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Caso Clinico : Angiomiofibroblastoma della vulva Mensile Medico Scientifico - Giugno 2010 Osteoporosi muoversi bene per prevenirla ORTOPEDIA scoperto nuovo gene Sclerosi RICERCA Multipla online il primo sito web Epilessia inFORMA Tumorale RICERCA Trapianti al via un progetto di terapia genica per prevenire il rigetto www.microscopionline.it benefici di creme e pomate Elastina COSMESI M croScopio Pubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. IV - Giugno 2010

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1 Caso Clinico : Angiomiofibroblastoma della vulva

Mensile Medico Scientifico - Giugno 2010

Osteoporosimuoversi bene per prevenirla

ORTOPEDIA

scoperto nuovo gene

SclerosiRICERCA

Multiplaonline il primo sito web

EpilessiainFORMA

Tumorale

RICERCA

Trapiantial via un progetto di terapia genica perprevenire il rigetto

www.microscopionline.it

benefici di creme e pomate

ElastinaCOSMESI

M croScopioPubblicazione Mensile in abbonamento • Anno I - Num. IV - Giugno 2010

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Notizie FlashCNR E ICTP SIGLANO UN ACCORDO IN NOME

DELLA COOPERAZIONE SCIENTIFICA INTERNAZIONALE

I due enti di ricerca svilupperanno progetti scientifici comuni in diversi settori e promuoveranno la formazione e lo scambio di ricercatori

provenienti anche dai Paesi emergenti o in via di sviluppo

Cambiamenti globali e relativi impatti, nanoscienza per le risorse energetiche, conservazione dei beni culturali: sono solo alcuni dei temi al centro dell'accordo di Programma Quadro firmato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dall'Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) con sede a Trieste. L'accordo è stato siglato presso la sede del CNR a Roma dal presidente dell'ente di ricerca italiano, professor Luciano Maiani, e dal direttore dell'ICTP, professor Fernando Quevedo. L'intesa è finalizzata alla conoscenza, all'aggiornamento e allo stimolo dei processi innovativi di attività tecnico-scientifiche e di sviluppo congiunte, con particolare attenzione al trasferimento di conoscenze tecnico-scientifiche verso i Paesi in via di sviluppo, dell'Europa Centrale e orientale. L'obiettivo verrà perseguito dall'ICTP, nel quadro dei propri programmi, attraverso azioni indirizzate a un ampliamento dell'interazione con la rete degli istituti CNR, mentre quest'ultimo sosterrà la formazione e faciliterà la mobilità dei giovani ricercatori e dei dottorandi di ricerca. Da parte sua, l'ICTP apporterà alla convenzione studi e ricerche ai massimi livelli nel campo di discipline che interessano il CNR: la sezione ‘Fisica del sistema Terra’ ha sviluppato dei modelli climatologici regionali che sono già ben conosciuti a livello internazionale; la sezione ‘Fisica della materia condensata’ collabora con l'Istituto Officina dei Materiali del CNR allo sviluppo di metodi computazionali per lo studio delle nanostrutture. Inoltre, l'ICTP sta pianificando una collaborazione con il CNR sull'uso di strumentazione avanzata per l'indagine non distruttiva dei beni culturali. "Siamo lieti di creare questa collaborazione con il CNR, che tante volte ha dato il proprio appoggio finanziario ai workshop e ai convegni organizzati dall'ICTP, e svolge un ruolo attivo all'interno del nostro programma TRIL di formazione e ricerca presso i laboratori italiani, programma che offre agli scienziati dei Paesi in via di sviluppo ottime opportunità di condurre ricerche unitamente a scienziati italiani", ha dichiarato il direttore dell'ICTP Fernando Quevedo. "La rete scientifica del CNR, presente in tutta la penisola e dalla spiccata multidisciplinarietà, costituisce il partner ideale sia per sviluppare progetti di interesse comune, sia per la formazione e la collaborazione tra scienziati di tutto il mondo. Siamo dunque orgogliosi di contribuire al progresso e alla diffusione delle conoscenze, anche nei Paesi in via di sviluppo con i quali l'ICTP intrattiene rapporti più stretti", conclude il presidente del CNR Luciano Maiani.

Capo Ufficio Stampa: Marco Ferrazzoli - [email protected]

Portavoce del Presidente: Guido Schwarz - [email protected]

CNR piazzale Aldo Moro 7 – 00185 Roma

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Dal palinsesto alla stampaPossibilità di Stage

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SOMMARIOM croScopio

mensile medico scientifico

Pubblicazione Mensile in abbonamento Anno I - Num. III - Giugno 2010

Direttore EditorialeAntonio Guerrieri

Direttore ResponsabileMauro Piergentili

Capo redattore e coordinatriceCinzia Mortolini

RedazioneStefania Legumi, Caterina Guerrieri, Francesco Fiumarella

CollaboratoriPaolo Nicoletti, Marco Nicoletti Le opinioni espresse impegnano solo la responsabilità

dei singoli autori. Tutto il materiale inviato, anche se non pubblicato, non sarà restituito e resterà di proprietà dell’editore.

NeurochirurgiaIntervista al Dottor Salvatore FerlaSpecialista in Neurologia e Neurochirurgiapag. 6 OrtopediaMuoversi bene, prevenire l’Osteoporosipag. 8

RicercaScoperto nuovo gene coinvolto nella sclerosi multiplapag. 12

Sclerosi multipla: raggiunto accordo per la ricerca sulle staminali pag. 13

Trapianti: al via un progetto di terapia genica per prevenire il rigettopag. 14

Percezione, il cervello crede di più a quello che vede che a quello che sapag. 15

Si ringraziaDottor Salvatore Ferla, Dottor Domenico Castellitto, Ufficio Stampa CNR, Ufficio Stampa AISM Onlus, Ufficio Stampa Fondazione San Raffele del Monte Tabor, Ufficio Stampa Istituto Mario Negri, Ufficio Stampa Università Degli Studi Milano-Bicocca, Dottoressa Valeria Mazzola, Ufficio Stampa V Conferenza Europea Sull’ospedale-CNETO, Ufficio Stampa Università cattolica di Roma e Policlinico universitario “Agostino Gemelli”.

Progetto GraficoMarco Brugnoni - [email protected]

StampaProperzio s.r.l - Perugia

EditoreE.G.I s.r.l.Reg. Tribunale di PerugiaN. 12/2010 del 10/02/2010 Direzione e AmministrazioneE.G.I. s.r.l. Via Hanoi, 2 • 06023 Bastia Umbra (PG) Tel. 075.800.66.05 - Fax 075.800.42.70 [email protected]

Marketing & PubblicitàGuerrieri Antonio, Altea NatalinoTel. 075.800.53.89

Caso ClinicoAngiomiofibroblastoma della vulva:una rara neoplasia pag. 18

inFormaEpilessia tumorale: online il primo sito webper saperne di piùpag. 22

Ecco la sala operatoria “argentata” pag. 23

Prospettive dell’Idroponia nelle scienze medichepag. 24

Un sapiente abbinamento di alimenti:banane e gorgonzola dolcepag. 26

CosmesiBenefici di creme e pomate contenenti elastina pag. 28

OmeopatiaOmeopatia unicista e disturbo bipolarepag. 30

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Neurochirurgia

Intervista al Dottor Salvatore Ferla Specialista in Neurologia e NeurochirurgiaCattedra di Neurochirurgia nel Dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Padova, il Dottor Ferla è un insigne neurologo che opera in un’azienda ospedaliera d’eccellenza

Dottor Ferla proprio a Padova lei durante un corso teorico

pratico di Neurologia Vascolare ha affrontato il tema del vasospa-smo cerebrale, il ruolo del neu-rologo e del neurochirurgo, può spiegarci dottore di cosa si tratta?Ne ho parlato dal punto di vista neurochirurgico. Il vasospasmo ce-rebrale è una complicanza molto temuta, causa di gran parte dell’in-validità nei pazienti colpiti da emor-ragia subaracnoidea , evento provo-cato di solito dalla rottura di un aneurisma intracranico. Un aneu-risma intracranico è una malfor-mazione vascolare congenita che si rompe improvvisamente,in un certo momento della vita di una persona, di cui non conosciamo le cause sca-tenanti o predisponenti, sappiamo purtroppo che tale emorragia deter-mina una immediata sofferenza del tessuto cerebrale dalla quale circa il 20% non recupera più, muore nelle prime ore dopo l’emorragia, mentre il restante 80% va incontro a varie complicanze, di cui il vasospasmo è quella più grave, con circa il 10% di mortalità e oltre il 20% dell’inva-lidità.Il vasospasmo provoca il restrin-gimento dei vasi cerebrali e quindi può determinare un danno ische-mico del tessuto nervoso con con-seguenti deficit motori e cognitivi; questo vuol dire che, anche dopo aver risolto il problema della rottura dell’aneurisma(con la sua chiusura definitiva), potremo avere un pa-ziente con vari gradi di invalidità,che possono comportare paralisi agli arti,e soprattutto gravi disturbi del-

le capacità cognitive,quindi del pen-siero e dell’ideazione, oltre che della psiche. Se si considera che la fascia di età più colpita dalla emorragia sub aracnoidea è quella tra i 30 ed i 60 anni, possiamo facilmente capire quali possano essere le conseguen-ze in ambito affettivo,lavorativo e sociale di tale patologia. Fortuna-tamente abbiamo a disposizione metodiche attendibilissime per il riconoscimento del vasospasmo, e quindi per la sua prevenzione,e soprattutto,grazie alla nuove tecni-che endovascolari, di cura del vaso-spasmo e di prevenzione dei deficit neurologici.Le malattie neurologiche, crani-che, spinali, sono in aumento se-condo la sua statistica? A parte la Sclerosi Laterale Amio-

