micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e...

16
l professor Monti sta taglieggiando i pensionati, i lavoratori, non tanto per risanare il paese, operazione disperata stante la crisi politica e la disarticolazione ormai irreversibile, almeno nel breve perio- do, dello Stato. Lo fa per acquisire meriti e credenziali, sperando di essere più forte al tavolo delle trattative internazionali ed euro- pee. Così la riforma del lavoro deve essere approvata - nonostante che il presidente di Confindustria Squinzi la definisca una boia- ta, che i sindacati continuino ad essere con- trari e scettici, che le forze della maggioranza siano tutt’altro che entusiaste, che insomma tutti ritengano non serva a nulla - per con- sentire al tecnico milanese di andare al verti- ce europeo del 28 e 29 prossimi venturi con una carta in più in tasca, nella speranza di ottenere qualcosa. Peccato che le sue terapie siano state definite dai tecnici europei delle tachipirine. Intanto non si riesce a conoscere quale sia il numero degli esodati, il decreto sviluppo mette sul tavolo finanziamenti per 1 (uno) miliardo, i consumi calano e il getti- to fiscale risulta inferiore non solo alle neces- sità, ma alle stesse previsioni. Se, come è prevedibile, al vertice europeo non ci saranno risultati visibili e Monti - tranne che per qualche attestato di stima - tornerà a casa con poco o nulla è probabile che da luglio comincerà la lunga agonia del governo dei tecnici. Le forze politiche, nel disperato tentativo di riconquistare i propri elettori demotivati e sfiduciati, continueran- no a discutere di riforma istituzionale, di riforma elettorale, di riforma della politica, ecc. Non si arriverà a nulla, mentre risulte- ranno sempre più evidenti le crepe della stra- na maggioranza che sostiene Monti e cre- scerà la disaffezione dei cittadini nei con- fronti dei partiti che ha raggiunto livelli, solo qualche anno fa, inimmaginabili. Non siamo dei tifosi del Movimento 5 Stelle, ma certo è che Pdl e Pd continuano ad alzargli la palla. Insomma, lo abbiamo già scritto e lo riscri- viamo, non ci sono margini per una riforma del sistema politico, l’unica possibilità è che si affermino forze esterne ad esso che lo disarticolino e propongano politiche nuove e diverse. Sarebbe, naturalmente, auspicabile che queste forze si collocassero a sinistra, fos- sero permeabili alle istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani. La realtà, tuttavia, è un’altra. La sinistra moderata ha fatto karakiri in Spagna, in Grecia, in Italia e appare, con l’eccezione del Ps francese, sem- pre più prona alle tecnocrazie europee. La sinistra radicale in Europa, con l’eccezione di Syriza, sembra destinata all’insignificanza o a configurarsi come una corrente esterna ai partiti riformisti. Vendola continua a scom- mettere sull’implosione del Pd e risulta pago del fatto di aver ottenuto le primarie. Può darsi che la nostra analisi sia errata e che quando la campagna delle primarie inizierà il quadro cambi, ma riteniamo sia lecito dubitarne. In queste condizioni la sinistra anziché svolgere la funzione di argine alla degradazione economica, sociale, culturale, civile del paese, rischia di esserne travolta. Non si pone e non è percepita come soluzio- ne dei problemi, ma come parte integrante dei problemi stessi. Ciò è evidente tanto a livello centrale che nei territori. Come giornale abbiamo grande difficoltà nel seguire il dibattito politico regionale e locale. L’impressione che si perce- pisce è quella della miopia, dell’incapacità di andare oltre la ricerca di soluzioni a breve termine. Manca una prospettiva, una visione strategica. Cosa sarà l’Umbria tra dieci anni nessuno lo sa, nessuno lo immagina, forse neppure se lo chiede. La concretezza è - così - quella di far quadrare i conti, tagliando. Non solo eliminando gli sprechi accumulati- si nel corso degli anni, ma riducendo pesan- temente anche servizi e finanziamenti. Sia ben chiaro non è solo la classe politica ad essere in crisi, ma lo sono, più in generale, le classi dirigenti umbre, subalterne al quadro politico nazionale e alle ideologie che hanno dominato nell’ultimo ventennio. Il governo Monti, con il quale pure devono contrattare, ma al quale non hanno molta volontà di opporsi, è in sostanza assunto come polo di riferimento, unico orizzonte possibile. D’altra parte come potrebbero agire diversa- mente, impaurite come sono dal futuro? Ma c’è di più: i consiglieri regionali si aumenta- no i rimborsi per le spese di benzina, dimo- strando di non capire o di non voler capire l’aria che tira. La politica, insomma, è ripiegata su sé stessa, senza una prospettiva, a meno che non si voglia considerare tale la deriva securitaria dell’amministrazione perugina. Il tutto si risolve, così, in un gioco che non interessa nessuno, senza prospettive reali. Il fatto è che i cittadini cominciano ad accorgersene. commenti Paperette nel mirino La scoperta della trota Il rosso e il grigio I “mille” e la crisi L’aborto e l’arzigogolo spoletino Il complotto 2 politica Far di necessità virtù 3 di Franco Calistri Un mare agitato e pieno di correnti 4 di Renato Covino Obbedienza civile 6 di Alessandra Caraffa dossiercittàPerugia Ad occhi chiusi 7 di Re.Co. Troppo vecchie e insicure 8 di Anna Rita Guarducci Mobilità insostenibile 9 di Roberto Pellegrino La città delle “passioni tristi” 10 di Osvaldo Fressoia società I matti, i lager, i corrotti e i corruttori 11 di Emme Emme cultura Riusare la città di Rosario Russo Sinergie 12 di Alberto Barelli Scienza o apologia? 13 di Roberto Monicchia Una mostra e un mosaico da scoprire di Enrico Sciamanna Terni e i suoi rifugi antiaerei 14 di Al.Ca. La realtà supera la fantasia 15 di Stefano De Cenzo Libri e idee 16 giugno 2012 - Anno XVII - numero 6 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10 mensile umbro di politica, economia e cultura copia omaggio mensile umbro di politica, economia e cultura in edicola con “il manifesto” Arditi ’hanno chiamata “Ardire” l’opera- zione, disposta dalla Procura di Perugia, che all’alba del 13 giugno ha portato all’arresto di dieci anarchici (due già in carcere), con la pesantissima accusa di terrorismo. Se non fosse che la sospensione della libertà di una persona è una cosa male- dettamente seria, ci sarebbe da ridere. Sì, per- ché è stato proprio “ardimentoso” riproporre a distanza di meno di cinque anni lo stesso copione con gli stessi attori: si corre il rischio di un identico fiasco. Colpiscono, infatti, le analogie con l’opera- zione Brushwood, rivelatasi in gran parte un ballon d’essai. Forse vale proprio la pena ricor- dare che il teorema accusatorio messo in esse- re dalla Pm Manuela Comodi è stato pesante- mente ridimensionato dai giudici del Tribunale di Terni che, poco più di un anno fa, hanno emesso sentenza nei confronti dei 4 giovani spoletini bollati come “eco-terroristi”. Per due di loro nessuna associazione sovversi- va, solo scritte sui muri e danneggiamenti. Per gli altri due il riconoscimento del reato associativo ha comunque comportato una pena molto ridotta rispetto a quella chiesta dal Pm, segno di un quadro probatorio incer- to, che sarà complicato per l’accusa ripresen- tare in appello. Eppure a leggere i giornali sembra che la memoria di cronisti e com- mentatori si sia inceppata. Anzi, qualche ardi- mentoso, non esita, anche a costo di figurac- ce, a risalire proprio alla vicenda dei giovani spoletini come momento originario di questo nuovo “male” destinato a travolgerci. Non ci stanno facendo mancare nulla: riflettori sugli “eroi” salvatori e pesanti ombre sui “mostri”, interviste-tappetino, l’immancabile parere dell’esperto (nella verde Umbria anche il ter- rorista vive meglio?). Insomma un vero e pro- prio circo Barnum. Nessuno che si sia preso la briga non diciamo di aprire un’inchiesta parallela, ma quanto- meno di assumere una posizione deontologi- camente corretta e quindi equidistante da accusa e difesa. Le uniche fonti sono quelle inquirenti: veline, appunto. Nessuno che abbia ricordato che l’indiscusso protagonista di questa replica, il capo dei Ros generale Giampaolo Ganzer, il prossimo settembre andrà in Appello per tentare di ribaltare la condanna a 14 anni di detenzione che, nel luglio 2010 il Tribunale di Milano gli ha inflitto per avere costituito un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Era doveroso farlo. L Senza prospettiva I

Transcript of micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e...

Page 1: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

l professor Monti sta taglieggiando ipensionati, i lavoratori, non tanto perrisanare il paese, operazione disperata

stante la crisi politica e la disarticolazioneormai irreversibile, almeno nel breve perio-do, dello Stato. Lo fa per acquisire meriti ecredenziali, sperando di essere più forte altavolo delle trattative internazionali ed euro-pee. Così la riforma del lavoro deve essereapprovata - nonostante che il presidente diConfindustria Squinzi la definisca una boia-ta, che i sindacati continuino ad essere con-trari e scettici, che le forze della maggioranzasiano tutt’altro che entusiaste, che insommatutti ritengano non serva a nulla - per con-sentire al tecnico milanese di andare al verti-ce europeo del 28 e 29 prossimi venturi conuna carta in più in tasca, nella speranza diottenere qualcosa. Peccato che le sue terapiesiano state definite dai tecnici europei delletachipirine. Intanto non si riesce a conoscerequale sia il numero degli esodati, il decretosviluppo mette sul tavolo finanziamenti per1 (uno) miliardo, i consumi calano e il getti-to fiscale risulta inferiore non solo alle neces-sità, ma alle stesse previsioni. Se, come è prevedibile, al vertice europeonon ci saranno risultati visibili e Monti -tranne che per qualche attestato di stima -tornerà a casa con poco o nulla è probabileche da luglio comincerà la lunga agonia delgoverno dei tecnici. Le forze politiche, neldisperato tentativo di riconquistare i proprielettori demotivati e sfiduciati, continueran-no a discutere di riforma istituzionale, diriforma elettorale, di riforma della politica,ecc. Non si arriverà a nulla, mentre risulte-

ranno sempre più evidenti le crepe della stra-na maggioranza che sostiene Monti e cre-scerà la disaffezione dei cittadini nei con-fronti dei partiti che ha raggiunto livelli, soloqualche anno fa, inimmaginabili. Nonsiamo dei tifosi del Movimento 5 Stelle, macerto è che Pdl e Pd continuano ad alzarglila palla. Insomma, lo abbiamo già scritto e lo riscri-viamo, non ci sono margini per una riformadel sistema politico, l’unica possibilità è chesi affermino forze esterne ad esso che lodisarticolino e propongano politiche nuove ediverse. Sarebbe, naturalmente, auspicabileche queste forze si collocassero a sinistra, fos-sero permeabili alle istanze dei lavoratori, deipensionati, dei giovani. La realtà, tuttavia, èun’altra. La sinistra moderata ha fattokarakiri in Spagna, in Grecia, in Italia eappare, con l’eccezione del Ps francese, sem-pre più prona alle tecnocrazie europee. Lasinistra radicale in Europa, con l’eccezione diSyriza, sembra destinata all’insignificanza o aconfigurarsi come una corrente esterna aipartiti riformisti. Vendola continua a scom-mettere sull’implosione del Pd e risulta pagodel fatto di aver ottenuto le primarie. Puòdarsi che la nostra analisi sia errata e chequando la campagna delle primarie inizieràil quadro cambi, ma riteniamo sia lecitodubitarne. In queste condizioni la sinistraanziché svolgere la funzione di argine alladegradazione economica, sociale, culturale,civile del paese, rischia di esserne travolta.Non si pone e non è percepita come soluzio-ne dei problemi, ma come parte integrantedei problemi stessi.

Ciò è evidente tanto a livello centrale che neiterritori. Come giornale abbiamo grandedifficoltà nel seguire il dibattito politicoregionale e locale. L’impressione che si perce-pisce è quella della miopia, dell’incapacità diandare oltre la ricerca di soluzioni a brevetermine. Manca una prospettiva, una visionestrategica. Cosa sarà l’Umbria tra dieci anninessuno lo sa, nessuno lo immagina, forseneppure se lo chiede. La concretezza è - così- quella di far quadrare i conti, tagliando.Non solo eliminando gli sprechi accumulati-si nel corso degli anni, ma riducendo pesan-temente anche servizi e finanziamenti. Sia ben chiaro non è solo la classe politica adessere in crisi, ma lo sono, più in generale, leclassi dirigenti umbre, subalterne al quadropolitico nazionale e alle ideologie che hannodominato nell’ultimo ventennio. Il governoMonti, con il quale pure devono contrattare,ma al quale non hanno molta volontà diopporsi, è in sostanza assunto come polo diriferimento, unico orizzonte possibile.D’altra parte come potrebbero agire diversa-mente, impaurite come sono dal futuro? Mac’è di più: i consiglieri regionali si aumenta-no i rimborsi per le spese di benzina, dimo-strando di non capire o di non voler capirel’aria che tira.La politica, insomma, è ripiegata su sé stessa,senza una prospettiva, a meno che non sivoglia considerare tale la deriva securitariadell’amministrazione perugina. Il tutto sirisolve, così, in un gioco che non interessanessuno, senza prospettive reali.Il fatto è che i cittadini cominciano adaccorgersene.

commentiPaperette nel mirino

La scoperta della trota

Il rosso e il grigio

I “mille” e la crisi

L’abortoe l’arzigogolo spoletino

Il complotto 2

politicaFar di necessità virtù 3di Franco Calistri

Un mare agitato e pieno di correnti 4di Renato Covino

Obbedienza civile 6di Alessandra Caraffa

dossiercittàPerugia Ad occhi chiusi 7di Re.Co.

Troppo vecchie e insicure 8di Anna Rita Guarducci

Mobilità insostenibile 9di Roberto Pellegrino

La cittàdelle “passioni tristi” 10di Osvaldo Fressoia

societàI matti, i lager,i corrotti e i corruttori 11di Emme Emme

culturaRiusare la cittàdi Rosario Russo

Sinergie 12di Alberto Barelli

Scienza o apologia? 13di Roberto Monicchia

Una mostrae un mosaico da scopriredi Enrico Sciamanna

Terni e i suoi rifugiantiaerei 14di Al.Ca.

La realtàsupera la fantasia 15di Stefano De Cenzo

Libri e idee 16

giugno 2012 - Anno XVII - numero 6 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10

mensile umbro di politica, economia e cultura

copia omaggio

mensile umbro di politica, economia e cultura in edicola con “il manifesto”

Arditi’hanno chiamata “Ardire” l’opera-zione, disposta dalla Procura diPerugia, che all’alba del 13 giugno

ha portato all’arresto di dieci anarchici (duegià in carcere), con la pesantissima accusa diterrorismo. Se non fosse che la sospensionedella libertà di una persona è una cosa male-dettamente seria, ci sarebbe da ridere. Sì, per-ché è stato proprio “ardimentoso” riproporrea distanza di meno di cinque anni lo stessocopione con gli stessi attori: si corre il rischiodi un identico fiasco.Colpiscono, infatti, le analogie con l’opera-zione Brushwood, rivelatasi in gran parte unballon d’essai. Forse vale proprio la pena ricor-dare che il teorema accusatorio messo in esse-re dalla Pm Manuela Comodi è stato pesante-mente ridimensionato dai giudici delTribunale di Terni che, poco più di un annofa, hanno emesso sentenza nei confronti dei 4giovani spoletini bollati come “eco-terroristi”.Per due di loro nessuna associazione sovversi-va, solo scritte sui muri e danneggiamenti.Per gli altri due il riconoscimento del reatoassociativo ha comunque comportato unapena molto ridotta rispetto a quella chiestadal Pm, segno di un quadro probatorio incer-to, che sarà complicato per l’accusa ripresen-tare in appello. Eppure a leggere i giornalisembra che la memoria di cronisti e com-mentatori si sia inceppata. Anzi, qualche ardi-mentoso, non esita, anche a costo di figurac-ce, a risalire proprio alla vicenda dei giovanispoletini come momento originario di questonuovo “male” destinato a travolgerci. Non cistanno facendo mancare nulla: riflettori sugli“eroi” salvatori e pesanti ombre sui “mostri”,interviste-tappetino, l’immancabile pareredell’esperto (nella verde Umbria anche il ter-rorista vive meglio?). Insomma un vero e pro-prio circo Barnum. Nessuno che si sia preso la briga non diciamodi aprire un’inchiesta parallela, ma quanto-meno di assumere una posizione deontologi-camente corretta e quindi equidistante daaccusa e difesa. Le uniche fonti sono quelleinquirenti: veline, appunto. Nessuno cheabbia ricordato che l’indiscusso protagonistadi questa replica, il capo dei Ros generaleGiampaolo Ganzer, il prossimo settembreandrà in Appello per tentare di ribaltare lacondanna a 14 anni di detenzione che, nelluglio 2010 il Tribunale di Milano gli hainflitto per avere costituito un’associazionefinalizzata al traffico di stupefacenti. Eradoveroso farlo.

