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ftA.GGUAGL 'rO

DELLA SCHIA VITU I N ALGERI DI

GIUSEPPE GIO: NICOLA ALBERTAZZI

CITTADINO BOLOGNESE

E del Rifcatto fatto nelt' Anno 1772.. DALLA V ENERAND-\ ARCICONFR. A TERNITA

DI SANTA MARrA DELLA NEVE DETT A DEL CONFAlONE

Unica AmminiH rHrice in qu e(l:a eh à della Sant' Opera D.E L R l S C A T T O.

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AL GLORIOSO

S. GAET ANO THIENE

GLI UFFIZIAL1 , ED ARCICONFltATI

E Il rvoi orA G L o It I o SI S S T M o

S. GAETANO la prefente nArra~ione, e

con e U ti- quanto per noi s' è flltto , dedicAto

tV~ u liAmo, e confecrato, intcndi"mo con ciò A 1. non

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non di offerirvi cofA, che ~ voi non s' IIppttr­

tengA, mA di dare ti ~oi ciò che è t'()ofiro.

Nè voflr~ fotamente chiAmiamo '1ue/ia ope­

refttl per queLla fing,ol/l,re pietà, che già di

flntir dichiAra/te ruer(o coloro, che ruivono

fotto il duro abbominevol {ervag~io deèt'

Infedeli,. da che in queft~ guifa qual fa­

t'ebbe l'opera di pietà che non poteffe dirli

,!/o/irtl? fl ruoi fofte un uomo non ti ruoi

nAto, ma ai Poveri ,ma a;)i Infermi, ma

~i Tribolati tI' ogni mA-niera, che impieg,tI-

fte Id, migliore, e pIÙ memorAbit parte di

,rcJofirA vita, e le fatiche, e i pen/ier tutti

quanti in provvedere acconciamente ai loro

l1ifòèni , in rendere og,ni (errui!'òio ai lor~

maLi, in aggevolAre aUe timide anime lorfJ

it dubb '0[0 Pllffagr:.io eftremo con incredibi­

le, e piutloflo ~ivina Ch6 "man" mifericor':'

di" ~

~

dia? una più forte, e più pt-trticol" re ra-

gione ~oj avete fopra l'opera noftra • E'

già più d'un Secolo, che i P ~dri Cherici

Relplari ,che .(òn pur ruoftri F ig)i, ed Eredi

del ~elo voftro, come Padri Spirituali, alt"

noftra Arciconfraternita con Jòmma taude

prefieaono. .AUe loro infinua~ioni fi fono

acce(ì gli animi no/iri a belle imprefe, u

gloriofe, al loro accorgimento fi fono aperti

gli opportuni mez..,z..,i per compierle, e final.

mente alta loro fotlecita cura noi fiamo de­

bitori di tutto ciò che abbil!mo felicemente

operato. A cui dunque appartiene tutto ciò

fe non a ~oi, al quale ,ficcome i Figli '1)0-

fori, così te cofè che da loro fono tuttu

quante appartengono? o fi potevan fori u

commendare i PigJi , e netto fleJJo tempo

tacerfi del P aire? Voi per tanto ricevete A 3 ~' ope-

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l'opera noftrtt conJe un frutto non donato-

~i, ma crejciuto nel ~oftro terreno, e cot.

tivato ttmorofamente da ~oi. E poichè ac­

colta l' ~bbiate, deh noi in queflo mortal

corfo travagliati, ed Affiitti riòuaraate dal

Cieto benignamente, e come in ogni parte

largamente gJi diffèndefte ruj~endo , fatu

pietofa ~ noi pervenire i fatutiferi r~ègi

della 'Voftra beneficentiffima mi{erico-rdta .

~odevo

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~~~~~ Odevol cofa è, degna veramente d'un cuore umano, degl' infelici (enti r pietà, la quale come che a tutti s' efrenda , tuni abbracci, non è però che non rifguardi maffimamente

