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MISSIONARI Cappuccini Cappuccini Anno XLVI n.2 - febbraio 2008 Spedito nel mese di marzo 2008 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Volontari in missione

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MISSIONARICappucciniCappucciniAnno XLVIn.2 - febbraio 2008Spedito nel mese di marzo 2008

Poste Italiane s.p.a.Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46)art. 1, comma 2, DCB Bergamo

Volontariin missione

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dal discorso di Sua SantitàPapa Benedetto XVIEMMECInotizienotizie

3MISSIONARICappucciniCappuccini

Carissimi amici lettori e benefattori

Come ormai è consuetudine, i primi numeri dell’anno della nostra

rivista sono dedicati agli scritti, alle impressioni e alle riflessioni

dei volontari che si sono recati in terra di missione.

Sono quarantacinque i giovani che la scorsa estate hanno

raggiunto il Brasile e l’Africa per affiancare i missionari cappuccini

e le suore che lì operano in favore dei più poveri e dei dimenticati

dalla società. Torna spesso, nelle testimonianze che riportiamo,

l’affermazione che dove operano i missionari sembra di essere in

un mondo a parte, di pace e di serenità,in un contesto dove

invece si vive di stenti e miseria. E questo non solo perchè i

missionari rispondono esclusivamente aiproblemi materiali della

gente, ma perchè irradiano intorno a loro un clima di gioia,

accoglienza, rispetto del più piccolo; in altre parole perchè cercano

di concretizzare nelle opere il Vangelo diGesù a cui hanno

consacrato tutta la loro vita.

Il Papa stesso pone l’accento su questo aspetto peculiare dei

consacrati quando, nella sua lettera qui afianco, dice: “È lo Spirito

Santo che attira alcune persone a vivereil Vangelo in modo

radicale e a tradurlo in un’opera che diventa esegesi”, cioè

spiegazione vivente “della Parola di Dio”.

Le diverse voci dei ragazzi concordano nel dire che la scoperta

della felicità, alla quale tutti aneliamo, nasce non tanto dalle

piccole o grandi cose che hanno fatto inmissione, ma dall’esserci

stati in prima persona con tutti loro stessi. L’offrirsi agli altri,

il donarsi, in terra di missione nasce spontaneamente perchè non

ci sono le strutture che nel nostro mondo ci bloccano nei rapporti

umani e soprattutto perchè ci riappropriamo di noi stessi e del

nostro tempo. Freschezza, immediatezzae amore gratuito

nascono quasi naturalmente.

Questa esperienza arricchisce prima di tutto chi la fa e gli

permette, una volta tornato al suo ritmodi vita quotidiano, di

avere occhi nuovi per cogliere ciò che

veramente nella vita è essenziale; e

cioè che il nostro cuore è fatto per

orizzonti infiniti e per quell’Infinito con

la I maiuscola che è Dio.

Concludo con un augurio che sfrutta

l’immagine che il Papa ci propone:

anche noi, se ci giochiamo in prima

persona, possiamo essere piante dai

molti rami che affondano le loro radici in

Dio per produrre frutti abbondanti di

amore in ogni stagione e rendere così più

bello e umano il mondo.

Fra Agostino Valsecchi

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Festa della Presentazione del SignoreXII Giornata della Vita Consacrata2 febbraio 2008narrando la presentazione

di Gesù al tempio,l’evangelista Luca per ben trevolte sottolinea che Maria eGiuseppe agirono secondo“la Legge del Signore”(cfr Lc 2,22.23.39), e del restoessi appaiono sempre inattento ascolto della Parola diDio. Questo loro atteggiamentocostituisce un esempioeloquente per voi, religiosi ereligiose; per voi, membri degliIstituti Secolari e delle altreforme di Vita Consacrata.La Vita consacrata, infatti, èradicata nel Vangelo; ad esso,come alla sua regola suprema,ha continuato ad ispirarsi lungoi secoli ed ad esso è chiamata atornare costantemente permantenersi viva e fecondaportando frutto per la salvezzadelle anime. Agli inizi dellediverse espressioni di Vitaconsacrata c’è sempre unaforte ispirazione evangelica.Penso a sant’Antonio Abate,mosso dall’ascolto delle paroledi Cristo: “Se vuoi essereperfetto, va’, vendi quello chepossiedi, dallo ai poveri e avraiun tesoro nel cielo; poi vieni eseguimi”. San Francescod’Assisi, a sua volta, affermache fu Dio a rivelargli chedoveva vivere secondo laforma del santo Vangelo.“È stato lo Spirito Santo– ricorda l’Istruzione Ripartire