L

Senza prospettivaI

Page 2: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

l fatto del mese è un fattomediatico. “La Repubblica”dell’8 giugno ha pubblicato

due pagine su “Perugia paradisoperduto”, trasformata dalle gang in“capitale della droga”. Ne è autoreAttilio Bolzoni, cronista palermita-no noto per il suo coraggio nelladenuncia di rapporti tra mafia,potere e affarismo, il cui libro piùrecente stigmatizza la tendenza aridurre i grandi delitti a “crimina-lità organizzata”. L’inchiesta, piùnel linguaggio che nella sostanza,presenta note di stonato sensazio-nalismo, ma racconta fatti accertatie a Perugia noti per chiunqueabbia occhi ed orecchie aperti. La reazione è sorprendente, specieda parte di giornali, giornalisti,uomini pubblici di vario genere,per lo più inclini a campagne ditipo securitario. Gira la tesi del“complotto”. Tra i primi a ipotiz-zarlo, sul “Giornale dell’Umbria”,Alessandro Campi, pensatore dellanuova destra e della Fondazione diColaiacovo: scrive di “una stranamanovra” del quotidiano romanoper “screditare e danneggiare lacittà e i suoi vertici amministrati-vi”, aggiunge le inquietanti do-mande di rito (“per quale ragione?

a vantaggio di chi?”). In conferenzastampa, con il metodo del “dico enon dico”, il sindaco Boccali sug-gerisce: “la Repubblica” forse nonha gradito la festa dell’architetturache il Comune di Perugia ha orga-nizzato insieme al “Corriere dellasera”, suo principale concorrente.Bolzoni, insomma sarebbe un kil-ler al servizio di una vendetta pri-vata. L’attacco sembra non aver atterritoBolzoni, aduso a vedere le suedenunce minimizzate e le sueintenzioni sporcate da giornali eautorità siciliani, ma preoccupa lepersone di buon senso. A noi èvenuto in mente Johnny Stecchino,con una variante: “Perugia è bellis-sima ma ha un problema” (nontanto il “traffico” - come Palermo -quanto la libertà di stampa).I pronunciamenti hanno riempitole pagine delle cronache locali:Bolzoni avrebbe usato con troppadisinvoltura le statistiche, Perugianon merita questo. L’acme è statoraggiunto da Guarducci, patron diEurochocolate, con la minaccia diuna protesta nella sede del giornaleche chiama Banana republic. Unicavoce fuori dal coro Barelli, di ItaliaNostra, per il quale Bolzoni è reti-

cente sulle responsabilità politichedel degrado del centro storico,diventato facile ricetto per traffici espacci, e sui sindaci che proclama-no politiche repressive del tuttoinutili per il contrasto a un feno-meno da tempo in grande crescita. In effetti Boccali ha lasciato caderela cauta apertura (di cui - chissàperché - siamo stati tra i pochissi-mi a riferire) sulla legalizzazionedei derivati della cannabis e, ringal-luzzito dal campanilismo, fa inten-dere che tutto o quasi si risolveràcon le caserme e le volanti.Trascinato dalle cose ha dato unruolo all’associazionismo cittadinoper riempire gli spazi del centrocittà il 20 giugno, “giornata dell’i-dentità cittadina”, ma le feste -anche laiche - passano, lasciandogabbati santi e fanti. Sui giornali locali intanto si è lettodi una task force comunale antipu-sher: sedici vigili urbani addestraticon la pistola, nel karate e in altretecniche di ammanettamento econtenimento. Tra queste il kravmaga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldatiisraeliani”. Perugia come Israele.Evviva!

I “mille” e la crisii è svolta il 19 giugno a Terni una manifesta-zione di protesta organizzata da alcune asso-ciazioni “datoriali” (Confartigianato, Conf-

commercio, Confesercenti, Confimpresa). I bersaglierano tasse, burocrazia, abusivismo, crediti bloccati.La manifestazione ha avuto abbastanza successo: igiornali parlano di “marcia dei mille”, ma al di là deinumeri, sempre un po’ ballerini, ha colpito la quan-tità di botteghe artigiane e di negozi con le saracine-sche abbassate. Molti, nonostante qualche defezione:dalla parrucchiera al negozio dal marchio storico. Lamanifestazione ha goduto del sostegno di quel cheresta del “popolo” berlusconiano e dell’attenzionedella giunta di centrosinistra. Lo stesso giorno è stato diffuso e commentato undrammatico rapporto Bankitalia sull’economia regio-nale. Non mancheremo di compiere sui dati le rifles-sioni che richiedono, ma alcune cose saltano subitoagli occhi: Pil in caduta, commercio ed edilizia fermi,depositi e conti correnti in via di prosciugamento,scarsi investimenti scendono rapidamente, difficileaccesso al credito. La “ripresina” di cui qualche mesefa si parlava non è durata. I tecnici di Bankitalia - checommentano i dati con la stampa - protervamentevalorizzano i risultati di imprese medio-grandi cheaprono all’hi tech e puntano alle esportazioni, ma èricetta che non apre speranze alla frastagliatissimapiccola impresa, anche industriale, tant’è che a Terniperfino alcuni iscritti a Confindustria hanno volutopartecipare alla manifestazione con i commercianti egli artigiani. E a queste impostazioni di tecnici, quan-to meno un po’ cervellotiche, una risposta viene pro-prio dalle voci che i giornali raccolgono in marginealla “marcia”: non c’è salvezza senza una ripresa deiconsumi interni. Molto dipende dai redditi e dai sala-ri di pensionati e lavoratori dipendenti. Ma da quel-l’orecchio molti non ci sentono, dal governo dei tec-nici agli specialisti di Bankitalia e Confindustria,senza escludere le dirigenze delle associazioni che aTerni protestavano.

L’abortoe l’arzigogolospoletino

i quando in quando ci riprovano. I cosiddetti“movimenti per la vita” mal sopportano lalegalizzazione dell’aborto e l’autodetermina-

zione della donna; pertanto si erano mobilitati in unasorta di pressing sulla Corte costituzionale, per ottene-re la cancellazione - totale o parziale - dell’odiatalegge 194. Invano. La storia era nata a Spoleto, ove uno zelante giudicetutelare del tribunale in via di chiusura aveva tirato inballo una sentenza della Corte di giustizia europea diLussemburgo, a cui attribuiva valore costituzionale invirtù dei trattati stipulati, che affermava (chissà conquale competenza) che ogni ovulo fecondato “deveessere considerato come embrione umano”. Il magi-strato spoletino ne desumeva che l’interruzione digravidanza nei primi novanta giorni comporta “l’ine-vitabile distruzione di quell’embrione umano ricono-sciuto come soggetto da tutelarsi in modo assoluto”.La suprema corte ha risposto seccamente no all’arzi-gogolo spoletino e agli interventi a sostegno dei “prolife”.La legge 194 resta tuttavia sotto attacco durissimo, inparticolare per il quasi generale ricorso dei ginecologiospedalieri ad una obiezione che, in molti casi, è piùdi comodo che di coscienza. E’ una situazione in cuile donne che vogliono interrompere la gravidanzadevono scontare rinvii e trasferimenti, con il pericolodi uscire fuori dai termini di 90 giorni previsti dallalegge. E’ documentato in diverse inchieste giudiziarieil ritorno all’aborto clandestino, con alcuni casi dimorti sotto i ferri. La crisi economica e l’immigrazio-ne non regolare può ulteriormente ampliare il campodi affari di “mammane” e nuovi “cucchiai d’oro” (inpiù casi medici che in ospedale obiettano). Forse ètempo che si organizzi una difesa e un rilancio della194 non puramente formale.

Paperette nel mirinoNel pittoresco linguaggio da fucilieri tanto in voga ad Equitalia, il 27maggio il “corrierino” annuncia che alcune manifestazioni e sagresono nel “mirino”. Pare che ai vincitori di lotterie vengano offerti ani-mali come “pony, caprette e paperette”. A ciò si aggiunge il fatto chein un negozio degli animali regalino ai clienti un pulcino. La Lav (Legaantivivisezione) protesta: non si danno animali vivi in premio o in rega-lo, è “estraneo al costume civile”, perché la cosa ostacola “lo svilup-po dell’empatia”. L’assessore Lorena Pesaresi conviene: “E’ questio-ne di etica, non è educativo”. Sembra invece che non incontrino osta-coli i premi costituiti da animali ammazzati e trattati: i capponi e gliagnelli macellati come i prosciutti e i capocolli, ambiti trofei nelle garedi briscola, non sono in alcun mirino. Il vice sindaco Arcudi, d’originecalabrese, interrogato, ha dichiarato di non saperne nulla.

La scoperta della trotaSabato 9 “Il Messaggero” regionale dà conto di un convegno aNorcia sulla piscicultura, con operatori del settore e assessorivari. Quello provinciale, un certo Bertini, annuncia: “Abbiamofatto una scoperta: le trote nel territorio regionale non si consu-mano”. Come soluzione del problema propone “un tavolo tra isti-tuzioni e produttori”. Meglio sarebbe una tavola. Il titolo, poi, èdavvero enfatico, Una pinna ci porterà fuori dalla crisi. Ma va!

Province alla riscossaImportante missione in Sicilia per Guasticchi. Secondo il Corrieredell’Umbria a fine maggio il presidente della Provincia di Perugia haincontrato Giuseppe Castiglione, suo omologo a Catania e presiden-te dell’Upi. Il Castiglione ha di recente ricevuto un avviso di garanziaper vicende relative all’area dell’ex cartiera Siace nel comune diFiumefreddo di Sicilia, ma avrebbe molto apprezzato il progetto “LoStato siamo noi”, di cui l’Ente perugino è capofila. A quanto pareGuasticchi ha incontrato scolaresche a cui, forte dei recenti esempidati dal suo Ente in materia di appalti, ha parlato di legalità.

Il rosso e il grigioIl vicesindaco del centrodestra di Deruta, Franco Battistelli, inve-ce di ringraziare il Pd per aver favorito la conferma dei berlusco-niani nel Comune della ceramica, lo attacca: “Katiuscia Papi vuolseminare zizzania nella maggioranza sulle nomine in giunta… Suibanchi della minoranza non c’è il Pd ma un vecchio Par titoComunista grigio e rancoroso”. Lui, vecchio militante diDemocrazia Proletaria, i comunisti li preferisce rosso vivo.

Don Riccardoe la mondanità “sprecata”E’ uscita a pochi giorni dall’inizio della programmazione estivadell’Anfiteatro di Terni una curiosa intervista a Don RiccardoMensuali, segretario generale della Curia ternana. L’AnfiteatroFausto è stato finora un’occasione mancata, “mi sembra che ci siaccontenti un po’” dice il monsignore. Al diavolo tutti coloro chelavorano (ci sono più volontari in questo ambito che in chiesa) per lariuscita di quel poco che ancora riesce a vivificare Terni; e sianolodati invece gli amministratori, visto che secondo l’illuminato gior-nalista “l’assessore quest’anno è riuscito a coordinare tutte le atti-vità e a creare un cartellone da giugno ad agosto”.

Mancato gradimentoIl “Messaggero” del 20 giugno racconta le origini di una baruffaal centro di Perugia dopo la partita dell’Italia: “Uno studente uni-versitario, ubriaco, mostra il lato B ai carabinieri che stannofacendo i controlli”.

il piccasorci

2commentigiugno 2012

Il piccasorci - pungitopo secondo lo Zingarelli - é un modesto arbusto che a causa delle sue foglie duree accuminate impedisce, appunto, ai sorci di risalire le corde per saltare sull’asse del formaggio. Larubrica “Il piccasorci”, con la sola forza della segnalazione, spera di impedire storiche stronzate e,ove necessario, di “rosicare il cacio”.

il fatto

Il complottoI

SD

Page 3: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

e diverse manovre di correzionedella finanza pubblica messe inatto dal governo attuale come dai

precedenti, a partire da quella dell’ormailontano maggio 2010, hanno tutte avuto estanno avendo pesanti impatti sulla finanzalocale e regionale, in termini di taglio ditrasferimenti e, in forza dei rigidi paletti delPatto di stabilità interno, hanno provocatoun vero e proprio blocco della capacità diinvestimento di Regioni ed enti locali. Iltutto, è bene ricordare, all’interno di unquadro economico dominato dalla crisi:non cresce la produzione, diminuisce il red-dito disponibile delle famiglie, aumental’inflazione, si amplia ulteriormente il ricor-so alla cassa integrazione e cresce il numerodei disoccupati, soprattutto giovani edonne. In questo, non certo facile, contesto si col-loca il vasto ed articolato processo messo inatto dalla Regione, con il coinvolgimento diComuni e Province, di riorganizzazione eriforma della macchina pubblica, con ilduplice obiettivo di risparmiare risorse e, altempo stesso, ripensare e ridisegnare l’interaarchitettura istituzionale nelle sue diversearticolazioni, rendendola funzionale ainuovi scenari, più efficiente ed efficace: unasfida di non poco conto che sta caratteriz-zando (e per certi versi condizionando) l’in-tera attività della Giunta regionale. Si è par-titi con la cancellazione dei doppioni (i dueAter provinciali sostituiti da un’unicaAgenzia regionale) poi si è provveduto aspingere e rafforzare forme di cooperazionee cogestione di servizi da parte dei comuni.Quindi sono stati soppresse le Comunitàmontane, le cui attribuzioni sono state tra-sferite in parte ai comuni ed in parte ad unaAgenzia regionale per la forestazione. Sistanno cancellando (il provvedimento èstato adottato dalla Giunta a metà giugno) iquattro Ati (Ambiti territoriali integrati)conferendo le funzioni in materia di risorseidriche e rifiuti ad un’unica Autorità regio-nale, cui parteciperanno i comuni; è statasoppressa l’Arusia, le cui competenze sonoritornate alla Regione, mentre analoga sorteattende l’Azienda di promozione turistica,con passaggio delle competenze di caratterepromozionale a Sviluppumbria. Nel com-plesso un buon lavoro di semplificazione edi recupero di efficienza ma anche di puli-zia istituzionale, riportando in capo ai sog-getti elettivi le funzioni di indirizzo e pro-grammazione e lasciando ad enti strumen-tali regionali, fortemente semplificati e pro-sciugati, i compiti di gestione tecnicoamministrativa.Ma la madre di tutte le riforme è quella cheha avuto avvio all’inizio di questo mese conla messa a punto di due provvedimenti - undisegno di legge ed un atto di indirizzo -relativi al riordino e alla razionalizzazionedel sistema sanitario regionale. La sanitànon solo costituisce il comparto di maggio-re impegno finanziario della Regione, assor-be circa il 60% del totale della spesa regio-nale, ma è anche quello più colpito dai taglidelle diverse manovre di aggiustamento deiconti pubblici adottate da questo come dalprecedente governo: per l’anno in corso lasanità umbra sconta una riduzione deifinanziamenti del Fondo sanitario nazionale

di 28 milioni di euro, che passano a 38 nel2013 per salire a 83 nel 2014. A regimesiamo sui 140 milioni di euro l’anno. Se siconsidera che il bilancio annuale dellasanità umbra si aggirava attorno ai 1.750milioni di euro, i tagli corrispondono ad unmese di prestazioni in meno per i cittadini.In realtà l’entità dei tagli è maggiore, in

quanto alle riduzioni dei trasferimenti dalFondo sanitario vanno aggiunti i maggioricosti derivanti dall’aumento dell’Iva, per iquali si ipotizza un aggravio nel triennio2012/2014 di circa 39 milioni di euro.Vanno poi considerati altri 12,6 milioni diminori finanziamenti statali a seguito dellaimposizione da parte del governo Monti deiticket su farmaci e diagnostica. A conti fattisi possono stimare in 200 milioni gli euroche verranno a mancare alla sanità umbranei prossimi anni. Si è perciò in presenza diriduzioni difficilmente sostenibili con sem-plici operazioni di maquillage e che metto-no in discussione la sostenibilità stessa delServizio sanitario regionale. La strada più semplice, per altro suggerita eper certi versi caldeggiata dal governo deitecnici, è quella di ridurre l’area delle pre-stazioni assicurate dal pubblico, caricandociò che ne resta fuori sulle spalle degli uten-ti; per questo tipo di operazione è stataconiata l’ipocrita espressione di “universali-smo selettivo”.La strategia individuata dalla Giunta regio-nale, almeno in base a quanto al momentosi ricava dalla lettura dei documenti propo-sti, si muove in direzione opposta: manteni-mento di un sistema sanitario universalisti-

co - che garantisca i livelli essenziali di assi-stenza e quelli aggiuntivi già previsti dallanormativa regionale - e pubblico, il tuttoall’interno di un quadro di decisa regolazio-ne programmatoria in capo agli organiregionali.Per raggiungere questi obiettivi, è necessa-rio, innanzi tutto, tenere sotto stretto con-

trollo la dinamica della spesa a partire dainterventi di razionalizzazione degli approv-vigionamento di beni e servizi, attraverso lacostituzione di una Centrale unica di com-mittenza, il riassetto della logistica deimagazzini farmaceutici, la gestione su baseregionale del sistema assicurativo. In questaottica si procederà alla riduzione delle Asldalle quattro attuali a due, mentre sul terri-torio si andrà ad una riorganizzazione edaccorpamento dei punti delle prestazioninon decentrabili (vaccinazioni, attività deiconsultori familiari, attività di medicinalegale, etc.). Vengono invece riconfermate ledue Aziende ospedaliere di rilievo nazionale- di Perugia e di Terni - dotate di autono-

mia gestionale ma con un unico organo dicontrollo ed indirizzo e per le quali si profi-la l’adozione di un modello organizzativo efunzionale di aziende ospedaliero-universi-tarie, puntando ad una più decisa integra-zione tra attività didattica, di ricerca e assi-stenziale. In questo ambito si colloca lariorganizzazione delle chirurgie di alta spe-cialità (neurochirurgia, cardiochirurgia echirurgia toracica) presenti nelle due azien-de che dovranno funzionare, in un’otticaregionale, attraverso la costituzione didipartimenti unici interaziendali. Parimentisi prevede la riorganizzazione delle strutturedi chirurgia generale (ammontanti attual-mente a 18) e delle chirurgie specialistiche,limitando il percorso dell’urgenza-emergen-za ai soli presidi con Dipartimento di emer-genza e accetazione (Dea) e favorendo losviluppo di integrazioni ospedaliere conpool itineranti di professionisti per aumen-tare, in tal modo, l’offerta delle prestazionia maggior impatto, soprattutto sulla mobi-lità passiva extraregionale (chirurgia pedia-trica, oculistica, otorino).Sempre nel territorio andrà avanti l’espe-rienza delle case della salute, individuatecome modello di ricomposizione dell’offer-ta di assistenza primaria, in stretta collabo-razione con i medici di famiglia, così comesi prevede la riorganizzazione della reteemergenza-urgenza, con la definitiva attiva-zione della centrale unica del 118 già nellaseconda metà del 2012 e la ridefinizionedegli assetti organizzativi dei dipartimentidi emergenza-accettazione. Per alleggerire icosti dei ricoveri nelle due Aziende ospeda-liere di Perugia e Terni verrà sviluppata l’of-ferta di cure intermedie attraverso l’amplia-mento dei posti letto di residenze sanitarieassistenziali e la riconversione di quelliospedalieri di medicina generale. Infine perl’area materno infantile è prevista una ridu-zione dei punti nascita sulla base di unparametro standard di almeno 500 nascitel’anno (attualmente su 11 punti nascita 5sono al di sotto di tale soglia).Insomma, si èin presenza di un tentativo serio di rimette-re ordine nella sanità umbra, di ripristinaregerarchie decisionali, di riprendere a ragio-nare in termini di programmazione. Sin quigli intendimenti della Giunta, che vorrebbechiudere l’operazione entro l’estate, maadesso si apre una fase di confronto con leforze sociali, i territori, le forze politiche, ele prime avvisaglie non fanno ben sperare.Certo è stucchevole, a fronte di questioni ditale pesantezza, vedere forze sociali ed isti-tuzionali mobilitarsi per il mantenimentodi un ufficio piuttosto di un altro, di unreparto quando a dieci chilometri di distan-za c’è n’è un altro, più efficiente.