trofica, il M. di Parkinson , la ma-lattia di Alzheimer e molte altre malattie degenerative, è molto dif-ficile fare un paragone con “prima” perché purtroppo le malattie neuro-logiche non venivano riconosciute e non venivano diagnosticate con l’ac-curatezza diagnostica di oggi,grazie soprattutto a metodiche come la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Molte malattie finivano in “zone oscure”. Le faccio un esempio banalissimo, quello della demenza, ormai identificata, nella maggior parte dei casi con la Malattia di Al-zheimer. Una volta c’era un grande calderone nosografico per le perso-ne che avevano un deficit cognitivo di vario grado e non ci si preoccu-pava tanto di distinguere che etio-logia ci fosse alla base, se fosse per esempio una demenza di tipo arte-riosclerotico o di tipo degenerativo, quindi molte alterazioni delle fun-zioni cognitive che ora chiamiamo demenze finivano negli ospedali psichiatrici o nelle case di riposo eti-chettate come arteriosclerosi o gene-ricamente demenza senile. Adesso invece sappiamo diagnosticare ac-curatamente, sulla base dell’aspet-to dei vari distretti del cervello alla RMN e su test accurati dal punto di vista neuropsicologico, oltre che su valutazioni del metabolismo ce-rebrale con la tomografia ad emis-sioni di positroni, il tipo di deficit cognitivo, la sua etiologia e quindi prevedere anche una prognosi… Ecco perché c’è stata una brusca im-pennata di questa malattia, bisogna poi considerare che l’età media si è molto innalzata, molte più persone

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Neurochirurgia

arrivano agli 80, 90 anni, quindi molte più persone in questa fascia di età possono manifestare i segni della malattia.Dottore si parla molto di terapia oncologica moderna, forse ci si riferisce alla chirurgia mini-inva-siva?La Neurochirurgia mini invasiva è stata resa possibile grazie all’ap-plicazione, anche in campo neuro-chirurgico, delle tecniche endosco-piche utilizzate in altri settori della Chirurgia. Grazie a queste tecniche è ora possibile,attraverso un piccolo foro di trapano praticato nella scato-la cranica,introdurre una sonda den-tro il sistema ventricolare ed esplo-rare le cavità del cervello,effettuare biopsie e piccoli interventi,tra i quali anche l’asportazione di alcu-ni tumori. Gran parte dei tumori dell’ipofisi può essere trattata con questa metodica,per esempio.Dal punto di vista neurochirurgico oncologico, adesso riusciamo ad es-sere molto, molto più precisi grazie ad un sistema di immagini compu-terizzato con il quale la lesione che noi dobbiamo operare viene per-fettamente mappata all’interno del cervello, e quindi è raggiungibile con il minimo danno e con la mas-simo sicurezza. Abbiamo raggiunto un’enorme precisione e in questo senso una mini-invasività, appunto, con la tecnica che viene suggestiva-mente chiamata “Neuronavigazio-ne”; così ora, rispetto a prima, pos-siamo rimuovere una lesione tumo-rale profonda procurando il minor danno neurologico possibile. In più, con le tecniche di radiochirurgia, si pensi alla Radiochirurgia Stereo-tassica e soprattutto al Cyberknife, siamo in grado di colpire lesioni che non potevamo raggiungere perché situate in zone estremamente deli-cate del sistema nervoso. Riuscia-mo a colpirle con la radiochirurgia e ad influenzare notevolmente la loro crescita, fino a farle addirit-

tura scomparire del tutto. Con la mappatura delle zone delicate del cervello, le aree motorie o funzio-nalmente significative che possiamo evidenziare con la risonanza magne-tica, prima dell’intervento, e con il mappaggio elettroencefalografico, o meglio ancora elettrocorticografico, durante l’intervento stesso, riuscia-mo ad evitare le zone suscettibili di eventuali deficit neurologici, e giun-gere alla lesione,rimuovendola con il minimo danno possibile. Inoltre, presso la Sala Operatoria della Neu-rochirurgia di Padova arriverà tra poco una Tac Intraoperatoria con la quale sarà possibile verificare in tempo reale se la nostra asportazio-ne chirurgica è stata completamente soddisfacente sottoponendo subito il paziente ad una Tac di controllo nella stessa sala operatoria in modo tale da poter eventualmente rifinire la nostra opera di asportazione. Questa è veramente un’innova-zione Dottor Ferla...Notevole, se pensa poi che la pros-sima frontiera sarà quella di rimuo-vere una neoplasia,parzialmente o totalmente,tipizzarla in coltura e poi sviluppare degli anticorpi mo-noclonali contro gli antigeni del tu-more , quindi iniettare nel paziente o meglio ancora nel cavo operatorio degli anticorpi monoclonali che uccidono selettivamante le cellule tumorali, tecnica già in fase di spe-rimentazione avanzata, direi che sia-mo ad un buon punto. Dottore parlando di prevenzione possono aiutare sostanze come Acetil – Levo- Carnitina, Ginkgo Biloba?Sono sempre stato convinto di que-sto, noi siamo stati tra i primi a pro-vare l’Acetil Carnitina ad esempio, nelle neuropatie periferiche , nelle malattie degenerative, soprattutto nell’Alzheimer e nel M. di Parkin-son e nelle malattie cerebrovascola-ri. Il sistema nervoso centrale, è un sistema che ovviamente ha difficol-

tà a riprodursi, e le cellule stami-nali sono presenti soprattutto nelle zone centrali del cervello,attorno ai ventricoli,ma non conosciamo i se-gnali necessari per convincere que-ste cellule a replicarsi di nuovo e a raggiungere le zone nelle quali c’è stato un danno neuronale e quindi c’è necessita di una rigenerazione di neuroni che sostituiscano quelli danneggiati. Abbiamo visto che for-nendo i precursori di alcuni neuro mediatori, per esempio della Acetil Colina, come l’Acetil Carnitina si-curamente riusciamo ad aiutare il cervello a superare alcuni dei danni provocati dalla degenerazione e dal-la morte neuronale. Tra i segna-li chimici necessari alle cellule per produrre il fattore di crescita ner-voso (nerve growth factor), alcuni sono molto vicini strutturalmente alla molecola di L-acetil carnitina. Inoltre, non bisogna dimenticare che il Sistema Nervoso Centrale è un sistema che si autoregola,cioè determina il proprio flusso sangui-gno in base alle proprie necessità metaboliche,e quindi,stimolare il flusso cerebrale con sostanze va-soattive può servire a migliorare il funzionamento di cellule neuronali compromesse sia da eventi degene-rativi che soprattutto,da alterazioni della circolazione cerebrale. Vice-versa, attivare il metabolismo dei neuroni,può voler dire migliorare la loro perfusione e quindi innescare una sorta di circolo “virtuoso”,che si traduce in una migliore “perfor-mance” cognitiva nei pazienti affetti da tali problemi.

Dottor Salvatore FerlaIstituto di NeuroscienzeCattedra di NeurochirgiaUniversità degli Studi di PadovaIntervista a cura di Cinzia Mortolini

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E’ importante sottolineare la parola prevenzione con una sana alimentazione, un corretto stile di vita, l’incremento di molecole come la Glucosamina, Condroitin Solfato per arginare una latente, inesorabile osteopenia

I sintomi dell’osteoporosi pur-troppo non sono molto eviden-

ti. È una patologia che il paziente avverte solo quando ci sono delle gravi complicanze. È molto subdolo l’esordio della malattia infatti molti la chiamano “ladra silenziosa” per-ché poco per volta toglie resistenza all’osso che nel tempo diventa molto più fragile del normale fino ad ar-rivare alle fratture. Importantissima è una buona prevenzione dall’età adolescenziale seguendo un’otti-ma alimentazione, praticando sport all’aria aperta. Capita spesso invece che le ragazze inseguendo una fan-tomatica taglia, eliminano con le diete proprio gli alimenti che con-tengono calcio come i latticini. Ci si trova così in una condizione di osteopenia o comunque osteomala-cia. E quando in menopausa fisio-logicamente si perde ulteriormente la massa ossea per cause ormanali i danni osteoarticolari diventano pa-tologici, si arriva alle fratture.Oggi comunque abbiamo delle evi-denze scientifiche perché anche se si parte da una bassa struttura ossea con patologie correlate all’osteopo-rosi come ad esempio la coxartrosi, facendo poca attività motoria, quin-di non permettere all’osso che è un tessuto attivo di migliorare la sua resistenza, si può grazie a sostanze come la Glucosamina Glicana il Condroitin Solfato mantenere una discreta massa ossea, mantenere un buon livello nei movimenti .La Glucosamina in particolare è

uno dei componenti di nuovi far-maci che migliora la capacità elasti-ca e di resistenza della cartilagine. Principi efficaci inoltre nelle con-dropatie infiammatorie. Sta nascendo infatti una nuova clas-sificazione di farmaci che fanno parte dei Sy-SADOA (symptomatic slow-acting drugs for osteoarthritis), farmaci che hanno una funzione analoga agli antinfiammatori pur non essendo farmaci che agiscono come antinfiammatori. Non sono dei FANS (farmaci antinfiamma-tori non steroidi) ma alla lunga ot-tengono risultati migliori. Facciamo un esempio, se prendo un farmaco di nuova generazione come l’Etero-coxib lo posso assumere per breve tempo, riduco solamente l’infiam-mazione ma non agisco sul movi-mento principale della patologia che è la degenerazione. Invece prenden-

do la Glucosamina io non faccio al-tro che mantenere in buono stato le cartolagini con un meccanismo che dura nel tempo riducendo i farmaci veri e propri, la gastrolesività degli antinfiammatori che se si prendono per un periodo prolungato possono causare anche danni renali infatti non possono essere prescritti a chi soffre di insufficienza renale. Gli ul-timi antinfiammatori, efficacissimi, possono poi far aumentare anche la pressione arteriosa. La Glucosami-na e Condroitin Solfato non danno di questi problemi, di questi effetti collaterali. Oggi riusciamo a fare una diagnosi precoce, conosciamo meccanismi exiopatogenetici, abbiamo mez-zi per diagnosticarli ma quando si parla di prevenzione bisogna par-lare anche di consigli per evitare il “danno”, le fratture dei corpi, molte pazienti che non hanno patologie particolarmente invalidanti con la vitamina B, con l’Acido Alfa Lipoi-co riescono a muoversi meglio e di più, l’Acido Alfa Lipoico migliora il metabolismo dell’unità della forma-zione dell’osso.