L:~~~' coloro, che per qualche particolar vincolo a noi firetti fono, ed uniti, e dalla patria

medefima raccomandati ci vengono, che è la Madr~ (;omune di tutti i Cittadini. he [e quella virtù eb. be già per ammiratori i piO. antichi faggi, e fu credu .. ta meritevole de' più fingolari onori, e delle più ra. re acclamazioni preffo la G,eca, e la Romana Repub­blica; quanto non deve ella dI'ere dai Crilliani tenuta cara, ed in pregio, che non da voce d'umano Legif­latore l' hanno raccomandata, o da fperanza di fragii corona, e caduca; ma dalla bocca medefima di quel Dio, il quale, ficcome gi unfe ad dI'ere a nofiro PIÒ, fin del proprio divino Sangue liberale; cos} chiamò beati i mifericordiolì, poichè eglino vedrebbono il re­gno de' Cieli. Per la qual co fa chi è di noi che non li creda tenuto a recare, quanto per lui fi può ('onve­nevaI rifioro , ed alleggiarnento, ficcorne ad altri , cos\ fpecialmente a coloro, che dI'endo pure nollei Concittadini, dolend , ed afflitti vivono in duriffima

, fervirù di terre barbare, ed infedelj? E chi può non commoverfi rapprefentandoG aH' anim o l'.oppreffi one di q ue' mi feri , le loro grida, e i pianti, e i lunghi, e i fordi,e vani gemiti,e jJ nome fielfo di Schiavitù,e il feral fuono delle Catene fcorrendo l'ur col pe nfiero? E btn lì debbe in ciò la pietà, e lo zelo {ommamente com­me ndare de' Venerandi ArciconfratJ di SA N T A M A III! RIA PELLA NBVE, ai quali {oli in quefta Città ,fic~

A i come

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8 come ad Aggregati all' Illullriffima Arciconfraternita del Conf.done di Roma, è commelfa la Santa Opera del RifCatto. A quelli fanca niuna, niuna {pefa, muti di{dggio (embrò mai grav.e per. condurre a fi~e Ja bel­la , e glorio(a imprefa dI toglIere dalle mant degl1 a­vari Maometrani j nollri Schiavi Concittadini; la qual co(a ficcorne in moltiffime altre occafioni hanno data a divedere ; così ancora nella felice hb razione di G USEPPE GIO: lCOLA ALBERf AZZì Cittadi. no Bolognefe dalla mifera Cattività J dI cui impren­èiamo Ofa una fedel areazione a teffere brevemente.

Nacque Glu{eppe GI : Nicola ai '3. di Maggio d~ l' anno 17 3~. da Carlo Albertazzi, e di Terefa Saclh .. t­ti fou o la Canonicale, e Parrocchial Chie{a di ~an MIchele detta de' Leprofetti, e cre{ciuto in età fu de­centemente, e Cflfbanamente educato, e mandato a le Scuole, bem.hè poi mottrando egli con indizj non 0[· curi d' dI'ere pJuttolto a quakhe Arte, che agli Stu­d; inclinato) fi diede ad Jmparare l' rte di rader le ba I be, e d' accommodare le Pelr ucche, pre(o cos1 allora da glovenile vaghezza, della qu le però nOIL hl J1 nofiro Albertazzl raglon di dolerli. Certamen­te le fu quefia profl..ffion fua molto vantaggiofa nel vario, ed infiabJl corro d lla fUll vita, e contribuì non poco a minorarIe gl' incomodi della Schiavitù; il the lh, sà ft: fatto avrebbono (ant' altre profcffio­ni , o' ordJne ancor più nobtle, e più fubhme ; ma ora non fa d'uopo di foml?,Ìtanti rifldlìom lontane... dell noiiro foggetto • v\. v,,". egli appena 17- anni dell' età fua quando prefe ferv~gglO pIetro J' 111uUriffimo Signor Glovanm Gro­pt:lh aBara Auditore Generale dell' Eminenuffimo S,ignor Cardinale GIorgio Doria legato di queHa Cit-a ~ E mentre 11 d tlO ~ignor Auduor,e, già terminato

il

9 il fuo uffizio l' ann 11S 2. , part1 p r Genova, con.... dIo pure partì }' J\lbenazzi, e un' anno, mezzO in CHca in Genova il fervi. E quefio è il luogo ave facilment {j può vedere quanto il deliderio dI cercar nu vi Paefi, '! nuove Tetre, po[a nell'animo de' Gi uvani , e maffimamente ave quelli fiano vivaci, e corraggioli 'I ficcorne certamente lo è quello, di CU! trattiamo. Poichè licenziatoli egli dal Slg- Gropelh fi porrò ben pretto a Novi, e qu trro Meli Vl fi tut­tenne. Tornò a Genova, e pochi giorni vi fi fermò; conclofiacchè appena ebbe udito elfervi in quel Porto una Nave Spagnuola, che lcioglieva per Barcellona, non potè trattener li il vo liofo Giovane d'imbarcarli anch' egli per quella Cutà. Sembra maravigllofa la coLtanza che egli ebbe di fermarli in Barcellona tre an. ni , e mezzo, ove fode avrebbe fatra anche più Ju .. ga dimora, {e non fofi'e {lato condotto alla CJttà di Sa ora, nella Provi.l ia d. Cafilglia la vecchIa, dal