Totale al 22 giugno 2012: 475 euro

sottoscrivi per micropolis

3 p o l i t i c agiugno 2012

L

Che cosa ci attende con la riforma della sanità regionale

Far di necessità virtùFranco Calistri

Page 4: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

n un libro del 2000, Mauro Caliseindividuò nel “partito personale”, ossianel ruolo carismatico del capo che si

riproduceva a livelli inferiori e periferici, iltratto distintivo del sistema politico dellaseconda Repubblica. Partito personale pereccellenza era quello di Berlusconi, in cui ilcarisma del capo costituiva una sorta digaranzia nei confronti di subalterni e sodali.La personalizzazione giocava un ruolominore nel suo principale competitore, ossiail Pds-Ds-Pd, non fosse altro perché nessu-no rappresentava il pivot e la frammentazio-ne derivava da una lunga storia di assem-blaggi e scomposizioni, di interessi di tipodiverso coagulati nel corpo del partito. Ciònon toglie che il capo carismatico fosse l’o-biettivo a cui tendere, non a caso quasi tuttii partiti, compreso l’ultimo arrivato, Sel,hanno nel simbolo elettorale il nome delleader. La fine della epopea berlusconiana,ma anche fatti internazionali - dall’eclisse diBlair alla sconfitta di Sarkozy - hanno messoin crisi l’idea del leader carismatico. Il fattoche non ci sia più o che pesi meno che inpassato è una delle cause della fibrillazione

del sistema politico. La crisi del Pdl o dellaLega si riflette anche sulle altre formazioni,prima tra tutte il Pd. D’altro canto quest’ul-timo sta tentando, senza risultati o megliocon esiti deludenti, di ridefinire la proprialeadership perlomeno da tre anni, da quan-do cioè Veltroni si è dimesso dalla segreteriadi un partito in realtà ancora non nato, chedal 2007 non aveva ancora fatto congressi eche si reggeva sostanzialmente solo sul man-tra delle primarie. Da allora sono fioriteaggregazioni interne, fondazioni e associa-zioni, correnti e sottocorrenti, in un clima diframmentazione che attraversa l’insiemedella struttura dal centro alla periferia.Sensibilità culturali, interessi economici e dipotere, pulsioni generazionali si intreccianoin un processo che spesso è difficilmenteleggibile.

Arrivano i “quarantenni”Un esempio di ciò è quanto avvenutovenerdì 15 giugno alla Sala dei Notari, dovesi è presentata la corrente ultima nata delPd, quella dei quarantenni bersaniani.C’erano pressoché tutti: la presidente in

carica della Regione, assessori regionali, sin-daci, presidenti di agenzie, in altri terminibuona parte del quadro “attivo” democraticodel Pd di provenienza Ds. Non mancavaneppure qualche veltroniano di stretta osser-vanza (Agostini) ed era presente una foltadelegazione della Cgil, mentre erano assentila ex governatrice della Regione Maria RitaLorenzetti e gli ex popolari di GiampieroBocci. Oratore ufficiale Matteo Orfini, excapo staff di Massimo D’Alema. Titolo dellamanifestazione e denominazione della cor-rente: “Rifare l’Italia. Rinnovare il paese”.Idee forza: i partiti sono necessari, il Pd deveessere un partito che si rivolge ai lavoratori,non occorrono le liste civiche di “laRepubblica”. Se si osserva con attenzione lamanifestazione il dato che emerge è che i“quarantenni” raggruppati intorno a Orfini,Orlando e Fassina dicono in chiaro quelloche D’Alema dice in cifra e che Bersani,ingessato alla segreteria, non può dire:occorre una svolta a sinistra del paese. Manon è solo questo, non si spiegherebberoaltrimenti le assenze di dalemiani doc comeMaria Rita Lorenzetti. Non si tratta solo di

riaffermare l’orgoglio diessino, ma anche dichiamare a raccolta i quarantenni o megliogli under cinquanta dei bersaniani-dalemia-ni, proponendo un cambio di marcia e didirezione. D’altra parte appare ovvio che nelmomento in cui si schierano tra gli oratorila governatrice in carica e il sindaco diPerugia, e sono presenti buona parte deipoteri locali, tutti o quasi si sentano obbli-gati alla presenza. Si avvicinano le elezionipolitiche con le conseguenti candidature, sidevono nominare direttori di agenzie e dienti, ecc. Tutti, sia a livello regionale che neiterritori, cominciano a dislocarsi. Cercanocollocazione coloro che non saranno rican-didati mentre, supponendo che il Pd riman-ga partito di maggioranza relativa, e chequindi possa aspirare a governare, cometutto lascerebbe pensare, si aprono prospet-tive per posti di sottogoverno che implicanoamici e sodali o, perlomeno, presuppongononon ci siano opposizioni.C’è un ulteriore dato che non va sottovalu-tato ed è che la manifestazione è una plasti-ca rappresentazione della crescente fram-mentazione del partito, un’ulteriore disarti-

4po l i t i c agiugno 2012

Il Pd tra aggregazioni nazionali e articolazioni territoriali

Un mare agitatoe pieno di correnti

Renato Covino

I

Hokusai Katushika, La Grande Onda

Page 5: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

5po l i t i c agiugno 2012

colazione degli schieramenti congressuali,l’espressione di un non superato spirito difazione (Ds versus Margherita, dalemianiversus veltroniani). La domanda - di nuovo- è cosa sia oggi il Pd, quali siano le forze egli orientamenti che al suo interno si affron-tano, quali interessi rappresentino, come siintreccino con pulsioni territoriali e ambi-zioni di singoli cacicchi locali.

Dal vecchio al nuovoChe dalla fine del Pci le correnti e le frazio-ni all’interno del Pds prima e dei Ds poifossero una realtà corposa, un modo di fun-zionare del partito, era assolutamente evi-dente, come pure era palese che laMargherita fosse tutt’altro che compatta. IlPd è non solo o non tanto la fusione freddatra Ds e Margherita, quanto un coacervo diposizioni con punti di riferimento diversi.Come ciò si esprima è per molti aspettioscuro e criptico sia a livello nazionale chesu scala regionale.In questa vicenda c’è un punto di partenzache è rappresentato dal giugno 2009, quan-do parte la corsa per la segreteria del Pddopo le dimissioni di Walter Veltroni. Inrealtà il Pd già appariva regolato da mecca-nismi di sovranità controllata. I gruppi diri-genti si erano fusi, non altrettanto i patri-moni. I Ds avevano costituito una fondazio-ne diretta da Sposetti, l’ex tesoriere del par-tito, con articolazioni in tutte le regioni.Qui in Umbria il patrimonio dei Ds (archi-vi, sedi, ecc.) fa capo alla Fondazione PietroConti, di cui era presidente il compiantosen. Raffaele Rossi e, dopo la sua scomparsa,è presieduta dall’ex parlamentare AlbertoProvantini e il cui amministratore delegato èRenzo Patumi, ultimo amministratore delvecchio partito in Umbria. Il consiglio diamministrazione è costituito da rappresen-tanti delle diverse zone della regione. Il Pdusa le sedi dei Ds sotto la forma del como-dato. Si tratta di un patrimonio consistente,almeno in Umbria, stimato intorno a 15-20milioni di euro. La liquidità è garantita dairimborsi elettorali che, come è risultato evi-dente nel caso Lusi, ancora vanno alle vec-chie formazioni. Meno strutturata la situa-zione patrimoniale della Margherita. Le sedidi Perugia, quella in cui ha sede l’Associa-zione Umbria Domani che fa capo all’onGiampiero Bocci, era di proprietà della Dce poi del Partito Popolare; analoga la situa-zione a Terni, dove in via Galvani continua-no a riunirsi gli ex popolari, indipendente-mente dalle afferenze alle correnti nazionali.Dai primi anni Duemila, almeno nei Ds,diviene meno rilevante nel finanziamento ilruolo delle tessere, delle feste e dei contribu-ti degli amministratori, mentre cresce ilpeso del finanziamento pubblico ripartito subase regionale in base al numero degli elet-tori. La situazione si aggrava con la nascitaeffettiva del Pd, che si costituisce nei fattisolo con l’elezione di Bersani alla segreteria,attraverso le primarie e il congresso nell’ot-tobre 2009. Le correnti o, come si chiama-no oggi, le sensibilità culturali, già all’epocanon erano tre come appariva dalle mozionicongressuali, ma almeno sei o sette. In Umbria la situazione è analoga. I bersa-niani vincono il congresso con il 49% e solola tregua tra le correnti porta all’elezione diBottini. Per contro si scatena la battaglia perla candidatura a governatore, che porta allanon riproposizione di Maria Rita Lorenzettie allo scontro nelle primarie di partito traCatiuscia Marini e Giampiero Bocci, con-cluso con la vittoria della prima sul secondo. Col tempo le correnti si sono riorganizzate.Quella Bersani-D’Alema si è disarticolata eriarticolata - i quarantenni sono frutto diquesto processo, Marino si riavvicina aBersani, Veltroni costituisce Areadem,Franceschini quella Modem, Fassino si auto-nomizza e si avvicina a Bersani, Enrico Lettacostituisce una sua corrente, Fioroni forma-

lizza la sua posizione e da vita a Futuro popo-lare.

Le Fondazioni nazionaliChe succede in Umbria? Nella regione siincrociano le questioni legate all’ammini-strazione locale e regionale con le “sensibi-lità culturali” e i localismi. Ne emerge unmix micidiale che cumula le ideologie delventennio, gli interessi locali, le difficoltàdelle amministrazioni. Naturalmente icacicchi locali fanno riferimento a capi cor-rente nazionali che a loro volta si struttura-no in organizzazioni autonome. Più sempli-cemente il Pd è il cappello sotto il quale sicollocano i veri partiti, che hanno ognunoreferenti locali. Formalmente l’unica grandeFondazione organizzata è Italiani Europeiche fa capo a Massimo D’Alema e aGiuliano Amato. Essa non ha articolazionilocali, in compenso reperisce forti finanzia-menti nei territori, è il caso dei concessiona-ri dell’Aviosuperficie di Terni che risultava-no essere generosi finanziatori della fonda-zione. La raccolta avviene attraverso “collet-tori” tra cui spicca l’ex sindaco di Città diCastello Adolfo Orsini. Naturalmente nonc’è nulla di formalmente illegale, come nonè illegale il rapporto sotterraneo, ma poinon tanto, con la Fondazione Ds presiedutada Sposetti e con i funzionari umbri che adessa afferiscono, come Renzo Patumi eValentino Filippetti. Va da sé che questi col-legamenti orizzontali, che consistono in unarivista, in convegni nazionali ed internazio-nali, in finanziamenti ai candidati che afferi-scono alla “corrente”, configurano un parti-to nel partito. Italiani Europei in altri termi-ni rappresenta il residuo forte degli ex Ds, lasua lancia di resta, per alcuni aspetti il suobraccio operativo, il sostegno più solido del-l’attuale segreteria del Pd. Meno strutturataè la Fondazione che fa capo aVeltroni, che tuttaviaanch’essa organizzaconvegni e corsi diformazione politica,reperendo su piazzafinanziamenti che neconsentono la realiz-zazione. Infine la correnteFioroni ha potuto farconto, fino allo scan-dalo Lusi, suic o s p i c u ifinanzia-m en t ip r o -

venienti dai rimborsi elettorali dellaMargherita.

Referenti locali e associazioniinterne al Pd umbroIn Umbria si ha un’aderenza diretta al qua-dro nazionale, ogni esponente di qualchespicco ha un padrino nazionale a cui riferir-si. A ciò si aggiungono i contrasti personalie d’interessi che spesso provocano ulterioridisarticolazioni. Così se a Bersani fa riferi-mento buona parte del quadro amministra-tivo, dalla Marini in giù, D’Alema - chesostiene Bersani - ha come referenti nonsolo gli esponenti della Fondazione Ds e diItaliani Europei, ma anche, sia a Perugia chea Terni, alcuni sindaci, oltre a Maria RitaLorenzetti. Peraltro da Italiani Europei gem-mano altre associazioni, come Rose Rossed’Europa che ha come principali esponentiValentino Filippetti e Valerio Marinelli, exesponente della corrente congressuale legataad Ignazio Marino.Analoga la situazione delle altre correnti.Veltroni ha come lance di punta umbreVerini e Agostini; Fioroni Bocci e gli expopolari; di osservanza lettiana sono SauroCristofori e Carlo Liviantoni, anche se que-st’ultimo a Terni non disdegna contatti congli ex popolari che fanno la fronda al sinda-co. A Fassino sembra facciano capo ManlioMariotti, Fabrizio Bracco, Marina Sereni,Giampiero Rasimelli. D’altro canto vicina aRosy Bindi è l’ex assessore regionale MariaProdi. Non è detto che ogni corrente diavita a strutture politico culturali, anzi spessoqueste nascono parallelamente ad esse ocome ulteriore articolazione delle stesse. E’il caso di Lettere riformiste di Gianni Barro eAngelo Morosi, che sembra non avere refe-renti nazionali, oppure Progetto per l’Umbriadel presidente della Provincia di PerugiaGuasticchi, che sembra in opposizione conil capo corrente ex popolare GiampieroBocci, ma continua ad avere rapporticon il gruppo di Fioroni, mentre flir-ta con Matteo Renzi ed i suoi rotta-matori. Quello di Guasticchi non èil solo caso di appartenenza multi-pla. Pare infatti che sia in progettouna nuova aggregazione filobersa-niana a Perugia, che avrebbe i suoi

esponenti maggiori inLocchi, Piccioni eMarinelli che giàrisulta attivo in

Rose Rossed’Europa.Insomma leassociazio-ni, siap u r e

poche e di vita stentata, fanno parte di posi-zionamenti in vista di campagne elettorali edell’acquisizione di posizioni apicali nelleamministrazioni e non solo.

Aggregazioni e scontrinei territoriSe del resto si guarda ad alcuni movimentilocali e alle aggregazioni oggi in sonno, sicomprende come tale processo serva percompattare le rispettive schiere per affronta-re in modo più agevole appuntamenti poli-tici. Si pensi a Pensiero democratico, l’associa-zione che faceva capo al consigliere regiona-le ternano, oggi assessore, Rossi. Nata acavallo del congresso, è sopravvissuta finoalle elezioni regionali, poi con l’assunzionedi incarichi apicali da parte di Rossi si èandata lentamente spegnendo, rinunciandoa pubblicare il periodico (di cui è uscito unnumero) e a promuovere attività culturali.Insomma, raggiunto l’obiettivo, la si è con-gelata in attesa di tempi migliori. Ma c’è un’altra vicende associativa che fariferimento ai Ds ternani e merita qualcheattenzione. E’ quella della struttura di soste-gno di Radio Galileo, l’ultimo residuo diradio locali legate all’ex Pci. La legge sulfinanziamento dell’editoria prevede che pur-ché si costituiscano associazioni che abbianocome garante un parlamentare, esse possanoricevere contributi da enti pubblici.Inizialmente il garante era il sen. Leopoldodi Girolamo. Divenuto quest’ultimo sinda-co di Terni, l’incarico è stato assunto daldeputato ternano Trappolino. In compensoDi Girolamo ha stanziato come Comune uncongruo contributo che oggi viene contesta-to da più settori del Consiglio comunale. Siparla di rendiconti inesistenti, di scarsa tra-sparenza, ecc.; probabilmente non ci sonoaddebiti legali, ma la questione politica,soprattutto in tempi di crisi, rimane tuttaintera.Infine - non c’entra nulla con associazioni ecorrenti, ma dà il segno del clima - la que-stione d’Orvieto. Il segretario comunaleLeonardo Marini, di provenienza margheri-ta ma appoggiato dall’ex sindaco Mocio,dall’ex assessore provinciale Capoccia e dal-l’on Trappolino, è stato costretto alle dimis-sioni. Pare che l’abbia mollato il consigliereorvietano Galanello, ma dietro c’è una fron-da che punta a far fuori Trappolino e recu-perare per altri il suo seggio parlamentare.Insomma associazioni, correnti, fazioni inUmbria sono in movimento in vista delleelezioni del prossimo anno; è assai probabileche ne nasceranno delle altre in prossimitàdelle primarie di collegio (se ci saranno).D’altra parte alcuni parlamentari verosimil-mente non verranno riconfermati, altri sem-brano garantire una presenza preponderantealle correnti di minoranza, l’unico bersania-no umbro in Parlamento è proprioTrappolino. Appare quindi ragionevole pen-sare che si facciano avanti nuovi candidatiche si appoggeranno alle aggregazioni inter-ne di cui sono pronti a costituire i corrispet-tivi gruppi locali, atti a definire alleanze tradiversi, specie se si andrà alla reintroduzionedel voto di preferenza.Tutto ciò, tuttavia, testimonia uno stato diframmentazione che configura il Pd comeuna sorta di Dc del nuovo secolo, piuttostoche un partito socialdemocratico di stampoeuropeo, ma con una non piccola differen-za. La Dc rispondeva ad un criterio esterno,che era quello del magistero della Chiesa edell’unità dei cattolici, si divideva ma non siscindeva; nel caso del Pd questo non è undato scontato. Se il combinato disposto crisieconomica-crisi politica continuerà ad ope-rare prima e dopo le elezioni, se le percen-tuali di cui è accreditato il Movimento 5Stelle diventeranno voti veri, se proseguirà lacrisi del Pdl, può diventare probabile cheimploda anche il Pd. Non è detto che sia unmale.

