinare il tema per ciascun comune attorno ad uno dei sei ‘assi smart city’. Belluno: Smart Living; Padova: Smart Governance (imprese e terziario); Rovigo: Smart Enviroment (alimentare e agricoltura); Treviso: Smart People (comunità e reti d’impresa); Vicenza: Smart Economy (PMI e industrie); Venezia: Smart Enviroment (turismo e sostenibilità); Verona: Smart Mobility (trasporto sostenibile e accessibilità internazionale).

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Come cambia il Comune (di Venezia)

Maurizio Carlin (Sistemi Informativi del Comune di Venezia)

Abstract The Municipality of Venice started an innovation process in order to rethink its inter-action with citizens and to deploy new services with the help of emerging technologies. The main areas of actions have been: fiber network development and WiFi free access availability; adminis-tration 2.0, with new services to better connect the administration with the citizens; digital citizen-ship, with the deployment of several Internet and digital literacy centres.

Sommario 1. Premessa. – 2. Verso //venice>connected. – 2.1. La Rete in cifre. – 2.2. Dalla Rete al WiFi. – 3. Amministrare 2.0. – 3.1. Non solo IRIS. – 3.2. Servizi di alerting e informativi. – 4. Cittadinanza digitale.

1 Premessa

Non è stato facile far avviare il processo di cambiamento che ha visto anche il Comune di Venezia impegnato nel ripensare, grazie alle nuove tecnologie, le modalità di colloquio con i cittadini e come progettare ed erogare alcuni servizi.

Nella pubblica amministrazione, com’è giusto che sia, si lavora avendo la norma quale presupposto fondante: ogni scelta trova puntuale fondamento in una legge, in un regolamento, in una delibera, in un provvedimento e così via. Rivedere il modo di essere al servizio dei cittadini partendo solo dal «così mi sembra logico» non è sufficiente. Mettere a disposizione le informazioni sul web, garantire l’accesso ai servizi a distanza, permettere la navigazione Internet in mobilità sono state sfide che il proliferare norma-tivo di questi ultimi tempi non ha trovato il Comune di Venezia impreparato.

La prima è stata una sfida culturale che si presenta parallelamente alla questione finanziaria. Va, peraltro, detto che ciò di cui parliamo, in origine ha elevati costi di investimento, che poi si trasformeranno in risparmio in termini di funzionamento di esercizio.

Come cambia il Comune: trasparenza, open data e smart city erano ter-mini che nessuno usava: nel 2007 si parlava di web 2.0.

Infrastruttura e servizi: questi i filoni su cui si innerva l’insieme delle politiche che stanno incidendo sulla vita dell’Amministrazione comunale veneziana.

In questa sede si descriveranno i percorsi fatti focalizzando l’attenzione su: – la Rete; – amministrare 2.0; – cittadinanza digitale.

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Misurare l’innovazione digitale

76 Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia)

2 Verso //venice>connected

La ‘strada d’acqua’ più famosa al mondo, il Canal Grande, dal 3 luglio 2009 è coperta da antenne WiFi: si naviga, così, sia sull’acqua che in Rete.

Il tutto ha inizio con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 161 del 28 novembre 2007 con la quale il Comune di Venezia ha affidato a VENIS (la propria società strumentale in ambito ICT) la realizzazione delle opere relative al progetto «Venezia città tecnologica: infrastrutture e servizi per la città», basato su soluzioni a larga banda e wireless.

Presupposto su cui si basa l’impianto deliberativo è che la disponibilità di una rete a banda larga costituisce il fattore abilitante per l’evoluzione della Città insulare e di terraferma verso un modello di ‘città ideale’ orien-tato all’innovazione.

La realizzazione e gestione della Rete rappresenta non solo uno strumen-to di ammodernamento della pubblica amministrazione e di miglioramento dei servizi al cittadino nei rapporti con la stessa PA, ma anche un fattore di arricchimento, promozione e competitività dell’intero territorio.

Grazie all’infrastruttura fisica si può colloquiare con il resto del mondo liberamente senza dipendere da pochi mega di banda forniti dagli operatori di telecomunicazione e favorire il ‘lavoro ubiquo’ che in una realtà territo-riale come la nostra, fatta di isole e di terraferma, non è di poca importanza: ovvero, ognuno lavora dove si trova.

Il Comune di Venezia ora è proprietario di una Rete in fibra ottica che collega i propri uffici con una capacità di banda sufficiente a garantire che i collegamenti con il data center avvengano a velocità elevata come se viaggiassero su autostrade informatiche.

La Rete, con la sua ricchezza di informazioni, è diventata uno dei princi-pali strumenti di partecipazione e condivisione; inoltre favorisce lo sviluppo sociale ed economico dato che la disponibilità della risorsa conoscenza fornisce le basi per investimenti, progetti, collaborazioni.

2.1 La Rete in cifre

Le infrastrutture di rete ed i primi servizi hanno comportato un investi-mento di oltre 10 milioni di euro e hanno visto la luce grazie a sinergie ed economie di scala con le altre opere o lavori che, di tempo in tempo, si avviavano sul territorio (manutenzione urbana, reti di videosorveglianza ed antincendio, illuminazione urbana, tram, rete semaforica, piste ciclabili).

Sono stati finora posati ed attivati, in centro storico e in terraferma, 126 km di cavi di dorsale a 144 fibre ottiche e 58 km di cavi di rilegamento a 12/24 fibre. Il collegamento delle isole della laguna veneziana, invece, è stato realizzato mediante una rete di ponti radio che raggiunge in doppia via quelle principali ed in singola via le isole più lontane.

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Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia) 77

Misurare l’innovazione digitale

La Rete cittadina è connessa alla web Internet tramite due differenti operatori con capacità complessiva pari a 1.200 megabit per secondo. L’in-terconnessione è realizzata tramite i sistemi di accesso e sicurezza ospitati presso il data center ubicato al VeGa in terraferma. I server (150 fisici, più 110 virtuali, per un totale di 260 sistemi), esclusivamente in formato rack, risultano interconnessi tramite un cablaggio in fibra ottica multimoda-le 10 GbE (attraverso nuovi sistemi di switching ad elevate prestazioni): importanti azioni di server consolidation avvengono costantemente per mezzo dell’adozione di tecnologie di virtualizzazione, consentendo così sia la riduzione dello spazio occupato che dei consumi elettrici e dei costi di manutenzione.

Grazie alla fibra ottica (10 Gigabps per le dorsali, 1 Gigabps per i rile-gamenti) oggi sono interconnesse oltre 110 sedi comunali ‘principali’ (ov-vero sedi che concentrano un elevato numero di dipendenti), distribuite sull’ampio territorio della laguna e della terraferma. Le rimanenti sedi risultano connesse al sistema informativo comunale attraverso link forniti da operatori TLC esterni.

2.2 Dalla Rete al WiFi

Per consentire agli abitanti ed ai visitatori l’accesso veloce ad Internet, sull’intero territorio comunale sono stati attivati 215 punti di accesso alla Rete e di diffusione del segnale con antenne WiFi (hot spot) a disposizio-ne gratuita dei cittadini e dei city user (coloro i quali frequentano abi-tualmente la città per studio e per lavoro) e a pagamento per i turisti. Di questi 215 hot spot outdoor 84 sono in centro storico, 49 sulle isole e 82 sono in terraferma; inoltre sono stati installati 71 hot spot indoor presso biblioteche, musei, uffici giudiziari, centri di alfabetizzazione informatica, sedi comunali ecc.). Il primo centinaio di access point ha trovato colloca-zione in seguito ad un sondaggio fatto in Rete e rivolto ai più giovani dei cittadini veneziani (età compresa tra i 15 e i 25 anni): la partecipazione è stata notevole. Oltre ai luoghi simbolo come Piazza San Marco e il ponte di Rialto sono stati votati i luoghi pubblici più frequentati (a Venezia i campi e in terraferma le piazze e i parchi pubblici) e il tutto si è concluso con la premiazione di due segnalatori a cui l’Amministrazione ha donato un notebook a ciascuno.

Con il progetto Free ItaliaWiFi, nato a Roma il 30 novembre 2010 a Pa-lazzo Valentini con la sottoscrizione di un Accordo di Collaborazione sulla Cittadinanza Digitale, tra il Comune di Venezia, la Provincia di Roma e la Regione Sardegna si è iniziato e perseguire l’obiettivo di navigare gratui-tamente non solo nelle aree WiFi pubbliche della propria città, ma anche nelle aree coperte da WiFi delle amministrazioni che fanno parte della rete nazionale. La finalità generale di Free ItaliaWiFi è infatti quella di promuo-

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Misurare l’innovazione digitale

78 Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia)

vere la collaborazione tra le amministrazioni pubbliche, finalizzata sia alla progettazione e realizzazione di reti gratuite di connettività wireless sui territori delle singole amministrazioni, sia alla successiva federazione di queste reti territoriali in un’unica infrastruttura WiFi nazionale. Dopo un periodo di prove tecniche il 9 settembre 2011 il progetto è decollato defi-nitivamente: la vernice ha trovato ospitalità al Lido di Venezia durante la sessantottesima Mostra del Cinema.

Ad oggi Free ItaliaWiFi è una federazione di 59 Pubbliche Amministra-zioni che conta 538.098 utenti e 2.838 hot spot attivi.

Sulla scorta di questa iniziativa il Comune di Venezia, l’Università Ca’ Fo-scari Venezia e l’Istituto Universitario d’Architettura di Venezia, hanno stipulato un accordo per la fornitura di servizi di connettività WiFi ai ri-spettivi utenti, nella logica della reciprocità e nel rispetto dei Principi e Regolamenti di FreeItaliaWiFi. L’accordo con le Università della città ha portato al collegamento di 34 sedi attraverso l’integrazione con la rete GARR (Rete Italiana dell’Università e della Ricerca).

Inoltre, in seguito all’accordo con la Biennale di Venezia viene garantita la connessione ad Internet tramite WiFi agli addetti ai lavori, alla stampa ed al pubblico durante i principali eventi culturali e, in particolare, durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Nel sito http://www.cittadinanzadigitale.it è disponibile la mappa delle antenne WiFi del territorio comunale che viene aggiornata conte-stualmente all’installazione di nuove antenne.

3 Amministrare 2.0

L’innovazione tecnologica e la riorganizzazione dei processi interni stanno alla base del vasto progetto denominato Amministrare 2.0, pensato per aumentare l’efficienza interna e semplificare i rapporti con il cittadino.

Sotto la sigla Amministrare 2.0 (brand del Comune di Venezia), si possono annoverare alcuni progetti basati sui paradigmi portanti del Clutrain mani-festo del Comune di Venezia quali collaborazione, comunicazione e demate-rializzazione, ed orientati alla produttività dell’amministrazione, sia nel lavoro dei singoli uffici che nel rapporto tra i settori e nelle relazioni con il cittadino.

Tutto ciò è stato possibile grazie alla realizzazione di un sistema per la gestione dei servizi e la comunicazione con il cittadino basato sull’inte-grazione dei dati georiferibili presenti nei database comunali (anagrafe, tributi, lavori pubblici ecc.). Il sistema è costituito da ‘foglie’ informative sovrapposte e collegate tra loro sulla base dei dati cartografici riferiti al geo-database aggiornato del territorio comunale.

Quelli che seguono sono alcuni esempi di servizi sviluppati da VENIS che rappresentano una manifestazione concreta del salto culturale compiuto, grazie ai quali cittadini ed imprese possono avere un accesso non mediato

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Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia) 79

Misurare l’innovazione digitale

alle informazioni dell’Amministrazione oppure possono effettuare paga-menti online, riducendo quindi anche gli spostamenti in una città con un territorio complesso e articolato come quello di Venezia.

3.1 Non solo IRIS

Iris (Internet Reporting Information System) è un servizio innovativo nato sul modello anglosassone di Fixmystreet per la segnalazione dei bisogni di manutenzione urbana: i cittadini possono segnalare un problema indi-cando su una mappa online il punto esatto dove intervenire o scattando una fotografia del luogo interessato per poi caricarla sul sito. Immediato il riscontro da parte dell’Amministrazione Comunale, che rende noto l’ufficio che ha in carico la segnalazione e lo stato di avanzamento nella soluzione del problema. Già nel 2010 è stata offerta agli utenti la possibilità di espri-mere un giudizio sul servizio (customer satisfaction). Nell’anno 2013 sono state effettuate 4.280 segnalazioni, di cui concluse il 78%, mediamente in 16 giorni lavorativi, con un livello medio di soddisfazione espresso dagli utenti del servizio pari a 7,88 (scala 1:10).

Baris (Boat Areas Research Information System) è un servizio, nato proprio per le esigenze dei proprietari di natanti, che consente ai cittadini la vi-sualizzazione georeferenziata delle concessioni di spazio/specchio acqueo rilasciate e di alcune informazioni riguardanti il numero di concessione, le dimensioni e la tipologia del natante, la foto dello stesso. Con l’avvio di Baris è diminuito l’accesso allo sportello con la conseguente chiusura degli uffici in una delle giornate di pubblico.

GeoLP è un’innovativa banca dati georeferenziata che consente al cittadino di conoscere gli interventi relativi ai lavori pubblici in corso. Il sistema si propone di migliorare i rapporti dell’utenza con il Comune, ma è molto usato anche dall’utenza interna, ad esempio per le interrogazioni dei con-siglieri comunali o per le informazioni necessarie all’URP.

GeoScuole è un sistema georeferenziato, un’altra applicazione web 2.0: gli asili nido e le scuole dell’infanzia comunali georeferenziate per l’accesso alle informazioni sui servizi scolastici. Qui sono rappresentati sulla mappa del territorio comunale i servizi scolastici. Per ogni scuola, una scheda informativa con la lista d’attesa, le informazioni sul piano formativo, sul bilancio, le foto e la possibilità di iscrivere il proprio bambino online.

GeoSociale è un sistema che, poggiando sulla cartografia georeferenziata, consente di accedere alle informazioni sui servizi sociali presenti sul ter-ritorio e pubblicati attraverso un modulo Web-Gis, accessibile dal sito del

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Misurare l’innovazione digitale

80 Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia)

Comune. Oltre alle sedi dei servizi sociali della Direzione Politiche Sociali Partecipative e dell’Accoglienza, sono stati aggiunti i servizi gestiti da altre istituzioni pubbliche e dal privato sociale.

EleGI (Elezioni georeferenziate in Internet) è un complesso sistema di car-tografia georeferenziata, attraverso la quale il cittadino potrà avere infor-mazioni sulle elezioni. Dalle ubicazioni dei seggi elettorali, alle informazioni sui collegi; dall’accessibilità delle sezioni, alle serie storiche delle passate consultazioni, ai link utili e alle risposte alle domande frequenti: basterà un semplice click per avere a portata di mano una mole di dati che prima sarebbe stato estremamente complicato, se non impossibile, consultare.

3.2 Servizi di alerting e informativi

Attraverso il Portale dei Servizi è possibile iscriversi al servizio di se-gnalazione di allarme e previsione di marea via SMS. Gli utenti iscritti al servizio ricevono un SMS di allarme predisposto a cura del Centro Pre-visione e Segnalazione Maree. Il servizio si attiva quando viene prevista una marea uguale o superiore a +110 cm sul livello di medio mare. Per richiedere il servizio è necessario compilare una scheda di iscrizione online e confermare la richiesta con il successivo invio di un SMS. Il servizio di allertamento è gratuito.

Su richiesta si possono ottenere in ogni momento SMS sulle previsioni di ma-rea inviando un SMS. Il costo del servizio è pari al costo del messaggio inviato.

Con la Protezione Civile è stato attivato un servizio di allertamento dei cittadini e dei volontari della protezione civile in caso di rischio idraulico. Il sistema consente ai cittadini la registrazione (gratuita) al servizio di al-lertamento ed agli operatori della protezione civile la composizione e invio di messaggi di alerting personalizzati per le diverse categorie di utenti.

Telepago è il servizio di pagamento del parcheggio sulla strisce blu: attraverso SMS si comunica gratuitamente l’inizio e la fine sosta pagando solo il tempo di sosta effettiva. II servizio, ideato e realizzato da VENIS, viene gestito da AVM Azienda Veneziana della Mobilità.

4 Cittadinanza digitale

L’art. 2, comma 3/bis dello Statuto del Comune di Venezia, tra le altre disposizioni, considera la rete Internet un’infrastruttura essenziale per l’esercizio dei diritti di cittadinanza e la garanzia di accesso atta a ri-muovere ostacoli di ordine economico e sociale. Qui corre l’obbligo di citare Gianfranco Bettin – assessore all’Informatizzazione e Cittadinanza Digitale – che sottolinea come «la Rete consenta l’esercizio dei diritti di

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Misurare l’innovazione digitale

cittadinanza ed il suo sviluppo concorre al superamento del digital divide sul nostro territorio così complesso».

Sulla base di questi presupposti sono stati aperti sette centri Internet e di alfabetizzazione informatica (quello di Marghera è il più vecchio e risale al 2003): Centro Internet Marghera Digitale; Internet Point CZ 95, Giudecca; Centro Internet di Mestre; P3@Campalto; P3@Zelarino; P3@Malamocco e P3@Murano. I Centri Internet denominati P3@ sono stati realizzati grazie al finanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale gestito dalla Regione del Veneto. Presso i centri Internet si possono utiliz-zare i servizi digitali offerti dalla pubblica amministrazione, frequentare corsi di informatica ed accedere liberamente ad Internet.

Come detto, oltre all’accesso gratuito ad Internet ed ai servizi comunali per residenti e city users, che dopo quasi quattro anni di vita ha prodotto riscontri interessanti (cfr. tab. 1) vale la pena evidenziare http://dati.venezia.it, utile per approfondire il tema dei dati aperti e avviare un processo di apertura dei dati del settore pubblico visto che la conoscen-za è un bene comune, e che i dati posseduti dall’amministrazione sono a disposizione di tutti, salvo le eccezioni di legge, relative soprattutto alla privacy delle persone. Infine, Notus (New organisation transparent uniform system), un progetto unico in Italia, uno strumento prezioso per i cittadini, un altro passo avanti verso un’Amministrazione sempre più trasparente attraverso il quale sono messi online di tutti i dati contenuti nella pianta organica dell’Amministrazione comunale.

Tabella 1. Dati di Cittadinanza Digitale al 31 dicembre 2013

Registrazioni 51.077 (*)

Cittadini 39.591 77,51 %

City users 11.486 22,49 %

Maschi 31.431 61,54 %

Femmine 19.646 38,46 %

Under25 7.011 13,73 %

25-40anni 15.793 30,92 %

41-60anni 21.166 41,44 %

Over60 7.107 13,91 %

Numero medio utenti connessi al giorno ± 1.712 (**)

Numero medio sessioni giornaliere ± 3.995 (**)

Traffico medio ± 281 GB/giorno (**)

Durata media connessione: ± 2h (**)

(*) Parametro di riferimento

(**) Dati medi del mese di dicembre 2013

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Misurare l’innovazione digitale

82 Carlin. Come cambia il Comune (di Venezia)

Sitografia

http://iris.comune.venezia.ithttp://baris.comune.venezia.ithttp://dati.venezia.ithttp://elegi.comune.venezia.ithttp://geolp.comune.venezia.ithttp://geoscuole.comune.venezia.ithttp://geosociale.comune.venezia.ithttp://portale.comune.venezia.it/maree/iscrizionehttp://portale.comune.venezia.it/protezionecivilehttp://www.cittadinanzadigitale.ithttp://www.comune.venezia.it/flex/FixedPages/IT/Org.php/L/IThttp://www.egov.comune.venezia.it/telepagohttp://www.freeitaliawifi.it

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L’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza

Marcello Missagia (Sistemi Informativi del Comune di Vicenza)

Abstract The Municipality of Vicenza adopted the open source software as a strategy in or-der to maintain a better and simpler control over the IT asset, to prevent inappropriate uses of the software within the Administration, and to reduce the direct costs due to licenses and also the indirect, administrative, related costs. Starting by the server infrastructures, the open source strategy has been applied to several other fields, including office automation. Open source brings several advantages, like easing reuse of applications, but has some requirements, like a strong commitment from the administration to pursue the strategy, and a coherent effort in training employees and end-users.

Sommario 1. Introduzione. – 2. Open Source nell’Ente. – 3. Costi e Benefici. – 4. Problemi af-frontati. – 5. Il riuso. – 6. Come favorire l’adozione di software open source. – 7. La formazione. – 8. Il Codice dell’Amministrazione Digitale. – 9. Il futuro dell’open source nel Comune di Vicenza.

1 Introduzione

Nel corso degli ultimi anni le tecnologie open source sono state progres-sivamente incrementate nel Comune di Vicenza, con la sostituzione di programmi proprietari con alternative a sorgente aperto.

Come più diffusamente trattato nell’articolo, le principali aree di ado-zione riguardano i sistemi operativi per i server, tools, database e pro-grammi per la produttività individuale (office automation). Nel seguito si descrivono inoltre quali sono i fattori che hanno portato a tale significativo incremento, i criteri con i quali si è scelto un software open source o closed source e quali strategie utilizzare per ottenere il successo nell’adozione di nuovi software open source.

2 Open source nell’Ente

L’adozione di software open source nel Comune di Vicenza ha avuto un forte impulso nel corso degli ultimi quattro anni, durante i quali c’è sta-ta una scelta strategica di incremento dell’utilizzo di software sviluppati con sorgente aperto. Tale adozione è in continua crescita e riguarda sia i dispositivi server, sia le postazioni degli impiegati comunali.

Si è partiti inizialmente dalle infrastrutture server, con il sistema ope-rativo Linux e dal server web Apache, per poi procedere con i servizi web ai cittadini, alla rete intranet, ai database e recentemente all’automazione d’ufficio.

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Misurare l’innovazione digitale

84 Missagia. L’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza

L’incremento è stato notevole: in alcuni ambiti – ad esempio i server – si è passati da un valore iniziale di server Linux del 5% sul totale dei server dell’Ente, all’attuale valore che supera il 40%.

Gli strumenti adottati si possono categorizzare in: – sistemi ed ambienti operativi: attualmente 28 server su 66 sono

Linux, il 100% dei server web utilizzano Apache ed il 100% degli ap-plication server è costituito da Tomcat, per la virtualizzazione viene utilizzato Xen, seppure in maniera non esclusiva;

– tools di sistema: Nagios viene utilizzato per il monitoraggio della rete

– database: viene utilizzato PostgreSQL, recentemente si è proceduto alla migrazione del database di contabilità e protocollo da database proprietario a PostgreSQL, mantenendo le prestazioni in parte inal-terate ed in parte ottenendo miglioramenti;

– utilità: viene utilizzato OCS Inventory per l’inventariazione delle postazioni informatizzate;

– piattaforme software: per questionari online è stata adottata Limesurvey, con la quale si è recentemente condotta l’analisi di Be-nessere Organizzativo, per e-learning è attivo Moodle, per la gestione documentale delle pratiche urbanistiche viene usato Alfresco;

– e-mail: è in corso di adozione il server di e-mail Zimbra Collaboration Suite;

– sistemi geografici: la piattaforma sulla quale vengono erogati servizi alla cittadinanza ed all’interno della rete comunale utilizza Mapserv-er, Opengeo, Open Layers, QGis, PostGIS;

– automazione d’ufficio: è in corso la migrazione verso OpenOffice/LibreOffice, per l’editing grafico viene usato Gimp;

– linguaggi di programmazione: PHP, javascript, java con i quali sono stati sviluppati numerosi servizi interattivi, portale FromCi, intranet, prenotazioni, petizioni ecc.;

– gestione captive portal: per erogare i servizi di connettività in alcune aree viene usata la distribuzione Linux Zeroshell.

3 Costi e benefici

La scelta di adottare tecnologie e prodotti open source è finalizzata ad avere un controllo più completo ed una gestione amministrativa più sem-plice e per avere un migliore rapporto tra costi e benefici.

Oltre ai costi di licenza sostenuti nell’utilizzo di soluzioni proprietarie, facilmente quantificabili, vanno anche considerati gli oneri di gestione del parco licenze ed il costo indotto dalle procedure di acquisizione: atti formali, lavoro di predisposizione della documentazione di gara e dell’ag-

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Missagia. L’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza 85

Misurare l’innovazione digitale

giudicazione, ricognizioni periodiche delle licenze per conto dei fornitori, non immediatamente calcolabili.

I risparmi conseguiti vengono utilizzati per acquisire servizi di assisten-za, affiancamento e personalizzazione; i servizi vengono poi normalmente appaltati a ditte che operano sul territorio italiano, con importanti ricadute sul mercato locale.

L’adozione di software open source, infine, riduce i rischi di uso impro-prio, anche involontario, costituendo un disincentivo alle copie pirata.

4 Problemi affrontati

Di fatto l’adozione dell’open source non ha incontrato problemi particolari, data anche la preparazione dei sistemisti dell’Ente. Ci sono stati alcuni episodi di FUD (fear, uncertainty, doubt) instillati da alcuni fornitori di soluzioni proprietarie, che nella maggior parte dei casi sono stati superati.

Maggiori sono invece i problemi che derivano dallo scambio dei docu-menti di automazione d’ufficio provenienti da differenti fonti, che aperti da una suite differente da quella di produzione, hanno aspetto non perfetto. La soluzione auspicabile è che tutta la PA si doti delle medesime suite open source.

Altri problemi derivano dall’integrazione delle procedure che producono automaticamente documenti, si tratta però di casi sempre più limitati.

5 Il riuso

L’adozione di software ed ambienti open source favorisce il processo di riuso, limitando i costi di licenza ed il processo di personalizzazione per gli enti adottanti e consentendo di condividere le spese di sviluppo e ma-nutenzione.

L’Amministrazione ha contribuito all’adattamento di un modulo di auto-ma, ottenuto in riuso dalla Regione Liguria, per le finalità del progetto Git Elisa, a sua volta fornito in riuso ad oltre 250 amministrazioni, con notevoli risparmi rispetto all’acquisizione di un equivalente modulo con licenza.

È stato inoltre recentemente sviluppato un servizio interattivo per la comunicazione all’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici AVCP, re-alizzato in linguaggio php e database PostgreSQL, offerto in riuso alle amministrazioni richiedenti.

Per rendere maggiormente fruibile il patrimonio di programmi, verrà pubblicato nel sito comunale l’elenco dei software in riuso.

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Misurare l’innovazione digitale

86 Missagia. L’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza

6 Come favorire l’adozione di software open source

Nel caso del Comune di Vicenza, particolarmente significativa è stata l’adozione di una mozione consiliare che prevedeva di valutare anche stru-menti open source, seguita dalla previsione, nei successivi documenti di pianificazione strategica, di utilizzare di preferenza software a sorgente libero.

Il commitment strategico è fondamentale, dato che l’introduzione di nuo-vi software comporta necessariamente una resistenza iniziale, in quanto gli utenti, soprattutto di capacità informatiche medie, faticano a cambiare le modalità operative.

Va sempre considerato che non si tratta di operatori informatici, ma di impiegati che si attendono che il personal computer ed i relativi software siano di semplice utilizzo a supporto dell’operatività quotidiana. Ogni inter-vento innovativo va quindi gestito in modo graduale e con molta attenzione, per non causare interruzione di servizio o un rifiuto delle nuove soluzioni.

Occorre inoltre fare sì che i cittadini e le imprese non debbano mai usa-re strumenti non open source nell’interazione con l’Ente, occorre vigilare affinché nessun Ente debba dotarsi di strumenti non open source per lo scambio di dati o per usare applicazioni distribuite da altri enti (es. pro-grammi di gestione di database proprietari).

Le Amministrazioni si devono poi impegnare congiuntamente nel chiede-re ai fornitori, in sede di gara, di integrarsi con i software aperti, in modo da garantirne la massima diffusione.

7 La formazione

L’introduzione di nuovi strumenti operativi rende comunque necessaria l’effettuazione di formazione specifica verso gli operatori, in modo sostan-zialmente simile sia nel caso di adozione di major release di software a licenza, sia nel passaggio a software open source. Va purtroppo segnalato che nella pubblica amministrazione i fondi destinati alla formazione sono invece stati fortemente ridotti.

8 Il Codice dell’Amministrazione Digitale

L’articolo 68 del d.lgs. 82/2005, Codice dell’Amministrazione digitale, comporterà una crescita dell’adozione del software open source, come ben dettagliato nella recente Circolare AgID n. 63 del 6 dicembre 2013 (Agenzia per l’Italia Digitale, Presidenza del Consiglio del Ministri, Roma, Dicembre 2013) che prevede un preciso percorso metodologico nella scelta delle soluzioni da acquisire.

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Missagia. L’esperienza dell’open source per il Comune di Vicenza 87

Misurare l’innovazione digitale

9 Il futuro dell’open source nel Comune di Vicenza

L’attuale crescita dell’open source avrà nei prossimi anni un ulteriore in-cremento, soprattutto nell’area server, di produttività individuale (office automation) e nelle soluzioni a riuso. Per tutti i tecnici informatici di nuova assunzione, sarà richiesta la conoscenza del sistema operativo Linux.

Considerando che la maggior parte dei software utilizzati dagli utenti medi sono disponibili ora anche in ambiente Linux e che il sistema opera-tivo Windows XP a breve non sarà più supportato, verrà avviata una mi-grazione progressiva delle postazioni informatizzate su sistema operativo Linux.

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Innovazione tecnologica al servizio dei cittadini nel Comune di Verona

Federico Brenzoni. Francesca Siliprandi (Informatica e-Government, Comune di Verona)

Abstract The Verona Municipality is actively promoting technological innovation in its area by contributing to the experimentation of emerging technologies. By cooperating with public and private enterprises advanced solutions have been developed for security, mobility and in general for public services, bringing the community real benefits. The participation to the SmeD project offers the opportunity to rethink the results obtained in ICT in the new perspective of the Smart City, as a sustainable development city with particular focus to the needs of the citizens and in a careful management of the available resources.

