Migliora Il Sonno, Migliorerai La Vita
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Pierre fluchaire
“Migliora il sonno
migliorerai la vita”
prefazione di piero scanziani
titolo dell'opera originale
la révolution du sommeil
traduzione dal francese di
giorgio fubiani
:::::::::::::::::
collana di biblioterapia
::::::::::::::::::::::::::
copyright 1985
(r)elvetica» edizioni
s'a' - chiasso
prima edizione gennaio 1986
elvetica
Troppo spesso rincorriamo di notte il sonno che non arriva, troppo
spesso rincorriamo di giorno la lucidità offuscata dalla
sonnolenza.
Ne derivano a donne e uomini le stanchezze costanti, le tensioni,
gli errori di comportamento, le crisi, le malattie
psicosomatiche.
Il sonno è per natura la nostra officina di riparazioni psichiche
e fisiche, ma non sappiamo più usarla.
Pierre Fluchaire, uno dei massimi studiosi mondialid'ipnologia, ci dà in questo libro, attraente e prezioso, tutti i
metodi pratici per prevenire l'insonnia o eliminarla, per
addormentarci in pochi istanti e svegliarci al momento
desiderato. Il sonno deve, come nell'infanzia, tornar soave di
notte e deve di giorno servirci in piccole dosi per brevi pause
ben distribuite, segrete e ristoratrici.
E Fluchaire ci rivela anche il mistero del sogno. Saper dormire è
la chiave del saper vivere.
Nato nel 1931, diventato ingegnere all'école Centrale di Parigi,
capo di grandi aziende, Pierre Fluchaire da trent'anni si occupa
delle scoperte mondiali che hanno fatto progredire le nostreconoscenze sul sonno e il sogno. Si è dedicato alla ricerca e
alla diffusione di queste scoperte tramite conferenze, corsi,
tavole rotonde, convegni. Ha fondato il Club du sommeil et du rêve e
presieduto a Parigi nel 1981 il primo Congresso europeo sul sonno
e il sogno con la partecipazione di medici, psicologi, ipnologi,
biologi. Ha scritto importanti opere d'ipnologia teorica e
pratica.
Piero Scanziani - Pierre Fluchaire, un maestro
Pierre Fluchaire è un maestro e questo suo libro è
magistrale. In francese s'intitola La révolution du sommeil e
difatti è rivoluzionario non perché ci sconvolga, anzi perché ci
riordina secondo la disposizione nativa e dimenticata.
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Forse la bellicosità che ci sembra propria dell'uomo e che ha
insanguinato i secoli e ancora insanguina i continenti e minaccia
d'annientare il genere umano non è connaturata alla malvagità
della nostra stirpe, ma piuttosto ci deriva da millenni di malsonno,
di sogni bassi e angosciosi, lontani dalle altitudini
celestiali che pure sempre traspaiono serene nel sonno e c'invitano a
salire.
Abbiamo ormai ali inette, simili a galli perpetuamente
bellicosi, serrati nei pollai, ridotti allo svolazzo vacuo e alla
monotonia del battibecco.
Fluchaire promette di ridarci lievi le ali angeliche e vi
riesce, se appena lo ascoltiamo. Il suo discorso è completo e
piacevole, energico e cordiale, persuasivo e pratico per tutti e per
ognuno. Associa armoniosamente i ritrovati scientifici
occidentali alle sperimentate sapienze orientali.
Al principio del #'ijj l'americano Mccollum, biochimico, diede
inizio a una nuova scienza degli alimenti, basata sulle vitamine,
su d'un nutrimento vario e completo, su cibi naturali, su d'unadimenticata dietetica che oggi cambia e migliora il modo
d'alimentarsi dell'Occidente.
Analogamente il francese Fluchaire, alla fine del #'ijj, ha dato
principio a una nuova ipnologia, scienza del sonno, che par
destinata a modificare profondamente la vita intera di quanti
vivranno il 2000. Il malsonno nuoce ancor più dell'alimentazione
errata.
Chi è Fluchaire? Nato nel 1931, è diventato ingegnere all'école
Centrale di Parigi e già durante questi studi ha cominciato ad
occuparsi del sonno, c'informa Elisabeth Fontannaz. Pierre, da
studente, aveva stabilito di primeggiare all'école Centrale
ottenendo il massimo dei voti e così prese a cercare quanto potevafacilitargli l'impresa, ardua. Anzitutto avrebbe per certo dovuto
studiare e molto, poi migliorare l'alimentazione ed equilibrare
l'intera sua giornata, come un atleta che si prepari a un
primato. E le lunghe ore perdute nella notte? Così fu indotto ad
approfondire le sue conoscenze sul sonno.
Fluchaire racconta: (r)Mi dedicai a fondo all'ipnologia, leggendo
tutti gli studi scientifici allora disponibili e mettendoli
in pratica. Presto imparai a dormire più spesso di giorno, di
notte meno ma in modo più concentrato e profondo».
I suoi condiscepoli si sorprendevano nel vederlo capace di brevi
pisolini ad ogni momento e in ogni luogo, uscendone ravvivato e
pronto alle interrogazioni e agli esami.L'ingegner Fluchaire divenne direttore d'importanti imprese,
pur continuando a seguire gli studi e le ultime scoperte dei centri
mondiali d'ipnologia. Da tante e variate esperienze trasse le sue
tecniche che ritrovano le leggi naturali e ci consentono il
rifiorire della nostra vita. Ne derivano il Congresso europeo sul
sonno e il sogno, il Club del sonno e del sogno, le conferenze, le
interviste alla stampa, alle radio e alle televisioni, i libri di
cui questo è il risultato maggiore.
Giorgio Fubiani ci ha dato una versione dal francese svelta e
sintetica, che tien conto sia delle esigenze del lettore di lingua
italiana, sia della fisionomia propria di questa Collana di
Biblioterapia che, con la presenza di Pierre Fluchaire,s'arricchisce d'un eccezionale protagonista.
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Prima parte - Riabilitare il sonno
Il sonno in altri tempi
e sotto altri cieli
Hypnos, re di tutti i beati, dei
mortali e di tutti i viventi,
che la vasta terra nutre, solo
tu comandi a tutti e avviluppi i
corpi con dolci legami. Tu can-
celli le inquietudini, ristori dal
-le fatiche, consoli da tutti i
dolori, allontani il timore del-
la morte e rassereni gli animi,
perché tu sei padre di Léthe e
fratello di Thanatos. Vieni, o
beato, ti supplico di venire,
dolce e profondo, e di esserepropizio a quelli che ti offrono
pii sacrifici. Tu sei più utile
ai mortali dell'aria che respirano
e del miele che mangiano.
Esiodo
Soltanto la nostra civiltà e la nostra cultura
disprezzano tanto il sonno. Gli antichi ne avevano quasi tutti,
qualunque fossero i luoghi e le epoche, un altissimo concetto. I
Romani, i Greci, gli Egiziani, etc', ebbero, per esso, un sacro
rispetto turbati dai suoi misteri e per attirarsene i favori lo
deificarono. Per gli Egiziani era Set, il Dio delle Tenebre,
vincitore ogni sera di Osiris, che impersonificava il tramonto delsole, ma Horus, figlio di Osiris e d'Isis, vendicava il padre
sconfiggendo Set ogni mattina all'alba.
Il sonno aveva dunque, per essi, un significato
religioso, come lo ha attualmente per molti altri popoli, in
India, in Birmania, nelle Molucche, etc'.
I Romani ne avevano un'idea più serena e il poeta Ovidio dice:
Sonno, riposo delle cose, oh dolce divinità!& Pace dell'anima che
scaccia le preoccupazioni,& accarezza e ristora gli stanchi corpi.
Per essi, come per molti uomini dei nostri giorni, era il mezzo
per comunicare con gli Dei e le anime (dei morti prima di loro);
nel sonno, l'anima andava a trovarli per raccogliere i messaggi che
essi desideravano comunicare agli esseri viventi addormentati. Ilsonno rappresentava, nello stesso tempo, una prova dell'esistenza
degli Dei, dell'anima e della sopravvivenza dei morti.
In seguito, questa concezione mistica è stata tramandata
attraverso decine di secoli da filosofi e maghi che cercavano di
interpretare i messaggi segreti ricevuti e trasmessi nel sonno, che
era considerato un punto di incontro tra la terra e l'Aldilà.
La grande rinconciliazione
con il sonno
Il sonno, alimento supremo nel&
festino della vita.
Shakespeare
Presso quasi tutte le trib- primitive, ancor oggisopravvissute, il sonno ha sempre rivestito un carattere rituale,
essendo considerato come un momento privilegiato durante il quale
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l'anima, il soffio vitale, o, più semplicemente, la mente del
dormiente, abbandona il corpo per attingere un'altra dimensione, un
altro mondo popolato dagli antenati, dalle divinità, dalle
anime del clan.
Fra queste trib- si citano gli Yakuti della Siberia, gli indiani
Ojibwan, i Masai, i Dobuans, i Trobriandais e altre popolazioni
d'Africa, America e Asia.
Per altri, specialmente africani, il sonno riveste un carattere
così prezioso, di necessità vitale e prioritaria da considerare
lecito e naturale di poter dormire dovunque e quando si vuole.
Ma se tante civiltà antiche e contemporanee hanno adorato il
sonno e continuano ad adorarlo, forse anche noi occidentali
dovremmo cominciare a prenderlo in seria considerazione;
ne trarremmo un grande piacere e un enorme profitto, inteso
in tutti i sensi possibili, da quello più concreto, materiale,
fisico, a quello più sottile, astratto e spirituale. Non si
tratta più di prosternarsi davanti a lui, coprirlo di fiori e
d'incenso, portarlo al settimo cielo, conferirgli poteri divini,si tratta semplicemente, giudicandolo freddamente e
pragmaticamente, di riscoprirne il senso e la funzione più
autentici.
Se gli Antichi lo avevano deificato per noi si tratta di imparare
ad amarlo di più, piuttosto che di temerlo, di conoscerlo,
ed apprezzarlo meglio, per analizzare più a fondo il suo valore
insostituibile e le ricchezze nascoste che può procurarci. Ma
occorre sapere guardarlo. La prima cosa di cui ci occuperemo sarà
la sua riabilitazione, la revisione di quella specie di processo
in seguito al quale lo abbiamo condannato senza nemmeno
ascoltarlo, senza che nessuno ne prendesse realmente le
difese, senza avvocato e con molti accusatori, direttori,testimoni a carico, dopo un'imputazione sommaria, senza ragioni
reali, senza la costituzione di una istruttoria, senza prove
stabilite formalmente.
Questa è la nostra impresa: la revisione ragionata di questo
processo e di questa condanna, la riapertura del dossier, la
presentazione di una nuova linea di difesa. Ci preoccuperemo anche
di restituirgli le sue nobili credenziali, perché venga nuovamente
onorato come conviene, come merita.
E occorre, prima di tutto, se intendiamo veramente (r)girare
pagina», iniziando la nostra evoluzione del sonno, soprattutto,
non essere influenzati dai nostri vecchi umori, al contrario essere
mossi da un autentico serio interesse. Bisogna ora che scopriamoil suo vero volto, simpatico, accogliente e sorridente, perché
riteniamo opportuno illustrarne l'aspetto attraente prima di
mostrarne l'alto interesse.
E se è vero che il sonno ha, come Giano e come tutti noi, due
facce, pensiamo che si debba tentare di disegnarne una: quella celata
quasi a tutti, quella che è forse la sola autentica (la faccia
(r)abituale» potrebbe essere, dopo tutto, immaginaria, frutto della
nostra ignoranza). Per usare un linguaggio alla moda, dobbiamo
ridare al sonno il suo (r)marchio di qualità».
Ed è necessario, in primo luogo, amarlo prima di
diventarne schiavi, dobbiamo re-imparare ad amarlo se vogliamo,
ogni notte, (r)fare l'amore» con lui. Il sonno è stato spoetizzato, percui, ora, occorre riscoprire il suo lato piacevole,
straordinario come può esserlo un viaggio fantastico, con i suoi
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imprevisti, certamente, ma in regioni magnifiche, un'esplorazione
(perché con esso si possono fare, ogni notte, le più incredibili
scoperte) in un regno sconosciuto, in un paese strano ma non
straniero; e non un viaggio (r)agli Inferi» come alcuni credono
ancora, ma al paese degli Dei e dei Beati.
Dopo tutto, si può considerare come una crociera offertaci
dalla natura ogni giorno completamente gratuita e tuttavia di
grande interesse. Il sonno (r)non costa nulla» e ci offre, come
detto, un viaggio in un'altra dimensione (certamente in un'altra
(r)nostra» dimensione), in un altro universo. E anche se avesse solo
questo aspetto piacevole, anche se non fosse altro che la nostra
porzione di (r)festività» quotidiana, dobbiamo riconoscere che si
tratta di ben altro che di una semplice assenza di vita.
Il sonno è poi ancora più attraente e desiderabile,
soprattutto se vi si aggiunge un pizzico di arcano che lo rende
pieno di sorprese e ancora più accattivante. C'è anche l'aspetto
mitico e mistico che gli riconoscevano gli Antichi; d'altronde non
bisogna dimenticare che la notte siamo più vicini a Dio, in sincroniacon l'insieme della Creazione, con la totalità del Cosmo; è per
questa ragione che gli ordini monastici officiano e meditano di
notte.
Ogni sera invasi da un riflusso di marea che ci sommerge e ci
trascina al largo, lontano, nell'oceano della notte. Certamente
non navighiamo sempre su onde calme, in un mare d'olio; vi
sono talvolta correnti e mareggiate che ci trascinano; talvolta si
leva anche il vento e la tempesta e rischiamo d'incontrare
scogli e frangenti, può capitare di sentirsi perduti, alla
deriva, come un bambino abbandonato. Ma il mattino successivo, se
abbiamo imparato a svegliarci, riusciamo ad approdare a spiagge
molto piacevoli.E a questa traversata compiuta solitariamente,
segretamente, al riparo dagli altri e dai loro sguardi
indiscreti, bisogna restituire non soltanto il suo carattere
benefico, ma anche la sua bellezza e il prestigio. Dormire è un
piacere ed insieme un godimento; addormentarci è dolce come lo è
una crema al cioccolato per i bambini, uno stato d'ebrezza per
gli adulti, è addirittura voluttuoso, dice J' Bouton. Se si pone
mente a tutto questo, le nostre notti possono essere deliziose,
calde e stellate come quelle andaluse.
Nel sonno dobbiamo ritrovare anche quello (r)stato di grazia»
proprio dell'infanzia dimenticata, con i suoi lati giocosi,
divertenti, ricreativi e distensivi, quel bagno di giovinezzache rappresenta un compenso necessario alla nostra vita spesso
troppo seria e colma di preoccupazioni. La tradizione definisce
questo secondo universo il rifugio dei demoni, ma è piuttosto
quello degli angeli, dei folletti, il regno della fantasia,
della risata, dell'umorismo ed anche del sorriso, che non
quello dell'angoscia e della paura ingiustificata. E' il rifugio
della nostra infanzia ritrovata, perché, come afferma Nietzsche,
in ogni uomo si nasconde un bambino che vuole giocare e nella nostra
civiltà, forse troppo razionale, deve aspettare la notte per
farlo. Anche prima di addormentarci ogni sera è una (r)nascita
all'universo». Il sonno può essere anche, dice Freud, come una
rinascita all'universo, quasi (questa espressione è nostra, non diFreud) perché può ricondurci alle nostre vite precedenti e a
riviverle momentaneamente.
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C'è anche il lato avveniristico del sonno se lo
consideriamo come un viaggio nel futuro, come anticipazione del
futuro (e forse, perché no, nel proprio futuro, quello della vita
attuale e forse delle vite successive); e questa funzione
promotrice indubbiamente è da tenersi in considerazione.
Anche se il sonno non è, come troppi ritengono, che un semplice
bagno nel fiume dell'oblio (il Lete delle antiche leggende),
molto spesso, fortunatamente, è anche un tuffo in quello dei
nostri ricordi ed è capace così di procurarci ancora grandi piaceri.
E anche se dormire è soltanto fantasticare, è pur bene fare
qualcosa senza scopo utilitario, senza nessun altro motivo che il
desiderio di distrarsi, di cambiare, di muoversi su quella comoda
nave che è il nostro letto.
Per riabilitare pienamente il sonno facciamo appello ad alcune
citazioni importanti.
Una di Goethe: (r)Dolce sonno, tu giungi come felicità pura,
spontaneamente, senza essere né pregato né implorato. Tu sciogli i
pensieri più amari, confondi le immagini di gioia e di dolore, ilcerchio delle armonie interiori si spande liberamente e, invasi da
una piacevole follia, raggiungiamo le profondità».
Un'altra, di Cervantes: (r)Il sonno, come un mantello, copre
l'uomo completamente, il suo corpo e i suoi pensieri. E'
nutrimento per chi ha fame, bevanda per chi ha sete, calore per chi
ha freddo, frescura per chi ha caldo; è la moneta per
acquistare a buon mercato tutte le gioie del mondo, la bilancia che
pesa imparzialmente la merce del re o del pastore, del saggio o
dell'idiota».
Sì, occorre far rinascere l'appetito e la sete per il sonno.
(r)Mi addormentai, ed al mio risveglio scoprii che le mie
preoccupazioni avevano perduto molto della loro violenza» diceancora Sant'Agostino, e Shake-
speare: (r)Sonno che dipani le matasse di preoccupazioni, bagno
vivificante del lavoratore stremato, balsamo per gli animi feriti,
secondo cammino della vita».
Il sonno è accogliente e disponibile nei confronti di tutti e
senza far distinzioni, qualunque siano i meriti o i demeriti di
ognuno. No, il sonno non è il vuoto, il nulla, né il caos,
disordine, dominio dell'aleatorio, come molti credono. E' una
festa, si esibisce tutte le notti in un balletto
meravigliosamente, meticolosamente sincronizzato, animato da
esecutori che conoscono perfettamente il loro ruolo, per averlo
ripetuto ed eseguito più volte: queste sono le nostre Identitàsconosciute che sorgono mentre noi dormiamo per disegnare la
notte.
Ecco qualche altra citazione tratta dalla rivista Vital. Sono
massime
anonime, ma ci aiuteranno a riabilitare meglio il sonno:
(r)E' un folle piacere addormentarsi in due; in coppia, è una
partenza per un viaggio magico diviso in due; è una scoperta
dell'altro sempre rinnovantesi».
(r)La notte i sentimenti diventano più reali che durante il
giorno, a letto l'amore cessa di essere un'idea,
una parola: diventa percettibile, come uno sconfinato dolce
calore».(r)Chi dorme è sempre in uno stato di tenerezza; c'è nel sonno
un abbandono che commuove. Persone quasi antipatiche durante
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il giorno, diventano attraenti e simpatiche quando dormono».
Bisogna che ci mettiamo in testa che il sonno è un dono, un
banchetto servito al festino della vita, un qualcosa che si gusta
e si degusta. E' necessario diventare (r)gastronomi del sonno»
(non si dice, forse, che il sonno ristora al pari del cibo?). E'
il regalo più prezioso della natura: dormire bene rappresenta
uno dei servizi più importanti, per riuscire nella vita. Il sonno
è uno dei cinque fattori principali della salute che proprio dal
riposo trae i maggiori benefici. Dormire è una delle tre funzioni
vitali (le altre due sono la assimilazione e l'eliminazione). E
per meglio chiarire l'immagine nuova che cominciamo ad avere del
sonno, dobbiamo sapere che, al di là della salute, egli è anche:
- sorgente di bellezza: una buona notte di sonno per il vostro
colorito e le vostre rughe vale più di tutti i prodotti di bellezza
del mondo;
- sorgente di giovinezza perché rallenta l'usura e quindi
l'invecchiamento;
- sorgente di longevità, senza di lui moriremmoprematuramente;
- sorgente, infine, d'equilibrio, di gioia di vivere.
Si deve riconoscere che il sonno è veramente una delle più
grandi forze e uno dei più grandi piaceri della vita.
Inoltre, rappresenta l'intera libertà ritrovata ogni notte,
perché possiamo farci beffe tanto della logica quanto della
morale (anche se, pur mancando ogni legge, non veniamo per questo a
trovarci in piena giungla); si infrangono tutti i tab-, i divieti,
ogni censura personale e collettiva viene abolita, i condizionamenti
vengono cancellati e i complessi scompaiono. (r)Accade quella cosa
straordinaria che solo l'esperienza del letto mi può dare:
l'incontro tra il mondo del conscio e quello dell'inconscio.Dove ricavo straordinarie energie. Non è strano pensare che è nella
posizione di abbandono del corpo che si trae la forza più grande
che ci permette d'affrontare la vita? Ma la nostra civiltà tecnica
non comprende il sonno; lo considera sprecato, pigrizia,
decadenza. E' sufficiente invece perderlo per capire quanto sia
importante il suo ruolo nella felicità della vita»; così si legge in
Vital.
Dormire non è soltanto un bisogno, è anche una gioia; non è un
ingrato lavoro, è un piacere, non è una punizione, ma una
ricompensa. Il sonno è tutte queste cose e molte altre che
scopriremo insieme, passo a passo, in questo continente così
vasto (forse senza limiti), così fruttuoso (senza dubbio almenotanto e forse anche di più di quello geografico), così
appassionante da esplorare e poi da sfruttare, per accedere alla
matrice di potenza che dorme in noi, alle profondità dei misteri
della vita, del mondo e dell'Aldilà.
La vita non è una battaglia, solo l'Occidente lo afferma e a
torto. L'Oriente ci insegna che la vita è e deve essere armonia
e questo concetto esistenziale è importante per una corretta
valutazione del sonno; ma è ancora più importante adottare una
concezione armonica del sonno stesso, perché, perdendo il gusto
del dormire, si finisce per perdere quello del vivere. Voltaire
diceva che il cielo ci aveva dato due cose per controbilanciare le
tante pene della vita: la speranza e il sonno. Ebbene, il sonnostesso è l'apportatore della speranza.
La scienza occidentale dice:
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il sonno non è uno stato passivo
Il sonno, forma attiva della per
-sonalità, che condiziona il rendi
-mento fisico e psichico dello sta
-to di veglia.
A' Missonard
Il sonno non deve essere conside-
rato come semplice passività, ma
come un impegno attivo dell'orga-
nismo.
G' Fisher
Se vogliamo avere un'immagine nuova del sonno occorre ridargli
la vita e, a questo scopo, cancellare dalla nostra mente l'idea un
po' fredda, compassata e statica che ne avevamo fino ad ora; perché
volendo procedere sulla via della scoperta del carattere umano e
del suo stato inconscio, è indispensabile che, sin dall'inizio,scompaia il vecchio, trito concetto della condizione passiva
del sonno, inteso come cessazione, assenza, negazione; ormai è
soltanto una definizione completamente superata quella
dell'inglese Carter che definisce il sonno (r)una sospensione
provvisoria dello stato di veglia».
Il sonno non è uno stato durante il quale ogni funzione rallenta
o addirittura s'arresta, altrimenti esso non
avrebbe altro ufficio che quello di procurare un semplice riposo
con la cessazione d'ogni attività.
Questo concetto limitativo può derivare solo da un esame
superficiale e da una grossolana analisi basati su semplici
apparenze. Ma non dobbiamo lasciarci trarre in inganno dal fatto cheil dormiente viene a trovarsi tagliato fuori dal mondo esterno
(restandovi legato solo per mezzo dell'udito), silenzioso quasi
immobile, spesse volte inerte e inanime in alcune fasi.
Tutto questo è ingannevole e noi dobbiamo cercare insieme
di conoscere la verità. Se è vero che la comunicazione con
l'esterno è in gran parte interrotta, sospesa (però non per tutto il
periodo del sonno e mai tanto quanto si possa pensare), è per
creare le condizioni ideali per dare inizio ad
una altra attività, (r)la fine di qualcosa è sempre l'inizio di
una altra» dice un proverbio cinese, è per consentire l'inizio di
un'altra manifestazione vitale, il manifestarsi di eventi di altra
natura, è per lasciare il campo libero ad un'altra vita, piùintensa, appassionante, ad una attività complicata e sofisticata,
discreta e segreta e per questo ignorata.
Non è più possibile ormai, con il progresso della scienza
e con le conoscenze acquisite (benché la maggior parte delle
attività del sonno restino ancora sconosciute) considerare il sonno
come un mare di silenzio turbato talvolta da sogni o da bruschi
risvegli. Non è più possibile intenderlo come un vuoto universo,
come il nulla o come la dimensione dell'assenza, una sorta di isola
deserta o meglio un deserto o, ancor peggio, una specie di
enorme (r)buco» spalancato, senza fondo, né come l'infinito
regno della monotonia e della noia, dove non succede niente, dove
non esiste nulla e nessuno.Oggi, questa teoria è stata abbandonata da tutti, da tempo è
stata sostituita da un'altra più rigorosamente scientifica.
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I ricercatori come il prof' Passouant sanno, in effetti, che il
sonno non è uno stato di completo annichilimento, non è una porzione
di tempo isolata, distinta dalla veglia, al contrario, tutto lo
ricollega: il suo ritmo, la sua fisiologia, la sua chimica.
Secondo E' Schüller: (r)non è una semplice interruzione del
corso della vita», (r)non è un difetto delle facoltà coscienti»;
anzi è un'attività e non una negazione. Infine, (r)una
concezione del sonno come stato di completa passività è
semplicemente insostenibile».
più si riflette, in effetti, sul senso biologico del sonno e
della sua funzione, più ci convinciamo che non può essere intesa in
senso passivo, ma che è, in tutti i suoi caratteri, una funzione
attiva, che non ha nulla di negativo, scrive ancora J' Lhermitte.
Ma allora, se il sonno è attivo, se cioè implica un
movimento, un cambiamento, una trasformazione, in che consiste
questa attività? Ora sappiamo che è, pure latente, molto intensa e,
seppur variabile, senza un attimo di sosta. Tutte le
osservazioni e le verifiche effettuate lo mostrano e lodimostrano.
(r)Le registrazioni con micro-elettrodi a contatto di un neurone
(cellula cerebrale) hanno mostrato che le scariche elettriche
delle cellule nervose erano quantitativamente importanti tanto nel
sonno che nella veglia» (Passouant). D'altra parte durante il
cosiddetto sonno paradossale (di cui parleremo in seguito) il
cervello non solo è sveglio, ma anche particolarmente attivo e
attento. La resistenza locale alla corrente elettrica, il
potenziale diretto del tessuto corticale, il flusso di sangue
attraverso la corteccia, sono vicini ai valori che assumono
durante lo stato cosciente (à) si osserva che la temperatura del
cervello resta quasi costante durante gran parte del sonno (à).Il calore cerebrale che esprime, apparentemente, un tasso elevato di
metabolismo, essenziale per la vivacità dello spirito e per
l'intelligenza, si avvicina a quello dell'individuo sveglio nei
momenti di attività e attenzione massimali (à), in realtà, le
frequenze di carica superano talvolta quelle dello stato di veglia
in condizioni psico-fisiche normali, e si avvicinano a quelle dei
momenti di crisi o di rabbia.
Si potrebbe affermare che, mentre dormiamo, diventiamo più
(r)intelligenti». Si può anche dire (anche se questo è dovuto al
fatto che sono meglio sincronizzate) che le onde delta del sonno
più profondo, per esempio, se sono circa venticinque volte più lente
di quelle dello stato di veglia, sono venticinque volte più potenti(il loro voltaggio è, infatti, venticinque volte più forte).
Possiamo dunque affermare con sicurezza che il sonno non è né una
disattivazione né una attivazione del cervello, ma che è uno stadio
di riorganizzazione funzionale cerebrale, un regolatore del
sistema nervoso, oltre a possedere un'attività propria originale,
come vedremo più avanti.
In ogni caso: (r)Nel sonno, il cervello non è mai in stato di
inerzia, come pretendono certi seguaci grossolani delle teorie
materialistiche» (Cabanis).
Possiamo ora affermare che l'attività cerebrale è, mentre
dormiamo, altrettanto ricca di quella che avviene allo stato
cosciente e che, soprattutto, interessa altre zone del cervello.E J'M' Robert dice: (r)Nel sonno a onde lente la corteccia
funziona poco, ma è l'ipotalamo ad essere attivo».
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Ciò è molto interessante e ci permetterà di capire perché un
certo numero di facoltà superiori, abitualmente assenti durante la
veglia, si attivino mentre dormiamo. In questo modo, il sonno può
dunque essere considerato come una delle più importanti
attività della vita interiore, e non più come
un'interruzione, una fuga da questa.
(r)Quella che è stata ritenuta per lungo tempo la parte non
cosciente, passiva della vita, svolge, in realtà, un'intensa
attività psicologica» (Ch' Gelmann).
(r)Le cellule del cervello lavorano ad un ritmo
allucinante: ventiquattro ore al giorno. E' per questo che hanno
bisogno di molto ossigeno e glucosio; la mancanza dell'uno e
dell'altro, anche per pochi minuti, provoca la morte. Ciò può
sembrare strano perché crediamo che dormendo il cervello si
riposi, mentre in effetti lavora»
(A'E' Nourse).
Si potrebbe pensare che, per esprimere la sua massima attività,
approfitti del fatto che il corpo, mentre dormiamo, è relativamenteimmobile. Ma, anche sul piano fisico, se in rapporto allo
stato di veglia si manifestano, nel sonno, movimenti e gesti
in misura molto inferiore e se un certo numero di funzioni risulta
rallentato (respirazione, circolazione, metabolismo, etc') non
dobbiamo, per questo, generalizzare e dimenticare che alcune di
queste funzioni continuano normalmente ad assicurare il proprio
servizio; come, per esempio, la digestione, e che altre sono
più attive durante il sonno che durante l'attività quotidiana; è
questo il caso, per esempio, del funzionamento del sistema
parasimpatico, di quello del sistema endocrino, della
sudorazione, della eliminazione dei sali minerari, etc'. La
barba ed i capelli, per esempio, mentre dormiamo, crescono piùrapidamente.
Vedremo come anche sul piano psicologico si compia, nello
stato cosiddetto impropriamente di incoscienza, un formidabile
lavoro sotterraneo, grazie al quale certi meccanismi funzionano ad
un elevato numero di giri, per permettere il rinnovo di altri.
Forse,
ora possiamo raffigurarci sua Maestà il Sonno diversamente da una
statua di marmo senza calore e senza vita, come quella del
Commendatore del Don Giovanni: la figura s'è animata ed è divenuta
più umana e interessante.
Lo psicologo inglese Myers ha scritto che (r)il sonno non è una
faseinattiva, ma è dotato di facoltà proprie». E' giunto il momento,
ora, di
esaminare insieme quali siano queste (r)facoltà proprie».
Il sonno serve, prima di tutto,
a rigenerarci Abbiamo detto che il sonno non è, o non
soltanto, la cessazione di qualcosa, è l'inizio di
un'altra cosa. Dimostrazione che non corrisponde a un periodo
durante il quale (r)non succede nulla», ma in cui, al contrario,
si manifesta un'importante attività fisica, fisiologica e psichica.
A questo punto, si pongono alcuni interrogativi: a cosa serve,
dunque, tutta questa attività, qual è il suo scopo, quali ne sono gli
effetti, l'influsso, le conseguenze sulla nostra vita cosciente?Tutto questo lavoro, questi cambiamenti, queste fluttuazioni,
queste modificazioni somatiche e psichiche non possono certo
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essere (r)gratuiti». Qual è l'utilità di tutto questo? Perché
tutti questi meccanismi così completi, questi processi così
ingegnosi, così meravigliosamente congegnati e organizzati?
Vedremo, in maniera pratica, che la macchina umana è una macchina
eccezionale o, secondo le parole di Cristo, (r)la meraviglia
delle meraviglie». Infatti possiede, come tutte le macchine
viventi e contrariamente a tutte le altre macchine, la capacità
unica di ripararsi da sé, e la sua officina di riparazioni è
il sonno. Si potrebbe anche dire che il sonno è una specie di
clinica dotata di una infinità di servizi e di specialisti.
Si potrebbe anche, con un'immagine forse un po' più comune e
semplicistica, ma molto significativa, raffigurarlo in una delle
sue numerose funzioni, come una (r)Stazione di servizio», attiva solo
durante le ore notturne, che avesse l'incarico di accudire il
nostro (r)veicolo», non effettuando le grosse riparazioni, ma la
normale manutenzione.
Durante il giorno, questa (r)stazione» resterebbe aperta solo per
rifornirsi di carburante all'ora dei pasti. La notte vi si lavora atutto spiano, perché al mattino si possano recuperare le forze e la
coordinazione psico-fisica; perché i nostri corpi affaticati dal
lavoro, avvelenati dalle tossine accumulate durante il giorno,
con il sistema nervoso a pezzi, ricuperino il loro perfetto
funzionamento al fine di restituire, al risveglio, un corpo ed un
intelletto non nuovi ma rinnovati, pronti ad affrontare altre
fatiche.
Durante la veglia si manifestano usura e consumo; il sonno è
pronto a ristabilire l'equilibrio del nostro (r)conto in banca»;
altrimenti diverremo sempre più deficitari di energie fino ad
essere debilitati, e la vita stessa non sarebbe più possibile. Non
dormiamo soltanto per dormire, perché è una cosa piacevole,dormiamo anche per rigenerarci; il sonno è una delle forme
dell'istinto di conservazione come lo sono il nutrimento
(conservazione individuale) e la riproduzione (conservazione della
specie).
Durante il sonno, avviene un gran lavoro di
ricostituzione, si potrebbe dire di ricostruzione, del nostro
organismo. Ma occorre capire che tutta questa opera di
rinnovamento è possibile non solo grazie ad un semplice gioco di
rallentamento di un certo numero delle nostre funzioni e
all'immobilità relativa del corpo e delle facoltà mentali, a una
generale diminuzione del consumo energetico (il metabolismo,
durante il sonno, è diminuito) che permetterebbero, con questostato di passività, di compensare la perdita d'energia del
periodo della veglia. E' vero che questo rilassamento permette di
saldare i debiti contratti durante la giornata. Ma non bisogna
dimenticare che c'è anche nel sonno lento, un enorme lavoro
attivo, positivo, essenzialmente costruttivo.
Si è scoperto, per esempio, molto recentemente che durante
il sonno lento, e soprattutto durante il sonno profondo o
profondissimo, viene elaborato un ormone necessario per ottenere e
mantenere un corpo sano: un ormone somatropo o ormone di
crescita, che ha l'ufficio di attivare il processo di sintesi
proteica. Essenziale per lo sviluppo del bambino, è ugualmente
indispensabile per l'adulto.Le proteine sono grosse molecole costituite da acidi amminici
attaccati gli uni agli altri come le perle di una collana. E'
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la costituzione delle proteine, a cominciare da questi acidi, a
consentire la formazione dell'ormone. Queste proteine servono
alla costruzione delle cellule e sono presenti in tutti i tessuti
del corpo. Parecchie decine di miliardi di cellule muoiono ogni
giorno, tenendo conto che ne possediamo circa centomila miliardi
e che il nostro corpo si rinnova interamente (ad eccezione di
alcune cellule nervose) ogni sette anni. L'ormone somatropo
stimola la produzione di nuove cellule per rimpiazzare quelle morte,
rinforza l'ossatura, tonifica i muscoli e ricostruisce i
tessuti. Precisiamo tuttavia che la rigenerazione delle
cellule avviene ventiquattr'ore su ventiquattro ma che (r)la
punta della secrezione di certi ormoni ipofisari coincide con
i periodi di sonno profondo e profondissimo. E' questo il
caso dell'ormone somatropo della prolattina e di altri ormoni al
momento della pubertà» (Adams e Os-
wald).
Avviene dunque, mentre ci troviamo in queste due fasi, un
processo molto importante per il mantenimento dell'equilibrioorganico nell'adulto e per la crescita nei bambini. L'ormone
citato è infatti indispensabile per lo sviluppo dell'organismo e, in
particolare, dello scheletro. E' evidente quanto l'azione
rigeneratrice del sonno sia importante per il bambino.
Ma questo ormone detto della crescita, secreto
dall'ipofisi, non serve solo ai bambini ma a tutti, regola
l'attività degli ormoni sessuali, accelera la riparazione delle
fratture ossee, fa diminuire il tasso di colesterolo nel sangue.
Bisogna parlare anche di altri ormoni, ugualmente
importanti, fabbricati dalle glandole surrenali e chiamati ormoni
corticosteroidi. Questi non si accumulano nel sangue in maniera
costante e in quantità progressivamente crescente fino almattino, la loro crescita è caratterizzata da brusche pulsioni
coincidenti col manifestarsi delle fasi del sonno paradossale.
Questi ormoni sono uno dei fattori determinanti della nostra
vitalità, della nostra resistenza alla fatica e alle infezioni;
regolatori del metabolismo e delle riserve della nostra energia,
agiscono ugualmente sulla trasmissione degli impulsi nervosi ed
esercitano, fra le altre, anche un'azione sull'acutezza dei
nostri sensi. In breve, si può affermare che, durante il sonno,
avviene una circolazione intensa di numerosi ormoni la cui
funzione fondamentale è quella di rimettere il corpo in grado di
funzionare.
Oltre all'attività interna degli ormoni, durante il sonnoviene anche rigenerato l'insieme delle glandole. (r)Durante lo stato
di veglia, le glandole endocrine si affaticano e si spossano.
Occorre che esse facciano nuove provviste ormonali. Il sonno glielo
consente», precisa il dr' Gautier.
La cicatrizzazione delle piaghe avviene durante il sonno profondo
e profondissimo, l'azione assimilatrice dei minerali nel corpo
avviene esclusivamente durante il sonno. Così il difetto di
mineralizzazione che provoca, fra l'altro, la caratteristica
freddolosità tipica di quelli che non dormono bene.
Tutto questo ci dà soltanto una pallida idea del
fantastico lavoro fisico sotterraneo che si compie ogni notte
dentro di noi. Lo si può paragonare al lavoro che avviene sottoterra, nell'humus durante l'inverno (in un trascurabile metro
quadrato si affacendano incessantemente milioni di esseri
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microscopici) e che prepara il risorgere della vita vegetale
primaverile, come il sonno, silenziosamente, prepara la nostra
quotidiana rinascita.
Durante il sonno (e quasi esclusivamente, sembra, durante
la fase che come vedremo è detta (r)paradossale») si svolge un assiduo
lavoro per la riattivazione del nostro cervello e della nostra
personalità psichica. Per sapere quali sono le attitudini
psicologiche che vengono come (r)messe in disparte per la
riparazione», Hartmann esamina quelle che, durante il sonno, sono
assenti - almeno parzialmente (perché qualcuna di esse non viene a
mancare del tutto) - e dunque messe a riposo quando sognano.
Per esempio: le facoltà razionali sono meno (r)logiche», meno tese
o meno concentrate, la disposizione percettiva risulta molto
alterata o meno controllata; il tempo e lo spazio sono
organizzati meno bene; i contorni dello spazio visuale sono
imprecisi e siamo solo a metà coscienti del tempo. Anche la
capacità di giudizio resta attenuata dal momento che nel sogno si
accettano eventi bizzarri e insoliti senza provare nessunasorpresa.
E' stato dimostrato che, nel bambino, le fasi del sonno
paradossale sono particolarmente importanti per la maturazione del
cervello, v'è una relazione significativa fra la durata del sonno e
le capacità d'adattamento scolastico.
Il dr' J'M' Robert ha bene riassunto così il ruolo del sonno
paradossale: (r)Esplica una proficua azione di restauro per le
funzioni del cervello; si tratta di un processo di
autoverifica e forse di autoriparazione dei circuiti corticali e
sottocorticali indispensabile alla loro integrità funzionale
messa a dura prova quotidianamente da emozioni di ogni sorta, dal
rumore, dall'eccesso di lavoro, talvolta anche dai tossici (fraquesto, la palma va all'alcool)». Secondo E' Hart
-mann il sonno a onde lente ha l'incarico di cancellare la fatica
fisica, mentre il cosiddetto sonno paradossale elimina la
fatica psichica, quella che sopravviene dopo una giornata
di attività intellettuale ed emotiva, questa spesso accompagnata
da tensione ed anche da rigidità muscolare.
Se consideriamo che il sonno profondo e quello
profondissimo hanno corso soprattutto nella prima parte della
notte e il sonno paradossale nella seconda, possiamo affermare che
il ricupero fisico ha luogo in questa prima parte e quello
psichico nella seconda (tenendo però ben presente che, nella
realtà, una divisione così netta non è possibile).(r)Dormire, quando si è fanciulli, è maturare, è
svilupparsi quando si è adolescenti, è ricuperare l'equilibrio
energetico quando si è adulti, è rimediare alle deficienze
dell'età quando si è vecchi», ha scritto J' Bouten.
Il sistema simpatico è la batteria dell'organismo e insieme
il catalizzatore. La notte, per mezzo del sonno, il simpatico
si ricarica ricostituendo dunque il potenziale energetico e
nello stesso tempo rafforzando le facoltà mentali.
La sera, dopo il tramonto del sole, entriamo nel periodo che i
cinesi chiamano yin che succede a quello denominato yang della
giornata, cioè al periodo attivo.
Le altre funzioni del sonno Il sonno ci solleva periodicamentedalla forza di gravità e questo non è il più trascurabile dei suoi
benefici. In effetti la gravità è una forza implacabile, il primo
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dei nostri nemici e questo soprattutto per due motivi: questa
forza ci lega, ci incolla al suolo e ci attira verso il centro
della terra in attesa di farcivi entrare definitivamente.
L'essere umano, assumendo la stazione eretta qualche milione
di anni fa (e di questo non dobbiamo dispiacerci, perché ha
rappresentato il primo passo di transizione dall'ominide
all'uomo), ha sfidato la forza di gravità adottando un'attitudine
innaturale, che ancora ci impone sforzi per il suo mantenimento.
La stazione eretta è penosa, e per una gran parte del nostro
corpo, per la stessa ragione, anche quella seduta. Queste due
situazioni, per esempio, ostacolano la circolazione del sangue:
la parte del corpo che si trova al di sotto della pompa è troppo
irrorata perché il sangue ha difficoltà a risalire a causa della
gravità e, all'incontrario, si ha irrorazione insufficiente nella
parte che è al di sopra e in particolare nel cervello.
Alla stessa maniera, la gravità comprime la nostra colonna
vertebrale (questo edificio di piastrine cave formanti una lunga
pila: le vertebre) e questo provoca lo schiacciamento dei tessutiche vi sono intercalati.
Dormire significa mettersi periodicamente in posizione
orizzontale e questo apporta uno stato di (r)leggerezza». In questo
modo, tutte le parti del corpo sono irrorate equilibratamente; le
gambe lo sono meno e ciò dà loro ristoro, il cervello lo è di più e
ciò gli è di grande vantaggio.
Aggiungiamo che di notte, con la colonna vertebrale in posizione
orizzontale, l'acqua riaffluisce nei tessuti gelatinosi e ridà
elasticità a tutto l'asse vertebrale.
L'azione antigravità del sonno è come un ritorno a uno stato,
come quello onirico, di euforica leggerezza ed è molto importante.
In conclusione possiamo affermare che tutto, nella vita, siriduce ad una lotta contro l'azione del tempo espressa per mezzo
della gravità.
Molti hanno una nozione (r)orizzontale» dello scorrere del tempo.
Costeau ha detto: (r)la vita è una caduta orizzontale». In realtà noi
abbiamo un concetto piuttosto (r)verticale» del fluire del tempo, che
ha la tendenza ad attrarci verso il basso;
- sul piano fisico, la lotta contro l'invecchiamento è
soprattutto contro l'appesantimento del volto o del corpo;
- sul piano spirituale diventiamo, man mano che passano gli anni,
sempre più materialisti e le nostre preoccupazioni in gran parte
discendono dal cervello verso le parti più basse del corpo;
- poi, alla fine scendiamo nella tomba alla stessa manieradelle antiche città che restano sepolte da strati di terreno
successivi a seconda della loro antichità come avviene per i
sedimenti geologici.
In qualche maniera il sonno, sospendendo la gravità, frena
anche il corso del tempo e la sua azione.
Un'altra delle meravigliose funzioni del sonno è data dal suo
ricupero periodico dello stato fetale. Dal momento in cui chiudiamo
gli occhi ed iniziamo ad inoltrarci nel regno della notte,
comincia un viaggio straordinario: risaliamo a ritroso il tempo
perché ripercorriamo a una a una, all'incontrario e
velocemente, tutte le tappe che abbiamo percorso sin dalla nostra
prima infanzia ed anche, in realtà, sin dalla nostra nascita. Viene a sparire progressivamente tutto ciò che
costituisce la nostra personalità, tutto ciò che l'ha formata nel
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corso degli anni, anno dopo anno (e le prime a sparire sono le
esperienze più recenti): l'attenzione, la logica, la volontà, il
senso di responsabilità etc', e anche la nozione del tempo che,
contrariamente a quanto possiamo comunemente pensare, non è
istintiva ma acquisita: i fanciulli, i popoli detti primitivi, gli
animali hanno una nozione del tempo completamente diversa dalla
nostra. Notiamo che si tratta di una scomparsa riguardante
soprattutto i concetti di relazione che veniamo a perdere
addormentandoci e per tutto il periodo del sonno: ciò permette di
esercitare liberamente altre funzioni importanti che, durante lo
stato di veglia, restano soffocate, come l'immaginazione, la
creatività etc'.