Page 6: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

artedì 12 giugno, ad un annoesatto dal referendum contro laprivatizzazione dell’acqua, il

Comitato provinciale di Terni per l’acquabene comune ha consegnato ai funzionaridel Sii (servizio idrico integrato) centinaiadi reclami per la mancata applicazione degliesiti referendari. La campagna di obbedien-za civile è partita in molte città italiane -nei giorni del primo compleanno dellagrande vittoria del popolo referendario -con lo scopo di far rispettare il voto espres-so dai 27 milioni di cittadini che hannopartecipato alle consultazioni. Rispettare ilvoto significa inequivocabilmente eliminaredalle bollette dei servizi idrici la “remunera-zione del capitale investito”, voce di spesaabrogata dal secondo quesito referendario.Nessun gestore ha, ad oggi, applicato lanormativa in vigore dal 21 luglio 2011: pertutta risposta, i comitati già attivi durantela campagna referendaria sono tornati a farsentire la propria voce, chiedendo la decur-tazione dalle bollette del capitolo di spesaabrogato dal voto popolare e sottoscrittodal Presidente della Repubblica nel lugliodello scorso anno. La campagna di obbe-dienza civile si è svolta - a Terni - principal-mente in occasioni e spazi pubblici, ed èstata sin dall’inizio caratterizzata dalla deci-sa volontà di denunciare il gravissimo“furto di democrazia” per cui il voto dimilioni di cittadini rischia di essere scaval-cato dagli interessi del capitale. In questo senso la situazione ternana noncostituisce un’eccezione: in tutta Italia èvalso un giochino - suggerito curiosamenteda Napolitano junior ad Acea - che prevedelo spostamento della cifra illegittima dallavoce “capitale investito” a quella “costofinanziario della fornitura del servizio”. Ilprofitto non va dunque eliminato, bastache non venga considerato un “utile” maun costo per l’erogazione del servizio: è suf-ficiente dunque cambiargli di nome e ilpericolo di una gestione dell’acqua senzalucro è sventato. Non a caso, a partire da gennaio 2012,dalla bolletta del Sii è sparito quel 7% diremunerazione del capitale ed è comparsoun magico aumento del 6,22% del costodella fornitura dell’acqua. La tesi di GiulioNapolitano, per cui la cifra in questionenon è un profitto per le Srl bensì un costodi gestione del servizio, è stata dunqueaccolta a Terni come altrove - Puglia vendo-liana compresa.

Ed è esattamente questo l’argomento utiliz-zato dall’amministratore delegato del Sii almomento del confronto con i rappresen-tanti del Comitato provinciale ternano: si

tratterebbe di costi di gestione, non di pro-fitto. Durante la consegna dei moduli c’è statoun lungo confronto tra il comitato referen-

dario e l’Ad del Sii, Graziano Bernardi, cuisono stati esposte le ragioni delle centinaiadi cittadini ricorrenti e della lotta perchél’acqua sia un bene comune e non unamerce. Ben 416 famiglie, soltanto in questaprima fase della campagna, hanno chiesto ilrimborso del 7% della bolletta. Ma dal Siirispondono che si applicano tecnicamentele delibere dell’Ato, l’assemblea dei sindaciche dispone le linee guida della gestione delservizio. Da parte del Comitato non puòche essere sottolineata la permeabilità deirapporti tra l’Autorità (l’Ato) e il gestore (ilSii), che poi è quella che caratterizza tuttele gestioni miste pubblico-privato, tramitele quali i poteri forti si rinnovano sul terre-no fertile dei servizi essenziali come lagestione di acqua, vie di comunicazione erifiuti. La società consortile Sii è al 75%pubblica (composta per il 51% dai Comunidella Provincia, per il 18% dall’Asm, l’a-zienda municipalizzata del Comune diTerni, e per il 6% dall’Aman di Narni eAmelia), e per il 25% in mano alla pro-prietà privata di Umbriadue Scarl.Ricordiamo che al tempo dell’applicazionedella Legge Galli in Umbria, parte dellaUmbriadue Scarl era riferibile all’imprendi-tore Agarini, figura non proprio marginaledell’economia ternana, in stretto sodaliziocon la precedente amministrazione. Adoggi, a fronte delle battaglie contro ilrevamping dell’inceneritore Terni-Ena, nonstupisce la presenza di Acea anche nella hol-ding che fa profitti sul servizio idrico nelternano. Sembrerebbe singolare la situazio-ne per cui i Comuni della Provincia dianodirettive ad una società di cui essi stessisono gli azionisti di maggioranza. La spie-gazione è semplice: il ruolo preponderantedel “pubblico” è solo apparente; i pattiparasociali assegnano al privato un ruolodecisivo in quanto le decisioni vengonoassunte non a maggioranza ma con il 76%dei soci, quindi i Comuni sono prigionieridi una normativa per cui il pubblico siassume le responsabilità, mentre gran partedelle carte sono in mano al privato.Il Comitato è riuscito ad ottenere un pros-simo appuntamento col dirigente dell’Ato:la speranza è che non vengano utilizzateancora - nei confronti di cittadini consape-voli e non certo ingenui - manovre eversiveche spostano responsabilità e parole lascian-do tutto com’è, con lo storico risultato delreferendum dello scorso anno completa-mente, illegittimamente, disatteso.

Intervista ad Oriana Marchi,Comitato Provinciale per l’acqua bene comune

Al. Ca.

Qual è stata la risposta della cittadinanza di fronte a una nuova campagna dello stesso comitato che vinse la battaglia referendaria? Ci si aspettava un così evidente diniego di quantoespresso dal voto popolare?La gente ci ha riconosciuto e questo ha facilitato la raccolta delle lettere di diffida. E’ ovvio che se potessimo contare sui mezzi di informazione tutto sarebbe più facile, ma i giornalistipurtroppo raramente ci prendono in considerazione. Recentemente l’Umbria Water Festival ha imperversato per un intero fine settimana in tutta la regione: tutti insieme l’hanno datavinta a chi ha inteso, purtroppo con il supporto delle istituzioni provinciali e regionali, “eventizzare” l’acqua come già successo con il cioccolato, dimenticando che l’acqua ha invecebisogno di protezione e sensibilità.Qualcuno è rimasto allibito dalle nostre denunce perché riteneva che, una volta raggiunto il quorum al referendum del 2011, la storia fosse già diversa; altri, più attenti, si erano resiconto che nulla è ancora cambiato e sono stati ben felici di avere un’altra opportunità per dimostrare il loro malcontento. Da qui il buon successo della Campagna anche nei nostri terri-tori.Pensi che la situazione della provincia di Terni presenti delle specificità rispetto a quanto avviene a livello nazionale?Purtroppo sì, anche a livello regionale: basti pensare che un metro cubo d’acqua nel ternano costa quasi il doppio che nel perugino. Nel ternano, oltre alla “remunerazione del capitale” -il famoso 7% che dovrebbe essere decurtato dalla bolletta per effetto del referendum - stiamo pagando anche 17 milioni di euro a copertura delle perdite che il gestore (il Sii scpa) haavuto negli anni passati e che l’Ati 4 ha deciso di ripianare. Va sottolineato che questa prassi non è consentita dalla legge, tanto è vero che il Tar dell’Umbria ha emesso una sentenza inquesto senso (al momento si è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato, ndr). La cosa più vergognosa: ogni anno l’Ati adotta una delibera per stabilire la tariffa media del servizioidrico integrato che si basa sul Piano d’Ambito (il contratto stabilito a suo tempo fra Ati e Sii) e l’ha fatto anche per il 2012. Peccato che il facile conteggio che porta alla determinazionedella tariffa sia stato contraffatto e, anziché decurtare il 7%, la delibera preveda un ulteriore aumento del 7% pur se, a parole, viene riconosciuta la necessità della cancellazione dellaquota di remunerazione del capitale. Cosa si aspetta il comitato? Pensate che il gestore accetti le istanze di rimborso? Vi aspettate qualcosa da parte dell’amministrazione?Il Comitato ovviamente crede nella bontà di questa iniziativa in quanto non fa altro che ribadire quanto già sancito dal referendum e per questo si è nuovamente attivato affinché l’argo-mento, a un anno esatto, ritorni di attualità. Nello stesso tempo ci si rende conto delle difficoltà. L’attuale vuoto legislativo a livello nazionale non fa che facilitare l’alzata di spalle daparte del gestore e, quel che è peggio, da parte degli amministratori locali che, un po’ per ignoranza della materia, un po’ perché strangolati dalle ristrettezze economiche, non riescononeppure lontanamente ad immaginare una gestione del servizio idrico davvero pubblica e partecipata.Aggiungiamo che il direttore tecnico dell’Ati, l’ingegner Spinsanti, si è degnato di concedere un incontro al Comitato aggiungendo che in dieci minuti sarà in grado di spiegarci tutto,ribadendo così ancora una volta la sua odiosa certezza di aver sempre a che fare con degli ingenui.

6po l i t i c ag i u g no 2012

Una nuova battagliaper l’acqua bene comune

ObbedienzacivileAlessandra Caraffa

M

Page 7: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

a fatto scandalo il lungo articoloche Attilio Bolzoni ha dedicato aPerugia, pubblicato l’8 giugno da

“Repubblica”. Certo, per gli amministratorilocali la definizione di supermercato delladroga non è gradevole, come non è piace-vole sentir raccontare che la città è divenutaterreno di conquista dei clan mafiosi o‘ndranghetisti, specie dopo aver sostenutoper anni che Perugia era un’isola felice, chei fenomeni di spaccio erano tutto sommatonella norma. L’immagine della città, come dopo l’inchie-sta televisiva di Nuzzi, ne è uscita distrutta,anche se nell’articolo di Bulzoni non man-cano toni ad effetto ed esagerazioni. Ma aldi là dell’immagine e delle tinte forti qualeè la sostanza? Cosa è diventata Perugia inquesto inizio di secolo?Quanto avviene da qualche mese, piuttostoche una causa è un effetto del degrado. Larealtà attuale affonda le sue radici nel modoin cui Perugia è cresciuta e si è trasformatanell’ultimo ventennio. Si stima che oggi ilpeso dei residenti nel centro storico siasceso a circa 6000, mentre fino a 30-40anni fa i perugini che abitavano entro lemura medioevali erano intorno a 20.000. Imotivi dell’abbandono sono vari e diversi.Il primo è certamente quello della scomo-dità delle abitazioni, ma pesa anche il pro-gressivo spostamento di funzioni e servizi,che ha provocato un allargamento a mac-chia d’olio della struttura urbana, con lacrescita di alcuni poli di addensamentodella popolazione (Ponte San Giovanni eSan Sisto in primo luogo), mentre nellealtre frazioni si verifica il diffondersi e rare-farsi dell’abitato. La città storica è dapprima diventata luogodi speculazione e di crescita della rendita diposizione urbana, con case per ricchi oforestieri, un po’ come avveniva a Venezia oa Firenze, poi - con il decadere delle funzio-ni di servizio - luogo di degrado e di abban-dono. Dapprima lasciato agli studenti uni-versitari - taglieggiati dagli affittacamere -poi, quando le facoltà hanno cominciato adessere decentrate e gli studenti si sono spo-stati fuori dal centro storico, occupato dagli

ultimi arrivati, ossia extra comunitari e altrecategorie disagiate. La diffusione dello spac-cio e la battaglia per la conquista della piaz-za è solo l’ultimo passaggio di questo pro-cesso e neppure la più significativa. Inmezzo ci stanno la costruzione della nuovaFontivegge, pensata prima come secondocentro direzionale della città e poi decadutaa luogo di speculazione edilizia; l’imperver-sare della rendita urbana, con la conquistadi sempre nuovi spazi edificabili; lo scanda-lo urbanistico di via Settevalli, oggi direttri-ce congestionata di traffico, fondamentalenegli assetti urbani non fosse altro perchéassicura il collegamento con l’Ospedaleregionale. Le ultime perle sono la costruzio-ne di centinaia di appartamenti a Ponte SanGiovanni, rimasta a metà per il fallimentodell’imprenditore e la successiva vendita aduna società i cui capitali risultano di prove-nienza poco chiara, e il progetto dell’Ikea aSan Martino in Campo, non solo e nontanto per la struttura in sé, quanto per lacollegata ipotesi di una nuova bretella diedificazione tra la frazione e Ponte SanGiovanni.Ma non basta: alla crescita disordinata dellacittà corrisponde una crescita sregolata dellesue funzioni nel contesto regionale, cheprovoca un aumento della popolazione esoprattutto un consumo abnorme deglispazi urbani da parte di un pendolarismoche sembra in costante espansione. APerugia hanno sede l’Università, l’ospedaleregionale, la Regione, gli uffici decentratidello Stato. Se all’inizio degli anni ottantadel secolo scorso sembrava che il decolloindustriale fosse in grado di correggere ebilanciare il carattere di un capoluogoregionale dove avevano un ruolo preminen-te le funzioni burocratiche e di servizio,ebbene questa illusione si è esaurita neldecennio successivo. La Perugina ha dimez-zato l’occupazione e resta l’unica grandeimpresa manifatturiera presente in città; lamedia impresa soffre e le piccole aziendenon mostrano particolare dinamicità.Perugia ha oggi circa 150.000 residenti(oltre ad alcune migliaia di studenti edextracomunitari) ai quali, durante il giorno,

si sommano decine di migliaia di pendolariche vengono in città a lavorare o a studiare.In sintesi è mutata l’articolazione sociale, ladimensione urbana, la configurazione del-l’abitato, la stessa composizione etnica dellacittà e la qualificazione dei flussi migratoriverso di essa. Si dirà che è un fenomenonazionale ed europeo ed è vero. Certo è,però, che a Perugia si è fatto meno di quelloche era necessario per governarlo, anzi peralcuni aspetti lo si è minimizzato e trascura-to, delegandolo all’associazionismo ed al noprofit.Il risultato è un centro storico distrutto edesertificato o, per non essere catastrofisti,in via di distruzione e di desertificazione,luogo di un consumo degradato (daEurochocolate ai mercatini con i gazebo ole bancarelle lungo corso Vannucci o, se sivuole, lo spaccio di droga); una periferiadisgregata e molecolare, una difficoltà cre-scente ad assicurare trasporti, mobilità epunti di aggregazione sociale che non sianosempre più labili. Appare ovvio che ciòdiminuisca anche i livelli di coesione socialee di governabilità e che quindi gli attualiamministratori perugini meritino qualchecomprensione, non fosse altro perché que-sta situazione l’hanno in gran parte eredita-ta. Quello che invece non è giustificabile èil loro tapparsi gli occhi pensando che tuttopossa continuare come prima, che il cicloedilizio continui a produrre reddito ed utili,che la crisi prima o poi passi e che tuttoricominci sulla base dei canoni consueti.Allo stesso modo non merita comprensioneridurre tutto a questioni di ordine pubbli-co, ad aumento degli organici di polizia ecarabinieri, al coordinamento tra polizia diStato, polizia municipale e provinciale (maquante sono?). E’ un ragionare da sbirri.Che lo faccia chi è preposto all’ordine pub-blico è naturale, quando lo fanno ammini-stratori che si pretendono di sinistra divienenon solo incomprensibile, ma per moltiaspetti riprovevole, politicamente e moral-mente. Forse sarebbe meglio ragionare dipiù sulle cause del degrado, destinato adessere irreversibile se si continua a marciaread occhi chiusi.

7 d o s s i e rg i u g no 2012

H

dossiercittàPerugiaAd occhi chiusi

Re.Co.

