Migliora Il Sonno, Migliorerai La Vita

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 Pierre fluchaire Migliora il sonno migliorerai la vita  prefazione di piero scanziani titolo dell'opera originale la révolution du sommeil traduzione dal francese di giorgio fubiani ::::::::::::::::: collana di biblioterapia :::::::::::::::::::::::::: copyright 1985 (r)elvetica» edizioni s'a' - chiasso prima edizione gennaio 1986 elvetica Troppo spesso rincorriamo di notte il sonno che non arriva, troppo spesso rincorriamo di giorno la lucidità offuscat a dalla sonnolenza. Ne derivano a donne e uomini le stanchez ze costanti, le tensioni, gli errori di comportamento, le crisi, le malattie psicosomatiche. Il sonno è per natura la nostra officina di riparazioni psic hiche e fisiche, ma non sappiamo più usarla. Pierre Fluchaire, uno dei massimi studiosi mondiali d'ipnologia, ci dà in questo libro, attraente e prezioso, tutti i metodi pratici per prevenire l'insonnia o eliminarla, per addormentarci in pochi istanti e svegliarci al momento desiderato. Il sonno deve, come nell'infanzia, tornar soave di notte e deve di giorn o servirc i in piccole dosi per brevi pause ben distribuite, segrete e ristoratrici. E Fluchaire ci rivela a nche il mistero del sogno. Saper dormire è la chiave del saper vivere. Nato nel 1931, diventato ingegnere all'école Centra le di Parigi, capo di grandi azien de, Pierre Fluchaire da trent'anni si occupa delle scoperte mondia li che hanno fatto progredir e le nostre conoscenze sul sonno e il sogno. Si è dedicato alla ricerca e alla diffusione d i queste scoperte tramite conferenze, c orsi, tavole rotonde, convegni. Ha fondato il Club du sommeil et du rêve e presieduto a Pa rigi nel 1 981 il primo Congresso europeo sul sonno e il sog no con la partecipazione di medici, psicologi, ipnologi, biologi. Ha scritto importanti opere d'ipnologia teorica e pratica. Piero Scanziani - Pierre Fluchaire, un maestro Pierre Fluchaire è un maestro e questo suo libro è magistrale. In francese s'intitola La révolution du sommeil e difatti è rivoluzionario n on perché ci sconvolga, anzi perché ci riordina secondo la disposizione nativa e dimenticata.

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Pierre fluchaire

“Migliora il sonno

migliorerai la vita” 

prefazione di piero scanziani

titolo dell'opera originale

la révolution du sommeil

traduzione dal francese di

giorgio fubiani

:::::::::::::::::

collana di biblioterapia

::::::::::::::::::::::::::

copyright 1985

(r)elvetica» edizioni

s'a' - chiasso

prima edizione gennaio 1986

elvetica

Troppo spesso rincorriamo di notte il sonno che non arriva, troppo

spesso rincorriamo di giorno la lucidità offuscata dalla

sonnolenza.

Ne derivano a donne e uomini le stanchezze costanti, le tensioni,

gli errori di comportamento, le crisi, le malattie

psicosomatiche.

Il sonno è per natura la nostra officina di riparazioni psichiche

e fisiche, ma non sappiamo più usarla.

Pierre Fluchaire, uno dei massimi studiosi mondialid'ipnologia, ci dà in questo libro, attraente e prezioso, tutti i

metodi pratici per prevenire l'insonnia o eliminarla, per

addormentarci in pochi istanti e svegliarci al momento

desiderato. Il sonno deve, come nell'infanzia, tornar soave di

notte e deve di giorno servirci in piccole dosi per brevi pause

ben distribuite, segrete e ristoratrici.

E Fluchaire ci rivela anche il mistero del sogno. Saper dormire è

la chiave del saper vivere.

Nato nel 1931, diventato ingegnere all'école Centrale di Parigi,

capo di grandi aziende, Pierre Fluchaire da trent'anni si occupa

delle scoperte mondiali che hanno fatto progredire le nostreconoscenze sul sonno e il sogno. Si è dedicato alla ricerca e

alla diffusione di queste scoperte tramite conferenze, corsi,

tavole rotonde, convegni. Ha fondato il Club du sommeil et du rêve e

presieduto a Parigi nel 1981 il primo Congresso europeo sul sonno

e il sogno con la partecipazione di medici, psicologi, ipnologi,

biologi. Ha scritto importanti opere d'ipnologia teorica e

pratica.

Piero Scanziani - Pierre Fluchaire, un maestro

Pierre Fluchaire è un maestro e questo suo libro è

magistrale. In francese s'intitola La révolution du sommeil e

difatti è rivoluzionario non perché ci sconvolga, anzi perché ci

riordina secondo la disposizione nativa e dimenticata.

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Forse la bellicosità che ci sembra propria dell'uomo e che ha

insanguinato i secoli e ancora insanguina i continenti e minaccia

d'annientare il genere umano non è connaturata alla malvagità

della nostra stirpe, ma piuttosto ci deriva da millenni di malsonno,

di sogni bassi e angosciosi, lontani dalle altitudini

celestiali che pure sempre traspaiono serene nel sonno e c'invitano a

salire.

 Abbiamo ormai ali inette, simili a galli perpetuamente

bellicosi, serrati nei pollai, ridotti allo svolazzo vacuo e alla

monotonia del battibecco.

Fluchaire promette di ridarci lievi le ali angeliche e vi

riesce, se appena lo ascoltiamo. Il suo discorso è completo e

piacevole, energico e cordiale, persuasivo e pratico per tutti e per

ognuno. Associa armoniosamente i ritrovati scientifici

occidentali alle sperimentate sapienze orientali.

 Al principio del #'ijj l'americano Mccollum, biochimico, diede

inizio a una nuova scienza degli alimenti, basata sulle vitamine,

su d'un nutrimento vario e completo, su cibi naturali, su d'unadimenticata dietetica che oggi cambia e migliora il modo

d'alimentarsi dell'Occidente.

 Analogamente il francese Fluchaire, alla fine del #'ijj, ha dato

principio a una nuova ipnologia, scienza del sonno, che par

destinata a modificare profondamente la vita intera di quanti

vivranno il 2000. Il malsonno nuoce ancor più dell'alimentazione

errata.

Chi è Fluchaire? Nato nel 1931, è diventato ingegnere all'école

Centrale di Parigi e già durante questi studi ha cominciato ad

occuparsi del sonno, c'informa Elisabeth Fontannaz. Pierre, da

studente, aveva stabilito di primeggiare all'école Centrale

ottenendo il massimo dei voti e così prese a cercare quanto potevafacilitargli l'impresa, ardua. Anzitutto avrebbe per certo dovuto

studiare e molto, poi migliorare l'alimentazione ed equilibrare

l'intera sua giornata, come un atleta che si prepari a un

primato. E le lunghe ore perdute nella notte? Così fu indotto ad

approfondire le sue conoscenze sul sonno.

Fluchaire racconta: (r)Mi dedicai a fondo all'ipnologia, leggendo

tutti gli studi scientifici allora disponibili e mettendoli

in pratica. Presto imparai a dormire più spesso di giorno, di

notte meno ma in modo più concentrato e profondo».

I suoi condiscepoli si sorprendevano nel vederlo capace di brevi

pisolini ad ogni momento e in ogni luogo, uscendone ravvivato e

pronto alle interrogazioni e agli esami.L'ingegner Fluchaire divenne direttore d'importanti imprese,

pur continuando a seguire gli studi e le ultime scoperte dei centri

mondiali d'ipnologia. Da tante e variate esperienze trasse le sue

tecniche che ritrovano le leggi naturali e ci consentono il

rifiorire della nostra vita. Ne derivano il Congresso europeo sul

sonno e il sogno, il Club del sonno e del sogno, le conferenze, le

interviste alla stampa, alle radio e alle televisioni, i libri di

cui questo è il risultato maggiore.

Giorgio Fubiani ci ha dato una versione dal francese svelta e

sintetica, che tien conto sia delle esigenze del lettore di lingua

italiana, sia della fisionomia propria di questa Collana di

Biblioterapia che, con la presenza di Pierre Fluchaire,s'arricchisce d'un eccezionale protagonista.

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Prima parte - Riabilitare il sonno

Il sonno in altri tempi

e sotto altri cieli

Hypnos, re di tutti i beati, dei

mortali e di tutti i viventi,

che la vasta terra nutre, solo

tu comandi a tutti e avviluppi i

corpi con dolci legami. Tu can-

celli le inquietudini, ristori dal

-le fatiche, consoli da tutti i

dolori, allontani il timore del-

la morte e rassereni gli animi,

perché tu sei padre di Léthe e

fratello di Thanatos. Vieni, o

beato, ti supplico di venire,

dolce e profondo, e di esserepropizio a quelli che ti offrono

pii sacrifici. Tu sei più utile

ai mortali dell'aria che respirano

e del miele che mangiano.

Esiodo

Soltanto la nostra civiltà e la nostra cultura

disprezzano tanto il sonno. Gli antichi ne avevano quasi tutti,

qualunque fossero i luoghi e le epoche, un altissimo concetto. I

Romani, i Greci, gli Egiziani, etc', ebbero, per esso, un sacro

rispetto turbati dai suoi misteri e per attirarsene i favori lo

deificarono. Per gli Egiziani era Set, il Dio delle Tenebre,

vincitore ogni sera di Osiris, che impersonificava il tramonto delsole, ma Horus, figlio di Osiris e d'Isis, vendicava il padre

sconfiggendo Set ogni mattina all'alba.

Il sonno aveva dunque, per essi, un significato

religioso, come lo ha attualmente per molti altri popoli, in

India, in Birmania, nelle Molucche, etc'.

I Romani ne avevano un'idea più serena e il poeta Ovidio dice:

Sonno, riposo delle cose, oh dolce divinità!& Pace dell'anima che

scaccia le preoccupazioni,& accarezza e ristora gli stanchi corpi.

Per essi, come per molti uomini dei nostri giorni, era il mezzo

per comunicare con gli Dei e le anime (dei morti prima di loro);

nel sonno, l'anima andava a trovarli per raccogliere i messaggi che

essi desideravano comunicare agli esseri viventi addormentati. Ilsonno rappresentava, nello stesso tempo, una prova dell'esistenza

degli Dei, dell'anima e della sopravvivenza dei morti.

In seguito, questa concezione mistica è stata tramandata

attraverso decine di secoli da filosofi e maghi che cercavano di

interpretare i messaggi segreti ricevuti e trasmessi nel sonno, che

era considerato un punto di incontro tra la terra e l'Aldilà.

La grande rinconciliazione

con il sonno

Il sonno, alimento supremo nel&

festino della vita.

Shakespeare

Presso quasi tutte le trib- primitive, ancor oggisopravvissute, il sonno ha sempre rivestito un carattere rituale,

essendo considerato come un momento privilegiato durante il quale

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l'anima, il soffio vitale, o, più semplicemente, la mente del

dormiente, abbandona il corpo per attingere un'altra dimensione, un

altro mondo popolato dagli antenati, dalle divinità, dalle

anime del clan.

Fra queste trib- si citano gli Yakuti della Siberia, gli indiani

Ojibwan, i Masai, i Dobuans, i Trobriandais e altre popolazioni

d'Africa, America e Asia.

Per altri, specialmente africani, il sonno riveste un carattere

così prezioso, di necessità vitale e prioritaria da considerare

lecito e naturale di poter dormire dovunque e quando si vuole.

Ma se tante civiltà antiche e contemporanee hanno adorato il

sonno e continuano ad adorarlo, forse anche noi occidentali

dovremmo cominciare a prenderlo in seria considerazione;

ne trarremmo un grande piacere e un enorme profitto, inteso

in tutti i sensi possibili, da quello più concreto, materiale,

fisico, a quello più sottile, astratto e spirituale. Non si

tratta più di prosternarsi davanti a lui, coprirlo di fiori e

d'incenso, portarlo al settimo cielo, conferirgli poteri divini,si tratta semplicemente, giudicandolo freddamente e

pragmaticamente, di riscoprirne il senso e la funzione più

autentici.

Se gli Antichi lo avevano deificato per noi si tratta di imparare

ad amarlo di più, piuttosto che di temerlo, di conoscerlo,

ed apprezzarlo meglio, per analizzare più a fondo il suo valore

insostituibile e le ricchezze nascoste che può procurarci. Ma

occorre sapere guardarlo. La prima cosa di cui ci occuperemo sarà

la sua riabilitazione, la revisione di quella specie di processo

in seguito al quale lo abbiamo condannato senza nemmeno

ascoltarlo, senza che nessuno ne prendesse realmente le

difese, senza avvocato e con molti accusatori, direttori,testimoni a carico, dopo un'imputazione sommaria, senza ragioni

reali, senza la costituzione di una istruttoria, senza prove

stabilite formalmente.

Questa è la nostra impresa: la revisione ragionata di questo

processo e di questa condanna, la riapertura del dossier, la

presentazione di una nuova linea di difesa. Ci preoccuperemo anche

di restituirgli le sue nobili credenziali, perché venga nuovamente

onorato come conviene, come merita.

E occorre, prima di tutto, se intendiamo veramente (r)girare

pagina», iniziando la nostra evoluzione del sonno, soprattutto,

non essere influenzati dai nostri vecchi umori, al contrario essere

mossi da un autentico serio interesse. Bisogna ora che scopriamoil suo vero volto, simpatico, accogliente e sorridente, perché

riteniamo opportuno illustrarne l'aspetto attraente prima di

mostrarne l'alto interesse.

E se è vero che il sonno ha, come Giano e come tutti noi, due

facce, pensiamo che si debba tentare di disegnarne una: quella celata

quasi a tutti, quella che è forse la sola autentica (la faccia

(r)abituale» potrebbe essere, dopo tutto, immaginaria, frutto della

nostra ignoranza). Per usare un linguaggio alla moda, dobbiamo

ridare al sonno il suo (r)marchio di qualità».

Ed è necessario, in primo luogo, amarlo prima di

diventarne schiavi, dobbiamo re-imparare ad amarlo se vogliamo,

ogni notte, (r)fare l'amore» con lui. Il sonno è stato spoetizzato, percui, ora, occorre riscoprire il suo lato piacevole,

straordinario come può esserlo un viaggio fantastico, con i suoi

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imprevisti, certamente, ma in regioni magnifiche, un'esplorazione

(perché con esso si possono fare, ogni notte, le più incredibili

scoperte) in un regno sconosciuto, in un paese strano ma non

straniero; e non un viaggio (r)agli Inferi» come alcuni credono

ancora, ma al paese degli Dei e dei Beati.

Dopo tutto, si può considerare come una crociera offertaci

dalla natura ogni giorno completamente gratuita e tuttavia di

grande interesse. Il sonno (r)non costa nulla» e ci offre, come

detto, un viaggio in un'altra dimensione (certamente in un'altra

(r)nostra» dimensione), in un altro universo. E anche se avesse solo

questo aspetto piacevole, anche se non fosse altro che la nostra

porzione di (r)festività» quotidiana, dobbiamo riconoscere che si

tratta di ben altro che di una semplice assenza di vita.

Il sonno è poi ancora più attraente e desiderabile,

soprattutto se vi si aggiunge un pizzico di arcano che lo rende

pieno di sorprese e ancora più accattivante. C'è anche l'aspetto

mitico e mistico che gli riconoscevano gli Antichi; d'altronde non

bisogna dimenticare che la notte siamo più vicini a Dio, in sincroniacon l'insieme della Creazione, con la totalità del Cosmo; è per

questa ragione che gli ordini monastici officiano e meditano di

notte.

Ogni sera invasi da un riflusso di marea che ci sommerge e ci

trascina al largo, lontano, nell'oceano della notte. Certamente

non navighiamo sempre su onde calme, in un mare d'olio; vi

sono talvolta correnti e mareggiate che ci trascinano; talvolta si

leva anche il vento e la tempesta e rischiamo d'incontrare

scogli e frangenti, può capitare di sentirsi perduti, alla

deriva, come un bambino abbandonato. Ma il mattino successivo, se

abbiamo imparato a svegliarci, riusciamo ad approdare a spiagge

molto piacevoli.E a questa traversata compiuta solitariamente,

segretamente, al riparo dagli altri e dai loro sguardi

indiscreti, bisogna restituire non soltanto il suo carattere

benefico, ma anche la sua bellezza e il prestigio. Dormire è un

piacere ed insieme un godimento; addormentarci è dolce come lo è

una crema al cioccolato per i bambini, uno stato d'ebrezza per

gli adulti, è addirittura voluttuoso, dice J' Bouton. Se si pone

mente a tutto questo, le nostre notti possono essere deliziose,

calde e stellate come quelle andaluse.

Nel sonno dobbiamo ritrovare anche quello (r)stato di grazia»

proprio dell'infanzia dimenticata, con i suoi lati giocosi,

divertenti, ricreativi e distensivi, quel bagno di giovinezzache rappresenta un compenso necessario alla nostra vita spesso

troppo seria e colma di preoccupazioni. La tradizione definisce

questo secondo universo il rifugio dei demoni, ma è piuttosto

quello degli angeli, dei folletti, il regno della fantasia,

della risata, dell'umorismo ed anche del sorriso, che non

quello dell'angoscia e della paura ingiustificata. E' il rifugio

della nostra infanzia ritrovata, perché, come afferma Nietzsche,

in ogni uomo si nasconde un bambino che vuole giocare e nella nostra

civiltà, forse troppo razionale, deve aspettare la notte per

farlo. Anche prima di addormentarci ogni sera è una (r)nascita

all'universo». Il sonno può essere anche, dice Freud, come una

rinascita all'universo, quasi (questa espressione è nostra, non diFreud) perché può ricondurci alle nostre vite precedenti e a

riviverle momentaneamente.

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C'è anche il lato avveniristico del sonno se lo

consideriamo come un viaggio nel futuro, come anticipazione del

futuro (e forse, perché no, nel proprio futuro, quello della vita

attuale e forse delle vite successive); e questa funzione

promotrice indubbiamente è da tenersi in considerazione.

 Anche se il sonno non è, come troppi ritengono, che un semplice

bagno nel fiume dell'oblio (il Lete delle antiche leggende),

molto spesso, fortunatamente, è anche un tuffo in quello dei

nostri ricordi ed è capace così di procurarci ancora grandi piaceri.

E anche se dormire è soltanto fantasticare, è pur bene fare

qualcosa senza scopo utilitario, senza nessun altro motivo che il

desiderio di distrarsi, di cambiare, di muoversi su quella comoda

nave che è il nostro letto.

Per riabilitare pienamente il sonno facciamo appello ad alcune

citazioni importanti.

Una di Goethe: (r)Dolce sonno, tu giungi come felicità pura,

spontaneamente, senza essere né pregato né implorato. Tu sciogli i

pensieri più amari, confondi le immagini di gioia e di dolore, ilcerchio delle armonie interiori si spande liberamente e, invasi da

una piacevole follia, raggiungiamo le profondità».

Un'altra, di Cervantes: (r)Il sonno, come un mantello, copre

l'uomo completamente, il suo corpo e i suoi pensieri. E'

nutrimento per chi ha fame, bevanda per chi ha sete, calore per chi

ha freddo, frescura per chi ha caldo; è la moneta per

acquistare a buon mercato tutte le gioie del mondo, la bilancia che

pesa imparzialmente la merce del re o del pastore, del saggio o

dell'idiota».

Sì, occorre far rinascere l'appetito e la sete per il sonno.

(r)Mi addormentai, ed al mio risveglio scoprii che le mie

preoccupazioni avevano perduto molto della loro violenza» diceancora Sant'Agostino, e Shake-

speare: (r)Sonno che dipani le matasse di preoccupazioni, bagno

vivificante del lavoratore stremato, balsamo per gli animi feriti,

secondo cammino della vita».

Il sonno è accogliente e disponibile nei confronti di tutti e

senza far distinzioni, qualunque siano i meriti o i demeriti di

ognuno. No, il sonno non è il vuoto, il nulla, né il caos,

disordine, dominio dell'aleatorio, come molti credono. E' una

festa, si esibisce tutte le notti in un balletto

meravigliosamente, meticolosamente sincronizzato, animato da

esecutori che conoscono perfettamente il loro ruolo, per averlo

ripetuto ed eseguito più volte: queste sono le nostre Identitàsconosciute che sorgono mentre noi dormiamo per disegnare la

notte.

Ecco qualche altra citazione tratta dalla rivista Vital. Sono

massime

anonime, ma ci aiuteranno a riabilitare meglio il sonno:

(r)E' un folle piacere addormentarsi in due; in coppia, è una

partenza per un viaggio magico diviso in due; è una scoperta

dell'altro sempre rinnovantesi».

(r)La notte i sentimenti diventano più reali che durante il

giorno, a letto l'amore cessa di essere un'idea,

una parola: diventa percettibile, come uno sconfinato dolce

calore».(r)Chi dorme è sempre in uno stato di tenerezza; c'è nel sonno

un abbandono che commuove. Persone quasi antipatiche durante

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il giorno, diventano attraenti e simpatiche quando dormono».

Bisogna che ci mettiamo in testa che il sonno è un dono, un

banchetto servito al festino della vita, un qualcosa che si gusta

e si degusta. E' necessario diventare (r)gastronomi del sonno»

(non si dice, forse, che il sonno ristora al pari del cibo?). E'

il regalo più prezioso della natura: dormire bene rappresenta

uno dei servizi più importanti, per riuscire nella vita. Il sonno

è uno dei cinque fattori principali della salute che proprio dal

riposo trae i maggiori benefici. Dormire è una delle tre funzioni

vitali (le altre due sono la assimilazione e l'eliminazione). E

per meglio chiarire l'immagine nuova che cominciamo ad avere del

sonno, dobbiamo sapere che, al di là della salute, egli è anche:

- sorgente di bellezza: una buona notte di sonno per il vostro

colorito e le vostre rughe vale più di tutti i prodotti di bellezza

del mondo;

- sorgente di giovinezza perché rallenta l'usura e quindi

l'invecchiamento;

- sorgente di longevità, senza di lui moriremmoprematuramente;

- sorgente, infine, d'equilibrio, di gioia di vivere.

Si deve riconoscere che il sonno è veramente una delle più

grandi forze e uno dei più grandi piaceri della vita.

Inoltre, rappresenta l'intera libertà ritrovata ogni notte,

perché possiamo farci beffe tanto della logica quanto della

morale (anche se, pur mancando ogni legge, non veniamo per questo a

trovarci in piena giungla); si infrangono tutti i tab-, i divieti,

ogni censura personale e collettiva viene abolita, i condizionamenti

vengono cancellati e i complessi scompaiono. (r)Accade quella cosa

straordinaria che solo l'esperienza del letto mi può dare:

l'incontro tra il mondo del conscio e quello dell'inconscio.Dove ricavo straordinarie energie. Non è strano pensare che è nella

posizione di abbandono del corpo che si trae la forza più grande

che ci permette d'affrontare la vita? Ma la nostra civiltà tecnica

non comprende il sonno; lo considera sprecato, pigrizia,

decadenza. E' sufficiente invece perderlo per capire quanto sia

importante il suo ruolo nella felicità della vita»; così si legge in

 Vital.

Dormire non è soltanto un bisogno, è anche una gioia; non è un

ingrato lavoro, è un piacere, non è una punizione, ma una

ricompensa. Il sonno è tutte queste cose e molte altre che

scopriremo insieme, passo a passo, in questo continente così

vasto (forse senza limiti), così fruttuoso (senza dubbio almenotanto e forse anche di più di quello geografico), così

appassionante da esplorare e poi da sfruttare, per accedere alla

matrice di potenza che dorme in noi, alle profondità dei misteri

della vita, del mondo e dell'Aldilà.

La vita non è una battaglia, solo l'Occidente lo afferma e a

torto. L'Oriente ci insegna che la vita è e deve essere armonia

e questo concetto esistenziale è importante per una corretta

valutazione del sonno; ma è ancora più importante adottare una

concezione armonica del sonno stesso, perché, perdendo il gusto

del dormire, si finisce per perdere quello del vivere. Voltaire

diceva che il cielo ci aveva dato due cose per controbilanciare le

tante pene della vita: la speranza e il sonno. Ebbene, il sonnostesso è l'apportatore della speranza.

La scienza occidentale dice:

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il sonno non è uno stato passivo

Il sonno, forma attiva della per

-sonalità, che condiziona il rendi

-mento fisico e psichico dello sta

-to di veglia.

 A' Missonard

Il sonno non deve essere conside-

rato come semplice passività, ma

come un impegno attivo dell'orga-

nismo.

G' Fisher

Se vogliamo avere un'immagine nuova del sonno occorre ridargli

la vita e, a questo scopo, cancellare dalla nostra mente l'idea un

po' fredda, compassata e statica che ne avevamo fino ad ora; perché

volendo procedere sulla via della scoperta del carattere umano e

del suo stato inconscio, è indispensabile che, sin dall'inizio,scompaia il vecchio, trito concetto della condizione passiva

del sonno, inteso come cessazione, assenza, negazione; ormai è

soltanto una definizione completamente superata quella

dell'inglese Carter che definisce il sonno (r)una sospensione

provvisoria dello stato di veglia».

Il sonno non è uno stato durante il quale ogni funzione rallenta

o addirittura s'arresta, altrimenti esso non

avrebbe altro ufficio che quello di procurare un semplice riposo

con la cessazione d'ogni attività.

Questo concetto limitativo può derivare solo da un esame

superficiale e da una grossolana analisi basati su semplici

apparenze. Ma non dobbiamo lasciarci trarre in inganno dal fatto cheil dormiente viene a trovarsi tagliato fuori dal mondo esterno

(restandovi legato solo per mezzo dell'udito), silenzioso quasi

immobile, spesse volte inerte e inanime in alcune fasi.

Tutto questo è ingannevole e noi dobbiamo cercare insieme

di conoscere la verità. Se è vero che la comunicazione con

l'esterno è in gran parte interrotta, sospesa (però non per tutto il

periodo del sonno e mai tanto quanto si possa pensare), è per

creare le condizioni ideali per dare inizio ad

una altra attività, (r)la fine di qualcosa è sempre l'inizio di

una altra» dice un proverbio cinese, è per consentire l'inizio di

un'altra manifestazione vitale, il manifestarsi di eventi di altra

natura, è per lasciare il campo libero ad un'altra vita, piùintensa, appassionante, ad una attività complicata e sofisticata,

discreta e segreta e per questo ignorata.

Non è più possibile ormai, con il progresso della scienza

e con le conoscenze acquisite (benché la maggior parte delle

attività del sonno restino ancora sconosciute) considerare il sonno

come un mare di silenzio turbato talvolta da sogni o da bruschi

risvegli. Non è più possibile intenderlo come un vuoto universo,

come il nulla o come la dimensione dell'assenza, una sorta di isola

deserta o meglio un deserto o, ancor peggio, una specie di

enorme (r)buco» spalancato, senza fondo, né come l'infinito

regno della monotonia e della noia, dove non succede niente, dove

non esiste nulla e nessuno.Oggi, questa teoria è stata abbandonata da tutti, da tempo è

stata sostituita da un'altra più rigorosamente scientifica.

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I ricercatori come il prof' Passouant sanno, in effetti, che il

sonno non è uno stato di completo annichilimento, non è una porzione

di tempo isolata, distinta dalla veglia, al contrario, tutto lo

ricollega: il suo ritmo, la sua fisiologia, la sua chimica.

Secondo E' Schüller: (r)non è una semplice interruzione del

corso della vita», (r)non è un difetto delle facoltà coscienti»;

anzi è un'attività e non una negazione. Infine, (r)una

concezione del sonno come stato di completa passività è

semplicemente insostenibile».

più si riflette, in effetti, sul senso biologico del sonno e

della sua funzione, più ci convinciamo che non può essere intesa in

senso passivo, ma che è, in tutti i suoi caratteri, una funzione

attiva, che non ha nulla di negativo, scrive ancora J' Lhermitte.

Ma allora, se il sonno è attivo, se cioè implica un

movimento, un cambiamento, una trasformazione, in che consiste

questa attività? Ora sappiamo che è, pure latente, molto intensa e,

seppur variabile, senza un attimo di sosta. Tutte le

osservazioni e le verifiche effettuate lo mostrano e lodimostrano.

(r)Le registrazioni con micro-elettrodi a contatto di un neurone

(cellula cerebrale) hanno mostrato che le scariche elettriche

delle cellule nervose erano quantitativamente importanti tanto nel

sonno che nella veglia» (Passouant). D'altra parte durante il

cosiddetto sonno paradossale (di cui parleremo in seguito) il

cervello non solo è sveglio, ma anche particolarmente attivo e

attento. La resistenza locale alla corrente elettrica, il

potenziale diretto del tessuto corticale, il flusso di sangue

attraverso la corteccia, sono vicini ai valori che assumono

durante lo stato cosciente (à) si osserva che la temperatura del

cervello resta quasi costante durante gran parte del sonno (à).Il calore cerebrale che esprime, apparentemente, un tasso elevato di

metabolismo, essenziale per la vivacità dello spirito e per

l'intelligenza, si avvicina a quello dell'individuo sveglio nei

momenti di attività e attenzione massimali (à), in realtà, le

frequenze di carica superano talvolta quelle dello stato di veglia

in condizioni psico-fisiche normali, e si avvicinano a quelle dei

momenti di crisi o di rabbia.

Si potrebbe affermare che, mentre dormiamo, diventiamo più

(r)intelligenti». Si può anche dire (anche se questo è dovuto al

fatto che sono meglio sincronizzate) che le onde delta del sonno

più profondo, per esempio, se sono circa venticinque volte più lente

di quelle dello stato di veglia, sono venticinque volte più potenti(il loro voltaggio è, infatti, venticinque volte più forte).

Possiamo dunque affermare con sicurezza che il sonno non è né una

disattivazione né una attivazione del cervello, ma che è uno stadio

di riorganizzazione funzionale cerebrale, un regolatore del

sistema nervoso, oltre a possedere un'attività propria originale,

come vedremo più avanti.

In ogni caso: (r)Nel sonno, il cervello non è mai in stato di

inerzia, come pretendono certi seguaci grossolani delle teorie

materialistiche» (Cabanis).

Possiamo ora affermare che l'attività cerebrale è, mentre

dormiamo, altrettanto ricca di quella che avviene allo stato

cosciente e che, soprattutto, interessa altre zone del cervello.E J'M' Robert dice: (r)Nel sonno a onde lente la corteccia

funziona poco, ma è l'ipotalamo ad essere attivo».

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Ciò è molto interessante e ci permetterà di capire perché un

certo numero di facoltà superiori, abitualmente assenti durante la

veglia, si attivino mentre dormiamo. In questo modo, il sonno può

dunque essere considerato come una delle più importanti

attività della vita interiore, e non più come

un'interruzione, una fuga da questa.

(r)Quella che è stata ritenuta per lungo tempo la parte non

cosciente, passiva della vita, svolge, in realtà, un'intensa

attività psicologica» (Ch' Gelmann).

(r)Le cellule del cervello lavorano ad un ritmo

allucinante: ventiquattro ore al giorno. E' per questo che hanno

bisogno di molto ossigeno e glucosio; la mancanza dell'uno e

dell'altro, anche per pochi minuti, provoca la morte. Ciò può

sembrare strano perché crediamo che dormendo il cervello si

riposi, mentre in effetti lavora»

(A'E' Nourse).

Si potrebbe pensare che, per esprimere la sua massima attività,

approfitti del fatto che il corpo, mentre dormiamo, è relativamenteimmobile. Ma, anche sul piano fisico, se in rapporto allo

stato di veglia si manifestano, nel sonno, movimenti e gesti

in misura molto inferiore e se un certo numero di funzioni risulta

rallentato (respirazione, circolazione, metabolismo, etc') non

dobbiamo, per questo, generalizzare e dimenticare che alcune di

queste funzioni continuano normalmente ad assicurare il proprio

servizio; come, per esempio, la digestione, e che altre sono

più attive durante il sonno che durante l'attività quotidiana; è

questo il caso, per esempio, del funzionamento del sistema

parasimpatico, di quello del sistema endocrino, della

sudorazione, della eliminazione dei sali minerari, etc'. La

barba ed i capelli, per esempio, mentre dormiamo, crescono piùrapidamente.

 Vedremo come anche sul piano psicologico si compia, nello

stato cosiddetto impropriamente di incoscienza, un formidabile

lavoro sotterraneo, grazie al quale certi meccanismi funzionano ad

un elevato numero di giri, per permettere il rinnovo di altri.

Forse,

ora possiamo raffigurarci sua Maestà il Sonno diversamente da una

statua di marmo senza calore e senza vita, come quella del

Commendatore del Don Giovanni: la figura s'è animata ed è divenuta

più umana e interessante.

Lo psicologo inglese Myers ha scritto che (r)il sonno non è una

faseinattiva, ma è dotato di facoltà proprie». E' giunto il momento,

ora, di

esaminare insieme quali siano queste (r)facoltà proprie».

Il sonno serve, prima di tutto,

a rigenerarci Abbiamo detto che il sonno non è, o non

soltanto, la cessazione di qualcosa, è l'inizio di

un'altra cosa. Dimostrazione che non corrisponde a un periodo

durante il quale (r)non succede nulla», ma in cui, al contrario,

si manifesta un'importante attività fisica, fisiologica e psichica.

 A questo punto, si pongono alcuni interrogativi: a cosa serve,

dunque, tutta questa attività, qual è il suo scopo, quali ne sono gli

effetti, l'influsso, le conseguenze sulla nostra vita cosciente?Tutto questo lavoro, questi cambiamenti, queste fluttuazioni,

queste modificazioni somatiche e psichiche non possono certo

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essere (r)gratuiti». Qual è l'utilità di tutto questo? Perché

tutti questi meccanismi così completi, questi processi così

ingegnosi, così meravigliosamente congegnati e organizzati?

 Vedremo, in maniera pratica, che la macchina umana è una macchina

eccezionale o, secondo le parole di Cristo, (r)la meraviglia

delle meraviglie». Infatti possiede, come tutte le macchine

viventi e contrariamente a tutte le altre macchine, la capacità

unica di ripararsi da sé, e la sua officina di riparazioni è

il sonno. Si potrebbe anche dire che il sonno è una specie di

clinica dotata di una infinità di servizi e di specialisti.

Si potrebbe anche, con un'immagine forse un po' più comune e

semplicistica, ma molto significativa, raffigurarlo in una delle

sue numerose funzioni, come una (r)Stazione di servizio», attiva solo

durante le ore notturne, che avesse l'incarico di accudire il

nostro (r)veicolo», non effettuando le grosse riparazioni, ma la

normale manutenzione.

Durante il giorno, questa (r)stazione» resterebbe aperta solo per

rifornirsi di carburante all'ora dei pasti. La notte vi si lavora atutto spiano, perché al mattino si possano recuperare le forze e la

coordinazione psico-fisica; perché i nostri corpi affaticati dal

lavoro, avvelenati dalle tossine accumulate durante il giorno,

con il sistema nervoso a pezzi, ricuperino il loro perfetto

funzionamento al fine di restituire, al risveglio, un corpo ed un

intelletto non nuovi ma rinnovati, pronti ad affrontare altre

fatiche.

Durante la veglia si manifestano usura e consumo; il sonno è

pronto a ristabilire l'equilibrio del nostro (r)conto in banca»;

altrimenti diverremo sempre più deficitari di energie fino ad

essere debilitati, e la vita stessa non sarebbe più possibile. Non

dormiamo soltanto per dormire, perché è una cosa piacevole,dormiamo anche per rigenerarci; il sonno è una delle forme

dell'istinto di conservazione come lo sono il nutrimento

(conservazione individuale) e la riproduzione (conservazione della

specie).

Durante il sonno, avviene un gran lavoro di

ricostituzione, si potrebbe dire di ricostruzione, del nostro

organismo. Ma occorre capire che tutta questa opera di

rinnovamento è possibile non solo grazie ad un semplice gioco di

rallentamento di un certo numero delle nostre funzioni e

all'immobilità relativa del corpo e delle facoltà mentali, a una

generale diminuzione del consumo energetico (il metabolismo,

durante il sonno, è diminuito) che permetterebbero, con questostato di passività, di compensare la perdita d'energia del

periodo della veglia. E' vero che questo rilassamento permette di

saldare i debiti contratti durante la giornata. Ma non bisogna

dimenticare che c'è anche nel sonno lento, un enorme lavoro

attivo, positivo, essenzialmente costruttivo.

Si è scoperto, per esempio, molto recentemente che durante

il sonno lento, e soprattutto durante il sonno profondo o

profondissimo, viene elaborato un ormone necessario per ottenere e

mantenere un corpo sano: un ormone somatropo o ormone di

crescita, che ha l'ufficio di attivare il processo di sintesi

proteica. Essenziale per lo sviluppo del bambino, è ugualmente

indispensabile per l'adulto.Le proteine sono grosse molecole costituite da acidi amminici

attaccati gli uni agli altri come le perle di una collana. E'

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la costituzione delle proteine, a cominciare da questi acidi, a

consentire la formazione dell'ormone. Queste proteine servono

alla costruzione delle cellule e sono presenti in tutti i tessuti

del corpo. Parecchie decine di miliardi di cellule muoiono ogni

giorno, tenendo conto che ne possediamo circa centomila miliardi

e che il nostro corpo si rinnova interamente (ad eccezione di

alcune cellule nervose) ogni sette anni. L'ormone somatropo

stimola la produzione di nuove cellule per rimpiazzare quelle morte,

rinforza l'ossatura, tonifica i muscoli e ricostruisce i

tessuti. Precisiamo tuttavia che la rigenerazione delle

cellule avviene ventiquattr'ore su ventiquattro ma che (r)la

punta della secrezione di certi ormoni ipofisari coincide con

i periodi di sonno profondo e profondissimo. E' questo il

caso dell'ormone somatropo della prolattina e di altri ormoni al

momento della pubertà» (Adams e Os-

wald).

 Avviene dunque, mentre ci troviamo in queste due fasi, un

processo molto importante per il mantenimento dell'equilibrioorganico nell'adulto e per la crescita nei bambini. L'ormone

citato è infatti indispensabile per lo sviluppo dell'organismo e, in

particolare, dello scheletro. E' evidente quanto l'azione

rigeneratrice del sonno sia importante per il bambino.

Ma questo ormone detto della crescita, secreto

dall'ipofisi, non serve solo ai bambini ma a tutti, regola

l'attività degli ormoni sessuali, accelera la riparazione delle

fratture ossee, fa diminuire il tasso di colesterolo nel sangue.

Bisogna parlare anche di altri ormoni, ugualmente

importanti, fabbricati dalle glandole surrenali e chiamati ormoni

corticosteroidi. Questi non si accumulano nel sangue in maniera

costante e in quantità progressivamente crescente fino almattino, la loro crescita è caratterizzata da brusche pulsioni

coincidenti col manifestarsi delle fasi del sonno paradossale.

Questi ormoni sono uno dei fattori determinanti della nostra

vitalità, della nostra resistenza alla fatica e alle infezioni;

regolatori del metabolismo e delle riserve della nostra energia,

agiscono ugualmente sulla trasmissione degli impulsi nervosi ed

esercitano, fra le altre, anche un'azione sull'acutezza dei

nostri sensi. In breve, si può affermare che, durante il sonno,

avviene una circolazione intensa di numerosi ormoni la cui

funzione fondamentale è quella di rimettere il corpo in grado di

funzionare.

Oltre all'attività interna degli ormoni, durante il sonnoviene anche rigenerato l'insieme delle glandole. (r)Durante lo stato

di veglia, le glandole endocrine si affaticano e si spossano.

Occorre che esse facciano nuove provviste ormonali. Il sonno glielo

consente», precisa il dr' Gautier.

La cicatrizzazione delle piaghe avviene durante il sonno profondo

e profondissimo, l'azione assimilatrice dei minerali nel corpo

avviene esclusivamente durante il sonno. Così il difetto di

mineralizzazione che provoca, fra l'altro, la caratteristica

freddolosità tipica di quelli che non dormono bene.

Tutto questo ci dà soltanto una pallida idea del

fantastico lavoro fisico sotterraneo che si compie ogni notte

dentro di noi. Lo si può paragonare al lavoro che avviene sottoterra, nell'humus durante l'inverno (in un trascurabile metro

quadrato si affacendano incessantemente milioni di esseri

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microscopici) e che prepara il risorgere della vita vegetale

primaverile, come il sonno, silenziosamente, prepara la nostra

quotidiana rinascita.

Durante il sonno (e quasi esclusivamente, sembra, durante

la fase che come vedremo è detta (r)paradossale») si svolge un assiduo

lavoro per la riattivazione del nostro cervello e della nostra

personalità psichica. Per sapere quali sono le attitudini

psicologiche che vengono come (r)messe in disparte per la

riparazione», Hartmann esamina quelle che, durante il sonno, sono

assenti - almeno parzialmente (perché qualcuna di esse non viene a

mancare del tutto) - e dunque messe a riposo quando sognano.

Per esempio: le facoltà razionali sono meno (r)logiche», meno tese

o meno concentrate, la disposizione percettiva risulta molto

alterata o meno controllata; il tempo e lo spazio sono

organizzati meno bene; i contorni dello spazio visuale sono

imprecisi e siamo solo a metà coscienti del tempo. Anche la

capacità di giudizio resta attenuata dal momento che nel sogno si

accettano eventi bizzarri e insoliti senza provare nessunasorpresa.

E' stato dimostrato che, nel bambino, le fasi del sonno

paradossale sono particolarmente importanti per la maturazione del

cervello, v'è una relazione significativa fra la durata del sonno e

le capacità d'adattamento scolastico.

Il dr' J'M' Robert ha bene riassunto così il ruolo del sonno

paradossale: (r)Esplica una proficua azione di restauro per le

funzioni del cervello; si tratta di un processo di

autoverifica e forse di autoriparazione dei circuiti corticali e

sottocorticali indispensabile alla loro integrità funzionale

messa a dura prova quotidianamente da emozioni di ogni sorta, dal

rumore, dall'eccesso di lavoro, talvolta anche dai tossici (fraquesto, la palma va all'alcool)». Secondo E' Hart

-mann il sonno a onde lente ha l'incarico di cancellare la fatica

fisica, mentre il cosiddetto sonno paradossale elimina la

fatica psichica, quella che sopravviene dopo una giornata

di attività intellettuale ed emotiva, questa spesso accompagnata

da tensione ed anche da rigidità muscolare.

Se consideriamo che il sonno profondo e quello

profondissimo hanno corso soprattutto nella prima parte della

notte e il sonno paradossale nella seconda, possiamo affermare che

il ricupero fisico ha luogo in questa prima parte e quello

psichico nella seconda (tenendo però ben presente che, nella

realtà, una divisione così netta non è possibile).(r)Dormire, quando si è fanciulli, è maturare, è

svilupparsi quando si è adolescenti, è ricuperare l'equilibrio

energetico quando si è adulti, è rimediare alle deficienze

dell'età quando si è vecchi», ha scritto J' Bouten.

Il sistema simpatico è la batteria dell'organismo e insieme

il catalizzatore. La notte, per mezzo del sonno, il simpatico

si ricarica ricostituendo dunque il potenziale energetico e

nello stesso tempo rafforzando le facoltà mentali.

La sera, dopo il tramonto del sole, entriamo nel periodo che i

cinesi chiamano yin che succede a quello denominato yang della

giornata, cioè al periodo attivo.

Le altre funzioni del sonno Il sonno ci solleva periodicamentedalla forza di gravità e questo non è il più trascurabile dei suoi

benefici. In effetti la gravità è una forza implacabile, il primo

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dei nostri nemici e questo soprattutto per due motivi: questa

forza ci lega, ci incolla al suolo e ci attira verso il centro

della terra in attesa di farcivi entrare definitivamente.

L'essere umano, assumendo la stazione eretta qualche milione

di anni fa (e di questo non dobbiamo dispiacerci, perché ha

rappresentato il primo passo di transizione dall'ominide

all'uomo), ha sfidato la forza di gravità adottando un'attitudine

innaturale, che ancora ci impone sforzi per il suo mantenimento.

La stazione eretta è penosa, e per una gran parte del nostro

corpo, per la stessa ragione, anche quella seduta. Queste due

situazioni, per esempio, ostacolano la circolazione del sangue:

la parte del corpo che si trova al di sotto della pompa è troppo

irrorata perché il sangue ha difficoltà a risalire a causa della

gravità e, all'incontrario, si ha irrorazione insufficiente nella

parte che è al di sopra e in particolare nel cervello.

 Alla stessa maniera, la gravità comprime la nostra colonna

vertebrale (questo edificio di piastrine cave formanti una lunga

pila: le vertebre) e questo provoca lo schiacciamento dei tessutiche vi sono intercalati.

Dormire significa mettersi periodicamente in posizione

orizzontale e questo apporta uno stato di (r)leggerezza». In questo

modo, tutte le parti del corpo sono irrorate equilibratamente; le

gambe lo sono meno e ciò dà loro ristoro, il cervello lo è di più e

ciò gli è di grande vantaggio.

 Aggiungiamo che di notte, con la colonna vertebrale in posizione

orizzontale, l'acqua riaffluisce nei tessuti gelatinosi e ridà

elasticità a tutto l'asse vertebrale.

L'azione antigravità del sonno è come un ritorno a uno stato,

come quello onirico, di euforica leggerezza ed è molto importante.