Sommario 1. I principali progetti innovativi del Comune di Verona. – 1.1. L’infrastruttura tecno-logica. – 1.2. Wifi pubblico. – 1.3. L’innovazione al servizio della mobilità. – 2. Progetto finanziato dalla Comunità Europea: Compass4D. – 3. Egov. Servizi al cittadino e alle imprese. – 4. Servizio di prenotazioni online. – 4.1. Tributi Comunali: Calcolo IMU. – 4.2. Pagamenti elettronici. – 4.3. Presentazione di istanze allo sportello telematico. – 5. Conclusioni. – 5.1. Un esempio: il servizio online di rilascio certificati anagrafici.

1 I principali progetti innovativi del Comune di Verona

1.1 L’infrastruttura tecnologica

Gli investimenti effettuati negli ultimi anni dal Comune di Verona in colla-borazione con aziende del territorio, pubbliche e private hanno consentito la creazione di una rete privata prevalentemente realizzata in fibra ottica che collega le sedi comunali, i principali impianti semaforici, la videosor-veglianza pubblica.

Il data center ospita circa 120 server fisici e circa 150 server virtuali con una gestione di circa 100 terabyte di storage articolata su circa 80 applica-zioni principali, quasi totalmente in architettura web-based, su data base relazionale con una gestione dell’autenticazione centralizzata di Identity Management.

La città beneficia anche di investimenti privati per quanto riguarda la posa della banda larga e la rete LTE, l’area cittadina risulta quasi intera-mente coperta da rete a banda larga, rimangono non coperte da questo servizio alcune zone periferiche.

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Misurare l’innovazione digitale

90 Brenzoni, Siliprandi. Innovazione tecnologica nel Comune di Verona

1.2 Wifi pubblico

L’infrastruttura esistente ha consentito, a partire dal 2009, in collaborazione con l’azienda pubblica AGSM, la realizzazione di un servizio di WiFi pubbli-co per l’accesso a Internet gratuito in più di un centinaio di zone ed edifici pubblici del centro storico e dei quartieri cittadini. L’accesso federato al sistema è condiviso dall’Università di Verona, dai principali musei, dalle bi-blioteche, ordine degli Ingegneri e molte associazioni presenti sul territorio.

1.3 L’innovazione al servizio della mobilità

Una mobilità sostenibile è uno dei temi fondamentali nell’ambito smart city: in questo ambito il Comune di Verona ha investito risorse per l’in-tegrazione di sistemi tecnologici al servizio della nuova Centrale della Mobilità.

– sottosistema per la Centralizzazione semaforica (UTC, Urban Traffic Control) che consente di coordinare, a livello centralizzato, i flus-si di traffico mediante regolatori semaforici di nuova generazione tecnologicamente avanzati (coordinamenti di direzione, scenari ad attivazione automatica, programmazione a calendario ecc.);

– sottosistema per il Rilevamento elettronico dei veicoli (AVC, Automat-ic Vehicle Identification) che comprende attualmente due modalità di rilevamento: di controllo degli accessi alla Zona a Traffico limitato e di controllo del transito sulle corsie preferenziali;

– sottosistema per il Monitoraggio del traffico (AVC, Automatic Vehicle Classification), essenziale per il monitoraggio e la gestione della rete, utilizza stazioni di misura che, 24 ore su 24, registrano nelle princi-pali vie d’accesso alla città tutto il traffico veicolare sia in ingresso che uscita, conteggiando i transiti e suddividendoli per classe (moto, auto, furgoni, TIR ecc.)

– sottosistema Pannelli a messaggio variabile (VMS, Variable Message System): comprende diverse famiglie di strumenti utilizzati per for-nire informazioni in tempo reale all’utenza informazioni sullo stato di servizio della rete di mobilita: a. indirizzamento ai parcheggi: fornisce la disponibilità di posti liberi

nei principali parcheggi cittadini;b. indirizzamento ed avviso (strade d’accesso alla città): pannelli a

messaggio variabile disposti agli ingressi della città con la funzione di avvisare di eventi o limitazioni che interessano la circolazione stradale nel centro abitato;

– pannelli luminosi ai varchi d’accesso ZTL: piccoli pannelli disposti ai varchi d’accesso alla ZTL con la funzione di aumentare la percezio-ne da parte degli utenti della presenza del varco elettronico e della

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Brenzoni, Siliprandi. Innovazione tecnologica nel Comune di Verona 91

Misurare l’innovazione digitale

possibilità di accedere liberamente nelle fasce orarie consentite per tutti;

– sottosistema per la Videosorveglianza del traffico (CCT, Closed Cir-cuit Television): si compone di telecamere digitali poste in corrispon-denza dei principali incroci semaforizzati allo scopo di osservare dalla Centrale lo stato del traffico, le congestioni e gli eventuali in-cidenti per darne immediata comunicazione all’utenza attraverso i pannelli informativi;

– sottosistema per l’assistenza e l’emergenza (SOS, Safety Operating System): si compone di colonnine di emergenza a disposizione della cittadinanza con la possibilità di: chiamare direttamente la Centrale Operativa della Polizia Municipale.

2 Progetto finanziato dalla Comunità Europea: Compass4D

A sottolineare l’impegno nel portare Verona ad essere smart city, Il Comu-ne ha scelto di partecipare attivamente al progetto europeo Compass4D. Si tratta di un progetto triennale che ha l’obiettivo di incrementare la sicurezza stradale, l’efficienza nei trasporti pubblici e di ridurre il livello di congestione del traffico urbano. Un obiettivo di straordinaria rilevanza che comporta l’utilizzo di innovativi sistemi di navigazione per il trasporto intelligente, puntando a migliorare non solo la qualità della guida ma, in particolar modo, la sicurezza stradale di tutti i cittadini.

Il progetto Compass4D a Verona prevede un importante investimento per lo sviluppo di tre servizi di trasporto intelligente:

– avviso di semaforo rosso non rispettato (Red Light Violation Warning); – avviso di pericolo sulla strada (Road Hazard Warning); – efficienza energetica agli incroci (Energy Efficiency Intersection).

I veicoli pilota (auto e autobus) di Verona verranno equipaggiati con dispo-sitivi di bordo interoperabili che potranno comunicare con l’infrastruttura stradale circostante scambiando informazioni in tempo reale e consenti-ranno quindi di avvisare di eventuali incidenti sulla strada, lavori in corso, stato dei semafori ecc. Gli stessi dispositivi potranno essere utilizzati anche nelle altre sei città pilota del progetto (Bordeaux, Copenaghen, Helmond, Newcastle, Salonicco e Vigo). Saranno inoltre sviluppate applicazioni dedi-cate a tali dispositivi di bordo, destinati ad entrare nel mondo dei prodotti consumers sia per ambienti iPhone sia per ambienti Android.

Per la prima volta in Europa, il sito pilota di Verona testerà l’uso della tecnologia LTE (Long Term Evolution), infrastruttura privata attiva in città a partire da maggio 2013. LTE, conosciuta come 4G permette la trasmissio-ne dati con una velocità fino a 100 Mbit/s in download e fino a 50 Mbit/s in

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upload, rendendo così disponibili servizi e contenuti multimediali ad alta definizione anche in mobilità.

3 Egov. Servizi al cittadino e alle imprese

Il Comune di Verona ha un’esperienza decennale nell’ambito dei servizi e-government. Già a partire dal 2003 infatti, con la partecipazione ai pro-getti nazionali, è attivo un portale servizi che si appoggia ad infrastruttura tecnologica in costante evoluzione e aggiornamento.

Il monitoraggio sull’utilizzo dei servizi online ha portato al consolida-mento di diversi sottosistemi: pagamenti elettronici, prenotazioni online, sportello telematico.

I prossimi sviluppi su questa tema prevedono il supporto specifico di nuove devices: smarthphone e tablet.

4 Servizio di prenotazioni online

Il sistema di prenotazione online: nato per prenotare eventi ed appunta-menti per uno specifico sportello dell’edilizia privata è ormai un servizio utilizzato dalla maggioranza degli uffici comunali. Oltre ad essere un vali-do aiuto per il cittadino che può scegliere l’orario più adatto alle proprie esigenze per l’appuntamento, questo servizio ha contribuito a migliorare l’organizzazione degli uffici. Ogni ufficio ora è dotato di un’agenda elettro-nica per gli appuntamenti, può accettare prenotazioni direttamente online telefoniche avvalendosi di un operatore generico. È un esempio di come l’uso della tecnologia può aiutare a migliorare l’organizzazione.

Nell’anno 2013 la piattaforma di prenotazioni ha registrato 25.000 ap-puntamenti ai diversi sportelli (sportello polifunzionali, edilizia privata, circoscrizioni, SUAP).

L’introduzione di questo servizio ha eliminato totalmente alcune spiace-voli situazioni (lunghe code fuori dagli uffici comunali di prima mattina) che si venivano a creare in occasione dell’apertura di particolari servizi quali ad esempio la prenotazione delle iniziative organizzate dal settore Turismo sociale o la prenotazione di spazi pubblici in occasione di fiere.

Il software utilizzato per la gestione del sistema prenotazioni, sviluppato su specifiche del Comune di Verona, è stato dato in riuso alla Provincia di Verona e alla Camera di Commercio di Verona.

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Brenzoni, Siliprandi. Innovazione tecnologica nel Comune di Verona 93

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4.1 Tributi Comunali: Calcolo IMU

Per il calcolo della ‘mini IMU’, in scadenza il 24 gennaio, il portale comu-nale di calcolo ha servito 36.638 utenti, producendo 21.676 modelli F24 per altrettanti cittadini, con punte di utilizzo di 5.000 accessi giornalieri. Questo servizio, già ampiamente utilizzato per le precedenti scadenze legate al pagamento dell’IMU, permette, se la situazione catastale e ana-grafica del contribuente è corretta, il calcolo preciso dell’imposta, fornen-do un valido aiuto sia in termini di tempo, che di garanzia di correttezza dell’importo pagato.

4.2 Pagamenti elettronici

Sul portale del Comune di Verona sono attivi servizi per il pagamento online di:

– rette scolastiche (nidi, materne, mense e trasporto); – le contravvenzioni della Polizia Municipale; – spese di bollo e segreteria per certificati anagrafici; – spese per la prenotazione di alcune sale comunali; – pagamenti per eventi organizzati dall’Amministrazione.

Le transazioni effettuate sul portale comunale sono tutte di tipo sicuro con dialogo criptato, e, a partire da gennaio 2013 con il nuovo contratto di Tesoreria, non sono applicati i costi di commissione. Il pagamento me-diante portale servizi garantisce la cosiddetta ‘riconciliazione automatica’, quindi meno spese per l’Ente, certezza di avvenuto incasso e garanzia per il cittadino a tutela di successive contestazioni.

Nell’anno 2013 è stato incassato un totale di 1,12 milioni di euro dalla piattaforma di pagamento online, il 26% in più rispetto all’anno prece-dente, per un totale di 12.500 transazioni, il 26% in più rispetto all’anno precedente, un incremento di poco superiore all’incremento nazionale, 23% , dei pagamenti con carta di credito, così come pubblicato da ABI lo scorso novembre.

Tenendo conto della diffidenza con la quale ancora oggi sono utilizzati in Italia gli strumenti di pagamento elettronici verifichiamo un lento ma costante aumento dei pagamenti con carta di credito sul portale servizi del Comune d Verona di anno in anno.

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94 Brenzoni, Siliprandi. Innovazione tecnologica nel Comune di Verona

4.3 Presentazione di istanze allo sportello telematico

È stato attivato a metà del 2013 un nuovo servizio di invio pratiche edilizie, SUAP e non SUAP, chiamato ‘sportello telematico’. Nei primi sei mesi attra-verso questo canale sono state attivati 1.700 nuovi procedimenti digitali.

Lo sportello telematico guida l’invio delle istanze suggerendo al profes-sionista quali sono i documenti necessari alla corretta presentazione, pro-tocolla automaticamente l’avvenuto ricevimento della richiesta e produce una ricevuta inviata via PEC. Il nuovo servizio ha portato ad una sostanziale riduzione dei tempi medi effettivi dei procedimenti, in particolare dei per-messi di costruire.

Questo nuovo canale telematico affianca e in certi casi sostituisce to-talmente l’invio di istanze via PEC, ancora attivo ma non così efficiente come il servizio online. Visto che il servizio di ‘sportello telematico’ è rivol-to ad un’utenza specializzata, professionisti, quindi geometri, ingegneri, commercialisti, si è scelto di consentire la registrazione con smart card evitando costose e impegnative operazioni di rilascio e gestione password

Riportiamo di seguito alcune statistiche sull’utilizzo dello sportello tele-matico:

Periodo rilevazione dati (1 anno) dal 01.01.2013 al 31.12.2013

Procedimenti digitali avviati a mezzo PEC 9196

di cui:Coordinamento Edilizia 4998Coordinamento SUAP Tributi 922Coordinamento Commercio 2221Coordinamento SUAP Ambiente 103Coordinamento Pianificazione Territoriale 0

Integrazioni pratiche cartacee o digitali effettuate a mezzo PEC 15122

di cui:Coordinamento Edilizia 9571Coordinamento SUAP Tributi 971Coordinamento Commercio 2521Coordinamento SUAP Ambiente 1231Coordinamento Pianificazione Territoriale 1

Provvedimenti digitali rilasciati a mezzo PEC Area Gestione Territorio e SUAP

1480

Comunicazioni digitali inviate a mezzo PEC Area Gestione Territorio e SUAP

9193

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Periodo rilevazione dati (6 mesi) dal 01.06.2013 al 31.12.2013

Procedimenti avviati a mezzo Sportello Telematico 1625

di cui:Edilizia 1447SUAP Tributi 129Commercio 20SUAP Ambiente 15Pianificazione Territoriale 29

Integrazioni pratiche effettuate a mezzo Sportello Telematico 1679

di cui:Edilizia 1571SUAP Tributi 85Commercio 10SUAP Ambiente 10Pianificazione Territoriale 15

5 Conclusioni

La misura del ritorno degli investimenti in tecnologia è un tema complesso per le aziende e lo diventa in particolar modo per un Ente pubblico data la numerosità delle variabili in gioco. L’Ente pubblico non può infatti valutare il ritorno di investimento misurando la diminuzione dei costi di gestione o l’aumento delle entrate, ma deve verificare l’aumento del benessere sul territorio, parametro complesso da misurare e dipendente da innumerevoli altri fattori. Come conseguenza anche l’individuazione degli indicatori che possiamo utilizzare per misurare l’impatto degli investimenti in ICT devono essere valutati molto attentamente e costantemente aggiornati.

5.1 Un esempio: il servizio online di rilascio certificati anagrafici

Il servizio è stato ideato e realizzato per limitare le code agli sportelli fisici, consente la prenotazione online del certificato, i pagamento dei diritti di segreteria e bollo con carta di credito, e la successiva spedizione a casa del certificato. Per qualche anno si è misurato il numero sempre crescente di certificati rilasciati con questo servizio valutando come benefici il be-neficio in termini di tempo per il cittadino, il risparmio di CO2 derivante dagli mancati spostamenti, il risparmio per l’Ente in ore lavorate in back office anziché front office.

Negli ultimi due anni, grazie all’introduzione di un’importante norma in tema di semplificazione amministrativa, il numero di certificati anagrafici totali emessi è drasticamente diminuito, sia allo sportello fisico che allo

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96 Brenzoni, Siliprandi. Innovazione tecnologica nel Comune di Verona

sportello virtuale e di conseguenza dobbiamo correggere la valutazione del nostro indicatore ‘numero di certificati online’.

Attualmente, pur considerando il rapporto fra il numero di certificati online e il numero di certificati totali emessi come tuttora un buon indi-catore sull’utilizzo del canale web, un obiettivo del Comune deve essere quello di diminuire l’emissione totale di certificati incentivando soluzioni alternative più efficienti (autocertificazioni, accesso diretto ai dati con autenticazione forte ecc.) con notevole beneficio per la semplificazione amministrativa.

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Strumenti digitali per le smart city venete, Comune di Treviso

Roberto Meneghetti (Servizi Informatici e Sistema informativo Territoriale, Comune di Treviso) Michela Mingardo (Ufficio Mobility Manager, Comune di Treviso) Daniela Pivato (Sportello Unico, Comune di Treviso)

Abstract The article describes some of the many innovation projects recently developed by the Municipality of Treviso. The project SUAP was developed for the simplification and digitalisation of the procedures for the communication with the enterprises. Three projects have been devel-oped in the field of urban mobility: TV-Bike for bike sharing, a system for the management of parking and a system for the management of traffic lights.

Sommario 1. Progetto SUAP. – 1.1. L’esperienza di Treviso. – 1.2. Dati dell’attività SUAP. – 2. Progetto TV-Bike (bike sharing). – 3. Sistema di gestione della sosta. – 4. Sistema semaforico ‘intelligente’ della circonvallazione.

1 Progetto SUAP

Il D.P.R. 7 ottobre 2010, n. 160 ha dato nuovo impulso all’istituto dello Sportello unico, nato con il d.lgs. n. 112/1998 e con il DPR n. 447/1998. In particolare è stata confermata la scelta di situare in ambito comunale il SUAP e di individuarlo come «unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimento che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazioni di servizi e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o ricon-versione, ampliamento o trasferimento nonché cessazione delle suddette attività». Il SUAP deve operare esclusivamente per mezzo della rete te-lematica ed assicurare al richiedente una risposta unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le altre pubbliche amministra-zioni comunque coinvolte nelle competenze relative al sistema produttivo.

1.1 L’esperienza di Treviso

La Regione del Veneto, con DGR n. 2133 del 23 ottobre 2012 ha ratificato la convenzione tra il Dipartimento per la Funzione Pubblica, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione del Veneto e Unioncamere Veneto per l’attivazione di un percorso sperimentale di semplificazione ammini-strativa sull’avvio a regime dello Sportello Unico Attività Produttive tele-matico tramite il portale http://www.impresainungiorno.gov.it.

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98 Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete

Il portale svolge la funzione di raccordo tra le infrastrutture e le reti già operative per lo scambio informativo e l’interazione telematica tra Ammi-nistrazioni e gli Enti interessati, rimettendo al medesimo portale il colle-gamento ed il reindirizzo ai sistemi informativi già realizzati e garantendo l’interoperabilità tra Amministrazioni.

Dal 1° febbraio 2013 le pratiche SUAP presentate al Comune di Tre-viso devono essere presentate esclusivamente con modalità telematica, attraverso il portale www.impresainungiorno.gov.it. Non sono state più accettate pratiche presentate in formato cartaceo o inviate tramite PEC.

Presso gli Uffici comunali è stato attivato uno sportello informativo dedi-cato per fornire alle imprese le informazioni necessarie per la compilazione online delle pratiche SUAP, attivando anche un servizio di consulenza tele-fonica.

1.2 Dati dell’attività SUAP

Si riportano di seguito i dati più significativi dell’attività dei SUAP telema-tici della Regione del Veneto e del Comune di Treviso (dati al 22 ottobre 2013, fonte: Infocamere).

Tabella 1. Tipologia di SUAP nei Comuni veneti ripartiti su base provinciale

Tabella 2. Ripartizione del numero di pratiche SUAP su base provinciale

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Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete 99

Misurare l’innovazione digitale

Tabella 3. Ripartizione del numero di pratiche SUAP in base alla tipologia del procedimento su base provinciale

Tabella 4. Pratiche SUAP del Comune di Treviso ripartite in base alla tipologia di procedimento ed allo stato della pratica

Tabella 5. Andamento mensile delle pratiche SUAP del Comune di Treviso ripartite in base alla tipologia di procedimento

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100 Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete

2 Progetto TV-Bike (bike sharing)

Il Comune di Treviso ha attivato il servizio automatico di bike sharing TVBi-ke, inaugurato nell’agosto del 2010. Il servizio è utilizzato dai cittadini in particolare negli spostamenti da e verso il centro storico. Il sistema è attual-mente costituito da 16 postazioni dislocate nei punti strategici del territorio comunale con complessive 154 colonnine di aggancio e quasi 100 biciclette.

Figura 1. Postazioni bike sharing

Le postazioni esterne al centro storico sono ubicate in corrispondenza delle principali aree di parcheggio presenti nelle vicinanze delle mura mentre quelle poste nell’area centrale della città sono ubicate in corrispondenza dei principali poli attrattori e delle sedi dei servizi ai cittadini.

Sono state installate inoltre tre ulteriori postazioni in corrispondenza della Stazione ferroviaria, dell’Ospedale Ca’ Foncello e della sede della Provincia di Treviso.

La posizione delle stazioni di bike sharing è stata pensata per favorire l’interscambio modale auto-bicicletta in corrispondenza di una serie di parcheggi scambiatori e per consentire di raggiungere agevolmente tutte le aree della città di Treviso.

La ridotta distanza tra i vari punti bike sharing è indice tangibile della capillarità e dell’efficienza raggiunta da questo servizio.

L’attivazione del progetto TV Bike è stata supportata da una massiccia campagna di comunicazione che si è avvalsa di una serie di strumenti in-formativi quali pieghevoli distribuiti alla cittadinanza, pannelli pubblicitari sugli autobus, tabelloni elettronici disposti in città e pubblicazioni sui siti web istituzionali del Comune di Treviso.

Gli iscritti al servizio sono ad oggi circa 1.500, a conferma del grande successo dell’iniziativa.

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Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete 101

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Da un punto di vista operativo il sistema consente di monitorare in tempo reale l’utilizzo del servizio e di ottenere lo storico di tutti gli spostamenti effettuati dagli utenti tramite l’utilizzo di un applicativo web.

Più precisamente il sistema archivia tutte le operazioni di prelievo/con-segna delle bici in un database registrando l’orario dell’operazione, il tipo di operazione (prelievo/consegna) la postazione in cui è avvenuta e l’utente che la ha effettuata.

È quindi possibile, utilizzando query preimpostate, interrogare il sistema ottenendo qualsiasi informazione relativa a singoli utilizzi dei cicli o ad aggregazioni di vario genere degli stessi ricreando agevolmente la matrice O/D parziale o totale degli spostamenti relativi all’intero sistema.

ll monitoraggio dei primi 3 anni evidenzia un buon livello di utilizzo del servizio con oltre 30.000 spostamenti effettuati e 40.000 km percorsi me-diamente all’anno.

Figura 2. Dati sistema bike sharing

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Misurare l’innovazione digitale

102 Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete

Figura 3. Dati sistema bike sharing

3 Sistema di gestione della sosta

L’attuale sistema tecnologico prevede che ogni singolo stallo a pagamento sia identificato in modo univoco da un numero di 4 cifre e dotato di un sen-sore a induzione magnetica posto al di sotto della pavimentazione stradale.

Figura 4. Esempio di numerazione degli stalli

Il sensore è in grado di rilevare lo stato di occupazione dello stallo (Libero/Occupato) e di comunicare in modalità wireless questo dato ad una serie di parcometri/ripetitori che lo trasmettono grazie ad un modem GPRS ad un server centrale.

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Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete 103

Misurare l’innovazione digitale

L’operazione di pagamento/autorizzazione della sosta prevede una pre-ventiva identificazione dello stallo utilizzato e può avvenire con diverse modalità:

– pagamento con monete presso qualsiasi parcometro; – utilizzo presso i parcometri di differenti tipologie di carte quali card

ricaricabile, Time card, Mamma card e card di esenzione di vario genere.

Esistono inoltre alcune tipologie di carte abbonamento per residenti e operatori, utilizzabili solo per la sosta in determinate aree della città. È possibile infine pagare la sosta anche tramite SMS.

Le aree di sosta gestite con questo sistema sono il centro storico e alcune aree fuori dal centro, tutti gli stalli a pagamento sono numerati e quindi individuabili univocamente. Il funzionamento del sistema è il seguente:

– il sensore rileva la presenza del veicolo e la trasmette al parcometro di riferimento;

– il parcometro riceve il dato e lo trasmette al server di gestione uti-lizzando il modem GPRS;

– il parcometro trasmette in tempo reale i dati dei pagamenti effettuati dagli utenti;

– il server elabora i dati ricevuti, li pubblica su un sito Internet dedicato ed aggiorna i pannelli VMS installati.

Con questo sistema tecnologico non risulta necessaria l’esposizione del ticket all’interno dell’auto ed è inoltre possibile estendere la durata della sosta da qualsiasi colonnina digitando un codice presente nella ricevuta stampata dal parcometro, senza dover per forza ritornare a quella presso cui è stato eseguito il primo pagamento.

Le colonnine parcometro registrano infatti tutte le operazioni di pa-gamento, attivazione/chiusura della sosta e trasmettono questi dati (in aggiunta a quelli ricevuti dai sensori ad induzione magnetica degli stalli di sosta) ad un server centrale che provvede ad immagazzinarli in un da-tabase dedicato.

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Misurare l’innovazione digitale

104 Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete

Figura 5. Schema funzionamento sistema gestione sosta

I dati contenuti nel server sono consultabili da qualsiasi computer con-nesso ad Internet, previo inserimento delle credenziali di autorizzazione. Interrogando il database mediante maschere predefinite è possibile:

1) conoscere lo stato di occupazione dei singoli stalli e lo stato del re-lativo pagamento;

2) distinguere la tipologia degli utenti che utilizzano gli stalli di sosta (utenti occasionali, abbonati residenti, abbonati operatori, card rica-ricabile, card SMS, Time card, Mamma card ecc.);

3) ottenere una serie di indicatori prestazionali riguardanti l’utilizzo di singoli stalli o aree di sosta quali il tasso di occupazione o l’indice di rotazione (le aree di sosta aggregative sulle quali eseguire le analisi possono essere definite a piacimento dagli utilizzatori del sistema);

4) interrogare il database in modo tale da conoscere tutti gli aspetti eco-nomici riguardanti i pagamenti quali incassi giornalieri totali, incassi per singolo stallo, incassi per tipologia di pagamento ecc.

Molte delle applicazioni elencate sono disponibili anche utilizzando i com-puter palmari in dotazione agli ausiliari del traffico che possono così con-trollare più agevolmente la regolarità dei veicoli in sosta.

I dati di occupazione degli stalli sono inoltre utilizzati per segnalare la disponibilità di stalli di sosta liberi nelle varie aree della città di Treviso su

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Misurare l’innovazione digitale

5 pannelli a messaggio variabile, costituenti parte integrante del sistema tecnologico installato, ubicati lungo le principali vie di accesso al centro storico.

È attualmente in corso l’estensione del sistema di gestione della sosta anche agli stalli riservati al carico/scarico (Progetto Europeo Life+ Perht) e a quelli regolamentati a disco orario.

Sono inoltre in fase avanzata di sviluppo specifiche app per smartphone che consentiranno agli utenti di avere informazioni real-time sulla dispo-nibilità degli stalli di sosta delle varie zone della città.

4 Sistema semaforico ‘intelligente’ della circonvallazione

In corrispondenza degli attraversamenti pedonali semaforizzati presenti lungo l’anello viario a senso unico esterno alle mura della città nonché dei principali impianti semaforici del territorio comunale sono installate, al di sotto del manto stradale, una serie di spire ad induzione magnetica che registrano costantemente i flussi veicolari in transito.

Figura 6. Posizione impianti semaforici anello viario esterno alle mura

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106 Meneghetti, Mingardo, Pivato. Strumenti digitali per le smart city venete

I dati vengono immagazzinati in un server centrale e possono essere con-sultati e rielaborati tramite un applicativo web. Il sistema registra auto-maticamente, ad intervalli temporali prestabiliti, il numero dei veicoli in transito, la loro tipologia, la velocità e il tasso di occupazione dei sensori.

La combinazione di tutte queste informazioni rende possibile analizzare in modo dettagliato le condizioni del traffico.

I valori dei flussi sono inoltre utilizzati per ottimizzare i cicli semaforici in tempo reale sulla base dei flussi veicolari rilevati. Il sistema risulta utile anche per individuare anomalie o malfunzionamenti dell’intero sistema semaforico.

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Il software libero nella PA, Comune di Belluno

Mauro Barattin (Centro Elaborazione Dati, Comune di Belluno)

Abstract The experience regarding the adoption of open source, free software and open for-mats of the Municipality of Belluno is reported. In particular, some legal, technical, economical and social motivations for this strategic choice are described. The specific case of the account-ing/management software, where closed source solutions prevail, is discussed, and the advan-tages for Public Administrations of the adoption of the open philosophy specifically in this field are outlined.

Sommario 1. Software open source, software libero e formati aperti. – 2. Il software libero in Co-mune di Belluno. – 3. Perché il Comune di Belluno deve usare software libero? – 3.1. Motivazioni di tipo legale. – 3.2. Motivazioni di tipo tecnico. – 3.3. Motivazioni di tipo economico. – 3.4. Moti-vazioni di tipo sociale. – 4. Una proposta per le procedure gestionali della PA. – 5. Quale beneficio per le aziende IT sul territorio? – 6. Quali vantaggi per il cittadino? – 6.1. Conclusioni

1 Software open source, software libero e formati aperti

Il presente articolo è incentrato sull’uso del software open source, del software libero e dei formati documentali aperti nella PA locale. Per po-terne apprendere a fondo il significato è importante chiarire fin da subito di cosa precisamente si sta parlando.

Il software ‘open source’ indica il software per il quale gli autori distri-buiscono il codice sorgente e ne favoriscono il libero studio e l’apporto di modifiche da parte di altri programmatori. Analogamente, il software ‘libe-ro’ è il software pubblicato con una licenza d’uso che permette a chiunque di utilizzarlo per qualsiasi scopo e che ne incoraggia lo studio, la modifica e la redistribuzione. Al di là dei termini, il software open source e il software libero hanno obiettivi comuni, ma differiscono sul piano filosofico, visto che parlando di software libero si pone l’accento sugli aspetti sociologici ed etici, che sono volutamente rimossi nella visione open source.

Un formato documentale ‘aperto’ è un formato di dati con delle speci-fiche tecniche pubbliche, neutro rispetto agli strumenti tecnologici ne-cessari per la fruizione dei dati stessi ed esente da qualsiasi proprietà intellettuale o restrizione legale che ne limiti l’uso. Il principale obiettivo dei formati aperti, in particolare nella PA, è garantire l’accesso ai dati nel lungo periodo. Differentemente dai formati proprietari, che sono general-mente associati ad uno specifico software proprietario e per i quali viene intenzionalmente inibito l’uso di prodotti concorrenti, con i formati aperti l’informazione può essere creata con più applicazioni.