lobile Signor LUIgi ddla Villa, del quale era a­menere •

Ma bt!o prefro in Samora rifveglioffi in lui 'iuella cu­pldiggi di vlagg1are, che le era s) naturale. A Sa .. lam· nca, al Porro di V ènza, a Cartagena quella fua vogita lo tra{porcò. Si mi fe i n Mare fulJa Flotta che dee fare ogn' ano (uo corfo per JncrOCClare i Mari dI' Affflla , e far la c ccia CorfaCl; ma quello v1agglo fu b en p.:r lUI pit) pericolo( degl' altn già. fato; giaclhè p(r fedlci Meli trovofli egh (empre In rnelZO a' fluuj , e alle tempelle d'un Mar borafcofo, fra poca, e lt.g lera fperanza dI vita, e qu li certo,

lnnt:vHablle pericolo delJa Morte. Pure approdò finalmente la Nave a Cartegna, e parea bene che Il pauato pericolo dovdfe f H' cangiar pen(iero al noth~ u uft ppe, e farle Iifovvenile quella pcltIla) n l d

CUl

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IO C I eno avea provata una pace, un tranquillità,' c e in vano alt ave ricelcava. E di fatti il {; ce, ed egli a Genova fi rell:truì , e {entiai pure commoffo dal defiderio di rivedere Bologna.

Ma, oh incoltanza del cuore umano, ed ora troppo fa;" tale al noliro Albertazzi! s' tnduffe egli anche a fron­te di così gIURo defideflo, s~ induffe pure a prender luogo in un Baaimento Genovefe , che fcioglteva per Vagiadoltd patria del Sig. Don Giufeppe Monti Ca~ vagliere Gierofolimirano Sp.lgnuolo, dI cui egli era. Cameriere • Il principio del viaggio fu feliciffimo. Il Mare che dianzi le era frato cos} nemico , pareva ora promettere ovunque quiete, e ficurezza , e dove prima gonfiavano r onde, e ramoregglavano , regnava calma, e tranquillità. Ma i giudizj degl' Uomini fon fempre vani. he qul anzi doveva egli dI'ere foggetto a molto maggior affanno di prtma. Qyl dovea pen-t tidi di non aver fecondati gl' interni impulfi di dar fine a una vita cosi vagabonda, ed incerta. Q!lì fi­nalmente lo afpettava la mano di quel Dio, che è pe­rò non meno pletofo nelle fue mlfericordie , che nc' fuoi çafilghi. A ppena a vean pafIata la Corfica, che...­{cuoprano tre legni con Bandiera Francefe, ai quali il Capi {ano credendoli amici, s' accofia. Ma, ahtmè; qual' improvvifo cangiamento innafpettato! fu tutto un punto il calare le infegne Francefi, l' innalbera­re lo ilendardo Algerino, e il vederfi intorno attor .. niato da piÙ d'ottocento Batbarefchi. ScaricatiG i Canoni rella infranto l'Albero mae ho del 8a!hmen­to Genovefe: fi fa valida difefa fino a gittare a fon. do uno de' tre Sciabecchi Algerini. Ma ciò che va­le? i mifeli Cattolici, che erano folamente 10 nume­ro di fedlci , come poteano far fronte a tanti Bar­bari? quelli s' lmpo[eff'ano finalmente del Capitano,

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e de' Pa!I'eggieri, e può ben cia{cuno comprendere fe potea da coltoro afpettarfi eql:lità, e moderazione nella vittoria cbe di natura fua è fuperba , ed orgo­gliofa. Tutto fu metro a ruba, ogni parte era piena d' orrore, e di defolazIone. Li infelici Criftiani furono ben prefto legati da quei feroci con pefanti Catene ai piedi, ed alle braccia, e in mille gUlfe ingiuriati. Benchè tutte le Affrìcane nazioni uano perfidiffime, e crudehffime, pure l' A 1gerina in perfidia, e cru­deltà di forpaffarle tutte fi vanta.