In conclusione possiamo affermare che tutto, nella vita, siriduce ad una lotta contro l'azione del tempo espressa per mezzo

della gravità.

Molti hanno una nozione (r)orizzontale» dello scorrere del tempo.

Costeau ha detto: (r)la vita è una caduta orizzontale». In realtà noi

abbiamo un concetto piuttosto (r)verticale» del fluire del tempo, che

ha la tendenza ad attrarci verso il basso;

- sul piano fisico, la lotta contro l'invecchiamento è

soprattutto contro l'appesantimento del volto o del corpo;

- sul piano spirituale diventiamo, man mano che passano gli anni,

sempre più materialisti e le nostre preoccupazioni in gran parte

discendono dal cervello verso le parti più basse del corpo;

- poi, alla fine scendiamo nella tomba alla stessa manieradelle antiche città che restano sepolte da strati di terreno

successivi a seconda della loro antichità come avviene per i

sedimenti geologici.

In qualche maniera il sonno, sospendendo la gravità, frena

anche il corso del tempo e la sua azione.

Un'altra delle meravigliose funzioni del sonno è data dal suo

ricupero periodico dello stato fetale. Dal momento in cui chiudiamo

gli occhi ed iniziamo ad inoltrarci nel regno della notte,

comincia un viaggio straordinario: risaliamo a ritroso il tempo

perché ripercorriamo a una a una, all'incontrario e

velocemente, tutte le tappe che abbiamo percorso sin dalla nostra

prima infanzia ed anche, in realtà, sin dalla nostra nascita. Viene a sparire progressivamente tutto ciò che

costituisce la nostra personalità, tutto ciò che l'ha formata nel

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corso degli anni, anno dopo anno (e le prime a sparire sono le

esperienze più recenti): l'attenzione, la logica, la volontà, il

senso di responsabilità etc', e anche la nozione del tempo che,

contrariamente a quanto possiamo comunemente pensare, non è

istintiva ma acquisita: i fanciulli, i popoli detti primitivi, gli

animali hanno una nozione del tempo completamente diversa dalla

nostra. Notiamo che si tratta di una scomparsa riguardante

soprattutto i concetti di relazione che veniamo a perdere

addormentandoci e per tutto il periodo del sonno: ciò permette di

esercitare liberamente altre funzioni importanti che, durante lo

stato di veglia, restano soffocate, come l'immaginazione, la

creatività etc'.

Il sonno riporta dunque transitoriamente il nostro stato psichico

a quello delle origini che è una condizione sine qua non del sonno

stesso. Freud ha scritto: (r)Quando ci svestiamo ogni sera,

riportiamo il nostro corpo ad uno stato primitivo; alla stessa

maniera dormendo spogliamo la nostra psiche, la spogliamo di tutte

le sue esperienze e torniamo non solo con la nudità del corpo, maanche con quella dell'anima alla condizione di un neonato». Un

ritorno che non implica affatto regressione né vuoto.

La cosa straordinaria poi è che il momento in cui prendiamo

sonno, ogni sera, è anche una nascita all'incontrario. La vita

fetale ci protegge dal mondo esterno. Subito dopo la nascita,

scrive Ferenezi, il primo sonno (r)altro non è che una riuscita

riproduzione dello stato nell'utero materno: tutti i sogni

successivi costituiscono il periodico intorno a questo stadio».

Nel sonno, e soprattutto in quello paradossale (peraltro è

praticamente dimostrato che il feto è costantemente, al cento per

cento della gestazione, in una situazione analoga a questa fase),

siamo realmente in condizioni psico-fisiche assomiglianti a quellein cui veniamo a trovarci nel ventre materno: calore delle

coperte, oscurità, silenzio quasi totale. Siamo come nel liquido

amniotico; spesso, riprendiamo istintivamente la posizione

fetale.

Composizione di un ciclo

di sonno

Durata d'ogni ciclo: da 100' a 130'. Nel corso di una notte si

succedono 4-5 cicli.

Ecco le 5 fasi per ogni ciclo: Fase 1, vegli passiva, durata 5';

Fase 2, sonno lento, durata 20'; Fase 3, sonno profondo, durata

10'; Fase 4, sonno profondissimo, durata 55'; Fase 5, sonno

paradossale, durata 10'-15'; Punto 0, risveglio semicosciente, durata1'-3'. In seguito comincia da capo un nuovo ciclo di sonno con le sue

5 fasi.

 Valore del sogno Bisogna tener conto anche delle funzioni del

sonno paradossale mediante il sogno, perché è quasi esclusivamente

durante questo periodo che sognamo. Il sonno libera il cervello

da tutti i condizionamenti imposti dall'educazione, da tutte le

discipline, obblighi e tab- d'ogni specie; nel sogno siamo fuori non

solo dal tempo psicologico e liberi dalla gravità, ma anche

sciolti da tutte le convenzioni: non

esiste più, per esempio, la nozione artificiosa e relativa del

passato.

Scompaiono tutte le cappe di piombo che, durante il giorno,ci schiacciano, ci accusano, ci obbligano a reprimere i nostri

impulsi, imbrigliano alcune facoltà intellettuali,

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l'intuizione, l'irrazionalità, lo spirito di sintesi ecc'.

Il sonno paradossale, per mezzo del sogno, è il grande

disinibitore, perché, in questa fase, viene abolito ogni tipo di

censura, personale, sociale e religiosa; il sogno, secondo Freud,

rappresenta l'espressione dei nostri desideri.

 Ascoltiamo il prof' Bourguignon: (r)Ciò che si desidera fare, ciò

che si desidera vivere, ma che non si ha la possibilità di

trasformare in realtà cosciente, viene vissuto

allucinatoriamente (l'allucinazione è una percezione senza

oggetto fisico). Il sogno, quindi, è l'espressione dei nostri

desideri più profondi, che spesso risalgono all'infanzia. Siamo

nella situazione ottimale durante la fase paradossale, perché non

vediamo, sentiamo e percepiamo nulla: ci troviamo completamente

tagliati fuori dall'esterno. Tutto il nostro mondo interiore,

come avviene nella pentola di una strega, risale, animandosi, a

livello conscio. Tale è la teoria freudiana che, all'epoca, pur

essendo posta in termini rigorosamente scientifici, apparve

rivoluzionaria».Tuttavia, il sogno non è soltanto l'espressione di un

desiderio, ma ne è anche la realizzazione.

Lo spettatore di un film, anche se è preso dall'azione che si

proietta davanti ai suoi occhi, non ne resta mai totalmente

coinvolto; chi sogna, sì. Nel sogno l'inverosimile non esiste; può

succedere di tutto. Per esempio, non ci sorprendiamo affatto se

voliamo in cielo o se parliamo con una persona ormai scomparsa da

tempo.

Il sogno è anche una valvola di sicurezza essenziale per il

nostro equilibrio mentale, perché rappresenta quel tanto di pazzia

che esiste in ognuno di noi. Per questo, Schopen-

hauer ha potuto affermare: (r)Il sogno è una breve follia e lafollia un lungo sogno». Si potrebbe anche osservare che, in una

certa maniera, una delle sue funzioni principali è quella di

evitare che facciamo pazzie durante il giorno, perché, grazie al

sogno, le facciamo di notte. Non dobbiamo credere che i sogni

migliori siano quelli (r)rosa»; al contrario, sono proprio quelli più

pazzi a risultare i più riposanti e ristoratori.

Il sogno, placando i nostri conflitti interiori, ci mette al

riparo dalle turbe psichiche gravi che avrebbero impedito di

addormentarci o che, una volta addormentati, avrebbero

turbato il nostro riposo. Del resto, è opportuno rimarcare che

è proprio alla fine di ogni ciclo di sonno, dopo il sogno, che

iniziamo una nuova fase: ogni porzione di sogno prepara epermette il ciclo successivo. Ci troviamo così ben lontani ed

anche in contraddizione con la credenza assai diffusa secondo la

quale il sogno altro non è che una specie d'incidente di percorso,

che è un (r)guastafeste».

Con la funzione liberatoria v'è anche quella

compensativa. (r)Sonno: è questa l'ora in cui le prigioni e i

collegi sono meno tristi», dice Certigny.

Per chi si trova in una situazione di isolamento, il

carcerato, per esempio, il sogno rappresenta l'evasione, la

libertà; grazie a lui, egli sopporta meglio le frustrazioni,

senza di lui soffrirebbe di una insopportabile claustrofobia.

D'altronde, nei carcerati, la durata del sonno paradossaleaumenta. In realtà la funzione compensativa riguarda tutti noi,

perché siamo tutti, più o meno, incarcerati, perché soffriamo

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spesso per i limiti che la realtà ci impone. Il sogno abbatte

questi limiti e consente a ciascuno di evadere dalla realtà

quotidiana, quando questa è troppo dura, aiutandoci, così, a

sopportarla meglio.

Il carcerato concentra la propria indipendenza nel sogno,

non disponendo di altro; per tutti noi, invece, è un mezzo

d'evasione, dopo una giornata di (r)reclusione» durante la quale

siamo stati soffocati da un mondo angusto. Il sonno ci dà quello che

la vita ci nega: è la rivincita sul destino, soprattutto per i

diseredati.

L'anziano sogna di essere giovane, il brutto di essere bello,

il debole forte, il povero ricco, il subalterno di poter comandare e

addirittura di poterlo fare nei confronti del proprio capo. Il sogno

ripara, di notte, le ingiustizie della giornata ed è probabile che,

senza di lui, certuni non potrebbero sopportare le condizioni della

propria esistenza.

Ma se il sonno ha una grande importanza per l'insieme della

nostra vita psichica, lo è in maniera particolare nei riguardidelle nostre facoltà intellettuali. Protegge la nostra ragione ed

esercita la nostra immaginazione. Il fanciullo sogna molto più

dell'adulto che, a sua volta, sogna in media cento minuti per

notte. Il neonato sogna circa per la metà del suo tempo di sonno

e ciò può avvenire otto ore su ventiquattro (un prematuro arriva al

75% circa); un bambino che risulti deficiente di sonno e in

particolar modo della fase paradossale, accusa, sul piano

dell'intelligenza, un ritardo che spesso si rivela

irrecuperabile.

Nella lunga catena dell'evoluzione animale, il sonno paradossale

è un segno d'evoluzione cerebrale e va di pari passo con

quest'ultima; è nel camaleonte che si comincia a trovarne unatraccia e, dopo di lui, anche gli altri animali sognano: gli

uccelli, i mammiferi, etc'; ma non dobbiamo però prendere tutto

ciò troppo alla lettera, perché altrimenti il gatto domestico

che sogna duecento minuti per notte (è il campione del mondo

in questo campo) risulterebbe molto più evoluto di noi. E forse è

veroà

Praticamente, il sogno compare a cominciare dagli animali

detti (r)a sangue caldo» o, più semplicemente, da quelli che

mantengono la temperatura corporea costante (omeotermi) durante

la notte, mentre dormono, indipendentemente dalle variazioni

esterne; e questo è molto significativo: il sogno è, in fondo,

l'emanazione di questo calore interiore, di questo fuoco interno,di questa combustione che mantiene la (r)fiamma» che hanno dentro e

che sanno conservare in loro mentre dormono: si sogna quando si

possiede il (r)sonno caldo».

Ma per il bambino, il sogno serve anche alla maturazione

affettiva, perché il cucciolo dell'uomo nasce immaturo sotto

tutti gli aspetti. Il neonato è cullato, vezzeggiato (r)tenuto

nella bambagia» e gli viene evitato qualsiasi tipo di turbamento:

prova un senso d'angoscia, di paura, solo quando sogna. Spitz

dice che un soggetto di otto mesi che non ha avuto angosce

oniriche è in ritardo affettivo.

(r)L'attività cerebrale del sogno è la migliore scuola della

vita, perché ci insegna il piacere e il dolore. Il sogno perfettoè divertente e ci riempie di gioia; talvolta è triste e ci fa

piangere ma, quando finisce, ci lascia in uno stato di serena

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piacevolezza. La vita, per un neonato, è cosparsa di difficoltà

oniriche da cui impara a liberarsi», precisa J' Bouton.

Del resto, il sogno è ugualmente prezioso per l'adulto perché è

lo sport dello spirito. Se guardiamo, sotto il profilo della pura

razionalità, alla nostra attività fisica sportiva (corsa, nuoto,

sollevamento pesi, gioco del football, dove ventidue giocatori

si contendono lo stesso pallone) questa ci appare un po' insensata,

strana. Ebbene, il sogno, anche lui insensato e strano, è la

cultura psichica, è l'esercizio della nostra mente. E ha anche

un'enorme importanza per la memoria.

Per capire meglio quanto abbiamo affermato, paragoneremo il

funzionamento del cervello a quello di un calcolatore

elettronico (naturalmente, anche se il primo è molto più

importante del secondo, anche se presentano alcune analogie nel

funzionamento). Vi sono due maniere di servirsi di un

calcolatore: il funzionamento detto on line nel quale,

quest'ultimo riceve o invia informazioni ad altri apparecchi: per

esempio, a terminali, fatturatrici, etc' e quello definito offline durante il quale viene a trovarsi completamente isolato

dall'esterno e funziona autonomamente: rielabora i suoi programmi in

funzione delle informazioni che ha ricevuto, cancella i vecchi

programmi, li aggiorna, ne imposta di nuovi. Senza questo lavoro,

fornirebbe informazioni inesatte, impazzirebbe.

Durante il giorno, in stato di veglia, il cervello è collegato

con l'esterno mediante i sensi dai quali riceve le informazioni

necessarie; ne trasmette, a sua volta (attività muscolari:

gesti, meccanismi motori, parole, scrittura, etc'): lavora cioè

secondo il sistema on line.

Durante la fase paradossale siamo off line,

completamente tagliati fuori dal mondo esterno ed è curioso, aquesto proposito, notare che anche l'attività off line di un

calcolatore ha luogo ugualmente di notte.

Nella stessa fase, il cervello ricupera e raccoglie tutte le

informazioni ricevute e immagazzinate: le classifica, le ordina,

trasferendone alcune dalla memoria a breve termine a quella a

lungo termine.

Un'altra funzione straordinaria del sogno, che Michel Jouvet ha

scoperto e studiato, è la seguente: avviene, durante la fase

paradossale, una riprogrammazione genetica; per il feto, che

apparentemente sogna ventiquatt'ore su ventiquattro, si tratta di

programmazione genetica. Per facilitarla, la gestante, durante la

gravidanza, raddoppia il tempo di sonno paradossale la cui durataritorna normale (nel caso che non debba allattare) tre settimane

dopo il parto. Ma, dopo la nascita, per il bambino, per l'adulto e

per la persona anziana, ogni notte viene a riproporsi la

revisione di questo programma congenito.

Soffermiamoci un po' su questo ruolo eccezionale e unico del sonno

che gli restituisce, in parte, l'importanza che aveva perduto in

laboratorio. Si tratta del programma ininterrotto della specie (e

anche delle specie viventi anteriori), eredità di oltre trentamila

secoli, che viene fissato subito nei mesi che precedono la

nascita. Inoltre, ogni notte, partendo da zero e nell'immobilità

del corpo, questa eredità si richiama incessantemente alla

nostra memoria, come una lezione ripetuta più volte da uno scolaro,che deve memorizzarla.

E per meglio comprenderne la grande utilità dobbiamo far presente

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che tutto ciò che abbiamo di innato neurologicamente è sottoposto,

durante l'attività diurna, alle costrizioni dell'ambiente che

ci circonda; così, l'organismo approfitta dei momenti onirici per

reintrodurre nelle nostre immagini mentali i modelli di comportamento

spontaneo (il gatto, per esempio, sogna di dare la caccia al topo).

Se questa operazione fosse resa impossibile, l'ambiente

esistenziale condizionerebbe a sé ogni nostra attività. E il

nostro libero arbitrio sarebbe compromesso. Effettivamente, il

comportamento, le reazioni, i pensieri, i gesti, i sentimenti di un

individuo dipendono insieme da ciò che dalla nascita ha appreso

dalla realtà in cui vive (dato acquisito) e dal (r)magazzino

genetico» ereditato nascendo (dato innato).

Il sogno ha, dunque, una parte fondamentale per la

conservazione dei nostri istinti di sopravvivenza e della nostra

individualità; grazie a lui, ci sottraiamo in parte all'influsso del

mondo esterno, possiamo resistere alla formidabile pressione sociale

che cancellerebbe completamente la nostra originalità. Senza di

lui, diverremmo relitti facili a lasciarsi condizionare, sottometteretotalmente dagli altri. E' quanto possiamo constatare nei

confronti di certe persone (fortunatamente molto rare) che non

sognano del tutto. Da rilevare che tutti sognano circa cento minuti

per notte, ma la maggior parte non si ricorda di averlo fatto.

I nostri sogni, dunque, sono (r)i custodi del patrimonio

ereditario»; rispettando, in parte, la libertà umana,

riprogrammando il patrimonio genetico, arricchendolo delle

esperienze acquisite che diventano, così, a loro volta,

ereditabili», dice D' Cyrelle.

 Abbiamo paragonato il sonno a un viaggio che ci procura

l'evasione dalla realtà, talvolta l'esotismo: è la vacanza

quotidiana che la natura ci offre, una vacanza che, talvolta, è (r)disogno». La fase paradossale, per mezzo del sogno, ci

(r)coinvolge» in tutti i sensi del termine; e non si tratta di

(r)coinvolgimento collettivo», perché, il sogno, anche se è molto

spesso (r)affollato» da altre presenze, rappresenta sempre una

spedizione con partenza solitaria.

Il sogno è anche una distrazione: ci porta, ogni notte, al

cinema; il film proiettato è appassionante perché, essendo

totalmente coinvolti in esso, ne siamo insieme l'autore, il

regista, il dialogista, il coreografo, lo sceneggiatore e il

protagonista; senza contare che ne siamo anche lo spettatore. E' un

film spesso a colori e a episodi. La vicenda è quella della nostra

vita e tutti i personaggi che vi incontriamo altro non sono cheimmagini di noi stessi, anche se sognamo, ad esempio, il nostro

portinaio o se incontriamo animali che, simbolicamente, sono

rappresentazioni di noi stessi. Grazie al sogno, possiamo accedere

ad un'altra dimensione di noi stessi, la (r)dimensione perduta» di

Goethe. Il nostro inconscio trova in esso la possibilità di

affiorare e di manifestarsi pienamente; e il suo linguaggio non è,

appunto, quello diretto delle parole, ma quello delle immagini e dei

simboli.

Rappresenta, in realtà, il nostro io autentico, profondo;

l'altro, quello che si esprime principalmente durante il giorno,

non è che un'entità superficiale ed anche un po' artificiosa, unio di relazione e di rappresentazione.

E' questo il motivo per cui il sogno è essenziale se vogliamo

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conoscerci e comprenderci. (r)Conosci te stesso, e conoscerai

l'universo e gli Dei», questo famoso principio è scritto sul

frontone del tempio di Delfi.

In tempi più vicini a noi, nel 1949, Sri Aurobindo ha affermato

che (r)se s'impara bene ad interpretarli, i nostri sogni ci possono

dare la conoscenza dei segreti della nostra natura e di quella degli

altri».

Le funzioni dimenticate

Il sonno deve essere un rifugio

Per soffocare il rancore e culla-

re la indolenza, Dio, toccato dal

rimorso, aveva creato il sonno.

Baudelaire

Caro m'è il sonno e più l'esser

di sasso,& mentre che il danno e

la vergogna dura,& non vedere, non

sentir m'è gran ventura;& però nonmi destar deh, parla basso.

Michelangelo

Dopo aver preso conoscenza delle funzioni (r)ufficiali» del sonno

(evasione dai condizionamenti esterni, approfondimento della

conoscenza di noi stessià) siamo ora pronti a prendere in esame

le altre meravigliose funzioni che esso ci offre e di cui abbiamo,

in gran parte, perduto l'uso o per ignoranza, o più precisamente per

averle dimenticate.

Seneca, filosofo romano contemporaneo di Cristo, diceva che,

quando andava in città, al ritorno s'accorgeva (r)d'aver perduto

l'anima». Noi viviamo nella società e, a meno di vivere come

eremiti o anacoreti, non possiamo evitare la realtà urbana.Ora, la vita sociale ci mette in uno stato di disagio per tutto

il tempo (sedici o diciassette ore) che trascorriamo in stato di

veglia. Fortunatamente, ogni notte, nel rifugio salvifico del

sonno, ritroviamo la nostra anima.

Durante la giornata, l'essere umano, per mezzo dei sensi, è

in relazione con la realtà circostante e, per mezzo del linguaggio

e della scrittura, con gli altri individui. Sfortunatamente,

questa vita di relazioni è caratterizzata da una conflittualità quasi

permanente.

Bisogna tener conto, infatti, che l'uomo, come tutti gli esseri

viventi, da quando esiste la vita sulla terra (più di tre miliardi

di anni), deve, per sopravvivere, essere costantemente sul (r)chivive», deve permanentemente lottare per proteggere la propria

vita, difenderla e, per questo, deve adattarsi ad un ambiente

spesso aggressivo. D'altronde, lo stress non è che la reazione

dell'organismo per adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente.

Certo, oggi, la società ci protegge; ma in cambio di questo

esige un certo numero di obblighi: sono le regole, le leggi, le

discipline, i doveri, etc' e alcuni di questi entrano in conflitto

con le nostre inclinazioni naturali, i nostri impulsi istintivi,

il nostro desiderio di libertà e di fantasia.

In più, dobbiamo tener presente che la coscienza morale che

l'uomo ha acquisito e sviluppato (in misura lieve, essendo essa

ancora embrionale e fragile) è appena sufficiente a generareconflitti interiori, ma assolutamente insufficiente a risolverli,

superarli. La vita di relazione e la coscienza morale ci mettono, in

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ogni istante, durante lo stato di veglia, in contatto con la realtà

che talvolta è dura e persecutoria. Eliot afferma: (r)L'uomo non può

sopportare troppa realtà».

 A un certo momento, il (r)calice è colmo» ed abbiamo bisogno,

a intervalli regolari, di sganciarci dalla quotidianità e dal suo

ambiente, di fuggire e trovare un rifugio: e questo rifugio ce lo

offre il sonno.

Ci si può domandare: ma, in realtà, dov'è che nel sonno si

rifugia l'uomo? In quale luogo? A quale porto approda? Quale (r)covo»

raggiunge? Quale oasi lo ha attratto? Questo supremo rifugio

quotidiano è il (r)ventre materno», non ne conosce di migliori né

di più sicuri.

Dello stesso avviso è Dement, quando dichiara che l'uomo,

interrompendo la propria vigilanza, fugge la paura del nero, dei

pericoli dell'ambiente; ma questa affermazione va intesa in

senso più estensivo, in quanto, dormendo, fuggiamo anche da tutti

i nostri conflitti interiori ed esteriori.

Il sonno rappresenta la tregua quotidiana, la domenica e levacanze del nostro vivere quotidiano.

Durante la guerra, alcuni soldati, in una situazione di estrema

tensione come sotto un bombardamento, durante il mattino caddero

improvvisamente in un sonno profondo pur avendo dormito regolarmente

la notte precedente. Si cita anche il caso di un celebre

banchiere, Morgan, che, nel 1907, aggredito da clienti nel corso

di una crisi finanziaria, si addormentò subitamente e

profondamente. Napoleone, dopo aver subito la prima sconfitta,

s'addormentò in pochi secondi e dormì per trentasei ore filate

senza avere sonno arretrato da ricuperare.

Il sonno è il miglior rifugio dell'uomo e questa è, forse,

la sua funzione più nobile, ma anche la più trascurata. Perchél'occidentale non sa trarne profitto; addirittura, accade il

contrario: (r)perdiamo» il sonno proprio quando,

paradossalmente, abbiamo maggiori pensieri, maggiori contrarietà,

difficoltà e quindi, quando abbiamo bisogno di tutta la nostra

forza, del nostro coraggio per superarli e appunto del sonno per

ristorarci ed aiutarci a dimenticarli.

Gli abitanti di Bali, per esempio, quando tutto va bene, quando

sono felici, cantano e ballano una parte della notte, quando

invece se la passano male, dormono giorno e notte.

Non bisogna arrivare al punto di dire, con Chamfort, che (r)la vita

è una malattia di cui il sonno ci conforta», occorre però ridare

al sonno il valore fondamentale di rifugio, perché costituiscel'unico, autentico antidoto naturale della vita moderna, con i

suoi stress, i suoi effetti distruttivi nei confronti della

nostra salute.

Dobbiamo ricuperare, coltivare, utilizzare questa funzione

meravigliosa, preziosa e benefica: quando siamo sottoposti

a problemi, ad affaticamento o anche solo semplicemente

allo scoraggiamento, dobbiamo allora rifugiarci nell'alternativa

offertaci dal sonno. E anche nel caso di dispiaceri o di

(r)colpi duri», perché (r)raramente il sonno visita chi è triste ma,

quando lo fa, è un potentissimo consolatore», come diceva già

Shakespeare.

Ed è meglio rifugiarci nel sonno, in ogni caso, che, comefanno alcuni, nell'alcool, nella droga, nel gioco, nella

dissolutezza, o più di frequente, nell'abboffata compensativa;

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altri quando hanno problemi, si rifugiano perfino nella

iperattività, nel surmenage.

Spesso i pensierosi, gli inquieti, i disadattati sociali sono dei

grandi dormiglioni, perché sanno che il sonno è il (r)luogo» o

meglio lo stato nel quale mettersi fiduciosamente al riparo; perché

è sempre pronto ad (r)aprirci le braccia» per accoglierci,

proteggerci, aiutarci; è il nostro alleato, il nostro amico

dall'infanzia, a cui possiamo sempre fare appello in caso di

difficoltà, un fedele a cui possiamo confidarci liberamente.

 Anche il criminale può dormire tranquillamente; solo la sua

cattiva coscienza può eventualmente turbargli il sonno, dal momento

che la polizia, per quanto potente possa essere, non può intervenire

ad arrestarlo tra il tramonto e l'alba. Anche la legge, dunque,

protegge il sonno in Occidente poiché gode giuridicamente

dell'immunità.

Il sonno è un appuntamento

con noi stessi

Maschere addormentate in fondo almio stagno aprono gli occhi per

guardarmi dentro.

Henri Certigny

Il sonno, oltre alla sua funzione difensiva, soddisfa anche il

desiderio profondo, il bisogno vitale per ogni uomo, di ritrovarsi

la sera con se stesso, nel suo intimo giardino, nella sua oasi

personale e segreta.

Già, ogni sera, si ritira nella sua casa, davanti al proprio

focolare, dove è solo o, meglio, dove è circondato solo da persone

care: parenti, talvolta amici, con i quali trascorrere la serata. Ma

ciò non basta: sente il bisogno di spingersi oltre e si ritira nella

propria camera che occupa da solo o che divide con qualcuno con cuiè unito intimamente. E anche quando ha spento la luce e chiuso

gli occhi, sente ancora, imperioso, il bisogno di ritrovarsi, solo

al mondo, nella sua dimora interiore.

(r)Quelli che sono svegli condividono un universo comune, quelli

che dormono si ritirano ciascuno in un mondo segreto che non

appartiene che a loro», ha detto Eraclito d'Efeso cinque secoli

prima di Cristo.

La notte e il letto, complice il sonno, ricongiungono gli

individui con loro stessi come riuniscono le coppie separate durante

il giorno. Così ognuno può dire, insieme a chi condivide il

giaciglio, (r)finalmente soli», prima d'addormentarsi, e

(r)finalmente solo», quando s'addormenta. Alcuni hanno paurad'addormentarsi e vi oppongono una resistenza più o meno

cosciente: temono questo incontro quotidiano faccia a faccia con il

proprio io. E pertanto, ognuno ha il bisogno di questa

quotidiana (r)riunione» con se stesso o, meglio, di questo

quotidiano (r)ritorno» a sé.

Si tenga presente che, in effetti, durante il giorno, siamo

quasi sempre separati da noi stessi, presi come siamo nel turbine

della vita, travolti dalle vicende esistenziali, da mille

occupazioni, preoccupazioni e distrazioni.

Durante lo stato di veglia, siamo distratti (nel senso

etimologico di (r)attratti verso l'esterno») ma siamo, al

contrario, invasi interiormente, perché siamo (r)occupati» (moltidicono continuamente (r)sono occupato») dalla presenza di qualche

problema; la vita viene così vissuta in stato d'occupazione

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permanente, come quando, in guerra, il nemico occupa il nostro

paese. E così, anche in stato di solitudine fisica, raramente si è

(r)soli».

C'è da aggiungere che, durante la veglia, siamo

letteralmente sottoposti, tramite i sensi, a un enorme

bombardamento di informazioni: per esempio, ogni neurone della

corteccia cerebrale può ricevere (nel senso informatico del

termine) fino a ventimila informazioni al secondo, il 90% delle

quali per mezzo della vista; e nella corteccia vi sono miliardi di

neuroni. Di giorno viviamo alla superficie di noi stessi: con i

sensi che sono alla periferia dell'organismo, con la corteccia

cerebrale che non è che la scorza del cervello, sede del nostro

intelletto: (r)La nostra intelligenza, questa piccola cosa alla

superficie di noi stessi», ha detto A' Sauvy.

Capiremo ora meglio perché l'uomo, nel sonno, interrompa il

rapporto con i sensi e il proprio autocontrollo: per poter entrare

in se stesso, senza che nulla lo possa disturbare, come se

mettesse quella scritta che abitualmente si appende allamaniglia della propria camera d'hotel: Do not dis-

turb.

La scorza cerebrale, ridotta al solo monotono sussurro dei suoi

lenti ritmi, non prende nessuna parte al dialogo della coscienza

con se stessa», dice R' Godel. Coscienza che sarebbe poi il nostro

io intimo, quello delle profondità. Ma quando si parla di

discesa in noi stessi, si evoca una sorta di caduta verso quello

che c'è in noi, non solo di sconosciuto, ma anche di incerto, di

oscuro, di tenebroso. E' invece necessario invertire l'immagine e

parlare piuttosto di salita, di decollo verso ciò che c'è in noi

di più nobile, di più sottile, verso la sovracoscienza

verso ciò che c'è di vero. Secondo l'espressione di Charles Peguy,nel sonno (r)lasciamo maschera e coltello».

Quando dormiamo, ridiventiamo noi stessi, autentici e veri:

ecco uno degli aspetti più nobili e insostituibili del sonno,

che è lo stato di natura, quello del paradiso terrestre prima del

peccato originale, lo stato di grazia. Così, liberati di tutto, siamo

come ricondotti alla purezza dello stato edenico.

E' questa una condizione di piena realizzazione, perché le

barriere immaginarie che ci eravamo imposte sono abbattute; la (r)tela

di ragno» in cui siamo invischiati durante il giorno s'è

momentaneamente strappata; le catene e la palla di ferro che

abbiamo al piede durante il giorno sono state, come avviene per i

carcerati e gli ergastolani la notte, provvisoriamente tolte ecosì anche le manette.

Perché il sonno né annichilisce né atterrisce, ma ci guida,

ci aiuta, approfondisce ed allarga i nostri confini

esistenziali. Non è soltanto una tappa nel cammino della vita (e

questa è già una sua dote preziosa), è il luogo d'incontro con un

personaggio simbolico, misterioso e mistico: il nostro (r)angelo

custode», che è sempre presente, vegliante e benevolo, la nostra

guida interiore, che incontriamo ogni notte, liberati dai

seccatori e dai cronofagi, intimamente, senza testimoni.

E' Perrot, che non espone una teoria, ma un'autentica

testimonianza, una autentica esperienza, sottolinea l'importanza

dell'attività che si manifesta nel corso di questo periodoritenuto, a torto, passivo: (r)Ho appreso», ci dice (r)alla scuola di

Jung che (il sonno) è il luogo e il momento scelto da una

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saggezza e intelligenza vitale per insegnarci un segreto sapere, è

una rivelazione di un cammino interiore (à), un senso, uno scopo,

un fine dell'esistenza con il suo correlativo: la pace (à) la

stessa che Jung non ha rivelato, ma ricordato al nostro secolo,

facendosi interprete, restauratore di quella che il filosofo

Leibnitz definiva "filosofia eterna" (à). E ciò non ha nulla di

dogmatico, non richiede una fede cieca, ma soltanto attenzione e

buona volontà».

Il dialogo con noi stessi (r)L'inferno sono gli altri», ha

scritto Jean Paul Sartre. E ciò è vero, senza dubbio, ma è anche

l'essere separati da noi stessi. Ecco perché il sonno è

doppiamente benefico e perché dobbiamo considerarlo non solo

uno stato di quiete e di sicurezza, ma meglio ancora un

giardino dell'Eden riscoperto quotidianamente. Si può dire anche

che manifesta, nei nostri riguardi, grande sollecitudine e

tenerezza; e, ha affermato Han Suylin, (r)non c'è nulla, al mondo, più

forte della tenerezza».

Dormire, con la possibilità di ritrovarci, ci offre anchel'occasione di un fruttuoso dialogo con noi stessi. Ci mette in

condizioni anche di (r)ascoltarci», perché (r)ogni momento, il nostro

corpo tenta di dirci qualcosa», dichiara T' Berterat. Ma siamo

sordi, restiamo indifferenti a questo appello che ci viene dal

dentro, perché, durante il giorno, siamo storditi: siamo

attratti, abbagliati, ipnotizzati da tutte le

sollecitazioni esterne come farfalle da una lampadina. Invece

dovremmo avere sempre interesse ad ascoltarci.

La notte e il sonno sono fatti per questo ascolto attento,

per entrare in sintonia con noi stessi; il giorno è fatto

soprattutto per farci intendere ed essere intesi dagli altri.

La sapienza orientale dice:il sonno è splendente

Così parla la scienza e credo

nella scienza. Ma la scienza si è

mai data la pena, finora, di guar-

dare il mondo diversamente dal suo

aspetto esteriore?

P' Teilhard de Chardin

Ciò che è infinito in noi abita

il castello del cielo, la cui por-

ta è la bruna del mattino e

le finestre i canti e i silenzi

della notte.Khalil Gibran

Noi siamo diventati sconosciuti a noi stessi ed è probabile

che, senza il sonno e il ritorno quotidiano in sé, diventeremmo

rapidamente anche stranieri a noi stessi. Saremmo allora (r)vuoti

gusci sballottati nell'oceano della vita», come ha scritto Jung.

Perché saremmo completamente sradicati dalle nostre profonde origini,

dalla sorgente perenne interiore che ci feconda e ci disseccheremmo,

saremmo ancora più superficiali e poveri e anche sprovveduti di

fronte alla vita, perché non avremmo più accesso ai tesori

interiori che sono sotterrati nel profondo dell'essere.

Non possederemmo più quel (r)tocco interiore» di cui parla R'

Lynssen. E non saremmo soltanto spersonalizzati, ma anchedisumanizzati.

Nella nostra ricerca degli (r)infiniti splendori» del sonno

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scopriremo qualcosa più grande del dialogo: il silenzio interiore.

Per questo scopo è indispensabile non tenere in troppo conto quello

che la scienza ufficiale può insegnarci e spostare la analisi su un

piano filosofico.

Ci verrà in aiuto, a questo proposito, il Vedanta, dottrina

filosofica indiana, che si propone di risolvere tutti i misteri

dell'esistenza, studiando le condizioni multiple dell'essere,

coordinandole e confrontandole. Secondo il Vedanta vi sono tre stati

diversi: la veglia, il sonno e il sogno. Anche la scienza

occidentale distingue nettamente questi tre stati le cui

caratteristiche fisiche e fisiologiche sono diverse.

Tutti veniamo a trovarci, in successione, durante un ciclo di

ventiquatt'ore, in uno stadio di veglia, di sonno e di sogno,

secondo un avvicendamento preciso, dovuto all'azione di tre centri

situati nel tronco cerebrale: il centro della veglia, quello del

sonno e quello del sogno.

Per il Vedanta non si tratta di fede (credere e accettare

di non conoscere) o di iniziazione o di ginnasticaintellettuale; si tratta di vedere ciò che è, di sentire, di

provare ciò che ognuno di noi, quotidianamente, di giorno e di

notte, sperimenta.

Il Vedanta è una via di accesso alla conoscenza, non intesa

più come cumulo di nozioni. Questa conoscenza è immediata, e non

mediata, come quella che richiede un mezzo, un

intermediario fra il soggetto che osserva e l'oggetto osservato e che

è forzatamente una conoscenza esteriore (anche se si

interessa di fenomeni interiori, per

esempio di fenomeni psicologici).

Il biologo che apre un cervello per vedere quello che succede

dentro, si trova sempre nella parte esterna dell'essere. Laconoscenza immediata è quella interiore che ognuno ha con se stesso.

C'è una grande differenza tra questi due modi d'intendere la realtà:

nel caso del sonno una cosa è osservare uno che dorme (anche se

tentiamo di conoscere i fenomeni fisici che si manifestano

nel suo corpo e nel suo cervello), un'altra comprendere il

sonno e il sogno come ciascuno li vive interiormente. Il

 Vedanta si interessa dunque al (r)vissuto», al sonno visto (r)dal di

dentro».

D'altronde sappiamo che:

- la veglia non rappresenta che un terzo della nostra esistenza

e che non è sufficiente per accedere alla conoscenza della realtà

dell'Essere;- è necessario aggiungere il (r)vissuto del sonno e del sogno»,

altrimenti abbiamo una visione parziale della realtà e della

verità;

- questi stati sono rivelatori di per sé e non per il loro

contenuto;

- è solo con una analisi complessiva di questi tre stati che

possiamo accedere alla conoscenza.

Sappiamo anche che, per avervi accesso, bisogna liberarci

di tutti i pregiudizi che condizionano la vita cosciente (e

Dio sa quanto ci teniamo), occorre disimparare una parte del nostro

sapere; in caso contrario, non possiamo sperare che di accedere

all'apparenza; questa ci mostra che il Sole gira intorno allaTerra, che è il Sole che si leva al mattino e si corica la sera e

che esistono il giorno e la notte; ma la realtà è contraria

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all'apparenza ed è Copernico che ce lo ha fatto capire, anche se,

in realtà, i saggi dell'antica Grecia l'avevano affermato prima

ancora di lui.

Dal punto di vista del Sole non esistono né il giorno né la

notte; bisogna dunque attuare in noi una rivoluzione

paragonabile a quella copernicana.

Il Vedanta s'interessa della realtà profonda che si cela dietro le

apparenze e per questo dobbiamo evitare le trappole che la psiche ci

tende durante la giornata.

Cos'è il sonno?

Quando i miei occhi notturni scru

-tano il mistero del cielo,& un

uguale mistero attraversa la so-

stanza dei miei occhi.

H' Certigny

Prima di tutto, chiariamo che cosa il sonno non è: non è

incoscienza. Possiamo tentare di concepire l'incoscienza, ma nonappena la analizziamo, questa nozione appare subito priva di

senso; è come, dice il Vedanta, se si parlasse del figlio di una

donna sterile. Nel sonno non vi è assenza di coscienza, ma

soltanto mancanza di contenuto di coscienza. Il Vedanta ci dice che

non bisogna confondere quella che è la coscienza empirica (ossia

la coscienza delle modificazioni della psiche) con la coscienza

intrinseca, la coscienza in sé, quella pura.

Come dice G' Werling (a cui dobbiamo, qui, rendere omaggio,

perché ha molto contribuito ad (r)aprirci gli occhi dello spirito» sul

 Vedanta): (r)dire che non c'è scienza senza contenuto di coscienza è

altrettanto sciocco quanto affermare che i proiettori sono

creati da ciò che proiettano».Il sonno non è incoscienza, non è assenza di coscienza,

altrimenti non

avremmo nemmeno coscienza d'aver dormito e non potremmo neanche

svegliarci.

Non è, come pensano gli Occidentali, uno stato

subconscio durante il quale la coscienza è come ridotta, se non

addirittura perduta. Il sonno anzi è (r)pura coscienza».

Ecco perché le Upanishad considerano il sonno come

un'esperienza metafisica fondamentale e gli attribuiscono un

valore estremo. Questi libri sacri dell'India ci dicono che

dobbiamo gioire interiormente all'approssimarsi del sonno perché, per

mezzo di esso, accediamo alla felicità (ananda).Ma non dobbiamo fare confusioni: il sonno è esperienza divina,

non conoscenza di Dio, realtà suprema. Ecco perché, entrando nel

sonno ignoranti, ne usciamo ignoranti.

Il sonno profondo rappresenta lo stato della coscienza pura: e

se stiamo attenti, ci accorgeremo che, in questo stato, siamo fuori

dal tempo, sbarazzati del nostro piccolo io, oltre ogni

condizionamento, ogni conflitto, ogni dualismo.

Nella lingua francese (come nelle altre lingue

occidentali) la parola meditazione è causa di confusione. Perché

l'autentica meditazione non è concentrazione del pensiero, né è

riflessione, né attenzione ad un soggetto o ad un oggetto,

neppure una specie dievasione, uno stimolo emozionale o ginnastica intellettuale;

non è nemmeno un'attività mentale particolare, superiore, né

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un'esperienza trascendentale. Invece è liberazione da tutte queste

cose, collocandosi al di là del pensiero in una condizione di

totale silenzio interiore.

Si tratta del vero risveglio, nel senso orientale della parola.

La giustificazione esaltante del sonno è questa: alcuni, durante la

giornata, nella vita cosciente, possono trovarsi già in questa

condizione di (r)veglia interiore», ma tutti, indistintamente,

hanno bisogno, ogni notte, di goderne e ciò accade nel sonno

profondo. Ecco la ragion d'essere insostituibile del sonno, il suo

infinito splendore. E mentre i nostri corpi addormentati sono

supini, la nostra coscienza si sveglia e si (r)leva in piedi».

E il sogno? Per il Vedanta, anche il sogno, in rapporto allo

stato di veglia, è un altro stato della coscienza. Abitualmente si

pensa che tutto ciò che sognamo sia irreale: oggetti,

personaggi, situazioni, eventi. Il Vedanta invece ci dice che, in

ogni stato, gli oggetti posseggono lo stesso grado di realtà (o di

irrealtà). Il preteso carattere irreale o assurdo di ciò che

accade nel sogno appare tale solo quando smettiamo di sognaree ci svegliamo; ciò deriva unicamente dal fatto che lo

colleghiamo alla logica dei rapporti validi durante lo stato di

veglia; consideriamo, in breve, il sogno come un sottoprodotto

della veglia.

Questa è la trappola che ci tende la nostra mente; perché

ogni situazione deve essere intesa in rapporto al proprio sistema di

referenze; quando siamo nel sogno, non consideriamo falso ciò che

accade durante la veglia; per contro, quando siamo svegli, non

dobbiamo definire illusoria l'esperienza onirica. I tre stati di

veglia, di sonno e di sogno, devono essere considerati per se

stessi, indipendentemente.

E' soltanto dopo il sogno e quando siamo desti che diciamo:(r)non si tratta che di un sogno». Tutto quello che possiamo dire

è che quest'ultimo è semplicemente un altro modo di essere del reale

(o dell'irreale), o ancora che il sogno e la veglia non sono

altro che aspetti diversi di una stessa realtà; realtà interiore ed

esteriore.

Diamo ora tre opinioni occidentali confermanti che quanto

abbiamo riferito non è frutto di una semplice opinione esotica o

esoterica: (r)Non vogliamo ammettere né concedere che la realtà che

ci circonda, quando siamo svegli, possa ingannarci perché la

consideriamo più vera della verità fondata sui sogni», scrive Hans

Kurth. Jean Cocteau afferma: (r)più passa il tempo e più m'accorgo

che solo i sogni non svaniscono mai», e: (r)La vita è un sogno da cuimi risveglierà la morte». E il prof' G' Racle: (r)Prendere il sogno

per realtà (anche se, nel linguaggio corrente, quest'espressione è

piuttosto peggiorativa) può essere il mezzo per vederlo divenire

realtà».

 Alcuni (molto seri ed eruditi) hanno suggerito, e forse questa

ipotesi non è da rifiutarsi a priori, che attraverso il sogno

entriamo in un altro universo che corrisponde ad un'altra vita; un

universo che completa e perfino, in una certa maniera, assume il

(r)contrario» del nostro, assorbendo i nostri stress, risolvendo i

nostri problemi, placando i nostri conflitti, liberandoci dalle

catene e realizzando i nostri desideri. Ci permette anche di

sopportare la vita del nostro stato di veglia: è così una specie diuniverso dell'(r)antivita» come esiste quello, perfettamente reale,

dell'(r)antimateria». Ma cosa ci fa scoprire il Vedanta? Chi dobbiamo

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interrogare? Ciò che esiste allo stato di veglia non è, forse, tanto

reale quanto ci insegnano la nostra certezza, le nostre abitudini

e la nostra logica occidentale spinte all'estremo e chiuse in se

stesse. Tutto quello che ci rivela il Vedanta è, oggi,

confermato dalla scienza occidentale d'avanguardia: noi siamo

vittime del carattere illusorio e della grossolanità dei sensi

attraverso i quali percepiamo tutto; la parte più avanzata

della scienza sta lavorando per (r)smaterializzare» la materia,

che è soltanto energia concentrata.

Le notti non corrispondono alle tenebre del nostro spirito;

la veglia e il sonno non rappresentano il giorno e la notte della

nostra coscienza.