da Cristo – ad illuminare diluce nuova la Parola di Dio aifondatori e alle fondatrici.Da essa è sgorgato ognicarisma e di essa ogni Regolavuole essere espressione”.Ed in effetti, lo Spirito Santoattira alcune persone a vivereil Vangelo in modo radicale e atradurlo in uno stile di sequelapiù generosa. Ne nasce cosìun’opera, una famiglia religiosache, con la sua stessa presenza,diventa a sua volta “esegesi”vivente della Parola di Dio.Il succedersi dei carismi dellaVita consacrata, dice il ConcilioVaticano II, può dunque essereletto come un dispiegarsi diCristo nei secoli, come unVangelo vivo che si attualizza insempre nuove forme. SeguireCristo senza compromessi,come viene proposto nelVangelo, ha dunque costituitolungo i secoli la norma ultimae suprema della vita religiosa.San Benedetto, nella suaRegola, rimanda alla Scritturaquale “norma rettissima per lavita dell’uomo”. San Domenico“dovunque si manifestavacome un uomo evangelico,nelle parole come nelle opere”e tali voleva che fossero anchei suoi frati predicatori, “uominievangelici”. Santa Chiarad’Assisi ricalca appienol’esperienza di Francesco:“La forma di vita dell’Ordine

delle Sorelle povere – scrive –è questo: osservare il santoVangelo del Signore nostroGesù Cristo”. Questa ricchissimatradizione attesta che la Vitaconsacrata è “profondamenteradicata negli esempi e negliinsegnamenti di Cristo Signore”e si presenta “come una piantadai molti rami, che affonda lesue radici nel Vangelo eproduce frutti copiosi in ognistagione della Chiesa”.Sua missione è ricordare chetutti i cristiani sono convocatidalla Parola per vivere dellaParola e restare sotto la suasignoria. Spetta pertanto inparticolare ai religiosi e allereligiose “tener viva neibattezzati la consapevolezzadei valori fondamentali delVangelo”. Così facendo, la lorotestimonianza infonde allaChiesa “un prezioso impulsoverso una sempre maggiorecoerenza evangelica” ed anzi,potremmo dire, è una“eloquente, anche se spesso

INCONTRI PER VOLONTARI IN MISSIONEGrande partecipazione quest’anno ai corsi dipreparazione per i volontari in missione che si tengonoda gennaio presso il nostro centro missionario.Sono più di 130 gli iscritti che stanno seguendo coninteresse ed entusiasmo gli incontri animati da fraAgostino Valsecchi e fra Dino Franchetto e arricchitidalle testimonianze di coloro che in missione sono giàstati. Rimangono ancora i due incontri del mese dimarzo e il ritiro conclusivo di domenica 6 aprile e poiper molti di loro, questa estate, il sogno di partire perle missioni del Sud America o dell’Africa diventerà unabellissima realtà.

silenziosa, predicazione delVangelo”. Cari fratelli e sorelle,nutrite la vostra giornata dipreghiera, di meditazione e diascolto della Parola di Dio.Voi, che avete familiarità conl’antica pratica della lectiodivina, aiutate anche i fedeli avalorizzarla nella loroquotidiana esistenza.E sappiate tradurre intestimonianza quanto la Parolaindica, lasciandovi plasmare daessa che, come seme accolto interreno buono, porta fruttiabbondanti. Sarete così sempredocili allo Spirito e cresceretenell’unione con Dio, coltiveretela comunione fraterna fra voi esarete pronti a serviregenerosamente i fratelli,soprattutto quelli che si trovanonel bisogno. Che gli uominipossano vedere le vostre operebuone, frutto della Parola di Dioche vive in voi, e diano gloriaal Padre vostro celeste!(cfr Mt 5,16)

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di Federica Baron ToaldoMISSIONIBrasileBrasile

Tra i colori di questa terrami sono sentita bambina

Prima di partire per Trisidela do Vale, perdue giorni siamo stati ospiti della famigliadi Frei Ribamar che in quel periodo stavatrascorrendo le vacanze estive in unabellissima casa sul mare. Ricordo lenumerose e colorate amache chedisegnavano il perimetro del portico dellacasa; appese qua e là ci hanno cullato aldolce canto dell’oceano.La cordialità e l’ospitalità della famiglia diFrei Ribamar ci hanno subito catturato ecoinvolto facendoci sentire in famiglia.Dopo due giorni sereni trascorsi a Sao Luissiamo partiti per Trisidela do Vale.Sei ore di bus nell’entroterra del Brasile,tra una natura lussureggiante, sconfinatipaesaggi di palme, case di fango, fazendee la luce intensa e colorata del tramonto.Siamo arrivati a Trisidela nel buio dellasera cercando di scorgere dal finestrino delbus l’ambiente circostante, i visi delle