Dottor Domenico Castellitto Medico Chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatolgia, specialistica in chirur-gia vascolare, responsabile Ambulato-rio Osteoporosi Polo C di Soratel. 0776829273

Ortopedia

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Ricerca

Scoperto nuovo gene coinvolto nella sclerosi multiplaRicercatori del Cnr hanno individuato, in collaborazione con colleghi delle Università, di centri di ricerca e di alcune cliniche ospedaliere della Sardegna, una variazione del Dna che predispone alla malattia. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Genetics, è stata condotta analizzando oltre sei milioni di marcatori genetici

P asso in avanti fondamentale nella cono-scenza della sclerosi multipla, la malattia

causata dal processo auto-distruttivo con cui il nostro apparato immunitario aggredisce la mielina, la guaina con funzioni isolanti fon-damentale per la conduzione dell’impulso nervoso e per il funzionamento delle cellu-le del sistema nervoso centrale. Grazie ad un consorzio di ricerca sardo formato dall’Istituto di neurogenetica e neurofarmacologia (Inn) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dalle Università di Cagliari e Sassari, dalle aziende ospedaliere di Cagliari, Sassari e Ozieri, e dal CRS4 (Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna), è stata identificata una variazione del gene CBLB che aumenta il ri-schio di sviluppare la malattia. La ricerca “Va-riants within the immunoregulatory CBLB gene are associated with multiple sclerosis” è stata pubblicata sulla rivista Nature Genetics e rientra nello studio di associazione dell’intero genoma Gwas-Genome wide association stu-dy, condotto su 883 pazienti e 872 volontari sani, tutti sardi.“Questo gene produce una proteina dotata di molteplici funzioni”, spiega Francesco Cucca, direttore dell’Inn-Cnr, professore di genetica medica all’Università di Sassari e coordinatore del progetto, “che regola l’attivazione del re-cettore dei linfociti, cellule chiave nel regolare le risposte immuni. I nostri risultati sono co-erenti con studi genetici su modelli animali: nel topo, l’assenza di questo gene, indotta spe-rimentalmente, causa infatti l’encelofalomie-lite autoimmune, malattia simile alla sclerosi

multipla”.Nell’ambito degli studi Gwas, un approccio ormai consolidato per le malattie genetiche, questa ricerca è stata condotta con una par-ticolarità assoluta: “Sono stati analizzati oltre sei milioni di marcatori genetici, il triplo ri-spetto a quelli finora studiati da altri gruppi di ricerca”, sottolinea Serena Sanna dell’Inn-Cnr, responsabile della parte statistica del progetto. “Sperimentalmente abbiamo identificato solo un milione di marcatori che però, grazie a me-todi statistici innovativi e all’utilizzo di un po-tente centro di calcolo, sono stati integrati con quelli derivati dalle sequenze genomiche di 52 individui europei del progetto internazionale ‘1000 genomi’, permettendoci di predirne altri cinque milioni”.“I dati provenienti da questo studio prelimi-nare sono importanti per capire meglio i mec-canismi alla base della malattia e per trovare nuovi potenziali bersagli terapeutici, anche se la strada è ancora lunga”, aggiunge Giulio Rosati dell’Università di Sassari, mentre Maria Giovanna Marrosu dell’Università di Caglia-ri conferma, sottolineando, che: “La sclerosi multipla è una patologia che colpisce circa tre milioni di persone nel mondo, mezzo milione in Europa e più di 50.000 in Italia, soprattut-to in Sardegna. Tra i disturbi neurologici è il più diffuso tra i giovani adulti e rappresenta la principale causa neurologica di disabilità”.Di fondamentale importanza è stata anche la collaborazione con i principali centri di cura della sclerosi multipla dell’isola, diretti dal-la professoressa Marrosu a Cagliari, dal prof.

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Ric

erca

Rosati a Sassari e dal dott. Maurizio Melis presso la divisione di Neurologia dell’Ospe-dale Brotzu di Cagliari. “Il progetto richiede un lavoro di squadra organizzato, strumenti sofisticati e un centro di supercalcolo all’avan-guardia”, conclude Francesco Cucca. “Siamo solo all’inizio di un grande progetto, che pre-vede di espandere lo studio di Gwas su alme-no 2000 volontari sani e 2000 pazienti e il se-quenziamento dell’intero genoma di centinaia di individui”.

Istituto di neurogenetica e neurofarmacologia, Consiglio nazionale delle ricerche (INN-CNR)Varianti del DNA responsabili di rischio di am-malarsi di sclerosi multiplahttp://www.nature.com/ng/journal/vaop/ncur-rent/abs/ng.584.htmlTitolo: Variants within the immunoregulatory CBLB gene are associated with multiple sclerosis.Autori: Serena Sanna, Maristella Pitzalis, Mag-dalena Zoledziewska, Ilenia Zara, Carlo Sidore, Raffaele Murru, Michael B Whalen, Fabio Bu-sonero, Andrea Maschio, Gianna Costa, Maria Cristina Melis, Francesca Deidda, Fausto Pod-

die, Laura Morelli, Gabriele Farina, Yun Li, Mariano Dei, Sandra Lai, Antonella Mulas, Gianmauro Cuccuru, Eleonora Porcu, Liming Liang, Patrizia Zavattari, Loredana Moi, Eli-sa Deriu, M Francesca Urru, Michele Bajorek, Maria Anna Satta, Eleonora Cocco, Paola Ferri-gno, Stefano Sotgiu, Maura Pugliatti, Sebastiano Traccis, Andrea Angius, Maurizio Melis, Giulio Rosati, Gonçalo R Abecasis, Manuela Uda, Ma-ria Giovanna Marrosu, David Schlessinger & Francesco Cucca.INN-CNR, Cittadella Universitaria di Monser-rato, SS 554 Km 4,500. Monserrato (Cagliari).

Francesco Cucca, direttore Inn-CnrSerena Sanna, ricercatrice Inn-CnrAndrea Mameli, CRS4

Ufficio Stampa CnrRosanna [email protected]

Capo Ufficio StampaMarco [email protected]

6 Maggio. La rivista scientifica Nature Reviews Neurology pubblica un documento internazio-nale di consenso sul futuro della ricerca sul tra-pianto di cellule staminali in persone con scle-rosi multipla, preparando la strada per un’azio-ne coordinata della ricerca internazionale e in futuro, potenzialmente, facilitare e accelerare l’accesso dei pazienti agli studi clinici sulle cel-

Un gruppo di ricercatori internazionali raggiungono un accordo sul futuro della ricerca sulle cellule staminali per la sclerosi multipla

lule staminali. Le linee guida, che sono state scritte e approvate da alcuni dei più stimati ri-cercatori internazionali (europei e americani) nel campo della sclerosi multipla (SM), come dalle Associazione sclerosi mulipla di tutto il mondo, infondono speranza per il futuro della ricerca sulle staminali per la SM e contrastano le “credenze” sui centri esteri che utilizzando cellule staminali affermano falsamente di cu-rare la malattia. Il professor Gianvito Martino, dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano in Italia e membro del Comitato Scientifico della FISM – Fondazione Italiana Sclerosi Mul-tipla, e il professor Robin Franklin dell’Univer-sità di Cambridge in Inghilterra, sono gli autori che hanno coordinato il gruppo di lavoro dei ricercatori che hanno definito le linee guida, le quali:

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Ricerca

- delineano le basi scientifiche che il trapianto di cellule staminali ha mostrato negli studi cli-nici iniziali e la potenzialità del loro utilizzo in futuro per il trattamento della SM- descrivono i differenti tipi di cellule stami-nali che potrebbero essere utilizzati per i tratta-menti delle diverse forme di SM- descrivono dettagliatamente i metodi per somministrare queste terapie con cellule stami-nali ai pazienti- evidenziano le migliori modalità per condur-re i futuri studi clinici che dovranno valutare la sicurezza e l’efficacia delle terapie con cellule staminali nella SM. Un libretto informativo rivolto a tutti sulle cel-lule staminali “Stem Cell Therapies in MS (Le Terapie con Cellule Staminali nella SM)”, pro-dotto in collaborazione dalle Associazioni Scle-rosi Multipla di Inghilterra, Italia, Stati Uniti, Francia e Australia e dalla Federazione Interna-zionale SM, sintetizza le linee guida per le per-sone con SM, e il documento è disponibile al sito www.aism.it. I ricercatori concordano sul fatto che le cellule staminali avranno un ruo-lo significativo nel trattamento della sclerosi multipla, ma, al tempo stesso, pongono l’atten-zione di tutti sulle necessità che le aspettative siano realistiche. Il professor Gianvito Martino evidenzia: “A questo stadio della ricerca non si

deve dichiarare che le cellule staminali sono una cura magica per la SM. E’, comunque, probabile che un giorno svolgeranno un ruolo importante nel trattamento della malattia.”Il professor Robin Franklin aggiunge: “Solamen-te lavorando insieme arriveremo a capire se il trapianto di cellule staminali manterrà la pro-messa di essere un trattamento per la SM. Le linee guida aiuteranno la comunità dei ricer-catori a collaborare in ricerche multicentriche per arrivare a quelle risposte più rapidamente di quanto si farebbe lavorando da soli.”Le linee guida sono il risultato di un meeting interna-zionale di consenso sulle cellule staminali che si è tenuto a Londra lo scorso Maggio 2009, or-ganizzato dalle Associazioni Sclerosi Multipla inglese e americana con il sostegno di Canada, Italia, Francia, Australia e il coinvolgimento della Federazione Internazionale di SM cui esse appartengono. Ufficio Stampa AISM OnlusBarbara Erba Responsabile Comunicazione e Ufficio Stampa AISM OnlusFrancesca De [email protected] San Raffaele del Monte TaborDirezione Comunicazione – Ufficio [email protected] - www.sanraffaele.org