Il sonno riporta dunque transitoriamente il nostro stato psichico
a quello delle origini che è una condizione sine qua non del sonno
stesso. Freud ha scritto: (r)Quando ci svestiamo ogni sera,
riportiamo il nostro corpo ad uno stato primitivo; alla stessa
maniera dormendo spogliamo la nostra psiche, la spogliamo di tutte
le sue esperienze e torniamo non solo con la nudità del corpo, maanche con quella dell'anima alla condizione di un neonato». Un
ritorno che non implica affatto regressione né vuoto.
La cosa straordinaria poi è che il momento in cui prendiamo
sonno, ogni sera, è anche una nascita all'incontrario. La vita
fetale ci protegge dal mondo esterno. Subito dopo la nascita,
scrive Ferenezi, il primo sonno (r)altro non è che una riuscita
riproduzione dello stato nell'utero materno: tutti i sogni
successivi costituiscono il periodico intorno a questo stadio».
Nel sonno, e soprattutto in quello paradossale (peraltro è
praticamente dimostrato che il feto è costantemente, al cento per
cento della gestazione, in una situazione analoga a questa fase),
siamo realmente in condizioni psico-fisiche assomiglianti a quellein cui veniamo a trovarci nel ventre materno: calore delle
coperte, oscurità, silenzio quasi totale. Siamo come nel liquido
amniotico; spesso, riprendiamo istintivamente la posizione
fetale.
Composizione di un ciclo
di sonno
Durata d'ogni ciclo: da 100' a 130'. Nel corso di una notte si
succedono 4-5 cicli.
Ecco le 5 fasi per ogni ciclo: Fase 1, vegli passiva, durata 5';
Fase 2, sonno lento, durata 20'; Fase 3, sonno profondo, durata
10'; Fase 4, sonno profondissimo, durata 55'; Fase 5, sonno
paradossale, durata 10'-15'; Punto 0, risveglio semicosciente, durata1'-3'. In seguito comincia da capo un nuovo ciclo di sonno con le sue
5 fasi.
Valore del sogno Bisogna tener conto anche delle funzioni del
sonno paradossale mediante il sogno, perché è quasi esclusivamente
durante questo periodo che sognamo. Il sonno libera il cervello
da tutti i condizionamenti imposti dall'educazione, da tutte le
discipline, obblighi e tab- d'ogni specie; nel sogno siamo fuori non
solo dal tempo psicologico e liberi dalla gravità, ma anche
sciolti da tutte le convenzioni: non
esiste più, per esempio, la nozione artificiosa e relativa del
passato.
Scompaiono tutte le cappe di piombo che, durante il giorno,ci schiacciano, ci accusano, ci obbligano a reprimere i nostri
impulsi, imbrigliano alcune facoltà intellettuali,
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l'intuizione, l'irrazionalità, lo spirito di sintesi ecc'.
Il sonno paradossale, per mezzo del sogno, è il grande
disinibitore, perché, in questa fase, viene abolito ogni tipo di
censura, personale, sociale e religiosa; il sogno, secondo Freud,
rappresenta l'espressione dei nostri desideri.
Ascoltiamo il prof' Bourguignon: (r)Ciò che si desidera fare, ciò
che si desidera vivere, ma che non si ha la possibilità di
trasformare in realtà cosciente, viene vissuto
allucinatoriamente (l'allucinazione è una percezione senza
oggetto fisico). Il sogno, quindi, è l'espressione dei nostri
desideri più profondi, che spesso risalgono all'infanzia. Siamo
nella situazione ottimale durante la fase paradossale, perché non
vediamo, sentiamo e percepiamo nulla: ci troviamo completamente
tagliati fuori dall'esterno. Tutto il nostro mondo interiore,
come avviene nella pentola di una strega, risale, animandosi, a
livello conscio. Tale è la teoria freudiana che, all'epoca, pur
essendo posta in termini rigorosamente scientifici, apparve
rivoluzionaria».Tuttavia, il sogno non è soltanto l'espressione di un
desiderio, ma ne è anche la realizzazione.
Lo spettatore di un film, anche se è preso dall'azione che si
proietta davanti ai suoi occhi, non ne resta mai totalmente
coinvolto; chi sogna, sì. Nel sogno l'inverosimile non esiste; può
succedere di tutto. Per esempio, non ci sorprendiamo affatto se
voliamo in cielo o se parliamo con una persona ormai scomparsa da
tempo.
Il sogno è anche una valvola di sicurezza essenziale per il
nostro equilibrio mentale, perché rappresenta quel tanto di pazzia
che esiste in ognuno di noi. Per questo, Schopen-
hauer ha potuto affermare: (r)Il sogno è una breve follia e lafollia un lungo sogno». Si potrebbe anche osservare che, in una
certa maniera, una delle sue funzioni principali è quella di
evitare che facciamo pazzie durante il giorno, perché, grazie al
sogno, le facciamo di notte. Non dobbiamo credere che i sogni
migliori siano quelli (r)rosa»; al contrario, sono proprio quelli più
pazzi a risultare i più riposanti e ristoratori.
Il sogno, placando i nostri conflitti interiori, ci mette al
riparo dalle turbe psichiche gravi che avrebbero impedito di
addormentarci o che, una volta addormentati, avrebbero
turbato il nostro riposo. Del resto, è opportuno rimarcare che
è proprio alla fine di ogni ciclo di sonno, dopo il sogno, che
iniziamo una nuova fase: ogni porzione di sogno prepara epermette il ciclo successivo. Ci troviamo così ben lontani ed
anche in contraddizione con la credenza assai diffusa secondo la
quale il sogno altro non è che una specie d'incidente di percorso,
che è un (r)guastafeste».
Con la funzione liberatoria v'è anche quella
compensativa. (r)Sonno: è questa l'ora in cui le prigioni e i
collegi sono meno tristi», dice Certigny.
Per chi si trova in una situazione di isolamento, il
carcerato, per esempio, il sogno rappresenta l'evasione, la
libertà; grazie a lui, egli sopporta meglio le frustrazioni,
senza di lui soffrirebbe di una insopportabile claustrofobia.
D'altronde, nei carcerati, la durata del sonno paradossaleaumenta. In realtà la funzione compensativa riguarda tutti noi,
perché siamo tutti, più o meno, incarcerati, perché soffriamo
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spesso per i limiti che la realtà ci impone. Il sogno abbatte
questi limiti e consente a ciascuno di evadere dalla realtà
quotidiana, quando questa è troppo dura, aiutandoci, così, a
sopportarla meglio.
Il carcerato concentra la propria indipendenza nel sogno,
non disponendo di altro; per tutti noi, invece, è un mezzo
d'evasione, dopo una giornata di (r)reclusione» durante la quale
siamo stati soffocati da un mondo angusto. Il sonno ci dà quello che
la vita ci nega: è la rivincita sul destino, soprattutto per i
diseredati.
L'anziano sogna di essere giovane, il brutto di essere bello,
il debole forte, il povero ricco, il subalterno di poter comandare e
addirittura di poterlo fare nei confronti del proprio capo. Il sogno
ripara, di notte, le ingiustizie della giornata ed è probabile che,
senza di lui, certuni non potrebbero sopportare le condizioni della
propria esistenza.
Ma se il sonno ha una grande importanza per l'insieme della
nostra vita psichica, lo è in maniera particolare nei riguardidelle nostre facoltà intellettuali. Protegge la nostra ragione ed
esercita la nostra immaginazione. Il fanciullo sogna molto più
dell'adulto che, a sua volta, sogna in media cento minuti per
notte. Il neonato sogna circa per la metà del suo tempo di sonno
e ciò può avvenire otto ore su ventiquattro (un prematuro arriva al
75% circa); un bambino che risulti deficiente di sonno e in
particolar modo della fase paradossale, accusa, sul piano
dell'intelligenza, un ritardo che spesso si rivela
irrecuperabile.
Nella lunga catena dell'evoluzione animale, il sonno paradossale
è un segno d'evoluzione cerebrale e va di pari passo con
quest'ultima; è nel camaleonte che si comincia a trovarne unatraccia e, dopo di lui, anche gli altri animali sognano: gli
uccelli, i mammiferi, etc'; ma non dobbiamo però prendere tutto
ciò troppo alla lettera, perché altrimenti il gatto domestico
che sogna duecento minuti per notte (è il campione del mondo
in questo campo) risulterebbe molto più evoluto di noi. E forse è
veroà
Praticamente, il sogno compare a cominciare dagli animali
detti (r)a sangue caldo» o, più semplicemente, da quelli che
mantengono la temperatura corporea costante (omeotermi) durante
la notte, mentre dormono, indipendentemente dalle variazioni
esterne; e questo è molto significativo: il sogno è, in fondo,
l'emanazione di questo calore interiore, di questo fuoco interno,di questa combustione che mantiene la (r)fiamma» che hanno dentro e
che sanno conservare in loro mentre dormono: si sogna quando si
possiede il (r)sonno caldo».
Ma per il bambino, il sogno serve anche alla maturazione
affettiva, perché il cucciolo dell'uomo nasce immaturo sotto
tutti gli aspetti. Il neonato è cullato, vezzeggiato (r)tenuto
nella bambagia» e gli viene evitato qualsiasi tipo di turbamento:
prova un senso d'angoscia, di paura, solo quando sogna. Spitz
dice che un soggetto di otto mesi che non ha avuto angosce
oniriche è in ritardo affettivo.
(r)L'attività cerebrale del sogno è la migliore scuola della
vita, perché ci insegna il piacere e il dolore. Il sogno perfettoè divertente e ci riempie di gioia; talvolta è triste e ci fa
piangere ma, quando finisce, ci lascia in uno stato di serena
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piacevolezza. La vita, per un neonato, è cosparsa di difficoltà
oniriche da cui impara a liberarsi», precisa J' Bouton.
Del resto, il sogno è ugualmente prezioso per l'adulto perché è
lo sport dello spirito. Se guardiamo, sotto il profilo della pura
razionalità, alla nostra attività fisica sportiva (corsa, nuoto,
sollevamento pesi, gioco del football, dove ventidue giocatori
si contendono lo stesso pallone) questa ci appare un po' insensata,
strana. Ebbene, il sogno, anche lui insensato e strano, è la
cultura psichica, è l'esercizio della nostra mente. E ha anche
un'enorme importanza per la memoria.
Per capire meglio quanto abbiamo affermato, paragoneremo il
funzionamento del cervello a quello di un calcolatore
elettronico (naturalmente, anche se il primo è molto più
importante del secondo, anche se presentano alcune analogie nel
funzionamento). Vi sono due maniere di servirsi di un
calcolatore: il funzionamento detto on line nel quale,
quest'ultimo riceve o invia informazioni ad altri apparecchi: per
esempio, a terminali, fatturatrici, etc' e quello definito offline durante il quale viene a trovarsi completamente isolato
dall'esterno e funziona autonomamente: rielabora i suoi programmi in
funzione delle informazioni che ha ricevuto, cancella i vecchi
programmi, li aggiorna, ne imposta di nuovi. Senza questo lavoro,
fornirebbe informazioni inesatte, impazzirebbe.
Durante il giorno, in stato di veglia, il cervello è collegato
con l'esterno mediante i sensi dai quali riceve le informazioni
necessarie; ne trasmette, a sua volta (attività muscolari:
gesti, meccanismi motori, parole, scrittura, etc'): lavora cioè
secondo il sistema on line.
Durante la fase paradossale siamo off line,
completamente tagliati fuori dal mondo esterno ed è curioso, aquesto proposito, notare che anche l'attività off line di un
calcolatore ha luogo ugualmente di notte.
Nella stessa fase, il cervello ricupera e raccoglie tutte le
informazioni ricevute e immagazzinate: le classifica, le ordina,
trasferendone alcune dalla memoria a breve termine a quella a
lungo termine.
Un'altra funzione straordinaria del sogno, che Michel Jouvet ha
scoperto e studiato, è la seguente: avviene, durante la fase
paradossale, una riprogrammazione genetica; per il feto, che
apparentemente sogna ventiquatt'ore su ventiquattro, si tratta di
programmazione genetica. Per facilitarla, la gestante, durante la
gravidanza, raddoppia il tempo di sonno paradossale la cui durataritorna normale (nel caso che non debba allattare) tre settimane
dopo il parto. Ma, dopo la nascita, per il bambino, per l'adulto e
per la persona anziana, ogni notte viene a riproporsi la
revisione di questo programma congenito.
Soffermiamoci un po' su questo ruolo eccezionale e unico del sonno
che gli restituisce, in parte, l'importanza che aveva perduto in
laboratorio. Si tratta del programma ininterrotto della specie (e
anche delle specie viventi anteriori), eredità di oltre trentamila
secoli, che viene fissato subito nei mesi che precedono la
nascita. Inoltre, ogni notte, partendo da zero e nell'immobilità
del corpo, questa eredità si richiama incessantemente alla
nostra memoria, come una lezione ripetuta più volte da uno scolaro,che deve memorizzarla.
E per meglio comprenderne la grande utilità dobbiamo far presente
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che tutto ciò che abbiamo di innato neurologicamente è sottoposto,
durante l'attività diurna, alle costrizioni dell'ambiente che
ci circonda; così, l'organismo approfitta dei momenti onirici per
reintrodurre nelle nostre immagini mentali i modelli di comportamento
spontaneo (il gatto, per esempio, sogna di dare la caccia al topo).
Se questa operazione fosse resa impossibile, l'ambiente
esistenziale condizionerebbe a sé ogni nostra attività. E il
nostro libero arbitrio sarebbe compromesso. Effettivamente, il
comportamento, le reazioni, i pensieri, i gesti, i sentimenti di un
individuo dipendono insieme da ciò che dalla nascita ha appreso
dalla realtà in cui vive (dato acquisito) e dal (r)magazzino
genetico» ereditato nascendo (dato innato).
Il sogno ha, dunque, una parte fondamentale per la
conservazione dei nostri istinti di sopravvivenza e della nostra
individualità; grazie a lui, ci sottraiamo in parte all'influsso del
mondo esterno, possiamo resistere alla formidabile pressione sociale
che cancellerebbe completamente la nostra originalità. Senza di
lui, diverremmo relitti facili a lasciarsi condizionare, sottometteretotalmente dagli altri. E' quanto possiamo constatare nei
confronti di certe persone (fortunatamente molto rare) che non
sognano del tutto. Da rilevare che tutti sognano circa cento minuti
per notte, ma la maggior parte non si ricorda di averlo fatto.
I nostri sogni, dunque, sono (r)i custodi del patrimonio
ereditario»; rispettando, in parte, la libertà umana,
riprogrammando il patrimonio genetico, arricchendolo delle
esperienze acquisite che diventano, così, a loro volta,
ereditabili», dice D' Cyrelle.
Abbiamo paragonato il sonno a un viaggio che ci procura
l'evasione dalla realtà, talvolta l'esotismo: è la vacanza
quotidiana che la natura ci offre, una vacanza che, talvolta, è (r)disogno». La fase paradossale, per mezzo del sogno, ci
(r)coinvolge» in tutti i sensi del termine; e non si tratta di
(r)coinvolgimento collettivo», perché, il sogno, anche se è molto
spesso (r)affollato» da altre presenze, rappresenta sempre una
spedizione con partenza solitaria.
Il sogno è anche una distrazione: ci porta, ogni notte, al
cinema; il film proiettato è appassionante perché, essendo
totalmente coinvolti in esso, ne siamo insieme l'autore, il
regista, il dialogista, il coreografo, lo sceneggiatore e il
protagonista; senza contare che ne siamo anche lo spettatore. E' un
film spesso a colori e a episodi. La vicenda è quella della nostra
vita e tutti i personaggi che vi incontriamo altro non sono cheimmagini di noi stessi, anche se sognamo, ad esempio, il nostro
portinaio o se incontriamo animali che, simbolicamente, sono
rappresentazioni di noi stessi. Grazie al sogno, possiamo accedere
ad un'altra dimensione di noi stessi, la (r)dimensione perduta» di
Goethe. Il nostro inconscio trova in esso la possibilità di
affiorare e di manifestarsi pienamente; e il suo linguaggio non è,
appunto, quello diretto delle parole, ma quello delle immagini e dei
simboli.
Rappresenta, in realtà, il nostro io autentico, profondo;
l'altro, quello che si esprime principalmente durante il giorno,
non è che un'entità superficiale ed anche un po' artificiosa, unio di relazione e di rappresentazione.
E' questo il motivo per cui il sogno è essenziale se vogliamo
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conoscerci e comprenderci. (r)Conosci te stesso, e conoscerai
l'universo e gli Dei», questo famoso principio è scritto sul
frontone del tempio di Delfi.
In tempi più vicini a noi, nel 1949, Sri Aurobindo ha affermato
che (r)se s'impara bene ad interpretarli, i nostri sogni ci possono
dare la conoscenza dei segreti della nostra natura e di quella degli
altri».
Le funzioni dimenticate
Il sonno deve essere un rifugio
Per soffocare il rancore e culla-
re la indolenza, Dio, toccato dal
rimorso, aveva creato il sonno.
Baudelaire
Caro m'è il sonno e più l'esser
di sasso,& mentre che il danno e
la vergogna dura,& non vedere, non
sentir m'è gran ventura;& però nonmi destar deh, parla basso.
Michelangelo
Dopo aver preso conoscenza delle funzioni (r)ufficiali» del sonno
(evasione dai condizionamenti esterni, approfondimento della
conoscenza di noi stessià) siamo ora pronti a prendere in esame
le altre meravigliose funzioni che esso ci offre e di cui abbiamo,
in gran parte, perduto l'uso o per ignoranza, o più precisamente per
averle dimenticate.
Seneca, filosofo romano contemporaneo di Cristo, diceva che,
quando andava in città, al ritorno s'accorgeva (r)d'aver perduto
l'anima». Noi viviamo nella società e, a meno di vivere come
eremiti o anacoreti, non possiamo evitare la realtà urbana.Ora, la vita sociale ci mette in uno stato di disagio per tutto
il tempo (sedici o diciassette ore) che trascorriamo in stato di
veglia. Fortunatamente, ogni notte, nel rifugio salvifico del
sonno, ritroviamo la nostra anima.
Durante la giornata, l'essere umano, per mezzo dei sensi, è
in relazione con la realtà circostante e, per mezzo del linguaggio
e della scrittura, con gli altri individui. Sfortunatamente,
questa vita di relazioni è caratterizzata da una conflittualità quasi
permanente.
Bisogna tener conto, infatti, che l'uomo, come tutti gli esseri
viventi, da quando esiste la vita sulla terra (più di tre miliardi
di anni), deve, per sopravvivere, essere costantemente sul (r)chivive», deve permanentemente lottare per proteggere la propria
vita, difenderla e, per questo, deve adattarsi ad un ambiente
spesso aggressivo. D'altronde, lo stress non è che la reazione
dell'organismo per adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente.
Certo, oggi, la società ci protegge; ma in cambio di questo
esige un certo numero di obblighi: sono le regole, le leggi, le
discipline, i doveri, etc' e alcuni di questi entrano in conflitto
con le nostre inclinazioni naturali, i nostri impulsi istintivi,
il nostro desiderio di libertà e di fantasia.
In più, dobbiamo tener presente che la coscienza morale che
l'uomo ha acquisito e sviluppato (in misura lieve, essendo essa
ancora embrionale e fragile) è appena sufficiente a generareconflitti interiori, ma assolutamente insufficiente a risolverli,
superarli. La vita di relazione e la coscienza morale ci mettono, in
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ogni istante, durante lo stato di veglia, in contatto con la realtà
che talvolta è dura e persecutoria. Eliot afferma: (r)L'uomo non può
sopportare troppa realtà».
A un certo momento, il (r)calice è colmo» ed abbiamo bisogno,
a intervalli regolari, di sganciarci dalla quotidianità e dal suo
ambiente, di fuggire e trovare un rifugio: e questo rifugio ce lo
offre il sonno.
Ci si può domandare: ma, in realtà, dov'è che nel sonno si
rifugia l'uomo? In quale luogo? A quale porto approda? Quale (r)covo»
raggiunge? Quale oasi lo ha attratto? Questo supremo rifugio
quotidiano è il (r)ventre materno», non ne conosce di migliori né
di più sicuri.
Dello stesso avviso è Dement, quando dichiara che l'uomo,
interrompendo la propria vigilanza, fugge la paura del nero, dei
pericoli dell'ambiente; ma questa affermazione va intesa in
senso più estensivo, in quanto, dormendo, fuggiamo anche da tutti
i nostri conflitti interiori ed esteriori.
Il sonno rappresenta la tregua quotidiana, la domenica e levacanze del nostro vivere quotidiano.
Durante la guerra, alcuni soldati, in una situazione di estrema
tensione come sotto un bombardamento, durante il mattino caddero
improvvisamente in un sonno profondo pur avendo dormito regolarmente
la notte precedente. Si cita anche il caso di un celebre
banchiere, Morgan, che, nel 1907, aggredito da clienti nel corso
di una crisi finanziaria, si addormentò subitamente e
profondamente. Napoleone, dopo aver subito la prima sconfitta,
s'addormentò in pochi secondi e dormì per trentasei ore filate
senza avere sonno arretrato da ricuperare.
Il sonno è il miglior rifugio dell'uomo e questa è, forse,
la sua funzione più nobile, ma anche la più trascurata. Perchél'occidentale non sa trarne profitto; addirittura, accade il
contrario: (r)perdiamo» il sonno proprio quando,
paradossalmente, abbiamo maggiori pensieri, maggiori contrarietà,
difficoltà e quindi, quando abbiamo bisogno di tutta la nostra
forza, del nostro coraggio per superarli e appunto del sonno per
ristorarci ed aiutarci a dimenticarli.
Gli abitanti di Bali, per esempio, quando tutto va bene, quando
sono felici, cantano e ballano una parte della notte, quando
invece se la passano male, dormono giorno e notte.
Non bisogna arrivare al punto di dire, con Chamfort, che (r)la vita
è una malattia di cui il sonno ci conforta», occorre però ridare
al sonno il valore fondamentale di rifugio, perché costituiscel'unico, autentico antidoto naturale della vita moderna, con i
suoi stress, i suoi effetti distruttivi nei confronti della
nostra salute.
Dobbiamo ricuperare, coltivare, utilizzare questa funzione
meravigliosa, preziosa e benefica: quando siamo sottoposti
a problemi, ad affaticamento o anche solo semplicemente
allo scoraggiamento, dobbiamo allora rifugiarci nell'alternativa
offertaci dal sonno. E anche nel caso di dispiaceri o di
(r)colpi duri», perché (r)raramente il sonno visita chi è triste ma,
quando lo fa, è un potentissimo consolatore», come diceva già
Shakespeare.
Ed è meglio rifugiarci nel sonno, in ogni caso, che, comefanno alcuni, nell'alcool, nella droga, nel gioco, nella
dissolutezza, o più di frequente, nell'abboffata compensativa;
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altri quando hanno problemi, si rifugiano perfino nella
iperattività, nel surmenage.
Spesso i pensierosi, gli inquieti, i disadattati sociali sono dei
grandi dormiglioni, perché sanno che il sonno è il (r)luogo» o
meglio lo stato nel quale mettersi fiduciosamente al riparo; perché
è sempre pronto ad (r)aprirci le braccia» per accoglierci,
proteggerci, aiutarci; è il nostro alleato, il nostro amico
dall'infanzia, a cui possiamo sempre fare appello in caso di
difficoltà, un fedele a cui possiamo confidarci liberamente.
Anche il criminale può dormire tranquillamente; solo la sua
cattiva coscienza può eventualmente turbargli il sonno, dal momento
che la polizia, per quanto potente possa essere, non può intervenire
ad arrestarlo tra il tramonto e l'alba. Anche la legge, dunque,
protegge il sonno in Occidente poiché gode giuridicamente
dell'immunità.
Il sonno è un appuntamento
con noi stessi
Maschere addormentate in fondo almio stagno aprono gli occhi per
guardarmi dentro.
Henri Certigny
Il sonno, oltre alla sua funzione difensiva, soddisfa anche il
desiderio profondo, il bisogno vitale per ogni uomo, di ritrovarsi
la sera con se stesso, nel suo intimo giardino, nella sua oasi
personale e segreta.
Già, ogni sera, si ritira nella sua casa, davanti al proprio
focolare, dove è solo o, meglio, dove è circondato solo da persone
care: parenti, talvolta amici, con i quali trascorrere la serata. Ma
ciò non basta: sente il bisogno di spingersi oltre e si ritira nella
propria camera che occupa da solo o che divide con qualcuno con cuiè unito intimamente. E anche quando ha spento la luce e chiuso
gli occhi, sente ancora, imperioso, il bisogno di ritrovarsi, solo
al mondo, nella sua dimora interiore.
(r)Quelli che sono svegli condividono un universo comune, quelli
che dormono si ritirano ciascuno in un mondo segreto che non
appartiene che a loro», ha detto Eraclito d'Efeso cinque secoli
prima di Cristo.
La notte e il letto, complice il sonno, ricongiungono gli
individui con loro stessi come riuniscono le coppie separate durante
il giorno. Così ognuno può dire, insieme a chi condivide il
giaciglio, (r)finalmente soli», prima d'addormentarsi, e
(r)finalmente solo», quando s'addormenta. Alcuni hanno paurad'addormentarsi e vi oppongono una resistenza più o meno
cosciente: temono questo incontro quotidiano faccia a faccia con il
proprio io. E pertanto, ognuno ha il bisogno di questa
quotidiana (r)riunione» con se stesso o, meglio, di questo
quotidiano (r)ritorno» a sé.
Si tenga presente che, in effetti, durante il giorno, siamo
quasi sempre separati da noi stessi, presi come siamo nel turbine
della vita, travolti dalle vicende esistenziali, da mille
occupazioni, preoccupazioni e distrazioni.
Durante lo stato di veglia, siamo distratti (nel senso
etimologico di (r)attratti verso l'esterno») ma siamo, al
contrario, invasi interiormente, perché siamo (r)occupati» (moltidicono continuamente (r)sono occupato») dalla presenza di qualche
problema; la vita viene così vissuta in stato d'occupazione
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permanente, come quando, in guerra, il nemico occupa il nostro
paese. E così, anche in stato di solitudine fisica, raramente si è
(r)soli».
C'è da aggiungere che, durante la veglia, siamo
letteralmente sottoposti, tramite i sensi, a un enorme
bombardamento di informazioni: per esempio, ogni neurone della
corteccia cerebrale può ricevere (nel senso informatico del
termine) fino a ventimila informazioni al secondo, il 90% delle
quali per mezzo della vista; e nella corteccia vi sono miliardi di
neuroni. Di giorno viviamo alla superficie di noi stessi: con i
sensi che sono alla periferia dell'organismo, con la corteccia
cerebrale che non è che la scorza del cervello, sede del nostro
intelletto: (r)La nostra intelligenza, questa piccola cosa alla
superficie di noi stessi», ha detto A' Sauvy.
Capiremo ora meglio perché l'uomo, nel sonno, interrompa il
rapporto con i sensi e il proprio autocontrollo: per poter entrare
in se stesso, senza che nulla lo possa disturbare, come se
mettesse quella scritta che abitualmente si appende allamaniglia della propria camera d'hotel: Do not dis-
turb.
La scorza cerebrale, ridotta al solo monotono sussurro dei suoi
lenti ritmi, non prende nessuna parte al dialogo della coscienza
con se stessa», dice R' Godel. Coscienza che sarebbe poi il nostro
io intimo, quello delle profondità. Ma quando si parla di
discesa in noi stessi, si evoca una sorta di caduta verso quello
che c'è in noi, non solo di sconosciuto, ma anche di incerto, di
oscuro, di tenebroso. E' invece necessario invertire l'immagine e
parlare piuttosto di salita, di decollo verso ciò che c'è in noi
di più nobile, di più sottile, verso la sovracoscienza
verso ciò che c'è di vero. Secondo l'espressione di Charles Peguy,nel sonno (r)lasciamo maschera e coltello».
Quando dormiamo, ridiventiamo noi stessi, autentici e veri:
ecco uno degli aspetti più nobili e insostituibili del sonno,
che è lo stato di natura, quello del paradiso terrestre prima del
peccato originale, lo stato di grazia. Così, liberati di tutto, siamo
come ricondotti alla purezza dello stato edenico.
E' questa una condizione di piena realizzazione, perché le
barriere immaginarie che ci eravamo imposte sono abbattute; la (r)tela
di ragno» in cui siamo invischiati durante il giorno s'è
momentaneamente strappata; le catene e la palla di ferro che
abbiamo al piede durante il giorno sono state, come avviene per i
carcerati e gli ergastolani la notte, provvisoriamente tolte ecosì anche le manette.
Perché il sonno né annichilisce né atterrisce, ma ci guida,
ci aiuta, approfondisce ed allarga i nostri confini
esistenziali. Non è soltanto una tappa nel cammino della vita (e
questa è già una sua dote preziosa), è il luogo d'incontro con un
personaggio simbolico, misterioso e mistico: il nostro (r)angelo
custode», che è sempre presente, vegliante e benevolo, la nostra
guida interiore, che incontriamo ogni notte, liberati dai
seccatori e dai cronofagi, intimamente, senza testimoni.
E' Perrot, che non espone una teoria, ma un'autentica
testimonianza, una autentica esperienza, sottolinea l'importanza
dell'attività che si manifesta nel corso di questo periodoritenuto, a torto, passivo: (r)Ho appreso», ci dice (r)alla scuola di
Jung che (il sonno) è il luogo e il momento scelto da una
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saggezza e intelligenza vitale per insegnarci un segreto sapere, è
una rivelazione di un cammino interiore (à), un senso, uno scopo,
un fine dell'esistenza con il suo correlativo: la pace (à) la
stessa che Jung non ha rivelato, ma ricordato al nostro secolo,
facendosi interprete, restauratore di quella che il filosofo
Leibnitz definiva "filosofia eterna" (à). E ciò non ha nulla di
dogmatico, non richiede una fede cieca, ma soltanto attenzione e
buona volontà».
Il dialogo con noi stessi (r)L'inferno sono gli altri», ha
scritto Jean Paul Sartre. E ciò è vero, senza dubbio, ma è anche
l'essere separati da noi stessi. Ecco perché il sonno è
doppiamente benefico e perché dobbiamo considerarlo non solo
uno stato di quiete e di sicurezza, ma meglio ancora un
giardino dell'Eden riscoperto quotidianamente. Si può dire anche
che manifesta, nei nostri riguardi, grande sollecitudine e
tenerezza; e, ha affermato Han Suylin, (r)non c'è nulla, al mondo, più
forte della tenerezza».
Dormire, con la possibilità di ritrovarci, ci offre anchel'occasione di un fruttuoso dialogo con noi stessi. Ci mette in
condizioni anche di (r)ascoltarci», perché (r)ogni momento, il nostro
corpo tenta di dirci qualcosa», dichiara T' Berterat. Ma siamo
sordi, restiamo indifferenti a questo appello che ci viene dal
dentro, perché, durante il giorno, siamo storditi: siamo
attratti, abbagliati, ipnotizzati da tutte le
sollecitazioni esterne come farfalle da una lampadina. Invece
dovremmo avere sempre interesse ad ascoltarci.
La notte e il sonno sono fatti per questo ascolto attento,
per entrare in sintonia con noi stessi; il giorno è fatto
soprattutto per farci intendere ed essere intesi dagli altri.
La sapienza orientale dice:il sonno è splendente
Così parla la scienza e credo
nella scienza. Ma la scienza si è
mai data la pena, finora, di guar-
dare il mondo diversamente dal suo
aspetto esteriore?
P' Teilhard de Chardin
Ciò che è infinito in noi abita
il castello del cielo, la cui por-
ta è la bruna del mattino e
le finestre i canti e i silenzi
della notte.Khalil Gibran
Noi siamo diventati sconosciuti a noi stessi ed è probabile
che, senza il sonno e il ritorno quotidiano in sé, diventeremmo
rapidamente anche stranieri a noi stessi. Saremmo allora (r)vuoti
gusci sballottati nell'oceano della vita», come ha scritto Jung.
Perché saremmo completamente sradicati dalle nostre profonde origini,
dalla sorgente perenne interiore che ci feconda e ci disseccheremmo,
saremmo ancora più superficiali e poveri e anche sprovveduti di
fronte alla vita, perché non avremmo più accesso ai tesori
interiori che sono sotterrati nel profondo dell'essere.
Non possederemmo più quel (r)tocco interiore» di cui parla R'
Lynssen. E non saremmo soltanto spersonalizzati, ma anchedisumanizzati.
Nella nostra ricerca degli (r)infiniti splendori» del sonno
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scopriremo qualcosa più grande del dialogo: il silenzio interiore.
Per questo scopo è indispensabile non tenere in troppo conto quello
che la scienza ufficiale può insegnarci e spostare la analisi su un
piano filosofico.
Ci verrà in aiuto, a questo proposito, il Vedanta, dottrina
filosofica indiana, che si propone di risolvere tutti i misteri
dell'esistenza, studiando le condizioni multiple dell'essere,
coordinandole e confrontandole. Secondo il Vedanta vi sono tre stati
diversi: la veglia, il sonno e il sogno. Anche la scienza
occidentale distingue nettamente questi tre stati le cui
caratteristiche fisiche e fisiologiche sono diverse.
Tutti veniamo a trovarci, in successione, durante un ciclo di
ventiquatt'ore, in uno stadio di veglia, di sonno e di sogno,
secondo un avvicendamento preciso, dovuto all'azione di tre centri
situati nel tronco cerebrale: il centro della veglia, quello del
sonno e quello del sogno.
Per il Vedanta non si tratta di fede (credere e accettare
di non conoscere) o di iniziazione o di ginnasticaintellettuale; si tratta di vedere ciò che è, di sentire, di
provare ciò che ognuno di noi, quotidianamente, di giorno e di
notte, sperimenta.
Il Vedanta è una via di accesso alla conoscenza, non intesa
più come cumulo di nozioni. Questa conoscenza è immediata, e non
mediata, come quella che richiede un mezzo, un
intermediario fra il soggetto che osserva e l'oggetto osservato e che
è forzatamente una conoscenza esteriore (anche se si
interessa di fenomeni interiori, per
esempio di fenomeni psicologici).
Il biologo che apre un cervello per vedere quello che succede
dentro, si trova sempre nella parte esterna dell'essere. Laconoscenza immediata è quella interiore che ognuno ha con se stesso.
C'è una grande differenza tra questi due modi d'intendere la realtà:
nel caso del sonno una cosa è osservare uno che dorme (anche se
tentiamo di conoscere i fenomeni fisici che si manifestano
nel suo corpo e nel suo cervello), un'altra comprendere il
sonno e il sogno come ciascuno li vive interiormente. Il
Vedanta si interessa dunque al (r)vissuto», al sonno visto (r)dal di
dentro».
D'altronde sappiamo che:
- la veglia non rappresenta che un terzo della nostra esistenza
e che non è sufficiente per accedere alla conoscenza della realtà
dell'Essere;- è necessario aggiungere il (r)vissuto del sonno e del sogno»,
altrimenti abbiamo una visione parziale della realtà e della
verità;
- questi stati sono rivelatori di per sé e non per il loro
contenuto;
- è solo con una analisi complessiva di questi tre stati che
possiamo accedere alla conoscenza.
Sappiamo anche che, per avervi accesso, bisogna liberarci
di tutti i pregiudizi che condizionano la vita cosciente (e
Dio sa quanto ci teniamo), occorre disimparare una parte del nostro
sapere; in caso contrario, non possiamo sperare che di accedere
all'apparenza; questa ci mostra che il Sole gira intorno allaTerra, che è il Sole che si leva al mattino e si corica la sera e
che esistono il giorno e la notte; ma la realtà è contraria
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all'apparenza ed è Copernico che ce lo ha fatto capire, anche se,
in realtà, i saggi dell'antica Grecia l'avevano affermato prima
ancora di lui.
Dal punto di vista del Sole non esistono né il giorno né la
notte; bisogna dunque attuare in noi una rivoluzione
paragonabile a quella copernicana.
Il Vedanta s'interessa della realtà profonda che si cela dietro le
apparenze e per questo dobbiamo evitare le trappole che la psiche ci
tende durante la giornata.
Cos'è il sonno?
Quando i miei occhi notturni scru
-tano il mistero del cielo,& un
uguale mistero attraversa la so-
stanza dei miei occhi.
H' Certigny
Prima di tutto, chiariamo che cosa il sonno non è: non è
incoscienza. Possiamo tentare di concepire l'incoscienza, ma nonappena la analizziamo, questa nozione appare subito priva di
senso; è come, dice il Vedanta, se si parlasse del figlio di una
donna sterile. Nel sonno non vi è assenza di coscienza, ma
soltanto mancanza di contenuto di coscienza. Il Vedanta ci dice che
non bisogna confondere quella che è la coscienza empirica (ossia
la coscienza delle modificazioni della psiche) con la coscienza
intrinseca, la coscienza in sé, quella pura.
Come dice G' Werling (a cui dobbiamo, qui, rendere omaggio,
perché ha molto contribuito ad (r)aprirci gli occhi dello spirito» sul
Vedanta): (r)dire che non c'è scienza senza contenuto di coscienza è
altrettanto sciocco quanto affermare che i proiettori sono
creati da ciò che proiettano».Il sonno non è incoscienza, non è assenza di coscienza,
altrimenti non
avremmo nemmeno coscienza d'aver dormito e non potremmo neanche
svegliarci.
Non è, come pensano gli Occidentali, uno stato
subconscio durante il quale la coscienza è come ridotta, se non
addirittura perduta. Il sonno anzi è (r)pura coscienza».
Ecco perché le Upanishad considerano il sonno come
un'esperienza metafisica fondamentale e gli attribuiscono un
valore estremo. Questi libri sacri dell'India ci dicono che
dobbiamo gioire interiormente all'approssimarsi del sonno perché, per
mezzo di esso, accediamo alla felicità (ananda).Ma non dobbiamo fare confusioni: il sonno è esperienza divina,
non conoscenza di Dio, realtà suprema. Ecco perché, entrando nel
sonno ignoranti, ne usciamo ignoranti.
Il sonno profondo rappresenta lo stato della coscienza pura: e
se stiamo attenti, ci accorgeremo che, in questo stato, siamo fuori
dal tempo, sbarazzati del nostro piccolo io, oltre ogni
condizionamento, ogni conflitto, ogni dualismo.
Nella lingua francese (come nelle altre lingue
occidentali) la parola meditazione è causa di confusione. Perché
l'autentica meditazione non è concentrazione del pensiero, né è
riflessione, né attenzione ad un soggetto o ad un oggetto,
neppure una specie dievasione, uno stimolo emozionale o ginnastica intellettuale;
non è nemmeno un'attività mentale particolare, superiore, né
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un'esperienza trascendentale. Invece è liberazione da tutte queste
cose, collocandosi al di là del pensiero in una condizione di
totale silenzio interiore.
Si tratta del vero risveglio, nel senso orientale della parola.
La giustificazione esaltante del sonno è questa: alcuni, durante la
giornata, nella vita cosciente, possono trovarsi già in questa
condizione di (r)veglia interiore», ma tutti, indistintamente,
hanno bisogno, ogni notte, di goderne e ciò accade nel sonno
profondo. Ecco la ragion d'essere insostituibile del sonno, il suo
infinito splendore. E mentre i nostri corpi addormentati sono
supini, la nostra coscienza si sveglia e si (r)leva in piedi».
E il sogno? Per il Vedanta, anche il sogno, in rapporto allo
stato di veglia, è un altro stato della coscienza. Abitualmente si
pensa che tutto ciò che sognamo sia irreale: oggetti,
personaggi, situazioni, eventi. Il Vedanta invece ci dice che, in
ogni stato, gli oggetti posseggono lo stesso grado di realtà (o di
irrealtà). Il preteso carattere irreale o assurdo di ciò che
accade nel sogno appare tale solo quando smettiamo di sognaree ci svegliamo; ciò deriva unicamente dal fatto che lo
colleghiamo alla logica dei rapporti validi durante lo stato di
veglia; consideriamo, in breve, il sogno come un sottoprodotto
della veglia.
Questa è la trappola che ci tende la nostra mente; perché
ogni situazione deve essere intesa in rapporto al proprio sistema di
referenze; quando siamo nel sogno, non consideriamo falso ciò che
accade durante la veglia; per contro, quando siamo svegli, non
dobbiamo definire illusoria l'esperienza onirica. I tre stati di
veglia, di sonno e di sogno, devono essere considerati per se
stessi, indipendentemente.
E' soltanto dopo il sogno e quando siamo desti che diciamo:(r)non si tratta che di un sogno». Tutto quello che possiamo dire
è che quest'ultimo è semplicemente un altro modo di essere del reale
(o dell'irreale), o ancora che il sogno e la veglia non sono
altro che aspetti diversi di una stessa realtà; realtà interiore ed
esteriore.
Diamo ora tre opinioni occidentali confermanti che quanto
abbiamo riferito non è frutto di una semplice opinione esotica o
esoterica: (r)Non vogliamo ammettere né concedere che la realtà che
ci circonda, quando siamo svegli, possa ingannarci perché la
consideriamo più vera della verità fondata sui sogni», scrive Hans
Kurth. Jean Cocteau afferma: (r)più passa il tempo e più m'accorgo
che solo i sogni non svaniscono mai», e: (r)La vita è un sogno da cuimi risveglierà la morte». E il prof' G' Racle: (r)Prendere il sogno
per realtà (anche se, nel linguaggio corrente, quest'espressione è
piuttosto peggiorativa) può essere il mezzo per vederlo divenire
realtà».
Alcuni (molto seri ed eruditi) hanno suggerito, e forse questa
ipotesi non è da rifiutarsi a priori, che attraverso il sogno
entriamo in un altro universo che corrisponde ad un'altra vita; un
universo che completa e perfino, in una certa maniera, assume il
(r)contrario» del nostro, assorbendo i nostri stress, risolvendo i
nostri problemi, placando i nostri conflitti, liberandoci dalle
catene e realizzando i nostri desideri. Ci permette anche di
sopportare la vita del nostro stato di veglia: è così una specie diuniverso dell'(r)antivita» come esiste quello, perfettamente reale,
dell'(r)antimateria». Ma cosa ci fa scoprire il Vedanta? Chi dobbiamo
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interrogare? Ciò che esiste allo stato di veglia non è, forse, tanto
reale quanto ci insegnano la nostra certezza, le nostre abitudini
e la nostra logica occidentale spinte all'estremo e chiuse in se
stesse. Tutto quello che ci rivela il Vedanta è, oggi,
confermato dalla scienza occidentale d'avanguardia: noi siamo
vittime del carattere illusorio e della grossolanità dei sensi
attraverso i quali percepiamo tutto; la parte più avanzata
della scienza sta lavorando per (r)smaterializzare» la materia,
che è soltanto energia concentrata.
Le notti non corrispondono alle tenebre del nostro spirito;
la veglia e il sonno non rappresentano il giorno e la notte della
nostra coscienza.
Vi sono due modi di ricevere questo messaggio che ci viene
dall'Oriente: rifiutarlo e sarebbe un vero peccato e
accoglierlo, conservarlo in noi stessi, meditarlo fino a che, nel
nostro
animo, si accenda (r)la luce interiore».
Abbiamo, così, avuto appena il tempo di aprirci una portasu una altra (r)dimensione» e, chissà, forse siamo stati anche
capaci di far nascere il desiderio di continuare la nostra indagine.
Il Vedanta ci insegna che ognuno di noi, di fronte al sonno, si
comporta come (r)un uomo che quotidianamente passa sopra un tesoro
sepolto e non se ne accorge».
Seconda parte - Come guidare il sonno
Chi ha problemi d'insonnia (e anche chi pur dormendo bene vuol
meglio ritemprarsi nel sonno e nella veglia) deve anzitutto
riprendere gusto al sonno, unico e sicuro mezzo per ricuperare la
propria facoltà di dormire bene, mai perduta ma dimenticata. Poibisogna imparare a guidare il proprio sonno. Quanto all'insonnia
occasionale, essa può dirsi un incidente di percorso nel cammino del
sonno, dovuto ad (r)errori di guida», a infrazioni del (r)codice
stradale» del sonno. Si tratta di conoscere quale è questo
codice, per diventare un ottimo dormitore e per riposare bene,
ogni notte, anche quando le circostanze della vita ci sono
contrarie. Ma, il saper (r)guidare» bene il proprio sonno è ancor più
di questo: è soprattutto:
- imparare ad adattarlo alle diverse circostanze della vita;
- imparare a gestirlo meglio, per accrescerne
l'efficacia e così migliorare la propria forma allo stato di
veglia.Tutto ciò è insieme una tecnica e un'arte; e, come tecnica,
ci permette, in un mondo come il nostro, competitivo, vertiginoso,
stressante, di restare costantemente in buona salute e in buona
forma fisica e psichica, di mantenerci giovani e di vivere a lungo.