persone, qualche particolare percomprendere un pochino il contesto checi avrebbe accolto per un mese.Arrivati al convento abbiamo notato subitoun ambiente semplice e accogliente edopo aver cenato ci siamo abbandonatialla stanchezza e al sonno.La nostra avventura in Brasile è iniziatacosì, con entusiasmo, curiosità, voglia dicondivisione e tanta allegria, sotto un solecaldo e un cielo incantevole, dipinto diazzurro e del bianco delle nuvole che,immobili, sembravano prendere forma inun quadro dipinto da una mano attentaed esperta.Trisidela do Vale è una piccola cittadinaben organizzata e strutturata.Le persone che abbiamo conosciuto(tantissime!) sono state con noi moltocordiali ed affettuose.Frei Ribamar è il parroco della chiesa di

razie ai Frati Cappuccini delSegretariato delle Missioniestere di Milano, l’anno scorsoho conosciuto il fascino della

missione recandomi in Camerun.Una terra, quella africana, meravigliosa,che ancora oggi cammina con me, respiracon me, vive in me. Un’esperienzamissionaria unica, entusiasmante,profonda.Così, anche quest’anno, ho voluto ripeterel’esperienza e dopo aver riflettuto, hodeciso di conoscere una nuova terra, unanuova cultura e sono partita alla volta delBrasile e più precisamente del nord-est

per raggiungere una piccola cittadina nelloStato del Maranhao, Trisidela do Vale.Con me, Mauro, Arianna, Sara, Fabio eStefania. Cinque animi, i nostri, differentima simili negli intenti, nell’entusiasmo,nella passione e nella voglia dicondividere nuove esperienze di vita.Dopo un lungo viaggio durato quasi 16ore, ad accoglierci all’aereoporto di SaoLuis, capitale dello Stato del Maranhao,Frei Ribamar, colui che sarebbe stata lanostra figura referente durante lapermanenza in Brasile, che con moltaattenzione e premura ci ha dato ilbenvenuto in Brasile.

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che ti abbracciano calorosamente e convigore, che aprono le loro mani perricevere i fagioli per la tombola e tantipiedi nudi che si muovono al ritmo diForrò: ovviamente non sono mancate letorte fatte in casa, o meglio, in conventoda me!Con Suor Annamaria siamo stati anche avisitare ed animare una comunità moltopovera. Un momento molto intenso e riccodi significato. Qualche panino al prosciutto,qualche bibita e qualche regalino hannofatto trascorrere a questa simpatica edaccogliente comunità una giornata inallegria e spensieratezza, riempiendo ilnostro cuore di una gioia infinita.Per qualche giorno siamo stati ospiti nelconvento di Padre Innocenzo ad IgarapèGrande, 40 minuti da Trisidela.Igarape è una piccola cittadina rurale. Quila terra è rossa come in Africa e il cielo dinotte è animato dalla luce propria dellestelle. Padre Innocenzo è originariodell’Italia e da 32 anni vive impegnato esereno in Brasile. Le comunità chedipendono dalla parrocchia sonomoltissime e lontane le une dalle altre;spesso infatti le diverse comunità riesconoad incontrare e a celebrare con PadreInnocenzo la Messa, solo una volta almese. Padre Innocenzo è personasimpatica e genuina ed immediatamentetra noi si è creata molta complicità e unbuon feeling.

A Igarapè siamo stati molto bene e anchele comunità ci hanno accolto con moltocalore, simpatia e familiarità.Rientrati a Trisidela, gli ultimi giorni liabbiamo trascorsi a parlare con FreiRibamar circa i progetti che necessitano diessere finanziati e con lui abbiamorealizzato una piccola intervista persensibilizzare, una volta rientrati in Italia,i nostri conoscenti, amici, parenti alleproblematiche e ai bisogni di Trisidela.Quattro settimane in Brasile tra mille ediverse attività sono passate velocementee la “ saudade” per il Paese è molta.Penso come, durante la nostra avventura,la meraviglia del “mistero” della vita si siamanifestata e abbia preso forma dei visi,negli occhi e nei gesti cordiali dellepersone che abbiamo conosciuto e con lequali abbiamo condiviso questa nostraesperienza di missione, con una forza cheincanta e affascina. La missione ti donauna pienezza unica e totale, ti regala uncuore e uno spirito di bambina. Spesso lamia mente torna ai quei pomeriggi di solee di gioco e ogni tanto mi pare quasi disentire la musica… ecco tutto è pronto…la danza ha inizio e le nostre coreografieprendono forma tra mille battiti di mani.Torno una bambina insieme ai bambini…mentre nelle orecchie mi risuonano leparole del Vangelo: “Se non sarete comebambini non entrerete nel regno deicieli”. �

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Trisidela do Vale. Una persona a trattiermetica, ma sicuramente un attentoorganizzatore e gestore della chiesa e deibisogni della comunità.È stata sua, infatti, l’idea di istituire ilcosiddetto “Ministerio da praca”, iltentativo di coinvolgere ed avvicinare ungruppo di ragazzi che usano sostaredavanti alla chiesa chiacchierando escherzando. Questi stessi ragazzi si sonorivelati molto disponibili con noi e insiemeabbiamo trascorso le nostre serate aTrisidela a ritmo di Forro’, la musica localee mangiando spiedini in piazza.Dal primo giorno abbiamo subitoconstatato come, abbandonando le vieprincipali, lasciando i piccoli negozietti e lecase modeste ma carine del centro, loscenario che ci si presentava era fatto dicase fatiscenti e povere.Una povertà discreta e silenziosa che oltrea prendere forma in abitazioni umili,traspariva anche dagli occhi di semplicipersone che con curiosità e un pizzico dicautela, dall’interno delle proprie case, ciosservavano camminare, lungo le stradepopolari che conducevano alle piccolechiese delle comunità che avremmoanimato.Una curiosità che nel tardo pomeriggiodiveniva già familiarità, quando sulla viadel rientro, nella tranquillità della sera elontano dal sole e dal caldo del giorno,ripercorrendo quelle stesse stradetrovavamo le medesime persone sedutefuori dalle proprie case a chiacchierare,che con un sorriso ed uno sguardoamichevole ci davano, in maniera tacita,il loro benvenuto.A Trisidela abbiamo animato le comunitànei quartieri più poveri e bisognosi tradanze e coreografie ballate sulle note de“il ballo del qua qua, il coccodrillo come fa,

la zia di forlì...”, il gioco della bandiera,il freesby, il calcio, la corda, i trucchi e ilcrystalball.Noi volontari siamo stati catturatidall’allegria e dall’affetto dei bambini checon i sorrisi ci hanno trascinato e coinvoltoin un’atmosfera gioiosa e festosa.Bambini che pur trovandosi nella povertàe nelle difficoltà e contraddizioni di unpaese che vive dei profondi disagi sociali emorali ti abbracciano e ti regalano i loro“gioielli” di perle colorate.Spesso capitava di incontrare e vedereragazze madri giovanissime, prive di uncompagno e perciò impossibilitate adavere una condizione di vita famigliarenormale o ragazze madri derubate dellaloro innocenza perché costrette aprostituirsi.Durante la nostra esperienza abbiamoavuto la fortuna di conoscere le suoredell’ordine “Preziosissimo Sangue”, inparticolare Suor Annamaria e Suor Nazarè,delle persone splendide, degli animilimpidi e ricchi della misericordia, dellasemplicità e profondità del Signore cheprestano il loro servizio e la loro opera peri poveri e nel complesso scolastico diTrisidela (asilo, scuola elementare, medie).Con loro abbiamo fatto animazione con ibimbi della scuola materna e della scuolamedia e per due pomeriggi abbiamodanzato e giocato a bingo con gli anzianidella terza età del paese: tante “nonne”

MISSIONIBrasileBrasile

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Èfine luglio, arriviamo in CostaD’Avorio a tarda notte e subitoraggiungiamo il Centro Antiulcere diAbidjan, l’ospedale gestito dai frati

cappuccini italiani in cui viene curata lapiaga del Burulì.Il mattino seguente, quando conosciamoi malati e cominciamo a scoprire iltremendo male che li affligge, ci vieneofferto il primo assaggio d’Africa:ci imbattiamo in unasofferenza acuta ma fiera,che chiede affetto, ma noncompassione.Molti dei malati sonobambini che vivono incondizioni drammatiche: lapiaga non risparmia nessunaparte del corpo, a qualcunodivora gli arti, ad altri il viso,c’è persino chi è inpericolo di vita.Eppure qui si respiraaria di speranza; ilmerito è dei frati

che con la loro costante testimonianza diFede e l’instancabile lavoro offrono le curee gli incoraggiamenti necessari airicoverati.In ospedale non abbiamo compiti precisi,passiamo la maggior parte del nostrotempo giocando con i bambini e siamofagocitati dalla loro energia e dall’affetto

incondizionato che ci dimostrano.Il loro calore infatti quasi ci

stordisce e ci aiuta aspogliarci un po’ delnostro individualismo:forse è questa l’unicacosa che l’Africa cichiede.Dopo pochi giorniripartiamo diretti aZouhan-Hounien, sede di

un’altra missione deiCappuccini: là padre

Gianluigi, nostro preziosopunto di riferimentoper tutto il viaggio,gestisce una

cooperativa agricola e aiuta così gli ivorianiad organizzare il lavoro nelle piantagioni dicacao, riso e caffè.La nuova destinazione ci permette discoprire un nuovo volto della Costad’Avorio: conosciamo la vita nei villaggi,il lavoro nei campi e la mentalità degliautoctoni che non potevamo immaginaretanto diversa dalla nostra. Abbiamo infattil’impressione di vivere un viaggio non solonello spazio ma anche nel tempo: quiimpariamo ad apprezzare nuovamente lavita comunitaria e l’offrirespontaneamente il proprio tempo e ilproprio aiuto agli altri. Certi meccanismiperò ci sfuggono, non cogliamopienamente il senso di alcune credenze edell’atteggiamento fatalistico con cui vieneaffrontato il quotidiano. Ai nostri occhi