Fatta vela verfo l'Africa furono per il borafcofo Ma ... re coRretti a fermarli a Bona da un Mefe in circa ,. dove fra le continue ingiurie, e firappazzi non era dato a mangi re alli Schiavi fe non poco pane ann i­to, e fatto d'orzo putrefatto, i quali "ntanto obbli­gati erano giorno, e notte a frarlì fulle panche dei Legni ben cultoditi da pelanti catene per dilettare me. 81io così gli occhi di quei barbari col loro dolore • Certamente furono cosi gravi al nofiro Giufeppe que­ile mlfene , ed acerbi là, che in una lettera, ove ra­~onta il pr.inclpIo di fua fchi:vitù: fu tale, dice egli, ]] cordoglto, la paffione, l affanno, che fretti due giorni fenza poter mangiare. Ma finalmente fi fece lì. curo il Mare, e riprtfe le Vele s'approdò ad Algeri.

Plefrntati gli Schiavi al Generale della Marina, chla­!Dato Michelazzi , furano condotti alla prefenza del Bey, 11 quale, qual'ltunque tutti offervaffe, pIÙ degli altri però n{guardò tI nofiro Bolognefe , come quegli che le parve fpirltofo, aptrto, e franco. Q!1etto buon incontro non giovò poco a l nollro Schtavio. Quindi furono tutti infieme tratti al foltto bagno, luogo di travaglio, chiam '(o in lingua algerina Sidaumuda. Qui fu la loro occupazione continua, ogni maniera d' uf. fizio pIÙ laboriofo, 11 loro Cibo poca mifura dI pane

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a ln rito, e poca acqua, il loro riparo un. luogo um1: do fulla nuda t rra, il lor trattamento J pIÙ am tl

fcherni e le derdioni più pung nti. Ah quante vol. te dove;no aJlora tornare .lla m moria del noLlIo GIU­

ii ppe l piccoli comodi della paterna abitazion.e , e a~. la memo ia tornandole quanto non doveano lnafpnr

u l dolo e, che pur per fe ftefTo era graodiffimo? Un lOvane fin cl pflmi anni d centemen,te, e comoda.

mente educato, niente avvezzo alle fatlch ,e al tra­vagli or era coaretto a porur tutt~ il giorno ~affi , fabbia, legna, ca cina, a fe ar mar~J ~ e f\! tali ora

cr nacurale iltanchezza fpoGato, e Jli l ltO dJ forze pa. ea lento a c mplere canco sì penofo, era b en peeIto a pugni, e b ilOI ate oltre fafpioto , e maltrdttato

orrlbl mente. Buon per lUi , che egli avea fin da principio i~contrato

nell I aOlmo del Bey ; poi<..hè non andò guan, che ef. fendo Il nollro Schi .. va chielto al fuo ferviggio dal Con ... fole d I Olanda, le fu da Btv (enza dimora accorda. to, e quindi tolto a così i foffribil tra vaglio. E qui V rarnente confeffa egli L effo J che pre(fo quello Con­fa e , che era il ig. Pietro Alencois, tu trattato af­fai btne; m per quanu buoni tratcame .. ti riceveue dal Confole ; quanto non è f mpre du ra in 1\ Igeri , maaimarnente la condizione di Schulvo? benchè al fer­viggio del Confole, era fempre dipendente dal Re d· Alg ri. Tutto ancora poteva e ere cagion di timore per Jui. on mancava fi di pencolo lo 1iello cam", mInar per jftrada; poichè {e qUl 1 eZlandio a c ~ a­veffe gettato l'occhio fu qualche Mora, {t:bben co­perta, corea a rifchlo della vita _ o almeno di loque .. cento bafionate fotto la pianta del p ede. E qUcloto pure era hcile l'incontrar fimil {orte ~ fe fi v glIa... aver IJfguatdo alla gioveDll debolezza, e curiofilà ? In·