Ci consente ancora di difenderci meglio ed anche di
attaccare, di avere uno spirito combattivo: di riuscire meglio
nella vita e realizzarci meglio.
Ma è anche un'arte, un capitolo essenziale dell'arte di vivere;
non nel senso di sopravvivere, di vegetare, di andare avanti come
per tacito contratto, come accade a tanti; né, all'incontrario,
nel senso di una lotta, di un corpo a corpo quotidiano contro lavita; ma per vivere in armonia con noi stessi, con gli altri e con
la natura; vivere in pienezza, totalmente.
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Ognuno può diventare, e nel senso pieno del termine, un buon
dormitore; le eccezioni sono rarissime (per esempio, in caso di
lesioni cerebrali). Alcuni sembrano, tuttavia, più dotati di altri,
perché hanno saputo conservare più lungamente l'istinto che tutti
possediamo alla nascita e che ci guidava, da bambini, sulla strada
del sonno. Per alcuni il diventare un autentico buon dormitore è più
rapido che per altri, tutto qui; ma impararlo, è talmente facile
che, in effetti, c'è poca differenza, anche dal punto di vista
cronologico, fra gli uni e gli altri.
E' molto più facile diventare un buon dormitore che un buon
sciatore, un buon cavallerizzo o cintura nera di karaté, e questo
grazie alle scoperte (alcune delle quali recenti) che sono state
realizzate, da una ventina d'anni a questa parte, nel campo del
sonno. Purtroppo quasi nessuno conosce queste scoperte, così ci
troviamo tutti nella schiera degli autodidatti, qualunque siano
la nostra età, il nostro mestiere e anche il nostro sonno. E ciò
vale per la nostra vita privata come per le nostre distrazioni
o per il nostro lavoro; ne risulta anche un autentico mutamento,molto benefico per la nostra vita familiare e sociale. Ciò può
significare una vera rinascita alla vita. E è possibile a patto che
abbandoniamo la concezione limitata e superata, secondo la quale:
- il giorno è fatto unicamente per star svegli e la notte
solo per dormire;
- la veglia è fatta esclusivamente per spendere energie e la
notte per recuperarle.
Vedremo che, molto paradossalmente (ci sono molti paradossi
nel sonno) sono soprattutto gli animali e i bambini che ci fanno da
professori in questa riscoperta, perché, come dice J' Bouton: (r)ho
capito che, in materia di sonno, i bambini sono i nostri maestri, i
nostri docenti migliori».Esplorazione rapida
di una notte di sonno E' indispensabile ricordare agli uni e
fare scoprire agli altri alcune nozioni elementari (che ci
serviranno di base) su ciò che avviene nel corso di ogni
notte. Ce lo mostrerà l'elettroencefalografo, apparecchio che
raccoglie, amplifica un milione di volte e poi trascrive sulla
carta le pulsazioni elettriche emesse dal nostro cervello. La
definizione più rappresentativa del sonno la dobbiamo a J'
Bouton: (r)un cambiamento periodico d'attività cerebrale.»
Grazie a questo apparecchio, sappiamo che le notti non
trascorrono con continuità e linearità, ma che sono divise in
periodi chiamati cicli, ognuno dei quali comprende un certonumero di fasi o stadi. La durata di uno qualsiasi di questi
cicli è quasi costante per tutti: così, ciascuno ha il proprio
ciclo di una durata determinata, compresa fra un'ora e mezza e due
ore, durata che varia, da un individuo all'altro, entro questi
due limiti.
Percorriamo un ciclo insieme Quando siamo in stato attivo di
veglia, il cervello emette pulsazioni elettriche di debole
ampiezza (voltaggio molto basso) ma molto rapide: dalle 30 alle 50
al secondo; è il ritmo beta.
Dal momento in cui chiudiamo gli occhi e ci abbandoniamo in uno
stato di rilassamento fisico e psichico (Fase 1 del sonno),
queste pulsazioni o onde rallentano e il loro ritmo scende acirca 10 al secondo (tra 8 e 12), ma con un voltaggio di circa
cinque volte superiore: si tratta del ritmo alfa della veglia
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passiva. E' una fase molto fragile: basta toccare chi è
appisolato, parlargli, far rumore, è sufficiente che egli apra gli
occhi o che abbia un istante d'attenzione o di tensione emotiva
che, immediatamente, il ritmo alfa si arresta e vien sostituito
da quello beta, ossia della veglia.
Il sonno lento, profondo,
profondissimo Se non accade nulla di tutto ciò e se la sera, nel
proprio letto, restiamo nel ritmo alfa un certo tempo,
allora le pulsazioni elettriche del cervello rallenteranno ancora
(Fase 2 del sonno) e apparirà un ritmo transitorio (che dura da
qualche secondo a qualche minuto) di 4 o 5 onde al secondo; si
tratta, in questo caso, di ritmo teta (talvolta chiamato gamma)
che si manifesta quando ci addormentiamo.
Ma esso viene velocemente rimpiazzato (ancora nella Fase 2) dal
ritmo sigma, ancora più lento e caratterizzato
dall'apparizione, in queste onde, di altre onde più forti e più
rapide chiamate appunto sigma (8 a 10 al secondo) evidenziate sul
tracciato da segni fusiformi e anche, ogni tanto, da onde piùcomplesse, ancora più forti, che lasciano tracce caratteristiche. Il
periodo sigma dura 20 minuti.
Subito dopo, comincia il periodo delta del sonno profondo
(Fase 3), dall'inizio del quale appaiono onde ancora più rallentate
(1 a 3 al secondo), ma di ampiezza molto estesa: circa 25 volte
quella delle onde beta della veglia attiva; le onde di questo nuovo
stadio (che è di breve durata: circa 10 minuti) sono appunto chiamate
delta.
Quando più della metà del tracciato è costituito da questo
tipo di onde, si dice che il dormiente è entrato nella Fase 4
del sonno profondissimo: in questo momento, un certo numero
delle funzioni vitali (respirazione, battito cardiaco, tensionearteriosa, etc') sono al regime più basso; questo livello
corrisponde a quello che si definisce, in linguaggio corrente,
il (r)primo sonno», profondissimo, proprio dell'infanzia e che
scompare dopo i trent'anni, se non impariamo a dormire bene.
Lo stadio gamma dura a lungo, perché, quando cessa, sono trascorsi
circa 90 minuti dall'inizio del sonno: al suo termine, si ritorna,
generalmente, al sonno leggero della Fase 2.
Il sonno detto paradossale Il sonno leggero a cui torna il
dormiente viene, tutto a un tratto, interrotto da un cambiamento
sorprendente: in effetti, il cervello si sveglia e ricupera le onde
alfa della veglia passiva. Ma, paradossalmente, l'insieme del
corpo resta profondamente addormentato, ancor più di quanto nonavvenga nel corso del sonno profondissimo: chi dorme è
letteralmente sprofondato nel giaciglio come fosse morto;
infatti, a parte certi piccoli muscoli della faccia e delle
estremità superiori e inferiori, resta come paralizzato: è
questa la Fase 5, definita sonno paradossale.
Durante tutta questa fase si manifesta anche una
particolarità fisica assai curiosa: la pupilla degli occhi
comincia a muoversi orizzontalmente da destra a sinistra e da
sinistra a destra (come se stessimo seguendo una partita di ping-pong
da uno dei lati del tavolo); questi movimenti, rapidi e di grande
ampiezza, prendono poi altre direzioni, per esempio, dall'alto
in basso e dal basso in alto. Questa fase dura da 10 a 15 minuti; èsoprattutto, per non dire esclusivamente, durante questo periodo
che noi dormiamo intensamente. Ma come cessa la Fase 5, torniamo
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allo stato di veglia e così concludiamo il primo ciclo.
Lo stato di veglia semicosciente che succede alla fine di un
ciclo dura da 1 a 2 minuti e non è un risveglio vero e proprio.
In questo momento, evidentemente, il sonno è estremamente
fragile e si trova alla mercé di una perturbazione interna (per
esempio, un dolore) o esterna (per esempio, un rumore). Questa
veglia di fine ciclo dura troppo poco per essere registrata nella
memoria cosciente. Poi, ci riaddormentiamo e ripercorriamo un
altro ciclo, e così via. E tutti i cicli sono simili gli uni agli
altri.
Siamo ora in grado di definire i due criteri più
importanti del sonno:
- la quantità del sonno dipende sia dalla sua durata che dalla sua
profondità. Ciò spiega come si possa dormire a lungo ed avere un
sonno quantitativamente insufficiente; per contro, come si possa
dormire poco ed avere una quantità di sonno sufficiente, se tale è
anche la sua profondità;
- la qualità del sonno corrisponde al susseguirsi ottimaledei cicli e delle loro fasi, in un ordine e in una giusta
proporzione.
I diversi tipi di sonno
Prima tappa:
il sonno-lampo di pochi istanti Apparentemente, un certo numero
di animali non dorme mai; è il caso, per esempio, dell'antilope,
della balena, di certi pesci come il muggine, dell'elefante
selvaggio, del topo ragno, della formica (non sotto le nostre
latitudini, dove la formica ha periodi di ibernazione, ma
all'Equatore dove, durante i tre anni di durata media della sua vita,
la formica resta attiva 24 ore su 24).Si cita il caso di alcuni esseri umani che
apparentemente non dormono affatto. Per esempio, la signora I'
Palomino, nel giugno del 1944, sbadigliò così forte che le si
staccò la mascella. Le fu rimessa a posto, ma, da quel momento, non
le riuscì più di dormire. G' Mathieu cita, fra gli altri esempi
del genere, quello di un soldato ungherese che ha perduto
completamente il sonno in seguito ad una ferita di guerra. M'I'
Gruen, nel 1936, rivelò alla stampa che dal 1917 non aveva più
dormito a causa di una forte emozione, dovuta all'esplosione
nella propria casa di una bomba che, pertanto, a parte la perdita
totale del sonno, l'aveva lasciato fisicamente indenne.
Nel 1941 M'P' Kern dichiarava di non aver più dormito dal 1916,dopo essere stato ferito, in guerra, alla testa ed aver subito la
trapanazione del cranio. Tutti questi animali ed esseri umani
privati del sonno vivono quasi normalmente. E questo fenomeno,
dopo una serie ripetuta di esperimenti sulla perdita del sonno, è
stato ora chiarito. Se si pone un topo su una ruota dentata che gira
lentamente e verticalmente in maniera continua e, al centro, la
ruota è immersa nell'acqua, l'animale che non vuol cadervi dentro
(i topi hanno orrore dei liquidi) s'accorge subito che, per
evitarlo, deve marciare giorno e notte. La maggior parte di
queste bestie resiste qualche giorno, altri hanno battuto un vero
e proprio record: fino a ventisette giorni.
Abbiamo avuto la spiegazione della loro eccezionaleresistenza al sonno quando, grazie a degli encefalogrammi,
abbiamo potuto constatare che facevano dei sonnellini brevissimi, da
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dieci a quindici secondi, e questo durante il terzo circa del tempo
che trascorrevano sulla ruota: correvano all'estremità della
ruota, poi s'addormentavano, mentre questa continuava a girare e
si svegliavano giusto in tempo per evitare la caduta dall'altro
lato; e così di seguito. Malgrado la loro brevità, questi periodi
erano molto riposanti e consentivano loro di ricuperare gran
parte della fatica e del sonno perduto.
Altri test hanno, in seguito, confermato l'esistenza di questi
microsonni o sonni-lampo in soggetti carenti di sonno. Abbiamo
anche potuto constatare che una formica, nei paesi caldi, si ferma di
tanto in tanto per dormire qualche secondo. Sappiamo anche,
attraverso rilievi elettroencefalografici, che i vuoti di memoria
dovuti a insufficienza di sonno non derivano da un difetto
della stessa memoria, ma a brevi accessi di sonno: apparizione
di onde teta del #,o stadio.
E' anche probabile che alcuni incidenti (per esempio nel luogo di
lavoro o alla guida dell'auto) siano causati, in caso di carenza di
sonno, da microsonni (colpi di sonno, secondo il linguaggiocomune).
Esperienze effettuate a W' Reed (negli Stati Uniti) su
volontari, privati del sonno e sottoposti ad un lavoro
richiedente un'attenzione continua, hanno dimostrato che gli
errori di disattenzione non erano dovuti a un abbassamento
dell'attenzione, ma a buchi (di tempo) provocati da sonni-lampo.
Anche se non soffriamo d'insonnia, possiamo, durante la giornata,
utilizzare questi sonni-lampo. A questo proposito, riportiamo
il caso del pittore Salvador Dalì che fece l'esperienza
seguente: egli posò in terra un piatto metallico davanti a sé; si
sedette in una poltrona, tenendo fra le dita, al di sopra del piatto,
un cucchiaio anch'esso metallico; chiuse gli occhi, si rilassò,finendo poi per assopirsi. Uno dei mezzi impiegati nei
laboratori del sonno per conoscere il momento preciso in cui
ci addormentiamo consiste proprio nel tenere qualcosa fra le
dita: la lasciamo cadere al sopraggiungere del sonno. L'altro
mezzo è quello di scoprire l'istante in cui diventiamo ciechi
e ciò avviene nel preciso istante in cui ci addormentiamo; tale
stato di cecità dura tutto il tempo del sonno.
Nell'istante preciso in cui Salvador Dalì entrava nel sonno,
lasciava cadere il cucchiaio che gli scivolava fra le dita e finiva
nel piatto provocando un rumore che lo svegliava
immediatamente. Dalì si riteneva interamente ripagato da questo
sonno estremamente breve, durato il tempo di caduta della posata.Oggi, il potere (r)rigeneratore» del microsonno è ritenuto certo.
Jean Cocteau ha detto: (r)mi capita di dormire sonni interminabili di
un mezzo secondo.»
Questo tipo di sonno è utile anche al navigatore solitario
che compie lunghe distanze: quando c'è mare grosso, deve
talvolta pilotare la propria imbarcazione per molte ore e non può
ricorrere ad altro che al sonno-lampo: dorme fra due creste d'onda
e questo gli permette di resistere.
Pratica del sonno-lampo Prima di tutto con la chiusura degli
occhi. Abbiamo già menzionato l'intenso bombardamento di
informazioni - che provengono dai nostri sensi (e, quindi, anche
dagli occhi) - a cui viene incessantemente e lungamente sottopostoil cervello allo stato di veglia, fino ad arrivare ad essere
letteralmente saturo di informazioni.
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La nostra società pecca per eccesso, abbiamo troppo di tutto:
troppo lavoro, troppi problemi, troppi progetti, troppo nutrimento,
troppe informazioni, etc'. Si dice che, la nostra, sia una (r)società
di saturazione». Da qui nascono l'interesse per il silenzio
interiore, per por fine a tutti questi eccessi, a tutto questo
(r)fracasso»; da qui la necessità del sonno-lampo per far cessare,
anche per un solo istante, questo traboccamento.
Con gli occhi chiusi, non riceviamo che il 10% delle
informazioni, perché il 90% di esse ci pervengono, appunto, dalla
vista; il fatto di troncare così, quasi completamente, la
comunicazione con l'esterno, apporta un (r)taglio» cerebrale molto
salutare.
Il cervello non può, per tutto il santo giorno,
sopportare questo ritmo sfrenato senza rallentare la frequenza
delle onde beta che sono, lo ricordiamo, estremamente rapide (da 30
a 50 al secondo), analoghe ad una frenesia infernale. C'è bisogno
(ed è, questa, una necessità imperiosa) di scendere al ritmo alfa
o meglio ancora a quello beta; e questa tregua cerebrale,anche se di corta durata, è estremamente benefica.
Di più: non solo interrompendo le comunicazioni con l'esterno
avviene un alleggerimento psichico, ma si ha anche
un'eliminazione, uno svuotamento (anche se solo provvisorio) dei
nostri problemi: ed è un'azione doppia, perché interessa la
ricezione e la comunicazione.
Sappiamo anche che l'alternanza oscurità-luce è assai benefica
per gli occhi e per il cervello: durante il buio si ha la
ricostituzione dei pigmenti retinici, preziosissimi per la nostra
vista. Questa alternanza permette ancora alla nostra retina di
assorbire la vitamina A e altre vitamine del sangue. Nello stesso
tempo, l'alternanza provoca un'importante variazione delle ondeelettriche emesse dal cervello, con conseguente stimolazione,
autentico (r)massaggio» cerebrale, in particolar modo della corteccia.
(r)Possiamo constatare che la gente colpita da senilità, da
idiotismo, che non lavora bene con il cervello, ha gli occhi fissi,
aperti e senza quel semplice batter di ciglia, che è così naturale,
istintivo al punto che non ce ne accorgiamo e non vogliamo
controllare; è necessario imporre agli occhi questo movimento
perché reca sempre un beneficio alla vista ed al cervello»,
dice M'me Sébastien.
V'è un'altra spiegazione della grande efficacia del
sonno-lampo: dal momento che la quantità di sonno non dipende
solamente dalla durata, ma anche dalla sua profondità, si puòallora pensare che, pur nella sua brevità, corrisponda a una
quantità di sonno non disprezzabile, potendo raggiungere, in
pochi istanti, livelli profondi.
Perciò è bene prendere l'abitudine di praticare il sonno-lampo
più volte al giorno: è talmente vivificante che non ne potremo
più fare a meno ed è un'operazione che non comporta
inconvenienti, neanche perdita di tempo e nulla e nessuno può
impedircela, dato che può passare inosservata.
E' probabile che un certo numero di noi abbia già, senza
accorgersene, dei sonni-lampo, secondo la teoria delle sensazioni
dette (r)subliminali» (cioè, che durano troppo poco tempo per
essere percepite in maniera cosciente). Questo (r)assopimento» è unriflesso quasi automatico quando si manifesta in casi di sonno
arretrato; ora, lo ripetiamo ancora una volta, siamo quasi tutti in
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stato permanentemente arretrato, in debito di sonno. Però, è meglio
favorire questi microsonni piuttosto che subirli. Possiamo praticarli
ovunque: in ufficio, in fabbrica, a casa, in autobus o in metrò, e
anche al volante di un'auto, ma, in questo caso, solo nei momenti di
arresto, in caso di ingorgo o di semaforo rosso.
Come praticare il sonno-lampo Non è il caso di parlare
propriamente di tecnica: accedere al sonno-lampo è solo questione
d'abitudine, d'allenamento. E' raccomandabile, tuttavia, sopratutto
all'inizio, di esercitarsi a praticarlo quando il cervello lo
richiede: cioè, a ore fisse e precise per ciascuno di noi,
qualunque sia la fatica fisica e psichica sostenuta. Se stiamo
un po' attenti, se sappiamo (r)ascoltarci», impariamo a
individuare i momenti giusti, come meglio vedremo nel capitolo
seguente.
Per una meraviglia della natura, è sempre alla stessa ora che
il cervello ci sollecita, ci prega immediatamente di rallentare;
ma naturalmente quest'ora differisce da una persona all'altra. Ecco
perché spetta a ciascuno di stabilire (e questo viene fatto unavolta per tutte) le proprie ore di necessario (r)sganciamento».
Quando guidiamo l'auto in città e siamo costretti a ridurre
la velocità, possiamo forse dire che il rallentamento sia dovuto a
inefficienza meccanica del mezzo? Lo stesso avviene nel nostro
cervello, ma, interpretandolo all'incontrario, reagiamo in maniera
sbagliata: fumiamo una sigaretta, beviamo un caffè, ci agitiamo, per
reagire e mantenerci in ritmo beta a tutta forza, mentre al cervello
occorre passare per qualche istante al ritmo alfa o teta.
Bisogna comprendere che, agendo così, (r)spingiamo a fondo
sull'acceleratore» per mantenere la stessa velocità, mentre il
cervello reclama una marcia in meno, un rallentamento, un
abbassamento di regime. Ciò che mai faremmo al motore dellanostra auto, lo facciamo più volte al giorno al nostro cervello.
Nella giornata, all'incirca ogni 90-120 minuti, vi sono momenti
in cui si deve scendere al ritmo teta. E non c'è nessuna ragione di
resistere, anzi occorre favorire il cambiamento, ponendoci in
condizione di rilassamento fisico e psichico, chiudendo gli
occhi. Immediatamente giunge il nuovo ritmo, perché è lo stesso
cervello che lo esige: basta lasciarci andare completamente e
lasciar fare al cervello ciò che vuole, rimanendo il più possibile
passivi.
In seguito useremo il sonno-lampo a volontà. Suggeriamo un mezzo
che può essere di aiuto: dal momento in cui chiudiamo gli occhi,
dobbiamo espirare molto dolcemente, e eventualmente immaginarci, oanche, vederci sul punto di sprofondare in una specie di buco, di
pozzo senza fondo, nero, o blu scuro, se il nero ci spaventa.
Il sonno-lampo dura da dieci e trenta secondi. I vantaggi
che ne ricaveremo sul piano della lucidità che ne deriva e sul piano
della maggior resistenza a ogni tipo di fatica sono enormi se
confrontati al poco tempo che il sonno-lampo ci chiede. Possiamo
paragonare il suo effetto a quello di
una molla che si allenta: azione che richiede meno di un
secondo, dopo una tensione talvolta molto lunga; questo
semplice gesto è sufficiente ad annullare completamente la
fatica della molla che torna a essere disposta a nuove tensioni. Lo
stesso accade al nostro cervello dopo ogni sonno-lampo.Seconda tappa:
la pausa di parcheggio
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di qualche minuto Ognuno di noi ha nella propria testa una
meraviglia delle meraviglie: il cervello. Numerosi libri sono
stati scritti per dare un'idea della sua complessità, una se pur
vaga idea del suo funzionamento, delle sue possibilità: egli è, di
per sé, tanto complicato quanto tutto l'insieme del cosmo ed è
un vero microcosmo, ossia il modello ridotto del cosmo intero.
Solo il cervello umano è capace di comprendere l'universo, così
come è capace di comprendere se stesso.
Abbiamo paragonato il cervello ad un calcolatore. In realtà,
il cervello umano è il più straordinario laboratorio, il più
fantastico complesso (nel senso di complesso industriale) che si
possa immaginare, è un congegno ultra miniaturizzato perché pesa
circa un chilogrammo e mezzo ed ha la grossezza di un pompelmo.
Secondo J'M' Robert, contiene da dieci a quindici miliardi di
neuroni (cellule nervose) (r)ognuno dei quali ha la complessità di un
grosso calcolatore che può ricevere, integrare, memorizzare,
filtrare, dare informazioni senza tregua per decine e decine d'anni.»
Il numero di operazioni che il cervello umano può compiere
è di duecento milioni di bits al secondo: un bit rappresenta,
nel linguaggio dell'informatica, l'informazione contenuta in
una risposta a una domanda per mezzo di un sì o di un no.
La quantità di operazioni eseguibili dai neuroni cerebrali
è così enorme che per indicarla occorrerebbe una linea di numeri
lunga 10,5 milioni di chilometri.
Ciò ci dà un'idea approssimativa della complessività e delle
enormi capacità di questo delicatissimo organo. E' una sorgente
inaudita ed inesauribile d'informazioni, e tuttavia non vi badiamo
nemmeno, è anche un radar all'ascolto continuo del cosmo e dei
suoi ritmi. E noi, non soltanto non sappiamo servircene(utilizziamo solo una piccola percentuale del suo potenziale), ma
passiamo addirittura il tempo a maltrattarlo.
E torniamo al sonno: a ore fisse
(ogni ora e mezzo due ore) il cervello ci invia messaggi
precisi, di cui siamo i destinatari e che costituiscono un
segnale d'allarme come se s'accendesse una luce rossa sul
cruscotto o
una soneria d'allarme entrasse in funzione.
Questo segnale è una specie di barriera protettiva per evitare,
per esempio, fra gli altri danni il (r)surriscaldamento» di questo
congegno straordinariamente perfetto ma, proprio perciò,
fragilissimo.Ci segnala anche che ha bisogno del ritmo, cioè di un modo di
funzionamento particolare che si ottiene chiudendo gli occhi,
ponendoci in uno stato di rilassamento fisico e psichico, eliminando
tensione e attenzione. In questo stato, rompiamo quasi completamente
ogni comunicazione con l'esterno, mentre durante la veglia il
nostro rapporto con l'ambiente rimane costante attraverso i
nostri sensi.
Ecco i principali messaggi, con i quali il cervello ci avverte
durante la veglia della sua pressante esigenza di ritmo alfa, e
con i quali, la sera, ci segnala la necessità
d'addormentarci. Questi messaggi si manifestano per mezzo di
sintomi caratteristici:- desiderio di annullare le facoltà sensitive che, se non
trovano ostacoli, si annullano automaticamente: non abbiamo più
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desiderio di ascoltare (una conversazione o la musica) per esempio,
né di guardare (le immagini dei video), né di andare avanti
nella lettura del libro che avevamo deciso di leggere; peraltro,
si manifesta anche una tendenza a chiudere gli occhi perché le
palpebre diventano pesanti, come lo diventa anche la testa, che
sentiamo il desiderio di appoggiare su qualcosa; lo stesso accade
anche alle spalle (succede di alleviarne la fatica, spostando il
peso del tronco sugli avambracci piegati sul tavolo davanti al quale
siamo seduti);
- desiderio di non muoversi più: una sorta di paralisi ci
invade; ogni movimento richiede allora uno sforzo maggiore, che
spesso attribuiamo ad affaticamento, mentre questo non c'entra
affatto;
- desiderio di annullamento mentale: non sentiamo più il bisogno
di seguire un filo logico (è lo sfocamento cerebrale che succede a
quello della vista); non abbiamo più desiderio di guidare i
nostri pensieri, ma piuttosto di lasciarli andare a ruota libera,
in piena deriva mentale.Ci (r)sganciamo» dalla realtà, dal momento presente, il pensiero
si libera dalla pania della logica. Tutti questi messaggi
hanno luogo di sera, e anche ad un'ora fissa (e sono ancora più
pressanti). Si aggiungono gli sbadigli; la pupilla degli occhi
che sale verso l'alto (non abbiamo più la vista lucida), il
bisogno di stropicciarsi gli occhi la sera; dunque, il nostro
cervello ci indica che è ora di dormire e che (r)il treno del sonno» è
arrivato in stazione.
Ma anche di giorno, i messaggi che abbiamo descritto
significano che il nostro cervello ci grida: (r)Attenzione,
pericolo! Ho urgente bisogno di
rallentare! E ci supplica di ubbidirgli.
Tre comportamenti
- Non percepiamo affatto questi messaggi (o molto debolmente)
perché siamo troppo occupati o troppo distratti; oppure
(all'incontrario di tutti gli altri animali che li rispettano
imperativamente) restiamo sordi e ciechi a tutti i segnali e a tutti
gli avvertimenti del cervello e anche del corpo. E questo è il caso
più frequente.
- Li percepiamo, ma siamo negligenti o ignoriamo la loro
importanza; o meglio ignoriamo il loro significato e l'interpretiamo
male: prendiamo addirittura degli eccitanti, per tentare di obbligare
il cervello a restare a quel ritmo folle che è il ritmo beta (da 30 a50 al secondo) il che è ancora peggio che restare passivi, perché, lo
abbiamo detto, provochiamo una maggiore accelerazione in luogo del
rallentamento di cui abbiamo urgente bisogno;
- Infine, adottiamo la soluzione intelligente, ragionevole,
naturale e straordinariamente benefica in tutti i sensi: quella di
ascoltare l'appello del cervello ed accordargli la tregua richiesta
(e la sera addormentarsi all'(r)ora cerebrale» e non all'ora del
cronometro) accettando una pausa di parcheggio.
Possiamo anche praticare il sonno-lampo indicato nel capitolo
precedente, ma sarebbe solo un palliativo insufficiente: ogni quattro
ore circa
(ogni due cicli) occorre fare una pausa di parcheggio di cuipreciseremo le condizioni e gli effetti. I cicli del cervello non
sono soltanto notturni ma anche diurni, ossia si succedono per tutte
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le 24 ore.
In primo luogo rileveremo che, mentre la quasi totalità degli
uomini restano insensibili ai disperati appelli cerebrali, un certo
numero di individui l'osservano. Anzitutto i bambini che prenderemo
come modelli (per una volta tanto i genitori, invece di dare il buon
esempio, devono seguire quello dei loro figli) perché essi sanno
d'istinto che non bisogna (r)giocare» con il proprio cervello. J'
Bouton, l'esperta conoscitrice dell'infanzia, ci farà ancora da
guida.
E' tipico nei bambini: stanno giocando con il trenino o con una
automobilina Tuu!à Tuu!à o tornano dal supermercato o sono in
chiesaà Sanno (non lo hanno ancora disimparato) che la pausa di
parcheggio è un'esigenza prioritaria (perfino più importante della
preghiera). E improvvisamente lasciano tutto e crollano là dove si
trovano o corrono a rifugiarsi tra le braccia della mamma, se sono
ancora molto piccoli; qualche minuto in pausa di parcheggio e poi
ripartono, più vivaci di prima.
Peraltro, nell'antichità questa tregua era obbligatoria per tuttinel momento dell'Angelus. Luigi Xi ha reso l'Angelus obbligatorio,
con decreto reale: nelle campagne, nei campi, nei boschi, sulle
strade, i viandanti, i cavalieri dovevano fermarsi e inginocchiarsi
quando sentivano suonare l'Angelus: con la testa inclinata in avanti,
gli occhi chiusi e le pupille verso il cielo (come quando si prega),
il cervello in stato alfa, rispettavano questa pausa di parcheggio
obbligatorio tre volte al giorno, tante quante ne richiede l'Angelus.
Oggi, invece, non chiudiamo gli occhi dalle sette del mattino alle
undici di sera: dovremmo veramente ristabilire l'Angelus.
Questo momento di tregua viene praticato ancora nel mondo islamico
cinque volte al giorno: i maomettani pregano in stato alfa: stando
genuflessi in una posizione simile a quella fetale che è poi laposizione ideale.
Un altro esempio di pausa di parcheggio (che giustifica peraltro
tale denominazione) è quello dei piloti automobilistici di corsa o di
rally. Essi, quando si arrestano ai box per il rifornimento e i vari
controlli e registrazioni fermando la vettura in zona-parcheggio, si
concedono la loro pausa di parcheggio chiudendo gli occhi e
rilassandosi (e talvolta anche dormendo) qualche minuto. E' grazie a
ciò, dicono, che possono resistere. Infatti è indispensabile, per
poter continuare a pilotare, mantenere lucidi i riflessi e non
addormentarsi al volante.
Quanti s'impegnano in prestazioni eccezionali, praticano
sistematicamente la pausa di parcheggio e solo così possonosopportare, senza fatica, un'intensa attività. E' il caso, per
esempio, per i capi di stato viventi o per i grandi della storia.
Napoleone s'arrestava completamente per qualche minuto più volte al
giorno e ora sappiamo che proprio queste pause di parcheggio gli
consentivano di tenere, senza affaticarsi, un eccezionale ritmo di
vita.
Edison s'addormentava ad ogni piè sospinto e non sapremo mai
quanto tempo (né quante volte) nel corso della giornata. Il
presidente Truman, a settant'anni, quando gli chiedevano da dove
tirasse fuori la sua instancabile energia, rispondeva: (r)Se mi sento
stanco, anche durante una riunione, chiedo scusa e raggiungo la
stanza attigua, dove mi tolgo le scarpe, anche per solo cinqueminuti». E così egli s'appisolava.
Numerosi presidenti e uomini di Stato, vivendo continuamente sotto
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pressione, si sono allenati a dormire brevemente e a recuperare le
forze concedendosi alcuni istanti di riposo. C'è gente molto occupata
che, per questa operazione, non ha nemmeno bisogno di una camera
appartata, o di un divano. Al Madison Square Center, dove migliaia di
persone s'erano radunate per reclamare una politica nucleare
equilibrata, Norman Thomas (noto militante politico americano)
elettrizzò l'uditorio annunciandogli con voce tonante l'intervento
oratorio di Eleanor Roosevelt. Quando si fece da parte per
presentarla la vide addormentata sulla sedia: fu così necessario
svegliarla, perché potesse prendere la parola. Come aveva confidato
ad amici intimi, era capace di dormire in qualsiasi circostanza; ciò
le era indispensabile per poter tener duro.
J' Benver ci dice: (r)Concedetevi dei brevi riposi, durante la
giornata. Due o tre "fermate" di cinque minuti in una poltrona,
faranno miracoli». La dottoressa L' Gilbreth, esperta in campo
organizzativo sociale, si avvale di questo espediente nel tardo
pomeriggio prima di recarsi la sera a un banchetto o a una
conferenza. Abbiamo conosciuto un uomo che si alzava prestissimo e sidedicava ad un lavoro faticoso e difficile; dormiva, ogni giorno dopo
pranzo, cinque minuti esatti: si spogliava, si metteva a letto e
s'addormentava; trascorsi cinque minuti, si rivestiva, sentendosi ben
riposato, scrive R' Dextreit.
In ultimo, riferiamo la nostra personale esperienza: non c'è
giorno, e questo da moltissimo tempo, che non abbiamo praticato la
pausa. Se siamo al volante della macchina in città, ci fermiamo e
dormiamo qualche minuto; quando ci svegliamo, abbiamo l'impressione
di andare incontro ad una nuova giornata.
Ma tutti devono trovare interesse a praticare la pausa di
parcheggio, questa pausa s'impone. In Inghilterra è conosciuta e
praticata al nome di catnapping. Ognuno dovrebbe avere come lapropria auto, un piccolo disco di parcheggio da mettere, per esempio,
sulla scrivania o davanti al posto di lavoro: (r)Sono in parcheggio,
non disturbatemi per piacere: grazie». Il disco dovrebbe recare anche
(sarebbe in questo caso personalizzato) le ore più favorevoli per
questa operazione perché è senza dubbio più facile, più rapido, più
efficace e ancora più benefico praticarla nel preciso momento in cui
il cervello la richiede.
Per conoscere questo momento basta annotare su d'un taccuino i
momenti in cui il cervello invia i messaggi. Ricordiamo che questi si
manifestano sempre per ciascuno di noi alle stesse
ore, che però sono diverse da individuo a individuo. Dobbiamo
abituarci anche ad approffittarne almeno per qualche istante, quandonon possiamo rispettare le ore preferite. Ogni dirigente dovrebbe
avere per isolarsi accanto al proprio ufficio una stanzetta con
lampadina rossa sopra la porta a significare: (r)Ho un appuntamento di
grande importanza con me stesso». Ogni azienda degna di questo nome
dovrebbe avere nella sede centrale e nelle filiali (come accade in
Giappone) uno o più angoli-relax dove potere a proprio piacere,
discrezione e tranquillità, esercitare tale pratica. Vi sono i bar,
ma sono troppo rumorosi, troppo illuminati e adibiti soprattutto alla
pausa-caffè ch'è proprio il contrario della pausa di parcheggio. Il
rendimento e l'ambiente di lavoro ne guadagnerebbero enormemente.
Come praticare
la pausa di parcheggioOccorre, prima di tutto, l'(r)isolamento sensoriale», occorre cioè
chiudere gli occhi, perché solo così possiamo realizzare un reale
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isolamento e tregua cerebrale. Se non possiamo appartarci in una
stanza dove regna la semioscurità e le palpebre non sono ben protette
dalla luce, è necessario inforcare occhiali schermati, che possiamo
realizzare anche da soli dipingendo di nero un comune paio di
occhiali da sole.
E' necessario cercare un angolo silenzioso oppure tapparsi le
orecchie con tamponi o batuffoli di cotone. Bisogna poi sedersi o,
meglio ancora, sdraiarsi: l'ideale sarebbe una comoda, rilassante
poltrona.
Se siamo costretti a restare seduti, la posizione migliore è quella
detta del (r)cocchiere in attesa del padrone», cioè con il busto
inclinato in
avanti verso le ginocchia, le braccia oscillanti verticalmente.
Ricordiamo che il ritmo alfa corrisponde a uno stato di (r)deriva
mentale», di (r)ruota libera» e non ad un arresto del pensiero come
sentiamo spesso affermare. Non bisogna assolutamente cercare di
(r)fare il vuoto», di (r)non pensare più a niente», etc', perché ciò
richiederebbe un certo sforzo o attenzione, controindicati perl'attuarsi del ritmo alfa.
Infatti, è necessario lasciare andare i pensieri, senza intervenire
e nemmeno cercare di frenarli o, a maggior ragione, rifiutarne
alcuni: dobbiamo diventare semplici (r)spettatori dei nostri pensieri».
E sul piano emozionale, occorre crearsi una (r)zona di neutralità
affettiva», al di fuori d'ogni sentimento piacevole o spiacevole,
raggiungere, cioè, uno stato di indifferenza e di passività.
Gli effetti della
pausa di parcheggio
Come mai la pausa di parcheggio è tanto efficace? Come mai questo
breve arresto nella nostra sfrenata corsa quotidiana dà risultati
così miracolosi? Semplicemente perché è una (r)droga» eccezionale etotalmente inoffensiva.
Questo (r)piccolo sonno» ha una proprietà ricostituente molto
superiore al tempo che richiede: gli bastano pochi minuti per
ricaricare le nostre riserve di vitalità e ridarci anche tutta la
nostra lucidità.
Questa seconda tappa dell'arte del sonno fa parte, come la prima
(sonno-lampo), dell'alta scuola e possiamo
utilizzarla molto più spesso di quanto si può credere: in ufficio,
in viaggio, in treno o sull'aereo e anche (e soprattutto) in auto, se
siamo passeggeri. Se guidiamo, basta fermarsi. E ancora ad uno
spettacolo, davanti alla televisione; ogni volta, cioè, che siamo
seduti e perfino quando siamo in piedi.E' particolarmente raccomandata prima di una riunione, per
raccogliere le forze e le idee; prima di una prova qualsiasi: una
corsa, un incontro sportivo, un esame, un discorso, una conferenza,
una discussione o un negoziato; e anche la sera, se abbiamo un
banchetto o una riunione mondana nel corso dei quali è d'obbligo
essere brillanti.
Per un uomo d'azione, la pausa di parcheggio è uno degli strumenti
di lavoro più preziosi: è, lo ricordiamo, l'arma segreta degli
individui superdotati e in grado di fornire prestazioni eccezionali.
E rappresenta, per tutti, un'arma anti-stress, anti-invecchiamento,
perché permette d'evitare l'usura. Mette, infine, al riparo dalla
sonnolenza, soprattutto se abbiamo dormito poco o male la notteprecedente (vedi più avanti il capitolo: Mezzi per lottare contro il
sonno), la sonnolenza si vince cedendovi per un po'.
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La pausa parcheggio è anche un'arma formidabile contro l'insonnia,
evitando la sovreccitazione conseguente al surriscaldamento e alla
sovrintossicazione dovute all'affaticamento nervoso, fattori,
ambedue, che impediscono di prendere sonno; e anche quando riusciamo
ad addormentarci, provocano un sonno agitato, dalle capacità
riparatrici molto diminuite. La pausa parcheggio è proprio il miglior
preventivo contro l'insonnia.
Qualcuno, un giorno, ci ha detto: (r)Vedo che lei, per mezzo della
pausa di parcheggio ricupera rapidamente.» Eh, no, è qualcosa di più:
si evita totalmente la fatica, prima ancora che si produca. Questa
pausa ci permette di allontanare la barriera della fatica contro la
quale la maggior parte di noi va sempre a sbattere. La fatica, come
il dolore, la febbre, la fame, la sete, è un segnale d'allarme: è una
condizione normale e molto preziosa. Quello che non è normale è
incappare costantemente in questo ostacolo, a causa degli errori che
commettiamo.
Le due cause principali sono la cattiva alimentazione e, appunto,
il fatto di non praticare quell'alleggerimento cerebrale che è lapausa di parcheggio. Ricordiamo ancora la molla che si allenta senza
alcuno sforzo; per contro, se continuiamo a tenderla, senza mai
allentarla, sopravviene la fatica. E se persistiamo nel tenderla
(sempre senza allentarla) arriveremo a superare il limite di
elasticità e la molla non riacquisterà più la forma che aveva prima
della tensione; e questo succede, appunto, a quelli che non praticano
la pausa di parcheggio: perché si spingono troppo oltre, superano il
proprio limite di elasticità e, quando giunge la sera, non riescono a
rilassarsi e a prendere sonno.
Infine, se continuiamo ancora a tendere la molla (sempre senza
allentarla) arriviamo a romperla; è quanto accade a coloro che cadono
in stato depressivo (stato sempre più frequente tanto da diventare lamalattia del secolo); i depressi hanno raggiunto il loro punto di
rottura.
Facciamo un altro confronto: prendiamo, per esempio, un
mezzofondista; supponiamo che gli venga accordata, in mezzo a questa
distanza (neutralizzandone il tempo) una piccola pausa di parcheggio,
non di qualche minuto, ma soltanto di quindici secondi:
immediatamente il record di Francia e anche quello del mondo sarebbe
battuto da molti atleti; vediamo così come anche una pausa
relativamente breve possa produrre effetti straordinari.
E abbiamo lasciato per ultimo l'effetto più benefico, unico,
incomparabile, irrimpiazzabile, quello ottenibile con il più semplice
dei gesti: la chiusura degli occhi. Abbiamo già spiegato che, sulpiano fisico, questa interrompe il 90% delle informazioni in entrata,
ma i suoi effetti, su quello psichico, sono ancora maggiori: dal
momento in cui chiudiamo gli occhi ritroviamo noi stessi. (r)Chiudi gli
occhi, tutto quello che vedi t'appartiene», ha scritto Jean
Giraudoux. (r)Chiudi gli occhi e vedrai chiaro in te stesso», aggiunge
un proverbio orientale.
Peraltro, dal momento in cui abbassiamo le palpebre, diventiamo
completamente diversi, non siamo più gli stessi: perché siamo in uno
stato d'introversione, non siamo più distratti (attratti
dall'esterno), entriamo in linea diretta con noi stessi.
Ma un enorme condizionamento sociale ci impedisce di compiere la
semplice azione di chiudere gli occhi: essa non è ben accetta da chici sta vicino, in ufficio, a scuola, in una riunione, a tavola, con
gli amici, etc'.
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Il cervello è uno strumento stupefacente. Lo facciamo correre tutta
la giornata e in molti casi si tratta contemporaneamente di velocità
e di fondo; come tutti i corridori ha bisogno, di tanto in tanto, di
tirare il fiato anche lui; in fondo non è poi troppo
esigente: ci chiede insistentemente di rallentare un po' per
qualche minuto, ogni due ore circa. Si tratta di ben poca cosa, ma
per lui riveste una grande importanza. E' capace di resistere circa
due ore a questa andatura, a questo ritmo diabolico (30 pulsazioni al
secondo), e questo, di per sé, costituisce già una grande
prestazione.
Cerchiamo dunque, d'ora in avanti, di non commettere più, ogni
giorno, per tutto l'anno, anno dopo anno, questo errore capitale che
è, poi, estremamente semplice da evitare. Siamo pregati (ed è lui che
ci rivolge questo accorato appello) di accordargli quanto chiede, dal
momento che ci rende tanti utili e preziosi servizi. E se lo facciamo
ne risentiremo subito i benefici effetti; e non cerchiamo nemmeno di
sapere in quale maniera saremo ricompensati, perché sarà il cervello
stesso a incaricarsi di provarci la sua immensa gratitudine.Terza tappa:
la maxipausa di 20 minuti
Madre natura ha previsto tutto per noi e ha, come sempre, fatto
bene ogni cosa; più la guardiamo da vicino, e più ci accorgiamo che
tutto, in essa, è meravigliosamente studiato, curato e distribuito
fin nei più trascurabili dettagli; e questo per facilitarci la vita,
renderla più efficiente. Ma, perché questo avvenga, occorre non
restare ciechi o indifferenti davanti a questi prodigi e invece
rendercene conto e saperne approfittare. Ciò è particolarmente
importante nel sonno, che è organizzato in modo veramente
rimarchevole.
Il sonno è diviso in periodi ripartiti, a loro volta, in più lunghiperiodi chiamati cicli, che hanno una durata compresa fra un'ora e
mezzo e due ore circa; all'interno poi, di ogni ciclo, vi sono
periodi più (r)leggeri»: gli stadi o fasi. Senza considerare
l'assopimento (Fase 1), il primo periodo di sonno del primo ciclo,
che è quello del sonno leggero (Fase 2), ha una durata di venti
minuti (e ciò vale per ognuno di noi). E' questo periodo che ora ci
interessa e che analizzeremo perché potremo trarne notevoli vantaggi.
Notiamo che i camionisti l'usano già sistematicamente con grande
profitto: infatti, non ne potrebbero fare a meno, dato che
trasportano pesanti carichi per lunghe distanze, anche di notte.