R isolvere il problema del rigetto cronico degli organi trapiantati attraverso la tera-

pia genica. Questo è l’obiettivo di un progetto triennale (2010-2012) sostenuto economica-mente da due Fondazioni di origine bancaria da sempre impegnate per la ricerca scientifica, la Fondazione Cariplo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Il progetto, patrocinato anche dalla Fondazio-ne ART per la Ricerca sui Trapianti, sarà svi-luppato da un network di tre centri: l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di

Trapianti: al via un progetto di terapia genica per prevenire il rigetto Tre Centri di Ricerca e due Fondazioni di origine bancaria fanno network per sconfiggere il rigetto cronico

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Ric

erca

Bergamo (che è anche Centro Coordinatore), il Consorzio per la Ricerca sul Trapianto di Or-gani Tessuti, Cellule e Medicina Rigenerativa (CORIT) di Padova, il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (IC-GEB) di Trieste.Chi fa un trapianto (di rene, cuore o fegato) ha oggi 90 probabilità su 100 di stare bene a un anno dall’intervento chirurgico. Ma i risul-tati a lungo termine – 10/15 anni– non sono così buoni. È perché i farmaci antirigetto che si usano adesso hanno eliminato quasi del tutto il rigetto acuto (quello che si verifica entro un mese dal trapianto) ma non sanno contrastare quello che i medici chiamano rigetto cronico, una forma di danno progressivo all’organo che si manifesta negli anni e porta pian piano alla perdita della funzione del rene (o del cuore o del fegato). E così si deve fare un altro trapianto o, nel caso del rene, tornare alla dialisi.Alcuni anni fa, i ricercatori dell’Istituto Ma-rio Negri di Bergamo hanno trasferito al rene del donatore, prima del trapianto, il gene che forma una proteina (in gergo tecnico si chia-ma CTLA4Ig) capace di ridurre, ma solo lì dove serve, l’attivazione del sistema immune, responsabile del rigetto. Il gene immunomodu-latore è trasportato da un virus inattivo che fa sì che la proteina si esprima nel rene per lungo

tempo. Il rene così modificato viene trapian-tato in un animale incompatibile. Se lo stesso trapianto si fa senza terapia genica gli animali sviluppano nel tempo un rigetto cronico, ma quelli che hanno ricevuto il rene modificato con CTLA4Ig non hanno segni di rigetto cro-nico.Il lavoro dei ricercatori del Mario Negri ha aperto una strada nuova per un problema anco-ra irrisolto nella medicina del trapianto. Que-sti studi possono avere applicazioni importanti per migliorare la cura del trapianto nell’uomo. Prima di pensare all’uomo, servono ulteriori verifiche precliniche. È quello che faranno, in-sieme questa volta, i gruppi di ricerca di Giu-seppe Remuzzi e Ariela Benigni dell’Istituto Mario Negri, di Emanuele Cozzi del CORIT, di Mauro Giacca dell’ICGEB. Utilizzando un modello di rigetto cronico messo a punto nei primati, impiegheranno vettori virali nuovi, studieranno l’efficacia del trasferimento genico nell’impedire il rigetto cronico nel trapianto di rene che rappresenta un paradigma per future applicazioni in tutti gli altri trapianti di organi solidi.

Ufficio Stampa: Francesca Di FronzoIstituto Mario Negri - [email protected]

L a visione domina il tatto e la propriocezio-ne anche nella percezione delle dimensioni

del corpo. Basta infatti una immagine distorta di un arto, ad esempio una mano ingrandita, a indurre una persona a compiere movimenti non rapportati alle dimensioni reali del corpo. I ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, guidati dal Professor Angelo Maravita, hanno

Percezione, il cervello crede di più a quello che vede che a quello che saLa distorsione visiva ha un effetto potente sulla percezione delle dimensioni del proprio corpo. Lo ha dimostrato una ricerca del dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca pubblicata su Experimental Brain Research. L'approccio della ricerca può essere utile per la riabilitazione di persone colpite da ictus

dimostrato che il cervello utilizza le informa-zioni visive per programmare un movimen-to: se le informazioni visive sono alterate ne risulta alterato anche il movimento. Questo a prescindere dalla conoscenza e dalla reale esperienza che si ha del proprio corpo. La ricerca, pubblicata sulla rivista Experimen-tal Brain Research, riguarda la costruzione di quello che si definisce comunemente schema

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corporeo, cioè quella rappresentazione del cor-po nel cervello, indispensabile per la vita quo-tidiana. La costruzione di questo schema si basa sicuramente sulla sensazione tattile e sul senso di posizione, ma anche sulle afferenze visive. Lo studio dimostra quanto la visione sia importante per costruire una rappresentazione cerebrale del corpo. È stato infatti scoperto che se un individuo osserva l'immagine della sua mano ingrandita tende a muoversi come se effettivamente la sua mano fosse diventata più grande. Il cervello cioè è pronto ad utilizzare le informazioni visive, anche se queste sono in contrasto con quelle somatosensoriali (tatto e senso di posizione), che ovviamente rimango-no inalterate. L'esperimento è stato condotto su otto studenti, quattro donne e quattro uomini tra i 20 e i 34 anni, tutti destrimani, utilizzando una apparecchiatura presente nei laboratori del Dipartimento di Psicologia, che serve per l'analisi cinematica del movimento (SMART). L'attrezzatura permette di registra-re la traiettoria del movimento attraverso par-ticolari telecamere che registrano la posizione di marker riflettenti posizionati sulla pelle. L'apparato è composto da due specchi sovrap-posti, inclinati di 45°, un monitor a colori, videocamera digitale, mixer e analizzatore optoelettronico di movimento.Ai soggetti che hanno partecipato all'esperi-mento è stato chiesto di afferrare con una pre-sa di precisione (pollice e indice) un cilindro di plastica di 4 cm di diametro e 6 di altezza.

Risultati La sessione sperimentale è stata articolata in sette fasi nel corso delle quali il feedback visivo della mano è stato variato. In ciascuna fase, i soggetti hanno eseguito 10 movimenti di prensione. Ciò che è emerso riguarda un aspetto cruciale del movimento di prensione pollice-indice: la massima apertura. Per il primo aspetto i ricercatori hanno registrato un decremento significativo della massima aper-tura pollice-indice durante la fase di adatta-mento alla mano ingrandita e un decremento della massima apertura pollice-indice anche nella successiva fase di post-adattamento alla mano ingrandita. Mentre non è stato notato nessun effetto sulla massima apertura pollice-

indice né nella fase di adattamento alla mano ridotta né nella successiva fase di post- adatta-mento.Il tempo massimo di apertura pollice-indice si ottiene più lentamente quando viene permessa la visione della mano durante il movimento di prensione (850-950 ms c.a.) rispetto a quan-do il feedback visivo non viene fornito (750 ms c.a.) La conclusione alla quale è arrivato il team del professor Maravita è che quando, durante il movimento della mano, viene intro-dotto un conflitto fra dimensioni visive e tat-tili-propriocettive, la grandezza percepita della mano segue rapidamente e in modo duraturo le dimensioni visive anche se queste non sono veritiere. La visione, dunque, domina le altre modalità sensoriali non solo nella percezione della posizione delle parti del corpo, ma anche nella percezione della loro grandezza.Al contrario, la riduzione delle dimensioni vi-sive della mano non sembra efficace a indurre una corrispondente riduzione delle dimensioni percepite.“La ricerca mette in luce - spiega Angelo Maravita, docente di Psicobiologia - che la coscienza del nostro corpo e la capacità di muoverci dipende in modo critico dalla capa-cità del cervello di integrare le varie modalità sensoriali tra di loro. In particolare la visione della propria mano ingrandita attraverso un sistema di elaborazione video, modifica in modo sensibile la capacità di programmare un movimento”. Percezione e riabilitazioneIl metodo utilizzato per condurre questa ricerca, sottolineano i ricercatori, può essere utilizzato, una volta definito un adeguato protocollo medico, nella riabilitazione moto-ria e sensoriale delle persone colpite da ictus cerebrale. In particolare, la visione ingrandita del corpo potrebbe essere utilizzato come un efficace esercizio di modulazione propriocetti-va durante la programmazione di movimenti. Ufficio StampaUniversità degli studi di Milano-BicoccaLuigi Di Pace Maria Antonietta IzzinosaElena Meurat [email protected] R

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ca

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Caso

Clinico

ASP – ENNAP.O. FERRO-BRANCIFORTI-CAPRA – LEONFORTEU.O. DI GINECOLOGIA ED OSTETRICIADirettore f.f.: Dr.ssa V. Mazzola

Angiomiofibroblastoma della vulva:una rara neoplasiaDescrizione di un caso clinico

Dr.ssa V. Mazzola P.O. “F.B.C.” Leonforte Dr. D. Tricoli Anatomia Patologica P.O. Caltagirone

Introduzione

L’angiomiofibroblastoma è una neoplasia rara, benigna, di origine mesenchimale, descritta recentemente, appartenente al gruppo degli “angiomixomi” di cui si conoscono tre varietà:

• l’angiomixoma superficiale,• l’angiomixoma aggressivo• l’angiomio-fibroblastoma.