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Misurare l’innovazione digitale

108 Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno

2 Il software libero nel Comune di Belluno

Il software libero sta riscuotendo un crescente interesse da parte della PA, si moltiplicano le iniziative per favorirne l’uso e sono sempre più numerosi gli esempi virtuosi di migrazione dal software proprietario al software libero di governi, regioni e comuni. Anche l’Amministrazione comunale di Belluno ha da tempo dimostrato un buon interesse verso il software libero e i formati aperti, con l’obiettivo primario di salvaguardare il patrimonio informativo dell’Ente, fare delle economie e adeguarsi alle linee europee e nazionali.

L’adozione di software libero è iniziata oltre dieci anni fa, inizialmente in ambito server e successivamente anche nelle postazioni degli utenti. Attualmente presso la sala macchine del CED circa l’80% dei server utilizza il sistema operativo Linux e la maggior parte degli utenti utilizza esclusi-vamente LibreOffice come suite di produttività personale. Su tutti i PC è inoltre disponibile una raccolta di programmi liberi e gratuiti, della miglio-re qualità e accuratamente selezionati per assicurare stabilità e facilità d’uso. Infine il software libero viene largamente utilizzato nello sviluppo di piccole applicazioni, nonché per l’elaborazione e la pubblicazione dei dati territoriali.

I progetti per il prossimo futuro mirano ad incrementare ulteriormente l’adozione del software libero in tutti gli uffici comunali e all’utilizzo esclu-sivo di formati aperti per i documenti prodotti dall’Ente, compresi quelli destinati alla pubblicazione sui siti web e alla comunicazione all’esterno dell’Amministrazione.

3 Perché il Comune di Belluno deve usare software libero?

La migrazione al software libero è un ‘processo di cambiamento’ e non una banale ‘sostituzione’ di un software o di una procedura, in quanto ciò comporta un cambiamento del modo di lavorare delle persone e si scontra con l’abitudine delle persone ad utilizzare degli specifici strumenti infor-matici. Come tutti i cambiamenti di abitudine, la migrazione va gestita ponendo particolare attenzione agli aspetti della comunicazione, della formazione e del supporto agli utenti. Tutto questo, ovviamente, cercando di non aggiungere ulteriore stress rispetto al lavoro quotidiano. In con-siderazione della notevole resistenza al cambiamento, è lecito chiedersi il perché la PA sia fortemente incentivata ad utilizzare soluzioni libere. Sussistono motivazioni di tipo legale, di tipo tecnico, di tipo economico e anche di tipo sociale.

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Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno 109

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3.1 Motivazioni di tipo legale

Nel corso dell’ultimo decennio si sono susseguiti numerosi progetti di legge statali, regionali e locali in materia di software libero e formati aperti nella PA. Tuttavia le motivazioni di tipo legale sono essenzialmente regolate dall’art. 68 del CAD (Agenzia per l’Italia Digitale, circolare n. 63/2013, Linee guida per la valutazione comparativa prevista dall’art. 68 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 «Codice dell’Amministrazione Digitale»), il quale in buona sostanza dice che è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario se e solo se la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostra l’impossibilità di accedere a soluzioni sviluppate per conto della PA o al software libero. Tra i criteri di valutazio-ne si fa preciso riferimento ai formati dei dati di tipo aperto nonché a tutti quegli standard in grado di assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della PA.

Anche la Regione del Veneto, con la legge regionale del 14 novembre 2008, n. 19, ad oggetto «Norme in materia di pluralismo informatico, dif-fusione del riuso ed adozione di formati per documenti digitali aperti e standard nella società dell’informazione del Veneto» promuove e sostiene il pluralismo informatico attraverso l’impiego e la diffusione di formati aperti e predilige l’uso di software libero, nel rispetto del principio costi-tuzionale di buon andamento e del principio di economicità dell’attività amministrativa.

Infine, l’Amministrazione comunale di Belluno ha adottato la delibera-zione di Giunta del 13 gennaio 2005, n. 2 ad oggetto «Linee di indirizzo su open source» e, più recentemente, la mozione approvata all’unanimità dal Consiglio comunale nella seduta del 13 maggio 2013 ad oggetto «Utilizzo di software libero e formati aperti in tutti gli uffici comunali».

3.2 Motivazioni di tipo tecnico

Le motivazioni tecniche riguardano principalmente l’indipendenza nei con-fronti delle tecnologie proposte dai fornitori di software, la possibilità di utilizzare formati aperti e standard e la disponibilità del codice sorgente. Se si utilizzano dei formati aperti, un particolare produttore non può met-tere in atto delle politiche di lock-in in quanto il patrimonio informativo può essere gestito con più applicazioni. Viene pertanto incentivata la creazione di prodotti concorrenti e la competizione genera innovazione tecnologica, maggior qualità dei software e, in ultima analisi, prezzi più bassi.

Nel concreto, le soluzioni informatiche di uso comune basate sul software libero hanno raggiunto da tempo una elevata maturità e sono disponibili numerosi applicativi con funzionalità comparabili con quelle dei software proprietari. Va comunque considerato che alcune funzionalità avanzate

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110 Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno

generalmente vengono utilizzate da figure professionali che normalmente non sono presenti all’interno della PA. Tali programmi garantiscono anche una buona compatibilità con i formati proprietari, nonostante questi ultimi siano stati ideati intenzionalmente proprio per rendere problematica l’in-teroperabilità. In ogni caso, prima di adottare un applicativo libero è ne-cessario focalizzare l’attenzione non solo sulle sue funzionalità, ma anche valutarne la diffusione e la vivacità della community che lo sviluppa. Nel mondo del software libero possiamo infatti trovare sia prodotti leader del loro settore che prodotti ‘amatoriali’ e pertanto vi è il rischio di adottare un software con una piccola realtà alle spalle, per poi ritrovarsi con un prodot-to tutt’altro che longevo o che non viene evoluto con le tempistiche attese.

3.3 Motivazioni di tipo economico

Il software libero può permettere dei notevoli risparmi economici legati ai costi delle licenze, ma in ogni caso questo aspetto deve essere consi-derato marginale. Non dimentichiamo infatti che il software libero non è necessariamente sviluppato a titolo gratuito. In ogni caso, la sempre più preoccupante contrazione delle risorse degli enti pubblici dovrebbe solle-citare i diversi livelli della PA ad una attenta e informata ricognizione delle possibilità di risparmio offerte dal software libero al fine di contenere e razionalizzare la spesa pubblica.

3.4 Motivazioni di tipo sociale

Il software libero, per sua natura, stimola la condivisione del sapere e la cooperazione tra le persone. Tutto questo riveste una particolare impor-tanza se si pensa che l’art. 68 del CAD si rivolge anche alle istituzioni scolastiche di ogni genere e grado.

4 Una proposta per le procedure gestionali della PA

Sebbene siano disponibili svariati software liberi di indiscusso valore tec-nologico, che consentono di soddisfare le esigenze applicative della mag-gioranza degli utenti, è opportuno osservare che nell’ambito della PA il software di maggiore rilevanza è costituito dalle procedure gestionali (ad es. atti amministrativi, protocollo, finanziaria, anagrafe ecc.). Tali proce-dure sono generalmente fornite, tramite licenza d’uso, da aziende private che gestiscono anche i relativi servizi di assistenza.

I sistemi informativi degli enti pubblici sono praticamente tutti diver-si tra loro e oltretutto a parità di fornitore ogni amministrazione adotta

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Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno 111

Misurare l’innovazione digitale

delle proprie personalizzazioni. L’elevato numero di soluzioni software determina enormi costi di gestione, incentiva la proliferazione di soluzioni proprietarie e aumenta esponenzialmente i rischi legati alla dipendenza dal software proprietario. Le continue evoluzioni normative complicano ulteriormente la situazione in quanto si traducono quasi sempre in modi-fiche alle procedure che ogni produttore implementa autonomamente e in modo difforme dai concorrenti.

Poiché le esigenze della PA sono le stesse su tutto il territorio, è forte-mente auspicabile una razionalizzazione dei software applicativi, se non addirittura l’adozione di un’unica suite di procedure. In quest’ottica, i vantaggi di cui gode il software libero in termini di innovazione del codice sorgente e di sicurezza, rende lo sviluppo di procedure a codice aperto particolarmente appetibile per la PA. Oltre al più generale obbligo isti-tuzionale di trasparenza nei confronti dei cittadini, va infatti considerata la necessità per la PA di acquisire programmi informatici nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica. Sul fronte legislativo si sono già fatti passi in que-sta direzione, dato che il succitato art. 68 del CAD pone proprio l’accento sul «software sviluppato per conto della PA», sul «riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della PA» e del «software libero o a codice sorgente aperto».

Proprio perché la PA ha l’obbligo di fornire servizi efficienti ad imprese e cittadini senza dover ogni volta ‘reinventare la ruota’, una pratica facilmen-te attuabile e sempre più diffusa è quella del riuso, ossia l’adozione di un software di una PA da parte di altre PA aventi necessità analoghe. Oltre alla rispondenza del software alle esigenze del proprio Ente, ci sono altri fattori che contribuiscono positivamente all’introduzione di una soluzione a riuso rispetto alle soluzioni proprietarie, in particolare il minor costo di acquisi-zione della soluzione e la riduzione dei tempi di adozione. Anche la Regione del Veneto si è attivata in tal senso, promuovendo delle azioni atte a favorire e sostenere il riuso del software tra le pubbliche amministrazioni. Tuttavia ci sono anche fattori molto critici a causa dei quali non sempre risulta pra-ticabile prendere in considerazione soluzioni implementate da altre realtà, in particolare la mancanza di un adeguato supporto tecnico e formativo da parte dell’Ente cedente e la difficoltà nella gestione della manutenzione correttiva e dei nuovi sviluppi del software. Inoltre a volte mancano le com-petenze interne per poter adottare una soluzione e non esistono aziende private strutturate in grado di supportare il processo di riuso.

Esiste una soluzione, certamente molto complessa da realizzare, che supererebbe tutti i limiti sopra evidenziati e che porterebbe a benefici di maggiore portata, capaci di incidere significativamente sul mercato del software pubblico italiano. Se si vuole assicurare l’interoperabilità e la cooperazione applicativa, se è auspicabile attuare delle economie di scala, allora perché non portare all’estremo il concetto del riuso e adottare delle

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112 Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno

procedure applicative a livello di stato italiano? Si tratterebbe di indivi-duare un soggetto terzo, in qualche modo collegato all’Agenzia per l’Italia Digitale, a cui assegnare il compito di sviluppare delle procedure libere e favorirne l’adozione presso tutte le PA italiane.

Prendendo spunto dai grandi progetti di software libero, il successo di questa proposta si fonda soprattutto sulla capacità di coinvolgere una ricca comunità di utenti e sviluppatori. Nel caso specifico, gli utenti sarebbero le PA, mentre gli sviluppatori andrebbero individuati tra coloro che hanno le necessarie competenze tecniche, ossia aziende IT sul territorio (ivi com-prese quelle che sviluppano le attuali procedure gestionali), sviluppatori indipendenti e, perché no, personale della PA. Dopotutto varie fondazioni che si occupano di software libero non hanno sviluppatori propri, ma si occupano solo di coordinare il lavoro di volontari e personale pagato dal-le aziende. In questo modello, le PA potrebbero essere allo stesso tempo consulenti per specifiche problematiche applicative, sviluppatori e utenti.

Come si è già evidenziato, l’uso di procedure standard assicurerebbe ‘nativamente’ l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della PA. Inoltre ci sarebbe un impatto positivo sulla qualità delle soluzioni software per la PA, intesa non solo come disponibi-lità funzionalità avanzate, ma anche come qualità e modularità del codice sorgente. Infatti, a differenza di un generico fornitore di software proprie-tario che tende a realizzare la soluzione più economica atta a superare il collaudo del software, disinteressandosi spesso della qualità del codice sorgente, nel caso dei progetti liberi è possibile per chiunque ispezionare il codice e la qualità del codice serve anche a delineare le capacità tecniche dell’azienda che lo ha prodotto.

Il software libero risolverebbe anche tutte quelle complesse problema-tiche contrattuali che regolano le forniture di software proprietario, in quanto tutti i soggetti sarebbero tutelati dalle licenze del software libero, per le quali tutte le modifiche e i miglioramenti del software devono essere rilasciati a beneficio della comunità.

5 Quale beneficio per le aziende IT sul territorio?

Le aziende che adottano un modello di business basato sul software libero hanno quasi sempre un ritorno economico dai servizi anziché dal costo delle licenze. A differenza dei soldi spesi in licenze, che normalmente van-no ai grandi gruppi italiani se non addirittura alle multinazionali estere, i servizi vanno generalmente ad accrescere il mercato locale.

Con riferimento alla proposta illustrata nel paragrafo precedente, la pre-senza di procedure standard per la PA favorirebbe una offerta strutturata di consulenza e servizi. In tale scenario anche le piccole aziende potrebbero trarre grande vantaggio dalle attività di assistenza, supporto e formazione

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Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno 113

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del personale. Inoltre, grazie alla disponibilità del codice sorgente, ogni azienda potrebbe sviluppare eventuali personalizzazioni (ad esempio per rispondere a particolari esigenze applicative dettate dalle normative re-gionali e/o comunali) o integrazioni con altri software, se non addirittura partecipare attivamente al processo di sviluppo delle procedure. Questi aspetti sono particolarmente rilevanti se si pensa che le aziende IT presenti in provincia di Belluno hanno strutture di piccole dimensioni, che attual-mente non consentono di competere con i grandi produttori di software. È evidente che ciò comporterebbe una ricaduta positiva anche sul tasso di innovazione tecnologica dei territori.

A differenza di altri paesi europei, in Italia le PA e le aziende IT non han-no ancora colto la grande opportunità di crescita legata al software libero e in alcuni casi c’è addirittura la percezione che le migrazioni al software libero rappresentino un problema piuttosto che un vantaggio. Questa tesi è sostenuta in particolare dai produttori di software proprietario, conside-rato che il loro business deriva in buona parte dai contratti di assistenza per i quali operano in regime di monopolio proprio perché le procedure gestionali sono da loro stessi prodotte oppure prevedono vincoli di licen-za estremamente vessatori. Tali aziende sanno perfettamente che per un Ente cambiare fornitore è un’attività estremamente complessa e costosa, e questo si traduce in una dipendenza che generalmente contribuisce ad avere prezzi più alti e servizi più scadenti.

In realtà la standardizzazione delle procedure garantirebbe lavoro per tutte le aziende IT, piccole e grandi, con la differenza che sarebbe incen-tivata la competizione, visto che le PA avrebbero la possibilità di affidarsi a qualsiasi azienda di comprovata e dimostrata capacità tecnica, magari attestata da appositi programmi di certificazione.

6 Quali vantaggi per il cittadino?

Indipendentemente dalle caratteristiche tecniche, il software libero ga-rantisce degli specifici vantaggi per i cittadini, quali la diffusione della conoscenza e l’abbassamento delle barriere di accesso alla tecnologia. La PA non deve imporre decisioni tecnologiche ai cittadini e alle imprese che comportino vincoli nei confronti di particolari produttori, né deve verificarsi il contrario. Poiché questi aspetti costituiscono delle priorità per un Ente pubblico, esso deve promuovere a tutti i livelli l’uso del software libero e dei formati documentali aperti, specialmente tra le organizzazioni giova-nili e le istituzioni scolastiche, nel rispetto della loro autonomia didattica ed organizzativa. È infatti noto che se la scuola insegna l’uso del software libero, gli studenti tenderanno ad utilizzarlo anche dopo aver concluso gli studi (non a caso le grandi multinazionali del software offrono alle scuole licenze gratuite di loro software proprio per creare dipendenza nei giovani).

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114 Barattin. Il software libero nella PA, Comune di Belluno

7 Conclusioni

Produrre e avvalersi di software libero è una scelta intelligente e respon-sabile soprattutto nel caso delle PA, che impiegano risorse pubbliche e devono quindi preferire l’utilizzo e lo sviluppo di software che resti a disposizione di tutti, garantendo la sua disponibilità, il suo riutilizzo e la creazione di competenze, professionalità e valore sul territorio. La PA ha il inoltre il dovere di prediligere l’uso dei formati standard e aperti per assicurare interoperabilità e garantire l’accesso futuro ai dati. È necessa-rio andare oltre le generiche considerazioni a favore del software libero e creare le condizioni per favorire lo sviluppo di un patrimonio comune di software libero. In quest’ottica, lo Stato deve anche avere la forza di imporre le proprie procedure e i propri sistemi informativi, per garantire la cooperazione applicativa e per evitare la proliferazioni di applicativi che fanno tutti la stessa cosa. Non si tratta solo di risparmio economico, ma di un passo importante per riorganizzare l’intero sistema pubblico.

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Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo

Giancarlo Lovisari, Marco Montagna (AS2, Comune di Rovigo)

Abstract For the management of Information and Communication Technology services, the Municipality of Rovigo is supported by the public-owned enterprise AS2 Srl. The main lines of in-novation are: (a) the development of an high-speed network digital infrastructure; (b) the creation of a Local Service Centre for the provision of ICT services to all the Public Administrations (PA) in the Polesine area; service provisioning for PA, citizens and enterprises, including a Smart City pilot project.

Sommario 1. Premessa. – 2. Le principali esperienze realizzate. – 3. Le principali linee di indi-rizzo futuro.

1 Premessa

Il Comune di Rovigo ha deciso, prima con delibera del Consiglio comunale n. 37 del 30 giugno 2003, poi con delibera del Consiglio comunale n. 3 del 28 gennaio 2004, l’affidamento in outsourcing della gestione della rete e dei servizi informatici e telematici del Comune di Rovigo ad ASM Rovigo SpA, società di servizi pubblici locali controllata al 100%. A seguito di scissione societaria da ASM Rovigo SpA del settore Sistemi Informativi e Sviluppo, dal 1 febbraio 2010 è stata costituita AS2 Srl, che ha ereditato l’affidamento in outsourcing della gestione della rete e dei servizi infor-matici e telematici.

AS2 Srl è una società pubblica che supporta l’innovazione nella Pubblica Amministrazione Locale attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Con più di 30 dipendenti e decine di Enti che hanno già deciso di divenirne soci, AS2 è una significativa realtà nel campo dei servizi strumentali alla PA. Con la propria attività supporta lo svolgimento delle funzioni fondamentali dei soci e permette alle Amministrazioni ed agli Enti di offrire servizi più efficienti ai cittadini ed alle imprese, promuove oc-casioni di collaborazione e cooperazione, favorisce il riuso e la condivisione delle migliori esperienze disponibili sul mercato. La missione di AS2 è:

– sviluppare, diffondere, mantenere in modo evolutivo i sistemi infor-mativi della PA Locale, assicurando la qualità dei servizi attraverso l’innovazione tecnologica ed il supporto all’utente;

– garantire l’efficienza del servizio con il pieno controllo dei costi e dei tempi di intervento, creare migliori opportunità di generazione di ricavi con particolare riguardo ad una giusta e concreta fiscalità locale, rispondere alle attese sui livelli del servizio, rivolto sia agli utenti interni che esterni.

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116 Lovisari, Montagna. Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo

I principali progetti di innovazione tecnologica e di digitalizzazione che hanno riguardato nel recente passato il Comune di Rovigo sono quindi stati gestiti dalla struttura operativa di ASM Rovigo SpA prima e di AS2 Srl poi. In particolare lo sviluppo dell’iniziativa del CST del Polesine (poi confluito in AS2) è stato curato da un punto di vista tecnico ed operativo da tale struttura.

2 Le principali esperienze realizzate

Il Comune di Rovigo ha sviluppato nell’ultimo decennio un complesso ed articolato progetto di innovazione tecnologica, con l’obiettivo di valoriz-zare i propri asset, razionalizzare i sistemi disponibili ed offrire servizi ai cittadini ed alle imprese. Le linee direttrici sono state le seguenti:

– implementare un’infrastruttura di comunicazione ad alta tecnologia su cui veicolare la maggior parte dei servizi informatici e telematici;

– costruire un Centro Servizi del Territorio, attraverso cui veicolare i servizi all’intera Pubblica Amministrazione Locale del Polesine;

– implementare servizi e sistemi innovativi per i cittadini, le imprese e la Pubblica Amministrazione Locale. Con riferimento a questa im-postazione è stato anche presentato un progetto a valere sui finan-ziamenti per le smart city italiane.

2.1 Infrastruttura di comunicazione

La città di Rovigo è dotata di una infrastruttura finalizzata all’erogazione di servizi su rete a larga banda in fibra ottica. Tale infrastruttura si connette con la rete pubblica provinciale a larga banda (parte in fibra ottica e par-te wireless). L’intera infrastruttura è ora in gestione alla società pubblica Polesine TLC Srl. Per la parte cittadina si tratta di circa 20 km di rete, completamente cablati.

Tutti i principali edifici comunali sono interconnessi attraverso la rete in fibra ottica, permettendo la gestione di una rete unitaria fonia/dati. La strategia a lungo termine è stata orientata all’utilizzo delle rete in fibra per veicolare tutti i principali servizi via via realizzati successivamente alla sua implementazione.

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Lovisari, Montagna. Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo 117

Misurare l’innovazione digitale

Figura 1. Mappa della rete in fibra ottica della Città di Rovigo

2.2 Centro Servizi del Territorio del Polesine

Il Comune di Rovigo svolge un ruolo molto importante nell’ambito delle iniziative collegate al Piano Nazionale di e-Government ed al Program-ma Nazionale ALI CST. Attraverso queste azioni viene prima realizzata l’infrastruttura tecnologica del Centro Servizi del Territorio Polesine.gov e poi dispiegata la struttura di erogazione dei servizi alle Pubbliche Am-ministrazioni Locali, con la trasformazione del CST Polesine in AS2 Srl.

Il CST del Polesine viene realizzato in un edificio della Provincia di Rovi-go, collegato alla rete comunale e provinciale a banda larga; la parte pre-ponderante della struttura hw e sw del CST viene implementata nell’ambito delle iniziative nazionali sopra descritte.

Le principali applicazioni e banche dati del Comune di Rovigo sono fun-zionanti grazie a tali infrastrutture e le postazioni client del Comune sono tutte collegate al Centro Servizi del Territorio, che ospita anche tutti i siste-mi digitali successivamente realizzati dalla città di Rovigo. I servizi del CST sono ora erogati da AS2 e coinvolgono quasi 40 Pubbliche Amministrazioni Locali del Polesine.

I principali servizi erogati fanno riferimento alla comunicazione con i cittadini (siti Internet della PA su piattaforma MyPortal della Regione del Veneto), ai servizi istituzionali (Albo Pretorio, Protocollo Generale, Atti Am-

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118 Lovisari, Montagna. Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo

ministrativi, Rassegna Stampa ecc.), ai servizi demografici (su piattaforma della Regione del Veneto), ai servizi alle Entrate (per il Comune di Rovigo su piattaforma realizzata nell’ambito del Programma Elisa) ed ai servizi alle Polizie Locali.

Progetto Rovigo Green - Smart Pag. 2

2.2 CentroServizidelTerritoriodelPolesine

Il Comune di Rovigo svolge un ruolo molto importante nell’ambito delle iniziative collegate al Piano Nazionale di E Government ed al Programma Nazionale ALI CST. Attraverso queste azioni viene prima realizzata l’infrastruttura tecnologica del Centro Servizi del Territorio Polesine.gov e poi dispiegata la struttura di erogazione dei servizi alle Pubbliche Amministrazioni Locali, con la trasformazione del CST Polesine in AS2 SrL.

Il CST del Polesine viene realizzato in un edificio della Provincia di Rovigo, collegato alla rete comunale e provinciale a banda larga; la parte preponderante della struttura hw e sw del CST viene implementata nell’ambito delle iniziative nazionali sopra descritte. Le principali applicazioni e banche dati del Comune di Rovigo sono funzionanti grazie a tali infrastrutture e le postazioni client del Comune sono tutte collegate al Centro Servizi del Territorio, che ospita anche tutti i sistemi digitali successivamente realizzati dalla città di Rovigo. I servizi del CST sono ora erogati da AS2 e coinvolgono oltre 40 Pubbliche Amministrazioni Locali del Polesine.

I principali servizi erogati fanno riferimento alla comunicazione con i cittadini (siti internet della PA su piattaforma My Portal della Regione Veneto), ai servizi istituzionali (Albo Pretorio, Protocollo Generale, Atti Amministrativi, Rassegna Stampa ecc.), ai servizi demografici (su piattaforma della Regione Veneto), ai servizi alle Entrate (per il Comune di Rovigo su piattaforma realizzata nell’ambito del Programma Elisa) ed ai servizi alle Polizie Locali.

Figura 2.2 – Infrastruttura Rete CST – Sintetico

Figura 2. Infrastruttura Rete CST-Sintetico

2.3 Smart city

Negli ultimi anni il Comune di Rovigo ha realizzato importanti investimenti nel campo dei servizi e dei sistemi di comunicazione, con particolare atten-zione al rapporto con i cittadini. Tali iniziative hanno usufruito pienamente delle presenza della rete infrastrutturale in fibra ottica e del Centro Servizi del Territorio, valorizzandoli sia dal punto di vista funzionale che economi-co. I principali esempi di sistemi realizzati sono riconducibili ai seguenti:

– ambiente, traffico e mobilità (parcheggi multipiano, sistemi di con-trollo di accesso a ZTL, sistemi di controllo della velocità, analisi del traffico, pannelli a messaggio variabile ecc.);

– Rovigo WiFi (rete cittadina di hot spot collegati alla fibra ottica, al servizio del centro cittadino e delle aree universitarie, sistemi self service per erogazione di servizi);

– sicurezza urbana (sistema cittadino di videosorveglianza completa-mente centralizzato, sistemi di allarme a servizio dei cittadini colle-gati alle centrali di Polizia, a copertura dell’area centrale cittadina, delle zone scolastiche e delle principali aree verdi);

– servizi di accesso per i cittadini (Informacittà, Informagiovani e punti pubblici di accesso a Internet P3@Veneto).

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Lovisari, Montagna. Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo 119

Misurare l’innovazione digitale

3 Le principali linee di indirizzo futuro

Pur tenendo conto del quadro generale delle ristrettezze economiche che riguarda l’intera Pubblica Amministrazione locale si possono evidenziare di seguito le principali direttrici verso cui indirizzare i nuovi eventuali investimenti in materia di digitalizzazione per quanto riguarda il Comune di Rovigo.

3.1 Realizzazione di un secondo polo del Centro Servizi

La sala macchine attuale è supportata da un buon livello di sicurezza ma si ritiene necessario dotarsi di un secondo polo, anch’esso collegato alla MAN cittadina, che possa ospitare le attrezzature e gli impianti necessari a garantire una riserva calda di quello principale. A tal fine si provvederà in particolare a dotare il secondo polo di sistemi di garanzia della conti-nuità elettrica.

3.2 Sperimentazione sistemi di virtualizzazione client

Le postazioni client del Comune sono di tipo tradizionale. Al fine di ga-rantirne la sostituzione migliorandone le prestazioni e consentendone una gestione più razionale, si prevede di sperimentare su larga scala la tecno-logia di virtualizzazione dei client, attraverso il potenziamento dei sistemi centralizzati.

Figura 3. Accesso WiFi nel Comune di Rovigo

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120 Lovisari, Montagna. Esperienze di digitalizzazione nel Comune di Rovigo

3.3 Sviluppo dell’offerta di servizi smart per i cittadini

Partendo dalla valorizzazione delle infrastrutture e degli asset presenti, si prevede di sviluppare una serie di servizi innovativi basati sull’utilizzo di dispositivi mobili (tablets, smartphones ecc.). In particolare l’attenzione verrà rivolta ai servizi per la valorizzazione delle risorse turistiche della città (storiche, culturali ed architettoniche ecc.), ai servizi per la mobilità (parcheggi, accessi ZTL, infotraffico, bike sharing ecc.) ed ai servizi per la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio pubblico (segnalazione problemi per sicurezza stradale, disservizi e malfunzionamenti reti tec-nologiche, vandalismi, scorretto conferimento rifiuti ecc.); un particolare interesse verrà rivolto alla possibile valorizzazione della rete di pubblica illuminazione come vettore di connettività per l’estensione dei servizi wire-less sul territorio.

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4 L’investimento ICT in ottica di competitività del territorio

Con l’aiuto di alcuni qualificati referenti che operano a supporto dell’innovazione delle imprese, proviamo ad aprire una discussione sulle modalità di misurazione degli indicatori rilevanti delle imprese e per le imprese. Grazie a tali contributi, verrà sviluppato un approfondimento specifico sulla diffusione presso le imprese delle tecnologie dell’informazione e sugli indicatori atti a mi-surarne l’innovazione tecnologica. Il testo presente in questa sezione è affiancato da interviste multimediali nelle quali il contesto viene ulteriormente sviluppato.

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Sezione impresaCome misurare l’investimento ICT in ottica di competitività del territorio per le imprese

Serafino Pitingaro, Renato Chahinian (Centro Studi Unioncamere Veneto)

Abstract Local area innovation rate can be related to the quantification of the investments in ICT projects. Strategies to obtain this quantification – analysis of the enterprises profit and loss enterprises account, or sector classifications – are discussed, and some relevant statistics from Istat are analysed. Strategies for the measurement of impact of these investments is then eval-uated. Effectiveness of the ICT investments is also discussed, and its positive correlation with changes in organisation is outlined.

Sommario 1. Premessa. – 2. La misurazione dell’investimento in ICT. – 3. La misurazione dell’impatto. – 4. L’efficacia degli investimenti in ICT.

1 Premessa

Il progetto SmeD ha due obiettivi principali e connessi: misurare il tasso di innovazione tecnologica dei territori e l’impatto degli interventi di in-novazione ICT.

L’importanza del tema è massima in un periodo di crisi quale l’attuale, in cui esiste un’effettiva, seppur lenta, diffusione dell’ICT, ma i risultati potenziali di questo fenomeno non si notano in termini di sviluppo e di uscita dalla crisi medesima. Questa iniziativa, inoltre, entra nel vivo dei problemi fondamentali della nostra economia, solo marginalmente trattati dagli organi di governo e dai mass media e ancora non sufficientemente approfonditi nemmeno tra gli addetti ai lavori.