 Vi sono due modi di ricevere questo messaggio che ci viene

dall'Oriente: rifiutarlo e sarebbe un vero peccato e

accoglierlo, conservarlo in noi stessi, meditarlo fino a che, nel

nostro

animo, si accenda (r)la luce interiore».

 Abbiamo, così, avuto appena il tempo di aprirci una portasu una altra (r)dimensione» e, chissà, forse siamo stati anche

capaci di far nascere il desiderio di continuare la nostra indagine.

Il Vedanta ci insegna che ognuno di noi, di fronte al sonno, si

comporta come (r)un uomo che quotidianamente passa sopra un tesoro

sepolto e non se ne accorge».

Seconda parte - Come guidare il sonno

Chi ha problemi d'insonnia (e anche chi pur dormendo bene vuol

meglio ritemprarsi nel sonno e nella veglia) deve anzitutto

riprendere gusto al sonno, unico e sicuro mezzo per ricuperare la

propria facoltà di dormire bene, mai perduta ma dimenticata. Poibisogna imparare a guidare il proprio sonno. Quanto all'insonnia

occasionale, essa può dirsi un incidente di percorso nel cammino del

sonno, dovuto ad (r)errori di guida», a infrazioni del (r)codice

stradale» del sonno. Si tratta di conoscere quale è questo

codice, per diventare un ottimo dormitore e per riposare bene,

ogni notte, anche quando le circostanze della vita ci sono

contrarie. Ma, il saper (r)guidare» bene il proprio sonno è ancor più

di questo: è soprattutto:

- imparare ad adattarlo alle diverse circostanze della vita;

- imparare a gestirlo meglio, per accrescerne

l'efficacia e così migliorare la propria forma allo stato di

veglia.Tutto ciò è insieme una tecnica e un'arte; e, come tecnica,

ci permette, in un mondo come il nostro, competitivo, vertiginoso,

stressante, di restare costantemente in buona salute e in buona

forma fisica e psichica, di mantenerci giovani e di vivere a lungo.

Ci consente ancora di difenderci meglio ed anche di

attaccare, di avere uno spirito combattivo: di riuscire meglio

nella vita e realizzarci meglio.

Ma è anche un'arte, un capitolo essenziale dell'arte di vivere;

non nel senso di sopravvivere, di vegetare, di andare avanti come

per tacito contratto, come accade a tanti; né, all'incontrario,

nel senso di una lotta, di un corpo a corpo quotidiano contro lavita; ma per vivere in armonia con noi stessi, con gli altri e con

la natura; vivere in pienezza, totalmente.

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Ognuno può diventare, e nel senso pieno del termine, un buon

dormitore; le eccezioni sono rarissime (per esempio, in caso di

lesioni cerebrali). Alcuni sembrano, tuttavia, più dotati di altri,

perché hanno saputo conservare più lungamente l'istinto che tutti

possediamo alla nascita e che ci guidava, da bambini, sulla strada

del sonno. Per alcuni il diventare un autentico buon dormitore è più

rapido che per altri, tutto qui; ma impararlo, è talmente facile

che, in effetti, c'è poca differenza, anche dal punto di vista

cronologico, fra gli uni e gli altri.

E' molto più facile diventare un buon dormitore che un buon

sciatore, un buon cavallerizzo o cintura nera di karaté, e questo

grazie alle scoperte (alcune delle quali recenti) che sono state

realizzate, da una ventina d'anni a questa parte, nel campo del

sonno. Purtroppo quasi nessuno conosce queste scoperte, così ci

troviamo tutti nella schiera degli autodidatti, qualunque siano

la nostra età, il nostro mestiere e anche il nostro sonno. E ciò

vale per la nostra vita privata come per le nostre distrazioni

o per il nostro lavoro; ne risulta anche un autentico mutamento,molto benefico per la nostra vita familiare e sociale. Ciò può

significare una vera rinascita alla vita. E è possibile a patto che

abbandoniamo la concezione limitata e superata, secondo la quale:

- il giorno è fatto unicamente per star svegli e la notte

solo per dormire;

- la veglia è fatta esclusivamente per spendere energie e la

notte per recuperarle.

 Vedremo che, molto paradossalmente (ci sono molti paradossi

nel sonno) sono soprattutto gli animali e i bambini che ci fanno da

professori in questa riscoperta, perché, come dice J' Bouton: (r)ho

capito che, in materia di sonno, i bambini sono i nostri maestri, i

nostri docenti migliori».Esplorazione rapida

di una notte di sonno E' indispensabile ricordare agli uni e

fare scoprire agli altri alcune nozioni elementari (che ci

serviranno di base) su ciò che avviene nel corso di ogni

notte. Ce lo mostrerà l'elettroencefalografo, apparecchio che

raccoglie, amplifica un milione di volte e poi trascrive sulla

carta le pulsazioni elettriche emesse dal nostro cervello. La

definizione più rappresentativa del sonno la dobbiamo a J'

Bouton: (r)un cambiamento periodico d'attività cerebrale.»

Grazie a questo apparecchio, sappiamo che le notti non

trascorrono con continuità e linearità, ma che sono divise in

periodi chiamati cicli, ognuno dei quali comprende un certonumero di fasi o stadi. La durata di uno qualsiasi di questi

cicli è quasi costante per tutti: così, ciascuno ha il proprio

ciclo di una durata determinata, compresa fra un'ora e mezza e due

ore, durata che varia, da un individuo all'altro, entro questi

due limiti.

Percorriamo un ciclo insieme Quando siamo in stato attivo di

veglia, il cervello emette pulsazioni elettriche di debole

ampiezza (voltaggio molto basso) ma molto rapide: dalle 30 alle 50

al secondo; è il ritmo beta.

Dal momento in cui chiudiamo gli occhi e ci abbandoniamo in uno

stato di rilassamento fisico e psichico (Fase 1 del sonno),

queste pulsazioni o onde rallentano e il loro ritmo scende acirca 10 al secondo (tra 8 e 12), ma con un voltaggio di circa

cinque volte superiore: si tratta del ritmo alfa della veglia

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passiva. E' una fase molto fragile: basta toccare chi è

appisolato, parlargli, far rumore, è sufficiente che egli apra gli

occhi o che abbia un istante d'attenzione o di tensione emotiva

che, immediatamente, il ritmo alfa si arresta e vien sostituito

da quello beta, ossia della veglia.

Il sonno lento, profondo,

profondissimo Se non accade nulla di tutto ciò e se la sera, nel

proprio letto, restiamo nel ritmo alfa un certo tempo,

allora le pulsazioni elettriche del cervello rallenteranno ancora

(Fase 2 del sonno) e apparirà un ritmo transitorio (che dura da

qualche secondo a qualche minuto) di 4 o 5 onde al secondo; si

tratta, in questo caso, di ritmo teta (talvolta chiamato gamma)

che si manifesta quando ci addormentiamo.

Ma esso viene velocemente rimpiazzato (ancora nella Fase 2) dal

ritmo sigma, ancora più lento e caratterizzato

dall'apparizione, in queste onde, di altre onde più forti e più

rapide chiamate appunto sigma (8 a 10 al secondo) evidenziate sul

tracciato da segni fusiformi e anche, ogni tanto, da onde piùcomplesse, ancora più forti, che lasciano tracce caratteristiche. Il

periodo sigma dura 20 minuti.

Subito dopo, comincia il periodo delta del sonno profondo

(Fase 3), dall'inizio del quale appaiono onde ancora più rallentate

(1 a 3 al secondo), ma di ampiezza molto estesa: circa 25 volte

quella delle onde beta della veglia attiva; le onde di questo nuovo

stadio (che è di breve durata: circa 10 minuti) sono appunto chiamate

delta.

Quando più della metà del tracciato è costituito da questo

tipo di onde, si dice che il dormiente è entrato nella Fase 4

del sonno profondissimo: in questo momento, un certo numero

delle funzioni vitali (respirazione, battito cardiaco, tensionearteriosa, etc') sono al regime più basso; questo livello

corrisponde a quello che si definisce, in linguaggio corrente,

il (r)primo sonno», profondissimo, proprio dell'infanzia e che

scompare dopo i trent'anni, se non impariamo a dormire bene.

Lo stadio gamma dura a lungo, perché, quando cessa, sono trascorsi

circa 90 minuti dall'inizio del sonno: al suo termine, si ritorna,

generalmente, al sonno leggero della Fase 2.

Il sonno detto paradossale Il sonno leggero a cui torna il

dormiente viene, tutto a un tratto, interrotto da un cambiamento

sorprendente: in effetti, il cervello si sveglia e ricupera le onde

alfa della veglia passiva. Ma, paradossalmente, l'insieme del

corpo resta profondamente addormentato, ancor più di quanto nonavvenga nel corso del sonno profondissimo: chi dorme è

letteralmente sprofondato nel giaciglio come fosse morto;

infatti, a parte certi piccoli muscoli della faccia e delle

estremità superiori e inferiori, resta come paralizzato: è

questa la Fase 5, definita sonno paradossale.

Durante tutta questa fase si manifesta anche una

particolarità fisica assai curiosa: la pupilla degli occhi

comincia a muoversi orizzontalmente da destra a sinistra e da

sinistra a destra (come se stessimo seguendo una partita di ping-pong

da uno dei lati del tavolo); questi movimenti, rapidi e di grande

ampiezza, prendono poi altre direzioni, per esempio, dall'alto

in basso e dal basso in alto. Questa fase dura da 10 a 15 minuti; èsoprattutto, per non dire esclusivamente, durante questo periodo

che noi dormiamo intensamente. Ma come cessa la Fase 5, torniamo

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allo stato di veglia e così concludiamo il primo ciclo.

Lo stato di veglia semicosciente che succede alla fine di un

ciclo dura da 1 a 2 minuti e non è un risveglio vero e proprio.

In questo momento, evidentemente, il sonno è estremamente

fragile e si trova alla mercé di una perturbazione interna (per

esempio, un dolore) o esterna (per esempio, un rumore). Questa

veglia di fine ciclo dura troppo poco per essere registrata nella

memoria cosciente. Poi, ci riaddormentiamo e ripercorriamo un

altro ciclo, e così via. E tutti i cicli sono simili gli uni agli

altri.

Siamo ora in grado di definire i due criteri più

importanti del sonno:

- la quantità del sonno dipende sia dalla sua durata che dalla sua

profondità. Ciò spiega come si possa dormire a lungo ed avere un

sonno quantitativamente insufficiente; per contro, come si possa

dormire poco ed avere una quantità di sonno sufficiente, se tale è

anche la sua profondità;

- la qualità del sonno corrisponde al susseguirsi ottimaledei cicli e delle loro fasi, in un ordine e in una giusta

proporzione.

I diversi tipi di sonno

Prima tappa:

il sonno-lampo di pochi istanti Apparentemente, un certo numero

di animali non dorme mai; è il caso, per esempio, dell'antilope,

della balena, di certi pesci come il muggine, dell'elefante

selvaggio, del topo ragno, della formica (non sotto le nostre

latitudini, dove la formica ha periodi di ibernazione, ma

all'Equatore dove, durante i tre anni di durata media della sua vita,

la formica resta attiva 24 ore su 24).Si cita il caso di alcuni esseri umani che

apparentemente non dormono affatto. Per esempio, la signora I'

Palomino, nel giugno del 1944, sbadigliò così forte che le si

staccò la mascella. Le fu rimessa a posto, ma, da quel momento, non

le riuscì più di dormire. G' Mathieu cita, fra gli altri esempi

del genere, quello di un soldato ungherese che ha perduto

completamente il sonno in seguito ad una ferita di guerra. M'I'

Gruen, nel 1936, rivelò alla stampa che dal 1917 non aveva più

dormito a causa di una forte emozione, dovuta all'esplosione

nella propria casa di una bomba che, pertanto, a parte la perdita

totale del sonno, l'aveva lasciato fisicamente indenne.

Nel 1941 M'P' Kern dichiarava di non aver più dormito dal 1916,dopo essere stato ferito, in guerra, alla testa ed aver subito la

trapanazione del cranio. Tutti questi animali ed esseri umani

privati del sonno vivono quasi normalmente. E questo fenomeno,

dopo una serie ripetuta di esperimenti sulla perdita del sonno, è

stato ora chiarito. Se si pone un topo su una ruota dentata che gira

lentamente e verticalmente in maniera continua e, al centro, la

ruota è immersa nell'acqua, l'animale che non vuol cadervi dentro

(i topi hanno orrore dei liquidi) s'accorge subito che, per

evitarlo, deve marciare giorno e notte. La maggior parte di

queste bestie resiste qualche giorno, altri hanno battuto un vero

e proprio record: fino a ventisette giorni.

 Abbiamo avuto la spiegazione della loro eccezionaleresistenza al sonno quando, grazie a degli encefalogrammi,

abbiamo potuto constatare che facevano dei sonnellini brevissimi, da

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dieci a quindici secondi, e questo durante il terzo circa del tempo

che trascorrevano sulla ruota: correvano all'estremità della

ruota, poi s'addormentavano, mentre questa continuava a girare e

si svegliavano giusto in tempo per evitare la caduta dall'altro

lato; e così di seguito. Malgrado la loro brevità, questi periodi

erano molto riposanti e consentivano loro di ricuperare gran

parte della fatica e del sonno perduto.

 Altri test hanno, in seguito, confermato l'esistenza di questi

microsonni o sonni-lampo in soggetti carenti di sonno. Abbiamo

anche potuto constatare che una formica, nei paesi caldi, si ferma di

tanto in tanto per dormire qualche secondo. Sappiamo anche,

attraverso rilievi elettroencefalografici, che i vuoti di memoria

dovuti a insufficienza di sonno non derivano da un difetto

della stessa memoria, ma a brevi accessi di sonno: apparizione

di onde teta del #,o stadio.

E' anche probabile che alcuni incidenti (per esempio nel luogo di

lavoro o alla guida dell'auto) siano causati, in caso di carenza di

sonno, da microsonni (colpi di sonno, secondo il linguaggiocomune).

Esperienze effettuate a W' Reed (negli Stati Uniti) su

volontari, privati del sonno e sottoposti ad un lavoro

richiedente un'attenzione continua, hanno dimostrato che gli

errori di disattenzione non erano dovuti a un abbassamento

dell'attenzione, ma a buchi (di tempo) provocati da sonni-lampo.

 Anche se non soffriamo d'insonnia, possiamo, durante la giornata,

utilizzare questi sonni-lampo. A questo proposito, riportiamo

il caso del pittore Salvador Dalì che fece l'esperienza

seguente: egli posò in terra un piatto metallico davanti a sé; si

sedette in una poltrona, tenendo fra le dita, al di sopra del piatto,

un cucchiaio anch'esso metallico; chiuse gli occhi, si rilassò,finendo poi per assopirsi. Uno dei mezzi impiegati nei

laboratori del sonno per conoscere il momento preciso in cui

ci addormentiamo consiste proprio nel tenere qualcosa fra le

dita: la lasciamo cadere al sopraggiungere del sonno. L'altro

mezzo è quello di scoprire l'istante in cui diventiamo ciechi

e ciò avviene nel preciso istante in cui ci addormentiamo; tale

stato di cecità dura tutto il tempo del sonno.

Nell'istante preciso in cui Salvador Dalì entrava nel sonno,

lasciava cadere il cucchiaio che gli scivolava fra le dita e finiva

nel piatto provocando un rumore che lo svegliava

immediatamente. Dalì si riteneva interamente ripagato da questo

sonno estremamente breve, durato il tempo di caduta della posata.Oggi, il potere (r)rigeneratore» del microsonno è ritenuto certo.

Jean Cocteau ha detto: (r)mi capita di dormire sonni interminabili di

un mezzo secondo.»

Questo tipo di sonno è utile anche al navigatore solitario

che compie lunghe distanze: quando c'è mare grosso, deve

talvolta pilotare la propria imbarcazione per molte ore e non può

ricorrere ad altro che al sonno-lampo: dorme fra due creste d'onda

e questo gli permette di resistere.

Pratica del sonno-lampo Prima di tutto con la chiusura degli

occhi. Abbiamo già menzionato l'intenso bombardamento di

informazioni - che provengono dai nostri sensi (e, quindi, anche

dagli occhi) - a cui viene incessantemente e lungamente sottopostoil cervello allo stato di veglia, fino ad arrivare ad essere

letteralmente saturo di informazioni.

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La nostra società pecca per eccesso, abbiamo troppo di tutto:

troppo lavoro, troppi problemi, troppi progetti, troppo nutrimento,

troppe informazioni, etc'. Si dice che, la nostra, sia una (r)società

di saturazione». Da qui nascono l'interesse per il silenzio

interiore, per por fine a tutti questi eccessi, a tutto questo

(r)fracasso»; da qui la necessità del sonno-lampo per far cessare,

anche per un solo istante, questo traboccamento.

Con gli occhi chiusi, non riceviamo che il 10% delle

informazioni, perché il 90% di esse ci pervengono, appunto, dalla

vista; il fatto di troncare così, quasi completamente, la

comunicazione con l'esterno, apporta un (r)taglio» cerebrale molto

salutare.

Il cervello non può, per tutto il santo giorno,

sopportare questo ritmo sfrenato senza rallentare la frequenza

delle onde beta che sono, lo ricordiamo, estremamente rapide (da 30

a 50 al secondo), analoghe ad una frenesia infernale. C'è bisogno

(ed è, questa, una necessità imperiosa) di scendere al ritmo alfa

o meglio ancora a quello beta; e questa tregua cerebrale,anche se di corta durata, è estremamente benefica.

Di più: non solo interrompendo le comunicazioni con l'esterno

avviene un alleggerimento psichico, ma si ha anche

un'eliminazione, uno svuotamento (anche se solo provvisorio) dei

nostri problemi: ed è un'azione doppia, perché interessa la

ricezione e la comunicazione.

Sappiamo anche che l'alternanza oscurità-luce è assai benefica

per gli occhi e per il cervello: durante il buio si ha la

ricostituzione dei pigmenti retinici, preziosissimi per la nostra

vista. Questa alternanza permette ancora alla nostra retina di

assorbire la vitamina A e altre vitamine del sangue. Nello stesso

tempo, l'alternanza provoca un'importante variazione delle ondeelettriche emesse dal cervello, con conseguente stimolazione,

autentico (r)massaggio» cerebrale, in particolar modo della corteccia.

(r)Possiamo constatare che la gente colpita da senilità, da

idiotismo, che non lavora bene con il cervello, ha gli occhi fissi,

aperti e senza quel semplice batter di ciglia, che è così naturale,

istintivo al punto che non ce ne accorgiamo e non vogliamo

controllare; è necessario imporre agli occhi questo movimento

perché reca sempre un beneficio alla vista ed al cervello»,

dice M'me Sébastien.

 V'è un'altra spiegazione della grande efficacia del

sonno-lampo: dal momento che la quantità di sonno non dipende

solamente dalla durata, ma anche dalla sua profondità, si puòallora pensare che, pur nella sua brevità, corrisponda a una

quantità di sonno non disprezzabile, potendo raggiungere, in

pochi istanti, livelli profondi.

Perciò è bene prendere l'abitudine di praticare il sonno-lampo

più volte al giorno: è talmente vivificante che non ne potremo

più fare a meno ed è un'operazione che non comporta

inconvenienti, neanche perdita di tempo e nulla e nessuno può

impedircela, dato che può passare inosservata.

E' probabile che un certo numero di noi abbia già, senza

accorgersene, dei sonni-lampo, secondo la teoria delle sensazioni

dette (r)subliminali» (cioè, che durano troppo poco tempo per

essere percepite in maniera cosciente). Questo (r)assopimento» è unriflesso quasi automatico quando si manifesta in casi di sonno

arretrato; ora, lo ripetiamo ancora una volta, siamo quasi tutti in

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stato permanentemente arretrato, in debito di sonno. Però, è meglio

favorire questi microsonni piuttosto che subirli. Possiamo praticarli

ovunque: in ufficio, in fabbrica, a casa, in autobus o in metrò, e

anche al volante di un'auto, ma, in questo caso, solo nei momenti di

arresto, in caso di ingorgo o di semaforo rosso.

Come praticare il sonno-lampo Non è il caso di parlare

propriamente di tecnica: accedere al sonno-lampo è solo questione

d'abitudine, d'allenamento. E' raccomandabile, tuttavia, sopratutto

all'inizio, di esercitarsi a praticarlo quando il cervello lo

richiede: cioè, a ore fisse e precise per ciascuno di noi,

qualunque sia la fatica fisica e psichica sostenuta. Se stiamo

un po' attenti, se sappiamo (r)ascoltarci», impariamo a

individuare i momenti giusti, come meglio vedremo nel capitolo

seguente.

Per una meraviglia della natura, è sempre alla stessa ora che

il cervello ci sollecita, ci prega immediatamente di rallentare;

ma naturalmente quest'ora differisce da una persona all'altra. Ecco

perché spetta a ciascuno di stabilire (e questo viene fatto unavolta per tutte) le proprie ore di necessario (r)sganciamento».

Quando guidiamo l'auto in città e siamo costretti a ridurre

la velocità, possiamo forse dire che il rallentamento sia dovuto a

inefficienza meccanica del mezzo? Lo stesso avviene nel nostro

cervello, ma, interpretandolo all'incontrario, reagiamo in maniera

sbagliata: fumiamo una sigaretta, beviamo un caffè, ci agitiamo, per

reagire e mantenerci in ritmo beta a tutta forza, mentre al cervello

occorre passare per qualche istante al ritmo alfa o teta.

Bisogna comprendere che, agendo così, (r)spingiamo a fondo

sull'acceleratore» per mantenere la stessa velocità, mentre il

cervello reclama una marcia in meno, un rallentamento, un

abbassamento di regime. Ciò che mai faremmo al motore dellanostra auto, lo facciamo più volte al giorno al nostro cervello.

Nella giornata, all'incirca ogni 90-120 minuti, vi sono momenti

in cui si deve scendere al ritmo teta. E non c'è nessuna ragione di

resistere, anzi occorre favorire il cambiamento, ponendoci in

condizione di rilassamento fisico e psichico, chiudendo gli

occhi. Immediatamente giunge il nuovo ritmo, perché è lo stesso

cervello che lo esige: basta lasciarci andare completamente e

lasciar fare al cervello ciò che vuole, rimanendo il più possibile

passivi.

In seguito useremo il sonno-lampo a volontà. Suggeriamo un mezzo

che può essere di aiuto: dal momento in cui chiudiamo gli occhi,

dobbiamo espirare molto dolcemente, e eventualmente immaginarci, oanche, vederci sul punto di sprofondare in una specie di buco, di

pozzo senza fondo, nero, o blu scuro, se il nero ci spaventa.

Il sonno-lampo dura da dieci e trenta secondi. I vantaggi

che ne ricaveremo sul piano della lucidità che ne deriva e sul piano

della maggior resistenza a ogni tipo di fatica sono enormi se

confrontati al poco tempo che il sonno-lampo ci chiede. Possiamo

paragonare il suo effetto a quello di

una molla che si allenta: azione che richiede meno di un

secondo, dopo una tensione talvolta molto lunga; questo

semplice gesto è sufficiente ad annullare completamente la

fatica della molla che torna a essere disposta a nuove tensioni. Lo

stesso accade al nostro cervello dopo ogni sonno-lampo.Seconda tappa:

la pausa di parcheggio

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di qualche minuto Ognuno di noi ha nella propria testa una

meraviglia delle meraviglie: il cervello. Numerosi libri sono

stati scritti per dare un'idea della sua complessità, una se pur

vaga idea del suo funzionamento, delle sue possibilità: egli è, di

per sé, tanto complicato quanto tutto l'insieme del cosmo ed è

un vero microcosmo, ossia il modello ridotto del cosmo intero.

Solo il cervello umano è capace di comprendere l'universo, così

come è capace di comprendere se stesso.

 Abbiamo paragonato il cervello ad un calcolatore. In realtà,

il cervello umano è il più straordinario laboratorio, il più

fantastico complesso (nel senso di complesso industriale) che si

possa immaginare, è un congegno ultra miniaturizzato perché pesa

circa un chilogrammo e mezzo ed ha la grossezza di un pompelmo.

Secondo J'M' Robert, contiene da dieci a quindici miliardi di

neuroni (cellule nervose) (r)ognuno dei quali ha la complessità di un

grosso calcolatore che può ricevere, integrare, memorizzare,

filtrare, dare informazioni senza tregua per decine e decine d'anni.»

Il numero di operazioni che il cervello umano può compiere

è di duecento milioni di bits al secondo: un bit rappresenta,

nel linguaggio dell'informatica, l'informazione contenuta in

una risposta a una domanda per mezzo di un sì o di un no.

La quantità di operazioni eseguibili dai neuroni cerebrali

è così enorme che per indicarla occorrerebbe una linea di numeri

lunga 10,5 milioni di chilometri.

Ciò ci dà un'idea approssimativa della complessività e delle

enormi capacità di questo delicatissimo organo. E' una sorgente

inaudita ed inesauribile d'informazioni, e tuttavia non vi badiamo

nemmeno, è anche un radar all'ascolto continuo del cosmo e dei

suoi ritmi. E noi, non soltanto non sappiamo servircene(utilizziamo solo una piccola percentuale del suo potenziale), ma

passiamo addirittura il tempo a maltrattarlo.

E torniamo al sonno: a ore fisse

(ogni ora e mezzo due ore) il cervello ci invia messaggi

precisi, di cui siamo i destinatari e che costituiscono un

segnale d'allarme come se s'accendesse una luce rossa sul

cruscotto o

una soneria d'allarme entrasse in funzione.

Questo segnale è una specie di barriera protettiva per evitare,

per esempio, fra gli altri danni il (r)surriscaldamento» di questo

congegno straordinariamente perfetto ma, proprio perciò,

fragilissimo.Ci segnala anche che ha bisogno del ritmo, cioè di un modo di

funzionamento particolare che si ottiene chiudendo gli occhi,

ponendoci in uno stato di rilassamento fisico e psichico, eliminando

tensione e attenzione. In questo stato, rompiamo quasi completamente

ogni comunicazione con l'esterno, mentre durante la veglia il

nostro rapporto con l'ambiente rimane costante attraverso i

nostri sensi.

Ecco i principali messaggi, con i quali il cervello ci avverte

durante la veglia della sua pressante esigenza di ritmo alfa, e

con i quali, la sera, ci segnala la necessità

d'addormentarci. Questi messaggi si manifestano per mezzo di

sintomi caratteristici:- desiderio di annullare le facoltà sensitive che, se non

trovano ostacoli, si annullano automaticamente: non abbiamo più

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desiderio di ascoltare (una conversazione o la musica) per esempio,

né di guardare (le immagini dei video), né di andare avanti

nella lettura del libro che avevamo deciso di leggere; peraltro,

si manifesta anche una tendenza a chiudere gli occhi perché le

palpebre diventano pesanti, come lo diventa anche la testa, che

sentiamo il desiderio di appoggiare su qualcosa; lo stesso accade

anche alle spalle (succede di alleviarne la fatica, spostando il

peso del tronco sugli avambracci piegati sul tavolo davanti al quale

siamo seduti);

- desiderio di non muoversi più: una sorta di paralisi ci

invade; ogni movimento richiede allora uno sforzo maggiore, che

spesso attribuiamo ad affaticamento, mentre questo non c'entra

affatto;

- desiderio di annullamento mentale: non sentiamo più il bisogno

di seguire un filo logico (è lo sfocamento cerebrale che succede a

quello della vista); non abbiamo più desiderio di guidare i

nostri pensieri, ma piuttosto di lasciarli andare a ruota libera,

in piena deriva mentale.Ci (r)sganciamo» dalla realtà, dal momento presente, il pensiero

si libera dalla pania della logica. Tutti questi messaggi

hanno luogo di sera, e anche ad un'ora fissa (e sono ancora più

pressanti). Si aggiungono gli sbadigli; la pupilla degli occhi

che sale verso l'alto (non abbiamo più la vista lucida), il

bisogno di stropicciarsi gli occhi la sera; dunque, il nostro

cervello ci indica che è ora di dormire e che (r)il treno del sonno» è

arrivato in stazione.

Ma anche di giorno, i messaggi che abbiamo descritto

significano che il nostro cervello ci grida: (r)Attenzione,

pericolo! Ho urgente bisogno di

rallentare! E ci supplica di ubbidirgli.

Tre comportamenti

- Non percepiamo affatto questi messaggi (o molto debolmente)

perché siamo troppo occupati o troppo distratti; oppure

(all'incontrario di tutti gli altri animali che li rispettano

imperativamente) restiamo sordi e ciechi a tutti i segnali e a tutti

gli avvertimenti del cervello e anche del corpo. E questo è il caso

più frequente.

- Li percepiamo, ma siamo negligenti o ignoriamo la loro

importanza; o meglio ignoriamo il loro significato e l'interpretiamo

male: prendiamo addirittura degli eccitanti, per tentare di obbligare

il cervello a restare a quel ritmo folle che è il ritmo beta (da 30 a50 al secondo) il che è ancora peggio che restare passivi, perché, lo

abbiamo detto, provochiamo una maggiore accelerazione in luogo del

rallentamento di cui abbiamo urgente bisogno;

- Infine, adottiamo la soluzione intelligente, ragionevole,

naturale e straordinariamente benefica in tutti i sensi: quella di

ascoltare l'appello del cervello ed accordargli la tregua richiesta

(e la sera addormentarsi all'(r)ora cerebrale» e non all'ora del

cronometro) accettando una pausa di parcheggio.

Possiamo anche praticare il sonno-lampo indicato nel capitolo

precedente, ma sarebbe solo un palliativo insufficiente: ogni quattro

ore circa

(ogni due cicli) occorre fare una pausa di parcheggio di cuipreciseremo le condizioni e gli effetti. I cicli del cervello non

sono soltanto notturni ma anche diurni, ossia si succedono per tutte

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le 24 ore.

In primo luogo rileveremo che, mentre la quasi totalità degli

uomini restano insensibili ai disperati appelli cerebrali, un certo

numero di individui l'osservano. Anzitutto i bambini che prenderemo

come modelli (per una volta tanto i genitori, invece di dare il buon

esempio, devono seguire quello dei loro figli) perché essi sanno

d'istinto che non bisogna (r)giocare» con il proprio cervello. J'

Bouton, l'esperta conoscitrice dell'infanzia, ci farà ancora da

guida.

E' tipico nei bambini: stanno giocando con il trenino o con una

automobilina Tuu!à Tuu!à o tornano dal supermercato o sono in

chiesaà Sanno (non lo hanno ancora disimparato) che la pausa di

parcheggio è un'esigenza prioritaria (perfino più importante della

preghiera). E improvvisamente lasciano tutto e crollano là dove si

trovano o corrono a rifugiarsi tra le braccia della mamma, se sono

ancora molto piccoli; qualche minuto in pausa di parcheggio e poi

ripartono, più vivaci di prima.

Peraltro, nell'antichità questa tregua era obbligatoria per tuttinel momento dell'Angelus. Luigi Xi ha reso l'Angelus obbligatorio,

con decreto reale: nelle campagne, nei campi, nei boschi, sulle

strade, i viandanti, i cavalieri dovevano fermarsi e inginocchiarsi

quando sentivano suonare l'Angelus: con la testa inclinata in avanti,

gli occhi chiusi e le pupille verso il cielo (come quando si prega),

il cervello in stato alfa, rispettavano questa pausa di parcheggio

obbligatorio tre volte al giorno, tante quante ne richiede l'Angelus.

Oggi, invece, non chiudiamo gli occhi dalle sette del mattino alle

undici di sera: dovremmo veramente ristabilire l'Angelus.

Questo momento di tregua viene praticato ancora nel mondo islamico

cinque volte al giorno: i maomettani pregano in stato alfa: stando

genuflessi in una posizione simile a quella fetale che è poi laposizione ideale.

Un altro esempio di pausa di parcheggio (che giustifica peraltro

tale denominazione) è quello dei piloti automobilistici di corsa o di

rally. Essi, quando si arrestano ai box per il rifornimento e i vari

controlli e registrazioni fermando la vettura in zona-parcheggio, si

concedono la loro pausa di parcheggio chiudendo gli occhi e

rilassandosi (e talvolta anche dormendo) qualche minuto. E' grazie a

ciò, dicono, che possono resistere. Infatti è indispensabile, per

poter continuare a pilotare, mantenere lucidi i riflessi e non

addormentarsi al volante.

Quanti s'impegnano in prestazioni eccezionali, praticano

sistematicamente la pausa di parcheggio e solo così possonosopportare, senza fatica, un'intensa attività. E' il caso, per

esempio, per i capi di stato viventi o per i grandi della storia.

Napoleone s'arrestava completamente per qualche minuto più volte al

giorno e ora sappiamo che proprio queste pause di parcheggio gli

consentivano di tenere, senza affaticarsi, un eccezionale ritmo di

vita.

Edison s'addormentava ad ogni piè sospinto e non sapremo mai

quanto tempo (né quante volte) nel corso della giornata. Il

presidente Truman, a settant'anni, quando gli chiedevano da dove

tirasse fuori la sua instancabile energia, rispondeva: (r)Se mi sento

stanco, anche durante una riunione, chiedo scusa e raggiungo la

stanza attigua, dove mi tolgo le scarpe, anche per solo cinqueminuti». E così egli s'appisolava.

Numerosi presidenti e uomini di Stato, vivendo continuamente sotto

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pressione, si sono allenati a dormire brevemente e a recuperare le

forze concedendosi alcuni istanti di riposo. C'è gente molto occupata

che, per questa operazione, non ha nemmeno bisogno di una camera

appartata, o di un divano. Al Madison Square Center, dove migliaia di

persone s'erano radunate per reclamare una politica nucleare

equilibrata, Norman Thomas (noto militante politico americano)

elettrizzò l'uditorio annunciandogli con voce tonante l'intervento

oratorio di Eleanor Roosevelt. Quando si fece da parte per

presentarla la vide addormentata sulla sedia: fu così necessario

svegliarla, perché potesse prendere la parola. Come aveva confidato

ad amici intimi, era capace di dormire in qualsiasi circostanza; ciò

le era indispensabile per poter tener duro.

J' Benver ci dice: (r)Concedetevi dei brevi riposi, durante la

giornata. Due o tre "fermate" di cinque minuti in una poltrona,

faranno miracoli». La dottoressa L' Gilbreth, esperta in campo

organizzativo sociale, si avvale di questo espediente nel tardo

pomeriggio prima di recarsi la sera a un banchetto o a una

conferenza. Abbiamo conosciuto un uomo che si alzava prestissimo e sidedicava ad un lavoro faticoso e difficile; dormiva, ogni giorno dopo

pranzo, cinque minuti esatti: si spogliava, si metteva a letto e

s'addormentava; trascorsi cinque minuti, si rivestiva, sentendosi ben

riposato, scrive R' Dextreit.

In ultimo, riferiamo la nostra personale esperienza: non c'è

giorno, e questo da moltissimo tempo, che non abbiamo praticato la

pausa. Se siamo al volante della macchina in città, ci fermiamo e

dormiamo qualche minuto; quando ci svegliamo, abbiamo l'impressione

di andare incontro ad una nuova giornata.

Ma tutti devono trovare interesse a praticare la pausa di

parcheggio, questa pausa s'impone. In Inghilterra è conosciuta e

praticata al nome di catnapping. Ognuno dovrebbe avere come lapropria auto, un piccolo disco di parcheggio da mettere, per esempio,

sulla scrivania o davanti al posto di lavoro: (r)Sono in parcheggio,

non disturbatemi per piacere: grazie». Il disco dovrebbe recare anche

(sarebbe in questo caso personalizzato) le ore più favorevoli per

questa operazione perché è senza dubbio più facile, più rapido, più

efficace e ancora più benefico praticarla nel preciso momento in cui

il cervello la richiede.

Per conoscere questo momento basta annotare su d'un taccuino i

momenti in cui il cervello invia i messaggi. Ricordiamo che questi si

manifestano sempre per ciascuno di noi alle stesse

ore, che però sono diverse da individuo a individuo. Dobbiamo

abituarci anche ad approffittarne almeno per qualche istante, quandonon possiamo rispettare le ore preferite. Ogni dirigente dovrebbe

avere per isolarsi accanto al proprio ufficio una stanzetta con

lampadina rossa sopra la porta a significare: (r)Ho un appuntamento di

grande importanza con me stesso». Ogni azienda degna di questo nome

dovrebbe avere nella sede centrale e nelle filiali (come accade in

Giappone) uno o più angoli-relax dove potere a proprio piacere,

discrezione e tranquillità, esercitare tale pratica. Vi sono i bar,

ma sono troppo rumorosi, troppo illuminati e adibiti soprattutto alla

pausa-caffè ch'è proprio il contrario della pausa di parcheggio. Il

rendimento e l'ambiente di lavoro ne guadagnerebbero enormemente.

Come praticare

la pausa di parcheggioOccorre, prima di tutto, l'(r)isolamento sensoriale», occorre cioè

chiudere gli occhi, perché solo così possiamo realizzare un reale

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isolamento e tregua cerebrale. Se non possiamo appartarci in una

stanza dove regna la semioscurità e le palpebre non sono ben protette

dalla luce, è necessario inforcare occhiali schermati, che possiamo

realizzare anche da soli dipingendo di nero un comune paio di

occhiali da sole.

E' necessario cercare un angolo silenzioso oppure tapparsi le

orecchie con tamponi o batuffoli di cotone. Bisogna poi sedersi o,

meglio ancora, sdraiarsi: l'ideale sarebbe una comoda, rilassante

poltrona.

Se siamo costretti a restare seduti, la posizione migliore è quella

detta del (r)cocchiere in attesa del padrone», cioè con il busto

inclinato in

avanti verso le ginocchia, le braccia oscillanti verticalmente.

Ricordiamo che il ritmo alfa corrisponde a uno stato di (r)deriva

mentale», di (r)ruota libera» e non ad un arresto del pensiero come

sentiamo spesso affermare. Non bisogna assolutamente cercare di

(r)fare il vuoto», di (r)non pensare più a niente», etc', perché ciò

richiederebbe un certo sforzo o attenzione, controindicati perl'attuarsi del ritmo alfa.

Infatti, è necessario lasciare andare i pensieri, senza intervenire

e nemmeno cercare di frenarli o, a maggior ragione, rifiutarne

alcuni: dobbiamo diventare semplici (r)spettatori dei nostri pensieri».

E sul piano emozionale, occorre crearsi una (r)zona di neutralità

affettiva», al di fuori d'ogni sentimento piacevole o spiacevole,

raggiungere, cioè, uno stato di indifferenza e di passività.

Gli effetti della

pausa di parcheggio

Come mai la pausa di parcheggio è tanto efficace? Come mai questo

breve arresto nella nostra sfrenata corsa quotidiana dà risultati

così miracolosi? Semplicemente perché è una (r)droga» eccezionale etotalmente inoffensiva.

Questo (r)piccolo sonno» ha una proprietà ricostituente molto

superiore al tempo che richiede: gli bastano pochi minuti per

ricaricare le nostre riserve di vitalità e ridarci anche tutta la

nostra lucidità.

Questa seconda tappa dell'arte del sonno fa parte, come la prima

(sonno-lampo), dell'alta scuola e possiamo

utilizzarla molto più spesso di quanto si può credere: in ufficio,

in viaggio, in treno o sull'aereo e anche (e soprattutto) in auto, se

siamo passeggeri. Se guidiamo, basta fermarsi. E ancora ad uno

spettacolo, davanti alla televisione; ogni volta, cioè, che siamo

seduti e perfino quando siamo in piedi.E' particolarmente raccomandata prima di una riunione, per

raccogliere le forze e le idee; prima di una prova qualsiasi: una

corsa, un incontro sportivo, un esame, un discorso, una conferenza,

una discussione o un negoziato; e anche la sera, se abbiamo un

banchetto o una riunione mondana nel corso dei quali è d'obbligo

essere brillanti.

Per un uomo d'azione, la pausa di parcheggio è uno degli strumenti

di lavoro più preziosi: è, lo ricordiamo, l'arma segreta degli

individui superdotati e in grado di fornire prestazioni eccezionali.

E rappresenta, per tutti, un'arma anti-stress, anti-invecchiamento,

perché permette d'evitare l'usura. Mette, infine, al riparo dalla

sonnolenza, soprattutto se abbiamo dormito poco o male la notteprecedente (vedi più avanti il capitolo: Mezzi per lottare contro il

sonno), la sonnolenza si vince cedendovi per un po'.

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La pausa parcheggio è anche un'arma formidabile contro l'insonnia,

evitando la sovreccitazione conseguente al surriscaldamento e alla

sovrintossicazione dovute all'affaticamento nervoso, fattori,

ambedue, che impediscono di prendere sonno; e anche quando riusciamo

ad addormentarci, provocano un sonno agitato, dalle capacità

riparatrici molto diminuite. La pausa parcheggio è proprio il miglior

preventivo contro l'insonnia.

Qualcuno, un giorno, ci ha detto: (r)Vedo che lei, per mezzo della

pausa di parcheggio ricupera rapidamente.» Eh, no, è qualcosa di più:

si evita totalmente la fatica, prima ancora che si produca. Questa

pausa ci permette di allontanare la barriera della fatica contro la

quale la maggior parte di noi va sempre a sbattere. La fatica, come

il dolore, la febbre, la fame, la sete, è un segnale d'allarme: è una

condizione normale e molto preziosa. Quello che non è normale è

incappare costantemente in questo ostacolo, a causa degli errori che

commettiamo.

Le due cause principali sono la cattiva alimentazione e, appunto,

il fatto di non praticare quell'alleggerimento cerebrale che è lapausa di parcheggio. Ricordiamo ancora la molla che si allenta senza

alcuno sforzo; per contro, se continuiamo a tenderla, senza mai

allentarla, sopravviene la fatica. E se persistiamo nel tenderla

(sempre senza allentarla) arriveremo a superare il limite di

elasticità e la molla non riacquisterà più la forma che aveva prima

della tensione; e questo succede, appunto, a quelli che non praticano

la pausa di parcheggio: perché si spingono troppo oltre, superano il

proprio limite di elasticità e, quando giunge la sera, non riescono a

rilassarsi e a prendere sonno.

Infine, se continuiamo ancora a tendere la molla (sempre senza

allentarla) arriviamo a romperla; è quanto accade a coloro che cadono

in stato depressivo (stato sempre più frequente tanto da diventare lamalattia del secolo); i depressi hanno raggiunto il loro punto di

rottura.

Facciamo un altro confronto: prendiamo, per esempio, un

mezzofondista; supponiamo che gli venga accordata, in mezzo a questa

distanza (neutralizzandone il tempo) una piccola pausa di parcheggio,

non di qualche minuto, ma soltanto di quindici secondi:

immediatamente il record di Francia e anche quello del mondo sarebbe

battuto da molti atleti; vediamo così come anche una pausa

relativamente breve possa produrre effetti straordinari.

E abbiamo lasciato per ultimo l'effetto più benefico, unico,

incomparabile, irrimpiazzabile, quello ottenibile con il più semplice

dei gesti: la chiusura degli occhi. Abbiamo già spiegato che, sulpiano fisico, questa interrompe il 90% delle informazioni in entrata,

ma i suoi effetti, su quello psichico, sono ancora maggiori: dal

momento in cui chiudiamo gli occhi ritroviamo noi stessi. (r)Chiudi gli

occhi, tutto quello che vedi t'appartiene», ha scritto Jean

Giraudoux. (r)Chiudi gli occhi e vedrai chiaro in te stesso», aggiunge

un proverbio orientale.

Peraltro, dal momento in cui abbassiamo le palpebre, diventiamo

completamente diversi, non siamo più gli stessi: perché siamo in uno

stato d'introversione, non siamo più distratti (attratti

dall'esterno), entriamo in linea diretta con noi stessi.

Ma un enorme condizionamento sociale ci impedisce di compiere la

semplice azione di chiudere gli occhi: essa non è ben accetta da chici sta vicino, in ufficio, a scuola, in una riunione, a tavola, con

gli amici, etc'.

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Il cervello è uno strumento stupefacente. Lo facciamo correre tutta

la giornata e in molti casi si tratta contemporaneamente di velocità

e di fondo; come tutti i corridori ha bisogno, di tanto in tanto, di

tirare il fiato anche lui; in fondo non è poi troppo

esigente: ci chiede insistentemente di rallentare un po' per

qualche minuto, ogni due ore circa. Si tratta di ben poca cosa, ma

per lui riveste una grande importanza. E' capace di resistere circa

due ore a questa andatura, a questo ritmo diabolico (30 pulsazioni al

secondo), e questo, di per sé, costituisce già una grande

prestazione.

Cerchiamo dunque, d'ora in avanti, di non commettere più, ogni

giorno, per tutto l'anno, anno dopo anno, questo errore capitale che

è, poi, estremamente semplice da evitare. Siamo pregati (ed è lui che

ci rivolge questo accorato appello) di accordargli quanto chiede, dal

momento che ci rende tanti utili e preziosi servizi. E se lo facciamo

ne risentiremo subito i benefici effetti; e non cerchiamo nemmeno di

sapere in quale maniera saremo ricompensati, perché sarà il cervello

stesso a incaricarsi di provarci la sua immensa gratitudine.Terza tappa:

la maxipausa di 20 minuti

Madre natura ha previsto tutto per noi e ha, come sempre, fatto

bene ogni cosa; più la guardiamo da vicino, e più ci accorgiamo che

tutto, in essa, è meravigliosamente studiato, curato e distribuito

fin nei più trascurabili dettagli; e questo per facilitarci la vita,

renderla più efficiente. Ma, perché questo avvenga, occorre non

restare ciechi o indifferenti davanti a questi prodigi e invece

rendercene conto e saperne approfittare. Ciò è particolarmente

importante nel sonno, che è organizzato in modo veramente

rimarchevole.