Si riscontra più frequentemente nelle donne localizzandosi nella regione vulvovaginaleLa diagnosi clinica è difficile a causa della rarità del tumore che può simulare altre patologie perineali più comuni per cui dirimente è l’esame istologico che si basa sulla positività per desmina, vimentina, recettori agli estrogeni e CD34.

Presentazione

Riportiamo un raro caso di angiomiofibroblastoma della vulva in una donna di 79 anni che presentava all’ispezione un nodulo unico situato in corrispondenza del grande labbro di dx, di circa 2cm. di diametro, sessile, non dolente alla palpazione ben capsulatoLa paziente accusava fastidio,ma non doloreIl nodulo è stato escisso chirurgicamenteLa signora aveva subito 11 anni prima l’asportazione di una neoformazione simile sempre in sede vulvare su cui era stata posta diagnosi istologica di angiomiofibroblastoma della vulva.Anche in questo caso la diagnosi istologica è stata identica.L’anatomopatologo descrive una proliferazione cellulare di tipo mesenchimale con modesta densità cellulare inframezzata da tessuto connettivo e fondo lievemente mixoide.A livello cellulare si osservano nuclei di piccolo diametro con ipercromasia moderata, di forma ovalare o fusiforme, non si osservano pleomorfismo cellulare né atipie, sono presenti abbondanti strutture capillari.La diagnosi differenziale va posta con l’angiomixoma aggressivo, da cui si distingue perché l’angiomiofibroblastoma mostra contorni circoscritti, maggiore cellularità e maggiore vascolarizzazione senza ispessimento della pareti vasali; la cellularità stromale dell’angiomiofibroblastoma mostra maggiore citoplasma, minima presenza di mucine stromali e rari stravasi ematici.

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Cas

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linic

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Discussione

L’angiomiofibroblastoma è una entità descritta recentemente da Fletcher e coll.;Interessa per lo più le donne e si localizza nella regione vulvovaginale anche se esistono altre localizzazioni.Macroscopicamente si presenta come un nodulo unico, sessile o peduncolato, mobile, non dolente.Microscopicamente si caratterizza come una lesione stromale ben delimitata, circondata da tessuto fibroso. Al suo interno si evidenziano strutture nervose o epitelio ghiandolare. Dal punto di vista citoarchitettonico vi sono aree di ipocellularità alternate ad aree di ipercellularità, nello stroma si ritrovano abbondanti formazioni vascolari con pareti sottili e delicate. La matrice stromale è composta da collagene:.La diagnosi differenziale va posta nei confronti dell’angiomixoma aggressivo, dell’angiofibroma cellulare, del leiomioma epitelioide mixoide, dell’angiomixoma superficiale, dei tumori della guaina nervosa e di alcune entità maligne come l’istiocitoma fibroso maligno ed il liposarcoma mixoide

Conclusioni

L’angiomiofibroblastoma è una lesione nodulare, indolore, abitualmente localizzata nella regione vulvovaginale. Istologicamente rappresenta un nuovo tipo di lesione nell’ampio spettro di tumori e condizioni simil tumorali di cui i miofibroblasti costituiscono parte integrante.L’esanme istochimico è determinante per la diagnosi, sebbene una delle sue caratteristiche, rispetto all’angiomixoma aggressivo, sia la scarsa tendenza alle recidive, in questo caso la neoplasia ha recidivato pur mantenendo la sua natura benigna che lo differenzia dall’altro.Il suo trattamento consiste nella escissione semplice.

Bibliografia

1) Enzinger F.M., Weiss S.W.: Soft tissue tumors, 2nd ed. St. Louis: CV Mosby, 1988.2) Nucci M.R., Scott R.G., Fletcher C.D.M.: Cellular angiofibroma: a benign neoplasm distict from angiomyofibro-blastoma and spindle cell lipoma. Am J Surg Pathol 1997; 21 (6): 636-644.3) Beham A., Schmid C., Hold S., Fletcher CDM.: Spindle cell and pleomorphic lipoma: an immunihysto-chemical study and histogenetich analysis. J Pathol. 1989; 158:219-22.4) Mentzel T., Dei Tos A.P., Fletcher C.D.M.: Perineurioma (storiform perineural fibroma): clinico-pathological analysis of four cases. Histopathology 1994; 25: 261-7.5) Steeper T.A., Rosai J.: Aggressive angiomyxoma of the female pelvis and perineum. Am J Surg Pathol 1983; 7:463-75.

Bigotti G, Coli A, Gasbarri A, Castagnola D.

Descrizione caso clinico inerente una rara neoplasia vulvare a cura dellaDr.ssa Valeria Mazzola, direttore f.f. U.O. di Ginecologia e Ostetricia Ospedale "F.B.C." di Leonforte. e-mail: [email protected]

Tel. uff.: 09.356.642.59Fax: 09.356.643.85

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Vendesi Agriturismo che si sviluppa intorno ad una antica casa colonica completamente ristrutturata ed offre la più vasta scelta di attività ricreative all’ interno della propria struttura, oltre ad una straordinaria posizione geografica che permette di vivere un soggiorno rilassante pur rimanendo a pochissimi chilometri dalle principali mete turistiche dell’ Umbria.

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N asce il 19 aprile il sito web del Centro per la cura dell’Epi-

lessia Tumorale(CET) del Dipar-timento di Neuroscienze presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, unico centro di ri-ferimento in Italia che, dal 2005, si occupa di epilessia causata da neoplasie cerebrali. Il Centro è uf-ficialmente riconosciuto dalla Lega Italiana Contro L’Epilessia (LICE), società scientifica il cui obiettivo è quello di contribuire alla cura e all’assistenza dei pazienti con epi-lessia e al loro inserimento nella so-cietà. L’epilessia è spesso il sintomo più comune nelle persone colpite da tumore al cervello. Nel 20-40% dei casi le crisi sono presenti al momen-to della diagnosi. Mentre circa il 40 % di chi non presenta crisi epiletti-che quando si manifesta la malattia, le svilupperà successivamente. “Il sito - spiega la Dott.ssa Marta Ma-schio, Responsabile del Centro per la cura dell’Epilessia Tumorale(CET) – unico in Italia, ha come obiettivo principale quello di creare una rete tra i pazienti, i loro familiari, gli specialisti di altre realtà e la nostra struttura. Abbiamo voluto andare oltre sms ed e-mail, realizzando un portale con due sezioni: una per i medici, l’altra per gli assistiti e per i loro familiari che contenesse soprat-tutto un forum. Riteniamo infatti che, oltre ad essere curate le persone hanno bisogno di essere ascoltate e di poter condividere tra loro sensa-zioni, paure, informazioni».

“L’approccio alla persona con epi-lessia tumorale – afferma la Dott.ssa Marta Maschio – è estremamente

L’Istituto Regina Elena ancora più vicino alle persone colpite da neoplasia cerebrale

EPILESSIA TUMORALE: ONLINE IL PRIMO SITO WEB PER SAPERNE DI PIU’

Le pagine web per realizzare una rete di comunicazione e collaborazione tra clinici, assistiti e familiari

complesso. Infatti la consapevolez-za di essere affetti da una malattia oncologica, può già da sola indurre difficoltà comportamentali ed emo-zionali. La diagnosi di epilessia, poi, modifica ulteriormente il concetto di qualità di vita di questi pazienti, a causa della consapevolezza dei pos-sibili effetti collaterali dei farmaci antiepilettici, dell’impatto psicolo-gico negativo dovuto alla paura del-la perdita del controllo sul proprio corpo e sull’ambiente circostante e alla preoccupazione di poter essere rifiutato o emarginato da parte del-la società. Questo comporta, per lo specialista ed il team che prende in carico il paziente, anche la necessità di conoscere e saper gestire i possi-bili effetti collaterali e le interazio-ni delle terapie farmacologiche che possono incidere su aspetti impor-tanti della vita quotidiana e perso-nale dell’assistito, come per esempio la memoria, il tono dell’umore, le

capacità fisiche e cognitive.” “Questa iniziativa – dichiara il Prof. Francesco Bevere Direttore degli Istituti Regina Elena e San Gallica-no – conferma la capacità dei nostri medici ricercatori di andare oltre la malattia occupandosi anche di tutte le incertezze, i dubbi e le sofferenze che colpiscono la persona che è af-fetta da epilessia tumorale. Questo sportello aperto “verso la persona” consente di accompagnare i nostri assistiti anche a distanza, non facen-do mancare loro la nostra vicinanza anche quando sono a casa”.