Ovviamente l’argomento potrebbe essere affrontato sotto vari aspetti, ma in questa sede viene focalizzato soltanto l’aspetto economico ed in particolare quello dell’economia aziendale, anche se poi l’esame dell’im-patto verrà esteso agli effetti sullo sviluppo del territorio. Pertanto qui si escludono soltanto gli effetti della diffusione dell’ICT nella Pubblica Am-ministrazione, nella popolazione e nelle associazioni, nonché nel sistema economico nazionale.

Il presente intervento, inoltre, affronta i problemi della misurazione e dell’impatto con osservazioni di tipo qualitativo, date le note difficoltà a rap-presentare fenomeni tanto complessi con informazioni quantitative sintetiche ed affidabili, anche se si faranno vari riferimenti a grandezze ben precise. Si tiene pure conto delle esperienze e lavori in materia realizzati dal Centro studi Unioncamere Veneto e del sistema camerale in generale.

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Misurare l’innovazione digitale

124 Pitingaro, Chahinian. Sezione impresa

2 La misurazione dell’investimento in ICT

La misurazione dell’investimento ICT rappresenta la grandezza di base per una valutazione, sia della diffusione degli strumenti ICT, sia del tasso di innovazione tecnologica in generale, sia soprattutto ai fini della successiva valutazione di impatto economico derivante dall’investimento medesimo.

Tale dato, tuttavia, non è disponibile sistematicamente nelle statistiche ufficiali e quindi dovrebbe essere reperito in qualche modo con indagini specifiche. La fonte più corretta dovrebbe essere quella del bilancio di eser-cizio dell’impresa, in quanto lo stock di investimenti (al netto dei relativi fondi di ammortamento) viene iscritto tra le attività dello Stato patrimonia-le e, per quanto riguarda l’ICT, nelle immobilizzazioni materiali (hardware) ed in quelle immateriali (software).

Poiché la struttura del contenuto dello stato patrimoniale medesimo, come previsto dall’art. 2424 del Codice civile, non prevede una voce spe-cifica per l’investimento in esame, è indispensabile effettuare un’indagine campionaria a livello regionale per stimare almeno un dato di partenza.

Questa appare la strada più precisa per una simile misurazione, anche se certamente comporta oneri non indifferenti, tenendo pure conto che le società di persone e le imprese individuali non sono tenute al deposito di alcun bilancio. Altre alternative possono riguardare dati sulla diffusione delle tecnologie ICT o sulle imprese dei servizi di informazione e teleco-municazione, dai quali dati si può, molto approssimativamente, risalire a stime sugli investimenti.

La diffusione tecnologica viene rilevata dall’Istat a livello nazionale e per le imprese oltre i 10 addetti, di cui si forniscono i principali risultati per il 2012 nella tab. 1.

Da un sommario esame della tabella, si può notare che per le principali tecnologie (computer, Internet, banda larga) la diffusione è pressoché totalitaria, ma per gli strumenti più sofisticati, che producono i maggiori effetti sull’economia aziendale, le percentuali sono molto inferiori. Se, da un lato, è prevedibile che nel Veneto alcuni valori siano più elevati, la ga-lassia delle microimprese (al di sotto dei 10 addetti), che costituisce circa il 95% del totale delle imprese, smentisce certamente questi dati collocando al ribasso tutti i valori rilevati. Si tratta di elementi che rendono assai pro-blematica la valutazione della diffusione tecnologica ed ancor più la stima dei relativi investimenti.

Anche il ricorso a dati sulle imprese di informazione e telecomunicazione porta comunque a delle stime non sicure, in quanto la rilevazione realizzata periodicamente da Infocamere sul numero delle imprese può costituire un indicatore molto approssimativo sullo sviluppo del settore, mentre i dati sull’occupazione non sempre sono affidabili e il monitoraggio dei bilanci aggregati per settore (ugualmente disponibili nelle banche dati Infoca-mere) non possono che dare soltanto un’indicazione di tendenza, ma non

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un’affidabile misura degli investimenti delle imprese utilizzatrici dei servizi forniti dal settore in discussione.

Tabella 1. Principali indicatori tecnologici dell’informazione e della comunicazione nelle imprese con almeno 10 addetti (valori percentuali). Anno 2012

Imprese che utilizzano computer 97,5Imprese con accesso a Internet 95,7Imprese che utilizzano una connessione fissa in banda larga 91,6Imprese che utilizzano una connessione mobile in banda larga 48,1Addetti provvisti di dispositivi portatili con tecnologia di connessione mobileforniti dall'impresa per finalità lavorative 11,3Imprese che hanno un proprio sito Web/home page ovvero una o più pagine internet 64,5Imprese che utilizzano Internet per relazionarsi con la P.A. 83,5

Imprese che inviano e/o ricevono elettronicamente informazioni in un formato che ne consente il loro trattamento automatico 60,1Imprese che condividono per via elettronica con fornitori e/o clienti informazionisulla gestione della catena distributiva (SCM) 23,1Imprese che condividono automaticamente per via elettronica con applicazionisoftware informazioni relative agli ordini di vendita o acquisto 54,0

Imprese che effettuano vendite e/o acquisti on-line 37,5Imprese che vendono on-line 6,2Imprese che realizzano on-line almeno l'1% del fatturato 4,4Valore delle vendite on-line sul fatturato totale 6,4Imprese che acquistano on-line 35,1

DOTAZIONI ICT

ICT AL SERVIZIO DEI PROCESSI ORGANIZZATIVI

COMMERCIO ELETTRONICO REALIZZATO NEL 2011

Fonte: Report statistiche Istat, 18 dicembre 2012

D’altro canto, la sostituzione dell'indicatore relativo agli investimenti con altri connessi, anche se rappresentativi di una dimensione del fenomeno, non possono rispondere alla successiva esigenza conoscitiva, ossia quella di misurare l’impatto degli investimenti nell’economia. Pertanto non rima-ne che stimare l’investimento sulla base dei dati, forniti da un significativo campione di imprese, che contribuiscono a formare i valori di bilancio delle immobilizzazioni materiali ed immateriali.

3 La misurazione dell’impatto

Il secondo obiettivo di misurazione del progetto riguarda l’impatto degli investimenti in ICT sulle imprese e sulla competitività del territorio ove queste operano. Trattandosi prevalentemente di PMI nella regione, si va-luta soltanto l’impatto a livello regionale, indipendentemente dai rapporti commerciali con l’estero e dagli IDE.

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Misurare l’innovazione digitale

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L’impatto degli investimenti sulle imprese dovrebbe riguardare in senso stretto la sola redditività (sintetizzata negli indicatori ROI e ROE), perché è soltanto questo il criterio di convenienza per l’investitore. A tal proposito, sono note le formule di matematica finanziaria che attualizzano i flussi di reddito per confrontarli con l’investimento iniziale.

Ma in un’ottica pubblica di competitività del territorio e di crescita eco-nomica regionale, come previsto dal progetto in esame, è più importante la valutazione della produttività aziendale, ossia del rapporto valore aggiunto/capitale investito (o capitale proprio). Si tratta di un indicatore ancora poco usato nelle analisi economiche, in quanto si preferisce calcolare la produt-tività del lavoro (valore aggiunto/ore o unità lavorative), anziché quella del capitale, che però è essenziale ai fini della valutazione di un investimento sotto l’aspetto macroeconomico (cioè nell’interesse della collettività). In altri termini, sia l’amministratore pubblico che l’imprenditore socialmente responsabile desiderano conoscere gli effetti di un certo investimento di capitale (pubblico o privato) sui redditi di lavoro e di capitale assieme .

In questo modo si può rendere conto (accountability) dell’efficacia degli investimenti in ICT ai fini della crescita del proprio territorio. Ma così si può valutare pure il grado di competitività di un territorio, in quanto è naturale che questa aumenti se cresce la produttività. Anzi, i vantaggi competitivi derivano generalmente da una buona produttività e la competitività con-seguita permette di migliorare ulteriormente la produttività.

Ciò vale sia a livello aziendale che a livello di sistema territoriale e pure in relazione ad entrambi i fattori lavoro e capitale. Al riguardo, è impor-tante sottolineare che qui si tratta di produttività totale dei fattori, poiché l’investimento in ICT migliora sia il capitale umano che le tecnologie uti-lizzate e quindi la produttività del lavoro e del capitale cresce, a parità di entrambi i fattori. Poi, come è stato appena accennato, l’aumento di produttività induce un aumento di competitività, che può determinare un ulteriore sviluppo di lavoro e di capitale.

Richiamati i motivi della preferenza di un indice di produttività del capi-tale per valutare l’efficacia degli investimenti in parola, è da considerare comunque che la valutazione non risulta tanto semplice, né esente da stime ed approssimazioni. Ma bisogna pure prendere atto che anche altri indi-catori soffrono di analoghe difficoltà di valutazione ed inoltre non offrono una grandezza altrettanto significativa per misurare l’impatto effettivo dell’investimento.

Innanzi tutto si deve osservare che il valore aggiunto aziendale è ora fa-cilmente calcolabile con semplici elaborazioni di bilancio (ricavi meno costi dei beni e servizi intermedi) e che esistono banche dati di bilanci aggregati per dimensione, settore e territorio (come AIDA e In.balance di Infocame-re) che rendono già disponibile tale valore. Si tratta però di tenere sotto controllo la successione di valore aggiunto per un congruo numero di anni in cui l’investimento digitale può produrre i suoi effetti (orientativamente

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per 5 anni) e quindi attualizzare i valori rilevati. Infine, i risultati ottenuti si proporzionano all’investimento iniziale in ICT e si confrontano i valori.

Pertanto, l’effetto in valore assoluto sarà dato dal maggior valore ag-giunto ottenuto dall’impresa (rispetto alla situazione che si sarebbe veri-ficata in assenza degli investimenti in oggetto), mentre la proporzione del risultato per confronti con altre aziende (o settori, o sistemi produttivi) è da valutarsi facendo riferimento alla produttività del capitale investito. Ma è proprio l’effetto differenziale tra le due situazioni (con investimento ed in assenza di questo) che crea i maggiori problemi di stima e per questo usualmente si ricorre a metodologie statistiche, quali l’analisi controfat-tuale, che tuttavia richiede indagini complesse e laboriose (per il confronto delle aziende ICT con un campione di imprese non ICT ) e comunque non porta a giudizi incontrovertibili, poiché i risultati di queste ultime imprese possono essere determinati da altri fattori non ICT che non sono invece presenti nel primo gruppo.

Quindi una soluzione semplificatrice è quella di rinunciare al calcolo dell’effetto specifico dell’investimento in parola ed invece di tenere in considerazione l’effetto ICT unitamente a quello degli altri investimenti e fattori aziendali. D’altro canto, per i principi della stessa economia azienda-le, ogni singola iniziativa interferisce con tutte le altre presenti nell’insieme della realtà complessiva dell’impresa. In questo modo, ogni investimento in grado di conseguire un risultato differenziale aggiuntivo positivo (anche se con l’influenza favorevole o sfavorevole di altri) è conveniente e tale risultato deve essere calcolato.

Ciò chiarito, l’effetto diretto sull’economia d’impresa di un investimento ICT, ai fini di questo progetto, è l’incremento di valore aggiunto aziendale ottenuto dalla stessa impresa negli anni di sfruttamento dell’investimento medesimo. Per l’impatto generale sull’economia regionale complessiva (effetti indiretti), occorrono anche ulteriori valutazioni che si sommano alla precedente e che generalmente dilatano anche sensibilmente l’aggre-gazione degli effetti diretti sulle imprese.

Si tratta di:1) effetti indotti sulla filiera produttiva a monte ed a valle delle aziende

rilevate (interdipendenze settoriali), stimabili con dati ufficiali (tavo-le input/output) diffusi saltuariamente dall’Istat oppure con risultati di altre analoghe indagini. La variazione di valore aggiunto di ogni impresa determina, a parità di altri fenomeni, ripercussioni nel va-lore aggiunto delle altre unità della catena produttiva (sia per i beni che per i servizi);

2) effetti moltiplicatori sull’economia in generale, per la variazione della spesa dei percettori di reddito del differente valore aggiunto prodotto (sia per gli effetti diretti che per quelli indotti). Anche in questo caso l’effetto può essere stimato, tenendo pure conto che una parte di tali effetti può anche andare fuori regione.

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A questo punto si ottiene un insieme di valori, che si suddividono in: – effetti diretti sulle imprese investitrici in ICT, che denotano il loro

miglioramento (o meno) nella produttività e nella competitività; – effetti indiretti sul territorio, che valutano lo sviluppo e la competi-

tività dell’economia locale e la sua attitudine a creare in futuro ul-teriori occasioni di miglioramento della produttività e competitività aziendali.

4 L’efficacia degli investimenti in ICT

Come è stato accennato in premessa, in questo periodo di crisi (ma in Italia anche nel periodo precedente) continua l’espansione degli strumenti ICT, ma la crescita (proprio del PIL, che si è detto essere la grandezza economica più idonea a misurare gli effetti degli investimenti) non si verifica. Ciò potrebbe far concludere che gli effetti positivi teoricamente ipotizzati non sono validi o che comunque nella pratica non si verificano o sono marginali rispetto a ben altri effetti più consistenti di altri fenomeni.

In realtà, da varie indagini sperimentali a livello mondiale si è appu-rato che gli effetti positivi dell’ICT si manifestano essenzialmente nei Paesi avanzati ove questi strumenti sono già presenti da qualche tempo (ad esempio, Stati Uniti, Germania e Svezia), mentre in altri Stati di più recente ed incompleta digitalizzazione (come l’Italia) ciò non si è ancora verificato (ma probabilmente avverrà in seguito). Infatti, è stato accertato che i benefici derivanti dall’informatica e dalla telematica abbisognano di un certo periodo di tempo per manifestarsi, non solo per la loro materiale introduzione e diffusione, ma anche per le necessarie connessioni in ter-mini di struttura organizzativa e di capitale umano.

Pertanto, si producono risultati soddisfacenti non al momento dell’ac-quisizione dello strumento (materiale o immateriale che sia), ma quando:

– l’organizzazione dell’azienda e del sistema economico si sono adegua-ti all’utilizzo del nuovo strumento;

– il capitale umano (in particolare, le competenze degli operatori a tutti i livelli) si è uniformato al nuovo livello di conoscenze necessarie per un ottimale utilizzo dello strumento medesimo.

Tale periodo di adattamento alle mutate esigenze del nuovo sistema è più lungo di quanto si possa immaginare, se si tiene conto della naturale resistenza al cambiamento insita in ciascun soggetto ed in ciascuna or-ganizzazione, per cui spesso si preferisce sacrificare in tutto o in parte i vantaggi di una innovazione, piuttosto che compiere lo sforzo di cam-biamento necessario per ottenerli. Tale comportamento si ritiene sia uno dei principali fattori della carente innovazione e della mancata crescita nel nostro Paese. Ciò non toglie che esistano molte imprese eccellenti

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che perseguono con convinta determinazione gli effetti positivi di ogni tipo di innovazione e che conseguono risultati molto soddisfacenti, ma la loro indubbia crescita è ampiamente superata dalla crisi di un sistema produttivo che si lascia travolgere dagli eventi, non adottando i cambia-menti necessari .

Pertanto non rimane che auspicare ed incentivare un processo non soltanto di ulteriore diffusione degli strumenti informatici e telematici tra le imprese, nonché di miglioramento degli stessi in sistemi più evoluti ed efficaci, ma anche e soprattutto di perfezionamento delle competenze e dell’organizzazione, per sfruttare al meglio le opportunità (in termini di maggiori ricavi e/o di minori costi) che queste innovazioni possono consentire.

Alla luce di tali considerazioni appaiono adeguati gli indicatori quantita-tivi proposti, che, attraverso la produttività del capitale, mettono diretta-mente a confronto l’entità dell’investimento ed il valore aggiunto prodotto con il contributo di tutta l’organizzazione ed il personale aziendale. Se lo stesso valore aggiunto non risulta soddisfacente in rapporto al capitale investito, è chiaro che bisogna intervenire sull’organizzazione e/o sul capitale umano (talvolta anche sulla qualità dell’investimento hardware o software progettato). A tale proposito, sarebbe opportuno che le impre-se calcolassero nel valore dell’investimento anche i costi organizzativi e formativi, che generalmente non vengono capitalizzati e confluiscono in bilancio tra le ordinarie spese di gestione interna.

Non appare sufficientemente adeguato, invece, il rapporto macroecono-mico investimento in ICT/PIL (spesa aggregata ICT/PIL) che viene spesso usato anche come indicatore della crescita. Come è logico, un simile indice attesta inequivocabilmente l’incremento della diffusione degli strumenti digitali in relazione alla dimensione della produzione annuale, ma non misura l’efficacia di tali investimenti, in quanto, come qui accennato, un aumento del rapporto in questione può anche essere connesso ad una decrescita dell’economia.

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Bibliografia

Bartoli, F.; Pasetto, A. (2013). «La digitalizzazione delle imprese italiane. Come sviluppare l’economia digitale in Italia?». Economia italiana, 1.

Chahinian, R.; Marangon, F. (2011). Analisi dell’efficacia del Fondo Gorizia nel tessuto economico locale. Camera di commercio di Gorizia.

European Commission (2008). Guide to cost-benefit analysis of invest-ment projects. Structural funds, cohesion fund and instrument for pre-accession [online]. Disponibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/regio-nal_policy/sources/docgener/guides/cost/guide2008_en.pdf.

Unioncamere del Veneto (2009). Il Veneto letto attraverso i bilanci delle imprese: Struttura, performance economico-finanziarie e tassazione delle società di capitali. Venezia.

Unioncamere del Veneto (2011). I bilanci delle società di capitali del Veneto: Un’analisi delle performance economico-finanziarie e della tassazione nel periodo 2006-2009. Venezia.

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L’ICT come motore per l’innovazione e il ruolo dei CITT, Centri di Innovazione e Trasferimento Tecnologico

Roberto Santolamazza, Anilkumar Dave (t2i - Trasferimento Tecnologico e Innovazione S.c.a r.l.)

Abstract A structured model for the innovation of Public Administration with the support of dedi-cated infrastructures is required in order to increase the efficiency of the innovation process and to ensure its economical sustainability. Innovation knowledge is an asset required by SMEs to improve existing services by improving competitiveness, by reducing the disadvantages due to their small size, and by enabling new business models. In particular, the use of big data represents a new business opportunity. In this context, the Centres for Innovation and Technology Transfer (CITT) play a fundamental role, by accompanying the local areas (PA & enterprises) to learn, vali-date and adopt emerging technologies.

Sommario 1. La PA che innova o nuove PA? – 2. Le PMI che si attrezzano e ri-nascono. – 3. Focus su nuovi servizi e l’ICT in azienda: indicatori di qualità o quantità? – 4. Nuovi modelli di business. – 5. Big data. – 6. Livello di innovatività. – 7. I Centri di Trasferimento Tecnologico ed Innovazione. – 8. Conclusioni.

1 La PA che innova o nuove PA?

L’innovazione Organizzativa e Tecnologica (IOT) della PA Locale e delle controparti industriali è stata finora sostanzialmente guidata e stimolata da interventi normativi e finanziamenti pubblici. In un recente studio svi-luppato dall’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano emerge come sia diventato prioritario definire non solo meccanismi più efficienti ma anche dotarsi di infrastrutture mutuando modelli organiz-zativi ed economici che rendano anche l’innovazione auto-sostenibile. La creazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale sembra far emergere le condi-zioni perché si affermi un sistema di governance dell’innovazione artico-lato su tre livelli: centrale, di indirizzo e definizione delle macrostrategie; territoriale, per il raggiungimento di economie di massa critica, imperniato sulle Regioni; locale per la gestione di servizi di carattere comunale. Altro aspetto interessante legato all’IOT è la possibilità di ‘sperimentare’ nuovi approcci e modalità di servizi sfruttando le tecnologie abilitanti e la nuova forma mentis degli utenti, si pensi all’utilizzo dei dispositivi mobili come dei cellulari e dei tablet quasi esasperando l’approccio BYOD (Bring Your Own Device) di concezione americana.

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132 Santolamazza, Dave. L’ICT come motore per l’innovazione e il ruolo dei CITT

2 Le PMI che si attrezzano e ri-nascono

L’infrastruttura tecnologica è un fattore cruciale per lo sviluppo delle im-prese e in generale dell’economia. Esattamente come un’azienda che ab-bia un magazzino mal fatto e di piccole dimensioni incontra facilmente difficoltà logistiche, un’azienda che non disponga di un’infrastruttura ICT adeguata incontra grosse difficoltà di comunicazione, interna ed esterna, con in più la differenza che l’ICT è estremamente pervasivo e può coinvol-gere tutti gli ambiti e tutte le diverse relazioni aziendali.

Una recente ricerca condotta da Google e Doxa Digital evidenzia come il 39% del fatturato export delle piccole medie imprese digitalmente avan-zate deriva proprio dalla commercializzazione online dei loro prodotti, e come non sono poche le aziende che grazie all’e-commerce riescono non solo a resistere alla crisi ma anche ad aumentare il proprio fatturato. Eppu-re, solo 3 PMI italiane su 10 si avvalgono del commercio elettronico come canale addizionale di vendita o di acquisto. Di tutt’altro tenore il numero di nuove aziende che invece utilizzano l’ICT come backbone per i nuovi servizi o applicazioni.

3 Focus su nuovi servizi e l’ICT in azienda: indicatori di qualità o quantità?

La pervasività delle innovazioni ICT può rendere difficile definire degli indicatori validi ed efficaci del ritorno degli investimenti dato che i loro effetti possono essere estremamente eterogenei e avere accento a volte prevalentemente quantitativo, altre invece qualitativo. Poter ottenere un aumento del fatturato (o una riduzione dei costi) e la possibilità di offrire servizi che ‘in analogico’ prima inconcepibili sono facce della stessa me-daglia.

Ovviamente non va trascurato l’aspetto della cultura d’impresa: a volte si cade nell’errore che uno strumento ICT possa risolvere i problemi da solo. Chiaramente questo non è vero: analogamente a quel che farebbe un’impresa che acquista un nuovo macchinario, è necessario formare il personale al suo utilizzo, eventualmente adattare i processi interni, e fare un’adeguata manutenzione. Nessuna azienda si sognerebbe di comprare, ad esempio, una nuova saldatrice laser e poi di abbandonarla a sé stessa lungo la linea produttiva. Eppure, questo è quello che molte aziende fanno ad esempio con il sito di e-commerce.

Ma l’ICT, come accennavamo, non offre solo benefici quantitativi ma anche qualitativi, permettendo l’erogazione di servizi innovativi e ricadu-te indirette ma consistenti in termini di risparmio di costi e di appeal del prodotto.

Ad esempio, alcune aziende stanno iniziando a inserire nei loro prodotti

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dei sistemi e dei sensori per la diagnostica da remoto. Il vantaggio di questi sistemi è evidente: permette di individuare da remoto eventuali malfunzio-namenti. A volte questo consente di effettuare l’intervento di assistenza via software, ma in ogni caso permette al tecnico che deve effettuare la riparazione di arrivare già sapendo qual è il guasto e con i pezzi di ricambio necessari. Questo approccio non solo aumenta di molto il livello di servizio che si offre al cliente, ma permette anche alle PMI di proporsi con efficacia sui mercati globali, anche con prodotti complessi, dato che è possibile of-frire elevati livelli di servizio con una struttura molto snella. Molte imprese del territorio si trovano però di fronte all’ostacolo di non disporre di una connessione di rete sufficientemente affidabile.

Altri esempi vengono dal campo dell’automazione degli edifici: per sog-getti che controllano più edifici (si pensi agli enti pubblici come le Province, o alle reti di negozi), poterli gestire da remoto porterebbe grandi vantaggi. Ad esempio, dotando gli edifici di adeguata sensoristica (che ormai ha costi estremamente abbordabili) sarebbe ad esempio possibile gestire in modo intelligente il riscaldamento (o il condizionamento) in base all’utiliz-zo reale effettivo, con grandi risparmi economici (e benefici ambientali), o individuare le singole stanze dove si verifica maggiore dispersione termica e che quindi beneficerebbero da un intervento di manutenzione straordi-naria. Anche in questo caso ci si scontra con il problema che spesso manca un’infrastruttura digitale adeguata, e in questo caso c’è anche il tema della banda wireless, dato che cablare edifici non predisposti comporta costi cer-to non trascurabili, oltre ad essere di fatto improponibile in edifici storici.

Sempre a proposito di wireless, un altro caso interessante è quello di alcune aziende che si propongono per la gestione da remoto dell’illumina-zione pubblica, ottimizzandola non solo grazie all’utilizzo di sistemi a basso consumo energetico, ma anche grazie alla possibilità di gestire l’illumina-zione in base al traffico veicolare e pedonale effettivamente rilevato, quindi in parole povere andando ad illuminare dove serve nelle fasce orarie in cui serve. Il problema è che però questi sistemi richiedono la connessione in rete wireless di tutti i lampioni, ma in molti Comuni le reti wireless sono presenti (quando lo sono) solo nel centro, e non nelle periferie dove invece questo sistema sarebbe più necessario.

4 Nuovi modelli di business

Il recente report della Broadband Commission for digital development (or-ganismo fondato da ITU ed UNESCO) riconosce come fondamentale per la crescita di un eco-sistema industriale un’adeguata infrastruttura al fine di «underpin all industrial sectors thus representing the foundation of public services and social progress». Un altro passaggio chiave dello stesso re-port è il ruolo degli enti istituzionali in quanto l’infrastruttura deve «need

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to be promoted by governments in joint partnership with industry, in order to reap the full benefits of broadband networks and services». È dunque riconosciuto da più parti che l’ICT sia un abilitatore fondamentale per la nascita e lo sviluppo anche di nuovi modelli di business. Ormai da molti anni si parla della transizione verso l’economia della conoscenza come unico strumento per il rilancio della produttività e della competitività nel nostro Paese. Molti economisti, in primis il prof. Enzo Rullani docente di Strategie di Impresa all’Università Ca’ Foscari Venezia, hanno evidenziato come le infrastrutture digitali siano la condizione minima per favorire la crescita ed il superamento dei ‘confini’ non solo geografici che limitano le nostre aziende, ed il territorio, nella competizione globale.

La produttività deriva oggi dalla capacità di sfruttare intelligentemen-te le proprietà generative e moltiplicative della conoscenza, rendendo i prodotti italiani più ricchi di valore immateriale (ricerca, intermediazione, nuovi servizi) e di proiezione globale sui mercati senza dimenticare una visione allargata in cui un ‘sistema produttivo’ è costituito dall’intera filiera o da un meta-cluster di aziende.

È evidente come nuovi modelli di business che tengano conto degli aspetti che abbiamo appena citato non possano prescindere in alcun modo dall’uso pervasivo dell’ICT: la comunicazione interattiva in tempo reale sia all’interno dell’impresa, che con i partner, ed in generale con il mercato ed il pubblico sono fattori che richiedono la disponibilità di un’infrastruttura efficace ed affidabile, ma anche dello sviluppo di una cultura aziendale nuova che sia in grado di gestire questo tipo di relazioni. I risultati sono evidenti in termini quantitativi e qualitativi e possono generale valore intangibile come ad esempio lo sviluppo di nuovi servizi, ‘disintermedia-zione’, accesso a nuovi mercati.

5 Big data

Un fenomeno che non può essere trascurato è inoltre quello dei cosiddetti big data, che secondo McKinsey saranno una base fondamentale per la competizione, la crescita e la produttività. Il tema di gestire grandi moli di dati non toccherà solamente i grandi data center, ma anche le imprese e la pubblica amministrazione. Secondo i dati raccolti da McKinsey Global Institute, con un utilizzo efficace dei big data in Europa le amministrazioni pubbliche potrebbero risparmiare più di 100 miliardi di euro solo di incre-mento di efficienza.

Eppure allo stesso tempo emerge una carenza di competenze su que-sto fronte, a livello globale: si stima nei soli USA nel 2018 ci saranno tra i 140.000 e i 190.000 posti ‘scoperti’ per persone con competenze di analisi sui big data. In Italia ci si scontra anche con i limiti dell’infrastruttura di rete in molte aree, che rischiano di escludere molte imprese ed enti pub-

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blici dallo sfruttare queste opportunità. La strada sembra essere in salita e serve certamente accelerare il passo per raggiungere i livelli richiesti da organizzazioni come OCSE ed Unione Europea. I nuovi programmi di ricerca europea (Horizon 2020) evidenziano come le societal challenges prevedano la generazione di una mole di dati impressionanti che devono necessariamente essere sfruttate nel migliore dei modi, dall’approccio smart city allo sviluppo di nuovi servizi per i cittadini, dalla ‘contamina-zione’ alla successiva analisi dei dati dei social network per migliorare i servizi e cercare di renderli anticipatori.

Aziende come IBM, Google e Amazon hanno da tempo riconosciuto come il vero ‘oggetto del desiderio’ sia il ‘dato’ attorno al quale possono essere costruiti innumerevoli servizi ed applicazioni, una partita che le pubbliche amministrazioni possono (e devono) giocare fin da subito.

6 Livello di innovatività

Gli indicatori di performance di un’azienda che si dota (o ha già a dispo-sizione) una infrastruttura ICT per sviluppare nuovi servizi o accelerare procedure con la PA possono essere di due tipi. Gli indicatori tangibili rappresentano la raccolta e l’analisi di dati oggettivi (es aumento del fat-turato, aumento dei margini operativi, maggiori investimenti per sviluppo nuovi prodotti, ecc) e hanno avuto esercizi di valutazione anche a livello europeo (es. IMP3rove, European Innovation Scoreboard, OECD outlook); gli indicatori intangibili che forse, nella competizione globale sempre più soffocante, aiutano a mantenere quote di mercato non in virtù di costi di esercizio ma grazie alla percezione da parte del cliente (es minor tempo di latenza, aumento qualità servizio, feedback del cliente, fidelity, miglior dialogo con clienti e fornitori, apertura nuovi mercati ecc). Alcune azien-de hanno vinto delle gare di fornitura solo per il fatto di avere inserito la ‘manutenzione programmata da remoto’ su macchinari venduti a parità prezzo di operatori locali, altri hanno cambiato radicalmente modello di business grazie alla possibilità di avere banda larga per elaborare grosse moli di dati e sfruttare le potenzialità del cloud service o del SAAS.

