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ARACNE Miglioramento genetico e vivaismo in viticoltura Elettra Marone

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ARACNE

Miglioramento geneticoe vivaismo in viticoltura

Elettra Marone

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I edizione: marzo 2008

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A mia madre e mio padre

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Indice

Parte prima. Miglioramento genetico 13 1. STORIA E DIFFUSIONE DELLA VITE 13 2. ASPETTI MORFOLOGICI E FISIOLOGICI DELLA CRESCITA E DELLA RIPRODUZIONE 18

La struttura della pianta 18 La fillotassi 18 La gemma 19 Il fiore e la fertilità 20 Il ruolo delle temperature per lo sviluppo della viticoltura in areali diversi 23 La dormienza ed i metodi per superarla; fabbisogno in freddo 26 Le misure per determinare il fabbisogno in freddo o le esigenze in caldo 27

3. CENNI SULLA SISTEMATICA DELLA VITE E SULLE RISORSE GENETICHE 29

Genere Vitis 29 Le specie in coltivazione 32 Le risorse genetiche (germoplasma) 32

Forme selvatiche e specie affini 33 Vitigni e portinnesti obsoleti 33 Vitigni e portinnesti presenti nelle piantagioni 34 Novità e stock sperimentali 34 Mutazioni 35

Vitigni (cultivar) e cloni 35 Caratterizzazione del germoplasma 38

Metodi ampelografici: liste dei caratteri descrittivi 39 Metodi ampelometrici 44 Metodi chemiotassonomici 45 Analisi molecolari 46

4. SORGENTI, OBIETTIVI E TECNICHE DEL MIGLIORAMENTO GENETICO 49

Le sorgenti di variabilità 49 Mutazione 49 Incrocio 50 Ibridazione 50 Poliploidia 51 Modifiche genetiche controllate 52

La selezione 53 Gli obiettivi 54

Il miglioramento genetico per le uve da vino 55 Il miglioramento genetico delle uve da tavola, da essiccare o per succhi 56 Il miglioramento genetico dei portinnesti 56

Le tecniche 57 Miglioramento genetico per via sessuata 58

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L’incrocio 59 L’ibridazione 60 Metodologie per l’ottenimento di piantine 61

Miglioramento genetico per via vegetativa 63 Isolamento e moltiplicazione delle mutazioni 64 La selezione massale 67 La selezione clonale 67

Miglioramento genetico per via biotecnologica (ingegneria genetica) 70 I tempi di selezione 71 Il miglioramento genetico e la conservazione delle risorse genetiche 77

Parte Seconda. Il vivaismo in viticoltura 79 5. LA PROPAGAZIONE 79

Le tecniche di propagazione 80 Propagazione per seme o gamica (riproduzione) 80

Il seme (vinacciolo) e la germinazione 81 Propagazione vegetativa o agamica (moltiplicazione) 83

Le propaggini 83 Propaggine semplice 84 Propaggine a serpentone 84 Propaggine per trincea (propaggine cinese) 84

La moltiplicazione diretta o per talea 85 Tipi di talea 86

Le basi anatomiche della radicazione 90 L’induzione di primordi radicali 90 Lo sviluppo delle radici avventizie 91

Le basi fisiologiche della radicazione 92 Fattori che influenzano la radicazione nella parte eziolata del ramo 93 Trattamenti alle talee 93

La moltiplicazione in vitro (micropropagazione) 95 Metodi di moltiplicazione in vitro 96

Moltiplicazione per gemma ascellare (micropropagazione) 99 Formazione di meristemi avventizi 103 Formazione di embrioni somatici 104

Tecniche in vitro applicate alla vite 105 Coltura di meristema apicale 108

Conservazione del germoplasma 109 L’innesto 110

Tipologie dell’innesto 111 Innesti per approssimazione 112 Innesti a gemma 113 Innesti a marza 114

Le basi anatomiche dell’innesto 116 La saldatura 116

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L’attecchimento 119 6. LE PRODUZIONI VIVAISTICHE 122

Introduzione 122 L’organizzazione dei vivai e le produzioni 122 Le strutture vivaistiche 124