Il sonno è diviso in periodi ripartiti, a loro volta, in più lunghiperiodi chiamati cicli, che hanno una durata compresa fra un'ora e

mezzo e due ore circa; all'interno poi, di ogni ciclo, vi sono

periodi più (r)leggeri»: gli stadi o fasi. Senza considerare

l'assopimento (Fase 1), il primo periodo di sonno del primo ciclo,

che è quello del sonno leggero (Fase 2), ha una durata di venti

minuti (e ciò vale per ognuno di noi). E' questo periodo che ora ci

interessa e che analizzeremo perché potremo trarne notevoli vantaggi.

Notiamo che i camionisti l'usano già sistematicamente con grande

profitto: infatti, non ne potrebbero fare a meno, dato che

trasportano pesanti carichi per lunghe distanze, anche di notte.

Trascorrono così numerose ore, ininterrottamente al volante, lungola strada o autostrade monotone o difficili, con numerose curve e per

loro è d'interesse vitale conservare costantemente la lucidità. A

questo scopo utilizzano la maxipausa di una durata, ripetiamolo,

uguale per tutti, di venti minuti (con uno o due minuti in più o in

meno).

Il camionista veterano (oggi lo si insegna all'allievo camionista)

a intervalli regolari ed anche ad ore fisse sia di giorno che di

notte, parcheggia il suo mezzo appoggia la testa al volante e

s'addormenta realmente per venti minuti; dopo riprende il viaggio

fresco e riposato, senza dover più lottare con la pesantezza delle

palpebre, gli occhi che pungono, lo sfocamento del cervello,

l'annebbiamento della vista, soprattutto, contro il colpo di sonno,che potrebbe costargli l'occupazione se non addirittura la vita.

La maxipausa è un riposo di venti minuti, due volte al giorno,

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preferibilmente dopo i due pasti principali: la maxipausa

postprandiale non è una perdita di tempo come alcuni credono. C'è

perfino chi ci ha detto: (r)Trovo disgustoso addormentarsi così, dopo

il pasto!» In generale ci si accontenta però anche di argomenti più

sottili: (r)Ma pensate, andare a distendersi nel corso della giornata!

Non è serio! Può essere buono per i pigri, fannulloni, per i bambini,

per i vecchi e i malati o per i meridionali (talvolta, abbiamo

sentito dire: per gli Arabi o per i negri)». Un signore ci ha detto:

(r)Non è un'abitudine virile!» Le buone madri di famiglia: (r)Guarda che

il letto è stato appena rifatto!»

 A scuola gli insegnanti dicono: Non si viene a scuola per dormire!

Nell'ambito sociale saremmo poi mostrati a dito e se contassimo

qualcosa perderemmo il prestigio e l'autorità. Invece il sonnellino

ristoratore ottiene proprio lo scopo di mantenere integra ed

efficiente la nostra personalità.

Oggi in quasi tutte le industrie del Giappone e anche in Occidente,

in tutte le aziende più avanzate sul piano dell'organizzazione e del

rendimento, vi sono locali arredati con poltrone comode e rilassanti,dove, nel silenzio e nell'oscurità, ognuno (soprattutto i membri

della direzione) possa permettersi a suo piacere i propri venti

minuti di sonno. Cosicchè, nessuno degli argomenti illustrati prima è

valido, né ha peso di fronte ai benefici di una tale pratica: (r)Venti

minuti sono sufficienti a restituire lo slancio a tutte le forze

vitali», dicono G' Gaer e L' Segal.

Queste due maxipause giornaliere sono anche divenute la condizione

sine qua non per sopportare senza fatica, senza insonnia, senza usura

tutte le difficoltà, le peripezie della vita e i traumi che ci

procurano preoccupazioni, stress, affaticamento.

Praticando questa tregua giornaliera, ci sentiamo molto meglio e

siamo di miglior umore. Chi non la pratica sono proprio quelli chetrascorrono l'esistenza come avessero una palla al piede: essi

lottano quasi permanentemente contro una sonnolenza trattenuta contro

una fatica più o meno manifesta e non sono mai veramente vivaci

fisicamente e mentalmente. Per di più sprecano molta più energia

vitale, hanno una maggiore difficoltà a mantenere salda la mente, a

concentrarsi, etc'. In breve la maxipausa, pure così mal conosciuta,

appena adottata trasforma radicalmente la nostra esistenza,

riconciliandoci con la vita. Molti che verso la cinquantina

accusavano un abbassamento di regime (per esempio, affaticandosi più

rapidamente d'un tempo) sono, grazie a questa pratica, ringiovaniti

di almeno dieci anni ritrovando la forza che avevano a trentacinque,

quarant'anni.E' stato detto che si tratta di una terapeutica miracolosa, ed è

vero perché ci mette al riparo della fatica. Ecco quanto ci hanno

confessato alcune persone a cui l'avevamo consigliata: come se mi

ritemprassi in un bagno profumato; rimette come a nuovo; mi si azzera

il contatore; riparto con nuove batterie.

Peraltro, soprattutto all'inizio nella pratica della maxipausa, è

indispensabile stare molto attenti: si raggiunge un tale benessere

che si ha la tendenza ad aumentare e troppo in fretta la nostra

attività, ad abusare di questa rigenerazione.

Una signora d'una certa età, che aveva tutta la sua freschezza di

corpo e di spirito m'ha detto: (r)Pratico la maxipausa fin

dall'adolescenza ed è il mio segreto per restare giovane fisicamentee moralmente». Certuni hanno riconosciuto che, grazie ad essa, hanno

potuto sostenere le loro pesanti responsabilità, le loro lunghe

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giornate, la loro attività estenuante e stressante sul piano nervoso

e intellettuale.

 Altri, praticando la maxipausa, hanno potuto assumere anche una

seconda attività accanto alla principale, al punto che per loro la

sera cominciava una nuova giornata di lavoro.

Ma, dopo un riposo di venti minuti, a detta loro, avevano

l'impressione di risvegliarsi una seconda o terza volta. Una di loro

m'ha perfino detto: (r)Grazie a questa pratica, vivo due volte perché,

nello stesso tempo, resto molto più tempo sveglia e molto più in

forma degli altri: io vivo al quadrato».

Si crede generalmente che chi svolge un'attività intensa sia

diverso dai comuni mortali, invece vive solamente in una maniera

diversa: sa organizzare, gestire più intelligentemente la propria

vita e il proprio sonno. Ma questa capacità è alla portata di tutti:

alcuni l'hanno scoperta da soli; altri l'hanno imparata e soprattutto

messa in pratica. Ma ognuno può farlo, anzi lo deve.

 Y' Gattas ha spesso detto che, per riuscire nella vita, occorrono

dinamismo, vivacità, spirito (r)pugnace», tenacia e perseveranza. Ora,per acquistare e conservare queste doti, la maxipausa si rivela di

grande aiuto.

Come praticare le due

maxipause quotidiane

Possiamo usare una poltrona o un divano o un letto su cui

distenderci. Attenzione a non mettersi sotto le lenzuola, dopo

esserci spogliati, altrimenti rischiamo di fare un ciclo completo e

di tale argomento parleremo alla tappa successiva, la quarta; alcuni

hanno confessato di non aver mai

iniziato questa pratica promettente, nel timore che il loro sonno

non si sarebbe interrotto dopo venti minuti.Ma se osserviamo le precauzioni dovute, possiamo star certi di

risalire alla (r)superficie» automaticamente allo scadere dei venti

minuti, a meno di non aver un grosso deficit di sonno da colmare.

Ecco alcuni importanti particolari: bisogna allentare la cravatta e

la cintura, aprire il collo della camicia (non troppo, per non

rischiare di prendere freddo alla gola) e slacciare o meglio togliere

le scarpe.

 Attenzione: è meglio, per non rischiare d'esser svegliati troppo

presto dal freddo, coprirsi un po', con un mantello o una coperta,

perché quando siamo sdraiati, siamo più freddolosi. Se siamo in auto

possiamo, come fanno i camionisti, riposare la testa, appoggiandola

agli avambracci, facendo peso sul volante; ma ora, i trasportipesanti, soprattutto quelli viaggianti di notte, sono tutti forniti

di cuccette.

In una vettura da turismo o sdraiarci sui sedili posteriori se

siamo soli, oppure usare il sedile allungabile del conducente,

soprattutto quando è fornito di poggiatesta per riposare la nuca. E'

necessario ugualmente ottenere anche l'isolamento sensoriale o

utilizzando un luogo silenzioso o semibuio, o munendoci di occhiali

schermati e di tamponi auricolari.

Un altro tipo di obiezione a questo tipo di sonno è quello di

alcuni che affermano: (r)Dormire durante il giorno? Ho già provato e mi

sono svegliato con la nausea, la lingua impastata e lo sguardo

annebbiato»; ciò succede se si dorme per più di venti minuti. Quandoci svegliamo dalla maxipausa, dobbiamo evitare di riaddormentarci

altrimenti scenderemo a stadi più bassi: il #:o (sonno profondo), il

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 #.o (sonno profondissimo) il #?o (sonno paradossale) e, se non

completiamo tutto il ciclo, rischiamo di ritrovarci in cattivo stato

e anche traumatizzati: allora meglio non dormire del tutto.

Infatti non è vero che (r)più si dorme e meglio è», perché bastano

venti minuti per tornare in forma e freschi.

Quando praticare le maxipause

Secondo lo stesso principio che ci ha guidato fin qui è bene

praticare le due maxipause all'ora cerebrale, cioè ad un'ora fissa e

quando il cervello lo richiede: altrimenti rischiamo di impiegare

mezz'ora per addormentarci e non ne vale la pena per ottenere poi

solo venti minuti di sonno effettivo.

L'ideale è di praticare questa forma di riposo dopo ognuno dei due

pasti principali: pranzo e cena. Tutti gli animali dormono dopo

mangiato ed anche i bambini (quando non ne vengono impediti). Essi

non barano come noi e non contrastano il loro ritmo naturale, le loro

necessità fondamentali.

Sbaglia chi, dopo pranzo e cena, si forza di star sveglio con moti

fisici, camminate, agitazioni, discussioni con la famosa (r)boccatad'aria», etc'; no, non è questo che il corpo e il cervello richiedono

e di cui hanno bisogno come non richiedono eccitanti (caffé, tabacco,

etc') che li sconvolgono.

Dopo mangiato, l'unico stato naturale, normale è il riposo e ancor

meglio il sonno, punto e basta. Altrimenti rischiamo di bloccare o

almeno disturbare il lavoro dell'apparato digerente che comporta una

fatica titanica; il sangue affluisce verso gli organi digestivi e ha

tendenza a ritirarsi dal resto del corpo e particolarmente dal

cervello che è un forte consumatore d'ossigeno sanguigno.

Ma a rigore possiamo godere di questo tipo di sonno prima dei due

pasti maggiori, se ci è più comodo, rispettando, comunque, pur sempre

senza dormire, il riposo post-prandium. Ad esempio, per coloro chesono in arretrato di sonno o sono soggetti a cotte, le ore migliori

sarebbero le 11 del mattino e le quattro o le cinque del pomeriggio.

I disturbi suaccennati sono le manifestazioni di un normale bisogno

di questo tipo di riposo, aggravate da un esagerato deficit di sonno

e da una cattiva alimentazione; al mattino, una colazione

insufficiente o troppo ricca di zuccheri, al pomeriggio una merenda

troppo pesante.

Queste maxipause sono particolarmente raccomandabili a quelli che

devono guidare automezzi per lungo tempo e diventano di assoluta

necessità se si viaggia di notte e se vogliamo evitare di arrivare al

sonno eterno troppo in fretta.

In maniera più generale, occorrerebbe una maxipausa sia quandosiamo nervosi o eccitati (perché la pausa fa abbassare la pressione,

la tensione e il surriscaldamento) sia, al contrario, quando siamo

spossati, scoraggiati, bassi di tono e di morale. Questa sosta è

raccomandabile anche quando il cervello si confonde, si blocca,

quando non riusciamo a venire a capo di un problema. Insomma, tutte

le volte che abbiamo un cedimento fisico, intellettuale e affettivo. E'

il mezzo (r)ideale» per eliminare questi malesseri passeggeri.

In ogni caso, questo mezzo è di gran lunga preferibile all'abituale

e pernicioso ricorso ai calmanti o agli eccitanti. La maxipausa di

venti minuti è il migliore di tutti i rimedi previsti e voluti dalla

nostra natura.

Offriamoci dunque una o più maxipause al giorno se lo possiamo: nonè un lusso, è il nostro investimento nel tempo.

Quarta tappa:

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il ciclo del sonno

Il 21 luglio 1969 è, per noi uomini, una data storica. Per la prima

volta, da quando il nostro pianeta esiste, cioè da quattro miliardi e

mezzo di anni o da quando è apparsa sulla Terra la vita umana, due

uomini hanno lasciato il nostro pianeta, compiendo un'impresa

veramente incredibile. Infatti, il Lem con due cosmonauti americani a

bordo si posava sulla Luna.

Tutto il mondo era in trepidante attesa. Stava per assistere a un

prodigioso avvenimento da fantascienza che chiunque in passato

avrebbe attribuito ad una fantasia onirica: il primo passo del primo

uomo sulla superficie lunare: (r)un passo, piccolo per l'uomo,

grandissimo per l'umanità», ha affermato l'astronauta che l'ha

compiuto.

C'era più in basso, a quattrocentomila chilometri dal nostro

satellite, davanti ai televisori più di un miliardo d'esseri umani

che aspettavano febbrilmente l'uscita del cosmonauta dal Lem.

 Allora accadde un fatto tanto incredibile che inaspettato: Neil

 Arm-strong tranquillamente, pacificamenteà s'addormentò. Perché,

affinché potesse affrontare nelle migliori condizioni fisiche e

mentali la prova senza precedenti che l'aspettava, la Nasa gli aveva

impartito l'ordine d'effettuare un ciclo di sonno.

E più di un miliardo di persone, comprese quelle che avevano le

orecchie incollate alla radio, dovettero

aspettare che Armstrong finisse il suo sonnellino, cioè un'ora e

mezzo circa. Infatti, i futuri cosmonauti, quando iniziano il loro

allenamento,

una delle prime cose che apprendono è quella di individuare e

rispettare il proprio ciclo di sonno.

Per i cosmonauti, quando sono nello spazio, non esistono più négiorno né notte; essi si sottraggono, non solo alla gravità, cioè

all'attrazione della Terra, ma anche alla sua rotazione che provoca,

per noi terrestri, l'alternanza di luce solare e di oscurità. Così

hanno appreso l'importanza del loro ciclo: sanno che è essenziale

rispettarlo, per garantirsi un buon sonno, ma soprattutto per essere

sempre, in ogni occorrenza, efficienti per la buona riuscita della

missione. Essi non possono permettersi come la grande maggioranza

degli esseri umani (che non soltanto s'addormentano, ma anche si

svegliano in tempi sbagliati, rompendo così il loro ciclo in due) di

alzarsi (r)col piede sinistro» e più stanchi di prima.

Due ore rappresentano un ciclo di sonno. Precisiamo che tutti i

marinai, per esempio nella marina militare, effettuano (r)quarti» diquattro ore, ossia due cicli di sonno. Ma, in effetti, noi siamo

tutti navigatori, nell'oceano della notte e quotidianamente dobbiamo

affrontare la nostra navigazione da soli; e durante questa traversata

notturna, anche noi dobbiamo evitare gli scogli e, arrivando in

porto, al mattino trovarsi in buone condizioni per pilotare con mano

ferma la nostra (r)barra» durante la giornata.

Per ottenere questo, occorre rispettare i nostri cicli di sonno.

Tutti gli animali del mondo lo sanno, anche quelli domestici; pur

essendo disturbati dall'uomo, nessuno di loro interrompe mai, salvo

caso di pericolo, il proprio ciclo e quello dei propri cuccioli.

Noi siamo i soli a farlo costantemente e siamo anche (e non per

caso) i soli a soffrire di insonnia. L'animale, invece, non hapossibilità di violare le leggi biologiche naturali. Solo, di tutto

il regno animale, l'uomo ha conquistato la libertà di farlo, fino ad

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abusarne continuamente. E ciò è vero non soltanto per quanto concerne

il ciclo del sonno, ma anche per tutti gli altri cicli biologici che

dovrebbero regolare la nostra vita, sia di giorno che di notte.

Ora, sappiamo che vivere in salute significa vivere in armonia con

i propri cicli e accordarli con quelli del cosmo. E sarà

probabilmente con la cronobiologia che la medicina farà i grandi

progressi nei 20 anni a venire; perché viviamo, mangiamo, beviamo,

contro ritmo, e contro corrente, e camminiamo a fianco dei nostri

ritmi, costantemente in disarmonia con noi stessi. Siamo andati così

(r)fuori fase», siamo degli (r)sradicati», abbiamo (r)sconvolto il tempo e

siamo diventati degli ammalati di tempo» per dirla con G'G' Luce.

Questa continua trasgressione è vera anche nei confronti di tutte

le altre leggi naturali; ma questa licenza che ci concediamo la

paghiamo molto cara: non solo dormiamo male, ma siamo tra gli animali

quelli che hanno salute peggiore, i più stanchi (a partire dai

quarant'anni, l'occidentale è permanentemente stanco), i soli ad

invecchiare e a morire con troppo anticipo rispetto al proprio

programma biologico normale.Bisogna assolutamente rimparare quello che da ragazzi conoscevamo

d'istinto, ma che la nostra educazione ci ha fatto disimparare. Un

ciclo di sonno è sacro; non dovremmo interromperlo mai senza gravi

motivi, perché non si rompe mai un ciclo impunemente. Un ciclo è come

un (r)pasto che deve essere assolutamente portato a termine» (J'

Bouton) per non restare affamati e, conseguentemente, insonnoliti.

Ma ecco altre conseguenze molto più gravi, che possono diventare

drammatiche accumulandosi, se commettiamo questa enorme bestialità

ogni mattino (teniamo a mente il ciclo del sonno con le sue cinque

fasi).

Svegliarsi nel mezzo di un ciclo prima della sua naturale

conclusione, cioè in pieno sonno profondo, equivale a un colpo dimazza in testa; ciò accade quando, seguendo il linguaggio comune, ci

svegliamo di soprassalto. Questo è un grave incidente sulla strada

del sonno e provoca un trauma cerebrale, da cui ci rimettiamo con

fatica.

(r)Un cosmonauta dalla sua capsula spaziale, uno speleologo da una

grotta profonda o un subacqueo non riguadagnano il livello terrestre

senza fasi intermedie, senza rispettare soste di assuefazione. Invece

la quasi totalità degli esseri umani sorge senza alcuna precauzione

dal sonno più profondo», scrive J' Bouton.

Tutti prestano molta attenzione procedendo a piedi o in auto, lungo

una strada o traversandola, ma tutti (o quasi tutti) procedono con

leggerezza su quella del sonno. Perché, allora, ci stupiamo delledisastrose conseguenze che ne derivano?

La regola del ciclo è elementare, essenziale: è la regola sovrana

del codice del sonno. A questo scopo è necessario individuare bene i

propri cicli (le ore, cioè, d'inizio d'ognuno di essi) e la loro

durata che, lo ripetiamo, è un dato fisso per ogni individuo, ma

variabile da un individuo all'altro.

Questa durata è, per ognuno di noi, il dato più importante da

conoscere, molto più del peso corporeo o dell'altezza. La durata del

nostro ciclo personale dovrebbe essere teoricamente un sottomultiplo

di ventiquattro. Ma non è sempre così poiché v'è una certa elasticità

nella durata di ciascun ciclo; alcuni sono un po' più corti, altri un

po' più lunghi della media, in modo che vi sia compensazione.Una volta determinate le nostre ore biologiche consigliamo di

riportarle su un quadrante il cui giro completo rappresenti il ciclo

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diurno-notturno di 24 ore, che corrisponde a un giro completo di

rotazione della Terra su se stessa (e, sull'orologio, a due giri).

 Avremo così il nostro disco di parcheggio personalizzato

(r)molti-usi»; ci aiuterà in primo luogo a memorizzare visivamente le

nostre ore, ci servirà per controllare il momento in cui dobbiamo

addormentarci, svegliarci, concederci il sonno-lampo, praticare la

pausa di parcheggio, la maxipausa.

Ricordiamo, infine, che se la lunghezza del ciclo è specifica di un

individuo, come lo sono la firma o le impronte digitali, le ore di

passaggio del (r)treno del sonno» possono essere spostate; ma bisogna

sapere che per spostare la frequenza di un ciclo occorre circa un

mese. Ciò avviene quando si passa dall'ora invernale a quella estiva.

La regola d'oro del rispetto dei cicli è importantissima, tuttavia

non rendiamocene schiavi. Non siamo dei robot e la nostra condotta

deve essere talvolta regolata dalla fantasia, qualche (r)scappatella» è

permessa, perfino raccomandata.

Nota editoriale. Altri studiosi danno alcune indicazioni aggiuntive

affinché ciascuno possa da sé stabilire la durata del proprio ciclo

di sonno. Conoscere l'estensione del proprio ciclo, con le sue 5

fasi, è importante per adeguarvisi e meglio dormire. Si suggerisce di

procedere come segue:

1) Per 3 o 4 settimane si scriva su un apposito taccuino l'ora

precisa in cui ci si addormenta la notte e l'ora precisa in cui ci si

sveglia al mattino. Non conta il tempo in cui si sta nel letto, bensì

il tempo in cui effettivamente si dorme. Difatti pochi sanno davvero

quanto dormono ogni notte, i più ne hanno un'idea imprecisa.

2) Stabilito con le annotazioni di circa un mese quanto si dorme,

si stabilisce anche se si è un breve-dormitore (circa 6 ore pernotte) o lungo-dormitore (più di 8 ore per notte). In una notte i

cicli del sonno sono di solito 4 per il breve-dormitore, 5 per il

lungo-dormitore.

3) Nell'uomo e nella donna ogni ciclo individuale va da un minimo

di 1 ora e 40 (ossia 100 minuti) a un massimo di 2 ore e 10 (ossia

130 minuti). Se mai durante la notte si ha un risveglio abbastanza

lucido, se ne annoti l'ora sul taccuino; tale risveglio si verifica

più o meno chiaramente alla fine d'ogni ciclo e ciò può darci

indicazioni preziose per il calcolo della durata del nostro ciclo.

4) Se poi si ha l'abitudine alla siesta pomeridiana, se ne annoti

la durata sul taccuino. Se ci si sveglia riposati e freschi dopo 100

minuti, il nostro ciclo abituale sarà di un'ora e 40, se il buonrisveglio arriverà dopo 130 minuti sapremo che il ciclo è di 2 ore e

10 minuti.

5) Questi calcoli sono più facili di sabato e di domenica oppure

in vacanza, quando ciascuno può dormire liberamente quanto gli basta,

senza risvegli che spezzano il proprio ciclo naturale.

6) Stabilita la durata del nostro ciclo potremo stabilire anche

quanto sonno ci occorre la notte. Se dobbiamo svegliarci alle 7 e

abbiamo un ciclo di 100 dobbiamo coricarci un po' prima delle 24 per

avere 4 cicli e circa alle 22 e 20 per averne 5.

Terza parte - L'uso del sonno

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Le applicazioni pratiche

Coricarci tardi

e alzarci presto senza danni

E' impossibile coricarci ed alzarci sempre alla stessa ora, sia che

abitiamo in campagna o in città, sia che siamo oberati di lavoro o

sfaccendati.

Sono gli obblighi personali, professionali, familiari, sociali che

ci impongono i cambiamenti, ma, talvolta, anche il desiderio,

legittimo, di approfittare delle distrazioni che la vita ci offre:

cinema, teatro, televisione, serate con gli amici, etc'. Nulla è più

normale, quando si vive in società, di tutti questi obblighi e

piaceri ed è vano pretendere di imporre a tutti una vita monacale

sempre ben regolata, a orari precisi, immutabili, che nulla o nessuno

possa sconvolgere.

Per contro, quello che è anormale, eppure comunemente accettato, è

considerare che il fatto di esserci coricati più tardi o alzati più

presto, debba obbligatoriamente influenzare, negativamente, la forma

fisica, intellettuale, affettiva dell'indomani.Se ciò si verifica, e ognuno di noi ne ha fatto personale

esperienza, è semplicemente perché non sono state rispettate per

ignoranza certe regole

elementari che governano il sonno.

L'oggetto di questo capitolo e dei seguenti è di rivelare queste

regole semplicissime che hanno effetti benefici immediati; consistono

nel rispettare la famosa norma del ciclo del sonno, che dev'essere

nella sua integrità.

Esamineremo insieme, concretamente, come dobbiamo applicarla,

introdurla nella pratica della nostra vita quotidiana. Che accade

quando l'ignoriamo o infrangiamo?

Prendiamo in esame il caso in cui dobbiamo coricarci più tardi delsolito. Di solito, per tentare di perdere meno sonno possibile, ci

precipitiamo a letto non appena rientrati a casa o, se siamo rimasti

in casa, ci liberiamo dalla compagnia.

Ci diciamo: (r)Bisogna che m'addormenti il più presto possibile; sono

già in ritardo rispetto alla mia ora

abituale e bisogna, soprattutto, che non aumenti ancora questo

ritardo».

 Apparentemente, è un discorso irrefutabile; ma è proprio pensando

così che rischiamo di compromettere l'addormentamento; infatti più

desideriamo addormentarci in fretta e più il sonno s'allontana.

Ma esiste un'altra ragione ancora più importante e ancora più

frequente, responsabile del ritardo nel prender sonno; si registra,nella quasi totalità dei casi, una fase d'addormentamento più lunga

e, una volta di più, a torto, attribuiamo questo ritardo del

sopraggiungere del sonno al fatto che la sera trascorsa con gli amici

ci ha eccitato, che il programma del cinema era troppo emozionante,

che siamo troppo stanchi per aver vegliato troppo a lungo, etc'.

Tutto questo non è poi del tutto falso, ma non costituisce però la

vera ragione o, almeno, la ragione principale che è la seguente:

abbiamo tentato di prender sonno prima che il cervello lo desiderasse

veramente, senza tener conto dell'ora di passaggio del proprio

(r)treno» del sonno.

Esiste un solo rimedio (a parte quello sconsigliabile, anche se

molto usato, dei sonniferi): attendere il passaggio del prossimotreno del sonno, secondo il proprio orario personale.

Per esempio, se ci corichiamo abitualmente alle dieci e una sera

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rientriamo alle undici, è perfettamente inutile andare a letto alle

undici e un quarto, se il nostro ciclo di sonno è di due ore: è

sufficiente coricarci a mezzanotte. In altre parole: per

addormentarci il più presto e il più velocemente possibile, bisogna

aspettare.

 Altrimenti c'è una forte probabilità che, anche coricandoci subito,

si debba aspettare mezzanotte per addormentarci; quindi, quando siamo

fuori dal nostro ciclo normale non serve a nulla metterci subito

sotto le coperte, altrimenti rischiamo, aspettando un sonno che

ritarda, di innervosirci, di girarci e rigirarci tra le coperte,

correndo anche il rischio di perdere il treno di mezzanotte.

E questa urgenza ci prende anche di più; specialmente quando ci

aspetta, l'indomani, una giornata particolarmente pesante; diciamo:

(r)bisogna assolutamente che dorma», cosa che rende il sonno

impossibile; e, il giorno dopo, siamo in condizioni pietose.

Supponiamo anche di essere riusciti ad addormentarci

tranquillamente alle undici e un quarto; in questo caso, avremo

diminuito il numero dei nostri cicli abituali e quindi dovremo ancheanticipare l'ora del risveglio, per non svegliarci prima di aver

concluso l'ultimo ciclo, quello del sonno paradossale, spezzandolo,

così, in due, il che è dannoso.

Per questa ragione, rischiamo ancora di essere in cattiva forma

tutto il mattino, o addirittura tutta la giornata, perché ci siamo

risvegliati contro tempo e dunque in maniera traumatizzante; si

aggiunga a tutto questo anche il fatto di restare sfasati, non in

sincronia con i nostri cicli soliti, fino ad essere, in certe ore,

intontiti e sonnolenti.

E giustifichiamo la cattiva forma in mille maniere (eccetto quella

giusta): (r)Ho fatto tardi, sono stato ad una festa, non me ne va bene

più una, sto invecchiando, etc'». Vediamo ora in che modo sia possibile coricarci anche più tardi del

solito, senza inconvenienti. Certo, andando a letto a mezzanotte

(mentre si è abituati a farlo alle dieci) abbiamo certamente un ciclo

di sonno in meno, ma (lo potremo constatare) questo fatto non ha

ripercussioni sulla forma dell'indomani, in nessun piano.

Se non rispettiamo la regola del ciclo completo, non siamo in forma

il giorno dopo, non perché abbiamo dormito poco, ma, al contrario,

perché abbiamo dormito troppo! E' preferibile, quando ci si corica

più tardi del solito, d'anticipare l'ora del risveglio di un intero

ciclo.

C'è un solo caso in cui, coricandoci più tardi del nostro solito,

per esempio, alle undici un quarto, possiamo registrare, con stupore,un'ottima forma l'indomani, pur avendo dormito di meno: è il caso

(abbastanza raro tuttavia, perché si tratta di una coincidenza) in

cui abbiamo rispettato, senza saperlo, la regola del ciclo intero.

 Aggiungiamo che, se siamo indotti a diminuire i cicli abituali del

nostro sonno per parecchie notti, per evitare del ritardo dobbiamo,

durante il giorno, praticare la maxipausa, o la siesta, pur

rispettando sempre la regola del ciclo.

Ecco l'errore che molti fanno dovendo alzarsi molto presto al

mattino, ad esempio per prendere un aereo. Se la nostra ora abituale

del risveglio è le 7 e 15, quel mattino, per prendere l'aereo, siamo

stati obbligati ad alzarci alle 6 e 15: abbiamo dunque perduto, in

rapporto alla quantità abituale di sonno, un'intera ora. Ma, inrealtà, se il nostro ciclo di sonno abituale è, per esempio, di

un'ora e mezzo, abbiamo dormito una mezz'ora di troppo: avremmo

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dovuto puntare la sveglia sulle 5 e 45. Perché, se poi nella giornata

seguente saremo affaticati e sonnolenti, è perché siamo stati

svegliati di (r)soprassalto» dal trillo della sveglia, mezz'ora dopo la

ripresa del precedente ciclo, già (r)ridisceso» a livello del sonno

leggero (Fase 2) o profondo (Fase 3), e abbiamo subito il trauma

acustico della sveglia, il trauma cerebrale (che è, ricordiamolo,

l'equivalente di un (r)colpo di mazza» in testa), facendo passare il

cervello, bruscamente, da un regime di 3, talvolta anche 1 sola

pulsazione al secondo, fino a 30 al secondo; da qui, un enorme

affaticamento cerebrale e un notevole sforzo, per emergere da questo

sonno profondo e ristabilire il nostro equilibrio. Se poi accendiamo

bruscamente la lampada, subiamo anche un trauma ottico.

Così, possiamo dire che la giornata è incominciata con tre traumi

per una sola mezz'ora di sonno guadagnato. Che stupido calcolo e che

aberrazione! Quando siamo in viaggio di affari o quando ci mettiamo

al volante per una piacevole gita, bisogna, al contrario, essere più

resistenti e più lucidi del solito; e sarebbe anche facile esserlo,

rispettando semplicemente la regola del ciclo del sonno. Perché,mettendo la sveglia alle 5 e 45 non avremo subito alcun trauma,

trovandoci con il cervello a 30 pulsazioni al secondo, gli occhi

aperti e gli altri sensi (fra i quali l'udito) quasi completamente

ristabiliti; ci saremo svegliati completamente in maniera naturale e

senza alcuno sforzo, al termine d'un ciclo.

E avremo, dunque, potuto essere istantaneamente disponibili

fisicamente, intellettualmente, affettivamente, preparati ad

affrontare una nuova giornata; e, per di più, di buon umore.

La siesta

più di tre quarti degli esseri umani fanno la siesta. Ricordiamo

subito che essa consiste nel dormire dopo il pasto principale, cioè,

dopo pranzo. Il nome viene dal latino sixta, la sesta ora del giorno.La siesta è abituale nelle regioni meridionali.

Invece più al nord viene praticata solo da un'infima minoranza. I

più non hanno questa eccellente abitudine e si giustificano dicendo

di non essere capaci di abituarvicisi; oppure che dopo la siesta si

sentono più stanchi di prima, o addirittura infiacchiti; oppure che

non riescono a risvegliarsi se non troppo tardi, etc'. Così costoro

ignorano i piaceri e la grande utilità di questa rilassante pausa

meridiana che è anche una necessità biologica.

 Anche nei paesi alpini, anglosassoni o nordici, i bambini, gli

anziani (come del resto gli animali) praticano la siesta

sistematicamente; certo perché ne hanno bisogno più di altri, il loro

organismo la reclama imperativamente. Ma, soprattutto, perché lapressione sociale che nel nord condanna la siesta non agisce ancora

sui bambini e non agisce più sugli anziani.

Non è certo dare prova di virilità, di padronanza di sé, di

libertà, di rispetto per le convenienze resistere al richiamo della

siesta o fingere di non sentirlo, come si trattasse del canto d'una

sirena tentatrice che cerca di trascinarci verso un piacere vietato.

E' piuttosto dare prova di leggerezza, ed anche d'una certa

incoscienza, è come disprezzare le leggi naturali e il loro Creatore.

E' anche diventare schiavi della fatica, privarci di quella

straordinaria libertà che acquistiamo, quando, per mezzo della

siesta, abbiamo messa la fatica (r)fuori portata».

Già, di per sé, l'inizio del pomeriggio costituisce un tempo deboleche si carica inoltre degli effetti del pasto più importante della

giornata, almeno per noi latini (tutti i tempi post-prandium, come

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affermano i medici, sono tempi deboli). Non è un disonore il fare la

siesta, anzi è il rispetto d'un bisogno fondamentale, quanto il bere

e il mangiare; è il ritrovare le proprie forze, per essere poi più

resistenti, più dinamici, più efficienti.

Notiamo, ancora, che molti grandi uomini l'hanno praticata (la

praticano) tutte le volte che lo potevano (o lo possono). Almeno tre

presidenti degli Stati Uniti facevano regolarmente la siesta: Truman,

Kennedy,

Johnson. Citiamo un altro esempio: quello di Winston Churchill.

Durante l'ultima grande guerra, nel giugno del 1940, gli avevano

appena comunicato il disastro di Mers-el-Kebir, dove erano colate a

picco numerose navi francesi. Chi era venuto ad annunciargli la

notizia, che richiedeva decisioni urgenti, gli domandò: (r)Cosa

intendete fare, ora?». Churchill, al suo esterrefatto interlocutore,

rispose: (r)La siesta!» e, vedendo l'altro sorpreso, aggiunse: (r)Nulla è

più importante per il mio paese del fatto che io mantenga integra la

mia lucidità».

più tardi, nei suoi scritti sugli anni della guerra, dirà: (r)Hodovuto

adottare un ritmo di vita che oltrepassava la mia capacità di

lavoro quotidiana; durante la giornata, mi mettevo a letto (dopo

mangiato) per più di un'ora; grazie a questo, potevo svolgere il

lavoro di una giornata e mezzo in ventiquattr'ore». Se pensiamo al

ruolo di primissimo piano sostenuto dalla statista inglese durante la

guerra, possiamo quasi affermare che la siesta gli ha permesso di

vincerla.

Ma anche noi dobbiamo lottare contro un certo numero di flagelli

moderni che si chiamano fatica, insonnia, etc', e dobbiamo combattere

una guerra quotidiana contro di essi: per vincerla, la migliore arma

è la siesta. Ecco qualcuno dei suoi benefici effetti: divide lagiornata in due, e permette, a chi sa servirsene, di vivere, ogni

giorno, due giornate (r)nuove» in una, dice J' Beradou; ci consente, a

condizione, beninteso, di praticarla rispettandone le regole, di

conoscere una seconda volta la gioia della (r)rinascita alla vita», in

cui ci sentiamo interamente rinnovati. Grazie ad essa, gusteremo un

secondo (r)trionfante risveglio», due volte in un solo giorno.

Ben fatta, la siesta rappresenta un potente rilancio di tutte le

forze vitali, un ristoro, un bagno di giovinezza senza uguali, un

mezzo per essere freschi, ben disposti, giovani, pieni di slancio,

d'ottimismo e di coraggio, nel corso della seconda parte della

giornata e anche per tutta la serata. E ciò senza servirci di droghe

per (r)ripartire» nel pomeriggio e (r)resistere», droghe, poi, che sonoautentiche (r)pompe di energia», generatrici di fatica e che creano

giornate (r)discontinue», con brevi periodi d'eccitazione artificiale,

seguiti da lunghi, e talvolta profondi, periodi di abbattimento.

Mentre la siesta è uno stimolante energetico potente, senza pericoli,

naturale.

 Aggiungiamo anche che è un mezzo efficace per ricuperare sonno

arretrato, se, per esempio, di notte abbiamo dormito male o se siamo

stati costretti a coricarci più tardi del solito.

L'unico caso in cui la siesta è piuttosto controindicata è quando

soffriamo di vera insonnia. Allora dobbiamo sospendere la siesta

almeno provvisoriamente. Salvo insonnia grave, la siesta favorisce di

notte un sereno addormentamento e un sonno tranquillo, perché eliminale contrarietà di quelli che conducono una vita troppo attiva. Essi

si sentono spesso sotto tensione, sotto pressione, innervositi, fuori

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di sé, o anche a terra, spossati, svuotati, etc'.

La siesta è sacra per la maggior parte dell'umanità, ed ognuno deve

praticarla tutte le volte che può, senza considerarla una perdita di

tempo prezioso, anzi la siesta permette d'economizzare un ciclo di

sonno la notte e rappresenta un enorme guadagno di tempo.

Quest'antica tradizione è ancora rispettata, l'abbiamo già detto,

presso la maggior parte dei popoli attuali. Già Nestore ne era un

adepto, come tramanda Omero. Intorno al 1600, un falso Zar volle

usurpare il trono di Ivan il Terribile: i sudditi ebbero modo di

smascherare in fretta lo straniero impostore: non soltanto, e questo

passi, egli si rasava, ma, imbevuto di barbaria occidentale, non

faceva nemmeno la siesta e questo fatto lo smascherò.

 Anche a noi, non praticandola, costa la vita e l'abbrevia con

un'usura prematura. Trasgredire questo imperativo biologico è come

suicidarsi al rallentatore.

La pratica però della siesta non consiste semplicemente nello

sdraiarci non importa come, e dormire, non importa quando e per

quanto tempo. Mal fatta potrebbe essere nociva e sarebbe meglioevitarla: la siesta non si può improvvisare.

Ecco quando e come dobbiamo ricorrere a questo metodo di

rigenerazione perfettamente messo a punto da un'esperienza di secoli

e secoli e da miliardi di esseri umani che l'hanno praticata o la

praticano quotidianamente.

Possiamo fare la siesta in una poltrona ben strutturata

anatomicamente, ma è meglio assumere la posizione orizzontale per

avere i piedi alla stessa altezza della testa: è molto più riposante.

Se lo preferiamo, possiamo metterci in tenuta da notte; sono

assolutamente necessari il silenzio e l'oscurità. Per ottenerli

possiamo eventualmente ricorrere all'uso di occhiali schermati e di

tamponi auricolari; dobbiamo proteggere poi gola e stomaco dal freddoe coprire anche tutto il corpo. Possiamo fare la siesta anche

all'aria aperta, ma, in questo caso, è meno efficace perché - a meno

di metterci all'ombra e in un posto isolato - possiamo sempre venire

svegliati intempestivamente, per un motivo o per un altro.

Per addormentarci in fretta e per far sì che il sonno sia più

ristoratore, dobbiamo approfittare del passaggio di un ciclo,

altrimenti rischieremmo di obbligare il cervello a rallentare, quando

non lo richiede. E soprattutto bisogna fare un ciclo completo: è la

condizione sine qua non perché la siesta abbia successo: tutti quelli

che sono dei (r)professionisti» in questo campo lo sanno bene e non

l'infrangono mai, né accorciandola, per mancanza di tempo (in questo

caso dobbiamo contentarci di una maxipausa, cioè di non più di ventiminuti), o prolungandola; perché, come già lo raccomandava nel

dodicesimo secolo la scuola di Salerno, non dobbiamo cercare di

dormire di più (sarebbe tanto sciocco quanto credere che mangiare di

più del necessario fa star meglio).

Dobbiamo tener conto di due cose:

- anche in vacanza, se ci siamo alzati tardi, per esempio dopo le

9, è meglio non fare la siesta, a meno che non ci siamo coricati

tardi la sera prima; la siesta è una specie di compenso della sveglia

mattutina;

- la siesta non è fatta per correggere gli errori alimentari, come

un pasto troppo copioso, troppo ricco o troppo annaffiato da bevande.

In questo caso, peraltro, assomiglia di più a quella specie di comain cui sprofondiamo sempre dopo esserci rimpinzati di cibo e di

liquori.

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Si tratta, in fondo, d'una pratica semplice, facile da rispettare,

se sappiamo esercitarla al momento giusto e se vogliamo trarne

vantaggio. Per il fanciullo, dice J' Bouton, è l'equivalente dello

spuntino del lavoratore manuale. E questo è vero anche per quelli che

ritengono che la siesta non è più d'oggigiorno.

Poltrire fino a tardi? Sì, maà

Tutti abbiamo il diritto di oziare, di tanto in tanto. Il diritto

all'ozio è insopprimibile quanto quello al lavoro, allo sciopero o al

sonno. Ed uno dei mezzi più efficaci per praticarlo è poltrire un po'

a letto, al mattino, durante una vacanza o il fine settimana.

Ma ecco, nella quasi totalità dei casi, quello che succede:

restiamo a letto un'ora o anche due ore e mezzo più del solito, e ci

alziamo più stanchi della sera prima, più spossati di quanto siamo

solitamente durante la settimana o durante l'anno e (r)giriamo in

tondo» per tutta la giornata.

Invece la verità è che, una volta di più, abbiamo infranto la

regola del ciclo completo: la nostra piccola depressione non è dovuta

che a questo e sarà definitivamente eliminata se rispetteremo questaregola: facciamo un ciclo completo in più, o anche due se abbiamo

molto sonno arretrato (ma, attenzione! Rischiamo, allora, se dormiamo

troppo, l'insonnia cronica che ci mette effettivamente a terra) e ci

svegliamo in gran forma. Per evitare un risveglio intempestivo che

dividerebbe il ciclo in due, cerchiamo di fare in modo che al mattino

(e non è un'impresa facile) non ci siano né rumori, né luce violenta.

Dobbiamo fare, però, attenzione a

una cosa: non è bene accumulare, nel corso della settimana, troppo

sonno arretrato e cercare di ricuperarlo, alla fine, stando a letto

un'intera mattina. Anche il sonno arretrato va smaltito il più presto

possibile (possiamo forse compensare la carente alimentazione di unasettimana con un enorme pasto domenicale?). Certo, è meglio

recuperare l'arretrato piuttosto che non ricuperarlo, ma è ancora

preferibile compensarlo il più rapidamente possibile per non

accumulare mai un grosso deficit di sonno.

I 4 principi fondamentali

L'arte e la maniera di coricarci più presto, di alzarci più tardi,

di fare la siesta e di poltrire in letto al mattino rappresentano

quattro pratiche fondamentali grazie alle quali possiamo trasformare

la nostra vita; l'unico ostacolo potrebbe essere costituito dalla

loro estrema semplicità che potrebbe farci dubitare a priori della

loro grande efficacia, se le applichiamo tutti i giorni.

Se facciamo un ciclo di sonno nella giornata in momenti diversi daquello della digestione, dobbiamo tener presente quanto segue:

- durante il mattino questo ciclo comprenderà il sonno paradossale

in misura maggiore del solito e così, se al risveglio saremo

ricostituiti psichicamente, ci troveremo però a terra sul piano

fisico;

- verso la fine del pomeriggio, in compenso, il ciclo comprenderà

maggiore sonno profondo e, allora, saremo ricostituiti sul piano

fisico ma ci sentiremo depressi moralmente.

Tutto ciò perché i sonni profondo e profondissimo appartengono

soprattutto all'inizio della notte e quello paradossale alla fine.

Il sonno viaggiando:

le differenze dei fusi orariSiamo (r)fuori-orario» (dal punto di vista del ciclo vitale,

naturalmente) quando ci dobbiamo svegliare, lavorare, o dormire a ore

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diverse da quelle abituali, quando i nostri orologi biologici, che

regolano le nostre funzioni sono (r)spostati». Ciò accade se in aereo

oltrepassiamo i meridiani, cambiando così di fuso orario. Questo

scarto d'orario ci tocca se supera le tre ore.