Indirizzo del portale: http://www.cet.ifo.itCapo Ufficio Stampa Dott.ssa Lorella SalceVia Elio Chianesi, 53 00144 Roma [email protected] www.ifo.itSimona Barbato

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È arrivata la sala operatoria di nuova generazione a prova di

infezioni, che rappresentano i peg-giori nemici dei degenti in ospe-dale: si tratta di una sala costruita con materiali speciali progettati per annientare ogni agente infettivo. “La sala sprigiona dalle sue pareti un agente naturale che era già usato dagli antichi Egizi come soluzione anti-microbi”.È quanto riferito da Andrea Coc-chetti, responsabile divisione In-Safe Italia di ALP, presso Calcinate (BG), in occasione della V Confe-renza Europea dell’Ospedale orga-nizzata dal Centro Nazionale per l'Edilizia e la Tecnica Ospedaliera (CNETO) e dall’Università Catto-lica di Roma, che si è svolta dal 6 all’8 maggio presso il Centro Con-gressi Europa dell’Ateneo del Sacro Cuore.La tecnologia ALPactive Antimi-crobial su cui è basata IN-SAFE Sy-stem Active, la sala operatoria “de-bella-microbi”, è stata già oggetto di una sperimentazione scientifica in effettive condizioni di servizio, della durata di 18 mesi e nelle condizio-ni più gravose di funzionamento, ha spiegato Cocchetti, seguendo le linee guida e sotto il controllo del Dipartimento dell’Innovazione del Ministero della Salute. “I risultati hanno dimostrato l’efficacia di AL-Pactive Antimicrobial sull’abbatti-mento della carica microbica, sia di-rettamente nelle condotte d’aria sia nell’ambiente, per un effettivo mi-glioramento della qualità dell’aria fino al 77,23%.I risultati ottenuti dalla sperimenta-zione sono di assoluta rilevanza”, ha sottolineato l’esperto.Infatti, la funzionalità antimicrobi-ca dell'innovativa tecnologia di ALP

Ecco la sala operatoria “argentata” è certificata su centinaia di agen-ti patogeni, tra i quali: Legionella pneumophila, Aspergillus niger, Candida Albicans, Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Stapylo-coccus aereus, Salmonella cholerae-suis, Listeria monocytogenes.Il problema delle infezioni in ospe-dale, e in particolare in sala operato-ria, è di primo piano per la corretta gestione ospedaliera, basti pensare che solo lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina è responsa-bile, in Europa, di circa 3.000.000 infezioni che possono essere acqui-site durante il ricovero ospedaliero correlate a una elevata mortalità (nel 15-30% dei casi di infezioni sistemi-che) e a un significativo incremento dei costi di sanità pubblica (stimati in circa 20.000-25.000 euro per pa-ziente con infezione nosocomiale).“Già gli antichi Egizi”, ha raccon-tato Cocchetti, “usavano mettere monete d’argento nelle anfore con-tenenti acqua per la sua corretta conservazione. Gli ioni d’argento hanno capacità antimicrobiche note da tempo e sono del tutto naturali e non tossici”.Il sistema IN-SAFE System Active è costituito da pannelli sandwich con inclusione di ioni argento-zeolite. La modularità del pannello consente di costruire velocemente e con facilità ambienti di qualsiasi dimensione, il peso contenuto rende il “sistema sala operatoria” antimicrobica stra-ordinariamente versatile. La tecno-logia è inclusa in tutti gli accessori costituenti la sala operatoria: porte, strutture di connessioni con forni-ture di gas medicali, griglie, ple-num contenenti filtri HEPA, profili strutturali, giunzioni, etc.“Il segreto delle pareti di alluminio con inclusione di ioni di argento”,

ha spiegato Cocchetti, “e che sono assolutamente prive di tossicità”. Gli ioni d’argento, con il supporto di molecole vettori, vengono scam-biati in presenza di umidità con altri ioni (come quelli di sodio) presenti nell’umidità stessa e – una volta rilasciati – svolgono una tripla azione (3Modale) antimicrobica: danneggiano la parete cellulare del microbo, creando le condizioni per la sua eliminazione; impediscono al microbo la respirazione; annullano la possibilità di riproduzione del mi-crobo.“Il sistema, una volta montato, può funzionare a regime per almeno die-ci anni”, ha detto Cocchetti.“Questo innovativo sistema anti-microbico”, ha concluso Cocchetti, “può essere usato nelle sale operato-rie e nelle camere sterili, dove l’as-soluta assenza di agenti infettivi è prioritaria”.

5ª Conferenza Europea dell’Ospedale5th European Conference of Hospitals

UFFICIO STAMPA V CONFERENZA EUROPEASULL’OSPEDALE - CNETOPaola [email protected]

Ufficio Stampa [email protected]

Responsabile dr. Nicola Cerbino

Università Cattolica sede di Romae Policlinico universitario "Agostino Gemelli"Mail [email protected]

Annienta i microbi bombardandoli dall’interno

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L ’idroponia o idroponica o col-tura idroponica è un metodo,

o meglio un tecnologia che ci per-mette di coltivare le piante diretta-mente in soluzione nutritiva, senza piantarle nel suolo o terreno agri-colo. Attualmente un consorzio di sette Unità di Ricerca di cinque diverse Università d‘ Italia sta por-tando avanti un importante pro-getto di ricerca inerente settori di studio fisiologico, biochimico e molecolare relativi all’accumulo di determinati metaboliti secondari in importanti specie vegetali inerenti la medicina. Lo scopo del progetto sarà quello di sviluppare nuovi pro-tocolli di coltura idroponica e di coltura in vitro di importanti pian-te medicinali come la Passiflora incarnata e l’Echinacea Angustifo-lia, soprattutto allo scopo di deter-minare le attività di alcuni enzimi marker delle vie biosintetiche, tali da portare alla sintesi di metaboliti secondari come i derivati dell’acido caffeico, i flavonoidi, gli alchilam-midi, e di eventuali nuovi metabo-liti di interesse farmaceutico

Le Università e gli Istituti facenti parte del suddetto Consorzio sono l’Università di Pisa (Biologia delle piante agrarie), Università degli Studi di Verona ( settore scientifi-co e tecnologico ), Università degli Studi di Lecce ( Scienze e Tecnolo-gie Biologiche ed Ambientali ), an-cora l’Università di Pisa ( Chimica Biorganica e Biofarmacia), Univer-sità degli Studi di Napoli “Federico II”(Scienza degli Alimenti ), anco-ra l’Università di Pisa ( Chimica e Biotecnologie Agrarie) e la Scuola Superiore di Studi Universitari e

Prospettive dell’Idroponia nelle scienze medicheLa rizosecrezione di proteine ricombinanti e la coltivazione idroponica di piante medicinali sono solo alcuni dei settori di interesse dell’idroponia nel campo delle scienze mediche

Perfezionamento S. Anna di Pisa.Ma le nostre università non sono le sole ad interessarsi di sviluppo di nuovi protocolli idroponici.

Anche importanti Università giap-ponesi, europee ed anglo-ameri-cane si stanno dedicando con rin-novato interesse a studi e ricerche in campo idroponico. Tra i tanti, ci limitiamo a citare Drake e Bar-

bi all’università di Londra, nonché Hayden e Pagliarulo dell ‘ Univer-sità dell’Arizona (“Development of rhizosecretion as a production

system for recombinant proteins from hydroponic cultivated tobac-co “, di Pascal M.W. Drake, Tom-maso Barbi, Amy Sexton, Edward McGowan, Johannes Stadlmann, Catherine Navarre et al., ricerca

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condotta dalle Università di Lon-don-St.George’s Hospital Medical School-Dipartimento di Medicina Cellulare e Molecolare, Istituto di chimica dell’Università di Vienna, Università Cat-tolica di Lou-vain in Belgio in The Fa-seb Journal, 2009; 23,

3581-3589; “Potential for green-house aeroponic cultivation of me-dicinal root crops”, di Christopher Pagliarulo e Anita L. Hayden, presso CEAC – University of Ari-

zona, Tucson Arizona, Paper # P-125933-10-01).Se autorevoli Università ed Istitu-ti scientifici ed universitari stanno aprendo protocolli di ricerca in ma-

teria di idroponica, ci saranno pure dei motivi, riconduci-bili ad una mutata situazione sia econo-mica che scientifica. Se nell’Ottocen-to le colture di cui parliamo erano tecniche di stu-dio avanzatissime, finalizzate allo stu-dio della fisiologia vegetale, oggi esse costituiscono vere

e proprie tecniche di produzione, veri sistemi alternativi di pro-duzione industriale, suscettibili di permettere il reimpiego di vaste platee di persone, soprattutto con il concretizzarsi di severi e decisi divieti di utilizzo del bromuro di metile ( il bromuro di metile è un gas inodore ed insapore, molto tossico e pericoloso, che sembrereb-be addirittura responsabile della distruzione della fascia di ozono, nonché del generalizzato avvele-namento di terreni e falde ac-quifere; molto usato in agricoltura come disinfettante e fumigante ).La breve parentesi sul bromuro di metile ci introduce ai più evidenti vantaggi scientifici delle procedure idroponiche, le quali eliminano il terreno e quindi tutte le possibili infestazioni all’apparato radicale ed alle altre parti della pianta, con ogni conseguenza sul risparmio di costi connessi alle operazio-ni di sterilizzazione del terreno o dall’impiego di pericolosi prodotti chimici inquinanti.Non è inutile ricordare che le colti-vazioni biologiche, cosiddetta “agri-coltura bio”, non sono immuni da infestazioni vegetali o parassitarie e

che anzi, se la coltura bio è minac-ciata da danni immediati, l’agricol-tore bio può legalmente utilizzare i prodotti chimici e presidi sanitari che si trovano legalmente in com-mercio. Oltre ai rilevanti risparmi di spese e macchinari, le colture idroponiche permettono un azzera-mento immediato di ogni necessità di sterilizzazione del terreno e dei substrati da eventuali nematodi ed altri parassiti, nonché l’azzeramen-to totale dei pesticidi, e coltivazio-ni finalizzate ai prodotti finali.Ne consegue anche un più attento e consapevole interesse da parte delle case farmaceutiche.Nel campo delle piante officinali, che vengono impiegate in settori cosmetici o medici o fitoterapici o alimentari, l’Unione Europea im-porta l’85% per cento del proprio fabbisogno da paesi che usano trat-tamenti antiparassitari e pesticidi senza regolamentazione alcuna. Un maggior impiego di tecniche idro-poniche permetterebbe una miglio-re e più selezionata coltivazione di piante medicinali come lo Zenzero Officinale, la Bardana, l’Echina-cea, il ginseng e molte altre.L’idroponia può consentire anche la scoperta di nuovi farmaci, ad esem-pio nel campo della rizosecrezione o secrezione radicale, mediante le quali le piante si difendono in na-tura contro le situazioni di avver-sità: la secrezione delle radici può essere sfruttata per la produzione in continuo di proteine ricombinanti (aventi utilità come farmaci), che sono notoriamente proteine otte-nute da trascrizioni di frammenti di DNA ricombinante (ovvero se-quenze di DNA ottenute artifi-cialmente) e dal loro inserimento all’interno di un organismo ospite (che a sua volta viene geneticamen-te modificato). di Paolo Nicoletti