Trascorrono così numerose ore, ininterrottamente al volante, lungola strada o autostrade monotone o difficili, con numerose curve e per
loro è d'interesse vitale conservare costantemente la lucidità. A
questo scopo utilizzano la maxipausa di una durata, ripetiamolo,
uguale per tutti, di venti minuti (con uno o due minuti in più o in
meno).
Il camionista veterano (oggi lo si insegna all'allievo camionista)
a intervalli regolari ed anche ad ore fisse sia di giorno che di
notte, parcheggia il suo mezzo appoggia la testa al volante e
s'addormenta realmente per venti minuti; dopo riprende il viaggio
fresco e riposato, senza dover più lottare con la pesantezza delle
palpebre, gli occhi che pungono, lo sfocamento del cervello,
l'annebbiamento della vista, soprattutto, contro il colpo di sonno,che potrebbe costargli l'occupazione se non addirittura la vita.
La maxipausa è un riposo di venti minuti, due volte al giorno,
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preferibilmente dopo i due pasti principali: la maxipausa
postprandiale non è una perdita di tempo come alcuni credono. C'è
perfino chi ci ha detto: (r)Trovo disgustoso addormentarsi così, dopo
il pasto!» In generale ci si accontenta però anche di argomenti più
sottili: (r)Ma pensate, andare a distendersi nel corso della giornata!
Non è serio! Può essere buono per i pigri, fannulloni, per i bambini,
per i vecchi e i malati o per i meridionali (talvolta, abbiamo
sentito dire: per gli Arabi o per i negri)». Un signore ci ha detto:
(r)Non è un'abitudine virile!» Le buone madri di famiglia: (r)Guarda che
il letto è stato appena rifatto!»
A scuola gli insegnanti dicono: Non si viene a scuola per dormire!
Nell'ambito sociale saremmo poi mostrati a dito e se contassimo
qualcosa perderemmo il prestigio e l'autorità. Invece il sonnellino
ristoratore ottiene proprio lo scopo di mantenere integra ed
efficiente la nostra personalità.
Oggi in quasi tutte le industrie del Giappone e anche in Occidente,
in tutte le aziende più avanzate sul piano dell'organizzazione e del
rendimento, vi sono locali arredati con poltrone comode e rilassanti,dove, nel silenzio e nell'oscurità, ognuno (soprattutto i membri
della direzione) possa permettersi a suo piacere i propri venti
minuti di sonno. Cosicchè, nessuno degli argomenti illustrati prima è
valido, né ha peso di fronte ai benefici di una tale pratica: (r)Venti
minuti sono sufficienti a restituire lo slancio a tutte le forze
vitali», dicono G' Gaer e L' Segal.
Queste due maxipause giornaliere sono anche divenute la condizione
sine qua non per sopportare senza fatica, senza insonnia, senza usura
tutte le difficoltà, le peripezie della vita e i traumi che ci
procurano preoccupazioni, stress, affaticamento.
Praticando questa tregua giornaliera, ci sentiamo molto meglio e
siamo di miglior umore. Chi non la pratica sono proprio quelli chetrascorrono l'esistenza come avessero una palla al piede: essi
lottano quasi permanentemente contro una sonnolenza trattenuta contro
una fatica più o meno manifesta e non sono mai veramente vivaci
fisicamente e mentalmente. Per di più sprecano molta più energia
vitale, hanno una maggiore difficoltà a mantenere salda la mente, a
concentrarsi, etc'. In breve la maxipausa, pure così mal conosciuta,
appena adottata trasforma radicalmente la nostra esistenza,
riconciliandoci con la vita. Molti che verso la cinquantina
accusavano un abbassamento di regime (per esempio, affaticandosi più
rapidamente d'un tempo) sono, grazie a questa pratica, ringiovaniti
di almeno dieci anni ritrovando la forza che avevano a trentacinque,
quarant'anni.E' stato detto che si tratta di una terapeutica miracolosa, ed è
vero perché ci mette al riparo della fatica. Ecco quanto ci hanno
confessato alcune persone a cui l'avevamo consigliata: come se mi
ritemprassi in un bagno profumato; rimette come a nuovo; mi si azzera
il contatore; riparto con nuove batterie.
Peraltro, soprattutto all'inizio nella pratica della maxipausa, è
indispensabile stare molto attenti: si raggiunge un tale benessere
che si ha la tendenza ad aumentare e troppo in fretta la nostra
attività, ad abusare di questa rigenerazione.
Una signora d'una certa età, che aveva tutta la sua freschezza di
corpo e di spirito m'ha detto: (r)Pratico la maxipausa fin
dall'adolescenza ed è il mio segreto per restare giovane fisicamentee moralmente». Certuni hanno riconosciuto che, grazie ad essa, hanno
potuto sostenere le loro pesanti responsabilità, le loro lunghe
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giornate, la loro attività estenuante e stressante sul piano nervoso
e intellettuale.
Altri, praticando la maxipausa, hanno potuto assumere anche una
seconda attività accanto alla principale, al punto che per loro la
sera cominciava una nuova giornata di lavoro.
Ma, dopo un riposo di venti minuti, a detta loro, avevano
l'impressione di risvegliarsi una seconda o terza volta. Una di loro
m'ha perfino detto: (r)Grazie a questa pratica, vivo due volte perché,
nello stesso tempo, resto molto più tempo sveglia e molto più in
forma degli altri: io vivo al quadrato».
Si crede generalmente che chi svolge un'attività intensa sia
diverso dai comuni mortali, invece vive solamente in una maniera
diversa: sa organizzare, gestire più intelligentemente la propria
vita e il proprio sonno. Ma questa capacità è alla portata di tutti:
alcuni l'hanno scoperta da soli; altri l'hanno imparata e soprattutto
messa in pratica. Ma ognuno può farlo, anzi lo deve.
Y' Gattas ha spesso detto che, per riuscire nella vita, occorrono
dinamismo, vivacità, spirito (r)pugnace», tenacia e perseveranza. Ora,per acquistare e conservare queste doti, la maxipausa si rivela di
grande aiuto.
Come praticare le due
maxipause quotidiane
Possiamo usare una poltrona o un divano o un letto su cui
distenderci. Attenzione a non mettersi sotto le lenzuola, dopo
esserci spogliati, altrimenti rischiamo di fare un ciclo completo e
di tale argomento parleremo alla tappa successiva, la quarta; alcuni
hanno confessato di non aver mai
iniziato questa pratica promettente, nel timore che il loro sonno
non si sarebbe interrotto dopo venti minuti.Ma se osserviamo le precauzioni dovute, possiamo star certi di
risalire alla (r)superficie» automaticamente allo scadere dei venti
minuti, a meno di non aver un grosso deficit di sonno da colmare.
Ecco alcuni importanti particolari: bisogna allentare la cravatta e
la cintura, aprire il collo della camicia (non troppo, per non
rischiare di prendere freddo alla gola) e slacciare o meglio togliere
le scarpe.
Attenzione: è meglio, per non rischiare d'esser svegliati troppo
presto dal freddo, coprirsi un po', con un mantello o una coperta,
perché quando siamo sdraiati, siamo più freddolosi. Se siamo in auto
possiamo, come fanno i camionisti, riposare la testa, appoggiandola
agli avambracci, facendo peso sul volante; ma ora, i trasportipesanti, soprattutto quelli viaggianti di notte, sono tutti forniti
di cuccette.
In una vettura da turismo o sdraiarci sui sedili posteriori se
siamo soli, oppure usare il sedile allungabile del conducente,
soprattutto quando è fornito di poggiatesta per riposare la nuca. E'
necessario ugualmente ottenere anche l'isolamento sensoriale o
utilizzando un luogo silenzioso o semibuio, o munendoci di occhiali
schermati e di tamponi auricolari.
Un altro tipo di obiezione a questo tipo di sonno è quello di
alcuni che affermano: (r)Dormire durante il giorno? Ho già provato e mi
sono svegliato con la nausea, la lingua impastata e lo sguardo
annebbiato»; ciò succede se si dorme per più di venti minuti. Quandoci svegliamo dalla maxipausa, dobbiamo evitare di riaddormentarci
altrimenti scenderemo a stadi più bassi: il #:o (sonno profondo), il
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#.o (sonno profondissimo) il #?o (sonno paradossale) e, se non
completiamo tutto il ciclo, rischiamo di ritrovarci in cattivo stato
e anche traumatizzati: allora meglio non dormire del tutto.
Infatti non è vero che (r)più si dorme e meglio è», perché bastano
venti minuti per tornare in forma e freschi.
Quando praticare le maxipause
Secondo lo stesso principio che ci ha guidato fin qui è bene
praticare le due maxipause all'ora cerebrale, cioè ad un'ora fissa e
quando il cervello lo richiede: altrimenti rischiamo di impiegare
mezz'ora per addormentarci e non ne vale la pena per ottenere poi
solo venti minuti di sonno effettivo.
L'ideale è di praticare questa forma di riposo dopo ognuno dei due
pasti principali: pranzo e cena. Tutti gli animali dormono dopo
mangiato ed anche i bambini (quando non ne vengono impediti). Essi
non barano come noi e non contrastano il loro ritmo naturale, le loro
necessità fondamentali.
Sbaglia chi, dopo pranzo e cena, si forza di star sveglio con moti
fisici, camminate, agitazioni, discussioni con la famosa (r)boccatad'aria», etc'; no, non è questo che il corpo e il cervello richiedono
e di cui hanno bisogno come non richiedono eccitanti (caffé, tabacco,
etc') che li sconvolgono.
Dopo mangiato, l'unico stato naturale, normale è il riposo e ancor
meglio il sonno, punto e basta. Altrimenti rischiamo di bloccare o
almeno disturbare il lavoro dell'apparato digerente che comporta una
fatica titanica; il sangue affluisce verso gli organi digestivi e ha
tendenza a ritirarsi dal resto del corpo e particolarmente dal
cervello che è un forte consumatore d'ossigeno sanguigno.
Ma a rigore possiamo godere di questo tipo di sonno prima dei due
pasti maggiori, se ci è più comodo, rispettando, comunque, pur sempre
senza dormire, il riposo post-prandium. Ad esempio, per coloro chesono in arretrato di sonno o sono soggetti a cotte, le ore migliori
sarebbero le 11 del mattino e le quattro o le cinque del pomeriggio.
I disturbi suaccennati sono le manifestazioni di un normale bisogno
di questo tipo di riposo, aggravate da un esagerato deficit di sonno
e da una cattiva alimentazione; al mattino, una colazione
insufficiente o troppo ricca di zuccheri, al pomeriggio una merenda
troppo pesante.
Queste maxipause sono particolarmente raccomandabili a quelli che
devono guidare automezzi per lungo tempo e diventano di assoluta
necessità se si viaggia di notte e se vogliamo evitare di arrivare al
sonno eterno troppo in fretta.
In maniera più generale, occorrerebbe una maxipausa sia quandosiamo nervosi o eccitati (perché la pausa fa abbassare la pressione,
la tensione e il surriscaldamento) sia, al contrario, quando siamo
spossati, scoraggiati, bassi di tono e di morale. Questa sosta è
raccomandabile anche quando il cervello si confonde, si blocca,
quando non riusciamo a venire a capo di un problema. Insomma, tutte
le volte che abbiamo un cedimento fisico, intellettuale e affettivo. E'
il mezzo (r)ideale» per eliminare questi malesseri passeggeri.
In ogni caso, questo mezzo è di gran lunga preferibile all'abituale
e pernicioso ricorso ai calmanti o agli eccitanti. La maxipausa di
venti minuti è il migliore di tutti i rimedi previsti e voluti dalla
nostra natura.
Offriamoci dunque una o più maxipause al giorno se lo possiamo: nonè un lusso, è il nostro investimento nel tempo.
Quarta tappa:
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il ciclo del sonno
Il 21 luglio 1969 è, per noi uomini, una data storica. Per la prima
volta, da quando il nostro pianeta esiste, cioè da quattro miliardi e
mezzo di anni o da quando è apparsa sulla Terra la vita umana, due
uomini hanno lasciato il nostro pianeta, compiendo un'impresa
veramente incredibile. Infatti, il Lem con due cosmonauti americani a
bordo si posava sulla Luna.
Tutto il mondo era in trepidante attesa. Stava per assistere a un
prodigioso avvenimento da fantascienza che chiunque in passato
avrebbe attribuito ad una fantasia onirica: il primo passo del primo
uomo sulla superficie lunare: (r)un passo, piccolo per l'uomo,
grandissimo per l'umanità», ha affermato l'astronauta che l'ha
compiuto.
C'era più in basso, a quattrocentomila chilometri dal nostro
satellite, davanti ai televisori più di un miliardo d'esseri umani
che aspettavano febbrilmente l'uscita del cosmonauta dal Lem.
Allora accadde un fatto tanto incredibile che inaspettato: Neil
Arm-strong tranquillamente, pacificamenteà s'addormentò. Perché,
affinché potesse affrontare nelle migliori condizioni fisiche e
mentali la prova senza precedenti che l'aspettava, la Nasa gli aveva
impartito l'ordine d'effettuare un ciclo di sonno.
E più di un miliardo di persone, comprese quelle che avevano le
orecchie incollate alla radio, dovettero
aspettare che Armstrong finisse il suo sonnellino, cioè un'ora e
mezzo circa. Infatti, i futuri cosmonauti, quando iniziano il loro
allenamento,
una delle prime cose che apprendono è quella di individuare e
rispettare il proprio ciclo di sonno.
Per i cosmonauti, quando sono nello spazio, non esistono più négiorno né notte; essi si sottraggono, non solo alla gravità, cioè
all'attrazione della Terra, ma anche alla sua rotazione che provoca,
per noi terrestri, l'alternanza di luce solare e di oscurità. Così
hanno appreso l'importanza del loro ciclo: sanno che è essenziale
rispettarlo, per garantirsi un buon sonno, ma soprattutto per essere
sempre, in ogni occorrenza, efficienti per la buona riuscita della
missione. Essi non possono permettersi come la grande maggioranza
degli esseri umani (che non soltanto s'addormentano, ma anche si
svegliano in tempi sbagliati, rompendo così il loro ciclo in due) di
alzarsi (r)col piede sinistro» e più stanchi di prima.
Due ore rappresentano un ciclo di sonno. Precisiamo che tutti i
marinai, per esempio nella marina militare, effettuano (r)quarti» diquattro ore, ossia due cicli di sonno. Ma, in effetti, noi siamo
tutti navigatori, nell'oceano della notte e quotidianamente dobbiamo
affrontare la nostra navigazione da soli; e durante questa traversata
notturna, anche noi dobbiamo evitare gli scogli e, arrivando in
porto, al mattino trovarsi in buone condizioni per pilotare con mano
ferma la nostra (r)barra» durante la giornata.
Per ottenere questo, occorre rispettare i nostri cicli di sonno.
Tutti gli animali del mondo lo sanno, anche quelli domestici; pur
essendo disturbati dall'uomo, nessuno di loro interrompe mai, salvo
caso di pericolo, il proprio ciclo e quello dei propri cuccioli.
Noi siamo i soli a farlo costantemente e siamo anche (e non per
caso) i soli a soffrire di insonnia. L'animale, invece, non hapossibilità di violare le leggi biologiche naturali. Solo, di tutto
il regno animale, l'uomo ha conquistato la libertà di farlo, fino ad
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abusarne continuamente. E ciò è vero non soltanto per quanto concerne
il ciclo del sonno, ma anche per tutti gli altri cicli biologici che
dovrebbero regolare la nostra vita, sia di giorno che di notte.
Ora, sappiamo che vivere in salute significa vivere in armonia con
i propri cicli e accordarli con quelli del cosmo. E sarà
probabilmente con la cronobiologia che la medicina farà i grandi
progressi nei 20 anni a venire; perché viviamo, mangiamo, beviamo,
contro ritmo, e contro corrente, e camminiamo a fianco dei nostri
ritmi, costantemente in disarmonia con noi stessi. Siamo andati così
(r)fuori fase», siamo degli (r)sradicati», abbiamo (r)sconvolto il tempo e
siamo diventati degli ammalati di tempo» per dirla con G'G' Luce.
Questa continua trasgressione è vera anche nei confronti di tutte
le altre leggi naturali; ma questa licenza che ci concediamo la
paghiamo molto cara: non solo dormiamo male, ma siamo tra gli animali
quelli che hanno salute peggiore, i più stanchi (a partire dai
quarant'anni, l'occidentale è permanentemente stanco), i soli ad
invecchiare e a morire con troppo anticipo rispetto al proprio
programma biologico normale.Bisogna assolutamente rimparare quello che da ragazzi conoscevamo
d'istinto, ma che la nostra educazione ci ha fatto disimparare. Un
ciclo di sonno è sacro; non dovremmo interromperlo mai senza gravi
motivi, perché non si rompe mai un ciclo impunemente. Un ciclo è come
un (r)pasto che deve essere assolutamente portato a termine» (J'
Bouton) per non restare affamati e, conseguentemente, insonnoliti.
Ma ecco altre conseguenze molto più gravi, che possono diventare
drammatiche accumulandosi, se commettiamo questa enorme bestialità
ogni mattino (teniamo a mente il ciclo del sonno con le sue cinque
fasi).
Svegliarsi nel mezzo di un ciclo prima della sua naturale
conclusione, cioè in pieno sonno profondo, equivale a un colpo dimazza in testa; ciò accade quando, seguendo il linguaggio comune, ci
svegliamo di soprassalto. Questo è un grave incidente sulla strada
del sonno e provoca un trauma cerebrale, da cui ci rimettiamo con
fatica.
(r)Un cosmonauta dalla sua capsula spaziale, uno speleologo da una
grotta profonda o un subacqueo non riguadagnano il livello terrestre
senza fasi intermedie, senza rispettare soste di assuefazione. Invece
la quasi totalità degli esseri umani sorge senza alcuna precauzione
dal sonno più profondo», scrive J' Bouton.
Tutti prestano molta attenzione procedendo a piedi o in auto, lungo
una strada o traversandola, ma tutti (o quasi tutti) procedono con
leggerezza su quella del sonno. Perché, allora, ci stupiamo delledisastrose conseguenze che ne derivano?
La regola del ciclo è elementare, essenziale: è la regola sovrana
del codice del sonno. A questo scopo è necessario individuare bene i
propri cicli (le ore, cioè, d'inizio d'ognuno di essi) e la loro
durata che, lo ripetiamo, è un dato fisso per ogni individuo, ma
variabile da un individuo all'altro.
Questa durata è, per ognuno di noi, il dato più importante da
conoscere, molto più del peso corporeo o dell'altezza. La durata del
nostro ciclo personale dovrebbe essere teoricamente un sottomultiplo
di ventiquattro. Ma non è sempre così poiché v'è una certa elasticità
nella durata di ciascun ciclo; alcuni sono un po' più corti, altri un
po' più lunghi della media, in modo che vi sia compensazione.Una volta determinate le nostre ore biologiche consigliamo di
riportarle su un quadrante il cui giro completo rappresenti il ciclo
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diurno-notturno di 24 ore, che corrisponde a un giro completo di
rotazione della Terra su se stessa (e, sull'orologio, a due giri).
Avremo così il nostro disco di parcheggio personalizzato
(r)molti-usi»; ci aiuterà in primo luogo a memorizzare visivamente le
nostre ore, ci servirà per controllare il momento in cui dobbiamo
addormentarci, svegliarci, concederci il sonno-lampo, praticare la
pausa di parcheggio, la maxipausa.
Ricordiamo, infine, che se la lunghezza del ciclo è specifica di un
individuo, come lo sono la firma o le impronte digitali, le ore di
passaggio del (r)treno del sonno» possono essere spostate; ma bisogna
sapere che per spostare la frequenza di un ciclo occorre circa un
mese. Ciò avviene quando si passa dall'ora invernale a quella estiva.
La regola d'oro del rispetto dei cicli è importantissima, tuttavia
non rendiamocene schiavi. Non siamo dei robot e la nostra condotta
deve essere talvolta regolata dalla fantasia, qualche (r)scappatella» è
permessa, perfino raccomandata.
Nota editoriale. Altri studiosi danno alcune indicazioni aggiuntive
affinché ciascuno possa da sé stabilire la durata del proprio ciclo
di sonno. Conoscere l'estensione del proprio ciclo, con le sue 5
fasi, è importante per adeguarvisi e meglio dormire. Si suggerisce di
procedere come segue:
1) Per 3 o 4 settimane si scriva su un apposito taccuino l'ora
precisa in cui ci si addormenta la notte e l'ora precisa in cui ci si
sveglia al mattino. Non conta il tempo in cui si sta nel letto, bensì
il tempo in cui effettivamente si dorme. Difatti pochi sanno davvero
quanto dormono ogni notte, i più ne hanno un'idea imprecisa.
2) Stabilito con le annotazioni di circa un mese quanto si dorme,
si stabilisce anche se si è un breve-dormitore (circa 6 ore pernotte) o lungo-dormitore (più di 8 ore per notte). In una notte i
cicli del sonno sono di solito 4 per il breve-dormitore, 5 per il
lungo-dormitore.
3) Nell'uomo e nella donna ogni ciclo individuale va da un minimo
di 1 ora e 40 (ossia 100 minuti) a un massimo di 2 ore e 10 (ossia
130 minuti). Se mai durante la notte si ha un risveglio abbastanza
lucido, se ne annoti l'ora sul taccuino; tale risveglio si verifica
più o meno chiaramente alla fine d'ogni ciclo e ciò può darci
indicazioni preziose per il calcolo della durata del nostro ciclo.
4) Se poi si ha l'abitudine alla siesta pomeridiana, se ne annoti
la durata sul taccuino. Se ci si sveglia riposati e freschi dopo 100
minuti, il nostro ciclo abituale sarà di un'ora e 40, se il buonrisveglio arriverà dopo 130 minuti sapremo che il ciclo è di 2 ore e
10 minuti.
5) Questi calcoli sono più facili di sabato e di domenica oppure
in vacanza, quando ciascuno può dormire liberamente quanto gli basta,
senza risvegli che spezzano il proprio ciclo naturale.
6) Stabilita la durata del nostro ciclo potremo stabilire anche
quanto sonno ci occorre la notte. Se dobbiamo svegliarci alle 7 e
abbiamo un ciclo di 100 dobbiamo coricarci un po' prima delle 24 per
avere 4 cicli e circa alle 22 e 20 per averne 5.
Terza parte - L'uso del sonno
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Le applicazioni pratiche
Coricarci tardi
e alzarci presto senza danni
E' impossibile coricarci ed alzarci sempre alla stessa ora, sia che
abitiamo in campagna o in città, sia che siamo oberati di lavoro o
sfaccendati.
Sono gli obblighi personali, professionali, familiari, sociali che
ci impongono i cambiamenti, ma, talvolta, anche il desiderio,
legittimo, di approfittare delle distrazioni che la vita ci offre:
cinema, teatro, televisione, serate con gli amici, etc'. Nulla è più
normale, quando si vive in società, di tutti questi obblighi e
piaceri ed è vano pretendere di imporre a tutti una vita monacale
sempre ben regolata, a orari precisi, immutabili, che nulla o nessuno
possa sconvolgere.
Per contro, quello che è anormale, eppure comunemente accettato, è
considerare che il fatto di esserci coricati più tardi o alzati più
presto, debba obbligatoriamente influenzare, negativamente, la forma
fisica, intellettuale, affettiva dell'indomani.Se ciò si verifica, e ognuno di noi ne ha fatto personale
esperienza, è semplicemente perché non sono state rispettate per
ignoranza certe regole
elementari che governano il sonno.
L'oggetto di questo capitolo e dei seguenti è di rivelare queste
regole semplicissime che hanno effetti benefici immediati; consistono
nel rispettare la famosa norma del ciclo del sonno, che dev'essere
nella sua integrità.
Esamineremo insieme, concretamente, come dobbiamo applicarla,
introdurla nella pratica della nostra vita quotidiana. Che accade
quando l'ignoriamo o infrangiamo?
Prendiamo in esame il caso in cui dobbiamo coricarci più tardi delsolito. Di solito, per tentare di perdere meno sonno possibile, ci
precipitiamo a letto non appena rientrati a casa o, se siamo rimasti
in casa, ci liberiamo dalla compagnia.
Ci diciamo: (r)Bisogna che m'addormenti il più presto possibile; sono
già in ritardo rispetto alla mia ora
abituale e bisogna, soprattutto, che non aumenti ancora questo
ritardo».
Apparentemente, è un discorso irrefutabile; ma è proprio pensando
così che rischiamo di compromettere l'addormentamento; infatti più
desideriamo addormentarci in fretta e più il sonno s'allontana.
Ma esiste un'altra ragione ancora più importante e ancora più
frequente, responsabile del ritardo nel prender sonno; si registra,nella quasi totalità dei casi, una fase d'addormentamento più lunga
e, una volta di più, a torto, attribuiamo questo ritardo del
sopraggiungere del sonno al fatto che la sera trascorsa con gli amici
ci ha eccitato, che il programma del cinema era troppo emozionante,
che siamo troppo stanchi per aver vegliato troppo a lungo, etc'.
Tutto questo non è poi del tutto falso, ma non costituisce però la
vera ragione o, almeno, la ragione principale che è la seguente:
abbiamo tentato di prender sonno prima che il cervello lo desiderasse
veramente, senza tener conto dell'ora di passaggio del proprio
(r)treno» del sonno.
Esiste un solo rimedio (a parte quello sconsigliabile, anche se
molto usato, dei sonniferi): attendere il passaggio del prossimotreno del sonno, secondo il proprio orario personale.
Per esempio, se ci corichiamo abitualmente alle dieci e una sera
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rientriamo alle undici, è perfettamente inutile andare a letto alle
undici e un quarto, se il nostro ciclo di sonno è di due ore: è
sufficiente coricarci a mezzanotte. In altre parole: per
addormentarci il più presto e il più velocemente possibile, bisogna
aspettare.
Altrimenti c'è una forte probabilità che, anche coricandoci subito,
si debba aspettare mezzanotte per addormentarci; quindi, quando siamo
fuori dal nostro ciclo normale non serve a nulla metterci subito
sotto le coperte, altrimenti rischiamo, aspettando un sonno che
ritarda, di innervosirci, di girarci e rigirarci tra le coperte,
correndo anche il rischio di perdere il treno di mezzanotte.
E questa urgenza ci prende anche di più; specialmente quando ci
aspetta, l'indomani, una giornata particolarmente pesante; diciamo:
(r)bisogna assolutamente che dorma», cosa che rende il sonno
impossibile; e, il giorno dopo, siamo in condizioni pietose.
Supponiamo anche di essere riusciti ad addormentarci
tranquillamente alle undici e un quarto; in questo caso, avremo
diminuito il numero dei nostri cicli abituali e quindi dovremo ancheanticipare l'ora del risveglio, per non svegliarci prima di aver
concluso l'ultimo ciclo, quello del sonno paradossale, spezzandolo,
così, in due, il che è dannoso.
Per questa ragione, rischiamo ancora di essere in cattiva forma
tutto il mattino, o addirittura tutta la giornata, perché ci siamo
risvegliati contro tempo e dunque in maniera traumatizzante; si
aggiunga a tutto questo anche il fatto di restare sfasati, non in
sincronia con i nostri cicli soliti, fino ad essere, in certe ore,
intontiti e sonnolenti.
E giustifichiamo la cattiva forma in mille maniere (eccetto quella
giusta): (r)Ho fatto tardi, sono stato ad una festa, non me ne va bene
più una, sto invecchiando, etc'». Vediamo ora in che modo sia possibile coricarci anche più tardi del
solito, senza inconvenienti. Certo, andando a letto a mezzanotte
(mentre si è abituati a farlo alle dieci) abbiamo certamente un ciclo
di sonno in meno, ma (lo potremo constatare) questo fatto non ha
ripercussioni sulla forma dell'indomani, in nessun piano.
Se non rispettiamo la regola del ciclo completo, non siamo in forma
il giorno dopo, non perché abbiamo dormito poco, ma, al contrario,
perché abbiamo dormito troppo! E' preferibile, quando ci si corica
più tardi del solito, d'anticipare l'ora del risveglio di un intero
ciclo.
C'è un solo caso in cui, coricandoci più tardi del nostro solito,
per esempio, alle undici un quarto, possiamo registrare, con stupore,un'ottima forma l'indomani, pur avendo dormito di meno: è il caso
(abbastanza raro tuttavia, perché si tratta di una coincidenza) in
cui abbiamo rispettato, senza saperlo, la regola del ciclo intero.
Aggiungiamo che, se siamo indotti a diminuire i cicli abituali del
nostro sonno per parecchie notti, per evitare del ritardo dobbiamo,
durante il giorno, praticare la maxipausa, o la siesta, pur
rispettando sempre la regola del ciclo.
Ecco l'errore che molti fanno dovendo alzarsi molto presto al
mattino, ad esempio per prendere un aereo. Se la nostra ora abituale
del risveglio è le 7 e 15, quel mattino, per prendere l'aereo, siamo
stati obbligati ad alzarci alle 6 e 15: abbiamo dunque perduto, in
rapporto alla quantità abituale di sonno, un'intera ora. Ma, inrealtà, se il nostro ciclo di sonno abituale è, per esempio, di
un'ora e mezzo, abbiamo dormito una mezz'ora di troppo: avremmo
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dovuto puntare la sveglia sulle 5 e 45. Perché, se poi nella giornata
seguente saremo affaticati e sonnolenti, è perché siamo stati
svegliati di (r)soprassalto» dal trillo della sveglia, mezz'ora dopo la
ripresa del precedente ciclo, già (r)ridisceso» a livello del sonno
leggero (Fase 2) o profondo (Fase 3), e abbiamo subito il trauma
acustico della sveglia, il trauma cerebrale (che è, ricordiamolo,
l'equivalente di un (r)colpo di mazza» in testa), facendo passare il
cervello, bruscamente, da un regime di 3, talvolta anche 1 sola
pulsazione al secondo, fino a 30 al secondo; da qui, un enorme
affaticamento cerebrale e un notevole sforzo, per emergere da questo
sonno profondo e ristabilire il nostro equilibrio. Se poi accendiamo
bruscamente la lampada, subiamo anche un trauma ottico.
Così, possiamo dire che la giornata è incominciata con tre traumi
per una sola mezz'ora di sonno guadagnato. Che stupido calcolo e che
aberrazione! Quando siamo in viaggio di affari o quando ci mettiamo
al volante per una piacevole gita, bisogna, al contrario, essere più
resistenti e più lucidi del solito; e sarebbe anche facile esserlo,
rispettando semplicemente la regola del ciclo del sonno. Perché,mettendo la sveglia alle 5 e 45 non avremo subito alcun trauma,
trovandoci con il cervello a 30 pulsazioni al secondo, gli occhi
aperti e gli altri sensi (fra i quali l'udito) quasi completamente
ristabiliti; ci saremo svegliati completamente in maniera naturale e
senza alcuno sforzo, al termine d'un ciclo.
E avremo, dunque, potuto essere istantaneamente disponibili
fisicamente, intellettualmente, affettivamente, preparati ad
affrontare una nuova giornata; e, per di più, di buon umore.
La siesta
più di tre quarti degli esseri umani fanno la siesta. Ricordiamo
subito che essa consiste nel dormire dopo il pasto principale, cioè,
dopo pranzo. Il nome viene dal latino sixta, la sesta ora del giorno.La siesta è abituale nelle regioni meridionali.
Invece più al nord viene praticata solo da un'infima minoranza. I
più non hanno questa eccellente abitudine e si giustificano dicendo
di non essere capaci di abituarvicisi; oppure che dopo la siesta si
sentono più stanchi di prima, o addirittura infiacchiti; oppure che
non riescono a risvegliarsi se non troppo tardi, etc'. Così costoro
ignorano i piaceri e la grande utilità di questa rilassante pausa
meridiana che è anche una necessità biologica.
Anche nei paesi alpini, anglosassoni o nordici, i bambini, gli
anziani (come del resto gli animali) praticano la siesta
sistematicamente; certo perché ne hanno bisogno più di altri, il loro
organismo la reclama imperativamente. Ma, soprattutto, perché lapressione sociale che nel nord condanna la siesta non agisce ancora
sui bambini e non agisce più sugli anziani.
Non è certo dare prova di virilità, di padronanza di sé, di
libertà, di rispetto per le convenienze resistere al richiamo della
siesta o fingere di non sentirlo, come si trattasse del canto d'una
sirena tentatrice che cerca di trascinarci verso un piacere vietato.
E' piuttosto dare prova di leggerezza, ed anche d'una certa
incoscienza, è come disprezzare le leggi naturali e il loro Creatore.
E' anche diventare schiavi della fatica, privarci di quella
straordinaria libertà che acquistiamo, quando, per mezzo della
siesta, abbiamo messa la fatica (r)fuori portata».
Già, di per sé, l'inizio del pomeriggio costituisce un tempo deboleche si carica inoltre degli effetti del pasto più importante della
giornata, almeno per noi latini (tutti i tempi post-prandium, come
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affermano i medici, sono tempi deboli). Non è un disonore il fare la
siesta, anzi è il rispetto d'un bisogno fondamentale, quanto il bere
e il mangiare; è il ritrovare le proprie forze, per essere poi più
resistenti, più dinamici, più efficienti.
Notiamo, ancora, che molti grandi uomini l'hanno praticata (la
praticano) tutte le volte che lo potevano (o lo possono). Almeno tre
presidenti degli Stati Uniti facevano regolarmente la siesta: Truman,
Kennedy,
Johnson. Citiamo un altro esempio: quello di Winston Churchill.
Durante l'ultima grande guerra, nel giugno del 1940, gli avevano
appena comunicato il disastro di Mers-el-Kebir, dove erano colate a
picco numerose navi francesi. Chi era venuto ad annunciargli la
notizia, che richiedeva decisioni urgenti, gli domandò: (r)Cosa
intendete fare, ora?». Churchill, al suo esterrefatto interlocutore,
rispose: (r)La siesta!» e, vedendo l'altro sorpreso, aggiunse: (r)Nulla è
più importante per il mio paese del fatto che io mantenga integra la
mia lucidità».
più tardi, nei suoi scritti sugli anni della guerra, dirà: (r)Hodovuto
adottare un ritmo di vita che oltrepassava la mia capacità di
lavoro quotidiana; durante la giornata, mi mettevo a letto (dopo
mangiato) per più di un'ora; grazie a questo, potevo svolgere il
lavoro di una giornata e mezzo in ventiquattr'ore». Se pensiamo al
ruolo di primissimo piano sostenuto dalla statista inglese durante la
guerra, possiamo quasi affermare che la siesta gli ha permesso di
vincerla.
Ma anche noi dobbiamo lottare contro un certo numero di flagelli
moderni che si chiamano fatica, insonnia, etc', e dobbiamo combattere
una guerra quotidiana contro di essi: per vincerla, la migliore arma
è la siesta. Ecco qualcuno dei suoi benefici effetti: divide lagiornata in due, e permette, a chi sa servirsene, di vivere, ogni
giorno, due giornate (r)nuove» in una, dice J' Beradou; ci consente, a
condizione, beninteso, di praticarla rispettandone le regole, di
conoscere una seconda volta la gioia della (r)rinascita alla vita», in
cui ci sentiamo interamente rinnovati. Grazie ad essa, gusteremo un
secondo (r)trionfante risveglio», due volte in un solo giorno.
Ben fatta, la siesta rappresenta un potente rilancio di tutte le
forze vitali, un ristoro, un bagno di giovinezza senza uguali, un
mezzo per essere freschi, ben disposti, giovani, pieni di slancio,
d'ottimismo e di coraggio, nel corso della seconda parte della
giornata e anche per tutta la serata. E ciò senza servirci di droghe
per (r)ripartire» nel pomeriggio e (r)resistere», droghe, poi, che sonoautentiche (r)pompe di energia», generatrici di fatica e che creano
giornate (r)discontinue», con brevi periodi d'eccitazione artificiale,
seguiti da lunghi, e talvolta profondi, periodi di abbattimento.
Mentre la siesta è uno stimolante energetico potente, senza pericoli,
naturale.
Aggiungiamo anche che è un mezzo efficace per ricuperare sonno
arretrato, se, per esempio, di notte abbiamo dormito male o se siamo
stati costretti a coricarci più tardi del solito.
L'unico caso in cui la siesta è piuttosto controindicata è quando
soffriamo di vera insonnia. Allora dobbiamo sospendere la siesta
almeno provvisoriamente. Salvo insonnia grave, la siesta favorisce di
notte un sereno addormentamento e un sonno tranquillo, perché eliminale contrarietà di quelli che conducono una vita troppo attiva. Essi
si sentono spesso sotto tensione, sotto pressione, innervositi, fuori
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di sé, o anche a terra, spossati, svuotati, etc'.
La siesta è sacra per la maggior parte dell'umanità, ed ognuno deve
praticarla tutte le volte che può, senza considerarla una perdita di
tempo prezioso, anzi la siesta permette d'economizzare un ciclo di
sonno la notte e rappresenta un enorme guadagno di tempo.
Quest'antica tradizione è ancora rispettata, l'abbiamo già detto,
presso la maggior parte dei popoli attuali. Già Nestore ne era un
adepto, come tramanda Omero. Intorno al 1600, un falso Zar volle
usurpare il trono di Ivan il Terribile: i sudditi ebbero modo di
smascherare in fretta lo straniero impostore: non soltanto, e questo
passi, egli si rasava, ma, imbevuto di barbaria occidentale, non
faceva nemmeno la siesta e questo fatto lo smascherò.
Anche a noi, non praticandola, costa la vita e l'abbrevia con
un'usura prematura. Trasgredire questo imperativo biologico è come
suicidarsi al rallentatore.
La pratica però della siesta non consiste semplicemente nello
sdraiarci non importa come, e dormire, non importa quando e per
quanto tempo. Mal fatta potrebbe essere nociva e sarebbe meglioevitarla: la siesta non si può improvvisare.
Ecco quando e come dobbiamo ricorrere a questo metodo di
rigenerazione perfettamente messo a punto da un'esperienza di secoli
e secoli e da miliardi di esseri umani che l'hanno praticata o la
praticano quotidianamente.
Possiamo fare la siesta in una poltrona ben strutturata
anatomicamente, ma è meglio assumere la posizione orizzontale per
avere i piedi alla stessa altezza della testa: è molto più riposante.
Se lo preferiamo, possiamo metterci in tenuta da notte; sono
assolutamente necessari il silenzio e l'oscurità. Per ottenerli
possiamo eventualmente ricorrere all'uso di occhiali schermati e di
tamponi auricolari; dobbiamo proteggere poi gola e stomaco dal freddoe coprire anche tutto il corpo. Possiamo fare la siesta anche
all'aria aperta, ma, in questo caso, è meno efficace perché - a meno
di metterci all'ombra e in un posto isolato - possiamo sempre venire
svegliati intempestivamente, per un motivo o per un altro.
Per addormentarci in fretta e per far sì che il sonno sia più
ristoratore, dobbiamo approfittare del passaggio di un ciclo,
altrimenti rischieremmo di obbligare il cervello a rallentare, quando
non lo richiede. E soprattutto bisogna fare un ciclo completo: è la
condizione sine qua non perché la siesta abbia successo: tutti quelli
che sono dei (r)professionisti» in questo campo lo sanno bene e non
l'infrangono mai, né accorciandola, per mancanza di tempo (in questo
caso dobbiamo contentarci di una maxipausa, cioè di non più di ventiminuti), o prolungandola; perché, come già lo raccomandava nel
dodicesimo secolo la scuola di Salerno, non dobbiamo cercare di
dormire di più (sarebbe tanto sciocco quanto credere che mangiare di
più del necessario fa star meglio).
Dobbiamo tener conto di due cose:
- anche in vacanza, se ci siamo alzati tardi, per esempio dopo le
9, è meglio non fare la siesta, a meno che non ci siamo coricati
tardi la sera prima; la siesta è una specie di compenso della sveglia
mattutina;
- la siesta non è fatta per correggere gli errori alimentari, come
un pasto troppo copioso, troppo ricco o troppo annaffiato da bevande.
In questo caso, peraltro, assomiglia di più a quella specie di comain cui sprofondiamo sempre dopo esserci rimpinzati di cibo e di
liquori.
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Si tratta, in fondo, d'una pratica semplice, facile da rispettare,
se sappiamo esercitarla al momento giusto e se vogliamo trarne
vantaggio. Per il fanciullo, dice J' Bouton, è l'equivalente dello
spuntino del lavoratore manuale. E questo è vero anche per quelli che
ritengono che la siesta non è più d'oggigiorno.
Poltrire fino a tardi? Sì, maà
Tutti abbiamo il diritto di oziare, di tanto in tanto. Il diritto
all'ozio è insopprimibile quanto quello al lavoro, allo sciopero o al
sonno. Ed uno dei mezzi più efficaci per praticarlo è poltrire un po'
a letto, al mattino, durante una vacanza o il fine settimana.
Ma ecco, nella quasi totalità dei casi, quello che succede:
restiamo a letto un'ora o anche due ore e mezzo più del solito, e ci
alziamo più stanchi della sera prima, più spossati di quanto siamo
solitamente durante la settimana o durante l'anno e (r)giriamo in
tondo» per tutta la giornata.
Invece la verità è che, una volta di più, abbiamo infranto la
regola del ciclo completo: la nostra piccola depressione non è dovuta
che a questo e sarà definitivamente eliminata se rispetteremo questaregola: facciamo un ciclo completo in più, o anche due se abbiamo
molto sonno arretrato (ma, attenzione! Rischiamo, allora, se dormiamo
troppo, l'insonnia cronica che ci mette effettivamente a terra) e ci
svegliamo in gran forma. Per evitare un risveglio intempestivo che
dividerebbe il ciclo in due, cerchiamo di fare in modo che al mattino
(e non è un'impresa facile) non ci siano né rumori, né luce violenta.
Dobbiamo fare, però, attenzione a
una cosa: non è bene accumulare, nel corso della settimana, troppo
sonno arretrato e cercare di ricuperarlo, alla fine, stando a letto
un'intera mattina. Anche il sonno arretrato va smaltito il più presto
possibile (possiamo forse compensare la carente alimentazione di unasettimana con un enorme pasto domenicale?). Certo, è meglio
recuperare l'arretrato piuttosto che non ricuperarlo, ma è ancora
preferibile compensarlo il più rapidamente possibile per non
accumulare mai un grosso deficit di sonno.
I 4 principi fondamentali
L'arte e la maniera di coricarci più presto, di alzarci più tardi,
di fare la siesta e di poltrire in letto al mattino rappresentano
quattro pratiche fondamentali grazie alle quali possiamo trasformare
la nostra vita; l'unico ostacolo potrebbe essere costituito dalla
loro estrema semplicità che potrebbe farci dubitare a priori della
loro grande efficacia, se le applichiamo tutti i giorni.
Se facciamo un ciclo di sonno nella giornata in momenti diversi daquello della digestione, dobbiamo tener presente quanto segue:
- durante il mattino questo ciclo comprenderà il sonno paradossale
in misura maggiore del solito e così, se al risveglio saremo
ricostituiti psichicamente, ci troveremo però a terra sul piano
fisico;
- verso la fine del pomeriggio, in compenso, il ciclo comprenderà
maggiore sonno profondo e, allora, saremo ricostituiti sul piano
fisico ma ci sentiremo depressi moralmente.
Tutto ciò perché i sonni profondo e profondissimo appartengono
soprattutto all'inizio della notte e quello paradossale alla fine.
Il sonno viaggiando:
le differenze dei fusi orariSiamo (r)fuori-orario» (dal punto di vista del ciclo vitale,
naturalmente) quando ci dobbiamo svegliare, lavorare, o dormire a ore
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diverse da quelle abituali, quando i nostri orologi biologici, che
regolano le nostre funzioni sono (r)spostati». Ciò accade se in aereo
oltrepassiamo i meridiani, cambiando così di fuso orario. Questo
scarto d'orario ci tocca se supera le tre ore.
Gli orologi biologici regolano in noi cicli che obbediscono a
frequenze molto variabili: un secondo circa per ogni battito
cardiaco, alcuni secondi per la respirazione, ventisette giorni e
mezzo per il ciclo lunare, ciclo che le donne conoscono bene, ma che
esiste anche per gli uomini, etc'. Vi sono poi i cicli detti
circadiani ai quali sono soggette più di centodieci funzioni, come il
sonno, la digestione, la composizione del sangue, la temperatura
corporea, etc'.
Queste funzioni si manifestano ad
ore fisse, di giorno come di notte, a livelli ben precisi. Abbiamo
visto che un certo numero di queste funzioni, di notte, rallentano la
loro attività; sappiamo che la temperatura organica, di giorno, è
superiore (di 1» circa), etc'. Sorpassando un fuso orario,
rallentiamo o acceleriamo gli effetti della rotazione terrestre. Allora il livello di queste funzioni risulta spostato in rapporto a
quello che dovrebbe essere all'ora del luogo in cui ci troviamo,
perché l'ora locale non corrisponde più a quella fisiologica. Ciò può
tradursi in fatica, in cattivo umore. (r)In effetti, l'autentica
sorgente dell'equilibrio interno del nostro corpo è la
sincronizzazione del ritmo che ci permette le migliori prestazioni»
(G' Racle).