tutto appare lontano, incomprensibile eaffascinante, tutto ci rapisce per poi farciriflettere.Alla missione ci improvvisiamoimbianchini: i muri dell’edificio hannoinfatti un disperato bisogno di più mani dibianco e di stucco, necessari a coprire isegni dei bombardamenti subiti dai fratidurante la guerra civile. I bambini delvillaggio ci aiutano quotidianamente; sonocontentissimi della nostra presenza e cicercano in continuazione.Ricorderemo sempre con gioia i lorosorrisi, così come i modi spontanei ecordiali di questa gente, ma soprattuttofaremo tesoro dell’esempio dei frati,limpidi testimoni di una cristianità forte,coraggiosa e generosa, sempre umile,dolce e disinteressata. �

del gruppo di volontaridi Nembro (BG)MISSIONICosta d’AvorioCosta d’Avorio

Giornate di fede, lavoro e sentimenti profondi

Un’esperienza intensa tra il dolore dei bambini affetti dalla terribilepiaga di Burulì, la visita alle missioni distrutte dalla guerra civile e l’aiuto

nello svolgere le mansioni quotidiane. E in tutto questo la grande fededei frati missionari e il calore di autentici rapporti umani.

Ciò che ci rapisce ci fa riflettere

ILvolto della povertàha gli stessi lineamenti

ovunque e su di esso,incredibile, c’è semprespazio per un sorrisomeraviglioso.

Venni nel cuore del mondoperchè volevo conoscerne

l’anima.Trovai bambini con feritesquarciate e infette chegridavano disperati sino allostremo, sino a restare senza

forza, nemmeno perun lamento.Venni in questa terradimenticata dall’uomo e michiesi se Dio l’avesseabbandonata per primo.Lo trovai nei gesti muti di

alcuni frati venuti quaggiùper chissà quali motivimisteriosi, a donare lapropria esistenza in cambiodi un sorriso, il più bello,quello di un bambinostrappato alla morte.

Dona tutto quello che hai, èl’unica strada che conduce

alla vera ricchezza.

Lafelicità di un’infanziaè l’eterno rinnovo

della vita sulla morte.

L’indifferenza fa più maledi cento insulti.

diStefano

Cafro

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Èdifficile riassumere in pochepagine un mese e mezzo dimissione. È gia la terza volta cheprovo a metter ordine ai miei

pensieri ma troppe sono le immagini,troppi i ricordi ed emozioni che sialternano velocemente davanti ai mieiocchi.È stato un periodo incredibile, reso ancorpiù emozionante dall’essere partito dasolo e dall’essermi ritrovato in unconvento con ritmi, stili e usanzecompletamente brasiliane.Sono stati 44 giorniindimenticabili, iniziatimale a causa di unosciopero aereo, che

mi ha bloccato ancor prima di partire, edel seguente smarrimento dei mieibagagli ma subito raddrizzati non appenaarrivato in convento.Ho avuto la fortuna di poter visitarediverse opere sociali sparse per i tre stati,Amapá – Pará – Maranhao, checostituiscono la provincia Cappuccina delnord est del Brasile.Al mio arrivo sono stato accolto da freiApollonio, il missionario della provincialombarda presente in Brasile da ormai 20anni, da frei Jamilson, da frei Deusivan, il

superiore del convento, edai suoi 4 frati novizi.Un frate novizio è unapersona che decide di

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di Anna Maria MorfinoMISSIONICosta d’AvorioCosta d’Avorio di Cesare PalmieriMISSIONIBrasileBrasile

L’esperienza in Costa d’Avorioè stata per me fonte diserenità e di gioia in unmomento della vita in cui misembrava che nulla potessefarmi provare ancora questisentimenti.Il sorriso e la fiducia dei bimbimalati, la cortesia e il rispettodegli operatori locali, labenevolenza e la caldaaccoglienza dei Frati Cappuccinimi hanno spinto a fare tutto ciòche potevo per esprimere lamia gratitudine, anche se,soprattutto all’inizio, mi sentivoinadeguata.Poi l’insegnante che è in me èemersa. C’erano dei bambini,una classe, una lavagna!E allora ho cominciato ainsegnare l’alfabeto per i piùpiccini. Con i più grandi qualchesemplice lezione di italiano.Strano a dirsi... bastava cheaprissi la porta dell’aula earrivavano gioiosi.L’amicizia e la collaborazione diCecile è stata per me preziosa.Cecile è una ragazzaintelligente e volenterosa il cuiricordo sarà sempre nel mio