Photo Giuseppe Rossi

Page 8: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

on il decreto ministeriale n. 1444 del1968, poco dopo il mitizzato boomeconomico, l’Italia si è data i criteri

per standardizzare la quantità e la qualitàminime della vita urbana, stabilendo la quan-tità pro capite di infrastrutture e servizi utili enecessari ad una vita sociale decorosa. Questi servizi vengono definiti urbanizzazio-ne primaria e secondaria e il decreto li elenca.La primaria comprende: strade residenziali,spazi di sosta o parcheggio, fognature, reteidrica, rete di distribuzione dell’energia elet-trica e il gas, pubblica illuminazione, spazi diverde attrezzato. La secondaria: asili nido escuole materne, scuole dell’obbligo (4,5mq/abitante); mercati di quartiere, delegazio-ni comunali, chiese ed altri edifici per servizireligiosi (2 mq/ab); impianti sportivi di quar-tiere, centri sociali e attrezzature culturali esanitarie, aree verdi di quartiere (11,50mq/ab); per un totale di 18mq/ab comeminimo. Alcune regioni si sono distinte per garantireben più del minimo: l’Emilia Romagna,attenta ai servizi per tradizione e vocazione,rappresenta un esempio virtuoso, potendovantare 30 mq/ab di opere di urbanizzazionesecondaria. Opere che hanno pagato i cittadi-ni, ogni volta che hanno richiesto al comuneuna concessione edilizia, con il contributoper le opere di urbanizzazione, introdottodalla ormai famigerata legge Bucalossi.Il rovescio della medaglia, al di là della realeutilità delle urbanizzazioni, è però, il massic-cio apporto di energia necessario per sostene-re la vita di una città moderna, che rendesempre più complicato mantenere efficientiquesti servizi, perché l’aumento dell’entropiadell’ambiente urbano significa, per il cittadi-no utente, inefficienza che spesso scade neldegrado, producendo fenomeni indesiderati epericolosi come quello che gli etologi chia-mano “fogna dei comportamenti”: molti topicostretti in un unico spazio non commisuratoal loro numero perdono i controlli istintivi,devastano l’habitat e cominciano a divorarsitra loro. In certe realtà urbane questo feno-meno si è già manifestato. Perciò, il traguardo del trasferimento in cittàdi metà della popolazione mondiale, da pocoraggiunto, non deve farci stare allegri: special-mente nelle megalopoli la qualità della vita èdestinata irrimediabilmente a peggiorare. Ma

anche le città più piccole subiranno la stessasorte se hanno gli standard urbanisticidimensionati per un certo numero di abitantie ne accolgono molti di più. Allora chiamministra le città medio-piccole e non devefare i conti con l’affollamento, ha colpe mag-giori se adotta politiche che fanno scadere laqualità urbana o, peggio ancora, non fa nien-te per migliorarla. Ovviamente questo vale per tutta la regioneUmbria, le cui ridotte dimensioni rendereb-bero agevole il controllo e il mantenimentodella qualità urbana e sociale. Invece special-mente Perugia manifesta gli stessi sintomidelle metropoli. Le urbanizzazioni primarie,cioè le reti stradale, idrica, la fognatura, ladistribuzione dell’energia elettrica e del gas, lapubblica illuminazione, sono caratterizzate daun invecchiamento che rende urgenti attivitàdi manutenzione. Solo per fare un esempio, èaccertato da molto tempo che l’acquedottoperugino perde più del 30% dell’acqua prele-vata dalle sorgenti e nessuna gestione vi hamai posto rimedio.Se focalizziamo l’attenzione su una delleopere di urbanizzazione secondaria piùimportanti, come gli edifici scolastici, ci ren-diamo conto dell’attenzione che gli ammini-stratori riservano alle future classi dirigenti.Nonostante la retorica insopportabile sulfuturo e sui giovani, riproposta come unmantra nei talk show e nei comizi elettorali,la realtà dei fatti smentisce gli annunci e lebelle parole.Basta analizzare i dati sullo stato di efficienzae manutenzione degli edifici scolastici ricava-bili dal dossier Ecosistema Scuola diLegambiente. Quello del 2011 vede Perugiaal quarantasettesimo posto fra le ottantaseicittà analizzate. Gli edifici scolastici presi inconsiderazione sono quelli di competenzadell’amministrazione comunale, quindi asilinido, scuole materne e scuole dell’obbligo. Risulta dal dossier che gli investimenti inmanutenzione straordinaria dal 2009 al 2011sono passati da 45844,44 a 14404,62 euro.Una drastica riduzione per un patrimoniomolto vecchio: quasi il 47% degli edifici èstato realizzato tra il 1940 e il 1974 e il 33%circa dal 1974 al 1990. Altalenanti sono inve-ce gli interventi di manutenzione ordinaria,che salgono da 1530,17 euro del 2009 a5233,92 euro del 2010 per scendere a

3375,72 euro nel 2011. E’ opportuno ricor-dare che gli interventi straordinari riguardanole strutture, gli impianti e la rimozione dimateriali inquinanti, mentre la manutenzio-ne ordinaria compie sostituzioni o riparazioninelle finiture e negli impianti. Ben il 26,59%degli edifici necessita di interventi urgenti.Vengono i brividi quando andiamo a vederele certificazioni. Possiedono il collaudo staticosolo il 69,36% degli edifici scolastici, l’ido-neità statica il 46,24%, il certificato di agibi-lità il 60,12%, la certificazione igienico-sani-taria il 50,87%, il certificato di prevenzioneincendi il 54,34%. E, ciliegina sulla torta,solo nel 24,86% dei casi vi sono stati inter-venti di eliminazione delle barriere architetto-niche. I dati sono a dir poco sconcertanti e se litenessimo presenti non ci stupiremmo piùalle notizie delle sciagure di cui sono vittimegli studenti. Ma per farci indignare dovrebbebastare molto meno di una sciagura, perché èinammissibile che certe patologie venganocausate dai materiali di un edificio scolastico.Purtroppo c’è un altro dato gravissimo che inquesto periodo ci vede più sensibili. In unterritorio come quello umbro, in cui il terre-moto è un evento molto più frequente che inEmilia, soltanto il 38,73% degli edifici èstato verificato circa la vulnerabilità sismica.Questi numeri sono più che sufficienti perstabilire che viviamo in una città e in unpaese che non sono in grado di costruire unfuturo per i giovani. Intanto assistiamo alla corsa per realizzareimpianti fotovoltaici sui tetti delle scuole perincassare l’incentivo sulla produzione di ener-gia da fonti rinnovabili; sarebbe inveceopportuno impiegare queste somme per met-tere in sicurezza gli edifici. Non possiamo dimenticare che se il fotovol-taico fa bene all’ambiente e alle casse delcomune, un edificio scolastico sicuro fa beneagli studenti che lo frequentano. Se si obiettache non ci sono i fondi si chieda come ven-gono investiti i 5.250.000 euro di introiti peroneri di urbanizzazione previsti per il 2011,visto che a livello nazionale è stato rimosso ilvincolo che li destinava alla realizzazione emanutenzione di servizi. Un’amministrazione comunale dovrebbeavere l’autonomia per ripristinarlo, percostruire il proprio futuro.

8 d o s s i e rgiugno 2012

dossiercittàPerugia

Le infrastrutture urbane a Perugia

Troppo vecchiee insicure

Anna Rita Guarducci

C

Photo Giuseppe Rossi

Page 9: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

9 d o s s i e rgiugno 2012

are oramai assodato che passaremolte ore della giornata intrappolatidentro scatole semoventi, per quanto

lussuose e confortevoli, non sia affatto salubre:qualità dell’aria scadente, obesità, isolamentosociale, stress, effetto serra, incidenti stradali,consumo del territorio, ecc… sono i principalieffetti indesiderati conseguenti all’uso massivodell’auto privata. Effetti sottovalutati che peranni siamo stati indotti a ritenere come nor-male risvolto del progresso.Fin dagli anni ‘90, ma soprattutto ora che è inesaurimento la sbornia energetica dell’erapetrolifera, molti contesti urbani del nordEuropa sono protagonisti di una svolta epoca-le a favore di una mobilità più sostenibile, conl’adozione di provvedimenti tendenti a scorag-giare l’uso dell’auto privata. In queste cittàvediamo moltiplicarsi le zone pedonali o atraffico limitato, realizzare piste ciclabili, ren-dere concorrenziali i mezzi pubblici rispettoall’auto privata, sia in termini di efficacia chedi costi. Sono inoltre adottati provvedimentiche tendono a diminuire la richiesta di mobi-lità: ad una razionale distribuzione di negozi,scuole, uffici, abitazioni, luoghi di svagoecc…, sono abbinate limitazioni alla crescitadelle periferie. I risultati, immediatamentepercepibili anche ad un visitatore occasionale,sono strade meno intasate, mezzi pubblicistracolmi di passeggeri, strade, piazze e negoziche pullulano di cittadini.

Esempi virtuosi dal nord EuropaCome esempio mi piace citare una delle “perleurbanistiche” che ho avuto la fortuna di visita-re: Nottingham, 288mila abitanti, è la cittàd’Inghilterra col minor numero di auto pro-capite che ha rinunciato ai grandi centri com-merciali periferici favorendo, invece, la diffu-sione di piccoli esercizi commerciali di prossi-mità. I mezzi pubblici (autobus e tram) sonousati quotidianamente dai cittadini e le pisteciclabili (oltre 50km) costituiscono una fittarete all’interno del tessuto urbano. Dublino si è liberata dello smog degli anni ‘90con una forte intensificazione della rete auto-bus, integrata con un moderno tram-treno etram. La qualità dell’aria è migliorata notevol-mente.Tra le eccellenze italiane cito Bolzano che hasaputo porre un freno all’ingordigia della spe-culazione edilizia, rimanendo una città moltocompatta. Grazie a questa coraggiosa politicaurbanistica gli abitanti di Bolzano compionola maggior parte degli spostamenti quotidiania piedi o in bicicletta con il riscontro positivodi respirare una delle arie meno inquinated’Italia.

Mobilità perugina sotto la lenteVediamo ora la situazione della nostra Perugiaattraverso i dati riportati nel rapporto annualeEuromobility, che mette a confronto le 50principali città italiane tra cui Perugia.La mobilità privataIl rapporto premia il capoluogo umbro comeuna delle città più motorizzate d’Italia: 69auto ogni 100 abitanti (media Italia 60, mediaEuropa 46). Nel 2009 ci sono stati 1.25 inci-denti ogni 100 abitanti, (Napoli 0.7, Roma0.8). L’indice di mortalità degli incidenti èstata di 2.6 (Napoli 2.1, Roma 1,5).

La mobilità pubblicaNella classifica delle 50 città, per l’offerta deltrasporto pubblico Perugia ha una posizioneintermedia: 40 vettori x Km/abitante, tuttaviail numero di viaggi compiuti dai perugini inun anno è piuttosto basso nella classifica: solo149/abitante. Nonostante il costo del bigliettosia tra i più alti d’Italia il mezzo pubblicosarebbe comunque concorrenziale rispettoall’auto ma probabilmente non lo è quanto adefficacia: le corse rarefatte e i tempi di attesalunghi scoraggiano i cittadini dal farne uso.Così la rete autobus è usata solo da chi non hala patente o l’auto: studenti, anziani, extraco-munitari.Essere pedoni o ciclisti a Perugia Perugia è agli ultimi posti quanto a ZTL esuperfici pedonali, rispettivamente di 25 e 9centimetri quadrati per abitante. Siamo incoda alla classifica anche per le piste ciclabili:0,05 millimetri/abitante (non è uno scherzo!).Le piste sono realizzate dove non intralciano leauto e pertanto non contribuiscono minima-mente alla riduzione del traffico. A questoproposito vorrei sfatare il mito di Perugia“città in salita”: l’80% della popolazione peru-gina risiede in zone pianeggianti. Certo èimpensabile recarsi a piedi o in bicicletta aivari ipermercati posti in zone remote, ma se ci

fossero molti negozi di prossimità…La qualità dell’ariaDa diversi decenni le centraline dell’Arpa-Umbria segnalano valori che sforano i limiti,in particolare i micidiali PM-10, legati in granparte al traffico automobilistico: nel 2011abbiamo avuto 43 superamenti (Firenze 38,Roma 69, Taranto 45; media Italia 52 supera-menti nel 2010). Sembra cioè che l’aria dellanostra città sia simile a quella di città ben piùgrandi.Gestione del territorioIl nostro comune ha una densità di popolazio-ne tra le più basse: 370 abitanti/kmq (media50 città 1336 ab/kmq). Dal nucleo urbanoprincipale è stata favorita, sin dagli anni ‘70,una crescita periferica abnorme, anche inderoga al piano regolatore, (come l’ultimocaso Ikea, che dicono capace di attrarre 2milioni di clienti all’anno, ossia 2 milioni diauto in più che circoleranno). La città non ècresciuta a ridosso dell’antico nucleo urbanomantenendosi compatta, piuttosto si è espansaa macchia di leopardo, con la disseminazionedi nuovi quartieri sorti apparentemente senzaun piano preciso utilizzando l’assetto viario,spesso inadeguato, dell’antica campagna. Igrandi centri commerciali e l’ospedale sonostati collocati fuori dal contesto urbano senza

aver previsto con anticipo la possibilità di esse-re serviti dal trasporto pubblico (es. multisalaCentova).Il ruolo del pendolarismo regionale nel capo-luogo umbroAlla insanabile fonte di traffico intra-comuna-le, si aggiunge un consistente flusso di auto diprovenienza extra-comunale: i dati fornitidalla Regione Umbria, evidenziano che ilcapoluogo umbro è interessato da flussi pen-dolari negli assi Perugia-Foligno, Perugia-Marsciano, Perugia- Città di Castello, Perugia-zona Trasimeno.Penso che quest’ultimo problema potrebbetramutarsi in soluzione se, nel progettare ilservizio di trasporto pubblico, si ragionasse intermini regionali anziché comunali: il poten-ziamento e l’ammodernamento delle infra-strutture ferroviarie, peraltro esistenti proprionelle direttici del pendolarismo, eliminerebbeil traffico automobilistico pendolare extra-comunale e nel contempo aumenterebbe ilbacino di utenza del trasporto pubblico locale.

Siamo in buone mani?Da quel poco che trapela dal Palazzo dei Priorisappiamo che un team di esperti della mobi-lità si sta cimentando con strani e costosi mar-chingegni (come i varchi conta-veicoli chesono costati un milione di euro), con ilSistema AVM (Automatic Vehicle Moni-toring), le tecnologie ITS (IntelligentTransport Systems), il software VISUM(macrosimulatore dei flussi di traffico),Aimsun (Advanced Interactive MicroscopicSimulator for Urban and Non-UrbanNetworks), o progetti sconosciuti ai più(Renaissance, Civitas, ESC) che per adessonon sembra abbiano sortito alcun effetto rile-vante.Gli autobus continuano a girare semivuoti, leauto circolanti non diminuiscono, ma in com-penso vediamo sorgere un po’ ovunque roton-de, bretelle, svincoli, parcheggi, in gran partesenza marciapiedi (Centova, via Settevalli,zona Silvestrini, Case Nuove). Mi sembranotutte azioni mirate a far correre veloci le autoinvece che offrire una reale alternativa al tra-sporto privato.Nel frattempo, senza nessuna interruzione deltrend “all’edificazione sparsa” che ha caratte-rizzato gli ultimi 20-30 anni, il territorio delcomune di Perugia continua ad essere urbaniz-zato senza un piano preciso, senza considerarele conseguenze sul traffico, sulla qualità dell’a-ria, sulla difficoltà del trasporto pubblico dimantenere l’efficacia su una superficie urba-nizzata molto estesa ma con un bacino diutenza di una piccola città di provincia. IlMinimetrò, che da solo assorbe quasi il 50%delle risorse finanziarie che il comune dedicaal resto del servizio di trasporto pubblico,sembra un lusso troppo caro per Perugia.Per concludere, dopo aver confrontato lamobilità del capoluogo umbro con le virtuosecittà del nord Europa posso affermare chenella nostra Perugia, nonostante la patina dimodernità data dal discutibile esperimentoMinimetrò, la svolta epocale a favore dellamobilità sostenibile sembra ancora un mirag-gio lontano. Speriamo in un futuro migliore!