7 I Centri di Trasferimento Tecnologico ed Innovazione

I cosiddetti CITT (Centri di Innovazione e Trasferimento Tecnologico) gio-cano un ruolo fondamentale a supporto non solo delle PMI ma anche delle PA se consideriamo la loro innata capacità di osservare a volo d’uccello le nuove tecnologie e le diverse applicazioni. È stato dimostrato come i CITT che abbiano favorito la cross-fertilization siano quelli che negli anni sono stati poi circondati da un eco-sistema di aziende (nuove o vec-

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chie) che hanno saputo trarre benefici economici applicando tecnologie ed usando infrastrutture non nate per il loro settore di appartenenza. Il trend degli ultimi anni è legato alla ‘smartization’ dei prodotti, da quelli di largo consumo (es. piccoli e grandi elettrodomestici, mobili, vestiario) a quelli high-end (elettronica, informatica, prodotti professionali) cercando il più possibile di applicare (purtroppo a volte in ordine sparso) concetti di ‘smart’-qualcosa (es. -city, -shop, -factory, -home). È innegabile come il ruo-lo dell’ICT sia però diventato duplice: fornitore di tecnologia abilitante (es. sensori) e fornitore di infrastruttura (3G, NGN, UMTS, fibra, WiFi sembra-no ormai convenzioni). Un prodotto che ‘parla’, ‘sente’, ‘comunica’, ‘vede’ ha necessariamente bisogno di un linguaggio e di un canale comunicativo per renderlo il più possibile interattivo e ‘reattivo’. La rivoluzione digitale segna il passo anche nel design di nuovi prodotti/processi. Il sommarsi di tecnologie sempre nuove e dirompenti (si pensi ad esempio ai protocolli di trasmissione o alla micro-elettronica) deve essere razionalmente raccolto e proposto in modo da non ottenere l’effetto contrario: confusione, sfiducia e riduzione della competitività. La responsabilità dei CITT è dunque non solo quella della presentazione ma anche della validazione (su tematiche di largo interesse chiaramente) delle tecnologie; stanno nascendo sempre più laboratori o centri a supporto dei territori dove è possibile testare nuove tecnologie o conoscere nuove opportunità, si pensi ad esempio al centro NeroLuce di Asolo con la virtual prototyping e l’eye-tracking per supportare, ad esempio, la riduzione del time-to-market.

8 Conclusioni

Lo scopo principale delle iniziative di IOT nate dall’adozione (o disponi-bilità) di strumenti ICT deve necessariamente essere la creazione di un eco-sistema virtuoso in termini di servizi, opportunità ed imprenditoriali-tà. Il ruolo dei CITT è fondamentale ma deve essere coerente con i focus aziendali (es indicatori di qualità VS quantità). L’eco-sistema di cui sopra deve avere rappresentate tutte le componenti (stakeholders), dalla PA alle PMI ai CITT stessi, in modo che vengano rispettate le esigenze di ciascun soggetto (es. indicatori di qualità degli investimenti in ICT per le PMI e nuovi modelli di business, miglioramento del servizio verso gli utenti per la PA). Un eco-sistema può dirsi virtuoso se oltre a favorire la diffusione di tecnologie e contribuire all’aumento del livello di innovatività riesce a ge-nerare dall’interno nuove idee e stimoli, come ad esempio lo spostamento dell’attenzione dalla tecnologia abilitante al dato (big data) o dall’oggetto singolo all’Internet delle cose ecc.

Needless to say che un eco-sistema funzionale (e virtuoso) deve obbliga-toriamente essere aperto e rivolto con lo sguardo all’internazionalizzazio-ne, Europa in primis. La European Digital Agenda, ancorché le priorità de-

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Misurare l’innovazione digitale

finite all’interno del programma Horizon 2020 in ambito ICT, confermano quanto pesi l’ICT nelle policy per l’innovazione e come da white paper della DG Enterprise e DG Connect della Commissione Europea sia riconosciuto come veicolo per l’internazionalizzazione delle PMI.

Se volessimo unire tutte le componenti fin qui descritte in un’unica ‘formula’, potremmo definire un ipotetico Indice di Competitività come il prodotto di un valore ‘ragionato’ (una specie di entropia dell’eco-sistema composto da PA, PMI e CITT) per il livello di diffusione delle tecnologie abilitanti (ICT), il tutto fortemente legato ad un tasso di internazionaliz-zazione.

{[(PA + PMI) + CITT]LICT}Ti = ICOMP

ICOMP = indice di competitività

PA = numero di PA presenti in un eco-sistema

PMI = numero di PMI presenti in un eco-sistema

CITT = numero di CITT

LICT = Livello di diffusione/dotazione infrastrutture ICT nell’eco-sistema

Ti = tasso di internazionalizzazione

L’idea di fondo è che ci sia una proporzionalità diretta per cui non ci possa essere nell’eco-sistema una ‘esplosione’ di PA ma debba essere calmierata (‘ragionata’ come anticipato) dove però il ruolo dei CITT rimane portante. Gli altri parametri potrebbero essere calcolati secondo criteri internazio-nali riconosciuti (es. competitiveness and innovation index dell’Unione Europea). La formula va però letta nel suo senso generale indi per cui il tasso di internazionalizzazione ed livello di diffusione delle ICT hanno il principale peso nella definizione del grado di competitività di un eco-sistema.

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Da smart city a smart landL’ICT a supporto dello sviluppo territoriale

Federico Della Puppa (Università IUAV di Venezia, Italia)

Abstract ICT is a key factor to support local innovation in Europe, but it should not be considered a goal itself. The smart city model applies ICT to the first territorial level identified, and it has been the subject of National funding, targeting also the ‘communities’ and social innovation. The smaller dimensional scale and the proximity of the cities in the Veneto region suggests a reassessment of the concept summarised by words ‘smart land’. The smart land concept is then explained, along with six categories for indicators capable to measure this kind of territorial evolution.

Gli investimenti in ICT oggi sono al centro delle politiche di sviluppo so-cioeconomico sia a livello locale che globale. La politica europea legata alla smart city e ai nuovi programmi di intervento per la fase di program-mazione 2014-2020, in particolare quelli riferiti a Horizon 2020, mette in diretta relazione l’innovazione, la ricerca e le nuove tecnologie come si-stemi di supporto allo sviluppo economico e alla competitività territoriale. La lunga crisi economica, dovuta non solo a cause congiunturali ma anche strutturali, molte delle quali legate proprio alla carenza di investimenti in ICT, evidenzia la necessità di dotarsi di strumenti nuovi e innovativi per ottimizzare i processi e recuperare competitività non solo a livello territo-riale, ma nelle stesse imprese e in tutti i settori e da parte di tutti soggetti che hanno interessi e competenze in relazione allo sviluppo competitivo di un territorio.

In questo contesto, paradossalmente, non è tanto l’ICT il primo elemen-to da analizzare, quanto piuttosto il territorio, ovvero l’ambito sul quale avviare politiche innovative legate all’innovazione tecnologica, alle comu-nicazioni e al complesso sistema di miglioramento delle relazioni fisiche e digitali nel contesto sociale, economico e produttivo attuale. L’ICT in questo senso, in questa visione, è un sistema, un mezzo, un veicolo per promuo-vere lo sviluppo, è certamente una conditio sine qua non, ma non è e non può essere l’obiettivo, il fine. Che invece è lo sviluppo socioeconomico del territorio e la sua competitività, che significa qualità dell’ambiente – nella sua accezione più ampia che comprende non solo l’ambiente naturale ma anche quello insediativo, produttivo e antropico – e capacità di attrarre investimenti, nuove imprese, nuova popolazione residente.

Dunque capacità di creare lavoro, occasioni di insediamento di imprese e risposte abitative coerenti. In una parola sola, socialità. L’ICT ha un ruolo fondamentale in questa trasformazione, perché è il ‘sistema’, la rete che consente la costruzione di politiche economiche e sociali innovative e ta-rate sull’inclusività, in grado di creare integrazione, capaci di promuovere

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140 Della Puppa. Da smart city a smart land

nuovi servizi per i cittadini e le imprese, attraverso un dialogo positivo tra soggetti privati e soprattutto tra cittadini, imprese a amministrazioni pubbliche. L’ambito territoriale di riferimento è dunque un elemento fonda-mentale in questa logica di interrelazione e di scambio. La città è il primo livello territoriale sul quale le politiche europee si sono concentrate, con le azioni relative alle smart city e ai relativi programmi di intervento e di investimento, che anche nel nostro paese hanno iniziato ad essere, purtrop-po faticosamente, avviati negli ultimi anni, in particolare con il bando del MIUR Smart cities and smart communities and social innovation.

La focalizzazione sul tema delle communities e dell’innovazione in cam-po sociale è uno dei fattori rilevanti e positivi di un approccio che deve mettere i cittadini, i soggetti (siano essi singoli o entità imprenditoriali) al centro delle politiche. Ma se l’Europa pone le città al centro dei processi di sviluppo, considerandole come ben noto ‘i motori della competitività’, non a tutti i livelli e non in tutti i contesti l’ambito di riferimento può essere quello della città. In modo particolare nel territorio del Veneto, dove la dimensio-ne della città è quantitativamente limitata, non certo a livello delle grandi realtà europee. Il Veneto, più di altre ma anche come molte altre regioni italiane, è il territorio dell’urbanizzazione diffusa, è il territorio dei piccoli centri, dei nuclei abitati, delle tante, troppe, aree industriali, artigianali e commerciali localizzate lungo le principali arterie di comunicazione e in prossimità dei principali nodi di interscambio infrastrutturale.

Il Veneto è un territorio nel quale il concetto di città fa riferimento ad ambiti dimensionali che non raggiungono soglie metropolitane sufficien-temente estese da poter essere considerate competitive a livello europeo, se non unendo le forze di alcune di esse in base sia alla vicinanza geogra-fica che al sistema delle reti infrastrutturali e funzionali, come nel caso ad esempio della possibile ‘città metropolitana’ che potrebbe vedere uniti i sistemi urbani di Venezia, Padova e Treviso. Tuttavia in questa logica, in questo disegno, il ruolo dei singoli ambiti territoriali diventa strategico se giocato non a livello gerarchico ma come integrazione di funzioni e di specializzazione territoriale. Ed è evidente che in questa prospettiva l’ICT ha un ruolo fondamentale nella costruzione di un sistema inclusivo, coeso, collaborativo, sinergico, soprattutto a partire dall’ottimizzazione delle reti fisiche, da quelle infrastrutturali a quelle dei servizi, sia che siano rivolte al sociale che di supporto alla produzione o ad esempio alla fruizione tu-ristica.

Nell’ottica europea la smart city è la città del futuro, dove con meno risorse si producono più servizi per i cittadini e per le imprese, utilizzando le tecnologie più avanzate e sistemi di gestione intelligenti per ridurre gli sprechi e gli impatti negativi, siano essi ambientali, economici, sociali. In una smart city c’è meno inquinamento, si producono meno rifiuti e quelli prodotti sono riutilizzati per ridurre l’uso di materie prime, si consuma meno energia producendola con fonti rinnovabili, si riduce il traffico au-

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Della Puppa. Da smart city a smart land 141

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mentando il trasporto pubblico e quello alternativo, si riduce l’uso di mezzi privati incrementando la condivisione dei mezzi, facilitando la diffusione del bike sharing, del car sharing, del car pooling, si riduce l’esclusione so-ciale mediante politiche di inclusione attive e attente alle diverse forme di bisogni, si abbassano le disparità di accesso ai servizi e all’uso della città stessa, si riducono le barriere architettoniche, da quelle fisiche a quelle culturali.

La smart city è una città che usa l’intelligenza delle nuove tecnologie per costruire un ambiente urbano più sostenibile, il cui esito è un sistema di relazioni inclusivo che attrae, accoglie, accudisce e che accompagna i cit-tadini a realizzarsi. E che ovviamente supporta tutto il sistema produttivo verso una maggiore capacità competitiva sul mercato globale, favorendo l’insediamento di imprese e la collaborazione tra le stesse, in una logica di osmosi e simbiosi industriale, artigiana, terziaria e della ricerca avanzata. In questo contesto le imprese oggi devono perseguire una crescente foca-lizzazione sui processi core e no-core. Questi ultimi in particolare devono diventare occasione di nuovi business per soggetti capaci di gestire servizi a supporto della produzione, nei quali l’ICT ha certamente un ruolo rile-vante e in alcuni casi dominante.

Il pubblico – ovvero la Regione, le Province (o le altre forme di governo sovracomunale oggi esistenti e quelle che eventualmente verranno attivate in seguito alla loro possibile eliminazione) e i Comuni – sono chiamati oggi a mettere le imprese nelle migliori condizioni di competitività, promuo-vendo una progressiva, efficace ed efficiente, politica di ‘smartizzazio-ne’ del territorio. Ma sono chiamati anche ad implementare, con sempre maggiore efficacia, sistemi efficienti di servizi per i cittadini a supporto della residenzialità, dell’inclusione sociale, della mobilità, dei servizi per la fruizione del territorio in senso ampio. Le priorità di intervento devono essere indirizzate tenendo conto delle esigenze dello sviluppo sostenibile, vero trait d’union delle politiche a livello europeo, nazionale, regionale e locale. In questo contesto gli enti pubblici sono i vertici operativi, in termi-ni di politiche e di supporto ad azioni concrete, di una rete che coinvolge imprese private, fondazioni, associazioni no profit e singoli cittadini nella costruzione in primo luogo di una diverso approccio, di una migliore capa-cità di visione, di una innovativa ‘way of thinking’ nella quale l’ambiente, l’energia, i trasporti, i servizi alle imprese e quelli alla persona diventano vera occasione di sviluppo. In sostanza, prima ancora che un investimento economico, il concetto di smart city deve diventare un’occasione di ricon-versione produttiva e culturale, una ‘rivoluzione copernicana’ che sia in grado di investire tutti gli attori di una città.

Ma in un territorio come quello del Veneto, composto da 580 comuni, con i principali capoluoghi che non raggiungono i 300.000 abitanti, con la maggior parte dei comuni compresi tra 5.000 e 10.000 abitanti, con oltre 2.000 aree produttive industriali e artigianali, con la diffusione capillare

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142 Della Puppa. Da smart city a smart land

del sistema degli attrattori turistici e con il turismo prima ‘industria’ regio-nale e nazionale (il Veneto è la prima regione in Italia per arrivi e presenze turistiche), è evidente che più che di smart city si deve iniziare a parlare di smart land. L’ICT è il principale veicolo attraverso il quale si può passare da un orizzonte tutto sommato basato ancora sulla competizione delle singole città e aree territoriali ad una più ampia e utile competizione regionale, nella quale il concetto di smart city sia allargato a tutto il territorio, ovvero uno smart land.

In questo senso è utile cogliere l’enorme potenziale di sviluppo collegato alla riconversione green degli interventi in economia, dall’innovazione alla ricerca, dalle tecnologie agli apparati produttivi, dai trasporti all’energia, dai grandi eventi ai piccoli interventi di manutenzione urbana. Ambiti di intervento nei quali l’ICT ha un ruolo fondamentale nell’implementazione di queste soluzioni. Esempi se ne possono individuare molti, dalle grandi opere fino alla ristrutturazione degli edifici scolastici, dalla promozione della mobi-lità sostenibile fino al sostegno alla chimica verde, dalla tutela del patrimonio artistico e paesaggistico fino alla scelte di politica energetica, dal sostegno alle nuove forme di imprenditorialità legata alla creatività alle nuove mo-dalità di lavoro, dal cohousing al coworking, per fare solo qualche esempio.

A ffrontare il tema dell’innovazione nello sviluppo territoriale attraverso l’uso dell’ICT per costruire uno smart land significa identificare i soggetti che rappresentano la domanda di intelligenza, di sostenibilità, di inclusivi-tà, ovvero la domanda che sottende i processi di ‘smartizzazione’ oggi già in atto e quelli da attuare, in base alle indicazioni e ai programmi operativi che l’Unione europea ha posto e che costituiscono il filo conduttore di tutte le politiche – nazionali, regionali e locali – dei prossimi anni. E una volta identificati questi soggetti, individuare, proporre, mettere in atto e monito-rare soluzioni adeguate alle loro esigenze. Iniziare pertanto a domandarsi quali siano i principali segmenti di domanda è il primo passo concreto per poter formulare non solo progetti e azioni di intervento, ma anche costruire adeguati sistemi di controllo delle performance. In altre parole, pianificare l’efficienza del sistema e l’efficacia delle risposte mentre si costruisce il processo di trasformazione, accompagnandolo ed eventualmente miglio-randolo sulla base dei risultati degli indicatori.

Sono molti gli ambiti ai quali fare riferimento per implementare lo smart land, ma focalizzando l’attenzione sui destinatari delle politiche in linea generale possono essere così sommariamente indicati:

– la popolazione, costituita dai diversi soggetti attivi o che devono es-sere resi attivi attraverso azioni di ‘inclusione digitale’, dai giovani alle famiglie, sino alla popolazione anziana che, proprio attraverso la tecnologia e i servizi di fruizione, di interazione, di accudimento a distanza, di integrazione fisica e sociale, di accoglienza che uno smart land o una smart city possono offrire;

– il sistema delle imprese e dei soggetti attivi e produttivi, ovvero i sog-

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getti in grado di creare lavoro e di conseguenza sviluppo economico; in questo ambito i campi di intervento sono molteplici, andando dalla realizzazione di reti infrastrutturali, fisiche e digitali, coerenti con le esigenze delle imprese, diffuse sul territorio e in grado di garantire pari opportunità su tutto il territorio, rendendo lo sviluppo possibile in ogni area territoriale, perseguendo una logica dunque che per-metta alle imprese di essere ‘uguali ovunque’, ma anche di facilitare l’insediamento e l’incubazione in aree ad alta valenza sinergica, pro-duttiva e dei servizi, o ad esempio garantendo la possibilità di utiliz-zare i nuovi sistemi di coworking nel modo più flessibile possibile;

– in generale il terzo settore e tutto il sistema di autorganizzazione dei cittadini e degli stakeholder sui temi sociali, culturali, ambientali e dei diversi settori nei quali le associazioni, i gruppi di cittadini, le reti sociali (compresi i social network) territoriali che dall’implemen-tazione e dalla diffusione delle reti tecnologiche e dei servizi posso-no trarre utili spunti per promuovere attività e azioni; queste reti sociali e culturali, molto diffuse sul territorio veneto, costituiscono peraltro il sistema primario dell’identità locale e della cooperazione territoriale, sia sui reti tematiche che su reti territoriali, con impatti significativi nella costruzione della ‘vitalità’ del territorio diffuso.

In relazione all’impatto che l’ICT può avere sullo sviluppo territoriale, oltre agli elementi descritti vi sono altri fattori sui quali può giocare un ruolo chiave, e in primo luogo sulla potenzialità di valorizzazione del sistema territoriale nel suo complesso, rendendolo maggiormente fruibile, e nella capacità di essere veicolo di innovazione nell’offerta sia di territorio in sen-so lato, sia di paesaggio nel senso più specifico del termine. Tra gli asset strategici del Veneto, il paesaggio gioca assieme alla ruralità, ai prodotti tipici (sia enogastronomici che artigianali) e all’intero sistema dei beni culturali – storico-architettonici e ambientali, ovvero secondo la definizione Unesco – un ruolo rilevante nella capacità di attivazione socioeconomica e produttiva a livello locale.

Ma questi asset per essere veicolati, fruiti, utilizzati e venduti ai diversi fruitori hanno bisogno di essere in primo luogo comunicati e resi stret-tamente sinergici allo sviluppo locale. L’ICT ha evidentemente un ruolo primario in queste azioni, in quanto se nel caso di prodotti industriali o artigianali, il sistema della distribuzione prevede che il prodotto venga consegnato all’acquirente, nel caso del territorio, del paesaggio, delle tipicità, deve avvenire il contrario: deve essere l’utilizzatore, il fruitore, il cliente a spostarsi verso il ‘prodotto’.

In questo senso l’ICT è una sorta di ‘benzina territoriale’: in una società che promuove lo sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo, le nuove tecnologie informatiche e della comunicazione basate sulle reti di rela-zione e di connessione permettono di interagire e dunque senza di esse

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144 Della Puppa. Da smart city a smart land

la ‘macchina territoriale’ rischia di non poter neppure partire. Fuori di metafora, l’impatto positivo dell’ICT in questo campo è evidente, ma non così evidente è l’importanza di un sistema di controllo e di monitoraggio che permetta di misurare effettivamente l’apporto e il supporto che l’ICT può dare allo sviluppo locale e regionale.

Il punto chiave è la ‘destinazione’, ovvero individuare i veri destinata-ri finali delle azioni. In questo senso il punto chiave è mettere al centro dell’attenzione le persone, i soggetti. Ovvero, le relazioni. Il vero sviluppo che l’ICT può e deve sostenere è la promozione di una ‘economia delle re-lazioni’ nella quale al centro è posto l’individuo, con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue necessità e aspirazioni. Che sono quelle sociali, produttive, del tempo libero. Una delle esigenze più importanti ad esempio è quella legata alla mobilità.

A livello territoriale il Veneto rappresenta una regione nella quale la mobilità, in particolare quella privata, assume caratteri molto significativi proprio per la dispersione urbanistica degli agglomerati urbani e per la carenza di infrastrutture pubbliche in grado di sostenere la forte domanda di trasporto. È evidente che le reti ICT possono in qualche modo integrare e aiutare a promuovere una diversa utilizzazione del territorio e dello spazio, in funzione dell’ottimizzazione dei sistemi di trasporto, attraverso la condi-visione di informazione e anche mediante la possibilità di decentrare molte funzioni produttive, grazie alle nuove tecnologie. Ma il problema rimane sia quello degli investimenti nelle reti, sia quello della valutazione previsionale e a regime dell’effettiva utilizzazione delle infrastrutture stesse.

Così ad esempio, rispetto alle esigenze sociali delle famiglie, il cambia-mento strutturale dei nuclei familiari e l’invecchiamento progressivo della popolazione modifica le esigenze dei cittadini, che esprimono non solo una forte domanda di mobilità in termini di trasporti, ma evidenziano anche una elevata mobilità residenziale. Nei comuni del Veneto ogni cinque anni un terzo della popolazione cambia, si trasferisce. È un dato che evidenzia la necessità di impostare e perseguire politiche di intervento che permettano di rendere più flessibili e coerenti i mercati oggi ingessati, non solo dalla crisi, della compravendita e dell’affitto. Anche in questo caso l’ICT ha un ruolo determinante, in particolare fornendo non solo sistemi informativi e gestionali, nonché conoscitivi delle opportunità residenziali effettivamente presenti in un’area (di fatto agevolando l’attrattività residenziale, uno dei motori dello sviluppo socioeconomico), ma anche introducendo meccanismi di gestione nel mercato più flessibili, in grado di facilitare l’incontro tra domanda e offerta.

Sia nel settore della mobilità per lavoro e per studio, che in quello della dinamica residenziale e della relativa mobilità, gli indicatori ci sono. Ma sono poco studiati e analizzati. Soprattutto fanno riferimento a banche dati che spesso sono di difficile sistematizzazione. Con la conseguenza che il numero c’è ma è inaccessibile o di difficile interpretazione.

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Misurare l’innovazione digitale

In questo contesto un elemento rilevante per valutare il grado di sup-porto e di apporto che l’ICT può svolgere nello sviluppo dello smart land è individuare, all’interno dei tre ambiti di intervento europei, gli indica-tori in grado di rappresentare e misurare lo sviluppo ‘smart’ delle città e del territorio. Un territorio intelligente, sostenibile e inclusivo deve poter misurare il grado di accesso alle reti e ai servizi secondo alcuni sistemi di indicatori che fanno riferimento, in linea teorica, ad almeno sei categorie o elementi di analisi:

– l’accessibilità è il primo elemento di misurazione; – il secondo è l’uso, ovvero quanti e in che modo usano le reti; – il terzo è il consumo, ovvero il sistema di ‘produzione’ necessario a

sviluppare quell’uso, sia in termini di prodotti che di servizi; – il quarto è quanto quel consumo è sostenuto da sistemi innovativi,

rinnovabili, sostenibili e misurabili, anche dal singolo individuo che può monitorare dunque le proprie performance e quelle del sistema nel suo complesso;

– il quinto è il livello di investimenti messo in atto; – il sesto è l’effetto di attivazione socioeconomica complessiva, da va-

lutarsi sia con i parametri standard del prodotto interno lordo, ma anche attraverso i nuovi sistemi di misurazione del benessere.

Un esempio delle potenzialità dell’ICT nell’offrire opportunità innovative di governo dello sviluppo territoriale sta ad esempio nella realizzazione di aree produttive ecologicamente attrezzate, nelle quali le imprese recu-perare risorse, ottimizzare i processi, ridurre i costi, ridurre le emissioni e l’inquinamento e aumentare la loro competitività e quella di tutto il si-stema. L’ICT è uno strumento che permette di focalizzare l’attenzione sui processi core e no-core. Questi ultimi possono diventare occasione di nuovi business per soggetti capaci. Ad esempio gestori di aree in grado di essere più specializzati e competitivi della singola impresa nell’approvvigiona-mento energetico, nella raccolta differenziata dei rifiuti, nella gestione del ciclo delle acque, nel mantenimento delle strade e delle infrastrutture di servizio, comprese le reti tecnologiche.

L’ICT ad esempio è la rete che permette di fornire informazioni di detta-glio e conoscenze approfondita sulla tipologia di aree produttive presenti in un territorio, sulle imprese insediate, sulla loro composizione, dimensione, organizzazione, generando attraverso adeguati sistemi informativi la valu-tazione delle convenienze all’insediamento in quelle aree, alla costruzione di nuove opportunità competitive, al miglioramento delle condizioni di collaborazione tra le imprese, a livello di ricerca e sviluppo come a livello di produzione e di servizi, alla promozione di partnership locali (intra-area) e globali (inter-area).

In sostanza, la ‘smartizzazione’ delle città e del territorio è un processo che pone tre obiettivi principali – realizzare uno sviluppo intelligente, so-

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stenibile e inclusivo – attraverso azioni in grado di ottimizzare le risorse, ovvero facendo un uso migliore delle risorse, queste ultime intese in senso lato (in questo senso vanno considerate risorse non solo gli investimenti, ma anche ad esempio il tempo). In termini urbanistici e territoriali significa ad esempio agire su quanto già costruito, senza consumare ancora suolo, riqualificando l’esistente, sostituendo quanto non più adatto alle nuove esi-genze e promuovendo nuovi modelli d’uso della città e del territorio stesso.

Di fronte a questa impostazione va sottolineato tuttavia il rischio di con-fondere il fine con il mezzo, ovvero pensare che per trasformare le città e il territorio veneto in uno smart land basti ricorrere a qualche investimento sulle reti tecnologiche, magari dotando i lampioni di lampade a led e di ripetitori WiFi, e il gioco è fatto. Nulla di tutto ciò. Una città smart, un ter-ritorio smart, è una comunità intelligente, sostenibile e inclusiva, ovvero una collettività che utilizza le tecnologie non solo per migliorare specifici ambiti, ma anche per valorizzare la propria identità specifica, rinnovando senza cancellare le proprie tradizioni culturali e il patrimonio artistico e naturale, per rilanciare il proprio saper fare e essere.

L’agenda digitale dovrebbe costituire il prodromo per sviluppare smart city e smart land e come noto si occupa di identità digitale, PA digitale, istruzione digitale, sanità digitale, divario digitale, pagamenti elettronici e giustizia digitale. Tutto digitale, con il rischio di dimenticarsi che chi usa i servizi e vive la città e il territorio è quanto di più analogico esista, ovvero le persone, i cittadini e le imprese, che sono fatte di persone. Se leggiamo i programmi delle città italiane che più di altre hanno avviato politiche smart, possiamo notare che la concentrazione è soprattutto rivolta a pro-muovere azioni nel campo del risparmio energetico, dei network energetici e dello sviluppo della banda larga, della mobilità elettrica e sostenibile e della trasformazione dei pali della luce in ‘snodi di intelligenza diffusa’. Si parla poco di cittadini, di servizi e di partecipazione.

È ovvio che per sviluppare città e territori smart servono reti fisiche e azioni di miglioramento della qualità della vita, ma queste azioni non pas-sano solo dalla realizzazione di interventi di efficientamento energetico o di innovazione tecnologica delle reti. Se nel breve futuro il 70% della po-polazione europea abiterà nelle città è evidente che serve produrre sistemi di relazioni che consentano di gestire la complessità attraverso politiche inclusive, in primo luogo, ma anche sostenibili e attrattive.

Sono molte le città in Europa e nel mondo che hanno avviato politiche serie per diventare smart city, e tutte quelle che hanno raggiunto i migliori risultati hanno posto alla base delle loro azioni i cittadini, producendo città e territori tecnologici e interconnessi, ma anche sostenibili, confortevoli, attrattivi, sicuri. La sicurezza ad esempio è fattore di attrattività e di inclu-sione, come la mobilità sostenibile è sinonimo di accessibilità. Ciò che que-ste città dimostrano – da Aarhus ad Amburgo, da Friburgo a Masdar City, da Caofeidian a Seattle – è che le loro policy di riqualificazione e risanamento

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Misurare l’innovazione digitale

viaggiano a pari passo con l’attenzione al cittadino, alle sue esigenze, formandolo, affiancandolo, accudendolo nel processo di apprendimento.

Perché una smart city e uno smart land sono città e territori che puntano sul miglioramento della gestione dei processi urbani e della qualità della vita dei cittadini, azioni che raggiungono gli obiettivi se i cittadini stessi fanno parte del processo. Il processo è appena iniziato ma il percorso è tracciato e lo sarà con maggiore efficacia se sarà possibile misurarne e va-lutarne gli effetti durante le fasi stesse di realizzazione. L’ICT ha pertanto una doppia responsabilità: essere veicolo ed essere misuratore.