cuore. Alla mia partenza mi haconsegnato una lettera dolce ecommovente che haaumentato la nostalgia che giàmi accompagnava nel viaggiodi ritorno.Il ricordo più bello è statol’incontro con i ragazzi di Lecceche con noi hanno condivisol’esperienza di volontariato inmissione e il sentirsi sorretti daimiei compagni di avventura.Questo calore umano e questareciproca accoglienza hannoaggiunto altro valore adun’esperienza già di per sémolto profonda e coinvolgente.Le giornate sono volate viaanche troppo rapidamente.Nessuno ti chiedeva di farenulla ma ognuno cercava divedere cosa si poteva fare diutile... e di lavoro ce n’era:arrotolare le bende, piegare ivestiti dei bimbi, sistemare ilmateriale di studio e gioco,insegnare ai bambini acostruire barche e aeroplaninidi carta. Anche la cosaapparentemente più banalecome cantare e suonarediventava un motivo di gioia

per piccoli che già conoscono ildolore e la sofferenza esuscitava gratitudine e gioia inquegli occhi di velluto.Il centro P. Pio per l’ulcera diBurulì che noi chiamiamo“Villaggio della gioia” miaccompagna quotidianamente.Quando mi sento triste penso aquei bimbi sorridenti e gioiosinonostante la loro grave edeformante malattia, alpersonale che mi ha accoltocon affetto, a Paulin un ragazzosalvato dai frati dalle credenzedi magia che lo stavanoportando alla morte e chenonostante le sue sofferenzeconserva una dolcezza d’animoincredibile. Penso ai frati esoprattutto a P. Marco che ci hadedicato parte del suo preziosotempo per farci vivereun’esperienza indimenticabile.Queste poche parole nonriescono certo ad esprimerecompletamente i sentimenti ele emozioni provate in questomese di missione. Posso solodire che avrei desiderati chequei trentatrè giorni nonfinissero mai. �

Anna Maria, insegnante, ha vissuto più di un mesecon i piccoli malati del “Villaggio della gioia”. In questoluogo di sofferenza dove c’è tanto lavoro da fare,lei si è dedicata all’insegnamento e allo svolgimentodi numerosi piccoli lavori scoprendo che dove c’ètanta sofferenza, lì può risiedere anche la serenità.

Avrei desiderato che queigiorni non finissero mai

Tra i bambini malati l’incontro con la gioia

Il mio lungoviaggio nelmondo deimissionari

Un mese e mezzo fra le realtàmissionarie del Brasile

Durante il periodo della sua esperienza Cesare ha avutol’occasione di conoscere numerose attività del lavoro missionario

in terra brasiliana. Accompagnato dai frati che da molti anni sidedicano a tali opere ha vissuto la realtà dei quartieri più

degradati, l’incontro con i lebbrosi e con i poveri, ma ha potutoanche vedere tante delle opere sociali realizzate dai cappuccini.

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così stretti che a malapena due personepossono camminare affiancate e le assinon sono sempre ben assicurate le unealle altre e può capitare che cedanofacendoti fare un “bel bagno”.Alcune case sono costruite in fretta efuria, con le assi del pavimento non benaccostate, che ti permettono di vederel’acqua sottostante, e che si flettono sottoil peso dei tuoi passi. Entrare in questeabitazioni, oltre ad essere particolarmentetoccante, risulta anche “un atto dicoraggio”.Una volta entrati si viene subito colpitidalle piccole accortezze usate dai poveriper rendere la loro case il più ospitalepossibile come l’utilizzo di tendine osemplici soprammobili per abbellirel’inabbellibile.Nonostante tutto questo, la cosa chedavvero colpisce è percepire il desiderio dinormalità degli abitanti del quartiere,normalità che cercano di raggiungere conpiccole tendine, mini supermercati o barimprovvisati o, più semplicemente,cercando di creare un piccolo ingresso allacasa su terra ferma.

Sao LuisAnche a Sao Luis sono stato ospitato inuna casa di formazione dei cappuccini.

Annessa alla struttura è presente unamensa dei poveri ed è attualmente incostruzione un poliambulatorio. La mensadei poveri è stata pensata per dare unpasto caldo (nella maggior parte dei casil’unico della giornata) ai molti poveripresenti nella città che, non avendoalternative, trascorrono la giornatasniffando colla o bevendo cachassa(liquore ad alta gradazione alcolicaricavato dalla canna da zucchero)acquistata con i pochi soldi guadagnatilavando i vetri delle auto o con altriespedienti di questo tipo. L’opera, avviatada poco, già assicura un pasto a più dinovanta persone ogni giorno. Fino ad unanno fa, quando questa struttura ancoranon esisteva, gli “ospiti” della mensa, purdi mangiare, erano costretti a rubare ederano parecchio violenti.Quando mi è stato proposto di collaborarecon questa struttura ero abbastanzaintimorito. Non sapevo come, esoprattutto se, sarei stato accolto nellastruttura dai poveri. Inaspettatamente,dopo qualche giorno in cui mi sonosentito “sotto osservazione”, è stato bellovedere come anche il problema dellalingua sia passato in secondo piano. Unodegli ultimi giorni, un giovane di circatrent’anni, è venuto quasi a scusarsiperchè doveva chiedermi un piacere ma