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tanto non manca •• l' immenfa turba dei rinegati ,I~h fino a (ei mt11a e più colà vivono i ai quali muna co­fa è più cara e in niuna impiegano maggior audio, e diligenza, quanto nel togliere alla Fede Cattolica quel­li che fono IO elfa più fermi ,~ e più collanti; bench~ per queJJo che al noaro Schiavo appartiene, multipli­candole le battaglie, non ft!cero che molti plicarIe i trionfi. Colla faldezza della fua fede rimproverò (em. pre la loro fce!leraggine. La grazia divina le dlè forza in mezzo a cosi d1fficil cimento, ed egli fedelmente cooperb. Intanto è chi nOn vede che quantunque il no­firo Giufeppe Gio. Nicola AJbertazzi, debba crederli {ommamente tenuto a quel Confole, che da molti mali lo tOlfe j pure non potè mai non dI'ere circon­dato da gravitlimi mali, e moltj(Jjmi compagni indi. vHibili della chiavitù. E poi quel temer fempre d' cffere ridìi-anuto ad ogni maniera di travaglto , e di pena, quel cUere ancora dipendente dalla volant' d' un Re barbaro, e infedele, (ovvente capricciofa, fcm. pre feroce, non è egli un tormento cosÌ grande per fe medelìmo che nulla p iù? e veramente ne fenlì Il no­firo G 'ufeppe i lagrimevoh efferti in un' orrida priglo. nia di ben [re fetumane , che foifr r dov tte d' ordi. ne di quel Re

Volendo J Danefi vendicarfi degli Algerini, vennero ccn "ndJci Ballimenti al porto d' Algert per bombarda» la Ciuà. Il Bc:y temendo che nel tempo medefimo, in cui erano i nemici al di fu ri, gll .. hiavi Crjftia ni s' amrnutinafTero entro la Cit a il {fa, ordinò che tutri ben cuilodtti fottero condortI tre gIorni lontano d'Algeri, e in una, oltre ogni cre ere, o riddlima For­tt:zza, the M (; fm ra chi.arnct J, coll cat • Quì polli fu­rOno (otto ter a in una ta oC UI1 r , c u o non ve­dea l' iluo, qul vinu un groiTo ~n l ULCO nel du-

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r 4 macigno, e obbligati perciò a dimorar ~ mpre nello fie(fo 1u go , qui cibati di pocchIfJimo pane annerito, e duro, mentre intanto fra le lagrime, e i fofpiri chI l {carfo cibo, chi l' a{pra , e penofa lituazione, tutti l' infelice fiato loro piangevano, e il tenebrofo Juogo ,ed oCcuro di dlfperate grida, e di pro~ondi g~. miti rifuonava ali' intorno. Cost per tre fettlmane In preda a tanta acerbità rimafero quegli afflitti Crilliani, a cui con nuovo, ed orflbile efempio , non il conve. ne voi cibo folament , ma il movimento medelimo fu contefo, e )a luce fteff'a del giorno. Ma parti rono fi­nalmente i Danefi fenza arreccare grave danno alla bom­bardata Città. Il B Y allora mife fuori della Torre gli Schiavi, che fembravano p 'urtofto f{heJnri, e ombr~ d' uomint , che uomini veri, e viventi. L' A lbertazzl fu ripigliato al ferviggio del primiero fuo Padrone, (.0\ quale fare be egli fode fiato llno al tempo della r ede nzlon ua, fe non che, n or a dJendo dl pésrtO la

.onfene d l Confole, qu fii dovette prendc:re altre rn {ure, e procul che foiTe lo Schiavo in qualità di (.,m r'e re prefo al ferviggio del Signol' Brandttli Con­folo dlvezia in Algeri. Ma già era venuto il tempo i n (ui dovea finalmente Giufeppe u(cire dalla b arba­rica fer vitù . Egli andava intanto ripetendo a DJo: Sif,1"rcrc, io bo l'ucalo, l'ure degnatervi di rifglltndar~ il 'ìJc:flro jerrvo' si iII pena J(/te mie iml()bedjr;n~e 'Verfo i ",. cr ç.ma11tlf1ìrm Genitori, ora patifco tutti fJ.N(fli mol, , e tormel"ti, cbe tstti fnffro in pel1ite1JZa de' miei p c tJ ti ~olo mi ratc_ma1"Jdo taJdt1mente a 'Voi) Pl r flar f rma ) e j,ddo nel/t. 'lJOJlfll fa,ua fede cattolICa, cbe pri. 1'Na mori 'V' ret cbe negare, ed abjurarla. Quelli {n­t'rnt. ti efpr ffc egli in una l~ttera, in data dei 16.

ft bre dell' nno 1/66 , e quelli forfe molI ro l~ Alul1ìmo a riC: uar . Ilo In fine pietof"ment •