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Salute&Benessere

L ’abbinamento di banane e gor-gonzola dolce in un piatto uni-

co è molto utile, anche se non può e non deve sostituire la sommini-strazione controllata di integratori specifici sotto controllo medico, e corrisponde a nozioni precise della moderna Vitaminologia. Le banane contengono infatti buone quantità di acido folico, vitamina che veniva denominata, nei Testi di alcuni de-cenni addietro, come vitamina B9. Il gorgonzola dolce contiene discre-te quantità di vitamina B12. Queste due vitamine svolgono un’ azione protettiva a livello delle cellule del sangue, mentre esse si sviluppa-no all’ interno del midollo spinale. L’azione combinata di queste due vitamine protegge dunque le cellule ematiche fin dai primi loro stadi di sviluppo, internamente al midollo. Naturalmente la forma delle cel-lule ematiche cambia di continuo, all’interno del midollo spinale, man mano che esse si avvicinano ai loro stadi di sviluppo finale. Quando lo avranno raggiunto, abbandoneran-no il midollo spinale, e si riverseran-no nel torrente ematico. Questa loro varietà di forme dona all’insieme di queste cellule (osservate al micro-scopio ottico) l’aspetto globale a guisa di un piastrino nel quale siano state incastonate, come in un gio-iello, delle gemme di forma e colore diverso. Consiglio (soltanto ai me-dici) di svolgere queste osservazioni su un piccolo quantitativo di cellule provenienti da un puntato sternale. Anche lo sterno contiene infatti del midollo, nella sua parte interna. Se volete mandare al video di un com-

Un sapiente abbinamento di alimenti: banane e gorgonzola dolce

puter queste cellule, è particolar-mente opportuno un microscopio della serie Mueller, munito di cavet-to con presa USB per l’acquisizione delle immagini a video. Attualmen-te (siamo nella prima metà del 2010) uno dei programmi più evoluti per la gestione di queste immagini mi-croscopiche è l’Arcsoft. Sarebbe buona regola ripetere sul paziente queste osservazioni dopo sei mesi a partire dall’ inserimento (nella sua dieta) del binomio banane e gor-gonzola dolce. Lo sviluppo delle cellule ematiche, all’interno del mi-dollo, sarà divenuto più regolare, e potrà essere constatato dalla forma, più armonica e nitidamente precisa, di queste cellule. Ulteriori dettagli sono a disposizione sul libro : “Le azioni protettive delle vitamine” (M. Nicoletti, aprile 2008, Borgia editore, Roma). Questo mio voleva essere uno sguardo globale, come in un rapido volo. Tornando invece all’abbinamento dei due alimenti, associazione che può fornire mo-desti benefici in concomitanza con altre cure mediche quando i detti alimenti vengono posti in un’unico piatto, il mio consiglio è di mettere 100 grammi di banana e 50 gram-mi di gorgonzola dolce. Trovo che questa sia la giusta proporzione. Questo tipo di abbinamento do-vrebbe essere ripetuto quotidiana-mente, per almeno sei mesi, in un paziente che presenti delle turbe a carico dello sviluppo delle cellu-le ematiche all’ interno del sistema emopoietico. Elemento principe di quest’ ultimo è il midollo spinale. Dopo sei mesi, effettuate le vostre

osservazioni microscopiche, e con-trollate i piccoli ma ben osservabi-li miglioramenti in base alla forma delle varie linee cellulari ematiche. L’acido folico avrà influito, in senso positivo, sullo sviluppo dei globu-li rossi, dei globuli bianchi, e delle piastrine. Ma prevalentemente sul-lo sviluppo dei globuli bianchi. La vitamina B12 avrà invece influito, in modo corretto e positivo, sullo sviluppo dei globuli rossi. Però avrà anche accresciuto l’ azione dell’ aci-do folico, agendo con esso in siner-gia. Consiglio di compiere questo abbinamento (banane e gorgonzola dolce) non solo a crudo, ma anche in uno sformato. Per preparare la sfoglia di quest’ultimo, impiegate in precedenza farina, acqua e uova, nelle giuste dosi. Gli unici elementi importanti sono due. Il primo è che, per ogni dose corrispondente a 100 grammi di banane, si faccia corri-spondere una dose di 50 grammi di gorgonzola dolce. Questo dosaggio assicurerà una corretta ed armonica proporzione. Il secondo elemento risiede in una cottura a fuoco molto lento. Passando ora all’azione pro-tettiva dell’acido folico sulle cellule ematiche, dobbiamo innanzitutto tenere presente un importante prin-cipio: questa vitamina è molto im-portante per la divisione cellulare. Infatti esso è indispensabile per la sintesi del DNA. Se manca l’ aci-do folico le cellule non si dividono in modo corretto. L’acido folico è inoltre di estrema importanza nel-lo sviluppo del sistema nervoso del feto. Stiamo infatti considerando le azioni protettive delle vitamine non

Le banane contengono acido folico. Il gorgonzola dolce contiene vitamina B12. Que-ste due vitamine svolgono un’azione protettiva a livello dello sviluppo delle cellule del sangue. Questo sviluppo avviene nel midollo spinale

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soltanto sul sangue, ma anche sul sistema emopoietico. La Chimica Biologica, si veda a questo proposito Stryer, dell’Università di Stanford, ha messo in rilievo la connessio-ne (al di fuori di ogni ragionevole dubbio) tra il deficit di acido folico durante la gravidanza e diverse mal-formazioni neonatali. Tra queste ul-time i difetti del tubo neurale, come la spina bifida. Questo discorso non vuole significare che l’impiego sapiente del binomio acido folico - vitamina B12 possa curare tutte queste malformazioni neonatali, delle quali la spina bifida costituisce purtroppo un esempio, ma è corret-to ipotizzare che l’accoppiamento di queste due vitamine possa svolgere, con modesti benefici, un’ azione preventiva. Ovviamente, i benefi-ci saranno forse maggiori se queste

due vitamine saranno somministra-te nella gravidanza. Durante questo periodo, il fabbisogno giornaliero medio per una donna in stato in-teressante corrisponde a circa 400 mcg. Una carenza di acido folico viene anche posta in connessione con l’aterosclerosi. Anche in questa fattispecie stiamo riferendoci a pic-coli e modesti benefici che è corret-to mettere in relazione al giusto uso delle due vitamine nell’ottica di una azione preventiva. Tra le varie for-me di vitamina B12, una delle più efficaci nei riguardi delle cellule del sangue, sembra essere la metilcoba-lamina, per la validità della sua azio-ne protettiva. Essa è un composto cristallino, di colore rosso brillante, dovuto alla presenza di elevati livelli di cobalto. Questa vitamina prende parte, insieme all’acido folico, a nu-

merosi processi del nostro organi-smo, tra i quali la sintesi del DNA, e la maturazione dei globuli rossi. Per consentire al nostro organismo di assorbire le piccole quantità di vita-mina B12 presenti nei cibi, lo stoma-co secerne il fattore intrinseco, una particolare sostanza digestiva che favorisce l’ assorbimento della vita-mina nell’intestino tenue. L’anemia provocata dal deficit di acido folico o di vitamina B12 (tra i vari isotipi è discretamente efficace anche la cia-nocobalamina ), è caratterizzata da globuli rossi di grandi dimensioni, ed è giustamente chiamata “anemia macrocitica”.