Il nostro organismo, per riadattarsi, ha bisogno di un tempo
variabile secondo i nostri diversi cicli interni; questo
riadattamento può farsi sia in avanti che indietro, secondo che
viaggiamo verso Occidente o verso Oriente: così, nei confronti di
Parigi, New York si trova in ritardo e Mosca in anticipo, le Hawaiisono indietro di 11 ore e la Nuova Zelanda avanti dello stesso tempo.
Tale scarto può raggiungere le dodici ore e, in questo caso, il
giorno e la notte sono completamente invertiti, così certe funzioni
sono rallentate durante la veglia e, viceversa, sono accelerate di
notte, cosa che è evidentemente di grande ostacolo per l'attività
della veglia e del sonno. Se forziamo l'organismo a risvegliarsi in
ore durante le quali normalmente dorme - o il contrario - si può
capire quanto possiamo essere squilibrati e sofferenti di insonnia. E
questo non è bene, perché siamo sfasati, fuori ritmo e in disarmonia
con noi stessi. Rischiamo di cadere addormentati mentre lavoriamo,
perché in quel momento il nostro corpo abitualmente dorme; oppure,
viceversa, di essere completamente svegli alle tre o alle quattro delmattino, tentando disperatamente di dormire con un corpo disposto a
funzionare al massimo delle sue facoltà, perché il nostro organismo
continua a vivere secondo la propria ora biologica.
Obbligare così le nostre funzioni ad agire contro tempo, in
rapporto all'ora degli orologi interni che le regolano, provoca una
diminuzione - talvolta considerevole - delle capacità fisiche e
psichiche. Quando gli scarti orari sono troppo grandi, troppo
frequenti e durano a lungo (come accade, per esempio, agli equipaggi
di aerei transcontinentali), possono sopravvenire gravi perturbazioni
funzionali: soffriremo di disturbi digestivi e mostreremo sintomi
identici a quelli provocati da un eccessivo affaticamento: avremo i
nervi tesi, saremo fuori di noi, estremamente suscettibili oppure, alcontrario, astenici, sull'orlo della depressione.
Quando sopportiamo questo regime troppo a lungo, questi sfasamenti
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producono un effetto curioso sul piano psicologico e,
particolarmente, su quello dei rapporti sociali. Non siamo più
partecipi della vita sociale e abbiamo grandi difficoltà a
frequentare altre persone, a seguire dei corsi, per esempio, anche se
il tempo ce lo permette. Una sperimentata hostess ha definito molto
bene questa sensazione: (r)avevo l'impressione di essere ai bordi della
vita e di guardarla dall'esterno» (G'G' Luce). Alla lunga, poi, si
produce anche un invecchiamento prematuro, soprattutto allungando le
giornate, spostandoci da Oriente ad Occidente. Questi disturbi,
oggetto oggi di profondi studi, sono detti in inglese Jet Lags.
Essi derivano dal fatto che le nostre varie funzioni circadiane
possono mutare orario solo progressivamente: per questa operazione,
occorre loro un certo numero di giorni e le cose sono, per di più,
complicate dal fatto che il loro tempo di adattamento cambia di
funzione in funzione.
Possiamo, peraltro, notare in linea generale, che questo tempo è
più lungo, quando viaggiamo verso est di quando viaggiamo verso
ovest: è più facile arretrare che fare avanzare gli orologi interni;lo sappiamo bene: è più facile addormentarci più tardi che più presto
dell'ora solita (soprattutto se non rispettiamo i cicli). E' più
facile adattarci andando verso gli Usa, che tornandone.
(r)Uno studio dei laboratori svizzeri Upjohn rivela che occorrono
cinque giorni per recuperare un sonno normale; due settimane per la
regolarizzazione della temperatura dopo un viaggio da ovest ad est;
undici giorni nel senso contrario; sei giorni per ricuperare un ritmo
cardiaco normale e un giorno per una corretta digestione. Per
ottenere la inversione completa delle funzioni diurne-notturne, il
tempo necessario varia da sei a otto settimane». (C' Bialobos)
Lo scopo di questo capitolo è di vedere con quali mezzi possiamo
favorire, accelerare questo adattamento edevitare, così, al massimo, gli inconvenienti di questi scarti
orari, prendendo conoscenza delle più recenti scoperte pratiche fatte
in questo tempo.
Dopo aver subito precisato che non esistono né ricette sicure, né
rimedi miracolosi, consideriamo ora alcuni metodi interessanti.
Notiamo, in primo luogo, quello che fanno gli equipaggi dei voli
transcontinentali, tutte le volte che possono: essi non (r)rimettono» i
propri orologi e continuano a vivere secondo l'orario del luogo di
partenza che è quello del loro organismo, risparmiandogli così
spostamenti di ritmo, sia all'andata che al ritorno.
Naturalmente, questo atteggiamento, talvolta, obbliga a dormire in
pieno giorno e a mangiare in piena notte, senza preoccuparsi dell'oralocale; a questo scopo, alcune compagnie aeree cercano d'offrire al
loro personale navigante locali specialmente attrezzati. Questa
pratica rappresenta l'ideale perché evita totalmente di cambiare due
volte i loro delicati strumenti di regolazione interna. Spesso
avviene che, appena regolati al nuovo orario, occorre regolarli
nuovamente nell'altro senso, donde nuovi traumi o stress profondi.
Vediamo ora altri metodi più adatti ai passeggeri: certuni
utilizzano, come induttore di sonno, alcool o sonniferi. Ora l'alcool
è decisamente controindicato per il sonno, mentre lo scarto orario è
uno dei rari casi in cui l'ingestione di sonniferi può, eventualmente
ed eccezionalmente, essere giustificata come portatrice di sonno; ma
rischiamo, se continuiamo a farne uso, di sconvolgere ancora di più inostri ritmi biologici. D'altronde, in Comment vaincre la fatigue, L'
Pembrook raccomanda di mangiare moderatamente prima, durante ed
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immediatamente dopo ogni volo.
Per i grandi viaggiatori
Ecco un metodo più completo per annullare in parte gli effetti
fisici della sindrome da (r)scambio d'orario». Un ricercatore
americano, il dr' C' Ehret, ha elaborato il (r)regime dei grandi
viaggiatori», basandosi su un certo numero di considerazioni:
- il caffè o il tè possono anticipare o ritardare i ritmi
biologici, a seconda dell'ora in cui vengono ingeriti: la tazza
mattutina di caffè fa arretrare l'orologio interno dell'organismo,
mentre quella serale lo fa avanzare; soltanto quella sorbita alla
fine del pomeriggio è neutra (salvo per gli effetti che può avere sul
sonno notturno);
- gli alimenti ricchi di proteine stimolano la produzione di
sostanze biologiche utilizzate durante l'attività quotidiana, mentre
i glucidi (zuccheri diretti o indiretti: farinacei) contribuiscono ad
elaborare sostanze cerebrali ricostituitesi nel corso del sonno;
- infine, gli episodi di oscurità o di luce provocati
artificialmente sono suscettibili di fare avanzare o ritardarel'(r)orologio».
Per essere chiari, se decidiamo di prendere l'aereo un lunedì sera,
dobbiamo avere la precauzione di fare (r)il pieno» alimentare (con una
certa moderazione) il venerdì precedente, consumando tre veri pasti
completi: i primi due ricchi di proteine e il terzo di glucidi. Il
sabato giorno di digiuno relativo: tre pasti scarsi di calorie e
poveri di glucidi. La domenica, ancora un pieno (senza esagerare,
però) e poi riprendere a digiunare il lunedì prima della partenza.
L'alternanza pasti copiosi e pasti scarsi tende ad allineare i nostri
cicli fisiologici e ci consente di cambiarli tutti
contemporaneamente. Durante questi tre giorni, è indispensabile
evitare il tè, il caffè o il cacao, eccetto nel tardo pomeriggio,quando la loro azione, come detto, è neutra (attenzione però alla
loro influenza negativa sul sonno notturno quando vengono ingeriti
dopo le ore 16).
Eccoci ora sull'aereo: la riuscita del nostro adattamento dipende
dal nostro comportamento in alta quota. Ascoltiamo ancora il dr' A'D'
Rutzik: (r)Prendete una tazza di caffè nero o di tè forte, senza latte
né zucchero, all'inizio del volo; saltate il pasto ed evitate
champagne ed alcool in generale; non assistete alla proiezione del
film; tentate di dormire o, almeno, di mantenervi distesi. Un po'
prima dell'atterraggio, fate un piccolo spuntino ricco di proteine,
ma, questa volta, senza tè né caffè. Il giorno dell'arrivo, mangiate
bene e coricatevi presto».(r)Questo è il regime fissato per un viaggio da Occidente a Oriente:
se andiamo in senso contrario (da est a
ovest), il programma è lo stesso, con una sola eccezione: bere
molto caffè o tè presto al mattino del giorno della partenza, ma
evitare categoricamente di sorbirne nel pomeriggio». (C' Bialobos)
Ecco ora un altro metodo utile per sincronizzare il sonno.
Supponiamo che, partendo da Parigi, andiamo in Cina: a Pechino, per
esempio, il cui orario, rispetto al nostro, è spostato in avanti di
otto ore (uno scarto considerevole, dunque). Quando, per esempio, a
Parigi sono le 23 (l'ora, cioè, in cui ci corichiamo abitualmente) a
Pechino sono le sette del mattino: avremo allora un po' di sonno e,
nelle ore seguenti, dovremo fare un certo sforzo per restare svegli;ma le sollecitazioni sensoriali - rumori, luce, la nostra attività e
quella degli altri - ci aiutano. Però non avremo mai gli occhi (r)ben
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spalancati» perché ci affatichiamo, come se passassimo una notte in
bianco a Parigi e la giornata diventa così interminabile. Ma, quando
a Pechino giunge il momento di andare a dormire, le 23 ora locale,
noi non abbiamo più sonno (malgrado la notte insonne) perché è l'ora
in cui i nostri meccanismi biologici ci mantengono, abitualmente,
svegli (per essi sono le 15) e in cui le nostre funzioni, rimaste
anch'esse all'ora di Parigi, conservano la loro normale attività.
Ora, dopo una tale giornata, è assolutamente necessario dormire,
altrimenti, l'indomani, non saremo del tutto svegli. Che fare,
allora?
Generalmente, quando si parte per Pechino, lo si viene a sapere
qualche giorno prima, potendo così cominciare a sincronizzare il
sonno con l'ora cinese: tenendo conto una volta di più della
successione dei vari cicli.
Supponiamo che il nostro ciclo sia di un'ora e mezzo e che il
nostro (r)treno» del sonno passi normalmente alle 23 oppure che siamo
abituati a russare a letto proprio alle 23. Tre giorni prima della
partenza, se andiamo a letto, non alle 23 ma alle 21,30, non avremonessuna difficoltà ad addormentarci, perché quest'ora, secondo il
nostro ciclo, corrisponde al passaggio del nostro (r)treno» (non è
l'ora di passaggio abituale, ma questo non ha importanza).
Due giorni prima, corichiamoci alle 20 e la sera della partenza
alle 18,30. Abbiamo, così, recuperato più della metà della differenza
di orario, cioè quattro ore e mezzo e ci rimangono solo due ore e
mezzo di scarto, durata questa che comporta minime conseguenze,
nemmeno confrontabili con quelle di una differenza di otto ore; ma,
attenzione! man mano che anticipiamo la nostra ora di
addormentamento, dobbiamo anticipare anche, in ugual misura, quella
del risveglio, operazione che, fra l'altro, faciliterà anche l'inizio
prematuro del sonno della sera precedente. Al ritorno, bisognainvertire il processo, coricandoci ogni volta sempre più tardi, ma,
soprattutto, ogni volta scalando di un ciclo completo.
Saltare una notte
nei viaggi improvvisi
Ma, il nostro, potrebbe essere un viaggio improvviso, e ci siamo
dimenticati, o siamo stati impediti, di procedere come abbiamo appena
consigliato. In questo caso, la notte che precede la partenza,
evitiamo di andare a letto e di dormire, se non pochissimo,
possibilmente, senza prendere eccitanti, o ingerirne il meno
possibile: caffè, tè, etc'; usiamo piuttosto i metodi per (r)lottare
contro il sonno» di cui parleremo fra poco.
Potremo, così, constatare che possiamo saltare una notte senzagravi inconvenienti. Con nostra grande sorpresa, non saremo né troppo
insonnoliti, né troppo affaticati, quando, per esempio, arriveremo a
Dallas. Per compensazione, una volta giunti, ci coricheremo presto
(rispettando i nostri cicli): alle nove o le dieci, ora locale e non
avremo, rispettando sempre l'ora di passaggio del (r)treno», nessun
problema per addormentarci, perché (r)cadremo» letteralmente dal sonno.
In più, se avremo cura di svegliarci l'indomani mattina, alla fine
di un ciclo, saremo freschi, ben disposti e, in parte, in sincronia
con la nuova ora (in ogni caso, almeno per quanto concerne il sonno).
Dobbiamo tentare nondimeno, durante la nostra prima notte a Dallas,
di fare un ciclo, o meglio due, in più del solito: questo sarebbe piùche sufficiente, perché non dobbiamo credere che, per recuperare
sette o otto ore di sonno, occorra un tempo equivalente. Due cicli in
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più sono sufficienti, sia se li faremo in una o due notti. Ma non di
più, altrimenti corriamo il rischio di trovarci (r)a terra», di cattivo
umore, con l'emicrania, etc', sintomi d'eccesso di sonno.
Auricoloterapia
Questo metodo, che consiste nel saltare una notte, soprattutto a
partire da una certa età (cinquant'anni circa) è un po' brutale e non
rappresenta che un mezzo d'emergenza: un metodo più dolce, con
assuefazioni orarie progressive, è senz'altro preferibile ed anche
più efficace.
Ecco un altro metodo dolce: possiamo ricorrere all'auricoloterapia,
trattamento con l'agopuntura nell'orecchio grazie al quale possiamo
annullare gli effetti di un scarto orario e, particolarmente, la
fatica che ne risulta. Sono, questi, alcuni metodi per evitare di
maltrattare troppo i nostri meccanismi orari interni, se vogliamo
conoscere, facendo lunghi viaggi, il nostro bel pianeta ed i suoi
abitanti. Sarebbe un vero peccato dovervi rinunciare a causa della
sua rotazione e delle relative mutazioni d'orario e, per questa sola
ragione, privarci dei piaceri di un viaggio.Ora conosciamo molto meglio gli effetti di questi cambiamenti
cronobiologici e, soprattutto, come minimizzarne l'azione, benché non
si sappia ancora tutto in fatto di disincronizzazione umana e di
alterazioni della sua struttura temporale. Nel capitolo di un libro,
come questo, consacrato al sonno, ci siamo soprattutto interessati
dei mezzi utili a ridare equilibrio, nella maniera più sbrigativa e
migliore.
Come lottare contro il sonno
Può sembrare fuori luogo, in un libro destinato a valorizzare il
sonno, d'insegnare a lottare contro di esso. Pertanto, si tratta di
un capitolo importante, perfino indispensabile alla buona gestione
del sonno stesso. In molti casi, ci si rivelerà molto utile e forsepotrà salvarci anche la vita.
L'uomo moderno, generalmente, non è mai (r)né completamente
addormentato la notte, né completamente sveglio il giorno» come dice
Edison; ha sempre gli occhi mezzi aperti o mezzi chiusi; è sempre
insonnolito o in un mezzo sonno, quando dovrebbe dormire, e
sonnecchia, quando dovrebbe essere sveglio; sta sempre rincorrendo il
sonno la notte e la lucidità il giorno, quindi ha tendenza ad
addormentarsi dappertutto: in ufficio, durante una riunione, a casa
sua, davanti alla televisione, nel metrò o anche al volante; e questo
sempre (non soltanto al cambiamento di un ciclo): nel tardo mattino,
dopo aver mangiato (in questo caso è più normale), alla fine del
pomeriggio, la sera. Viceversa, un nulla lo sveglia, la notte: una mosca o una
preoccupazione passeggera; non è più capace di addormentarsi
completamente la sera e di svegliarsi bene il mattino, perché è
diventato in permanenza un (r)pessimo dormitore» e, di conseguenza, un
(r)pessimo vegliante».
La ragione principale di questa penosa situazione sta nel fatto che
l'uomo moderno non ha mai imparato né ad addormentarsi, né a
svegliarsi. Ripetiamolo ancora una volta: ci svegliamo contro tempo,
interrompendo l'ultimo ciclo e restiamo sonnolenti per tutto il
mattino. Il ciclo interrotto continua, si prolunga e, possiamo anche
dirlo, non si conclude mai interamente. In tal caso, ci veniamo a
trovare, quasi permanentemente, in debito di sonno, carenti diriposo: da qui, il nostro (r)appetito» per le droghe, i ritrovati
chimici, sintetici o ricavati da certe piante, come il tabacco. Anche
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il lavoro esagerato, per certuni, può rappresentare una sorta di
droga. Ma se chi dorme male conduce, anche da sveglio, una vita in
stato di sonnolenza, ciò è dovuto al fatto che molti di noi dormono
in maniera medioevale, cioè in un'unica fase troppo lunga, seguita da
un periodo troppo lungo di veglia.
Se il sonnellino, che ridimensiona la lunghezza dei due periodi
deve, in certi casi, durante la giornata, essere favorito,
soprattutto a ore particolari (sonno-lampo, pausa di parcheggio,
maxipausa), e se dobbiamo, la sera, approfittare dei richiami
cerebrali per addormentarci in fretta, vi sono altri casi in cui
queste pratiche non sono consigliabili, anzi intempestive ed anche
pericolose: può essere una questione di vita o di morte. Per esempio,
quando attraversiamo la strada o guidiamo l'auto, un sia pur
brevissimo assopimento potrebbe avere conseguenze catastrofiche.
L'uomo moderno ha bisogno, in permanenza, ma in maniera particolare
in determinati momenti, di essere estremamente lucido, specialmente,
poi, quando ha decisioni importanti da prendere.
I casi in cui è importante saper lottare contro il sonno, sono, ineffetti, molto più numerosi di quanto possa sembrare. Esaminiamo i
principali, cominciando dai più drammatici.
In automobile
Prendiamo come esempio la guida notturna dell'auto, su un lungo
percorso dritto, monotono e piatto; esiste, in questa situazione, un
fenomeno poco conosciuto: lo sfilamento degli alberi fiancheggianti
la strada può creare insieme una reazione ipnotica e di risonanza,
quando la sua frequenza è vicina a quella del ritmo teta
d'addormentamento. Questa funzione è identica a quella del metronomo
(espediente usato da alcuni per dormire).
Notiamo ancora che, quando siamo al volante, esiste un altro
pericolo: lo stato d'assopimento può essere accompagnato da quelleche vengono chiamate (r)immagini ipnogogiche» (che sono tipiche in un
normale addormentamento); queste immagini creano miraggi, illusioni
ottiche, che provocano, in chi guida, reazioni incresciose, perché si
sostituiscono alle immagini fisiche della strada: tiriamo dritto in
una curva, o curviamo in pieno rettifilo o, ancora, vediamo
improvvisamente, davanti a noi, un camion immaginario.
Se siamo troppo arretrati di sonno e se l'assopimento si manifesta
di prima mattina, cadiamo sia in sonno profondo sia in sonno
paradossale (che sono i più imperiosi e che hanno, naturalmente,
priorità nel ricupero). Ci ritroviamo, così, improvvisamente ciechi
(dal momento dell'inizio del sonno), non vediamo più la strada; in
ogni modo, anche se la vedessimo, non potremmo fare più nulla, perchésaremmo come paralizzati e non potremmo nemmeno sentire il grido
d'avvertimento di uno dei passeggeri, perché saremmo sordi. Infine,
non avremmo nemmeno la consolazione di pronunciare le nostre ultime
parole, perché saremmo anche muti, prima d'andare direttamente
all'ospedale o di sprofondare nel sonno eterno.
Al lavoro
Per un lavoratore manuale, pur con la protezione di tutti i mezzi
di sicurezza, un colpo di sonno, e dunque di distrazione nel
manovrare un macchinario, può costare un braccio o la vita stessa.
Per un lavoratore intellettuale, addormentarsi in pubblico, durante
una riunione (lo abbiamo già detto) è assai disdicevole. In queste
riunioni, talvolta, fa troppo caldo, c'è eccesso di gas carbonico cheè molto soporifero (c'è, a questo proposito, anche una ricetta del
professore americano Kelly per addormentarsi, ponendo sulla bocca il
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risvolto del lenzuolo, la sera, a letto) e chi parla è privo
d'interesse; (r)dormire è disinteressarsi», dice Bergson.
A ciò possono aggiungersi altre cause: ritardo di sonno, scarti
orari, fatica, pasti troppo copiosi. Tutte queste ragioni cumulate
fanno sì che non possiamo resistere (quando, ad esempio, è il momento
d'inizio d'un ciclo) ad un quasi incoercibile bisogno di dormire.
Anche se siamo soli, in ufficio o a casa, possiamo lo stesso avere
bisogno di rimanere ben svegli: quando c'è lavoro urgente da
sbrigare, una telefonata importante da affrontare, qualcosa che
(r)bolle in pentola», un programma importante alla televisione, etc'.
Abitualmente, cerchiamo di ovviare a questo problema prendendo
eccitanti che, come abbiamo già sottolineato, non portano altro che
uno stimolo passeggero del sistema simpatico: caffè, tè, cola,
tonico, alcool o altre bevande eccitanti, sigarette, prodotti
chimici, etc', ma così non facciamo altro che sottovalutare il
problema, rinviandone la soluzione e rendendolo, col tempo, sempre
più difficile.
La pausa-ossigenoDobbiamo metterci in testa che, in questo modo, creiamo un circolo
vizioso: obbligare il cervello - e in più riprese - a rimanere in
ritmo beta, richiede un grande sforzo, cosa che aumenta la fatica e,
dunque, anche la sonnolenza, e questa condizione, poi, risulta ancora
più aggravata dal fatto che gli eccitanti sono essi stessi un'enorme
sorgente di fatica.
Non è, quindi, questa la soluzione, è, anzi, un mezzo per aumentare
considerevolmente il rischio di cedimenti a causa del sonno.
La sola (r)droga» naturale che possiamo prendere è l'aria, o, più
precisamente, l'ossigeno che contiene. Se, per lottare contro il
sonno, oltre a non dover prendere caffè, non possiamo, in una
determinata situazione, praticare nemmeno la pausa di parcheggio o lamaxipausa, ecco con cosa sostituirle: la pausa-ossigeno.
Apriremo la finestra dell'ufficio e della nostra abitazione (anche
se non l'apriamo non è poi d'estrema importanza) e facciamo qualche
respiro profondo, lentissimo e lunghissimo, osservando una pausa di
dieci secondi circa, mantenendo l'aria nei polmoni, tra
l'inspirazione e l'espirazione. Questo meraviglioso fluido
(l'ossigeno), a cui non si dà mai abbastanza importanza, forse perché
è gratuito e inesauribile, ci calmerà e ricaricherà nello stesso
tempo, e questo senza alcuna spiacevole ricaduta.
Per sottolineare l'interesse della pausa-ossigeno, ecco un
passaggio, estratto dal libro: Vivez jeunes, vivez longtemps, del
celebre G' Hauser: (r)Distendetevi e calmatevi: restate soli nellavostra stanza, e riposate le vostre stanche ossa. E mentre siete così
distesi, utilizzate una delle più meravigliose forze di cui
disponete, per ringiovanire il vostro corpo: respirate, respirate,
respirate dolcemente e con calma, respirate con il naso, poi, prima
lentamente e in seguito, più forte, respirate con la bocca: fatelo
per tre minuti, tre volte in una giornata. Rammentatevi che, ogni
volta che inspirate, introducete ossigeno che vi prolunga la vita e
quando espirate, vi liberate delle scorie. C'è di più ed è ancora più
importante: ogni volta che inspirate, producete un leggero massaggio
alle arterie, al cuore, ai polmoni ed agli intestini e ogni vostra
cellula, immediatamente, trae profitto da questo aumento di aria
fresca. I vostri occhi stessi ne trarranno giovamento e le vostreocchiaie scure spariranno a poco a poco».
Altri metodi
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Il mezzo migliore, più efficace e più radicale per lottare contro
il sonno è certo quello di abbandonarvicisi. Perché, contro di lui,
lottiamo ad armi impari e finisce per avere la meglio, presto o
tardi, e senz'altro più presto di quanto crediamo.
Un altro mezzo è evidentemente quello di cercare di non accumulare
troppo sonno arretrato. In primo luogo, dormendo bene, regolarmente,
ogni notte; se questo non è possibile, ricuperando l'arretrato il più
presto possibile, nel corso della stessa settimana o, al più tardi,
durante il week--
end. Il rischio di cadere addormentati non è proporzionale alla
quantità di sonno perduto: cresce al quadrato, con esponente 2 (come
la gravità degli incidenti d'auto aumenta per il quadrato della
velocità).
Dormire in anticipo
Quando prevediamo di non poter evitare di rimanere in arretrato di
sonno, cerchiamo allora di dormire in anticipo; il sonno, infatti,
possiede una straordinaria capacità di immagazzinamento ancora non
ben conosciuta (quando mangiamo troppo, sappiamo dove collochiamo ilcibo, invece non sappiamo come si colloca il sonno anticipato). Per
farci capire meglio, ecco come facciamo noi personalmente:
naturalmente, ognuno può adattare questo
esempio alla propria natura.
Prendiamo il caso di un ritorno dal sud della Spagna, in auto e in
estate. Fa molto caldo e c'è molto traffico sulle strade, cose che
accrescono i rischi della fatica. Se abbiamo scelto questo esempio, è
perché ci servirà per illustrare l'applicazione di tutti i consigli
che vi abbiamo già dato al fine di migliorare la gestione del sonno.
Per arrivare felicemente a Parigi, è certo necessario sapere
guidare l'auto, ma anche guidare il nostro sonno. Per limitare i
rischi, preferiamo effettuare la parte più difficile del percorso(non essendovi autostrade a consentirci una certa sicurezza) di
notte.
Partiamo, dunque, la sera, verso le 22,30, dopo aver già dormito
due cicli (ricordiamo, per memoria, che, al fine di evitare i
problemi derivanti da improvvisi assopimenti, bisogna addormentarsi
nel momento in cui passa il treno del sonno). Per essere lucidi
durante il percorso, occorre svegliarci alla fine di un ciclo
(all'occorrenza, alla fine del secondo).
Nel corso della notte, effettuiamo, poi, due periodi di sonno di
venti minuti (maxipause) nel momento in cui passa il nostro (r)treno».
La prima maxipausa verso le tre del mattino (ora solare) che è il
periodo più critico (ora zero) del nittemero (periodo diurno-notturnodi 24 ore): è il momento in cui la natura vivente si trova
maggiormente debilitata.
Tra la partenza e la prima maxipausa di venti minuti (e ancora nel
momento in cui passa il nostro treno del sonno), effettuiamo due
pause di parcheggio di qualche minuto.
Occorre sapere, e quante volte ognuno di noi lo avrà provato, che,
salvo eccezioni (cospicui arretrati di sonno), l'assopimento si
preannuncia sempre con segni premonitori che sono i soliti, ben noti
messaggi: sbadigli, palpebre pesanti, occhi che pungono, vista
annebbiata, etc'. Sono dei lampeggiatori che s'accendono sul nostro
proprio cruscotto (come avviene su quello della nostra auto) e,
allora, bisogna, quando siamo al volante, arrestarci istantaneamente.
Non dobbiamo mai dire: faccio ancora qualche chilometro, aspetterò
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(sempre guidando) che la sonnolenza passi, voglio arrivare fino a tal
città, resisterò, mi sforzerò di stare sveglio.
più aspettiamo e più saremo obbligati ad uno sforzo maggiore, più
correremo il rischio di un fatale colpo di sonno.
Verso le 8,30 del mattino, isolati sul piano sensoriale (occhiali
schermati e tamponi auricolari, due per orecchio), effettuiamo,
sdraiandoci nella vettura, un ciclo completo di sonno.
Così, con tre cicli e due maxipause, siamo, in fatto di sonno,
perfettamente aggiornati, freschi e in perfetta forma (dopo esserci
rinfrescati bevendo un po' d'acqua - senza caffè - ed esserci lavato
il viso) per continuare il nostro viaggio tutto il giorno, praticando
ancora, nel corso della giornata due maxipause, una all'inizio del
pomeriggio e una la sera, dopo cena, oppure una siesta di un intero
ciclo, subito dopo pranzo (con, in più, nell'uno o nell'altro caso,
un certo numero di pause di parcheggio).
Così, possiamo essere certi di arrivare a Parigi la notte
successiva, dopo 2300 chilometri di strada, né sonnolenti, né
stanchi, pronti a ripartire in senso contrario.Certi penseranno che, per fare questo, occorrano speciali capacità,
o un certo allenamento, o addirittura che si corrano dei rischi
esagerati. Non è vero, non più di quelli che corriamo in un normale
tragitto: basta essere diventati buoni conducenti del nostro sonno,
rispettare le regole.
Altri consigli
Ecco ancora un certo numero di altre raccomandazioni che ci
aiuteranno a ridurre i rischi, per evitare d'addormentarci.
Per non cadere nel sonno, dobbiamo mantenere attivi il corpo e la
psiche:
- psichicamente, dobbiamo essere motivati (dormire significa esseredemotivati). Mentre guidiamo l'auto, per esempio, dobbiamo pensare a
qualcosa di stimolante che risveglia il nostro interesse (possiamo
anche parlare con i compagni di viaggio);
- fisicamente, quando ci viene sonno in ufficio, alziamoci in
piedi, e camminiamo un po' in lungo e in largo (cosa che, del resto,
facciamo talvolta dettando una lettera); quando siamo in auto,
strizziamo gli occhi, esploriamo con lo sguardo il panorama che ci
viene incontro, muovendo sempre la pupilla (è la fissità dello
sguardo a provocare, per un effetto ipnotico, il colpo di sonno);
solletichiamo l'olfatto, aprendo i vetri della macchina, con gli
odori esterni (la natura, di notte, in campagna, è particolarmente
fragrante).Ed ecco ora un consiglio semplice suggerito dai camionisti:
masticare dello chewingum. Quando abbiamo qualcosa in bocca, per
riflesso condizionato, ci viene da masticare e l'effetto meccanico di
muovere soltanto la mascella è sufficiente a impedire l'assopimento
(ma, questo, è solo un palliativo e il suo effetto è limitato nel
tempo).
In auto si devono fare esercizi di respirazione (ricordiamo la
pausa-ossigeno), aprendo i vetri del finestrino per fare entrare aria
nuova, anche se calda: in effetti, in auto, siamo in un abitacolo
piccolo e chiuso, dove la percentuale di gas carbonico aumenta
rapidamente, soprattutto se la macchina ha tutti i posti occupati.
E' anche bene massaggiarci, di tanto in tanto, le tempie e la nuca;dobbiamo parlare (anche se siamo soli) a voce alta, cantare forte
(anche se stonati).
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Ma dobbiamo, soprattutto, fermarci, ogni tanto, al momento, per
esempio, della pausa di parcheggio, e uscire di macchina per prendere
una boccata d'aria e assimilare gli ioni negativi che cancellano la
fatica, muoverci, camminare, correre, fare comunque un po'
d'esercizio fisico.
Il sonno è nostro amico; anche se talvolta non dobbiamo augurarci
la sua visita e sapervicisi opporre, chiudergli l'uscio in faccia. Se
sappiamo rispettare alcune sue esigenze, egli non cercherà di entrare
con la forza né tenterà d'imporsi a tradimento.
Per i camionisti, i guidatori di pullman e di treni o i piloti
impegnati in voli notturni, è costantemente in gioco la loro vita e
quella dei passeggeri. E noi stessi, talvolta, rischiamo la nostra.
Una giornata intelligente
Questo capitolo farà da riassunto e da richiamo, per consentirci di
insistere sui consigli dati precedentemente ed anche di completarli.
Abbiamo già preso in esame un certo numero di mezzi atti ad evitare
gli errori principali e a gestire meglio il proprio sonno nelle
diverse circostanze della vita. E' interessante ora farne la sintesi,ricapitolando concretamente quello che dovrebbe essere il
comportamento ideale di una giornata e quello che dovremmo fare per
renderla ancora migliore.
Il primo quarto d'ora del mattino è di gran lunga (e ancora di più
dell'ultimo della sera) il quarto d'ora più importante del nostro
giorno, è quello che condizionerà tutta la giornata e, così,
indirettamente, anche la notte seguente.
Ricordiamo ancora che una giornata intelligente non può iniziare
con la rottura di un ciclo di sonno, ma con la fine di uno di questi
o, se preferiamo, con l'inizio di uno nuovo. E', questa, la
condizione sine qua non per evitare i tre traumi che subiamo, come
una frustata, a freddo, nei primi secondi o minuti della giornata:trauma auditivo (provocato dal suono della sveglia), trauma cerebrale
equivalente ad una mazzata in testa (in quanto il cervello passa,
bruscamente, da 1 o 3 pulsazioni al secondo, a trenta) e trauma
visivo, dovuto all'accensione della lampada, dopo che gli occhi sono
stati molte ore in stato di cecità, dunque nell'oscurità più
completa.
Abbiamo già mostrato come questi traumi possano essere ridotti:
svegliandoci naturalmente al termine di un ciclo, utilizzando una
lampada ad illuminazione progressiva, oppure aprendo gli occhi solo
qualche minuto dopo avere acceso la luce.
L'uso corretto della sveglia
A questo scopo, prendiamo l'abitudine di svegliarci al terminedell'ultimo ciclo e di non riaddormentarci. Così, se la nostra
sveglia (di cui avremo preso la precauzione di regolare la soneria in
modo da entrare in azione solo qualche minuto dopo la conclusione del
ciclo in questione) suona, siamo già tornati in ritmo alfa o beta (da
10 a 30 secondi); così, il danno è meno grave. Ma possiamo anche
prendere l'abitudine di fermarla prima che suoni, utilizzandola solo
come mezzo di sicurezza in caso di un involontario riassopimento. In
questo caso, gli effetti di questo marchingegno, infernale ma
indispensabile, saranno minimizzati, evitati o dilazionati.
Lo stato di grazia
Occorre che il mattino facciamo trascorrere circa quindici minuti
tra il momento del risveglio e quello dell'uscita dal letto. In virt-di questa
operazione, alla fine di un ciclo, possiamo assaporare, ogni
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mattina, il gusto di un ritorno trionfale e rinnovato alla vita,
sentendoci immediatamente nuovi su tutti i piani, in una condizione
di benessere, risentendo poco, o niente del tutto, di quello che è
stato definito il (r)complesso fetale». Ogni mattino, ripetiamo la
nostra nascita e, ogni mattino, dobbiamo evitare il trauma che tutti
abbiamo subito nei primi istanti della nostra
esistenza.
Sbadigliare e stirarci
E' sportivo, fa molto essere dinamici, svegliarci ed alzarci d'un
sol colpo alla soneria della sveglia. E', pertanto, altrettanto
stupido e controproducente, perché così, affrontiamo un trauma in
più, decisamente controindicato.
Immediatamente prima di alzarci, dobbiamo invece praticare due
semplici esercizi: sbadigliare a fondo, stiracchiandoci i muscoli:
movimenti naturali che abbiamo troppo tendenza a dimenticare.
Stiracchiarsi a che scopo? Innanzitutto, per perfezionare l'opera
di riassestamento della colonna vertebrale che, in segreto, il sonno
ha compiuto per noi. Le membra si trovano anchilosate a forza direstare nella stessa posizione e ora si tratta di rimetterle,
dolcemente, in stato di mobilità, dall'estremità dei piedi alla punta
dei capelli, per mezzo, appunto, dello stiracchiamento. (r)Sembra che
il solo fatto di stiracchiarsi rimetta tutto in condizioni efficienti
e ristabilisca i circuiti che prima andavano a basso regime e che ora
lentamente riacquistano il ritmo della vita attiva». (N'
Perez-Christiaens)
(r)Tutti i mammiferi si stiracchiano, anche le vacche, i cani e i
gatti, perfino gli uccelli in maniera più corretta degli esseri
umani. Si tratta di stirare la colonna vertebrale nei due sensi:
arcuandosi e distendendola, in modo da ricollocare ogni osso nel suo
posto giusto, fra gli altri; allora tutto il circuito energeticoviene ristabilito, l'intero asse della vita, che è la spina dorsale,
può inviare l'energia necessaria ad ogni viscere, il sangue
alimentato e dotato di nuove energie può portare la vita dappertutto,
nelle ossa, nelle articolazioni, etc'; nulla resiste più alla vita!».
Aggiungiamo a queste parole di Perez-Christiaens che è opportuno
stirare al massimo braccia e gambe.
Quanto allo sbadiglio, esso possiede virt- terapeutiche troppo
spesso ignorate, che favoriscono il rilassamento e l'allentamento
laringeo. Come afferma ancora Perez-Christiaens, (r)bisogna rimparare a
sbadigliare, anche se, peraltro, ci viene piuttosto insegnato a
reprimere un atto che è fra i più naturali» e che tutti gli altri
mammiferi praticano regolarmente.Sbadigliando, aspiriamo attraverso la bocca una grande (r)tazza»
d'aria fresca, un'ossigenazione supplementare. Quest'aria, poi, non
essendo riscaldata dal naso, come avviene di solito, dà una
sensazione di freschezza e fa sparire la fatica bruciando le tossine.
Ma il vero sbadiglio (non inteso, certamente, come manifestazione
di noia o altro) ha, quasi, la stessa funzione (oltre ad averne
altre) dello stiracchiamento: bisogna peraltro praticarli insieme
prima di alzarci.
Molti di noi, svegliandosi (e anche durante la giornata) sono
rigidi, come se uscissero da un congelatore. Si tratta, in qualche
modo, di scongelarli. Per questo, occorre sbadigliare largamente,profondamente, lungamente a più riprese, con piacere, distendendoci
(restare contratti interrompe l'azione), tenendo le pupille rivolte
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in alto (guardare in basso l'interrompe
ugualmente e questa potrebbe essere una tecnica da utilizzare per
non sbadigliare in pubblico).
(r)Abbandoniamoci allo sbadiglio, non comportiamoci, nei suoi
confronti, in maniera meschina come facciamo nei confronti della
nostra respirazione che pratichiamo appena quanto è necessario per
non morire», ha detto il dr' Jockel.
Poi alziamoci dolcemente: mettiamo i piedi in terra (non importa
quale dei due, anche il sinistro) con molta precauzione. Dopo,
facciamo qualche passo, qualche movimento (fare ginnastica, al
risveglio, è sconsigliabile), e così l'operazione sarà completata
correttamente.
Allora potrà cominciare veramente
una giornata intelligente, che riassumeremo molto brevemente così:
- colazione copiosa con assimilazione di un quarto delle calorie
dell'intera giornata (in generale, non è abbastanza abbondante);
evitare gli zuccheri diretti, evitare la miscela di caffè e latte,
evitare la frutta succosa e il succo di frutta acida (ottimi, mavanno ingeriti lontano dai pasti);
- durante il mattino e nel pomeriggio (e quando passa il nostro
ciclo), in linea di massima fare, alternativamente, (due volte il
mattino e due volte il pomeriggio) la pausa di parcheggio e la
pausa-ossigeno, in alternativa alla famigerata pausa-caffè;
- dopo pranzo: un periodo di sonno di venti minuti (maxipausa);
- la cena: non troppo copiosa (mentre, in generale, si tende a
eccedere);
- dopo cena: un'altra maxipausa.
Aggiungiamo che, durante la giornata, è possibile praticare, a più
riprese, il sonno-lampo, soprattutto dopo una notte (r)corta» ed un
periodo di veglia faticoso.Questo vale per i giorni feriali; per quanto concerne il sabato e
la domenica, occorre rimpiazzare una maxipausa (quella post prandium)
sia poltrendo a letto, il mattino, il tempo di un ciclo, sia con una
siesta (sempre di un ciclo) in alternativa.
Durante la sera, per preparare bene il sonno, è consigliabile
attenuare, progressivamente, sempre di più, i messaggi sensoriali e
motori dei muscoli: rumore, luce, agitazione fisica e psichica.
L'ultimo quarto d'ora della sera
E' quello che precede l'addormentamento: è, nell'ordine, il secondo
quarto d'ora più importante, perché da lui dipenderà in gran parte il
nostro sonno (e quindi anche l'indomani). Tutto quello che penseremo,
sentiremo, faremo nel corso di questo quarto d'ora, avrà un'enormeinfluenza sul nostro sonno, sia in senso positivo che negativo.
Ricordiamo subito che la fine di questo periodo deve coincidere con
l'ora di passaggio del nostro (r)treno», ora che avremo individuato
preliminarmente. Ecco quello che dobbiamo fare affinché l'ultimo
quarto d'ora abbia efficacia, preparandoci un sonno piacevole e
ristoratore.
Prima di tutto, sbadigliare: il nostro personale (r)treno», quando
(r)entrerà in stazione», qualche minuto prima di addormentarci, ci farà
sbadigliare. Ma dobbiamo favorire lo sbadiglio perché se il bisogno
di sonno ci induce a sbadigliare, la mancanza di sbadiglio riduce
invece il bisogno di sonno; sbadigliare ci aiuterà anche a
rilassarci, a metterci in condizione favorevole per il sonno,soprattutto se siamo anche distesi. Bergson ha detto: (r)Se volete
dormire, allora cominciate a sbadigliare».
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Questo atto è d'altronde contagioso: (r)perché si sbadiglia,
vedendolo fare agli altri?» si chiedeva già Alessandro d'Afrodisiade,
commentatore di Aristotele e la saggezza popolare afferma che (r)un
bravo sbadigliatore ne fa sbadigliare sette»; è anche
auto-contagioso, in quanto è capace di scatenare tutta una serie di
sbadigli che è opportuno non interrompere, quando stiamo per
addormentarci.
E non dimentichiamo di chiudere gli occhi prima di spegnere le luci
(per
evitare un brusco passaggio dalla luce all'oscurità), a meno di
avere una lampada da notte blu.
La cura del sonno naturale
Con la coscienza così tranquilla, possiamo allora addormentarci del
sonno del giusto. Avremo, così, trascorso un giorno intelligente,
almeno sul piano della gestione del sonno: domani potremo contare su
una buona giornata, dopo avere, in questo modo, accresciuto le
possibilità di passare una notte intelligente.
Se abbiamo sostenuto, per lungo tempo, un eccessivo impegno dilavoro o subito duri colpi sul piano affettivo: lutti, dispiaceri
amorosi, perdita dell'impiego (caso, quest'ultimo, disgraziatamente
molto attuale), ci sentiamo talvolta estenuati, e quando ci
riposiamo, stiamo ancora peggio, più a terra o siamo, al contrario,
sovreccitati, con la testa che ci ronza, non ci va bene più nulla,
non proviamo più gusto per nulla: né per il lavoro, né per i
divertimenti, né, talvolta, perfino per la vita.
Allora, per evitare la depressione (la più grave delle conseguenze)
o, più semplicemente, per guarirne cosa dobbiamo fare?
Qualche volta ci viene proposta la cura artificiale del sonno, ma,
per evitare di arrivare a questi estremi (questo tipo di terapia
comporta, spesso, effetti secondari nocivi) è più opportuno, primad'ogni altra cosa, tentare una cura di sonno naturale. Potremo
impiegare questa cura anche al di fuori di ogni emergenza,
praticandola di tanto in tanto, così, a titolo preventivo e anche per
restare in piena forma fisica e morale. Per esempio:
- durante il week-end (due giorni);
- all'inizio delle ferie estive (più di due giorni, ma meno di
cinque);
- durante le vacanze invernali (ibernazione);
- fuori stagione: possiamo, a questo scopo, concederci qualche
giorno di vacanza.
Non esiste, per questa pratica, una tecnica particolare: è
sufficiente diventare il più passivi, il più indifferenti e immobilipossibile. Occorre creare le condizioni ambientali appropriate,
esattamente contrarie a quelle descritte nel capitolo in cui abbiamo
imparato a lottare contro il sonno, perché si tratta dello stesso
problema all'inverso. Riassumiamole:
- isolamento sensoriale (vista, udito), immobilità fisica e
psichica pressoché totale, cioè né agitazione, né cogitazione.
Bisogna poi disinteressarci di tutto, principalmente sul piano
intellettuale, ma anche su quello affettivo: raggiungere, cioè,
l'apatia nel senso più stretto del termine; non bisogna pensare più a
nulla, né a cose spiacevoli, né a quelle troppo piacevoli. Dobbiamo
rilassarci con calma, in disparte, metterci (r)fuori circuito»; saremo,
così, fuori dal tempo, fuori da tutto e, soprattutto, fuori dallepreoccupazioni (sfruttando, così, la funzione-rifugio del sonno).