Gli orologi biologici regolano in noi cicli che obbediscono a

frequenze molto variabili: un secondo circa per ogni battito

cardiaco, alcuni secondi per la respirazione, ventisette giorni e

mezzo per il ciclo lunare, ciclo che le donne conoscono bene, ma che

esiste anche per gli uomini, etc'. Vi sono poi i cicli detti

circadiani ai quali sono soggette più di centodieci funzioni, come il

sonno, la digestione, la composizione del sangue, la temperatura

corporea, etc'.

Queste funzioni si manifestano ad

ore fisse, di giorno come di notte, a livelli ben precisi. Abbiamo

visto che un certo numero di queste funzioni, di notte, rallentano la

loro attività; sappiamo che la temperatura organica, di giorno, è

superiore (di 1» circa), etc'. Sorpassando un fuso orario,

rallentiamo o acceleriamo gli effetti della rotazione terrestre. Allora il livello di queste funzioni risulta spostato in rapporto a

quello che dovrebbe essere all'ora del luogo in cui ci troviamo,

perché l'ora locale non corrisponde più a quella fisiologica. Ciò può

tradursi in fatica, in cattivo umore. (r)In effetti, l'autentica

sorgente dell'equilibrio interno del nostro corpo è la

sincronizzazione del ritmo che ci permette le migliori prestazioni»

(G' Racle).

Il nostro organismo, per riadattarsi, ha bisogno di un tempo

variabile secondo i nostri diversi cicli interni; questo

riadattamento può farsi sia in avanti che indietro, secondo che

viaggiamo verso Occidente o verso Oriente: così, nei confronti di

Parigi, New York si trova in ritardo e Mosca in anticipo, le Hawaiisono indietro di 11 ore e la Nuova Zelanda avanti dello stesso tempo.

Tale scarto può raggiungere le dodici ore e, in questo caso, il

giorno e la notte sono completamente invertiti, così certe funzioni

sono rallentate durante la veglia e, viceversa, sono accelerate di

notte, cosa che è evidentemente di grande ostacolo per l'attività

della veglia e del sonno. Se forziamo l'organismo a risvegliarsi in

ore durante le quali normalmente dorme - o il contrario - si può

capire quanto possiamo essere squilibrati e sofferenti di insonnia. E

questo non è bene, perché siamo sfasati, fuori ritmo e in disarmonia

con noi stessi. Rischiamo di cadere addormentati mentre lavoriamo,

perché in quel momento il nostro corpo abitualmente dorme; oppure,

viceversa, di essere completamente svegli alle tre o alle quattro delmattino, tentando disperatamente di dormire con un corpo disposto a

funzionare al massimo delle sue facoltà, perché il nostro organismo

continua a vivere secondo la propria ora biologica.

Obbligare così le nostre funzioni ad agire contro tempo, in

rapporto all'ora degli orologi interni che le regolano, provoca una

diminuzione - talvolta considerevole - delle capacità fisiche e

psichiche. Quando gli scarti orari sono troppo grandi, troppo

frequenti e durano a lungo (come accade, per esempio, agli equipaggi

di aerei transcontinentali), possono sopravvenire gravi perturbazioni

funzionali: soffriremo di disturbi digestivi e mostreremo sintomi

identici a quelli provocati da un eccessivo affaticamento: avremo i

nervi tesi, saremo fuori di noi, estremamente suscettibili oppure, alcontrario, astenici, sull'orlo della depressione.

Quando sopportiamo questo regime troppo a lungo, questi sfasamenti

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producono un effetto curioso sul piano psicologico e,

particolarmente, su quello dei rapporti sociali. Non siamo più

partecipi della vita sociale e abbiamo grandi difficoltà a

frequentare altre persone, a seguire dei corsi, per esempio, anche se

il tempo ce lo permette. Una sperimentata hostess ha definito molto

bene questa sensazione: (r)avevo l'impressione di essere ai bordi della

vita e di guardarla dall'esterno» (G'G' Luce). Alla lunga, poi, si

produce anche un invecchiamento prematuro, soprattutto allungando le

giornate, spostandoci da Oriente ad Occidente. Questi disturbi,

oggetto oggi di profondi studi, sono detti in inglese Jet Lags.

Essi derivano dal fatto che le nostre varie funzioni circadiane

possono mutare orario solo progressivamente: per questa operazione,

occorre loro un certo numero di giorni e le cose sono, per di più,

complicate dal fatto che il loro tempo di adattamento cambia di

funzione in funzione.

Possiamo, peraltro, notare in linea generale, che questo tempo è

più lungo, quando viaggiamo verso est di quando viaggiamo verso

ovest: è più facile arretrare che fare avanzare gli orologi interni;lo sappiamo bene: è più facile addormentarci più tardi che più presto

dell'ora solita (soprattutto se non rispettiamo i cicli). E' più

facile adattarci andando verso gli Usa, che tornandone.

(r)Uno studio dei laboratori svizzeri Upjohn rivela che occorrono

cinque giorni per recuperare un sonno normale; due settimane per la

regolarizzazione della temperatura dopo un viaggio da ovest ad est;

undici giorni nel senso contrario; sei giorni per ricuperare un ritmo

cardiaco normale e un giorno per una corretta digestione. Per

ottenere la inversione completa delle funzioni diurne-notturne, il

tempo necessario varia da sei a otto settimane». (C' Bialobos)

Lo scopo di questo capitolo è di vedere con quali mezzi possiamo

favorire, accelerare questo adattamento edevitare, così, al massimo, gli inconvenienti di questi scarti

orari, prendendo conoscenza delle più recenti scoperte pratiche fatte

in questo tempo.

Dopo aver subito precisato che non esistono né ricette sicure, né

rimedi miracolosi, consideriamo ora alcuni metodi interessanti.

Notiamo, in primo luogo, quello che fanno gli equipaggi dei voli

transcontinentali, tutte le volte che possono: essi non (r)rimettono» i

propri orologi e continuano a vivere secondo l'orario del luogo di

partenza che è quello del loro organismo, risparmiandogli così

spostamenti di ritmo, sia all'andata che al ritorno.

Naturalmente, questo atteggiamento, talvolta, obbliga a dormire in

pieno giorno e a mangiare in piena notte, senza preoccuparsi dell'oralocale; a questo scopo, alcune compagnie aeree cercano d'offrire al

loro personale navigante locali specialmente attrezzati. Questa

pratica rappresenta l'ideale perché evita totalmente di cambiare due

volte i loro delicati strumenti di regolazione interna. Spesso

avviene che, appena regolati al nuovo orario, occorre regolarli

nuovamente nell'altro senso, donde nuovi traumi o stress profondi.

 Vediamo ora altri metodi più adatti ai passeggeri: certuni

utilizzano, come induttore di sonno, alcool o sonniferi. Ora l'alcool

è decisamente controindicato per il sonno, mentre lo scarto orario è

uno dei rari casi in cui l'ingestione di sonniferi può, eventualmente

ed eccezionalmente, essere giustificata come portatrice di sonno; ma

rischiamo, se continuiamo a farne uso, di sconvolgere ancora di più inostri ritmi biologici. D'altronde, in Comment vaincre la fatigue, L'

Pembrook raccomanda di mangiare moderatamente prima, durante ed

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immediatamente dopo ogni volo.

Per i grandi viaggiatori

Ecco un metodo più completo per annullare in parte gli effetti

fisici della sindrome da (r)scambio d'orario». Un ricercatore

americano, il dr' C' Ehret, ha elaborato il (r)regime dei grandi

viaggiatori», basandosi su un certo numero di considerazioni:

- il caffè o il tè possono anticipare o ritardare i ritmi

biologici, a seconda dell'ora in cui vengono ingeriti: la tazza

mattutina di caffè fa arretrare l'orologio interno dell'organismo,

mentre quella serale lo fa avanzare; soltanto quella sorbita alla

fine del pomeriggio è neutra (salvo per gli effetti che può avere sul

sonno notturno);

- gli alimenti ricchi di proteine stimolano la produzione di

sostanze biologiche utilizzate durante l'attività quotidiana, mentre

i glucidi (zuccheri diretti o indiretti: farinacei) contribuiscono ad

elaborare sostanze cerebrali ricostituitesi nel corso del sonno;

- infine, gli episodi di oscurità o di luce provocati

artificialmente sono suscettibili di fare avanzare o ritardarel'(r)orologio».

Per essere chiari, se decidiamo di prendere l'aereo un lunedì sera,

dobbiamo avere la precauzione di fare (r)il pieno» alimentare (con una

certa moderazione) il venerdì precedente, consumando tre veri pasti

completi: i primi due ricchi di proteine e il terzo di glucidi. Il

sabato giorno di digiuno relativo: tre pasti scarsi di calorie e

poveri di glucidi. La domenica, ancora un pieno (senza esagerare,

però) e poi riprendere a digiunare il lunedì prima della partenza.

L'alternanza pasti copiosi e pasti scarsi tende ad allineare i nostri

cicli fisiologici e ci consente di cambiarli tutti

contemporaneamente. Durante questi tre giorni, è indispensabile

evitare il tè, il caffè o il cacao, eccetto nel tardo pomeriggio,quando la loro azione, come detto, è neutra (attenzione però alla

loro influenza negativa sul sonno notturno quando vengono ingeriti

dopo le ore 16).

Eccoci ora sull'aereo: la riuscita del nostro adattamento dipende

dal nostro comportamento in alta quota. Ascoltiamo ancora il dr' A'D'

Rutzik: (r)Prendete una tazza di caffè nero o di tè forte, senza latte

né zucchero, all'inizio del volo; saltate il pasto ed evitate

champagne ed alcool in generale; non assistete alla proiezione del

film; tentate di dormire o, almeno, di mantenervi distesi. Un po'

prima dell'atterraggio, fate un piccolo spuntino ricco di proteine,

ma, questa volta, senza tè né caffè. Il giorno dell'arrivo, mangiate

bene e coricatevi presto».(r)Questo è il regime fissato per un viaggio da Occidente a Oriente:

se andiamo in senso contrario (da est a

ovest), il programma è lo stesso, con una sola eccezione: bere

molto caffè o tè presto al mattino del giorno della partenza, ma

evitare categoricamente di sorbirne nel pomeriggio». (C' Bialobos)

Ecco ora un altro metodo utile per sincronizzare il sonno.

Supponiamo che, partendo da Parigi, andiamo in Cina: a Pechino, per

esempio, il cui orario, rispetto al nostro, è spostato in avanti di

otto ore (uno scarto considerevole, dunque). Quando, per esempio, a

Parigi sono le 23 (l'ora, cioè, in cui ci corichiamo abitualmente) a

Pechino sono le sette del mattino: avremo allora un po' di sonno e,

nelle ore seguenti, dovremo fare un certo sforzo per restare svegli;ma le sollecitazioni sensoriali - rumori, luce, la nostra attività e

quella degli altri - ci aiutano. Però non avremo mai gli occhi (r)ben

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spalancati» perché ci affatichiamo, come se passassimo una notte in

bianco a Parigi e la giornata diventa così interminabile. Ma, quando

a Pechino giunge il momento di andare a dormire, le 23 ora locale,

noi non abbiamo più sonno (malgrado la notte insonne) perché è l'ora

in cui i nostri meccanismi biologici ci mantengono, abitualmente,

svegli (per essi sono le 15) e in cui le nostre funzioni, rimaste

anch'esse all'ora di Parigi, conservano la loro normale attività.

Ora, dopo una tale giornata, è assolutamente necessario dormire,

altrimenti, l'indomani, non saremo del tutto svegli. Che fare,

allora?

Generalmente, quando si parte per Pechino, lo si viene a sapere

qualche giorno prima, potendo così cominciare a sincronizzare il

sonno con l'ora cinese: tenendo conto una volta di più della

successione dei vari cicli.

Supponiamo che il nostro ciclo sia di un'ora e mezzo e che il

nostro (r)treno» del sonno passi normalmente alle 23 oppure che siamo

abituati a russare a letto proprio alle 23. Tre giorni prima della

partenza, se andiamo a letto, non alle 23 ma alle 21,30, non avremonessuna difficoltà ad addormentarci, perché quest'ora, secondo il

nostro ciclo, corrisponde al passaggio del nostro (r)treno» (non è

l'ora di passaggio abituale, ma questo non ha importanza).

Due giorni prima, corichiamoci alle 20 e la sera della partenza

alle 18,30. Abbiamo, così, recuperato più della metà della differenza

di orario, cioè quattro ore e mezzo e ci rimangono solo due ore e

mezzo di scarto, durata questa che comporta minime conseguenze,

nemmeno confrontabili con quelle di una differenza di otto ore; ma,

attenzione! man mano che anticipiamo la nostra ora di

addormentamento, dobbiamo anticipare anche, in ugual misura, quella

del risveglio, operazione che, fra l'altro, faciliterà anche l'inizio

prematuro del sonno della sera precedente. Al ritorno, bisognainvertire il processo, coricandoci ogni volta sempre più tardi, ma,

soprattutto, ogni volta scalando di un ciclo completo.

Saltare una notte

nei viaggi improvvisi

Ma, il nostro, potrebbe essere un viaggio improvviso, e ci siamo

dimenticati, o siamo stati impediti, di procedere come abbiamo appena

consigliato. In questo caso, la notte che precede la partenza,

evitiamo di andare a letto e di dormire, se non pochissimo,

possibilmente, senza prendere eccitanti, o ingerirne il meno

possibile: caffè, tè, etc'; usiamo piuttosto i metodi per (r)lottare

contro il sonno» di cui parleremo fra poco.

Potremo, così, constatare che possiamo saltare una notte senzagravi inconvenienti. Con nostra grande sorpresa, non saremo né troppo

insonnoliti, né troppo affaticati, quando, per esempio, arriveremo a

Dallas. Per compensazione, una volta giunti, ci coricheremo presto

(rispettando i nostri cicli): alle nove o le dieci, ora locale e non

avremo, rispettando sempre l'ora di passaggio del (r)treno», nessun

problema per addormentarci, perché (r)cadremo» letteralmente dal sonno.

In più, se avremo cura di svegliarci l'indomani mattina, alla fine

di un ciclo, saremo freschi, ben disposti e, in parte, in sincronia

con la nuova ora (in ogni caso, almeno per quanto concerne il sonno).

Dobbiamo tentare nondimeno, durante la nostra prima notte a Dallas,

di fare un ciclo, o meglio due, in più del solito: questo sarebbe piùche sufficiente, perché non dobbiamo credere che, per recuperare

sette o otto ore di sonno, occorra un tempo equivalente. Due cicli in

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più sono sufficienti, sia se li faremo in una o due notti. Ma non di

più, altrimenti corriamo il rischio di trovarci (r)a terra», di cattivo

umore, con l'emicrania, etc', sintomi d'eccesso di sonno.

 Auricoloterapia

Questo metodo, che consiste nel saltare una notte, soprattutto a

partire da una certa età (cinquant'anni circa) è un po' brutale e non

rappresenta che un mezzo d'emergenza: un metodo più dolce, con

assuefazioni orarie progressive, è senz'altro preferibile ed anche

più efficace.

Ecco un altro metodo dolce: possiamo ricorrere all'auricoloterapia,

trattamento con l'agopuntura nell'orecchio grazie al quale possiamo

annullare gli effetti di un scarto orario e, particolarmente, la

fatica che ne risulta. Sono, questi, alcuni metodi per evitare di

maltrattare troppo i nostri meccanismi orari interni, se vogliamo

conoscere, facendo lunghi viaggi, il nostro bel pianeta ed i suoi

abitanti. Sarebbe un vero peccato dovervi rinunciare a causa della

sua rotazione e delle relative mutazioni d'orario e, per questa sola

ragione, privarci dei piaceri di un viaggio.Ora conosciamo molto meglio gli effetti di questi cambiamenti

cronobiologici e, soprattutto, come minimizzarne l'azione, benché non

si sappia ancora tutto in fatto di disincronizzazione umana e di

alterazioni della sua struttura temporale. Nel capitolo di un libro,

come questo, consacrato al sonno, ci siamo soprattutto interessati

dei mezzi utili a ridare equilibrio, nella maniera più sbrigativa e

migliore.

Come lottare contro il sonno

Può sembrare fuori luogo, in un libro destinato a valorizzare il

sonno, d'insegnare a lottare contro di esso. Pertanto, si tratta di

un capitolo importante, perfino indispensabile alla buona gestione

del sonno stesso. In molti casi, ci si rivelerà molto utile e forsepotrà salvarci anche la vita.

L'uomo moderno, generalmente, non è mai (r)né completamente

addormentato la notte, né completamente sveglio il giorno» come dice

Edison; ha sempre gli occhi mezzi aperti o mezzi chiusi; è sempre

insonnolito o in un mezzo sonno, quando dovrebbe dormire, e

sonnecchia, quando dovrebbe essere sveglio; sta sempre rincorrendo il

sonno la notte e la lucidità il giorno, quindi ha tendenza ad

addormentarsi dappertutto: in ufficio, durante una riunione, a casa

sua, davanti alla televisione, nel metrò o anche al volante; e questo

sempre (non soltanto al cambiamento di un ciclo): nel tardo mattino,

dopo aver mangiato (in questo caso è più normale), alla fine del

pomeriggio, la sera. Viceversa, un nulla lo sveglia, la notte: una mosca o una

preoccupazione passeggera; non è più capace di addormentarsi

completamente la sera e di svegliarsi bene il mattino, perché è

diventato in permanenza un (r)pessimo dormitore» e, di conseguenza, un

(r)pessimo vegliante».

La ragione principale di questa penosa situazione sta nel fatto che

l'uomo moderno non ha mai imparato né ad addormentarsi, né a

svegliarsi. Ripetiamolo ancora una volta: ci svegliamo contro tempo,

interrompendo l'ultimo ciclo e restiamo sonnolenti per tutto il

mattino. Il ciclo interrotto continua, si prolunga e, possiamo anche

dirlo, non si conclude mai interamente. In tal caso, ci veniamo a

trovare, quasi permanentemente, in debito di sonno, carenti diriposo: da qui, il nostro (r)appetito» per le droghe, i ritrovati

chimici, sintetici o ricavati da certe piante, come il tabacco. Anche

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il lavoro esagerato, per certuni, può rappresentare una sorta di

droga. Ma se chi dorme male conduce, anche da sveglio, una vita in

stato di sonnolenza, ciò è dovuto al fatto che molti di noi dormono

in maniera medioevale, cioè in un'unica fase troppo lunga, seguita da

un periodo troppo lungo di veglia.

Se il sonnellino, che ridimensiona la lunghezza dei due periodi

deve, in certi casi, durante la giornata, essere favorito,

soprattutto a ore particolari (sonno-lampo, pausa di parcheggio,

maxipausa), e se dobbiamo, la sera, approfittare dei richiami

cerebrali per addormentarci in fretta, vi sono altri casi in cui

queste pratiche non sono consigliabili, anzi intempestive ed anche

pericolose: può essere una questione di vita o di morte. Per esempio,

quando attraversiamo la strada o guidiamo l'auto, un sia pur

brevissimo assopimento potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

L'uomo moderno ha bisogno, in permanenza, ma in maniera particolare

in determinati momenti, di essere estremamente lucido, specialmente,

poi, quando ha decisioni importanti da prendere.

I casi in cui è importante saper lottare contro il sonno, sono, ineffetti, molto più numerosi di quanto possa sembrare. Esaminiamo i

principali, cominciando dai più drammatici.

In automobile

Prendiamo come esempio la guida notturna dell'auto, su un lungo

percorso dritto, monotono e piatto; esiste, in questa situazione, un

fenomeno poco conosciuto: lo sfilamento degli alberi fiancheggianti

la strada può creare insieme una reazione ipnotica e di risonanza,

quando la sua frequenza è vicina a quella del ritmo teta

d'addormentamento. Questa funzione è identica a quella del metronomo

(espediente usato da alcuni per dormire).

Notiamo ancora che, quando siamo al volante, esiste un altro

pericolo: lo stato d'assopimento può essere accompagnato da quelleche vengono chiamate (r)immagini ipnogogiche» (che sono tipiche in un

normale addormentamento); queste immagini creano miraggi, illusioni

ottiche, che provocano, in chi guida, reazioni incresciose, perché si

sostituiscono alle immagini fisiche della strada: tiriamo dritto in

una curva, o curviamo in pieno rettifilo o, ancora, vediamo

improvvisamente, davanti a noi, un camion immaginario.

Se siamo troppo arretrati di sonno e se l'assopimento si manifesta

di prima mattina, cadiamo sia in sonno profondo sia in sonno

paradossale (che sono i più imperiosi e che hanno, naturalmente,

priorità nel ricupero). Ci ritroviamo, così, improvvisamente ciechi

(dal momento dell'inizio del sonno), non vediamo più la strada; in

ogni modo, anche se la vedessimo, non potremmo fare più nulla, perchésaremmo come paralizzati e non potremmo nemmeno sentire il grido

d'avvertimento di uno dei passeggeri, perché saremmo sordi. Infine,

non avremmo nemmeno la consolazione di pronunciare le nostre ultime

parole, perché saremmo anche muti, prima d'andare direttamente

all'ospedale o di sprofondare nel sonno eterno.

 Al lavoro

Per un lavoratore manuale, pur con la protezione di tutti i mezzi

di sicurezza, un colpo di sonno, e dunque di distrazione nel

manovrare un macchinario, può costare un braccio o la vita stessa.

Per un lavoratore intellettuale, addormentarsi in pubblico, durante

una riunione (lo abbiamo già detto) è assai disdicevole. In queste

riunioni, talvolta, fa troppo caldo, c'è eccesso di gas carbonico cheè molto soporifero (c'è, a questo proposito, anche una ricetta del

professore americano Kelly per addormentarsi, ponendo sulla bocca il

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risvolto del lenzuolo, la sera, a letto) e chi parla è privo

d'interesse; (r)dormire è disinteressarsi», dice Bergson.

 A ciò possono aggiungersi altre cause: ritardo di sonno, scarti

orari, fatica, pasti troppo copiosi. Tutte queste ragioni cumulate

fanno sì che non possiamo resistere (quando, ad esempio, è il momento

d'inizio d'un ciclo) ad un quasi incoercibile bisogno di dormire.

 Anche se siamo soli, in ufficio o a casa, possiamo lo stesso avere

bisogno di rimanere ben svegli: quando c'è lavoro urgente da

sbrigare, una telefonata importante da affrontare, qualcosa che

(r)bolle in pentola», un programma importante alla televisione, etc'.

 Abitualmente, cerchiamo di ovviare a questo problema prendendo

eccitanti che, come abbiamo già sottolineato, non portano altro che

uno stimolo passeggero del sistema simpatico: caffè, tè, cola,

tonico, alcool o altre bevande eccitanti, sigarette, prodotti

chimici, etc', ma così non facciamo altro che sottovalutare il

problema, rinviandone la soluzione e rendendolo, col tempo, sempre

più difficile.

La pausa-ossigenoDobbiamo metterci in testa che, in questo modo, creiamo un circolo

vizioso: obbligare il cervello - e in più riprese - a rimanere in

ritmo beta, richiede un grande sforzo, cosa che aumenta la fatica e,

dunque, anche la sonnolenza, e questa condizione, poi, risulta ancora

più aggravata dal fatto che gli eccitanti sono essi stessi un'enorme

sorgente di fatica.

Non è, quindi, questa la soluzione, è, anzi, un mezzo per aumentare

considerevolmente il rischio di cedimenti a causa del sonno.

La sola (r)droga» naturale che possiamo prendere è l'aria, o, più

precisamente, l'ossigeno che contiene. Se, per lottare contro il

sonno, oltre a non dover prendere caffè, non possiamo, in una

determinata situazione, praticare nemmeno la pausa di parcheggio o lamaxipausa, ecco con cosa sostituirle: la pausa-ossigeno.

 Apriremo la finestra dell'ufficio e della nostra abitazione (anche

se non l'apriamo non è poi d'estrema importanza) e facciamo qualche

respiro profondo, lentissimo e lunghissimo, osservando una pausa di

dieci secondi circa, mantenendo l'aria nei polmoni, tra

l'inspirazione e l'espirazione. Questo meraviglioso fluido

(l'ossigeno), a cui non si dà mai abbastanza importanza, forse perché

è gratuito e inesauribile, ci calmerà e ricaricherà nello stesso

tempo, e questo senza alcuna spiacevole ricaduta.

Per sottolineare l'interesse della pausa-ossigeno, ecco un

passaggio, estratto dal libro: Vivez jeunes, vivez longtemps, del

celebre G' Hauser: (r)Distendetevi e calmatevi: restate soli nellavostra stanza, e riposate le vostre stanche ossa. E mentre siete così

distesi, utilizzate una delle più meravigliose forze di cui

disponete, per ringiovanire il vostro corpo: respirate, respirate,

respirate dolcemente e con calma, respirate con il naso, poi, prima

lentamente e in seguito, più forte, respirate con la bocca: fatelo

per tre minuti, tre volte in una giornata. Rammentatevi che, ogni

volta che inspirate, introducete ossigeno che vi prolunga la vita e

quando espirate, vi liberate delle scorie. C'è di più ed è ancora più

importante: ogni volta che inspirate, producete un leggero massaggio

alle arterie, al cuore, ai polmoni ed agli intestini e ogni vostra

cellula, immediatamente, trae profitto da questo aumento di aria

fresca. I vostri occhi stessi ne trarranno giovamento e le vostreocchiaie scure spariranno a poco a poco».

 Altri metodi

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Il mezzo migliore, più efficace e più radicale per lottare contro

il sonno è certo quello di abbandonarvicisi. Perché, contro di lui,

lottiamo ad armi impari e finisce per avere la meglio, presto o

tardi, e senz'altro più presto di quanto crediamo.

Un altro mezzo è evidentemente quello di cercare di non accumulare

troppo sonno arretrato. In primo luogo, dormendo bene, regolarmente,

ogni notte; se questo non è possibile, ricuperando l'arretrato il più

presto possibile, nel corso della stessa settimana o, al più tardi,

durante il week--

end. Il rischio di cadere addormentati non è proporzionale alla

quantità di sonno perduto: cresce al quadrato, con esponente 2 (come

la gravità degli incidenti d'auto aumenta per il quadrato della

velocità).

Dormire in anticipo

Quando prevediamo di non poter evitare di rimanere in arretrato di

sonno, cerchiamo allora di dormire in anticipo; il sonno, infatti,

possiede una straordinaria capacità di immagazzinamento ancora non

ben conosciuta (quando mangiamo troppo, sappiamo dove collochiamo ilcibo, invece non sappiamo come si colloca il sonno anticipato). Per

farci capire meglio, ecco come facciamo noi personalmente:

naturalmente, ognuno può adattare questo

esempio alla propria natura.

Prendiamo il caso di un ritorno dal sud della Spagna, in auto e in

estate. Fa molto caldo e c'è molto traffico sulle strade, cose che

accrescono i rischi della fatica. Se abbiamo scelto questo esempio, è

perché ci servirà per illustrare l'applicazione di tutti i consigli

che vi abbiamo già dato al fine di migliorare la gestione del sonno.

Per arrivare felicemente a Parigi, è certo necessario sapere

guidare l'auto, ma anche guidare il nostro sonno. Per limitare i

rischi, preferiamo effettuare la parte più difficile del percorso(non essendovi autostrade a consentirci una certa sicurezza) di

notte.

Partiamo, dunque, la sera, verso le 22,30, dopo aver già dormito

due cicli (ricordiamo, per memoria, che, al fine di evitare i

problemi derivanti da improvvisi assopimenti, bisogna addormentarsi

nel momento in cui passa il treno del sonno). Per essere lucidi

durante il percorso, occorre svegliarci alla fine di un ciclo

(all'occorrenza, alla fine del secondo).

Nel corso della notte, effettuiamo, poi, due periodi di sonno di

venti minuti (maxipause) nel momento in cui passa il nostro (r)treno».

La prima maxipausa verso le tre del mattino (ora solare) che è il

periodo più critico (ora zero) del nittemero (periodo diurno-notturnodi 24 ore): è il momento in cui la natura vivente si trova

maggiormente debilitata.

Tra la partenza e la prima maxipausa di venti minuti (e ancora nel

momento in cui passa il nostro treno del sonno), effettuiamo due

pause di parcheggio di qualche minuto.

Occorre sapere, e quante volte ognuno di noi lo avrà provato, che,

salvo eccezioni (cospicui arretrati di sonno), l'assopimento si

preannuncia sempre con segni premonitori che sono i soliti, ben noti

messaggi: sbadigli, palpebre pesanti, occhi che pungono, vista

annebbiata, etc'. Sono dei lampeggiatori che s'accendono sul nostro

proprio cruscotto (come avviene su quello della nostra auto) e,

allora, bisogna, quando siamo al volante, arrestarci istantaneamente.

Non dobbiamo mai dire: faccio ancora qualche chilometro, aspetterò

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(sempre guidando) che la sonnolenza passi, voglio arrivare fino a tal

città, resisterò, mi sforzerò di stare sveglio.

più aspettiamo e più saremo obbligati ad uno sforzo maggiore, più

correremo il rischio di un fatale colpo di sonno.

 Verso le 8,30 del mattino, isolati sul piano sensoriale (occhiali

schermati e tamponi auricolari, due per orecchio), effettuiamo,

sdraiandoci nella vettura, un ciclo completo di sonno.

Così, con tre cicli e due maxipause, siamo, in fatto di sonno,

perfettamente aggiornati, freschi e in perfetta forma (dopo esserci

rinfrescati bevendo un po' d'acqua - senza caffè - ed esserci lavato

il viso) per continuare il nostro viaggio tutto il giorno, praticando

ancora, nel corso della giornata due maxipause, una all'inizio del

pomeriggio e una la sera, dopo cena, oppure una siesta di un intero

ciclo, subito dopo pranzo (con, in più, nell'uno o nell'altro caso,

un certo numero di pause di parcheggio).

Così, possiamo essere certi di arrivare a Parigi la notte

successiva, dopo 2300 chilometri di strada, né sonnolenti, né

stanchi, pronti a ripartire in senso contrario.Certi penseranno che, per fare questo, occorrano speciali capacità,

o un certo allenamento, o addirittura che si corrano dei rischi

esagerati. Non è vero, non più di quelli che corriamo in un normale

tragitto: basta essere diventati buoni conducenti del nostro sonno,

rispettare le regole.

 Altri consigli

Ecco ancora un certo numero di altre raccomandazioni che ci

aiuteranno a ridurre i rischi, per evitare d'addormentarci.

Per non cadere nel sonno, dobbiamo mantenere attivi il corpo e la

psiche:

- psichicamente, dobbiamo essere motivati (dormire significa esseredemotivati). Mentre guidiamo l'auto, per esempio, dobbiamo pensare a

qualcosa di stimolante che risveglia il nostro interesse (possiamo

anche parlare con i compagni di viaggio);

- fisicamente, quando ci viene sonno in ufficio, alziamoci in

piedi, e camminiamo un po' in lungo e in largo (cosa che, del resto,

facciamo talvolta dettando una lettera); quando siamo in auto,

strizziamo gli occhi, esploriamo con lo sguardo il panorama che ci

viene incontro, muovendo sempre la pupilla (è la fissità dello

sguardo a provocare, per un effetto ipnotico, il colpo di sonno);

solletichiamo l'olfatto, aprendo i vetri della macchina, con gli

odori esterni (la natura, di notte, in campagna, è particolarmente

fragrante).Ed ecco ora un consiglio semplice suggerito dai camionisti:

masticare dello chewingum. Quando abbiamo qualcosa in bocca, per

riflesso condizionato, ci viene da masticare e l'effetto meccanico di

muovere soltanto la mascella è sufficiente a impedire l'assopimento

(ma, questo, è solo un palliativo e il suo effetto è limitato nel

tempo).

In auto si devono fare esercizi di respirazione (ricordiamo la

pausa-ossigeno), aprendo i vetri del finestrino per fare entrare aria

nuova, anche se calda: in effetti, in auto, siamo in un abitacolo

piccolo e chiuso, dove la percentuale di gas carbonico aumenta

rapidamente, soprattutto se la macchina ha tutti i posti occupati.

E' anche bene massaggiarci, di tanto in tanto, le tempie e la nuca;dobbiamo parlare (anche se siamo soli) a voce alta, cantare forte

(anche se stonati).

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Ma dobbiamo, soprattutto, fermarci, ogni tanto, al momento, per

esempio, della pausa di parcheggio, e uscire di macchina per prendere

una boccata d'aria e assimilare gli ioni negativi che cancellano la

fatica, muoverci, camminare, correre, fare comunque un po'

d'esercizio fisico.

Il sonno è nostro amico; anche se talvolta non dobbiamo augurarci

la sua visita e sapervicisi opporre, chiudergli l'uscio in faccia. Se

sappiamo rispettare alcune sue esigenze, egli non cercherà di entrare

con la forza né tenterà d'imporsi a tradimento.

Per i camionisti, i guidatori di pullman e di treni o i piloti

impegnati in voli notturni, è costantemente in gioco la loro vita e

quella dei passeggeri. E noi stessi, talvolta, rischiamo la nostra.

Una giornata intelligente

Questo capitolo farà da riassunto e da richiamo, per consentirci di

insistere sui consigli dati precedentemente ed anche di completarli.

 Abbiamo già preso in esame un certo numero di mezzi atti ad evitare

gli errori principali e a gestire meglio il proprio sonno nelle

diverse circostanze della vita. E' interessante ora farne la sintesi,ricapitolando concretamente quello che dovrebbe essere il

comportamento ideale di una giornata e quello che dovremmo fare per

renderla ancora migliore.

Il primo quarto d'ora del mattino è di gran lunga (e ancora di più

dell'ultimo della sera) il quarto d'ora più importante del nostro

giorno, è quello che condizionerà tutta la giornata e, così,

indirettamente, anche la notte seguente.

Ricordiamo ancora che una giornata intelligente non può iniziare

con la rottura di un ciclo di sonno, ma con la fine di uno di questi

o, se preferiamo, con l'inizio di uno nuovo. E', questa, la

condizione sine qua non per evitare i tre traumi che subiamo, come

una frustata, a freddo, nei primi secondi o minuti della giornata:trauma auditivo (provocato dal suono della sveglia), trauma cerebrale

equivalente ad una mazzata in testa (in quanto il cervello passa,

bruscamente, da 1 o 3 pulsazioni al secondo, a trenta) e trauma

visivo, dovuto all'accensione della lampada, dopo che gli occhi sono

stati molte ore in stato di cecità, dunque nell'oscurità più

completa.

 Abbiamo già mostrato come questi traumi possano essere ridotti:

svegliandoci naturalmente al termine di un ciclo, utilizzando una

lampada ad illuminazione progressiva, oppure aprendo gli occhi solo

qualche minuto dopo avere acceso la luce.

L'uso corretto della sveglia

 A questo scopo, prendiamo l'abitudine di svegliarci al terminedell'ultimo ciclo e di non riaddormentarci. Così, se la nostra

sveglia (di cui avremo preso la precauzione di regolare la soneria in

modo da entrare in azione solo qualche minuto dopo la conclusione del

ciclo in questione) suona, siamo già tornati in ritmo alfa o beta (da

10 a 30 secondi); così, il danno è meno grave. Ma possiamo anche

prendere l'abitudine di fermarla prima che suoni, utilizzandola solo

come mezzo di sicurezza in caso di un involontario riassopimento. In

questo caso, gli effetti di questo marchingegno, infernale ma

indispensabile, saranno minimizzati, evitati o dilazionati.

Lo stato di grazia

Occorre che il mattino facciamo trascorrere circa quindici minuti

tra il momento del risveglio e quello dell'uscita dal letto. In virt-di questa

operazione, alla fine di un ciclo, possiamo assaporare, ogni

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mattina, il gusto di un ritorno trionfale e rinnovato alla vita,

sentendoci immediatamente nuovi su tutti i piani, in una condizione

di benessere, risentendo poco, o niente del tutto, di quello che è

stato definito il (r)complesso fetale». Ogni mattino, ripetiamo la

nostra nascita e, ogni mattino, dobbiamo evitare il trauma che tutti

abbiamo subito nei primi istanti della nostra

esistenza.

Sbadigliare e stirarci

E' sportivo, fa molto essere dinamici, svegliarci ed alzarci d'un

sol colpo alla soneria della sveglia. E', pertanto, altrettanto

stupido e controproducente, perché così, affrontiamo un trauma in

più, decisamente controindicato.

Immediatamente prima di alzarci, dobbiamo invece praticare due

semplici esercizi: sbadigliare a fondo, stiracchiandoci i muscoli:

movimenti naturali che abbiamo troppo tendenza a dimenticare.

Stiracchiarsi a che scopo? Innanzitutto, per perfezionare l'opera

di riassestamento della colonna vertebrale che, in segreto, il sonno

ha compiuto per noi. Le membra si trovano anchilosate a forza direstare nella stessa posizione e ora si tratta di rimetterle,

dolcemente, in stato di mobilità, dall'estremità dei piedi alla punta

dei capelli, per mezzo, appunto, dello stiracchiamento. (r)Sembra che

il solo fatto di stiracchiarsi rimetta tutto in condizioni efficienti

e ristabilisca i circuiti che prima andavano a basso regime e che ora

lentamente riacquistano il ritmo della vita attiva». (N'

Perez-Christiaens)

(r)Tutti i mammiferi si stiracchiano, anche le vacche, i cani e i

gatti, perfino gli uccelli in maniera più corretta degli esseri

umani. Si tratta di stirare la colonna vertebrale nei due sensi:

arcuandosi e distendendola, in modo da ricollocare ogni osso nel suo

posto giusto, fra gli altri; allora tutto il circuito energeticoviene ristabilito, l'intero asse della vita, che è la spina dorsale,

può inviare l'energia necessaria ad ogni viscere, il sangue

alimentato e dotato di nuove energie può portare la vita dappertutto,

nelle ossa, nelle articolazioni, etc'; nulla resiste più alla vita!».

 Aggiungiamo a queste parole di Perez-Christiaens che è opportuno

stirare al massimo braccia e gambe.

Quanto allo sbadiglio, esso possiede virt- terapeutiche troppo

spesso ignorate, che favoriscono il rilassamento e l'allentamento

laringeo. Come afferma ancora Perez-Christiaens, (r)bisogna rimparare a

sbadigliare, anche se, peraltro, ci viene piuttosto insegnato a

reprimere un atto che è fra i più naturali» e che tutti gli altri

mammiferi praticano regolarmente.Sbadigliando, aspiriamo attraverso la bocca una grande (r)tazza»

d'aria fresca, un'ossigenazione supplementare. Quest'aria, poi, non

essendo riscaldata dal naso, come avviene di solito, dà una

sensazione di freschezza e fa sparire la fatica bruciando le tossine.

Ma il vero sbadiglio (non inteso, certamente, come manifestazione

di noia o altro) ha, quasi, la stessa funzione (oltre ad averne

altre) dello stiracchiamento: bisogna peraltro praticarli insieme

prima di alzarci.

Molti di noi, svegliandosi (e anche durante la giornata) sono

rigidi, come se uscissero da un congelatore. Si tratta, in qualche

modo, di scongelarli. Per questo, occorre sbadigliare largamente,profondamente, lungamente a più riprese, con piacere, distendendoci

(restare contratti interrompe l'azione), tenendo le pupille rivolte

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in alto (guardare in basso l'interrompe

ugualmente e questa potrebbe essere una tecnica da utilizzare per

non sbadigliare in pubblico).

(r)Abbandoniamoci allo sbadiglio, non comportiamoci, nei suoi

confronti, in maniera meschina come facciamo nei confronti della

nostra respirazione che pratichiamo appena quanto è necessario per

non morire», ha detto il dr' Jockel.

Poi alziamoci dolcemente: mettiamo i piedi in terra (non importa

quale dei due, anche il sinistro) con molta precauzione. Dopo,

facciamo qualche passo, qualche movimento (fare ginnastica, al

risveglio, è sconsigliabile), e così l'operazione sarà completata

correttamente.

 Allora potrà cominciare veramente

una giornata intelligente, che riassumeremo molto brevemente così:

- colazione copiosa con assimilazione di un quarto delle calorie

dell'intera giornata (in generale, non è abbastanza abbondante);

evitare gli zuccheri diretti, evitare la miscela di caffè e latte,

evitare la frutta succosa e il succo di frutta acida (ottimi, mavanno ingeriti lontano dai pasti);

- durante il mattino e nel pomeriggio (e quando passa il nostro

ciclo), in linea di massima fare, alternativamente, (due volte il

mattino e due volte il pomeriggio) la pausa di parcheggio e la

pausa-ossigeno, in alternativa alla famigerata pausa-caffè;

- dopo pranzo: un periodo di sonno di venti minuti (maxipausa);

- la cena: non troppo copiosa (mentre, in generale, si tende a

eccedere);

- dopo cena: un'altra maxipausa.

 Aggiungiamo che, durante la giornata, è possibile praticare, a più

riprese, il sonno-lampo, soprattutto dopo una notte (r)corta» ed un

periodo di veglia faticoso.Questo vale per i giorni feriali; per quanto concerne il sabato e

la domenica, occorre rimpiazzare una maxipausa (quella post prandium)

sia poltrendo a letto, il mattino, il tempo di un ciclo, sia con una

siesta (sempre di un ciclo) in alternativa.

Durante la sera, per preparare bene il sonno, è consigliabile

attenuare, progressivamente, sempre di più, i messaggi sensoriali e

motori dei muscoli: rumore, luce, agitazione fisica e psichica.

L'ultimo quarto d'ora della sera

E' quello che precede l'addormentamento: è, nell'ordine, il secondo

quarto d'ora più importante, perché da lui dipenderà in gran parte il

nostro sonno (e quindi anche l'indomani). Tutto quello che penseremo,

sentiremo, faremo nel corso di questo quarto d'ora, avrà un'enormeinfluenza sul nostro sonno, sia in senso positivo che negativo.

Ricordiamo subito che la fine di questo periodo deve coincidere con

l'ora di passaggio del nostro (r)treno», ora che avremo individuato

preliminarmente. Ecco quello che dobbiamo fare affinché l'ultimo

quarto d'ora abbia efficacia, preparandoci un sonno piacevole e

ristoratore.

Prima di tutto, sbadigliare: il nostro personale (r)treno», quando

(r)entrerà in stazione», qualche minuto prima di addormentarci, ci farà

sbadigliare. Ma dobbiamo favorire lo sbadiglio perché se il bisogno

di sonno ci induce a sbadigliare, la mancanza di sbadiglio riduce

invece il bisogno di sonno; sbadigliare ci aiuterà anche a

rilassarci, a metterci in condizione favorevole per il sonno,soprattutto se siamo anche distesi. Bergson ha detto: (r)Se volete

dormire, allora cominciate a sbadigliare».

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Questo atto è d'altronde contagioso: (r)perché si sbadiglia,

vedendolo fare agli altri?» si chiedeva già Alessandro d'Afrodisiade,

commentatore di Aristotele e la saggezza popolare afferma che (r)un

bravo sbadigliatore ne fa sbadigliare sette»; è anche

auto-contagioso, in quanto è capace di scatenare tutta una serie di

sbadigli che è opportuno non interrompere, quando stiamo per

addormentarci.

E non dimentichiamo di chiudere gli occhi prima di spegnere le luci

(per

evitare un brusco passaggio dalla luce all'oscurità), a meno di

avere una lampada da notte blu.

La cura del sonno naturale

Con la coscienza così tranquilla, possiamo allora addormentarci del

sonno del giusto. Avremo, così, trascorso un giorno intelligente,

almeno sul piano della gestione del sonno: domani potremo contare su

una buona giornata, dopo avere, in questo modo, accresciuto le

possibilità di passare una notte intelligente.

Se abbiamo sostenuto, per lungo tempo, un eccessivo impegno dilavoro o subito duri colpi sul piano affettivo: lutti, dispiaceri

amorosi, perdita dell'impiego (caso, quest'ultimo, disgraziatamente

molto attuale), ci sentiamo talvolta estenuati, e quando ci

riposiamo, stiamo ancora peggio, più a terra o siamo, al contrario,

sovreccitati, con la testa che ci ronza, non ci va bene più nulla,

non proviamo più gusto per nulla: né per il lavoro, né per i

divertimenti, né, talvolta, perfino per la vita.

 Allora, per evitare la depressione (la più grave delle conseguenze)

o, più semplicemente, per guarirne cosa dobbiamo fare?

Qualche volta ci viene proposta la cura artificiale del sonno, ma,

per evitare di arrivare a questi estremi (questo tipo di terapia

comporta, spesso, effetti secondari nocivi) è più opportuno, primad'ogni altra cosa, tentare una cura di sonno naturale. Potremo

impiegare questa cura anche al di fuori di ogni emergenza,

praticandola di tanto in tanto, così, a titolo preventivo e anche per

restare in piena forma fisica e morale. Per esempio:

- durante il week-end (due giorni);

- all'inizio delle ferie estive (più di due giorni, ma meno di

cinque);

- durante le vacanze invernali (ibernazione);

- fuori stagione: possiamo, a questo scopo, concederci qualche

giorno di vacanza.

Non esiste, per questa pratica, una tecnica particolare: è

sufficiente diventare il più passivi, il più indifferenti e immobilipossibile. Occorre creare le condizioni ambientali appropriate,

esattamente contrarie a quelle descritte nel capitolo in cui abbiamo

imparato a lottare contro il sonno, perché si tratta dello stesso

problema all'inverso. Riassumiamole:

- isolamento sensoriale (vista, udito), immobilità fisica e

psichica pressoché totale, cioè né agitazione, né cogitazione.