Dott. Marco Nicoletti Dermatologo – Tor Vergata

Salute&Benessere

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Cosmesi

L ’applicazione sapiente e corretta di topici contenenti

elastina apporta senza dubbio numerosi benefici alla cute, ma potrebbe conferire limitati effetti positivi anche all’apparato visivo e all’ apparato vascolare. I topici sono dei preparati destinati ad un uso locale. Può sembrare banale parlare di topici, ma non lo è se andiamo a specificare che nell’ampio capitolo delle pomate rientrano le creme ed i gel. La differenza tra le creme ed i gel consiste solo nel loro grado di consistenza. Il mio consiglio, per l’applicazione frequente di elastina sulla cute umana, è di impiegare delle creme. Ma per comprendere i benefici che esse possono apportare, dobbiamo prima compiere un bel viaggio nel Sistema Elastico. Posso attingere questi dettagli dal libro: “Pseudoxantoma elastico”, La Sapienza Editrice, Roma, 1992, nel quale avevo riunito le mie osservazioni sul Sistema Elastico. A queste mie prime osservazioni di allora, ho unito altre osservazioni compiute più recentemente con un retinografo. I risultati di questi studi li compendio brevemente in quest’articolo. Nel secondo capitolo di questo libro parlai lungamente del Sistema Elastico ,che è tutto l’ insieme delle Fibre Elastiche, a livello dei vari organi ed apparati : cutaneo, vascolare e visivo. Il primo ragionamento che si può dunque fare è che l’ applicazione di creme

Benefici di creme e pomate contenenti elastina È impossibile capire in modo completo i benefici dell’applicazione di elastina per uso topico, se non si comprende prima il Sistema Elastico. È per questo che apparentemente ciò che seguirà potrà sembrare un inizio dalla parte finale, ma nella realtà stiamo cominciando “in medias res”

contenenti elastina non giova soltanto alla cute umana, ma può apportare limitati benefici anche all’ apparato vascolare ed all’apparato deputato alla visione. Vediamo questi dettagli passo per passo,

in questo viaggio nella Biologia Molecolare. Partiamo dal

concetto semplice in base al quale, se

avessimo

un muretto(immagine figurata) compo-sto di calce, cemento e mattoni, sicuramente faremmo solo bene a forni-re di continuo dall’esterno sia la calce che il cemento, per rimediare ai danni delle intemperie. L’esem-pio a prima vista banale ci fa capire come l’assorbimento percutaneo (e frequente) di elastina potrebbe esse-re in grado di apportare circoscritti giovamenti a tutte le strutture ana-

tomiche del Sistema Elastico, che contengono questa proteina com-plessa. Procediamo ora con la nostra esplorazione in questo bellissimo mondo dalle dimensioni microsco-piche. I fibroblasti, cellule insite nel derma, producono le fibre collagene. Breve parentesi sulle fibre elastiche. Le fibre elastiche sono responsabili, con la loro struttura e le loro funzio-ni, delle capacità retrattili della cute umana. Esse sono intimamente as-sociate con il collagene, ma non pos-sono essere facilmente viste con la

comune colorazione dell’ema-tossilina-eosina.

La loro strut-tura comunque appare facilmente ai no-stri sensi, impiegando speciali

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Cosmesi

colorazioni come il Van Gieson per le fibre elastiche. La prima riflessio-ne che ne consegue, è che le fibre elastiche sono intimamente associate con il collagene. Ora vorrei passare a descrivere l’orientamento delle fibre elastiche a livello cutaneo. Nel der-ma papillare le fibre elastiche sono sottili, e tendono a decorrere secon-do un angolo retto (sono cioè quasi perpendicolari) rispetto alla superfi-cie cutanea. Nel derma reticolare in-vece sono più spesse, ed inoltre sono spesso orientate in parallelo rispetto alla superficie cutanea. A livello cu-taneo le fibre elastiche sono sinte-tizzate dai fibroblasti, e talora (più raramente) dalle cellule muscolari lisce. Al Microscopio Elettronico le fibre elastiche appaiono composte da microfibrille, che giacciono in una componente amorfa elettrondensa, consistente nella proteina complessa che è, per l’ap- punto, l’elastina.

Connessi all’elastina sono gli ammi-noacidi desmosina ed isodesmosina che contribuiscono (formando dei legami crociati) a mantenere l’in-tegrità strutturale delle fibre. Nel corso della sintesi della fibra ela-stica, la componente microfibrillare è dapprima formata, e successiva-mente avvolta (come in una soffice coltre) nel suo manto di elastina. Giunte al loro completo sviluppo, le fibre elastiche svolgono il delicato ed importante compito di assicurare al tegumento cutaneo la necessaria elasticità per tutte le sue funzioni, assicurando a quest’ abito prezioso, ricchissimo di recettori e di strutture infinitamente complesse una buona adattabilità allo spazio ed all’am-biente esterno. Per quanto concerne l’apparato vascolare, desidero ora precisare perché l’impiego sapiente e ripetuto di creme contenenti elastina potrebbe conferire limitati e circo-scritti benefici alle grandi arterie, di tipo elastico. Intendo come tali quel-le il cui diametro supera i 7 millime-

tri. Nelle grandi arterie, tra la tu-nica intima e la tunica media,

c’è la membrana elastica interna, costituita

da un denso intreccio di fibre ela-s t i c h e , disposte con un

orientamento spaziale longitudinale e circolare. Trovo giusto ipotizzare quindi, per la membrana elastica in-terna delle grandi arterie, dei tempo-ranei e piccoli benefici, apportando di sovente l’ elastina dall’esterno me-diante topici. L’assorbimento percu-taneo di essa potrebbe spingersi alle grandi arterie. E veniamo in ultimo all’apparato visivo. Perché ipotizzo dei (sia pur circoscritti) benefici an-che in quest’apparato, in virtù dell’ assorbimento percutaneo di elasti-na? Per le osservazioni compiute sulla membrana basale posteriore dell’iride, la membrana di Bruch. Veduta di fronte, la membrana di Bruch ha un aspetto chiaramente fibrillare. Nonostante le illustri opi-nioni, che si manifestarono a suo tempo, di Gabrielides, di Vialleton, e dello stesso Grynfeltt, è oggi un fatto appurato, alla luce delle moder-ne cognizioni, che la membrana di Bruch è assai ricca di fibre elastiche. In virtù di questa tranquilla acqui-sizione, da parte della Comunità Scientifica, io trovo che potrebbe essere una corretta ipotesi anche la seguente: applicare frequentemente ed in modo regolare dei topici conte-nenti elastina sul viso, di sicuro non nuoce all’integrità della membrana di Bruch, ma, al contrario, potreb-be perfino apportarle dei piccoli (sia pur temporanei) benefici. Se que-sta ipotesi è corretta, sarà più facile che un fundus oculi si presenti di aspetto normale (e tale si manten-ga) anziché possa mai presentare la pigmentazione retinica irregolare, di colore aranciato, di uno pseudoxan-toma elastico.

Dott. Marco Nicoletti Dermatologo – Tor Vergata

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S i tratta in breve di un disturbo caratterizzato da episodi di mania

alternati a periodi di depressione e a pe-riodi di normalità del tono dell’umore. Seguono poi tutta una serie di sintomi fisici, più o meno direttamente corre-lati, al disturbo in questione. Il distur-bo bipolare rientra nel rango delle ma-lattie croniche che, secondo la medici-na tradizionale, sarebbero inguaribili e che richiedono l'uso a vita di adeguate terapie farmacologiche, sia nelle fasi acute che nei periodi di benessere. Per quanto si senta dire che questo di-sturbo venga efficacemente "curato" dalla medicina tradizionale è bene fare alcune considerazioni:- la terapia farmacologica, anche se continuativa, non esclude affatto l'eventualità di possibili ricadute;- la terapia farmacologica non guarisce dalla malattia, possiamo dire al massi-mo che riesce (in maniera più o meno efficace) a controllarla;- i pazienti che si rivolgono all'ome-opatia lo fanno in genere sia perché sentono gli effetti collaterali, spesso importanti, dei farmaci psichiatrici, sia perché si rendono conto che il farmaco non aiuta a risolvere il loro problema (=guarire la persona) ma si limita a te-nere sotto controllo in maniera super-ficiale (=biochimica) una situazione che è comunque destinata a rimanere tale e quale senza nessuna prospettiva di vera guarigione.Il pensiero di Hahnemann è ben di-verso. La corretta terapia omeopatica ha un'azione profonda (=energetica) che mira alla risoluzione spontanea della malattia e al mantenimento dello stato di benessere generale della per-sona sia per quanto riguarda l'aspetto psicologico che quello fisico/costitu-zionale. L'obiettivo rimane certamente quello di far star bene il paziente senza l'uso di farmaci che sono, in quanto tali, solo dei sintomatici. Si tratta di un percorso complesso in

Omeopatia unicista e disturbo bipolareOmeopatia

cui il paziente dev'essere veramente motivato a "cambiare strada" e spes-so si ritrova abbandonato, criticato e a volte persino aggredito verbalmente sia dai medici che dai familiari che dai conoscenti che non riescono/vogliono accettare la sua decisione. A tutti que-sti pazienti che hanno deciso di intra-prendere una strada “non convenzio-nale” dico che non bisogna mai per-dere le speranze perché l'organismo, se ben stimolato, ha delle potenzialità di auto-curarsi veramente notevoli ma questo richiede, oltreché affidarsi ad un medico competente e scegliere la metodica terapeutica idonea, anche una corretta igiene comportamentale individuale che non coinvolga solo il nostro aspetto fisico ma anche e so-prattutto la nostra componente psichi-ca e spirituale. Soltanto agendo a 360 gradi gli effetti delle cure consigliate dal medico daranno il massimo dei ri-sultati. L'omeopatia unicista (praticata da medici molto esperti) agisce anche in questi casi riequilibrando (e non

semplicemente stabilizzando) l'umore in maniera sana, dolce e naturale. Le ricadute sono possibili (come lo sono del resto con la terapia farmacologica) ma abbiamo rimedi che si rivelano spesso efficaci anche nel controllo del-la fasi acute. Soltanto in caso di man-cato effetto di questi, in rarissimi casi quindi e come ultima spiaggia, faremo ricorso all'uso di farmaci che devono avere finalità di controllo sintomatico d'emergenza e non di terapia risolutri-ce continuativa. L’associazione della cura omeopatica con un trattamento psicoterapeutico di tipo cognitivo-comportamentale può essere di sup-porto per una maggiore stabilizzazio-ne dei sintomi.

Dott. Tancredi AscaniIscritto all’Ordine dei Medici Chirurghi di Perugia che praticano Medicine Non Convenzionali per la disciplina Medici-na Omeopaticawww.omeosan.it

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