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Come misurare l’investimento ICT in ottica di competitività del territorio per le imprese Agricoltura/Alimentare/Rurale

Stefano Barbieri (Veneto Agricoltura)

Abstract The role of digital innovation in the primary sector – farming, food, rural – is inves-tigated, by targeting the identification of appropriate measurement indicators. Five areas are considered: 1) interactions of enterprises with local government offices (B2G), 2) business to business (B2B), 3) knowledge growth and human resources, 4) business to consumer (B2C), 5) interactions of the enterprises with the society and reputation.

Sommario 1. Premessa. – 2. Rapporti Impresa-PA. – 3. Relazioni B2B. – 4. Crescita del capitale umano. – 5. Rapporti produttori-consumatori. – 6. Reputazione sociale. – 7. Fonti di informazione.

1 Premessa

Prima di cercare di individuare metodologie e indicatori per misurare co-me l’investimento ICT incida nelle dinamiche del settore agricolo, penso sia opportuno riflettere su cosa oggi si possa intendere per ‘agricoltura’, ‘foreste’, ‘agro-alimentare’ o meglio ancora ‘rurale’, termine questo ultimo sempre più rappresentativo di quello che oggi è non solo un ‘tradizionale’ settore economico. Il settore ‘primario’ è oggi, infatti, un insieme di rela-zioni economiche, sociali e territoriali e per certi aspetti di ‘stili di vita’; è un settore che offre beni e servizi, che rappresenta più di altri il cosiddetto presidio del territorio, che si relaziona in modo sempre più stretto con i consumatori e con gli altri settori economici.

Certamente la ‘produzione’ di beni rimane quella fondamentale, siano essi beni agricoli o materie prime alimentari per la trasformazione, o an-cora beni ‘no-food’ come il tradizionale legname delle foreste e dell’arbo-ricoltura o i più recenti beni energetici o per altre finalità (farmaceutica, artigianato ecc.). Una produzione che va dalla commodity globalizzata e indifferenziata ai prodotti caratterizzati da qualità certificata o tipicità riconosciuta secondo regolamenti comunitari (DOP, IGP, SGT ecc.) ecc. Forti innovazioni hanno aperto la strada a nuovi processi di produzione e di trasformazione alimentare quali i prodotti funzionali, i sistemi di conserva-zione e di packaging. Ma è nella caratterizzazione identitaria di un prodotto che si gioca oggi una delle sfide più qualificanti dell’agricoltura. Il km-zero, il prodotto tipico, la produzione biologica o a basso impatto ambientale, il prodotto etico ecc. sono tutte tipologie produttive che hanno successo solo in un quadro di integrazione dell’impresa agricola:

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Misurare l’innovazione digitale

150 Barbieri. Come misurare l’investimento ICT

– integrazione con le altre risorse del territorio per la salvaguardia del suolo, del paesaggio, del contesto locale nel quale la tipicità ha ragion di esistere;

– integrazione con gli altri settori produttivi (trasformazione alimen-tare, ristorazione, turismo, distribuzione) per sinergie indispensabili a dare valore e ampia circuitazione ad una produzione che fa della tipicità, in quanto unicità, non un fattore di ‘chiusura’ (la ‘nicchia’), ma un fattore di redditività;

– integrazione e relazione con i consumatori, con i quali instaurare un rapporto quasi personalizzato, di conoscenza quasi diretta.

Una simile produzione di beni non può che attivare una parallela offerta di servizi. Sono servizi:

– ambientali, quando l’agricoltura, attraverso metodi di produzione o anche grazie alla sua sola presenza in certi contesti territoriali, è fattore di tutela dell’ambiente e di conservazione del paesaggio;

– educativi, quando l’agricoltura con le Fattorie Didattiche attiva per-corsi di conoscenza per le nuove generazioni;

– sociali, quando con le Fattorie Sociali sostiene percorsi di integra-zione di soggetti deboli o marginati;

– culturali, quando l’agricoltura mantiene vive storie e tradizioni; – turistici, quando l’agricoltura offre ad un turista sempre più esigente,

emozioni ed esperienze vere, offrendogli cultura enogastronomica, storie di vita;

– benessere, quando offre spazi di ambiente dove praticare vacanze attive e slow.

Il settore primario è, in altri termini, un settore che affronta oggi, molto più di ieri, processi che sono innanzitutto di relazione economica e socia-le, di contaminazione di linguaggi, di apertura innovativa, tutti elementi propri del paradigma digitale. È quindi chiaro che l’innovazione digitale in agricoltura non solo ha potenzialità di impatto enormi, ma va analizzata e monitorata per tutte queste diverse interfacce che l’agricoltura stessa ha con il mondo:

– nelle relazioni impresa – pubblica amministrazione, – nelle relazioni di business tra imprese, – nei processi di crescita del capitale umano, – nelle relazioni con il consumatore, – nelle relazioni con la società nel suo insieme.

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Barbieri. Come misurare l’investimento ICT 151

Misurare l’innovazione digitale

2 Rapporti Impresa-PA

Nel rapporto Impresa – PA, il settore agricolo veneto può contare su un Sistema informativo del Settore Primario (SISP) che fin dagli anni ‘90 ha utilizzato il digitale per razionalizzare e semplificare le procedure, aumen-tare efficacia e efficienza dei sistemi di controllo, garantire la trasparenza, supportare i processi programmatori dell’Ente pubblico e i processi deci-sionali dell’impresa, favorire più in generale l’utilizzo dell’ICT.

Oggi la quasi totalità dei procedimenti inerenti l’agricoltura e lo sviluppo rurale sono gestiti in modo informatizzato lungo tutte le fasi procedurali, dalla presentazione delle domande, all’istruttoria, fino all’erogazione dei benefici o delle autorizzazioni concesse.

Gli obiettivi sopra riportati sono stati recentemente confermati nella Strategia digitale per il settore primario del Veneto (Dgr n. 2169 del 25 novembre 2013), atto che concretizza gli impegni assunti nei confronti dei propri stakeholder in occasione della Conferenza regionale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale (febbraio 2011), nella prospettiva del nuovo ciclo di programmazione europea Programma di Sviluppo Rurale PSR 2014-2020.

Si rinvia alla lettura di questo documento per avere il quadro conoscitivo di riferimento e la ‘tabella di marcia’ degli interventi operativi che l’Ammi-nistrazione regionale ha in essere.

Per quanto riguarda il quadro conoscitivo di riferimento risultano parti-colarmente significativi i dati citati nel paragrafo 3.1 della Strategia (riferiti all’anno 2012), che permettono di tracciare un quadro quantitativo dell’u-tilizzo, da parte degli operatori del comparto agricolo (siano essi imprese, tecnici, professionisti), dei servizi telematici per il settore primario resi disponibili dalla Regione del Veneto e da AVEPA. Riportiamo l’estratto:

4.792 sono gli utenti nominalmente registrati nel sistema di identity management di Regione e di AVEPA che utilizzano gli appli-cativo del settore primario (se registrati in entrambi i sistemi, sono stati conteggiati una sola volta);

139.245 sono i fascicoli aziendali elettronici costantemente aggior-nati dai CAA e dai SUA, quotidianamente oggetto di coope-razione applicativa per l’allineamento degli archivi AVEPA - Regione del Veneto e AVEPA-SIAN;

220.148 sono le domande/comunicazioni annualmente compilate e gestite tramite i servizi telematici, di cui:

91.531 Regime Pagamento Unico,

50.660 Assegnazione carburante agevolato ad uso agricolo (UMA),

29.766 Settore vitivinicolo,

22.570 Programma di Sviluppo Rurale,

7.765 Assicurazione uva da vino,

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Misurare l’innovazione digitale

152 Barbieri. Come misurare l’investimento ICT

7.223 Autorizzazioni utilizzo prodotti fitosanitari (rilascio/rinnovo patenti),

5.277 Comunicazioni di utilizzo agronomico in applicazione della Direttiva Nitrati,

2.748 Prestiti di condizione,

2.035 AIA – Autorizzazione generale emissioni in atmosfera e Piano Monitoraggio e Controllo,

573 Altri settori (Agriturismo, Marchio Qualità Verificata, Certifica-zione PEFC);

€ 624.031.246,47 è l’importo erogato da AVEPA nell’anno 2012 per aiuti e contributi nel comparto agricolo e dello sviluppo rurale in esito a procedimenti gestiti totalmente per via informatica;

6 le comunità professionali online promosse da Veneto Agrit-coltura, che aggregano circa 1.500 consulenti agricoli, impren-ditori e operatori della Pubblica amministrazione.

I dati sopra riportati possono prefigurare gli indici da monitorare per valutare l’evolversi del settore rispetto alla progressiva attuazione degli impegni assunti. Il monitoraggio di tali indici potrà essere valutato dagli stessi stakeholder attraverso il Manifesto per il digitale (http://manifestodigitale.piave.veneto.it) che rappresenta la sintesi comunicativa di tale strategia.

Va infine ricordato che con l’attivazione nel settembre 2012 del Portale Integrato per l’Agricoltura Veneta (PIAVe; http://www.piave.veneto.it) la Regione del Veneto ha creato una straordinaria opportunità:

– da un lato per acquisire secondo percorsi tematici i principali ele-menti di conoscenza per l’operatore professionale, come per il consu-matore, di cosa sia il settore agricolo, conoscerne i soggetti, i settori produttivi le opportunità di intervento, news e eventi,

– dall’altro per accedere (come singolo imprenditore o come operato-re dei Centri di Servizi o della PA) al Fascicolo Aziendale e a tutte le ‘pratiche’ in corso di gestione con l’Amministrazione regionale; c’è quindi la potenziale possibilità, anche per la singola impresa, di gestire direttamente dal proprio PC tutte le relazioni con la PA.

Dal Portale PIAVe si può inoltre accedere a interessanti banche dati, a servizi cartografici e strumenti di datawarehouse (http://www.piave.veneto.it/web/utilita/utilita).

Ma la stessa partecipazione alla definizione delle politiche di settore è stata gestita dalla Regione del Veneto attraverso il digitale. La prima posi-tiva esperienza è stata fatta in occasione della Conferenza Regionale per lo Sviluppo Rurale (2010-2011) in cui si è gestito una consultazione online aperta a operatori del settore e comuni cittadini. Nel 2013, nella fase di consultazione del partenariato per la elaborazione del nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, la Regione del Veneto, con il supporto di Veneto

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Barbieri. Come misurare l’investimento ICT 153

Misurare l’innovazione digitale

Agricoltura, ha attivato un sistema di interlocuzione con il partenariato (oltre 90 soggetti) per l’acquisizione, pubblicazione e tracciamento delle osservazioni via web (http://www.psrveneto2020.it), sistema che non ha uguali nel panorama nazionale.

3 Relazioni B2B

Un settore agricolo sempre più interconnesso sia al suo interno sia soprat-tutto con le imprese di altri settori produttivi (industria agroalimentare, turismo, distribuzione commerciale ecc.) non può che trovare nella rete digitale il suo naturale campo di azione. Va peraltro considerato che pur essendo un settore (e quello veneto in particolare) in cui la cooperazione ha una tradizione e una penetrazione significativa, è solo recentemente che l’impresa agricola ha imparato a tessere rapporti di rete e tradurre questi in rapporti digitalizzati.

Del resto sono noti i bassissimi livelli di penetrazione del digitale nelle imprese agricole: solo il 5,4% delle imprese agricole venete dichiarano di utilizzare strumenti informatici (3,8% la media nazionale) e addirittura solo l’1% dichiara di accedere alla rete (Censimento dell’agricoltura, 2010). I dati Audiweb (giugno 2013) evidenziano come tra gli individui occupati che accedono a Internet dal luogo di lavoro, quelli del settore agricolo sono all’ultimo posto, con una percentuale del 15% sul totale del target di individui occupati.

Ma se nei rapporti Impresa-PA questi dati sono compensati dalla azione di ‘mediazione’ svolta dai Centri di Servizio delle Organizzazioni Agricole, che si sostituiscono nel rapporto tra PA e singola impresa, a livello di Bu-siness-to-business questi limiti si fanno sentire in modo eclatante e vanno superati velocemente.

Certamente, il progressivo, anche se ancora insufficiente ricambio gene-razionale che caratterizza l’agricoltura veneta con l’ingresso di operatori più giovani e quindi con maggiori competenze digitali dei predecessori, può favorire una crescita graduale degli indicatori di partecipazione digitale.

4 Crescita del capitale umano

L’acquisizione di conoscenza e la crescita del capitale umano passano an-che per il settore primario attraverso i nuovi paradigmi della diffusione, digitale, e della condivisione, di rete.

Tutte le principali riviste di settore (in particolare L’Informatore Agrario e Terra e Vita), offrono una versione digitale, hanno attivato una mailing list per segnalare le uscite settimanali e area di discussione online.

Le community professionali online si stanno sempre più affermando anche

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Misurare l’innovazione digitale

154 Barbieri. Come misurare l’investimento ICT

in agricoltura. Tra le più significative possiamo citare la Community di Image-line (http://www.imagelinenetwork.com/network.cfm), una iniziativa editoria-le privata a cui aderiscono in Italia 120.00 operatori (di cui il 24% agricoltori) e che vede il Veneto prima regione con il 10% degli iscritti sul totale nazionale.

Ma va segnalata anche l’esperienza di Veneto Agricoltura che dal 2006 propone non solo formazione in modalità e-learning ma ha attivato (sul portale e-learning della Regione del Veneto: http://elearning.regione.veneto.it) sei Comunità professionali su tematiche diverse (dalla condizio-nalità alla sicurezza sul lavoro, dalle bioenergie alla diversificazione) cui partecipano oltre 1.700 utenti tra tecnici, formatori e operatori del settore e che è stata riconosciuta come una best practice dalla Commissione eu-ropea (RDP Projects Database, 2012).

Ma la conoscenza, acquisita e condivisa si diffonde anche nei social net-work (da Linkedin a Facebook a Twitter) dove si ritrovano pagine e gruppi di interesse per il settore.

5 Rapporti produttori-consumatori

Come ricordato in premessa la produzione agricola si caratterizza sempre più come identitaria (per legame con il territorio, per qualità intrinseca, per riconoscimento di marca ecc.). Per queste caratteristiche, il rapporto produttore-consumatore è un elemento vitale. In questo contesto gli stru-menti e i linguaggi digitali diventano fattore di competitività per l’impresa ma soprattutto di dialogo con il consumatore.

Si sviluppano così non solo servizi di e-commerce, ma anche servizi di aggregazione tra consumatori e tra questi e i produttori. In tal senso, sono interessanti le esperienze di piattaforme che organizzano da un lato l’of-ferta (fattore determinante per una settore in cui l’offerta è tipicamente diffusa e frammentata), ma anche la domanda, offrendo servizi come la consegna a domicilio o per Gruppi di Acquisto Solidali (GAS).

6 Reputazione sociale

Se il settore primario e specialmente la produzione agricola assume sem-pre più un qualifica non solo di settore produttivo di beni alimentari e no-food, ma anche di servizi e soprattutto di tessuto territoriale che mantiene suolo, paesaggio e presenza sociale, allora la misura del suo ‘peso’ non può basarsi su soli parametri economici, ma ne va valutata la sua ‘repu-tazione sociale’. Se consideriamo inoltre che l’agricoltura gode di una particolare politica di settore e di significativi flussi di finanza pubblica (specie europea) il rapporto non è solo tra produttori e consumatori, ma tra produttori e contribuenti.

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Barbieri. Come misurare l’investimento ICT 155

Misurare l’innovazione digitale

Questi elementi potrebbero essere monitorati sul piano digitale attra-verso la presenza dell’agricoltura nei social network specie tra quelli a più ampia diffusione popolare.

7 Fonti di informazione

Diverse sono le istituzioni che gestiscono la rilevazione di dati e la elabo-razione di report di analisi per il settore primario.

A livello nazionale, oltre ovviamente all’Istat che gestisce il Censimento dell’agricoltura che si svolge a cadenza decennale e offre una base dati su base comunale, va segnalato l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA, http://www.inea.it) che opera, sia con report annuali generali di settore che con report tematici di ricerca, anche su base regionale con la Sede Regionale per il Veneto.

Sul piano regionale, oltre al Sistema Statistico Regionale (http://www.regione.veneto.it/web/statistica), va considerato, come citato al pa-ragrafo 2, la mole di dati che scaturiscono dall’interazione imprese-PA e che sono monitorati sia dall’ Unità complessa Sistema informativo settore primario e controllo di Regione del Veneto, sia dalla Agenzia Veneta per i Pagamenti in Agricoltura (AVEPA, http://www.avepa.it). A questo riguar-do si segnalano i DataWarehouse dedicati al monitoraggio obbligatorio dell’applicazione della Direttiva Nitrati (91/676/CEE) e del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 e le numerose altre banche dati (http://www.piave.veneto.it/web/utilita/banche dati).

Infine si ricordano i report generali (tra cui l’annuale Rapporto di con-giuntura) e le indagini tematiche sviluppate da Veneto Agricoltura (http://www.venetoagricoltura.org).

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5 Approfondimento scientifico

Si è provveduto, in questa sezione, a consultare un panel di esperti specialisti in diverse discipline al fine di raccogliere osservazioni, indicazioni e suggerimenti al modello ed agli strumenti iden-tificati nel progetto SmeD. Con l’obiettivo di ottenere una convalida del modello (‘eGovernment Intelligence’) e dello strumento (‘Smart eGovernment Dashboard’) che sono stati identificati.

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Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano

Antonio Scipioni, Anna Mazzi (Università degli Studi di Padova, Italia)

Abstract Indicators are recognised by the scientific community as an important tool to meas-ure, improve and communicate the sustainability performances. When considering the different objectives, the stakeholders involved and the information to be communicated, however, the choice of indicators becomes a complex task. The Dashboard of sustainability can be used to validate and compare different indicators. This article discusses the specific application to the case of the Padova Municipality.

Sommario 1. Premessa. – 2. Il Dashboard di Sostenibilità. – 2.1. Come funziona il Dashboard di Sostenibilità. – 2.2. I punti di forza del Dashboard di Sostenibilità. – 3. Il Dashboard di Sostenibilità a livello urbano: il caso del Comune di Padova. – 4. Conclusioni.

1 Premessa

La comunità scientifica riconosce l’importanza degli indicatori per misu-rare, migliorare e comunicare le performance di Sostenibilità ai diversi livelli di decision making (Heink, Kowarik 2010; Moldan et al. 2012; Singh et al. 2012). Vi è accordo anche in merito al fatto che le caratteristiche di tali indicatori possono variare in funzione degli obiettivi per cui tali in-dicatori vengono utilizzati e degli stakeholders a cui le loro informazioni sono rivolte.

In letteratura sono numerose le proposte di indicatori efficaci, capaci di trasmettere informazioni chiare e di guidare nel processo decisionale (GRI 2006; ISO 1999; OECD 1998, 2003), al punto che alcuni autori parlano di «esplosione di indicatori» (Parris, Fates 2003; Riley 2001).

Nonostante la numerosità di esempi, molti autori sono concordi nel ri-conoscere la difficoltà di adottare indicatori, in particolare nella fase di reporting a differenti stakeholders (Heink, Kowarik 2010; Johnston et al. 2000; Mascarenhas et al. 2010; Mazzi et al. 2012).

I problemi in verità non riguardano tanto la mancanza di criteri adeguati nella formulazione degli indicatori, ma piuttosto la debolezza dei processi con cui tali indicatori vengono utilizzati e la scarsa rilevanza delle infor-mazioni che essi riescono a trasmettere (Mazzi et al. 2012; Moldan et al. 2012; Turnhout et al. 2007).

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Misurare l’innovazione digitale

160 Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano

2 Il Dashboard di Sostenibilità

Per ottenere dei buoni indicatori di Sostenibilità è opportuno seguire la regola «SMART»: gli indicatori devono essere «Specific», «Measurable», «Achievable», «Relevant» e «Time-bound» (Schomaker 1997).

Al contempo, parlando di Sostenibilità diventa indispensabile fare in modo che gli indicatori adottati possano integrarsi tra loro al fine di re-stituire una valutazione integrata delle dinamiche economiche, sociali ed ambientali di cui lo sviluppo locale si compone (Parris, Fates 2003).

Il Dashboard di Sostenibilità (DS) è uno strumento di valutazione che consente di confrontare la sostenibilità di diversi contesti in termini di performance economiche, ambientali e sociali conseguite (Hardi, Semple 2000; IISD 2002; Jesinghaus, Hardi 2002).

2.1 Come funziona il Dashboard di Sostenibilità

Il Dashboard di Sostenibilità è stato sviluppato dal Consultative Group on Sustainable Development Indices (CGSDI) e dal Joint Research Center (JRC). Lo strumento prevede l’utilizzo di un software applicativo che rias-sume in forma numerica e grafica la valutazione comparative dei diversi contesti in esame mediante l’utilizzo di molti indicatori di tipo economico, ambientale e sociale.

Graficamente, DS si presenta come in Figura 1, in cui sono rappresenta-te le valutazioni di tutti i singoli indicatori che lo compongono e gli indici aggregati.

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15.2. Il Dashboard di sostenibilità Per ottenere dei buoni indicatori di sostenibilità è opportuno seguire la re-

gola “SMART”: gli indicatori devono essere “Specific,” “Measurable”, “A-chievable”, “Relevant” e “Time-bound” (Schomaker, 1997).

Al contempo, parlando di sostenibilità diventa indispensabile fare in modo che gli indicatori adottati possano integrarsi tra loro al fine di restituire una valutazione integrata delle dinamiche economiche, sociali ed ambientali di cui lo sviluppo locale si compone (Parris and Fates, 2003).

Il Dashboard di Sostenibilità (DS) è uno strumento di valutazione che con-sente di confrontare la sostenibilità di diversi contesti in termini di performan-ce economiche, ambientali e sociali conseguite (Hardi and Semple, 2000; IISD, 2002; Jesinghaus and Hardi, 2002).

15.2.1. Come funziona il Dashboard di Sostenibilità

Il Dashboard di Sostenibilità è stato sviluppato dal Consultative Group on Sustainable Development Indices (CGSDI) e dal Joint Research Center(JRC). Lo strumento prevede l’utilizzo di un software applicativo che riassu-me in forma numerica e grafica la valutazione comparative dei diversi contesti in esame mediante l’utilizzo di molti indicatori di tipo economico, ambientale e sociale.

Graficamente, DS si presenta come in Figura 34, in cui sono rappresentate le valutazioni di tutti i singoli indicatori che lo compongono e gli indici ag-gregati.

Figura 34 – Esempio di applicazione del Dashboard di Sostenibilità, indicante le pre-stazioni di sostenibilità in base ai singoli indicatori e in base ad indici sintetici. Libera-mente adattato da: esl.jrc.it/envind/dashbrds.htm.

Figura 1. Esempio di applicazione del Dashboard di Sostenibilit�, indicante le prestazioni di Sostenibilità in base ai singoli indicatori e in base ad indici sintetici. Liberamente adattato da: http://esl.jrc.it/envind/dashbrds.htm

Il punteggio viene assegnato per step successivi. Con riferimento ad un gruppo di situazioni da confrontare, prima di tutto vanno definiti gli indi-catori con cui condurre la valutazione, quindi devono essere raccolti i dati

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Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano 161

Misurare l’innovazione digitale

e calcolati gli indicatori per ciascuna situazione oggetto della valutazione comparativa.

Una volta ottenuti i risultati, con riferimento a ciascun indicatore si devono individuare la situazione risultata migliore e quella risultata peg-giore dalla valutazione in termini di Sostenibilità (ogni indicatore potrebbe dare risultati diversi, in quanto una stessa situazione potrebbe risultare la migliore in termini di mobilità, la peggiore in termini di servizi sanitari e ad un livello intermedio per molti altri indicatori). Per ciascun indicato-re considerato, quindi, alla situazione migliore si associa il valore 1000, mentre alla peggiore si associa il valore 0. A questo punto, tutte le altre situazioni, che sono risultate avere prestazioni intermedie per l’indicatore considerato, assumono un punteggio secondo la formula [F.1],

(val DS indicatore x)i = (val indicatore x)i/[(val indicatore x)m – (val indicatore x)p] [F.1]

dove: – (val DS indicatore x)i = valore assegnato da DS all’indicatore x, com-

preso tra 1000 e 0 corrispondente alla prestazione conseguita dall’in-dicatore x nella situazione i-ma;

– (val indicatore x)i = prestazione conseguita dall’indicatore x nella situazione i-ma;

– (val indicatore x)m = prestazione conseguita dall’indicatore x nella situazione migliore;

– (val indicatore x)p = prestazione conseguita dall’indicatore x nella situazione peggiore.

Gli indicatori che possono essere inseriti nei fogli di calcolo per costruire il Dashboard di Sostenibilità ed ottenerne così una valutazione integrata so-no diversi e variano anche in funzione della scala di analisi a cui si applica lo strumento. Se si vuole infatti utilizzare DS per verificare la sostenibilità delle scelte di un governo a livello nazionale o sovranazionale, si dovranno adottare indicatori che abbiano diffusione internazionale, per poter avere quindi dei termini di confronto.

2.2 I punti di forza del Dashboard di Sostenibilità

La valutazione effettuata dal Dashboard di Sostenibilità ha le seguenti caratteristiche distintive (Hardi, DeSouza-Huletey 2000):

– deriva dal confronto tra diverse località (Paesi, Regioni, Città) e per-mette di esprimere un giudizio di merito nelle performance di Soste-nibilità classificando dal migliore al peggiore i risultati ottenuti da ciascuna delle località in esame;

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Misurare l’innovazione digitale

162 Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano

– esprime una valutazione di diversi aspetti di tipo economico, am-bientale e sociale grazie ad una trasformazione adimensionale degli indicatori considerati;

– permette una valutazione che è al contempo di dettaglio e aggregata della sostenibilità, grazie alla possibilità di considerare i risultati degli indicatori sia in termini specifici che in forma aggregata per categorie.

La comunità scientifica internazionale è concorde nel riconoscere in que-sto strumento alcuni vantaggi particolari (O’Connor, Jesinghaus 2002):

– è rigoroso nel considerare in modo equilibrato la complessità della valutazione della sostenibilità;

– è efficace nel rendere visibili i risultati di tale valutazione ed è quindi utile nel processo di condivisione e partecipazione;

– è di supporto nel processo di decision making in quanto non esprime giudizi assoluti ma relativi e non si limita a valutare aspetti strategici ma si basa sulle performance conseguite.

3 Il Dashboard di Sostenibilità a livello urbano: il caso del Comune di Padova

Un’applicazione particolarmente originale del Dashboard di Sostenibilità è stata condotta dal Centro Studi Qualità Ambiente dell’Università di Pa-dova per misurare la sostenibilità delle politiche adottate dal Comune di Padova negli anni. I risultati numerici di questa applicazione sperimentale sono stati condivisi con il territorio, in seno al progetto PadovA21 (Comu-ne di Padova, 2001), mentre l’approccio metodologico è stato oggetto di confronto con la comunità scientifica internazionale, in congressi e riviste specializzate (Scipioni et al. 2003, 2004, 2009).

Nell’applicazione alla realtà del Comune di Padova, lo strumento è stato necessariamente modificato, per adattarlo alla situazione particolare:

– gli indicatori già presenti nel modello originale dovevano essere so-stituiti con indicatori che fossero significativi per la realtà esaminata, ovvero il contesto urbano (IISD 1999);

– la valutazione comparativa doveva essere condotta non tra contesti differenti ma piuttosto per lo stesso contesto in momenti diversi, ovvero per il Comune di Padova in anni diversi (Hardi, DeSouza-Huletey 2000).

Gli indicatori utilizzati sono stati scelti dall’apposito Forum indicatori del progetto PadovA21 e condivisi all’interno del Forum generale del progetto (Comune di Padova, 2001).

Per essere inseriti nel software del Dashboard di Sostenibilità, gli in-

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Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano 163

Misurare l’innovazione digitale

dicatori sono stati raggruppati in 4 categorie, in funzione del particolare aspetto di Sostenibilità locale che vanno a misurare, si sono così ottenuti 12 indicatori ambientali, 12 indicatori economici, 22 indicatori sociali e 15 indicatori di sanità e giustizia.

L’applicazione della formula F.1 ha consentito di ottenere una valutazione comparativa delle prestazioni del Comune di Padova per ciascuno degli indicatori considerati, nel periodo di analisi (anni X-X+4).

Complessivamente, i risultati dell’applicazione del Dashboard di Soste-nibilità a Padova sono riassunti in tabella 1, in cui sono evidenziati i valori relativi degli indici aggregati delle 4 categorie (economia, ambiente, so-cietà, sanità e giustizia).

Tabella 1. Risultati del Dashboard di Sostenibilità per il Comune di Padova: indici di sintesi. Adattato da Scipioni (et al. 2009) (i numeri tra parentesi sono le posizioni comparative assunte dai vari aspetti negli anni)

Anno IndiceAmbiente

IndiceEconomia

IndiceSocietà

IndiceSanità-

Giustizia

PolicyPerformance

Index

X 577 (4) 345 (5) 372 (4) 605 (3) 474

X+1 704 (1) 371 (4) 429 (3) 655 (1) 539

X+2 674 (2) 409 (3) 434 (2) 650 (2) 541

X+3 416 (5) 551 (2) 353 (5) 436 (4) 439

X+4 590 (3) 743 (1) 587 (1) - 640

4 Conclusioni

Il Dashboard di Sostenibilità offre risposte significative alle esigenze di informazione e valutazione tipiche della sostenibilità (Hardi, Zdan 1997):

– nel misurare lo sviluppo sostenibile, per prima cosa è indispensabile avere una visione chiara di ciò che si misura; conseguentemente e co-erentemente con questo, si devono quindi stabilire obiettivi concreti, in modo tale da avvicinare la misurazione al processo decisionale;

– le misurazioni devono garantire chiarezza e concretezza informati-va, e in particolare i contenuti dell’informazione devono permettere l’individuazione delle priorità di intervento;

– la misurazione della sostenibilità deve essere condotta come un pro-cesso il cui scopo non è soltanto quello di produrre delle valutazioni una tantum ma è piuttosto quello di gestire le informazioni, ovvero di ottenere le valutazioni e poi mantenerle nel tempo, come un pro-cesso continuo.