*Movimento Perugia Civica

Mobilità insostenibileRoberto Pellegrino*

P

Photo Giuseppe Rossi

Page 10: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

10d o s s i e rgiugno 2012

hi parte dalla graziosa Stazione diSan’Anna, ancora miracolosamente ecomodamente incastonata a lambire il

centro storico di Perugia, in 10 minuti arriva aPonte San Giovanni ed è difficile che non sichieda perché mai la gloriosa FCU non siastata ancora rifunzionalizzata in un’ottica dimetropolitana di superficie, e soprattutto per-ché il minimetrò sia nato senza interagire conessa. Lasciamo perdere. Il fatto è che, arrivatial “Ponte” - quasi 20mila abitanti ad appena7 km dal centro cittadino - sembra di essere inun’altra città, sufficientemente caotica e nean-che troppo attraente. Il modello di sviluppoaffermatosi negli ultimi decenni nel nostroPaese, centrato su un’infinita (e spesso derego-lata) attività edilizia, spiega solo parzialmentela vicenda di un quartiere che si presenta,invece, come caso specifico di periferia urba-na, cresciuta in maniera contraddittoria,perennemente a cavallo fra sviluppo e degra-do, fra vocazioni diverse: città, area industria-le, quartiere dormitorio. Situato al limite sud-est del territorio diPerugia, suddiviso in una parte pianeggianteattorno all’alveo fluviale ed in una collinareche segna i primi contrafforti del colle diPerugia, Ponte San Giovanni, vecchio borgorurale, nella seconda metà del ‘800 vede nasce-re le sue prime attività industriali attorno allaferrovia Foligno-Terontola: i legnami per letraversine e il molino/pastificio Bonaca;seguono distillerie, produzione di bachi daseta, tessuti e sapone. Passa poi quasi un secolo(anni ‘70 del Novecento) prima di un’altra sta-gione di crescita demografica, industriale eultimamente anche dei servizi, che fa di PonteSan Giovanni uno dei quartieri più popolosidella città. La scomparsa del vecchiomolino/pastificio, che nel frattempo era diven-tato il marchio internazionale “Ponte”, a segui-to di un disastroso incendio (mai chiarito deltutto) che lo distrusse nel 1990, non ha inter-rotto la tendenza produttiva, alimentata dallanuova zona industriale (Molinaccio) e dal sor-gere di nuove attività di media dimensione(centrale del latte, mattatoio comunale, lavan-derie industriali, industria chimica, surgelati) eagricole (da cui si rifornisce il mercato orto-frutticolo di Perugia). Ma è il terziario, specie

quello commerciale e bancario ad essere, nelfrattempo, cresciuto più di tutti: l’Ipercoop - ilpiù grande centro commerciale dell’Umbria -ne rappresenta il segno più tangibile, quasiuna cattedrale del consumo che presidia ilnodo viario di Perugia, all’incrocio fra lasuperstrada E45 (Orte-Ravenna), il raccordoautostradale Perugia-Bettolle e la superstradaPerugia-Foligno-Spoleto, e attira come unacalamita un traffico perennemente a rischio diingorgo. Ed è proprio il traffico, caotico einquinante - secondo Arpa, Ponte SanGiovanni è uno dei punti più a rischio delcomune - a dare, insieme ai nuovi e scintillan-ti negozi, e ai pretenziosi bar happy hours, lasensazione di città “viva”, seppure nervosa econvulsa, dove circolano e si spostano conti-nuamente persone (molti sono i lavoratori dafuori regione e immigrati), imprese, merci esoldi. Tanti soldi, e probabilmente non tutti puliti.Sono 19, in ogni caso, gli sportelli bancarisorti in pochi anni, che fungono da deposito,discreto e sicuro, anche di quei capitali nonillibati, pronti ad insinuarsi nell’economia delnostro territorio.L’operazione “Apogeo” - quella che ha bloccatoil passaggio della mega-costruzione dellacosiddetta area “ex Margaritelli” ad una societàlegata addirittura ai Casalesi - è lì a segnalare ilpericolo (per ora sventato) di infiltrazionicamorristiche attraverso l’acquisizione di situa-zioni e attività economiche in sofferenza.“Sono decine le imprese che, anche a causadella feroce crisi economica, aprono e chiudo-no nel giro di poco tempo” - ci dice un opera-tore economico iscritto a Confcommercio.“Ci sono negozi - aggiunge - che nel giro didue anni, sono passati di proprietà anche trevolte”. Ben altro, insomma di una vivace e flo-rida realtà economica. Dal dopoguerra in poi, le diverse fasi di cresci-ta di Ponte San Giovanni sono state segnatesempre da un certo disordine urbanistico,condito da un’edilizia generalmente di bassa

qualità, frutto anche di deroghe continue atutti i Piani regolatori (e loro surrogati): siaquello del 1946, quando per il “Ponte” si ipo-tizzava addirittura una funzione autonomarispetto a Perugia (poi rivelatasi incongrua),sia quelli del 1962 e del 1974, che gli assegna-vano un ruolo industriale e di periferia satelli-te, risparmiandogli espressamente vincoliriservati ad altre parti della città, proprio perassecondare il crescente fabbisogno abitativodi un quartiere in continua crescita. In questalogica perdurante i nostri amministratoriappaiono, oggi più di ieri, deboli e assoluta-mente inadeguati di fronte alle spinte del“mattone”, che ha saturato ogni area residuatra la superstrada e la collina di Montevile ePieve di Campo, cancellando molte delle trac-ce del passato, senza, al contempo, “fare nuovopaesaggio” in cui vecchio e nuovo possanorelazionarsi e coesistere. Con le prime ombre della sera, infatti, PonteSan Giovanni dismette repentinamente il suoritmo rutilante e “metropolitano”, per riacqui-stare l’aspetto più tradizionale e consono diperiferia, meno povera di una volta forse, masicuramente più informe e vagamente inquie-tante, soprattutto nei suoi casermoni anonimidove trovano accoglienza e riparo anche traffi-ci e attività illeciti o comunque squallidi (pro-stituzione a domicilio, uso e traffico di dro-ghe, cartomanzie varie). Insomma il paesone diuna volta non c’è più (o quasi) e la “città“appare e scompare come in una cartolina olo-grafica cangiante. Tipico di una modernitàtutta occidentale, che qualcuno ha chiamato“delle passioni tristi”, proprio perché le traccedel proprio passato e della propria identitàsono state resettate e sostituite da un immagi-nario omologante e pervasivo riconducibile adun gigantesco outlet consumistico, che non sarispondere al disagio e ai bisogni profondidella popolazione. Ma la città, luogo delle contraddizioni e ine-guaglianze, è anche il luogo della resistenza edella speranza. E questo vale anche per Ponte

San Giovanni, dove esistono realtà che simuovono per ricucire il territorio e ricostruireun clima meno arcigno anche per chi è venutoda mondi lontani. E il coloratissimo mercatodel giovedì, pullulante di prodotti e venditori“esotici”, dove a fare spesa ci vanno tutti,aiuta, agendo nel profondo, al di là delleimprecazioni da bar, ad accettare una realtàche è ormai multi-interculturale ed a maturarela consapevolezza che la radice dei nostri guai,se mai va cercata altrove.Multiculturalità che punteggia anche laPolisportiva Pontevecchio, che non è solo calcio(milita con onore in serie D) ma anche nuoto,basket, pallavolo, e impegna 6/700 ragazzi,ovviamente anche dei paesi vicini, e che soloper questo dovrebbe andare in carico ai servizisociali del Comune. “Non ci diamo per vinti contro il declino diPonte San Giovanni: la vogliamo più bella evivibile” - dicono quelli della “Pro Ponte”, lapiù grossa e radicata realtà associativa locale -che ogni anno promuove “Velimna”, manife-stazione con cui si cerca di riesumare le originietrusche del luogo, (come testimonia l’Ipogeodei Volumni) e che sprezzantemente alcunichiamano “la sagra degli Etruschi”. Insommac’è una comunità che comunque reagisce eche - morti i partiti di una volta - si accorpa inuna sorta di “interclassismo democratico”:imprenditori e operatori economici, preoccu-pati ma non per questo rabbiosi e cinici, pen-sionati e casalinghe stanchi di stare al bar o acasa, vecchi militanti del Pci ormai senzapatria, che hanno deciso di “fare qualcosa” pertentare una risposta collettiva contro il declinoe il degrado. E poi ci sono le parrocchie e gliScouts, che, grazie soprattutto a due giovanisacerdoti, “contengono”, attivandoli con intel-ligenza e senza eccessi catechistici, qualchecentinaio di ragazzi, offrendo al quartiereun’altra barriera contro la noia e il nichilismo.Certo, ci vorrebbe ben’altro, un cambio diregistro, di idee e, soprattutto una politica ingrado di sviluppare ciò che abbiamo più voltechiamato “un’idea di città”, di orientare svi-luppo, decoro urbano e convivenza civile. Gliultimi due sindaci, “ponteggiani” veraci,secondo noi, non ne sono stati capaci.Speriamo.

C

dossiercittàPerugia

Ponte San Giovanni eterna periferia o nuovo centro?

La città delle “passioni tristi”Osvaldo Fressoia

Photo Giuseppe Rossi

Page 11: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

11s o c i e t àgiugno 2012

’on. Marino, uno dei non moltiparlamentari piddini ancora capa-ci, talora, di qualche idea e non

scevri dal sapersi indignare, ha saputo inse-rire e fare approvare un emendamento aduna legge sul “sovraffollamento delle carce-ri” titolato Disposizioni per il definitivosuperamento degli ospedali psichiatrici giudi-ziari, per cui, a decorrere dal 31 marzo2013, “le misure di sicurezza del ricoveroin ospedale psichiatrico giudiziario e del-l’assegnazione a casa di cura e custodiasono eseguite esclusivamente all’internodelle strutture sanitarie”. Ci sono volutipiù di trent’anni per portare il serviziosanitario pubblico nelle carceri, come dalegge sul Ssn, speriamo non ne occorranoancora altrettanti per l’ulteriore applicazio-ne della legge 180, più nota come leggeBasaglia.La parola, a questo punto, passa alleRegioni, per quel che ci riguarda, allaRegione Umbria; occorre muoversi subito,anche perché la legge stanzia fondi già apartire dal corrente 2012. Ma la parolapassa anche all’opinione pubblica, allasocietà civile. Ancora una volta è l’unicareale organizzazione di massa rimasta inItalia, la Cgil, a farsene carico. Il sindacatoha costituito, infatti, un Comitato nazio-nale StopOpg e sta promuovendo comitatiregionali: anche in Umbria e ne riportia-

mo qui accanto il documento costitutivo.Il 12 giugno si è riunita a Roma l’assem-blea nazionale StopOpg: Comitato nazio-nale e comitati regionali fino ad alloracostituiti. E’ partita la rivendicazione del-l’immediato riparto alle Regioni dellerisorse stanziate dalla legge per offrireun’assistenza alternativa alle persone inter-nate, con la costruzione dei budget di salu-te fuori dagli Opg. E’ stato anche deciso ilsostegno alla tutela legale delle personeinternate, così come l’impegno per lamodifica degli articoli del codice penale edi procedura penale inerenti a imputabi-lità, pericolosità sociale e misure di sicu-rezza che sono all’origine del non più tec-nicamente né civilmente sopportabile isti-tuto giuridico dell’Opg.Si è prima ricordata la 180. Parlamentaridel Pdl e della Lega hanno di recente pre-sentato una proposta di legge revanchistache mira ad annullarla. Nessuna meravi-glia: legge Basaglia no; legge contro la cor-ruzione no; è questo il portato consequen-ziale di gruppi parlamentari a forte presen-za di corrotti e corruttori. Tuttavia questaproposta di legge può servire a risvegliarcitutti: politici, istituzioni, tecnici, cittadini.Come scrive la Cgil è ora “di riaprireanche in Umbria una discussione sul futu-ro della psichiatria e sulla tenuta dei servizipsichiatrici”.

I matti, i lager,i corrotti

e i corruttoriEmme Emme

L

Gli Opg rappresentano un vero e propriooltraggio alla coscienza civile del nostroPaese, per le condizioni aberranti in cuiversano 1.500 nostri concittadini, 400 deiquali potrebbero uscirne fin da ora.L’Ospedale psichiatrico giudiziario è isti-tuto inaccettabile per la sua natura, per ilsuo mandato, per la incongrua legislazio-ne che lo sostiene, per le sue modalità difunzionamento, le sue regole organizzati-ve, la sua gestione.La sua persistenza è frutto di obsoleteconcezioni della malattia mentale e delsapere psichiatrico, ma soprattutto di unacatena di pratiche omissive, mancateassunzioni di responsabilità e inappropria-ti comportamenti a differenti livelli.Sono troppe le omissioni e le mancateassunzioni di responsabilità da parte deidecisori politici (Governo e Regioni),delle aziende sanitarie locali e di moltidipartimenti di salute mentale.Ciò è ancor più grave a tre anni dallaemanazione del DPCM 1.4.2008 - chedispone la presa in carico degli internatinegli Opg da parte dei Dipartimenti - edopo le sentenze del la CorteCostituzionale, del 2003 e 2004, chehanno spalancato possibilità di trattamen-ti alternativi all’Opg in ogni fase.Riteniamo sia improcrastinabile porre fineallo scandalo degli Opg e che sia possibilefarlo all’interno dell’attuale normativa.Perché, come afferma la nostraCostituzione, “la legge non può in nessuncaso violare i limiti imposti dal rispettodella persona umana”.E’ per tutte le suddette ragioni che i sot-toscritti aderiscono al Comitato UmbroStop Opg e si impegnano per cancellarequesta vergogna italiana e dare piena

attuazione alla legge 180.L’Umbria è stata una delle regioni italia-ne protagoniste delle battaglie che hannoportato alla promulgazione della leggeBasaglia nel 1978.L’Umbria è stata tra le prime regionid’Italia che hanno abbattuto i recintimanicomiali.L’Umbria nel 1972 è stata la prima regio-ne d’Italia che ha istituito i Centri diSalute Mentale.Un ruolo importante che ha visto comeprotagonisti operatori sanitari, il movi-mento democratico, sindacale e studente-sco, amministratori e politici che hannodato vita ad una stagione di riformecoraggiose ed illuminate con la partecipa-zione convinta della stragrande maggio-ranza della popolazione.Una storia che va difesa e rilanciata daicontinui attacchi portati da coloro chevogliono spostare continuamente indietrole lancette della storia.

Hanno dato la loro adesione: CarloBicini , Vittorio Falchett i , MarcoGrignani, Francesco Mandarini, GermanoMarri, Maurizio Maurizi, Maurizio Mori,Pino Pannacci , Stefania Piacentini ,Elisabetta Rossi, Tullio Seppilli, MariellaVecchioli, FP Cgil Umbria, Forum terzosettore regionale, Lega ambiente regiona-le, Diapsigra Terni, Crisalide, Coop socia-le Asad, Le fatiche di Ercole

Appello per la costituzionedi Stop Opg Umbria

Page 12: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

12 c u l t u r agiugno 2012

e città contemporaneesono soggette a rapidetrasformazioni, sia

nell’aspetto fisico, sia neimodi di abitare, che vannonella direzione della velocità,della precarietà, del nomadi-smo.L’abitare “tradizionale”, inte-so come l’esistenza stanzialesu legami territoriali, familia-ri, culturali e lavorativi stabi-li, è in crisi. Al suo postovanno imponendosi nuovimodelli culturali e abitativi:mobilità di persone, merci eidee; turismo globale, flessibi-lità lavorativa e familiare,comunicazione elettronica,nuove povertà e flussi migra-tori. La stessa durata di unedificio non dovrebbe esseremisurata come resistenza neltempo di un manufatto, macome durata d’uso, cioè iltempo in cui la funzione percui esso è stato pensato siesaurisce, e dopo il qualesarebbe bene allora recuperareil progetto come “azione tem-porale”, che tenga conto nonsolo della costruzione degliedifici, ma anche del loroconsumo, morte e possibilerinascita. A partire dalladismissione delle città indu-striali sono andati moltipli-candosi gli spazi inutilizzati:fabbriche, scali ferroviari,mercati, caserme. In generale

molti edifici e aree urbanesono soggetti a cicli di alto ebasso utilizzo, caratterizzatida momenti di transizione,incertezza e immobilismo.Crisi economiche, instabilitàdel mercato finanziario, dein-dustrializzazione, cambia-menti politici, portano spessoal collasso delle vecchie desti-nazioni d’uso e, in assenza diprogetti di riuso, si verifica un“gap temporale”. Le cause delritardo nella riqualificazionedegli spazi in abbandono sonomolteplici: i costi elevati diriqualificazione e bonificaambientale, le proteste localiper progetti decontestualizza-ti, la lentezza nell’approvazio-ne di piani di recupero, oancora lo scarso interesse eco-nomico. Ma è proprio in que-sto tempo di mezzo tra vec-chia e nuova destinazioned’uso, che è possibile chearsenali portuali e scali ferro-viari abbandonati, fabbriche ecentri commerciali dismessi,cascine e capannoni agricoliin disuso, palazzi ed apparta-menti vuoti in città, uffici enegozi sfitti, campi incolti,generalmente abbandonati aldegrado, potrebbero divenireesperimenti di rigenerazioneurbana attraverso attività eprogetti temporanei. Alcunecittà europee hanno iniziato aoccuparsi del riuso tempora-

neo, riattivando il patrimonioedilizio inutilizzato e gli spaziaperti vuoti con progetti affi-dati a cultura e associazioni-smo, start-up di artigianato epiccola impresa, accoglienzadegli studenti, turismo lowcost, mediante contratti aduso temporaneo a canone cal-mierato. Del tema del riusoper ridare identità a luoghiormai desertificati, creandonuovi processi partecipativialle politiche degli enti locali,si è ampiamente discusso allaseconda edizione del“Festarch”, in cui l’Isia diUrbino, l’associazione “tem-poriuso.net”, il DiAP-Politecnico di Milano, in col-laborazione con l’associazio-ne “perperugia e oltre” hannopresentato “HappinessiePerugia. Il mostro della feli-cità riusa lo spazio”, settegiorni dedicati alla sperimen-tazione sul campo del proget-to di riuso temporaneo dispazi in abbandono e sottouti-lizzati presenti nel centro sto-rico e nella prima periferia delcapoluogo, con un focus sulMercato Coperto. Un fruttuo-so laboratorio, che rischiaperò di restare inconcludente,se alle ipotesi non farannoseguito concreti progetti chepermettano il riuso anchetemporaneo di alcune dellecirca 170 aree dismesse pre-

senti sul territorio perugino. E’ risaputo che negli ultimianni Perugia ha conosciutoun’espansione edilizia senzapari, che non ha rispettato l’e-sigenza di limitare l’abuso diterritorio e di suolo. Vi è statauna cultura della costruzioneche non ha salvaguardato vin-coli storici, ambientali e diqualità sociale, sono mancatirapporti con le istituzioni especifici strumenti di salva-guardia dell’identità e dellefunzioni di spazi comuni. Èormai chiaro che il ciclo disviluppo “cave-cemento-costruzione” non può durareper sempre. Si tratta di pro-muovere strumenti che ridia-no identità a tutte le zonedella città, attraverso associa-zioni civiche che possanoincidere sul territorio indiriz-zandolo verso politiche di svi-luppo alternative, capaci diintendere gli spazi vuoti comeriserve urbane per la speri-mentazione di nuove aggrega-zioni e spazi sociali. Un passoimportante per un possibile“rinascimento urbano” preve-de da un lato il riuso tempora-neo delle aree inutilizzate,dall’altro la loro riconversio-ne sul lungo periodo. E’ unasfida che va colta in fretta,prima che il deserto della ras-segnazione vanifichi ogniprospettiva.