Campi per la produzione di portinnesti 124 Campi per la produzione di marze 128 Gestione e conservazione del legno 128 Il vivaio 130 Le strutture di appoggio 131 Le linee di produzione delle barbatelle innestate 131

Le norme di commercializzazione 135 La certificazione volontaria 138

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Presentazione

Questo volume è una sintesi delle lezioni di Miglioramento geneti-co e vivaismo tenute dall’Autore per il corso di laurea in Viticoltura ed Enologia; esso si propone di fornire a tecnici, studenti o semplici amatori, conoscenze pratiche e teoriche sulla complessa attività che porta alla selezione dei vitigni in commercio, sui metodi seguiti nei vivai per produrre il materiale vegetale da utilizzare nelle piantagioni commerciali, nonché notizie sul processo di certificazione, che garan-tisce agli acquirenti che il materiale posto in commercio risponde a precisi requisiti genetici e fitosanitari.

Il testo ha un'impostazione prevalentemente tecnica, con descrizio-ni delle manualità operative (per esempio quelle sulle metodologie di incrocio), senza rinunciare a fornire alcune indicazioni di base utili a comprendere i diversi meccanismi evocati (per esempio la fisiologia della radicazione).

Il volume è articolato in due parti: la prima è dedicata al migliora-mento genetico della specie, del quale sono esaminate, dopo una breve sintesi della posizione tassonomica del genere Vitis, le risorse geneti-che, le sorgenti della variabilità, le finalità, i metodi, i risultati, i tempi di selezione, fornendo le conoscenze essenziali riguardanti i meccani-smi della genetica utilizzati; in questa parte sono inseriti anche riferi-menti ai metodi di caratterizzazione varietale.

La seconda parte riguarda il settore vivaistico, dalle tecniche di moltiplicazione all’allevamento delle piante madri destinate a fornire il materiale di propagazione, alle diverse fasi della produzione ed alle-vamento delle barbatelle. Alla fine di questo capitolo, in sintesi ven-gono delineate le tappe del processo di certificazione, tappe che porta-no dalla “novità vegetale” ai milioni di individui da essa ottenuti da porre in piantagione.

Per consentire una migliore comprensione delle diverse parti, è sta-to introdotto, all’inizio del volume, un breve compendio sulle esigenze e strutture vegetative e riproduttive peculiari della vite, che rendono questa specie tanto differente dalle altre piante arboree da frutto.

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Parte prima Miglioramento genetico

1. Storia e diffusione della vite

Il miglioramento genetico della vite, visto in chiave storica, si può definire come l’insieme di eventi e processi di domesticazione attra-verso i quali l’uomo ha reso vantaggiosamente utilizzabili forme spon-tanee di questa specie come di tutte le altre specie arboree oggi colti-vate.

Una visione più generale di questa attività porta ad identificarla come il processo attraverso il quale l’uomo rende più conveniente o più semplice l’uso di organismi vegetali o animali che possono essere utili per la popolazione; questo concetto si può estendere anche a bat-teri, scelti ad esempio per la lotta biologica, fermenti, selezionati per sviluppare numerosi processi nelle tecnologie alimentari, e all’intero settore della vita vegetale ed animale per trarne nutrimento, materie prime, energia.

Per la vite il processo è cominciato empiricamente ed ha permesso una prima espansione dell’uso di questa specie (Vitis vinifera), in a-reali molto limitati, forse anche indipendenti tra di loro; le prime trac-ce della domesticazione della vite sono localizzabili nella zona tra le regioni oggi chiamate Anatolia e Mesopotamia, intorno al VI−V mil-lennio a.C.

Nel lavoro di individuazione di materiale genetico e di tecnologie atte a valorizzarlo, alcune tappe sembrano essenziali. È probabile che l’evoluzione dell’uso del frutto (iniziata con la raccolta di materiale spontaneo) sia passata attraverso le tre tappe: uso diretto del frutto (e-vento stagionale), uso del frutto secco (alimento conservabile), ed uso del succo, fermentato per renderlo in qualche modo una “derrata ali-mentare” conservabile fino alla raccolta successiva.