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l' Il Padre Pilippo le Roy della più Hretta offervanza del Padre San Francefco, Vicario Apoftol ico nei egni di Tunift , ed Algeri, diede avvifo alla Venerancla Arci­confraternita della prigionia del nollro Concittadino, porgendo fuppliche per 10 ri[carto di lui. Quelli Signo­Ii Arciconfratj ben volontieri s' addoffarono un fimil carico, e perciò fare lì diedero d'ogni parte a racco­gliere limofine dai Fedeli, e ad impiegarvi le gIà rac· colte. Scri~ ro a Livorno al R ev rendo Padre Ignazio d~lla Concezione, Trtnitario Sc Izo, Procuratore ze­lantiffimo della Redenzione degli Schiavi, acc iochè 6 compiacdTe d'impiegare le fue premure in quello af. fare, che egli flcev cte fopra di {e con buona voglia , e conduffe a termine fel icemente.

Nè dovlò io in quello luogo, facendo oltraggio alla ve­rità pailare fon fileozio il Jg. Ftlippo Vaccari Ca­merling di detta Arclconfraternita) che tanta par­te ha avuta in qu .. fta lIberazione, e molto meno dovrà t cere lo.z lo fingolare del Nobile, ed Eccelfo Ig. Se­natore Conte Gian. Francefco Aldrovandi, rottetor~ di cosi bella raunanza, di cui non credo che alni, o più fervoro(o, o pIÙ aUlorevole eITer patetTe. E ben farebbe adivenuta la redenzione del nofiro Schiavo af­fai pnma d'ora, fe per le guerre prefenti, etTendo il navlgare impedito, non aveile dovuto foffdre pIÙ Jun. ga la fua fchiavitÒ, per liberarlo dalla qual~ fi no d l Luglio del proffimo palIato anno fu fatto in Livorno lo sborfo del denaro ciò appartenente.

Ma già così dI'endo ordinate le cofe , ecco ad un tratto viene avvifo ai 20. di Dicembre dell' Anno 177 I. tro­var' gIà in Livorno i1 Redento portatovi da legno fran-­co lng\t'fe, dopo aver già fatta la contumacIa in Por­to Mao e. Quin di fu tgli tofio accolto dal Rev. Pac?ce Salvatore deH' AU'unti T.rinitirio calzo del Rllcatto,

-' u{all.

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f' 16 utàndo feco lui tale amorevolezza come fe egli foffe ilato cof fua. Quello Padre medelimo le fomminlftrò a pefe dell' rciconfraternita di S. Maria delIa Neve, il b1{ognevole pe vIaggio lino a Bologna, e (on let­tera lo accompagnò dIretta al Sjg. Filippo Vaccari Ca. rnerlingo della detta pia Opera del Rifcatto. Si è avu­ta eziandio la nora deJle fpt"k-fatte6 di primo sLorfo dalli fuddetti Padrt Trinirarj peln{catto, per l' imbar.: co, le quali montano a Lir. '949 I. IO . bologneft. Già ognun fa che il prezzo, onde fi n[cattano gli Séhia­vi è molto maggiore in A Jgeri, che alt ave, e maC" fimamente ove fi tratti di fuddtti Pontifi CJ , che di mol­to più gravi fomme fon ricercati.

Quello è Il Ragguaglio, del quale era al Pubblico de. bitrice la Veneranda Arciconfraternita di Santa Maria Gella Neve. E qutllo finalmente è il giOrtlO lituffimo facro alla gran Vergine, nel quale li conduce a modo di rionfo il novello Redento a porgere folenni reo. dim(nti di grazie a quel Dio, che ha fecolui rinno­vata queHa pIetà che usò già una volta coJ Popolo ò: I{rae1Jo, allorchè mandò l' Angelo hberatore a tO­,11ello dalla Cafa di {clvitù, e dai ceppi di Faraone.

D E O.

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SCAFFALI ONLINEhttp://badigit.comune.bologna.it/books

*Ragguaglio della schiavitu in Algeri di Giuseppe Gio. Nicola Albertazzi cittadino bolognese e del riscatto fatto nell'anno 1772. dalla veneranda Arciconfraternita di Santa Maria della Neve detta del Confalone unica amministratrice in questa citta della Sant'opera del riscattoIn Bologna : nella stamperia del Longhi Collocazione:5-BIOGRAF. ELOGI A 05, 014 http://sol.unibo.it/SebinaOpac/Opac?action=search&thNomeDocumento=UBO2883886T

Questo libro è parte delle collezioni della Biblioteca dell'Archiginnasio.

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