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intraprendere la vita religiosa ma che èancora agli inizi del suo cammino e deisuoi studi. Nello specifico ho incontrato 4ragazzi tra i 23 e i 30 anni simpaticissimi eche, nonostante il problema della lingua,fin dal mio primissimo arrivo han cercatodi capirmi e farsi capire come megliopotevano.I primi giorni sono trascorsi nel tentativo diinterpretare questo nuovo ambiente, diabituarmi al gran caldo e a cercare dicapire qualcosa di portoghese. Una voltapreso il ritmo il mio viaggio si è articolatoin 3 tappe fondamentali: il soggiorno aMacapá, momento centrale della miaesperienza, i 18 giorni trascorsi a Sao Luise la visita a Belem, dove frei Apolloniogestisce varie opere sociali.

MacapáA Macapá, oltre al convento, è presenteuna mensa per i poveri e un centro dipromozione umana dedicato a Frei Danieleda Samarate, missionario della provincialombarda morto lebbroso nel 1924.La mensa dei poveri garantiscequotidianamente un piatto caldo a piú dicento persone. Il mio lavoro qui è statoquello di aiutare a preparare e a servireil pasto.Il centro di promozione umana funge dapoliambulatorio per tutte quelle personeche non possono permettersi il serviziosanitario nazionale poiché è a pagamento.Per poter usufruire dei servizi del centroè necessario compilare una sorta diautocertificazione in cui vengonodichiarate le effettive condizionieconomico-sociali della famiglia.Una delle attività del centro è quello divisitare le famiglie e le loro case perverificare che non ci siano truffe.

Non avendo competenze mediche, hocercato di rendermi utile accompagnando,direi quotidianamente, gli addetti a taleservizio.E cosí, a parte i giorni in cui mi sonoimprovvisato cuoco alla mensa dei poveri,uscivo tutte le mattine, subito dopo lacolazione, con Andreia, la funzionaria delcentro, e Sergio, il suo fedele autista, pervisitare le case di chi richiedeva il sussidio.Si rincasava per pranzo ma nel primissimopomeriggio si era giá pronti per riuscirenuovamente fin dopo le diciotto.Il gran caldo, la presenza di strade nonasfaltate e a volte rese inagibili dallapioggia o dalla pessima situazione delmanto stradale e la mancanza diun’efficace numerazione delle case,rendevano il lavoro particolarmentefaticoso. Una delle caratteristiche diMacapá è la presenza di abitazioni supalafitta. Tali abitazioni, totalmentedifferenti da quelle a cui siamo abituati, siraggruppano ai margini della città fino agenerare dei veri e propri quartieri.Com’è facile immaginare l’acqua potabilenon è sempre presente e la rete fognariaè un bene che non viene neanche presoin considerazione... In compenso gliabitanti di tali quartieri utilizzano, per iloro bisogni e per la spazzatura, l’acquasottostante le loro abitazioni che, per“educazione”, separano da quella deiproprio vicini con appositi muri di legnorendendola ancora più putrida estagnante. Questi quartieri sono flagellatida malaria, colera, topi giganti e serpenti.Per chi non è mai stato in missione, maforse anche per me che ci sono stato, èimpossibile immaginare come possaesistere vita in abitazioni così “diverse”dalle nostre.I pontili che collegano le varie case sono

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Le consulte mediche, come già accennato,consistono nel recarsi in villaggi sparsinelle zone rurali adiacenti a Belèm. Talivillaggi, raggiungibili a piedi o in barca,sono tuttora legati alla raccolta dei fruttidella ricchissima foresta brasiliana.Per raggiungere Tapera, io, due infermiere,un ragazzo incaricato di accompagnarci euna dottoressa, abbiamo dovutocamminare, dopo quasi un’ora di macchinasu strada asfaltata e non, per circa unaquindicina di minuti, su pontili di legnotraballanti. Con loro ho condiviso la faticadi dover portare, a mano, le medicine e ilcibo per organizzare le visite e la merendadi più di 80 persone. La dottoressa havisitato e distribuito medicineininterrottamente per tutto l’arco dellamattinata a più di 70 persone. In un’otticaoccidentale la cosa può sembrare banale.In realtá in Brasile il servizio statale è, inproporzione, molto costoso.Per capirci, uno stipendio medio è di 380reais (circa 150 euro) e una visita medicacosta circa 120 reais. Tale visita, tuttavia,non comprende la distribuzione dellemedicine necessarie ad effettuare laterapia prescritta dal medico che nonvengono acquistate per la mancanza didenaro.L’esperienza più toccante del miosoggiorno è stata, senza dubbio, la visitaa Casa Andrea (un lebbrosario) eall’ospedale Demetromedriano, dovevengono curati i lebbrosi e realizzate leloro protesi, poiché lo Stato non paganemmeno il cuoio delle scarpe delleprotesi dei malati.L’innegabile preoccupazione di fronte aduna malattia di questo tipo mi ha resoparecchio agitato per tutto l’arco deltragitto dal convento alla struttura e,probabilmente, non mi ha permesso di