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Misurare l’innovazione digitale

164 Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano

L’applicazione sperimentale del Dashboard di Sostenibilità al Comune di Padova mette in evidenza altri punti di forza di questo strumento a sup-porto di un processo di sviluppo locale sostenibile come Agenda 21 Locale (Scipioni et al. 2009):

– il Dashboard di Sostenibilità può essere costruito utilizzando indica-tori scelti specificatamente per il contesto in esame (anche mediante un processo di partecipazione);

– esso permette di analizzare il trend delle performance di Sostenibi-lità nel tempo, sia in termini di singoli indicatori che in modo aggre-gato (per indici di categoria e per indice complessivo);

– i risultati che si ottengono dal suo utilizzo sono semplici da comunica-re e efficaci da condividere, anche tra soggetti con poche competenze specifiche.

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Scipioni, Mazzi. Un cruscotto per gli indicatori di sviluppo sostenibile a livello urbano 165

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167

Intervista a Patrizia Messina

Abstract This interview discusses how to identify the local area development indicators, how the new technological infrastructures for measurement can be useful, and how the ‘participating observer’ can be a model for the management of the SmeD infrastructure.

Sommario 1. Indicatori di sviluppo territoriale. – 2. Strumenti tecnologici (infrastrutture) di mis-urazione. – 3 Osservazione partecipante.

1 Indicatori di sviluppo territoriale

Come individuare gli indicatori di sviluppo territoriale?Gli indicatori in questo ambito servono per fornire quelle informazioni

necessarie per definire obiettivi di sviluppo e prendere decisioni. Servono, insomma, a conoscere per decidere.

Bisogna tenere presente tuttavia, a questo riguardo, che il processo di globalizzazione del terzo millennio sta cambiando radicalmente le coordi-nate su cui dobbiamo ragionare per comprendere le dinamiche di sviluppo di un territorio come il nostro. La cosa fondamentale da capire, quando si parla di globalizzazione, è che ciò che sta avvenendo non è semplicemente un’espansione dello spazio entro cui ci muoviamo, ma la contrazione del tempo e dello spazio nella nostra esperienza quotidiana.

La scienza moderna, con le nuove tecnologie, ha introdotto infatti nell’e-sperienza umana una concezione di tempo e spazio del tutto nuova, tenden-te a zero. Un mondo organizzato su un asse temporale tendente a zero e con lo spazio contratto e vissuto quasi fosse un punto è un mondo radicalmente diverso da quello a cui siamo stati fin ora abituati. È una nuova cosmologia.

Questo sta rivoluzionando radicalmente i territori connessi con l’eco-nomia globale. Parliamo in questo senso di glocalizzazione.1 Si tratta di un’autentica rivoluzione che cambia completamente la percezione del mon-do che ci circonda. Oggi, la nostra dimensione di riferimento è piuttosto quella della mobilità che riduce notevolmente il nostro tempo e spazio di percorrimento e fruizione. Grazie alle nuove tecnologie possiamo connet-terci in tempo reale con tutto il mondo, restando nella nostra postazione localizzata. In una logica glocale il concetto del territorio quindi cambia radicalmente. Un conto è infatti considerare il territorio da un punto di vi-sta di spazio limitato e di sostanziale stanzialità (stato/statistica), tutto un

L’intervistata è docente presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università degli Studi di Padova.1 Cfr. Bassetti, P. (2007). «Le città glocali». In: Messina, P.; Salvato, M. (a cura di), Dalla città alle reti urbane. Padova, CLEUP, pp. 21-30.

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Misurare l’innovazione digitale

168 Intervista a Patrizia Messina

altro conto è guardare invece allo stesso territorio a partire da un’ipotesi di mobilità generale e assoluta (rete/flussi).

Nel mondo glocale cambia pertanto tutto il sistema delle relazioni e delle interconnessioni. In questa nuova prospettiva è evidente che il ‘vicino’, colui che ci è più prossimo, non è più il contiguo, ma chi è connesso alla rete. In una rete il concetto di contiguità perde valore. Cambiano perciò i concetti di ‘centro’ e di ‘periferia’. In un mondo virtuale, che si può con-nettere istantaneamente via web, colui che ci è più vicino per sensibilità o interessi comuni può in realtà risiedere a Sydney o a Pechino. In un mondo glocal, in cui ogni locale può comunicare e connettersi con ogni altro lo-cale, senza alcun pregiudizio di continuità o contiguità spaziale, il sistema di relazioni, quindi, cambia radicalmente. Ne consegue un cambiamento, non solo della nostra relazione col territorio, ma anche delle relazioni e delle interconnessioni che si vengono a creare tra i nodi locali della rete.

Per un sistema territoriale connesso con l’economia globale servono allora indicatori in grado di misurare i flussi in una dimensione dinami-ca, piuttosto che dati di stock. Servono, per esempio, dati riguardanti la mobilità delle persone, come i flussi dei pendolari giornalieri, ma anche i flussi migratori, i flussi commerciali e di merci, i flussi finanziari, i flussi sulla circolazione delle informazioni e delle conoscenze. Solo le connes-sioni rilevabili attraverso i flussi permettono di mappare infatti le reti che connettono i luoghi tra loro, individuando i nodi (centri), distinguendoli dalle zone marginali e periferiche. Da questa lettura dei dati emerge una visione del territorio del tutto diversa da quella statica tradizionale, ora i confini amministrativi risultano essere sempre più spesso obsoleti e privi di senso, mentre diventano rilevanti le funzioni, le loro localizzazioni e le relazioni attivate per implementarle efficacemente.

Nella prospettiva glocale i fattori rilevanti per poter prendere decisioni efficaci sono quindi diversi da quelli tipici di una visione locale in senso statico o, ancora peggio, di tipo localistico o etnico-nazionalistico.

2 Strumenti tecnologici (infrastrutture) di misurazione

In che modo nuove infrastrutture di misurazione tecnologica possono es-sere utili?

Le nuove tecnologie possono essere di grande aiuto per sperimentare nuove metodologie e nuovi approcci che aiutino a ripensare il territorio, svincolandolo dall’immaginario costruito a partire da una visione statica e stanziale. A cominciare, per esempio, dal superamento delle partizioni territoriali definite dai confini amministrativi dei comuni (medioevali) o delle province (di epoca napoleonica) o degli stati.

Di particolare rilevanza, inoltre, diventa ora la dimensione del tempo, poiché in breve tempo possono verificarsi anche delle grandi trasforma-

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Intervista a Patrizia Messina 169

Misurare l’innovazione digitale

zioni e i dati di stock possono risultare rapidamente obsoleti. Non è più pensabile quindi di poter prendere decisioni sulla base di dati vecchi di dieci anni, come per esempio nel caso dei censimenti. Le nuove tecnologie possono aiutare a raccogliere e disporre dei dati aggiornati in tempo reale.

Inoltre, per poter avere informazioni efficaci dal punto di vista delle poli-tiche pubbliche, diventa fondamentale decentrare i processi di rilevazione coinvolgendo i territori che devono essere messi nella condizione di co-progettare i dati usati a supporto delle decisioni per il governo dei processi di sviluppo. E in questo processo diventa importante coinvolgere gli attori della rete nella scelta degli indicatori che poi serviranno ad orientare le politiche di sviluppo e a valutarne l’impatto sul territorio in cui essi vivono. Questa dimensione dell’‘osservazione partecipante’ e del coinvolgimento degli attori locali è un elemento fondamentale che si sta facendo strada, per esempio, anche nella definizione dei nuovi indicatori di sostenibilità dello sviluppo e di qualità della vita, come il BES dell’Istat e il nostro BEST2 (Benessere Equo Sostenibile Territoriale).

3 Osservazione partecipante

L’osservazione partecipante può costituire un modello per la gestione dell’infrastruttura SmeD?

Il punto da comprendere, a questo riguardo, è che la scelta degli indi-catori non è un fatto solo tecnico, ma è una scelta essenzialmente politica poiché questa scelta inciderà sugli indirizzi di policy che definiranno le coordinate di sviluppo di un territorio. Per questa ragione la scelta degli indicatori è bene che venga condivisa con i destinatari delle politiche di sviluppo, per metterne in luce i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce (analisi swot) e, alla luce di queste informazioni, definire gli obiettivi di sviluppo e le azioni di policy atte a perseguirli in una logica di co-progettazione. Questa è la metodologia indicata anche dall’UE per la programmazione delle politiche di sviluppo regionale 2014-2020.

Non bisogna dimenticare inoltre che i dati, per diventare informazione, devono essere interpretati e contestualizzati. Il riferimento quindi al con-testo territoriale rimane imprescindibile.

Per fare un esempio concreto, la competitività dei sistemi regionali e, soprattutto, metropolitani oggi può essere meglio governata e promos-sa misurandola attraverso indicatori di flusso, in grado di fornire dati e argomentazioni adeguate per la costruzione anche di una nuova identità

2 Mi riferisco alla ricerca realizzata dall’Università di Padova con l’IPA del Camposam-pierese cfr. Messina P., Gallo L., Parise N. (2011), La dimensione della sostenibilità politica-istituzionale: il caso studio dell’IPA del Camposampierese. Economia e Società Regionale. Oltre il Ponte, pp. 61-74.

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Misurare l’innovazione digitale

170 Intervista a Patrizia Messina

territoriale. Si pensi per esempio all’area metropolitana rilevabile nella ‘campagna urbanizzata’ del Veneto centrale, divisa tra quattro province e oltre 250 comuni, ma interconnessa da intensi flussi pendolari giornalieri, che risulta essere una delle aree con la più alta densità d’impresa mani-fatturiera d’Europa con una forte vocazione all’export, una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti e una forte concentrazione delle funzioni me-tropolitane, dalla logistica, alla ricerca scientifica, al terziario avanzato, che risulta però non avere ancora una governance di area vasta adeguata a raccogliere la sfida per il cambiamento. Una lettura ‘adeguata’ delle dinamiche di questo territorio potrebbe aiutare a rendere meglio visibili i flussi che attraversano questo territorio, aiutando da un lato a delineare traiettorie di sviluppo che potrebbero aumentare nettamente la competi-tività e l’attrattività dell’area, e dall’altro, aiutare a definire nuove forme di governance ‘a rete’, in grado di sostenere queste traiettorie, superano la logica stanziale dei vecchi confini amministrativi.

La scelta degli indicatori e la tecnologia utilizzata per la rilevazione e la descrizione dello scenario di sviluppo sono determinanti, ma la decisione sugli orientamenti di policy da adottare rimane una scelta ancora essen-zialmente politica.

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171

Il progetto Oltre il PILUn processo di valutazione multidimensionale del benessere a livello regionale

Giovanni Bertin, Stefano Campostrini, Silvio Giove (Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Abstract A joint project of the Chambers of Commerce and the University Ca’ Foscari of Venice, partially inspired by the Commission Stiglitz Report and by the Istat BES project, investigated the identification of a single indicator of territorial wellness as a substitute for the GDP. Named Beyond GDP, the project builds the index on three pillars: Economy, Society and Environment, keeping separated Healthiness. In each area are selected appropriate indicators, and a methodol-ogy for a weighted aggregation of these is developed, considering also the case of eventual cor-relations between the indicators.

Sommario 1. Introduzione. – 2. Il progetto Oltre il PIL. – 3. Il modello decisionale. – 4. Calcolo dell’indicatore aggregato. – 5. Riflessioni conclusive e prospettive future.

1 Introduzione

Da tempo la letteratura scientifica ha affermato e ribadito che il prodotto interno lordo (PIL) non rappresenta da solo una valutazione significativa del benessere di una popolazione. Allo stesso tempo, il ‘benessere sociale’, ovvero della società nel suo insieme risulta essere l’aspetto fondamentale rispetto al quale giudicare lo sviluppo di una regione o di una qualsiasi unità territoriale. Ci si potrebbe infatti chiedere infatti quanto le strategie debbano essere orientate anche da aspetti non strettamente economici, co-me quelli ambientali, sociali e sanitari. Più in generale, occorre rispondere ad un quesito basilare, ovvero in cosa consista in realtà il ‘benessere’ di un territorio, che richiede preliminarmente la soluzione di problemi com-plessi, di tipo teorico e metodologico, data la natura multi dimensionale, e di tipo pragmatico, legate alla reperibilità di dati, ed infine di tipo politico e manageriale. A tale scopo il lavoro qui illustrato utilizza un approccio il più possibile condiviso per produrre un’innovativa valutazione del benes-sere di un territorio.

Parte del presente contributo è una elaborazione riveduta di quanto contenuto nel report della Camera di Commercio di Venezia (2013). Per approfondimenti e dettagli si veda anche report del Progetto Oltre il PIL (2013), in corso di stampa.

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Misurare l’innovazione digitale

172 Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL

2 Il progetto Oltre il PIL

Parzialmente ispirato al Rapporto della Commissione Stiglitz (2009) ed al lavoro svolto da parte dell’Istat (progetto BES) il progetto Oltre il PIL è stato elaborato da un Gruppo di Lavoro formato da Camera di Commercio, Unioncamere ed Università di Venezia. L’obiettivo del progetto consiste nel-la costruzione di un indicatore di benessere a livello territoriale. Oltre alla disponibilità di un data set sufficientemente informativo, il progetto ha ri-chiesto l’elicitazione un insieme di parametri per la valutazione multi dimen-sionale. Il modello concettuale organizza gli indicatori elementari in attributi, dimensioni, concetti, consentendo di definire una struttura gerarchica, il cui livello più elevato rappresenta l’indice aggregato di benessere. Tale indice si articola in opportuni pilastri concettuali (pillars): Economia, Ambiente, Società, Salute. Per ultimo, segue la scelta degli indicatori elementari ed al loro campionamento. Data la natura multi dimensionale del problema, la valutazione lungi dall’essere oggettiva (secondo la comune accezione del termine), richiede l’elicitazione di una struttura di preferenza da parte dei soggetti deputati alla decisione/valutazione, attività che è stata svolta per mezzo di alcune sedute di NGT (Nominal Group Technique) mediante le quali si somministrano opportuni questionari ad un gruppo selezionato di Esperti ai fini di raggiungere il consenso e di elicitare le preferenze. Il modello con-cettuale si è dapprima ispirato alle otto aree tematiche della Commissione Stiglitz, successivamente si sono individuate le seguenti dimensioni fonda-mentali: benessere materiale, lavoro, istruzione, sicurezza, uso del tempo, rapporti personali e sociali, ambiente, salute. Tali dimensioni rappresentano quattro ambiti essenziali (pilastri): Economia, Società, Ambiente e Salute. I primi tre sono legati al concetto di sostenibilità, trasversale ed indipendente dal concetto di salute, difficilmente sintetizzabile in pochi indicatori.

3 Il modello decisionale

Come precedentemente detto il riferimento concettuale si declina sul tema della Sostenibilità, strutturata nei tre pillars Economia, Società, Ambiente, mantenendo a sé stante il pillar Salute. È emersa inoltre la necessità di considerare il ‘capitale sociale’, nelle forme di capitale generalizzato, ca-pitale secondario, capitale primario. Il nodo Salute, è stato completamente revisionato e l’elaborazione di tale pilastro ha costituito uno dei momenti più critici ed impegnativi della prima fase, con particolare riferimento all’inserimento di alcuni indicatori, quali gli anni di vita in buona salute ed indicatori dei fattori di rischio.

Allo scopo sono stati individuati gli indicatori che secondo l’opinione del Gruppo di Lavoro meglio rappresentano ciascun pilastro, tenendo conto an-che del trade-off tra disponibilità dei dati, ricchezza informativa, e limitato

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Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL 173

Misurare l’innovazione digitale

numero di indicatori, anche per questioni di semplicità interpretativa. Il set completo è stato successivamente campionato per ogni Unità Territoriale (regioni). Si sono così calcolati alcuni indicatori per ciascun dominio, per ciascun pilastro ed per il nodo Sostenibilità, ed infine un unico Indicatore di Benessere. Si è utilizzata una tecnica tipica dell’analisi multi attributo, basata sulla funzione valore e sulla media pesata (WA, Weighted Average). Occorre premettere che non si tratta dell’unica scelta possibile, anzi, per poter permettere una maggior possibilità di rappresentazione della fun-zione di preferenza, in una fase del progetto si sono elicitati dei parametri mediante un questionario opportuno al fine di considerare interazioni tra i criteri, quali sinergie e ridondanze. Il modello decisionale si caratterizza inoltre per la presenza di alcuni Esperti nella fase di elicitazione dei para-metri (sedute NGT), al fine di ottimizzarne la scelta. Tali Esperti sono stati selezionati sulla base della loro rappresentatività relativamente a ciascuno dei quattro pilastri.

Per tali motivi, il modello decisionale si configura come un modello Multi Atttributo Multi Expert, e come tale è stato necessario affrontare anche questioni relativamente alla convergenza delle opinioni, tipica delle De-cisioni di Gruppo. Nella logica dell’analisi Multi Attributo, la fase di co-struzione di un indicatore aggregato si articola nelle seguenti sottofasi: normalizzazione di ciascun indicatore elementare al fine di riportarlo ad una scala comune mediante un’opportuna Funzione Valore predefinita per ciascun indicatore; scelta del metodo matematico di aggregazione (preliminarmente si è usato l’approccio lineare), ed infine l’elaborazione di tipo bottom-up, aggregando i valori degli indicatori normalizzati dal basso verso l’alto, nodo per nodo fino al nodo radice. Per ciascun Esperto è stato costruito un modello caratterizzato dalla propria struttura di preferenza.

Infine, seguendo l’approccio Monte Carlo, ciascun modello relativo ad ogni Esperto è stato combinato linearmente con tutti gli altri, mediante « pesi » generati casualmente, in modo da costruire opportune combina-zioni di ciascun Esperto. Al variare dei «pesi», il giudizio aggregatosi mo-difica enfatizzando la preferenza di un Esperto rispetto a ciascun altro, e l’Utente può monitorare la variazione del ranking territoriale che si ottiene. Il primo step, ovvero la definizione di una Funzione Valore per ciascun indi-catore elementare, presenta delle criticità non banali. Spesso si preferisce identificare, ove possibile, dei livelli di riferimento (target, benchmark) e riportare i valori degli indicatori a tali valori di target. Valori uguali al tar-get hanno punteggio massimo e pari ad uno (così come eventuali valori ad esso superiore); tale scelta, ancorché non teoricamente perfetta,1 rende il

1 L’unico approccio concettualmente corretto richiederebbe la definizione di una Funzione Valore definita a priori ed indipendente dai dati, altrimenti è inevitabile la presenza di una distorsione informativa che può portare a conseguenze contro intuitive come la possibilità di rank reversal.

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Misurare l’innovazione digitale

174 Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL

metodo molto meno sensibile alla presenza di outliers, rispetto ad altri me-todi di normalizzazione basati sui dati, come la normalizzazione max-min.

Pertanto, nel caso in esame dove è possibile si è fatto ricorso alla ricerca del best e/o del worst case, possibilmente basandosi su livelli europei, o comunque indirizzi comunitari. Successivamente è stato creato il data base degli indicatori su base regionale, come dalla tabella 1, e sono state create delle mappe degli stessi per una visualizzazione grafica.

Tabella 1. Indicatori elementari per ciascun dominio

DOMINIO INDICATORE FONTE ANNI DISPONIBILI

BE

NE

SS

ER

E M

AT

ER

IALE Reddito disponibile

equivalente delle famiglie procapite

Elab. su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

2001-2011

Spesa media mensile delle famiglie per beni non alimentari

Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

2001-2011

Indicatore sintetico di deprivazione

Istat, Indagine sul reddito e sulle condizioni di vita

2001-2011

Incidenza della povertà relativa (per 100 famiglie residenti)

Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

2004-2011

Indice di Gini DISUGUAGLIANZA

Istat, Indagine sul reddito e sulle condizioni di vita

2003-2010

LAV

OR

O Tasso di disoccupazione generale

Istat, Indagine sulle Forze Lavoro 2000-2012

Tasso di disoccupazione di lunga durata

Istat, Indagine sulle Forze Lavoro 2000-2011

Tasso di occupazione giovanile (15-24 anni)

Istat, Indagine sulle Forze Lavoro 2004-2012

Tasso di occupazione femminile

Istat, Indagine sulle Forze Lavoro 2004-2012

Giovani (15-29 anni) che non studiano e non lavorano (NEET)

Istat, Indagine sulle Forze Lavoro 2004-2011

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Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL 175

Misurare l’innovazione digitale

IST

RU

ZIO

NE 30-34enni

con istruzione universitaria

Istat, Indagine sulle forze di lavoro 2004-2011

Tasso di scolarizzazione superiore 20-24 anni

Istat, Indagine sulle forze di lavoro 2004-2011

Giovani che abbandonano prematuramente gli studi

Istat, Indagine sulle forze di lavoro 2004-2011

SIC

UR

EZ

ZA Tasso mortalità per

incidenti stradaliIstat, Rilevazione degli incidenti stradali

2000-2011

Indice di criminalità minore (diffusa) per 1.000 abitanti

Istat e Ministero dell’Interno 2000-2010

Indice di criminalità violenta per 10.000 abitanti

Istat e Ministero dell’Interno 2000-2010

RE

LAZ

ION

I P

ER

SO

NA

LI E

SO

CIA

LI Cooperative sociali B ogni 100.000 abitanti

Elab. su dati Istat, Rilevazione Coop. sociali

2001, 2003, 2005

Persone di 14 anni e più che hanno svolto attività in ass. culturali

Istat, Aspetti della vita quotidiana 2000-2003, 2005-2012

Numero donatori di sangue ogni 1.000 abitanti

Elab. su dati Istisan 2001-2009

Affluenza alle Elezioni Politiche

Ministero dell’Interno 2006, 2008, 2013

Numero di organizzazioni di volontariato ogni 10.000 abitanti

Elaborazione su dati Feo-Fivol 2006

Persone di 14 anni e più che hanno svolto attività di volontariato

Istat, Aspetti della vita quotidiana 2000-2003, 2005-2012

Frequenza incontro con amici nel tempo libero

Istat, Aspetti della vita quotidiana 2000-2003, 2005-2010

Aiuti gratuiti dati Istat, Aspetti della vita quotidiana 2003, 2009

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Misurare l’innovazione digitale

176 Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL

US

O D

EL

TE

MP

O Numero ingressi procapite per spettacoli

Elaborazione su dati SIAE

2006-2011

Persone di 3 anni e più che praticano sport

Istat, Aspetti della vita quotidiana 2000-2003, 2005-2011

Persone di 6 anni e più che hanno letto almeno un libro

Istat, Aspetti della vita quotidiana 2000-2003, 2005-2011

AM

BIE

NT

E Incidenza percentuale raccolta differenziata su rifiuti urbani

Ispra 2000-2010

Tonnellate di CO2

per abitanteIspra 2000, 2006

Densità di verde urbano

Istat 2000-2010

Numero massimo superamenti PM10 (Qualità dell’Aria)

Istat 2003-2009

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Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL 177

Misurare l’innovazione digitale

SA

LUT

E Speranza di vita alla nascita

Istat, Indagine sui decessi e sulle cause di morte

2000-2011

Speranza di vita in buona salute a 45 anni

Istat, Indagine sui decessi e sulle cause di morte

2000, 2005

Speranza di vita in buona salute a 65 anni

Istat, Indagine sui decessi e sulle cause di morte

2000, 2005

Tasso std di mortalità per tumore (per 10.000 abitanti)

Istat, Health For all 2000-2011

Tasso std di mortalità per malattie del sistema circolatorio 15-64 anni (per 1.000 abitanti)

Istat, Health For all 2000-2011

Tasso di mortalità per suicidio e autolesione standardizzato (per 10.000 abitanti)

Istat, Indagine sui decessi e sulle cause di morte

2001-2003, 2006-2009

Sintomi di depressione

Passi media Passi (2008-2011)

Tasso di diabete (18-69 anni)

Passi media Passi(2008-2011)

Indicatore fattori di rischio

Elab. Su Dati Passi

media Passi (2010-2011)

Indicatore di disuguaglianze di salute

Elab. Su Dati Passi

media Passi (2008-2011)

Le problematicità insiste nella fase di aggregazione (scelta della proce-dura di normalizzazione e del metodo di aggregazione), spesso ignorati o sottovalutati in lavori simili al nostro, fanno sì che il risultato finale sia fortemente dipendente da tali scelte che costituiscono la «struttura di preferenza» degli Attori coinvolti nel processo decisionale. Costoro sono tipicamente gli Esperti del dominio di applicazione. Quattro gruppi di Esperti, che si sono resi disponibili a partecipare ad alcune sedute du-rante le quali, seguendo la già citata procedura NGT si sono elicitate le preferenze di ciascun Attore, e se è infine valutato il consenso. In caso di insufficiente consenso, la procedura richiede che sotto il controllo di un moderatore si apra un dibattito che può portare – come di norma acca-de – ad una revisione delle opinioni tesa al raggiungimento del consenso.

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Misurare l’innovazione digitale

178 Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL

Grazie all’elevato contenuto informativo così ottenuto, è possibile para-metrizzare un algoritmo per una fase successiva in grado di considerare possibilità di interazioni non lineari tra le variabili. Il processo sul quale si basa questo approccio di ricerca sociale parte dal riconoscere la necessità di attivare un processo di sense making, portando gli Attori coinvolti a confrontare le proprie strutture cognitive, ed ad attivare uno scambio di ‘capitale culturale’, rivedendo le proprie idee alla luce dei contributi porta-ti dall’insieme dei soggetti coinvolti. In una seduta NGT tutti i partecipanti evitano scambi comunicativi, e la gestione dell’incontro si sviluppa su tre fasi fondamentali: la presentazione dell’incontro, la condivisione delle co-noscenze e la raccolta delle stime o delle valutazioni, sotto la super visione di un conduttore (facilitator) che ha il compito di valorizzare il significato della partecipazione. Come detto, si sono utilizzati 4 gruppi di Esperti, uno per ciascun pilastro. I risultati hanno evidenziato una relativa carenza di consenso, com’è ovvio prevedere, solo nei nodi caratterizzati da connota-zione ‘politica’ piuttosto che ‘tecnica’ in senso stretto, in particolare con riferimento al nodo Salute. Infine osserviamo che ciascun pilastro è carat-terizzato da un questionario opportuno (somministrato solo agli Esperti coinvolti in tale pilastro), mentre per il nodo Sostenibilità ed Indicatore Composito, il questionario è stato somministrato (successivamente alle sedute NGT) via web a tutti gli attori coinvolti, in quanto si tratta di giudizi non prettamente tecnici, ma maggiormente individuali e condizionati dalle preferenze di ciascuno. Per tali nodi, non si è quindi nemmeno tentata una procedura di gestione del consenso. Per una descrizione dettagliata della procedura NGT si faccia riferimento al sito del Progetto.

4 Calcolo dell’indicatore aggregato

Il modello di aggregazione ricava, a partire dagli indicatori elementari, un indice sintetico di benessere per ciascuna regione attraverso una metodo-logia bottom-up. Per ogni nodo dell’albero si computa il calcolo di medie aritmetiche ponderate, in cui a ciascun elemento è assegnato un peso che ne rappresenta l’importanza relativa. Tale peso è stato assegnato dagli Esperti durante la seduta NGT, tranne che nel livello più basso dove la ponderazione è semplice data la natura degli indicatori elementari.

Ciascun Esperto ha espresso una valutazione di importanza per ciascuno dei sottodomini e dei domini appartenenti alla sua area di competenza. (‘modello di preferenze’ del singolo Esperto). Esperti diversi potrebbero presentare preferenze più o meno simili, a seguito della procedura iterativa di gestione del consenso in sede di NGT precedentemente descritta. Poiché ciascun Esperto (a parte i nodi «Sostenibilità» ed «Indicatore Composito») ha risposto soltanto alle domande del questionario relativo al pilastro di sua pertinenza, il metodo di aggregazione ha accoppiato casualmente, nel

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Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL 179

Misurare l’innovazione digitale

corso di 1000 simulazioni, Esperti campionati casualmente da ciascun pi-lastro, costruendo così i valori degli indici, per ciascun dominio e pilastro in ogni simulazione; analogamente per i nodi «Sostenibilità» ed «Indice Composito».

Questa procedura ha, di fatto, generato una molteplicità di scenari (e di ranking) che costituiscono un’analisi di robustezza delle preferenze collettive rispetto a combinazioni delle preferenze personali espresse dai singoli Esperti.

Figura 1. Confronto per domini tra la regione Veneto e la regione con il punteggio migliore

La Figura 1 riporta alcuni risultati delle elaborazioni, dai quali è possibile confrontare anno per anno il valore del Benessere confrontato con la mi-gliore provincia (si veda il report Oltre il PIL, 2013, per un elenco esaustivo dei risultati ottenuti). Tali informazioni, di immediata leggibilità, possono essere di aiuto nell’indirizzare le future politiche territoriali.

5 Riflessioni conclusive e prospettive future

Il tema trattato nel contributo qui presentato riveste un notevole carat-tere di attualità, includendo inoltre alcune innovazioni metodologiche, esaltando in particolare il ruolo della definizione soggettiva dei parametri

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Misurare l’innovazione digitale

180 Bertin, Campostrini, Giove. Oltre il PIL

necessari all’aggregazione degli indicatori elementari in indici di sintesi. Oltre alla ricchezza informativa della struttura gerarchica, formulata sul-la base di un modello concettuale basato sul concetto di sostenibilità, ed alla notevole base informativa geo-referenziata, la possibilità di produrre aggregati di indicatori, pur producendo una inevitabile perdita di infor-mazioni, consente un immediato confronto tra le diverse realtà territoriali considerate. Ci si auspica che in futuro il modello sviluppato possa costi-tuire la base di un Decision Support System per la valutazione di policy, aspetto di rilevante importanza per il Decisore Pubblico in particolare in un momento storico quale l’attuale dove la scarsità di risorse richiede l’allocazione ottimale, ma anche favorendo aspetti di comunicazione, di partecipazione diretta basata sul principio di accountability.

Bibliografia

Camera di Commercio di Venezia (2010). «Oltre il PIL (e la crisi): Alla ri-cerca di misure alternative e di nuovi fattori competitivi per rilanciare il sistema economico veneto». Quaderno, 19.