Sprofonderemo piacevolmente in un letargo, una sorta di
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(r)mini-ibernazione», da cui ci sveglieremo solo per le necessità
biologiche (alimentazione, assunzione di liquidi, evacuazione).
Questo potrà aiutarci non soltanto a superare un momento difficile
e evitarci di dar fondo a tutte le nostre riserve, come è nei
principi dell'ibernazione, ma ci trasformerà completamente, ci
rinnoverà su tutti i piani, ci renderà ottimisti. Saremo (r)altre
persone», avremo (r)girato pagina» sul passato, ci troveremo in uno
stato di piena disponibilità, di trasparenza interiore, di libertà
pacificamente riconquistata: un nuovo stato di grazia, di paradiso
ritrovato, tonificati meglio di quanto siamo alla fine di lunghe
vacanze, pronti a riprendere sia il lavoro sia a gustare, nel caso,
il resto delle vacanze e la vita stessa.
Dopo questo meraviglioso bagno di giovinezza, non sentiremo più il
bisogno, come la Bella addormentata nel bosco, di dormire cento anni.
Non soltanto avremo sospeso il tempo, ma, addirittura, l'avremo fatto
(r)girare» in senso contrario. Aggiungiamo che, quasi tutti i
(r)luminari» dell'umanità, i geni più attivi, hanno provato tali
esperienze ed hanno osservato periodi di (r)isolamento» ancora piùlunghi.
L'uso corretto degli eccitanti
Il caffè e, più generalmente, le bevande eccitanti sono ormai
entrate a far parte della vita quotidiana al punto da non poterne più
fare a meno. La migliore soluzione sarebbe quella di eliminare ogni
bevanda eccitante. Se non vi riusciamo cerchiamo di ridurne le
conseguenze deleterie. Non dovremo, tuttavia, dimenticare mai questo
principio fondamentale: meno caffè tè cola etc' ingeriremo, meglio
sarà per la nostra salute ed il nostro sonno. Ecco alcuni consigli:
- non mescolare il caffè con il latte; quest'ultimo è già un po'
indigesto per gli adulti. Il caffè, contrariamente a quello che
comunemente si crede, è un inibitore della digestione, per il fattoche contiene tannino che è astringente e quindi restringe i pori
delle pareti degli organi digestivi;
- evitare di prendere prodotti contenenti caffeina (caffè, tè,
cioccolato, bevande a base di cola) dopo le 16,30. Il tè delle 17, il
five o'clock tea degli inglesi, viene servito già troppo tardi. In
effetti, è proprio a partire da questa ora che il nostro centro del
sonno (situato nel tronco cerebrale) elabora la serotonina, ormone
indispensabile del sonno stesso: violando l'orario, lo (r)blocchiamo»;
- non superare mai una certa dose di caffè nell'arco della giornata
(dose che varia da individuo a individuo): a questo proposito, è bene
sapere che il contenuto di caffeina può variare secondo la qualità
del caffè;- dire che è necessario diminuire o sopprimere il caffè è molto
facile, ma nessuno ci dice con cosa rimpiazzarlo. Se, in certi
momenti (a ore fisse) attraversiamo un momento (r)debole», non bisogna
lasciarci prendere dallo scoramento e dire: (r)sono stanco, ho bisogno
di un caffè» (o di altri eccitanti), ma, in alternativa, sostituire
la pausa-caffè con la pausa di parcheggio, la pausa-ossigeno;
- il caffè, sorbito prima di dormire, ci può aiutare a prender
sonno (bere acqua calda zuccherata ha, però, lo stesso effetto), ma
demolisce il nostro sonno, a nostra insaputa, scombinandone i cicli,
talvolta anche senza svegliarci;
- fare attenzione alle bevande toniche, anche se non contengono
caffeina possono anch'esse danneggiarci.L'uso corretto dei sonniferi
Non siamo totalmente contrari ai sonniferi, ma combattiamo il loro
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uso e abuso così com'è oggi generalizzato. In effetti, ogni sera
milioni di persone ne fanno uso. Abbiamo visto che il sonno, ottenuto
con questi mezzi, non è naturale, senza contare che l'introduzione di
un prodotto chimico nell'organismo e sempre dannosa. Ecco
ora quali sono i principali errori da evitare:
- un sonnifero deve essere (r)personalizzato» e quindi prescritto in
funzione della nostra individualità o del nostro particolare tipo di
insonnia. Una grande quantità di sonniferi vengono presi in maniera
(r)selvaggia»: si tratta sempre di un amico, di un parente, di un
vicino di casa, di un bottegaio che ci dicono: (r)provate a prendere
questo preparato, a me ha fatto un grande effetto». Ma uno stesso
sonnifero, preso nella stessa dose, può giovare ad uno e provocare
gravi disturbi ad un altro;
- bere alcool soltanto lontano dall'ingestione di sonniferi.
Un sonnifero non rappresenta mai una soluzione al problema
dell'insonnia, la nasconde semplicemente e non fa che rimandare il
problema, aggravandolo. Specialisti del sonno hanno anche affermato
che, se sopprimessimo i sonniferi, dimezzeremmo il numero deisofferenti d'insonnia. In caso di situazioni particolari o,
eccezionalmente, in caso di scarti orari, il loro impiego può anche,
a rigore, essere giustificato, però mai in grande quantità (non
servirebbe a niente) e sempre producendo un sollievo solo momentaneo.
In altre parole, nel momento in cui cominciamo a farne uso, dobbiamo
anche abituarci a farne a meno.
Facciamo questo confronto: ci rompiamo una gamba, ce la ingessano,
dopo aver ridotto la frattura; per aiutarci provvisoriamente a
camminare, ci forniscono di stampelle; ma, il più presto possibile,
dobbiamo riprendere a camminare senza alcun sostegno per evitare che,
alla lunga, alcuni muscoli si anchilosino e s'atrofizzino,
costringendoci a far uso di appoggi di cui non potremmo, ad un certopunto, più fare a meno. Questo esempio permette di comprendere le due
caratteristiche dei sonniferi (che sono, poi, le caratteristiche di
tutte le altre droghe) e i rischi che ne derivano:
- l'assuefazione che consiste, per mantenere costante l'effetto del
prodotto, nell'aumentarne continuamente la dose (arrivando ben presto
ai livelli di tossicità), altrimenti, a lungo andare, non agisce più
sul sonno e continua a provocare danni alle altre funzioni organiche;
- la dipendenza che consiste nel non poter più fare a meno del
prodotto stesso (fatto, quest'ultimo, che invece non è vero!).
Cominciando a prendere sonniferi, rimaniamo sempre più coinvolti in
un ingranaggio da cui sarà più difficile liberarci: ricorreremo ad unprodotto per dormire e, conseguentemente, ad un altro per svegliarci
(bevanda eccitante o prodotto chimico).
Ma, attenzione! Se anche abbiamo commesso l'errore di prendere
sonniferi per un certo tempo, non dobbiamo assolutamente cessare di
farne uso bruscamente, perché le conseguenze potrebbero essere gravi,
ma dobbiamo diminuire progressivamente (sarebbe come se, per tornare
all'esempio che abbiamo fatto, abbandonassimo, senza osservare il
tempo di rieducazione, le stampelle dall'oggi al domani, rischiando,
così, di romperci ancora le gambe).
(r)L'assunzione regolare di sonniferi rende cronico un disturbo che
avrebbe potuto risolversi in poco tempo», precisa il dr' Y' Pélicier.
E il dr' J'P' Muyard, fondatore di un centro del sonno nelle Cevenne,aggiunge: (r)Dopo aver appreso a prescrivere i sonniferi, il medico
dovrebbe insegnare come smetterne l'uso».
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Come per il caffè, il sonnifero può essere usato soltanto
eccezionalmente e in situazioni particolari.
Nota editoriale. Sull'importanza e l'uso degli ultimi 15 minuti
precedenti l'addormentarsi della notte e dei primi 15 minuti
precedenti il levarsi del mattino, vedere in questa stessa Collana di
Biblioterapia le opere di Piero Scanziani L'arte della longevità e
L'arte della giovinezza. Per il russare nel sonno e i suoi gravi
danni al ronfatore e a chi gli convive, vedere del dr' J'M' Pieyre
Per non russare più.
I doni del sonno
Fortuna, che ci fai scoprire da-
vanti agli occhi i beni e la fama
che, invano, inseguiamo fino in
capo al mondo! Farò cento volte
meglio a starmene immobile ad
aspettarti, altrimenti finirò pertrovarti seduta davanti alla porta
del mio amico immerso in un sonno
profondo.
Jean de la Fontaine
più del giorno, è la notte a
darci i migliori suggerimenti per
vivere.
Paul Claudel
Siamo qualcosa più di noi stessi,
quando dormiamo: il sonno del cor-
po non è, forse, che il risveglio
dell'anima.Thomas Brown
Con il sonno e il sogno, la vita ci ha fatto un regalo
meraviglioso, infinitamente prezioso, forse il più bello di tutti.
Sfortunatamente, non possiamo né sappiamo approfittarne pienamente
perché, nel darcelo, non ci ha insegnato come usarlo. In fatto di
sonno, siamo tutti autodidatti. Però, se anche non conosciamo ancora
tutti i suoi segreti, siamo almeno in grado di conoscere quello che
può fare per noi. Noi, nella grande maggioranza, non siamo ancora
capaci di valutarne tutte le risorse, di coglierne i profitti, dal
senso più materiale e pratico a quello più sottile e spirituale.
Tesoro nascosto, il sonno non è ancora sufficientemente sfruttato: è
come una vera e propria caverna di Alì Babà il cui accesso èpossibile soltanto a coloro che sono in possesso della formula
magica, come una cassaforte colma di ricchezze di cui non conosciamo
la combinazione e non possediamo la chiave; il nostro scopo è quello
di procurarci adesso la fortuna (r)dormendo»!
E' certo che il sonno ci è stato dato per risolvere i nostri
problemi, di qualsiasi natura essi siano. E noi tutti abbiamo
permanentemente problemi: e il prezzo che dobbiamo pagare al
progresso umano.
Qualcuno ha detto anche che, quando arriva la sera, quando ci
presentiamo davanti a (r)Sua Maestà il Sonno», siamo degli autentici
(r)sacchi pieni di problemi», perché è nella tarda serata che essi siradunano e si inacerbiscono, provocando un problema di più: quello
del nostro addormentamento. E, forse, non è senza ragione che essi
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s'accumulano e insorgono così, proprio prima di dormire. Vedremo in
che maniera usare questa (r)carta vincente» che ci permette di
superarli.
Questi problemi sono molto diversi, e quello che ci differenzia gli
uni dagli altri non è solo il loro numero, ma anche la loro natura,
il loro livello, la loro difficoltà, la loro gravità. Il sonno ci
consente di risolverli tutti, in special modo i più scabrosi, quelli
contro cui cozziamo durante il giorno, quelli che ci sembrano i più
insolubili, insuperabili: sia che si tratti di problemi personali,
familiari, sociali, scolastici, professionali o di salute, oppure di
un problema matematico o un altro sentimentale.
Quanti hanno studiato il sonno o il sogno sono unanimi nel
riconoscersi la facoltà unica e poco usata di poterci aiutare a
vincere ogni difficoltà.
Ci è abituale di risolvere un problema al mattino perché, secondonoi, eravamo, in quel momento, più freschi e riposati; il che è, in
parte, vero. Ma la maggior parte del merito va attribuita al cervello
che ha lavorato intensamente durante il sonno ed al fatto che (r)siamo
spinti interiormente a risolvere i problemi che ci vengono posti,
perché il nostro cervello è già in "collegamento" con tali pensieri»,
come affermano G'G' Luce e J' Segal.
Dopo aver citato l'esempio di problemi risolti durante il sonno da
parte di J' von Neuman (matematico, padre del calcolatore) e di W' Mc
Culloch (neurofisiologo), G'G' Luce riporta un aneddoto accaduto a un
suo giovane cugino molto dotato in matematica, a cui era stato posto
un difficilissimo problema: (r)Dormivamo uno accanto all'altro, quando
mi sono svegliato nel pieno della notte sentendolo muoversi: avevaacceso la candela, s'era munito di matita e di carta e s'era seduto,
sempre con gli occhi chiusi, per scrivere la soluzione; pur non
avendo più studiato i dati da tre giorni, ha prima scritto la
risposta in cifra, poi l'ha sviluppata matematicamente ed infine ha
indicato il metodo da seguire per risolvere quel particolare genere
di quesiti. Solo a questo punto ha spento la candela e, senza mai
aprire gli occhi, s'è di nuovo coricato. Mi sono allora alzato, ho
dato un'occhiata a quello che aveva scritto e ho nascosto il foglio
sotto una cartella. Tre giorni più tardi, m'ha confessato di avere la
strana sensazione di aver risolto il problema, ma di non ricordarsi
di nulla. Al quinto giorno s'era quasi convinto d'aver trovato la
soluzione ed è allora che gli ho detto d'andare a guardare sotto lacartella».
Esempi significativi
Si possono citare numerosi esempi di problemi risolti durante il
sonno, problemi di capitale importanza (come, del resto, anche altri
di minore interesse) non soltanto per il dormiente, ma anche per
l'umanità, come, ad esempio, quello di O' Loewi - è ancora G'G' Luce
a riferircelo - che, appunto, dormendo, scoprì il mezzo, fino a quel
momento vanamente cercato, di dimostrare una sua teoria, secondo la
quale: (r)gli impulsi nervosi erano trasmessi tramite delle sostanze
chimiche»:
(r)La notte precedente il sabato di Pasqua del 1920, mi alzai, accesi
la luce e presi alcuni appunti su un pezzo di carta; poi miriaddormentai subito. Verso le sei del mattino ebbi la netta
sensazione d'aver affidato alla carta qualcosa di estremamente
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importante, ma fui, in quel momento, incapace di decifrare quello che
avevo scarabocchiato. La notte successiva, alle tre del mattino,
riuscii, finalmente, nell'intentoà!»
Ciò valse a Loewi il premio Nobel (1936) ed ha permesso di
spiegare, fra le altre cose, il meccanismo del sonno e del sogno. Se
abbiamo citato questi due esempi, è perché anche noi non dobbiamo
esitare ad alzarci a prendere appunti se qualcosa di interessante (o
che ci sembra tale) ci colpisce durante il sonno, tanto più che,
prendendo alcune precauzioni, il sonno può non essere turbato e,
talvolta, nemmeno interrotto. Se non ci affrettiamo, quando se ne
presenta il caso, a seguire questa pratica, potremmo forse perdere
per sempre una soluzione importante o una scoperta interessante, il
che sarebbe un vero peccato!
Ecco, ora, un estratto dal libro del famoso specialista americano
del sonno W' Dement: Dormir, réver: (r)I ricercatori hanno quasi del
tutto ignorato le funzioni creatrici dei sogni e il fatto che essi
possano permettere la soluzione di molti problemi. Questo tema eragià stato affrontato, nel 1892, da Child che cercò di raccogliere
alcuni dati statistici. In un questionario distribuito a 200 studenti
(151 maschi e 49 femmine), domandò: "Avete mai provato a seguire, in
sogno, una serie di pensieri logicamente connessi su un determinato
tema o problema del quale siete riusciti a trovare la soluzione e il
cui svolgimento siete riusciti a ricordare al momento del risveglio?"
Su 185 studenti che risposero alla domanda, 62 (33,3%) risposero
affermativamente. Fra gli esempi citati, figuravano: una partita a
scacchi giocata in sogno, un problema d'algebra risolto, un errore di
contabilità scoperto e una completa traduzione di un testo di
Virgilio».
L'aiuto del sogno
Alcuni autori pensano addirittura che i sogni siano il solo mezzo
per risolvere certi problemi: (r)Lo studio del sogno ci rende ottimisti
circa la possibilità di risolvere i problemi della vita: il sogno è
l'unico mezzo per risolverli, e noi siamo abbondantemente provvisti
di sogni», scrivono R'F' Klein e Von Wenin-Paburg. E'P' Garfield
aggiunge: (r)Ognuno di noi può sviluppare le proprie capacità di far
fronte alle situazioni difficili dell'esistenza per mezzo dei sogni
che ad esse si riferiscono; mettiamoci all'ascolto e ci verranno in
aiuto».
Man mano che impareremo a conoscere meglio l'inconscio, scopriremo
che è la sede dell'intelligenza, che i suoi poteri, indipendentidalla ragione, possono (r)lavorare» sui nostri problemi. E'
rassicurante sapere che, durante il sonno, l'incredibile intelligenza
del subconscio troverà una soluzione felice ai nostri problemi. Molti
oppressi dai problemi considererebbero meraviglioso addormentarsi e
al risveglio trovarsi liberati dalle preoccupazioni.
E' possibile e ne possediamo tutti i mezzi, precisa ancora B'
Sweetland. E Krishnamurti: (r)Nel sonno, troviamo una risposta ai
nostri problemi. Quando lo spirito cosciente riposa, è capace di
riceverla, questa risposta». Gli specialisti del sonno ci dicono che
il sogno dà spesso soluzioni estremamente elaborate che risolvono le
nostre contraddizioni in modo che non riusciremmo mai a trovare in
stato di veglia.Tutti dobbiamo dunque fare appello all'aiuto prezioso che ci offre
il sonno, anche tramite il sogno, agendo con una fantasia
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imprevedibile e in maniere diverse. Ne enumeriamo qualcuna: rende
chiaro il problema, ponendolo sotto una nuova luce; stimola
l'immaginazione, facendo pensare a qualcosa d'imprevisto, ma che
offre la soluzione; agisce per analogia: riordina
elementi sparsi il cui nuovo coordinamento è determinante; eccita
la memoria, riportandone alla luce il particolare dimenticato, etc'.
Spesso è opportuno meditare bene sul sogno per capire la soluzione
che ci offre.
La spiegazione scientifica
Nel sonno non siamo affatto distratti, ma al contrario, concentrati
verso l'interiore e questo ripiegamento in noi stessi è essenziale.
In certi momenti del sonno, si manifesta una iperlucidità, ci dice
J' Bouton: (r)Con il favore di una fase intermedia (fra due cicli)
capita, qualche volta, di svegliarsi, di notte, pungolati da una
certa forza di attività mentale, in uno stato di completa lucidità
(iperlucidità): allora vorremmo alzarci, leggere, scrivere, etc'. E
tutto ci sembra chiaro, facile e semplice».
Durante il sonno, pare intervengano zone del cervello diverse daquelle dello stato di veglia: la corteccia cerebrale ridurrebbe la
propria attività e sarebbero le zone più profonde, le più centrali,
le più (r)nobili» ad entrare in azione; è soprattutto l'emisfero destro
ad essere più attivo, mentre, durante la giornata, è quello sinistro
a svolgere una funzione predominante, e questi due emisferi hanno
funzioni diverse.
Nel sonno, la nostra parte cosciente per la veglia è in stato di
riposo ed è il subconscio ad esprimersi: esso è molto più vasto e
ricco del conscio. Quello che sappiamo è che le soluzioni trovate dal
sonno e dal sogno richiedono una qualità mentale superiore.
Approfondiremo ulteriormente (quando affronteremo l'ultimo quarto
d'ora della sera e il primo del mattino), come, sul piano pratico,possiamo fare in maniera che il nostro cervello lavori, mentre
dormiamo, su un determinato soggetto che ci interessa particolarmente
e come, anche, raccoglierne i frutti.
Diciamo subito con Kohler-Chapelle che (r)quando un problema ci
preoccupa, prima di prendere sonno, dobbiamo mantenerlo chiaro nel
nostro animo, senza cercare di risolverlo. Al nostro risveglio,
l'indomani, molto spesso, la soluzione ci apparirà chiara e completa.
A meno che essa non ci si manifesti, addirittura, in sogno, come
accadde al fisico danese Niels Bohr che intravide, appunto, sognando,
la struttura dell'atomo, o, a Wagner, che "udì", mentre dormiva,
l'ouverture dell'Oro del Reno. Questa tecnica, se di tecnica si
tratta, è antica come il mondo. Gli Egiziani e i Greci, nei lorotempli, praticavano l'(r)incubazione»: gli uomini andavano a dormire in
questi luoghi sacri, per ottenere un sogno che chiarisse un loro
personale problema. I musulmani, ancora oggi, recitano una preghiera
speciale per lo stesso motivo».
(r)Il comportamento da assumere è semplice: ogni problema da
risolvere deve essere conservato serenamente nell'animo al momento di
coricarci. Non dobbiamo né discuterne né rifletterci sopra,
altrimenti creeremmo ostacoli al sonno, dobbiamo solo conservarlo
passivamente in noi. Generalmente, al risveglio, ne avremo in mente
la soluzione», ribadisce A' Besant.
Molti popoli antichi e odierni pensano che, durante il sonno e
tramite il sogno, le Divinità e gli antenati (r)suggeriscano» lesoluzioni, per risolvere le difficoltà. Accettando anche solo
simbolicamente l'influsso in noi, durante il sonno, di una superiore
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(r)presenza» e ammettendo che il sonno è un'eccellente guida interiore.
Noi stessi ne abbiamo avuto le prove quando eravamo studenti di
matematica superiore speciale e, in seguito, alla Scuola centrale
dove questa pratica ci ha consentito di ottenere un alto grado di
rendimento; anche dopo abbiamo continuato a coltivarla sempre con
grande profitto.
Questo potere è alla portata di tutti, e ciascuno può servirsene
nella vita quotidiana molto concretamente. Dobbiamo coltivarlo, sia
che siamo studenti o dirigenti aziendali, lavoratori manuali o
intellettuali, attivi o inoperosi, qualunque sia la nostra
età (non c'è un'età stabilita per cominciare) ed anche qualunque
sia il nostro modo di dormire, buono o cattivo.
E' molto probabile che il sonno e le notti, con le loro apparenti
tenebre
esteriori, ci siano stati dati proprio a questo scopo: affinché,
spentasi la luce del giorno, se ne accenda una interiore incaricata
di rischiararci da dentro.Prendiamo il guscio di un echinoderma, come le stelle di mare, le
stelle serpentine, i gigli di mare: di giorno sono belli, nelle loro
forme, nei loro disegni, nei colori, sono capolavori; ma se proviamo
di notte ad illuminarne l'interno, diventeranno addirittura
meravigliosi.
Come guadagnare
tempo dormendo
Nessun'alba ci trova dove ci ha
lasciato il tramonto; anche quando
la terra dorme, noi viaggiamo.
Khalil GibranL'uomo è sempre in procinto di correre dietro al tempo: non ne ha
mai a disposizione per oziare, mai abbastanza per lavorare,
distrarsi, frequentare gli amici, contrarre relazioni, viaggiare. In
ultima analisi, se riflettiamo un po', alla maggior parte di noi
manca più il tempo del denaro.
(r)Faremmo meglio a cercare i mezzi per evitare di dormire del tutto,
o, almeno, per evitare di sprecare tanto tempo nel sonno», afferma
l'uomo contemporaneo.
In un certo senso ha ragione. Ma quello che ignora è che
effettivamente è possibile evitare tutto questo sperpero, non
sopprimendo il sonno, anzi
utilizzandolo. Quasi nessuno, purtroppo, sa farlo, salvo i pochiche hanno alte funzioni e che sono tanto impegnati da non poter mai
dedicare tempo a pensare e a meditare. Queste persone, senza
eccezioni, hanno scoperto e sperimentato le sorprendenti possibilità
del sonno.
Essi sanno che dormire non è solo
uno stato d'isolamento protettivo, ma anche una fase attiva di
riparazione, di rinnovo e di ricostituzione.
Questa attività incessante si effettua non solo a nostra insaputa,
ma senza di noi, senza il nostro intervento e potremmo, addirittura,
dire: malgrado noi. Potremo esercitare un ruolo attivo nel lavoro del
cervello non solo nel momento in cui dormiamo, ma già prima, in
stato di veglia per guidarlo e farlo poi lavorare durante il sonno,secondo quanto abbiamo deciso o scelto noi preliminarmente. Grazie a
ciò, guadagneremo una quantità considerevole di tempo, nei confronti
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degli altri, cosa che già costituisce un bel vantaggio in un mondo
competitivo come il nostro.
Possiamo ricavarne un triplo guadagno di tempo: perché si tratta di
tempo (r)in più», un tempo condensato, di migliore e diversa qualità
rispetto a quello di veglia. Siamo, così, lontani, quasi agli
antipodi dell'idea del sonno come tempo perduto!
Allungare la vita
del 30%
Ma ecco, l'obiezione tipica, che molte volte abbiamo inteso: (r)Far
lavorare il cervello mentre dormiamo? Avremo un sonno meno riposante
e la sua funzione principale consiste proprio nel riposo. Avremo
anche un risveglio penoso e saremo, infine, stanchi l'indomani!»
Secondo questa affermazione, quello che abbiamo guadagnato da un
lato, lo perdiamo dall'altro. E ci viene ancora ripetuto con aria di
chi la sa lunga e non ammette repliche: (r)Ogni cosa va fatta a suo
tempo!». Questa affermazione sta in piedi, apparentemente è piena di
buon senso. Perché il sonno, secondo chi muove queste obiezioni, è
fatto per riposarci e la veglia per affaticarci. Ma è un erroregrossolano, accettato e tramandato. Fortunatamente, la realtà è
tutt'altra e, quando l'uomo l'avrà ben compresa, compirà passi da
gigante.
Credere che il cervello (nel sonno) si fermi, era la concezione
degli antichi Romani e pensare che rallenti l'attività corrisponde a
quanto si riteneva nel Medioevo. Non si tratta, beninteso, di farlo
lavorare di più: ciò non è nemmeno possibile; si tratta di farlo
lavorare su qualcosa che ci interessa particolarmente, invece di
permettergli di (r)concentrarsi» in maniera casuale ed aleatoria. Non
comprendiamo bene, quindi, perché dovremmo svegliarci più stanchi.
Possiamo far sì che il nostro sonno (r)lavori per noi», mediante un
mezzo semplice che illustreremo più avanti. Un po' alla volta,perfezioneremo, affineremo questo metodo e guadagneremo molto tempo.
Scopriremo a poco a poco tutte le possibilità offerte dal sonno,
come, per esempio, utilizzandolo:
- per preparare una riunione, una conferenza;
- per stabilire i piani, l'organizzazione della nostra giornata
successiva e della nostra settimana;
- per portare avanti un progetto impegnativo che ci sta a cuore e a
cui la nostra vita diurna, troppo attiva e piena di scadenze, ci
impedisce di consacrarci.
(r)La notte porta consiglio», tutti conoscono questo proverbio, ma
ben pochi sanno veramente a cosa corrisponda in realtà.
Il sonno, se sappiamo impiegarlo bene, è tempo (r)forte» della nostrapsiche e possiamo usarne vantaggiosamente senza nessun effetto
secondario inopportuno.
E ciò permette, per di più, e sotto un'altra forma, di aumentare la
propria longevità, cosa che desideriamo tutti ardentemente: vivere
più a lungo del 30%, cioè l'equivalente di quattro mesi in più ogni
anno, e da venti a venticinque anni nell'arco dell'intera vita: un
mezzo semplice, tutto sommato, per fare in modo che tutti o quasi
tutti diventino centenari.
L'inconscio e il sogno
Tutto ciò che opera, crea, agi-sce, soffre, fermenta e cova nella
notte della nostra anima incon-
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scia, tutto ciò che si manifesta,
da una parte, nella vita del no-
stro organismo, dall'altra, in
quello che riceviamo dagli altri
e dall'intero universo, tutto ciò
emerge con un accento particolare
dalla notte dell'inconscio alla
luce della coscienza.
C'G' Carus
Dio ha creato il sogno, per indi
-care al dormiente, i cui occhi
sono nell'oscurità, il cammino da
percorrere.
Libro della saggezza egiziana
Osserva e conserva preziosamente
i tuoi sogni: vivrai dieci volte
più a lungo degli altri.
Y' NavarreSognare è conoscere.
Paul Valéry
Il sogno, che avviene durante il sonno paradossale, corrisponde, in
realtà, ad una attività psichica molto
elaborata, molto fruttuosa, direttamente com'è legata al nostro
inconscio.
Il sogno è la maniera d'esprimersi normale, abituale, naturale
dell'inconscio, quantunque il suo linguaggio risulti un po' indiretto
in quanto espresso in simboli e, per questo motivo, spesso, il suo
significato resta celato. Il suo linguaggio richiama quello del
cineasta, perché si manifesta quasi esclusivamente per immagini.
Grazie al sogno, possiamo esplorare quel continente sconosciuto che èsepolto nel più profondo di noi e scoprire un autentico Eden in cui
abbondano tesori di un valore eccezionale, che possiamo portare in
superficie. Possiamo, dunque, trarre un gran beneficio dai nostri
sogni: interressarvicisi non è soltanto un piacere dello spirito, una
distrazione o un passatempo; ma piuttosto la prova del nostro
realismo.
L'inconscio è molto più vasto del conscio, non essendo,
quest'ultimo, che la parte emergente della nostra coscienza che
galleggia sulla superficie. Ma le differenze di livello sono molto
lievi e solo quello che Freud ha definito il (r)preconscio»,
piccolissima parte dell'inconscio, viene allo scoperto ed emerge,
talvolta, durante il giorno, a livello cosciente. Peresplorare la parte profonda, occorre sia penetrarvi con altri
mezzi, sia coglierla (r)al volo», quando quotidianamente essa emerge,
per mezzo del sogno.
D'altronde, esperimenti hanno dimostrato che l'inconscio è capace
di captare insegnamenti inaccessibili al conscio, ai sensi, allo
stato di veglia.
E' come una sorta di potentissimo radar all'ascolto del cosmo e, in
particolare, dei suoi ritmi. E trattiene ogni dato, perché possiede
una memoria molto affidabile, assoluta: una memoria da cervello
elettronico. Cosa c'è in questo continente perduto, inghiottito come
l'Atlantide? Autentica enciclopedia vivente, inaudita banca di
nozioni, tutto quello che abbiamo registrato nel corso dell'interavita ne costituisce il materiale di base: e questo, per mezzo del
sogno, apparirà, elaborato in forme originali. Il sogno non lavora
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esclusivamente su elementi forniti dalla esperienza e dalla memoria
individuali, ma attinge anche allo Spirito universale, quello che
Jung ha chiamato inconscio collettivo; perché l'uomo porta dentro di
sé tutta la sua storia, quella dell'umanità e quella della vita. Da
qui nascono le idee venute, ci chiediamo, (r)non si sa da dove». E
questo aumenta ancora di più la ricchezza di questa sorgente, che
diventa così infinita. Che imperdonabile errore commetteremmo non
sfruttandone le risorse!
Il momento del sogno, ha detto H' Certigny, è l'(r)ora in cui gli
archivi dell'inconscio rivelano i loro segreti». Sappiamo anche che
il sogno è organizzato in maniera rimarchevole: tutto vi è ben
classificato, non esiste disordine come potrebbe fare credere la
maggior parte dei nostri sogni. L'inconscio è anche, per definizione
(ne comprenderemo più avanti le ragioni), artista, creatore ed
inventore; sembra, anzi, essere questa la sua principale funzione:
possiede una immaginazione straordinaria, anche per quelli il cui
conscio è scarso di fantasia.
L'inconscio è più intelligente, più sapiente, più ricco, piùfecondo, più sveglio, più potente, e più chiaroveggente del conscio:
è l'autentica sede dell'intelligenza, come lo è del sapere e del
potere. Nessuno potrà mai essere tanto intelligente a livello
cosciente come lo è a quello incosciente. Di più: l'inconscio non
dorme mai, resta sveglio dalla nascita alla morte. E possiamo far uso
pieno delle sue energie, dei suoi doni, quando il conscio è in stato
di riposo o parzialmente attivo come nel sonno.
Commetteremmo un grosso errore nel privarci dei servizi di un
collaboratore tanto devoto, efficace e competente, completamente al
nostro servizio. Grazie a lui, scrive E' Perrot, (r)una misteriosa
saggezza viene a visitarci durante il sonno».
La creatività
In noi, ha sede una profonda sor-
gente di conoscenza. Possiamo rag
-giungerla per mezzo di un dialogo
creativo con i nostri sogni.
P' Garfield
E' sorprendente constatare quanto
poche siano le persone coscienti
dell'importanza dell'arte di resta
-re coricati nel letto; infatti, i
nove decimi delle scoperte più im-portanti del mondo, tanto scienti-
fiche che filosofiche, sono avvenu
-te quando lo scienziato, il filo-
sofo, erano rannicchiati nel pro-
prio giaciglio, dalle due alle cin
-que del mattino.
Lin Yutang
In Savoir imaginer, F' Vidal afferma, a proposito del sogno, quanto
segue: (r)Lo spirito evade, naviga; s'interessa a questo flusso
d'immagini, sorte senza ordine, non importa come, da tutti quei
luoghi dello spirito che altrimenti non penseremmo mai di esplorare.
Ed è allora che lo troviamo. La ragione è molto semplice: ilterritorio d'indagine non ha più ostacoli, diventa altrettanto libero
quanto un continente selvaggio senza frontiere, restituito alla sua
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totale vastità. Il cercatore esplora così un campo di memorie
infinitamente più esteso di quello che è solito percorrere allo stato
di veglia: erra nelle profondità del suo inconscio».
Da parte sua, A' Sonnet attribuisce ai sogni l'origine di quasi
tutte le creazioni artistiche e tecnologiche prodotte dall'umanità.
Invero i sogni sono un potentissimo strumento di creatività. Victor
Hugo l'ha riconosciuto: (r)Sono uno di quelli che presta attenzione
alla propria vita notturna». Mozart ha composto Il flauto magico
durante un sogno, Cartesio stesso ha affermato di aver concepito Le
discours de la Méthode sognando, e precisamente la notte di San
Martino, il 10 novembre del 1619: così tutto il pensiero occidentale
fu rivoluzionato dal sogno di colui che è considerato come fondatore
del razionalismo. Napoleone ha confessato di fare i piani di
battaglia con l'ausilio dei sogni.
Ecco alcune scoperte dovute a intuizioni oniriche: il calcolatore
elettronico (John von Neuman); la penicillina (van Fleming);
l'insulina (Banting); le invenzioni di Thomas Edison (come il
fonografo e la lampadina elettrica); la leva di comando direzionaledegli aeroplani (E' Pelleterie); le leggi dell'induzione (Gauss);
la disintegrazione dell'atomo (Rugherford) etc'.
Ma la possibilità di sogni creativi è virtualmente aperta a ognuno
di noi, afferma W' Dement, quindi è importante capire il procedimento
di questa
azione creativa. Ecco la testimonianza di F' Von Kekule, professore
di chimica a Gand alla metà del secolo scorso, che si era, invano,
per anni, dedicato allo studio della disposizione degli atomi in una
molecola, quella del benzone: (r)Girai la sedia verso il caminetto e
m'assopii; gli atomi continuavano a saltellare davanti ai miei occhi;
la mia vista mentale, acuita da ripetute visioni, poteva, ora,
distinguere le strutture più grandi di conformazione multipla; lunghefile, talvolta strettamente connesse, il tutto movendosi con
oscillazioni e contorsioni serpentine. Ma, improvvisamente, cosa
succede? Uno dei serpenti ha afferrato la propria coda, s'è messo a
volteggiare in maniera beffarda davanti ai miei occhi, in un lampo,
compresi! Impariamo a dormire, signori!».
Kekule avrebbe potuto, come tutti coloro (la maggioranza) che
trattano i propri sogni, con disprezzo, dire, semplicemente,
svegliandosi: (r)Ho sognato serpenti» e stringersi nelle spalle.
Invece, aver prestato attenzione a quel sogno, gli ha permesso di
trovare la chiave, la base fondamentale di tutta la chimica
strutturale, e questa fu, come è stato riconosciuto: (r)la più
brillante scoperta di tutta la chimica dell'epoca».Le scoperte d'ispirazione onirica sono rivelatrici dell'attività
diurna del sognatore: il poeta sogna spesso poesia, il musicista
musica, il matematico equazioni e formule; il sarto (r)inventerà» un
nuovo modello, il pubblicitario un nuovo slogan, etc'.
Può anche essere, d'altronde, che l'idea originale sia stata, in
realtà concepita durante lo stato di veglia, ma, essendo troppo
rivoluzionaria, è stata repressa, censurata e non ha potuto
manifestarsi.
Einstein ha scoperto il rapporto tra lo spazio e il tempo, base
della relatività, come dice lui stesso, (r)cavalcando un raggio
luminoso, in sogno, spostandomi con lui alla velocità della luce».
S'accorse, allora, che, per tutti quelli che incontrava, questoevento si manifestava nel presente (nel (r)loro» presente), nonostante
lo scorrere del tempo nei confronti di ognuno di essi. Durante il
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giorno, Einstein, persona molto seria (anche se dotata di un vivo
senso di umorismo), non avrebbe mai pensato o osato mettersi a
cavalcioni di un raggio luminoso, come un bambino sulla balaustra di
una scala. E' stato grazie a questo tocco magico che, come per
Kekule, è scaturito il lampo di genio.
E' dunque grazie alla sua arditezza, che il sogno ci propone
soluzioni che non avremmo mai immaginato; perché si affranca da
tutto: si fa gioco dei sillogismi di Aristotele e di Cartesio, viola
tutte le proibizioni, tutti i (r)sensi proibiti». Ogni censura della
ragione, della morale personale, sociale o religiosa viene abolita a
vantaggio di una sola delle nostre facoltà, la più preziosa e la più
trascurata dalla nostra educazione: l'immaginazione, dote umana per
eccellenza, che distingue l'uomo dagli animali.
Ecco altri esempi di scoperte avvenute nel sogno, che ce ne faranno
comprendere l'universalità e ci persuaderanno che anche noi possiamo
trarne vantaggi, anche nella nostra vita personale.
N' Bohr racconta: (r)Alcuni Pianeti giravano attorno al Sole,
collegati a questo da fili sottili e rotavano. Quando volli esporreagli scienziati del mondo intero la mia scoperta relativa alla
struttura dell'atomo, fu sufficiente raccontare il mio sogno: il Sole
e i Pianeti erano rispettivamente il nucleo e gli elettroni
dell'atomo».
Il modesto monaco austriaco Hohann Mendel che trovò in sogno, dopo
avervi riflettuto invano per molti anni, la soluzione al problema
dell'ereditarietà, ci descrive (r)un campo di trifoglio fiorito in vari
colori, dove, però, i diversi fiori erano classificati in un certo
ordine», che corrispondeva esattamente a quello della sua famosa,
complessa legge, scoperta, così nel sogno, più di cento anni fa, base
fondamentale, e ancora oggi insuperata, dell'ereditarietà.
Sognando, non si fanno solo grandi scoperte: citiamo l'esempio delfamoso giocatore di golf americano Jack Nicklauss, che, quando si
trovava ormai sulla via del declino, (r)inventò in sogno, un nuovo
colpo» che gli consentì di ridiventare il migliore del mondo.
Pensate a quanti sogni vanno perduti: più di dieci miliardi ogni
ventiquattr'ore! Allora, cerchiamo di non lasciarli più scappare,
perché sempre, continuamente, abbiamo bisogno della nostra
creatività.
C' Pecunia ci riferisce che se, mentre dirigeva un seminario sulla
creatività, uno dei partecipanti s'addormentava, diceva: (r)Non
svegliatelo: è partito per il sonno, ne tornerà con qualche buona
idea». L'avvenire apparterrà, non importa in quale campo (artistico o
commerciale) a coloro che saranno capaci di creare, d'immaginare (el'immagine non è, forse, il modo di esprimersi del sogno?). Questo
risulta ancora più evidente in campo industriale dove la maggior
parte dei prodotti diventa obsoleta nel breve volgere di cinque anni.
Anche se ciò può sembrare paradossale, il più grande realista, il
realizzatore più concreto sarà colui che saprà trar profitto dai suoi
sogni, dalla loro fantasia ed anche dalla loro poesia.
Se imparare a pensare deve essere la prima preoccupazione di ogni
essere umano, imparare a sognare deve essere la seconda.
Come favorire, guidare
e ricordare i sogni
I sogni sono preziosi e le loro ricchezze diventano nostre se cidiamo un po' la pena (che diventa, prestissimo, un piacere immenso)
di dedicarvicisi. Ecco come, sul piano pratico, possiamo beneficiare
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delle loro inesauribili risorse. Ma occorre metterci un po' del
nostro, principalmente favorendoli. E assecondandoli.
I periodi del sonno durante i quali si manifestano i sogni (sonno
paradossale) e che, con quelli del sonno profondissimo, sono i più
imperiosi, sono anche quelli che maltrattiamo di più. Intanto,
favorire i sogni significa, soprattutto, non maltrattarli. (r)Nei loro
confronti commettiamo molti atti dannosi: quando sovvertiamo il
nostro ciclo normale, restando in piedi fino a tardi e, troppo
spesso, quando ingeriamo droghe per dormire ed altre per svegliarci,
quando beviamo enormi quantità di caffé o di tè, quando voliamo
spesso da un continente all'altro (con notevoli scarti orari) e
quando, infine, beviamo troppo alcool», scrive W' Dement. Precisiamo
che, più delle amfetamine e dei tranquillanti, sono i barbiturici
quelli che sconvolgono maggiormente le fasi di sonno paradossale.
D'altra parte, sappiamo che, svegliandoci il mattino a un'ora
imprecisata, come succede alla quasi totalità di noi, interrompiamo
(in generale, bruscamente) l'ultimo ciclo, cosa che non favorisce
affatto una buona memorizzazione del materiale sognato, ma, in più,in questo caso, siamo anche in difetto di sonno paradossale e quindi
anche in difetto di sogni, perché l'ultima parte di questo tipo di
sonno non ha avuto luogo o è stata accorciata; ed è la più
importante, insieme, per durata e per contenuto: i diversi periodi di
sonno, in una stessa notte, si susseguono e si concatenano come
diverse sequenze in un film, i vari capitoli in un romanzo: e
l'ultima parte rappresenta proprio l'epilogo, il finale di tutta
questa orchestrazione. Allora, non soltanto restiamo in debito di
sogno (debito che, accumulandosi, cresce ogni mattino), non soltanto
siamo messi nelle peggiori condizioni per ricordare ciò che abbiamo
sognato, ma veniamo soprattutto a trovarci nelle condizioni meno
ideali per capire ciò che abbiamo vissuto oniricamente; perchéabbiamo cancellato la conclusione, la parte finale che è la più
interessante. Così, per la maggior parte delle persone, i sogni (r)non
dicono niente, non conducono a nulla», etc'.
Anche l'alimentazione ha un influsso importante: vi sono sogni
(r)digestivi» (quando, la sera, abbiamo mangiato troppo) e sogni
(r)alimentari» (quando, sempre la sera, non abbiamo mangiato
abbastanza): questi non hanno molto da offrire. Se siamo carenti di
proteine, sogneremo di meno, perché gli ormoni del sogno (dopamina,
noradrenalina, acetilcolina) sono a base di acidi amminici, essi
stessi costituiti di proteine.
Pure l'abbigliamento notturno influisce sui sogni: il migliore è la
pelle nuda, lo stato di natura, di libertà, ritrovato con la nuditàcompleta. Se siamo pudichi o freddolosi, possiamo coprirci, in
maniera, però, da non averne la sensazione; ogni impedimento del
corpo è un impedimento al sonno ed al sogno. Con un pigiama o
una camicia da notte, abbottonati troppo strettamente o con la
cintura che stringe troppo i fianchi, rischiamo di sognare di essere
tagliati in due o strangolati. E ciò non è piacevole né utile.
Bisogna sapere, anche, che il cinema, la televisione, se ne
abusiamo, uccidono il sogno: perché sognano al posto nostro,
sostituendosi a noi ed imponendoci un sogno prefabbricato.
Non possiamo scegliere i sogni, deciderli anticipatamente, perché
non siamo in grado di commissionarli; in compenso, possiamo
influenzarli, guidarli, orientarli e possiamo riuscire in questointento, con maggiori probabilità, nel quarto d'ora che precede
l'addormentamento.
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P' Garfield, in appoggio a questa affermazione, assicura che
(r)possiamo costantemente incoraggiarci a sognare soggetti che ci
interessano ad ottenere sogni in stretto rapporto con essi». Dello
stesso parere è anche B' Sweetland, quando afferma che (r)Il nostro
inconscio lavora seguendo le indicazioni del conscio. Quando restiamo
in piedi, svegli e temiamo di creare, noi non utilizziamo che una
trascurabile parte del nostro spirito. Quando ci sarà possibile
addormentarci serenamente, in maniera distesa, dopo aver dato le
direttive al nostro fedele servitore, l'inconscio, allora potremo
utilizzare i nostri poteri mentali al massimo».