Chipsin UmbriaSinergieAlberto Barelli

ostegno alle istituzioni per l’in-troduzione di nuovi strumentitecnologici al servizio dei cittadi-

ni, diffusione dell’open source nellescuole con tagli ingenti dei costi, crea-zione di figure professionali, come svi-luppatori su piattaforme open source, chein molti casi hanno dato vita a realtàimprenditoriali affermatesi a livellonazionale. Se a questi aspetti concretiaggiungiamo la crescita culturale e diconoscenze in ambito tecnologico, allorapossiamo renderci conto di quale possaessere il contributo, per ogni città umbra,derivante dalla presenza di un LinuxUser Group. Un invito a tale riflessioneci è offerto dal recente intervento diMarco Ciammella, presidentedell’Orvieto Linux User Group che, neltracciare la storia dell’associazione, havoluto evidenziare le tante iniziative cheoggi possono essere considerate comepatrimonio cittadino (ricordiamo soltantola recente Certificazione InternazionaleLinux Essential, tenutasi in anteprimamondiale il 30 maggio scorso). Ma lapresa di posizione di Ciammella assumeancora maggiore significato se si pensache l’occasione che lo ha portato a scen-dere in campo è l’appello per scongiurarela chiusura di una realtà, quale è i lCentro Studi Città di Orvieto (Csco), cheda sempre rappresenta a livello localeuno degli spazi più importanti e un puntodi riferimento per la promozione di atti-vità culturali. Sì, l’attuale amministrazio-ne di centrodestra sta di fatto decretandola fine del Centro studi e non è un casoche una delle voci che si sta alzando con-tro tale prospettiva venga dall’organizza-zione che raccoglie i sostenitori dell’o-pen source. Come è stato ricordato, tantedelle esperienze promosse per la diffu-sione del software libero sono state pos-sibili grazie alla collaborazione ed alsupporto offerto dal Centro studi. Per ilpresidente dell’Orvieto Linux UserGroup - che ha evitato di entrare nelmerito delle responsabilità politiche(certo la crisi dell’istituto ha origini lon-tane) - l’auspicio è che il Csco possacontinuare ad esistere e semmai possaessere potenziato “per le associazionicome la nostra e per tutti i cittadini eimprenditori che direttamente e indiretta-mente, più o meno consciamente, nehanno beneficiato e potranno continuarea farlo”. Le conseguenze della crisi eco-nomica rendono, insomma, più difficol-tosa anche l’attività a favore della diffu-sione del software libero che, in ognicaso, come dimostra il successo registra-to dal recente seminario tenutosi aPerugia sul tema “La Scuola Umbra perl’open source”, continua a pieno ritmo intutto il territorio. La strategia seguita daivari gruppi locali è comunque quella diunire le forze per promuovere iniziativecomuni a livello regionale. A questoscopo ad inizio giugno si è tenuto unprimo incontro dei movimenti di Perugia,Orvieto e Terni, che ha sancito la promo-zione della mailing list LUGUmbria, gra-zie alla quale sarà possibile coordinarel’attività già dai prossimi mesi. L’invitoad aderire alla mailing list è naturalmenterivolto a tutti (per ogni informazione èpossibile consultare i siti internet dei varigruppi).

S

Progetti per un’urbanizzazione responsabile

Riusare la cittàRosario Russo

L

Photo Giuseppe Rossi

Page 13: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

entre la crisi costringe a misurarcicon ostici termini specialistici,l’economia sembra avere abban-

donato l’ambizione di fornire un punto divista ampio, e si è ridotta o a puro feticcioideologico sempre più indifferente allarealtà o a “scienza triste” fondata su astruseformule matematiche. E’ possibile recuperare il valore euristicooriginario dell’“economica politica”? Perrispondere un esperto di grande valore elungo impegno come Giorgio Lunghinirilegge in una densa trattazione (Conflittocrisi incertezza. La teoria economica domi-nante e le teorie alternative , BollatiBoringhieri, Torino 2012) il cammino cheha portato l’economia politica a trasfor-marsi in “economica”, analisi astratta direlazioni del tutto avulse da storia e politi-ca. In luogo di una trattazione cronologi-ca, Lunghini propone un confronto tra ilmodello neoclassico dominante e i suoicritici più seri, Ricardo, Marx, Keynes eSraffa. L’analisi economica raggiunge uno statutodisciplinare autonomo con lo sviluppo delcapitalismo, la domanda cui cercano dirispondere i “classici”, da Petty e Quesnayfino ad Adam Smith, è la provenienza delproduit net, quel surplus che alimentava larivoluzione industriale. Anche nelle econo-mie precapitalistiche può esservi un’ecce-denza, ma questa - di norma (è il caso deiconsumi nobiliari) - esce dal circuito eco-nomico, mentre il capitalismo si distingueper il reinvestimento del prodotto nettonel ciclo produttivo, un meccanismo auto-propulsivo che è all’origine della “ricchezzadelle nazioni”. L’economia classica analizzail ciclo di produzione e distribuzione suscala nazionale e ha al proprio centro lateoria del valore-lavoro.Tra il 1870 e 1910 questa prospettivaviene rovesciata da una serie di autori (tracui Jevons, Marshall, Walras, Pareto), icosiddetti marginalisti o neoclassici. Ilrovesciamento riguarda tanto l’oggettoosservato che la sua interpretazione. Dalvalore-lavoro si passa al valore-utilità,mentre l’economia è vista come un campoomogeneo in cui ogni soggetto mira, incondizioni di trasparenza e razionalità, alsoddisfacimento dei propri bisogni. E’ unacondizione naturale, astorica, descrivibileda sistemi di equazioni e in cui la leggedella domanda e dell’offerta (o dell’utilitàmarginale), remunera i fattori produttivi(terra, lavoro, capitale) secondo il rispetti-vo apporto alla produzione. Così produ-zione e circolazione tendono naturalmenteall’equilibrio generale, che risulta allo stes-so tempo il presupposto e il risultato del-l’analisi. Questa visione comincia a delinearsi men-

tre David Ricardo si interroga circa laripartizione del reddito tra le classi sociali.Detratto il valore della rendita terriera, checostituisce una “tassa preventiva” sulle atti-vità economiche, egli individua una rela-zione di proporzionalità inversa tra profittie salari, ovvero la natura conflittuale delladistribuzione dei redditi. In base a condi-zioni “naturali” malthusiane (la legge dei

rendimenti decrescenti, l’evoluzionedemografica), Ricardo vede l’accumulazio-ne futura adagiarsi su un equilibrio stazio-nario.Marx rileva come, dopo Ricardo, l’econo-mia politica abbandoni la critica divenen-do “apologetica”, “economia volgare”. SeRicardo ha scoperto il conflitto redistribu-tivo, l’analisi marxiana torna sull’originedel surplus, ovvero a come sia possibile

l’accumulazione se sui mercati lo scambioè tra equivalenti. Come è noto, Marx indi-vidua nella duplice natura della forza-lavo-ro (valore d’uso e valore di scambio), lapossibilità di produrre plusvalore, elementoche lega sviluppo e sfruttamento. Neglischemi di riproduzione allargata, Marxmostra come tanto nella sfera della produ-zione, quanto in quella della circolazione,

diversi ostacoli si frappongano alla valoriz-zazione del capitale. La necessità diaumentare sia il saggio di plusvalore che lacomposizione organica del capitale è lamanifestazione dei conflitti strutturali chescuotono la società capitalistica: tra capita-le e lavoro, tra singoli capitali e capitale ingenerale, tra produzione e realizzo. Poichéil fine del capitalismo è la crescita indefini-ta, il suo “equilibrio” sta nel continuo

mutamento: la crisi è il suo meccanismonormale di funzionamento. Essa non hacause naturali (Ricardo) o esterne (neoclas-sici), ma endogene. Marx non considera la“caduta tendenziale del saggio di profitto”come ineluttabile: molte sono le “causeantagonistiche” al suo dispiegamento,tutte legate allo sforzo di aumentare il sag-gio di sfruttamento, come si vede anchenella situazione attuale in cui continual’aumento dell’assoggettamento del lavoroalla valorizzazione del capitale.Lo iato tra lavoro necessario e persistenzadella disoccupazione è il problema che sipone il principale “eterodosso” novecente-sco, John M. Keynes, il quale, poco porta-to a ipotesi palingenetiche, sbriciola conbritannica ironia i pilastri della dottrinaneoclassica, a cominciare dalla suppostarazionalità delle scelte degli attori econo-mici, che invece operano in un clima distrutturale incertezza. E’ su questo assuntoche Keynes costruisce la sua Generaltheory, in cui dimostra che il livello d’oc-cupazione e il tasso d’interesse non corri-spondono necessariamente ad un equili-brio di pieno impiego dei fattori. Ciò per-ché le decisioni di investimento e la relati-va domanda di moneta sono collegate alsaggio di profitto atteso (l’efficienza margi-nale del capitale) che è la variabile indi-pendente su cui si modellano produzione,occupazione e reddito. Perciò nella situa-zione normale la “preferenza per la liqui-dità” riduce gli investimenti sotto il livellodi piena occupazione, garantendo comun-que i profitti. Il ruolo dell’intervento pub-blico è quello di ridurre l’incertezza, elimi-nando l’irrazionale coesistenza di abbon-danza e povertà che caratterizza il capitali-smo.Apparentemente di gittata minore, lacritica condotta da Piero Sraffa è altrettan-to eversiva. Mentre Keynes viene “ingloba-to” nel modello dominante (in formadepotenziata), Sraffa è completamenteignorato, perché la sua dimostrazione sicompie al livello di formalizzazione richie-sto dai neoclassici. In Produzione di mercia mezzo di merci Sraffa adotta una merce-tipo che rende superflua la teoria del valo-re-lavore; ne risulta la dimostrazione mate-matica del modello ricardiano, ovvero laproporzionalità inversa tra profitto e sala-rio. Le dolorose controprove dei fattimostrano che le critiche di Ricardo, Marx,Keynes e Sraffa sono ampiamente fondate:non l’equilibrio ma il conflitto, la crisi el’incertezza sono nella natura del capitali-smo. Nonostante ciò, dottrina ufficiale epolitiche economiche mantengono la stes-sa direzione. Evidentemente, come indica-to da Marx e sottolineato da Gramsci, l’i-deologia fa aggio sulla scienza e gli interes-si dei dominanti su quelli dei dominati.

13 c u l t u r agiugno 2012

La teoria economica dominante e i suoi critici

Scienza o apologia?Roberto Monicchia

M

Ristorante Centro ConvegniVia del Pastificio, 8

06087 Ponte San Giovanni - PerugiaTel. (075) 5990950 - 5990970

Primo TencaArtigiano Orafo

Via C. Caporali, 24 - 06123 PerugiaTel. 075.5732015 - [email protected]

Page 14: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

n capitolo particolarmente dram-matico del secondo conflitto mon-diale è sicuramente rappresentato

dalla guerra aerea, con il suo tragico corol-lario di devastazione e morte, assai spessoneppure velatamente occultato da quellache è la più recente definizione di “dannicollaterali”, entrata nel lessico comune aseguito delle democratiche guerre “umani-tarie”. A subire gli effetti di tale forma moderna diguerra fu nel corso dell’ultima guerra ancheil nostro paese, colpito da nord a sud dall’a-viazione angloamericana e dalla sporadicareazione di quella tedesca. Tra le aree piùduramente colpite dai bombardieri alleati,fra la tarda estate del 1943 e il giugno1944, anche l’Umbria, obiettivo strategicodi primaria importanza in quanto luogo ditransito di alcune delle principali linee dicomunicazione stradali e ferroviarie essen-ziali per garantire l’approvvigionamento el’eventuale ritirata all’esercito tedesco dura-mente impegnato a fronteggiare gli Alleatilungo la linea Gustav, ma anche per la pre-senza, essenzialmente nella conca ternana,di stabilimenti industriali utilizzati persostenere lo sforzo bellico nazista. Non a caso proprio la città di Terni l’11agosto 1943 subì il primo e più devastantebombardamento effettuato sull’Umbria cheprovocò circa mille morti e la distruzione diuna parte significativa del patrimonio abita-tivo pubblico e privato del centro storico. Aquesta prima azione ne seguirono almeno

altre 160, tra bombardamenti, mitraglia-menti e spezzonamenti, che colpirono l’in-tera provincia di Terni, danneggiando infra-strutture, edifici pubblici, case private,seminando morte e distruzione. Tuttavia proprio a Terni, la città umbra cheha pagato il più alto tributo in termini divittime civili e devastazioni, la memoria ditali tragici eventi, se si escludono qualchelapide e pochissimi lavori di ricerca, nonappare adeguatamente approfondita.Proprio per colmare questa lacuna, lo scor-so 9 giugno, grazie alla collaborazione dienti e associazioni diverse, è stata organizza-ta una giornata dedicata alla riscoperta evalorizzazione dell’articolato sistema di rifu-gi antiaerei, un centinaio, di cui si era dota-ta la città per difendersi dalle offese aeree.L’iniziativa “Terni 1944. Storie di guerraResistenza e Liberazione”, ideata da AngeloBitti e Marco Venanzi, storici dell’Istitutoper la storia dell’Umbria contemporanea,grazie alla collaborazione del Cai, gruppogrotte “Pipistrelli” di Terni, dell’Assessoratoalla Cultura del Comune di Terni, diBlob.lgc, Arci, Anpi, Biblioteca Comunaledi Terni, Polo di Mantenimento e manu-tenzione armi leggere di Terni, ha visto l’e-splorazione di due rifugi, quelli di SantaMaria Maddalena e dell’ex stabilimentopenitenziario in via Carrara, recentementeriscoperti ed esplorati dagli speleologi delgruppo “Pipistrelli”, da parte di circa 150cittadini che, nello spazio di un pomerig-gio, si sono inoltrati a più di dieci metri

sottoterra ad esplorare le gallerie e gli spazicostruiti o riadattati, più di sessanta anni fa,per difendersi, spesso invano, dalla morteche veniva dal cielo. Nel corso dell’iniziati-va i partecipanti, guidati dai due ricercatori,hanno peraltro potuto realizzare una “pas-seggiata della memoria” attraverso il centrocittadino, ripercorrendo vicende e luoghiche hanno segnato l’esperienza della comu-nità ternana negli anni della dittatura fasci-sta e della guerra. L’ottima successo dell’ini-ziativa, attestato dalla significativa parteci-pazione di un pubblico diverso per età eformazione culturale, ha dimostrato la pre-senza nel tessuto cittadino di una memoriadiffusa di tali tragiche vicende oltre che diuna forte sensibilità per un spaccato certa-mente drammatico ma fondante della pro-pria coscienza democratica. In questo senso può allora valere la penapensare di partire da tale iniziativa per met-tere in cantiere un progetto più strutturatoe organico, che punti ad esplorare e rendereagibile qualche altro rifugio presente nelcentro cittadino, per fare, magari, dellaTerni sotterranea un percorso che si intreccicon quelli della parte emersa. L’auspicio è,pertanto, che si sviluppi una collaborazionetra soggetti diversi, a partire dalle istituzionilocali, così da rendere questi spazi recupera-ti veri e propri elementi di un museo diffu-so della seconda guerra mondiale. Sarebbeforse questo il modo migliore per onorare lamemoria delle tante vittime innocenti diquei bombardamenti.

14c u l t u r agiugno 2012

U

CannaraUna mostrae un mosaicoda scoprireEnrico Sciamanna

Un museo archeologico in un piccolocentro, Cannara, con apprezzabili restidi pitture murali medievali e moderne;un raro e spettacolare mosaico nilotico,romano, di epoca imperiale in tricromiadi 65 mq. E’ qui, in via del Convitto,che sino al 15 luglio, con il patrociniodel Comune, si tiene la mostra “Tesseretessere” del la coppia di ar t i s t iSandford&Gosti, a cura di AntonioPazzaglia, promossa dall’associazioneAPiCi (Patrimonio e Civiltà) che racco-glie tutti coloro che, a Cannara e dintor-ni, manifestano un interesse culturale.La mostra rappresenta una combinazio-ne di elementi in cui spicca l’interazionetra le opere dei due e l’allestimentomuseale. Istallazioni e creazioni varie(venti opere prodotte negli ultimi dodicianni) di due artisti sensibili al linguaggiocontemporaneo e un museo archeologicosembrerebbero apparentemente inconci-liabili. Invece tra le “tessere” che essipropongono, distribuite variamentenelle numerose sale nei tre piani dell’edi-ficio - una che lo assale dall’esterno - eche giocano linguisticamente con le tes-sere del reperto archeologico più impor-tante, il mosaico nilotico appunto, c’èuna serena circolazione di atmosferefeconde, tanto da risultare, almeno alcu-ne di loro, sebbene realizzate per altriprogetti, site specific: come la vera delPozzo perlato in trasparente tricromia, ole teche con i reperti archeologici, o lepellicole con i ritratti che pendono cometessere (è evidente il gioco sulla polise-mia del termine) sulle tessere del mosai-co.Senza nessuna forzatura, così come nonci sono forzature nella realizzazione deiloro lavori a quattro mani.Nell’incontro tra due formazioni cultu-rali diverse, si perfeziona una simbiosi incui è difficile scindere dove l’uno sifermi per far spazio al le idee e al lamanualità dell’altro, con prodotti che siconfigurano grazie a procedimenti estre-mamente diversificati: dall’uso di mate-riali di riciclo, ai sofisticati pantograficomputerizzati, ai video, alla pellicola,alle istallazioni luminose fino alla spetta-colare Venere gravida mutila, compostadi tappi di sughero.Una trascendenza evaporata, o stempera-ta nell’ironia dei calembour, declinanteverso una visione ecologica, che vagheg-gia nostalgicamente, tramite un linguag-gio attualissimo, l’antichità asserita daireperti museali.Al di là e prima di tutto, il museo. Conil mosaico, un’opera che molti altrimusei più importanti invidierebbero,ritrovata negli anni trenta nei vicini scavidi Urvinum Hortense, sottratta alla cittàper decenni, finalmente riportata nelluogo deputato, ospitata da un sito acco-gliente e tutt’altro che misero, ma, pur-troppo, trascurata.Tanto che, provocatoriamente, ci sipotrebbe chiedere (ma ciò incontrerebbela feroce resistenza municipalistica), senon sia il caso di trovarle una sistema-zione che le garantisca la visibilità chemerita.

Alla riscoperta della memoria di guerra

Terni e i suoi rifugi antiaereiAl.Ca.