Oggi è ancora molto diffuso l’uso dell’uva da tavola per il consumo fresco, mentre è molto ridotta la quantità di uva da essiccare, con po-chissime varietà (Sultanina, Zibibbo, e poche altre), che si sono con-

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servate fino ad oggi soltanto per la loro unicità (partenocarpia o aborto precoce dell’embrione).

Con il sorgere delle prime forme sociali le tracce della vite negli in-sediamenti umani diventa presto evidente e semi di vite sono ritrovati a partire dal V millennio a.C. Dal Neolitico e con l’avvento delle tec-nologie, infatti, tracce dell’uso della vite, come frutto prima e come vino successivamente, sono diffuse attraverso tutto il Mediterraneo e, mentre l’uso del frutto sembra essere una consuetudine di popolazioni diverse che, indipendentemente, erano arrivate a consumare l’uva, l’uso del vino inizia in Medio Oriente (anche in questo caso intorno al V millennio).

A questo punto si ferma la selezione inconscia operata dai primi raccoglitori o i primi agricoltori ed è con il diffondersi dell’agricoltura che inizia il vero lavoro di “miglioramento genetico” mirato ad usi specifici, che gli agricoltori di tutto il mondo hanno portato avanti fino al XIX secolo.

Dall’inizio della sua storia, la coltivazione della vite si è diffusa at-traverso rotte o piste commerciali, espandendosi con successo in zone temperato−calde, per arrivare ad essere presente, intorno all’inizio del II millennio a.C., in tutta l’area del Mediterraneo orientale. In questo lento avanzare l’uomo portava, oltre alle conoscenze sulla coltivazio-ne, anche il materiale vegetale dei luoghi di origine allevato probabil-mente a fianco di nuovo materiale, selezionato in ogni zona, e così, nel tempo, si sono individuati alcuni definiti “centri di selezione” che a loro volta sono diventati punti di diffusione per nuove colonizzazio-ni.

La “prima” esplosione della vite termina con la colonizzazione di tutti i territori adiacenti il Mar Mediterraneo ad opera dei Greci, ma soprattutto dei Romani.

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), anche per la viticoltura inizia la decadenza e, nell’Europa occidentale, la vite rimane nel Medioevo confinata ai castelli, alle chiese e monasteri, o comunque in zone “sicure”, ove le piante erano molto curate.

Con la caduta dell’Impero Romano d’Oriente (1453 d.C.) la vite subisce una ulteriore contrazione, poiché i musulmani non usano vino, ma subito dopo con i grandi viaggi di esplorazione e con la scoperta dell’America, si registra la seconda esplosione della vite, che salpa

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con Colombo, in venti anni attraversa l’istmo di Panama e di lì si e-stende a Nord e Sud delle coste americane affacciate sul Pacifico.

Figura 1. Carta delle isoterme e dei venti (Fonte: Atlante Geografico, Tipogr. Val-lardi, inizio XX secolo).

Dopo pochi anni raggiunge le terre americane del Sud Atlantico,

all’inizio del 1600 sbarca nelle regioni del Nord Atlantico con poco successo per la presenza di un parassita che a tutt’oggi rappresenta il principale nemico della V. vinifera, la Phylloxera vastatrix, e solo più tardi entra in Africa del Sud e, alla fine del 1700, sbarca in Australia direttamente dall’Europa; nel XIX secolo la vite ha colonizzato il mon-do.

Attualmente la coltivazione della V. vinifera si estende su poco meno di 8 milioni di ettari, occupando tutti gli areali compatibili con questa adattabile specie (fino alle isoterme di +10 °C), con la massima concentrazione nell’emisfero boreale (fino a 50° di latitudine Nord

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contro i 40° di latitudine Sud) (Fig. 1); questo è dovuto sia alla scarsità di terre emerse nell’emisfero australe ad alte latitudini, sia alla partico-lare situazione orografica delle regioni australi, che non riduce né o-stacola le correnti fredde antartiche che possono risalire nel Sud Ame-rica fino a latitudini tropicali; particolare è la situazione della coltiva-zione in Cile, ove una corrente marina antartica fredda mantiene situa-zioni favorevoli alla crescita della vite anche nelle aride zone subtro-picali del Nord del Paese.