Prima di coricarci la sera, potremmo dire qualcosa come: (r)Stanotte
dormendo il mio spirito creativo lavorerà sul mio problema e,
domattina, al risveglio, me ne fornirà la soluzione». E ancora,
occorre sapere che, la notte, il nostro inconscio elabora programmi
che influiranno sui nostri comportamenti futuri. I dervisci
dell'isola di Rodi, che sono dei mistici musulmani, si mettevano
tutti insieme, in un grande letto, e facevano tutti lo stesso sogno
che il loro maestro spirituale indicava.Nello stadio intermedio tra la veglia ed il sonno (stato alfa)
siamo molto influenzabili, facili prede della suggestione. Insistiamo
un po' su questo stato perché ce ne serviremo anche per raccogliere i
frutti del sonno, al momento del risveglio; questo stadio intermedio
è stato anche definito: punto morto della coscienza (facendo
riferimento al punto morto del cambio di velocità di un'auto).
L'ipnosi, la sofrologia, la suggestopedagogia (ora è chiamata
(r)pedagogia interattiva», metodo abbastanza rivoluzionario e molto
ricco d'insegnamenti) l'utilizzano. La passività di questo stato -
che Lozanov, padre della suggestopedagogia, chiama la passività (r)da
concerto», perché è quella in cui veniamo a trovarci quando
ascoltiamo della musica, rilassati psichicamente e fisicamente - è,in realtà, una pseudo-passività, perché, in effetti, ci troviamo in
una condizione di grande recettività; siamo permeabili, perché la
porta è spalancata sul nostro universo interiore.
E' Coué, celebre per il suo famoso metodo, raccomandava di
utilizzare la sua formula d'autosuggestione, soprattutto nei momenti
dell'addormentamento e del risveglio. E' Caslan pensava che questo
stadio intermedio fosse particolarmente propizio allo sviluppo delle
facoltà sovranormali.
In più, in questo quarto d'ora, siamo soli, nel silenzio e
nell'oscurità. Infine, sappiamo che il sonno (e, in particolare, il
sogno) dipenderà e sarà impressionato da tutto quello che faremo,
penseremo, sentiremo durante questo periodo. E pensando ai problemiche ci interessano maggiormente che potremo, quasi sempre, scegliere
il punto (meglio sarebbe dire: lo spunto) d'avvio delle nostre
prossime esperienze oniriche; iniziando in una determinata maniera il
nostro sogno, noi ne stabiliamo il filo conduttore, la trama.
Ma, attenzione! Non si tratta di concentrarci, di compiere sforzi,
altrimenti rischieremmo di disturbare o di ritardare
l'addormentamento ed anche di nuocere al nostro sonno. Dobbiamo, al
contrario, stare molto rilassati, lasciando fluttuare i nostri
pensieri, in deriva mentale, evocando semplicemente, senza insistere,
il tema che ci interessa. Se siamo troppo concentrati, ritorneremmo
immediatamente nel ritmo beta della veglia attiva.
Come addormentarsiIn seguito, quando saremo diventati padroni del nostro sonno,
potremo fare come Edison che redigeva, tutte le sere, la lista dei
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problemi che voleva risolvere dormendo; Laplace, il celebre
matematico, agiva allo stesso modo. Ma dobbiamo evitare di procedere
troppo in fretta, altrimenti correremo il rischio di ottenere
l'effetto contrario.
Una tappa intermedia consiste nel cominciare a pensare a un solo
tema, mentre stiamo svestendoci: (r)e poi sprofondare saporitamente nel
sonno, pieni del curioso desiderio di sognare», come diceva H'
Certigny. In questo modo, il nostro cervello si applicherà
particolarmente al tema suggeritogli per 5 o 6 ore, un lasso di tempo
considerevole.
Per poter meglio visualizzare il lavoro del nostro inconscio,
possiamo rappresentarcelo nella maniera seguente: nell'addormentarci,
raffiguriamoci l'inconscio come una persona, quasi una sorta di
doppione della nostra forma fisica e vediamolo alzarsi e mettersi al
lavoro sul tema che gli abbiamo suggerito o addirittura ordinato
prima di cadere nel sonno.
Come svegliarsi
Grazie alla documentazione contenuta nella sua favolosa memoria,individuale e collettiva, ecco l'inconscio raccogliere e ordinare
informazioni, riflettere, dar corpo alle idee, continuando a lavorare
per tutto il tempo che noi dormiamo per poter, al risveglio, offrirci
risultati coerenti; e tutto ciò avviene, sia che dormiamo molti
cicli, uno solo, o, anche, un breve periodo. Naturalmente, secondo la
durata del nostro sonno, il lavoro corrispondente è più o meno
completo, più o meno elaborato.
Bisogna poi saper raccogliere i frutti del lavoro compiuto dal
sonno, e le condizioni più favorevoli per farlo sono offerte dal
primo quarto d'ora del mattino. Ma, affinché il risultato sia molto
fruttuoso, occorre prendere alcune precauzioni e rispettare alcune
regole la prima delle quali (si tratta quasi di una condizione sinequa non) consiste nello svegliarci alla fine di un ciclo.
Abbiamo più volte insistito sul fatto che un risveglio prima del
termine di un ciclo intero equivale ad una mazzata in testa, trauma
che, creando uno stato di confusione, impedisce il ricordo dei dati
onirici. Invece, alla fine di un ciclo, il risveglio naturale ci
mette in uno stato di iperlucidità, se si considera poi che
dimentichiamo quanto abbiamo sognato dopo pochi minuti,
risvegliandoci in sonno leggero (Fase 2) o profondo (Fase 3),
l'ultima sequenza onirica s'è ormai conclusa da tempo e non abbiamo
così nessuna speranza di ricordarcene.
Mentre, alla fine del ciclo, l'ultima fase paradossale è appena
terminata ed è completa, consentendoci in questo modo di richiamarlaalla memoria (e insieme a lei anche tutto ciò che abbiamo sognato
nella notte) e di comprenderne il messaggio. Notiamo che, se abbiamo
interrotto, con la suoneria della sveglia, questo periodo di sonno
paradossale, pur ricordando il sogno non ne trarremo gran profitto,
perché questo sarà stato frammentario e incompleto.
Suggestione serale
Ecco qualche considerazione utile alla reviviscenza dei sogni. In
primo luogo dobbiamo usare, se è necessario, la suggestione
dicendoci, mentre ci addormentiamo, la sera: (r)Questa notte sognerò,
come tutti gli altri umani, per più di un'ora e mezzo e, domani
mattina, ricorderò i sogni che ho fatto». P' Lecomte e C' Godefroy
propongono di utilizzare quella che è detta (r)associazione riflessa»,definita da Caycedo, il padre della Sofrologia, (r)segno-segnale». Per
ottenere questo scopo, bisogna associare, a un progetto mentale,
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qualcosa di fisico: per esempio riempire, la sera, immediatamente
prima di coricarsi, un bicchiere d'acqua e berne un po' sollecitando
interiormente il ricupero mentale di ciò che sogneremo e, al mattino,
bere il resto del contenuto quando vogliamo ricordare il tutto.
Tutti noi, in realtà, sognamo tutte le notti, da un'ora e mezzo a
due ore (in media, cento minuti). Pochi però ricordano d'aver
sognato, nondimeno su tutti il sogno adempie le proprie funzioni.
Occorrerebbe approfondire i motivi che provocano, in molti, l'amnesia
onirica: perché dietro la loro smemoratezza si celano indubbiamente
altre cause. Nella nostra civiltà occidentale, che disprezza il sogno
e non lo tiene in nessun conto, si è creata una specie di barriera
tra le due parti fondamentali di noi stessi: l'inconscio e il
conscio; il sogno non ci viene incontro se non lo vogliamo, non è in
grado senza il nostro consenso di superare l'ostacolo da noi eretto.
Se ci siamo allontanati, più o meno volontariamente, dalla nostra
sorgente interiore, questa non può manifestarsi liberamente.
Secondo P' Garfield (r)quanti riconoscono tutta l'importanza dei
sogni, ritenendoli essenziali per riuscire nella vita, sogneranno, liricorderanno e potranno godere del loro prezioso ausilio».
Qualcuno ha anche detto: (r)abbiamo messo il nostro inconscio sotto
formalina». Esiste una sorta di rifiuto, di (r)resistenza», come dicono
gli psicanalisti, una censura che si stabilisce, nella maggior parte
dei casi, perché abbiamo un po' paura, peraltro a torto, di quello
che potremmo trovare nei sogni.
Un giovane ci ha detto: (r)Ho già abbastanza problemi per conto mio,
sono già abbastanza preoccupato per esserlo ancora di più a causa dei
miei sogni». Poiché non lo sapeva gli abbiamo spiegato come proprio
grazie ai sogni poteva risolvere i suoi problemi. Senza sogni, siamo
come amputati.
Possiamo certo vivere come estranei, separati dalla parte piùfeconda di noi, da minorati; ma possiamo anche decidere di vivere
veramente di una vita più ricca, ascoltando i nostri sogni, quali
essi siano, perché anche quelli più spaventosi o più negativi ci
appaiono tali soltanto finché li temiamo e non cerchiamo di
avvicinarli ed amicarceli.
Se, talvolta, si manifestano anche in forma drammatica, è solo per
attirare la nostra attenzione: il sogno non può atterrirci, né
turbarci, in quanto è l'espressione del nostro ego profondo; è un
segnale per aiutarci o metterci in guardia; per cui dobbiamo
mostrarci accoglienti, dobbiamo usare verso il sogno un'attenzione
particolare: bisogna sedurlo, perché non si apre un fiore tirandone i
petali, ma scaldandolo.Facciamo lavorare i sogni per noi, al posto nostro. E,
simbolicamente, facciamo come il poeta Saint-Pol Roux o come Salvator
Dalì, che, la sera, affiggevano alla porta della loro camera un
cartellino con su scritto: (r)Silenzio! Sto lavorandoà». (r)Fidatevi
dei vostri sogni perché in loro è celata la porta dell'eternità», ci
consiglia, infine, Khalil Gibran.
Altri importanti usi del sonno
Transfert temporale
Non possiamo, ogni volta che lo vogliamo, fare quello che vorremmo.
I cicli che ritmano la nostra attività interiore ci consentono, incerti momenti di capire, in altri di memorizzare tutto, in altri
ancora di avere molta immaginazione, in altri infine di essere del
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tutto privi di queste qualità.
Certi momenti, per esempio, se ci troviamo in auto o al lavoro,
sono naturalmente poco favorevoli ad ogni attività; in compenso, in
altri, si trovano riunite tutte le condizioni favorevoli, e ciò
avviene quando è il momento di dormire: la sera tardi (per i momenti
serali) ed il mattino di buon'ora (per quelli mattinali).
Allora occorre operare un transfert temporale: ogni volta che non
abbiamo niente di meglio da fare, mettiamoci a dormire, guadagnando
così sul tempo riservato al sonno, anticipandolo, in modo che, quando
arriva il momento (r)fecondo», potremo invece di dormire, lavorare o
distrarci.
Siamo largamente compensati in anticipo, grazie a questo transfert,
non solo, ma anche perché il sonno diurno, goduto in condizioni
ottimali, conta il doppio: per esempio, due periodi di venti minuti,
cioè quaranta minuti, possono far economizzare un intero ciclo, cioè,
da un'ora e mezzo a due ore; in media, cento minuti.
Guadagnamo anche come rendimento, non solo perché lavoriamo meglio
in un periodo privilegiato, normalmente consacrato al sonno, ma ancheperché, essendoci riposati nel corso della giornata, il tempo di
veglia successivo sarà molto più efficace.
Quindi, possiamo dormire in auto, quando siamo passeggeri, in
aereo, etc' per esempio: siamo all'aeroporto, in attesa di
imbarcarci; viene annunciato che l'aereo ha mezz'ora di ritardo; vi
sono due maniere di prendere questa notizia: quella, più corrente, di
innervosirci, di pestare i piedi, di polemizzare, e l'altra, la
maniera intelligente, di dormire e, così, ricuperare energie. E'
questo il miglior modo di trarre partito da questa mezz'ora
inaspettata che ci viene concessa. Ecco, a titolo d'esempio, cosa
dice Gilbert Bécaud (uomo molto dinamico) raccontando il suo modo di
vivere: (r)Dormo seduto su una sedia, dormo con la testa sulle braccia,con il corpo appoggiato al tavolo, in treno, in aereo. Posso
addormentarmi, parlando, al telefono, con qualcuno che annoiaà».
Ammazza-fame
Sappiamo oggi che, se molti mangiano troppo, ciò avviene spesso per
compensare una carenza di sonno. E tanti credono che l'affaticamento
che ne deriva possa essere cancellato da un apporto energetico:
niente di più sbagliato che riempire un buco di sonno con una
alimentazione più abbondante, perché, in questo caso, oltre a non
avere nessun compenso, può risentirne anche la nostra salute.
Sappiamo che un regime di sonno equilibrato può correggere il
sovrappeso corporeo derivante da un insaziabile appetito, ma vi è
anche un altro mezzo efficace per raggiungere questo scopo: quello diusare il sonno come ammazza-fame. Abbiamo già consigliato una o due
maxipause dopo ognuno dei due pasti principali: il pranzo e la cena;
ebbene, se abbiamo qualche chilo di troppo, bisogna effettuare almeno
una maxipausa (meglio tutt'e due) prima di questi due pasti: questa
pratica agisce da ammazza-fame e, associata a un trattamento
dietetico, è altrettanto efficace (e inoffensiva) di tutti gli altri
metodi: sigarette, medicinali dimagranti dagli effetti secondari
spesso pericolosi.
Prevenire e combattere
(r)Dormire è guarire», ha detto il dr' Liebault, e questo adagio non
è recente, perché anche Menandro, l'autore greco, scriveva, circa
duemiladuecento anni fa, in una delle sue commedie: (r)tutte lemalattie sono curabili con il sonno». Sir B'W' Richard-
son, celebre medico e chirurgo inglese, condivideva questa opinione
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che, oggi, tutti accettano; (r)Il malato che "sa" dormire ha maggiori
probabilità di guarire di chiunque altro».
Possiamo sfruttare questa meravigliosa facoltà del sonno, anche se
non siamo malati, a titolo preventivo: dal momento in cui non ci
sentiamo tanto bene, che siamo un po' affebbrati (all'inizio di un
raffreddore, di un mal di gola o di quella che, comunemente e spesso
a torto, viene chiamata influenza), invece di ingerire prodotti
chimici, bisogna coricarci il più presto possibile, di primasera,
bene al caldo e dormire; sì, perché si tratta di una vera e propria
(r)mini-cura del sonno».
L'iperlucidità notturna
In questo modo, destiniamo tutte le nostre forze (la capacità di
autoguarigione che tutti possediamo) per opporci alla malattia che,
il più delle volte, la mattina, al risveglio, s'è già risolta; in
ogni caso, riusciamo a diminuirne la durata e la gravità, soprattutto
se potremo, l'indomani, curarci ancora con il sonno. Questa semplice
pratica aiuta ad evitare certi tipi di malanni, soprattutto se
abitiamo in città, dove l'ambiente è antigienico e contagioso.Sappiamo che, alla fine d'ogni ciclo, e dunque diverse volte in una
sola notte, tutti, senza alcuna eccezione, torniamo allo stato di
veglia. La maggior parte delle volte, poiché dura troppo poco tempo
(due-tre minuti circa) questo risveglio non viene registrato o
memorizzato e l'indomani non ce lo ricordiamo. Ma, talvolta, ce ne
rendiamo conto.
Se, per esempio, siamo presi da un lavoro urgente, possiamo
approfittare di questo dono che ci fa la natura, evitando di
riaddormentarci e sfruttando così lo stato di iperlucidità in cui ci
troviamo in questo risveglio naturale, alla fine di un ciclo. Abbiamo
così a disposizione da 90 a 120 minuti, come ormai ben sappiamo,
secondo la durata del nostro personale ciclo; ma, qualche volta, iltempo di veglia può anche essere cortissimo.
Henry de Montherlant confessava: (r)Tutte le notti mi sveglio tre
volte e, nello spazio di questi tre risvegli, spesso approfondisco,
creo un nuovo personaggio, metto a fuoco un immagine, una situazione,
una frase, in cinque-sei minuti. Mi alzo allora in fretta e
subitamente prendo appunti. Poi di pieno giorno, l'ispirazione è
sostituita dal lavoro».
Tutti coloro che hanno sperimentato questi risvegli notturni, (in
momenti particolarmente propizi) dicono che si tratta di una
esperienza (r)inebriante» che rinnovano periodicamente, per abitudine,
per piacere o per necessità (per esempio, alcuni giornalisti vi
ricorrono spesso, redigendo in questo modo, in un lampo, un articoloche, alla luce del giorno, richiederebbe loro molto più tempo
producendo, per di più, risultati inferiori).
Questi momenti di grande lucidità, di luce interiore, in cui tutto
ci appare semplice e facile, ci fanno sentire anche in contatto con
il cosmo: la notte, siamo più sottili, più mistici, più vicini a Dioà
Quarta parte - Possiamo andare oltre
Il sonno idealeDormire meno
per vivere meglio e di più
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(r)Gli studiosi ritengono, oggi, che cinque ore di sonno, sull'arco
delle ventiquatt'ore, siano sufficienti senza che questo incida né
sull'umore,
né sul rendimento», dicono Webb e
Agnew.
E' proprio la riduzione del tempo di sonno che noi ora proporremo,
senza contraddirci: invero possiamo attuare tale riduzione senza
privarci - anche parzialmente - dei benefici che il sonno ci
dispensa. E' vero che dormire bene è uno dei grandi piaceri della
vita, ma, a tutti noi (o almeno a molti di noi) viene da chiederci:
(r)Non potremmo ottenere tutto questo, e forse anche qualcosa di più,
dormendo di meno?» La risposta è: sì!
Tutti abbiamo progetti che ci stanno a cuore, (r)sogni» che
rimandiamo sempre e che non riusciremo mai a realizzare per mancanza
di tempo. Abbiamo sempre lavoro da ricuperare, desideriamo svagarci
di più, vedere più spesso i nostri parenti, i nostri amici, dedicarci
di più al nostro passatempo preferito, sfruttare un nostro talento
trascurato o anche, semplicemente, avere più tempo per darci al dolcefar niente! La nostra vita è così breve! Questa mancanza di tempo di
cui tutti soffriamo è diventata un problema cruciale nella nostra
epoca sempre sovraccarica di impegni. Uno dei mezzi, alla portata di
tutti, per allungare le giornate e, conseguentemente, la vita,
consiste appunto nel sottrarre tempo al sonno, senza che ciò ci
nuoccia né che risulti di detrimento per la vita di veglia.
Supponiamo di arrivare a guadagnare un ciclo di sonno per notte
(cosa abbastanza facile), anche se il nostro è ciclo corto, di un'ora
e mezzo, un ciclo dura da 90 a un po' di più di 120 minuti e
rappresenta quindi ore 547,30 di veglia guadagnata in un anno, cioè
l'equivalente di oltre un mese di vita. Ricuperando, dunque, un ciclo
su 24 ore, viviamo ogni anno un mese in più.E questo mese di (r)vacanze» supplementari, elargitoci gratuitamente
ogni 365 giorni, è veramente un regalo meraviglioso a cui nessuno può
restare insensibile: e quando diciamo (r)gratuito», non vogliamo dire
soltanto che non dobbiamo sborsare nulla, ma anche che non dobbiamo
pagarlo in nessuna maniera, in forma differita o indiretta: non c'è
nessuna contropartita pur traendone un enorme profitto.
Possiamo anche fare il calcolo di 100 minuti ripartito così: 60
minuti per distrarci; 40 minuti per lavorare.
Ciò, procura, ogni settimana, l'equivalente d'una giornata in più
(7
ore) per distrarci; una mezza giornata in più (4 ore e 40) per
lavorare. E' un bel guadagno di tempo. A questo punto, ci si presentano alcune obiezioni apparentemente
fondate: in questo libro abbiamo già attirato l'attenzione sulla
mancanza di sonno e sulle sue conseguenze di cui tutti siamo vittime.
Allora, viene da chiederci, agendo così non aumenteremo il nostro
deficit di sonno, aggravandone gli effetti funesti e la nostra
sonnolenza? Non è che, diminuendo la durata del sonno ed aumentando
proporzionalmente il tempo di veglia, rischiamo di accrescere la
fatica, vero flagello moderno? In breve, ammettendo che questo sia
possibile, possiamo andare incontro a rischi difficilmente valutabili
ed incontrollabili? Siamo davvero sicuri di guadagnarci nel cambio?
Ebbene, sì. Ma poiché questa affermazione cozza contro idee
radicate e preconcetti, tab- trasmessi di generazione in generazione,prima di mostrare che quanto abbiamo detto è condiviso dagli esperti
in materia e, quindi, risultato di studi e d'esperienza controllati,
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e, prima di darne una spiegazione scientifica, ci sembra
indispensabile cancellare dalla mente un'idea tanto diffusa quanto
falsa: quella della famosa legge delle otto ore di sonno.
E' un'idea universalmente conosciuta, ripetuta incessantemente fin
dall'antichità, accolta tanto dagli eschimesi quanto dagli indigeni
dell'Africa centrale. Questa (r)credenza» non corrisponde a niente: a
nessun imperativo, a nessuna norma ufficiosa o ufficiale e tutti gli
esperti del sonno, anche e soprattutto i più eminenti, ci dicono: non
esiste una durata ufficiale da rispettare.
E ciò per molte ragioni: prima di tutto perché la durata del sonno
che conviene a ciascun individuo varia molto da una persona
all'altra: per alcuni sono più che sufficienti 5 ore, ad altri non ne
bastano 9; anche per lo stesso individuo, la durata varia
sensibilmente a seconda dell'età: dopo i 60 anni, il fabbisogno di
sonno si riduce ad un terzo di quello dell'infanzia.
Siamo più diversi gli uni dagli altri, nei confronti del nostro
sonno, di quanto non lo siamo, oggettivamente, durante la giornata.
La quota media di sonno è estremamente variabile da una speciezoologica all'altra (lo è anche da un animale all'altro della stessa
specie): abbiamo visto, per esempio, che certi animali non dormono
affatto, quali la balena, l'antilope, certi pesci, il toporagno,
mentre, al contrario, altri, come l'opossum o le grosse tartarughe,
dormono più di 20 ore su 24. Nella specie umana, la durata è
intermedia. Noi siamo dei dormitori medi; questa media è riferibile
al più, secondo una (r)curva di Gauss» classica, ma che individualmente
non ha alcun significato. In effetti, per ottenerla sono state
sommate le durate di sonno di un gran numero di persone delle quali
alcune dormivano da 10 a 12 ore ed altre da 4 a 5, il tutto, poi, è
stato diviso, naturalmente, per il numero dei soggetti considerati;
ma il dormitore medio non esiste, come non esiste l'europeo medio(quello, per esempio, che dovrebbe avere statisticamente parlando, da
due a tre figli).
Di qui, c'è da considerare che questa media non rappresenta la
durata (r)normale» del nostro sonno, come allo stesso modo non esistono
colori di capelli o numeri di scarpe medi attribuibili
individualmente.
Bisogna dunque dimenticare totalmente la falsa legge delle 8 ore,
prima di tutto perché è nociva e provoca un certo numero di casi
d'insonnia. (r)Condanna circa il 60% della popolazione ad uno stato di
inquietudine superflua», afferma il dr' W'B' Webb, specialista in
materia di sonno all'università della Florida.
Oggi sappiamo che la maggior parte di noi è stata spinta a dormirepiù a lungo del reale bisogno, più di quanto le converrebbe come,
analogamente, mangia più del necessario. Non c'è nessuna
contraddizione con il fatto che siamo in debito di sonno; perché
questa mancanza dipende maggiormente dal fatto che dormiamo male; e
per non soffrire più a causa di arretrati, possiamo, insieme, dormire
meglio e meno a lungo.
C'è da rilevare che un certo numero di persone si contentano di
poco sonno: il 5% dormono meno di sei ore e godono di uno stato
psico-fisico ottimo, e senza essere delle celebrità o dei supermen,
molti dirigenti politici, grandi uomini d'affari, uomini o donne
d'azione dormono, in generale, molto poco. Quanti dormono meno degli
altri sono più attivi, meno stanchi e godono d'una salute migliore.Si potrebbe pensare che è grazie alla loro eccezionale personalità e
che è per questa ragione che essi sono, nello stesso tempo, più
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resistenti e meno bisognosi di sonno.
Possiamo anche pensare che solo gli esseri fuori del comune
(contentandosi di un sonno di breve durata) possono beneficiare di un
grande privilegio nei confronti degli altri mortali, privilegio che
essi avrebbero ricevuto da Dio, dalla natura, dai loro genitori o dal
caso. Ma questa sarebbe una spiegazione troppo comoda, addirittura
semplicistica, che non risolverebbe niente; ed oggi sappiamo anche
che è erronea.
Ognuno ha in sé (salvo rarissime eccezioni) un grande potenziale
ignorato. Non c'è nessun bisogno, per essere, nello stesso tempo, un
piccolo dormitore e un uomo d'azione, di possedere doni speciali
avuti in eredità; questi, se esistono, li possediamo o possiamo
acquisirli tutti. Per comprenderne il perché, è importante prendere
in esame le differenze esistenti fra il sonno di coloro che dormono
molto e quello di coloro che dormono poco; ricordiamo, prima di
tutto, che definiamo piccoli dormitori (da non confondersi con i
cattivi dormitori) quelli che dormono meno di 6 ore e gran dormitori
quelli che superano le 9 ore.Secondo Hartmann e O' Bencit, constatiamo che la durata dei sonni
profondo e profondissimo (Fasi 3 e 4) resta praticamente costante,
qualunque sia la durata totale del sonno; rileviamo anche che i
piccoli dormitori hanno un po' più di sonno profondo e profondissimo
degli altri. D'altra parte, la durata del sonno paradossale (sogno,
Fase 5) è meno lunga nei piccoli che nei grandi dormitori: in media è
di 65 minuti invece di 121, cioè circa di un'ora. Notiamo anche che i
grandi dormitori, contrariamente a quello che potremmo credere, hanno
non solo un sonno paradossale più lungo, ma anche più (r)denso» che
possiamo valutare dal numero dei movimenti oculari rapidi al minuto:
questa densità è chiamata Rem (Rapid Eyes Mouvement).
Se ammettiamo che la differenza di durata del sonno tra i grandi edi piccoli dormitori è di almeno tre ore, possiamo affermare che gran
parte di questa differenza - i due terzi - è costituita dal sonno di
Fase 1 e Fase 2 (sonno leggero). Di più, constatiamo che, nei grandi
dormitori, si manifesta un gran cambiamento da uno stadio all'altro e
anche che questi passano, rispetto ai piccoli, più tempo in stato di
veglia sia prima d'addormentarsi (latenza), sia nel corso della
notte. Infine, al mattino, non si sentono ben disposti come i piccoli
dormitori.
Allora, cosa succede se riduciamo la durata totale del nostro
sonno? Il confronto precedente fra il sonno dei piccoli e dei grandi
dormitori ci permetterà di comprendere che riduzione non significa
contrazione proporzionale dei vari stadi, perché, in realtà, èsoprattutto il sonno della Fase 1 e della Fase 2 ad essere diminuito
e, un po', anche quello paradossale; ma, in nessun caso, la riduzione
accorcerà la durata dei sonni profondo e profondissimo, perché (r)anche
se dormiamo quattro ore in luogo di otto, il tempo delle Fasi 3 e 4 è
lo stesso e diventa perfino più lungo», precisa Mattlin.
Abbiamo mostrato che è quasi esclusivamente il sonno delle Fasi 3 e
4 ad assicurare una funzione riparatrice sul piano fisico che si
conserverebbe intatta anche nel caso di riduzione della durata totale
del sonno.
Esperienze hanno dimostrato che, se riduciamo il tempo di sonno di
un ciclo (da 90' a 120'), il sonno paradossale risulta più breve di
circa il 20%, cioè di 80 minuti circa il che è poco. Ma v'è il mezzoper ridurre il bisogno personale di sonno paradossale e lo
indicheremo.
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Così, anche riducendo le ore del dormire, le parti importanti del
sonno saranno integralmente preservate. Solo il sonno leggero, di cui
possiamo, senza alcun inconveniente, fare a meno, verrà ridotto; si
pensa anche che ciò abbia un effetto benefico, perché ci fa grazia di
tempo di sonno (r)diluito».
A questo proposito, vorremmo ricordare la seguente nozione: la
quantità di sonno non dipende solo dalla durata, ma è data, grosso
modo, dal prodotto della durata per la profondità. Possiamo dire che
il sonno è a due dimensioni e non soltanto a una (il tempo), e la sua
quantità è rappresentata graficamente dall'ipnogramma. Ciò significa
che possiamo compensare una minore durata con una maggiore
profondità, mantenendo sempre la stessa quantità di sonno.
Per dirla in altre parole, riducendo la durata del sonno, lo
rendiamo automaticamente più profondo e, al contrario, dormendo
troppo a lungo, più superficiale e, in quantità di sonno
uguale, è più benefico dormire meno e più profondamente; e questo
spiega, in parte, perché il piccolo dormitore si senta molto più in
forma, al risveglio e durante la giornata, del gran dormitore. Inaltri termini: vale di più un sonno (r)concentrato» (fino a un certo
limite) di un sonno (r)diluito».
Vari esperimenti di riduzione controllata del tempo di sonno sono
stati realizzati da differenti laboratori di ricerca specializzati in
materia. Ne riferiamo solo uno, a titolo d'esempio. Il dr' L' Johnson
lavorò, in collaborazione con due suoi colleghi del centro navale di
ricerche sulla salute, a San Diego e con tre altri dell'università
della California, a Irvino, tutti in possesso di titoli
ragguardevoli. Scelsero, per questo
esperimento, un campione di quattro coppie, tutti studenti, le cui
età variavano tra 21 e 28 anni. 6 degli 8 soggetti dormivano
abitualmente 8 ore, una coppia si contentava generalmente di 6 ore emezzo. Ognuno cominciò rispettando il proprio ritmo abituale, come
test di base, poi ridusse il tempo di sonno di una mezz'ora ogni
quindici giorni. Giunti al traguardo delle 6 ore e mezza, furono
lasciate 3 settimane per adattarsi, prima di
una nuova riduzione. Se raggiungevano lo stadio delle 5 ore,
avevano ancora diritto ad un mese d'adattamento prima di continuare.
L'esperimento doveva durare da 4 a 6 mesi, secondo il traguardo
raggiunto da ciascuno. Era stabilito che, dal momento in cui un
soggetto non se la sentiva di continuare, la sua partecipazione
all'esperimento finiva lì. Essi dormivano a casa loro, senza alcun
controllo esterno; tenevano un diario dove registravano il loro tempo
di sonno totale, notturno e diurno; annotavano il loro statopsicofisico durante la giornata. I giovani erano considerati soggetti
dalla vita normale.
Era stato deciso che si sarebbero coricati sempre più tardi,
risvegliandosi sempre alla stessa ora. Benché fossero in grado di
padroneggiare il proprio regime di sonno e di annotarne l'andamento
sul diario, erano sottoposti ugualmente a un controllo tecnico
permanente.
Il sonno di ognuno degli 8 soggetti veniva registrato da
un'apparecchiatura elettrica 3 notti alla settimana e un controllo
psichico approfondito era effettuato periodicamente al centro navale.
Erano inoltre sottoposti ad una imponente serie di test e mantenevano
rapporti costanti con gli psichiatri.2 dei soggetti che avevano iniziato con una durata di 8 ore
ridussero il loro tempo di sonno a 5 ore e mezzo, prima
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d'abbandonare; altri 2 toccarono il traguardo delle 5 ore e gli altri
2, infine, raggiunsero le 4 ore. La coppia che aveva iniziato con 6
ore e mezzo si fermò a 5 ore.
Ecco le conclusioni dell'esperimento. Questi 8 individui non furono
intaccati né nel corpo, né nella psiche, né nelle loro capacità
generali, anche dopo una riduzione di 3 ore e mezzo, tuttavia,
soffrirono della mancanza di sonno.
L'esperimento ebbe un seguito: un anno più tardi, i ricercatori
ricontattarono gli 8 soggetti, per vedere come si comportassero e
quante ore, in quel periodo, dormissero abitualmente. Alcuni di
quelli che, all'inizio dell'esperimento, dormivano 8 ore, non
erano tornati a questa vecchia abitudine. I 2 studenti che avevano
iniziato con 6 ore e mezzo avevano ricuperato la stessa durata; ma
gli altri 6, partiti da 8 ore, dormivano ora da un'ora a due ore e
mezzo meno di prima e, nonostante ciò, si sentivano perfettamente
bene ed in buona forma: uno di loro, addirittura, godeva di un ottimo
stato di salute, senza bisogno né desiderio di dormire di più, con
sole 5 ore e mezzo di sonno al giorno (un altro dormiva 6 oredenunciando le stesse ottime condizioni psicofisiche).
Il gruppo di ricercatori concluse che la riduzione progressiva può
rivelarsi un mezzo efficace per diminuire di un'ora o due il tempo di
sonno totale e può anche modificare in forma permanente le abitudini
ed i bisogni di sonno.
Aggiungeremo ancora che i soggetti dell'esperimento erano
relativamente giovani. Ma questo non cambia niente. Il dr' Johnson ci
ha riferito di avere incontrato numerose persone d'età matura che
avevano ridotto il loro tempo di sonno, dichiarando di trovare il
loro attuale livello (r)confortevole e piacevole».
I diversi esperimenti realizzati permettono di stabilire un metodo
sicuro per arrivare a guadagnare, per esempio, senza inconvenienti,un ciclo di sonno: per ottenere ciò, occorre rispettare un certo
numero di norme, l'esposizione delle quali s'ispirerà all'opera di E'
Mattlin, ma noi completeremo il suo metodo, per aumentare le
possibilità di riuscita, evitare le eventuali ricadute ed anche
rendere il sonno più proficuo di quanto non lo fosse prima della sua
riduzione.
Il principio base del programma consiste in una riduzione graduale
che dà al corpo ed alla psiche il tempo necessario per adattarsi
moderatamente, tappa per tappa, ad ogni nuovo cambiamento. Se il
periodo d'adattamento è abbastanza lungo da produrre, ad un dato
livello, un abituale benessere, il passaggio alla tappa successiva
sarà più facile. E' necessario consolidare bene una condizione dibenessere prima di tentare una nuova riduzione.
La pratica
Ecco, sul piano pratico, come operare: la durata di ogni riduzione
(anche se certuni consigliano 30 minuti) dovrebbe essere, a nostro
avviso, di 20 minuti. Il tempo d'adattamento, dopo una riduzione e
prima di passare alla successiva, varia da un individuo all'altro, ed
è tanto più lungo quanto più breve è la durata totale di sonno
raggiunta e quanto più avanzata è l'età. Ecco, a titolo indicativo,
alcune cifre (ma ognuno dovrebbe riuscire ad individuare da solo la
misura che più gli conviene):
- fra i venti ed i trenta anni, il tempo di adattamento fra una
riduzione e l'altra è di circa 3 settimane;- fra i quaranta ed i cinquanta, di circa 5 settimane.
Per ogni riduzione totale del tempo di sonno superiore ad un'ora,
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occorre aspettare una settimana di più. Se poi vogliamo scendere
sotto le 6 ore e mezza di sonno totale nell'arco delle
ventiquattr'ore, è indispensabile attendere fino ad 8 settimane.
Soprattutto, dobbiamo evitare di passare alla riduzione successiva,
se non ci siamo ancora perfettamente adattati alla precedente. Non
dobbiamo farci troppa premura, non tentiamo, soprattutto, di
procedere troppo in fretta, rischieremmo, così, di compromettere
l'insieme dell'esperimento, anche se siamo già pervenuti, senza
inconvenienti, a una certa riduzione.
Sottolineiamo che questa riduzione progressiva va, per la prima
volta, contro la regola, che abbiamo già definito come assoluta, che
prescrive di dormire un numero intero di cicli. E' però, questo,
l'unico caso in cui dobbiamo infrangerla: perché è più importante,
nel caso specifico, non rispettare questo, pur fondamentale,
imperativo e ridurre progressivamente, piuttosto che tentare di
guadagnare, in
una sola volta, un intero ciclo. Ma, ripetiamo, dobbiamo sempre
rispettare questa regola in tutti gli altri casi.Ecco le altre condizioni per una buona riuscita del programma: non
iniziare la riduzione se non siamo in buona forma fisica, mentale ed
affettiva; seguire, contemporaneamente, la regola prevista per la
(r)giornata intelligente»; impiegare bene il tempo di veglia così
guadagnato in modo da superare i piccoli inconvenienti che potremmo
incontrare - provvisoriamente - ad ogni diminuzione di durata del
sonno (sonnolenza, affaticamento, etc').
I vantaggi
Si tratta, in fondo, di un programma assai semplice che, anche se
non sempre facile, dobbiamo, tuttavia, fare tutto il possibile per
rispettare: è la condizione sine qua non per una buona riuscita;
basta pensare che, a prezzo di qualche difficoltà passeggera, nesentiremo il beneficio per tutta la vita: innanzitutto, per tutto il
tempo prezioso ricuperato e poi, ancora, per altri importanti
vantaggi di cui potremmo godere, se rispetteremo i consigli
indispensabili che seguiranno a completamento di questo programma.
Non soltanto ci eviteranno una parte delle difficoltà relative al
tempo di adattamento, ma renderanno più sicuro e stabile il tempo di
sonno totale nettamente ridotto che avremo raggiunto e, soprattutto,
ci faranno sentire più (r)freschi» al mattino e più in forma durante la
giornata, sul piano fisico, intellettuale, emozionale; più riposati e
meno affaticati la sera e meglio addormentati la notte di quando
dormivamo più a lungo.
Aumentare
il sonno paradossale
Abbiamo visto che, riducendo il tempo totale di sonno di un ciclo,
perdiamo circa 20 minuti di sonno paradossale; ma siamo in grado,
ugualmente, di aumentare la durata di quest'ultimo, vediamo come: a
seguito di un certo numero di errori, quasi tutti non riduciamo la
durata di questo tipo di sonno che è anche quello che maltrattiamo di
più. Ora, siamo in grado, e in una maniera molto semplice (ed
evitando certi errori) di aumentare la durata della Fare 5 facendo,
nello stesso tempo, in maniera di aver meno bisogno di sonno
paradossale.
Hartmann ci dice che i piccoli dormitori formano un gruppo dipersone efficaci, ambiziose, molto attive, piuttosto sicure di sé,
estroverse e poco angosciate. La maggior parte di esse, interrogate
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su come reagivano di fronte alle difficoltà, ha risposto di non
lasciare mai che le preoccupazioni assillino l'animo; i grandi
dormitori, invece, formano un gruppo più complesso e psicologicamente
più fragile; risultano più ansiosi ed inibiti, perfino leggermente
depressi, aggressivi o turbati da problemi sessuali; il loro animo è
continuamente assillato da mille problemi.
La riduzione del tempo di sonno provocherà, senz'altro, in noi un
benefico cambiamento di personalità. Possiamo affermare che il
bisogno di sonno paradossale deriva, in parte, dallo stato di
permanente conflittualità in cui viviamo. E', dunque, il conflitto
interiore ed esteriore che dobbiamo far cessare.
Contro lo stress
Ecco un mezzo per limitare le conseguenze disastrose dello stress:
sappiamo che una delle funzioni del sonno è di scaricare lo stress
subito ed accumulato durante la giornata, evitandone, parzialmente,
gli effetti distruttivi. Possiamo, così, affermare che il bisogno di
sonno paradossale è proporzionale agli stress sopportati, al loro
numero ed alla loro importanza. Ora, siamo in grado di evitarnequalcuno (non tutti, sfortunatamente, altrimenti saremmo obbligati a
vivere da eremiti) e possiamo, almeno, tentare di ridurre le
aggressioni sensoriali e, in primo luogo, quelle causate dal rumore,
elemento inquinante numero uno della nostra vita.
Occorre, quindi, crearci delle (r)zone del silenzio». (r)Ascolta il
silenzio in te», consiglia un proverbio orientale e Kahlil Gibran
confessa: (r)Non sono altro che un ricercatore di silenzio e quali
tesori ho trovato nei miei silenzi!» Silenzio esteriore, per riuscire
a far tacere il frastuono che è in noi e trovare il silenzio
interiore.
L'effetto dei colori
Dovremo, poi, fuggire dalle aggressioni sensoriali di naturacromatica e luminosa: lampade troppo potenti, troppo dirette,
lampeggianti e colori troppo vivi. Oggi, conosciamo bene l'effetto
dei colori il cui ruolo è, in generale, sottovalutato: infatti,
quelli dei nostri vestiti (e di quelli degli altri), di tutto ciò che
ci circonda (appartamento, ufficio, laboratorio, sale di riunione, di
spettacolo, etc') esercitano su di noi un'influenza determinante. Ne
fanno testimonianza le espressioni popolari come: veder rosso,
restare al verde, vedere la vita in rosa, avere la faccia grigia,
vederne di tutti i colori, etc'.
Facciamo, poi, distinzione tra colori caldi e freddi: il verde ed
il blu - colori freddi - agiscono sul sistema parasimpatico,
l'influenza del quale è predominante nel sonno; i colori caldi(rosso, arancio, etc') influenzano il sistema ortosimpatico (o
simpatico), la cui influenza si manifesta nello stato di veglia. In
questo modo, alcuni colori ci aggrediscono ed altri ci calmano.
Bisogna, quindi, evitare i grandi assembramenti, le riunioni
rumorose e fumose, stressanti a causa del rumore, dell'agitazione e
cercare riparo in zone ove sia possibile la solitudine o la quasi
solitudine. Allo stesso modo, sono da evitare gli alimenti troppo
stimolanti.
Gli stress inevitabili, poi, possono essere filtrati: ad uno stress
determinato non corrisponde necessariamente un impatto determinato,
perché tutto dipende dalla maniera in cui lo subiamo; questo impatto
è molto soggettivo: prima di raggiungerci, e crearci problemid'ordine fisico e psichico, lo stress passa attraverso una sorta di
filtro in grado sia di ridurlo o, addirittura, annullarlo, sia di
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amplificarlo.
Espellere la tensione
Quando agli stress che non possono essere né evitati, né annullati,
e che, talvolta, producono, grazie al filtraggio, un impatto
apparentemente insignificante, ma il cui cumulo rischia di diventare
pericoloso, è necessario saper espellere questo tipo di tensione.
Esistono, a questo proposito, due mezzi essenziali: il sogno e
l'esercizio fisico, quest'ultimo particolarmente importante; però
bisogna praticarlo il più presto possibile dopo lo choc subito: non
serve lasciare accumulare le tensioni durante tutta la settimana per
poi, alla fine di essa, scaricarle tutte con un solo esercizio. Certo
è meglio fare l'esercizio una volta alla settimana, che non farlo del
tutto, ma è preferibile praticarlo ogni giorno o, almeno, più volte
nell'arco dei sette giorni.
Altri suggerimenti
Ecco, ancora, qualche altro consiglio, che può essere utile per la
riduzione del tempo di sonno. Bisogna:
- mangiare meno. Noi siamo sovralimentati e ciò è molto nocivo perla nostra salute, la nostra giovinezza, la nostra longevità e il
nostro sonno. Di più, mangiar troppo spinge a dormire eccessivamente.
I Giapponesi dormono, in media, un'ora per notte in meno di noi, e
ciò è dovuto, in gran parte, al fatto che mangiano meno;
- fare, durante la giornata, dei sonni-lampo, pause di parcheggio e
maxipause;
- dormire, almeno durante il programma di riduzione del tempo di
sonno, ad ore regolari e per una durata più costante possibile, anche
se, alla fine, quella che conta è la durata media del sonno;
- dormire nelle ore più convenienti, rispettare, cioè, la propria
abitudine naturale a coricarci e alzarci tardi o a coricarci ed
alzarci presto.Tanto più avremo facilità a dormire poco, quanto più avremo una
vita stimolante. Infine, un altro avvertimento: affrontiamo questo
programma solo se siamo adulti ed in buona salute.
Ecco un esempio che ci inciterà, forse, a tentare l'esperimento; è
quello di L' Amade, raccontato in France soir: (r)Il prefetto poeta L'
Amade ci ha confessato i suoi segreti: se, da oltre trent'anni, ha
potuto conciliare una brillante carriera amministrativa con
un'altrettanto brillante carriera letteraria (sei romanzi,
quattordici opuscoli, due libri di racconti, un'opera, una cantata,
un mistero, trecento canzoni, un memoriale etc'), è perché, oltre ad
essere rimasto celibe, non ha dormito più di 4
ore per notte». Tuttavia sconsigliamo vivamente di seguirel'esempio, citato da W' Dement, (r)d'un giovane canadese che dormiva
tre ore per notte, permettendosi anche una triplice attività
professionale».
Grazie al tempo che potremo recuperare, forse saremo meno tentati
di esclamare, come P' Hamp: (r)Destino, m'hai dato una vita, e te ne
ringrazio infinitamente. Ma cosa credi che abbia potuto fare di
grande? Era così corta».