Page 15: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

i sono libri che colpiscono in profon-dità il lettore per il solo fatto di arriva-re al momento giusto; Boschi&Bossoli,

ultimo lavoro di Michael Gregorio (EdizioniAmbiente, 2012, collana verde nero, noir diecomafia) ha avuto, almeno per me, questoeffetto. I due insegnanti-scrittori, spoletini dinascita e di adozione, noti al grande pubblicoitaliano ed internazionale per la trilogia (ilquarto episodio non è stato ancora edito inItalia) di romanzi gialli incentrati sulle indaginidel magistrato di Lottingen Hanno Stiffenis,allievo di Immanuel Kant, abbandonano leatmosfere prussiane dell’epoca napoleonica perraccontare una sporca e controversa storia con-temporanea. La vicenda inizia prima dell’alba, in una freddae nebbiosa mattina di gennaio, lungo una dellebanchine del Porto di Marghera, dove si sta perconsumare l’ennesima mirabolante operazioneantidroga del corpo scelto guidato dal generaleCorsini, un eroe dei nostri tempi - la“Leggenda” lo chiamano i suoi uomini - che sisente emulo di Sen Tzu, di cui conosce amemoria L’Arte della Guerra. Senonché qualcu-no (un suo ex uomo ora passato ad altro inca-rico; servizio segreto?) arriva per mettere inguardia l’“eroe”, per avvisarlo che ci sono deimagistrati che stanno indagando su di lui, sullaspregiudicatezza delle operazioni più eclatantida lui condotte. Il generale, allora, decide dicombattere la sua guerra personale, attaccandoprima di essere attaccato; ha solo bisogno ditrovare un nemico o per meglio dire un caproespiatorio: come gli suggerisce Sen Tzu, l’uovosu cui scagliare la pietra. Lo troverà in una tran-quilla cittadina del centro Italia, e lo annien-terà. Boschi&bossoli va letto perché fa emergere,finalmente direi, un’immagine dell’Umbria chesi preferisce tenere nascosta. Perché, per quanto

gli autori insistano - comprensibilmente - adire che si tratta di un’opera di fantasia (in granparte lo è), evitando accuratamente di fornirepuntuali indicazioni spazio-temporali, svelamolte delle contraddizioni di una società e diun territorio in cui è in atto una profondamutazione. D’altronde non è difficile ricono-scere che la cittadina di cui si narra è Spoleto eche le giovani vittime della “Leggenda” sono icinque giovani (quattro nella finzione) travoltidall’operazione “Brushwood” (di cui a piùriprese ci siamo occupati su queste colonne)condotta all’alba del 23 ottobre 2007 dalGenerale dei Ros Giampaolo Ganzer e il cuiprimo esito processuale si è avuto giusto unanno fa. Insomma, nel solco del miglior noir contem-poraneo, alla Massimo Carlotto per intenderci,Michael Gregorio si sostituisce al giornalismoprono al potere e realizza una sorta di contro-inchiesta letteraria, da cui emerge tutta la vio-lenza repressiva di apparati dello Stato. Efficacee spietato il ritratto delle classi dirigenti, in par-ticolare modo degli amministratori. Il sindacoZenobi, un parvenu “cementificatore” (Il sinda-co Zenobi uscì dalla doccia. Si avvolse un asciu-gamano Missoni intorno ai fianchi e si guardòallo specchio […] Ma che serata aveva passatoalla Pianta d’Olivo! […] Tutti per lui. L’uomoche avrebbe portato la città verso un futuro diprogetti coraggiosi. Quello che ne avrebbe fattouna cosa diversa dalla cartolina che era stata finoad allora. Basta con la storia dei centri storiciintoccabili e ammuffiti, del verde, dei boschi edelle pievi sulle colline. “Crescita” era stata laparola chiave della sua campagna elettorale. Gliaveva procurato il 66% delle preferenze: unrecord nella storia della città.). Ma soprattutto laPresidentessa della Regione, DonatellaPignatti, detta “La Regina”, una “con le palle”,

che per salvare la sua carriera politica stipulacon il generale una patto scellerato (La Reginaambiva ad essere candidata in Parlamento […]E il partito le aveva detto un bel no tondo tondo.Ritenevano che le sue quotazioni fossero in discesae che non avrebbe ottenuto i voti necessari. […] Ilcandidato sarebbe stato un altro. La Presidentessase ne era fatta una malattia […] Malgrado que-sto ciò che caratterizzava la Regina era un iperat-tivismo progettuale di cui lei stessa si vantava. Icantieri, pur suscitando immancabili proteste,sarebbero sbocciati come fiori a primavera). Dietro il carrierismo politico e la cementifica-zione selvaggia, la criminalità organizzata che,pur sparando solo lo stretto necessario, imponela sua mefitica presenza iniettando nell’asfitticocircuito economico regionale flussi consistentidi denaro. Il romanzo, insomma, aiuta a capiremolte cose dell’Umbria post-terremoto, eanche se la divisione tra buoni e cattivi appareun po’ schematica, l’impeto di verità e giustiziache ha mosso gli autori non ne risente affatto.L’augurio è che siano in tanti ad accorgersene.Anche quelli che in questi giorni (dicevo, inapertura, che il libro è arrivato al momentogiusto) seguono sui media gli sviluppi dell’in-chiesta, condotta dalla Procura di Perugia, cheha portato all’arresto di 10 presunti anarco-insurrezionalisti, accusati di avere compiutodiversi attentati terroristici con finalità eversivee pronti “al salto di qualità”. Il generale Ganzer è tornato o meglio non sene era mai andato, nonostante la condanna a14 anni di reclusione, per avere costituitoun’associazione finalizzata al traffico di stupefa-centi, inflittagli in primo grado dal Tribunaledi Milano nel luglio di due anni fa. Il prossimosettembre si aprirà il processo di appello a suocarico. La realtà, anche stavolta, supera la fan-tasia.

15c u l t u r agiugno 2012

In libreria Boschi&Bossoli, di Michael Gregorio

La realtà superala fantasia

Stefano De Cenzo

C

Redska:un nuovodiscotra rabbiae stileAl. Ca.

E’ uscito da pochi mesi il terzo disco deiRedska, pubblicato in Italia da OneStep Records/Venus e nel resto d’Europada Mad Butcher Records. Siamo in pre-senza di nomi ben noti ai frequentatoridel genere: i Redska sono infatti unaformazione attiva già da un decennio,impegnata con successo in tutta Europada tempo - basti pensare che il disco inquestione esce dopo quattro anni ditour - e molto apprezzata nel proprioambito di riferimento. Citando una leg-genda dello ska militante, gli Statuto,viene quasi naturale pensare a questocome a un disco “rabbia e stile”, dedica-to alla lotta ma anche legato ad unimmaginario, quello redskin, pressochéinevitabile da citare al cospetto di unaformazione storica come quella in que-stione.Questo terzo lavoro - titolato eloquente-mente La rivolta - non vuole certosegnare un punto di svolta nella scenadel kombat: nella migliore tradizione, alfondo in levare si uniscono i fiati e queiritmi serrati che fanno ballare il pubbli-co durante i concerti. Le quattordici tracce del disco parlanoagli antifascisti, agli studenti e ai lavora-tori.L’album tocca molti dei temi forti dellapiù stringente attualità: dalla lotta allaxenofobia e al razzismo (“Legato dallalega”) alle morti violente per mano delloStato (con la traccia “Bastardi senza glo-ria” dedicata a Stefano Cucchi); si cantaanche del la pedof i l ia ne l la Chiesa(“Lettera a sua santità”), cavalcandoun’onda che si sta facendo sempre piùgrossa e che si lascia sentire facilmenteanche dagli ascoltatori meno sensibili.Si toccano temi importanti: l’omofobia(“Quel lo che se i”) , i l precar iato(“Studente precario rivoluzionario”), ladifesa del posto di lavoro (“La rivolta”). Due voci registrate compaiono nel discoa mo’ di cammei, la cui scelta definiscel’indole del disco meglio di altri detta-gli; sono le voci del SubcomandanteMarcos e di Joe Strummer, fondatoredei Clash: tradizione e sentimento dun-que, principi che valgono per l’aspettostrumentale ma soprattutto per la carat-terizzazione ideologica del lavoro, fortedell’antifascismo e dell’anticapitalismomilitanti che sin dall’inizio hanno costi-tuito l’ispirazione principe dei Redska.Non a caso li abbiamo visti sul palcodel la fes ta de l Pr imo Maggio adOrvieto, a cantare di precariato e lavoro. I Redska parlano di La Rivolta come diun album “nato sulla strada” in cui siesprime appieno “l’impegno musicale,comunicativo, politico e sociale”. Ed èpressoché impossibile negarne le tinteforti, nei grandi messaggi che vengonoveicolati dalle tracce del disco: una verae propria summa dell’impegno politicoa sinistra; su cui si può riflettere maanche - se la prassi va sempre incontroalla teoria - lottare e ballare.

Photo Giuseppe Rossi

Page 16: micropolis gennaio 2006 ok · contenimento. Tra queste il krav maga, “disciplina con mosse e con-tromosse per disarmare gli avversa-ri, elaborata dall’élite dei soldati israeliani”.

Alvaro Tacchini e AntonellaLignani, Il Risorgimento a Città diCastello, Petruzzi editore, Città diCastello 2011

Il 150° dell’Unità d’Italia è statal’occasione, in molte città umbre,per ristampare testi e memorie, perscrivere storie locali degli eventiche portarono allo costruzionedello Stato unitario. Si è trattato dipubblicazioni che solo in pochicasi hanno aggiunto nuovi elemen-ti di conoscenza e che sono spessoservite a riconfermare stereotipistoriografici, a sottolineare il ruolodi alcuni personaggi nella congiun-tura risorgimentale, a riprendereinterpretazioni e miti ormai classicinella storiografia del Risorgimentoumbro. Sfugge a questi rischi ilvolume che segnaliamo. Si trattapur sempre di una ricostruzione

politico-istituzionale delle vicendecittadine e tuttavia presenta duesignificative novità. La prima è chesi utilizza tutta la pubblicistica esi-stente sul tema (dai giornali aisaggi storici); la seconda è che laricostruzione è estremamente accu-rata e spesso fatta su fonti archivi-stiche di prima mano. A ciò siaggiunge un ulteriore dato: l’inda-gine non riguarda solo il centroprincipale, ma si estende anche allepiccoli borghi limitrofi presenti nelterritorio. Peraltro sono utili eopportune le schede che si incon-trano nel testo, che analizzanofenomeni specifici senza spezzare ilflusso del racconto, come preziosi eilluminanti sono gli elenchi dei“Volontari di Città di Castellonelle campagne di guerra per

l’Indipendenza e l’Unità d’Italia”che danno la dimensione tutt’altroche trascurabile del fenomeno.L’accuratezza dell’edizione, il gran-de formato, la ricchezza degliapparati iconografici e fotograficiche arricchiscono il libro, ne fannoun volume di buona divulgazione,piacevole da sfogliare e da leggereanche per i non addetti ai lavori.

Carla Frova, Scritti sullo StudiumPerusinum, Deputazione di storiapatria per l’Umbria, Perugia 2011

Carla Frova è una medievista che sioccupa di storia dell’Università.Ha insegnato a Perugia dal 1997 al2005 Storia medioevale presso laFacoltà di Lettere e Filosofia ed èstata parte fondamentale nelle cele-

brazioni del VII° centenariodell’Università di Perugia. La suaattività in questo campo è punti-gliosamente ricordata nella pre-messa al volume dove, giustamen-te, si sottolinea “è lecito chiedersicome sarebbe stato celebrato quelcentenario senza il suo apportodall’interno; o quale risultatoavrebbero raggiunto, senza la suapacata determinazione, le insisten-ze che da lunga data molti diparti-menti e docenti avanzavano a chel’ateneo pensasse davvero, final-mente e seriamente, al proprio pas-sato”. Senza il suo lavoro, e quellodi Roberto Abbondanza, il cente-nario si sarebbe risolto con unastanca riedizione di una storiadell’Università, semmai scritta dalrettore in carica riutilizzando per

l’ennesima volta il vecchio testo diGiuseppe Ermini, ed in una inutilemostra celebrativa che non avrebbeaggiunto nulla a quello che già sisapeva. Il libro si suddivide in saggisui caratteri originari della vicendadell’ateneo perugino, sui temi e lefonti della storia dell’università, suipersonaggi che l’hanno resa famo-sa. Illuminante il contributo inizia-le che riassume efficacemente, inpoche pagine, sette secoli di storia.Esso si ferma al 2004 e fotografa ilmomento di massima espansionedell’ateneo (11 facoltà, 1187docenti, 1229 non docenti, 35.000studenti, 50.000 mq coperti,430.000 mq di terreno “destinatiprincipalmente alle attività dellefacoltà di Scienze, Veterinaria,Agraria, Giurisprudenza e Medici-na”). Dal 2004 ad oggi sono passa-ti solo otto anni, il VII° centenarioè stato archiviato ma sono emersiproblemi e questioni di non sem-plice soluzione che l’attuale ammi-nistrazione universitaria contribui-sce non poco ad aggravare.

16 libri- ideegiugno 2012

Sottoscrivete per micropolisC/C 13112 intestato a Centro Documentazione e Ricerca c/o BNL Perugia Agenzia 1

Coordinata IBAN IT97Ø0100503001000000013112

’annuncio di Piergiorgio Bonomi- responsabile di Casa PoundTerni - irrompe sulla scena terna-

na con un certo fragore. Lo scorso 28 maggio, infatti, con uncomunicato, ringrazia i l Sindaco DiGirolamo ed i suoi consiglieri per l’avviodel procedimento amministrativo voltoalla realizzazione di un monumento inmemoria dei “Martiri delle Foibe”, inpiazza Dalmazia. Dopo un iniziale indugio, il Comunenega di aver concesso l’autorizzazione,mentre l’assessore Malatesta, interrogatonel merito dal consigliere Guardalben,afferma di voler individuare una via ouna piazza da intitolare alle vittime dellefoibe, come già richiesto da GiovaneItalia nel febbraio 2011, inizio dellavexata quaestio.La prima reazione è di stupore, poichénon si può non rimarcare il paradossoper il quale la commemorazione dellatragedia delle foibe venga espressa pro-prio dagli eredi di coloro che ne sonostati i principali responsabili. Infatti,come per qualsiasi avvenimento storico,non è possibile prescindere dalla necessa-ria contestualizzazione, che consideri ilcomplesso delle situazioni sedimentatesinel ventennio che precede la vicenda.Le origini della tragedia delle foibe, che

pure presenta molte sfaccettature, risal-gono all’affermazione del fascismo nellaVenezia Giulia, un territorio caratterizza-to dalla coesistenza di diversi gruppinazionali: è in questa fase che si colloca-no le radici dell’odio, delle foibe e dell’e-sodo dall’Istria. In seguito alla prima guerra mondiale eai Trattati di Rapallo e Roma, vengonoannesse all’Italia Gorizia, Trieste, l’Istria,Zara, e Fiume. Il regime fascista imponein tutta la Venezia Giulia una violentasnazionalizzazione delle comunità slove-ne e croate. Tra le misure adottate si

segnalano: l’italianizzazione delle scuole,i limiti all’accesso nei pubblici impieghi,l’imposizione di cognomi italianizzati, lamodificazione dei toponimi, sino allarepressione nei confronti del clero, conl’abolizione della lingua slovena nellaliturgia e nella catechesi.La bonifica etnica determina da un latola fuga di buona parte delle minoranzepresenti nella Venezia Giulia, dall’altro ilconsolidamento di un marcato sentimen-to anti-italiano e di rivendicazioni terri-toriali. L’occupazione e lo smembramento della

Jugoslavia durante la seconda guerramondiale, genera la costituzione di unampio movimento resistenziale, cheinduce il regime fascista ad acuire larepressione contro le minoranze, accusatedi offrire copertura ai partigiani.Oltre a fucilazioni, rastrellamenti, rap-presaglie, confische di beni ed incendi divillaggi, si assiste a massicce deportazionidi civili, con la predisposizione di 202campi di concentramento destinati adospitare la popolazione allogena, slovenie croati. Solo inquadrata in questo contesto, equindi cessando di perpetuare la menzo-gna dell’italianità offesa e di occultare laverità dell’italianità sopraffattrice, la con-fusa disputa sulle foibe potrà trovare lapropria composizione, venendo sottrattaalle convenienze politiche ed alla propa-ganda. La gestione della vicenda del monumen-to, dal canto suo, palesa ancora una voltal’incapacità - ed il conseguente imbarazzo- delle forze politiche di sinistra nel rileg-gere la propria storia. Ammettere respon-sabilità ed errori non significa uniformar-si alle argomentazioni revisioniste delladestra neofascista e postfascista, le cuipseudo-verità - che celano la menzogna -oscurano la realtà dei crimini nazi-fasci-sti.

la battaglia delle idee

libri

Editore: Centro di Documentazione e RicercaVia Raffaello, 9/A - PerugiaTel. [email protected] web: www.micropolis-segnocritico.it/mensile/

Tipografia: Litosud SrlVia Carlo Pesenti 130 Roma

Autorizzazione del Tribunale di Perugiadel 13/11/96 N.38/96

Direttore responsabile: Stefano De CenzoImpaginazione: Giuseppe RossiRedazione: Alfreda Billi, Franco Calistri, AlessandraCaraffa, Adelaide Coletti, Renato Covino, Maurizio Fratta,Osvaldo Fressoia, Salvatore Lo Leggio, Paolo Lupattelli,

Francesco Mandarini, Enrico Mantovani, Fabio Mariottini,Roberto Moniccchia, Saverio Monno, Maurizio Mori,Francesco Morrone, Enrico Sciamanna, Marco Venanzi,Marco Vulcano.Chiuso in redazione il 23/06/2012

Menzogne neofascistee verità storica

Matteo Aiani

LAlberto Burri, Cellotex