Camera di Commercio di Venezia (2011). «Oltre il PIL: La nuova mappa del benessere delle regioni italiane». Quaderno, 30.

Camera di Commercio di Venezia (2013). «Oltre il PIL: L’importanza di misure del benessere sociale». Quaderno, c.s.

Commissione delle Comunità Europee (2001). Sviluppo sostenibile in Euro-pa per un mondo migliore: strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile. Comunicazione della Commissione Europea.

Commissione delle Comunità Europee (2009). Non solo PIL, Misurare il progresso in un mondo in cambiamento. Comunicazione della Commis-sione al Consiglio e al Parlamento Europeo, Com/2009/0433 def.

Diener, E.; Seligman, M.E.P. (2004). «Beyond money: Toward an economy of well-being». Psycological Sciences in The Public Interest, 5 (1).

Giovannini, E. (2004). Towards a Quality Framework for Composite In-dicators. Paris: OECD, Organisation for Economic Co-operation and Development.

Helliwell, Y.F. (2003). «How’s life? Combining individual and national variables to explain subyective well-being». Economic Modelling, 20.

Stigltz, J.; Sen, A.; Fitoussi, J-P. (2009). Report by the Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress [online]. Di-sponibile all’indirizzo http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr/documents/rapport_anglais.pdf.

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181

Scuole onlineUn indicatore importante per la cittadinanza digitale e lo sviluppo territoriale

Corrado Petrucco (Università degli Studi di Padova, Italia)

Abstract The relevance of wide band connectivity for the schools has been recently recognised by the Italian Government. However, the actual coverage of broad band is not sufficient to make use at school of emerging technologies, like cloud computing, that could be the base for a new model of education. In this context the web 2.0 projects sponsored by the Government are re-ported as tools to favour a new digital literacy/citizenship. This experiences can also be used as indicators of social development.

Sommario 1. Scuola, società e connettività alla Rete. – 1.1. Introduzione: la connettività nella scuola italiana. – 1.2. Il gap di accesso alla banda tra scuola e società. – 1.3. Cloud computing a scuola? – 3. Scuola e territorio: i progetti web 2.0 come indicatore di sviluppo sociale. – 2.1. I progetti per la diffusione delle nuove tecnologie a scuola. – 2.2. Il rapporto mediato dalla Rete, tra scuola e territorio. – 2.3. Favorire una digital citizenship. – 2.4. Service Learning e progetti Web 2.0 per il territorio. – 2.5. Conclusione: la progettualità online delle scuole come indicatore di sviluppo e partecipazione nel territorio.

1 Scuola, società e connettività alla Rete

1.1 Introduzione: la connettività nella scuola italiana

Recentemente il Ministro dell’Istruzione e della Ricerca (MIUR) con il piano E-gov 2012 ha riconosciuto l’importanza di una adeguata connes-sione alla Rete che fornisca la banda larga in ogni scuola, cercando così di ridurre il digital divide. Ciò significa infatti dare a tutti gli studenti un accesso veloce ad Internet contribuendo a ridurre le differenze sociali e territoriali che la mancanza di un accesso alla Rete o di un suo uso limitato possono generare.

In questo senso il Ministero già nel 2012 ha voluto chiudere circa 3.800 vecchi contratti centralizzati e basati sul Sistema Pubblico di Connettività (SPC) che garantiva una connessione con operatori a banda larga a carico del MIUR, proprio per dare la possibilità alle scuole di dotarsi, in autono-mia, di connessioni nuove e con contratti meno onerosi. La nuova norma-tiva permette infatti alle scuole di finanziare questi costi attraverso i fondi per la gestione ordinaria degli istituti garantendo una maggiore flessibilità alle esigenze di connessione digitale di ogni tipo di istituto scolastico.

Una ricerca recente della Commissione Europea del 2011 sulla connet-tività delle scuole ha rivelato che in Europa, accanto ad una penetrazione superiore al 90%, le velocità di connessione sono basse: il 73% delle scuole

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Misurare l’innovazione digitale

182 Petrucco. Scuole online

utilizza ancora connessioni ISDN, con un 35% degli istituti che utilizza vec-chie connessioni dial-up, mentre banda larga si attesta al 5-6%. In Italia, la percentuale complessiva di scuole connesse si attesta ad un buon 85%, con una effettiva penetrazione però della banda larga ad appena il 5%. Che sia urgente un upgrade non solo tecnologico ma anche progettuale, emerge infatti anche dai dati della ricerca commissionata da Scuola Digitale nel 2010: se il dato italiano conferma quello europeo per cui la maggior parte delle scuole risulta effettivamente connesso con una linea ADSL, è anche vero che sono inclusi in questa percentuale anche gli accessi possibili solo dalla biblioteca e/o dalle segreterie. Infatti, ad esempio, solo nel 13% degli istituti superiori la Rete è accessibile in tutte le classi in modalità wireless oppure via cavo (Agenda Digitale, 2012). Non sono disponibili dati disag-gregati per il Veneto in questo senso ma è ragionevole supporre che nel ter-ritorio regionale le percentuali si assestino su quelle della media nazionale.

1.2 Il gap di accesso alla banda tra scuola e società

Il problema della disponibilità di banda adeguata nelle scuole assume un aspetto ancor più critico se esaminiamo i più recenti dati AudiWeb Trends-Doxa (2013) (vedi fig. 1) che nel primo trimestre del 2013 vede il 68,2% delle famiglie italiane (14,8 milioni) con un accesso a Internet da casa e il 71,6% di queste dichiara di avere una connessione veloce – ADSL o fibra ottica. Mentre per quanto riguarda l’aspetto legato all’accesso mobile, ben 17,9 milioni di persone che dichiarano di poter accedere a Internet da telefono cellulare/smartphone (il 38% degli 11-74enni), e 3,7 milioni da tablet (il 7,8%). I livelli più alti si registrano tra i giovani (il 94% degli 11-34enni), tra i laureati (il 98% dei casi), tra gli studenti universitari (il 99,7%) e di scuole medie e superiori (il 96,6%).

È evidente come questo gap di accesso nei luoghi della scuola e della for-mazione sia percepito da un lato dagli studenti come una conferma di una scuola sempre in ritardo rispetto alla società e dall’altro dagli insegnanti, che utilizzano di più le risorse della Rete, come un freno alla sperimenta-zione di una didattica innovativa che utilizzi al meglio le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, ed in particolare da quelle del Web 2.0.

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Petrucco. Scuole online 183

Misurare l’innovazione digitale

Figura 1. Come e da dove gli Italiani accedono ad Internet. Fonte: AudiWeb, 2013

È infatti ormai dimostrato che le applicazioni e i servizi disponibili online, si evolvono in modo da richiedere nel tempo una capacità di banda sempre più elevata, basti pensare ad esempio all’enorme flusso di dati generato dalla fruizione di video su piattaforme come Youtube: ad esempio i dati sul-la fruizione dei contenuti video nel mese di marzo registrano 68 milioni di view, con 6,5 milioni di utenti che hanno visualizzato almeno un contenuto video online, con una media di circa 40 minuti di tempo speso per persona.

1.3 Cloud computing a scuola?

Al di là di considerazioni sui contenuti specifici della maggior parte dei video (che sono di genere ludico o di svago, come film o eventi sportivi) essi sono ormai considerati una applicazione che sempre più spesso vie-ne utilizzata in ogni contesto scolastico e formativo come supporto alla didattica. Il fenomeno dei video non è altro che la punta di un iceberg che si chiama cloud computing: sempre più servizi oggi vengono erogati attraverso strutture distribuite in cui i software vengono utilizzati non più in locale ma da remoto.

Anche nella scuola, nei progetti didattici più innovativi, si sta velocemen-te adottando questo paradigma, utilizzando in modo sempre più frequente ed esteso ad esempio risorse cloud come le Google Apps per gestire in condivisione archivi di testo o fogli elettronici oppure come Dropbox per

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Misurare l’innovazione digitale

184 Petrucco. Scuole online

condividere file. A livello internazionale un recente studio (White Stratus 2013) ha messo in evidenza che più della metà delle istituzioni educative USA sta utilizzando le Google Apps for Education, e, cosa notevole, con un tasso di diffusione che è il triplo rispetto all’ambito aziendale.

Anche l’e-learning e il mobile learning risentirebbero molto positivamen-te da un accesso ad una banda più larga: maggiore velocità e disponibilità di storage renderebbero i device mobili e i Learning Management System molto più efficienti.

Non si tratta però solo di gestire in modo ottimale le applicazioni didat-tiche infatti nella scuola è in corso una veloce transizione verso la digitaliz-zazione e condivisione delle forme di documentazione (registri, documenti di valutazione e comunicazione verso le famiglie degli studenti): l’adozione, sempre più frequente, di piattaforme cloud in questo contesto ottimizza risorse e migliora l’efficacia e l’efficienza della comunicazione. DigitPA (2012) ha pubblicato a questo proposito le Raccomandazioni e proposte sull’utilizzo del cloud computing nella Pubblica Amministrazione che pre-senta gli aspetti tecnici, economici e giuridici rilevando però nel contempo l’assenza di un quadro normativo specifico che sia di aiuto agli enti pubblici nella scelta e nell’utilizzo dei servizi cloud.

2 Scuola e territorio: i progetti web 2.0 come indicatore di sviluppo sociale

2.1 I progetti per la diffusione delle nuove tecnologie a scuola

In questo contesto si sono inseriti alcuni importanti progetti sperimen-tali sponsorizzati dal MIUR come [email protected] e Scuol@ 2.0. Il primo ha coinvolto inizialmente 156 scuole medie, a partire dall’anno scolastico 2009/2010 e aveva lo scopo di valutare, su campione di scuole, gli impatti delle nuove tecnologie sui processi di insegnamento/apprendimento. La dotazione finanziaria era notevole, circa 30.000 euro per ciascuna classe per acquistare hardware specifici come la LIM-Lavagna Multimediale Inte-rattiva, notebook e tablet finalizzati alla realizzazione specifica di progetti basati sul loro utilizzo nella didattica quotidiana. Allo stesso modo l’azione [email protected], partita nel 2013, prevede il coinvolgimento di un intero Istitu-to scolastico, e non più di una sola classe e punta quindi ad estendere e ampliare la sperimentazione precedente.

2.2 Il rapporto mediato dalla Rete, tra scuola e territorio

Nel Veneto [email protected] ha coinvolto 12 classi che sono state seguite nella sperimentazione dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università

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Petrucco. Scuole online 185

Misurare l’innovazione digitale

di Padova. I risultati hanno evidenziato, anche nella nostra Regione, un aspetto interessante che conferma l’importanza di un uso delle tecnologie accessibili con la Rete: i progetti didattici sviluppati che hanno riscosso maggior successo sono stati quelli che hanno coinvolto in qualche modo il territorio di appartenenza e le sue risorse più importanti. I prodotti re-alizzati (siti web, blog, video ecc.) sono sempre stati pubblicati su Web e resi disponibili alla consultazione per la comunità.

L’introduzione degli strumenti del Web 2.0 nei contesti didattici e forma-tivi è stata quindi molto spesso volta a favorire delle pratiche didattiche costruttive aperte al sociale. Pratiche in cui studenti e docenti cercano di gestire i processi di conoscenza integrando gli apprendimenti formali ap-presi a scuola con quelli informali appresi attraverso le interazioni con la comunità, sia online che in presenza. Il problema attuale quindi è quello di colmare il gap tra apprendimenti formali e informali e cercare di integrare nelle pratiche di insegnamento gli stessi strumenti e tecnologie utilizzati anche al di fuori della scuola, favorendo l’acquisizione di una vera e propria «digital literacy» (Petrucco 2010).

2.3 Favorire una digital citizenship

Sta emergendo infatti una interpretazione della digital literacy come un ‘engagement’ inserito in un insieme di pratiche sociali e situate radicate in uno specifico contesto (Meyers, Erickson, Small 2013). È interessante notare che il significato attribuito a digital literacy è in effetti mutato nel tempo: mentre sino a pochi anni fa prevalevano le interpretazioni legate alla padronanza di abilità prettamente tecniche, oggi vengono associate ad esso anche quelle relazionali e partecipative, estendendo il significato sino ad inglobare più elementi tra cui sostanzialmente anche il concetto di «digital citizenship» (Mossberger 2008). Se fino a qualche anno fa le azioni responsabili e partecipative dei cittadini venivano attuate solo in presenza o attraverso i tradizionali mezzi di comunicazione, oggi si pos-sono utilizzare in modo molto più efficace ed efficiente i social software (Richards 2010) e gli strumenti del Web 2.0.

2.4 Service Learning e progetti Web 2.0 per il territorio

I progetti emersi dai contesti di [email protected] e che stanno emergendo anche con [email protected] confermano che con l’aiuto della Rete si possono raggiun-gere sia obiettivi formativi tipici delle materie scolastiche coinvolte, sia obiettivi sociali percepiti come importanti per la comunità locale. Questo approccio nel mondo anglosassone viene definito come «Service Learn-ing»: è un metodo pedagogico che unisce il service (volontariato per la

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Misurare l’innovazione digitale

186 Petrucco. Scuole online

comunità) e il learning ovvero l’apprendimento di un argomento su di una specifica disciplina.

Da questo punto di vista, le attività di Service Learning sembrano miglio-rare non solo l’impegno nei confronti della comunità, e quindi lo sviluppo della cittadinanza digitale e in presenza, ma anche le loro performance scolastiche (Zins 2007). Gli effetti positivi sembrano correlati soprattut-to all’alto grado di motivazione dovuto al coinvolgimento degli studenti quando cercano di contribuire a risolvere un problema della comunità di cui fanno parte. Le ricadute positive quindi sono duplici, sia nel sociale che nella scuola.

2.5 Conclusione: la progettualità online delle scuole come indicatore di sviluppo e partecipazione nel territorio

Si sta affermando un modello ‘rizomatico’ che riscopre una pedagogia del coinvolgimento, secondo il quale la comunità può costruire un modello di curricolo (community as curriculum) non più messo a punto solo da esperti pedagogisti e disciplinaristi, ma anche ‘negoziato’ con persone che appartengono ai contesti reali di lavoro e di vita. La funzione della scuola è intesa anche come elemento ‘collante’ per il territorio: capace di creare relazioni con gli enti ed istituzioni locali. Il territorio è percepito rappor-tandolo alla propria storia, alle proprie origini culturali e allo sviluppo economico. Il ruolo delle tecnologie e degli accessi alla Rete affidabili e a banda larga, divengono in questo contesto fondamentali. Solo attraverso un investimento che preveda l’integrazione progettuale di più attori nel territorio (Scuole, enti locali, gestori delle infrastrutture di Rete) può es-sere possibile proseguire su questa strada favorendo lo sviluppo locale in un’ottica di breve e lungo termine.

Bibliografia

Agenda Digitale, www.agendadigitale.eu/egov, Settembre 2012.AudiWeb-Doxa (2013). Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia

e i dati di audience del mese di Marzo [online]. Disponibile all’indirizzo http://www.audiweb.it.

Meyers, E.M.; Erickson, I.; Small, R.V. (2013). «Digital literacy and in-formal learning environments: an introduction». Learning, Media and Technology, pp. 1-13.

Mossberger, K.; Tolbert, C.J.; McNeal, R.S. (2008). Digital citizenship. Cambridge: MIT Press.

Petrucco, C. (2010). Didattica dei Social Software e del Web 2.0. Padova: CLEUP.

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Petrucco. Scuole online 187

Misurare l’innovazione digitale

Richards, R. (2010). «Digital citizenship and web 2.0 tools». Journal of Online Learning and Teaching, 6 (2), pp. 516-522.

Zins, J. (ed.) (2004). Building academic success on social and emotional learning: What does the research say. New York: Teachers College Press.

Sitografia

Agenda Digitale (2012). http://www.agendadigitale.eu/egov.White Stratus (2013). Have You Gone Google. www.whitestratus.com/whi-

te-papers/have-you-gonegoogle.

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Profili degli autori

Mauro Barattin è il Responsabile P.O. dei Servizi Informatici del Comune di Belluno. È responsabile dell’analisi, della progettazione e dello sviluppo del sistema informativo comunale in termini di reti locali e geografiche, server, personal computer e periferiche, procedure informatiche, gestione del-le banche dati, qualità del software, tecnologie per l’interoperabilità e sistemi multimediali.

Stefano Barbieri è agronomo e divulgatore agricolo, da oltre venticinque anni impegnato nel Sistema della conoscenza per l’agricoltura, prima nella Confederazione Italiana Agricoltori e poi in Veneto Agricoltura per la quale coordina oggi le attività convegnistiche, di formazione in e-learning e di aggregazione di comunità professionali. Esperto in gestione dei servizi di sviluppo agricolo e di metodologie della divulgazione con particolare attenzione alle opportunità offerte dal web.

Giovanni Bertin è professore associato di Sociologia, direttore del master Valutare nella Sani-tà e nel Sociale e coordinatore del CPS (Centro di Ricerca sulle Politiche Sociali) all’Università Ca’ Foscari Venezia. Si occupa di ricerca comparativa sui modelli di welfare e di valutazione del-le politiche pubbliche. È membro del board del research network Social Policy della European Sociological Association.

Andrea Boer è dirigente informatico in servizio presso la Sezione Sistemi Informativi della Re-gione Veneto, è responsabile del Settore Progettazione e Sviluppo e del Settore E-Government. Negli ultimi anni, alle competenze summenzionate, si è aggiunto il compito di gestire linee di in-tervento a favore delle piccole e medie imprese e degli enti locali, nell’ambito del Programma Operativo Regionale – parte FESR, in materia di società dell’informazione, con specifici interventi in materia di cloud computing e reti WiFi. Ingegnere elettronico, laureato a Padova nel 1991, da sempre si occupa di sistemi informativi, progettazione e sviluppo di software e basi di dati, condu-zione di progetti complessi, project e program management, coordinamento di gruppi di lavoro.

Federico Brenzoni è dirigente del Coordinamento Informatica e-Government del Comune di Ve-rona dal 1997. Laureato in Fisica. Dal 1981 al 1997 ha lavorato presso IBM come responsabile Progetti Complessi per la Pubblica Amministrazione locale e la Sanità.

Stefano Campostrini è professore ordinario di Statistica Sociale e Direttore della Scuola Dot-torale presso l’Università Ca’ Foscari Venezia. Da sempre impegnato nell’uso della statistica a supporto dei processi decisionali, in particolar modo nelle politiche socio-sanitarie, ha all’attivo più di centoventi pubblicazioni su temi della valutazione, sistemi informativi, metodologia della ri-cerca, sorveglianze, promozione della salute, diseguaglianze. Collabora regolarmente con regioni e ministeri italiani e stranieri, Istituto Superiore della Sanità e diversi enti di ricerca e organismi internazionali.

Antonio Candiello è dottore di ricerca in Fisica teorica (Padova, 1995). È attivo presso imprese e Pubbliche Amministrazioni come consulente e formatore per i processi di innovazione e l’ICT. Collabora con università ed enti di ricerca per attività di ricerca e docenza in economia ed organiz-zazione aziendale, fisica, infrastrutture ICT, e-Government. Tra le oltre cinquanta pubblicazioni, ha all’attivo delle monografie, come coautore, sui temi del gender gap tecnologico, sulla sinergia tra ICT e sistemi di gestione nelle PMI (Qualità e tecnologie informatiche per l’innovazione nelle PMI), sull’interazione delle comunità locali con le questioni ambientali e con la tecnologia.

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Misurare l’innovazione digitale

190 Profili degli autori

Maurizio Carlin è il direttore della Programmazione e Controllo del Comune di Venezia. Dal 2007 si occupa di sistemi informativi. Fra l’altro, è stato relatore in: Verso Milano Smart City Public Hea-ring; ForumPA 2012; Major Cities of Europe conference Do more with less and Smart Cities; Smau 2011; XXVII assemblea annuale ANCI; Tavola rotonda Wi-Fi e scenari sociali; Innovazione mana-geriale e tecnologica per lo sviluppo delle performance nella Pubblica Amministrazione, Università Carlo Cattaneo LIUC; Major Cities of Europe conference.

Renato Chahinian, già segretario generale delle Camere di Commercio di Treviso e Gorizia e docente a contratto in Economia delle imprese pubbliche presso l’Università Ca’ Foscari Venezia, attualmente è consulente/ricercatore indipendente, collaborando con vari enti, tra cui l’Unionca-mere del Veneto. Esperto in economia e finanza delle aziende pubbliche e private ed in economia e finanza dello sviluppo, ha svolto numerose ricerche, docenze e consulenze sulla materia.

Agostino Cortesi è dottore di ricerca in Matematica Applicata ed Informatica Matematica (Pa-dova, 1992). Dal 2002 è professore ordinario di Informatica presso l’Università Ca’ Foscari Ve-nezia. È stato presidente di corso di laurea, direttore di Dipartimento, presidente del Centro di Calcolo di Ateneo, prorettore, vicepresidente dell’Associazione Italiana dei Docenti Universitari di Informatica (GRIN). È titolare degli insegnamenti di Reti e sistemi informativi, Ingegneria del Software e Analisi e verifica del software. Ha pubblicato più di novanta articoli su riviste interna-zionali o su proceedings di conferenze internazionali, nell’ambito delle tecniche di analisi statica e verifica del software. È membro dell’editorial board della rivista Computer Languages, Systems and Structures edita da Elsevier.

Anilkumar Dave è responsabile area Trasferimento tecnologico e ricerca di t2i - Trasferimento tecnologico e innovazione; da oltre quindici anni lavora con i programmi dell’Unione Europea. Dopo aver vissuto e studiato tra Stati Uniti, Italia ed India ha conseguito la laurea in Informatica con specializzazione in Cibernetica e un postlaurea in Marketing e Comunicazione presso la Ca-lifornia State University. Ha lavorato su progetti di IT outsourcing in India per realtà come Banca Sella, Ermenegildo Zegna, Incas Group. È stato funzionario presso il Ministero dello Sviluppo Eco-nomico, incaricato del trasferimento tecnologico per PMI ‘area estero’ collaborando anche con enti internazionali come Banca Mondiale, OCSE e NATO. Membro di diversi network globali, è parte del Global Innovation Expert Group dell’Indian National Innovation Council e segue da vicino le iniziative di inclusive innovation ed inclusive growth supportate dall’ICT.

Federico Della Puppa è dottore di ricerca in Economia montana e dei sistemi foresta-legno-am-biente conseguita presso la facoltà di Economia e Commercio di Trento. Dal 1994 svolge attività di consulenza presso il CRESME di Roma dove si occupa di economia del territorio, marketing territo-riale e studi di fattibilità e coordina varie attività di ricerca. Attualmente è project manager presso il Comune di Venezia per il programma di rigenerazione urbana Urban Italia ‘apriamo i muri’.

Fosca Giannotti è dirigente di ricerca all’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione «A. Faedo» del CNR a Pisa dove coordina il laboratorio Knowledge Discovery & Data Mining – KDD Lab. I suoi interessi di ricerca includono mobility data mining; privacy-preserving data mining e social network analysis. Ha coordinato alcuni progetti europei incluso il progetto FP6 GeoPKDD premiato al parlamento Europeo nel 2010. È autrice di oltre 150 lavori scientifici e contribuisce at-tivamente all’indirizzo scientifico delle maggiori conferenze internazionali nel settore data mining e machine learning.

Silvio Giove è professore associato di Matematica applicata presso l’Università Ca’ Foscari Ve-nezia. Si occupa di problemi decisionali mediante analisi multi criterio, fuzzy logic, ottimizzazione, con applicazione a problemi ambientali, economici, sanitari. Ha pubblicato numerosi contributi su riviste internazionali sul tema, occupandosi anche di aspetti legati all’intelligenza artificiale. Ha collaborato con Enti pubblici e privati, con istituti ministeriali e con enti di ricerca.

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Profili degli autori 191

Misurare l’innovazione digitale

Giancarlo Lovisari è laureato in Ingegneria elettronica (Padova, 1978) è dirigente di AS2 Srl dal 2010, anno della sua costituzione. Ha prima sviluppato importanti esperienze di analisi, proget-tazione organizzativa e gestione di sistemi informativi per il Comune di Bologna, oltre che di di-rezione di progetti nazionali ed internazionali per Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, ERVET, Comune di Rovigo, CST del Polesine.

Flavia Marzano è laureata in Scienze dell’informazione, docente al Laboratorio sull’Amministra-zione Digitale della Sapienza Università di Roma; è da più di vent’anni operativa nel management in settori di punta e ha come obiettivo primario rispondere alla necessità di definire le strategie dell’Innovazione della Pubblica Amministrazione. Presidente dell’Associazione Stati Generali dell’Innovazione.

Anna Mazzi è laureata in Ingegneria gestionale (Padova, 1998) ed è dottore di ricerca in Ingegne-ria gestionale (Padova, 2005). È assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria indu-striale dell’Università di Padova e docente a contratto presso il Dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale dell’Università di Padova. Dal 1998 collabora con l’Università di Padova nella ricerca applicata sui temi della sostenibilità ambientale a stretto contatto con aziende e territorio.

Roberto Meneghetti è responsabile dei Servizi informatici e del Sistema informativo territoriale del Comune di Treviso.

Patrizia Messina è professore di seconda fascia presso il Dipartimento di Scienze politiche, giu-ridiche e studi internazionali dell’Università di Padova. È direttore del Centro interdipartimentale di riceca sul Nord-Est «Giorgio Lago»; direttore del Master di primo livello Governo delle reti di svi-luppo locale; presidente del Corso di Laurea magistrale in Studi europei; delegato del rettore alle relazioni con gli enti territoriali di sviluppo. È referente del MIUR per Horizon 2020-SC6 Inclusive, Innovative and Reflective Societies; coordinatore scientifico del programma POLI.S.DOC. Azioni integrate per lo sviluppo glocale del Nord-Est; socio fondatore dell’Associazione M.A.S.TER.

Michela Mingardo è responsabile dell’ufficio Mobility Manager del Comune di Treviso.

Marcello Missagia lavora dal 2010 presso il Settore Sistemi informatici telematici e SIT del Co-mune di Vicenza in qualità di dirigente responsabile.

Antonino Mola lavora presso l’Unità Complessa per l’e-Government e per la Società dell’Infor-mazione della Direzione Sistema informatico della Regione Veneto. Dal 2007 è responsabile della Posizione organizzativa sviluppo piani e programmi della società dell’informazione. Nell’ambito delle iniziative regionali sull’e-Government ha ideato ed è coordinatore dei Cluster di innovazione tecnologica.

Marco Montagna è laureato in Ingegneria elettronica (Bologna, 1991), è attualmente responsa-bile tecnico delle linee operative di AS2 Srl. Ha svolto il dottorato di ricerca presso l’Università di Parma e numerose attività di docenza presso Ingegneria informatica dell’Università di Padova, sede di Rovigo. Ha partecipato alla progettazione e realizzazione di sistemi telematici ed informa-tici con particolare riferimento al territorio del Polesine (iniziativa GAL LEADER 1, CST del Polesi-ne) e del Comune di Rovigo di cui è stato anche responsabile ICT.

Corrado Petrucco è professore associato presso il Dipartimento di Filosofia, sociologia, pedago-gia e psicologia applicata (FISPPA) dell’Università di Padova. Si occupa di tecnologie didattiche e di software e metodi per favorire lo sviluppo di comunità di pratiche a livello aziendale. Ha scritto recentemente: Didattica dei social software (CLEUP, 2010) e Web 2.0 scuola e comunit� territo-riali (Pensa, 2012).

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Misurare l’innovazione digitale

192 Profili degli autori

Serafino Pitingaro svolge attività di ricerca nel campo dell’analisi socio-economica e territoriale presso Unioncamere del Veneto. Esperto nel trattamento, elaborazione ed interpretazione di dati statistici, ha condotto studi e pubblicato articoli su vari temi di economia regionale, collaborando con vari istituti ed enti regionali di ricerca. Dal 2008 è responsabile dell’Area Studi e ricerche di Unioncamere Veneto.

Daniela Pivato lavora presso il Settore Sportello unico del Comune di Treviso. Dal 2002 è Re-sponsabile della Posizione organizzativa servizio attività produttive.

Roberto Santolamazza è direttore generale di t2i – Trasferimento tecnologico e innovazione e ha conseguito MBA e laurea magistrale in Ingegneria elettronica all’Università di Padova. Ha rea-lizzato esperienze in aziende come Accenture, Ferrari Spa, e Omron Corporation. È professore a contratto di Economia dell’innovazione e sviluppo presso l’Università Ca’ Foscari Venezia.

Antonio Scipioni è professore di gestione ambientale strategica presso l’Università di Padova, dove è responsabile del Centro Studi Qualià ambiente e direttore del Master universitario in Ge-stione ambientale strategica. Dal 2006 è direttore del Centro universitario Grandi attrezzature scientifiche. È stato delegato del rettore ai rapporto con l’Unione Europea e dal 2011 è delegato del rettore ai processi di certificazione. Dal 2011 è membro del Comitato di accreditamento setto-re ambiente di Accredia; dal 2010 è presidente del Comitato Energia e ambiente di AICQ Naziona-le e dal 2012 è socio fondatore dell’Associazione Rete Italiana LCA.

Francesca Siliprandi è laureata in Informatica presso l’Università degli Studi di Milano. Lavora presso il Coordinamento Informatica e-Government del Comune di Verona in qualità di respone-sabile Servizi Egov.

Elvio Tasso è laureato in Ingegneria elettronica presso l’Università degli Studi di Padova. Lavora in Regione del Veneto dal 1987, dove, dal 2011, è direttore della Sezione Sistemi informativi.

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UniversitàCa’FoscariVenezia

Esistono indicatori in grado di descrivere lo stato dell’innovazione digitale dei territori? È possibile tramite di essi esprimere la dinamicità dei cambiamenti e quindi evidenziare i trend? È quindi misurabile l’impatto delle politiche di innovazione perseguite dalla Pubblica Amministrazione locale? In questo testo si cerca di dare una risposta a queste domande, coinvolgendo esperti, amministratori, imprese, passando per big data, smart city, eGovernment intelligence e ponendo le premesse per la realizzazione di una infrastruttura tecnologica di rilevazione a supporto dei decisori pubblici.