Bisogna poi disinteressarci di tutto, principalmente sul piano

intellettuale, ma anche su quello affettivo: raggiungere, cioè,

l'apatia nel senso più stretto del termine; non bisogna pensare più a

nulla, né a cose spiacevoli, né a quelle troppo piacevoli. Dobbiamo

rilassarci con calma, in disparte, metterci (r)fuori circuito»; saremo,

così, fuori dal tempo, fuori da tutto e, soprattutto, fuori dallepreoccupazioni (sfruttando, così, la funzione-rifugio del sonno).

Sprofonderemo piacevolmente in un letargo, una sorta di

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(r)mini-ibernazione», da cui ci sveglieremo solo per le necessità

biologiche (alimentazione, assunzione di liquidi, evacuazione).

Questo potrà aiutarci non soltanto a superare un momento difficile

e evitarci di dar fondo a tutte le nostre riserve, come è nei

principi dell'ibernazione, ma ci trasformerà completamente, ci

rinnoverà su tutti i piani, ci renderà ottimisti. Saremo (r)altre

persone», avremo (r)girato pagina» sul passato, ci troveremo in uno

stato di piena disponibilità, di trasparenza interiore, di libertà

pacificamente riconquistata: un nuovo stato di grazia, di paradiso

ritrovato, tonificati meglio di quanto siamo alla fine di lunghe

vacanze, pronti a riprendere sia il lavoro sia a gustare, nel caso,

il resto delle vacanze e la vita stessa.

Dopo questo meraviglioso bagno di giovinezza, non sentiremo più il

bisogno, come la Bella addormentata nel bosco, di dormire cento anni.

Non soltanto avremo sospeso il tempo, ma, addirittura, l'avremo fatto

(r)girare» in senso contrario. Aggiungiamo che, quasi tutti i

(r)luminari» dell'umanità, i geni più attivi, hanno provato tali

esperienze ed hanno osservato periodi di (r)isolamento» ancora piùlunghi.

L'uso corretto degli eccitanti

Il caffè e, più generalmente, le bevande eccitanti sono ormai

entrate a far parte della vita quotidiana al punto da non poterne più

fare a meno. La migliore soluzione sarebbe quella di eliminare ogni

bevanda eccitante. Se non vi riusciamo cerchiamo di ridurne le

conseguenze deleterie. Non dovremo, tuttavia, dimenticare mai questo

principio fondamentale: meno caffè tè cola etc' ingeriremo, meglio

sarà per la nostra salute ed il nostro sonno. Ecco alcuni consigli:

- non mescolare il caffè con il latte; quest'ultimo è già un po'

indigesto per gli adulti. Il caffè, contrariamente a quello che

comunemente si crede, è un inibitore della digestione, per il fattoche contiene tannino che è astringente e quindi restringe i pori

delle pareti degli organi digestivi;

- evitare di prendere prodotti contenenti caffeina (caffè, tè,

cioccolato, bevande a base di cola) dopo le 16,30. Il tè delle 17, il

five o'clock tea degli inglesi, viene servito già troppo tardi. In

effetti, è proprio a partire da questa ora che il nostro centro del

sonno (situato nel tronco cerebrale) elabora la serotonina, ormone

indispensabile del sonno stesso: violando l'orario, lo (r)blocchiamo»;

- non superare mai una certa dose di caffè nell'arco della giornata

(dose che varia da individuo a individuo): a questo proposito, è bene

sapere che il contenuto di caffeina può variare secondo la qualità

del caffè;- dire che è necessario diminuire o sopprimere il caffè è molto

facile, ma nessuno ci dice con cosa rimpiazzarlo. Se, in certi

momenti (a ore fisse) attraversiamo un momento (r)debole», non bisogna

lasciarci prendere dallo scoramento e dire: (r)sono stanco, ho bisogno

di un caffè» (o di altri eccitanti), ma, in alternativa, sostituire

la pausa-caffè con la pausa di parcheggio, la pausa-ossigeno;

- il caffè, sorbito prima di dormire, ci può aiutare a prender

sonno (bere acqua calda zuccherata ha, però, lo stesso effetto), ma

demolisce il nostro sonno, a nostra insaputa, scombinandone i cicli,

talvolta anche senza svegliarci;

- fare attenzione alle bevande toniche, anche se non contengono

caffeina possono anch'esse danneggiarci.L'uso corretto dei sonniferi

Non siamo totalmente contrari ai sonniferi, ma combattiamo il loro

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uso e abuso così com'è oggi generalizzato. In effetti, ogni sera

milioni di persone ne fanno uso. Abbiamo visto che il sonno, ottenuto

con questi mezzi, non è naturale, senza contare che l'introduzione di

un prodotto chimico nell'organismo e sempre dannosa. Ecco

ora quali sono i principali errori da evitare:

- un sonnifero deve essere (r)personalizzato» e quindi prescritto in

funzione della nostra individualità o del nostro particolare tipo di

insonnia. Una grande quantità di sonniferi vengono presi in maniera

(r)selvaggia»: si tratta sempre di un amico, di un parente, di un

vicino di casa, di un bottegaio che ci dicono: (r)provate a prendere

questo preparato, a me ha fatto un grande effetto». Ma uno stesso

sonnifero, preso nella stessa dose, può giovare ad uno e provocare

gravi disturbi ad un altro;

- bere alcool soltanto lontano dall'ingestione di sonniferi.

Un sonnifero non rappresenta mai una soluzione al problema

dell'insonnia, la nasconde semplicemente e non fa che rimandare il

problema, aggravandolo. Specialisti del sonno hanno anche affermato

che, se sopprimessimo i sonniferi, dimezzeremmo il numero deisofferenti d'insonnia. In caso di situazioni particolari o,

eccezionalmente, in caso di scarti orari, il loro impiego può anche,

a rigore, essere giustificato, però mai in grande quantità (non

servirebbe a niente) e sempre producendo un sollievo solo momentaneo.

In altre parole, nel momento in cui cominciamo a farne uso, dobbiamo

anche abituarci a farne a meno.

Facciamo questo confronto: ci rompiamo una gamba, ce la ingessano,

dopo aver ridotto la frattura; per aiutarci provvisoriamente a

camminare, ci forniscono di stampelle; ma, il più presto possibile,

dobbiamo riprendere a camminare senza alcun sostegno per evitare che,

alla lunga, alcuni muscoli si anchilosino e s'atrofizzino,

costringendoci a far uso di appoggi di cui non potremmo, ad un certopunto, più fare a meno. Questo esempio permette di comprendere le due

caratteristiche dei sonniferi (che sono, poi, le caratteristiche di

tutte le altre droghe) e i rischi che ne derivano:

- l'assuefazione che consiste, per mantenere costante l'effetto del

prodotto, nell'aumentarne continuamente la dose (arrivando ben presto

ai livelli di tossicità), altrimenti, a lungo andare, non agisce più

sul sonno e continua a provocare danni alle altre funzioni organiche;

- la dipendenza che consiste nel non poter più fare a meno del

prodotto stesso (fatto, quest'ultimo, che invece non è vero!).

Cominciando a prendere sonniferi, rimaniamo sempre più coinvolti in

un ingranaggio da cui sarà più difficile liberarci: ricorreremo ad unprodotto per dormire e, conseguentemente, ad un altro per svegliarci

(bevanda eccitante o prodotto chimico).

Ma, attenzione! Se anche abbiamo commesso l'errore di prendere

sonniferi per un certo tempo, non dobbiamo assolutamente cessare di

farne uso bruscamente, perché le conseguenze potrebbero essere gravi,

ma dobbiamo diminuire progressivamente (sarebbe come se, per tornare

all'esempio che abbiamo fatto, abbandonassimo, senza osservare il

tempo di rieducazione, le stampelle dall'oggi al domani, rischiando,

così, di romperci ancora le gambe).

(r)L'assunzione regolare di sonniferi rende cronico un disturbo che

avrebbe potuto risolversi in poco tempo», precisa il dr' Y' Pélicier.

E il dr' J'P' Muyard, fondatore di un centro del sonno nelle Cevenne,aggiunge: (r)Dopo aver appreso a prescrivere i sonniferi, il medico

dovrebbe insegnare come smetterne l'uso».

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Come per il caffè, il sonnifero può essere usato soltanto

eccezionalmente e in situazioni particolari.

Nota editoriale. Sull'importanza e l'uso degli ultimi 15 minuti

precedenti l'addormentarsi della notte e dei primi 15 minuti

precedenti il levarsi del mattino, vedere in questa stessa Collana di

Biblioterapia le opere di Piero Scanziani L'arte della longevità e

L'arte della giovinezza. Per il russare nel sonno e i suoi gravi

danni al ronfatore e a chi gli convive, vedere del dr' J'M' Pieyre

Per non russare più.

I doni del sonno

Fortuna, che ci fai scoprire da-

vanti agli occhi i beni e la fama

che, invano, inseguiamo fino in

capo al mondo! Farò cento volte

meglio a starmene immobile ad

aspettarti, altrimenti finirò pertrovarti seduta davanti alla porta

del mio amico immerso in un sonno

profondo.

Jean de la Fontaine

più del giorno, è la notte a

darci i migliori suggerimenti per

vivere.

Paul Claudel

Siamo qualcosa più di noi stessi,

quando dormiamo: il sonno del cor-

po non è, forse, che il risveglio

dell'anima.Thomas Brown

Con il sonno e il sogno, la vita ci ha fatto un regalo

meraviglioso, infinitamente prezioso, forse il più bello di tutti.

Sfortunatamente, non possiamo né sappiamo approfittarne pienamente

perché, nel darcelo, non ci ha insegnato come usarlo. In fatto di

sonno, siamo tutti autodidatti. Però, se anche non conosciamo ancora

tutti i suoi segreti, siamo almeno in grado di conoscere quello che

può fare per noi. Noi, nella grande maggioranza, non siamo ancora

capaci di valutarne tutte le risorse, di coglierne i profitti, dal

senso più materiale e pratico a quello più sottile e spirituale.

Tesoro nascosto, il sonno non è ancora sufficientemente sfruttato: è

come una vera e propria caverna di Alì Babà il cui accesso èpossibile soltanto a coloro che sono in possesso della formula

magica, come una cassaforte colma di ricchezze di cui non conosciamo

la combinazione e non possediamo la chiave; il nostro scopo è quello

di procurarci adesso la fortuna (r)dormendo»!

E' certo che il sonno ci è stato dato per risolvere i nostri

problemi, di qualsiasi natura essi siano. E noi tutti abbiamo

permanentemente problemi: e il prezzo che dobbiamo pagare al

progresso umano.

Qualcuno ha detto anche che, quando arriva la sera, quando ci

presentiamo davanti a (r)Sua Maestà il Sonno», siamo degli autentici

(r)sacchi pieni di problemi», perché è nella tarda serata che essi siradunano e si inacerbiscono, provocando un problema di più: quello

del nostro addormentamento. E, forse, non è senza ragione che essi

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s'accumulano e insorgono così, proprio prima di dormire. Vedremo in

che maniera usare questa (r)carta vincente» che ci permette di

superarli.

Questi problemi sono molto diversi, e quello che ci differenzia gli

uni dagli altri non è solo il loro numero, ma anche la loro natura,

il loro livello, la loro difficoltà, la loro gravità. Il sonno ci

consente di risolverli tutti, in special modo i più scabrosi, quelli

contro cui cozziamo durante il giorno, quelli che ci sembrano i più

insolubili, insuperabili: sia che si tratti di problemi personali,

familiari, sociali, scolastici, professionali o di salute, oppure di

un problema matematico o un altro sentimentale.

Quanti hanno studiato il sonno o il sogno sono unanimi nel

riconoscersi la facoltà unica e poco usata di poterci aiutare a

vincere ogni difficoltà.

Ci è abituale di risolvere un problema al mattino perché, secondonoi, eravamo, in quel momento, più freschi e riposati; il che è, in

parte, vero. Ma la maggior parte del merito va attribuita al cervello

che ha lavorato intensamente durante il sonno ed al fatto che (r)siamo

spinti interiormente a risolvere i problemi che ci vengono posti,

perché il nostro cervello è già in "collegamento" con tali pensieri»,

come affermano G'G' Luce e J' Segal.

Dopo aver citato l'esempio di problemi risolti durante il sonno da

parte di J' von Neuman (matematico, padre del calcolatore) e di W' Mc

Culloch (neurofisiologo), G'G' Luce riporta un aneddoto accaduto a un

suo giovane cugino molto dotato in matematica, a cui era stato posto

un difficilissimo problema: (r)Dormivamo uno accanto all'altro, quando

mi sono svegliato nel pieno della notte sentendolo muoversi: avevaacceso la candela, s'era munito di matita e di carta e s'era seduto,

sempre con gli occhi chiusi, per scrivere la soluzione; pur non

avendo più studiato i dati da tre giorni, ha prima scritto la

risposta in cifra, poi l'ha sviluppata matematicamente ed infine ha

indicato il metodo da seguire per risolvere quel particolare genere

di quesiti. Solo a questo punto ha spento la candela e, senza mai

aprire gli occhi, s'è di nuovo coricato. Mi sono allora alzato, ho

dato un'occhiata a quello che aveva scritto e ho nascosto il foglio

sotto una cartella. Tre giorni più tardi, m'ha confessato di avere la

strana sensazione di aver risolto il problema, ma di non ricordarsi

di nulla. Al quinto giorno s'era quasi convinto d'aver trovato la

soluzione ed è allora che gli ho detto d'andare a guardare sotto lacartella».

Esempi significativi

Si possono citare numerosi esempi di problemi risolti durante il

sonno, problemi di capitale importanza (come, del resto, anche altri

di minore interesse) non soltanto per il dormiente, ma anche per

l'umanità, come, ad esempio, quello di O' Loewi - è ancora G'G' Luce

a riferircelo - che, appunto, dormendo, scoprì il mezzo, fino a quel

momento vanamente cercato, di dimostrare una sua teoria, secondo la

quale: (r)gli impulsi nervosi erano trasmessi tramite delle sostanze

chimiche»:

(r)La notte precedente il sabato di Pasqua del 1920, mi alzai, accesi

la luce e presi alcuni appunti su un pezzo di carta; poi miriaddormentai subito. Verso le sei del mattino ebbi la netta

sensazione d'aver affidato alla carta qualcosa di estremamente

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importante, ma fui, in quel momento, incapace di decifrare quello che

avevo scarabocchiato. La notte successiva, alle tre del mattino,

riuscii, finalmente, nell'intentoà!»

Ciò valse a Loewi il premio Nobel (1936) ed ha permesso di

spiegare, fra le altre cose, il meccanismo del sonno e del sogno. Se

abbiamo citato questi due esempi, è perché anche noi non dobbiamo

esitare ad alzarci a prendere appunti se qualcosa di interessante (o

che ci sembra tale) ci colpisce durante il sonno, tanto più che,

prendendo alcune precauzioni, il sonno può non essere turbato e,

talvolta, nemmeno interrotto. Se non ci affrettiamo, quando se ne

presenta il caso, a seguire questa pratica, potremmo forse perdere

per sempre una soluzione importante o una scoperta interessante, il

che sarebbe un vero peccato!

Ecco, ora, un estratto dal libro del famoso specialista americano

del sonno W' Dement: Dormir, réver: (r)I ricercatori hanno quasi del

tutto ignorato le funzioni creatrici dei sogni e il fatto che essi

possano permettere la soluzione di molti problemi. Questo tema eragià stato affrontato, nel 1892, da Child che cercò di raccogliere

alcuni dati statistici. In un questionario distribuito a 200 studenti

(151 maschi e 49 femmine), domandò: "Avete mai provato a seguire, in

sogno, una serie di pensieri logicamente connessi su un determinato

tema o problema del quale siete riusciti a trovare la soluzione e il

cui svolgimento siete riusciti a ricordare al momento del risveglio?"

Su 185 studenti che risposero alla domanda, 62 (33,3%) risposero

affermativamente. Fra gli esempi citati, figuravano: una partita a

scacchi giocata in sogno, un problema d'algebra risolto, un errore di

contabilità scoperto e una completa traduzione di un testo di

 Virgilio».

L'aiuto del sogno

 Alcuni autori pensano addirittura che i sogni siano il solo mezzo

per risolvere certi problemi: (r)Lo studio del sogno ci rende ottimisti

circa la possibilità di risolvere i problemi della vita: il sogno è

l'unico mezzo per risolverli, e noi siamo abbondantemente provvisti

di sogni», scrivono R'F' Klein e Von Wenin-Paburg. E'P' Garfield

aggiunge: (r)Ognuno di noi può sviluppare le proprie capacità di far

fronte alle situazioni difficili dell'esistenza per mezzo dei sogni

che ad esse si riferiscono; mettiamoci all'ascolto e ci verranno in

aiuto».

Man mano che impareremo a conoscere meglio l'inconscio, scopriremo

che è la sede dell'intelligenza, che i suoi poteri, indipendentidalla ragione, possono (r)lavorare» sui nostri problemi. E'

rassicurante sapere che, durante il sonno, l'incredibile intelligenza

del subconscio troverà una soluzione felice ai nostri problemi. Molti

oppressi dai problemi considererebbero meraviglioso addormentarsi e

al risveglio trovarsi liberati dalle preoccupazioni.

E' possibile e ne possediamo tutti i mezzi, precisa ancora B'

Sweetland. E Krishnamurti: (r)Nel sonno, troviamo una risposta ai

nostri problemi. Quando lo spirito cosciente riposa, è capace di

riceverla, questa risposta». Gli specialisti del sonno ci dicono che

il sogno dà spesso soluzioni estremamente elaborate che risolvono le

nostre contraddizioni in modo che non riusciremmo mai a trovare in

stato di veglia.Tutti dobbiamo dunque fare appello all'aiuto prezioso che ci offre

il sonno, anche tramite il sogno, agendo con una fantasia

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imprevedibile e in maniere diverse. Ne enumeriamo qualcuna: rende

chiaro il problema, ponendolo sotto una nuova luce; stimola

l'immaginazione, facendo pensare a qualcosa d'imprevisto, ma che

offre la soluzione; agisce per analogia: riordina

elementi sparsi il cui nuovo coordinamento è determinante; eccita

la memoria, riportandone alla luce il particolare dimenticato, etc'.

Spesso è opportuno meditare bene sul sogno per capire la soluzione

che ci offre.

La spiegazione scientifica

Nel sonno non siamo affatto distratti, ma al contrario, concentrati

verso l'interiore e questo ripiegamento in noi stessi è essenziale.

In certi momenti del sonno, si manifesta una iperlucidità, ci dice

J' Bouton: (r)Con il favore di una fase intermedia (fra due cicli)

capita, qualche volta, di svegliarsi, di notte, pungolati da una

certa forza di attività mentale, in uno stato di completa lucidità

(iperlucidità): allora vorremmo alzarci, leggere, scrivere, etc'. E

tutto ci sembra chiaro, facile e semplice».

Durante il sonno, pare intervengano zone del cervello diverse daquelle dello stato di veglia: la corteccia cerebrale ridurrebbe la

propria attività e sarebbero le zone più profonde, le più centrali,

le più (r)nobili» ad entrare in azione; è soprattutto l'emisfero destro

ad essere più attivo, mentre, durante la giornata, è quello sinistro

a svolgere una funzione predominante, e questi due emisferi hanno

funzioni diverse.

Nel sonno, la nostra parte cosciente per la veglia è in stato di

riposo ed è il subconscio ad esprimersi: esso è molto più vasto e

ricco del conscio. Quello che sappiamo è che le soluzioni trovate dal

sonno e dal sogno richiedono una qualità mentale superiore.

 Approfondiremo ulteriormente (quando affronteremo l'ultimo quarto

d'ora della sera e il primo del mattino), come, sul piano pratico,possiamo fare in maniera che il nostro cervello lavori, mentre

dormiamo, su un determinato soggetto che ci interessa particolarmente

e come, anche, raccoglierne i frutti.

Diciamo subito con Kohler-Chapelle che (r)quando un problema ci

preoccupa, prima di prendere sonno, dobbiamo mantenerlo chiaro nel

nostro animo, senza cercare di risolverlo. Al nostro risveglio,

l'indomani, molto spesso, la soluzione ci apparirà chiara e completa.

 A meno che essa non ci si manifesti, addirittura, in sogno, come

accadde al fisico danese Niels Bohr che intravide, appunto, sognando,

la struttura dell'atomo, o, a Wagner, che "udì", mentre dormiva,

l'ouverture dell'Oro del Reno. Questa tecnica, se di tecnica si

tratta, è antica come il mondo. Gli Egiziani e i Greci, nei lorotempli, praticavano l'(r)incubazione»: gli uomini andavano a dormire in

questi luoghi sacri, per ottenere un sogno che chiarisse un loro

personale problema. I musulmani, ancora oggi, recitano una preghiera

speciale per lo stesso motivo».

(r)Il comportamento da assumere è semplice: ogni problema da

risolvere deve essere conservato serenamente nell'animo al momento di

coricarci. Non dobbiamo né discuterne né rifletterci sopra,

altrimenti creeremmo ostacoli al sonno, dobbiamo solo conservarlo

passivamente in noi. Generalmente, al risveglio, ne avremo in mente

la soluzione», ribadisce A' Besant.

Molti popoli antichi e odierni pensano che, durante il sonno e

tramite il sogno, le Divinità e gli antenati (r)suggeriscano» lesoluzioni, per risolvere le difficoltà. Accettando anche solo

simbolicamente l'influsso in noi, durante il sonno, di una superiore

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(r)presenza» e ammettendo che il sonno è un'eccellente guida interiore.

Noi stessi ne abbiamo avuto le prove quando eravamo studenti di

matematica superiore speciale e, in seguito, alla Scuola centrale

dove questa pratica ci ha consentito di ottenere un alto grado di

rendimento; anche dopo abbiamo continuato a coltivarla sempre con

grande profitto.

Questo potere è alla portata di tutti, e ciascuno può servirsene

nella vita quotidiana molto concretamente. Dobbiamo coltivarlo, sia

che siamo studenti o dirigenti aziendali, lavoratori manuali o

intellettuali, attivi o inoperosi, qualunque sia la nostra

età (non c'è un'età stabilita per cominciare) ed anche qualunque

sia il nostro modo di dormire, buono o cattivo.

E' molto probabile che il sonno e le notti, con le loro apparenti

tenebre

esteriori, ci siano stati dati proprio a questo scopo: affinché,

spentasi la luce del giorno, se ne accenda una interiore incaricata

di rischiararci da dentro.Prendiamo il guscio di un echinoderma, come le stelle di mare, le

stelle serpentine, i gigli di mare: di giorno sono belli, nelle loro

forme, nei loro disegni, nei colori, sono capolavori; ma se proviamo

di notte ad illuminarne l'interno, diventeranno addirittura

meravigliosi.

Come guadagnare

tempo dormendo

Nessun'alba ci trova dove ci ha

lasciato il tramonto; anche quando

la terra dorme, noi viaggiamo.

Khalil GibranL'uomo è sempre in procinto di correre dietro al tempo: non ne ha

mai a disposizione per oziare, mai abbastanza per lavorare,

distrarsi, frequentare gli amici, contrarre relazioni, viaggiare. In

ultima analisi, se riflettiamo un po', alla maggior parte di noi

manca più il tempo del denaro.

(r)Faremmo meglio a cercare i mezzi per evitare di dormire del tutto,

o, almeno, per evitare di sprecare tanto tempo nel sonno», afferma

l'uomo contemporaneo.

In un certo senso ha ragione. Ma quello che ignora è che

effettivamente è possibile evitare tutto questo sperpero, non

sopprimendo il sonno, anzi

utilizzandolo. Quasi nessuno, purtroppo, sa farlo, salvo i pochiche hanno alte funzioni e che sono tanto impegnati da non poter mai

dedicare tempo a pensare e a meditare. Queste persone, senza

eccezioni, hanno scoperto e sperimentato le sorprendenti possibilità

del sonno.

Essi sanno che dormire non è solo

uno stato d'isolamento protettivo, ma anche una fase attiva di

riparazione, di rinnovo e di ricostituzione.

Questa attività incessante si effettua non solo a nostra insaputa,

ma senza di noi, senza il nostro intervento e potremmo, addirittura,

dire: malgrado noi. Potremo esercitare un ruolo attivo nel lavoro del

cervello non solo nel momento in cui dormiamo, ma già prima, in

stato di veglia per guidarlo e farlo poi lavorare durante il sonno,secondo quanto abbiamo deciso o scelto noi preliminarmente. Grazie a

ciò, guadagneremo una quantità considerevole di tempo, nei confronti

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degli altri, cosa che già costituisce un bel vantaggio in un mondo

competitivo come il nostro.

Possiamo ricavarne un triplo guadagno di tempo: perché si tratta di

tempo (r)in più», un tempo condensato, di migliore e diversa qualità

rispetto a quello di veglia. Siamo, così, lontani, quasi agli

antipodi dell'idea del sonno come tempo perduto!

 Allungare la vita

del 30%

Ma ecco, l'obiezione tipica, che molte volte abbiamo inteso: (r)Far

lavorare il cervello mentre dormiamo? Avremo un sonno meno riposante

e la sua funzione principale consiste proprio nel riposo. Avremo

anche un risveglio penoso e saremo, infine, stanchi l'indomani!»

Secondo questa affermazione, quello che abbiamo guadagnato da un

lato, lo perdiamo dall'altro. E ci viene ancora ripetuto con aria di

chi la sa lunga e non ammette repliche: (r)Ogni cosa va fatta a suo

tempo!». Questa affermazione sta in piedi, apparentemente è piena di

buon senso. Perché il sonno, secondo chi muove queste obiezioni, è

fatto per riposarci e la veglia per affaticarci. Ma è un erroregrossolano, accettato e tramandato. Fortunatamente, la realtà è

tutt'altra e, quando l'uomo l'avrà ben compresa, compirà passi da

gigante.

Credere che il cervello (nel sonno) si fermi, era la concezione

degli antichi Romani e pensare che rallenti l'attività corrisponde a

quanto si riteneva nel Medioevo. Non si tratta, beninteso, di farlo

lavorare di più: ciò non è nemmeno possibile; si tratta di farlo

lavorare su qualcosa che ci interessa particolarmente, invece di

permettergli di (r)concentrarsi» in maniera casuale ed aleatoria. Non

comprendiamo bene, quindi, perché dovremmo svegliarci più stanchi.

Possiamo far sì che il nostro sonno (r)lavori per noi», mediante un

mezzo semplice che illustreremo più avanti. Un po' alla volta,perfezioneremo, affineremo questo metodo e guadagneremo molto tempo.

Scopriremo a poco a poco tutte le possibilità offerte dal sonno,

come, per esempio, utilizzandolo:

- per preparare una riunione, una conferenza;

- per stabilire i piani, l'organizzazione della nostra giornata

successiva e della nostra settimana;

- per portare avanti un progetto impegnativo che ci sta a cuore e a

cui la nostra vita diurna, troppo attiva e piena di scadenze, ci

impedisce di consacrarci.

(r)La notte porta consiglio», tutti conoscono questo proverbio, ma

ben pochi sanno veramente a cosa corrisponda in realtà.

Il sonno, se sappiamo impiegarlo bene, è tempo (r)forte» della nostrapsiche e possiamo usarne vantaggiosamente senza nessun effetto

secondario inopportuno.

E ciò permette, per di più, e sotto un'altra forma, di aumentare la

propria longevità, cosa che desideriamo tutti ardentemente: vivere

più a lungo del 30%, cioè l'equivalente di quattro mesi in più ogni

anno, e da venti a venticinque anni nell'arco dell'intera vita: un

mezzo semplice, tutto sommato, per fare in modo che tutti o quasi

tutti diventino centenari.

L'inconscio e il sogno

Tutto ciò che opera, crea, agi-sce, soffre, fermenta e cova nella

notte della nostra anima incon-

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scia, tutto ciò che si manifesta,

da una parte, nella vita del no-

stro organismo, dall'altra, in

quello che riceviamo dagli altri

e dall'intero universo, tutto ciò

emerge con un accento particolare

dalla notte dell'inconscio alla

luce della coscienza.

C'G' Carus

Dio ha creato il sogno, per indi

-care al dormiente, i cui occhi

sono nell'oscurità, il cammino da

percorrere.

Libro della saggezza egiziana

Osserva e conserva preziosamente

i tuoi sogni: vivrai dieci volte

più a lungo degli altri.

 Y' NavarreSognare è conoscere.

Paul Valéry

Il sogno, che avviene durante il sonno paradossale, corrisponde, in

realtà, ad una attività psichica molto

elaborata, molto fruttuosa, direttamente com'è legata al nostro

inconscio.

Il sogno è la maniera d'esprimersi normale, abituale, naturale

dell'inconscio, quantunque il suo linguaggio risulti un po' indiretto

in quanto espresso in simboli e, per questo motivo, spesso, il suo

significato resta celato. Il suo linguaggio richiama quello del

cineasta, perché si manifesta quasi esclusivamente per immagini.

Grazie al sogno, possiamo esplorare quel continente sconosciuto che èsepolto nel più profondo di noi e scoprire un autentico Eden in cui

abbondano tesori di un valore eccezionale, che possiamo portare in

superficie. Possiamo, dunque, trarre un gran beneficio dai nostri

sogni: interressarvicisi non è soltanto un piacere dello spirito, una

distrazione o un passatempo; ma piuttosto la prova del nostro

realismo.

L'inconscio è molto più vasto del conscio, non essendo,

quest'ultimo, che la parte emergente della nostra coscienza che

galleggia sulla superficie. Ma le differenze di livello sono molto

lievi e solo quello che Freud ha definito il (r)preconscio»,

piccolissima parte dell'inconscio, viene allo scoperto ed emerge,

talvolta, durante il giorno, a livello cosciente. Peresplorare la parte profonda, occorre sia penetrarvi con altri

mezzi, sia coglierla (r)al volo», quando quotidianamente essa emerge,

per mezzo del sogno.

D'altronde, esperimenti hanno dimostrato che l'inconscio è capace

di captare insegnamenti inaccessibili al conscio, ai sensi, allo

stato di veglia.

E' come una sorta di potentissimo radar all'ascolto del cosmo e, in

particolare, dei suoi ritmi. E trattiene ogni dato, perché possiede

una memoria molto affidabile, assoluta: una memoria da cervello

elettronico. Cosa c'è in questo continente perduto, inghiottito come

l'Atlantide? Autentica enciclopedia vivente, inaudita banca di

nozioni, tutto quello che abbiamo registrato nel corso dell'interavita ne costituisce il materiale di base: e questo, per mezzo del

sogno, apparirà, elaborato in forme originali. Il sogno non lavora

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esclusivamente su elementi forniti dalla esperienza e dalla memoria

individuali, ma attinge anche allo Spirito universale, quello che

Jung ha chiamato inconscio collettivo; perché l'uomo porta dentro di

sé tutta la sua storia, quella dell'umanità e quella della vita. Da

qui nascono le idee venute, ci chiediamo, (r)non si sa da dove». E

questo aumenta ancora di più la ricchezza di questa sorgente, che

diventa così infinita. Che imperdonabile errore commetteremmo non

sfruttandone le risorse!

Il momento del sogno, ha detto H' Certigny, è l'(r)ora in cui gli

archivi dell'inconscio rivelano i loro segreti». Sappiamo anche che

il sogno è organizzato in maniera rimarchevole: tutto vi è ben

classificato, non esiste disordine come potrebbe fare credere la

maggior parte dei nostri sogni. L'inconscio è anche, per definizione

(ne comprenderemo più avanti le ragioni), artista, creatore ed

inventore; sembra, anzi, essere questa la sua principale funzione:

possiede una immaginazione straordinaria, anche per quelli il cui

conscio è scarso di fantasia.

L'inconscio è più intelligente, più sapiente, più ricco, piùfecondo, più sveglio, più potente, e più chiaroveggente del conscio:

è l'autentica sede dell'intelligenza, come lo è del sapere e del

potere. Nessuno potrà mai essere tanto intelligente a livello

cosciente come lo è a quello incosciente. Di più: l'inconscio non

dorme mai, resta sveglio dalla nascita alla morte. E possiamo far uso

pieno delle sue energie, dei suoi doni, quando il conscio è in stato

di riposo o parzialmente attivo come nel sonno.

Commetteremmo un grosso errore nel privarci dei servizi di un

collaboratore tanto devoto, efficace e competente, completamente al

nostro servizio. Grazie a lui, scrive E' Perrot, (r)una misteriosa

saggezza viene a visitarci durante il sonno».

La creatività

In noi, ha sede una profonda sor-

gente di conoscenza. Possiamo rag

-giungerla per mezzo di un dialogo

creativo con i nostri sogni.

P' Garfield

E' sorprendente constatare quanto

poche siano le persone coscienti

dell'importanza dell'arte di resta

-re coricati nel letto; infatti, i

nove decimi delle scoperte più im-portanti del mondo, tanto scienti-

fiche che filosofiche, sono avvenu

-te quando lo scienziato, il filo-

sofo, erano rannicchiati nel pro-

prio giaciglio, dalle due alle cin

-que del mattino.

Lin Yutang

In Savoir imaginer, F' Vidal afferma, a proposito del sogno, quanto

segue: (r)Lo spirito evade, naviga; s'interessa a questo flusso

d'immagini, sorte senza ordine, non importa come, da tutti quei

luoghi dello spirito che altrimenti non penseremmo mai di esplorare.

Ed è allora che lo troviamo. La ragione è molto semplice: ilterritorio d'indagine non ha più ostacoli, diventa altrettanto libero

quanto un continente selvaggio senza frontiere, restituito alla sua

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totale vastità. Il cercatore esplora così un campo di memorie

infinitamente più esteso di quello che è solito percorrere allo stato

di veglia: erra nelle profondità del suo inconscio».

Da parte sua, A' Sonnet attribuisce ai sogni l'origine di quasi

tutte le creazioni artistiche e tecnologiche prodotte dall'umanità.

Invero i sogni sono un potentissimo strumento di creatività. Victor

Hugo l'ha riconosciuto: (r)Sono uno di quelli che presta attenzione

alla propria vita notturna». Mozart ha composto Il flauto magico

durante un sogno, Cartesio stesso ha affermato di aver concepito Le

discours de la Méthode sognando, e precisamente la notte di San

Martino, il 10 novembre del 1619: così tutto il pensiero occidentale

fu rivoluzionato dal sogno di colui che è considerato come fondatore

del razionalismo. Napoleone ha confessato di fare i piani di

battaglia con l'ausilio dei sogni.

Ecco alcune scoperte dovute a intuizioni oniriche: il calcolatore

elettronico (John von Neuman); la penicillina (van Fleming);

l'insulina (Banting); le invenzioni di Thomas Edison (come il

fonografo e la lampadina elettrica); la leva di comando direzionaledegli aeroplani (E' Pelleterie); le leggi dell'induzione (Gauss);

la disintegrazione dell'atomo (Rugherford) etc'.

Ma la possibilità di sogni creativi è virtualmente aperta a ognuno

di noi, afferma W' Dement, quindi è importante capire il procedimento

di questa

azione creativa. Ecco la testimonianza di F' Von Kekule, professore

di chimica a Gand alla metà del secolo scorso, che si era, invano,

per anni, dedicato allo studio della disposizione degli atomi in una

molecola, quella del benzone: (r)Girai la sedia verso il caminetto e

m'assopii; gli atomi continuavano a saltellare davanti ai miei occhi;

la mia vista mentale, acuita da ripetute visioni, poteva, ora,

distinguere le strutture più grandi di conformazione multipla; lunghefile, talvolta strettamente connesse, il tutto movendosi con

oscillazioni e contorsioni serpentine. Ma, improvvisamente, cosa

succede? Uno dei serpenti ha afferrato la propria coda, s'è messo a

volteggiare in maniera beffarda davanti ai miei occhi, in un lampo,

compresi! Impariamo a dormire, signori!».

Kekule avrebbe potuto, come tutti coloro (la maggioranza) che

trattano i propri sogni, con disprezzo, dire, semplicemente,

svegliandosi: (r)Ho sognato serpenti» e stringersi nelle spalle.

Invece, aver prestato attenzione a quel sogno, gli ha permesso di

trovare la chiave, la base fondamentale di tutta la chimica

strutturale, e questa fu, come è stato riconosciuto: (r)la più

brillante scoperta di tutta la chimica dell'epoca».Le scoperte d'ispirazione onirica sono rivelatrici dell'attività

diurna del sognatore: il poeta sogna spesso poesia, il musicista

musica, il matematico equazioni e formule; il sarto (r)inventerà» un

nuovo modello, il pubblicitario un nuovo slogan, etc'.

Può anche essere, d'altronde, che l'idea originale sia stata, in

realtà concepita durante lo stato di veglia, ma, essendo troppo

rivoluzionaria, è stata repressa, censurata e non ha potuto

manifestarsi.

Einstein ha scoperto il rapporto tra lo spazio e il tempo, base

della relatività, come dice lui stesso, (r)cavalcando un raggio

luminoso, in sogno, spostandomi con lui alla velocità della luce».

S'accorse, allora, che, per tutti quelli che incontrava, questoevento si manifestava nel presente (nel (r)loro» presente), nonostante

lo scorrere del tempo nei confronti di ognuno di essi. Durante il

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giorno, Einstein, persona molto seria (anche se dotata di un vivo

senso di umorismo), non avrebbe mai pensato o osato mettersi a

cavalcioni di un raggio luminoso, come un bambino sulla balaustra di

una scala. E' stato grazie a questo tocco magico che, come per

Kekule, è scaturito il lampo di genio.

E' dunque grazie alla sua arditezza, che il sogno ci propone

soluzioni che non avremmo mai immaginato; perché si affranca da

tutto: si fa gioco dei sillogismi di Aristotele e di Cartesio, viola

tutte le proibizioni, tutti i (r)sensi proibiti». Ogni censura della

ragione, della morale personale, sociale o religiosa viene abolita a

vantaggio di una sola delle nostre facoltà, la più preziosa e la più

trascurata dalla nostra educazione: l'immaginazione, dote umana per

eccellenza, che distingue l'uomo dagli animali.

Ecco altri esempi di scoperte avvenute nel sogno, che ce ne faranno

comprendere l'universalità e ci persuaderanno che anche noi possiamo

trarne vantaggi, anche nella nostra vita personale.

N' Bohr racconta: (r)Alcuni Pianeti giravano attorno al Sole,

collegati a questo da fili sottili e rotavano. Quando volli esporreagli scienziati del mondo intero la mia scoperta relativa alla

struttura dell'atomo, fu sufficiente raccontare il mio sogno: il Sole

e i Pianeti erano rispettivamente il nucleo e gli elettroni

dell'atomo».

Il modesto monaco austriaco Hohann Mendel che trovò in sogno, dopo

avervi riflettuto invano per molti anni, la soluzione al problema

dell'ereditarietà, ci descrive (r)un campo di trifoglio fiorito in vari

colori, dove, però, i diversi fiori erano classificati in un certo

ordine», che corrispondeva esattamente a quello della sua famosa,

complessa legge, scoperta, così nel sogno, più di cento anni fa, base

fondamentale, e ancora oggi insuperata, dell'ereditarietà.

Sognando, non si fanno solo grandi scoperte: citiamo l'esempio delfamoso giocatore di golf americano Jack Nicklauss, che, quando si

trovava ormai sulla via del declino, (r)inventò in sogno, un nuovo

colpo» che gli consentì di ridiventare il migliore del mondo.

Pensate a quanti sogni vanno perduti: più di dieci miliardi ogni

ventiquattr'ore! Allora, cerchiamo di non lasciarli più scappare,

perché sempre, continuamente, abbiamo bisogno della nostra

creatività.

C' Pecunia ci riferisce che se, mentre dirigeva un seminario sulla

creatività, uno dei partecipanti s'addormentava, diceva: (r)Non

svegliatelo: è partito per il sonno, ne tornerà con qualche buona

idea». L'avvenire apparterrà, non importa in quale campo (artistico o

commerciale) a coloro che saranno capaci di creare, d'immaginare (el'immagine non è, forse, il modo di esprimersi del sogno?). Questo

risulta ancora più evidente in campo industriale dove la maggior

parte dei prodotti diventa obsoleta nel breve volgere di cinque anni.

 Anche se ciò può sembrare paradossale, il più grande realista, il

realizzatore più concreto sarà colui che saprà trar profitto dai suoi

sogni, dalla loro fantasia ed anche dalla loro poesia.

Se imparare a pensare deve essere la prima preoccupazione di ogni

essere umano, imparare a sognare deve essere la seconda.

Come favorire, guidare

e ricordare i sogni

I sogni sono preziosi e le loro ricchezze diventano nostre se cidiamo un po' la pena (che diventa, prestissimo, un piacere immenso)

di dedicarvicisi. Ecco come, sul piano pratico, possiamo beneficiare

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delle loro inesauribili risorse. Ma occorre metterci un po' del

nostro, principalmente favorendoli. E assecondandoli.

I periodi del sonno durante i quali si manifestano i sogni (sonno

paradossale) e che, con quelli del sonno profondissimo, sono i più

imperiosi, sono anche quelli che maltrattiamo di più. Intanto,

favorire i sogni significa, soprattutto, non maltrattarli. (r)Nei loro

confronti commettiamo molti atti dannosi: quando sovvertiamo il

nostro ciclo normale, restando in piedi fino a tardi e, troppo

spesso, quando ingeriamo droghe per dormire ed altre per svegliarci,

quando beviamo enormi quantità di caffé o di tè, quando voliamo

spesso da un continente all'altro (con notevoli scarti orari) e

quando, infine, beviamo troppo alcool», scrive W' Dement. Precisiamo

che, più delle amfetamine e dei tranquillanti, sono i barbiturici

quelli che sconvolgono maggiormente le fasi di sonno paradossale.

D'altra parte, sappiamo che, svegliandoci il mattino a un'ora

imprecisata, come succede alla quasi totalità di noi, interrompiamo

(in generale, bruscamente) l'ultimo ciclo, cosa che non favorisce

affatto una buona memorizzazione del materiale sognato, ma, in più,in questo caso, siamo anche in difetto di sonno paradossale e quindi

anche in difetto di sogni, perché l'ultima parte di questo tipo di

sonno non ha avuto luogo o è stata accorciata; ed è la più

importante, insieme, per durata e per contenuto: i diversi periodi di

sonno, in una stessa notte, si susseguono e si concatenano come

diverse sequenze in un film, i vari capitoli in un romanzo: e

l'ultima parte rappresenta proprio l'epilogo, il finale di tutta

questa orchestrazione. Allora, non soltanto restiamo in debito di

sogno (debito che, accumulandosi, cresce ogni mattino), non soltanto

siamo messi nelle peggiori condizioni per ricordare ciò che abbiamo

sognato, ma veniamo soprattutto a trovarci nelle condizioni meno

ideali per capire ciò che abbiamo vissuto oniricamente; perchéabbiamo cancellato la conclusione, la parte finale che è la più

interessante. Così, per la maggior parte delle persone, i sogni (r)non

dicono niente, non conducono a nulla», etc'.

 Anche l'alimentazione ha un influsso importante: vi sono sogni

(r)digestivi» (quando, la sera, abbiamo mangiato troppo) e sogni

(r)alimentari» (quando, sempre la sera, non abbiamo mangiato

abbastanza): questi non hanno molto da offrire. Se siamo carenti di

proteine, sogneremo di meno, perché gli ormoni del sogno (dopamina,

noradrenalina, acetilcolina) sono a base di acidi amminici, essi

stessi costituiti di proteine.

Pure l'abbigliamento notturno influisce sui sogni: il migliore è la

pelle nuda, lo stato di natura, di libertà, ritrovato con la nuditàcompleta. Se siamo pudichi o freddolosi, possiamo coprirci, in

maniera, però, da non averne la sensazione; ogni impedimento del

corpo è un impedimento al sonno ed al sogno. Con un pigiama o

una camicia da notte, abbottonati troppo strettamente o con la

cintura che stringe troppo i fianchi, rischiamo di sognare di essere

tagliati in due o strangolati. E ciò non è piacevole né utile.

Bisogna sapere, anche, che il cinema, la televisione, se ne

abusiamo, uccidono il sogno: perché sognano al posto nostro,

sostituendosi a noi ed imponendoci un sogno prefabbricato.

Non possiamo scegliere i sogni, deciderli anticipatamente, perché

non siamo in grado di commissionarli; in compenso, possiamo

influenzarli, guidarli, orientarli e possiamo riuscire in questointento, con maggiori probabilità, nel quarto d'ora che precede

l'addormentamento.

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P' Garfield, in appoggio a questa affermazione, assicura che

(r)possiamo costantemente incoraggiarci a sognare soggetti che ci

interessano ad ottenere sogni in stretto rapporto con essi». Dello

stesso parere è anche B' Sweetland, quando afferma che (r)Il nostro

inconscio lavora seguendo le indicazioni del conscio. Quando restiamo

in piedi, svegli e temiamo di creare, noi non utilizziamo che una

trascurabile parte del nostro spirito. Quando ci sarà possibile

addormentarci serenamente, in maniera distesa, dopo aver dato le

direttive al nostro fedele servitore, l'inconscio, allora potremo

utilizzare i nostri poteri mentali al massimo».