apprezzare l’innegabile ospitalità deimalati. Mi ricordo che appena rincasato,il mio primo pensiero è stato: “Wow chebotta!” La lebbra, la malattia dei poveri,è una malattia tanto devastante quantorelativamente facile da curare o quantomeno da arginare con i farmaci.Un lebbroso, quando ha la possibilitá dicurarsi, è una persona in grado di vivereuna vita normale (sposarsi, avere figli,lavorare, ecc. ecc.) e chiede solo di esseretrattato nella maniera piú naturalepossibile. Proprio per questo motivo,lo stringere la mano ai malati, cosa chealimentava la mia preoccupazione, èd’obbligo e il lavarsi le mani prima diuscire dalla struttura è considerataun’offesa.Tuttavia, i miei timori sono svaniti nonappena entrato nella prima stanza dellebbrosario. Lì mi aspettava Mario, unsimpatico vecchietto senza una gamba,che non appena mi ha visto sulla sogliadella porta della sua stanza mi ha invitatoad entrare dicendo che ero il benvenuto eche dovevo sentirmi come se fossi a casamia. Quella frase mi ha come sbloccato emi ha aiutato a far svanire i miei timori.Ho visitato tante opere in questi giorni.Di quasi tutte, se non di tutte, ho notato lafatica nel continuare, nell’andare avanticon i problemi che quotidianamente sipresentano e si rinnovano, le strutturesemplici e la mancanza di denaro. Tuttaviada tutte è emersa la voglia di fare, dimigliorarsi e di continuare nella propriaopera in maniera umile ma estremamenteefficace.In secondo luogo questi giorni mi lascianoun bellissimo ricordo della disponibilità edell’accoglienza della gente nonostante ilproblema della lingua e della diversità dicultura e paese d’origine. �

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non sapeva come fare perchè non parlaval’italiano. Anche i bimbi della mensa, chein principio non sapevano capacitarsi delfatto che potessero esistere delle personeche non sanno parlare il portoghese,erano sempre pronti a salutarmi e amostrarsi riconoscenti.L’ultimo giorno, addirittura, un ragazzinomi è passato davanti salutandomi per poitornare indietro a darmi un bacio.Indimenticabile il ricordo dei ragazzinicostretti a fare gli adulti per sopravviverealla dura legge della strada, alla fame eagli scherzi dei ragazzi più grandi.Certo non sono mancati i momenti ditensione come quando due giovanistavano per venire ai coltelli e siamo staticostretti ad intervenire per dividerli,perquisirli e sequestrare le loro armi.Altra esperienza particolarmentesignificativa del mio soggiorno a Sao Luisè stata la visita alla opera per bambinidenutriti di Marcello Candia di Tun Tum.In questa struttura sono presenti bambinidagli zero ai quattro anni in condizioni didenutrizione.Per tutto l’arco della mattinata trascorsacon i miei nuovi piccoli amici, Marlen, unabimba di un paio di anni, ha pianto tuttoil tempo. Quando ho chiesto il motivo delsuo pianto mi hanno mostrato unrigonfiamento livido sopra le costole della

bambina. È nata con un tumore, i genitorinon hanno i mezzi per poterla far operaree così il cancro cresce e lei continua asoffrire. Imbarazzante guardare negliocchi questi bimbi. Quei begli occhioniluminosi e sorridenti, a volte così diversidalla svogliatezza degli occhi dei ragazziniitaliani, che urlano solo il loro diritto allavita, la felicità e l’uguaglianza.Lo stesso si può dire per l’asilo in SaoLuis, gestito da suor Fausta. La strutturaospita bambini denutriti o figli di famiglieche non sono in grado di occuparsi di loro.

BelèmNei pochi, ma ricchi, giorni trascorsi aBelèm ho avuto la possibilità di visitare leopere fondate e gestite da padreApollonio: una creçhe (asilo), ilpoliambulatorio del Pantanao, casa Andreae ho partecipato alle consulte medichenelle zone rurali adiacenti alla città.Sia la creçhe che il poliambulatoriooperano in strutture di legno. La primagarantisce un’educazione, il più delle voltemediante il metodo del sostegno adistanza, a più di 260 bambini. L’opera delpoliambulatorio, seppur umile nellestrutture, si avvale di personale qualificatoe assicura un servizio assai efficace enecessario.

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Padre Angelo Pagano, Etiopia7 febbraio 2008

Una capanna-chiesa La festa della comunità cristiana