Usare l'insonnia
V'è chi ha saputo fare buon uso dell'insonnia: H' Certigny ha
sottolineato che l'insonnia (r)apriva delle parentesi nelle sue notti»,
Marcel Proust riconosceva che (r)un po' d'insonnia non è inutile per
apprezzare il sonno, proiettare un po' di luce nella notte». Alcuni vivono l'insonnia come un dramma, perché la mancanza di
sonno li indebolisce, rappresentando, per loro, una grossa mancanza
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sul piano personale, professionale, familiare e sociale. Tutti, più o
meno frequentemente, per periodi più o meno lunghi, siamo vittime
d'insonnia. Ci capita di sperimentare dei veri e propri blocchi
provvisori di sonno, apparentemente senza ragioni, che attribuiamo
semplicemente alle circostanze della vita.
Esiste un mezzo per evitare l'aggravarsi dell'insonnia e per
renderla cronica ed anche per attenuarne non solo la durata, ma anche
gli effetti: si tratta di non drammatizzarla e d'integrarla alla
nostra dinamica esistenziale. E questo non significa che dobbiamo
arrivare a considerarla come un fatto normale, ineluttabile, ma
venire, nella maniera migliore, a patti con essa, affrontando il
problema da un altro punto di vista.
Una delle ragioni di un cattivo addormentamento o riaddormentamento
risiede nel desiderio forsennato, nell'accanimento di voler
prender sonno a tutti i costi, facendo la semplice considerazione che
gli altri dormono e quindi anche noi dobbiamo dormire. Esiste un
autentico senso di colpa, un terror panico dell'insonnia e delle sue
conseguenze.Bisogna assolutamente districarsi da questo ingranaggio
psicologico, cessare, una buona volta, di credere che se non dormiamo
sufficientemente saremo, l'indomani, inevitabilmente stanchi e
sonnolenti. In verità, è proprio questa paura, con l'agitazione
fisica e la confusione mentale che ne risultano, a creare la fatica,
lo spossamento provocato da un assurdo dispendio di energie, quando,
se fossimo restati calmi, anche senza dormire, avremmo recuperato
tutte le nostre forze.
Possiamo anche considerare che, dopo tutto, si tratta di tempo
guadagnato sul sonno, senza sforzi, senza dover ricorrere al
programma previsto per la riduzione progressiva del sonno: tempo che
ci viene letteralmente offerto (r)su un vassoio». In questo modo, ilfatto di non poter dormire in certi momenti, anche se si situano nel
cuore della notte, può offrire un lato molto positivo.
In effetti, nessun momento della giornata saprebbe rimpiazzare
queste
ore notturne di silenzio, di calma e di risonanza cosmica, che si
pongono in uno stato di ipercoscienza adatta alla riflessione, alla
meditazione, ma anche al lavoro, potendo, così, integrare il tempo di
insonnia nell'impiego del tempo normale.
Possiamo anche dar libero sfogo ad un'immaginazione divenuta più
fertile per trasformare queste ore penose, piene di fobie,
addirittura ossessive per certuni, in ore piacevoli occupate in
qualcosa di gradevole o utilizzandole, per esempio, in momenti dirilassatezza fisica o mentale, in ore di dolce far niente, di
languida pigrizia, tentatrice al punto da venire condannata dalla
morale come peccato, ma che noi possiamo coltivare come un'arte, a
nostro completo piacimento.
Tutto, in ogni caso, è più intelligente che affannarsi nel proprio
letto a rincorrere un sonno che è scappato di nuovo o batterci contro
un'insonnia che diventa allora sempre più temibile.
Piuttosto che restare a letto ad innervosirci, girandoci e
rigirandoci, è preferibile alzarci ed anche metterci a lavorare, sia
pure in maniera distesa e in piena calma, guadagnando
contemporaneamente tempo ed economizzando energie. Far buon uso
dell'insonnia è anche estremamente benefico per le persone anzianeche, avendo minori obblighi professionali e familiari, possono,
durante la giornata, concedersi vari periodi di sonno.
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A titolo d'esempio, quello del prof' americano C' Kelly, che, dopo
aver dormito bene nel corso di tutta la sua vita, ha perso il sonno
verso i settant'anni; a quel punto, rifiutò decisamente il facile ma
pericoloso ricorso ai sonniferi, consigliatogli dai suoi medici, e
decise di consacrare le ore d'insonnia alla ricerca di metodi
scientifici atti a vincerla, a beneficio suo e di tutti coloro che
soffrono di questa condizione. Dopo esservi riuscito, grazie ai suoi
metodi, scrisse, a questo proposito, opere che gli valsero la
celebrità per la loro estrema efficacia.
Un rinomato psicanalista, il dr' B' Ruddick di New York, ritiene
prezioso il tempo che trascorriamo a letto senza riuscire a prender
sonno. Egli ha sempre incoraggiato i suoi amici, in questa
circostanza, ad alzarsi ed a lavorare per un'ora o due. Anche a lui
capita, talvolta, di essere incapace di prender sonno alle due del
mattino. Egli, allora si siede al tavolo e scrive. Anche sua moglie,
che dipinge, si sveglia spesso prestissimo, prima dell'alba,
alzandosi e mettendosi a lavorare.
Viene anche citato il caso d'una donna molto occupata, che passauna parte della notte a selezionare e classificare ricette con le
quali comporre un libro di cucina; e quello di un famoso avvocato che
si dedica alla sua collezione di francobolli prima dell'alba. Altri,
in queste occasioni, privilegiano i lavori manuali: un meccanico
scolpisce il legno; molte madri di famiglia cuciono, rammendano,
ricamano o cucinano piatti prelibati da conservare poi nel
refrigeratore. Una donna anziana, che aveva fatto la domestica per
quarant'anni, creava, durante le ore di insonnia, meravigliose
collane di perle colorate di cui riempiva la casa. Ma vi sono molti
che preferiscono rimanere passivi e restano a letto ad ascoltare la
radio, ad imparare una lingua straniera o, più semplicemente, non
facendo niente.Il dr' P' Tyrer scrive: (r)Mentre lavorate o vi distraete durante
l'insonnia, pensate in maniera positiva a tutti i vantaggi che potete
vantare nei confronti dei poveri dormienti. Voi segnate un punto:
grazie a questa attività notturna, potrete godere di maggior libertà
durante la giornata: essi perdono il loro tempo dormendo mentre voi
vi date intelligentemente da fare».
Ecco ora, estratto da un articolo sul sonno apparso nella rivista
Vital nel gennaio 1981, un interessante esempio d'insonnia ben
vissuta. Il soggetto è Elisabetta, una giornalista di ventott'anni.
Eccone il racconto.
Fino a venti anni si era pensato che le mie insonnie fossero una
malattia. Tutto è cambiato quando ho deciso di vivere, normalmente,senza dar loro eccessiva importanza. Le insonnie erano iniziate
quando avevo circa sei anni ed erano origine di discussioni con i
miei genitori, con irritazione mi ripetevano sempre: (r)Dormi, dai,
dormi, bisogna che tu dormaà» Ma non ne ero capace. Anche quando
sono diventata una giovinetta, il loro comportamento non cambiò. Mi
nascondevo, per leggere, a letto; schermavo la lampada, tappavo, con
i cuscini, le fessure della porta, affinché nessuno s'accorgesse che
rimanevo sveglia. Dai 7 agli 8 anni cominciarono a farmi prendere dei
medicinali; tra i 17 e i 22, sfioravo, ormai, la farmacodipendenza;
era terribile: di giorno mi sentivo stanca, abbrutita, al punto che
mi capitava perfino di addormentarmi in classe e di notte
m'incarceravo nella mia insonnia.Poi decisi di farla finita con le pillole terminanti in (r)ium» e le
altre; allora, pur non dormendo di più, mi sentivo, almeno, assai
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meglio e questa era già una conquista: con i tranquillanti, dormivo e
mi sentivo assai peggio.
Presi questa decisione a vent'anni; fu una decisione intellettuale:
ho rifiutato di ammettere che il fatto di dormire meno degli altri
doveva essere considerato una malattia. Da allora, io non dormo, in
media, più di cinque ore per notte; accuso, in generale, una piccola
(r)cotta» verso le 18, ma questo fatto, grosso modo, rappresenta
l'unico inconveniente fastidioso della mia insonnia. La notte, faccio
dei lavoretti, leggo, alle 3 del mattino mi taglio i capelli. Tutto
sommato, credo proprio che la mia sia un'insonnia ben vissuta; arrivo
anche a domandarmi perché le altre persone, che vivono e abitano con
me, vadano a letto così presto (verso le 22 o le 23 o anche a
mezzanotte) ritenendo sufficiente il tempo sociale e professionale di
cui dispongono.
La notte, cominciamo a vivere un tempo che ci è proprio, un tempo
personale. Come può la grande maggioranza della gente privarsi di
questo tempo personale notturno tuffandosi immediatamente nel sonno?
D'accordo, la vita di chi soffre d'insonnia non è sempre rosea, maquesto è, soprattutto, dovuto agli effetti dell'insonnia nelle ore
diurne. Per esempio, tutti i giorni, come ho detto, verso le 18
accuso un leggero affaticamento e, in quel momento, mi piacerebbe
potermi distendere nell'oscurità e riposarmi veramente e questo non
mi è mai possibile. Mi sveglio, poi, al mattino, di pessimo umore:
borbotto, nulla mi va bene, etc'; il malcapitato che osasse
telefonarmi verso le 8 incorrerebbe in una rispostaccia.
Una o due volte al mese, poi, passo la notte in bianco e, devo
dire, che è una cosa piuttosto piacevole; resto distesa nel buio,
lascio trascorrere le ore e attendo la nascita del giorno: insomma ho
sognato stando sveglia; il tempo trascorre in uno stato della cui
irrealtà ho piena coscienza, uno stato tra il sogno e il pensiero; eciò è assai gratificante. Contrariamente, poi, a numerosi sofferenti
d'insonnia, non conosco né incubi né angosce. I miei pensieri vanno
e vengono, tessendo incessantemente la loro trama. Molti riconoscono
che sono molto fortunata nel poter vivere dormendo così poco.
Al racconto di Elisabetta possiamo aggiungere che è importante, in
primo luogo, far sparire l'insonnia, ma, in caso di fallimento, è
altrettanto importante e profittevole di farne buon uso.
Imparare dormendo
L'uso del sonno come mezzo d'apprendimento è chiamato ipnopedia ed
è già usato in molti paesi. Nell'Urss l'insegnamento ipnopedico viene
praticato ufficialmente. Negli Stati Uniti le società che consacrano
la loro attività all'insegnamento per mezzo del sonno hanno, dal1947, una cifra d'affari di milioni di dollari. Esistono, oggi, in
quasi tutte le grandi città americane centri di istruzione per il
sonno che promettono di inculcarci (naturalmente, per mezzo del
sonno) tutte le conoscenze possibili ed immaginabili
dall'apprendimento delle lingue allo sviluppo della memoria alla
lotta contro l'insonnia. In Francia, lo psicologo J' Genevay ha
eseguito esperimenti probanti con allievi di un collegio parigino,
facendo loro imparare, per mezzo del sonno, la storia romana. Dai
suoi esperimenti è riuscito a creare un metodo d'insegnamento
ipnopedico in virt- del quale si possono apprendere non solo le
lingue, ma anche le regole grammaticali più difficili, i teoremi più
complicati, etc'.R' Galvez, presidente fondatore dell'Istituto Internazionale di
ricerche ed applicazioni ipnopediche, ha portato avanti le ricerche
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riuscendo a mettere a punto una tecnica molto precisa. Oggi, sappiamo
che il campo d'applicazione dell'ipnopedia è molto esteso. (r)Si
considera che il 95% dei problemi umani provengano da uno spirito
negativo. Questa cifra include i problemi di timidezza, di dissapori
familiari, d'insuccessi finanziari, di cattiva memoria, di tensione
nervosa, di sfortuna, d'inquietudine, etc'. E' stato scoperto che,
rieducando lo spirito creativo a pensare in maniera positiva anziché
negativa, la maggior parte dei problemi psicologici scompare», ci
dice B' Sweetland.
Anche la timidezza può venire curata con il metodo ipnopedico. Una
donna era così timida da sentirsi male quando si trovava in mezzo
alla gente. Decise di seguire un corso d'insegnamento notturno che,
tra le registrazioni, ne conteneva una per il superamento della
timidezza. L'ascoltò nottetempo e qualche tempo dopo fu invitata a
trascorrere una serata affollatissima; rientrando a casa s'accorse,
per la prima volta in vita sua, di avere partecipato tranquillamente
alla conversazione e di essersi divertita: la sua timidezza era
scomparsa.I corsi d'educazione notturna propongono altri soggetti: come
costruirsi una buona memoria, l'arte di rilassarsi, di sviluppare la
creatività, far lavorare lo spirito per restare giovani, imparare la
lezione scolastica dormendo, etc'.
In America, grazie a questa terapia, molti hanno smesso di bere o
di fumare. Allo stesso modo, si possono trattare tutte le forme di
tossicomania e tutti i dolori (in particolare quelli del parto).
Aggiungiamo che le malattie psicosomatiche sono tutte di competenza
dell'ipnoterapia.
Sappiamo, a mezzo di numerosi esperimenti e constatazioni, che il
cervello resta, in parte, vigile durante il sonno e che, spesso, si
mantiene recettivo con ciò che ha pensato prima dell'addormentamento.Conosciamo gli esempi tipici della madre di famiglia svegliata dal
pianto del figlio, ma non dai tuoni, quello del casellante svegliato
dal treno che non è ancor passato o quello del mugnaio che si sveglia
quando il suo mulino si ferma. E questo grazie all'udito che non si
(r)disinnesca» mai completamente, incaricato com'è di assicurare il
servizio di guardia.
D'altra parte, si sa che, in certi stati di coscienza (e sono
quelli che utilizzano l'ipnosi, la sofrologia e la
suggestopedagogia), essendo più recettivi, siamo più facilmente
suggestionabili: alcune cose s'imprimono più facilmente in noi e in
maniera indelebile. Lo stesso accade in certe condizioni di sonno che
non sia quello profondo o profondissimo.L'inconscio, che funziona in permanenza, è particolarmente
(r)attivo» durante il sonno, (r)via regale d'accesso al subconscio»,
secondo la formula freudiana. Sappiamo anche che la voce umana è un
potente mezzo di suggestione e che, mentre dormiamo, le condizioni
ideali per ascoltarla si trovano tutte riunite: solitudine, silenzio,
oscurità, stato di introversione, assenza del cosciente. Questo
spiega quanto sia vasto il campo d'applicazione dell'ipnopedia e
dell'ipnoterapia.
La pratica dell'ipnoterapia
Per praticare questi metodi, occorre un registratore dotato di unabanda continua, che consente la ripetizione infinita di un testo e
che possa accendersi e spegnersi automaticamente. A titolo d'esempio,
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ecco quel che consiglia R' Galvez: un'ora circa, prima di andare a
letto, lo studente prepara la sua lezione e ne fa un riassunto della
durata di cinque minuti che registra. Effettuata la registrazione
(il testo può, naturalmente, essere anche preinciso), regola il timer
in rapporto all'ora esatta in cui si corica. Per esempio, se si
corica alle 22, dovrà regolarlo alle 22,30, in modo che la prima
emissione avvenga dopo l'addormentamento. La seconda sequenza dovrà
intervenire dopo il periodo del sonno profondissimo durante il quale
l'inconscio è meno recettivo, dunque, verso le 3 del mattino.
Nell'arco di un'ora circa, la banda magnetica sussurra la lezione da
imparare da dieci a quindici volte: nel metodo ipnopedico la lezione
non può mai essere superiore ai cinque minuti. Infine, una terza
sequenza, detta di consolidamento, potrà essere effettuata al
risveglio, nel momento in cui lo studente è ancora mezzo sonnolento.
E' buon dormitore chi riesce a dormire sempre bene, qualunque siano
le sue peripezie esistenziali. Salvo poche eccezioni, quando eravamo
ragazzi, eravamo tutti buoni dormitori; alcuni lo sono restati, ma la
maggior parte di noi ne ha perso l'abitudine; alcuni hanno rimparatoad esserlo ed hanno, così, ritrovato il loro buon sonno, che avevano,
non perduto, ma dimenticato.
Nota editoriale. Le fasi dell'apprendimento nel sonno che hanno
dato buoni risultati sono le seguenti:
Prima fase. Ascolto serale, da svegli, del testo registrato nel
magnetofono che dovrà funzionare durante la notte. Ascoltiamo e
ripetiamo con intelligenza.
Seconda fase. A letto, spenta la luce e distesi, ripetiamo
dolcemente
una formula che ci pre-veda otticamente riusciti nel nostro studio.
Terza fase. Automaticamente il magnetofono, tenuto sotto il
cuscino, si mette in moto dopo 4 ore da che ci siamo addormentati.
Quarta fase. Nel dormiveglia del mattino seguente ripetere la
formula particolare per lo studio.
Quinta fase. Dopo la colazione del mattino, nuovo ascolto del testo
registrato, ripetendolo con intelligenza. (Dal volume di P'
Scanziani, L'arte della giovinezza, ed' Elvetica).
Il campione del sonno perfetto
Il dormitore campione è un buon (r)pilota» del proprio sonno: sa
gestirlo, controllarlo, orientarlo nelle diverse circostanze della
vita. E' capace di passare giornate e notti (r)intelligenti». Egli
conosce, per esperienza, il valore di un buon sonno, l'apprezza, nerisente tutti i benefici effetti, conosce anche tutti i vantaggi che
può trarne. Oltre al ricupero fisico e psichico di cui può godere al
mattino, dopo un risveglio naturale, sa anche sfruttare tutte le
altre risorse che il sonno può offrirgli, nel senso che egli ne
conosce tutte le altre funzioni e le adopera. Ma, soprattutto, sa di
poter impiegare il tempo del suo sonno, farlo lavorare per lui,
raccogliendone i frutti numerosi ed incomparabili.
Malgrado ciò, il dormitore campione ha anche imparato a dormire
poco; e quando gli capita di avere delle insonnie più o meno
volontarie, per ragioni che conosce e non ha potuto evitare, sa anche
servirsene. Ma il dormitore campione è andato ancora oltre, grazie a
due perfezionamenti supplementari nella padronanza del sonno.1) Sa addormentarsi in pochi istanti, dove vuole, quando vuole e
in qualsiasi circostanza.
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- (r)In pochi istanti», significa pochi minuti, anche se, ad alcuni
bastano pochi secondi;
- dove vuole: per esempio, in mezzo alla folla, nel rumore ed in
piena luce;
- quando vuole: in qualsiasi ora del giorno e della notte;
- in ogni circostanza: anche se è preoccupato o se si trova in
stato d'eccitazione fisica (in particolare muscolare o nervosa),
mentale o affettiva.
2) Sa dormire per il tempo che
egli stesso ha stabilito preliminarmente.
Questo tempo può durare 32 minuti quanto 2 ore e 21 minuti senza
tener conto della lunghezza del proprio ciclo; ed è, inoltre, capace
di svegliarsi naturalmente al termine della durata fissata, senza
l'ausilio di richiami, pronto a essere, istantaneamente e senza alcun
sforzo, disponibile a tutti i livelli. Ognuno di noi può diventare un
dormitore campione. Non
esiste nessuna ragione, né teorica, né pratica che ce lo possa
impedire.Come addormentarsi
in pochi istanti
Fu chiesto ad un maestro zen che aveva acquisito questa facoltà
preziosa e invidiabile: (r)Come fate?» ed egli rispose: (r)Semplicemente:
avendo fiducia.»
Infatti, basta rifugiarci fiduciosamente in uno stato di totale
rilassatezza e di abbandono e riusciremo in breve a prendere sonno.
Ricordiamo anche quanto ha detto Bergson: (r)Dormire, è
disinteressarsi», disinteressarci di tutto ed anche di dormire. Dal
momento in cui avremo ben assimilato il senso di questa frase, che è
la migliore definizione del momento in cui entriamo nel sonno,
riusciremo ad addormentarci in pochi istanti. Nel momento in cuisaremo veramente (r)disinteressati» saremo già in stato di sonno.
Dunque, alla domanda: cosa dobbiamo fare per addormentarci in pochi
istanti? la sola valida risposta è: soprattutto, più nulla. E'
semplice, ma non sempre facile da realizzare dall'oggi al domani.
Addormentarsi a volontà
Si dice che, allo stato di veglia, siano il desiderio e la paura a
farci agire, ebbene, per prendere sonno, deve avvenire esattamente il
contrario: occorre che non vi siano più né desiderio, né paura, né
attesa, ricerca, sforzo, né volontà di dormire. Non dobbiamo più
parlare di corretta (r)attitudine», perché, al contrario, dobbiamo
abbandonare qualsiasi tipo di atteggiamento. Se insistiamo su questi
argomenti è per abbattere, uno ad uno, gli impedimenti che ostacolanol'addormentamento istantaneo. Ed ora, siamo in grado di indicare qual
è lo stato più adatto per realizzarlo: il più passivo, il più
assente, il più inesistente possibile. Bisogna, in effetti (r)sparire».
Abbiamo spiegato come addormentarci quando il cervello ce lo
domanda, cioè, ad ore fisse, ben precisate per ciascuno di noi, ore
che abbiamo imparato ad individuare. Ci arriveremo un po' alla volta
(talvolta in un colpo solo), non importa quando.
Ecco ora una tecnica, che ci consentirà di prender sonno a nostro
piacere. Si tratta dell'autoipnosi.
La parola ipnosi suscita, nei più, un miscuglio di dubbio e di
timore. Ciò deriva dal fatto che gli esperimenti d'ipnosi sono, perlo più, noti come attrazioni da varietà.
Gli effetti dell'ipnosi sono innegabili tanto da essere
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ufficialmente riconosciuti come tecnica scientifica in alcuni paesi,
come l'Unione Sovietica, dove fa parte del bagaglio di conoscenze
obbligatorio di ogni giovane medico. Negli Usa, in Germania, viene
ugualmente insegnata ufficialmente nelle università.
L'autoipnosi
Possiamo praticare l'ipnosi su di noi, per mezzo della suggestione,
quando siamo in stato di completo rilassamento: è l'autoipnosi. Nel
nostro caso, si tratta di utilizzare tutto il suo potere (fra le
altre cose, è anche capace di vincere il dolore) per addormentarci.
Ci limiteremo ad enunciarne il principio. Un uomo celebre ci ha
recentemente detto: (r)Vorrei, la sera, essere capace di (r)spegnermi»
come faccio, prima di dormire, girando un bottone, con la
televisione». E', questo, il sogno di tutti: addormentarci nel nostro
letto (anche durante la giornata) con la semplicità con cui spegniamo
la lampada del comodino; ed è anche il sogno di tutti i genitori che
vorrebbero vedere i figli addormentarsi al loro comodo. Tutto questo
è possibile grazie all'ipnosi ed all'autoipnosi.
Potremmo permettere, così, al treno del sonno, di passare quandovuole. Segnaliamo che il rituale da osservare, che consta di una
successione di
operazioni sempre identiche, nel momento di metterci a letto, crea
un automatismo, che suggestiona e induce il riflesso condizionato del
sonno.
Citiamo ora due metodi per addormentarci molto rapidamente,
facendo appello all'ipnosi. Il primo utilizza quella che viene
chiamata suggestione postipnotica. E' definito così il suggerimento
di un atto a un soggetto sotto ipnosi che dovrà rispondere ad un
segnale stabilito, dopo che sarà stato (r)svegliato»; questo metodo,
per essere efficace, esige un livello d'ipnosi abbastanza profondo.
Precisiamo: l'ipnotizzatore, dopoaver posto il soggetto in stato d'ipnosi, gli comanda di dormire ad
un determinato segnale, per esempio, quando udrà un certo rumore: una
parola, uno schiocco di dita, il suono d'un mazzo di chiavi, etc',
oppure quando il soggetto stesso pronuncerà una data parola o farà un
gesto particolare: toccandosi il mento, la fronte, ecc'. Alla sera,
dal momento in cui ripeterà la parola o il gesto, il soggetto
s'addormenterà immediatamente. L'inconveniente di questo metodo è che
il suggerimento postipnotico tende a scomparire, a poco a poco, col
tempo, cosa che obbliga a ricorrere, periodicamente, ad un
ipnotizzatore per rinforzarlo.
Il secondo metodo consiste nell'apprendere a metterci noi stessi in
stato di suggestione, per mezzo di un completo rilassamento,impartendoci l'ordine di dormire. Questa tecnica, all'inizio, può
essere appresa con l'aiuto di un ipnotizzatore che ce l'inculcherà
sotto ipnosi o anche senza fare ricorso all'ipnosi. Questa seconda
serie di metodi evita l'inconveniente della ridotta durata del tempo
di suggestione.
Possiamo anche ricorrere al metodo delle cassette registrate di una
seduta ipnotica con addormentamento da parte d'un ipnotizzatore. Il
sonno ottenuto in questa maniera, a parte il fatto che sopravviene
molto rapidamente, si rivela, in generale, molto riparatore, perché è
calmo e profondo. Di più: il sonno in cui sprofondiamo è naturale e
non ipnotico. Del resto, bisogna sapere che l'ipnosi, anche quella
profonda, non mette direttamente in stato di sonno, ma in uno statovicino, perché le onde cerebrali sono situate tra lo stato alfa e
quello beta.
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Svegliarci all'ora prescelta
La possibilità di svegliarsi a piacere non è un dono riservato a
pochi
eletti, anzi è accessibile a tutti, perché tutti abbiamo, in noi,
cronometri interiori capaci di valutare l'ora e la durata e dunque di
svegliarci al momento stabilito che abbiamo comunicato alla nostra
(r)guida interiore», permanentemente attiva. Non vi sono, così pare,
altre tecniche precise oltre quella di penetrare in noi per
autosuggestione nel momento in cui ci addormentiamo e riguardante non
la durata prescelta del sonno, ma, piuttosto, l'ora del risveglio.
E' così che fanno tutti quelli che la praticano.
Il dr' H' Larcher cita tre casi:
- quello di una giovane che si raccomandava, pregando, alle anime
del purgatorio perché la svegliassero all'ora desiderata;
- quello di una vedova che si rivolgeva al defunto marito;
- e quello di uno studente che si autosuggestionava prima di
addormentarsi.
Il mezzo impiegato si rivelava efficace in tutti i tre casi, grazieall'intervento del subcosciente. Possiamo utilizzare questo metodo
per svegliarci ad un'ora precisa della notte, ma anche della giornata
quando abbiamo un tempo disponibile determinato.
Quando prendiamo il metrò, dal momento in cui ci sediamo, siamo
assaliti da un desiderio quasi irresistibile di dormire; si tratta,
senza dubbio, di una specie d'autodifesa contro la folla, il rumore,
la luce. Di più, il calore della vettura, il tran tran delle ruote,
il dondolio assecondano il sonno (perché proprio di sonno si tratta e
non di sonnolenza). Noi possiamo programmarlo in modo da svegliarci
un attimo prima d'arrivare alla stazione in cui dobbiamo scendere; e
questo funziona ogni volta, qualunque sia il numero delle stazioni,
la lunghezza del percorso e il tratto di linea.Tuttavia, poiché la possibilità di svegliarci a piacere va contro
la regola del ciclo e, in più, viene a riflettersi sulla sua durata
che è, teoricamente, intangibile, raccomandiamo, quando cominciate a
praticare risveglio a volontà, di rispettare la periodicità ciclica.
Non bisogna usare spesso il risveglio volontario perché corriamo il
pericolo di scompigliare l'ordine dei cicli.
Infine, dobbiamo evitare, se vogliamo svegliarci nel corso della
notte, che ciò avvenga durante il sonno profondo della Fase 4.
Ricordiamo che questo stadio non interviene che nelle due prime fasi
e 30 minuti circa dopo aver preso sonno e dura un'ora circa.
Ecco dunque un'altra interessante capacità del (r)dormitore
campione»: egli è capace di tutte le combinazioni possibili, dicoricarsi ed alzarsi presto o tardissimo, restando in perfetta forma
a tutti i livelli. Divenire dormitore campione, completamente padrone
del proprio sonno, dovrebbe essere il sogno di tutti. E possiamo
realizzarlo.
La buona notte
Ci sembra che, se vogliamo vivere
una vita (r)alla grande», cosa che tutti desiderano, non possiamo
farlo ignorando un'ora su tre della nostra esistenza, vivendo
solamente le due ore restanti. Bisogna, in primo luogo, tentare di
sapere, di comprendere cosa avviene durante quest'ora di preteso
black-out e poi servircene per vivere di più e meglio durante le ore
di veglia.Forse ora, quando augureremo la buona notte a qualcuno, o gli
chiederemo se ha passato una buona notte, ciò non significherà
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soltanto, per noi e per lui, una notte riposante, oscura, ma anche
una notte impiegata bene, ricca d'esperienze.
Dobbiamo augurare una buona notte come auguriamo un buon viaggio,
il che significa, anche per la notte, un viaggio senza incidenti né
accidenti, il più profittevole ed interessante possibile. Perché il
sonno, ora lo sappiamo oramai bene, non ci è stato dato soltanto per
liberarci dalle nostre preoccupazioni e dalla nostra fatica, ma
anche, e soprattutto, per soddisfarci in tutti i sensi.
Il sonno dell'avvenire
La ricerca di una molecola di sonno naturale risale all'anno 1910 e
la scoperta del famoso fattore S (S come sonno, sommeil, sleep) è,
attualmente, vicina alla soluzione. (r)Per la prima volta, un
sofferente di insonnia, gravemente dipendente dai sonniferi, ha
potuto essere guarito con l'iniezione di una sostanza naturale
considerata come la molecola (r)programmatrice del sonno». Questa
molecola è stata isolata dall'equipe del dr' G' Schoenberger.
Inoltre, (r)si hanno ragionevoli speranze che questo sonnifero
"naturale" possa essere messo a punto e reso accessibile a tutti neiprossimi anni. I ricercatori francesi di Lione (quelli appartenenti
al gruppo Jouvet) hanno scoperto, con il Vip (Vasoactive Intestinal
Pep-
tide) un peptide in grado di provocare il sonno, senza dubbio
polivalente. Nel 1976-1977 abbiamo potuto identificare la sostanza
capace di indurre il sonno in una piccola proteina composta di nove
elementi (acidi amminici), chiamati peptidi. L'abbiamo chiamata Dsip
(Delta Sleep Induc-
ing Peptide)."
Da qui ad un secolo è probabile che i nostri attuali giacigli con
tutti i loro accessori (materassi, sacconi, traversini, lenzuola ed
anche pigiama e camicie da notte) non saranno più adoperati; nonesisteranno più che nel ricordo e sembreranno tanto anacronistici
quanto il famoso letto della regina di Saba - o quello dei ricchi
Romani - marmoreo ed ornato di cuscini; e parranno altrettanto
deliziosamente obsoleti dei letti chiusi, sopraelevati, a
baldacchino, riempiti di piume nelle quali si affondava
letteralmente, e ricoperti di piumini sotto i quali dormivano le
nostre nonne.
Negli Stati Uniti, vengono già utilizzati letti vibranti che
rilassano e cullano, muniti di cuscini pieni d'acqua calda e con
musica incorporata, con il calore ed il suono programmati in modo da
indurre il sonno in modo conveniente.
Ma, circa nel 2000, il letto assomiglierà sempre di più a quelloche già in America viene definito (r)nube degli angeli»: sarà possibile
galleggiarvi su superfici formate da quella che viene chiamata (r)acqua
solida» costituita da particelle estremamente sottili di granelli di
sabbia polverizzata e spinte da una macchina soffiatrice; il corpo
potrà galleggiare nello spazio senza punti d'appoggio con il letto.
Si dormirà su cuscini d'aria che già, d'altronde, vengono utilizzati
efficacemente in casi di malati particolari.
Il letto del futuro sarà una specie di grande acquario, dai colori
riposanti: vi si resterà sospesi in assenza di gravità, immersi in un
bagno speciale di natura gassosa. Il sonno ne risulterà infinitamente
più piacevole ed efficace, cosa che permetterà di dormire ancora di
meno, salvo che per il piacere.I cosmonauti hanno sperimentato, nello spazio, l'assenza di
gravità, sappiamo, dunque, di cosa si tratta: non ci sarà più
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bisogno, come nei letti attuali, di cambiar posizione, di girarsi e
rigirarsi (più di trenta volte in una notte calma e più di duecento
in una agitata). In camera, l'aria sarà perfettamente condizionata,
cioè, filtrata, deodorata, rinnovata nella temperatura, nel grado
igrometrico, nel tenore di ossigeno e negli ioni negativi
convenienti. La luce si abbasserà progressivamente, come quella
solare, ma più in fretta.
Dal momento in cui si chiuderanno gli occhi un apparecchio
programmato prenderà in carica il soggetto emettendo onde che il
cervello capterà, a distanza, senza fili di contatto. Guiderà, così,
il sonno attraverso ogni ciclo, assicurando non soltanto un rapido
piacevole addormentamento, ma il successivo rallentamento delle onde
cerebrali, nel seguente ordine: la beta in alfa ed infine in teta,
delta e, in quel momento, il ritorno del sonno in alfa, poi in beta
alla fine d'ogni ciclo, e così di seguito.
Un dolce sottofondo musicale accompagnerà il sonno, ogni notte,
facilitando i sogni; saranno anche emessi odori, al momento voluto,
secondo le esigenze del sogno, che si sarà scelto preliminarmente:per esempio, se si sarà deciso di passare quella notte in Corsica, il
dormiente sarà investito da una miscela di profumi stordenti della
macchia corsa: trementina, eucalipto, mirto, lavanda selvatica, etc',
profumi accompagnati dal rumore del mare.
La profondità del sonno sarà regolata automaticamente in funzione
del bisogno di ricupero, del tempo che si desidererà dormire e degli
impegni che aspettano l'indomani. Inoltre, dopo
aver dormito quanto bisogna, l'apparecchio guiderà il dormiente
dolcemente fino al risveglio; sul soffitto, allora, verrà proiettato
un magnifico, progressivo levarsi del sole a cui potrà, in questo
modo, senza muoversi, assistere.
Tutto ciò non è del tutto utopico: per certuni, in America,rappresenta già una realtà. La sua attuazione tecnica non pone alcun
problema, è solo
una questione di costo che, un po' alla volta, sarà reso
accessibile a un gran numero di persone.
E' inoltre verosimile che si potrà disporre, nel corso della
giornata, di un secondo orologio, che fornirà indicazioni sui ritmi
biologici e, in particolare, su quelli che regolano il sonno,
orologio che sarà più interessante, perché più personalizzato di
quelli convenzionali, che indicano soltanto il grado di rotazione
terrestre in rapporto al punto in cui uno si trova. Segnalerà infatti
le ore di passaggio dei cicli durante la giornata, affinché si possa,
desiderandolo, dormire. Al contrario, un apparecchio di registrazione a distanza, segnalerà
gli addormentamenti intempestivi, quelli, per esempio, che si
manifestano durante la guida dell'auto così risvegliando
istantaneamente il conducente.
L'ipnopedia sarà impiegata correttamente, grazie a magnetofoni
speciali, completamente automatici, preprogrammati, in cui poter
inserire le cassette scelte, consentendo, senza alcun sforzo, di
apprendere quanto si vuole. Questo insegnamento sarà usufruito da
tutti, soprattutto dai meno favoriti che non avranno beneficiato
d'un'istruzione regolare nelle scuole superiori o nelle università.
Questo sistema didattico verrà impartito in corsi pratici, in
attività pratiche di gruppo, una volta completati i corsi normali,dal clima soporifero; e saranno proprio i primi a rivelarsi più
efficaci ed apprezzati. Si potrà, così, apprendere tutto della vita:
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la notte la teoria, il giorno la pratica.
Tutto sommato, il tempo di veglia sarà speso per sperimentare,
realizzare ciò che si sarà appreso, o che si sarà sognato, nel corso
della notte. Potrà, così, essere realizzato l'aggiornamento culturale
continuo, da un capo all'altro della giornata, della notte e della
vita. Si potrà, per mezzo del sonno, anche imparare a dormire e
diventare dormitori campioni.
Questo sonno futurista sembra tratto da un romanzo di fantascienza,
ma l'esperienza c'insegna che, più passa il tempo e, sempre più
velocemente, la realtà supera la finzione. Per esempio, chi avrebbe,
al tempo di Luigi Xiv, osato immaginare un essere umano capace di
lasciare la terra per un altro pianeta; la trasmissione quasi
istantanea delle più belle immagini a colori, da un capo all'altro
della Terra, per mezzo della televisione, e delle più belle musiche,
per mezzo della radio; che, dall'Europa, si potesse arrivare a New
York, grazie al Concorde, due ore (ora locale) prima di essere
partiti, per il fatto di essere più veloci del moto rotatorio
terrestre; che si potessero trapiantare organi come il cuore, i renietc' su un'altra persona; che si sarebbe creato il calcolatore
elettronico, etc'.
I sogni dell'anno 3000
Possiamo senz'altro affermare che, nell'anno 3000, sarà possibile
programmare anticipatamente i sogni. Dopo tutto, il sogno d'ogni
notte altro non è che una sorta di film, che ci proiettiamo noi
stessi in varie sequenze. Allora sarà possibile scegliere
preventivamente il tipo di film come
ora proiettiamo, grazie ad una videocassetta, lo spettacolo che
vogliamo.
Saranno a disposizione un gran numero di cassette che, inserite in
uno speciale trasmettitore immetteranno, in ogni fase del sonnoparadossale, il sogno preregistrato che scorrerà, così, sul piccolo
schermo della televisione interiore del dormiente.
Sarà possibile, anche, al contrario, registrare in cassette tutti i
sogni e rivisionarli durante la giornata ed anche la notte. Sarà una
cosa molto piacevole, anche se non si dovrà abusarne perché nulla
vale quanto un sogno vissuto direttamente: perché il sogno è la
libertà totale ritrovata: affrancandoci completamente dalla logica,
dalla morale, da ogni condizionamento e convenzione sociale, ed anche
da ogni verosimiglianza; in più, rappresenta un (r)messaggio personale»
inviatoci dall'inconscio. E quindi, il sogno imposto (anche se è
frutto di una nostra libera scelta), prefabbricato, proveniente
dall'esterno, non è propriamente un (r)sogno»: non soddisfa più di trecompiti preziosi riconosciuti dall'inconscio: di essere un
liberatore, un confidente e un consigliere.
Possiamo pensare ugualmente che, nel 3000, sarà perfettamente
acquisita la (r)tecnica» del sonno lucido, cioè di quello stato in cui
siamo coscienti, almeno in certi momenti, di sognare e in condizioni
di intervenire a nostro piacere, per esempio, per bloccare,
modificare una situazione spiacevole o, al contrario, prolungarne una
piacevole.
Il sonno dell'anno 3000
Tutti saranno in grado, durante la giornata, di praticare il
sonno-lampo che verrà insegnato a scuola: questi microsonni
rimpiazzeranno, in parte, il sonno attuale, quello della notte. Abbiamo mostrato l'importanza e l'interesse di questo tipo di
sonno, allora sarà diventato pratica corrente e potrà, come del resto
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avviene già per un certo numero d'animali e anche di persone,
sostituirsi al sonno normale. La sua efficacia, avendone compreso
meglio il meccanismo, perfezionata, generalizzata la tecnica, sarà,
allora, accresciuta.
Ma questo, pertanto, non rappresenterà che un primo passo verso un
più decisivo progresso che porterà all'eliminazione totale del
sonno.
I grandi specialisti in materia affermano che il sonno, già fin
d'ora, è una funzione sorpassata, che aveva una sua ragione d'essere
soltanto qualche milione di anni fa, questa ragione è fondata
sull'origine del sonno negli uomini e negli animali: i nostri lontani
antenati, dovendo restare forzatamente inattivi la notte, perché
l'oscurità impediva loro di agire e di muoversi, furono obbligati,
per sfuggire alla paura che incutevano le tenebre, a interrompere
ogni contatto sensoriale con l'esterno e cercare rifugio nel sonno.
Ma, in seguito, superata ogni paura, con l'invenzione, prima del
fuoco, poi dell'elettricità, gli esseri umani poterono mantenersi
attivi anche la notte.Il sonno è dunque divenuto obsoleto e, se dormiamo ancora, lo
facciamo unicamente per abitudine, per routine, per programmazione o
per isteresi. Da qui, le affermazioni di A' Weinberg: (r)Il bisogno di
dormire che, fin qui, veniva considerato fondamentale è oggi messo in
discussione» o di M' Jouvet: (r)Talvolta, mi domando se il sogno sia
veramente necessario» o anche del dr' Meddis: (r)Secondo una mia
teoria, il sonno non ha alcuna funzione essenziale per l'uomo moderno
che, almeno in linea di massima, può farne a meno e vivere felice».
Il sonno, dunque, rappresenterebbe, oggi, solo un'ingombrante
eredità e sarebbe solo provocato dal nostro cervello che
(r)continuerebbe ad imporci questo anacronismo della evoluzione, questo
detestabile retaggio dell'uomo delle caverne» diceva Thomas Edison.(r)Questo vestigio mostruosamente inutile e mai adattato è soltanto
un'inutile tara. Il più grande errore dell'evoluzione», afferma il
dr' Recht-
schaffen.
Ma, per eliminare la cattiva abitudine di dormire, occorrerebbe
sopprimere le ore notturne. Sia con mezzi abbastanza semplici (per
esempio, grazie ad un Sole artificiale che rimpiazzerebbe, ogni
notte, almeno sopra le città (o, addirittura, l'intero pianeta) la
luce ed il calore di quello naturale; già, certi quartieri di alcune
città, sono illuminati come in pieno giorno; sia con mezzi più
sofisticati (per esempio, impedendo alla Terra di girare, cosa che,
sul piano puramente teorico, risulta possibile).D'altronde, non dobbiamo credere che tutto ciò richiederebbe
un'energia sproporzionata, superiore a quella di cui disponiamo: per
esempio, non sarà necessario, essendo meno lontano, che il Sole
artificiale sia tanto potente quanto quello naturale che è a 150
milioni di chilometri dalla Terra.
Dall'Oriente la verità
Abbiamo mostrato che, uno dei motivi giustificanti il sonno, era
dato, sul piano fisico, dalla necessità di ritrovare, ogni 24 ore, la
posizione orizzontale; in effetti, la stazione
eretta è ancora innaturale per l'uomo. L'animale preumano da cui
discendiamo s'è alzato in piedi qualche milione (da quindici a venti)
di anni fa ed è diventato ominide. Ma la stazione eretta è ancorapenosa per noi e non possiamo sopportarla a lungo (allo stesso modo
della stazione seduta). L'organismo umano non ha avuto ancora il
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tempo di assuefarsi, di adattarvisi completamente. Ma possiamo
pensare che in futuro vi riuscirà e la posizione verticale diventerà
una condizione normale.
Quindi, questa necessità fisica, meccanica del sonno, andrà, un po'
alla volta, attenuandosi per scomparire completamente in un tempo
futuro, assai difficile da prevedere.
Ma, per poter fare a meno di dormire completamente, senza subirne
nessuna conseguenza, occorrerà rispettare un'altra condizione.
Eccola: il sonno non è, come credono gli Occidentali, uno stato di
sotto-coscienza in cui la coscienza viene ridotta, uno stato di
perdita di coscienza. Il sonno, al contrario è coscienza pura,
atemporale, in un'immensità non dualistica! Il Vedanta ci dice che il
sonno è esperienza di Brahman, della più alta realtà, è, nel senso
orientale del termine, il vero stato di veglia.
Così, la sorprendente giustificazione del sonno è questa: certi
umani sono sempre al di fuori del sonno, in
uno stato di veglia interiore, ma tutti abbiamo bisogno di
sperimentare tale veglia ogni notte. E questa è la sua insostituibileragione di essere.
Potremo fare a meno del sonno soltanto dopo che ci saremo evoluti
ed avremo aperto gli occhi sul nostro universo interiore. Allora,
continuamente, giorno e notte, vivremo in uno (r)stato di grazia»:
quello del famoso ritmo alfa (10 al secondo), ritmo fondamentale che
dovrebbe essere quello normale di ogni individuo, quello in cui
l'uomo si trovava in permanenza quando viveva nel paradiso terrestre.
Possiamo, così, sperare, che, per mezzo di una presa di coscienza
individuale e collettiva, l'uomo raggiungerà (o, almeno, una buona
parte dell'umanità), ventiquattr'ore su ventiquattro, questo
autentico stato di (r)veglia della coscienza».
Alcuni grandi mistici vi sono già pervenuti: Santa Caterina daSiena dormiva appena mezz'ora ogni due giorni. Santa Colette non
dormiva abitualmente che un'ora ogni otto giorni e trascorse
addirittura un intero anno senza dormire. Agata della Croce rimase
senza dormire gli ultimi otto anni della sua vita e santa Lidwine non
conobbe che tre ore di sonno durante trent'anni!
La veglia generalizzata della coscienza è anche una condizione
della sopravvivenza per l'insieme della specie umana che, in mancanza
di essa, sarebbe senza dubbio condannata all'estinzione.
K' Lorentz, il grande etologo, ha detto: (r)Ho scoperto l'anello
mancante tra la scimmia e l'uomo: siamo noi!» C'è da sperare che al