Prima di coricarci la sera, potremmo dire qualcosa come: (r)Stanotte

dormendo il mio spirito creativo lavorerà sul mio problema e,

domattina, al risveglio, me ne fornirà la soluzione». E ancora,

occorre sapere che, la notte, il nostro inconscio elabora programmi

che influiranno sui nostri comportamenti futuri. I dervisci

dell'isola di Rodi, che sono dei mistici musulmani, si mettevano

tutti insieme, in un grande letto, e facevano tutti lo stesso sogno

che il loro maestro spirituale indicava.Nello stadio intermedio tra la veglia ed il sonno (stato alfa)

siamo molto influenzabili, facili prede della suggestione. Insistiamo

un po' su questo stato perché ce ne serviremo anche per raccogliere i

frutti del sonno, al momento del risveglio; questo stadio intermedio

è stato anche definito: punto morto della coscienza (facendo

riferimento al punto morto del cambio di velocità di un'auto).

L'ipnosi, la sofrologia, la suggestopedagogia (ora è chiamata

(r)pedagogia interattiva», metodo abbastanza rivoluzionario e molto

ricco d'insegnamenti) l'utilizzano. La passività di questo stato -

che Lozanov, padre della suggestopedagogia, chiama la passività (r)da

concerto», perché è quella in cui veniamo a trovarci quando

ascoltiamo della musica, rilassati psichicamente e fisicamente - è,in realtà, una pseudo-passività, perché, in effetti, ci troviamo in

una condizione di grande recettività; siamo permeabili, perché la

porta è spalancata sul nostro universo interiore.

E' Coué, celebre per il suo famoso metodo, raccomandava di

utilizzare la sua formula d'autosuggestione, soprattutto nei momenti

dell'addormentamento e del risveglio. E' Caslan pensava che questo

stadio intermedio fosse particolarmente propizio allo sviluppo delle

facoltà sovranormali.

In più, in questo quarto d'ora, siamo soli, nel silenzio e

nell'oscurità. Infine, sappiamo che il sonno (e, in particolare, il

sogno) dipenderà e sarà impressionato da tutto quello che faremo,

penseremo, sentiremo durante questo periodo. E pensando ai problemiche ci interessano maggiormente che potremo, quasi sempre, scegliere

il punto (meglio sarebbe dire: lo spunto) d'avvio delle nostre

prossime esperienze oniriche; iniziando in una determinata maniera il

nostro sogno, noi ne stabiliamo il filo conduttore, la trama.

Ma, attenzione! Non si tratta di concentrarci, di compiere sforzi,

altrimenti rischieremmo di disturbare o di ritardare

l'addormentamento ed anche di nuocere al nostro sonno. Dobbiamo, al

contrario, stare molto rilassati, lasciando fluttuare i nostri

pensieri, in deriva mentale, evocando semplicemente, senza insistere,

il tema che ci interessa. Se siamo troppo concentrati, ritorneremmo

immediatamente nel ritmo beta della veglia attiva.

Come addormentarsiIn seguito, quando saremo diventati padroni del nostro sonno,

potremo fare come Edison che redigeva, tutte le sere, la lista dei

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problemi che voleva risolvere dormendo; Laplace, il celebre

matematico, agiva allo stesso modo. Ma dobbiamo evitare di procedere

troppo in fretta, altrimenti correremo il rischio di ottenere

l'effetto contrario.

Una tappa intermedia consiste nel cominciare a pensare a un solo

tema, mentre stiamo svestendoci: (r)e poi sprofondare saporitamente nel

sonno, pieni del curioso desiderio di sognare», come diceva H'

Certigny. In questo modo, il nostro cervello si applicherà

particolarmente al tema suggeritogli per 5 o 6 ore, un lasso di tempo

considerevole.

Per poter meglio visualizzare il lavoro del nostro inconscio,

possiamo rappresentarcelo nella maniera seguente: nell'addormentarci,

raffiguriamoci l'inconscio come una persona, quasi una sorta di

doppione della nostra forma fisica e vediamolo alzarsi e mettersi al

lavoro sul tema che gli abbiamo suggerito o addirittura ordinato

prima di cadere nel sonno.

Come svegliarsi

Grazie alla documentazione contenuta nella sua favolosa memoria,individuale e collettiva, ecco l'inconscio raccogliere e ordinare

informazioni, riflettere, dar corpo alle idee, continuando a lavorare

per tutto il tempo che noi dormiamo per poter, al risveglio, offrirci

risultati coerenti; e tutto ciò avviene, sia che dormiamo molti

cicli, uno solo, o, anche, un breve periodo. Naturalmente, secondo la

durata del nostro sonno, il lavoro corrispondente è più o meno

completo, più o meno elaborato.

Bisogna poi saper raccogliere i frutti del lavoro compiuto dal

sonno, e le condizioni più favorevoli per farlo sono offerte dal

primo quarto d'ora del mattino. Ma, affinché il risultato sia molto

fruttuoso, occorre prendere alcune precauzioni e rispettare alcune

regole la prima delle quali (si tratta quasi di una condizione sinequa non) consiste nello svegliarci alla fine di un ciclo.

 Abbiamo più volte insistito sul fatto che un risveglio prima del

termine di un ciclo intero equivale ad una mazzata in testa, trauma

che, creando uno stato di confusione, impedisce il ricordo dei dati

onirici. Invece, alla fine di un ciclo, il risveglio naturale ci

mette in uno stato di iperlucidità, se si considera poi che

dimentichiamo quanto abbiamo sognato dopo pochi minuti,

risvegliandoci in sonno leggero (Fase 2) o profondo (Fase 3),

l'ultima sequenza onirica s'è ormai conclusa da tempo e non abbiamo

così nessuna speranza di ricordarcene.

Mentre, alla fine del ciclo, l'ultima fase paradossale è appena

terminata ed è completa, consentendoci in questo modo di richiamarlaalla memoria (e insieme a lei anche tutto ciò che abbiamo sognato

nella notte) e di comprenderne il messaggio. Notiamo che, se abbiamo

interrotto, con la suoneria della sveglia, questo periodo di sonno

paradossale, pur ricordando il sogno non ne trarremo gran profitto,

perché questo sarà stato frammentario e incompleto.

Suggestione serale

Ecco qualche considerazione utile alla reviviscenza dei sogni. In

primo luogo dobbiamo usare, se è necessario, la suggestione

dicendoci, mentre ci addormentiamo, la sera: (r)Questa notte sognerò,

come tutti gli altri umani, per più di un'ora e mezzo e, domani

mattina, ricorderò i sogni che ho fatto». P' Lecomte e C' Godefroy

propongono di utilizzare quella che è detta (r)associazione riflessa»,definita da Caycedo, il padre della Sofrologia, (r)segno-segnale». Per

ottenere questo scopo, bisogna associare, a un progetto mentale,

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qualcosa di fisico: per esempio riempire, la sera, immediatamente

prima di coricarsi, un bicchiere d'acqua e berne un po' sollecitando

interiormente il ricupero mentale di ciò che sogneremo e, al mattino,

bere il resto del contenuto quando vogliamo ricordare il tutto.

Tutti noi, in realtà, sognamo tutte le notti, da un'ora e mezzo a

due ore (in media, cento minuti). Pochi però ricordano d'aver

sognato, nondimeno su tutti il sogno adempie le proprie funzioni.

Occorrerebbe approfondire i motivi che provocano, in molti, l'amnesia

onirica: perché dietro la loro smemoratezza si celano indubbiamente

altre cause. Nella nostra civiltà occidentale, che disprezza il sogno

e non lo tiene in nessun conto, si è creata una specie di barriera

tra le due parti fondamentali di noi stessi: l'inconscio e il

conscio; il sogno non ci viene incontro se non lo vogliamo, non è in

grado senza il nostro consenso di superare l'ostacolo da noi eretto.

Se ci siamo allontanati, più o meno volontariamente, dalla nostra

sorgente interiore, questa non può manifestarsi liberamente.

Secondo P' Garfield (r)quanti riconoscono tutta l'importanza dei

sogni, ritenendoli essenziali per riuscire nella vita, sogneranno, liricorderanno e potranno godere del loro prezioso ausilio».

Qualcuno ha anche detto: (r)abbiamo messo il nostro inconscio sotto

formalina». Esiste una sorta di rifiuto, di (r)resistenza», come dicono

gli psicanalisti, una censura che si stabilisce, nella maggior parte

dei casi, perché abbiamo un po' paura, peraltro a torto, di quello

che potremmo trovare nei sogni.

Un giovane ci ha detto: (r)Ho già abbastanza problemi per conto mio,

sono già abbastanza preoccupato per esserlo ancora di più a causa dei

miei sogni». Poiché non lo sapeva gli abbiamo spiegato come proprio

grazie ai sogni poteva risolvere i suoi problemi. Senza sogni, siamo

come amputati.

Possiamo certo vivere come estranei, separati dalla parte piùfeconda di noi, da minorati; ma possiamo anche decidere di vivere

veramente di una vita più ricca, ascoltando i nostri sogni, quali

essi siano, perché anche quelli più spaventosi o più negativi ci

appaiono tali soltanto finché li temiamo e non cerchiamo di

avvicinarli ed amicarceli.

Se, talvolta, si manifestano anche in forma drammatica, è solo per

attirare la nostra attenzione: il sogno non può atterrirci, né

turbarci, in quanto è l'espressione del nostro ego profondo; è un

segnale per aiutarci o metterci in guardia; per cui dobbiamo

mostrarci accoglienti, dobbiamo usare verso il sogno un'attenzione

particolare: bisogna sedurlo, perché non si apre un fiore tirandone i

petali, ma scaldandolo.Facciamo lavorare i sogni per noi, al posto nostro. E,

simbolicamente, facciamo come il poeta Saint-Pol Roux o come Salvator

Dalì, che, la sera, affiggevano alla porta della loro camera un

cartellino con su scritto: (r)Silenzio! Sto lavorandoà». (r)Fidatevi

dei vostri sogni perché in loro è celata la porta dell'eternità», ci

consiglia, infine, Khalil Gibran.

 Altri importanti usi del sonno

Transfert temporale

Non possiamo, ogni volta che lo vogliamo, fare quello che vorremmo.

I cicli che ritmano la nostra attività interiore ci consentono, incerti momenti di capire, in altri di memorizzare tutto, in altri

ancora di avere molta immaginazione, in altri infine di essere del

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tutto privi di queste qualità.

Certi momenti, per esempio, se ci troviamo in auto o al lavoro,

sono naturalmente poco favorevoli ad ogni attività; in compenso, in

altri, si trovano riunite tutte le condizioni favorevoli, e ciò

avviene quando è il momento di dormire: la sera tardi (per i momenti

serali) ed il mattino di buon'ora (per quelli mattinali).

 Allora occorre operare un transfert temporale: ogni volta che non

abbiamo niente di meglio da fare, mettiamoci a dormire, guadagnando

così sul tempo riservato al sonno, anticipandolo, in modo che, quando

arriva il momento (r)fecondo», potremo invece di dormire, lavorare o

distrarci.

Siamo largamente compensati in anticipo, grazie a questo transfert,

non solo, ma anche perché il sonno diurno, goduto in condizioni

ottimali, conta il doppio: per esempio, due periodi di venti minuti,

cioè quaranta minuti, possono far economizzare un intero ciclo, cioè,

da un'ora e mezzo a due ore; in media, cento minuti.

Guadagnamo anche come rendimento, non solo perché lavoriamo meglio

in un periodo privilegiato, normalmente consacrato al sonno, ma ancheperché, essendoci riposati nel corso della giornata, il tempo di

veglia successivo sarà molto più efficace.

Quindi, possiamo dormire in auto, quando siamo passeggeri, in

aereo, etc' per esempio: siamo all'aeroporto, in attesa di

imbarcarci; viene annunciato che l'aereo ha mezz'ora di ritardo; vi

sono due maniere di prendere questa notizia: quella, più corrente, di

innervosirci, di pestare i piedi, di polemizzare, e l'altra, la

maniera intelligente, di dormire e, così, ricuperare energie. E'

questo il miglior modo di trarre partito da questa mezz'ora

inaspettata che ci viene concessa. Ecco, a titolo d'esempio, cosa

dice Gilbert Bécaud (uomo molto dinamico) raccontando il suo modo di

vivere: (r)Dormo seduto su una sedia, dormo con la testa sulle braccia,con il corpo appoggiato al tavolo, in treno, in aereo. Posso

addormentarmi, parlando, al telefono, con qualcuno che annoiaà».

 Ammazza-fame

Sappiamo oggi che, se molti mangiano troppo, ciò avviene spesso per

compensare una carenza di sonno. E tanti credono che l'affaticamento

che ne deriva possa essere cancellato da un apporto energetico:

niente di più sbagliato che riempire un buco di sonno con una

alimentazione più abbondante, perché, in questo caso, oltre a non

avere nessun compenso, può risentirne anche la nostra salute.

Sappiamo che un regime di sonno equilibrato può correggere il

sovrappeso corporeo derivante da un insaziabile appetito, ma vi è

anche un altro mezzo efficace per raggiungere questo scopo: quello diusare il sonno come ammazza-fame. Abbiamo già consigliato una o due

maxipause dopo ognuno dei due pasti principali: il pranzo e la cena;

ebbene, se abbiamo qualche chilo di troppo, bisogna effettuare almeno

una maxipausa (meglio tutt'e due) prima di questi due pasti: questa

pratica agisce da ammazza-fame e, associata a un trattamento

dietetico, è altrettanto efficace (e inoffensiva) di tutti gli altri

metodi: sigarette, medicinali dimagranti dagli effetti secondari

spesso pericolosi.

Prevenire e combattere

(r)Dormire è guarire», ha detto il dr' Liebault, e questo adagio non

è recente, perché anche Menandro, l'autore greco, scriveva, circa

duemiladuecento anni fa, in una delle sue commedie: (r)tutte lemalattie sono curabili con il sonno». Sir B'W' Richard-

son, celebre medico e chirurgo inglese, condivideva questa opinione

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che, oggi, tutti accettano; (r)Il malato che "sa" dormire ha maggiori

probabilità di guarire di chiunque altro».

Possiamo sfruttare questa meravigliosa facoltà del sonno, anche se

non siamo malati, a titolo preventivo: dal momento in cui non ci

sentiamo tanto bene, che siamo un po' affebbrati (all'inizio di un

raffreddore, di un mal di gola o di quella che, comunemente e spesso

a torto, viene chiamata influenza), invece di ingerire prodotti

chimici, bisogna coricarci il più presto possibile, di primasera,

bene al caldo e dormire; sì, perché si tratta di una vera e propria

(r)mini-cura del sonno».

L'iperlucidità notturna

In questo modo, destiniamo tutte le nostre forze (la capacità di

autoguarigione che tutti possediamo) per opporci alla malattia che,

il più delle volte, la mattina, al risveglio, s'è già risolta; in

ogni caso, riusciamo a diminuirne la durata e la gravità, soprattutto

se potremo, l'indomani, curarci ancora con il sonno. Questa semplice

pratica aiuta ad evitare certi tipi di malanni, soprattutto se

abitiamo in città, dove l'ambiente è antigienico e contagioso.Sappiamo che, alla fine d'ogni ciclo, e dunque diverse volte in una

sola notte, tutti, senza alcuna eccezione, torniamo allo stato di

veglia. La maggior parte delle volte, poiché dura troppo poco tempo

(due-tre minuti circa) questo risveglio non viene registrato o

memorizzato e l'indomani non ce lo ricordiamo. Ma, talvolta, ce ne

rendiamo conto.

Se, per esempio, siamo presi da un lavoro urgente, possiamo

approfittare di questo dono che ci fa la natura, evitando di

riaddormentarci e sfruttando così lo stato di iperlucidità in cui ci

troviamo in questo risveglio naturale, alla fine di un ciclo. Abbiamo

così a disposizione da 90 a 120 minuti, come ormai ben sappiamo,

secondo la durata del nostro personale ciclo; ma, qualche volta, iltempo di veglia può anche essere cortissimo.

Henry de Montherlant confessava: (r)Tutte le notti mi sveglio tre

volte e, nello spazio di questi tre risvegli, spesso approfondisco,

creo un nuovo personaggio, metto a fuoco un immagine, una situazione,

una frase, in cinque-sei minuti. Mi alzo allora in fretta e

subitamente prendo appunti. Poi di pieno giorno, l'ispirazione è

sostituita dal lavoro».

Tutti coloro che hanno sperimentato questi risvegli notturni, (in

momenti particolarmente propizi) dicono che si tratta di una

esperienza (r)inebriante» che rinnovano periodicamente, per abitudine,

per piacere o per necessità (per esempio, alcuni giornalisti vi

ricorrono spesso, redigendo in questo modo, in un lampo, un articoloche, alla luce del giorno, richiederebbe loro molto più tempo

producendo, per di più, risultati inferiori).

Questi momenti di grande lucidità, di luce interiore, in cui tutto

ci appare semplice e facile, ci fanno sentire anche in contatto con

il cosmo: la notte, siamo più sottili, più mistici, più vicini a Dioà

Quarta parte - Possiamo andare oltre

Il sonno idealeDormire meno

per vivere meglio e di più

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(r)Gli studiosi ritengono, oggi, che cinque ore di sonno, sull'arco

delle ventiquatt'ore, siano sufficienti senza che questo incida né

sull'umore,

né sul rendimento», dicono Webb e

 Agnew.

E' proprio la riduzione del tempo di sonno che noi ora proporremo,

senza contraddirci: invero possiamo attuare tale riduzione senza

privarci - anche parzialmente - dei benefici che il sonno ci

dispensa. E' vero che dormire bene è uno dei grandi piaceri della

vita, ma, a tutti noi (o almeno a molti di noi) viene da chiederci:

(r)Non potremmo ottenere tutto questo, e forse anche qualcosa di più,

dormendo di meno?» La risposta è: sì!

Tutti abbiamo progetti che ci stanno a cuore, (r)sogni» che

rimandiamo sempre e che non riusciremo mai a realizzare per mancanza

di tempo. Abbiamo sempre lavoro da ricuperare, desideriamo svagarci

di più, vedere più spesso i nostri parenti, i nostri amici, dedicarci

di più al nostro passatempo preferito, sfruttare un nostro talento

trascurato o anche, semplicemente, avere più tempo per darci al dolcefar niente! La nostra vita è così breve! Questa mancanza di tempo di

cui tutti soffriamo è diventata un problema cruciale nella nostra

epoca sempre sovraccarica di impegni. Uno dei mezzi, alla portata di

tutti, per allungare le giornate e, conseguentemente, la vita,

consiste appunto nel sottrarre tempo al sonno, senza che ciò ci

nuoccia né che risulti di detrimento per la vita di veglia.

Supponiamo di arrivare a guadagnare un ciclo di sonno per notte

(cosa abbastanza facile), anche se il nostro è ciclo corto, di un'ora

e mezzo, un ciclo dura da 90 a un po' di più di 120 minuti e

rappresenta quindi ore 547,30 di veglia guadagnata in un anno, cioè

l'equivalente di oltre un mese di vita. Ricuperando, dunque, un ciclo

su 24 ore, viviamo ogni anno un mese in più.E questo mese di (r)vacanze» supplementari, elargitoci gratuitamente

ogni 365 giorni, è veramente un regalo meraviglioso a cui nessuno può

restare insensibile: e quando diciamo (r)gratuito», non vogliamo dire

soltanto che non dobbiamo sborsare nulla, ma anche che non dobbiamo

pagarlo in nessuna maniera, in forma differita o indiretta: non c'è

nessuna contropartita pur traendone un enorme profitto.

Possiamo anche fare il calcolo di 100 minuti ripartito così: 60

minuti per distrarci; 40 minuti per lavorare.

Ciò, procura, ogni settimana, l'equivalente d'una giornata in più

(7

ore) per distrarci; una mezza giornata in più (4 ore e 40) per

lavorare. E' un bel guadagno di tempo. A questo punto, ci si presentano alcune obiezioni apparentemente

fondate: in questo libro abbiamo già attirato l'attenzione sulla

mancanza di sonno e sulle sue conseguenze di cui tutti siamo vittime.

 Allora, viene da chiederci, agendo così non aumenteremo il nostro

deficit di sonno, aggravandone gli effetti funesti e la nostra

sonnolenza? Non è che, diminuendo la durata del sonno ed aumentando

proporzionalmente il tempo di veglia, rischiamo di accrescere la

fatica, vero flagello moderno? In breve, ammettendo che questo sia

possibile, possiamo andare incontro a rischi difficilmente valutabili

ed incontrollabili? Siamo davvero sicuri di guadagnarci nel cambio?

Ebbene, sì. Ma poiché questa affermazione cozza contro idee

radicate e preconcetti, tab- trasmessi di generazione in generazione,prima di mostrare che quanto abbiamo detto è condiviso dagli esperti

in materia e, quindi, risultato di studi e d'esperienza controllati,

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e, prima di darne una spiegazione scientifica, ci sembra

indispensabile cancellare dalla mente un'idea tanto diffusa quanto

falsa: quella della famosa legge delle otto ore di sonno.

E' un'idea universalmente conosciuta, ripetuta incessantemente fin

dall'antichità, accolta tanto dagli eschimesi quanto dagli indigeni

dell'Africa centrale. Questa (r)credenza» non corrisponde a niente: a

nessun imperativo, a nessuna norma ufficiosa o ufficiale e tutti gli

esperti del sonno, anche e soprattutto i più eminenti, ci dicono: non

esiste una durata ufficiale da rispettare.

E ciò per molte ragioni: prima di tutto perché la durata del sonno

che conviene a ciascun individuo varia molto da una persona

all'altra: per alcuni sono più che sufficienti 5 ore, ad altri non ne

bastano 9; anche per lo stesso individuo, la durata varia

sensibilmente a seconda dell'età: dopo i 60 anni, il fabbisogno di

sonno si riduce ad un terzo di quello dell'infanzia.

Siamo più diversi gli uni dagli altri, nei confronti del nostro

sonno, di quanto non lo siamo, oggettivamente, durante la giornata.

La quota media di sonno è estremamente variabile da una speciezoologica all'altra (lo è anche da un animale all'altro della stessa

specie): abbiamo visto, per esempio, che certi animali non dormono

affatto, quali la balena, l'antilope, certi pesci, il toporagno,

mentre, al contrario, altri, come l'opossum o le grosse tartarughe,

dormono più di 20 ore su 24. Nella specie umana, la durata è

intermedia. Noi siamo dei dormitori medi; questa media è riferibile

al più, secondo una (r)curva di Gauss» classica, ma che individualmente

non ha alcun significato. In effetti, per ottenerla sono state

sommate le durate di sonno di un gran numero di persone delle quali

alcune dormivano da 10 a 12 ore ed altre da 4 a 5, il tutto, poi, è

stato diviso, naturalmente, per il numero dei soggetti considerati;

ma il dormitore medio non esiste, come non esiste l'europeo medio(quello, per esempio, che dovrebbe avere statisticamente parlando, da

due a tre figli).

Di qui, c'è da considerare che questa media non rappresenta la

durata (r)normale» del nostro sonno, come allo stesso modo non esistono

colori di capelli o numeri di scarpe medi attribuibili

individualmente.

Bisogna dunque dimenticare totalmente la falsa legge delle 8 ore,

prima di tutto perché è nociva e provoca un certo numero di casi

d'insonnia. (r)Condanna circa il 60% della popolazione ad uno stato di

inquietudine superflua», afferma il dr' W'B' Webb, specialista in

materia di sonno all'università della Florida.

Oggi sappiamo che la maggior parte di noi è stata spinta a dormirepiù a lungo del reale bisogno, più di quanto le converrebbe come,

analogamente, mangia più del necessario. Non c'è nessuna

contraddizione con il fatto che siamo in debito di sonno; perché

questa mancanza dipende maggiormente dal fatto che dormiamo male; e

per non soffrire più a causa di arretrati, possiamo, insieme, dormire

meglio e meno a lungo.

C'è da rilevare che un certo numero di persone si contentano di

poco sonno: il 5% dormono meno di sei ore e godono di uno stato

psico-fisico ottimo, e senza essere delle celebrità o dei supermen,

molti dirigenti politici, grandi uomini d'affari, uomini o donne

d'azione dormono, in generale, molto poco. Quanti dormono meno degli

altri sono più attivi, meno stanchi e godono d'una salute migliore.Si potrebbe pensare che è grazie alla loro eccezionale personalità e

che è per questa ragione che essi sono, nello stesso tempo, più

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resistenti e meno bisognosi di sonno.

Possiamo anche pensare che solo gli esseri fuori del comune

(contentandosi di un sonno di breve durata) possono beneficiare di un

grande privilegio nei confronti degli altri mortali, privilegio che

essi avrebbero ricevuto da Dio, dalla natura, dai loro genitori o dal

caso. Ma questa sarebbe una spiegazione troppo comoda, addirittura

semplicistica, che non risolverebbe niente; ed oggi sappiamo anche

che è erronea.

Ognuno ha in sé (salvo rarissime eccezioni) un grande potenziale

ignorato. Non c'è nessun bisogno, per essere, nello stesso tempo, un

piccolo dormitore e un uomo d'azione, di possedere doni speciali

avuti in eredità; questi, se esistono, li possediamo o possiamo

acquisirli tutti. Per comprenderne il perché, è importante prendere

in esame le differenze esistenti fra il sonno di coloro che dormono

molto e quello di coloro che dormono poco; ricordiamo, prima di

tutto, che definiamo piccoli dormitori (da non confondersi con i

cattivi dormitori) quelli che dormono meno di 6 ore e gran dormitori

quelli che superano le 9 ore.Secondo Hartmann e O' Bencit, constatiamo che la durata dei sonni

profondo e profondissimo (Fasi 3 e 4) resta praticamente costante,

qualunque sia la durata totale del sonno; rileviamo anche che i

piccoli dormitori hanno un po' più di sonno profondo e profondissimo

degli altri. D'altra parte, la durata del sonno paradossale (sogno,

Fase 5) è meno lunga nei piccoli che nei grandi dormitori: in media è

di 65 minuti invece di 121, cioè circa di un'ora. Notiamo anche che i

grandi dormitori, contrariamente a quello che potremmo credere, hanno

non solo un sonno paradossale più lungo, ma anche più (r)denso» che

possiamo valutare dal numero dei movimenti oculari rapidi al minuto:

questa densità è chiamata Rem (Rapid Eyes Mouvement).

Se ammettiamo che la differenza di durata del sonno tra i grandi edi piccoli dormitori è di almeno tre ore, possiamo affermare che gran

parte di questa differenza - i due terzi - è costituita dal sonno di

Fase 1 e Fase 2 (sonno leggero). Di più, constatiamo che, nei grandi

dormitori, si manifesta un gran cambiamento da uno stadio all'altro e

anche che questi passano, rispetto ai piccoli, più tempo in stato di

veglia sia prima d'addormentarsi (latenza), sia nel corso della

notte. Infine, al mattino, non si sentono ben disposti come i piccoli

dormitori.

 Allora, cosa succede se riduciamo la durata totale del nostro

sonno? Il confronto precedente fra il sonno dei piccoli e dei grandi

dormitori ci permetterà di comprendere che riduzione non significa

contrazione proporzionale dei vari stadi, perché, in realtà, èsoprattutto il sonno della Fase 1 e della Fase 2 ad essere diminuito

e, un po', anche quello paradossale; ma, in nessun caso, la riduzione

accorcerà la durata dei sonni profondo e profondissimo, perché (r)anche

se dormiamo quattro ore in luogo di otto, il tempo delle Fasi 3 e 4 è

lo stesso e diventa perfino più lungo», precisa Mattlin.

 Abbiamo mostrato che è quasi esclusivamente il sonno delle Fasi 3 e

4 ad assicurare una funzione riparatrice sul piano fisico che si

conserverebbe intatta anche nel caso di riduzione della durata totale

del sonno.

Esperienze hanno dimostrato che, se riduciamo il tempo di sonno di

un ciclo (da 90' a 120'), il sonno paradossale risulta più breve di

circa il 20%, cioè di 80 minuti circa il che è poco. Ma v'è il mezzoper ridurre il bisogno personale di sonno paradossale e lo

indicheremo.

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Così, anche riducendo le ore del dormire, le parti importanti del

sonno saranno integralmente preservate. Solo il sonno leggero, di cui

possiamo, senza alcun inconveniente, fare a meno, verrà ridotto; si

pensa anche che ciò abbia un effetto benefico, perché ci fa grazia di

tempo di sonno (r)diluito».

 A questo proposito, vorremmo ricordare la seguente nozione: la

quantità di sonno non dipende solo dalla durata, ma è data, grosso

modo, dal prodotto della durata per la profondità. Possiamo dire che

il sonno è a due dimensioni e non soltanto a una (il tempo), e la sua

quantità è rappresentata graficamente dall'ipnogramma. Ciò significa

che possiamo compensare una minore durata con una maggiore

profondità, mantenendo sempre la stessa quantità di sonno.

Per dirla in altre parole, riducendo la durata del sonno, lo

rendiamo automaticamente più profondo e, al contrario, dormendo

troppo a lungo, più superficiale e, in quantità di sonno

uguale, è più benefico dormire meno e più profondamente; e questo

spiega, in parte, perché il piccolo dormitore si senta molto più in

forma, al risveglio e durante la giornata, del gran dormitore. Inaltri termini: vale di più un sonno (r)concentrato» (fino a un certo

limite) di un sonno (r)diluito».

 Vari esperimenti di riduzione controllata del tempo di sonno sono

stati realizzati da differenti laboratori di ricerca specializzati in

materia. Ne riferiamo solo uno, a titolo d'esempio. Il dr' L' Johnson

lavorò, in collaborazione con due suoi colleghi del centro navale di

ricerche sulla salute, a San Diego e con tre altri dell'università

della California, a Irvino, tutti in possesso di titoli

ragguardevoli. Scelsero, per questo

esperimento, un campione di quattro coppie, tutti studenti, le cui

età variavano tra 21 e 28 anni. 6 degli 8 soggetti dormivano

abitualmente 8 ore, una coppia si contentava generalmente di 6 ore emezzo. Ognuno cominciò rispettando il proprio ritmo abituale, come

test di base, poi ridusse il tempo di sonno di una mezz'ora ogni

quindici giorni. Giunti al traguardo delle 6 ore e mezza, furono

lasciate 3 settimane per adattarsi, prima di

una nuova riduzione. Se raggiungevano lo stadio delle 5 ore,

avevano ancora diritto ad un mese d'adattamento prima di continuare.

L'esperimento doveva durare da 4 a 6 mesi, secondo il traguardo

raggiunto da ciascuno. Era stabilito che, dal momento in cui un

soggetto non se la sentiva di continuare, la sua partecipazione

all'esperimento finiva lì. Essi dormivano a casa loro, senza alcun

controllo esterno; tenevano un diario dove registravano il loro tempo

di sonno totale, notturno e diurno; annotavano il loro statopsicofisico durante la giornata. I giovani erano considerati soggetti

dalla vita normale.

Era stato deciso che si sarebbero coricati sempre più tardi,

risvegliandosi sempre alla stessa ora. Benché fossero in grado di

padroneggiare il proprio regime di sonno e di annotarne l'andamento

sul diario, erano sottoposti ugualmente a un controllo tecnico

permanente.

Il sonno di ognuno degli 8 soggetti veniva registrato da

un'apparecchiatura elettrica 3 notti alla settimana e un controllo

psichico approfondito era effettuato periodicamente al centro navale.

Erano inoltre sottoposti ad una imponente serie di test e mantenevano

rapporti costanti con gli psichiatri.2 dei soggetti che avevano iniziato con una durata di 8 ore

ridussero il loro tempo di sonno a 5 ore e mezzo, prima

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d'abbandonare; altri 2 toccarono il traguardo delle 5 ore e gli altri

2, infine, raggiunsero le 4 ore. La coppia che aveva iniziato con 6

ore e mezzo si fermò a 5 ore.

Ecco le conclusioni dell'esperimento. Questi 8 individui non furono

intaccati né nel corpo, né nella psiche, né nelle loro capacità

generali, anche dopo una riduzione di 3 ore e mezzo, tuttavia,

soffrirono della mancanza di sonno.

L'esperimento ebbe un seguito: un anno più tardi, i ricercatori

ricontattarono gli 8 soggetti, per vedere come si comportassero e

quante ore, in quel periodo, dormissero abitualmente. Alcuni di

quelli che, all'inizio dell'esperimento, dormivano 8 ore, non

erano tornati a questa vecchia abitudine. I 2 studenti che avevano

iniziato con 6 ore e mezzo avevano ricuperato la stessa durata; ma

gli altri 6, partiti da 8 ore, dormivano ora da un'ora a due ore e

mezzo meno di prima e, nonostante ciò, si sentivano perfettamente

bene ed in buona forma: uno di loro, addirittura, godeva di un ottimo

stato di salute, senza bisogno né desiderio di dormire di più, con

sole 5 ore e mezzo di sonno al giorno (un altro dormiva 6 oredenunciando le stesse ottime condizioni psicofisiche).

Il gruppo di ricercatori concluse che la riduzione progressiva può

rivelarsi un mezzo efficace per diminuire di un'ora o due il tempo di

sonno totale e può anche modificare in forma permanente le abitudini

ed i bisogni di sonno.

 Aggiungeremo ancora che i soggetti dell'esperimento erano

relativamente giovani. Ma questo non cambia niente. Il dr' Johnson ci

ha riferito di avere incontrato numerose persone d'età matura che

avevano ridotto il loro tempo di sonno, dichiarando di trovare il

loro attuale livello (r)confortevole e piacevole».

I diversi esperimenti realizzati permettono di stabilire un metodo

sicuro per arrivare a guadagnare, per esempio, senza inconvenienti,un ciclo di sonno: per ottenere ciò, occorre rispettare un certo

numero di norme, l'esposizione delle quali s'ispirerà all'opera di E'

Mattlin, ma noi completeremo il suo metodo, per aumentare le

possibilità di riuscita, evitare le eventuali ricadute ed anche

rendere il sonno più proficuo di quanto non lo fosse prima della sua

riduzione.

Il principio base del programma consiste in una riduzione graduale

che dà al corpo ed alla psiche il tempo necessario per adattarsi

moderatamente, tappa per tappa, ad ogni nuovo cambiamento. Se il

periodo d'adattamento è abbastanza lungo da produrre, ad un dato

livello, un abituale benessere, il passaggio alla tappa successiva

sarà più facile. E' necessario consolidare bene una condizione dibenessere prima di tentare una nuova riduzione.

La pratica

Ecco, sul piano pratico, come operare: la durata di ogni riduzione

(anche se certuni consigliano 30 minuti) dovrebbe essere, a nostro

avviso, di 20 minuti. Il tempo d'adattamento, dopo una riduzione e

prima di passare alla successiva, varia da un individuo all'altro, ed

è tanto più lungo quanto più breve è la durata totale di sonno

raggiunta e quanto più avanzata è l'età. Ecco, a titolo indicativo,

alcune cifre (ma ognuno dovrebbe riuscire ad individuare da solo la

misura che più gli conviene):

- fra i venti ed i trenta anni, il tempo di adattamento fra una

riduzione e l'altra è di circa 3 settimane;- fra i quaranta ed i cinquanta, di circa 5 settimane.

Per ogni riduzione totale del tempo di sonno superiore ad un'ora,

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occorre aspettare una settimana di più. Se poi vogliamo scendere

sotto le 6 ore e mezza di sonno totale nell'arco delle

ventiquattr'ore, è indispensabile attendere fino ad 8 settimane.

Soprattutto, dobbiamo evitare di passare alla riduzione successiva,

se non ci siamo ancora perfettamente adattati alla precedente. Non

dobbiamo farci troppa premura, non tentiamo, soprattutto, di

procedere troppo in fretta, rischieremmo, così, di compromettere

l'insieme dell'esperimento, anche se siamo già pervenuti, senza

inconvenienti, a una certa riduzione.

Sottolineiamo che questa riduzione progressiva va, per la prima

volta, contro la regola, che abbiamo già definito come assoluta, che

prescrive di dormire un numero intero di cicli. E' però, questo,

l'unico caso in cui dobbiamo infrangerla: perché è più importante,

nel caso specifico, non rispettare questo, pur fondamentale,

imperativo e ridurre progressivamente, piuttosto che tentare di

guadagnare, in

una sola volta, un intero ciclo. Ma, ripetiamo, dobbiamo sempre

rispettare questa regola in tutti gli altri casi.Ecco le altre condizioni per una buona riuscita del programma: non

iniziare la riduzione se non siamo in buona forma fisica, mentale ed

affettiva; seguire, contemporaneamente, la regola prevista per la

(r)giornata intelligente»; impiegare bene il tempo di veglia così

guadagnato in modo da superare i piccoli inconvenienti che potremmo

incontrare - provvisoriamente - ad ogni diminuzione di durata del

sonno (sonnolenza, affaticamento, etc').

I vantaggi

Si tratta, in fondo, di un programma assai semplice che, anche se

non sempre facile, dobbiamo, tuttavia, fare tutto il possibile per

rispettare: è la condizione sine qua non per una buona riuscita;

basta pensare che, a prezzo di qualche difficoltà passeggera, nesentiremo il beneficio per tutta la vita: innanzitutto, per tutto il

tempo prezioso ricuperato e poi, ancora, per altri importanti

vantaggi di cui potremmo godere, se rispetteremo i consigli

indispensabili che seguiranno a completamento di questo programma.

Non soltanto ci eviteranno una parte delle difficoltà relative al

tempo di adattamento, ma renderanno più sicuro e stabile il tempo di

sonno totale nettamente ridotto che avremo raggiunto e, soprattutto,

ci faranno sentire più (r)freschi» al mattino e più in forma durante la

giornata, sul piano fisico, intellettuale, emozionale; più riposati e

meno affaticati la sera e meglio addormentati la notte di quando

dormivamo più a lungo.

 Aumentare

il sonno paradossale

 Abbiamo visto che, riducendo il tempo totale di sonno di un ciclo,

perdiamo circa 20 minuti di sonno paradossale; ma siamo in grado,

ugualmente, di aumentare la durata di quest'ultimo, vediamo come: a

seguito di un certo numero di errori, quasi tutti non riduciamo la

durata di questo tipo di sonno che è anche quello che maltrattiamo di

più. Ora, siamo in grado, e in una maniera molto semplice (ed

evitando certi errori) di aumentare la durata della Fare 5 facendo,

nello stesso tempo, in maniera di aver meno bisogno di sonno

paradossale.

Hartmann ci dice che i piccoli dormitori formano un gruppo dipersone efficaci, ambiziose, molto attive, piuttosto sicure di sé,

estroverse e poco angosciate. La maggior parte di esse, interrogate

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su come reagivano di fronte alle difficoltà, ha risposto di non

lasciare mai che le preoccupazioni assillino l'animo; i grandi

dormitori, invece, formano un gruppo più complesso e psicologicamente

più fragile; risultano più ansiosi ed inibiti, perfino leggermente

depressi, aggressivi o turbati da problemi sessuali; il loro animo è

continuamente assillato da mille problemi.

La riduzione del tempo di sonno provocherà, senz'altro, in noi un

benefico cambiamento di personalità. Possiamo affermare che il

bisogno di sonno paradossale deriva, in parte, dallo stato di

permanente conflittualità in cui viviamo. E', dunque, il conflitto

interiore ed esteriore che dobbiamo far cessare.

Contro lo stress

Ecco un mezzo per limitare le conseguenze disastrose dello stress:

sappiamo che una delle funzioni del sonno è di scaricare lo stress

subito ed accumulato durante la giornata, evitandone, parzialmente,

gli effetti distruttivi. Possiamo, così, affermare che il bisogno di

sonno paradossale è proporzionale agli stress sopportati, al loro

numero ed alla loro importanza. Ora, siamo in grado di evitarnequalcuno (non tutti, sfortunatamente, altrimenti saremmo obbligati a

vivere da eremiti) e possiamo, almeno, tentare di ridurre le

aggressioni sensoriali e, in primo luogo, quelle causate dal rumore,

elemento inquinante numero uno della nostra vita.

Occorre, quindi, crearci delle (r)zone del silenzio». (r)Ascolta il

silenzio in te», consiglia un proverbio orientale e Kahlil Gibran

confessa: (r)Non sono altro che un ricercatore di silenzio e quali

tesori ho trovato nei miei silenzi!» Silenzio esteriore, per riuscire

a far tacere il frastuono che è in noi e trovare il silenzio

interiore.

L'effetto dei colori

Dovremo, poi, fuggire dalle aggressioni sensoriali di naturacromatica e luminosa: lampade troppo potenti, troppo dirette,

lampeggianti e colori troppo vivi. Oggi, conosciamo bene l'effetto

dei colori il cui ruolo è, in generale, sottovalutato: infatti,

quelli dei nostri vestiti (e di quelli degli altri), di tutto ciò che

ci circonda (appartamento, ufficio, laboratorio, sale di riunione, di

spettacolo, etc') esercitano su di noi un'influenza determinante. Ne

fanno testimonianza le espressioni popolari come: veder rosso,

restare al verde, vedere la vita in rosa, avere la faccia grigia,

vederne di tutti i colori, etc'.

Facciamo, poi, distinzione tra colori caldi e freddi: il verde ed

il blu - colori freddi - agiscono sul sistema parasimpatico,

l'influenza del quale è predominante nel sonno; i colori caldi(rosso, arancio, etc') influenzano il sistema ortosimpatico (o

simpatico), la cui influenza si manifesta nello stato di veglia. In

questo modo, alcuni colori ci aggrediscono ed altri ci calmano.

Bisogna, quindi, evitare i grandi assembramenti, le riunioni

rumorose e fumose, stressanti a causa del rumore, dell'agitazione e

cercare riparo in zone ove sia possibile la solitudine o la quasi

solitudine. Allo stesso modo, sono da evitare gli alimenti troppo

stimolanti.

Gli stress inevitabili, poi, possono essere filtrati: ad uno stress

determinato non corrisponde necessariamente un impatto determinato,

perché tutto dipende dalla maniera in cui lo subiamo; questo impatto

è molto soggettivo: prima di raggiungerci, e crearci problemid'ordine fisico e psichico, lo stress passa attraverso una sorta di

filtro in grado sia di ridurlo o, addirittura, annullarlo, sia di

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amplificarlo.

Espellere la tensione

Quando agli stress che non possono essere né evitati, né annullati,

e che, talvolta, producono, grazie al filtraggio, un impatto

apparentemente insignificante, ma il cui cumulo rischia di diventare

pericoloso, è necessario saper espellere questo tipo di tensione.

Esistono, a questo proposito, due mezzi essenziali: il sogno e

l'esercizio fisico, quest'ultimo particolarmente importante; però

bisogna praticarlo il più presto possibile dopo lo choc subito: non

serve lasciare accumulare le tensioni durante tutta la settimana per

poi, alla fine di essa, scaricarle tutte con un solo esercizio. Certo

è meglio fare l'esercizio una volta alla settimana, che non farlo del

tutto, ma è preferibile praticarlo ogni giorno o, almeno, più volte

nell'arco dei sette giorni.

 Altri suggerimenti

Ecco, ancora, qualche altro consiglio, che può essere utile per la

riduzione del tempo di sonno. Bisogna:

- mangiare meno. Noi siamo sovralimentati e ciò è molto nocivo perla nostra salute, la nostra giovinezza, la nostra longevità e il

nostro sonno. Di più, mangiar troppo spinge a dormire eccessivamente.

I Giapponesi dormono, in media, un'ora per notte in meno di noi, e

ciò è dovuto, in gran parte, al fatto che mangiano meno;

- fare, durante la giornata, dei sonni-lampo, pause di parcheggio e

maxipause;

- dormire, almeno durante il programma di riduzione del tempo di

sonno, ad ore regolari e per una durata più costante possibile, anche

se, alla fine, quella che conta è la durata media del sonno;

- dormire nelle ore più convenienti, rispettare, cioè, la propria

abitudine naturale a coricarci e alzarci tardi o a coricarci ed

alzarci presto.Tanto più avremo facilità a dormire poco, quanto più avremo una

vita stimolante. Infine, un altro avvertimento: affrontiamo questo

programma solo se siamo adulti ed in buona salute.

Ecco un esempio che ci inciterà, forse, a tentare l'esperimento; è

quello di L' Amade, raccontato in France soir: (r)Il prefetto poeta L'

 Amade ci ha confessato i suoi segreti: se, da oltre trent'anni, ha

potuto conciliare una brillante carriera amministrativa con

un'altrettanto brillante carriera letteraria (sei romanzi,

quattordici opuscoli, due libri di racconti, un'opera, una cantata,

un mistero, trecento canzoni, un memoriale etc'), è perché, oltre ad

essere rimasto celibe, non ha dormito più di 4

ore per notte». Tuttavia sconsigliamo vivamente di seguirel'esempio, citato da W' Dement, (r)d'un giovane canadese che dormiva

tre ore per notte, permettendosi anche una triplice attività

professionale».

Grazie al tempo che potremo recuperare, forse saremo meno tentati

di esclamare, come P' Hamp: (r)Destino, m'hai dato una vita, e te ne

ringrazio infinitamente. Ma cosa credi che abbia potuto fare di

grande? Era così corta».