La diffusione verso le latitudini superiori è limitata dalla moderata tolleranza al freddo di questa specie; il meccanismo di resistenza è quello della sovraffusione con un limite abbastanza modesto, intorno ai −20 °C, mentre altre specie di Vitis (es. V. amurensis, asiati-co−orientale), con lo stesso meccanismo, possono resistere a tempera-ture molto più basse (fino a −40 °C).

Procedendo dalle zone subtropicali verso l’equatore la sua diffusio-ne è limitata dalla presenza, nella specie, di un meccanismo adattivo idoneo a superare i periodi invernali, chiamato dormienza; si tratta di una inibizione endogena dei singoli meristemi gemmari, che impedi-sce lo sviluppo delle gemme alla ripresa vegetativa se queste non han-no trascorso un rilevante numero di ore in condizioni di “basse” tem-perature (fabbisogno in freddo); tuttavia, malgrado questa severa “bar-riera biologica”, oggi, la coltivazione si sta estendendo anche nelle zone equatoriali, ove tecniche adeguate e opportuni vitigni permettono di realizzare tre raccolti in due anni.

Nella fascia utile di coltivazione, poi, la vite, soprattutto se allevata per il vino, trova le migliori condizioni nelle zone a clima mediterra-neo, cioè quelle caratterizzate da estati calde con ridotte precipitazioni e con elevato irraggiamento; ma, nella grande variabilità di ambienti che sono inclusi in questa fascia utile, la adattabilità di questa specie ne permette la coltivazione in aree apparentemente inospitali; nella Russia dai rigidi inverni veniva allevata aduggiata per far sì che la col-tre di neve proteggesse le piante dai freddi intensi, mentre ancora oggi in alcune zone subdesertiche dell’Afghanistan, tormentate dai venti, è allevata su piccoli contrafforti di terra (Fig. 2) portati ad altezza d’uomo, costruiti in serie serrate che offrono riparo dal vento, molti-plicano la superficie disponibile e forniscono il substrato per le radici di piante tenute a densità elevatissima.

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Figura 2. Sistema di coltivazione su “contrafforti” in Afghanistan (foto Giordani).

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2. Aspetti morfologici e fisiologici della crescita e della ri-produzione La struttura della pianta

La vite è una specie lianosa, con un fusto strisciante sul terreno che risulta in grado di superare gli ostacoli “arrampicandosi”, utilizzando strutture particolari, i cirri, che consentono al tralcio (ramo) di potersi attaccare ad ogni tipo di supporto, vivo o morto.

Questa struttura è il risultato di una evoluzione e specializzazione di organi gemmari estremamente raffinate, che hanno permesso al ge-nere Vitis di affermarsi in ogni parte del mondo; il cirro (viticcio), rappresenta non solo lo strumento con il quale la vite riesce a raggiun-gere le cime degli alberi più alti, ma è anche la forma “alternativa” (omologa) del grappolo, potendo le piante a seconda delle condizioni e necessità evolvere l’organo in una delle due direzioni.

I tralci sono nettamente divisi in porzioni di varia lunghezza, corte verso la base, allungate nella zona centrale del tralcio, dette meritalli od internodi, al termine di ognuno dei quali esiste una struttura più o meno rigonfia, definita nodo, sempre costituita da due parti (sistema binario): da un lato si ha la formazione del cirro, di un grappolino o, come nella vite europea, di una “struttura” ridotta ad un piccolo ab-bozzo (vestigia) o assente del tutto, dall’altro, in posizione quasi op-posta, è presente la foglia con un complesso gemmario molto articola-to.

La fillotassi Con questa struttura del ramo sembra che la fillotassi possa essere

1:2; tuttavia i diversi autori non sono concordi: secondo Fregoni1, la vite è a foglie opposte ed alterne; secondo Mezzetti−Bambacioni2 è

1 M. FREGONI, Viticoltura di qualità, Phytoline, Affi (VR) 2005. 2 V. MEZZETTI BAMBACIONI, Botanica sistematica, Liguori, Napoli 1986.

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