Usare l'insonnia

 V'è chi ha saputo fare buon uso dell'insonnia: H' Certigny ha

sottolineato che l'insonnia (r)apriva delle parentesi nelle sue notti»,

Marcel Proust riconosceva che (r)un po' d'insonnia non è inutile per

apprezzare il sonno, proiettare un po' di luce nella notte». Alcuni vivono l'insonnia come un dramma, perché la mancanza di

sonno li indebolisce, rappresentando, per loro, una grossa mancanza

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sul piano personale, professionale, familiare e sociale. Tutti, più o

meno frequentemente, per periodi più o meno lunghi, siamo vittime

d'insonnia. Ci capita di sperimentare dei veri e propri blocchi

provvisori di sonno, apparentemente senza ragioni, che attribuiamo

semplicemente alle circostanze della vita.

Esiste un mezzo per evitare l'aggravarsi dell'insonnia e per

renderla cronica ed anche per attenuarne non solo la durata, ma anche

gli effetti: si tratta di non drammatizzarla e d'integrarla alla

nostra dinamica esistenziale. E questo non significa che dobbiamo

arrivare a considerarla come un fatto normale, ineluttabile, ma

venire, nella maniera migliore, a patti con essa, affrontando il

problema da un altro punto di vista.

Una delle ragioni di un cattivo addormentamento o riaddormentamento

risiede nel desiderio forsennato, nell'accanimento di voler

prender sonno a tutti i costi, facendo la semplice considerazione che

gli altri dormono e quindi anche noi dobbiamo dormire. Esiste un

autentico senso di colpa, un terror panico dell'insonnia e delle sue

conseguenze.Bisogna assolutamente districarsi da questo ingranaggio

psicologico, cessare, una buona volta, di credere che se non dormiamo

sufficientemente saremo, l'indomani, inevitabilmente stanchi e

sonnolenti. In verità, è proprio questa paura, con l'agitazione

fisica e la confusione mentale che ne risultano, a creare la fatica,

lo spossamento provocato da un assurdo dispendio di energie, quando,

se fossimo restati calmi, anche senza dormire, avremmo recuperato

tutte le nostre forze.

Possiamo anche considerare che, dopo tutto, si tratta di tempo

guadagnato sul sonno, senza sforzi, senza dover ricorrere al

programma previsto per la riduzione progressiva del sonno: tempo che

ci viene letteralmente offerto (r)su un vassoio». In questo modo, ilfatto di non poter dormire in certi momenti, anche se si situano nel

cuore della notte, può offrire un lato molto positivo.

In effetti, nessun momento della giornata saprebbe rimpiazzare

queste

ore notturne di silenzio, di calma e di risonanza cosmica, che si

pongono in uno stato di ipercoscienza adatta alla riflessione, alla

meditazione, ma anche al lavoro, potendo, così, integrare il tempo di

insonnia nell'impiego del tempo normale.

Possiamo anche dar libero sfogo ad un'immaginazione divenuta più

fertile per trasformare queste ore penose, piene di fobie,

addirittura ossessive per certuni, in ore piacevoli occupate in

qualcosa di gradevole o utilizzandole, per esempio, in momenti dirilassatezza fisica o mentale, in ore di dolce far niente, di

languida pigrizia, tentatrice al punto da venire condannata dalla

morale come peccato, ma che noi possiamo coltivare come un'arte, a

nostro completo piacimento.

Tutto, in ogni caso, è più intelligente che affannarsi nel proprio

letto a rincorrere un sonno che è scappato di nuovo o batterci contro

un'insonnia che diventa allora sempre più temibile.

Piuttosto che restare a letto ad innervosirci, girandoci e

rigirandoci, è preferibile alzarci ed anche metterci a lavorare, sia

pure in maniera distesa e in piena calma, guadagnando

contemporaneamente tempo ed economizzando energie. Far buon uso

dell'insonnia è anche estremamente benefico per le persone anzianeche, avendo minori obblighi professionali e familiari, possono,

durante la giornata, concedersi vari periodi di sonno.

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 A titolo d'esempio, quello del prof' americano C' Kelly, che, dopo

aver dormito bene nel corso di tutta la sua vita, ha perso il sonno

verso i settant'anni; a quel punto, rifiutò decisamente il facile ma

pericoloso ricorso ai sonniferi, consigliatogli dai suoi medici, e

decise di consacrare le ore d'insonnia alla ricerca di metodi

scientifici atti a vincerla, a beneficio suo e di tutti coloro che

soffrono di questa condizione. Dopo esservi riuscito, grazie ai suoi

metodi, scrisse, a questo proposito, opere che gli valsero la

celebrità per la loro estrema efficacia.

Un rinomato psicanalista, il dr' B' Ruddick di New York, ritiene

prezioso il tempo che trascorriamo a letto senza riuscire a prender

sonno. Egli ha sempre incoraggiato i suoi amici, in questa

circostanza, ad alzarsi ed a lavorare per un'ora o due. Anche a lui

capita, talvolta, di essere incapace di prender sonno alle due del

mattino. Egli, allora si siede al tavolo e scrive. Anche sua moglie,

che dipinge, si sveglia spesso prestissimo, prima dell'alba,

alzandosi e mettendosi a lavorare.

 Viene anche citato il caso d'una donna molto occupata, che passauna parte della notte a selezionare e classificare ricette con le

quali comporre un libro di cucina; e quello di un famoso avvocato che

si dedica alla sua collezione di francobolli prima dell'alba. Altri,

in queste occasioni, privilegiano i lavori manuali: un meccanico

scolpisce il legno; molte madri di famiglia cuciono, rammendano,

ricamano o cucinano piatti prelibati da conservare poi nel

refrigeratore. Una donna anziana, che aveva fatto la domestica per

quarant'anni, creava, durante le ore di insonnia, meravigliose

collane di perle colorate di cui riempiva la casa. Ma vi sono molti

che preferiscono rimanere passivi e restano a letto ad ascoltare la

radio, ad imparare una lingua straniera o, più semplicemente, non

facendo niente.Il dr' P' Tyrer scrive: (r)Mentre lavorate o vi distraete durante

l'insonnia, pensate in maniera positiva a tutti i vantaggi che potete

vantare nei confronti dei poveri dormienti. Voi segnate un punto:

grazie a questa attività notturna, potrete godere di maggior libertà

durante la giornata: essi perdono il loro tempo dormendo mentre voi

vi date intelligentemente da fare».

Ecco ora, estratto da un articolo sul sonno apparso nella rivista

 Vital nel gennaio 1981, un interessante esempio d'insonnia ben

vissuta. Il soggetto è Elisabetta, una giornalista di ventott'anni.

Eccone il racconto.

Fino a venti anni si era pensato che le mie insonnie fossero una

malattia. Tutto è cambiato quando ho deciso di vivere, normalmente,senza dar loro eccessiva importanza. Le insonnie erano iniziate

quando avevo circa sei anni ed erano origine di discussioni con i

miei genitori, con irritazione mi ripetevano sempre: (r)Dormi, dai,

dormi, bisogna che tu dormaà» Ma non ne ero capace. Anche quando

sono diventata una giovinetta, il loro comportamento non cambiò. Mi

nascondevo, per leggere, a letto; schermavo la lampada, tappavo, con

i cuscini, le fessure della porta, affinché nessuno s'accorgesse che

rimanevo sveglia. Dai 7 agli 8 anni cominciarono a farmi prendere dei

medicinali; tra i 17 e i 22, sfioravo, ormai, la farmacodipendenza;

era terribile: di giorno mi sentivo stanca, abbrutita, al punto che

mi capitava perfino di addormentarmi in classe e di notte

m'incarceravo nella mia insonnia.Poi decisi di farla finita con le pillole terminanti in (r)ium» e le

altre; allora, pur non dormendo di più, mi sentivo, almeno, assai

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meglio e questa era già una conquista: con i tranquillanti, dormivo e

mi sentivo assai peggio.

Presi questa decisione a vent'anni; fu una decisione intellettuale:

ho rifiutato di ammettere che il fatto di dormire meno degli altri

doveva essere considerato una malattia. Da allora, io non dormo, in

media, più di cinque ore per notte; accuso, in generale, una piccola

(r)cotta» verso le 18, ma questo fatto, grosso modo, rappresenta

l'unico inconveniente fastidioso della mia insonnia. La notte, faccio

dei lavoretti, leggo, alle 3 del mattino mi taglio i capelli. Tutto

sommato, credo proprio che la mia sia un'insonnia ben vissuta; arrivo

anche a domandarmi perché le altre persone, che vivono e abitano con

me, vadano a letto così presto (verso le 22 o le 23 o anche a

mezzanotte) ritenendo sufficiente il tempo sociale e professionale di

cui dispongono.

La notte, cominciamo a vivere un tempo che ci è proprio, un tempo

personale. Come può la grande maggioranza della gente privarsi di

questo tempo personale notturno tuffandosi immediatamente nel sonno?

D'accordo, la vita di chi soffre d'insonnia non è sempre rosea, maquesto è, soprattutto, dovuto agli effetti dell'insonnia nelle ore

diurne. Per esempio, tutti i giorni, come ho detto, verso le 18

accuso un leggero affaticamento e, in quel momento, mi piacerebbe

potermi distendere nell'oscurità e riposarmi veramente e questo non

mi è mai possibile. Mi sveglio, poi, al mattino, di pessimo umore:

borbotto, nulla mi va bene, etc'; il malcapitato che osasse

telefonarmi verso le 8 incorrerebbe in una rispostaccia.

Una o due volte al mese, poi, passo la notte in bianco e, devo

dire, che è una cosa piuttosto piacevole; resto distesa nel buio,

lascio trascorrere le ore e attendo la nascita del giorno: insomma ho

sognato stando sveglia; il tempo trascorre in uno stato della cui

irrealtà ho piena coscienza, uno stato tra il sogno e il pensiero; eciò è assai gratificante. Contrariamente, poi, a numerosi sofferenti

d'insonnia, non conosco né incubi né angosce. I miei pensieri vanno

e vengono, tessendo incessantemente la loro trama. Molti riconoscono

che sono molto fortunata nel poter vivere dormendo così poco.

 Al racconto di Elisabetta possiamo aggiungere che è importante, in

primo luogo, far sparire l'insonnia, ma, in caso di fallimento, è

altrettanto importante e profittevole di farne buon uso.

Imparare dormendo

L'uso del sonno come mezzo d'apprendimento è chiamato ipnopedia ed

è già usato in molti paesi. Nell'Urss l'insegnamento ipnopedico viene

praticato ufficialmente. Negli Stati Uniti le società che consacrano

la loro attività all'insegnamento per mezzo del sonno hanno, dal1947, una cifra d'affari di milioni di dollari. Esistono, oggi, in

quasi tutte le grandi città americane centri di istruzione per il

sonno che promettono di inculcarci (naturalmente, per mezzo del

sonno) tutte le conoscenze possibili ed immaginabili

dall'apprendimento delle lingue allo sviluppo della memoria alla

lotta contro l'insonnia. In Francia, lo psicologo J' Genevay ha

eseguito esperimenti probanti con allievi di un collegio parigino,

facendo loro imparare, per mezzo del sonno, la storia romana. Dai

suoi esperimenti è riuscito a creare un metodo d'insegnamento

ipnopedico in virt- del quale si possono apprendere non solo le

lingue, ma anche le regole grammaticali più difficili, i teoremi più

complicati, etc'.R' Galvez, presidente fondatore dell'Istituto Internazionale di

ricerche ed applicazioni ipnopediche, ha portato avanti le ricerche

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riuscendo a mettere a punto una tecnica molto precisa. Oggi, sappiamo

che il campo d'applicazione dell'ipnopedia è molto esteso. (r)Si

considera che il 95% dei problemi umani provengano da uno spirito

negativo. Questa cifra include i problemi di timidezza, di dissapori

familiari, d'insuccessi finanziari, di cattiva memoria, di tensione

nervosa, di sfortuna, d'inquietudine, etc'. E' stato scoperto che,

rieducando lo spirito creativo a pensare in maniera positiva anziché

negativa, la maggior parte dei problemi psicologici scompare», ci

dice B' Sweetland.

 Anche la timidezza può venire curata con il metodo ipnopedico. Una

donna era così timida da sentirsi male quando si trovava in mezzo

alla gente. Decise di seguire un corso d'insegnamento notturno che,

tra le registrazioni, ne conteneva una per il superamento della

timidezza. L'ascoltò nottetempo e qualche tempo dopo fu invitata a

trascorrere una serata affollatissima; rientrando a casa s'accorse,

per la prima volta in vita sua, di avere partecipato tranquillamente

alla conversazione e di essersi divertita: la sua timidezza era

scomparsa.I corsi d'educazione notturna propongono altri soggetti: come

costruirsi una buona memoria, l'arte di rilassarsi, di sviluppare la

creatività, far lavorare lo spirito per restare giovani, imparare la

lezione scolastica dormendo, etc'.

In America, grazie a questa terapia, molti hanno smesso di bere o

di fumare. Allo stesso modo, si possono trattare tutte le forme di

tossicomania e tutti i dolori (in particolare quelli del parto).

 Aggiungiamo che le malattie psicosomatiche sono tutte di competenza

dell'ipnoterapia.

Sappiamo, a mezzo di numerosi esperimenti e constatazioni, che il

cervello resta, in parte, vigile durante il sonno e che, spesso, si

mantiene recettivo con ciò che ha pensato prima dell'addormentamento.Conosciamo gli esempi tipici della madre di famiglia svegliata dal

pianto del figlio, ma non dai tuoni, quello del casellante svegliato

dal treno che non è ancor passato o quello del mugnaio che si sveglia

quando il suo mulino si ferma. E questo grazie all'udito che non si

(r)disinnesca» mai completamente, incaricato com'è di assicurare il

servizio di guardia.

D'altra parte, si sa che, in certi stati di coscienza (e sono

quelli che utilizzano l'ipnosi, la sofrologia e la

suggestopedagogia), essendo più recettivi, siamo più facilmente

suggestionabili: alcune cose s'imprimono più facilmente in noi e in

maniera indelebile. Lo stesso accade in certe condizioni di sonno che

non sia quello profondo o profondissimo.L'inconscio, che funziona in permanenza, è particolarmente

(r)attivo» durante il sonno, (r)via regale d'accesso al subconscio»,

secondo la formula freudiana. Sappiamo anche che la voce umana è un

potente mezzo di suggestione e che, mentre dormiamo, le condizioni

ideali per ascoltarla si trovano tutte riunite: solitudine, silenzio,

oscurità, stato di introversione, assenza del cosciente. Questo

spiega quanto sia vasto il campo d'applicazione dell'ipnopedia e

dell'ipnoterapia.

La pratica dell'ipnoterapia

Per praticare questi metodi, occorre un registratore dotato di unabanda continua, che consente la ripetizione infinita di un testo e

che possa accendersi e spegnersi automaticamente. A titolo d'esempio,

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ecco quel che consiglia R' Galvez: un'ora circa, prima di andare a

letto, lo studente prepara la sua lezione e ne fa un riassunto della

durata di cinque minuti che registra. Effettuata la registrazione

(il testo può, naturalmente, essere anche preinciso), regola il timer

in rapporto all'ora esatta in cui si corica. Per esempio, se si

corica alle 22, dovrà regolarlo alle 22,30, in modo che la prima

emissione avvenga dopo l'addormentamento. La seconda sequenza dovrà

intervenire dopo il periodo del sonno profondissimo durante il quale

l'inconscio è meno recettivo, dunque, verso le 3 del mattino.

Nell'arco di un'ora circa, la banda magnetica sussurra la lezione da

imparare da dieci a quindici volte: nel metodo ipnopedico la lezione

non può mai essere superiore ai cinque minuti. Infine, una terza

sequenza, detta di consolidamento, potrà essere effettuata al

risveglio, nel momento in cui lo studente è ancora mezzo sonnolento.

E' buon dormitore chi riesce a dormire sempre bene, qualunque siano

le sue peripezie esistenziali. Salvo poche eccezioni, quando eravamo

ragazzi, eravamo tutti buoni dormitori; alcuni lo sono restati, ma la

maggior parte di noi ne ha perso l'abitudine; alcuni hanno rimparatoad esserlo ed hanno, così, ritrovato il loro buon sonno, che avevano,

non perduto, ma dimenticato.

Nota editoriale. Le fasi dell'apprendimento nel sonno che hanno

dato buoni risultati sono le seguenti:

Prima fase. Ascolto serale, da svegli, del testo registrato nel

magnetofono che dovrà funzionare durante la notte. Ascoltiamo e

ripetiamo con intelligenza.

Seconda fase. A letto, spenta la luce e distesi, ripetiamo

dolcemente

una formula che ci pre-veda otticamente riusciti nel nostro studio.

Terza fase. Automaticamente il magnetofono, tenuto sotto il

cuscino, si mette in moto dopo 4 ore da che ci siamo addormentati.

Quarta fase. Nel dormiveglia del mattino seguente ripetere la

formula particolare per lo studio.

Quinta fase. Dopo la colazione del mattino, nuovo ascolto del testo

registrato, ripetendolo con intelligenza. (Dal volume di P'

Scanziani, L'arte della giovinezza, ed' Elvetica).

Il campione del sonno perfetto

Il dormitore campione è un buon (r)pilota» del proprio sonno: sa

gestirlo, controllarlo, orientarlo nelle diverse circostanze della

vita. E' capace di passare giornate e notti (r)intelligenti». Egli

conosce, per esperienza, il valore di un buon sonno, l'apprezza, nerisente tutti i benefici effetti, conosce anche tutti i vantaggi che

può trarne. Oltre al ricupero fisico e psichico di cui può godere al

mattino, dopo un risveglio naturale, sa anche sfruttare tutte le

altre risorse che il sonno può offrirgli, nel senso che egli ne

conosce tutte le altre funzioni e le adopera. Ma, soprattutto, sa di

poter impiegare il tempo del suo sonno, farlo lavorare per lui,

raccogliendone i frutti numerosi ed incomparabili.

Malgrado ciò, il dormitore campione ha anche imparato a dormire

poco; e quando gli capita di avere delle insonnie più o meno

volontarie, per ragioni che conosce e non ha potuto evitare, sa anche

servirsene. Ma il dormitore campione è andato ancora oltre, grazie a

due perfezionamenti supplementari nella padronanza del sonno.1) Sa addormentarsi in pochi istanti, dove vuole, quando vuole e

in qualsiasi circostanza.

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- (r)In pochi istanti», significa pochi minuti, anche se, ad alcuni

bastano pochi secondi;

- dove vuole: per esempio, in mezzo alla folla, nel rumore ed in

piena luce;

- quando vuole: in qualsiasi ora del giorno e della notte;

- in ogni circostanza: anche se è preoccupato o se si trova in

stato d'eccitazione fisica (in particolare muscolare o nervosa),

mentale o affettiva.

2) Sa dormire per il tempo che

egli stesso ha stabilito preliminarmente.

Questo tempo può durare 32 minuti quanto 2 ore e 21 minuti senza

tener conto della lunghezza del proprio ciclo; ed è, inoltre, capace

di svegliarsi naturalmente al termine della durata fissata, senza

l'ausilio di richiami, pronto a essere, istantaneamente e senza alcun

sforzo, disponibile a tutti i livelli. Ognuno di noi può diventare un

dormitore campione. Non

esiste nessuna ragione, né teorica, né pratica che ce lo possa

impedire.Come addormentarsi

in pochi istanti

Fu chiesto ad un maestro zen che aveva acquisito questa facoltà

preziosa e invidiabile: (r)Come fate?» ed egli rispose: (r)Semplicemente:

avendo fiducia.»

Infatti, basta rifugiarci fiduciosamente in uno stato di totale

rilassatezza e di abbandono e riusciremo in breve a prendere sonno.

Ricordiamo anche quanto ha detto Bergson: (r)Dormire, è

disinteressarsi», disinteressarci di tutto ed anche di dormire. Dal

momento in cui avremo ben assimilato il senso di questa frase, che è

la migliore definizione del momento in cui entriamo nel sonno,

riusciremo ad addormentarci in pochi istanti. Nel momento in cuisaremo veramente (r)disinteressati» saremo già in stato di sonno.

Dunque, alla domanda: cosa dobbiamo fare per addormentarci in pochi

istanti? la sola valida risposta è: soprattutto, più nulla. E'

semplice, ma non sempre facile da realizzare dall'oggi al domani.

 Addormentarsi a volontà

Si dice che, allo stato di veglia, siano il desiderio e la paura a

farci agire, ebbene, per prendere sonno, deve avvenire esattamente il

contrario: occorre che non vi siano più né desiderio, né paura, né

attesa, ricerca, sforzo, né volontà di dormire. Non dobbiamo più

parlare di corretta (r)attitudine», perché, al contrario, dobbiamo

abbandonare qualsiasi tipo di atteggiamento. Se insistiamo su questi

argomenti è per abbattere, uno ad uno, gli impedimenti che ostacolanol'addormentamento istantaneo. Ed ora, siamo in grado di indicare qual

è lo stato più adatto per realizzarlo: il più passivo, il più

assente, il più inesistente possibile. Bisogna, in effetti (r)sparire».

 Abbiamo spiegato come addormentarci quando il cervello ce lo

domanda, cioè, ad ore fisse, ben precisate per ciascuno di noi, ore

che abbiamo imparato ad individuare. Ci arriveremo un po' alla volta

(talvolta in un colpo solo), non importa quando.

Ecco ora una tecnica, che ci consentirà di prender sonno a nostro

piacere. Si tratta dell'autoipnosi.

La parola ipnosi suscita, nei più, un miscuglio di dubbio e di

timore. Ciò deriva dal fatto che gli esperimenti d'ipnosi sono, perlo più, noti come attrazioni da varietà.

Gli effetti dell'ipnosi sono innegabili tanto da essere

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ufficialmente riconosciuti come tecnica scientifica in alcuni paesi,

come l'Unione Sovietica, dove fa parte del bagaglio di conoscenze

obbligatorio di ogni giovane medico. Negli Usa, in Germania, viene

ugualmente insegnata ufficialmente nelle università.

L'autoipnosi

Possiamo praticare l'ipnosi su di noi, per mezzo della suggestione,

quando siamo in stato di completo rilassamento: è l'autoipnosi. Nel

nostro caso, si tratta di utilizzare tutto il suo potere (fra le

altre cose, è anche capace di vincere il dolore) per addormentarci.

Ci limiteremo ad enunciarne il principio. Un uomo celebre ci ha

recentemente detto: (r)Vorrei, la sera, essere capace di (r)spegnermi»

come faccio, prima di dormire, girando un bottone, con la

televisione». E', questo, il sogno di tutti: addormentarci nel nostro

letto (anche durante la giornata) con la semplicità con cui spegniamo

la lampada del comodino; ed è anche il sogno di tutti i genitori che

vorrebbero vedere i figli addormentarsi al loro comodo. Tutto questo

è possibile grazie all'ipnosi ed all'autoipnosi.

Potremmo permettere, così, al treno del sonno, di passare quandovuole. Segnaliamo che il rituale da osservare, che consta di una

successione di

operazioni sempre identiche, nel momento di metterci a letto, crea

un automatismo, che suggestiona e induce il riflesso condizionato del

sonno.

Citiamo ora due metodi per addormentarci molto rapidamente,

facendo appello all'ipnosi. Il primo utilizza quella che viene

chiamata suggestione postipnotica. E' definito così il suggerimento

di un atto a un soggetto sotto ipnosi che dovrà rispondere ad un

segnale stabilito, dopo che sarà stato (r)svegliato»; questo metodo,

per essere efficace, esige un livello d'ipnosi abbastanza profondo.

Precisiamo: l'ipnotizzatore, dopoaver posto il soggetto in stato d'ipnosi, gli comanda di dormire ad

un determinato segnale, per esempio, quando udrà un certo rumore: una

parola, uno schiocco di dita, il suono d'un mazzo di chiavi, etc',

oppure quando il soggetto stesso pronuncerà una data parola o farà un

gesto particolare: toccandosi il mento, la fronte, ecc'. Alla sera,

dal momento in cui ripeterà la parola o il gesto, il soggetto

s'addormenterà immediatamente. L'inconveniente di questo metodo è che

il suggerimento postipnotico tende a scomparire, a poco a poco, col

tempo, cosa che obbliga a ricorrere, periodicamente, ad un

ipnotizzatore per rinforzarlo.

Il secondo metodo consiste nell'apprendere a metterci noi stessi in

stato di suggestione, per mezzo di un completo rilassamento,impartendoci l'ordine di dormire. Questa tecnica, all'inizio, può

essere appresa con l'aiuto di un ipnotizzatore che ce l'inculcherà

sotto ipnosi o anche senza fare ricorso all'ipnosi. Questa seconda

serie di metodi evita l'inconveniente della ridotta durata del tempo

di suggestione.

Possiamo anche ricorrere al metodo delle cassette registrate di una

seduta ipnotica con addormentamento da parte d'un ipnotizzatore. Il

sonno ottenuto in questa maniera, a parte il fatto che sopravviene

molto rapidamente, si rivela, in generale, molto riparatore, perché è

calmo e profondo. Di più: il sonno in cui sprofondiamo è naturale e

non ipnotico. Del resto, bisogna sapere che l'ipnosi, anche quella

profonda, non mette direttamente in stato di sonno, ma in uno statovicino, perché le onde cerebrali sono situate tra lo stato alfa e

quello beta.

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Svegliarci all'ora prescelta

La possibilità di svegliarsi a piacere non è un dono riservato a

pochi

eletti, anzi è accessibile a tutti, perché tutti abbiamo, in noi,

cronometri interiori capaci di valutare l'ora e la durata e dunque di

svegliarci al momento stabilito che abbiamo comunicato alla nostra

(r)guida interiore», permanentemente attiva. Non vi sono, così pare,

altre tecniche precise oltre quella di penetrare in noi per

autosuggestione nel momento in cui ci addormentiamo e riguardante non

la durata prescelta del sonno, ma, piuttosto, l'ora del risveglio.

E' così che fanno tutti quelli che la praticano.

Il dr' H' Larcher cita tre casi:

- quello di una giovane che si raccomandava, pregando, alle anime

del purgatorio perché la svegliassero all'ora desiderata;

- quello di una vedova che si rivolgeva al defunto marito;

- e quello di uno studente che si autosuggestionava prima di

addormentarsi.

Il mezzo impiegato si rivelava efficace in tutti i tre casi, grazieall'intervento del subcosciente. Possiamo utilizzare questo metodo

per svegliarci ad un'ora precisa della notte, ma anche della giornata

quando abbiamo un tempo disponibile determinato.

Quando prendiamo il metrò, dal momento in cui ci sediamo, siamo

assaliti da un desiderio quasi irresistibile di dormire; si tratta,

senza dubbio, di una specie d'autodifesa contro la folla, il rumore,

la luce. Di più, il calore della vettura, il tran tran delle ruote,

il dondolio assecondano il sonno (perché proprio di sonno si tratta e

non di sonnolenza). Noi possiamo programmarlo in modo da svegliarci

un attimo prima d'arrivare alla stazione in cui dobbiamo scendere; e

questo funziona ogni volta, qualunque sia il numero delle stazioni,

la lunghezza del percorso e il tratto di linea.Tuttavia, poiché la possibilità di svegliarci a piacere va contro

la regola del ciclo e, in più, viene a riflettersi sulla sua durata

che è, teoricamente, intangibile, raccomandiamo, quando cominciate a

praticare risveglio a volontà, di rispettare la periodicità ciclica.

Non bisogna usare spesso il risveglio volontario perché corriamo il

pericolo di scompigliare l'ordine dei cicli.

Infine, dobbiamo evitare, se vogliamo svegliarci nel corso della

notte, che ciò avvenga durante il sonno profondo della Fase 4.

Ricordiamo che questo stadio non interviene che nelle due prime fasi

e 30 minuti circa dopo aver preso sonno e dura un'ora circa.

Ecco dunque un'altra interessante capacità del (r)dormitore

campione»: egli è capace di tutte le combinazioni possibili, dicoricarsi ed alzarsi presto o tardissimo, restando in perfetta forma

a tutti i livelli. Divenire dormitore campione, completamente padrone

del proprio sonno, dovrebbe essere il sogno di tutti. E possiamo

realizzarlo.

La buona notte

Ci sembra che, se vogliamo vivere

una vita (r)alla grande», cosa che tutti desiderano, non possiamo

farlo ignorando un'ora su tre della nostra esistenza, vivendo

solamente le due ore restanti. Bisogna, in primo luogo, tentare di

sapere, di comprendere cosa avviene durante quest'ora di preteso

black-out e poi servircene per vivere di più e meglio durante le ore

di veglia.Forse ora, quando augureremo la buona notte a qualcuno, o gli

chiederemo se ha passato una buona notte, ciò non significherà

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soltanto, per noi e per lui, una notte riposante, oscura, ma anche

una notte impiegata bene, ricca d'esperienze.

Dobbiamo augurare una buona notte come auguriamo un buon viaggio,

il che significa, anche per la notte, un viaggio senza incidenti né

accidenti, il più profittevole ed interessante possibile. Perché il

sonno, ora lo sappiamo oramai bene, non ci è stato dato soltanto per

liberarci dalle nostre preoccupazioni e dalla nostra fatica, ma

anche, e soprattutto, per soddisfarci in tutti i sensi.

Il sonno dell'avvenire

La ricerca di una molecola di sonno naturale risale all'anno 1910 e

la scoperta del famoso fattore S (S come sonno, sommeil, sleep) è,

attualmente, vicina alla soluzione. (r)Per la prima volta, un

sofferente di insonnia, gravemente dipendente dai sonniferi, ha

potuto essere guarito con l'iniezione di una sostanza naturale

considerata come la molecola (r)programmatrice del sonno». Questa

molecola è stata isolata dall'equipe del dr' G' Schoenberger.

Inoltre, (r)si hanno ragionevoli speranze che questo sonnifero

"naturale" possa essere messo a punto e reso accessibile a tutti neiprossimi anni. I ricercatori francesi di Lione (quelli appartenenti

al gruppo Jouvet) hanno scoperto, con il Vip (Vasoactive Intestinal

Pep-

tide) un peptide in grado di provocare il sonno, senza dubbio

polivalente. Nel 1976-1977 abbiamo potuto identificare la sostanza

capace di indurre il sonno in una piccola proteina composta di nove

elementi (acidi amminici), chiamati peptidi. L'abbiamo chiamata Dsip

(Delta Sleep Induc-

ing Peptide)."

Da qui ad un secolo è probabile che i nostri attuali giacigli con

tutti i loro accessori (materassi, sacconi, traversini, lenzuola ed

anche pigiama e camicie da notte) non saranno più adoperati; nonesisteranno più che nel ricordo e sembreranno tanto anacronistici

quanto il famoso letto della regina di Saba - o quello dei ricchi

Romani - marmoreo ed ornato di cuscini; e parranno altrettanto

deliziosamente obsoleti dei letti chiusi, sopraelevati, a

baldacchino, riempiti di piume nelle quali si affondava

letteralmente, e ricoperti di piumini sotto i quali dormivano le

nostre nonne.

Negli Stati Uniti, vengono già utilizzati letti vibranti che

rilassano e cullano, muniti di cuscini pieni d'acqua calda e con

musica incorporata, con il calore ed il suono programmati in modo da

indurre il sonno in modo conveniente.

Ma, circa nel 2000, il letto assomiglierà sempre di più a quelloche già in America viene definito (r)nube degli angeli»: sarà possibile

galleggiarvi su superfici formate da quella che viene chiamata (r)acqua

solida» costituita da particelle estremamente sottili di granelli di

sabbia polverizzata e spinte da una macchina soffiatrice; il corpo

potrà galleggiare nello spazio senza punti d'appoggio con il letto.

Si dormirà su cuscini d'aria che già, d'altronde, vengono utilizzati

efficacemente in casi di malati particolari.

Il letto del futuro sarà una specie di grande acquario, dai colori

riposanti: vi si resterà sospesi in assenza di gravità, immersi in un

bagno speciale di natura gassosa. Il sonno ne risulterà infinitamente

più piacevole ed efficace, cosa che permetterà di dormire ancora di

meno, salvo che per il piacere.I cosmonauti hanno sperimentato, nello spazio, l'assenza di

gravità, sappiamo, dunque, di cosa si tratta: non ci sarà più

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bisogno, come nei letti attuali, di cambiar posizione, di girarsi e

rigirarsi (più di trenta volte in una notte calma e più di duecento

in una agitata). In camera, l'aria sarà perfettamente condizionata,

cioè, filtrata, deodorata, rinnovata nella temperatura, nel grado

igrometrico, nel tenore di ossigeno e negli ioni negativi

convenienti. La luce si abbasserà progressivamente, come quella

solare, ma più in fretta.

Dal momento in cui si chiuderanno gli occhi un apparecchio

programmato prenderà in carica il soggetto emettendo onde che il

cervello capterà, a distanza, senza fili di contatto. Guiderà, così,

il sonno attraverso ogni ciclo, assicurando non soltanto un rapido

piacevole addormentamento, ma il successivo rallentamento delle onde

cerebrali, nel seguente ordine: la beta in alfa ed infine in teta,

delta e, in quel momento, il ritorno del sonno in alfa, poi in beta

alla fine d'ogni ciclo, e così di seguito.

Un dolce sottofondo musicale accompagnerà il sonno, ogni notte,

facilitando i sogni; saranno anche emessi odori, al momento voluto,

secondo le esigenze del sogno, che si sarà scelto preliminarmente:per esempio, se si sarà deciso di passare quella notte in Corsica, il

dormiente sarà investito da una miscela di profumi stordenti della

macchia corsa: trementina, eucalipto, mirto, lavanda selvatica, etc',

profumi accompagnati dal rumore del mare.

La profondità del sonno sarà regolata automaticamente in funzione

del bisogno di ricupero, del tempo che si desidererà dormire e degli

impegni che aspettano l'indomani. Inoltre, dopo

aver dormito quanto bisogna, l'apparecchio guiderà il dormiente

dolcemente fino al risveglio; sul soffitto, allora, verrà proiettato

un magnifico, progressivo levarsi del sole a cui potrà, in questo

modo, senza muoversi, assistere.

Tutto ciò non è del tutto utopico: per certuni, in America,rappresenta già una realtà. La sua attuazione tecnica non pone alcun

problema, è solo

una questione di costo che, un po' alla volta, sarà reso

accessibile a un gran numero di persone.

E' inoltre verosimile che si potrà disporre, nel corso della

giornata, di un secondo orologio, che fornirà indicazioni sui ritmi

biologici e, in particolare, su quelli che regolano il sonno,

orologio che sarà più interessante, perché più personalizzato di

quelli convenzionali, che indicano soltanto il grado di rotazione

terrestre in rapporto al punto in cui uno si trova. Segnalerà infatti

le ore di passaggio dei cicli durante la giornata, affinché si possa,

desiderandolo, dormire. Al contrario, un apparecchio di registrazione a distanza, segnalerà

gli addormentamenti intempestivi, quelli, per esempio, che si

manifestano durante la guida dell'auto così risvegliando

istantaneamente il conducente.

L'ipnopedia sarà impiegata correttamente, grazie a magnetofoni

speciali, completamente automatici, preprogrammati, in cui poter

inserire le cassette scelte, consentendo, senza alcun sforzo, di

apprendere quanto si vuole. Questo insegnamento sarà usufruito da

tutti, soprattutto dai meno favoriti che non avranno beneficiato

d'un'istruzione regolare nelle scuole superiori o nelle università.

Questo sistema didattico verrà impartito in corsi pratici, in

attività pratiche di gruppo, una volta completati i corsi normali,dal clima soporifero; e saranno proprio i primi a rivelarsi più

efficaci ed apprezzati. Si potrà, così, apprendere tutto della vita:

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la notte la teoria, il giorno la pratica.

Tutto sommato, il tempo di veglia sarà speso per sperimentare,

realizzare ciò che si sarà appreso, o che si sarà sognato, nel corso

della notte. Potrà, così, essere realizzato l'aggiornamento culturale

continuo, da un capo all'altro della giornata, della notte e della

vita. Si potrà, per mezzo del sonno, anche imparare a dormire e

diventare dormitori campioni.

Questo sonno futurista sembra tratto da un romanzo di fantascienza,

ma l'esperienza c'insegna che, più passa il tempo e, sempre più

velocemente, la realtà supera la finzione. Per esempio, chi avrebbe,

al tempo di Luigi Xiv, osato immaginare un essere umano capace di

lasciare la terra per un altro pianeta; la trasmissione quasi

istantanea delle più belle immagini a colori, da un capo all'altro

della Terra, per mezzo della televisione, e delle più belle musiche,

per mezzo della radio; che, dall'Europa, si potesse arrivare a New

 York, grazie al Concorde, due ore (ora locale) prima di essere

partiti, per il fatto di essere più veloci del moto rotatorio

terrestre; che si potessero trapiantare organi come il cuore, i renietc' su un'altra persona; che si sarebbe creato il calcolatore

elettronico, etc'.

I sogni dell'anno 3000

Possiamo senz'altro affermare che, nell'anno 3000, sarà possibile

programmare anticipatamente i sogni. Dopo tutto, il sogno d'ogni

notte altro non è che una sorta di film, che ci proiettiamo noi

stessi in varie sequenze. Allora sarà possibile scegliere

preventivamente il tipo di film come

ora proiettiamo, grazie ad una videocassetta, lo spettacolo che

vogliamo.

Saranno a disposizione un gran numero di cassette che, inserite in

uno speciale trasmettitore immetteranno, in ogni fase del sonnoparadossale, il sogno preregistrato che scorrerà, così, sul piccolo

schermo della televisione interiore del dormiente.

Sarà possibile, anche, al contrario, registrare in cassette tutti i

sogni e rivisionarli durante la giornata ed anche la notte. Sarà una

cosa molto piacevole, anche se non si dovrà abusarne perché nulla

vale quanto un sogno vissuto direttamente: perché il sogno è la

libertà totale ritrovata: affrancandoci completamente dalla logica,

dalla morale, da ogni condizionamento e convenzione sociale, ed anche

da ogni verosimiglianza; in più, rappresenta un (r)messaggio personale»

inviatoci dall'inconscio. E quindi, il sogno imposto (anche se è

frutto di una nostra libera scelta), prefabbricato, proveniente

dall'esterno, non è propriamente un (r)sogno»: non soddisfa più di trecompiti preziosi riconosciuti dall'inconscio: di essere un

liberatore, un confidente e un consigliere.

Possiamo pensare ugualmente che, nel 3000, sarà perfettamente

acquisita la (r)tecnica» del sonno lucido, cioè di quello stato in cui

siamo coscienti, almeno in certi momenti, di sognare e in condizioni

di intervenire a nostro piacere, per esempio, per bloccare,

modificare una situazione spiacevole o, al contrario, prolungarne una

piacevole.

Il sonno dell'anno 3000

Tutti saranno in grado, durante la giornata, di praticare il

sonno-lampo che verrà insegnato a scuola: questi microsonni

rimpiazzeranno, in parte, il sonno attuale, quello della notte. Abbiamo mostrato l'importanza e l'interesse di questo tipo di

sonno, allora sarà diventato pratica corrente e potrà, come del resto

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avviene già per un certo numero d'animali e anche di persone,

sostituirsi al sonno normale. La sua efficacia, avendone compreso

meglio il meccanismo, perfezionata, generalizzata la tecnica, sarà,

allora, accresciuta.

Ma questo, pertanto, non rappresenterà che un primo passo verso un

più decisivo progresso che porterà all'eliminazione totale del

sonno.

I grandi specialisti in materia affermano che il sonno, già fin

d'ora, è una funzione sorpassata, che aveva una sua ragione d'essere

soltanto qualche milione di anni fa, questa ragione è fondata

sull'origine del sonno negli uomini e negli animali: i nostri lontani

antenati, dovendo restare forzatamente inattivi la notte, perché

l'oscurità impediva loro di agire e di muoversi, furono obbligati,

per sfuggire alla paura che incutevano le tenebre, a interrompere

ogni contatto sensoriale con l'esterno e cercare rifugio nel sonno.

Ma, in seguito, superata ogni paura, con l'invenzione, prima del

fuoco, poi dell'elettricità, gli esseri umani poterono mantenersi

attivi anche la notte.Il sonno è dunque divenuto obsoleto e, se dormiamo ancora, lo

facciamo unicamente per abitudine, per routine, per programmazione o

per isteresi. Da qui, le affermazioni di A' Weinberg: (r)Il bisogno di

dormire che, fin qui, veniva considerato fondamentale è oggi messo in

discussione» o di M' Jouvet: (r)Talvolta, mi domando se il sogno sia

veramente necessario» o anche del dr' Meddis: (r)Secondo una mia

teoria, il sonno non ha alcuna funzione essenziale per l'uomo moderno

che, almeno in linea di massima, può farne a meno e vivere felice».

Il sonno, dunque, rappresenterebbe, oggi, solo un'ingombrante

eredità e sarebbe solo provocato dal nostro cervello che

(r)continuerebbe ad imporci questo anacronismo della evoluzione, questo

detestabile retaggio dell'uomo delle caverne» diceva Thomas Edison.(r)Questo vestigio mostruosamente inutile e mai adattato è soltanto

un'inutile tara. Il più grande errore dell'evoluzione», afferma il

dr' Recht-

schaffen.

Ma, per eliminare la cattiva abitudine di dormire, occorrerebbe

sopprimere le ore notturne. Sia con mezzi abbastanza semplici (per

esempio, grazie ad un Sole artificiale che rimpiazzerebbe, ogni

notte, almeno sopra le città (o, addirittura, l'intero pianeta) la

luce ed il calore di quello naturale; già, certi quartieri di alcune

città, sono illuminati come in pieno giorno; sia con mezzi più

sofisticati (per esempio, impedendo alla Terra di girare, cosa che,

sul piano puramente teorico, risulta possibile).D'altronde, non dobbiamo credere che tutto ciò richiederebbe

un'energia sproporzionata, superiore a quella di cui disponiamo: per

esempio, non sarà necessario, essendo meno lontano, che il Sole

artificiale sia tanto potente quanto quello naturale che è a 150

milioni di chilometri dalla Terra.

Dall'Oriente la verità

 Abbiamo mostrato che, uno dei motivi giustificanti il sonno, era

dato, sul piano fisico, dalla necessità di ritrovare, ogni 24 ore, la

posizione orizzontale; in effetti, la stazione

eretta è ancora innaturale per l'uomo. L'animale preumano da cui

discendiamo s'è alzato in piedi qualche milione (da quindici a venti)

di anni fa ed è diventato ominide. Ma la stazione eretta è ancorapenosa per noi e non possiamo sopportarla a lungo (allo stesso modo

della stazione seduta). L'organismo umano non ha avuto ancora il

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tempo di assuefarsi, di adattarvisi completamente. Ma possiamo

pensare che in futuro vi riuscirà e la posizione verticale diventerà

una condizione normale.

Quindi, questa necessità fisica, meccanica del sonno, andrà, un po'

alla volta, attenuandosi per scomparire completamente in un tempo

futuro, assai difficile da prevedere.

Ma, per poter fare a meno di dormire completamente, senza subirne

nessuna conseguenza, occorrerà rispettare un'altra condizione.

Eccola: il sonno non è, come credono gli Occidentali, uno stato di

sotto-coscienza in cui la coscienza viene ridotta, uno stato di

perdita di coscienza. Il sonno, al contrario è coscienza pura,

atemporale, in un'immensità non dualistica! Il Vedanta ci dice che il

sonno è esperienza di Brahman, della più alta realtà, è, nel senso

orientale del termine, il vero stato di veglia.

Così, la sorprendente giustificazione del sonno è questa: certi

umani sono sempre al di fuori del sonno, in

uno stato di veglia interiore, ma tutti abbiamo bisogno di

sperimentare tale veglia ogni notte. E questa è la sua insostituibileragione di essere.

Potremo fare a meno del sonno soltanto dopo che ci saremo evoluti

ed avremo aperto gli occhi sul nostro universo interiore. Allora,

continuamente, giorno e notte, vivremo in uno (r)stato di grazia»:

quello del famoso ritmo alfa (10 al secondo), ritmo fondamentale che

dovrebbe essere quello normale di ogni individuo, quello in cui

l'uomo si trovava in permanenza quando viveva nel paradiso terrestre.

Possiamo, così, sperare, che, per mezzo di una presa di coscienza

individuale e collettiva, l'uomo raggiungerà (o, almeno, una buona

parte dell'umanità), ventiquattr'ore su ventiquattro, questo

autentico stato di (r)veglia della coscienza».

 Alcuni grandi mistici vi sono già pervenuti: Santa Caterina daSiena dormiva appena mezz'ora ogni due giorni. Santa Colette non

dormiva abitualmente che un'ora ogni otto giorni e trascorse

addirittura un intero anno senza dormire. Agata della Croce rimase

senza dormire gli ultimi otto anni della sua vita e santa Lidwine non

conobbe che tre ore di sonno durante trent'anni!

La veglia generalizzata della coscienza è anche una condizione

della sopravvivenza per l'insieme della specie umana che, in mancanza

di essa, sarebbe senza dubbio condannata all'estinzione.

K' Lorentz, il grande etologo, ha detto: (r)Ho scoperto l'anello

mancante tra la scimmia e l'uomo: siamo noi!» C'è da sperare che al